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La qualità di vita dei pazienti sottoposti a chemioterapia (CT) rappresenta uno degli obiet- tivi principali della cura ed è pertanto un argomento alquanto dibattuto in oncologia. Lo scopo primario della CT in fase avanzata di malattia è quello di controllare i sintomi, prevenire gravi complicanze e, laddove possibile, prolungare la sopravvivenza mantenendo una buona qualità di vita. Risulta pertanto importante introdurre strategie terapeutiche innovative che abbiano un’efficacia pari o superiore ai trattamenti convenzio- nali, ma che siano caratterizzate da una minore tossicità. Tali approcci possono comprendere farmaci meglio tollerati, vie di som- ministrazione più agevoli o terapie a domicilio in sostituzione di quelle ospedaliere. Sommario Editoriale 1 Controeditoriale 3 Casi clinici 4 Dalle Reti della Rete 8 Progetto 10 Congressi 13 oncologia IN RETE Giornale di formazione e informazione della Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta n. 5 giugno 2008 A parità di efficacia e di tollerabilità la chemioterapia orale costituisce una valida alternativa a quella endovenosa per i benefici che essa comporta in termini di riduzione dell’ospedalizzazione, di minimo impatto sulle abitudini quotidiane del paziente e di comodità di assunzione al proprio domicilio Maria Antonia Polimeni, Alessandra Beano, Michela Donadio, Libero Ciuffreda Centro Oncologico Ematologico Subalpino, Azienda Sanitaria Ospedaliera Molinette S. Giovanni Battista, Torino Editoriale La chemio è servita

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La qualità di vita dei pazienti sottoposti achemioterapia (CT) rappresenta uno degli obiet-tivi principali della cura ed è pertanto un argomentoalquanto dibattuto in oncologia. Lo scopo primario della CTin fase avanzata di malattia è quello di controllare i sintomi,prevenire gravi complicanze e, laddove possibile, prolungare lasopravvivenza mantenendo una buona qualità di vita. Risultapertanto importante introdurre strategie terapeutiche innovativeche abbiano un’efficacia pari o superiore ai trattamenti convenzio-nali, ma che siano caratterizzate da una minore tossicità. Taliapprocci possono comprendere farmaci meglio tollerati, vie di som-ministrazione più agevoli o terapie a domicilio in sostituzione di quelleospedaliere.

SommarioEditoriale 1Controeditoriale 3Casi clinici 4Dalle Reti della Rete 8Progetto 10Congressi 13

oncologiaIN RETEGiornale di formazione e informazione della Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta

n. 5 giugno 2008

A parità di efficacia e di tollerabilità lachemioterapia orale costituisce una validaalternativa a quella endovenosa per ibenefici che essa comporta in termini diriduzione dell’ospedalizzazione, di minimoimpatto sulle abitudiniquotidiane delpaziente e dicomodità diassunzioneal proprio domicilio

Maria Antonia Polimeni,Alessandra Beano, Michela Donadio,

Libero Ciuffreda

Centro Oncologico EmatologicoSubalpino, Azienda Sanitaria

Ospedaliera Molinette S. GiovanniBattista, Torino

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In questo senso i nuovi farmaci chemioterapici somministrabili per via orale, da soli o in combinazio-ne, suscitano aspettative elevate: essi hanno infatti dimostrato un’efficacia terapeutica analoga alla for-mulazione endovenosa, ma aspetti positivi aggiuntivi, quale la possibilità di effettuare il trattamento adomicilio e di evitare l’impianto di dispositivi per l’accesso venoso.La CT orale non è una novità assoluta in campo oncologico. Agli albori dell’oncologia molti schemi pre-vedevano infatti l’impiego di alcuni componenti per tale via di somministrazione; ne è un esempio laclassica combinazione ciclofosfamide-metotrexato-5-fluorouracile in cui la ciclofosfamide veniva sommi-nistrata oralmente per 14 giorni ogni 4 settimane. Negli ultimi anni si è registrato un progressivo incre-mento degli agenti antitumorali disponibili in formulazione orale, con ovvii benefici in termini di conve-nienza, somministrazione e preferenza dei pazienti. Numerosi farmaci sono stati approvati per la cura didiversi tipi di tumore (per esempio, capecitabina, erlotinib, gefitinib, imatinib, lapatinib, sunitib, sorafenib

e tegafur) e molti altri attualmente in via di svilupposaranno disponibili nel prossimo futuro esclusi-

vamente per uso orale.

Secondo i risultati di numerose indagini lamaggior parte dei pazienti preferisce la tera-pia orale a quella endovenosa, sebbene unaminoranza la ritenga meno efficace. In unostudio condotto su 59 donne sottoposte a CTorale per carcinoma mammario metastatico,una piccola percentuale (< 10%) temeva cheil trattamento prescritto fosse l’ultima possibili-tà terapeutica. Ciò sottolinea quanto sia impor-tante informare i pazienti sull’attività e sull’effi-cacia dei farmaci da assumere per bocca, sot-tolineando il concetto che essi non sono affattoinferiori rispetto alla terapia tradizionale.Per quanto riguarda la compliance la maggiorparte delle pazienti intervistate (oltre il 70%)non era preoccupata di assumere in modo scor-retto la terapia al domicilio. Tuttavia il timore di

non aderire correttamente al trattamento sussi-ste e non è di appannaggio esclusivo dei sog-getti più anziani, ma riguarda in generale tuttele fasce di età; la compliance può facilmenteridursi, per esempio, in coloro che devonoassumere un quantitativo elevato di compres-se ogni giorno ed ecco perché è considerataaccettabile una posologia quotidiana massimadi 6-8 pastiglie.Sempre dall’indagine prima citata è emersoche gran parte delle pazienti ritiene la CTorale capace di farle sentire meno malate efarle affrontare più serenamente la patologia;non bisogna infatti dimenticare che la terapiaper via endovenosa comporta una notevoleperdita di tempo legata al viaggio e all’attesa

del trattamento, soprattutto per quei pazienti che vivono lontano dal centro oncologico di riferimento. Indefinitiva dunque il più importante sentimento suscitato dalla prospettiva di assumere una CT oraleanziché endovenosa è la sensazione di una maggiore libertà. Ciò è particolarmente vero per i soggettipiù giovani, che incontrano più difficoltà ad accettare una malattia cronica e le cure che questa richie-de.

Dal punto di vista medico il maggiore vantaggio delle terapie orali è dato dalla loro flessibilità emaneggevolezza, due caratteristiche che in caso di tossicità offrono l’opportunità di modificare e adat-tare il dosaggio nel corso del trattamento. Le terapie orali possono inoltre ridurre i disagi derivanti dauna carenza di personale: secondo uno studio inglese il loro impiego permette di trattare un numero dipazienti circa 7 volte superiore rispetto a quello trattato con le somministrazioni endovenose, diminuen-do notevolmente il carico di lavoro dei day hospital.Un ultimo aspetto vantaggioso delle terapie orali, rilevato da un’analisi italiana, è quello della riduzionedei costi complessivi del trattamento, sui quali incidono soprattutto le spese di ospedalizzazione delpaziente: per esempio, il risparmio associato alla terapia orale a base di capecitabina in alternativa allasomministrazione endovenosa di fluorofolati si aggira intorno a 2.200 euro per paziente.

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Nel corso degli ultimi anni si è assistito in oncologia a unaprogressiva e significativa evoluzione in campo sia scientificosia terapeutico. Ciò si è tradotto da un lato nell’immissione inclinica di nuovi farmaci antineoplastici caratterizzati da bersaglimolecolari specifici e con effetti collaterali più contenuti anchein caso di impiego prolungato, dall’altro nello sviluppo di nuovemodalità di somministrazione. In particolare il passaggio dallaterapia endovenosa classica, che costringe il paziente alladipendenza dall’ospedale, a quella orale, che può essereassunta a domicilio, ha rappresentato un significativo vantaggioper il malato dal punto di vista non solo logistico e organizzati-vo ma anche psicologico. Infatti è ormai dimostrato che la che-mioterapia orale, più flessibile e con un impatto minore sullavita quotidiana, pur mantenendo la stessa efficacia dei tratta-menti convenzionali si associa a un miglioramento della qualitàdi vita. Dai pochi studi finalizzati all’analisi delle reali preferenze deipazienti circa le modalità di somministrazione dei farmaci chemio-terapici emerge che circa il 90% dei pazienti predilige la chemio-terapia per via orale, mentre sono pochi i soggetti che affermanodi preferire la terapia iniettiva adducendo quali motivazioni laminor durata del trattamento, la paura di dimenticare l’assunzionedel farmaco prescritto, il numero eccessivo di compresse da inge-rire durante la giornata e il timore di una efficacia inferiore.

Sebbene negli ultimi anni sia statoimmesso sul mercato un numerocrescente di chemioterapici orali, nelprescriverli è utile tenere presentialcuni aspetti fondamentali chepotrebbero compromettere i risultatidel trattamento.In primo luogo, se da un lato il ruoloattivo del paziente nella gestionedella terapia offre il vantaggio di ren-derlo più partecipe, dall’altro l’impor-tanza dei trattamenti orali potrebbeessere talvolta sottovalutata (dimenti-cando per esempio l’assun-zione del farmaco), con laconseguente compromissio-ne dell’efficacia terapeutica.In secondo luogo, rispettoalla somministrazioneendovenosa, inquella orale è piùdifficile il controllodel dosaggio real-mente assunto dalpaziente, così

come meno accurato potrebbe essere il rilievo della tossicità.Prima della prescrizione è poi fondamentale valutare le possibilicomorbilità. L’insufficienza renale moderata-severa, per esem-pio, ha dimostrato di modificare i parametri farmacocineticidella capecitabina, mentre un basso pH gastrico rende instabilela molecola, riducendone l’assorbimento intestinale. Il riflessogastrocolico (pazienti colecistectomizzati e gastrectomizzati) siassocia invece a un aumento della motilità gastrointestinale conuna possibile variazione dell’assorbimento dei farmaci.

Talvolta, inoltre, la compliance al trattamento viene compro-messa dall’utilizzo di schemi terapeutici che prevedono un’as-sociazione tra chemioterapici per via orale e per via endoveno-sa; in questi casi può succedere che l’assunzione orale del far-maco sia autonomamente sospesa a causa dell’emesi acuta otardiva indotta dalla terapia iniettiva.Altri problemi da tenere presenti al momento della prescrizionesono poi le abitudini voluttuarie, quali per esempio l’assunzionedi alcool - che potrebbe modificare la solubilità di alcuni farma-ci oppure indurre una maggiore irrorazione a livello gastroente-rico o uno spasmo pilorico - o quella concomitante di cibo.

Un capitolo a parte merita la prescrizione ai pazienti anziani,per le loro caratteristiche peculiari. Le complicazioni da tenerepresenti in questo caso sono legate alla diversa farmacocineti-

ca, alle comorbilità e alla conseguente polifarmaco-logia, ma soprattutto alla ridotta compliance

legata alle alterazioni cognitive di questisoggetti.

Da quanto detto ne emerge che le che-mioterapie orali, offrendo indubbi vantaggi aimalati ma riducendo al contempo anche il cari-co di lavoro per le oncologie, appaiono desti-

nate a svolgere un ruolo sempre più importantenel trattamento medico delle neoplasie.La sfida per il futuro è allora quella, da partedell’oncologo, di assicurarsi che i pazientiseguano correttamente il regime prescritto e di

monitorare attentamente gli effetticollaterali della terapia. In que-

st’ottica emerge il ruolo cardinedell’educazione del malato e

dei suoi familiari e quindil’importanza di una strettacollaborazione dell’oncolo-go con l’infermiere ospeda-liero e con il medico difamiglia, che più da vicinoseguono il paziente.

L’importante è vigilareLa chemioterapia somministrabile per via orale è destinata a svolgere un ruolo sempre piùimportante nel trattamento medico delle neoplasie: per questo è necessario, da parte del-l’oncologo, un monitoraggio attento degli effetti collaterali associati e dell’aderenza delpaziente al regime terapeutico prescritto

Enrica Manzin, Sebastiano Bombaci, Sergio Bretti, Giorgio VellaniOncologia Medica, Ospedale Civile, Ivrea

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e A cura di Giorgio Vellani

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Carcinoma renale a cellule chiare

Stefania Miraglia, Oscar AlabisoDipartimento Oncologico, Azienda Ospedaliera Maggiore della Carità, Novara

Paziente di sesso maschile di 44 anni. Nell’agosto del 1999 è sottoposto a enucleoresezione dilesione eteroformativa a carico del polo superiore del rene destro. L’esame istologico diagnosticaun carcinoma a cellule chiare del rene, di grado 2 secondo Fuhrman e stadio patologico pT1.

Il successivo follow up clinico e strumentale di malattia risulta negativo fino all’ottobre del2004, quando alla tomografia computerizzata (TC) addominale si riscontra una lesione del dia-metro di 1,9 cm in corrispondenza del pilastro diaframmatico di destra, riferibile a recidiva dimalattia; l’esame TC esteso al torace e la tomografia a emissione di positroni (PET) total bodyescludono la presenza di ulteriori localizzazioni patologiche.

Nel novembre del 2004 il paziente viene pertanto sottoposto a intervento chirurgico di enuclea-zione della lesione infiltrante il pilastro diaframmatico principale destro, con conferma istologica di“infiltrazione di tessuto fibroadiposo perisurrenale da parte di carcinoma a cellule chiare del rene.”

Successivamente all’intervento viene avviato un trattamento immunoterapico con interleuchi-na 2 (IL-2) (3 MUI per 6-7 giorni ogni 4-6 settimane); dopo 2 cicli di immunoterapia le indaginiTC e PET rilevano una nuova recidiva di malattia, delle dimensioni di 24 x 27 mm a livello delpilastro diaframmatico di destra, sede del pregresso intervento chirurgico.

Il paziente viene quindi sottoposto a un terzo intervento chirurgico con asportazione dellalesione secondaria: l’esame istologico risulta nuovamente diagnostico per “tessuto fibromuscola-re infiltrato da carcinoma a cellule chiare a morfologia coerente con origine renale”. Viene prose-guito il trattamento immunoterapico con IL-2 fino al settembre del 2005, per un totale di 6 cicli.

Il follow up di malattia risulta negativo fino all’aprile del 2007, quando alla TC total body si evi-denziano plurime localizzazioni secondarie di malattia: - 1 lesione nodulare al segmento basale del lobo polmonare inferiore destro del diametro di 4 mm;- 1 lesione tra il I e il V segmento epatico (SE) del diametro di 4,6 cm;- 1 lesione al pilastro diaframmatico di destra del diametro di 2 cm; - 3 impianti diaframmatici di malattia del diametro compreso fra 1 e 1,3 cm;- 1 lesione del diametro di 1 cm in sede interporto-cavale.

Nel maggio del 2007 il paziente avvia un trattamento con sunitinib al dosaggio di 50 mg/dieper os, per 4 settimane ogni 6 settimane. Dopo 4 cicli la TC total body mostra remissione com-pleta di malattia (valutata secondo i criteri RECIST), in particolare: - non c’è evidenza di alterazioni nodulari polmonari;- non è più apprezzabile la lesione secondaria a carico del I e V SE;- non sono più apprezzabili gli impianti solidi di malattia a carico di pilastro e cupola diaframmatici;- non è più evidente la lesione secondaria in sede interporto-cavale.

La tossicità registrata durante la terapia con sunitinib è di lieve entità e non si rende neces-saria alcuna sospensione del trattamento né riduzione di dosaggio; in particolare, si osservano:un episodio di diarrea di grado 1 e di durata limitata (1 giorno), vomito saltuario di grado 1,ipertensione lieve occasionale.

Il paziente è attualmente asintomatico, in ottime condizioni generali. È in corso il 5° ciclo ditrattamento.

Le due facce della medaglia

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A cura di Elena Seles

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Carcinoma mammario duttale

Vittorio FuscoDipartimento Onco-Ematologico, Azienda Sanitaria Ospedaliera, Alessandria

Paziente di sesso femminile di 71 anni. Nel 2001 è sottoposta a quadrantectomia mammariadestra per carcinoma duttale pT2 (diametro 2,2 cm) G2 pN0 (18 linfonodi negativi), ormonodi-pendente (RE+ 90%, RPg+ 50%), Ki67 15%, HER2 negativo. Si imposta una radioterapiamammaria destra secondo gli usuali protocolli e l’ormonoterapia adiuvante con tamoxifene 20mg/die (standard in quel momento).

Nel febbraio del 2005 a un controllo di follow up la paziente presenta valori elevati di dosag-gio di Ca15.3 sierico, che sono confermati ai controlli successivi con ulteriore incremento deilivelli.La donna non presenta sintomi sicuramente riferibili a ripresa di malattia, ma lamenta algìe diffu-se e variabili che si sono intensificate a livello lombosacrale negli ultimi mesi.

Vengono eseguite radiografia del torace ed ecografia dell’addome, oltre a mammografia edecografia della mammella e delle stazioni linfonodali ascellari e sopraclaveari, che risultano tuttenegative. Una scintigrafia ossea rivela la presenza di numerose ipercaptazioni diffuse (costali, alrachide dorsale e lombare, alla regione sacroiliaca destra), in parte confermate da radiografiemirate (che dimostrano lesioni osteolitiche costali, sclerosi sacroiliaca destra, alterazioni nonsevere ad alcune vertebre dorsali e lombari).

Sono quindi prescritte ormonoterapia con letrozolo per os e terapia per la prevenzione deglieventi scheletrici (SRE, dall’anglosassone skeletal related events: ipercalcemia, fratture patologi-che, compressione midollare, necessità di radioterapia o interventi chirurgici, etc.) con acidozoledronico (4 mg ev in infusione di almeno 20 minuti, ogni 4 settimane).

Nel novembre del 2005, dopo 6 mesi di terapia, la paziente è sostanzialmente asintomatica; ildosaggio di Ca15.3 sierico si è ridotto da 58 a 23 ng/ml; la calcemia è ai limiti inferiori dellanorma (8,5 mg/dl, valori normali 8,5-10,5 mg/dl) e la creatininemia si è lievemente alzata (da0,8 a 1,1 mg/dl). In seguito alla sempre maggiore evidenza in letteratura e nella pratica clinica di osteonecrosimandibolare e mascellare da bisfosfonati (osteonecrosis of the jaw, ONJ), viene formulato inquei mesi un percorso aziendale per lo screening e la prevenzione della ONJ; la paziente è per-tanto sottoposta a ortopanoramica delle arcate dentarie e a visita odontostomatologica.

In considerazione della ipocalcemia relativa e del lieve aumento di creatininemia, si stabiliscedi prescrivere alla paziente un supporto per os con calcio e vitamina D e di eseguire un control-lo di creatininemia e calcemia mensilmente, prima dell’infusione di acido zoledronico (in quelperiodo tale pratica non è standard nel nostro centro, mentre lo diventa successivamente sullabase delle evidenze di letteratura).

Nell’ottobre del 2006 una scintigrafia ossea conferma la riduzione di intensità e del numerodelle ipercaptazioni segnalate alla diagnosi di malattia metastatica (sono negative le proiezionilaterali del cranio, effettuate per evidenziare eventuali foci sulle ossa mascellari come segnoaspecifico di possibile area di ONJ). Il dosaggio di Ca15.3 sierico è stabilmente nella norma e lacalcemia oscilla tra 8,3 e 8,7 mg/dl. Tuttavia la creatininemia risulta progressivamente in aumen-to nelle ultime rilevazioni, da 1,1 a 1,3 a 1,5 mg/dl. Si decide pertanto di sospendere l’acidozoledronico e di passare all’ibandronato come terapia di prevenzione delle SRE.

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Un caso di carcinoma renale a cellule chiare e un altro relativo atumore mammario metastatico esemplificano due diversi aspettilegati alla terapia orale: da una parte l’efficacia ottimale in assenzadi tossicità che non pone ostacoli al trattamento per bocca,dall’altra la preferenza della paziente - solo apparentemente

immotivata - nei confronti della terapia endovenosa classica

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L’ibandronato può essere somministrato per infusione endovenosa ogni 3-4 settimane (ana-logamente a pamidronato e ad acido zoledronico) o per os (1 compressa al giorno); la pazientesceglie la terapia endovenosa, che dichiara di preferire per non aggiungere ulteriori farmaci perbocca a quelli che già assume ogni giorno (letrozolo, calcio, vitamina D, digitalico, antipertensi-vo, statina per ipercolesterolemia, allopurinolo per iperuricemia, inibitore di pompa per erniaiatale con gastrite, occasionali antinfiammatori non steroidei per algìe migranti di tipo artrosico,occasionale furosemide), oltre che per sentirsi più controllata dagli operatori sanitari. A oltre un anno e mezzo di distanza, la donna è tuttora in trattamento con letrozolo e ibandro-nato, senza segni di progressione di malattia.

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Negli ultimi anni gli oncologi hanno avutoa disposizione un numero sempre più cre-scente di farmaci a somministrazione orale,tra i quali chemioterapici come capecitabina,tegafur e vinorelbina o principi attivi nuovi econ diverso meccanismo d’azione comesorafenib e sunitinib; per la cura delle meta-stasi ossee, in particolare, si è passati dalpamidronato, che impone una lunga infusio-ne endovenosa, all’acido zoledronico, cheriduce il tempo di infusione a pochi minuti, oall’ibandronato, disponibile anche in com-presse.

I vantaggi della terapia orale sono evi-denti e si traducono in una maggiore pratici-tà di somministrazione e nell’eliminazione dialcuni problemi tipici delle terapie tradiziona-li: basti pensare al rischio di stravaso cheriguarda la vinorelbina o alla possibilità dievitare il posizionamento di un cateterevenoso centrale quando al fluorouracile ininfusione continua si sostituisce la capecita-bina o il tegafur.

Il primo caso clinico preso in esame,dove la diagnosi è di carcinoma renale a cel-

lule chiare, è un evidente esempio di comela scelta di utilizzare un farmaco a sommini-strazione orale al manifestarsi di localizzazio-ni secondarie plurime di malattia si riveli otti-male, determinando la remissione completadel tumore senza evidente tossicità. Glieventi avversi di natura gastrointestinale chesi osservano durante la terapia - diarrea digrado 1 di breve durata e vomito saltuario digrado 1 - sono infatti di lieve entità e nonrichiedono né la riduzione del dosaggio néla sospensione del trattamento. Una consi-derazione importante è che il paziente èattualmente asintomatico e in ottime condi-zioni generali.La buona tollerabilità del farmaco rappresen-ta in questo caso particolare un fattore deci-sivo per il proseguimento della terapia orale.Nella pratica clinica quotidiana, infatti, que-sta modalità di cura non è esente dagli stes-si rischi di sicurezza che caratterizzano itrattamenti tradizionali. La tossicità di tipogastroenterico, per esempio, tende adaumentare soprattutto nei pazienti affetti davarie comorbilità e quindi già costretti adassumere numerosi farmaci a domicilio;eventuale vomito e diarrea possono inoltre

Elena SelesPolo Oncologico, Azienda Sanitaria Locale 12, Biella

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Aguiar Bujanda D et al. Assessment of renal toxicity and osteonecrosis of the jaws in patients receiving zoledronic acidfor bone metastasis. Ann Oncol 2007; 18(3): 556-560Tanvetyanon T et al. Management of the adverse effects associated with intravenous bisphosphonates. Ann Oncol 2006;17(6): 897-907 Durie BG et al. Osteonecrosis of the jaw and bisphosphonates. N Engl J Med 2005; 353(1): 99-102Marx RE et al. Bisphosphonate-induced exposed bone (osteonecrosis/osteopetrosis) of the jaws: risk factors, recogni-tion, prevention, and treatment. J Oral Maxillofac Surg 2005; 63(11): 1567-1575

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comprometterne l’assorbimento. In tutti i casi in cui l’antineoplastico indicatoesista unicamente in formulazione orale èdunque determinante che il paziente sia cor-rettamente informato e cosciente dei suoipossibili effetti collaterali, affinché l’efficaciadel risultato (talora notevole, come nel casodella neoplasia renale illustrata) non sia infi-ciata da un’eccessiva tossicità.Talvolta i problemi correlati alla chemiotera-pia orale sono di natura strettamente com-portamentale, legati da una parte alla diffi-coltà dell’oncologo di controllare la correttaassunzione del farmaco in termini di modali-tà e di dosaggio, dall’altra all’ansia delpaziente - spesso anziano - di non essereben assistito o di non ricevere un trattamen-to abbastanza efficace. Al contrario il fattoche il trattamento consista in “una pastiglia”potrebbe farne sottovalutare al paziente lapericolosità. Potrebbe infine succedere che ilmalato rifiuti la terapia avendo già troppemedicine da prendere o per problemi dideglutizione.

Il secondo caso clinico presentato, cheriguarda una donna anziana affetta da can-

cro della mammella, ben esemplifica alcunidi questi aspetti. Quando i medici discutonocon la paziente sulle due possibilità tera-peutiche nella convinzione che la sceltaricada sulla terapia per bocca (scelta cheeviterebbe la necessità di recarsi periodica-mente agli ambulatori di cura), senza alcunaesitazione la donna dichiara di preferire laterapia endovenosa. Alla richiesta dellemotivazioni, la paziente fa un lungo elencodi tutte le compresse, pastiglie e pillole chedeve assumere ogni giorno, oltre ai farmaciprescritti per periodi limitati. La donnadichiara inoltre di sentirsi più sicura a recar-si mensilmente agli ambulatori e a essere“vista” spesso da infermieri e medici (sep-pure con qualche sacrificio per farsi accom-pagnare in ospedale) piuttosto che soltantoogni 3 o 4 mesi per la periodica visita onco-logica di controllo.Questo caso clinico evidenzia dunquequanto sia importante - qualora esista l’op-portunità di scegliere tra diverse modalità disomministrazione - che siano presi in consi-derazione tutti gli aspetti legati alla sferapersonale del malato durante il colloquiopreliminare.

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Fino all’ultimo respiro

Carlo PeruselliStruttura ComplessaCure Palliative, AziendaSanitaria Locale 12,Biella

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Negli ultimi anni l’aumento delle malattie invalidanti, associato a un’attenzione crescente verso unamaggiore umanizzazione della medicina, ha condotto all’esigenza di organizzare servizi di cure palliativeche abbiano quale obiettivo la cura e l’assistenza dei pazienti affetti da patologie inguaribili (in primoluogo il cancro) nel loro ultimo periodo di vita. In questo contesto, nel nostro Paese si sono susseguiti numerosi atti legislativi che hanno riconosciutola crescente importanza delle cure palliative nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale e Regionale(vedi il box).

La Rete Piemontese di Cure Palliative si occupa di “malati affetti da malattie progressive e in faseavanzata, a rapida evoluzione e a prognosi infausta, per i quali ogni terapia finalizzata alla guarigione oalla stabilizzazione della patologia non è possibile né appropriata”. Questa definizione, che ha soprattut-to caratteristiche di operatività e di valutazione dell’adeguatezza degli interventi, permette di chiarirealcuni elementi specifici della realtà organizzativa di tali cure, in particolare per quanto riguarda ilPiemonte:

A cura di Emanuela Negru

Nell’ambito di una crescente attenzione nei confronti

dell’assistenza ai malati terminali, in Piemonte è attiva da diversi

anni la Rete di Cure Palliative che attraverso i suoi 9 hospice e

le sue unità organizzative create ad hoc, gli UOCP, interviene

sul territorio per garantire un’assistenza continua ai pazienti

giunti ormai al termine della loro vita

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• l’intervento della Rete ha quale obiettivo prioritario quello di curarei malati alla fine della loro vita, per i quali i trattamenti eziologicinon sono più possibili o appropriati. Ciò naturalmente non significanon occuparsi anche della qualità di vita di coloro nei quali è incorso un trattamento; quest’ultimo è tuttavia un obiettivo piùampio, che rientra nel miglioramento globale dell’approccio palliati-vo da parte di tutti coloro che si occupano di questi pazienti.L’intervento più diretto e specifico della Rete di Cure Palliative èinvece riservato alle persone alla fine della vita;

• i malati potenzialmente assistiti dalla Rete non sono solo oncolo-gici, sebbene nel nostro Paese essi costituiscano l’assoluta mag-gioranza (ogni anno in Piemonte oltre 10.000 pazienti necessitanodi interventi palliativi domiciliari e/o residenziali nel loro ultimoperiodo di vita), ma possono essere affetti da molte altre patolo-gie, quali quelle neurologiche, pneumologiche, cardiache e viadicendo;

• le cure palliative non coincidono con la terapia del dolore, chepure è parte fondamentale dell’approccio terapeutico: i bisognidei malati alla fine della vita e dei loro familiari sono estremamentecomplessi e variabili e non possono essere ricondotti soltanto aun sintomo, se pur rilevante e frequente.

Nella normativa regionale, l’Unità Organizzativa di Cure Palliative(UOCP) assume un ruolo particolarmente importante di regia e digestione concreta dell’intera Rete: essa è infatti “la struttura specia-listica coordinatrice della Rete di Cure Palliative, per una gestioneunitaria e di un continuum assistenziale per i malati che va dal-l’ospedale alle cure a casa sino al ricovero in hospice”. Attualmente in Piemonte sono operativi 9 hospice (Alessandria,Biella, Busca, Galliate, Gattinara, Ivrea, Lanzo Torinese, Torino,Verbania) e altri sono in via di apertura. Molte aziende sanitarie localie ospedaliere piemontesi hanno da tempo istituito proprie UOCP,anche se in alcuni casi la loro operatività reale, soprattutto a livellodomiciliare, è purtroppo ancora insufficiente. Tutte le informazionicostantemente aggiornate sullo sviluppo delle attività delle singolereti locali di cure palliative e di molte iniziative regionali (formative,culturali, organizzative, di ricerca) in questo settore possono esserereperite sul sito della Rete piemontese ( www.retecurepalliative.it).

Pur considerando in modo positivo l’interesse crescente per lecure palliative in Piemonte e i significativi sviluppi organizzativi dellaRete regionale di assistenza, è doveroso sottolineare alcuni punticritici ancora irrisolti sul nostro territorio:• a fronte di una domanda di assistenza in rapida crescita da parte

dei pazienti e delle famiglie, l’offerta per i malati che necessitanodi cure palliative è debole per quanto riguarda la quantità dei ser-vizi, difficilmente valutabile in termini di qualità ed eterogenea neimodelli organizzativi fra le diverse aziende sanitarie, in particolare per quanto concerne gli interventi adomicilio. Ciò pone evidenti problemi di forte disuguaglianza nelle prestazioni assistenziali che com-portano un elemento di grande criticità se consideriamo che le cure palliative, sia a domicilio sia inhospice, sono ormai definite come un livello essenziale di assistenza (LEA) da garantire su tutto il ter-ritorio regionale;

• i modelli organizzativi e assistenziali previsti dalle singole aziende sanitarie per le reti locali, soprattut-to per le cure palliative domiciliari, oltre a essere fortemente differenziati non sempre sono coerenticon quanto indicato dalla normativa regionale.

Fra gli elementi positivi dello sviluppo della Rete di Cure Palliative è doveroso ricordare i numerosi corsidi formazione che la Regione ha promosso e finanziato in questi anni e i Master in Cure Palliative orga-nizzati dalle Università di Torino e Novara. Questi corsi hanno coinvolto centinaia di figure sanitarie tramedici, infermieri, psicologi e altre ancora: il Piemonte è oggi una delle Regioni con il più grande nume-ro di operatori formati in cure palliative, un elemento certamente a supporto degli sviluppi futuri di que-sti servizi.

Il percorso nazionale• Il Decreto Legislativo 450 del 28 dicembre 1998,

convertito nella Legge 39 del 26 febbraio 1999,ha previsto l’adozione da parte del Ministero dellaSalute di un Programma nazionale per la realizza-zione di strutture dedicate alle cure palliative(hospice)

• L’Accordo del 19 Aprile 2001 della ConferenzaUnificata Stato-Regioni per l’organizzazione dellaRete dei Servizi di Cure Palliative (GazzettaUfficiale 110 del 14 maggio 2001) fornisce unavalutazione dell’utenza potenziale del servizio edefinisce i livelli assistenziali che tale Rete deveessere in grado di garantire

• Il Decreto Legislativo 43 del 22 febbraio 2007(Gazzetta Ufficiale del 6 aprile 2007) definisce glistandard relativi all’assistenza dei malati terminaliin trattamento palliativo

• Il recente Decreto sulla nuova definizione dei livelliessenziali di assistenza (LEA) stabilisce due livellispecifici che tutte le Regioni devono garantirerispetto alle cure palliative domiciliari (Articolo 23)e agli hospice (Articolo 31)

Il percorso piemontese• La Regione Piemonte ha approvato una Delibera

di Giunta Regionale (DGR 17-24510 del 6 maggio1998) contenente le linee guida che indicano irequisiti organizzativi, tecnici e strutturali del siste-ma delle cure palliative in Regione. Questo inter-vento è stato successivamente aggiornato e par-zialmente modificato, con la pubblicazione dellaDGR 15-7336 del 14 ottobre 2002, che costitui-sce l’atto di indirizzo regionale più importante perla programmazione e l’organizzazione dei servizi dicure palliative in Piemonte. Ulteriori atti normativiregionali significativi sono la DGR 16-3259 del 18giugno 2001, che stabilisce la revisione della tarif-fazione giornaliera a carico del Servizio SanitarioRegionale delle prestazioni di ricovero degli hospi-ce, e la DGR 55-13238 del 3 agosto 2004 chedefinisce una valorizzazione economica per le atti-vità delle cure palliative domiciliari

Le norme della sofferenza

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Page 10: oncologia...05 Oncologia in rete giugno 08 3-07-2008 16:52 Pagina 1 In questo senso i nuovi farmaci chemioterapici somministrabili per via orale, da soli o in combinazio- ne, suscitano

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La definizione dei fattori prognostici del carcinoma mammario - quali la presenza all’immunoistochi-mica dei recettori per gli estrogeni (ER), per il progesterone (PR) e per la proteina recettoriale del fat-tore di crescita epidermico HER2/neu con la valutazione dell’indice proliferativo Ki67 - riveste un ruolofondamentale nell’indirizzare la corretta strategia terapeutica oncologica; si osserva inoltre, specie perER, PR e HER2/neu, una predittività di risposta alla terapia mirata. Tutto ciò comporta la conoscenza, lacompetenza e la consapevolezza di quali siano le responsabilità diagnostiche del personale medico etecnico dei servizi di anatomia patologica nell’indirizzare il clinico nella scelta del “farmaco giusto”.Alcuni studi segnalano inoltre la possibile insorgenza di problemi medico-legali in seguito a una dia-gnosi non corretta (con conseguente ricaduta terapeutica), dovuta a procedure d’allestimento nonstandardizzate dei fattori predittivi di risposta a trattamenti oncologici specifici. Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna le linee guida nazionali definiscono i criteri minimi di qualità a cui ilpatologo deve attenersi per garantire il corretto allestimento e la lettura dei marcatori prognostico/pre-dittivi. Tra questi criteri vi è la partecipazione ai progetti di controlli di qualità (CQ). Tali progetti sonoattivati anche in Italia su base nazionale e internazionale, ma i singoli laboratori risentono di difficoltàpratiche e il tentativo di migliorare i risultati e di raggiungere gli standard richiesti non riceve per ilmomento la sufficiente attenzione.

La tecnica del tissue micro array (TMA) si è dimostrata un valido strumento per il controllo dellariproducibilità diagnostica dei marcatori del carcinoma mammario, garantendo la standardizzazione dellesezioni esaminate ed evitando il consumo eccessivo di tessuti e materiali. Sulla base di tali osservazioni

La lettura corretta dei marcatoriprognostico/predittivi del carcinoma mammario èdeterminante per individuare la migliore cura e larisposta alla terapia. A garanzia della riproducibilitàdiagnostica è stato avviato dalla Regione Piemonteun Progetto di Controllo Qualità che coinvolge unnumero elevato di servizi di anatomia patologica

Anna NovarinoCentro Oncologico ed EmatologicoSubalpino, AziendaSanitaria OspedalieraMolinette S. GiovanniBattista, Torino

Anna Sapino,Lorenzo Daniele Dipartimento ScienzeBiomediche e OncologiaUmana, Università diTorino

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Progetto:Organizzazione deicontrolli di qualità deifattoriprognostico/predittividel carcinoma dellamammella

Responsabile delprogetto: Anna Sapino

A cura di Anna Novarino

Occhi puntati sulla qualità

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Page 11: oncologia...05 Oncologia in rete giugno 08 3-07-2008 16:52 Pagina 1 In questo senso i nuovi farmaci chemioterapici somministrabili per via orale, da soli o in combinazio- ne, suscitano

Anna Sapino, segretario regionale della Società Italiana di Anatomia Patologica eCitologia (SIAPEC) del Piemonte, ha proposto di avviare a livello regionale un pro-getto di CQ che utilizzasse questa tecnologia avanzata, con la partecipazione attivadi patologi e tecnici coinvolti quotidianamente nella diagnostica dei fattori prognosticie predittivi del carcinoma della mammella. Avviato nel 2005, il progetto ha ottenuto ilprimo finanziamento dalla Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta nelmarzo del 2006. L’obiettivo era la definizione e la standardizzazione delle procedureimmunocitochimiche e diagnostiche.

L’attività si è articolata attraverso passaggi graduali. Il primo è stata la definizionedelle figure partecipanti; a questo proposito il III servizio di Anatomia Patologica delDipartimento di Scienze Biomediche e Oncologia Umana dell’Ospedale Molinette diTorino ha operato in qualità di centro coordinatore dei servizi di anatomia patologicadella Regione Piemonte insieme a 2 centri di altre Regioni, per ognuno dei qualisono stati identificati il patologo e il tecnico di riferimento. Si è poi proceduto:• allo studio dei marcatori prognostico/predittivi - ER, PR, HER2/neu, Ki67 - fonda-

mentali per l’iter terapeutico secondo la consensus conference tenutasi a SanGallen, in Svizzera, nel 2005;

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Figura 1. Concordanzadiagnostica per il recet-tore degli estrogeni(ER) tra i diversi centriosservata dopo 1 annodi attività coordinata.

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Figura 2. Concordanzadiagnostica per il recet-tore del fattore di cre-scita epidermico(HER2) tra i diversicentri osservata dopo 1anno di attività coordi-nata.

31 maggio 200611 giugno 2007

Borgomanero (ASL 13)Vercelli (ASL 11)AostaMondovìAlessandriaTorino (Sant’Anna e OIRM)Moncalieri (Santa Croce)Torino (Maria Vittoria)IvreaCuneoVerbania (ASL 14)Pinerolo (ASL 10)CandioloTorino (San Giovanni Antica Sede)AstiTorino (Ospedale Valdese)Casale Monferrato (ASL 21)Savigliano AlbaTorino (Gradenigo)Torino (Mauriziano)Torino (San Luigi Orbassano)Torino (Molinette)Savona (Ospedale S. Paolo)Bologna (Ospedale Bellaria)

I centri coinvolti nel Progetto“Organizzazione dei controlli di qualità dei fattori prognostico/predittivi del carcinomadella mammella”

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• alla definizione delle procedure tecniche e di diagnosi sui casi controllo, con standardizzazione deiprotocolli di allestimento (tempi di fissazione, metodiche di immunocitochimica, anticorpi utilizzati);

• all’individuazione dei criteri di lettura delle reazioni immunocitochimiche;• alla standardizzazione del referto diagnostico a livello regionale, con la produzione di una scheda

comune di refertazione.

Dal punto di vista pratico il centro coordinatore ha inviato tramite corriere le sezioni analizzate conTMA dei casi controllo a tutti i servizi di anatomia patologica coinvolti. Le reazioni immunocito-

chimiche sono state eseguite il giorno successivo al ricevimento dei campioni, perevitare il deterioramento antigenico.

La partecipazione è stata attiva e nel corso delprimo anno si sono svolti incontri mensili che pre-vedevano la discussione delle diverse metodicheutilizzate, la presentazione dei dati ottenuti dalle

schede (procedure e concordanza diagnostica) e la rivaluta-zione al microscopio multiplo dei casi discrepanti.Il centro di riferimento ha inviato ai vari servizi il verbale degliincontri, segnalando le maggiori discrepanze con le possibili

variazioni metodologiche e/o di valutazione dei risul-tati per raggiungere l’uniformità diagnostica. I risultatisono stati poi inseriti in una banca dati per l’elabora-zione statistica e lo studio della concordanza diagno-stica ha dimostrato un miglioramento nelle varie fasi

lavorative (Figure 1 e 2, pag. 11). Infine sono iniziati i controllidi qualità di sola lettura delle reazioni: sono state inviate leimmagini scansite con il sistema Olympus di telepatologia divetrini colorati con immunocitochimica; i lettori hanno avuto

accesso al sito SIAPEC Piemonte alla sezione CQ e irisultati della lettura sono stati analizzati con un sistema

Excel. I casi sono stati discussi in seduta plenaria alloscopo di uniformare i parametri di lettura.

L’attività è proseguita con la definizione deicentri di riferimento per le analisi basate sullemetodiche fluorescent in situ hybridization(FISH)/chromogenic in situ hybridization (CISH)e sono stati attivati i controlli di qualità per la

FISH di HER2/neu a livello interregionale con lapartecipazione di 10 centri, tra cui le Università di

Firenze, Parma e Bologna, l’Ospedale San Raffaeledi Milano, l’Ospedale di Treviso e l’Istituto Tumori e il

Galliera di Genova. A turno, con calendario mensile, i varicentri invieranno una sezione di carcinoma della mammella su

cui eseguire le indagini FISH. Anche in questo caso è disponibile sul sito SIAPECPiemonte uno spazio dedicato all’inserimento dei risultati, analizzabili poi con Excel.

Per quanto riguarda le prospettive future è in itinere l’attivazione di un gemellaggio con la RegioneCampania per controlli di qualità analoghi. Il progetto non prevede al momento una data di chiusura inquanto i CQ dei fattori prognostico/predittivi del carcinoma della mammella, rivestendo un ruolo fonda-mentale nella scelta della terapia oncologica, sono oggetto di continui rinnovamenti e aggiornamenti. Inuna consensus conference dei patologi italiani è emersa a tale riguardo la necessità di un confrontoistituzionalmente riconosciuto a livello regionale e nazionale.

Di Palma S et al. A quality assurance exercise to evaluate the accuracy and reproducibility of CISH for HER 2 analysis in breastcancer. J Clin Pathol. 2008; 61(6): 757-760Pietribiasi F et al. Protocol for diagnostic assessment of sentinel lymph node in breast pathology: a proposal of SIAPEC-IAP,Piemonte Region, Italy. Pathologica 2006; 98(3): 167-170Ellis IO et al. Updated recommendations for HER2 testing in the UK. Best Practice No 176. J Clin Pathol 2004; 57(3): 233-237Hsi ED et al. Guidelines for HER2 testing in the UK. J Clin Pathol 2004; 57(3): 241-242Zarbo RJ et al. Her-2/neu testing of breast cancer patients in clinical practice. Conference summary. Strategic Science sympo-sium. Arch Pathol Lab Med 2003; 127(5): 549-553

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ParigiIl congresso ha focalizzatol’interesse generale sullesempre maggiori opportunitàdi cura offerte dal trattamentochirurgico conservativo edalla chemioterapia basatasull’impiego di nuovemolecole ad attività elevata

Il 2 e 3 maggio del 2008 si è svolto a Parigi il III Congresso Internazionale Europeo sul Tumore delRene che ha riunito nei pressi dell’Arco di Trionfo oncologi, urologi e ricercatori provenienti da tutto ilmondo. Il meeting è stato organizzato dalla Kidney Cancer Association, un ente senza fini di lucro chesostiene pazienti, familiari, clinici e infermieri negli Stati Uniti e in altri 102 Stati nell’ambito della ricercaclinica, dell’educazione e degli aspetti pratici/legali relativi al carcinoma renale.

I lavori congressuali sono stati avviati dagli specialisti urologi che hanno sottolineato le sempre mag-giori possibilità offerte dal trattamento chirurgico conservativo. In breve la nefrectomia parziale per neo-plasie localizzate e solitarie inferiori a 7 cm di diametro massimo consente un miglioramento della quali-tà di vita dei pazienti e della funzionalità renale nel tempo; l’intervento eseguito a cielo aperto - chevanta più di 10 anni di efficacia - rimane il trattamento gold standard mentre quello in laparoscopia èapplicabile in casi selezionati, con precise limitazioni tecniche; la nefrectomia radicale con dissezionelinfonodale in caso di malattia renale non metastatica, anche in presenza di estese trombosi venoseprofonde, è invece riservata a situazioni ad alto rischio di sviluppare metastasi linfonodali. Infine sareb-bero in via di sviluppo nuove tecniche ablative che richiedono al momento ulteriori studi.

Per quanto concerne la radioterapia in fase adiuvante non sembra esserci attualmente alcuna indica-zione a tale trattamento dopo la chirurgia, tranne la presenza di margini microscopicamente infiltrati.Rimane indiscusso il suo ruolo nella palliazione, mentre non vi sarebbe unanimità di pensiero riguardoal trattamento postmetastasectomia cerebrale.

Buone nuove dalla FranciaIII Simposio Internazionale Europeo sul Tumore del Rene

Marcella Occelli Oncologia Medica Ospedale S. Croce e Carle, Cuneo

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A cura di Marcella Occelli

Parigi 2-3 maggio 2008

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A cura di Marcella Occelli

In tema di terapia farmacologica si è evidenziato come lamaggiore caratterizzazione istologica, immunoistochimica ebiologica del tumore renale abbia permesso lo sviluppo dimolecole altamente attive. In particolare quattro farmaci -bevacizumab, sunitinib, temsirolimus e sorafenib - hannoottenuto in soli 18 mesi l’approvazione per l’uso su largascala, conseguenza dei brillanti risultati pubblicati nel corsodel 2007: bevacizumab associato all’interferone (IFN) esomministrato in prima linea aumenterebbe la sopravvivenzalibera da progressione (PFS) rispetto a IFN da solo; sunitinibin prima linea induce rispetto a IFN un incremento significa-tivo della PFS; nei pazienti con prognosi peggiore temsiroli-mus in prima linea di trattamento aumenta in modo significa-tivo la sopravvivenza globale rispetto a IFN; infine sorafenibaumenta significativamente rispetto al placebo la PFS, dopoil fallimento di una prima linea di terapia (Tab.1).

Dopo la presentazione delle evidenze di efficacia deisingoli farmaci in prima o in seconda linea è stato mostratoun algoritmo per la terapia del carcinoma renale metastati-co sulla base dei nuovi parametri per la definizione delrischio. Si sono quindi delineate le prospettive future, chesaranno chiarite una volta completati gli studi ancora incorso. L’utilizzo di sorafenib dopo sunitinib o bevacizumabè previsto dal trial CONCERT; sorafenib in fase adiuvante èoggetto di due studi, uno europeo (SORCE) e uno statuni-tense (ASSURE), mentre in fase neoadiuvante è utilizzatonel trial MDACC di fase II. Nuove combinazioni di sorafe-nib con bevacizumab o temsirolimus o RAD001 (everoli-mus) o perifosina saranno oggetto di ulteriori studi.Anche sunitib sarà testato quale terapia adiuvante in con-fronto a placebo e altri trial stanno valutando le diversemolecole attive in sequenza o come combinazione di far-maci.Per finire l’ultima parte del congresso ha dato spazio allenuove conoscenze istologiche e biologiche del tumore rena-le e alle future possibilità terapeutiche.

Linea di Indicazione Terapia Altre opzioni trattamento terapeutica terapeuticheTrattamento Rischio alto o intermedio Sunitinib IL-2 ad alte dosidei pazienti naïve Bevacizumab + IFN Altre citochine

Rischio basso Temsirolimus

Terapia Refrattario alle citochine Sorafenib Sunitinibdi seconda linea Temsirolimus

Refrattario a VEGF/VEGFR ? Inibitori sequenziali dellatirosinchinasi o del VEGF

Come ogni anno il Meeting Annualedell’AmericanAssociation forCancer Research ha attratto migliaia di persone traaccademici,ricercatori e scienziatidi tutto il mondo perun aggiornamento ad ampio raggio sullo stato dell’artedella ricercaoncologica e sulleprospettive futurenella terapia dei tumori

Tabella 1. Indicazioni tera-peutiche delle nuove mole-cole attive nel trattamento diprima e di seconda linea delcarcinoma renale in basealle più recenti evidenze diefficacia.

IL-2 = interleuchina 2IFN = interferoneVEGF = fattore di crescitaendoteliale vascolareVEGFR = recettore del fatto-re di crescita endotelialevascolare

Escudier B et al. Bevacizumab plus interferon alfa-2a for treatment of meta-static renal cell carcinoma: a randomised, double-blind phase III trial. Lancet2007; 370(9605): 2103-2111Hudes G et al. Temsirolimus, interferon alfa, or both for advanced renal-cellcarcinoma. N Engl J Med. 2007; 356(22): 2271-2281Motzer RJ et al. Sunitinib versus interferon alfa in metastatic renal-cell carci-noma. N Engl J Med 2007; 356(2): 115-124Bukowski RM et al. Prognostic factors in patients with advanced renal cellcarcinoma: development of an international kidney cancer working group.Clin Cancer Res. 2004; 10(18): 6310S-6314S

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I traguardi raggiunti e i limiti del targetingmolecolare e della ricerca traslazionale onco-logica sono stati i temi chiave che hannoconvogliato più di 17.000 ricercatori da ogniparte del mondo al Convention Center di SanDiego, in California, per il Meeting Annualedell’American Association for CancerResearch (AACR). In questa platea internazio-nale sono stati presentati i risultati chiave degliultimi studi clinici sulle nuove terapie oncologi-che altamente mirate ed efficaci, con oltre6.000 abstract selezionati a completamento delprogramma scientifico ed educazionale.Nelle sessioni plenarie late-breaking sulla ricer-ca di base sono stati presentati i risultati degli ultimi trial preclinici e le prospettive del loro potenziale trasferimento alla clinica. Sisono poi tenute sessioni speciali sugli studi di fase I e II riguardanti terapie innovative, così come sono stati mostrati gli ultimi datisui trial clinici di fase III.

Per favorire la comunicazione dei risultati scientifici sono stati selezionati 50 abstract per la presentazione da parte degli autoriin nove conferenze stampa, ognuna caratterizzata da un tema critico ed emergente tra cui:• le modalità con cui le terapie personalizzate stanno cambiando il quadro del trattamento delle neoplasie; • l’iter dei nuovi farmaci, dagli studi di sicurezza e di efficacia di fase I ai risultati degli studi clinici di fase III; • come la dieta e lo stile di vita sono in grado di influenzare il rischio individuale di tumore; • le basi genetiche delle disparità nella salute legata ai tumori tra le minoranze etniche; • i nuovi vaccini in sviluppo per il tumore del pancreas e della mammella; • il ruolo delle nanotecnologie nella diagnosi e nel trattamento; • le nuove metodiche di imaging a servizio dell’oncologo;• le possibilità di prevenzione più innovative. Inoltre sessioni contemporanee hanno affrontato le ultime ricerche sulla prognosi, la diagnosi e l’immunoterapia del tumore.

Per finire, con l’obiettivo di ispirare le prossime generazioni di ricercatori, l’AACR ha invitato 300 studenti di 10 scuole superioria partecipare al programma di un giorno “The Conquest of Cancer and the Next Generation”, con lezioni educazionali, poster edesibizioni guidate. «Insieme, negli anni, si è costruito il progresso scientifico e accelerato il processo di avvicinamento della ricercascientifica di base a quella clinica e viceversa», ha dichiarato Eileen P. White, responsabile del Program Committee del 2008 edirettore associato per la ricerca di base alla Rutgers University nel New Jersey, concludendo: «Con i progressi delle tecnologiediagnostiche e l’identificazione di nuovi farmaci e terapie si riuscirà a essere sempre più efficaci nella lotta al cancro, a prolungarela vita media dei pazienti e a migliorare la loro qualità di vita».

Dal laboratorio al letto del malatoMeeting Annuale AACR:“Translating the Latest Discoveries into Cancer Prevention and Cures”

San Diego 12-14 aprile 2008

Cristiana Lo Nigro Oncologia Medica, Ospedale S. Croce e Carle, Cuneo

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Trimestrale della Rete Oncologicadel Piemonte e della Valle d’Aosta

Direttore scientifico:Oscar Alabiso

Comitato scientifico ed editoriale:Vittorio Fusco, Emanuela Negru, Anna Novarino,Marcella Occelli, Elena Seles, Giorgio Vellani

Direttore responsabile: Rosella Rebuglio - [email protected]

Coordinamento editoriale e redazionale: Aretré srl - via Savona 19/A - 20144 MilanoResponsabile della redazione:Grazia Tubiello - [email protected] grafico e impaginazione: Manuela Gazzola - [email protected]

Editore: Aretré srl - via Savona 19/A - 20144 Milano

Stampa: la Neograf srl - Sesto Ulteriano, Milano

Autorizzazione del Tribunale di Milano:n. 426 del 2 luglio 2007

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