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Se tu conoscessi il dono di Dio

Gesù e la Samaritana

PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA

OPERA DON GUANELLA – BARI

Anno Pastorale 2013-2014Ritiro di Avvento

Introduzione

Più che una meditazione, questo ritiro di Avvento,

quello di Quaresima e gli Esercizi Spirituali

in città vogliono essere un itinerario interiore che si attua

nell’animo di una donna

improvvisamente a tu per tu con Gesù.

Il vescovo nell’introduzione alla sua Lettera Pastorale ci esorta con queste

parole:«Ecco allora delineato il percorso: tenendo gli occhi fissi sullo splendore dell’evento di Pentecoste (che spalanca le porte chiuse dalla paura e accende nel cuore di ogni uomo la speranza), ci lasceremo accompagnare dall’esperienza della samaritana; e il suo incontro con Gesù ci aiuterà a vivere i vari tempi dell’anno liturgico»1.

1. FRANCESCO CACUCCI, Lo splendore della speranza. Verso le periferie della storia, EDB, Bologna 2013, p. 9.

«Giunse ad una città della Samaria»

Avvento-Natale: uscire dal tempio per andare verso gli altri «Gesù, che raggiunge la terra

straniera e ostile di Samaria, diventa metafora della venuta di Dio tra noi e offre una luce particolare al tempo di

Avvento – Natale. Siamo nel cammino che prepara la comunità

cristiana ad accogliere l’ingresso di Dio nella storia degli uomini»2.

2. Idem, p. 12.

L’episodio narrato nel Vangelo di

Giovanni è uno dei più commoventi e rivela l’amorosa

pazienza di Gesù che intuisce il dramma del cuore umano e

vuole rappacificarlo in un cambiamento

che lo riconduca alla sua grandezza.

Scrive il Vescovo nella sua Lettera Pastorale per l’anno 2013/2014:

«La dinamica vissuta dalla samaritana è la stessa vissuta dai discepoli nella Pentecoste, quando il vento dello Spirito apre le porte del cenacolo, libera gli apostoli dalla paura e li apre alla speranza. E anche noi vogliamo

vivere così il cammino di quest’anno: come esercizio della speranza, una speranza che non teme di confrontarsi con la storia e di accettare

le sfide che essa pone»1.

3. Idem, pp. 7-8.

È il percorso di ogni anima che incontra la parola di Dio, la parola fatta carne, Gesù, e si sente guardata e scoperta nella sua verità, e

vorrebbe nascondersi e fuggire, ma viene prese per mano e condotta ad accorgersi di quella

nostalgia di santità che ciascuno si porta dentro.

Nel nostro Itinerario Pastorale per il 2013/2014, I 7 sacramenti: per una vita santa

e felice, troviamo questa affermazione:

«Un percorso sicuro,

espressione dell’amore divino

e della sua presenza tra gli

uomini, è, appunto, quello

dei Sacramenti, con i quali Dio ci dà la sua grazia e la sua vita»2…per vivere una vita santa e felice.

4. PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA, I 7 sacramenti: per una vita santa e felice, Itinerario, p. 3.

I 7 SACRAMENTI:

PER UNA VITA SANTA E FELICE.

Anno Pastorale 2013-2014

È l’emergere degli intricati e

contraddittori moti del cuore che solo nella luce di Dio vengono capiti e

trovano possibilità di armonia e generano un cambiamento

radicale.

Gesù ha sete di te

Gesù e la Samaritana

PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA

OPERA DON GUANELLA – BARI

Ritiro di Avvento

Quando il Signore venne a sapere che i farisei avevan senti to dire: Gesù fa più discepoli e battezza più di Giovanni - sebbene non fosse Gesù in persona che battezzava, ma i suoi discepoli -, lasciò la Giudea e si diresse di nuovo verso la Galilea. Doveva perciò attraversare la Samaria. Giunse pertanto ad una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al ter reno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viag gio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno. Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua. Le disse Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli infatti erano anda ti in città a far provvista di cibi. Ma la Samaritana gli disse: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che so no una donna samaritana?». I giudei infatti non mantengono buone relazioni con i samaritani (Gv 4, 1-9).

Il contesto in cui si svolge la vicenda è importante perché ci aiuta a comprendere meglio il messaggio,

per quale motivo l’evangelista Giovanni racconta proprio questo episodio e quale significato gli dà.

«L’evangelista evidenzia come questo passaggio in Samaria non sia un evento

casuale. Gesù lascia la Giudea e si dirige di nuovo in Galilea (lascia il centro

per recarsi verso la periferia). Per fare questo avrebbe potuto scendere lungo

la valle del Giordano, senza passare necessariamente per la Samaria.

Pertanto, l’affermazione di Giovanni, secondo la quale Gesù “doveva”

attraversare la Samaria ha un significato forte»3.

Scrive il Vescovo nella sua Lettera pastorale

Lo splendore della speranza:

5. FRANCESCO CACUCCI, Lo splendore della speranza. Verso le periferie della storia, o. c., p. 16.

Innanzitutto, il primo versetto ci fa capire

un con testo particolare che

determina questo incontro. Gesù viene a sapere che i farisei

hanno sentito dire che egli riesce a raccogliere più

discepoli e battezza più di Gio vanni.

Chiaramente vuole evitare il rischio che

si venga a creare una situazione

equivoca, conflittuale o in qual

che modo concorrenziale tra

lui e Giovanni. Pertanto, decide di lasciare la Giudea e di dirigersi verso la Gali lea. Questo è il motivo per cui si

sposta.

«Un ulteriore spunto di riflessione proviene dai versetti introduttivi della narrazione, in cui

Giovanni espone il motivo che spinge Gesù a lasciare la Giudea e mettersi in viaggio: la

voce, giunta agli orecchi dei farisei secondo la quale Gesù stava ricevendo più consensi di quanti ne avesse ottenuti Giovanni Battista.

Proprio in un momento di particolare popolarità, quando i successi della sua

predicazione stavano raccogliendo attorno a lui un gran numero di discepoli, ecco che Gesù

paradossalmente decide di interrompere la sua attività e abbandonare i territori di vittoria»4.

Scrive ancora il Vescovo:

6. Idem, p. 17.

Per compiere questo spostamento, Gesù è costret to a scegliere un itinerario obbligato che lo costringe a passare per la Samaria. Quindi, in tutto questo

non c’è nulla di straordinario.

Naturalmente, nel fare questo viaggio, andando a piedi, Gesù si stanca e trovato un posto all’ombra per riposare in santa pace, si siede su un pozzo che, come racconta la Genesi (33, 18), Giacobbe aveva fatto scavare «per

bere lui coi suoi figli e il suo gregge».

Il pozzo è

situato

nelle vicinanze in un pode

re che Giacobbe avev

a dato

a Giuseppe suo figlio. Il

terreno si trova cir ca mezzo

chilometr

o fuori Sicar

, città della Samaria

sorta all’ombra della città di

Sichem, che un

centinaio

di anni prima era stata distrutta.

A prima vista questa scena può sembrare piuttosto inusuale: anche Gesù è stanco e affaticato e si ferma a tirare il fiato. Chissà

quanta strada aveva percorso a piedi, sotto il sole a picco, col caldo, in mezzo alla polvere!

Forse, Gesù comincia a sentire la stanchezza di quel lun go girare

a piedi percorrendo

strade sconnesse, non ne può più, cerca un po’ di

refrigerio, prova quel desiderio così umano di

sedersi per qualche minuto e recuperare un po’ di forze all’ombra

e al fresco di qualche pianta,

magari un sicomoro, che

cresce vicino al pozzo.

Forse, si gusta la tranquillità di questo posto, è so lo; infatti, i discepoli si sono recati in città

a comperare qualche provvista. E poi, con quell’arsura in circolazione non c’è nessuno.

Ormai è tarda mattinata, è verso mezzogiorno, un’ora particolarmente calda, in un Pae se d’Oriente, quale è la Palestina.

Sono le ore nelle qua li si avverte

maggiormente il calore soffocante nella

pia na di Sichem, in Samaria. La giornata è infuocata, sem bra che manchi l’aria , il sole è bello alto, batte sulle

roc ce del monte Garizim, fa troppo

caldo per recarsi a ti rar su l’acqua alla

fontana.

Ed è bello constatare anche questo aspetto umano di Gesù: come chiunque di noi, anche lui sente la fati ca di un lungo viaggio, in condizioni magari non delle più raccomandabili. Anche la sua stanchezza è ordina ria, è propria del pellegrino. Stanco del

camminare a piedi, se ne sta appoggiato a riposare sul muretto del pozzo, assetato di un sorso d’acqua.

Chi cammina nel deserto ha sperimentato il sentirsi sudato,

il fastidio di sentire quella sottile sabbia appiccicata su tutto il cor po, sa bene cosa significhi aver

sete e aver voglia di

lavarsi, di rinfrescarsi.

L’affaticamento di Gesù diventa occasione di incon tro, la sua sete un’opportunità per

dissetare l’altro. La stanchezza di Gesù dà un nuovo volto a tutte le nostre spossatezze.

Questo Gesù stanco è vicino a noi, che

sperimentiamo talvolta i nostri limiti, la nostra

finitezza, la debolezza, la stanchezza di vivere, cercare, impegnarci,

amare... Svuotati delle nostre forze, anche noi avvertia mo il bisogno di

fermarci un po’ a riposare, a tirare il fia to, a

ritemprarci, a tirarci su in qualche modo.

Dunque, il contesto è di grande naturalità, non c’è niente di straordinario. È la realtà di vita di un

predi catore che ha scelto l’itineranza come stile di vita, pas sa di paese in paese. Gesù passa per

quella città perché la tappa è obbligata in seguito agli spostamenti che la predicazione comporta.

Non sono elementi secondari questi, perché l’incontro con la Samaritana viene deter minato da queste cause apparentemente indifferenti ri spetto all’incontro, che avviene nel bel mezzo dell’atti vità ordinaria di Gesù.

L’evangelista Giovanni sottolinea questa realtà: Gesù non parte dalla Giudea per andare al pozzo di Si car perché lì deve incontrare la Samaritana, ma nel cor so dell’attività ordinaria, vive tale incontro.

Dio agisce nella normalità,

nell’ordinarietà, nel contesto della

pro saica quotidianità: è

questa la via naturale di Dio. Il più

delle volte, le sue vie non sono

straordinarie. E già qui siamo chiamati a porre una domanda: per caso nella nostra

vita di fede cerchiamo lo straordina rio, l’eccezionale,

piuttosto dell’ordinario?

Oppure ci entusiasmiamo per alcune esperienze particolarmente esaltanti, mentre

lasciamo scorrere il tempo come se fosse soggetto ad una determinazione che non ha

signi ficato?

Ma è bello anche immaginare che Gesù non sia lì casualmente, perché si trova

da quelle parti, ma per un faticoso tragitto effettuato con uno scopo ben

preciso: incontrare proprio quella donna.

Gesù si ferma su un pozzo, il luogo

dell’incontro, della socializzazione anche per i nostri paesi d’un

tempo. Attende la Samarita na presso il

pozzo di Sicar, seduto su quei mattoni

corrosi dal tempo: è lì che l’aspetta con pazienza. Gesù sa

bene che a quell’ora deve venire.

Sembra quasi se ne stia in agguato a sorprenderla. Eppure non si sono da ti un appuntamento per questo giorno, per quella de terminata ora, proprio lì, in quel determinato punto d’incontro.

Mentre Gesù è fermo a

riposarsi, finalmente

ecco la arrivare e avvicinarsi ad

attingere acqua alla

fonte, con la sua brocca di coccio sulla

spalla.

Lo scenario è insolito, perché in un’ora calda, a mezzogiorno, non si va ad attingere acqua. Nei paesi d’Oriente le donne si recano alla fonte alla mattina

presto o nella tarda serata, non certo a mezzogiorno, anzi, in quest’ora che è la più calda, si cerca refrigerio

tra le mura di casa.

Come mai questa donna giunge al pozzo a mezzo giorno? Forse è una donna che ha

qualcosa da nascon dere: che per la vergogna preferisca evitare di incontra re

altre persone, gli occhi indiscreti dei vicini?

Oppure è una donna che ama il

rischio, si avventura per strada proprio

perché cerca un incontro

particolare: che sia alla ricerca di

una nuova avventura?

Oppure, quel giorno sceglie

un’ora diversa e forse nemmeno lei sa perché. La personalità della

Samaritana probabilmente

giustifica l’una e l’altra

spiegazione.

Dunque, solito pozzo, solita strada, stessa quotidiana fatica, compiuta chissà quante volte, ma

pur sem pre necessaria. Questa donna probabilmente è stanca, ma non pensa possano

esistere alternative. Forse ha fretta e vuol sbrigare questa incombenza casalinga pri ma che può.

Vede quell’uomo straniero seduto sul muretto del pozzo che la sta guardando e

fissando in silenzio, forse smette di canticchiare e fa qualche cenno di

richiamo.

A colpo d’occhio lo riconosce come uno che non è del la sua gente, un giudeo, con tutto quello

che di “senti to dire” conosce già su tipi come

lui. Gli si accosta e lo scruta attentamente con quei suoi occhi scuri, che

brillano. Di sicuro è sorpresa: non conosce

quel tizio e non immagina che tipo sia.

Questa donna dev’essere abbastanza abituata ad attaccare bottone con tutti, ad

avviare discorsi soprattutto con gli

uomini, e non solo... Invece, è Gesù che rompe il silenzio

improvvisamente e tenta di mettersi in

contatto con la donna a partire dalla situazione umana e concreta in cui

si tro va.

Offre il «gancio», parla per primo, avvia il dialogo, chiedendo alla donna un gesto

semplice, pone la richie sta più gratuita: «dammi un bicchiere d’acqua da be re». Non è un favore che le chiede, ma impartisce un vero e proprio

ordine, un comando preciso.

L’incontro comincia con una richiesta di Gesù che, essendo uomo, è solidale con tutte le

necessità dell’uomo. Il vero paradosso sta nel fatto che Gesù le chiede dell'acqua da bere, richiede una dimostrazione di solidarietà al livello umano più elementare, che unisce gli

uomini al di sopra delle culture e delle barriere politiche, razziali, spirituali e

religiose.

Dare acqua, elemento scarso e quindi prezioso, è segno di acco glienza e ospitalità. Gesù si rapporta alla Samaritana come il povero nei

confronti del ricco, al quale chiede qualcosa. Dio si fa bisognoso e mendicante d’un sorso d’acqua, non disdegna di chiedere un po’

d’acqua alla Samaritana.

Si mette al livello dell’altro

dicendogli: «Ho biso gno di te, tu mi puoi aiutare. Mi puoi dare una

mano». Gli domanda in modo molto

diretto qualcosa affer mando la

sua disponibilità a dargli

quell’acqua che disseta: è questo un pretesto per

incontrare l’uomo.

Non solo. Gesù non

viola quella donna nella sua identità, ma le chiede

qualcosa perché la

ritiene degna di poterlo aiutare.

Con colei che è lontana cerca di stabilire un rap porto a

livello molto personale per entrare nel suo inti mo. E per

fare questo, non ci può essere la spettacola rità della

predicazione o del miracolo. Questo ci dice l’agire di Dio: è

un agire personale, da povero.

E questa in fondo è l’esperienza che dobbiamo cer care di vivere a livello di fede: l’incontro

personale con Gesù che desidera incontrarti a tu per tu, va direttamente al tuo cuore, vuole

entrare in un’esperienza si gnificativa, profonda.

Il Signore ti vuole incontrare personalmente, a condizione che tu abbia anche la disponibilità di senti re la domanda da parte sua di poter

bere. Infatti, non è tanto la nostra richiesta nei suoi confronti che genere rà un’esperienza di

fede significativa, ma ascoltare la sua richiesta nei nostri confronti.

E lui che ci chiama, è lui che ci determina a questo

incontro per vie molto or dinarie, attraverso le nostre

vicende personali.

Però, dobbiamo percepire quel: «Dammi da bere». È lui che chiede a noi qualcosa ed è questo che ci met te in un atteggiamento di

disponibilità e ascolto. Se ci mettiamo nell’atteggiamento dei protagonisti, difficilmente

riusciremo ad ascoltare la sua parola.

Invece, il protagonista è

Gesù che ci chiama, che ci chiede di fa re un’esperienza

significativa con lui, è lui che

prende l’iniziativa per dirci che ha sete di noi. Se ci

poniamo in questa condizione, allora sarà significativo il nostro cammino.