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La nave simbolo della Regia Marina è stata affondata dai tedeschi il 9 settembre 1943

Alla ricerca del relitto della RomaTra le vittime e i sopravvissuti anche dei romagnoli

A distanza di 66 anni dal suo affondamento da parte dell’aviazio-ne tedesca, avvenuto nelle acque dell’Asinara il 9 settembre 1943,si torna a parlare della corazzata Roma grazie al tentativo di re-cupero del relitto. La spedizione è guidata dall’oceanografo fran-cese Henri Germani Delauze, finanziato da Paul Allen, co-fonda-tore di Microsoft. L’idea dell’impresa è venuta a Francesco Scavel-li, ricercatore di relitti e documentarista. Sulla Roma erano im-barcati complessivamente 2.021 uomini, 1.393 persero la vita, si

salvarono soltanto in 628. Tra le vittime e i sopravvissuti c‘eranoanche dei romagnoli. Morirono Luigi Luzzitelli, nato a Pesaro matrasferitosi a Rimini da bambino, e Viscardo Cappella, riminese.Riuscirà a salvarsi Ovilio Frassineti, nato a Rocca San Casciano,che nel dopoguerra si è trasferito a Roma. Tra gli scampati all’at-tacco tedesco contro il convoglio di cui faceva parte la Roma, ilsottocapo riminese Cesare Greppi, deceduto diversi anni fa, e ilforlivese Carlo Pasquenti, disperso nel 1944. Francesco Scavelli

ha individuato un grande oggetto sommerso proprio nell’aerea incui è affondata la Roma, le sofisticate attrezzature di cui disponeDelauze potranno confermare se si tratta proprio del relitto diquella che è stata una della navi simbolo della Regia Marina. LaRoma, come ha raccontato lo storico Lucio Villari, non aveva avu-to il tempo di difendersi: una bomba era infatti finita nel fumaio-lo causandone la devastazione. I tedeschi avevano voluto colpirlaperché era l’ammiraglia dal punto di visita tecnologico.

Aldo Viroli

Sono in tanti a sperare nel suc-cesso dell’operazione, a comin-ciare dagli ultimi sopravvissutiall’affondamento, purtropposempre meno numerosi, e l’asso-ciazione dei familiari delle 1.393vittime, a cominciare da quellidel comandante delle Forze na-vali da battaglia, l’ammiraglioCarlo Bergamini, che quel gior-no si trovava a bordo della Ro-ma. Come tutti i congiunti deicaduti senza tomba, da sempresperano di poter gettare una co-rona di fiori nel punto in cui so-no scomparsi i loro cari. E anchei numerosi storici e appassionatidel settore. La Marina militareha rilasciato il suo nulla osta al-l’operazione. Le speranze di suc-cesso sembrerebbero superioririspetto ai tentativi di ritrova-mento effettuati nel passato. Du-rante gli ultimi sondaggi del fon-dale del Golfo, infatti, è emersodalle acque un segnale partico-lare. È stato captato durante unpassaggio sopra un lungo e stret-to canyon sottomarino, distantecirca 45 chilometri dalla costa,ad una profondità variabile tra i1300 e i 1800 metri. E’ stato inquel punto che il sonar, unostrumento in grado di individua-re negli abissi persino un fusto dibenzina, ha registrato la presen-za di una concentrazione di ma-teriale ferroso anomala, in quel-la zona, dove non risulta che visiano stati altri affondamenti dinavi dalla Seconda Guerra Mon-diale ad oggi. A fornire la rispo-sta definitiva saranno i Rov (Re-motely operated vehicle), mini-sommergibili filoguidati, e dalleloro telecamere. A scoprire i no-mi dei romagnoli imbarcati sullaRoma è stato il ricercatore rimi-nese Valeriano Moroni, che haanche conosciuto personalmenteil figlio dell’ammiraglio Berga-mini. L’eroico ufficiale era nato aSan Felice sul Panaro, in provin-cia di Modena, il 24 ottobre1888. Sulla sua formazione ave-vano influito le tradizioni fami-liari: i nonni eranocarbonari, il padregaribaldino era statocombattente a Bez-zecca e a Mentana. Ilgiovane Carlo Berga-mini era rimasto at-tratto dalla Marina aBari, dove il padre, in-tendente di finanza, siera trasferito con la fa-miglia per qualche tempo. Cosi,nel 1905 entra all’AccademiaNavale di Livorno da dove usciràguardamarina il 1° dicembre1908. Si era subito distinto nonsolo per le sue qualità di studio-so e le capacità militari, ma an-che per la grande umanità e l’af-fetto verso i suoi uomini. La suapiù importante realizzazione, incollaborazione con la SocietàGalileo di Firenze, un nuovo tipodi centrale di tiro navale e an-tiaereo particolarmente rapida eprecisa. ”La Marina - scrive Lu-ciano Bergamini, figlio dell’am-

miraglio in ”Regia Marina” - eb-be tale fiducia nelle sue capacitàche, il 25/3/1931, pose al suo co-mando la squadriglia costituitadai CC.TT. Nembo, Aquilone,Turbine ed Euro, sui quali feceinstallare le nuove centrali di ti-ro. Un severo addestramentoconsentì la formazione di ungruppo di equipaggi altamentepreparati. I risultati furono otti-mi e tali centrali, sempre piùperfezionate e sofisticate, furonoinstallate su molte unità della

Marina italiana. La-sciò tale Squadrigliail 15 settembre1932”. Dopo averricoperto vari incari-chi, l’ammiraglioBergamini era statonominato coman-dante in capo delleforze navali da batta-

glia, con insegna di volta in vol-ta sulle corazzate Littorio, Vitto-rio Veneto e infine sulla Roma.L’8 settembre le sue navi eranopronte per salpare da La Speziaverso il sud per andare a contra-stare lo sbarco alleato che si pre-vedeva avvenisse nel golfo di Sa-lerno. L’ordine di partenza per leprime ore del giorno 9, era statotrasmesso da Supermarina giàdalle 8. Il convoglio, di cui face-va parte la Roma, si muoverà in-fine alle 3 con destinazione LaMaddalena, per consegnarsi aglialleati. Alle 1.40 arriverà la noti-

zia che l’isola era stata occupatadai tedeschi e così l’ammiraglioBergamini aveva invertito la rot-ta. Un mese dopo l’affondamen-to della Roma, il Capo di Statomaggiore della Marina, l’ammi-raglio Raffaele De Courten, ave-va riferito del colloquio telefoni-co avuto con Bergamini nelle oreconcitate dell’8 settembre. Ber-gamini gli avrebbe detto che laflotta era pronta ad eseguirequalsiasi ordine venisse imparti-to dal Re. Altre fonti riferisconoinvece di un colloquio piuttostotempestoso dove Bergaminiavrebbe manifestato a De Cour-ten la propria indignazione pernon essere stato tempestivamen-te messo al corrente della firmadell’armistizio. Questa la moti-vazione della medaglia d’Oro alValor militare alla memoria:“Comandante in capo delle forzenavali da battaglia, sorpreso dal-l’armistizio, in piena efficienzamateriale e morale, trascinò conl’autorità e con l’esempio tutte lesue navi ad affrontare ogni ri-schio pur di obbedire, per fe-deltà al Re e per il bene della Pa-tria, al più amaro degli ordini. Enell’adempimento del dovere,scomparve in mare con la suanave ammiraglia, colpita a mor-te dopo accanita difesa dal nuo-vo nemico, scrivendo nella storiadella Marina una pagina incan-cellabile di dedizione e di one-stà”. Significative testimonianze

sulle doti umane dell’alto ufficia-le vengono dal libro di IreneoRemondi “Ammiraglio CarloBergamini”. Tra quelle riportate,una è del marinaio Buzni Marco-ni di Ravenna, che parla del“mio bravo ammiraglio”. IreneoRemondi commenta che quelleparole potrebbero sembrare aprima vista di convenienza e diadulazione. Ma leggendo con at-tenzione la lettera appare evi-dente come quelle espressionirappresentino devozione e affet-to verso l’alto ufficiale. BuzniMarconi era infatti orfano di pa-dre e aveva otto fratelli, tre comelui erano sotto le armi; l’ammira-glio, che si era reso conto delladifficile situazione familiare, gliaveva concesso dei permessi pertornare a casa. Due marinaimorti nell’affondamento veniva-no da Rimini. Luigi Luzzitelli eranato a Pesaro nel 1919, ma si eratrasferito a Rimini quando avevatre anni. Il padre, ferroviere, fa-ceva parte della milizia ferrovia-ria, la madre era casalinga. Ilgiovane, come riferito dalla cugi-na Corinna Succi Pillepich, re-centemente scomparsa, avevaconseguito il diploma di peritoagrario. Aveva due fratelli cheavevano indossato ugualmente ladivisa: Bruno quella della Mari-na, Ezio quella dell’Aeronautica.Viscardo Cappella, classe 1923,prima di venire arruolato facevail pescatore. Si era salvato invece

Ovilio Frassineti, nato a RoccaSan Casciano nel 1924, che ave-va scritto una lettera alla vedovadell’ammiraglio, pubblicata nellibro di Remondi. Frassineti, cheall’epoca dei fatti aveva 19 anni,dichiara il proprio orgoglio peraver fatto parte degli equipaggidell’ammiraglio. A colpire la suagiovane mente di marinaio erastata soprattutto la bonaria cor-dialità dell’alto ufficiale, scopertain occasione di un colloquio im-provvisato durante una rassegna.Sentire il comandan-te interessarsi di lui,della sua giovane etàdella famiglia e dellamadre vedova, locommuoveva econfondeva nellostesso tempo. “Diquesto – aveva scritto– ho sempre serbatoun caro ricordo delquale sono sempre andato orgo-glioso”. Frassineti aveva lasciatoRocca San Casciano nel 1947per trasferirsi prima a Milanopoi a Roma, dove era stato assun-to dal Ministero Difesa Aeronau-tica. Raggiunto telefonicamentenel 2004, aveva raccontato che almomento dell’attacco aereo te-desco si trovava assieme ad altrimarinai nella centrale elettricadiesel di poppa, non toccata dal-l’esplosione. Da un marescialloavevano ricevuto l’ordine di veri-ficare la situazione, aperto il por-

tello si erano resi conto che l’ac-qua era già a poppa. Poi Frassi-neti si è buttato in acqua e senzasalvagente era riuscito a raggiun-gere uno zatterone; era uno deiprimi, poco dopo erano diventa-ti una trentina. Erano rimasti inquelle condizioni per almeno treore, fino all’arrivo della torpedi-niera Impetuoso. Faceva partedell’equipaggio dell’Impetuosoil forlivese Carlo Pasquenti, cheFrassineti aveva già conosciuto aLa Spezia. Successivamentel’Impetuoso, assieme alla Pega-so, aveva preso la rotta delle Ba-leari dove le autorità spagnoleavevano concesso 24 ore di ospi-talità, come del resto previstodalle convenzioni internazionaliessendo la Spagna paese neutra-le. Intanto i comandanti delledue navi avevano deciso l’au-toaffondamento. I marinai ver-ranno internati a Caldas de Ma-lavella, nei pressi di Girona, inCatalogna, da dove faranno rien-tro in Italia, precisamente a Ta-ranto, nell’estate 1944, a bordodell’incrociatore Duca d‘Aosta.L’imbarco era avvenuto a Algeci-ras. Prima però, racconta Frassi-neti, si era tenuto tra i mariniuna sorta di referendum per sce-gliere se raggiungere l’Italia delsud, liberata dagli Alleati, oquella del nord, occupata dai te-deschi. Solo pochissimi scelserodi andare al nord e tra questi Pa-squenti. Il nome di Carlo Pa-squenti, classe 1925, è presentesul sito “L’Altra Verità”, che rac-coglie i caduti e dispersi dellaRsi. Risulta appartenente allaDecima Mas e disperso il 13 set-tembre 1944 a Dernice, un pic-colo paese in provincia di Ales-sandria. Nel 2003 Ovilio Frassi-neti ha preso parte alla solennecerimonia tenutasi in occasionedel 60 anniversario dell’affonda-mento della Roma. Erano pre-senti l’allora presidente della Re-pubblica Carlo Azeglio Ciampi,con il quale Frassineti ha scam-biato qualche parola, e Pier Pao-lo Bergamini, figlio dell’ammira-glio. Il momento più toccantedella cerimonia è stato il lancioin mare di una corona di fiori, al-

le 16.12, l’ora esattadell’affondamentodella corazzata. Co-me ha ricordato lostorico Lucio Villari,la Roma assieme allaLittorio era una dellanavi più modernedella Regia Marina;aveva tutti i miglioristrumenti di inter-cettazione antiaerea

e grande potenza di fuoco, ele-menti che purtroppo hanno con-tribuito alla sua fine. Del convo-glio che stava raggiungendo LaMaddalena, era proprio la Romala nave che i tedeschi volevanocolpire perché si trattava del-l’ammiraglia dal punto di vistatecnologico. E in più, aggiungeVillari, la Roma non aveva avutoil tempo di difendersi, una bom-ba era infatti finita dentro il fu-maiolo provocandone la distru-zione.

La corazzataRoma;l’ammiraglioCarloBergamini: ilpresidentedellaRepubblicaCiampi allacerimonia per il60 anniversariodell’attaccoaereo

Persero la vitain 1.393,

tra i cadutil’ammiraglioBergamini

Il toccantericordo diuno dei

sopravvissuti

LLAAVVOOCCEE ROMAGNA ARTE E STORIA32 Lunedì 2

Novembre 2009