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Cap.1 – Il governo della nave 1 Il governo della nave 1.1 Introduzione ............................................................................ 1 1.2 Il timone convenzionale .......................................................... 3 1.3 Gli impianti di governo ........................................................... 5 1.4 Sistemi attivi e passivi ............................................................. 7 1.5 Configurazioni tipiche .......................................................... 10 1.6 Un cenno ai moti nave .......................................................... 15 1.1 Introduzione I mezzi marini devono possedere, seppure in diversa misura gli uni dagli altri, capacità manovriere adeguate ai compiti previsti in fase di progetto in relazione alle possibili destinazioni d’uso. Si tratta di requisiti marinareschi che concorrono a determinare il successo commerciale di una nave assieme alle altre caratteristiche operative, relative sia al trasporto sia all’imbarco del carico. In altri termini, la capacità manovriera di un mezzo marino rappresenta l’attitudine a rispondere prontamente e con precisione all’azione dei sistemi di governo anche in condizioni meteo–marine avverse. Essenzialmente i sistemi di controllo del moto della nave devono garantire la manovra sia in mare aperto sia in acque ristrette, ed a tale riguardo si possono infatti evidenziare due distinte necessità: 1

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Cap.1 – Il governo della nave

1 Il governo della nave

1.1 Introduzione ............................................................................1 1.2 Il timone convenzionale ..........................................................3 1.3 Gli impianti di governo ...........................................................5 1.4 Sistemi attivi e passivi .............................................................7 1.5 Configurazioni tipiche ..........................................................10 1.6 Un cenno ai moti nave ..........................................................15

1.1 – Introduzione

I mezzi marini devono possedere, seppure in diversa misura gli uni dagli altri, capacità manovriere adeguate ai compiti previsti in fase di progetto in relazione alle possibili destinazioni d’uso. Si tratta di requisiti marinareschi che concorrono a determinare il successo commerciale di una nave assieme alle altre caratteristiche operative, relative sia al trasporto sia all’imbarco del carico.

In altri termini, la capacità manovriera di un mezzo marino rappresenta l’attitudine a rispondere prontamente e con precisione all’azione dei sistemi di governo anche in condizioni meteo–marine avverse.

Essenzialmente i sistemi di controllo del moto della nave devono garantire la manovra sia in mare aperto sia in acque ristrette, ed a tale riguardo si possono infatti evidenziare due distinte necessità:

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L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione

• l’esigenza di un sistema di controllo della rotta della nave alle velocità di crociera, in grado di mantenere la nave sul percorso programmato, sia controllando il moto rettilineo con piccoli aggiustamenti – necessari per bilanciare le azioni perturbative generate dal mare –, sia modificandolo con manovre d’accostata; nel complesso si tratta di azioni di controllo del moto d’avanzo per lo più effettuate in mare aperto;

• l’esigenza di un sistema (anche composto da più impianti funzionanti in maniera coordinata) per effettuare manovre a bassa velocità in acque ristrette, quali per esempio l’avvicinamento ad una banchina.

FIGURA 1.1.A Nave portaerei durante una rapida accostata.

Tali caratteristiche possono poi includere, nel caso di unità speciali, anche requisiti particolari, quali l’attitudine al mantenimento di una posizione fissa in mare aperto (supply vessels, navi idrografiche, cacciamine), oppure la capacità di spingere o rimorchiare altri mezzi marini controllandone lo spostamento tramite la generazione di forze su direzioni convenienti (rimorchiatori, spingitori), oppure la capacità di effettuare operazioni collegate all’estrazione petrolifera (navi per ricerche petrolifere, shuttle tankers) o lavori di dragaggio (draghe), oppure ancora la capacità di invertire il moto d’avanzo con facilità per muoversi su rotte vincolate da spazi ristretti (traghetti bidirezionali) o su rotte caratterizzate dalla presenza di ghiacci (rompighiaccio e navi mercantili per la navigazione fra i ghiacci).

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Cap.1 – Il governo della nave

1.2 – Il timone convenzionale

Negli impianti convenzionali, le forze necessarie per fare evoluire la nave, ossia per imprimere ad essa un moto rotatorio tale da farle modificare la rotta precedentemente seguita, sono ottenute sfruttando l’azione del flusso d’acqua indotto dall’avanzo su una superficie di controllo. Tale superficie, in grado di generare, se opportunamente orientata, una forza orizzontale trasversale, è la più importante superficie di controllo della nave e costituisce la pala del timone verticale, il cui asse di rotazione, come suggerisce il nome, è appunto verticale. Sui mezzi marini di superficie è detta semplicemente timone.

Dal punto di vista storico gli antichi navigatori manovravano le loro navi servendosi di uno o più remi opportunamente azionati dalla forza dell’uomo e posti nella zona poppiera dell’imbarcazione. L’evoluzione dal remo di manovra al timone ebbe luogo in una data di difficile identificazione negli anni che andarono dal 1200 al 1500 (e rappresentò la più importante evoluzione del disegno navale di quegli anni). In quel tempo il remo di governo sporgente dal giardinetto di dritta della nave venne sostituito da un timone di legno pendente dal dritto di poppa. Sembra ragionevole ipotizzare, in base alle fonti storiche, che l’evoluzione del timone pendente dalla poppa abbia avuto luogo nelle acque baltiche o tedesche (forse le cocche della Lega Anseatica).

Fino a quegli anni il remo–timone pendeva usualmente dalla fiancata di dritta della nave e rendeva questo lato inadatto all’avvicinamento alla banchina, sia per questioni di manovrabilità, sia per la protezione dell’impianto da scontri contro la banchina. Questa è la ragione per la quale una fiancata della nave, quella di sinistra, ha mantenuto la funzione dominante di fiancata di attracco, mentre l’altra, quella di dritta, è rimasta nella memoria come fiancata di manovra, perché un tempo equipaggiata con il remo timone.

Al giorno d’oggi la storia di questa evoluzione rimane nel termine anglosassone con cui si indicano i due fianchi della nave: “port side” è il fianco di sinistra, ancora preferibilmente ottimizzato per l’ormeggio e per l’imbarco delle merci, e “starboard side” (starboard ≈ steerside) è quello di dritta.

Oggi sui mezzi navali il motore primo che fornisce potenza all’apparato di governo è costituito generalmente da un impianto elettro–idraulico e la forma dell’appendice che agisce sull’acqua per produrre la forza necessaria a far evoluire la nave possiede asse di rotazione verticale ed ha una forma idrodinamica ottimizzata al compito.

Tali appendici di carena sono poste nella volta di poppa (un caso particolare è costituito dai traghetti bidirezionali utilizzati su brevi tratte, per

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L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione

i quali tuttavia la propulsione ed il controllo viene effettuato sempre da poppa) e quando possibile nel flusso dell’elica, quindi sul piano di simmetria della nave o, se la nave è bielica, su piani paralleli equidistanti dal diametrale. Esse sono collegate al sistema di comando da un’asta verticale che ne controlla appunto la rotazione.

FIGURA 1.2.A Timone di una nave product tanker da 60.000 tpl.

L’asse di rotazione può essere leggermente inclinato rispetto alla verticale per far lavorare la pala con maggior omogeneità nel flusso di carena, come nel caso delle grandi navi bielica con due timoni, ove gli assi sono inclinati anche per ridurre la distanza fra la losca ed il tubo di flusso dell’elica.

Il numero dei timoni varia in funzione delle esigenze di manovrabilità della nave e subordinatamente alla capacità della singola pala di contribuire alla generazione della forza evolutiva richiesta.

Nei mezzi marini che possono navigare completamente immersi in acqua nasce anche la necessità di poter variare l’immersione rispetto alla superficie del mare. Per questo motivo i sottomarini sono dotati anche di un timone orizzontale, detto timone d’immersione, atto a controllare, per rotazione su un asse orizzontale i soli movimenti verticali. In alternativa, per ottenere un’omogenea distribuzione delle forze sulle pale, i timoni dei sottomarini sono anche disposti ad “X”, ossia con assi inclinati di 45°, e vengono azionati in maniera coordinata per controllare assieme cambiamenti di rotta e di immersione.

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Cap.1 – Il governo della nave

Per quanto riguarda il funzionamento di dette superfici passive, è importante rimarcare il fatto che il loro azionamento è inefficace se avviene a nave ferma o a velocità di avanzo molto basse, come nel caso di manovre in acque ristrette, perché viene a mancare proprio quel flusso che sta all’origine delle forze idrodinamiche di controllo. Per questo motivo una nave non può manovrare efficacemente con il timone per accostare alla banchina, eventualmente può solo effettuare manovre di allontanamento (della poppa) dal punto di ormeggio, deviando il flusso dell’elica tramite la pala del timone.

Una manovra di questo tipo si realizza con più efficacia se la pala del timone è dotata di flap, perché si riesce ad ottenere una deviazione del flusso prossima ai 90°; il risultato della manovra è ancora migliore se la nave ha due eliche e due timoni, in questa circostanza infatti la generazione di flussi di verso opposto sulle due eliche e la manovra dei timoni concorrono a generare una forza quasi perfettamente trasversale.

FIGURA 1.2.B Nave bielica con due timoni su corno.

1.3 – Gli impianti di governo

I sistemi di controllo dei movimenti della nave sono costituiti da impianti che, sfruttando energia prodotta a bordo, sono in grado di esercitare sull’ambiente circostante le forze necessarie per ottenere un determinato spostamento della nave. Tali forze nascono dall’effetto di interazione tra

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L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione

superfici idrodinamiche orientabili, dette superfici di controllo, e l’acqua che lambisce l’opera viva della nave. Il corretto funzionamento dei sistemi di controllo è essenziale per garantire la sicurezza della nave in mare. Una nave non manovrabile diventa infatti passiva nei confronti delle azioni del mare e del vento, col risultato di trovarsi in balia delle onde e di essere esposta al rischio di perdere stabilità, o addirittura di veder compromessa la sua integrità strutturale.

E’ noto che il controllo dei moti è più efficace in acqua piuttosto che in aria, essendo la forza scambiata proporzionale alla massa del fluido nel quale essa è generata. In effetti la massa specifica dell’acqua di mare è pari a circa 800 volte quella dell’aria: nelle condizioni standard – temperatura di 15°C e salinità del 3,5% – la massa specifica dell’acqua di mare è di 1026 kg/m3, mentre la massa specifica dell’aria secca è pari a 1.226 kg/m3.

Gli impianti per il controllo dei movimenti della nave, dedicati al governo del mezzo marino, possono essere di diversa tipologia in funzione del particolare compito che devono espletare, ma in generale essi sono costituiti da una serie di elementi funzionali così identificabili: • l’unità di potenza, ossia un dispositivo atto a fornire al sistema la

potenza necessaria ad imprimere un movimento alla nave (ma anche a smorzare un moto); si tratta solitamente un motore elettro–idraulico che riceve il comando impartito da un dispositivo automatico o da un operatore;

• l’attuatore, in altre parole un meccanismo in grado di trasformare la potenza meccanica fornita dal motore primo in potenza disponibile alla superficie di controllo;

• la superficie di controllo, l’elemento con cui il sistema interagisce con l’ambiente (l’acqua) generando una forza evolutiva per effetto della deviazione del flusso che lo lambisce. Per quanto riguarda il progetto degli impianti di governo, va detto che

essi devono essere in grado di espletare il proprio compito in qualsiasi condizione operativa richiesta alla nave, garantendo così la sicurezza del mezzo marino. Per questo motivo l’insieme dei macchinari e degli elementi strutturali deve essere estremamente affidabile in ogni parte e conseguentemente deve essere il più possibile semplice, con ridondanza negli elementi meccanici e tale da garantire facilità di interventi manutentivi ed accessibilità sia per i controlli sia per le manovre di emergenza.

In particolare, gli elementi fuori scafo, costituiti dalla superficie di controllo e dagli elementi di supporto e di comando, non essendo generalmente duplicati per motivi economici, devono essere caratterizzati da elevati margini di sicurezza di progetto (ossia elevati coefficienti di sicurezza strutturale). Tali parti sono infatti esposte alle azioni sia di carichi marini di

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Cap.1 – Il governo della nave

difficile determinazione sia di carichi accidentali dovuti a corpi galleggianti e per di più si trovano in posizioni disagiate per gli interventi di riparazione.

Al giorno d’oggi l’attenzione per la sicurezza è però tale da giustificare sempre più spesso l’installazione di un doppio impianto (doppio timone), soprattutto sulle navi che trasportano merci pericolose (navi petroliere o chimichiere) o sulle navi di maggior valore (navi passeggeri). Inoltre le navi militari hanno spesso un doppio timone per garantire una certa continuità di servizio anche se le timonerie sono parzialmente danneggiate.

Un altro fattore importante nella scelta dei sistemi di governo e manovra è rappresentato dall’entità della modifica del flusso di carena che essi comportano. Ogni appendice di carena, positiva o negativa, comporta infatti una modifica del flusso attorno alla carena e quindi un incremento di resistenza all’avanzo (resistenza aggiunta) che, anche ammontando a pochi valori percentuali, provoca sensibili costi aggiuntivi per l’esercizio della nave.

Il timone perciò è conveniente che sia opportunamente collocato nella scia di carena e di piccole dimensioni (minori dimensioni comportano anche una minore vulnerabilità rispetto ad eventi accidentali). Se il timone è posto nel flusso dell’elica va però considerato anche il vantaggio offerto da un miglioramento del rendimento propulsivo.

Infine, altri fattori che devono essere considerati nella scelta della configurazione sono, come per ogni impianto a bordo della navi, il peso e l’ingombro – soprattutto per le piccole imbarcazioni.

1.4 – Sistemi attivi e passivi

Quando il flusso utilizzato per la generazione delle forze sulla pala è quello che deriva dal moto d’avanzo della nave le superfici di controllo si dicono passive, poiché per generare le forze evolutive sfruttano un flusso dipendente dal movimento della nave, ovvero l’energia prodotta dall’apparato di propulsione.

Le superfici di controllo si dicono invece attive se sono dotate di mezzi propri per la generazione del flusso atto a farle funzionare, ossia nel loro funzionamento sono indipendenti dall’avanzo della nave. Essi possono utilizzare, per esempio, energia prodotta da un’elica dedicata, oppure l’energia prodotta dall’elica propulsatrice: in entrambi i casi lavorano orientando il flusso dell’elica anche a nave ferma. Si veda per esempio il timone a mantello di Fig.1.4.A.

Perciò, per ovviare all’inconveniente dell’impossibilità di gestire in sicurezza la manovra in acque ristrette ed a basse velocità, i timoni passivi

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vengono sostituiti con sistemi attivi, oppure vengono integrati con sistemi attivi indipendenti.

FIGURA 1.4.A Timone a mantello di un rimorchiatore portuale.

FIGURA 1.4.B Timone a mantello di un peschereccio d’altura.

Mentre negli impianti di controllo passivi la forza utile aveva origine nella portanza generata dalle superfici di controllo, nei sistemi attivi la forza utile matura essenzialmente per effetto della spinta generata da una

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macchina dinamica (elica, idrogetto, pompa) utilizzata a tale scopo. In pratica si possono avere due tipi di sistemi attivi: • quelli in cui la macchina generatrice del flusso ha l’asse fisso e quindi

il flusso è deviato dalla superficie di controllo, • e quelli in cui la macchina generatrice del flusso ha l’asse verticale

orientabile in modo da poter fare a meno della superficie deviatrice. Ciò significa che i sistemi attivi possono essere anche privi di superfici

di controllo.

FIGURA 1.4.C Esempio di timone propulsore (del tipo Pod).

Per quanto detto i sistemi di controllo possono essere perciò classificati, in base alla modalità di generazione della forza attiva, in: • timoni passivi, in cui l’effetto utile nasce dalla portanza generata su una

superficie posta nel flusso della nave; • timoni passivi e attivi, che lavorano come quelli passivi quando la nave

è in movimento con una sufficiente velocità, ma che in manovra a basse velocità generano una forza utile grazie all’elica che portano fissata sulla superficie di pala (in pratica l’elica viene orientata muovendo la barra del timone in modo da generare spinte trasversali), oppure grazie ad un generatore di portanza (cilindri rotante) che sfrutta l’effetto Magnus;

• timoni attivi (timoni a mantello orientabile), i quali generano spinte trasversali semplicemente deviando il flusso dell’elica di propulsione ─ in questo caso l’elica non viene utilizzata come elica propulsatrice;

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• timoni–propulsori (si tratta in genere di diversi tipi di propulsori azimutali), che sono in grado di orientare la spinta generata.

A questi vanno aggiunti i propulsori di manovra, costituiti da eliche con asse trasversale fisso, che generano esclusivamente una spinta trasversale utile alla manovra. Le forze necessarie alla generazione del movimento della nave in acque ristrette sono spesso fornite infatti dalle eliche trasversali, che assicurano lo spostamento laterale della nave a velocità d’avanzo nulla o quasi. Tali sistemi non sono dotati di superfici di controllo poiché la direzione di applicazione della forza è sempre trasversale rispetto alla nave.

Va osservato che due eliche trasversali, una a prora ed una a poppa, garantiscono sia una forza netta trasversale sia un momento evolutivo, rendendo possibile, in coordinazione con la spinta dell’elica propulsatrice, qualsiasi sequenza di movimenti utili all’approdo. La presenza di questi impianti dedicati garantisce l’indipendenza della nave da mezzi esterni di ausilio alla manovra (rimorchiatori) e, poiché il costo del loro intervento non è generalmente trascurabile, la gestione della nave diventa, a fronte di un maggiore costo iniziale, più economica.

1.5 – Configurazioni tipiche

In funzione delle esigenze operative le navi vengono equipaggiate con i sistemi di controllo più opportuni. La configurazione classica prevede: • superfici di controllo passive per il controllo della rotta e dell’accostata

in crociera, tali timoni sono posti a poppa della nave sia per soddisfare esigenze di sicurezza che di efficacia del controllo;

• eventuali eliche trasversali per le manovre in acque ristrette; inizialmente le navi venivano allestite solo con un’elica di manovra a prora (bow thruster), recentemente con una o più eliche trasversali poste sia a prora, sia a poppa.

Va comunque osservato che i timoni passivi possono assumere svariate configurazioni, ottimizzate per il controllo della rotta in mare aperto o della manovra in acque ristrette.

Soluzioni alternative a quella appena presentata sono costituite dall’utilizzo di sistemi di propulsione con direzione di spinta orientabile, i cosiddetti sistemi azimutali. Tale stratagemma permette di eliminare sia il timone per il controllo della rotta sia l’elica trasversale di poppa per la manovra in acque ristrette. Tuttavia la coppia di eliche trasversali di poppa e di prora può essere mantenuta per aumentare la capacità di manovra della nave, ed è questo il caso di recenti grandi navi da crociera che effettuano spesso navigazione in acque ristrette. In Fig.1.5.A sono illustrate due tipiche configurazioni per navi gasiere, navi che per il servizio svolto devono possedere una sicurezza intrinseca molto alta.

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FIGURA 1.5.B Configurazioni tipiche per navi gasiere [da Significant Ships, RINA].

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L’apparato di governo, manovra e stabilizzazione

In generale, le navi che spendono maggior parte della loro vita in mare aperto (oceangoing vessels) possiedono prevalentemente sistemi di controllo della rotta del tipo passivo, mentre quelle adibite a servizi del tipo feeder, o che prevalentemente navigano in acque ristrette, sono equipaggiate sempre più spesso con apparati di governo e propulsione integrati (sistemi azimutali).

Esistono diverse configurazioni di propulsori azimutali, ognuno adatto ad espletare un determinato servizio: • i propulsori azimutali con eliche in flusso libero vengono utilizzati

sulle navi adibite a lunghe tratte di navigazione ma che necessitano anche di una notevole manovrabilità per l’esigenza di frequenti navigazioni in acque ristrette o per possedere un certo grado di indipendenza da mezzi esterni di ausilio alla manovra (navi da crociera, navi mercantili).

• i propulsori azimutali con eliche intubate vengono invece utilizzati su mezzi per i quali l’efficienza in manovra è preponderante rispetto all’efficienza del sistema propulsivo nella navigazione in mare aperto (imbarcazioni portuali, rimorchiatori, supply vessels).

FIGURA 1.5.B Confronto fra la trasmissione di potenza di un timone─propulsore del tipo Pod e di uno azimutale classico [catalogo Schottel].

Il sistema di propulsione azimutale (si veda la Fig.1.5.B destra e la Fig.1.5.C) ha un rendimento complessivo basso a causa delle elevate perdite correlate al sistema meccanico di trasmissione della potenza, costituito da una serie di rinvii con ruote dentate.

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Cap.1 – Il governo della nave

Effettivi vantaggi si ottengono solo inserendo il motore elettrico di propulsione nella gondola di supporto delle eliche, mentre il motore diesel funziona a velocità costante alimentando l’alternatore: tale sistema prende il nome di Pod ma è spesso indicato con il nome commerciale di Azipod.

FIGURA 1.5.C Coppia di timoni–propulsori del tipo azimutale con eliche intubate installati su un rimorchiatore [catalogo Schottel].

FIGURA 1.5.D Coppia di timoni–propulsori del tipo Pod installati su una grande nave da crociera.

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Tale configurazione richiede però un impianto più costoso e una progettazione più complessa, mirata alla ricerca di nuove soluzioni tecnologiche per l’allestimento di grandi potenze propulsive entro le gondole.

Il punto critico strutturale di questa sistemazione è rappresentato dal cuscinetto di collegamento della parte mobile con la carena, che risulta sottoposto ad un elevato sforzo radiale e ad un momento flettente verticale che rischia di compromettere la tenuta dello stesso.

È evidente che un sistema rudder–propeller appare più affidabile e versatile, ma la scelta fra questo sistema e quello classico (del tipo elica e timone) è fortemente influenzata da fattori economici ed operativi, legati a valutazioni esclusivamente armatoriali.

Si cita ad esempio il caso delle navi da crociera adibite alle rotte caraibiche: si tratta di navi molto costose, che trasportano un “carico” estremamente prezioso e che spendono gran parte del loro tempo in navigazione all’interno dei bracci di mare fra le isole, tutti fattori che concorrono a favorire l’uso del propulsore azimutale.

Infine, una particolare tipologia di timone─propulsore è quella rappresentata dai sistemi cicloidali (sistema brevettato Voith–Schneider), costituiti da più pale verticali mobili lungo una traiettoria circolare orizzontale ed orientabili in modo da generare una spinta netta nella direzione desiderata.

FIGURA 1.5.E Modello e schema della trasmissione del timone ─propulsore cicloidale Voith–Schneider [catalogo Schottel].

Questo sistema è quello che garantisce in assoluto le migliori doti di manovrabilità, benché a scapito di un ridotto rendimento propulsivo e di un alto costo di installazione. Esso trova applicazione su rimorchiatori e su navi che si muovono costantemente in acque ristrette.

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Cap.1 – Il governo della nave

FIGURA 1.5.F Coppia di propulsori cicloidali Voith–Schneider installati su un rimorchiatore portuale.

1.6 – Un cenno ai moti nave

Per quanto finora detto, con il termine “movimento della nave” si è inteso il solo movimento traslatorio della nave indotto dall’azione dei sistemi di bordo dedicati a tale funzione, movimento consistente generalmente in un moto di avanzo rettilineo o in accostata.

In termini più generici la nave è soggetta a movimenti, detti propriamente “moti nave”, indotti dalle azioni del mare e del vento. Rispetto ad una terna solidale alla nave essi sono così definiti: • moti di traslazione: sono detti moto di abbrivio (surge) quello lungo

l’asse longitudinale della nave, moto di scarroccio (sway) quello lungo l’asse trasversale ed infine moto di sussulto (heave) quello lungo l’asse verticale;

• moti di rotazione (rispetto alla terna che identifica gli angoli di Eulero): sono detti moto di rollio (roll) quello attorno all’asse longitudinale, moto di beccheggio (pitch) quello attorno all’asse trasversale ed infine moto di imbardata (yaw) quello attorno all’asse verticale.

Queste azioni dinamiche riducono il comfort di l’abitabilità del mezzo marino suscitando velocità di spostamento che possono superare la soglia di tolleranza del corpo umano. Inoltre possono essere all’origine di

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accelerazioni elevate, tali da generare pericolose forze aggiuntive inerziali sulle strutture, compromettendo la sicurezza del mezzo marino.

Per tali motivi le navi vengono anche equipaggiate con impianti di controllo atti a smorzare i moti nave, assicurando una stabilità di piattaforma adeguata alle esigenze di abitabilità o di servizio e sufficiente a garantire la sicurezza rispetto agli sbandamenti trasversali e alla capacità strutturale.

Detti impianti possono essere interni alla nave (per esempio le casse antirollio) oppure esterni allo scafo, in quest’ultimo caso si tratta di superfici di controllo fisse o mobili che vengono aggiunte sull’opera viva del mezzo marino. Questi impianti sono simili a quelli di governo, e sono prevalentemente utilizzati per la riduzione del moto di rollio e, meno frequentemente, di quello di beccheggio. Va rammentato a riguardo che lo smorzamento del rollio è previsto su navi che mostrano una carenza di stabilità trasversale per le condizioni operative richieste dal tipo di servizio (navi veloci) o che necessitano di stabilità di piattaforma (supply vessels, navi militari, navi passeggeri), mentre la riduzione del moto di beccheggio è indispensabile per consentire l’operatività delle navi veloci con mari mossi (navi veloci mercantili e militari).