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La nave simbolo della Regia Marina è stata affondata dai tedeschi il 9 settembre 1943 Alla ricerca del relitto della Roma Tra le vittime e i sopravvissuti anche dei romagnoli A distanza di 66 anni dal suo affondamento da parte dell’aviazio- ne tedesca, avvenuto nelle acque dell’Asinara il 9 settembre 1943, si torna a parlare della corazzata Roma grazie al tentativo di re- cupero del relitto. La spedizione è guidata dall’oceanografo fran- cese Henri Germani Delauze, finanziato da Paul Allen, co-fonda- tore di Microsoft. L’idea dell’impresa è venuta a Francesco Scavel- li, ricercatore di relitti e documentarista. Sulla Roma erano im- barcati complessivamente 2.021 uomini, 1.393 persero la vita, si salvarono soltanto in 628. Tra le vittime e i sopravvissuti c‘erano anche dei romagnoli. Morirono Luigi Luzzitelli, nato a Pesaro ma trasferitosi a Rimini da bambino, e Viscardo Cappella, riminese. Riuscirà a salvarsi Ovilio Frassineti, nato a Rocca San Casciano, che nel dopoguerra si è trasferito a Roma. Tra gli scampati all’at- tacco tedesco contro il convoglio di cui faceva parte la Roma, il sottocapo riminese Cesare Greppi, deceduto diversi anni fa, e il forlivese Carlo Pasquenti, disperso nel 1944. Francesco Scavelli ha individuato un grande oggetto sommerso proprio nell’aerea in cui è affondata la Roma, le sofisticate attrezzature di cui dispone Delauze potranno confermare se si tratta proprio del relitto di quella che è stata una della navi simbolo della Regia Marina. La Roma, come ha raccontato lo storico Lucio Villari, non aveva avu- to il tempo di difendersi: una bomba era infatti finita nel fumaio- lo causandone la devastazione. I tedeschi avevano voluto colpirla perché era l’ammiraglia dal punto di visita tecnologico. Aldo Viroli Sono in tanti a sperare nel suc- cesso dell’operazione, a comin- ciare dagli ultimi sopravvissuti all’affondamento, purtroppo sempre meno numerosi, e l’asso- ciazione dei familiari delle 1.393 vittime, a cominciare da quelli del comandante delle Forze na- vali da battaglia, l’ammiraglio Carlo Bergamini, che quel gior- no si trovava a bordo della Ro- ma. Come tutti i congiunti dei caduti senza tomba, da sempre sperano di poter gettare una co- rona di fiori nel punto in cui so- no scomparsi i loro cari. E anche i numerosi storici e appassionati del settore. La Marina militare ha rilasciato il suo nulla osta al- l’operazione. Le speranze di suc- cesso sembrerebbero superiori rispetto ai tentativi di ritrova- mento effettuati nel passato. Du- rante gli ultimi sondaggi del fon- dale del Golfo, infatti, è emerso dalle acque un segnale partico- lare. È stato captato durante un passaggio sopra un lungo e stret- to canyon sottomarino, distante circa 45 chilometri dalla costa, ad una profondità variabile tra i 1300 e i 1800 metri. E’ stato in quel punto che il sonar, uno strumento in grado di individua- re negli abissi persino un fusto di benzina, ha registrato la presen- za di una concentrazione di ma- teriale ferroso anomala, in quel- la zona, dove non risulta che vi siano stati altri affondamenti di navi dalla Seconda Guerra Mon- diale ad oggi. A fornire la rispo- sta definitiva saranno i Rov (Re- motely operated vehicle), mini- sommergibili filoguidati, e dalle loro telecamere. A scoprire i no- mi dei romagnoli imbarcati sulla Roma è stato il ricercatore rimi- nese Valeriano Moroni, che ha anche conosciuto personalmente il figlio dell’ammiraglio Berga- mini. L’eroico ufficiale era nato a San Felice sul Panaro, in provin- cia di Modena, il 24 ottobre 1888. Sulla sua formazione ave- vano influito le tradizioni fami- liari: i nonni erano carbonari, il padre garibaldino era stato combattente a Bez- zecca e a Mentana. Il giovane Carlo Berga- mini era rimasto at- tratto dalla Marina a Bari, dove il padre, in- tendente di finanza, si era trasferito con la fa- miglia per qualche tempo. Cosi, nel 1905 entra all’Accademia Navale di Livorno da dove uscirà guardamarina il 1° dicembre 1908. Si era subito distinto non solo per le sue qualità di studio- so e le capacità militari, ma an- che per la grande umanità e l’af- fetto verso i suoi uomini. La sua più importante realizzazione, in collaborazione con la Società Galileo di Firenze, un nuovo tipo di centrale di tiro navale e an- tiaereo particolarmente rapida e precisa. ”La Marina - scrive Lu- ciano Bergamini, figlio dell’am- miraglio in ”Regia Marina” - eb- be tale fiducia nelle sue capacità che, il 25/3/1931, pose al suo co- mando la squadriglia costituita dai CC.TT. Nembo, Aquilone, Turbine ed Euro, sui quali fece installare le nuove centrali di ti- ro. Un severo addestramento consentì la formazione di un gruppo di equipaggi altamente preparati. I risultati furono otti- mi e tali centrali, sempre più perfezionate e sofisticate, furono installate su molte unità della Marina italiana. La- sciò tale Squadriglia il 15 settembre 1932”. Dopo aver ricoperto vari incari- chi, l’ammiraglio Bergamini era stato nominato coman- dante in capo delle forze navali da batta- glia, con insegna di volta in vol- ta sulle corazzate Littorio, Vitto- rio Veneto e infine sulla Roma. L’8 settembre le sue navi erano pronte per salpare da La Spezia verso il sud per andare a contra- stare lo sbarco alleato che si pre- vedeva avvenisse nel golfo di Sa- lerno. L’ordine di partenza per le prime ore del giorno 9, era stato trasmesso da Supermarina già dalle 8. Il convoglio, di cui face- va parte la Roma, si muoverà in- fine alle 3 con destinazione La Maddalena, per consegnarsi agli alleati. Alle 1.40 arriverà la noti- zia che l’isola era stata occupata dai tedeschi e così l’ammiraglio Bergamini aveva invertito la rot- ta. Un mese dopo l’affondamen- to della Roma, il Capo di Stato maggiore della Marina, l’ammi- raglio Raffaele De Courten, ave- va riferito del colloquio telefoni- co avuto con Bergamini nelle ore concitate dell’8 settembre. Ber- gamini gli avrebbe detto che la flotta era pronta ad eseguire qualsiasi ordine venisse imparti- to dal Re. Altre fonti riferiscono invece di un colloquio piuttosto tempestoso dove Bergamini avrebbe manifestato a De Cour- ten la propria indignazione per non essere stato tempestivamen- te messo al corrente della firma dell’armistizio. Questa la moti- vazione della medaglia d’Oro al Valor militare alla memoria: “Comandante in capo delle forze navali da battaglia, sorpreso dal- l’armistizio, in piena efficienza materiale e morale, trascinò con l’autorità e con l’esempio tutte le sue navi ad affrontare ogni ri- schio pur di obbedire, per fe- deltà al Re e per il bene della Pa- tria, al più amaro degli ordini. E nell’adempimento del dovere, scomparve in mare con la sua nave ammiraglia, colpita a mor- te dopo accanita difesa dal nuo- vo nemico, scrivendo nella storia della Marina una pagina incan- cellabile di dedizione e di one- stà”. Significative testimonianze sulle doti umane dell’alto ufficia- le vengono dal libro di Ireneo Remondi “Ammiraglio Carlo Bergamini”. Tra quelle riportate, una è del marinaio Buzni Marco- ni di Ravenna, che parla del “mio bravo ammiraglio”. Ireneo Remondi commenta che quelle parole potrebbero sembrare a prima vista di convenienza e di adulazione. Ma leggendo con at- tenzione la lettera appare evi- dente come quelle espressioni rappresentino devozione e affet- to verso l’alto ufficiale. Buzni Marconi era infatti orfano di pa- dre e aveva otto fratelli, tre come lui erano sotto le armi; l’ammira- glio, che si era reso conto della difficile situazione familiare, gli aveva concesso dei permessi per tornare a casa. Due marinai morti nell’affondamento veniva- no da Rimini. Luigi Luzzitelli era nato a Pesaro nel 1919, ma si era trasferito a Rimini quando aveva tre anni. Il padre, ferroviere, fa- ceva parte della milizia ferrovia- ria, la madre era casalinga. Il giovane, come riferito dalla cugi- na Corinna Succi Pillepich, re- centemente scomparsa, aveva conseguito il diploma di perito agrario. Aveva due fratelli che avevano indossato ugualmente la divisa: Bruno quella della Mari- na, Ezio quella dell’Aeronautica. Viscardo Cappella, classe 1923, prima di venire arruolato faceva il pescatore. Si era salvato invece Ovilio Frassineti, nato a Rocca San Casciano nel 1924, che ave- va scritto una lettera alla vedova dell’ammiraglio, pubblicata nel libro di Remondi. Frassineti, che all’epoca dei fatti aveva 19 anni, dichiara il proprio orgoglio per aver fatto parte degli equipaggi dell’ammiraglio. A colpire la sua giovane mente di marinaio era stata soprattutto la bonaria cor- dialità dell’alto ufficiale, scoperta in occasione di un colloquio im- provvisato durante una rassegna. Sentire il comandan- te interessarsi di lui, della sua giovane età della famiglia e della madre vedova, lo commuoveva e confondeva nello stesso tempo. “Di questo – aveva scritto – ho sempre serbato un caro ricordo del quale sono sempre andato orgo- glioso”. Frassineti aveva lasciato Rocca San Casciano nel 1947 per trasferirsi prima a Milano poi a Roma, dove era stato assun- to dal Ministero Difesa Aeronau- tica. Raggiunto telefonicamente nel 2004, aveva raccontato che al momento dell’attacco aereo te- desco si trovava assieme ad altri marinai nella centrale elettrica diesel di poppa, non toccata dal- l’esplosione. Da un maresciallo avevano ricevuto l’ordine di veri- ficare la situazione, aperto il por- tello si erano resi conto che l’ac- qua era già a poppa. Poi Frassi- neti si è buttato in acqua e senza salvagente era riuscito a raggiun- gere uno zatterone; era uno dei primi, poco dopo erano diventa- ti una trentina. Erano rimasti in quelle condizioni per almeno tre ore, fino all’arrivo della torpedi- niera Impetuoso. Faceva parte dell’equipaggio dell’Impetuoso il forlivese Carlo Pasquenti, che Frassineti aveva già conosciuto a La Spezia. Successivamente l’Impetuoso, assieme alla Pega- so, aveva preso la rotta delle Ba- leari dove le autorità spagnole avevano concesso 24 ore di ospi- talità, come del resto previsto dalle convenzioni internazionali essendo la Spagna paese neutra- le. Intanto i comandanti delle due navi avevano deciso l’au- toaffondamento. I marinai ver- ranno internati a Caldas de Ma- lavella, nei pressi di Girona, in Catalogna, da dove faranno rien- tro in Italia, precisamente a Ta- ranto, nell’estate 1944, a bordo dell’incrociatore Duca d‘Aosta. L’imbarco era avvenuto a Algeci- ras. Prima però, racconta Frassi- neti, si era tenuto tra i marini una sorta di referendum per sce- gliere se raggiungere l’Italia del sud, liberata dagli Alleati, o quella del nord, occupata dai te- deschi. Solo pochissimi scelsero di andare al nord e tra questi Pa- squenti. Il nome di Carlo Pa- squenti, classe 1925, è presente sul sito “L’Altra Verità”, che rac- coglie i caduti e dispersi della Rsi. Risulta appartenente alla Decima Mas e disperso il 13 set- tembre 1944 a Dernice, un pic- colo paese in provincia di Ales- sandria. Nel 2003 Ovilio Frassi- neti ha preso parte alla solenne cerimonia tenutasi in occasione del 60 anniversario dell’affonda- mento della Roma. Erano pre- senti l’allora presidente della Re- pubblica Carlo Azeglio Ciampi, con il quale Frassineti ha scam- biato qualche parola, e Pier Pao- lo Bergamini, figlio dell’ammira- glio. Il momento più toccante della cerimonia è stato il lancio in mare di una corona di fiori, al- le 16.12, l’ora esatta dell’affondamento della corazzata. Co- me ha ricordato lo storico Lucio Villari, la Roma assieme alla Littorio era una della navi più moderne della Regia Marina; aveva tutti i migliori strumenti di inter- cettazione antiaerea e grande potenza di fuoco, ele- menti che purtroppo hanno con- tribuito alla sua fine. Del convo- glio che stava raggiungendo La Maddalena, era proprio la Roma la nave che i tedeschi volevano colpire perché si trattava del- l’ammiraglia dal punto di vista tecnologico. E in più, aggiunge Villari, la Roma non aveva avuto il tempo di difendersi, una bom- ba era infatti finita dentro il fu- maiolo provocandone la distru- zione. La corazzata Roma; l’ammiraglio Carlo Bergamini: il presidente della Repubblica Ciampi alla cerimonia per il 60 anniversario dell’attacco aereo Persero la vita in 1.393, tra i caduti l’ammiraglio Bergamini Il toccante ricordo di uno dei sopravvissuti LAVOCE R OMAGNA ARTE E STORIA 32 Lunedì 2 Novembre 2009

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La nave simbolo della Regia Marina è stata affondata dai tedeschi il 9 settembre 1943

Alla ricerca del relitto della RomaTra le vittime e i sopravvissuti anche dei romagnoli

A distanza di 66 anni dal suo affondamento da parte dell’aviazio-ne tedesca, avvenuto nelle acque dell’Asinara il 9 settembre 1943,si torna a parlare della corazzata Roma grazie al tentativo di re-cupero del relitto. La spedizione è guidata dall’oceanografo fran-cese Henri Germani Delauze, finanziato da Paul Allen, co-fonda-tore di Microsoft. L’idea dell’impresa è venuta a Francesco Scavel-li, ricercatore di relitti e documentarista. Sulla Roma erano im-barcati complessivamente 2.021 uomini, 1.393 persero la vita, si

salvarono soltanto in 628. Tra le vittime e i sopravvissuti c‘eranoanche dei romagnoli. Morirono Luigi Luzzitelli, nato a Pesaro matrasferitosi a Rimini da bambino, e Viscardo Cappella, riminese.Riuscirà a salvarsi Ovilio Frassineti, nato a Rocca San Casciano,che nel dopoguerra si è trasferito a Roma. Tra gli scampati all’at-tacco tedesco contro il convoglio di cui faceva parte la Roma, ilsottocapo riminese Cesare Greppi, deceduto diversi anni fa, e ilforlivese Carlo Pasquenti, disperso nel 1944. Francesco Scavelli

ha individuato un grande oggetto sommerso proprio nell’aerea incui è affondata la Roma, le sofisticate attrezzature di cui disponeDelauze potranno confermare se si tratta proprio del relitto diquella che è stata una della navi simbolo della Regia Marina. LaRoma, come ha raccontato lo storico Lucio Villari, non aveva avu-to il tempo di difendersi: una bomba era infatti finita nel fumaio-lo causandone la devastazione. I tedeschi avevano voluto colpirlaperché era l’ammiraglia dal punto di visita tecnologico.

Aldo Viroli

Sono in tanti a sperare nel suc-cesso dell’operazione, a comin-ciare dagli ultimi sopravvissutiall’affondamento, purtropposempre meno numerosi, e l’asso-ciazione dei familiari delle 1.393vittime, a cominciare da quellidel comandante delle Forze na-vali da battaglia, l’ammiraglioCarlo Bergamini, che quel gior-no si trovava a bordo della Ro-ma. Come tutti i congiunti deicaduti senza tomba, da sempresperano di poter gettare una co-rona di fiori nel punto in cui so-no scomparsi i loro cari. E anchei numerosi storici e appassionatidel settore. La Marina militareha rilasciato il suo nulla osta al-l’operazione. Le speranze di suc-cesso sembrerebbero superioririspetto ai tentativi di ritrova-mento effettuati nel passato. Du-rante gli ultimi sondaggi del fon-dale del Golfo, infatti, è emersodalle acque un segnale partico-lare. È stato captato durante unpassaggio sopra un lungo e stret-to canyon sottomarino, distantecirca 45 chilometri dalla costa,ad una profondità variabile tra i1300 e i 1800 metri. E’ stato inquel punto che il sonar, unostrumento in grado di individua-re negli abissi persino un fusto dibenzina, ha registrato la presen-za di una concentrazione di ma-teriale ferroso anomala, in quel-la zona, dove non risulta che visiano stati altri affondamenti dinavi dalla Seconda Guerra Mon-diale ad oggi. A fornire la rispo-sta definitiva saranno i Rov (Re-motely operated vehicle), mini-sommergibili filoguidati, e dalleloro telecamere. A scoprire i no-mi dei romagnoli imbarcati sullaRoma è stato il ricercatore rimi-nese Valeriano Moroni, che haanche conosciuto personalmenteil figlio dell’ammiraglio Berga-mini. L’eroico ufficiale era nato aSan Felice sul Panaro, in provin-cia di Modena, il 24 ottobre1888. Sulla sua formazione ave-vano influito le tradizioni fami-liari: i nonni eranocarbonari, il padregaribaldino era statocombattente a Bez-zecca e a Mentana. Ilgiovane Carlo Berga-mini era rimasto at-tratto dalla Marina aBari, dove il padre, in-tendente di finanza, siera trasferito con la fa-miglia per qualche tempo. Cosi,nel 1905 entra all’AccademiaNavale di Livorno da dove usciràguardamarina il 1° dicembre1908. Si era subito distinto nonsolo per le sue qualità di studio-so e le capacità militari, ma an-che per la grande umanità e l’af-fetto verso i suoi uomini. La suapiù importante realizzazione, incollaborazione con la SocietàGalileo di Firenze, un nuovo tipodi centrale di tiro navale e an-tiaereo particolarmente rapida eprecisa. ”La Marina - scrive Lu-ciano Bergamini, figlio dell’am-

miraglio in ”Regia Marina” - eb-be tale fiducia nelle sue capacitàche, il 25/3/1931, pose al suo co-mando la squadriglia costituitadai CC.TT. Nembo, Aquilone,Turbine ed Euro, sui quali feceinstallare le nuove centrali di ti-ro. Un severo addestramentoconsentì la formazione di ungruppo di equipaggi altamentepreparati. I risultati furono otti-mi e tali centrali, sempre piùperfezionate e sofisticate, furonoinstallate su molte unità della

Marina italiana. La-sciò tale Squadrigliail 15 settembre1932”. Dopo averricoperto vari incari-chi, l’ammiraglioBergamini era statonominato coman-dante in capo delleforze navali da batta-

glia, con insegna di volta in vol-ta sulle corazzate Littorio, Vitto-rio Veneto e infine sulla Roma.L’8 settembre le sue navi eranopronte per salpare da La Speziaverso il sud per andare a contra-stare lo sbarco alleato che si pre-vedeva avvenisse nel golfo di Sa-lerno. L’ordine di partenza per leprime ore del giorno 9, era statotrasmesso da Supermarina giàdalle 8. Il convoglio, di cui face-va parte la Roma, si muoverà in-fine alle 3 con destinazione LaMaddalena, per consegnarsi aglialleati. Alle 1.40 arriverà la noti-

zia che l’isola era stata occupatadai tedeschi e così l’ammiraglioBergamini aveva invertito la rot-ta. Un mese dopo l’affondamen-to della Roma, il Capo di Statomaggiore della Marina, l’ammi-raglio Raffaele De Courten, ave-va riferito del colloquio telefoni-co avuto con Bergamini nelle oreconcitate dell’8 settembre. Ber-gamini gli avrebbe detto che laflotta era pronta ad eseguirequalsiasi ordine venisse imparti-to dal Re. Altre fonti riferisconoinvece di un colloquio piuttostotempestoso dove Bergaminiavrebbe manifestato a De Cour-ten la propria indignazione pernon essere stato tempestivamen-te messo al corrente della firmadell’armistizio. Questa la moti-vazione della medaglia d’Oro alValor militare alla memoria:“Comandante in capo delle forzenavali da battaglia, sorpreso dal-l’armistizio, in piena efficienzamateriale e morale, trascinò conl’autorità e con l’esempio tutte lesue navi ad affrontare ogni ri-schio pur di obbedire, per fe-deltà al Re e per il bene della Pa-tria, al più amaro degli ordini. Enell’adempimento del dovere,scomparve in mare con la suanave ammiraglia, colpita a mor-te dopo accanita difesa dal nuo-vo nemico, scrivendo nella storiadella Marina una pagina incan-cellabile di dedizione e di one-stà”. Significative testimonianze

sulle doti umane dell’alto ufficia-le vengono dal libro di IreneoRemondi “Ammiraglio CarloBergamini”. Tra quelle riportate,una è del marinaio Buzni Marco-ni di Ravenna, che parla del“mio bravo ammiraglio”. IreneoRemondi commenta che quelleparole potrebbero sembrare aprima vista di convenienza e diadulazione. Ma leggendo con at-tenzione la lettera appare evi-dente come quelle espressionirappresentino devozione e affet-to verso l’alto ufficiale. BuzniMarconi era infatti orfano di pa-dre e aveva otto fratelli, tre comelui erano sotto le armi; l’ammira-glio, che si era reso conto delladifficile situazione familiare, gliaveva concesso dei permessi pertornare a casa. Due marinaimorti nell’affondamento veniva-no da Rimini. Luigi Luzzitelli eranato a Pesaro nel 1919, ma si eratrasferito a Rimini quando avevatre anni. Il padre, ferroviere, fa-ceva parte della milizia ferrovia-ria, la madre era casalinga. Ilgiovane, come riferito dalla cugi-na Corinna Succi Pillepich, re-centemente scomparsa, avevaconseguito il diploma di peritoagrario. Aveva due fratelli cheavevano indossato ugualmente ladivisa: Bruno quella della Mari-na, Ezio quella dell’Aeronautica.Viscardo Cappella, classe 1923,prima di venire arruolato facevail pescatore. Si era salvato invece

Ovilio Frassineti, nato a RoccaSan Casciano nel 1924, che ave-va scritto una lettera alla vedovadell’ammiraglio, pubblicata nellibro di Remondi. Frassineti, cheall’epoca dei fatti aveva 19 anni,dichiara il proprio orgoglio peraver fatto parte degli equipaggidell’ammiraglio. A colpire la suagiovane mente di marinaio erastata soprattutto la bonaria cor-dialità dell’alto ufficiale, scopertain occasione di un colloquio im-provvisato durante una rassegna.Sentire il comandan-te interessarsi di lui,della sua giovane etàdella famiglia e dellamadre vedova, locommuoveva econfondeva nellostesso tempo. “Diquesto – aveva scritto– ho sempre serbatoun caro ricordo delquale sono sempre andato orgo-glioso”. Frassineti aveva lasciatoRocca San Casciano nel 1947per trasferirsi prima a Milanopoi a Roma, dove era stato assun-to dal Ministero Difesa Aeronau-tica. Raggiunto telefonicamentenel 2004, aveva raccontato che almomento dell’attacco aereo te-desco si trovava assieme ad altrimarinai nella centrale elettricadiesel di poppa, non toccata dal-l’esplosione. Da un marescialloavevano ricevuto l’ordine di veri-ficare la situazione, aperto il por-

tello si erano resi conto che l’ac-qua era già a poppa. Poi Frassi-neti si è buttato in acqua e senzasalvagente era riuscito a raggiun-gere uno zatterone; era uno deiprimi, poco dopo erano diventa-ti una trentina. Erano rimasti inquelle condizioni per almeno treore, fino all’arrivo della torpedi-niera Impetuoso. Faceva partedell’equipaggio dell’Impetuosoil forlivese Carlo Pasquenti, cheFrassineti aveva già conosciuto aLa Spezia. Successivamentel’Impetuoso, assieme alla Pega-so, aveva preso la rotta delle Ba-leari dove le autorità spagnoleavevano concesso 24 ore di ospi-talità, come del resto previstodalle convenzioni internazionaliessendo la Spagna paese neutra-le. Intanto i comandanti delledue navi avevano deciso l’au-toaffondamento. I marinai ver-ranno internati a Caldas de Ma-lavella, nei pressi di Girona, inCatalogna, da dove faranno rien-tro in Italia, precisamente a Ta-ranto, nell’estate 1944, a bordodell’incrociatore Duca d‘Aosta.L’imbarco era avvenuto a Algeci-ras. Prima però, racconta Frassi-neti, si era tenuto tra i mariniuna sorta di referendum per sce-gliere se raggiungere l’Italia delsud, liberata dagli Alleati, oquella del nord, occupata dai te-deschi. Solo pochissimi scelserodi andare al nord e tra questi Pa-squenti. Il nome di Carlo Pa-squenti, classe 1925, è presentesul sito “L’Altra Verità”, che rac-coglie i caduti e dispersi dellaRsi. Risulta appartenente allaDecima Mas e disperso il 13 set-tembre 1944 a Dernice, un pic-colo paese in provincia di Ales-sandria. Nel 2003 Ovilio Frassi-neti ha preso parte alla solennecerimonia tenutasi in occasionedel 60 anniversario dell’affonda-mento della Roma. Erano pre-senti l’allora presidente della Re-pubblica Carlo Azeglio Ciampi,con il quale Frassineti ha scam-biato qualche parola, e Pier Pao-lo Bergamini, figlio dell’ammira-glio. Il momento più toccantedella cerimonia è stato il lancioin mare di una corona di fiori, al-

le 16.12, l’ora esattadell’affondamentodella corazzata. Co-me ha ricordato lostorico Lucio Villari,la Roma assieme allaLittorio era una dellanavi più modernedella Regia Marina;aveva tutti i miglioristrumenti di inter-cettazione antiaerea

e grande potenza di fuoco, ele-menti che purtroppo hanno con-tribuito alla sua fine. Del convo-glio che stava raggiungendo LaMaddalena, era proprio la Romala nave che i tedeschi volevanocolpire perché si trattava del-l’ammiraglia dal punto di vistatecnologico. E in più, aggiungeVillari, la Roma non aveva avutoil tempo di difendersi, una bom-ba era infatti finita dentro il fu-maiolo provocandone la distru-zione.

La corazzataRoma;l’ammiraglioCarloBergamini: ilpresidentedellaRepubblicaCiampi allacerimonia per il60 anniversariodell’attaccoaereo

Persero la vitain 1.393,

tra i cadutil’ammiraglioBergamini

Il toccantericordo diuno dei

sopravvissuti

LLAAVVOOCCEE ROMAGNA ARTE E STORIA32 Lunedì 2

Novembre 2009