il fatto Bangladesh - pcn.net · di Purbar Borthola, al secondo pia-U no di una casa di bambù: per...

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REPORTAGE

MERCOLEDÌ25 FEBBRAIO 2009 3

il fattoIl Paese fa i conti con unapovertà ancora moltodiffusa e deve fare i conticon ricorrenti inondazionie terremoti. Ma staconoscendo una stagionedi rilancio economicoe civile, con un nuovoprotagonismo di giovani e donne. I cattolici, unaminoranza che testimoniail Vangelo con opere incampo scolastico, sanitarioe assistenziale

DA DACCA PIERO GHEDDO

enti giorni in Bangladesh, venendodall’Occidente in crisi, aprono il cuo-re alla speranza. Uno dei Paesi più po-

veri del mondo, periodicamente colpito datifoni, inondazioni, terremoti e privo di ri-sorse naturali, in un territorio che è meno dimetà Italia, ospita 150 milioni di abitanti (l’ul-timo censimento è del 1991, poi solo proie-zioni di dati). Eppure l’atmosfera che si re-spira non è di pessimismo, ma di ottimismo,di gioia di vivere. Da una ventina d’anni ilBangladesh sta beneficiando di due risorseimpreviste: i bengalesi in Occidente e neiPaesi arabi sono circa 10 milioni (in Italia70mila legali e 30mila illegali), le loro rimes-se in patria sono di circa 14 miliardi di dol-lari l’anno, più degli aiuti che vengono dal-l’estero. Inoltre la globalizzazione ha porta-to industrie tessili e dell’abbigliamento chestanno arricchendo il Paese e causando unavera rivoluzione sociale. Anche Cina, Coreadel Sud e Taiwan vengono qui a investire neltessile. Per la prima volta, migliaia di donnemusulmane lavorano fuori casa, guadagna-no e prendono coscienza dei loro diritti.Cambiando le donne, cambia tutta la so-cietà.Il tipo umano bengalese – come conferma-

no i missionari del Pime presenti in Benga-la dal 1855 – è aperto e senza complessi, cor-diale, lavoratore, tollerante, non ama la vio-lenza e si adatta ad ogni situazione e lavoro.Ho chiesto a padre Luigi Scuccato, che vivequi dal 1948, il motivo di questo carattere. Ri-sposta lapidaria: «La povertà educa, la ric-chezza diseduca». A padre Fabrizio Calega-ri, giovane milanese direttore dell’ostello dio-cesano di Dinajpur con circa 150 giovanot-ti, ho chiesto come fa a tenere tanti giovani.Risponde: «Se fossero italiani non ce la farei,noi siamo troppo complicati. Gli studentibengalesi studiano e obbediscono senza cheio glielo dica. Sanno bene che, se bocciati,torneranno in capanne di fango e paglia, afare i manovali nei campi».Il 29 dicembre 2008 le elezioni politiche na-zionali hanno portato una svolta politica ra-dicale. Il governo militare provvisorio avevapreparato le elezioni con un comitato civileche ha cancellato dalle liste elettorali circa 10milioni di votanti non esistenti (morti, gen-te che ha votato due volte in seggi diversi), so-stituendoli in parte con votanti esclusi, do-tando tutti i cittadini della carta d’identità eintroducendo regole severe per la campagnapubblicitaria, che hanno calmato gli animi.Proibiti i manifesti più grandi del formato A4,proibite le manifestazioni che bloccano lestrade e le auto dei partiti per città e villaggiassordando la gente con discorsi a pieno vo-lume. Per la prima volta le elezioni si sonosvolte senza gravi incidenti e senza morti ne-gli scontri tra opposte fazioni. Hanno votato81 milioni di elettori, il partito moderato del-l’Awami League ha conquistato 260 seggi alParlamento nazionale e l’alleato Partito po-polare 26. Ha vinto Sheikh Hasina che da so-la ha la maggioranza parlamentare, mentrel’altra candidata, Khaleda Zia, è precipitata a32 seggi e i giornali scrivono che è a capo del-la più piccola opposizione che ci sia mai sta-ta in Bangladesh. La Jamat Islam, il partito i-slamico coalizzato con la Khaleda, è sceso da17 a 2 seggi. Il sistema elettorale è modellatosu quello inglese che dà tutto a chi ha un vo-to in più in un distretto elettorale e i voti deiperdenti sono inutili. Ad esempio la Jamat, agiudicare dai seggi, avrebbe lo 0,90 dei voti,invece raccoglie almeno il 10% dei votanti.Comunque l’estremismo islamico e i vari al-tri estremismi politici (maoisti, ecc.), hanno

Vsubìto una clamorosa sconfitta. Il governoattuale esprime meglio l’animo bengaleseche non approva il terrorismo, la guerra san-ta e le forme di intolleranza presenti in mol-ti Paesi islamici.Il nuovo governo ha già preso provvedimenticoraggiosi per risolvere problemi enormi. Adesempio, tutta l’industria si concentra at-torno alla capitale, nel 1980 con un milionedi abitanti, oggi 12-13 milioni! Una concen-trazione quasi inevitabile perché Dacca è l’u-nica città unita all’unico porto di Chittagong,altre regioni e città sono isolate dai grandifiumi che dall’Himalaya sboccano nel Golfo

del Bengala e dalla mancanza di ponti e distrade adeguate. Il governo militare ha resoDacca più vivibile di come l’avevo vista nel-l’ultima visita del 2001, preferendo i risciò u-mani alle auto-taxi (e dando lavoro a migliaiadi giovani), espellendo dalla città i taxi-mo-torette con tre ruote che esalavano un fumonerastro, obbligando le nuove industrie a co-struire impianti di purificazione degli scari-chi, proibendo l’uso dei sacchetti di plasticae imponendo i sacchetti di carta, sostituen-do il gas (unica risorsa naturale) al carboneper la produzione di energia elettrica. È vero che la modernizzazione lascia indie-

tro circa il 40% dei 150 milioni di bengalesi,che vivono sotto il livello minimo di povertà,ma anche visitando le regioni rurali si nota-no notevoli miglioramenti in strade, scuole,assistenza sanitaria, meccanizzazione. Pa-dre Gregorio Schiavi, nel Paese dal 1965, vi-ve nel villaggio di Mohespur, in zona ruralee tribale (santal e oraon). Gli chiedo da do-ve vengono i molti cambiamenti che si no-tano nella vita della gente più umile. Dice:«Con le pompe per l’acqua e i fertilizzanti ècambiata radicalmente l’agricoltura. Quan-do sono venuto qui nel 1975 tutto dipende-va dalle piogge, adesso tirano su l’acqua efanno tre raccolti l’anno. Coltivano riso, fru-mento, patate, ortaggi, canna da zucchero,banane. Poi sono arrivate le macchine, so-prattutto quei piccoli trattori giapponesi chesi guidano con le mani. Inoltre è cambiata lascuola. Quando sono venuto io c’era solo lascuola elementare, oggi c’è la high school(scuola media). In paese non c’era niente,oggi, oltre alla chiesa, ci sono negozi, il cen-

tro comunitario, la cooperativa, la Credit U-nion, il mulino del riso, varie associazioni, lestrade sono spesso lastricate e anche quellein terra sono praticabili, le case in muraturaaumentano. Io abito ancora in una casa diterra, ma è bella e voglio vivere come la gen-te comune. Da sette anni abbiamo l’elettri-cità che va e viene, ma c’è. Il segreto dellosviluppo è stata l’educazione del popolo conle scuole, la stampa libera e la democrazia».Carlo Cozzi, volontario del Coe di Milano(Centro orientamento educativo), chiosa:«Siamo presenti in vari Paesi africani, ma inAfrica se noi occidentali veniamo via tuttomuore, in Bangladesh se ce ne andiamo tut-to va avanti lo stesso, magari in modo diver-so, ma crescono. Hanno voglia di cambiare,sono propositivi, lo stato c’è, la coscienzadella gente cresce, soprattutto i giovani so-no impegnati e capaci di grandi sacrifici».Bangladesh, un Paese che marcia a piccolipassi verso la modernità senza rinnegare latradizione.

la Chiesa

Il Paese in cifre

Chittagong

Rajshahi

Khulna

Dacca

I N D I A

M Y A N M A R

I N D I A

B A N G L A D E S H

Barisal

Golfodel Bengala

Cox's bazar

Gange

Pil pro capite455 $ all'anno

Aspettativa di vitaM 65, F 66

Mortalità infantile6%

Superficie147.570 kmq

Analfabetismo59%

Popolazione sottonutrita45%

Popolazione150 milioni di abitanti

34,6% Urbana

65,4% Rurale

È uno dei Paesi più densamente popolati,con 975 abitanti per kmq(in Italia sono 198)

Principali culti

*soprattuttosunniti

Musulmani*

Induisti

Cristiani

Buddhisti

80%

13%

0,7%

0,7%

CINA

INDIA

L’OPERA

LE SUORE AIUTANO LE DONNE TRIBALI A MANTENERE LE FAMIGLIEI cattolici sono 300mila, lo 0,03% della popolazione. La Chiesa è organizzata in seidiocesi e ha fondato scuole molto rinomate per la qualità degli studi, ospedali, ostelliper studenti o lavoratori, opere sociali, lebbrosari, case per handicappati. Un esempiopiccolo ma significativo del ruolo della Chiesa nella promozione umana viene dallesuore salesiane di Maria Immacolata che aiutano giovani donne e madri della tribùGaro a imparare un mestiere. Oggi oltre 100 famiglie possono mantenersi grazie aiguadagni ottenuti con il lavoro nel centro da esse fondato nel 1986 a nord-est diDhaka, nella parrocchia di Bhalukapara. Suor Mary Rani Rozario, direttrice del centro, spiega all’agenzia AsiaNews che nellasocietà matriarcale dei tribali lo sviluppo dei nuclei familiari e la loro capacità di auto-sostenersi si basa proprio sull’iniziativa della donna. Vent’anni fa Sujata Chicham non aveva una terra su cui costruire la casa per la suafamiglia. Dopo avere frequentato i corsi di taglio e cucito e avere cominciato a lavorarenel centro delle sorelle salesiane, oggi ha una casa e tre ettari di terra da coltivare.Come lei anche Uzzala Rema: quindici anni fa non era in grado di mantenere i cinquefigli, oggi grazie ai guadagni del suo lavoro riesce a sostenere la famiglia. Le donne delcentro di Bhalukapara guadagnano tra i mille e i 2mila taka (tra i 12 e i 24 euro) al mese,in base alle commesse ricevute, e questo permette alle famiglie un tenore di vitadecoroso e ai figli di studiare e frequentare corsi professionali e di avviamento al lavoro.La presenza delle sorelle salesiane nella parrocchia ha portato anche alla nascita divocazioni con diversi ragazzi che negli anni sono diventati sacerdoti, suore o catechisti.

Anche se il 40% vive sottola soglia minima di povertà,negli ultimi anni sono staticompiuti molti passi avantiE nella società si respira un diffuso ottimismo

DA DACCA

n Paese quasi totalmente i-slamico invita alla «missionefuori delle strutture». Nume-

rose sono in Bangladesh le «vie nuo-ve» tentate e percorse dai missiona-ri. Un americano di Maryknoll, pa-dre Bob Cahill, realizza quel che gliAtti degli Apostoli dicono di Gesù:«Passò ovunque facendo del bene eguarendo i malati». In una delle tan-te città dove non c’è ancora alcunaistituzione cristiana, affitta un ap-partamento, gira in bicicletta visi-tando i malati, li aiuta come può an-che portandoli in un ospedale cat-tolico e prendendosi cura di loro. Lagente gli chiede: perché fai questo?Lui risponde: «Sono un missionariodi Gesù che è il mio profeta, che pas-sò curando i malati e facendo del be-ne e anch’io faccio come lui. Non honessuna associazione alle mie spal-le, ma parenti e amici in America chemi aiutano e posso aiutare chi stamale e non riceve cure». La presen-za di un americano «benefico» fa di-scutere, ne parlano la stampa e le ra-dio locali. Quando Bob pensa cheabbiano capito chi sono i cristiani,lascia quella città e va in un’altra.Un missionario napoletano del Pi-me, fratel Lucio Beninati, dal 2005vive a Dacca e s’interessa dei ragaz-zi di strada. Abita nella baraccopolidi Purbar Borthola, al secondo pia-

Uno di una casa di bambù: per arri-varci bisogna salire una ripida scalacon gradini alti 40 centimetri (il dif-ficile è scendere!). Una stanzetta didue metri per tre, pavimento e paretidi bambù, nel corridoio un solo ru-binetto dell’acqua (da far bollire pri-ma di berla), i servizi al piano terra,due per una quarantina di poverac-ci. Nella sua cella ha un letto, la va-

ligia con vestiti sotto il letto, un "an-golo della preghiera" con un tappe-tino, il crocifisso di missionario allaparete e un mappamondo di plasti-ca colorato; un tavolinetto basso euno sgabello, uno scaffale con la "cu-cina" e un altro con la Bibbia e alcu-ni album illustrati e colorati per imolti bambini che vengono da lui.«Io sono il nonno di questi bambini.Qui il nonno non esiste, muoionoprima». Lucio lavora con un’associazione divolontariato locale (sessanta volon-tari), che ha fissato a Dacca otto pun-

ti di incontro con i ragazzi di strada,tutte le sere alle otto. «È girata la vo-ce e questi ragazzi vengono per in-contrarci, parlare, raccontare i loroproblemi. Se possiamo, li aiutiamo.Vogliamo costruire ponti fra questigiovani e la società che hanno ab-bandonato per vari motivi. Per ri-portarli a casa, per farli andare ascuola, per trovare loro un la-voro, un’occupazione, per cu-rarli. Oppure per ottenere at-tenzione dallo Stato per laloro situazione, anche unlavoro, un ricovero, curemediche. Ci sono orga-nizzazioni della Chie-sa cattolica o di altrienti, che accolgonoquesti ragazzi: se liporti tu è un’altra co-sa che se si presentanoda loro stessi e poi da so-li non ci andrebbero mai».Da quattro anni Lucio Beni-nati conduce una vita molto sa-crificata per un giovane italiano,convinto che «per annun-ziare Cristo bisogna vi-vere come vive lagente del posto,dando testi-monianzadella caritàcon i più poverie miseri».

Piero Gheddo

Lucio Beninati, missionarioa Dacca, incontra i giovaniemarginati. «Costruiamoponti per aiutarli a tornarenella società chehanno abbandonato»

BangladeshA piccoli passi verso la modernitàL’educazione, chiave dello sviluppo

«Così testimonio Cristo tra i ragazzi di strada»

A Dacca, capitale del Bangladesh, la

popolazione è passatadal milione di abitanti

del 1980 agli attuali13 milioni