FI 12 Quando l'Islam faceva moda Culture Matteo Bocelli in ... · capo delle pie donne nell'...

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FI 12 Mercoledì 3 Gennaio 2018 Corriere Fiorentino Culture Matteo Bocelli in posa con Jennifer Lopez Il figlio del tenore e la pop star per Guess Elegantissimo, sorridente e con accanto una sensuale Jennifer Lopez in mini abito rosa. Nella nuova campagna pubblicitaria di Guess, che dopo Belen Rodriguez ha scelto come testimonial la celebre pop star, c’è anche Matteo Bocelli. Vent’anni, secondogenito del tenore Andrea, è richiesto in tutto il mondo da importanti brand pubblicitari sia come testimonial che come performer. La passione più grande resta comunque la musica e nel canto sta seguendo le orme del padre, studia al Conservatorio Luigi Boccherini di Lucca e ha già ottenuto apprezzamenti con diverse esibizioni tra cui quelle alla Celebrity Fight Night del 2016 e 2017, e alla David Foster and Friends a Washington nel marzo scorso. Insieme al babbo Andrea ha cantato per la prima volta a Lajatico sul palco del Teatro del Silenzio. L’altra Firenze Al Museo del Bargello la raccolta che racconta il legame secolare tra Firenze e il Medio Oriente Quando l’Islam faceva moda Armi, argenti, vasi, tappeti: una collezione iniziata dai Medici E un gusto per il lusso che oggi come allora non ha religione Il David del Verrocchio: l’abito è decorato con le lettere dell’alfabeto arabo Legami Lorenzo il Magnifico aveva un buon rapporto con le corti islamiche, gli assassini del fratello furono recuperati a Costantinopoli Graziose lettere arabe isto- riate nell’aureola di San Gio- vannino del Rossellino; anco- ra lettere arabe sulla veste e eleganti iscrizioni cufiche sui bordi dei san- dali del David del Verroc- chio; disegni islamici su scialli e copri- capo delle pie donne nell’ Adorazione dei Magi di Gentile da Fa- briano... Dif- ficile notarlo, ma l’Islam è lì, abbraccia- to al Rinascimento. C’è un tempo della nostra storia in cui i risvolti della rivelazione coranica fanno tendenza, in- gentilendo di eleganti deco- razioni le opere commissio- nate da ricchi borghesi o vani- tosi aristocratici. C’è un tem- po in cui l’arte islamica inonda le dimore fiorentine di preziosi tappeti anatolici, di lampade in vetro e giubbe mamelucche, di armi e avori, ceramiche e coppe ottomane. Basta andare al Bargello, superare di slancio il salone di Donatello, e farsi sorpren- dere da un’inattesa raccolta, prezioso lascito d’un tempo fertile di scambi: un tempo di crociate, ma anche di repub- bliche marinare. Doppia è l’origine di questa collezione: da una parte, c’è il lascito di Louis Carrand, monarchico in dissenso col governo repub- blicano di Parigi, che dopo aver abbandonato la Francia e vissuto fra Pisa e Firenze, de- cide di donare all’ Italia il frut- to del lavoro di due vite, la sua e quella del padre, che prima di lui aveva collezionato mi- gliaia di oggetti rari raccolti nel bacino Mediterraneo. È il 1888, tremila piccoli reperti prendono la direzione oppo- sta a quella cui la storia ci ha abituati, e da Parigi sbarcano al neonato museo del Bargel- lo. Fra loro, i manufatti di ori- gine islamica, che vanno ad integrare un nucleo preesi- stente, targato Medici. Sì, per- ché alla base della collezione oggi ospitata alle spalle del San Giorgio di Donatello, ci sono sempre e ancora loro, gli incontrastati sovrani del col- lezionismo italiano, i regnanti di Firenze. «L’apprezzamento dei Medici per l’artigianato orientale è altissimo – spiega Alessandro Diana, studioso della Normale di Pisa, esperto di arte islamica – si sa che la famiglia possedeva molti og- getti preziosi, per esempio dei bacini sbalzati in oro e ar- gento, pieni di gemme: uno di questi, di proprietà di Loren- zo il Magnifico, si trova oggi al Louvre». In effetti Lorenzo aveva un ottimo rapporto con le corti islamiche, sia al Cairo che a Costantinopoli: gli as- sassini del fratello Giuliano, per esempio, vengono recu- perati proprio a Costantino- poli, grazie ai buoni offici del Sultano. «Purtroppo — conti- nua Diana — il tesoro di fami- glia scompare durante l’insur- rezione del 1494, che porta al saccheggio di Palazzo Medi- ci». È proprio l’esilio della di- nastia a recare un colpo fatale alla collezione. La grande rac- colta medicea viene dispersa, si sbriciola di casa in casa, si allontana di mercante in mer- cante. Quanto rimane oggi è solo una parte dell’antico splendore, recuperato da al- cuni prestanome dopo il defi- nitivo rientro della casata nel 1530. Oggi quella raccolta — integrata dal lascito Carrand — si conserva in molte sedi: quanto resta del tesoro isla- mico è diviso a Firenze fra Pa- lazzo Pitti, San Lorenzo e so- prattutto l’ex carcere divenuto Museo Nazionale di scultura, il Bargello. Dove tappeti ana- tolici e scatole d’argento fan- no ala ad una collezione d’ar- mi su cui svetta un elmo pro- veniente proprio dalla basili- ca bizantina di Sant’Irene: chiesa usata come deposito d’armi dopo la caduta di Co- stantinopoli, nel 1453. «Nella parte alta dell’elmo abbiamo scoperto una marca ricondu- cibile a Maometto II, conqui- statore della Città d’Oro — continua Diana — è possibile che questo oggetto sia stato indossato proprio durante il famoso assedio che segnò la fine dell’impero bizantino». Ma altri oggetti fanno rivivere un passato affollato di danza- trici velate e battute di caccia, di vino e di musica: scene istoriate in una collezione di avori medioevali di prove- nienza Carrand, in controten- denza rispetto all’iconografia tradizionale. «Al contrario di quanto si crede, in molti ma- nufatti del collezionismo pri- vato islamico l’arte figurativa viene accolta di buon grado — spiega Diana — cosa che non accade con gli oggetti di uso pubblico, come i vasi da moschea». E dunque ecco bruciapro- fumi e vasi siriani istoriati di scene cavalleresche, ma an- che stoffe e tappeti, metalli e codici miniati. Dall’Andalusia all’Iraq, passando per Ales- sandria d’Egitto o Damasco, i rapporti fra Oriente e Occi- dente narrano di secoli di in- contri, commerci, osmosi cul- turale. E smentiscono il mito della contrapposizione asso- luta creato dalla storiografia, soprattutto quella dedicata al- le crociate. Non solo i papi po- savano i preziosi piedi su tap- peti anatolici, e gli imperatori bizantini si abbigliavano dei tessuti pregiati creati dai ne- mici che li assediavano. Ma è dai giardini di Cordoba che la poesia d’amore della Spagna musulmana passa ai nostri trobador; è dalla Spagna mo- resca che l’idea di Università come «casa della saggezza a pagamento» nata a Baghdad si trasla in Europa. Senza Avi- cenna, cosa avrebbe saputo Dante di Aristotele? «I rappor- ti fra Firenze e il mondo isla- mico sono sempre stati conti- nui, e non solo per le giraffe o gli elefanti che ogni tanto ci mandavano gli emiri — spie- ga lo storico Franco Cardini — Nell’XI secolo per esempio, la Marchesa di Toscana chiede addirittura al Califfo di Ba- ghdad di sposarla. Contraria- mente a quanto oggi pensia- mo per superficialità o pre- concetto ideologico musul- mani e cristiani facevano ciò che da sempre fanno gli esseri umani organizzati in civiltà: ogni tanto si picchiano, ma normalmente preferiscono commerciare, tessere rappor- ti diplomatici. La raccolta del Bargello è un tesoro che fa da specchio a quel tempo». Un tempo di commerci e doni, di travasi di popoli e idee; quan- do anche le guerre si inchina- vano davanti all’eccellenza delle manifatture. Quando una committenza affamata di eleganza ordinava e compra- va: perché il lusso, oggi come allora, non ha religione. 16. Continua. Le puntate precedenti: il 23/3, 12/4, 6/5, 14/6, 14/9, 30/10, 20/11, 17/12 del 2016 e il 24/1, 11/2, 5/3 e 9/5, 8/6, 22/9, 14/11 2017 © RIPRODUZIONE RISERVATA di Daniela Cavini Lampada da moschea in oro L’elmo della presa di Costantinopoli La collezione di avori medievali Palazzo Strozzi superstar del 2017 Al top per «Il giornale dell’arte» la mostra sul Cinquecento e Galansino Firenze e la Toscana fanno la parte del leone nella con- sueta classifica de Il giornale dell’arte — sul meglio e il peggio del 2017 nel mondo — stilata secondo le opinioni di antiquari, critici d’arte, curatori, storici e in generale cultori della materia, e Palaz- zo Strozzi addirittura sbanca. Perché la bella mostra sul Cinquecento a Firenze curata da Antonio Natali e Carlo Falciani, terzo appuntamento della trilogia aperta con l’omaggio a Bronzino e prose- guita con quello a Pontormo e Rosso, viene eletta la più bella e completa ma non so- lo. Il direttore della Fondazio- ne Arturo Galansino, già in forze come curatore a Parigi al Louvre e a Londra alla Na- tional Gallery e alla Royal Academy, viene nominato come il più interessante criti- co/curatore non solo nel nostro Paese. Un trionfo che da solo non basta. Nella top delle più interessanti declina- zioni del mondo dell’arte ci sta anche, sempre a Palazzo Strozzi, la mostra monografi- ca di Bill Viola, quella oggi in corso al Santa Maria della Scala di Siena dedicata ad Ambrogio Lorenzetti, e anche il restauro dell’Adorazione dei Magi di Leonardo (primo classificato) eseguito dal- l’Opificio delle Pietre dure con la supervisione del so- printendente Marco Ciatti e di Cecilia Frosinini e durato ben sei anni con esiti spetta- colari anche per la rilettura iconografica del capolavoro. Ultimo e significativo omag- gio al mondo dell’arte tosca- no è il secondo posto ottenu- to dal museo Richard Ginori, dopo il pluricitato Louvre di Abu Dhabi. Appena acquista- to dallo stato per 700 mila euro il museo di Sesto sarà interessato da un programma di interventi di restauro per cui lo stesso ministero ha già stanziato circa 1 milione di euro. Una bella scommessa per un luogo la cui collezione racconta 300 anni di storia, grazie alle 8.000 opere espo- ste, tra gruppi in cera model- li del XVIII e XIX secolo, ges- si, lastre di metallo, disegni libri e un ricco archivio foto- grafico. C.D. © RIPRODUZIONE RISERVATA Arturo Galansino con Antonio Natali e Carlo Falciani a Palazzo Strozzi

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FI12 Mercoledì 3 Gennaio 2018 Corriere Fiorentino

Culture Matteo Bocelli in posa con Jennifer LopezIl figlio del tenore e la pop star per GuessElegantissimo, sorridente e con accanto una sensuale Jennifer Lopez in mini abito rosa. Nella nuova campagna pubblicitaria di Guess, che dopo Belen Rodriguez ha scelto come testimonial la celebre pop star, c’è anche Matteo Bocelli.

Vent’anni, secondogenito del tenore Andrea, è richiesto in tutto il mondo da importanti brand pubblicitari sia come testimonial che come performer. La passione più grande resta comunque la musica e nel canto sta seguendo le orme del padre,

studia al Conservatorio Luigi Boccherini di Lucca e ha già ottenuto apprezzamenti con diverse esibizioni tra cui quelle alla Celebrity Fight Night del 2016 e 2017, e alla David Foster and Friends a Washington nel marzo scorso. Insieme al babbo Andrea ha cantato per la prima volta a Lajatico sul palco del Teatro del Silenzio.

L’altra Firenze Al Museo del Bargello la raccolta che racconta il legame secolare tra Firenze e il Medio Oriente

Quando l’Islam faceva modaArmi, argenti, vasi, tappeti:una collezione iniziata dai MediciE un gusto per il lusso che oggicome allora non ha religione

Il David del Verrocchio: l’abito è decorato con le lettere dell’alfabeto arabo

LegamiLorenzo il Magnifico aveva un buon rapporto con le corti islamiche, gli assassini del fratello furono recuperati a Costantinopoli

Graziose lettere arabe isto-riate nell’aureola di San Gio-vannino del Rossellino; anco-ra lettere arabe sulla veste eeleganti iscrizioni cufiche suibordi dei san-dali del Daviddel Verroc-chio; disegniis lamici suscialli e copri-capo delle piedonne nell ’Adorazionedei Magi diGentile da Fa-briano... Dif-ficile notarlo,ma l’Islam èlì, abbraccia-to al Rinascimento. C’è untempo della nostra storia incui i risvolti della rivelazionecoranica fanno tendenza, in-gentilendo di eleganti deco-razioni le opere commissio-nate da ricchi borghesi o vani-tosi aristocratici. C’è un tem-po in cui l ’arte is lamicainonda le dimore fiorentinedi preziosi tappeti anatolici,di lampade in vetro e giubbemamelucche, di armi e avori,ceramiche e coppe ottomane.

Basta andare al Bargello,superare di slancio il salonedi Donatello, e farsi sorpren-dere da un’inattesa raccolta,prezioso lascito d’un tempofertile di scambi: un tempo dicrociate, ma anche di repub-bliche marinare. Doppia èl’origine di questa collezione:da una parte, c’è il lascito di Louis Carrand, monarchico indissenso col governo repub-blicano di Parigi, che dopoaver abbandonato la Francia evissuto fra Pisa e Firenze, de-cide di donare all’ Italia il frut-to del lavoro di due vite, la suae quella del padre, che primadi lui aveva collezionato mi-gliaia di oggetti rari raccoltinel bacino Mediterraneo. È il1888, tremila piccoli repertiprendono la direzione oppo-sta a quella cui la storia ci haabituati, e da Parigi sbarcanoal neonato museo del Bargel-lo. Fra loro, i manufatti di ori-gine islamica, che vanno adintegrare un nucleo preesi-stente, targato Medici. Sì, per-ché alla base della collezioneoggi ospitata alle spalle delSan Giorgio di Donatello, ci sono sempre e ancora loro, gliincontrastati sovrani del col-lezionismo italiano, i regnantidi Firenze. «L’apprezzamentodei Medici per l’artigianatoorientale è altissimo – spiegaAlessandro Diana, studiosodella Normale di Pisa, espertodi arte islamica – si sa che lafamiglia possedeva molti og-getti preziosi, per esempiodei bacini sbalzati in oro e ar-gento, pieni di gemme: uno diquesti, di proprietà di Loren-zo il Magnifico, si trova oggi alLouvre». In effetti Lorenzoaveva un ottimo rapporto conle corti islamiche, sia al Cairoche a Costantinopoli: gli as-sassini del fratello Giuliano,per esempio, vengono recu-perati proprio a Costantino-

poli, grazie ai buoni offici delSultano. «Purtroppo — conti-nua Diana — il tesoro di fami-glia scompare durante l’insur-rezione del 1494, che porta alsaccheggio di Palazzo Medi-ci». È proprio l’esilio della di-nastia a recare un colpo fatalealla collezione. La grande rac-colta medicea viene dispersa,si sbriciola di casa in casa, siallontana di mercante in mer-cante. Quanto rimane oggi èsolo una parte dell’anticosplendore, recuperato da al-cuni prestanome dopo il defi-nitivo rientro della casata nel1530. Oggi quella raccolta —integrata dal lascito Carrand— si conserva in molte sedi:quanto resta del tesoro isla-mico è diviso a Firenze fra Pa-lazzo Pitti, San Lorenzo e so-prattutto l’ex carcere divenutoMuseo Nazionale di scultura,il Bargello. Dove tappeti ana-tolici e scatole d’argento fan-no ala ad una collezione d’ar-mi su cui svetta un elmo pro-veniente proprio dalla basili-ca bizantina di Sant’Irene:chiesa usata come depositod’armi dopo la caduta di Co-stantinopoli, nel 1453. «Nellaparte alta dell’elmo abbiamo

scoperto una marca ricondu-cibile a Maometto II, conqui-statore della Città d’Oro —continua Diana — è possibileche questo oggetto sia statoindossato proprio durante ilfamoso assedio che segnò lafine dell’impero bizantino».Ma altri oggetti fanno rivivereun passato affollato di danza-trici velate e battute di caccia,di vino e di musica: sceneistoriate in una collezione diavori medioevali di prove-nienza Carrand, in controten-denza rispetto all’iconografiatradizionale. «Al contrario diquanto si crede, in molti ma-nufatti del collezionismo pri-vato islamico l’arte figurativaviene accolta di buon grado— spiega Diana — cosa chenon accade con gli oggetti diuso pubblico, come i vasi damoschea».

E dunque ecco bruciapro-fumi e vasi siriani istoriati discene cavalleresche, ma an-che stoffe e tappeti, metalli ecodici miniati. Dall’Andalusiaall’Iraq, passando per Ales-sandria d’Egitto o Damasco, irapporti fra Oriente e Occi-dente narrano di secoli di in-contri, commerci, osmosi cul-turale. E smentiscono il mitodella contrapposizione asso-luta creato dalla storiografia, soprattutto quella dedicata al-le crociate. Non solo i papi po-savano i preziosi piedi su tap-peti anatolici, e gli imperatoribizantini si abbigliavano deitessuti pregiati creati dai ne-mici che li assediavano. Ma èdai giardini di Cordoba che lapoesia d’amore della Spagnamusulmana passa ai nostri trobador; è dalla Spagna mo-resca che l’idea di Universitàcome «casa della saggezza apagamento» nata a Baghdadsi trasla in Europa. Senza Avi-cenna, cosa avrebbe saputoDante di Aristotele? «I rappor-ti fra Firenze e il mondo isla-mico sono sempre stati conti-nui, e non solo per le giraffe ogli elefanti che ogni tanto cimandavano gli emiri — spie-ga lo storico Franco Cardini— Nell’XI secolo per esempio,la Marchesa di Toscana chiedeaddirittura al Califfo di Ba-ghdad di sposarla. Contraria-mente a quanto oggi pensia-mo per superficialità o pre-concetto ideologico musul-mani e cristiani facevano ciò che da sempre fanno gli esseriumani organizzati in civiltà:ogni tanto si picchiano, manormalmente preferisconocommerciare, tessere rappor-ti diplomatici. La raccolta delBargello è un tesoro che fa daspecchio a quel tempo». Untempo di commerci e doni, ditravasi di popoli e idee; quan-do anche le guerre si inchina-vano davanti all’eccellenzadelle manifatture. Quandouna committenza affamata dieleganza ordinava e compra-va: perché il lusso, oggi comeallora, non ha religione.

16. Continua. Le puntateprecedenti: il 23/3, 12/4, 6/5,14/6, 14/9, 30/10, 20/11, 17/12 del 2016 e il 24/1, 11/2, 5/3 e 9/5,8/6, 22/9, 14/11 2017

© RIPRODUZIONE RISERVATA

di Daniela Cavini

Lampada da moschea in oro

L’elmo della presa di CostantinopoliLa collezione di avori medievali

Palazzo Strozzi superstar del 2017Al top per «Il giornale dell’arte» la mostra sul Cinquecento e Galansino

Firenze e la Toscana fannola parte del leone nella con-sueta classifica de Il giornale dell’arte — sul meglio e il peggio del 2017 nel mondo — stilata secondo le opinioni di antiquari, critici d’arte, curatori, storici e in generale cultori della materia, e Palaz-zo Strozzi addirittura sbanca. Perché la bella mostra sul Cinquecento a Firenze curata da Antonio Natali e Carlo Falciani, terzo appuntamento della trilogia aperta con l’omaggio a Bronzino e prose-guita con quello a Pontormo e Rosso, viene eletta la più bella e completa ma non so-lo. Il direttore della Fondazio-ne Arturo Galansino, già in forze come curatore a Parigi al Louvre e a Londra alla Na-tional Gallery e alla Royal

Academy, viene nominato come il più interessante criti-co/curatore non solo nel nostro Paese. Un trionfo che da solo non basta. Nella top delle più interessanti declina-zioni del mondo dell’arte ci sta anche, sempre a Palazzo Strozzi, la mostra monografi-ca di Bill Viola, quella oggi in corso al Santa Maria della

Scala di Siena dedicata ad Ambrogio Lorenzetti, e anche il restauro dell’Adorazione dei Magi di Leonardo (primo classificato) eseguito dal-l’Opificio delle Pietre dure con la supervisione del so-printendente Marco Ciatti e di Cecilia Frosinini e durato ben sei anni con esiti spetta-colari anche per la rilettura

iconografica del capolavoro. Ultimo e significativo omag-gio al mondo dell’arte tosca-no è il secondo posto ottenu-to dal museo Richard Ginori, dopo il pluricitato Louvre di Abu Dhabi. Appena acquista-to dallo stato per 700 mila euro il museo di Sesto sarà interessato da un programma di interventi di restauro per cui lo stesso ministero ha già stanziato circa 1 milione di euro. Una bella scommessa per un luogo la cui collezione racconta 300 anni di storia, grazie alle 8.000 opere espo-ste, tra gruppi in cera model-li del XVIII e XIX secolo, ges-si, lastre di metallo, disegni libri e un ricco archivio foto-grafico.

C.D.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Arturo Galansino con Antonio Natali e Carlo Falciani a Palazzo Strozzi