Giorn. Gemonio 09.2007parrocchiagemonio.altervista.org/alterpages/files/2008... · 2014-04-01 ·...

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E’questa la bellissima frase scelta dai cate-chisti per accompagnare l’Avvento e ilNatale dei nostri ragazzi e della nostra co-

munità tutta, frase esposta in bella evidenza in chie-sa parrocchiale.Sul numero di “Adesso” del 15 dicembre 1951 donPrimo Mazzolari, uno dei grandi “preti-profeti” ita-liani del secolo scorso, dedica proprio a questo te-ma la sua riflessione natalizia con un articolo daltitolo “Natale a porte chiuse”.Ne riporto qualche brano, sia per il contenuto mol-to profondo e provocante, sia per incominciare a ri-proporre questa grande figura di prete, di cui ri-corre, proprio nell’ ormai prossimo 2009, il cin-quantesimo anno della morte.

“Laporta è chiusa.Aprite la porta!” (liturgianatalizia).Se la preghiera liturgica incomincia dalla “porta” ilsuo dialogo natalizio col Veniente, nessunom’incolpidi rifare lo stesso cammino.Una porta chiusa è una porta chiusa: il che non im-pedisce all’Amore di attendere e alla Speranza di pas-sare di là.Se i cristiani non fossero oltre con la speranza, nonavrebbe senso il nostro Natale.Una porta chiusa non ci fa scandalo né meraviglia.Da millenni il Signore non trova che porte chiuse.La nostra istintiva risposta a “Colui che viene”:sprangare la porta.

Tanta diffidenza da parte dell’uomo non è del tuttoinfondata. Son troppi coloro che ci vengono incon-tro dichiarandosi nostri salvatori: e subito, appenadentro, si sono tramutati in usurpatori e oppressori.L’uomo che non si diporta bene con l’uomo ostrui-sce la strada al Signore che viene.Di qui l’ordine del Battista: “spianate le strade!”; e ilgrido del Profeta: “aprite le porte!”.Ci fa paura l’uomo: ci fa paura il Signore che hapreso il volto del Figlio dell’Uomo. Ho sempre cre-duto che gli avrebbe facilitato l’entrata il suo voltoe la sua voce d’uomo: invece anche il Bambino tro-va la porta chiusa. Il Natale è cominciato con leporte chiuse di Betlem.E quando avrà il volto sfigurato si sentirà dire: “me-glio Barabba di costui”.Il confronto è bestiale e ancor di più la scelta, eppu-re è il fatto di ogni giorno e nessuno ne prova orrore.Ma né la porta chiusa gli fa voltare le spalle, né il ri-pudio atroce stanca l’amore.“Ecco: io sto alla porta”.Egli non viene né per onorare il suo nome, né per sal-vare la sua dignità: viene per chi sta dietro la portachiusa.Chi ci sta dietro la porta chiusa? Io ci sto; tanti cistanno; ci sta il mondo. Il quale mi sembra ancorpiù sprangato in questo Natale. (…)Come si sta dietro le porte chiuse? Quelli che sonopagati a celebrare la felicità di questo o di quel greg-ge, vi risponderanno che si sta bene, che la libertàha bisogno delle porte chiuse… I più, però, non pen-sano così. (…)Da secoli, non da decenni, il Signore ascolta questinostri poveri discorsi di là delle porte chiuse, ove Egliattende. E non commenta, né si stupisce che il gio-co continui, né si sforza di rispondere perché la ri-sposta vera è la sua pazienza. (…).

Il versetto dell’Apocalisse che fa da titolo a questariflessione non si conclude con le parole riportate.Continua così: “…Se qualcuno ascolta la mia vocee mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui edegli con me”.L’augurio natalizio che faccio a tutti è:- di sentire che qualcuno sta bussando alla porta:sono quelli che hanno fame, quelli che hanno sete,gli stranieri senza casa, quelli che non hanno di chevestire, quelli che sono malati, quelli che sono car-cerati… (Mt. 25, 31 ss.);- di avere il coraggio di aprire la porta, superandotutte le diffidenze;- di poter incontrare, nei poveri, il Signore Gesù edi poter partecipare, insieme con loro, al grandebanchetto (molto migliore di quello del giorno diNatale…) che Lui ci ha preparato.Buon Natale.

Don Marco

S. Natale 2008 • N. 4

UNA BUSTA: PERCHÉ?

Allegata a questo numero del giornale parrocchiale trovate una busta: serve per coloro che, in occasione di questo Natale, vogliono aiutare economicamen-te la nostra parrocchia.

Non è nostro costume chiedere soldi. Non li chiediamo mai per le Messe, per i Funerali, per i Battesimi, per i Matrimoni, …nemmeno a chi usa qualche am-biente dell’Oratorio; se qualcuno, però, in quelle occasioni, vuole fare una libera offerta l’accettiamo volentieri.Il Consiglio Pastorale Parrocchiale ha deciso di fare, quest’anno, uno strappo alla regola.Il fatto è che la parrocchia si sta impegnando in un notevole e dispendioso lavoro di manutenzione delle nostre due belle chiese.E’ appena stata realizzata la tinteggiatura completa della chiesa parrocchiale (due mesi di lavoro con enormi ponteggi e macchinari…) e si è concluso da poco ancheil restauro dell’abside destra della chiesa di San Pietro (chi visita in questi giorni il tradizionale presepe artistico può ammirare anche il lavoro appena compiuto…).E’ urgente, soprattutto, un intervento completo su tutti i restanti affreschi di San Pietro: più il tempo passa, più si arrischia di perderli per sempre!Sono beni di tutti, sono beni di grande valore culturale oltre che religioso. E’ proprio per questo che chiediamo a tutti i gemoniesi, anche a quelli che non frequenta-no normalmente la chiesa, un aiuto.Chi è interessato a questa proposta: può mettere la sua offerta nelle bussole della chiesa parrocchiale, la può inserire nei cesti delle offerte che si raccolgono duran-te le Messe festive, la può portare direttamente in casa parrocchiale.Impegnandoci a dare, come sempre, puntuale relazione di tutte le spese sostenute, ringraziamo da subito chi vorrà, liberamente, contribuire.Auguriamo a tutti BUON NATALE.

don Marco e il Consiglio Pastorale Parrocchiale

Chiesaparrocchiale:

angelo diG. B. Jemoli.

ECCO:sto alla portae busso(Ap.3,20)

La porta della chiesa di S. Pietro è chiusa: e la nostra?

Buon Natale dal CongoCarissimi amici del gruppo missionario,

alla data del 30 novembre, primadomenica di Avvento, il Signore,ancora una volta, ci permetterà di iniziare un nuovo anno litur-gico. La Chiesa,madre premurosa, ci aiuterà a preparare il Natalecon le quattro settimane di Avvento, attraverso preghiera, medita-zione, condivisione, impegno cristiano e sociale a favore di coloroche sono più vicini al Cristo, povero e sofferente fin dalla sua na-scita.Il Natale, per il cristiano, non è solo una data storica che ci ricor-da l’inizio della nostra Redenzione-Salvezza, ma è un impegnarsiper un rinnovamento interno, spirituale, per cercare di assomiglia-re di più a Gesù Salvatore.Siamo tutti invitati a trasformarci in Lui, per cercare di diventaredelle belle copie, noi, che, ogni tanto, siamo delle brutte copie diCristo nella nostra vita.Seguendo l’insegnamento di papa Benedetto, dobbiamo convin-cerci che “essere cristiani è bello” e dobbiamo gridarlo al mondointero, senza complessi di inferiorità, senza paura, soprattutto da-vanti a coloro che sanno solo strombazzare la menzogna comestile di vita meschina ed umiliante.In questi giorni, con i nostri cristiani, stiamo preparando il Natalecon alcune riflessioni di base che voglio condividere anche convoi e chemolto brevemente riassumo così: nell’essere umano so-no annidate due forme di entità, cioè ci sono come due “io” per-sonali, l’io positivo – ed è l’amore che ama l’altro – e l’io negati-vo – ed è l’egoismo che porta la persona umana ad amarsi – .Chi sa amare è felice, perché si dona all’altro, sull’esempio di Cristoche si è dato tutto a noi fino alla Croce; chi si ama è infelice, per-ché si chiude in sé generando la sua stessa asfissia spirituale.Per il prossimoNatale prego per tutti noi, perchéGesù ci aiuti a ca-pire che l’egoismo è la tomba dell’amore e quanto più uno si amatanto più intristisce.Con amicizia sincera e gratitudine profonda auguro a tutti ungioioso Natale e un felice anno nuovo con il Salvatore.Un saluto speciale per ciascuno in particolare. Caramente.

p. Italo

La redazione augura a tutti unbuon Natale e un sereno 2009

LA NOTTE SEMPRE UGUALE

Affinché questo scritto non appaia troppo melenso, è necessaria una consistentepremessa e devo confessare che, pur trovandomi in quell’autunnale periododella vita definito vecchiaia (o forse proprio per questo), io mi sento decisa-

mente infantile in molte situazioni di cui espongo alcuni esempi. È un infantilismoche si esplica nella facile commozione al lontano, ingenuo ricordo di un passato vi-sto esclusivamente semplice, bello e che non può ritornare; altrettanta facile com-mozione alla visione di vecchi film dalle storie amabilmente e ottimisticamente im-probabili o nel vedere lo sguardo struggente di certi animali o accentuare il lato poe-tico e giocoso della pratica sportiva. Oltre a ciò, esiste quella componente un po’ as-surda e fanciullesca del tifo calcistico che condiziona pesantemente il mio umoredella domenica sera a seconda del risultato del Genoa.Questo preambolo è doveroso per spiegare quello che avverto durante la notte dellavigilia di Natale. Lasciamo da parte per una volta tutta la retorica della festa dellabontà ad ogni costo, del Natale consumistico e materiale che soffoca il significato spi-rituale salvaguardato, secondo molti, dalla partecipazione a quell’unica Messa an-nuale. Tutti argomenti già trattati negli anni precedenti.Il fatto è che durante quello spazio di tempo particolare precedente la mezzanotte,ho sempre avvertito una particolarissima sensazione che negli anni non è mai cam-biata, tuttavia non facile da descrivere. Non è la banale euforia dell’attesa della festao dei regali che noi fanciulli di molti Natali fa attendevamo da Gesù Bambino (pri-ma che fosse spodestato dal più laico Babbo Natale), era ed è una gradevole, immu-tabile impressione d’incanto che s’insinua interiormente quasi a modificare la realtàambientale circostante e rivelarne l’incosistenza materiale, un fluttuare nel tempoche unisce idealmente (oserei dire magicamente) ad atmosfere natalizie di anni lon-tani dove regnavano sicurezza, tranquillità e gioia.

Quel che cerco di dire è molto diverso dallo spirito di cui parlano i mistici o i fanta-smi descritti da Dickens nel suo canto di Natale, è piuttosto una sorta di rivissuta,fantasiosa trasposizione poiché da bambino sognavo di far parte dell’immancabilepresepio o abitare nei paesaggi innevati e immutati nel tempo delle cartoline diNatale.Ad una più profonda riflessione io credo però che questo assommarsi di sentimentiun po’confusi sia uno dei modi nascosti e misteriosi con i quali l’infinito si unisce alfinito, il cielo alla terra, un altrove sconosciuto che diventa decifrabile ove il miste-ro si fa intravvedere attraverso persino puerili manifestazioni. Mistero collegatocompiutamente a quell’insondabile, inaudito, sconvolgente evento di un Dio che sce-glie di rivelarsi facendosi uomo, irrompendo nella storia umana senza escludernegli aspetti più dolorosi da vivere. La stessa natività di Betlemme non è solo avveni-mento gaudioso contornato da gradevoli dettagli; è invece una nascita che non si puòimmaginare più disagevole e, subito dopo, ecco la Sacra Famigliola costretta a met-tersi in salvo con la fuga per evitare quella truce tragedia scatenata dall’avidità di po-tere di Erode. È tremendo il fatto che la malvagità umana, spargitrice di sangue sul-la terra, metta in pericolo l’appena nato Redentore del mondo.So bene che l’attesa del Natale significa soprattutto capire fino in fondo il valore mi-stico e storico del cristianesimo. Un evidente contrasto con il senso di tenerezza unpoco mellifluo sopra descritto; che è forse, per alcuni di noi, un rifugio individualecome una voce lontana, un’inconscia difesa affinché i temi del vivere restino ancorauguali a fronte di un mondo sempre più virtuale, di una tecnica in continua strepi-tosa evoluzione, di una direzione obbligata verso i rinnovamenti.Così, come alle grandi verità non posso e non voglio rinunciare, altrettanto non de-sidero dimenticare quelle percezioni infantili e quei ricordi fatati che, col trascorre-re degli anni, restano sempre uguali nella notte della vigilia.

Gio Barabino

Senza ombra di dubbio, è proprio questauna delle parole più diffuse oggi. E’ sullabocca di tutti, riempie interi servizi tele-

visivi, fa bella mostra di sé su tutte le pagine deigiornali. E, quel che è peggio, influisce in ma-niera negativa anche sulle nostre tasche…In realtà, la parola “crisi” ha un raggio di appli-cazione ben più vasto di quello strettamenteeconomico oggi prevalente: c’è la “crisi di valo-ri”, la “crisi di civiltà”, la “crisi di crescita”; c’è la“crisi della famiglia”, la “crisi della scuola”, la“crisi della religione”; c’è la “crisi di fiducia”, la“crisi di fede”, la “crisi di autorità”; c’è, persino,la “crisi di governo” … Insomma, ce n’è per tut-ti i gusti.Ciò che accumuna tutte queste ac-cezioni del termine “crisi” è il suo ri-svolto negativo, fatto di paura, di in-sicurezza, di pessimismo.Come moltissime parole della linguaitaliana, anche questa deriva dal greco,esattamente dal sostantivo “krisis”.In greco, però, il significato della paro-la è un po’ diverso da quello italiano: si-gnifica “scelta”. E non una scelta qual-siasi, ma una scelta pesante, fondamen-tale, di solito tra la vita e la morte. Venivausata in campo giudiziario per indicarela scelta dei giudici quando, in un pro-cesso, un imputato correva il rischio di es-sere condannato alla pena capitale; venivausata in campo medico quando un malatoera tra la vita e la morte e si aspettava contrepidazione l’evolversi della malattia…Forse non ci abbiamo mai pensato, ma anche letante “crisi” di cui parliamo di solito, compresal’attuale grave “crisi economica”, si lasciano in-terpretare in chiave di “scelta”.Si entra in situazione di “crisi” quando si arri-va a un punto dove è obbligatorio scegliere, do-ve non si può più far finta di niente o rimanda-re le decisioni.Un credente va in “crisi” quando di fronte ad al-cuni fatti la sua fede è messa in discussione: de-ve scegliere se continuare a credere (ovviamen-te, facendo un salto di qualità!), o abbandona-re tutto. Due coniugi vanno in “crisi” quando siaccorgono che il loro amore non è più quello diuna volta: devono scegliere se continuare a vi-vere insieme (rifondando e rinvigorendo i mo-tivi della loro vita a due) oppure andare ognunoper la propria strada. Un adolescente va in “cri-si” quando si accorge che il mondo infantile, incui ha vissuto finora, gli va sempre più stretto:

deve scegliere se crescere, affrontando le fati-che necessarie legate ad ogni crescita, o rima-nere un eterno bambino…Letta così, anche la “crisi” attuale, quella di cuiparlano le televisioni e i giornali, quella di cuiabbiamo tutti tanta paura, ci si rivela in unanuova luce.Non è più qualcosa di ineludibile, legata a qual-che oscuro fato, frutto di chissà quali cause in-governabili… E’ un bivio a cui siamo giunti peruna serie di comportamenti che più o meno tut-ti abbiamo condiviso; è un bivio che ci chiedeuna lucida capacità di analisi e ci impone un se-rio esame di coscienza; è un bivio che ci obbli-ga a una dose supplementare di coraggio percambiare rotta.

E’ probabile che il nostro stile di vita e i “valo-ri” che l’hanno sostenuto stiano rivelando in mo-do impietoso i loro limiti. Urge per tutti un ri-goroso lavoro di ripensamento. Urge, soprat-tutto, una dose abbondante di vera sapienza perriuscire a scoprire nuove vie e una dose mas-siccia di coraggio per saperle percorrere.La mela marcia sembra irrimediabilmente per-sa; in realtà al suo interno ci sono i semi, pron-ti per una nuova pianta e per molte altre mele.Il contadino lo sa, e, al di là del marcio, vede giàil nuovo frutto più bello e gustoso di quello diprima.Auguriamoci di avere anche noi, oggi, la sa-pienza del contadino, di riuscire a far fruttarequei semi di futuro (piccoli?) che la situazioneattuale mette in mostra. Sarebbe una scelta dipura morte se ci lasciassimo sopraffare dallapaura e scegliessimo di rimanere con le maniin mano aspettando gli eventi.

Marco Folladori

Parole: crisi Un Natal muvimentàaIn cà di sciuri Crespi ur disnàa de Natall’eva già prunt sul fugularquand al post du la zia invidadagh’è rivàa na sò telefunada.Pronto, pronto, la voos l’eva velada da un singhiozz,le diseva: re mi gatina l’è burlada dent in dur pozz,l’è viva incamò, le senti mugnàao gent, vegnìi a iutamm, so mia cusa fàa!I sciuri Crespi, pà e fioeu, du pass e na curseta,riven in un atim a cà du ra zieta,ma cunt ur pozz (quindes meter de prufundità)se renden cunt che par lor gh’è nagott de fàa.Intant la gatina in fund al pozz le mugnava disperada,la padrona le vardava giò angusciada,se decid sur mumentde ciamàa i pumpier pa risolv sto incident.E difati chisti chi riven al cumplet,idrant, scar, cord, curdett,tucc in divisa (cumè da cupiun)prunt par fàa na pasarela in televisiun!Ur cumandant el se informa dul cas,el guarda giò in dur pozz e poo el riza ur nas:“Me spias – el dis – nunc semm mia atrezàapar nàa giò a stì prufundità”.E l’ha cunsigliàa un ente particulàaradatt a sto cas singulàar.Finalment anca chi lì riven scià:ur speleologo prima de nàa giò l’ha dumandàa:“Le me disa, sciura, cume l’è la gatina?”“O sciur, el staga tranquil, l’è tantu gentil e carina!”Cunt ur pozz a dì illuminàaSto omm el se cala in prufundità,la micia l’eva giò viva, ma disperada,cunt un salt a re man cunt i ung le s’è tacadae cheschì, triunfant, la purtada su al piancunt la man piena de sang!La padrona tantu cuntenta l’ha ringraziàa,(la gatina gentil l’eva già fai cunt i so grafiàa).L’è finida cun champagne e panetune s’è brindàa a re bona cunclusiun.Ma intant ur disnàa el seva rafredàa…In famiglia Crespi sto Natal mai el se desmentigherà!

Francesco Biasoli

(Fatto realmente successo nel giorno di Natale 2007)

LA DIOCESI DI COMOIN PELLEGRINAGGIOA LOURDES

Inumeri sono presto detti: tra il 12 e il 18 ottobre scor-so si è svolto il pellegrinaggio a Lourdes della diocesidi Como, programmato per unirsi alle celebrazioni

del 150° anniversario delle apparizioni. Circa 3200 pel-legrini (tra cui il nostro gruppetto di gemoniesi), prove-nienti da tutte le zone della diocesi, con il vescovo DiegoColetti hanno raggiunto la cittadina pirenaica per mez-zo di 2 treni, 8 aerei, 5 pullman. Fra di essi, numerosi(circa 400) gli ammalati e, naturalmente, i volontari chesi occupavano di loro; una cinquantina gli studenti; tut-ti i seminaristi; un’ottantina i sacerdoti (tra i quali pa-recchi di conoscenza gemoniese, come don Piercarlo,don Gino, don Andrea Straffi, don Daniele Maola); uncentinaio i guanelliani – religiosi e assistiti – provenien-ti da diverse case dell’Opera don Guanella. Anche fraquesti ultimi abbiamo incontrato una nostra conoscen-za, l’amico Franco (“Anch’io sono di Gemonio!”) ospita-to nella casa di Nuova Olonio.Insomma, una folta e variegata rappresentanza della dio-cesi che per cinque giorni ha costituito una corposa pre-senza, riconoscibile dai fazzoletti bianchi e blu, tra i tan-ti altri pellegrini.Molto più difficile è però raccontare il pellegrinaggio,con le sue motivazioni, il clima che si crea, le impres-sioni e le sensazioni che ciascuno si porta a casa. Ci fac-ciamo aiutare da alcune frasi del nostro vescovo, che puòben interpretare i sentimenti più comuni non solo perl’autorevolezza del suo ruolo pastorale ma anche per lasua esperienza di ben cinquant’anni di pellegrinaggi aLourdes. “Il pellegrino – ha osservato mons. Coletti pri-ma della partenza – ha una meta verso cui andare, deverealizzare un incontro e vuole che questo incontro siasignificativo per la sua vita … in modo che da questaesperienza nasca una forza rinnovatrice …” Non sem-pre questa meta, questo incontro sono ben definiti nel-la mente e nel cuore di chi si mette in viaggio. Mal’iniziativa ad intraprendere il cammino è comunque unarisposta ad una provocazione, ad un richiamo, ad un’at-tesa.Un aspetto importante di questo pellegrinaggio è statapoi la comunitarietà. Il fatto di essere in tanti ha senz’al-tro comportato qualche difficoltà dal punto di vista or-ganizzativo, ma ha favorito la consapevolezza di vivereun avvenimento non solo personale ma condiviso, un’e-sperienza concreta di Chiesa. E’ ancora il vescovo Diegoa chiarire questa impressione: “A Lourdes, oltre al resto,si tocca con mano cosa vuol dire la “cattolicità dellaChiesa”, perché si incontrano uomini e donne di tutto ilmondo, si prega insieme con loro e ci si sente davvero co-me una grande famiglia”. E infatti, se noi della diocesi di

Como eravamo in tanti, tanti era-no pure i gruppi provenienti da ogni parte del mondo.Ricordo in particolare il pellegrinaggio foltissimo (e pa-zientemente in coda per il bagno nelle piscine) degli olan-desi, popolo comunemente ritenuto poco incline a pra-tiche devozionistiche; quello dell’Ucraina, così lontanafino a non molti anni fa dal nostro mondo ecclesiale; etutti i pellegrini di più lontana provenienza: asiatici, afri-cani, latino-americani, extraeuropei tranquillamente “in-tegrati” nella comunità della Chiesa. Tutti, evidente-mente, sollecitati dal desiderio di un’esperienza che fos-se, in qualche modo, significativa.Il luogo per eccellenza in cui a Lourdes si focalizza il de-siderio di questa esperienza è la Grotta. E’ il luogo in cuiMaria ha incontrato la nostra umanità, cosicché anchel’umanità più dolente e più provata a Lourdes si sentearrivata a casa, guardata dalla Vergine e, tramite lei, toc-cata dalla misericordia di Dio. A questo proposito, il re-sponsabile dei medici Unitalsi, Giuseppe Bellissimo, haosservato che tra i pellegrini “si nota la commozione, ilciglio preoccupato (dato che ognuno di noi porta la suacroce), ma soprattutto la serenità. Difficile è intravede-re lo sguardo disperato, molto facile è osservare la feli-cità e la speranza che un qualcosa possa e debba cam-biare o quanto meno il ringraziamento di tutto ciò cheognuno di noi ottiene quotidianamente accettando ancheciò che non gradiamo”.E’ lo “stile di Lourdes”, inaugurato centocinquant’anni fada Maria e Bernadette Soubirous. Bernadette accorrevain quel luogo oscuro anche nelle ore più fredde della not-te e dell’alba, perché irresistibilmente attratta da quel“qualcosa” di bello e luminoso che non sapeva nemme-no cosa o chi fosse ma che le procurava una gioia indi-cibile, visibile sul suo volto da chi le stava accanto. Poi,quando quella “cosa” si definì meglio come una “signo-ra” e cominciò a dialogare con lei, Bernadette “dovette”tornare perché “quella là” le si rivolgeva con una genti-lezza e una considerazione che nessuno le aveva mai di-mostrato, chiedendole se volesse ancora incontrarla “perpiacere”. La trattava “come una persona”, diràBernadette. Ecco, ognuno è “una persona” davanti aMaria. Bernadette era una ragazzina di quattordici an-ni, già provata dalle malattie, dall’estrema povertà, dal-l’impossibilità di andare a scuola e, di conseguenza, dal-la negazione della Comunione con Gesù perché non ave-va imparato il catechismo. Ma Dio, si sa, predilige i pic-

coli e i poveri. Anche dopo le apparizioni, Bernadettecontinuò a subire pesanti mortificazioni e sofferenze fi-siche sempre più gravi. Mentre si verificavano già le pri-me guarigioni miracolose lei fu, si potrebbe dire, la pri-ma “non miracolata”. Del resto, la Madonna le aveva ri-volto una frase che alla nostra comune sensibilità (e spe-cialmente ad orecchi quattordicenni) non suona moltosimpatica: “Non ti prometto di farti felice in questo mon-do ma nell’altro”. Non per questo lei si turbò, come nonsi turbò quando la Madonna la invitò a compiere gestiumilianti per la conversione dei peccatori. Bernadetteviene anzi descritta come una fanciulla gioiosa, perl’affetto della sua famiglia unita - una sicurezza controtutte le disgrazie -, per i giochi con le amiche e con i bam-bini che le erano affidati, per la Prima Comunione chefinalmente poté ricevere prima della fine delle appari-zioni. Gli incontri di Bernadette con Maria –l’Immacolata Concezione, come lei stessa si definì – han-no lasciato a Lourdes questa possibilità di serenità oltree nonostante la materialità spesso pesante della nostra vi-ta, se appena ci si accosta al mistero della Grotta con unminimo di disponibilità.In questo pellegrinaggio abbiamo anche noi velocementeripercorso le “orme di Bernadette”, nelle tappe fonda-mentali della sua vita a Lourdes: il fonte battesimale do-ve, con la grazia del battesimo, tutto è cominciato; la mi-sera abitazione (cachot) dove era costretta a vivere la suafamiglia; la Grotta dove Maria l’ha incaricata di portarealla Chiesa le sue richieste per la conversione degli uo-mini a Gesù; l’Ospizio delle suore dove ha potuto pre-pararsi e ricevere la Prima Comunione, luogo in cuil’incontro con l’Eucaristia l’ha significativamente unita alservizio degli ammalati.Tanto ancora ci sarebbe da dire su Bernadette, sul mes-saggio di Maria, sulla storia e la realtà di Lourdes oggi;ma poiché è impossibile essere esaurienti con le nostrepovere parole, ci avviamo a concludere. Non prima peròdi aver ricordato e affidato a tutti le intenzioni di pre-ghiera che il nostro vescovo ha voluto portare a Lourdesin questo pellegrinaggio, che è stato della diocesi e per ladiocesi: “Tre cose chiederò al Signore per intercessionedella Madonna: che il nostro cammino diocesano dedi-cato all’educazione possa essere fecondo; che la nostraChiesa sia arricchita dal dono delle vocazioni; che nellanostra diocesi possano crescere fiducia e speranza”.

Elisa Franzetti

Giovedì 17 ottobre mons. Coletti ha celebrato la Messa nellaGrottadelleapparizioni.Si è calcolatoche ipellegrinipresenti,

da una parte e dall’altra del fiume, fossero 12000. Al termine del-la celebrazione due bambini (provenienti dalle Valli Varesine) glihanno offerto un dono per ricordare i suoi cinquant’anni di pel-legrinaggi a Lourdes. Il vescovo Diego si è commosso rammen-tando quella prima volta, quando suo padre lo accompagnò fa-cendogli fare il barelliere, a diciassette anni, e facendogli com-piere un’esperienza che gli segnò la vita. Dopo la Messa, mons.Coletti è rimasto nella Grotta, dove, in una lunga processione,sono passati tutti gli ammalati (e non solo). Il vescovo li ha ac-colti e benedetti tutti, ad uno ad uno.

PELLEGRINAGGIO DIOCESANOA LOURDES12 – 18 OTTOBRE 2008

Ho vissuto l’esperienza del pellegrinaggio diocesano a Lourdescome pellegrino e come medico.Nell’ambito delle funzioni legate all’accompagnamento dei

malati, mi sono trovato coinvolto empaticamente e professional-mente nelle loro sofferenze, nella loro rassegnazione. Il rapporto congli ammalati è stato molto gratificante ed edificante. Ci si pone cer-cando di aiutarli nel modo in cui si può, visitandoli e apportando cu-re; ma ti accorgi che sono loro a farti comprendere la dimensionereale della vita, quella della sofferenza e, al contempo, della fiduciae dell’abbandono in Dio.Attraverso questa coscienza del limite ti apri alla dimensione reden-trice della croce di Cristo che illumina e dà senso all’umano patire.Attraverso le notti della nostra esistenza è possibile, alla luce della fe-de, scoprire il volto autentico di Cristo che si è identificato con i sof-ferenti.I fedeli della diocesi erano presenti numerosi e partecipi, dandol’immagine di un popolo in cammino guidato e confortato dalla pre-senza del vescovo Diego Coletti. Attraverso la preghiera e le celebra-zioni liturgiche si è vissuto un forte momento di comunione con Cristo.Ma è dinnanzi alla Grotta dell’apparizione che si tocca il cuore delmessaggio di Lourdes. Nella semplicità del luogo, il silenzio e il rac-coglimento regnano sovrani nonostante l’afflusso dei pellegrini. Quil’anima è portata a contatto con Dio e la pace è nei cuori.E si torna via da Lourdes col cuore pieno di questa intima consola-zione di pace. Salvatore La Sala

Il suo approccio da nuovo vescovo con la Zona Pastorale “Valli Varesine” era ini-ziato maluccio, dal momento che si era semplicemente dimenticato di nominar-la nel suo saluto alla diocesi nel giorno della presa di possesso, il 19 marzo 1989.

Una dimenticanza certo involontaria, ma che, in loco, aveva bruciato un po’. Se neera poi scusato e aveva voluto iniziare proprio da Gemonio, e precisamente il 14maggio 1989, l’amministrazione della Cresima nella nostra Zona. Anno di novità,quello: prima Cresima a Gemonio per il vescovo, ma anche per don Remo, recente-mente insediato in parrocchia.Bello il motto del suo stemma: “verità, misericordia, gioia”, dove ogni parola erachiaramente dipendente dalla precedente e, a fondamento di tutto, c’era la Verità.Fu subito chiaro che mons. Maggiolini era uomo di grande preparazione culturalee pastorale, buon comunicatore, fortemente motivato e deciso a portare avanti intutti i campi da lui praticati (diocesi, università, importanti incarichi nella CEI, stam-pa, media, ecc.) la figura di Cristo e quell’idea di Chiesa in cui credeva con convin-zione e con passione. Ad alcuni di noi apparve meno evidente, in talune sue scelte,il carisma del pastore e non condividemmo alcune sue importanti decisioni.Punto focale della sua presenza a Gemonio fu la visita pastorale dell’11 marzo 1995.Visita lungamente preparata con frequenti riunioni del CPP e dei vari gruppi operantiin parrocchia per verifiche di lavoro, stesura di schede, proposte rivolte al futuro. Fuper noi un periodo di fervido impegno per l’ascolto, la preghiera, il dialogo, il con-fronto e la verifica nello sforzo di evidenziare le realtà positive e negative della no-stra comunità. Dopo l’incontro con il parroco, il CPP, i responsabili dei vari settoridella parrocchia, nell’omelia della Messa il vescovo raccomandava particolare at-tenzione per la catechesi, la preghiera, la confessione, la famiglia, la corresponsabi-lità, l’entusiasmo e la gioia del servizio. Al termine della visita giunse, comed’abitudine, il decreto del vescovo che, lodando la tensione missionaria, le attività for-mative dell’oratorio, la testimonianza della carità, raccomandava la centralità diCristo, l’attenzione alle proposte diocesane nei vari settori, il coinvolgimento delle fa-miglie e la responsabilizzazione dei laici.Seguirono tre anni di duro lavoro, sostenuto e motivato da due eventi straordinariche, come è logico, coinvolsero anche la nostra parrocchia: la visita a Como di papaGiovanni Paolo II il 4 e 5 maggio 1996 e il Congresso Eucaristico diocesano nel set-tembre del 1997.

La terza visita di mons.Maggiolini a Gemonio, il 7 mar-zo 1999, fu senz’altro la piùtraumatica e la meno gradita.Veniva ancora per amministra-re la Cresima ma anche perchiedere a don Remo di accet-tare la nomina a parroco diPonte Chiasso dove il suo pre-decessore, don Renzo Beretta,era stato ucciso il 20 gennaio diquell’anno. Fu per tutti una pes-sima notizia. Con la mentalitàdello struzzo, tipica di questifrangenti, qualcuno disse: “seera per portarci via don Remo,il vescovo poteva fare a meno divenire a fare la Cresima!”.Come sempre, seguirono lette-re, petizioni, incontri ovvia-mente inutili.Intanto si preparava un altroevento di grande portata:l’undicesimo Sinodo diocesanoche fu indetto il 27 ottobre 2002e sospeso l’8 aprile 2004 pergravi problemi di salute del ve-scovo: tumore ai polmoni, co-me annunciò egli stesso.Due altri eventi gemoniesi coin-volsero a Como mons. Maggio-lini: l’ordinazione dei nostri dueultimi sacerdoti, don Rodolfo edon Filippo.La sua quarta e ultima visita a Gemonio fu il 25 settembre 2005 per festeggiare laMadonna Addolorata, il suo cinquantesimo anniversario di sacerdozio, il diaco-nato di Filippo, il centenario dell’organo Mascioni della nostra chiesa. Era già ma-lato ma sereno e lo attendevano due tappe importanti della sua vita: le dimissionidalla guida della diocesi (14 gennaio 2007) e la morte (11 novembre 2008).

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14 maggio 1989: Cresima a Gemonio.

Mons. MAGGIOLINIa GEMONIO

GRAZIE,VESCOVO MAGGIOLINI

“Non separi lamorte coloro che l’amore ha uni-to”. Questa frase, in latino, il VescovoMaggiolini ha voluto che fosse scritta sul suo

sarcofago e con queste parole egli ha concluso il suo te-stamento spirituale. Mi sembra di vedere in “coloro chel’amore ha unito” tutti noi suoi fedeli che lui veramenteha amato come un padre. Un padre preoccupato per ildestino dei figli che il Signore gli aveva affidato; un pa-dre schietto, diretto, capace di giudizi duri come di ge-sti affettuosi.I suoi figli prediletti sono sempre stati i preti della suadiocesi: soffriva per la diminuzione delle vocazioni tan-to da inventare una preghiera apposita, dove si invoca-va lo Spirito, ma si richiedeva ai sacerdoti stessi “il co-raggio di proporre anche ai singoli la via del presbiteratoe della totale, esclusiva ed eterna appartenenza a Te”.Ha sempre cercato fino a che la salute gliel’ha permes-so, di essere presente ai funerali dei suoi sacerdoti: lo ri-cordo, anni fa, mentre saliva ansimante verso la chiesaparrocchiale di Caravate per il funerale di Matteo, gio-vane medico seminarista perito in un incidente.Lo ricordo in Duomo a Como, in occasione delle ordi-nazioni diaconali e presbiterali, rivolgersi agli ordinan-di con la soddisfazione negli occhi, ma anche con unagrande determinazione nelle parole e nei toni: “… statevivendo uno deimomenti in cui ilmistero del rito vi cam-

bia la vita per sempre, cosicché non potete più ritrarvi dal-la scelta libera che compite e dalla nuova conformazionea Cristo che la Chiesa vi offre. … entrate in una fase del-la vita in cui non è più permessa la mediocrità. O giun-gete alla gioia piena, o la vostra vita si chiuderà in una tri-stezza morbida e rassegnata, o inanemente ribelle.”Lo ricordo nei brevissimi incontri avuti personalmente:una calorosa stretta di mano all’uscita del Duomo diComo in una sera del settembre 1997, con il futuro PapaRatzinger invitato da lui a parlare di liturgia eucaristi-ca; durante una visita a Canonica, una carezza per ilbimbo marocchino che tenevo per mano e un incorag-giamento per me che in quel momento “vedevo nero”;l’accoglienza e il sincero apprezzamento per noi pelle-grini giunti a piedi a Como dalla Valcuvia per il Giubileodelle famiglie nel 2000; l’incontro al Meeting di Riminidove aveva appena presentato il suo libro così poco ca-pito, ma tanto preveggente “Fine della nostra cristia-nità”; il sorriso nel riconoscerci “papà e mamma diFilippo” a Roma per il pellegrinaggio della Diocesi nel2006.Per questi incontri con Monsignor Maggiolini e per lasua paternità di vescovo dico grazie!Ma vorrei ringraziarlo anche per essere stato scrittore egiornalista, mai banale e scontato, talvolta poetico, spes-so provocatorio per spingerci ad usare bene la ragioneche il Signore ci ha dato.Infine vorrei ringraziarlo per il testamento spiritualeche ci ha lasciato. Mentre mons. Coletti lo leggeva du-rante il funerale, è stato inevitabile commuoversi e sen-tire come in quelle parole ci fosse tutta la sua umanità,il suo amore per la Chiesa, per le persone che più gli so-

no state vicine, per noi. Sperando di essere tra coloroai quali si è affidato per la preghiera di suffragio: “Miaffido … soprattutto alla gente fedele e semplice che hoamato, amato, amato”.Grazie, Vescovo Maggiolini!

Pinuccia Bodini

Lo scorso 11 novembre è morto a Como

mons. ALESSANDRO MAGGIOLINI,nostro vescovo dal 1989 al 2007.Lo ricordiamo con alcuni articoliche ne evidenziano il legame con la nostra parrocchia.

Con don Remo e don Mario Sessa.

RICORDI DEI SUOI PRETI GIOVANIDA DON FILIPPO

Il Vescovo Maggiolini: innanzitutto un uomo;poi, un amico; poi, il mio vescovo.

Così posso definire, in estrema sintesi, unapersona che mi ha sempre dato tanto e che haavuto un ruolo decisivo nella mia vocazione.Ricordo come fosse ieri il giorno in cui, insie-me a lui, decisi che direzione prendere per ten-tare di restituire la mia vita a Dio. Ricordoquell’improvvisato e inaspettato incontro conlui, la soddisfazione con cui conobbe quel gio-vane che gli chiedeva consiglio sulla sua vo-cazione. Il calore del suo abbraccio e delle sueparole sono cose che non si dimenticano.Poi nel corso del Seminario lo conobbi me-glio, anche nelle spigolosità del suo carattere. Era innanzitutto un uomo, dicevo, e dunque sanguigno,diretto, non aveva paura di mostrare le sue idee e le sue preferenze e conosceva bene le sue debolezze.Forse la sua “debolezza” più grande, da lui profondamente sofferta, era comprendere la sproporzione traciò che era la sua missione, ciò che la gente si aspettava da lui, e ciò che realmente era in grado di fare.Per questo non ho mai apprezzato chi lo criticava, chi sottolineava i suoi limiti e i suoi difetti e chi eraconvinto di poter fare il Vescovo meglio del Vescovo. Non sono mai riuscito a dire a nessuno di questiciò che sempre ho pensato: comunque, è un uomo che mi ha voluto bene. Ma che imbarazzo il frutto del-la sua amicizia, quando gli altri seminaristi capivano che ero uno dei pochi di cui ricordava il nome, oquando i miei compagni aspettavano il loro turno per il colloquio e lui ribaltava per dieci lunghi minu-ti la sua libreria per regalarmi… una copia del Corano, senza trovarla per di più! Non era uno che cal-colava i tempi o gli sforzi, quello che aveva da dare per ciò che gli piaceva lo donava volentieri.Resta, al di là di ogni giudizio, il mio vescovo, colui che ha coronato la mia vita con il sacerdozio, che miha fatto questo grande dono che mi riempie di drammi e di consolazioni, che mi ha consegnato a unavita nuova in cui sento pure io quella sproporzione tra le persone conosciute e quelle da conoscere, traquelle ricordate e quelle da ricordare, tra le cose fatte e quelle necessarie, tra le parole che sono nel cuo-re e quelle che escono dalla bocca, tra quel che si può, quel che si desidera, quel che si deve.A Dio, vescovo Maggiolini; spero che ci rivedremo, quando anche per me sarà passata la “Santa Paura”;e, oltre la soglia della morte, ci saranno magari due poltrone dove potremo sedere ancora per parlare dicose grandi e piccole come due amici, nella luce e nella comunione del Signore.

DA DON RODOLFO

Non è facile parlare di una persona importante come è stato il Vescovo Maggiolini. Importante forsenon per tutti, per molti certamente, indubbiamente per me.

Ammetto di avere dei ricordi più lievi, e forse formali, dei primi anni del suo ministero a Como. Più for-te e profondo è invece il ricordo degli anni che mi hanno preparato all’ingresso in Seminario. In quel tem-po l’ho ammirato come prete e vescovo e l’ho conosciuto come padre e pastore, e ora lo ricordo come esem-pio luminoso di totale dedizione a Cristo e alla Chiesa.È lui che mi ha accolto in seminario. Incuriosito da quella vocazione più adulta di altre, non ha mai mo-strato perplessità o dubbi, vi scorgeva un pezzo del progetto di Dio per l’uomo e per la Chiesa e ha sem-pre confermato la sua fiducia nell’opera che si compiva.Io, poco avvezzo a colloquiare con i vescovi, ben presto ho scoperto in quel presule, che già ammiravo perla sua cultura, le sue doti e la sua penna, un pastore e un padre. I tanti colloqui avuti con lui in seminarioerano sempre caratterizzati dalla semplicità cordiale e dalla bontà autentica. Ricordo l’incontro che pre-cedette la mia ordinazione presbiterale in cui mi comunicò la nomina a Parroco di Loveno e di Barna, tra-spariva l’affetto sincero per i suoi seminaristi. C’era dentro tutta la sua fiducia e quel bisogno di collabo-razione preziosa che chiedeva ai suoi preti. Nel settembre del 2006 il pretesto della cresima da fare aLoveno ci fece incontrare e fu l’occasione per parlare ampiamente in un clima cordiale e sereno della par-rocchia e del lavoro pastorale. Tanti e buoni i consigli ispirati da saggezza e affetto davvero paterno.Ogni occasione era buona per testimoniare l’amore per il Signore Gesù e per la sua Chiesa. La Chiesa fat-ta di uomini e donne, tanti cuori dalle tante e varie vicende: tristi e belle, liete o difficili, sofferte e dolorose.Una Chiesa, quella di Como, che ha amato con tutto se stesso e che ora lo ricorda, lo piange e prega per lui.Nel settembre 2002, quando si manifestò l’implacabile male al polmone, io ero uno dei suoi cerimonie-ri. Anche qui ha lasciato il ricordo di un uomo sereno, aggrappato a Cristo e alla preghiera. Un vescovoche riduceva a malincuore gli impegni più gravosi e che serbava sempre la voglia e il desiderio di esserevescovo nella sua città e per la sua gente.La malattia, vissuta con dignità alta e umano coraggio, fu per lui non solo sacrificio ma occasione peroffrire a Dio le sue sofferenze e unirsi ancor più al cuore di Cristo e alla sua gente sofferente.Grazie, Vescovo Alessandro, per la vita che hai donato alla Chiesa, per i preziosi insegnamenti e per lepreghiere che ora, ancora, serbi per noi.

Alessandro Maggiolini:un vescovo in “cattedra”…per i giovani

Non è facile tracciare un ricordo di una persona, a pocotempo dalla sua “partenza” per la casa del Padre, ed inmodo particolare se si tratta di una persona come il ve-

scovo emerito di Como Alessandro Maggiolini, senza rischiaredi cadere in qualche retorica.Del resto, per tutti quelli che sono stati adolescenti come me ne-gli anni ’90, Alessandro Maggiolini è sempre stato semplicementeil “Vescovo” o ancor di più “l’Alessandro”, un semplice nome cheincarnava per noi la Diocesi stessa. Infatti incontrare“l’Alessandro” significava partecipare a qualche incontro a li-vello diocesano e condividere con tanti giovani il proprio cam-mino di fede.

Mons. Maggiolini ha sempre incarnato la classica figura del “pro-fessore seduto in cattedra” che tiene la sua lezione con serietà esenza lasciare troppa confidenza ai suoi alunni… sempre fede-le al suo incarico, che diserta i suoi impegni solo in casi estre-mi… quel professore a cui accolli subito un soprannome o un ap-pellativo … proprio quel tipo di professore che a primo impat-to ti fa dire “uff, che barba”, ma che è quello di cui ci si ricordapiù facilmente, perché lascia segni indelebili nella nostra me-moria per i profondi valori trasmessi.

Messaggi forti, come, ad esempio, quelli pubblicati nel suo li-bro “Regola di vita cristiana per i giovani” del 1997, di cui ri-portiamo a seguire alcuni passi: “...È facile dirsi fervidi cristiania parole; ma poi, nei fatti, esprimersi da scadenti pagani. A volte,la mentalità fortemente e magari elegantemente atea che assorbinell’ambiente che ti circonda, ti porta a considerare come assolu-tamente normali certi modi di pensare, di agire e di comunicare.Normali secondo il «mondo», ma completamente lontani dallaprospettiva della fede e dell’agire morale del credente. E non averpaura di remare contro corrente. E di subire quasi il martirio del-l’irrisione..”.Tante volte negli incontri diocesani dei giovani ricordava chenon poteva esimersi dal presenziare, nonostante i numerosi im-pegni o i mali di salute (solo in casi estremi è mancato), perchédel resto un padre non può mancare ad un appuntamento conun figlio… E per noi giovani, forse, Maggiolini era proprio que-sto: un padre che ha guidato per tanti anni i propri figli, senzapretendere un grazie di risposta… e, come spesso fanno i figli coni propri padri, che solo col tempo colgono il significato profon-do dei loro messaggi, così, nello stesso modo, voglio semplice-mente dire: grazie di cuore “Alessandro”.

Roberto Ronzani

Segue:Mons. Maggiolini a Gemonio

Mi permetto qualche ricordo personale.Mi era rimasta impressa, non so perché, l’ultima frase che mons. Maggiolini avevascritto nella sua bella lettera di saluto alle “Valli Varesine” per annunciare e spiega-re il perché della prossima visita pastorale: “Mi accorgo che la visita pastorale donaanche al vescovo passione e tenerezza sempre crescenti per il Signore e per il popo-lo che Dio gli ha affidato da guidare”.Ecco, di mons. Maggiolini ricordo soprattutto la tenerezza che sicuramente aveva permoltissime persone, me compresa. Quel suo uscire improvvisamente da una pro-cessione da o verso l’altare per un breve, affettuoso saluto e una stretta di mano; quelmandarti tempestivamente una caramellina (“è inglese, fa bene anche a me!”) per cal-mare quella tosse stizzosa che ti prende a volte in ambienti caldi e chiusi e più lasoffochi più si fa insistente; quell’individuarti e sorriderti anche in un luogo affolla-to; quel rivolgerti uno sguardo privo di rancore anche quando contestavi le sue ideee le sue decisioni… So che altri hanno avuto ben diverse impressioni, ma per me èstato così.Mons. Maggiolini ed io (mi si perdoni la presunzione!) avevamo idee piuttosto diversee lui lo sapeva perché nelle poche occasioni in cui ci si incontrava, al Sinodo o nelConsiglio Pastorale Diocesano, glielo dicevo, come è mia abitudine, in faccia. Unesempio per tutti, ma non fu l’unico motivo di “scontro” fra noi, fu la chiusura della

Missione Diocesana in Argentina. Ero delusa ed amareggiata, gli chiesi di parlarglied egli acconsentì: volevo che sapesse il mio poco significativo e per nulla autorevo-le, ma molto sentito, parere in proposito. Argomentammo a lungo, lui giustificandola sua scelta con l’attuale scarsità di preti, con il fatto che non si trattava di terre diprima evangelizzazione ed altre simili motivazioni, io opponendogli che il dono del-la fede (“Fidei Donum”, appunto) è un regalo e che ci mancherebbe che chi fa un re-galo poi lo richiedesse indietro; che una missione in Argentina (con lingua relativa-mente facile da imparare) poteva essere una grande opportunità per ampliare vi-suali ed esperienze di seminaristi e di laici disponibili; che, data una prima evange-lizzazione imposta spesso con la violenza, mi sembrava difficile parlare di secondaevangelizzazione; che in un futuro, forse prossimo, saremo noi ad aver bisogno dei“Fidei Donum” provenienti da altre terre… Alla fine, esasperata e, lo confesso, conun po’ di supponenza gli dissi: “Se i preti sono pochi, monsignore, vedremo di im-parare a farli bastare. Del resto, a dar via il superfluo mi ha già insegnato mia ma-dre: da lei, che è il mio pastore, pretendo che mi insegni a dar via il necessario”. Mirispose: ”Lei ha ragione, ma io sono il vescovo”. Mi parve una risposta arrogante etacqui; non seppi (o non volli?) cogliere anche la sofferenza che c’era dietro quelle po-che parole e che c’era sicuramente stata in chissà quante altre occasioni. Pur aven-do mantenuto le mie idee, di questo, al suo funerale, gli chiesi perdono.

Enrica Pezzoli

Con i pellegrini giunti a Como a piedi dalla Valcuvia.

In mezzo al gruppo di giovani gemoniesi al santuario dellaMadonna del Soccorso.

Come era stato preventivato e for-se con un certo anticipo, la no-stra chiesa parrocchiale si è ri-

fatta il “look”. Sono stati due mesi unpo’ traumatici e frenetici specialmenteper chi, con estrema diligenza e dedi-zione, ogni venerdì sera e sabato mat-tina ripuliva e ripristinava l’ambienteal fine di renderlo agibile per le Messe.Grande anche la fatica di chi si arram-picava sugli enormi ponteggi (che ave-vano richiesto, per il montaggio, gior-nate di lavoro), sui trabattelli, nel ce-stello elevatore per rimuovere la polve-re, lavare, stuccare, pennellare.Una volta staccati tutti i quadri e lava-ti i muri per togliere la sporcizia più evidente, ci si è resi conto di quanto la chie-sa fosse conciata e necessitasse veramente di un intervento radicale. Onore al me-rito degli imbianchini che, seguendo le indicazioni del soprintendente, arch. Stolfi,e del restauratore, Giorgio Baruta (che, tra l’altro, si è anche impegnato a ripri-stinare con perizia alcuni dipinti della cupola, molto deteriorati), hanno pun-tualmente e con competenza utilizzato prodotti particolari, assai costosi, che an-davano stesi unicamente a pennello in due mani sovrapposte (una bianca e unacolorata) e accuratamente miscelati per ottenere le sfumature di colore richieste.L’imperativo, infatti, era far riemergere, attraverso morbidi contrasti di colore uti-lizzati nei vari elementi architettonici (lesene, pilastri, archi e sottarchi, fascioni,modanature, ecc.) la struttura “a basilica” della nostra chiesa.Il risultato è stata una gradevole e suggestiva scansione degli spazi che ha riscos-so l’approvazione e suscitato l’ammirazione della gente.Anche le vaste porzioni di muro rovinate e smangiate dall’umidità (occorre ri-cordare che la chiesa è costruita su roccia ricca di infiltrazioni d’acqua che sonostate incanalate ma non eliminate durante i restauri degli anni ’80) sono state ri-sanate da muratori competenti che hanno staccato l’intonaco danneggiato fino almattone o al sasso e quindi l’hanno rifatto con un prodotto anti-umidità.Anche i quadri, ripuliti a dovere con apposite spugnette, hanno riacquistato con-trasti e luminosità ed ora risaltano in tutta la loro bellezza sulle pareti immaco-late. Pulpito e confessionali sono stati sottoposti a trattamenti di pulizia e di in-ceratura e persino sul gruppo delle “pie donne”, nella teca sopra l’altare, è statascoperta e rimossa una leggera patina di muffa dovuta alla prolungata perma-nenza sotto la copertura di plastica e all’esaurimento dei sali che assorbonol’umidità.Alla fine di tutto, nuove impegnative pulizie di pavimenti, zoccolature, banchi,vetri e statue per stanare la polvere da ogni angolo, anche il più nascosto, ed ec-co la nostra chiesa rimessa a nuovo: pulita, accogliente, invitante, dignitosa. Mancaancora un particolare: l’imbiancatura della cappella feriale che verrà eseguita ingennaio.Penso sia doveroso rivolgere, anche dalle pagine di questo giornale, un GRAZIEgrande a tutti coloro che, in vari modi, si sono adoperati a far sì che quest’operaimpegnativa potesse realizzarsi, regalando anche alla nostra chiesa parrocchialeuna “veste nuova” o, dato il periodo, una “veste natalizia”.

Enrica Pezzoli

Sabato 20 e domenica 21 settembrecelebriamo la Festa dell’Addolorata,contitolare della nostra chiesa par-

rocchiale, pregando con particolare de-vozione la Madonna nelle Messe e riflet-tendo attraverso un momento musicale eculturale, sabato sera, con il concerto delmaestro Nicola Bisotti al nostro organoMascioni. La comunità parrocchiale par-tecipa ai Vespri di domenica pomeriggio,a seguito dei quali la festa prosegue al-l’insegna del tradizionale incanto dei ca-nestri (che ha fruttato 2.288 euro) e di unpiacevole momento musicale della Bandagemoniese. La serata si chiude con unaconviviale pastasciutta per tutti in orato-rio, dove è possibile anche visitare la mo-stra fotografica dei campeggi della scorsaestate.La Festa dell’Addolorata segna la ripresadi tutte le attività parrocchiali dopo lapausa estiva; in particolare: il catechismoper i bambini, gli incontri formativi deldopo-Cresima e delle superiori, le attivitàsportive e il dopo-scuola, prezioso serviziodi supporto ai ragazzi, specialmente pergli stranieri che hanno difficoltà con lalingua italiana.A partire dalla fine di settembre, la nostrachiesa parrocchiale è interessata dai la-vori di tinteggiatura interna. Le Messe fe-stive sono comunque celebrate in Chiesa,adattandosi di volta in volta allo spaziodisponibile e guardando, settimana doposettimana, i progressi di un lavoro che, incirca due mesi, ridona luminosità alla no-stra Chiesa e la preserva dai danni dell’u-midità.Come da tradizione, la comunità parroc-chiale, contestualmente alla ripresa delleattività, si reca al Sacro Monte di Varesein pellegrinaggio: domenica 12 ottobre,in un gradevole pomeriggio di sole, salia-mo a piedi lungo il percorso delleCappelle recitando il Rosario e parteci-piamo alla Messa d’orario delle 16.30 nelSantuario.Ottobre è dedicato alle iniziative che, indiversi modi, sono finalizzate a suppor-tare l’attività dei nostri missionari in Paesipiù o meno lontani da noi; in territori se-gnati dal dramma della fame e delle guer-re civili, è vitale l’opera di chi lavora in-sieme alla gente per ricostruire un futurodi dignità, attraverso la realizzazione dipozzi, scuole, laboratori di avvio alle pro-fessioni e centri di assistenza medica. Trai progetti che quest’anno il GruppoMissionario si impegna a sostenere, par-ticolare attenzione è data alla realizza-zione di due scuole tecniche, una inCongo - dove lavora Padre Italo - e una inTanzania, per la quale abbiamo ricevutoin dono un laboratorio completo di fale-gnameria. A sostegno di queste iniziati-ve, si svolge la tradizionale raccolta del-l’usato, sabato 11. A fine mese, dal 25 ot-tobre per le due settimane successive, èaperta nella palestra dell’oratorio laMostra Mercato Missionaria, meta di pa-recchi visitatori che apprezzano la varietàdelle opere di artigianato proveniente daPaesi di tutto il mondo, in particolare ipresepi (che tra l’altro sono ancora ac-quistabili fino a Natale). Dalle vendite del-la Mostra Missionaria si ricava un utilenetto di 16.411 euro, cui vanno aggiunteofferte in denaro per i missionari (4.989euro) e per lo studio dei bambini (3.173euro). Mettiamo al centro lo spirito dimissionarietà, pregando anche nellaVeglia Missionaria di Zona, sabato 25 ot-tobre a Cunardo, ed ascoltando le testi-monianze di fede e di vita di un africanoche lavora in Italia e di don AndreaCusini, appena rientrato dal Cameroundopo 6 anni di missione come sacerdote

“fidei donum”. Quest’anno, la Veglia - so-litamente organizzata nella Chiesa diCanonica - è spostata a Cunardo, all’in-terno delle attività previste dalla “Duegiorni giovani”, il periodico incontro dio-cesano per i ragazzi dai 17 anni che si tie-ne in Zone diverse della nostra diocesi. Lapartecipazione di giovani è particolar-mente numerosa (530 iscritti); anche lanostra parrocchia ne ospita un gruppo inoratorio per il pernottamento - gruppoche tra l’altro anima la recita delle Lodimattutine, domenica 26 a San Pietro.Sabato 1 novembre celebriamo la Festadi tutti i Santi nelle Messe festive; il gior-no successivo, commemorazione di tuttii Defunti, la comunità parrocchiale par-tecipa alla recita del Rosario in cimitero.La nostra parrocchia aderisce alle inizia-tive organizzate dalla Zona per quanto ri-guarda la riflessione e la preghiera; a par-tire da domenica 16, a Ponte Tresa, par-tecipiamo al primo di una serie di incon-tri, che si terranno lungo tutto l’anno, de-dicati all’approfondimento dei principalitemi previsti dal Piano PastoraleDiocesano. La seconda proposta zonaleriguarda una lettura continuata di settelettere di San Paolo (da lunedì 27 ottobre,presso la parrocchia di Cuveglio), che ven-gono poi ulteriormente approfondite nelcorso degli incontri di Scuola della Parolaa livello parrocchiale.Domenica 30 novembre, prima diAvvento, durante la Messa delle 10 ven-gono presentati alla comunità tutti i bam-bini e i ragazzi che si preparano nel cor-so di quest’anno a ricevere i Sacramentidella Comunione, della Cresima e dellaRiconciliazione. Oltre a loro, sono pre-senti anche le coppie di fidanzati che co-minciano il “per-corso” di formazione cheli prepara alla celebrazione delMatrimonio cristiano. L’iniziativa è deltutto nuova per la nostra parrocchia e re-cepisce da subito le indicazioni del nuo-vo Piano Pastorale diocesano al riguardo,ovvero il passaggio dai tradizionali “cor-si per fidanzati” ai “per-corsi”, a degli in-contri (uno al mese per un anno) più le-gati alla dimensione comunitaria a cui lenuove famiglie cristiane sono chiamatead aprirsi.La seconda domenica di Avvento, cele-briamo la Giornata diocesana delSeminario: il sostegno con la preghiera econ le offerte ai giovani che si stanno pre-parando al Ministero sacerdotale è ini-ziativa preziosa per le nostre parrocchie.Lungo il mese di dicembre, ci preparia-mo a celebrare il Natale attraverso la pre-ghiera e la riflessione durante i momentiserali attorno ai presepi (a partire da mar-tedì 9) che vengono allestiti in diversi pun-ti del paese (presso la Scuola Materna, nelcortile del Comune, in piazza Virgilio, invia Campagna, in zona Mulini, in viaMontessori) e nella Chiesa di San Pietro(quest’anno il presepe è nuovamente al-lestito nella navata di sinistra per daremodo di lasciare libera e completamentevisibile l’abside di destra appena restau-rata). In questo periodo, riserviamo par-ticolare attenzione alle proposte Caritasper l’Avvento: sostegno al BancoAlimentare con la raccolta di cibo desti-nata alle famiglie bisognose della nostrazona, iniziative a favore degli 80.000 pro-fughi del Congo rifugiati presso la mis-sione di Padre Italo e contributi per fi-nanziare i lavori di tinteggiatura e conso-lidamento dai danni dell’umidità nella no-stra Chiesa parrocchiale.A tutti gli auguri di Buon Natale!

Luisella

CRONACA PARROCCHIALE

VESTITO NUOVOper la CHIESAPARROCCHIALE

Prima. Dopo.

DUE GIORNI GIOVANI • CUNARDO - 25-26 ottobre 2008“Fino ai confini della terra”

Quest’anno è toccato alla nostra zona pastorale, e più precisa-mente a Cunardo, ospitare il tradizionale appuntamento del-la Due Giorni Giovani diocesana, il raduno annuale di tutti i

giovani che dà l’inizio ufficiale alle attività di pastorale giovanile.Cunardo ha iniziato a riempirsi nel primo pomeriggio del sabato,con l’incontro delle Commissioni Giovanili Zonali e la ConsultaDiocesana di Pastorale Giovanile, finalizzato ad un tempo di ri-flessione comune, di confronto, e di formazione sul tema “a servi-zio della quotidianità”.Ma il vero e proprio boom di giovani è avvenuto nel corso della serata quando è iniziatala veglia missionaria presieduta dal responsabile del Centro Missionario Diocesano diComo don Stefano Bianchi. Suggestivo è stato vedere illuminarsi le vie del paese conuna processione di lumini, tenuti nelle mani da tutti i giovani, al termine della qualehanno illuminato simbolicamente “il mondo” posto all’ingresso della chiesa.Significativo è stato il gesto del passaggio della Bibbia di mano in mano dei circa 550partecipanti, seguito dalla riflessione sull’importanza della condivisione e dell’annun-cio del Vangelo.“Ciascuno di noi racchiude la vocazione ad essere missionario”: questo potrebbe es-sere benissimo lo slogan delle due testimonianze succedutesi nel corso della veglia;quella di Don Andrea Cusini, sacerdote fidei donum, appena rientrato dall’esperien-za camerunense nella nostra missione diocesana, e l’altra di un immigrato africano,da anni residente in provincia di Como che ha raccontato il suo inserimento, da cri-stiano, nella società italiana.La serata è proseguita con il concerto del gruppo musicale d’ispirazione cristiana“Carisma”, testimonianza di come l’evangelizzazione passa anche attraverso la musica:un bel momento di condivisione, fatto di bella musica e grandi spunti di riflessione (Unapiccola curiosità: questo gruppo diocesano, a fine novembre, ha partecipato al FestivalInternazionale di ChristianMusic tenutosi a Sanremo, conquistando il primo premio).Dopo questo momento di festa i ragazzi sono stati divisi per il pernottamento nelle

parrocchie delle Valli Varesine, mentre altri hanno sceltodi trascorrere, in parte o tutta, la notte a Brenta perl’adorazione eucaristica (circa 120 giovani si sono alternatinella notte per un momento di profonda spiritualità).Domenica mattina sveglia presto! Infatti, dopo la cola-zione, tutti i giovani hanno vissuto il momento delle lo-di mattutine nelle parrocchie ospitanti.Nel caso di Gemonio, il pernottamento è stato un po’,diciamo, “familiare”: infatti gli ospiti sono stati i ragazzidi Mandello del Lario, accompagnati dal “nostro” donFilippo. Piccola nota negativa, la scarsa presenza di per-sone di Gemonio alle Lodi…La 2gg ha proseguito a Cunardo con la celebrazione

della S. Messa, seguita da una riflessione a gruppi sul brano della seconda lettura trat-to dalla prima lettera di San Paolo ai Tessalonicesi e sulla missione affidata ad ognu-no di noi di andare ad annunciare la buona notizia.Dopo la condivisione, i ragazzi si sono ritrovati per pranzare tutti insieme alla Baita delFondista. Nel pomeriggio, monsignor Riva ha tenuto un incontro di riflessione per tut-ti, affrontando in modo chiaro e diretto temi di attualità: comunicazione, libertà, scien-za e tecnologia. Ha spronato i giovani a non cadere nella banale idea che la libertà siafar ciò che si vuole, sottolineando l’importanza di ricercare un’unica verità; agli studenti,in modo particolare, ha affidato il compito di usare in modo giusto e rispettoso la scien-za e la tecnologia senza soccombere ad interessi puramente economici. È stato questoil momento più interessante perché le sue parole non sono state astratte, ma ha toccatola realtà quotidiana sollecitando a crescere nella capacità di comunicare il proprio cre-do e di operare criticamente nella cultura mediatica di oggi attraverso ciò che faccia-mo a scuola, all’università, su internet, sui media.Al termine, i ragazzi si sono salutati calorosamente dandosi appuntamento alla pros-sima Due Giorni Giovani (con la speranza di avere anche la presenza delVescovo…quest’anno “latitante”), con l’impegno di far tesoro di ciò che hanno vissutoe con l’augurio che ognuno, nella propria realtà, possa rispondere a Gesù per render-lo visibile…fino ai confini della terra!

Roberto Ronzani

Sì alla vitaNO T I Z I E I N B R E V E

Mercoledi’ 17 Settembre 2008, alle ore 8.30, èdeceduto Carlo Marongiu nel reparto di riani-mazione dell’ospedale di Oristano.

Carlo era malato di SLA (sclerosi laterale amiotrofica)dal 1997. La sua esperienza umana e spirituale e’ con-densata nel libro “Pensieri di uno spaventapasseri“. Neavevamo parlato su questo giornale proprio nel dicem-bre di due anni fa. Nel frattempo:• il libro ha riscosso un successo insperato in tutta Italia,anche a Gemonio;• la malattia ha proseguito il suo corso togliendogli ognimovimento, anche il battito delle palpebre, proprio quan-do avrebbe avuto la possibilità di comunicare con il sin-tetizzatore vocale, donatogli con le offerte raccolte dalladiocesi di Oristano;• Carlo è riuscito ad andare in pellegrinaggio a Loreto,con tutta la sua caparbietà e con la grande determina-zione di sua moglie Mirella, che ha messo in piedi un ap-parato medico-assistenziale-logistico perfetto;• siamo diventati amici per telefono e per lettere e ho sco-

perto che davvero possiamo dare un senso al dolore seMirella mi può scrivere “Il Signore ad ognuno di noi affi-da unamissione: la nostra è quella di trasmettere a tanti laserenità e la forza della sofferenza”;• si è creata una rete di amicizie e di aiuti concreti agli am-malati di SLA, attraverso associazioni, tra cui la AISLA deldottor Melazzini, e iniziative benefiche e scientifiche.Ora Carlo non è più a Narbolia, nella sua stanza azzurra,non ha potuto vedere la sua nipotina Carlotta, nata quin-dici giorni dopo che se n’era andato. Ma di sicuro ci staguardando da dove lui sperava di andare: “Spero che tut-ta questa sofferenza mi faccia guadagnare un sottoscaladella casa più umile del Paradiso”.

14-16 Novembre 2008 – Convegno nazionale deiCentri di Aiuto alla Vita – MontecatiniAl termine del convegno il Cardinal Antonelli, Presidentedel Pontificio Consiglio per la famiglia, durante l’omeliadella Messa festiva, ha ricordato Eluana: “Tante parole so-no state dette e scritte sul caso di Eluana. Le più belle e per-suasivemi sembranoquelle delle suore della clinica di Lecco,che da 14 anni la assistono: “Se c’è chi la considera morta,lasci che resti connoi che la sentiamoviva… lasciateci la li-bertà di amare e donarci a chi è debole.” Mi sembra di av-vertire unprolungamento dell’appello diMadre Teresa: “Nonuccidete i bambini con l’aborto. Se non li volete, dateli ame!”

30 Novembre: Giornata della Colletta AlimentareDavanti ai supermercati, a Laveno, a Cittiglio, a Cocquioe così in tutta Italia, migliaia di volontari, dai ragazzi di 16anni alle nonne di 60, aiutati dagli Alpini (anche diGemonio) hanno raccolto cibo offerto dai clienti a cui ave-vano spiegato la finalità di quel gesto di carità. Gli ali-mentari verranno poi distribuiti nel corso dell’anno alleassociazioni (tra cui Caritas e CAV) che li destineranno al-le famiglie bisognose oppure verranno portati diretta-mente alle famiglie dai volontari del Banco Alimentare.Risultati 2008:• i consumi a livello nazionale calano del 3%, la Collettaaumenta la portata delle sue raccolte avvicinandosi alle9.000 tonnellate e segnando un incremento di quasi unpunto in percentuale;• 5 milioni di italiani hanno donato una parte della lorospesa ai poveri e più di 100.000 si sono dati da fare per laraccolta, il trasporto e l’immagazzinamento delle merci.Un vero spettacolo della carità!

1 Febbraio 2009 – Giornata per la VitaAppuntamento davanti alle chiese per la tradizionale ven-dita di primule e viole a sostegno del Centro di Aiuto al-la Vita del Medio Verbano onlus.

Pinuccia Bodini

Il mese di ottobre, missionario per tradizione, ha vistola realizzazione delle consuete attività, alcune dellequali servono a finanziare le tante iniziative che ap-

paiono sul tabellone della chiesa.La raccolta dell’usato di Zona ha reso 2.147,00 euro, por-tando così a circa 7.500,00 euro l’utile netto annuale diquesta attività.La Veglia Missionaria, tenutasi a Cunardo ed inserita nelcontesto della Due Giorni Giovani, ha visto una discre-ta partecipazione, giovanile e non, dentro un percorsodi preghiera semplice ma interessante, sottolineato daalcuni gesti significativi.La Giornata Missionaria Mondiale, pur non avendo po-tuto avvalersi della presenza di qualche amico missio-nario, è stata ben evidenziata e partecipata nelle cele-brazioni della nostra comunità. Le offerte raccolte, cir-ca 600 euro, sono state versate, come sempre, allePontificie Opere Missionarie.La Mostra–Mercato Missionaria, svoltasi con le ormaiconsuete modalità, ha suscitato come sempre un buoninteresse e ha dato il seguente risultato:

Utile netto Mostra Missionaria €. 16.411,00Offerte per missionari €. 4.989,00Studio bambini €. 3.173,00TOTALE €. 24.573,00Come prevedibile, si è verificata una minore entrata dicirca 10.000 euro rispetto all’utile della Mostra dello scor-so anno, dovuta soprattutto al momento di crisi econo-mica che stiamo attraversando.Nonostante ciò, ci permettiamo di suggerire qualche pro-

posta caritativa per questo tempo d’Avvento, pensando achi lo sta affrontando con problemi molto più grossi diquelli che hanno molti di noi.Raccogliamo viveri non deperibili per il BancoAlimentare di Gavirate che fa fatica a tener dietro a tut-te le richieste di aiuto (fatte congiuntamente da Caritase Assistenti sociali) a favore di famiglie che, per vari mo-tivi, ma soprattutto per la perdita di lavoro di uno o piùmembri, non sono più in grado di arrivare senza debitialla fine del mese. In chiesa è esposto l’elenco di ciò cheserve maggiormente.Un altro aiuto, questa volta in denaro, è destinato a p.Italo che, nel mese di ottobre, ha avuto la sua missionedi Luvungi invasa da 80.000 profughi della guerra scop-piata tra Rwanda e Congo per presunti debiti non ono-rati dal Congo. Infatti, il Rwanda aveva a suo tempo aiu-tato Kabila a far cadere il governo Mobutu in cambio dipromesse, a dire dei rwandesi, non mantenute. In effet-

ti, da tempo, essi fanno man bassa di oro, diamanti eminerali preziosi dalle vicine miniere del Congo ma ora,resi forti dall’appoggio di un generale congolese ribelledi origine rwandese, pretendono un risarcimento uffi-ciale ed hanno scatenato la guerra le cui vittime sono, co-me sempre, i più deboli ed indifesi. La guerra si è ab-battuta, infatti, sugli affollatissimi campi profughi checircondano la città di Goma (profughi della precedenteguerra fra Rwanda e Burundi nella quale avevano per-so tutto il poco che possedevano) facendo migliaia dimorti e milioni di fuggitivi. Una delle colonne di gentedisperata è arrivata nella zona di p. Italo dove, grazie al-l’acquedotto e alle 40 fontane da lui realizzate, ha trovatoacqua abbondante (e, quindi, ha potuto scongiurare ilcolera) ma poco o nulla da mangiare. P. Italo, dando fon-do ai soldi che gli rimanevano, si è dato immediatamenteda fare correndo ovunque per reperire cibo.Questa mattina (8 dicembre), al telefono, qualche noti-zia positiva: cominciano ad arrivare da Nairobi alcunicamion di aiuti internazionali; sono giunti quattro me-dici olandesi che alloggiano nella missione ed hanno giàmesso in piedi un ospedaletto da campo; la scuola tec-nica progettata da p. Italo e dalla sua gente sta crescen-do come un fungo perché i profughi, in cambio di cibo,vestiti e cure, danno un notevole aiuto nel fabbricarla. Perloro, sarà Natale se potranno sfamarsi con un bel piattodi polenta.Nonostante la stressante emergenza, p. Italo ha trovatoil tempo di scrivere la lettera natalizia che pubblichia-mo in prima pagina, con la quale, come gruppo missio-nario, vogliamo fare, a tutti e a ciascuno, i migliori au-guri di Buon Natale.

Enrica Pezzoli

MISSIONI e CARITAS Padre Italo trasporta i tubiper l’acquedotto attraversola savana priva di strade.

Tra i mesi di agosto e ottobre 2008 il restauratore Giorgio Barutadi Chiuro (SO) ha eseguito i lavori di restauro che hanno inte-ressato l’abside laterale destra della chiesa di San Pietro, sotto

la supervisione della Soprintendenza ai Beni Architettonici e per ilPaesaggio di Milano, nella persona dell’architetto Giuseppe Stolfi.Il lavoro di Giorgio è stato un intervento di restauro conservativo cheè consistito nella pulitura della superficie pittorica per eliminare tut-te le parti “sovrammesse” nei restauri precedenti e i depositi di “spor-co” atmosferico insieme alle tracce di efflorescenze saline, allo sco-po di riportare all’antico splendore la scena della Vergine con ilBambino, San Rocco e San Pietro.Nel corso dei lavori la pulitura del vestito della Madonna ha fatto ri-scoprire la figura di un “astante” o “offerente”, inginocchiato ai suoipiedi, ed in accordo con il Soprintendente Stolfi si è deciso di man-tenere tale immagine che era stata occultata dai vari rifacimenti, inol-tre sulla destra è riapparsa anche l’immagine del cane di San Roccoche era quasi scomparsa.Successivamente sono stati consolidati i distacchi dell’intonaco e le la-cune più ampie sono state chiuse con malta di tonalità neutra ad unlivello inferiore rispetto alla superficie pittorica, invece quelle di mi-nor entità sono state integrate con la tecnica della velatura con colo-ri ad acquarello e le interruzioni della composizione sono state inte-grate con la tecnica del rigatino sempre con colori ad acquarello.L’alta percentuale di umidità di condensa presente nella chiesa, ric-ca di sostanze inquinanti che si sono depositate sulle pareti, con il pas-sare degli anni ha favorito la trasformazione del carbonato di calcioin solfato e ha provocato la sollevazione del colore. In tutta l’absideera poi evidente il dissesto della struttura muraria, che ha portato al-la formazione di profonde lesioni longitudinali che vanno dalla ca-lotta absidale sino al pavimento.I restauri precedenti avevano cercato di mascherare queste proble-matiche con stuccature e rifacimenti pittorici.Il restauro compiuto da Giorgio ha consentito anche di comprende-

re meglio le tecniche pittoricheutilizzate. Prevale soprattuttola tecnica pittorica del “buonfresco”, il pittore ha dipinto asecco solo colori come la ma-lachite, l’azzurrite o i rossi lac-ca che con il passare del temposi sono deteriorati provocandoampie perdite di colore.Questo si può ben vedere sulcielo, sulla veste dellaMadonna, originariamenterossa e sul manto azzurro bor-dato di verde.Il pittore che ha realizzatol’abside laterale ha stesol’intonaco in modo omogeneo,senza interruzioni, suddivi-dendo la scena in tre giornate:San Rocco sulla destra, laMadonna con il Bambino alcentro, sino al completamen-to con S. Pietro, la zoccolaturaa finti marmi e i tre lati dell’al-tare al termine.

Incisioni dirette sull’intonaco sono servite a determinare l’effetto pro-spettico d’insieme in corrispondenza del pavimento a scacchiera esulla zoccolatura.Restano ora solo due domande: chi è il pittore che ha realizzato que-st’abside? e quando l’ha realizzata? Bel dilemma, purtroppo Giorgionon ha trovato la firma dell’autore, quindi il compito di arrivare ascoprirlo spetta agli studiosi che vorranno interessarsi a quest’opera!UNA BUONA OCCASIONE PER ANDARE A VEDERE L’OTTIMO ESITO DI QUESTORESTAURO SONO LE PROSSIME FESTIVITÀ NATALIZIE QUANDO LA CHIESA DISAN PIETRO RESTERÀ APERTA PER CONSENTIRE LA VISITA AL PRESEPE ARTI-STICO REALIZZATO DAI VOLONTARI DELLA PRO LOCO. ACCANTO ALL’ABSIDEVERRÀ COLLOCATO UN PANNELLO CHE ILLUSTRERÀ IN MODO DETTAGLIATO LEVARIE FASI DEL RESTAURO E CHE CONSENTIRÀ A TUTTI DI COMPRENDERE ILPREGEVOLE LAVORO COMPIUTO.Buon Natale a tutti! Monica Campanerut

�CARAVATE - Tel. 0332601187

ARTI GRAFICHE

Questa volta è davvero un Carneade, anche se sotto gli occhidi quanti frequentano la chiesa parrocchiale…; ed ancor dipiù oggi che, dopo i lavori di tinteggiatura, proprio entran-

do in chiesa, viene spontaneo guardare in alto per ammirare affre-schi e decorazioni messi in luce dai lavori effettuati.“VELA 1873” si legge ben evidente a lato di un affresco sulla volta,proprio all’ingresso principale; si tratta di una rappresentazioneabbastanza classica della Assunzione della Madonna, festività ago-stana sancita da un Dogma solo dal 1950 ma ben presente nella fe-de e devozione cristiana da molti secoli.La data è evidentemente quella della realizzazione ed il nome èquello dell’autore. E questo, qui indicato solo con il cognome, do-vrebbe essere Spartaco Vela, nato a Torino nel 1854 e morto, an-cor giovane e dopo lunga malattia, a Ligornetto nel 1895 pochi an-ni dopo la morte del ben più famoso padre, all’ombra del qualedovette rassegnarsi ad operare pur essendo un ottimo pittore. Infattiquel padre famoso era il ben più notoVincenzo Vela, ticinese di Ligornettoe lì nato nel 1822, morto nel 1891.Scultore di valore, uno dei mas-simi scultori europei del sec-olo XIX, rappresentante diprimo piano del realismoin scultura. A Torino per14 anni come inseg-nante all’accademiaAlbertina, si ritira nel1867 con la famiglianella natia Ligornetto,nella villa che si erafatta costruire su prog-etto dell’architettoCipriano Aimetti e ter-minata poco prima nel1865; l’edificio nel 1898diventa Museo Nazio-nale Svizzero, primo perimportanza nel CantonTicino. Qui oltre che operedi Vincenzo, sono ospitatequelle di Lorenzo Vela (1812-1897), fratello maggiore diVincenzo ed ottimo scultore animal-ista, ed anche di Spartaco, il figlio.Questo di Gemonio – datato 1873 – è un affresco realizzato, in gio-vane età, da Spartaco quando aveva solo diciannove anni, e non damolto frequentava l’Accademia di Brera. Vi si intuiscono sia i trat-ti accademici tipici dei giovani artisti, sia l’influsso di GiuseppeBestini e di Eleuterio Pagliano, suoi insegnanti all’Accademia diBrera.

Un’altra “Madonna Assunta” molto simile a questa nostragemoniese è conservata nel Museo Vela di Ligornetto (almeno cosìera nel 1982 allorchè ho visitato quel Museo, che in anni recenti,1997-2001, è stato ristrutturato ad opera dell’arch. Mario Botta,acquistando così ancor più importanza); si tratta di un bozzetto adolio servito poi al ticinese Michele Carmine (1854-1894) per real-izzare nel 1884 un affresco sulla volta della chiesa di Besazio, sem-pre in Canton Ticino, poco distante da Ligornetto.

Come e perchè Spartaco Vela abbia realizzato qui quella Madonnaresta un’incognita. Nei registri parrocchiali del tempo non risultanopagamenti ad artisti che abbiano qui operato in quegli anni; unapossibile spiegazione è che Spartaco sia stato qui chiamato da quel-l’architetto Cipriano Aimetti, nato nella vicina Valganna (nel 1815),amico della famiglia Vela, sposatosi proprio qui, nella chiesa di SanRocco, il 26 ottobre 1859, con la gemoniese Cherubina Jemoli, na-ta nel 1836 e figlia di Achille (citato nelle cronache valcuviane an-che con lo pseudonimo di Michele Lajoli). Vista la familiarità el’amicizia tra Vincenzo Vela, la sua famiglia e l’Aimetti (pure lui op-erava, come Vincenzo Vela a Torino, quale architetto alla cortesabauda e poi sarà l’architetto che progetta la casa Vela, ora Museo,a Ligornetto) sembra perciò plausibile che il giovane Spartaco siastato chiamato qui dalla famiglia Jemoli, per ricordare, ad esempio,un anniversario di matrimonio, e ad eseguire un affresco in quellachiesa dove si erano sposati Cipriano Aimetti e Cherubina Jemoli.

(continua)

... Spartaco Vela?

Chiesaparrocchiale:affresco di

Spartaco Vela.

La figura del donatore apparsa dentroil manto della Madonna.

Il nuovoanno dellaCGVVovvero…

CommissioneGiovanile ValliVaresine

Dopo la “faticosa avven-tura” della 2GG Dio-cesana (vedi articolo),

la commissione giovanile zo-nale ha ripreso la propria at-tività.Prendendo spunto dalle ri-flessioni e dalle provocazioniemerse nell’incontro, tenuto-si nel pomeriggio del 25 otto-bre, con tutte le altre com-missioni zonali e la consultadiocesana, il nuovo annod’attività non poteva esimersida un’attenta analisi dell’ope-rato svolto fino ad oggi, e suquanto è necessario “svilup-pare” per rendere un reale“servizio della quotidianità” aigiovani.Per questo anno sono stati in-dividuati alcuni momen-ti/incontri, di cui alcuni soloper determinate fasce d’età:

• Laboratori della Fede:7 novembre; 16 gennaio;5 aprile (per i giovani dai 18 anni)

• Cerchiamoci:29 novembre; 7 febbraio;16 maggio (per adolescenti)

• Ritiro avvento:14 dicembre

• Incontro pre Molo14:10 gennaio; 14 marzo

• Ritiro Quaresima:22 marzo

• Via Crucis Zonale:4 aprile

• Veglia zonale vocazioni:2 maggio

• Agorà dei giovania Caravaggio:30-31 maggio

I luoghi degli incontri sono an-cora da definire,ma saranno in-dicati con appositi avvisi; co-munque, fin da ora, è calorosol’invito ai ragazzi alla condivi-sione di questi appuntamenti!Inoltre, si ricorda che ancheper quest’anno, verrà organiz-zata, ogni secondo sabato delmese fino a giugno, l’Adora-zione Eucaristica “Luce nellaNotte” presso la scuola mater-na di Brenta: un momento diprofonda spiritualità che ha vi-sto un’ampia partecipazionenella recente 2 Giorni Giovani.

Roberto Ronzani

PARROCCHIAdi SAN PIETRO

Piazza Vittoria, 321036 GEMONIO (VA)

Tel. 0332 601072E-mail: parrocchia.gemonio@alice.it

Volto di San Pietrodopo il restauro.

Il restaurodell’absidelateraledestradella chiesadi San Pietro