[RIBATTUTA2 - 1] GIORN/INTERNI/PAG-PRIMA … · 2010. 2. 22. · nella sede della Dc a piazza...

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Angelo Rizzoli «Vivo per accusare chi mi voleva morto» Angelone è diventato Angelino. L’ombra dell’omone che fu en- tra nel salone con passo esitante, quasi fosse ospite in casa pro- pria. Trascina la gamba destra. Una mano, semiparalizzata, pen- de inerte lungo il fianco. L’han- no maciullato, ma non sono riu- sciti a distruggerlo. «Su questo, contavano: che morissi durante i 407 giorni passati in galera. Han- no fatto male i conti. Mai sottova- lutare i cromosomi di famiglia. Mio bisnonno ciabattino era di Cavalese, Val di Fiemme, allo- ra Austria. Mon- tanari di grande tempra, teste dure». Per compren- dere nel detta- glio come avvenne lo scippo del Corriere della Sera bisogna legge- re la doppia paginata che Nicola Porro ha scritto due domeniche fa sul Giornale. Ma per capire co- me l’ingiustizia può devastare un uomo bisogna venire a Roma, ai Parioli, nella casa di Angelo Rizzo- li, 66 anni, detto Angelone o Ange- lo jr per distinguerlo dal nonno Angelo Rizzoli (1889-1970), il fon- datore della casa editrice. «Loro, i cavalieri bianchi senza macchia, sapevano bene che soffro di scle- rosi multipla dal 1963. E che cosa può fare un malato con tre ordini di cattura sul capo, spogliato (...) di Stefano Lorenzetto segue a pagina 12

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VINCE VALERIO SCANU DI «AMICI»

La fronda in Vaticano

Angelo Rizzoli

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L’ITALIA

Direttore VITTORIO FELTRI

Espulso un marocchino L’intervista

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a pagina 17

«Vivo per accusarechi mi voleva morto»

Angelone è diventato Angelino.L’ombra dell’omone che fu en-tra nel salone con passo esitante,quasi fosse ospite in casa pro-pria. Trascina la gamba destra.Unamano,semiparalizzata,pen-de inerte lungo il fianco. L’han-no maciullato, ma non sono riu-sciti a distruggerlo. «Su questo,contavano: che morissi durantei407 giornipassati in galera.Han-nofatto male i conti. Mai sottova-lutare i cromosomi di famiglia.Mio bisnonnociabattino eradi Cavalese, ValdiFiemme,allo-raAustria.Mon-tanari di grandetempra, testedure».

Per compren-dere nel detta-glio come avvenne lo scippo delCorrieredellaSerabisognalegge-re la doppia paginata che NicolaPorro ha scritto due domenichefa sul Giornale. Ma per capire co-me l’ingiustizia può devastare unuomo bisogna venire a Roma, aiParioli,nellacasadiAngeloRizzo-li,66anni,dettoAngeloneoAnge-lo jr per distinguerlo dal nonnoAngeloRizzoli(1889-1970), il fon-datoredella casa editrice. «Loro, icavalieri bianchi senza macchia,sapevano bene che soffro di scle-rosi multipla dal 1963. E che cosapuò fare un malato con tre ordinidi cattura sul capo, spogliato (...)

Il nuovo talent show si chiama Sanremo

a pagina 20

DOMENICA 21 FEBBRAIO 2010 - Anno XXXVII - Numero 44

di Alberto Giannoni

a pagina 18

di Alessandro Meluzzi

GUERRA NELLA COPPIA AMMAZZA CAVALIERE

TRAVAGLIO MINACCIA SANTOROIl giornalista scrive al conduttore: ad Annozero non voglio più tra i piedi quelli del «Giornale» e di «Libero» altrimenti

me ne vado io. Motivo? Non sopporta il contraddittorio e che gli si ricordino in diretta alcune cosette che lo riguardano

di Stefano Lorenzetto

segue a pagina 12

Massimo Malpica

a pagina 4

Ormai si può anche cambiargli no-me: da Festival a Festalent. Eccola qui lametamorfosi di uno degli ultimi simbolidell’italianità e del famigerato gusto na-zionalpopolare. Sanremo come la pizzaeilcalcio: interclassista, intergenerazio-nale, inter-regionale (come certi treni).NonacasoilmarchiofondeFestaeStiva-le. Invece il nuovo logo rimanda al tele-voto e ai meccanismi del marketing.

La vittoria di Valerio Scanu, prove-niente da Amici, è la consacrazione diquesta trasformazione della (...)

di Maurizio Caverzan

Quella di domenica prossima sarà unadomenica inutile: anzi, peggio che inutile.Costretti a lasciare l'automobile in garageper l'intera giornata a seguito di un’iniziati-va demagogica assunta dai sindaci delle mag-giori città del Nord, milioni di concittadinisubiranno in silenzio questo ennesimo so-pruso, che per varie ragioni appare insensa-to. Il sindaco milanese Letizia Moratti e quel-

lo torinese Sergio Chiamparino, promotoridi questa giornata ambientalista, hanno pro-vato a giustificare la decisione sostenendoche fermare gli automezzi sarebbe importan-te per salvaguardare l'aria e rispondere auna situazione intollerabile (sia a Milanoche a Torino i limiti di legge riguardanti il Pm10 sono stati superati più di trenta (...) di Barbara Benedettelli

il Giornale

Progettava un attentatocontro la Santanchè

Ai vertici del Pdl: Ignazio La Russa,Silvio Berlusconi e Denis Verdini.

Cramer, De Francesco eMantialle pagine 6 e 7

Complotti nel Pdl: altolà di SilvioBerlusconi difende Verdini. Ex An: La Russa pronto a lasciare i vertici del partito

L’attacco a Monsignor Rino Fisichella, presi-dente della Pontificia Accademia per la Vita,da parte di cinque membri della stessa, va amiomododivedere,benaldilàdiunaquerel-leteologico-ecclesiasticaemeritaunaletturaattenta per i significati profondi che riveste.

Ecco perché sull’abortodifendo le ragioni del cuore

Non si è calmato, Marco Travaglio,dopolacrisi istericachelo hacol-to giovedì scorso durante la pun-tatadiAnnozero. Ieri,ancoracari-

co di adrenalina, ha inviato una lettera-sfogo al suo mentore, Michele Santoro,lagnandosi con lui per la brutta piega cheha assunto il programma del quale egli èospitefissocolcompitoprecipuodiparla-re male degli assenti.

La brutta piega consiste nel fatto chetre giorni fa, per la prima volta, in studiononc’erano isoliti tappetinisucuidinor-maMarcioTravaglioindisturbatosipuli-sce le suole, ma un paio di colleghi chehanno fatto quanto molti vorrebbero fa-re e non osano: ridergli in faccia e ricor-dargli un paio di peccatucci di cui si èmacchiatoinpassato,chenongliconsen-tirebbero di salire sul pulpito e sputaresentenze contro chi non è peggiore di lui.

Marcio, abituato a predicare senza do-versi misurare con un contraddittorio,davanti alle contestazioni di Nicola Por-ro, vicedirettore del Giornale, e di Mauri-zio Belpietro, direttore di Libero, anzichéreplicare basandosi sui fatti, ha perso lasinderesi e si è messo a frignare; sembra-va una bambina viziata cui qualcunoavesse strappato la bambola. Gonfiod’ira,haaddirittura accennatoadabban-donare per protesta la cadrega di princi-pino del pisello. Come osano dire che so-no cattivo?

In quel momento, sotto il broncetto,Travaglio ha tradito la voglia di correrefra le braccia della mamma per farsi ca-rezzare i riccioli. Ma la mamma nonc’era, e allora è rimasto lì sulla poltrona,triste, gli occhi umidi, lo sguardo smarri-to.Poveropiccino.Cosanesapeva, lui in-nocente, che non si va in vacanza conl’amichetto della mafia? Micapoteva im-maginare che quel monellaccio diD’Avanzoandassepoiingiroaraccontar-lo.

Porro e Belpietro, invece di impietosir-si e di consolare il pupo regalandogli unlecca-lecca, hanno insistito (...)

Adalberto Signore

Gomorra rossa:la falsa pistacontro il centrodestra

Undiscussoconsorziorifiu-ti nel Casertano, le accusesullo smaltimento illegale eindagini che puntano suMarioLandolfie NicolaCo-sentino. Basate, però, suun’informativadel2003pie-na di anomalie. Una su tut-te:ilpoliticocheavrebbefat-to pressioni sul candidatoalla presidenza del consor-zio per favorire progetti inodor di mafia è di sinistra.

segue a pagina 27Braghieri, Giordano e Rioda pagina 27 a pagina 29

LO STOP ALLE AUTO NELL’ITALIA DEL NORD

La rivolta di moda e turismoSe dio smog vale più della libertàdi Carlo Lottieri

segue a pagina 11Materi, Mattioni, Serlenga, Verlicchi alle pagine 10 e 11

di Vittorio Feltri

Fatma Ruffini«I miei no a Mediaset»

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segue a pagina 3Beltramin e Conti a pagina 3

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12 INTERNI il Giornale Domenica 21 febbraio 2010

(...) di tutto - reputazione, af-fetti, aziende, patrimonio,passaporto - e privato dellalibertà per più di 13 mesi, dicuitre passati in cella d’isola-mento, neanche un giornod’infermeria, né visite medi-che, né cure specialistiche,sbattuto da un carcere all’al-tro, prima San Vittore, poiComo, poi Lodi, poi Berga-mo,infine Rebibbia,allo sco-po di fiaccarne il fisico e lospirito? Può solo morire».

Inveceèancora qui. «Fossi-mo un Paese normale, sullapoltrona dove sta seduto leidovrebbe esserci un suo col-lega del Corriere o della Re-pubblica, le due vestali del-l’informazione libera, indi-pendente e pluralista, le pa-re? Non mi hanno mai cerca-to. Eppure stiamo parlandodel più grande scandalo fi-nanziario dal dopoguerra aoggi. Non una riga. Se nonper dire che io ero il ladro egli altri i salvatori della pa-tria».

Sospira. «Il Corrierone...».Lo perse quando era diretto-re un Fdb, Franco Di Bella.Loritrova con direttoreun al-tro Fdb, Ferruccio de Borto-li. «Faceva il praticante alCorriere dei Ragazzi. Lo as-sunsi io al Corriere d’Infor-mazione e poi al Corriere del-la Sera. Ha fatto scrivere sul-la mia tragedia 271 parole intutto,compresi articoliecon-giunzioni. Ma solo per rac-contare lo “sfogo” e il “turba-mento” di Piergaetano Mar-chetti, presidente del grup-po Rcs Media Group, dopoche gli avevano notificato ilmio atto di citazione con cui,atrent’anni di distanza, chie-do al tribunale di Milano didichiarare la nullità di tutti ipassaggi che portarono ainuovi assetti del Corriere».Dagli «eredi societari» diquella cordata (composta daGemina, Meta, Mittel e Arve-di) che rilevò la Rizzoli-Cor-riere della Sera, e cioè dallostesso Marchetti, da Giovan-ni Bazoli, rappresentante diIntesa Sanpaolo e di Mittel,da Giuliano Zuccoli, presi-dente di Edison, e dall’im-prenditore Giovanni Arvedi,reclama la restituzione diuna cifra oscillante fra i 650 ei 750 milioni di euro, «vale adire quanto Rcs capitalizzaattualmente in Borsa».

Angelo Rizzoli ha deciso direstare vivo per cancellare ilpregiudizio che per un quar-to di secolo la Grande Stam-pa, stridente ossimoro, è riu-scita a instillare negli italia-ni: che quest’uomo, tessera532 della loggia massonicaP2, fosse solo un bandito,reo d’aver nominato diretto-re il piduista Di Bella e asser-vitoil Corriereaidisegniever-sivi di Licio Gelli e UmbertoOrtolani; un tipo losco ches’era legato mani e piedi adaltri due piduisti, RobertoCalvi, il banchiere trovatoimpiccato sotto il ponte deiFrati Neri a Londra, e il gian-nizzero di questi, Bruno Tas-san Din, direttore generaledella Rizzoli; un incapaceche nel 1981 affossò il primoquotidiano d’Italia e la piùimportanteimpresa editoria-le nazionale, seconda d’Eu-ropa per dimensioni, conuna quota di mercato del25%, un fatturato di 1.000mi-liardi di lire, 10.000 dipen-denti, 8 quotidiani, 25 perio-dici fra settimanali e mensili,la divisione libri, le cartiere ela Cineriz, la casa cinemato-grafica che aveva prodotto lasaga di don Camillo e Peppo-ne ma anche La dolce vita diFederico Fellini e i film di Ro-berto Rossellini, Luchino Vi-sconti, Pietro Germi, Vitto-rio De Sica, MichelangeloAntonioni, Pier Paolo Pasoli-ni; un bancarottiere che sifregò la cassa e la nascose al-l’estero.

Non era vero niente. «L’or-goglio è il mio peggiore difet-to e la mia migliore qualità.Ho rinunciato a patteggia-menti, indulti, prescrizioni ealtrescorciatoie perché vole-vo giustizia piena. Ho tenutoduroper26 anni, fino a quan-do la Cassazione non mi harestituito la mia dignità. Hoaffrontato sei processi. Unodopo l’altro sono stato assol-to, sempre con formula pie-naeconlamedesimamotiva-zione: “Il reato non sussi-ste”. Se lei va a controllare alcasellario giudiziale troveràquesta annotazione: “Nul-la”. Incensurato. Nessun al-tro procedimento in corso.Innocente per sentenza defi-nitivadella Repubblicaitalia-na».

Sedovessecompilarelavo-ce biografica «Angelo Riz-zoli» per la Garzantina,che cosa scriverebbe?

«Editore, proprietario delgruppo Rcs, arrestato ingiu-stamenteil 18febbraio 1983eingiustamente privato di tut-ti i suoi averi dalla spregiudi-catezzaedall’aviditàdeipote-ri finanziari italiani, che han-no completato il disegnocriminosodellaP2:estromet-tere Rizzoli dalla Rizzoli».

Il famoso scippo.«Il termine scippo non rendel’idea. Nel 1981 possedevo il90,2% delle azioni. L’80% diesse era temporaneamentein mano al Banco Ambrosia-nopresiedutodaCalvi:unpe-gno risalente al1977, quandomiopadre Andrea era ricorsoa un prestito di 20 miliardiper comprare la quota dellaFiat nel Corriere. Il 29 aprilelaCentraleFinanziaria,socie-tàdiproprietàdelgruppoAm-brosiano, acquistòil 40% del-lemie azioni in cambio di 115miliardi di lire e s’impegnò aversare altri 61 miliardi allaRizzoli Editore, quale quotadi aumento di capitale per ilsuo 40% appena rilevato dame.Alterminedell’operazio-nel’azienda dovevaessereri-capitalizzata per 150 miliardidi lire, 500 milioni di eurod’oggi. Ma questa enormesomma non fu mai deposita-ta alla Rizzoli bensì dirottatasu conti bancari di Calvi, Gel-li, Ortolani e Tassan Din in Ir-landa e Sudamerica. Tuttopuntualmente ricostruitonelle sentenze emesse in Ita-lia, ma anche in Svizzera e inIrlanda.Né ioné la Rizzolive-demmo una lira. In compen-so la casa editrice passò alNuovo Banco Ambrosiano,poi Ambroveneto, oggi Inte-sa Sanpaolo».

Che non ha mai onoratoquel contratto da 150 mi-liardi di lire.

«Peggio: ha accusato uno de-gli azionisti, cioè me, d’esser-si intascato i soldi, ha avviatouna richiesta di fallimentotrasformata in amministra-zione controllata, ha ottenu-to il mio arresto e il sequestrodei beni di famiglia e ha sven-duto il restante 50,2% dellemie azioni per circa 9 miliar-

di,afrontediunaperiziacon-tabile eseguita per conto deltribunale di Milano dal pro-fessor Luigi Guatri, già retto-re della Bocconi, che valuta-va il solo patrimonio attivo,senza valori di testata e di av-viamento,almeno270miliar-di di lire».

Trenta volte tanto.«Già, 9 miliardi era il prezzodi un’edicola, non del pac-chettodi controllodella prin-cipale casa editrice italiana.Eppure i custodi giudizialiche gestivano il mio patrimo-nio fissarono quell’importoassurdo. Fu così che il NuovoBanco Ambrosiano imposela cessione delle mie azionisotto sequestro a un gruppoamico comprendente Gemi-na, cioè Fiat e Mediobanca,Montedison,l’industrialede-mocristianoGiovanniArvedie la finanziaria Mittel facentecapo allo stesso Bazoli, nel-l’inedito ruolo di venditore,acquirenteeanchearbitro,vi-sto che il Nuovo Banco Am-brosianoerailmaggiorcredi-tore della Rizzoli. Sosteneretre parti nella stessa comme-dia mi sembra eccessivo an-che per uno come lui».

Per cui che cosa scrivereb-benellaGarzantinasuGio-vanni Bazoli, regista diquell’operazione?

«Avvocato bresciano. Uomoindecifrabile. Vuol apparirecome un santo, ma nella vi-cenda Rizzoli ha dimostratouna spregiudicatezza chenon aveva nulla di ascetico».

E su Agnelli?«Avvocato per antonomasia,pur senza esserlo. Privo di ri-flessi di coscienza. L’indivi-duopiùcinicocheAngeloRiz-zoli abbia mai conosciuto».

Perché?«Nutriva un totale disprezzoper gli uomini e per tutto ciòche è relativo all’umanità. Miconosceva fin da bambino,era presidente della Juventusquando mio padre lo era delMilan.Milamentaiperilcom-portamento tenuto dallaFiat. Mi rispose: “Caro Ange-lo, si sa che nel mondo degliaffari vige la legge della giun-gla: il più forte mangia il piùdebole. E tu eri il più debole”.Un discorso così me lo sareiaspettato da Totò Riina, nondal primo gentiluomo d’Ita-lia. Considerava i suoi similianimali da divorare».

Su Calvi che cosa scrive-rebbe?

«Nonsprecherei nemmenoiltempo a compilare la sua vo-ce biografica. Uomo oscuro.Doppio, triplo, quadruplo. Tidiceva una cosa, ma alludevaa un’altra. Non riuscivo acomprenderlo.Sonocresciu-to in una famiglia in cui ilbiancosignificabiancoeilne-ro significa nero. E buononon vuol dire cattivo».

Su monsignor Marcinkus,all’epoca presidente delloIor,labancavaticanainaf-fari con Calvi?

«Personaggio da film gang-ster americano. Una speciedi Soprano in talare, origina-

rio della Lituania anziché diAvellino».

Chi glielo fece fare di met-tersi con gente simile?

«Mio padre aveva compratoilCorriere eperpagarlo dove-va vendere i suoi alberghi diIschia. Gli segnalarono unfunzionario dell’Inpdap, Or-tolani,conentraturenelmer-catoimmobiliare.Nelsuostu-dio, in via Condotti a Roma,trovai ad attendermi Gelli,che Tassan Din già conosce-va, e Calvi. Schierati al lorofianco c’erano Alberto Ferra-ri, direttore generale dellaBanca nazionale del lavoro;Giovanni Cresti, provvedito-redelMontedeiPaschidiSie-na; Gaetano Stammati, chediventerà ministro delle Fi-nanze nel quinto governoMoro. Tutti piduisti, comeavrei scoperto dopo. E tuttideferentissimi con questoGelli, che in seguito ritrovaial Quirinale, a Palazzo Chigi,nella sede della Dc a piazzadel Gesù, nell’ufficio di CarloDonatCattin,acasadiGiaco-mo Mancini. Dappertutto.Ovunque andassi, lui c’era.Gelli aveva organizzato ilrientro in Argentina di JuanDomingo Perón edera consi-derato l’uomo di fiducia de-gli Usa, dove tutti i presiden-ti, da George Washington fi-no a Barack Obama, sonomassoni, come lei sa. A mesembrò un commendatoreprovincialotto. Il fatto è chese cercavo Calvi per essere ri-cevuto,mancosifacevatrova-re al telefono. Se invece lochiamavaGelli,mezz’ora do-po ero nell’ufficio di Calvi.Idem con i ministri. Mi con-vinsi che fosse meglio nonaverlo ostile».

Non ho capito una cosa: lasua defenestrazione dalCorriere fu premeditatafin dall’inizio oppure isuoi nemici si limitaronoadapprofittaredellecirco-stanze?

«Certamente fu decisa nelmomento stesso in cui locomprammo, luglio 1974. Ionondecisi niente, nonposse-devo una sola azione. Avevosolo un brillante curriculumaccademico: laurea col mas-simo dei voti a Pavia e specia-lizzazione in media and com-munications alla ColumbiaUniversity di New York. Nel1971 ero l’erede designatodel nonno. Mio padre mi no-minòamministratoredelega-to della Rizzoli a 28 anni. Perarrivare al Corriere bisogna-vanegoziareconlaDc.Segre-tario era Amintore Fanfani,chediedel’avalloaunacondi-zione: “Dovete cacciare en-tro24oreildirettorePiero Ot-tone che ci ha fatto perdere ilreferendumsuldivorzio”.Pa-pà si dichiarò d’accordo e in-vitò Ottone a colazione nellasua casa di via del Gesù, mepresente, perlicenziarlo. Ma,giunti al caffè, gli rinnovò ilcontratto per altri tre anni».

Da non credere.«Ottone aveva guadagnato40.000copierispettoalladire-

zione di Giovanni Spadolini.E per mio padre, editore vec-chio stampo, questo solo allafinecontava.S’immaginiFan-fani. Giurò vendetta. Sparselavoce che eravamo inaffida-bili, pericolosi e sovversivi.Per strangolarci bloccò ilprezzoamministratodeiquo-tidiani e ordinò alle grandibanche, allora tutte statali, dichiuderci il credito. Così fi-nimmoinboccaaCalvi, l’uni-co disposto a finanziare ilgruppo Rizzoli».

Non potevate cercare dirabbonire Fanfani?

«Mio padre aveva un limitecaratteriale: la timidezza.Non volle affrontare la situa-zione a viso aperto. A Romamandò me. Fanfani mi rice-vette nella sua casa di via Pla-tone, in terrazza. Era sedutosu un divanetto a dondolo,

ma i piedi non toccavano ter-ra,per cui lamoglie Maria Piaera costretta a spingerlo. Unascenaridicola che aumentò ilmio imbarazzo. Mi ricoprìd’insulti:“Bugiardi!Irrespon-sabili! Incapaci! Cialtroni!”.Non mi lasciò pronunciareneppure una parola. Conclu-se ammonendomi col dito:“Non venite a chiederci piùnulla. Noi democristiani pervoi Rizzoli non esistiamopiù”. E così fu».

Immagino la gioia di Otto-ne.

«Ci ringraziò ossequioso. Etornòafare il giornalechevo-leva lui. Tutti ne dedusserochel’eminenzagrigia,lamen-tedelribaltone, il filocomuni-sta fossi io. Mentre la regoladi famiglia era sempre statascegliere direttori bravi, tal-volta di sinistra, come Arrigo

Lo scippo del «Corriere»

Mai conosciutoun uomo più cinico.Mi disse: «Eri il piùdebole, ti abbiamodivorato». Una frasedegna di Totò Riina

Vuol apparire santo,ma non c’era nulladi ascetico nelle treparti in commediache recitò: venditore,acquirente e arbitro

Un provincialotto,un ladro di polli. Peròlo trovavo ovunque:Quirinale, PalazzoChigi, ministeri.Guai ad averlo contro

Oscuro. Doppio,triplo, quadruplo. Ful’unico a finanziarciquando la Dc chiusei rubinetti. Poi fecesparire 150 miliardi

«Volevano che morissiora vivo per accusarli»Sei processi e sei assoluzioni definitive (dopo 26 anni) con formula piena«I cavalieri senza macchia mi hanno tolto onore, salute, affetti e aziende»

dalla prima pagina

Giovanni Agnelli

Giovanni Bazoli

Licio Gelli

Roberto Calvi

L’INTERVISTA∫ANGELO RIZZOLI

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13 INTERNIil GiornaleDomenica 21 febbraio 2010

DINASTIA

Benedetti, talvolta di destra,come Edilio Rusconi».

Perché Giulia Maria Cre-spi, detta la zarina, pochigiorni dopo aver ordinatoa Ottone di licenziare In-dro Montanelli, che dete-stava, decise di vendervi il33% del Corriere?

«Le avevano scoperto un tu-morealseno ederaspaventa-ta per il futuro dei figli. Inol-tremio padrelefeceun’offer-tairresistibile,giacchépreve-deva che una notevole partedei 27 miliardi di lire le venis-se versata all’estero».

Stadicendomichelasigno-ra non pagò le tasse?

«Non ricordo se fosse già invigore la legge Formica. Stadi fatto che una larga quotaesentasse gliela depositam-mo in Svizzera».

La storia si ripete. Anche i

Crespi nel 1925, compliceilregimefascista,eranosu-bentrati a Luigi Albertininella proprietà del Corrie-re attraverso una serie dicavilli giuridici, propriocome Gemina e soci.

«Sì, ma Mussolini disposeche ad Albertini, pur invisoal regime, venissero versati 6milioni in oro, con i quali ildirettore-editore acquistò latenuta di Torrimpietra dovevisse peril resto dei suoi gior-ni. Invece i puri della Repub-blicademocratica eantifasci-sta hanno annientato e de-predato un innocente. E oranon gli dicono: “Avevi ragio-ne tu, scusa tanto, ci dispia-ce”. No, gli dicono: “Ma dài,sono passati quasi trent’an-ni, dimentica”. Che cosa do-vrei dimenticare? Che sonostato trattato da ladro? Chemio padre morì di crepacuo-re mentre suo figlio languivada 102 giorni in una cella?Che mia sorella Isabella, ap-pena diciottenne, fu indaga-ta ingiustamente, privata delpatrimonio e minacciata piùvolte di arresto, finché non sisuicidò gettandosidalla fine-stra per paura di finire in pri-gione? Che mio fratello Al-berto subì due mesi di carce-re e il sequestro dei beni perpoi essere prosciolto inistruttoria? Che, siccomeavevamo ceduto a una tipo-grafia cecoslovacca le vec-chie linotype del Corriere al-bertiniano,sonoriuscitia im-bastirmi contro persino unprocesso per aver venduto“materiale strategico” ai ne-

mici del Patto di Varsavia?».NeancheloStatolehachie-stoscusa?Non l’ha risarci-ta per l’ingiusta detenzio-ne?

(Smorfiadidisgusto).«LaCo-stituzioneèunapuraesercita-zione retorica. All’articolo 27stabilisce che il detenuto nonpuòesseresottopostoatratta-menti contrari al senso diumanità. Be’, io venivo persi-no ricattato dal direttore delcarcere di Bergamo, dovevopagare per tutto, altrimentineanche i pacchi col cambiodella biancheria mi sarebbe-ro arrivati. Una volta preteseil frigo nuovo, una volta la li-breria, una volta un milionedi lire. La visita di Indro Mon-tanelli mi costò un televisore,se non ricordo male».

Arigordicodicedovrebbe-ro restituirle l’intera Rcs,una soluzione che però adistanza di cinque lustrivienegiudicata impossibi-le dai suoi stessi legali.

«Non è più la stessa azienda,quindi punto alla “restituzio-ne per equivalente”, cioè aun indennizzo. Per non sba-gliare mi faccio assistere dal-l’avvocatoRomanoVaccarel-la,exgiudicedellaCortecosti-tuzionale, che in passato hadifeso sia Silvio Berlusconiche Massimo D’Alema. Piùbipartisan di così».

Il 20 gennaio era fissata laprima udienza. Com’è an-data?

«Rinviataal16marzo.Lacon-tropartesostienechehabiso-gno di tempo per studiarsi lecarte. Singolare pretesto, do-po aver avuto a disposizione26 anni. La tecnica non cam-bia: temporeggiare, dilazio-nare... Ma io sono qua. Nonmuoio».

Potendo,leirivorrebbe so-lo il Corriere o l’interaRcs?

«Non nutro alcuno spirito direstaurazione. Non mi sonomai sentito un re scacciatodal trono che aspetta di ri-prendersi il potere con lebaionette. Non voglio torna-re fra chi s’è dimostrato inca-pace di solidarietà. Quei si-gnorisannobenechel’azien-da l’ha fatta mio nonno nel1909echeiolàdentrohobru-ciato la mia vita».

Angelo senior diceva che«isoldibisognafarseliper-donare».

«E infatti lui ricostruì il colle-gio dei Martinitt dove avevapassato l’infanzia da orfano,regalò a Milano il padiglionedella Mangiagalli, donòl’ospedale a Ischia. Su consi-gliodelsuoamicoPietroNen-ni, col quale giocava a bocce,fece risorgere dalle ceneriMarzabotto rasa al suolo dainazifascisti, piantandoci unacartiera e le case per gli ope-rai.Amenonsonostatilascia-ti né il tempo né i soldi da far-mi perdonare».

Che cosa prova la mattinasfogliando il Corriere?

(Accarezza il bracciolo dellapoltrona). «Delusione. Lo di-co da lettore. A che serve un

giornale se non denuncia lemalefatte dei poteri forti?».

Il suo Corriere lo faceva?«Fuiinsultatodalministrode-gli Interni, Virginio Rognoni,perché avevamo svelato chelo Stato era sceso a patti colcamorrista Raffaele Cutoloper ottenere la liberazionedel dc Ciro Cirillo, rapito dal-le Brigate rosse. Ciriaco DeMita mi sollevò di peso per-ché scrivemmo che a tre gior-ni dal terremoto in Irpinia gliinviati del Corriere erano gliunici soccorritori arrivati aSant’Angelo dei Lombardi.Cercammo di favorire la trat-tativaconleBrperliberareAl-do Moro, e infatti nel diariodella prigionia lo statista pro-fetizza che sarei stato l’ulti-mo editore puro, anche se iopreferisco editore professio-nista.MioDio,secihaindovi-nato...».

Etornerebbea farel’edito-re puro?

«Sì. Se il caso me ne offrissel’opportunità, ci penserei.Ma non del Corriere, non diungiornaleinmano aun par-lamentino di 17 azionisti lot-tizzati dai partiti».

Comeseaisuoitempiipar-titifosserostatiestraneial-la proprietà del Corriere...Suvvia.

«Non dico di no. Ma a portar-celi fu Tassan Din. Si legò adoppio filo col Pci per paurachevenisseroagallalesueru-berie. Non parlo solo dei 150miliardi fatti sparire all’este-ro. Parlo anche dei 7 miliardiche a mia insaputa prelevòdai conti della Rizzoli e rega-lòaOrtolani:ènellecartepro-cessuali. Quando il 2 ottobre1981 convocai un consigliod’amministrazioneperfardi-mettereTassanDin,mitelefo-nò inviperito Adalberto Mi-nucci, il deputato cheha fattoparte della segreteria di Enri-co Berlinguer: “Questa è unamanovra socialista! Porremoil veto”. Subito dopo mi chia-mò Calvi: “Il Pci vuole TassanDineiononintendoinimicar-miilpartitopiùvicinoallama-gistratura. Quindi i miei con-siglieri voteranno perché re-sti”. Lo credo bene: era suocomplice».

Una decina d’anni fa an-dai a Venezia alla Canal &Stamperia di Tassan Dinper tentare d’intervistar-lo.Rifiutò. Appariva terro-rizzato. Si offrì persino dipubblicarmi un libro, no-nostante fosse editore dicataloghi d’arte, pur dinon dover rispondere allemie domande. Secondo leiche cos’altro aveva ancorada temere?

«Con tutte le condanne che siritrovavasulgobbo,glisareb-bero subito saltati addosso.Tassan Din aveva una sua ge-nialitànelmanteneregliequi-libri. Si barcamenava fra Gel-li e Ortolani, due ladri di polliche non si sono mai occupatidei destini dell’Italia ma solodei loro affaracci, ed era bra-vissimo a tenersi buono il so-viet della Rizzoli».

Rappresentato da Raffae-le Fiengo, leader storicodel comitato di redazione.

«Esatto. Il presidente SandroPertini m’aveva ingiunto diaffidare il Corriere ad AlbertoCavallari, direttore del Gaz-zettino. Io non ero affattod’accordo, anche per ragionicaratteriali:aVenezia,duran-te una scenataccia, s’era spo-gliatomezzonudoinredazio-ne. Da Bari, dove si trovavaperil congressodellaFedera-zione nazionale della stam-pa,mitelefonòFiengo,avver-tendomi che, se non fossepassato Cavallari, i sindacatiavrebbero eretto le barrica-te».

Inprecedenzaleiavevano-minato Di Bella, che eraiscritto alla P2.

«Io volevo Alberto Ronchey.Ma era troppo amico diAgnelli. E Calvi, che odiava ilpresidentedellaFiat,sioppo-se. Dal suo punto di vista nonaveva tutti i torti, consideratoche un giorno l’Avvocato, re-duce come il banchiere dallaspedizionedell’Armir,midis-se: “Era meglio se Calvi mori-va durante la campagna diRussia”».

Voi Rizzoli dovevate darretta a Montanelli, che vioffriva Il Giornale gratis.Rifiutaste. «Perderete tut-toquellocheavete»,vipro-nosticò.

«Papà voleva solo realizzareil sogno di mio nonno: avereun quotidiano. Montanelli sen’eraandatodalCorriereper-chépertrevoltelaCrespiave-va stoppato la sua nomina adirettore, preferendogli pri-ma Alfio Russo, poi GiovanniSpadolini, quindi Piero Otto-ne. Quando venne a offrire amio padre Il Giornale, si sentìrispondere: “Arrivi tardi. Hogià concluso con Moratti peril Corriere e sono in parolecon la Crespi e Agnelli per leloro quote”. Restai di stucco.Non lo sapevo nemmeno io.Da quel giorno Montanellitolse il saluto a mio padre enon volle mai più vederlo».

Dove ha trovato la forzaper non arrendersi?

«In Melania, mia moglie. Laconobbi nell’89. Craxi volevavendermi un terreno vicino aSiena. Io non avevo nessunavoglia d’andare a vederlo,perciò m’inventai che stavopiùmaledelsolito.Bettinore-plicò: “Allora ti mando il miomedico”. E arrivò Melania,che curava Craxi per il diabe-te. Una donna straordinaria.Mihadato duefigli.Mihasal-vato la vita. Io ho cronicizza-to in qualche modo la sclero-si multipla, lei ha sconfittodue tumori. Siamo due so-pravvissuti».

Tornerebbe a Milano?«No. Un conto è costruire lecittà col cemento, un altrocontoècostruirleconlacultu-ra, i libri, i giornali. Mio non-no ha realizzato entrambe lecose: dopo la guerra rimise inpiedi la Scala e Brera. I mila-nesi facevano la coda peromaggiarlo in via Montena-poleone. Ma appena hannoletto che suo nipote era unmascalzone, ci hanno credu-to subito. Uscito di prigione,le grandi famiglie, che per unsecolo ci avevano riverito, mitelefonavano prima di dare iricevimenti:“Sai,nonpossia-moinvitarti,metteresti inim-barazzo i nostri ospiti”».

Ha qualcosa da rimprove-rarsi?

«La troppa ingenuità. Se nonavessi commesso molti erro-ri, non sarei finito come sonofinito. Quante cose non rifa-rei!».

C’è qualcuno a cui vuolchiedere scusa?

«A chi ho involontariamentefatto soffrire per tutte questevicissitudini...». (La voce s’in-crina). «A cominciare daimiei morti». (Adesso piange).

Stefano Lorenzetto

[email protected]

Sopra: Angelo Rizzoli jr,66 anni, nella bibliotecadella sua casa di Roma,con un libro sul nonnoAngelo (1889-1970),fondatore della casaeditrice. Accanto: l’exeditore legge il «Corrieredella Sera». Suo padreAndrea rilevò nel 1974la proprietà del giornale.Sotto: Rizzoli accantoa due foto del nonno(in quella centrale giocaa bocce con PietroNenni) e, a destra,con la moglie Melania,medico e deputato:«Mi ha salvato la vita»[Fotoserviziodi Alessandro Di Meo]

Si legò ai comunistiper coprire le sueruberie. Avrei volutofarlo dimettere:Adalberto Minuccidel Pci me lo impedì

Personaggio da filmgangster americano.Uno dei Sopranoin talare, originariodella Lituaniaanziché di Avellino

Persecuzione Il padre stroncato dal crepacuore, la sorellasuicida per la paura, il fratello arrestato e poi prosciolto

Ordinò: «LicenziatePiero Ottone». Miopadre gli disobbedì.Mi ricoprì d’insulti:«Con voialtri abbiamochiuso». Fu la fine

Se ne andò perchéla zarina per tre voltenon lo volle direttore.Venne a offrirci«Il Giornale» gratis,ma era troppo tardi

Bruno Tassan Din

Paul Marcinkus

Amintore Fanfani

Complotto Truffato dalla P2, sbattuto in cella per 13 mesicon la sclerosi multipla. Oggi rivuole 750 milioni di euro

Indro Montanelli