[RIBATTUTA1 - 1] GIORN/INTERNI/PAG-PRIMA … · 2010. 5. 2. · Chiocci, Malpica,Signore...

2
Tipi italiani di Stefano Lorenzetto segue a pagina 17 Il medico che oggi leggerà il proprio necrologio Un medico, un grande chirurgo ortopedico di poche parole, ha saputo 14 giorni fa di co- vare per la seconda volta un tumore al pan- creas e ora si sta preparando al congedo. Il figlio, un giovane chirurgo ortopedico di esu- berante vitalità, quando ha avuto la (...)

Transcript of [RIBATTUTA1 - 1] GIORN/INTERNI/PAG-PRIMA … · 2010. 5. 2. · Chiocci, Malpica,Signore...

Page 1: [RIBATTUTA1 - 1] GIORN/INTERNI/PAG-PRIMA … · 2010. 5. 2. · Chiocci, Malpica,Signore allepagine2-3 «Dimettermi?Non cipensonemmeno. Maipresoassegnidall’uomodi

L’INDAGINE DELLA PROCURA DI MONZA

Il pm conferma: vere le rivelazioni su Boffo

di Vittorio Feltri

l’editoriale

Tipi italiani

SPED

IZIONEIN

ABBONAMEN

TOPOSTALE

-D.L.353/03(CONV.IN

L.27/02/2004

N.46)-ARTICO

LO1CO

MMA1,DCB

-MILANO-*PREZZO

SOLO

PER

L’ITALIA

Direttore VITTORIO FELTRI

di Stefano Lorenzetto

www.ilgiornale.it - 1.20 euro

AI LETTORI

LE ACCUSE, LA DIFESAE I DOVERI DI UN GIORNALE

Ministro Scajola, si di-mette un’altra volta?

«In questa occasione nonfaccio come nel caso di Biagi,non me ne vado. Altrimentisembra che mi hanno becca-to con il sorcio in bocca. Ionon ho colpe e non faccio de-cidere da una campagna me-diatica il ruolo che devo svol-gere come ministro della Re-pubblica. Non scappo».

Ma i giornali pubblicanodiverse testimonianze se-condo le quali le sarebberostati forniti 900mila euro,frazionati in ottanta asse-gni, per comprare una casaa Roma.

«Non ho alcun problema araccontarle la verità ed è mol-to semplice. Sono assoluta-mente certo che nessuno puòaver detto questo, perchénon è vero».

Lo sostengono l’architet-to Zampolini (factotum del-l’imprenditore Anemone) ele sorelle Papa, che le hannovenduto l’immobile.

«Le dico sin d’ora che sonopronto ad un faccia a facciacon chiunque insistesse conquesta tesi e sono certo cheverrebbe confermata la veri-tà che sto dicendo. Alla stesu-ra del rogito ho pagato la som-ma pattuita pari a 610mila eu-ro con mutuo acceso con ilBanco di Napoli».

Lo ha ancor in essere il mu-tuo?

«Come è facilmente dimo-strabile continuo a pagarlo».

Sempre dalle indiscrezio-ni di stampa emergerebbe-ro altri 200mila euro che leiavrebbe pagato in contanti,come una sorta di prelimina-re?

«No. Confermo tutto quelloche le ho detto. Tutto il restosi legge sui giornali. Ci saràun giorno che ci sarà la chia-rezza che auspico».

È vero che le due signorePapa le hanno venduto unimmobile vista Colosseo nel2004?

«L’appartamento è di fron-te al Colosseo, zona colle Op-pio, si tratta di un ammezza-to».

Un ammezzato?«Sì, una bella casa, ma non

più di un mezzanino in uno

stabile degli anni ’60, in con-dizioni non ottimali e senzaalcuna terrazza. Ed ero tal-mente convinto di avere fattoun buon acquisto che come silegge oggi sul Fatto, Lori Del

Santo che ha un attico nellostesso palazzo, ricorda diquando io le dissi di aver fattoun buon acquisto».

Quanti metri?«180».

610mila euro per 180 me-tri quadri, non le sembra po-co?

«Mi sono documentato inquesti giorni. Basta fare unarapidissima indagine sui

prezzi degli immobili a Romain quel periodo, nel 2004, e sivedrà come il prezzo da mepagato sia in linea con quellodi mercato per un immobiledi quel tipo in quella zona».

Ma ritorniamo al punto.Le signore Papa, si legge nel-l’informativa del Nucleo diPolizia Tributaria di Roma,dicono che gli assegni, ben80, li avrebbe tirati fuori lei.Anzi consegnati lei.

«Confermo nel modo più as-soluto di non essere a cono-scenza di quanto mi dice. Hoappreso dell’esistenza di que-sti 80 assegni in questi giornisui giornali. E d’altra partenon riesco a capire perché sa-rebbero stati versati a mia in-saputa».

Ma ci sono dichiarazionidelle due signore anche nelverbale di cui il Giornale èin possesso.

«Non conosco il contenutodei verbali di cui mi parla, emi stupisce che le signore ab-biano potuto fare dichiarazio-ni di questo tenore».

Ma qualcuno dunque diceuna clamorosa bugia?

«Ripeto che sono sicuroche in una verifica verrebbeconfermata la verità che stodicendo. Fino alle estremeconseguenze».

Cosa vuol dire?«Che io ho intenzione di tu-

telare la mia onorabilità».Lei nega dunque di avere

consegnato e trattato quegli80 assegni, ma anche la se-conda implicita accusa,quella di avere commessoun’evasione fiscale?

«Nessuno, come lei sa, miaccusa di nulla perché io nonsono indagato».

Potrebbe esserlo nei pros-simi giorni.

«E perché mai se la verità èquella che dico? E poi sareb-be già stato fatto».

Non penserà che è tuttaun’invenzione dei giornali?

«So che c’è un’inchiesta incorso. Le uniche cose che sosono solo quello che leggosui giornali e che mi riguarda-no».

Lei ha conosciuto Anemo-ne, l’imprenditore (...)

Sarebbestatounimpiegatodiuntribuna-le del distretto di Napoli a prelevare dai «cer-velloni»delministerodellaGiustiziailcertifi-cato penale di Dino Boffo, allora direttore diAvvenire, da cui risultava una condanna permolestie: il documento, cioè, pubblicato dalGiornaleil28agostoscorso.La«talpa»sareb-be già stataiscritta nel registro degli indagati.

segue a pagina 17

Il medico che oggi leggeràil proprio necrologio

SABATO 1 MAGGIO 2010 - Anno XXXVII - Numero 103

Inoccasionedellafestivitàdel1˚Mag-gio, domani il Giornale, come tuttiglialtriquotidiani,nonsaràinedico-la. L’appuntamento è per lunedì 3.

Il caso Scajola fa veni-reibrividi.Daunaset-timana i giornali, ilnostro per primo in-

sieme con la Repubblica,pubblicano indiscrezio-ni di una inchiesta dellaProcura di Perugia in cuiil ministro sarebbe coin-volto per una storia di as-segni ricevuti (in cambiodi che?) da un costruttorecon i quali avrebbe paga-tounappartamentoaRo-ma, davanti al Colosseo.

Vero,falso?Gliaccerta-mentisonoincorso,cisa-rebberoaddiritturadeite-stimoni che asserisconol’avvenuto pagamento.Le accuse sono pesanti e,agiudicaredaquantotra-pelatodallaGuardiadiFi-nanza e dalla stessa Pro-cura, fondatesu elementiconcreti. Tuttavia Scajo-la non è neppure indaga-to. I magistrati gli hannochiesto un incontro co-me persona informatadei fatti. Niente di più.

Basta questo, credo,percapirechenonsicapi-sceun’acca.Estupisceco-me,datalaconfusione,al-cuni quotidiani notoria-menteantigovernatividi-ano per scontate le re-sponsabilità del ministroquandoquestinonhaan-coraaffrontatointerroga-tori. Si vede che brucianodal desiderio di vederloincastrato come accaddea Bertolaso, numero unodella Protezione civile,prima linciato e poi sca-gionato. L’importante ècominciare a sputtanare.In seguito si valuterà.

Noicomunquenonsia-moabilitatiafaredegli in-

terrogatori; possiamo so-loesercitarcinelleintervi-ste.Equestoabbiamofat-to anche nella presentecircostanza ben sapendoche le regole del giornali-smo, nella loro semplici-tà, impongono di udire ledue campane: l’accusa eladifesa. Dato che l’accu-sa ha già fornito materia-le in abbondanza pur seScajolanonè(ancora)in-dagato, non ci rimanevache ascoltare il ministro.

L’intervista è stata fattadal vicedirettore NicolaPorro ed è qui pubblica-ta. L’uomo politico re-spinge gli addebiti. Ri-sponde punto per punto,nonsisottraealledoman-de più impegnative.Quanto a ciò che egli dicenonsiamoingradodigiu-rare sia sufficiente a chia-rire ogni dubbio. È certoinvece che abbiamo ri-portato integralmente lesuedichiarazioni.Cheof-friamo al lettore affinchési faccia un’idea di quellochestasuccedendo.Ilno-stro compito finisce qui.

Checché ne dica il Fat-to, noi interveniamo, an-che energicamente, suifatti (il bisticcio di paroleèinevitabile)siagiudizia-risiadicostumesiapoliti-ci, senza distinguere fraamici e avversari veri opresunti. E a differenzadelfoglio direttoda Anto-nio Padellaro, noi già il 23aprile ci occupammo vi-stosamente delle granedi Scajola. Il Fatto prendaatto del fatto (ci risiamocol bisticcio) che il Gior-nale gli ha rifilato un bu-co. Succede. A noi stavol-ta non è successo.

INTERVISTA AL MINISTRO NELLA BUFERA

Luca Fazzo

Un medico, un grande chirurgo ortopedicodi poche parole, ha saputo 14 giorni fa di co-vare per la seconda volta un tumore al pan-creas e ora si sta preparando al congedo. Ilfiglio,ungiovanechirurgoortopedicodiesu-berante vitalità, quando ha avuto la (...)

NEL MIRINO Il ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola si difende [Eidon]

il Giornale

Chiocci, Malpica, Signore alle pagine 2-3

«Dimettermi? Non ci penso nemmeno. Mai preso assegni dall’uomo di Anemone,la casa l’ho pagata con un mutuo. Nessuno può dire il contrario. E se lo fa, mente»

SCAJOLA: «VI SPIEGO TUTTO»

a pagina 11

di Nicola Porro

segue a pagina 3

____

Page 2: [RIBATTUTA1 - 1] GIORN/INTERNI/PAG-PRIMA … · 2010. 5. 2. · Chiocci, Malpica,Signore allepagine2-3 «Dimettermi?Non cipensonemmeno. Maipresoassegnidall’uomodi

17 CRONACHEil GiornaleSabato 1 maggio 2010

(...)diagnosidellare-cidiva e gli è toccatocomunicarla al geni-tore,èscoppiatoinla-crime. «Mi dispiaceper la brutta notiziache mi dai, ma sonocontento di vedertipiangere, perchévuol dire che mi vuoibene»,lohaconsola-

to il padre.S’èpreoccupatosolodiunacosa,loschivo

dottor Sergio Godi, che in vita sua non è maifinitosuigiornali,ancheseloavrebbeampia-mente meritato: «Mi piacerebbe leggere inanticipo il mio necrologio. Non vorrei che siesagerasse...». L’ultimo desiderio di un con-dannato a morte. Si poteva non esaudirlo?

Ecco,questoèilnecrologiodiunuomona-toa Verona il 13settembre 1933, tuttora vivoe lucido, che misura il tempo a settimane, senonagiorni,edèsicurodinonavereunaltrocompleanno davanti a sé. Sul New York Ti-mes sarebbe apparso a tempo debito nellarubricaObituaries,incuituttiimortidiventa-no buoni, bravi, onesti e belli. Sono titoli cheal dottor Godi spettano di diritto e pare giu-sto attribuirglieli mentre è ancora su questaterra: buono è sempre stato, bravo lo era dafarinvidia,onesto tantoda non essersiarric-chitosulledisgraziealtruieorapersinobellonelsuopigiamablunottearighettebianche,le cannule del drenaggio coperte da un len-zuolo, e addosso questa malattia che l’ha ri-dotto a pelle e ossa, gli ha ingiallito la scleradegliocchisinceriepperònonèriuscitaapie-garneilportamentodaluminared’altritem-pi.

In Italia l’obituary è un genere giornalisti-co poco praticato. Più difficile ancora è scri-vere il necrologio di una persona sapendoche lo leggerà. I pochi articoli custoditi negliarchivi redazionali, pronti per essere messiin pagina al momento giusto, servono più aisopravvissuti che ai cari estinti e si riduconoa soavi esercizi d’ipocrisia. In gergo si chia-mano coccodrilli, perché hanno la lacrimaincorporata, ma è quella falsa, di circostan-za, postprandiale, attribuita dalla leggendaal rettile che ha divorato la preda, quella di-sprezzata da Shakespeare, il quale fa dire aOtello:«Selaterrapotessepartorirefeconda-tadalacrimedi femmina,ognigoccia sareb-be un coccodrillo. Fuori dalla mia vista!».Sentochenons’addiceaquest’uomo,anchese non ci siamo mai incontrati prima d’ora.

Per morire il dottor Godi è voluto tornarein ortopedia al Sacro Cuore di Negrar, inValpolicella. È il suo ospe-dale. Ed è soprattutto il suoreparto, non soltanto per-chél’hafondato lui,maperavervi speso 28 anni dellasua vita, dal 1970 fino allapensione. I primi tempi ciha lavorato da solo, settegiorni su sette, dalle 7 delmattino alle 6 di sera, 365giorni l’anno, ferie mai.

Il dottor Godi era - no, è -uno specialista del piede.Ha girato il mondo per im-parare - Boston, Filadelfia,Atlanta, Parigi, Francofor-te,Zurigo-ealtrettantol’hagirato per insegnare le suetecniche.AVeronaunaper-sona su due, fra quelle co-strette a ricorrere al bisturidell’ortopedico, cammina grazie a lui. Cin-que-sei interventi chirurgici ogni mattina,per 28 anni, «solo per l’alluce valgo un annoarrivai a operare 365 pazienti, uno al gior-no», moltiplicati per sei giorni la settimana:come minimo sono 30.000 interventi.

AdessoilsuomedicoèNicola, il figliodi37anni. L’ex primario è diventato il pazientedella stanza 495, il numero 5143 nella sche-danosografica.Maquirestaunapersona,an-zi «el dotòr Godi», perché questo è l’ospeda-le voluto da un prete che nello statuto dettò,all’articolo6:«Ilmalatoè,dopoDio,ilnostroveropadrone».UnmattodiDio,donGiovan-ni Calabria. Un matto vero, che nel 1951 finì

nella fossa dei serpenti e fu sottoposto dalprofessor Cherubino Trabucchi, direttoredel manicomio di Verona, a quattro sedutedielettroshock.Maavevanellatestaunapaz-zia che si chiamava santità e gli psichiatrinon riuscironoa togliergliela. Ogni sera s’af-facciavaallafinestradellasuacamerettaabe-nedirelacittà,dalcolledoveilsuotestamen-tospiritualeoggirestascolpitoinunalapide:«Tiringrazio,oDio,perquellochemihaida-to,perquellochenonmihaidato,perquelloche mi hai tolto». Papa Wojtyla lo proclamòsanto. Poi, una domenica d’aprile del 1988,vollevenire qui aNegrar e provò aconsolarei malati mettendo da parte i foglietti del di-scorso, parlando a braccio: «Cristo ha detto:“Io sono dappertutto dove è la croce”. Doveè la croce, lì si trova Cristo. Vi auguro questasua assistenza, superiore a tutte le assisten-

ze».IldottorGodiportalasua

croce con serena dignità.Non aspetta miracoli, nonrecrimina, non si dispera.Aspetta solo che il destinosi compia.

Si ricorda il suo primoincontro con la morte?

«Da studente di medicina.IlprofessorMarioRaso,illu-streanatomopatologo,pre-tendeva che gli studenti delquinto anno partecipasse-ro ad almeno 30 autopsie.La prima volta il cadavereera già adagiato sul tavolosettorio. Rimasi impressio-nato: non aveva la faccia.Poi capii perché: gli era sta-to rovesciato sul viso il cuo-

io capelluto per procedere alla cranioto-mia».

In che anno si laureò?«Nel 1959, con Massimo Crepet, prorettoredell’UniversitàdiPadova,padredelnotopsi-chiatrachesivedespessoinTv.Fugeneroso:110 e lode. Ma fra i miei maestri ricordo inparticolare il professor Bruno Polettini, do-centedipatologiagenerale.Era talmentese-vero che agli esami dava meno 2, meno 4.Unaseraungruppodimatricolegligettòsul-la testa un tabarro e lo riempì di bastonate».

Perché scelse l’ortopedia?«Sitrattavadiunabrancaemergente,quindipresentavapiùsbocchi.Miopadreerauntas-

sistaabassoreddito.Comefigliodiincapien-te a Padova mangiavo e dormivo gratis nellaCasaArnaldo Fusinato enon pagavole tasseuniversitarie grazie a una borsa di studio».

Aveva bisogno di guadagnare in fretta.«Sì.Madal1959al1963lavoraigratisall’ospe-dalecivilediVerona,colprofessorEnzoMar-cer. Poi fui messo a libro paga: 30.000 lire almese. Allora si andava a percentuale: al pri-mariospettavail50%delbudgetdireparto,ame lo 0,98%. Per fortuna nel luglio 1964 di-venneministrodella SanitàilsocialistaLuigiMariotti, che introdusse la regola del 421».

Cioè?«Quattroalprimario,dueagliaiuti,unoall’as-sistente. Lo stipendio passò a 300.000 lire ecosì un mese dopo potei finalmente sposar-miconPierinaGaspari,un’operaiadelcalza-turificio Rossi. A partire dall’anno seguenteavemmo quattro figli».

Una storia proletaria.«Mia moglie era volontaria della Croce ver-de. La conobbi nel reparto maschile. Salonida 30 ricoverati, gambe in trazione, pazienticheurlavano.Nessunainfermieravolevaen-trarci.Ilprimogiornolasgridaiperchésipre-sentò con cinque minuti di ritardo».

Come arrivò a Negrar?«Col dottor Carlo Bianchi, aiuto di Marcer.Doposeimesi, luitornòincittà, lasciandomidasolo.Eraunalanda.Eoggiguardichespet-tacolo di reparto: 55 posti letto, 4.300 inter-venti l’anno, quasi il doppio di quelli dei dueospedali pubblici di Verona messi insieme,nonostante qui i medici siano la metà».

Esserci ricoverato che sensazione ledà?

«Di avere una seconda famiglia. Ci ho trova-totremieiaiutie10deivecchiinfermieri.So-no grato al primario Claudio Zorzi per aver-mi offerto questo letto nel quale chiuderò gliocchi per sempre. Qui mi sento a casa».

Vede una diversa professionalità, ri-spetto ai suoi tempi, nel personale?

«Moltopiùalta.L’umanitàinveceèunpochi-nocalata.Nonparlo diqui: in generale.Maètuttoilmondochevacosì.Spessoperimedi-ci il malato diventa solo un numero. Si di-menticanocheèunnumerobisognosodiaf-fetto, di una parola di conforto, di qualcunocheglidica:“Nonaverpaura,cisonoquaio”.Anch’ioparlavopoco,macercavodifaretan-to.Potessitornareindietro,misforzereididi-re qualche parola in più ai miei malati».

Come si sta dall’altra parte della barri-

cata?«Si è deboli. Un po’ tristi. Il medico si credeun dio, è come se avessericevuto un’investi-tura.Dentrounlettod’ospedalenonloèpiù.Perde la corazza, si sente sconfitto».

Aifuturi medicichelezionevuollascia-re?

«Siate umili. Ero forte come voi, una volta».Perché scelse questa professione?

«Per imitare il dottor Masotti, il medico con-dottochevenivaacasanostra.Avevamoicar-toni al posto del soffitto, crollato durante ibombardamentiaereinel1945.Nonchiede-vamaiisoldidellavisita.Glisarebbesembra-to di rubare».

Da primario di che cosa aveva più pau-ra?

«Di sbagliare l’intervento. Invece la diagnosierafacile:bastavaunalastra.Aqueltempocis’infilava il grembiule dipiombo e si faceva in diret-ta la scopia all’arto. Un miocollega,Carlo Grillo,haan-coralepuntedelleditaalte-ratedairaggiX.Leradiazio-ni gli hanno bruciato i pol-pastrelli. Quando si lavavale mani gli usciva il san-gue».

Come ha scopertod’avere un tumore?

«Dueannifaandandoinba-gnohovistoleurinescureelefecicolorbiancolatte.Homessoallestrettel’ecografi-sta: dimmi tutta la verità.“Niente di bello”, ha rispo-sto. Aveva visto una massache chiudeva il coledoco.Cinquegiorni dopo il pro-fessor Paolo Pederzoli mi aveva già opera-to.Ricorronoaluida tuttoilmondo, ilPoli-clinico di Verona è un centro d’elezioneperilcancrodelpancreas.Pederzolihafat-to una bella pulizia. Pensavo di rientrarenel 20% di operati che a cinque anni sonovivi, anche perché i controlli eseguiti ognisei mesi erano sempre negativi».

Invece?«Due settimane fa un febbrone improvviso.L’ecografistanonha volutodirmi nulla.Tor-natoincamera,miofigliomihadetto:“Papà,ti dobbiamo fare altri esami”, e s’è messo apiangereadirotto.Sonostatocontento,èsta-talapiùgrandeattestazioned’affettochepo-

tessi desiderare. Non avevo mai visto Nicolapiangere. Neanch’io ho mai pianto».

Neppure per la morte dei suoi genitori?(Cipensa).«No,mai.Èilmiocarattere.Soffrodentro. Anche a mia moglie ho sempre det-to: se devi piangere, non farlo davanti a me».

Sapere la data della propria morte èuna sventura aggiuntiva?

«UnagraziadiDio.Hopotutofaretestamen-to.Peròvogliodirleunacosa:hosmessod’an-darein chiesa dopoche la legge mi haimpo-sto, a 65 anni, di ritirarmi in pensione, men-treioavreivolutocontinuare.Melasonopre-sa col Padreterno che non c’entrava nulla».

Poteva dedicarsi alla libera professione.«Per qualche anno l’ho fatto. Ma un giornoproposi l’intervento in clinica privata a unapaziente.Leiallargòlebraccia:“Dotòr,bene-dèto, mi son la mojér de un operaio!”. Fu lapeggiorumiliazionedellamiavita.Prospetta-reun’operazioneapagamentoallamogliediunoperaio...Proprioio,chenonhomaiinse-guito i soldi e cacciavo dallo studio i tecnicidelleditteortopedicheprontiaoffrirti laper-centualesulleprescrizionidiscarpecorretti-ve. Giurai: mai più figuracce simili! Smisi difare il medico quel giorno».

Intanto aveva perso la fede.«Però qui in ospedale è passato a trovarmi ilcappellano. Mi ha portato la comunione.Che male può fare un’ostia consacrata? Misono abbandonato. Non perché confidi nelparadiso: per la mia pace interiore. Adessomi sento meglio. Chissà che cosa c’è di là. Ilsacerdote non mi ha nemmeno confessato,ho solo recitato l’atto di dolore. Come disseHeinrichHeineinpuntodimorte,Diomiper-donerà: in fin dei conti è il suo mestiere».

In 45 anni di matrimonio ha mai tradi-to sua moglie? Sia sincero. Semmaicancellerò domanda e risposta.

«Neanche col pensiero. Le sono sempre sta-tofedele,elostessolei,credo,puravendodie-ci anni meno di me. L’ospedale non è riusci-to a separarci. Trascorre qui tutte le notti».

Come si sente in questo momento?«Stanco. Per fortuna non ho dolori».

Ha paura di dover soffrire?«Sì».

Avrebbe preferito un infarto nel sonno?«Magari...». (Sorride). «Ma c’è il pro e il con-tro anche nell’infarto:non avrei potuto salu-tare i miei cari».

C’è qualcun altro che vorrebbesalutare?«Il dottor Giorgio Pravadelli, un medico inpensione. Abbiamo girato il mondo con icongressiscientifici: Russia, Cina, India, Ne-pal,Patagonia.Manonvogliochemivedainqueste condizioni. Gli dico addio attraversoIl Giornale, di cui è un accanito lettore».

Temeva la morte più a 50 anni o adesso?«Nonl’homaitemuta.Neppureadesso.Ave-vosolopauradilasciaremiamoglieconquat-trofiglipiccoli.Oggisonofatalista.Nonsperopiù. Anzi, prima finisce e meglio è. Ho sem-pre rifiutato la chemioterapia, sarebbe statasolountormentoaccessorio.Quandoladia-gnosinonlasciascampo,acheservonolecu-re palliative? È inutile andare avanti».

Pensa all’eutanasia?«Quasi...». (China il capo). «Purtroppo miamadremihalasciatoinereditàuncuorefriu-lano che non cede».

Se un paziente terminale le avesse chie-sto una puntura letale, l’avrebbe accon-tentato?

«No, mai».Alloraperchéunsuocol-legadovrebbepraticarlaal paziente Sergio Godi?

«Ha ragione. Da malatonon posso chiedere ciò cheda medico non potevo da-re. Accetto quel che verrà».

IlfamosochirurgoVitto-rio Staudacher prima dimorire mi confidò: «Ilmalatovuolsentirsidiresolounacosa:cheguari-rà».

«Tornasse qui a dirmelo ilprofessor Staudacher,non gli crederei».

Il 1˚ maggio leggerà ilsuonecrologio.Conten-to?

«Sì,èungranderegalo.Car-loBianchi, ilmedicochemi

portò in questo ospedale, mi disse: “Muoio,ma spero di lasciare un buon ricordo”. Lostesso io. L’ho fatto per i miei quattro nipoti-ni, che non vedrò crescere. Sa, i bambini di-menticano in fretta...».

Non i nonni.«Dice? Mi auguro che abbia ragione lei».

Come s’immagina il dopo?«Unavitatranquilla,unmondodipace.Spe-ro di rivedere i miei genitori. Ma non so sesarà possibile».

Stefano Lorenzetto(493. Continua)

[email protected]

“ “

tipi italiani

Voglio lasciare un ricordo

ai nipotini che non vedrò

crescere. Ai giovani colleghi

dico: siate umili, ero forte

anch’io come voi, un tempo

Dovetti andare in pensione

a 65 anni e persi la fede.

Non ho mai tradito mia

moglie. Dio mi perdonerà:

è questo il suo mestiere

Ha operato 30 mila pazientisenza mai apparire. Ora giacenel letto dell’ospedale costruito

da un prete che venne curatocon l’elettroshock, santificatoda Papa Wojtyla. E ha decisodi fare un’eccezione: l’ultima

SERGIO GODI

IL TESTAMENTO

TERMINALE Sergio Godi nell’ospedale Sacro Cuore di Negrar (Verona). Gli hanno diagnosticato una recidiva del tumore al pancreas [Maurizio Don]

LA CONFESSIONE

Il medico che non parlava:«Sto morendo, potreileggere il mio necrologio?»È tornato con un tumore nel reparto che ha fondato: adesso ci lavora il figlio«Non l’avevo mai visto piangere. Sono contento, significa che mi vuole bene»

dalla prima pagina