[NAZIONALE - 26] GIORN/CULTURA/PAG01 … · la Storia d’Italia doveva avere le suebuoneragioni....

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26 il Giornale Lunedì 27 aprile 2009 AMICIZIA Indro Montanelli e Mario Cervi in- sieme nell’ufficio del direttore al «Gior- nale», quotidiano fon- dato nel 1974 dopo la rottura di Indro con il «Corriere della sera». Montanelli e Cervi, an- ch’egli tra i fondatori del «Giornale», hanno firmato insieme una Storia d’Italia compo- sta da ben 13 volumi, concentrati sulla sto- ria italiana dal Venten- nio fino agli anni ’90 e ai governi Prodi e Ber- lusconi. Mario Cervi I l libro - tutto mio - che pre- diligo è, di gran lunga, la Storia della guerra di Gre- cia. Ma la più bella avventu- ra libraria fu quella con Montanelli, per la giustamente fa- mosa Storia d’Italia. Per Rizzoli firmammoa quattro mani 13 volu- mi. Tutto, ancora una volta, iniziò per caso. Un giorno, poco dopo la nascita del Giornale, quindi a me- tà degli anni Settanta, pranzava- mo insieme, come spesso ci capi- tava, alla tavernetta Da Elio, in via Fatebenefratelli, a due passi dalla redazione, allora in piazza Ca- vour (il Giornale si sarebbe trasfe- rito in via Gaetano Negri, dove ha sede ancora oggi, nel giugno del 1979). Chiacchierando, chiesi a Montanelli - che aveva appena pubblicato L'Italia in camicia ne- ra - quando sarebbe uscito il nuo- vo volume della sua Storia. Abbas- sò le braccia in segno di resa. «Non ho proprio il tempo di dedi- carmici, gli impegni e le grane del giornale sono troppi. L’ultimo vo- lume, L’Italia in camicia nera, l’ho in sostanza dato all’editore senza che fosse davvero finito. Avrai notato che il libro è molto più breve degli altri». «Perché - but- tai lì - non continuiamo insieme?». «Magari», disse Montanelli, e par- ve che la cosa finisse come finisco- no le chiacchierate in trattoria. Ma l’indomani, quando ci rive- demmo al Giornale, Montanelli, che non aveva per nulla scordato quanto avevamo detto, mi conse- gnò due cartelle dattilografate fit- te fitte, com’era nelle sue abitudi- ni, di Lettera 22. «Ecco - disse - que- sto è l’inizio di un capitolo mai scritto dell’Italia in camicia ne- ra. Potrebbe invece essere l’ini- zio del nostro nuovo libro. Vai avanti tu». Le due cartelle riguarda- vano il discorso mussoliniano del 3 gennaio 1925 e la proclamazio- nedelle leggi eccezionali che fece- ro del fascismo una vera dittatura. Montanelli mi aveva preso sul se- rio, e quelle paginette diventaro- no l’inizio de L’Italia littoria, e an- che l’inizio della nostra collabora- zione. Era nata la coppia Monta- nelli-Cervi. Questo tipo di lavoro in coppia non era per Montanelli una novi- tà. Dopo l’esordio folgorante nel- ladivulgazione con la Storia di Ro- ma e con la Storia dei Greci, pub- blicate a puntate sulla Domenica del Corriere, Montanelli aveva da- to avvio alla Storia d’Italia. Avva- lendosi nei primi sei volumi della collaborazione del giovane Ro- berto Gervaso, poi proseguendo da solo. Insieme a Marco Nozza aveva inoltre scritto una biografia di Giuseppe Garibaldi. Non so e non ho mai voluto sapere quale fosse la divisione dei compiti con i precedenti coautori. Sapevo in- vece benissimo d’assumermi una responsabilità notevole, perché il Montanelli direttore- la prima vol- ta nel suo ineguagliabile percorso giornalistico - era impegna- to a tempo pienissi- mo. Tocca- vaameilla- voro gros- so. Ero consa- pevole delle difficoltà cui an- davo incontro. Maero egualmen- te consapevole d’alcuni elementi positivi. Il primo, fondamentale, era la «compatibilità» della mia scrittura con la scrit- tura montanelliana. Non presumevo, intendiamoci, d’avere l’estro e l’incanto di Mon- tanelli. Ci mancherebbe. Avevo solo dalla mia una semplicità e una scorrevolezza che potevano benissimo fondersi con i guizzi montanelliani. Montanelli, quan- d’anche aveva l’aria di agire a ca- saccio, non lo faceva mai. E se si era fidato di me per portare avanti la Storia d’Italia doveva avere le sue buone ragioni.[...] L’esigenza di avvicinare la sto- ria di un divulgatore geniale alla storia degli storici era diventata molto forte quando io mi associai a Montanelli. Lo era diventata per- ché si inoltrava su un terre- no battutissimo, perché affrontava temi polemi- ci incandescenti, per- ché ricordava atti e detti di uomini usciti di scena da poco o ancora viventi. Un giorno in cui, con- versando con In- dro, gli esprime- vo la mia no- stalgia per cer- te sue passa- te lepidezze, mi disse che avevo ra- gione, «ma Nerone non dà que- rela, Fanfani sì». Voglio essere chiaro: i libri a quattro mani con Montanelli li ho scritti io. Ma non voglio nemme- no essere frainteso. L’apporto di Montanelli a quei tredici libri è sta- to fondamentale, per una serie di ragioni. Primo, lo è stato perché la linea era sua, e io scrivevo sapen- do di dovermi adeguare ad essa e facendolo senza alcuno sforzo perché la sua linea era la mia. Se- condo, di Montanelli era la prefa- zione a ogni volume, a volte an- che la postfazione. Testi brevi, ma mirabili e indispensabili. Con il suo dono della sintesi, con le sue doti di chiarezza e di incisività, Montanelli metteva a fuoco i con- cetti e le figure centrali del libro, nessun osannato ideatore di pro- mo televisivi può eguagliare quel miracolo d’intelligenza. [...] Infi- ne,terzo motivo, l’immaneprodu- zione giornalistica di Montanelli includeva reportage e ritratti ade- renti al libro che scrivevo, e allora attingevo a piene mani. Talvolta la bellezza dei profili era così spic- catamentemontanelliana che il li- bro assomigliava a un’opera della quale io avessi composto il recita- tivo, e Indro le romanze. Montanelli fu, per quanto mi ri- guarda, il più indulgente dei revi- sori, ricordo al massimo una deci- na di sue aggiunte o correzioni. Non me ne volle quando mi scap- pò - e scappò anche a lui - un «falò dati poi alle fiamme» maliziosa- mente rilevato, in una noticina proprio sul Giornale, da Luciano Satta. Una noticina, non recensio- ne. Perché Montanelli non volle maiche i suoi libri fossero ricorda- ti e ovviamente lodati sul Giorna- le. Utilizzò con molta discrezione e direi svogliatezza la sua autorità per comparsate televisive. [...] L’intesa con Montanelli era tale che sopravvisse ad avvenimenti dai quali avrebbe dovuto essere ridotta in macerie. Quando già Montanelli aveva rotto con Berlu- sconi, tra il 1993 e il 1994, diven- tandone il fustigatore implacabi- le, e io ero tornato al Giornale do- po la fallimentare esperienza del- la Voce, quando cioè ci trovava- mo in teoria su barricate opposte, scrissi i due ultimi volumi della Storia d’Italia (cui seguirono due compendi, L’Italia del Novecento e L’Italia del Millennio). I volumi furono L’Italia di Berlusconi e L’Italia dell’Ulivo. Libri come si può immaginare molto delicati, che raccontavano vicende nelle quali eravamo stati direttamente coinvolti, e giudicavano perso- naggi - a cominciare dal Cavaliere - che Montanelli aveva sfidato o appoggiato. Sapevo, scrivendo, di scrivere anche per Indro: che nelle prefazioni e in una desolata postfazione fu grandissimo. Ma non cambiò una parola di ciò che avevo scritto. Montanelli, uomo leale come nessun altro, non ha mai negato e nemmeno attenuato il mio ruolo nei libri firmati insieme. Nell’am- biente tutti sapevano, e del resto non era un segreto, che li avessi scritti io. Ma recensori e commen- tatori insistevanonell’elogiare, at- tribuendole a Indro, scorrevolez- ze, piacevolezze e durezze che sa- pevano essere più modestamen- te di Mario. Nel libro Soltanto un giornalista di Tiziana Abate, del 2002, che raccoglie molte conver- sazioni con Indro Montanelli, il mio nome non è mai citato. L’os- servazione non è stata fatta da me, che non mi ero preoccupato di ve- rificare, ma da un settimanale, che sospettava chissà quale retro- scena. Tiziana Abate ha giustificato l’omissione spiegando che anche molte altre persone con le quali Montanelli aveva avuto rapporti non erano menzionate. In realtà nessuna di quelle persone, lo di- co con franchezza, era stata pre- sente quanto me nella vita e nel- l’opera di Montanelli. Non so se e quantol’omissione sia stata inten- zionale, ma corrispondeva a un ta- cito e forse inconsapevole dise- gno di molti. Disegno consistente nel cancellare o quasi dalla biogra- fia di Montanelli i vent’anni del Giornale, nel «corrierizzarlo». Operazione arbitraria: ma meno dell’altra con cui si è voluto fare di Enzo Biagi, il quale ebbe un ruolo di protagonista nel giornalismo italiano, ma anche una formazio- nemolto diversa da quella dei cor- rieristi - il che non stabilisce una gerarchia di valori ma semplice- mente una differenza di percorso - un pilastro del Corriere della Se- ra. Non solo. Quando il Corriere della Sera tra il 2003 e il 2004 pub- blicò in allegato la Storia d’Italia arrivò addirittura a ignorare, nel- la copertina dei volumi che mi ri- guardavano, il mio nome. Prote- stai con l’allora direttore Stefano Folli, che mi diede onestamente ragione. A titolo di modesta ripa- razione mi fece intervistare. [...] Montanelli era, per i libri a quat- tro mani, un rilettore attento al to- no, alle cadenze e ai ritmi, molto meno ai particolari. Ne sono deri- vati curiosi equivoci. Era capitato che Indro sostenesse che nella campagna d’Etiopia non era mai stato fatto uso, da parte italiana, dei gas, e che invece Angelo Del Boca - narratore del colonialismo italiano in chiave accusatoria - so- stenesse il contrario. In realtà, sep- pure sporadicamente e in misura tale che la campagna non ne fu in- fluenzata, i gas vennero usati. Scri- vendo L’Italia littoria lo affermai specificamente. E così mentre In- dro, rifacendosi essenzialmente alla sua esperienza personale, ne- gava i gas, un libro a sua firma ne dava atto. Con la cavalleria che lo distingueva, Montanelli finì per ammettere che Del Boca aveva ra- gione. Dall’Italia di Mussolini a quella dell’Ulivo Cultura & Spettacoli Montanelli e Cervi hanno firmato insieme una Storia d’Italia che si compone di diversi volumi, 13 per l’esattezza quelli pubblicati a doppia firma dai due grandi giornalisti, per Rizzoli. A partire da «L'Italia in camicia nera - 1920-3 gennaio 1925», che raccontava la sto- ria del Paese dai disordini del 1920 sino all'in- staurazione della dittatura fascista con il Di- scorso del bivacco di Mussolini (nella foto a sinistra). Libro seguito poi da «L'Italia littoria - 1925-1936», una storia d’Italia durante il consolidamento della dittatura e l'avventura coloniale. Poi sarebbero arrivati «L'Italia dell' Asse - 1936-10 giugno 1940», «L'Italia della disfatta - 10 giugno 1940-8 settembre 1943», «L'Italia della guerra civile - 8 settem- bre 1943-9 maggio 1946». Il libro, che voluta- mente definisce il periodo «Guerra civile» e non soltanto «Resistenza» per sottolineare la confusione regnante nel Paese, si chiude con l'abdicazione di Vittorio Emanuele III. Poi sarebbero arrivati «L'Italia della Repubblica - 2 giugno 1946-18 aprile 1948», «L'Italia del miracolo - 14 luglio 1948-19 agosto 1954», «L'Italia dei due Giovanni - 1955-1965», su Papa Giovanni XXIII (nella foto al centro) e Giovanni Gronchi. Poi «L'Italia degli anni di piombo - 1965-1978», «L'Italia degli anni di fango - 1978-1993», «L'Italia di Berlusconi - 1993-1995» e «L'Italia dell'Ulivo - 1995-1997», dalla caduta di Berlusconi alla prima crisi del governo Prodi (nella foto a destra). L’ultimo sarebbe stato «L'Italia del millennio. Sommario di dieci secoli di storia». L’OPERA DEI DUE AUTORI Per gentile concessione dell’editore pubblichia- mo un brano tratto dal libro Gli anni del piom- bo. L’Italia fra cronache e storia di Mario Cervi e Luigi Mascheroni (ed. Mursia, pagg. 237, euro 17), in libreria da domani (sotto, la copertina). Nel dialogo con Mascheroni, Mario Cervi raccon- ta più di mezzo secolo di storia vissuta in prima linea, alternando spassosi aneddoti ad arguti ri- tratti dei più noti giornalisti del secolo scorso (da Oriana Fallaci a Orio Vergani, da Dino Buzza- ti a Giulio De Benedetti), assieme ai ricordi dei direttori con cui ha lavorato. Molti retroscena: gli esordi al Corriere, i grandi casi di «nera» del dopoguerra, il lungo sodalizio con Montanelli e la fondazione del Giornale. La vera storia dei miei libri con Indro Cervi, coautore di tredici libri con Montanelli, racconta un aspetto inedito del lungo sodalizio editoriale: «I volumi a quattro mani li ho scritti tutti io, ma il suo apporto era fondamentale. La linea la dettava lui» DIRETTORE Era troppo preso dagli impegni, mi offrii di collaborare e accettò subito FIDUCIA Raramente faceva delle modifiche, nel libro su Berlusconi non cambiò una parola SAGACIA Nella storia antica usava più ironia perché, disse, «Nerone non querela, Fanfani sì»

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26 il Giornale Lunedì 27 aprile 2009

AMICIZIAIndro Montanelli e

Mario Cervi in-sieme nell’ufficio

del direttore al «Gior-nale», quotidiano fon-dato nel 1974 dopo larottura di Indro con il«Corriere della sera».Montanelli e Cervi, an-ch’egli tra i fondatoridel «Giornale», hannofirmato insieme unaStoria d’Italia compo-sta da ben 13 volumi,concentrati sulla sto-ria italiana dal Venten-nio fino agli anni ’90 eai governi Prodi e Ber-lusconi.

Mario Cervi

I l libro - tutto mio - chepre-diligo è, di gran lunga, laStoria della guerra di Gre-cia.Malapiùbellaavventu-ra libraria fu quella con

Montanelli,per lagiustamente fa-mosa Storia d’Italia. Per Rizzolifirmammoaquattromani13volu-mi.Tutto,ancoraunavolta, iniziòpercaso.Ungiorno,pocodopolanascitadelGiornale,quindiame-tà degli anni Settanta, pranzava-mo insieme, come spesso ci capi-tava, alla tavernettaDaElio, inviaFatebenefratelli, a duepassi dallaredazione, allora in piazza Ca-vour(ilGiornalesisarebbetrasfe-rito inviaGaetanoNegri, dovehasede ancora oggi, nel giugno del1979). Chiacchierando, chiesi aMontanelli - che aveva appenapubblicatoL'Italiaincamiciane-ra -quandosarebbeuscito ilnuo-vovolumedellasuaStoria.Abbas-sò le braccia in segno di resa.«Nonho proprio il tempo di dedi-carmici,gli impegnie legranedelgiornalesonotroppi.L’ultimovo-lume, L’Italia in camicia nera,l’ho in sostanza dato all’editoresenza che fosse davvero finito.Avrai notato che il libro è moltopiùbrevedeglialtri». «Perché-but-tai lì -noncontinuiamoinsieme?».«Magari», disse Montanelli, e par-vechelacosafinissecomefinisco-no le chiacchierate in trattoria.

Ma l’indomani, quando ci rive-demmo al Giornale, Montanelli,che non aveva per nulla scordatoquantoavevamo detto,mi conse-gnòduecartelle dattilografate fit-te fitte, com’era nelle sue abitudi-

ni,diLettera22.«Ecco-disse-que-sto è l’inizio di un capitolo maiscritto dell’Italia in camicia ne-ra. Potrebbe invece essere l’ini-zio del nostro nuovo libro. Vaiavantitu».Leduecartelleriguarda-vano il discorsomussolinianodel3 gennaio 1925 e la proclamazio-nedelleleggieccezionalichefece-rodelfascismounaveradittatura.Montanelli mi aveva preso sul se-rio, e quelle paginette diventaro-nol’iniziodeL’Italialittoria,ean-chel’iniziodellanostracollabora-zione. Era nata la coppia Monta-nelli-Cervi.

Questo tipodi lavoro in coppianon era per Montanelli una novi-tà.Dopo l’esordio folgorante nel-ladivulgazioneconlaStoriadiRo-ma e con la Storia dei Greci, pub-blicate a puntate sulla DomenicadelCorriere,Montanelliavevada-to avvioalla Storia d’Italia.Avva-lendosi nei primi sei volumi dellacollaborazione del giovane Ro-berto Gervaso, poi proseguendoda solo. Insieme a Marco Nozzaaveva inoltre scrittounabiografiadi Giuseppe Garibaldi. Non so e

non ho mai voluto sapere qualefosse la divisione dei compiti coni precedenti coautori. Sapevo in-vecebenissimo d’assumermiunaresponsabilitànotevole,perché ilMontanellidirettore-laprimavol-tanelsuoineguagliabilepercorsogiornalistico - era impegna-to a tempopienissi-mo. Tocca-vaameilla-voro gros-so.Eroconsa-pevole delledifficoltàcuian-davo incontro.Maeroegualmen-te consapevoled’alcuni elementipositivi. Il primo,fondamentale, era la«compatibilità» dellamiascritturaconlascrit-tura montanelliana.Non presumevo, intendiamoci,d’avere l’estro e l’incanto di Mon-tanelli. Ci mancherebbe. Avevosolo dalla mia una semplicità euna scorrevolezza che potevanobenissimo fondersi con i guizzimontanelliani. Montanelli, quan-d’anche aveva l’aria di agire a ca-saccio, non lo faceva mai. E se sierafidatodimeperportareavantila Storia d’Italia doveva avere le

suebuone ragioni.[...]L’esigenza di avvicinare la sto-

ria di un divulgatore geniale allastoria degli storici era diventatamolto fortequando iomi associaiaMontanelli.Loeradiventataper-

chésiinoltravasuunterre-no battutissimo, perchéaffrontava temi polemi-ci incandescenti, per-ché ricordava atti edetti di uomini uscitidi scena da poco oancora viventi. Ungiornoincui,con-versandoconIn-dro,gliesprime-vo la mia no-stalgiapercer-te sue passa-te lepidezze,

midissecheavevora-gione, «maNeronenondàque-

rela, Fanfani sì».Voglio essere chiaro: i libri a

quattromani conMontanelli li hoscritti io. Ma non voglio nemme-no essere frainteso. L’apporto diMontanelliaqueitredicilibrièsta-to fondamentale, per una serie diragioni.Primo,loèstatoperchélalinea era sua, e io scrivevo sapen-dodi dovermi adeguare ad essa efacendolo senza alcuno sforzoperché la sua linea era la mia. Se-

condo, di Montanelli era la prefa-zione a ogni volume, a volte an-chelapostfazione.Testibrevi,mamirabili e indispensabili. Con ilsuo dono della sintesi, con le suedoti di chiarezza e di incisività,Montanellimetteva a fuoco i con-cetti e le figure centrali del libro,nessun osannato ideatore di pro-mo televisivi puòeguagliare quelmiracolo d’intelligenza. [...] Infi-ne,terzomotivo,l’immaneprodu-zione giornalistica di Montanelliincludeva reportagee ritratti ade-renti al libroche scrivevo,e alloraattingevo a piene mani. Talvoltalabellezzadeiprofilieracosìspic-catamentemontanellianacheil li-broassomigliavaaun’operadellaquale ioavessi composto il recita-tivo, e Indro le romanze.

Montanelli fu,perquantomi ri-guarda, il più indulgente dei revi-sori, ricordoalmassimounadeci-na di sue aggiunte o correzioni.Nonmenevollequandomi scap-pò - e scappòanchea lui - un «falòdati poi alle fiamme» maliziosa-mente rilevato, in una noticinaproprio sul Giornale, da LucianoSatta.Unanoticina,nonrecensio-ne. Perché Montanelli non vollemaicheisuoilibrifosseroricorda-ti eovviamente lodati sulGiorna-le. Utilizzò con molta discrezione

edirei svogliatezza la suaautoritàper comparsate televisive. [...]

L’intesa con Montanelli era taleche sopravvisse ad avvenimentidai quali avrebbe dovuto essereridotta in macerie. Quando giàMontanelli avevarottoconBerlu-sconi, tra il 1993 e il 1994, diven-tandone il fustigatore implacabi-le,e ioero tornatoalGiornaledo-po la fallimentare esperienzadel-la Voce, quando cioè ci trovava-moin teoria subarricateopposte,scrissi i due ultimi volumi dellaStoriad’Italia (cui seguironoduecompendi, L’Italia del Novecentoe L’Italia del Millennio). I volumifurono L’Italia di Berlusconi eL’Italia dell’Ulivo. Libri come sipuò immaginare molto delicati,che raccontavano vicende nelle

quali eravamo stati direttamentecoinvolti, e giudicavano perso-naggi - a cominciaredalCavaliere- che Montanelli aveva sfidato oappoggiato. Sapevo, scrivendo,di scrivere anche per Indro: che

nelle prefazioni e in una desolatapostfazione fu grandissimo. Manon cambiò una parola di ciò cheavevo scritto.

Montanelli, uomo leale comenessunaltro,nonhamainegatoenemmeno attenuato il mio ruolonei libri firmati insieme. Nell’am-biente tutti sapevano, e del restonon era un segreto, che li avessiscritti io.Marecensoriecommen-tatoriinsistevanonell’elogiare,at-tribuendole a Indro, scorrevolez-ze,piacevolezzeedurezzechesa-pevano essere più modestamen-te di Mario. Nel libro Soltanto ungiornalista di Tiziana Abate, del2002,cheraccogliemolteconver-sazioni con Indro Montanelli, ilmio nome non è mai citato. L’os-servazionenonèstatafattadame,chenonmieropreoccupatodive-rificare, ma da un settimanale,chesospettavachissàquale retro-scena.

Tiziana Abate ha giustificatol’omissione spiegandocheanchemolte altre persone con le qualiMontanelli aveva avuto rapportinon erano menzionate. In realtànessuna di quelle persone, lo di-co con franchezza, era stata pre-sente quanto me nella vita e nel-l’opera di Montanelli. Non so se equantol’omissionesiastatainten-

zionale,macorrispondevaaunta-cito e forse inconsapevole dise-gnodimolti.Disegnoconsistentenelcancellareoquasidallabiogra-fia di Montanelli i vent’anni del

Giornale, nel «corrierizzarlo».Operazione arbitraria: ma menodell’altraconcuisièvolutofarediEnzoBiagi, ilqualeebbeunruolodi protagonista nel giornalismoitaliano, ma anche una formazio-nemoltodiversadaquelladeicor-rieristi - il che non stabilisce unagerarchia di valori ma semplice-menteunadifferenzadi percorso- un pilastro del Corriere della Se-ra. Non solo. Quando il CorrieredellaSera tra il2003eil2004pub-blicò in allegato la Storia d’Italiaarrivò addirittura a ignorare, nel-la copertina dei volumi che mi ri-guardavano, il mio nome. Prote-stai con l’allora direttore StefanoFolli, che mi diede onestamenteragione. A titolo di modesta ripa-razionemi fece intervistare. [...]

Montanelliera,peri libriaquat-tromani,unrilettoreattentoal to-no, alle cadenze e ai ritmi, moltomenoai particolari.Ne sonoderi-vati curiosi equivoci. Era capitatoche Indro sostenesse che nellacampagna d’Etiopia non era maistato fatto uso, da parte italiana,dei gas, e che invece Angelo DelBoca - narratoredel colonialismoitaliano inchiaveaccusatoria - so-stenesseilcontrario.Inrealtà,sep-pure sporadicamente e in misuratalechelacampagnanonnefu in-fluenzata,igasvennerousati.Scri-vendo L’Italia littoria lo affermaispecificamente. E cosìmentre In-dro, rifacendosi essenzialmenteallasuaesperienzapersonale,ne-gava i gas, un libro a sua firma nedava atto. Con la cavalleria che lodistingueva, Montanelli finì perammetterecheDelBocaavevara-gione.

Dall’Italia di Mussolini a quella dell’Ulivo

Cultura&Spettacoli

Montanelli e Cervi hanno firmato insiemeuna Storia d’Italia che si compone di diversivolumi, 13 per l’esattezza quelli pubblicati adoppia firma dai due grandi giornalisti, perRizzoli. A partire da «L'Italia in camicia nera -1920-3 gennaio 1925», che raccontava la sto-ria del Paese dai disordini del 1920 sino all'in-staurazione della dittatura fascista con il Di-scorso del bivacco di Mussolini (nella foto asinistra). Libro seguito poi da «L'Italia littoria- 1925-1936», una storia d’Italia durante ilconsolidamento della dittatura e l'avventuracoloniale. Poi sarebbero arrivati «L'Italia dell'Asse - 1936-10 giugno 1940», «L'Italia delladisfatta - 10 giugno 1940-8 settembre1943», «L'Italia della guerra civile - 8 settem-bre 1943-9 maggio 1946». Il libro, che voluta-

mente definisce il periodo «Guerra civile» enon soltanto «Resistenza» per sottolinearela confusione regnante nel Paese, si chiudecon l'abdicazione di Vittorio Emanuele III. Poisarebbero arrivati «L'Italia della Repubblica -2 giugno 1946-18 aprile 1948», «L'Italia delmiracolo - 14 luglio 1948-19 agosto 1954»,«L'Italia dei due Giovanni - 1955-1965», suPapa Giovanni XXIII (nella foto al centro) eGiovanni Gronchi. Poi «L'Italia degli anni dipiombo - 1965-1978», «L'Italia degli anni difango - 1978-1993», «L'Italia di Berlusconi -1993-1995» e «L'Italia dell'Ulivo -1995-1997», dalla caduta di Berlusconi allaprima crisi del governo Prodi (nella foto adestra). L’ultimo sarebbe stato «L'Italia delmillennio. Sommario di dieci secoli di storia».

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Pergentile concessionedell’editorepubblichia-mo un brano tratto dal libro Gli anni del piom-bo. L’Italia fra cronache e storia di Mario Cervie Luigi Mascheroni (ed. Mursia, pagg. 237, euro17), in libreria da domani (sotto, la copertina).NeldialogoconMascheroni,MarioCerviraccon-ta più di mezzo secolo di storia vissuta in primalinea, alternando spassosi aneddoti ad arguti ri-tratti dei più noti giornalisti del secolo scorso(daOrianaFallaciaOrioVergani,daDinoBuzza-ti a Giulio De Benedetti), assieme ai ricordi deidirettori con cui ha lavorato. Molti retroscena:gli esordi al Corriere, i grandi casi di «nera» deldopoguerra, il lungo sodalizio con Montanelli ela fondazione del Giornale.

La vera storia dei miei libri con IndroCervi, coautore di tredici libri con Montanelli, racconta un aspetto inedito del lungo sodalizio editoriale:«I volumi a quattro mani li ho scritti tutti io, ma il suo apporto era fondamentale. La linea la dettava lui»

DIRETTORE Era troppo

preso dagli impegni,

mi offrii di collaborare

e accettò subito

FIDUCIA Raramente

faceva delle modifiche,

nel libro su Berlusconi

non cambiò una parola

SAGACIA Nella storia

antica usava più ironia

perché, disse, «Nerone

non querela, Fanfani sì»

antipodi design
Evidenziato