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Federalismo e Autonomie in Italia
Gli effetti dello sviluppo federale in Italia sulle autonomie speciali e in particolar
modo sullo Statuto di autonomia del Trentino Alto Adige Südtirol
Tesi di dottorato
Per il raggiungimento del titolo accademico:
Dottorato in scienze sociali ed economiche
presso la Facoltà di Scienze Politiche e Sociologia
della Leopold Franzens Universität Innsbruck
presentata da
Oskar Peterlini
Relatori:
1. Univ. Prof. B.A. PhD Alan Scott
2. Univ. Prof. DDr. Günther Pallaver
Innsbruck, luglio 2010
2
Peterlini, O. (2010): Föderalismus und Autonomien in Italien - Die Auswirkungen der Föderalismusentwicklung in
Italien auf die Sonderautonomien und im Besonderen auf das Autonomiestatut von Trentino Südtirol
Federalismo e Autonomie in Italia - Gli effetti dello sviluppo federale in Italia sulle autonomie speciali e in particolar
modo sullo Statuto del Trentino Alto Adige Südtirol. Traduzione curata dall‟autore. Ristampato il 14.12.2010.
Dissertation/ Tesi di dottorato, Leopold Franzens Universität Innsbruck
© 2010, Wiedergabe nur mit ausdrücklicher Erwähnung des Verfassers und der Quellenangabe.
Riproduzione concessa solamente con la citazione dell‟ autore e della fonte.
Kontakt/ Contatto: peterlini@gmx.net, o.peterlini@senato.it
3
Un ringraziamento ai miei cari genitori
Anna Schwienbacher
Eduard Peterlini
Descrittori e riassunto
4
Descrittori
Autonomia /Centralismo / Competenze / Costituzione / Federalismo / Federalismo
fiscale / Italia / Riforma costituzionale / Regioni / Statuto speciale / Trentino / Alto
Adige / Südtirol
Keywords
Autonomy / Federalism / Italy / Region / Special Statute / Special Autonomy / South-
Tyrol / Trentino / Constitutional Reform / Centralism / Competences / Fiscal
Federalism
Descrittori e riassunto
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Riassunto
La Costituzione Italiana nell‟enunciazione delle libertà fondamentali, dei diritti e doveri dei
cittadini, nei rapporti etici - sociali, economici e politici e nella partecipazione agli organi
istituzionali è ispirata da una grande missione democratica e sociale. Al contrario invece l‟assetto
istituzionale dello Stato come previsto dai Padri Costituenti nel 1948 aveva e ha bisogno di una
modernizzazione per tenere il passo con gli Stati più avanzati. L‟assetto era fortemente centralistico.
Erano bensì previste le Regioni, però con poche attribuzioni e per lungo tempo non furono attuate.
Una posizione particolare rivestono le cinque Regioni a statuto speciale. Esse dispongono di
un‟ampia autonomia, ma rappresentano comunque un‟eccezione all‟interno del sistema e si trovano
pertanto in una permanente situazione di conflitto con lo Stato centrale per la conservazione delle
proprie competenze. Nel caso dell‟Alto Adige/Südtirol questo conflitto è durato particolarmente a
lungo.
Dall‟inizio degli anni 90 l‟Italia sta compiendo considerevoli sforzi verso un assetto più moderno e
più federale. Nel 2001 è stata approvata una riforma costituzionale che ha profondamente cambiato
l‟organizzazione dello Stato. Questa riforma ha avuto importanti riflessi anche per le Regioni a
statuto speciale. Nonostante le sentenze restrittive della Corte Costituzionale, la riforma ha
comportato notevoli estensioni per le Autonomie. Alle Regioni si sono così aggiunte parecchie
competenze, delle quali molte sono nuove anche per quelle a Statuto Speciale che non erano state
raggiunte nelle difficili trattative per l‟autonomia dell‟Alto Adige/Südtirol.
L‟Italia è ancora molto lontana dall‟essere uno stato federale, ma ha tuttavia compiuto un passo
importante in questa direzione. L‟approccio federale, che anche in Italia è riuscito ad imporsi, ha
saputo estendere ed allargare in maniera determinante l‟autonomia delle Regioni a statuto speciale e
quella del Trentino-Alto Adige/Südtirol.
Descrittori e riassunto
6
Summary
Federalism and Autonomies in Italy - The effects of the development of federalism in Italy on
the special Autonomies and, in particular, on the Autonomous Statute of Trentino South
Tyrol
The Italian Constitution has been inspired by a great democratic and social challenge. The structure
of the state is centralized. There exist regions but their competences have always been poor in the
past. The five special regions with an autonomous statute play a special role - they enjoy far-
reaching autonomies. They are exceptions in this system and have to struggle for their authority.
South Tyrol in particular had to fight a long time for its autonomy.
Since the early nineties Italy has worked hard on its system to improve the role of the regions. In
2001 the parliament succeeded in creating a constitutional reform. Its improvements are projected
directly onto the special statutes. The constitutional court takes up a rather centralized standpoint.
Nevertheless, the new constitution has increased the autonomies in Italy. A lot of that has, however,
not been achieved in South Tyrol's long-lasting struggle for autonomy. Italy is still a long way from
being a federal state, but it has taken an important step in that direction. The beginnings of
federalism in Italy have also improved the autonomy of the special regions and the autonomy of
South Tyrol and Trentino.
Indice
7
II. Volume
Versione italiana Titoli principali
Premessa e Tesi
Introduzione e quadro generale
1 Dibattito costituzionale alla ricerca di nuove forme di partecipazione democratica
2 Le Autonomie speciali in Italia – eccezioni in un sistema centralistico
3 Il lungo cammino - dal centralismo verso i primi progetti di riforma
4 La riforma costituzionale del 2001 e le ripercussioni sulle Autonomie speciali
5 Il nuovo federalismo fiscale e i suoi effetti sulle autonomie
6 Altri progetti verso il federalismo e un Senato federale
7 Conclusioni e confronto con le tesi
8 Bibliografia e informazioni sull'autore
Indice analitico Premessa e tesi .................................................................................................................................. 13
Introduzione e quadro generale ...................................................................................................... 15
1 Dibattito costituzionale alla ricerca di nuove forme di partecipazione democratica ........ 19 1.1 Lo sforzo per trovare nuove forme di partecipazione democratica ................................... 19
1.2 L‟Europa e la lotta per una nuova democrazia .................................................................. 21
1.2.1 L‟eredità dell‟unità europea ....................................................................................... 21
1.2.2 L‟europeizzazione e la crisi dello Stato ..................................................................... 22
1.2.3 Il dibattito costituzionale europeo .............................................................................. 22
1.3 Governance – la speranza di una società partecipata ......................................................... 29
1.3.1 La definizione del concetto ........................................................................................ 29
1.3.2 Dallo Stato sociale al neoliberalismo ......................................................................... 31
1.3.3 Obiettivi e condizioni, limiti e livelli della Governance ............................................ 32
1.4 L‟autonomia ....................................................................................................................... 35
1.4.1 Cosa significa autonomia? ......................................................................................... 35
1.4.2 Gli enti autonomi in Italia .......................................................................................... 36
1.5 Il regionalismo ................................................................................................................... 37
1.5.1 Lo spazio regionale .................................................................................................... 38
1.5.2 La crisi dello Stato sociale e la modernizzazione regionale ...................................... 39
1.5.3 La regione come spazio di sviluppo economico ........................................................ 41
1.5.4 Le lezioni da trarre per lo sviluppo regionale e l‟identità regionale .......................... 47
1.5.5 La regione come spazio di sviluppo politico ............................................................. 48
1.6 Il federalismo ..................................................................................................................... 56
1.6.1 Cosa significa federalismo? ....................................................................................... 56
1.6.2 I pro e contro del federalismo .................................................................................... 57
Indice
8
1.6.3 Tipi di federalismo ..................................................................................................... 59
1.6.4 In che misura sono federali gli Stati federali?............................................................ 63
1.6.5 Le caratteristiche del federalismo e la delimitazione dal regionalismo ..................... 74
2 Le Autonomie speciali in Italia – eccezioni in un sistema centralistico .............................. 77 2.1 L‟assetto centralistico dello Stato italiano ......................................................................... 77
2.1.1 L‟unificazione del Regno d‟Italia .............................................................................. 77
2.1.2 La fine della Prima Guerra e il tramonto della democrazia ....................................... 81
2.1.3 L‟Italia democratica e la nuova Costituzione del 1948 .............................................. 82
2.1.4 Le Regioni e gli enti locali ......................................................................................... 83
2.1.5 La rappresentanza democratica e popolare: Il Parlamento ........................................ 86
2.2 Le Autonomie speciali in contrasto con Roma .................................................................. 90
2.2.1 Posizioni particolari per ragioni storiche e politiche ................................................. 90
2.2.2 Le cinque Regioni autonome – un cammino differenziato ........................................ 92
2.3 Storia e ancoraggio internazionale dell'autonomia del Trentino Alto Adige ................... 100
2.3.1 Un‟autonomia di lungo respiro ................................................................................ 100
2.3.2 L'ancoraggio internazionale – una garanzia per il futuro ......................................... 106
2.4 Le fondamenta dell‟autonomia di Bolzano e di Trento ................................................... 110
2.4.1 Le basi politiche e giuridiche: Il Pacchetto e lo Statuto ........................................... 110
2.4.2 Le competenze della Regione e delle Province ....................................................... 116
2.4.3 Le competenze amministrative – parallele a quelle legislative ................................ 123
2.4.4 La limitazione della legislazione autonoma ............................................................. 123
2.5 La tutela dei gruppi linguistici ......................................................................................... 127
2.5.1 Posti e risorse – divisi secondo la proporzionale ..................................................... 127
2.5.2 Il rilevamento dei gruppi linguistici ......................................................................... 129
2.5.3 Un atto di equità ....................................................................................................... 133
2.5.4 La parità e l‟alternanza ............................................................................................. 135
2.5.5 La compartecipazione all‟amministrazione dello Stato ........................................... 139
2.5.6 Il bilinguismo nell‟impiego pubblico ....................................................................... 140
2.5.7 Parificate le lingue – un lungo cammino per l‟attuazione ....................................... 145
2.5.8 Insegnamento nella madrelingua ............................................................................. 156
2.6 La chiusura della controversia e le prospettive ................................................................ 158
2.6.1 La chiusura dinanzi agli organi internazionali ......................................................... 158
2.6.2 Le prospettive per lo sviluppo dell‟autonomia ........................................................ 170
3 Il lungo cammino - dal centralismo verso i primi progetti di riforma .............................. 177 3.1 Il sistema politico italiano: un primo sguardo .................................................................. 177
3.1.1 Principi forti, ma democrazia debole ....................................................................... 177
3.1.2 Partiti forti, Parlamento debole ................................................................................ 178
3.2 I tentativi di riforma degli anni ottanta e novanta ............................................................ 181
3.2.1 La prima Bicamerale Bozzi (1983-1985) ................................................................. 181
3.2.2 La Lega Nord: dal regionalismo al federalismo ....................................................... 184
3.2.3 Il tramonto della prima repubblica ........................................................................... 186
3.2.4 Un nuovo sistema elettorale: più vicini agli elettori ................................................ 187
3.2.5 La proposta di Silvano Labriola............................................................................... 188
3.2.6 La spinta delle Regioni ............................................................................................ 189
3.2.7 La Commissione Bicamerale De Mita – Jotti (1992-1994) ..................................... 194
3.3 La modernizzazione dell‟amministrazione ...................................................................... 199
3.3.1 La semplificazione amministrativa .......................................................................... 199
3.3.2 Le riforme degli enti locali....................................................................................... 200
3.4 Le basi per la nuova riforma costituzionale ..................................................................... 202
3.4.1 La Bicamerale D‟Alema (1996-1998) ...................................................................... 202
3.4.2 Il nuovo Parlamento riesce nell‟intento ................................................................... 205
Indice
9
3.4.3 Il referendum conferma la riforma ........................................................................... 206
4 La riforma costituzionale del 2001 e le ripercussioni sulle Autonomie speciali ............... 209 4.1 I punti principali della riforma costituzionale .................................................................. 209
4.1.1 Le novità principali .................................................................................................. 209
4.1.2 La distribuzione delle competenze ........................................................................... 216
4.2 L‟ampliamento dell‟autonomia speciale del Trentino e dell‟ Alto Adige/Südtirol ......... 226
4.2.1 La clausola generale a favore delle Autonomie speciali .......................................... 226
4.2.2 Confronto delle competenze concorrenti ................................................................. 227
4.2.3 L‟autonomia più ampia si estende alla Regione o alle Province? ............................ 228
4.3 Le nuove competenze della Regione e delle Province autonome .................................... 230
4.3.1 Le nuove competenze concorrenti della Regione .................................................... 230
4.3.2 Le nuove competenze concorrenti delle Province ................................................... 232
4.3.3 Varie materie nuove regionali, già previste negli Statuti speciali ............................ 235
4.3.4 Le nuove competenze esclusive della Regione ........................................................ 236
4.3.5 Le nuove competenze esclusive delle Province autonome ...................................... 237
4.4 Le sentenze della Corte Costituzionale ............................................................................ 240
4.4.1 La Corte Costituzionale e la clausola di maggior favore ......................................... 240
4.4.2 I limiti della legislazione .......................................................................................... 245
4.4.3 L‟amministrazione e la clausola di salvaguardia ..................................................... 252
4.4.4 La Corte restringe le competenze regionali ............................................................. 255
4.4.5 In sintesi: I principi restrittivi della Corte Costituzionale ........................................ 257
4.5 Finanze, organi, statuti e dinamica dell‟autonomia ......................................................... 259
4.5.1 L‟autonomia finanziaria ........................................................................................... 259
4.5.2 Gli organi della Regione .......................................................................................... 259
4.5.3 Uno Statuto proprio per ogni Regione ..................................................................... 260
4.5.4 Un‟autonomia dinamica per tutte le Regioni ........................................................... 261
5 Il nuovo federalismo fiscale e i suoi effetti sulle autonomie ............................................... 265 5.1 Le basi costituzionali ....................................................................................................... 265
5.1.1 Sistema tributario e perequazione – competenze esclusive dello Stato ................... 266
5.1.2 Armonizzazione e coordinamento della finanza pubblica – materie concorrenti .... 266
5.1.3 Un‟autonomia finanziaria per Regioni ed enti territoriali ........................................ 267
5.1.4 Un fondo perequativo per i territori più poveri ........................................................ 268
5.1.5 I principi per la legge statale .................................................................................... 270
5.2 Verso la nuova legge sul federalismo fiscale ................................................................... 272
5.2.1 La proposta di Piero Giarda e i principi per il federalismo fiscale ......................... 272
5.2.2 Il primo disegno di legge sul federalismo fiscale .................................................... 275
5.2.3 Il finanziamento delle autonomie speciali nella proposta Prodi .............................. 281
5.3 La legge statale sul federalismo fiscale: 42/2009 ............................................................ 283
5.3.1 Il retroscena politico della legge Bossi-Calderoli .................................................... 283
5.3.2 Denominatore comune per obiettivi contrastanti ..................................................... 283
5.3.3 I principi rimangono uguali...................................................................................... 284
5.3.4 Beni demaniali a Regioni ed Enti locali ................................................................... 286
5.3.5 Questioni aperte sugli effetti del federalismo fiscale ............................................... 288
5.4 L‟ingiusta ripartizione degli oneri .................................................................................... 290
5.4.1 Onere fiscale e malgoverno ...................................................................................... 290
5.4.2 La base dati unica dei Conti Pubblici Territoriali (CPT) ......................................... 292
5.4.3 Le Regioni autonome - paganti o riceventi? ........................................................... 295
5.4.4 Analisi e critica del sistema di calcolo ..................................................................... 302
5.5 Gli effetti del federalismo fiscale sul finanziamento delle autonomie ............................. 310
5.5.1 Il finanziamento dell‟autonomia prima del federalismo fiscale .............................. 310
5.5.2 Il finanziamento dell‟autonomia dopo il federalismo fiscale................................... 312
Indice
10
5.5.3 Il nuovo finanziamento del Trentino Alto Adige ..................................................... 314
5.6 Conclusioni politico-economiche sul federalismo fiscale ............................................... 319
6 Altri progetti verso il federalismo e un Senato federale ..................................................... 323 6.1 La fallita riforma costituzionale del Centrodestra del 2005 ............................................. 323
6.1.1 Gli obiettivi della Lega e il Centrodestra ................................................................. 323
6.1.2 Il superamento del bicameralismo paritario ............................................................. 324
6.1.3 Tendenze centralistiche ............................................................................................ 325
6.1.4 Le competenze e i loro limiti ................................................................................... 326
6.1.5 L'intesa per la modifica degli Statuti speciali .......................................................... 327
6.1.6 L‟approvazione e la caduta al Referendum .............................................................. 328
6.1.7 Valutazione conclusiva ............................................................................................ 329
6.2 I tentativi di riforma del Centrosinistra del 2007 ............................................................. 330
6.2.1 Obiettivi e possibilità per una riforma ..................................................................... 330
6.2.2 Il progetto di riforma costituzionale della Camera dei Deputati .............................. 332
6.2.3 Il referendum, lo scandalo e la crisi di governo ....................................................... 334
6.3 Si riparte nel 2008 – ma finora solo sull‟ordine del giorno ............................................. 336
6.3.1 Le elezioni del 2008 semplificano il quadro politico ............................................... 336
6.3.2 Si riparte in Senato ................................................................................................... 338
6.4 Prospettive ........................................................................................................................ 339
7 Conclusioni e confronto con le tesi ....................................................................................... 341 7.1 L‟Italia è diventata più federale ma non uno Stato federale ............................................ 341
7.1.1 Attuate varie caratteristiche federali ........................................................................ 341
7.1.2 Ma mancano ancora caratteristiche essenziali ......................................................... 343
7.1.3 Federalismo o regionalismo e quale tipo?................................................................ 345
7.2 Riassumendo: Un passo timido verso il federalismo ....................................................... 349
7.3 Verifica delle tesi ............................................................................................................. 350
7.3.1 Lo sviluppo federale ha ampliato le Autonomie ...................................................... 350
7.3.2 Nessuna restrizione dell‟autonomia, ma del finanziamento .................................... 351
7.3.3 Sale il fabbisogno di uno spazio regionale............................................................... 352
7.3.4 Il federalismo disinnesca conflitti etnici .................................................................. 353
7.4 Speranza per la pace ......................................................................................................... 355
8 Bibliografia, fonti e informazioni sull„autore ...................................................................... 357 8.1 Bibliografia, fonti e abbreviazioni ................................................................................... 357
8.1.1 Libri e saggi impegnati ............................................................................................ 357
8.1.2 Archivi, media, documenti e fonti ........................................................................... 376
8.1.3 Fonti giuridiche ........................................................................................................ 383
8.1.4 Abbreviazioni ........................................................................................................... 386
8.1.5 Partiti politici............................................................................................................ 387
8.2 Ringraziamenti e informazioni sull‟autore ...................................................................... 389
8.2.1 Ringraziamenti ......................................................................................................... 389
8.2.2 Curriculum vitae dell‟autore .................................................................................... 391
8.2.3 Libri e saggi dell‟autore in pubblicazioni ............................................................... 391
8.3 Dichiarazione sostitutiva di giuramento .......................................................................... 399
Indice
11
Immagini Fig. 1: Il monumento a Carlo Cattaneo a Milano, costruito intorno al 1900 ..................................... 77
Fig. 2: I propugnatori dell‟Unione Italiana ........................................................................................ 79
Fig. 3: La struttura centralistica della Costituzione del 1948 ............................................................ 83
Fig. 4: Due Camere con gli stessi diritti............................................................................................. 87
Fig. 5: Le autonomie speciali in contrasto con l‟assetto generale ..................................................... 90
Fig. 6: La norma costituzionale sulle autonomie speciali .................................................................. 91
Fig. 7: Le autonomie sono eccezioni ................................................................................................. 92
Fig. 8: Lo Statuto di autonomia - fonte di rango costituzionale ...................................................... 111
Fig. 9: Le norme di attuazione allo Statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige/Südtirol .......... 112
Fig. 10: Sala consiliare del Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige a Trento ........................ 114
Fig. 11: Pubblicazioni sulla previdenza regionale ........................................................................... 119
Fig. 12: Le proposte per una suddivisione federale dell‟Italia ......................................................... 186
Fig. 13: La forza propulsiva delle Regioni ...................................................................................... 189
Fig. 14: La Regione Trentino Alto Adige chiede per prima uno Stato federale .............................. 191
Fig. 15: Le Regioni speciali vanno oltre con le loro richieste ......................................................... 193
Fig. 16: Bicamerale De Mita ––Jotti (1992) .................................................................................... 195
Fig. 17: Tangentopoli affonda la riforma ......................................................................................... 198
Fig. 18: Bicamerale D‟Alema (1997) .............................................................................................. 203
Fig. 19: La proposta cade con il Governo ........................................................................................ 205
Fig. 20: La Gazzetta Ufficiale pubblica la riforma costituzionale ................................................... 209
Fig. 21: La cosiddetta clausola di maggior favore ........................................................................... 213
Fig. 22: La riforma costituzionale del 2001 – le maggiori novità .................................................... 214
Fig. 23: Clausola generale a favore delle Regioni ........................................................................... 220
Fig. 24: Analisi alla ricerca delle nuove competenze ...................................................................... 221
Fig. 25: Regioni Competenze residuali esclusive delle Regioni ...................................................... 223
Fig. 26: La ripartizione delle potestà legislative .............................................................................. 225
Fig. 27: Proiettare le novità negli Statuti ......................................................................................... 226
Fig. 28: Le fonti delle competenze autonome .................................................................................. 227
Fig. 29: Ricerca delle competenze concorrenti della Regione Trentino Alto Adige ....................... 230
Fig. 30: Nuove competenze concorrenti della Regione Trentino Alto Adige ................................. 231
Fig. 31: Nuove competenze concorrenti provinciali ........................................................................ 234
Fig. 32: Ricerca delle nuove competenze esclusive provinciali ...................................................... 237
Fig. 33: Competenze esclusive delle Province Autonome ............................................................... 238
Fig. 34: Limiti imposti dalla Corte Costituzionale .......................................................................... 258
Fig. 35: Un nuovo federalismo fiscale ............................................................................................. 265
Fig. 36: La ripartizione delle competenze sul federalismo fiscale ................................................... 266
Fig. 37: L‟autonomia finanziaria delle Regioni e degli enti locali .................................................. 268
Fig. 38: La distribuzione del reddito in Italia................................................................................... 269
Fig. 39: Le Regioni secondo l‟indice di povertà relativa ................................................................. 270
Fig. 40: Introduzione federalismo fiscale tappa importante ............................................................ 285
Fig. 41: Limiti al federalismo fiscale ............................................................................................... 286
Fig. 42: L‟analisi del settore pubblico allargato per i Conti Pubblici Territoriali (CPT) ................ 293
Fig. 43: Camera Commercio Bolzano: Saldo primario Regioni, per abitante 1996-2007 ............... 299
Fig. 44: Spese pro capite delle istituzioni pubbliche 2007 .............................................................. 300
Fig. 45: Camera Commercio Bolzano: Saldo primario Regioni pro capite 2000-2007 ................... 301
Fig. 46: Gli oneri dello Stato per interessi passivi per il debito pubblico ........................................ 303
Fig. 47: Sviluppo storico di entrate spese e saldi per le P.A. in Alto Adige, 1996-2007 ............... 305
Fig. 48: Federalismo fiscale e Autonomie speciali .......................................................................... 313
Indice
12
Fig. 49: Il Senato dopo le elezioni politiche del 2008 ..................................................................... 336
Fig. 50: La Camera dopo le elezioni politiche del 2008 .................................................................. 337
Fig. 51: Possibili obiettivi di una riforma costituzionale ................................................................. 339
Fig. 52: Caratteristiche realizzate del federalismo ........................................................................... 341
Fig. 53: Elementi federali solo parzialmente presenti...................................................................... 343
Fig. 54: Caratteristiche non presenti ................................................................................................ 344
Tabelle
Tab. 1: Rapporto tra i gruppi linguistici – base per la ripartizione di posti e fondi pubblici ........... 135
Tab. 2: Lo sviluppo dei gruppi linguistici nel Sudtirolo dal 1880 al 2001 ...................................... 172
Tab. 3: Lo sviluppo dei gruppi linguistici, secondo classi di età ..................................................... 173
Tab. 4: Il Sole24ore: Differenza tra entrate tributarie prodotte in territorio e spesa pubblica in
servizi, in euro pro capite. Media 2002-2006. ................................................................................. 295
Tab. 5: Unioncamere: Saldi pubblici per Regione. Media 2005-2007, per abitante ........................ 297
Tab. 6: Unioncamere: Saldi pubblici per Regione. Media 2005-2007, complessivi ....................... 297
Tab. 7: Conti consolidati delle amministrazioni pubbliche locali e centrali in Alto Adige in mio
euro, 2001-2005 ............................................................................................................................... 298
Tab. 8: Sviluppo delle entrate e uscite pubbliche in Alto Adige e del saldo 1996-2007 ................. 299
Tab. 9: Saldo primario della Provincia autonoma di Bolzano 1996-2007 – in mln euro, sulla base
dei CPT ............................................................................................................................................ 306
Tab.10: Contribuenti netti: Saldo primario in confronto con il PIL pro capite per Regioni:– media
2005-2007 ........................................................................................................................................ 307
Tab.11: Riceventi: Saldo primario in raffronto con il PIL pro capite, per Regioni– media 2005-2007
.......................................................................................................................................................... 308
Tab.12: Raffronto nord-sud e Regioni autonome: Saldo primario, complessivo e pro capite per aree
- media 2005-2007 ........................................................................................................................... 309
Premessa e tesi
13
Premessa e tesi
La sfida è più attuale che mai. Per motivi storici e culturali, le cinque Regioni a statuto speciale
hanno raggiunto e conquistato un‟ampia autonomia speciale, che però contrasta con l‟assetto
centralistico dello Stato. In particolar modo il dibattito sull‟autonomia dell‟Alto Adige/Südtirol
Südtirol si è protratto per molto tempo. Ha avuto inizio nel 1946 con l‟accordo di Parigi con
l‟Austria e si è concluso solo nel 1992 con la quietanza liberatoria dell‟Austria dinanzi alle Nazioni
Unite. Le Autonomie rappresentano una deroga alla regola e hanno di conseguenza una portata
circoscritta. L‟inizio degli anni ‟90 ha visto partire in Italia una discussione sul federalismo, che è
sboccata nella riforma Costituzionale del 2001. Questa riforma, che si limita al Titolo V della
seconda parte della Costituzione e cioè alle Regioni e alle autonomie territoriali, ha innovato ed
ampliato in maniera determinante le competenze di tutte le Regioni italiane. Essa rappresenta un
passo importante verso un assetto più federale.
Sulla carta gli Statuti speciali delle cinque Regioni sono rimasti immutati, in verità però sono
profondamente cambiati. La riforma Costituzionale contiene infatti una clausola generale che
estende tutte le norme migliorative dell‟autonomia su di essi e le ulteriori forme di autonomia
vengono applicate direttamente agli Statuti speciali. Di conseguenza vi sono non poche
contrapposizioni tra il testo formale degli Statuti e la riforma costituzionale.
La sfida di questo lavoro è quindi rappresentata dal tentativo di proiettare le innovazioni della
riforma all‟interno degli statuti e di illustrarne quindi le ripercussioni e gli effetti. Questa analisi
sarà affascinante anche perché la riforma costituzionale italiana ha previsto una clausola generale a
favore delle Regioni, a cui ora attribuisce le competenze residuali che in passato venivano invece
attribuite allo Stato. E‟ quindi necessaria una comparazione analitica delle diverse materie di
competenza esclusiva, concorrente e residuale delle Regioni e dello Stato. Il cuore di questa analisi
è rappresentato dalla messa a fuoco delle ripercussioni della riforma Costituzionale sull‟autonomia
dell‟Alto Adige/Südtirol e del Trentino, che si differenziano e distinguono notevolmente dalle altre
Regioni. Il risultato di questo lavoro può anche rappresentare una base per una rielaborazione dei
rispettivi Statuti.
In questo lavoro dovranno essere esaminate le seguenti tesi:
1. Lo sviluppo dell‟Italia verso un indirizzo federale ha potenziato e incentivato le Autonomie a
statuto speciale ed in particolar modo quella del Trentino Alto Adige/Südtirol. La tesi non è da
considerarsi ovvia, come in un primo momento può apparire, in quanto nel corso di una
federalizzazione sussiste il pericolo di un‟uniformazione delle autonomie asimmetriche,
Premessa e tesi
14
specialmente anche attraverso il federalismo fiscale, che richiede una ridistribuzione dei mezzi.
La seguente tesi contraria, è quindi non solo lecita, ma merita di essere esaminata.
2. Lo sviluppo dell‟Italia verso il federalismo, ha assoggettato le autonomie speciali e in particolar
modo quella del Trentino Alto Adige insieme alle altre Regioni italiane ad un processo di
uniformazione (in direzione di un federalismo simmetrico) che ha portato ad una limitazione
delle competenze e del finanziamento delle Autonomie.
3. La formazione di istituzioni sovranazionali, sulle quali il singolo cittadino ha poca influenza,
sviluppa la necessità di uno spazio regionale più vicino, nel quale il singolo possa partecipare e
contribuite democraticamente.
4. Quanto più uno Stato è organizzato in un regime federale e più autonomia concede alle
minoranze etniche, tanto più disinnesca conflitti etnici e la volontà di secessione. Il federalismo
risulta essere quindi una potenziale prevenzione di conflitti.
Tutte e quattro le tesi saranno esaminate sul caso dell‟autonomia speciale del Trentino Alto Adige
nel contesto dello sviluppo federale in Italia.
Oskar Peterlini
Bolzano, Roma nel luglio 2010
I - 00186 Roma Palazzo Madama
o.peterlini@senato.it
peterlini@gmx.net
Introduzione e quadro generale
15
Introduzione e quadro generale
Per secoli il territorio della Repubblica Italiana è stato suddiviso in tanti piccoli Stati. Nel 1861 i
territori più grandi della penisola e le due grandi isole sono stati unificati sotto il re di Sardegna, Re
Vittorio Emanuele II di Savoia. Il processo di unificazione ha trovato il suo completamento nel
1870 con la conquista della città di Roma. La base per la Costituzione del nuovo Regno era
rappresentata dallo Statuto Albertino, emanato da Carlo Alberto, Re della Sardegna, il 4 marzo del
1848 e poi ripreso dal Regno d‟Italia.1
Lo Statuto Albertino si ispirava alla Costituzione francese del 1830 e quella belga del 1831.
Nonostante un‟adozione moderata dei principi, che si erano imposti dopo la rivoluzione francese, il
ruolo centrale rimase riservato al Re che aveva concesso lo Statuto.2 Anche la legge elettorale fu
ripresa.3 Il diritto di voto era disciplinato in modo molto restrittivo ed era previsto soltanto per
determinate categorie di persone, che dovevano avere più di 25 anni, saper legge e scrivere,
corrispondere un contributo economico oppure – con esonero dal pagamento del contributo – essere
giudici, professori e alti ufficiali. Erano escluse le donne fino al 1946. Nelle prime elezioni del
gennaio 1861 soltanto l‟1,8% della popolazione italiana era ammessa alle urne.
Lo Statuto Albertino aveva previsto un sistema di rappresentanza bicamerale, una Camera – eletta
da un corpo elettorale ristretto – ed un Senato, del quale i membri furono nominati dal Re.4 La
Camera dei Deputati contava 204 deputati che venivano eletti in altrettanti collegi uninominali dai
rispettivi aventi diritto ad esercitare il voto.
Il Senato non aveva un limite numerico per quanto attiene la sua composizione. Di esso hanno fatto
parte oltre ad importanti rappresentanti dello Stato anche grandi personalità della cultura italiana,
come per esempio Alessandro Manzoni, Giuseppe Verdi, Giosué Carducci, Benedetto Croce,
Guglielmo Marconi e Giovanni Gentile.
Lo Statuto Albertino rimase in vigore – sebbene parzialmente modificato e per un periodo
disapplicato – fino alla nuova Costituzione repubblicana del 1948.
Dopo due guerre mondiali, 20 anni di fascismo e due anni di occupazione straniera, il popolo
italiano riuscì il 2 giugno 1946 con un referendum ad abolire la monarchia. Contemporaneamente
gli elettori, e per la prima volta nella storia italiana anche le elettrici, elessero una propria
Assemblea Costituente. Solo i territori dell‟Alto Adige/Südtirol, di Trieste e della Venezia Giulia
1 Falcon, G.(2008) (2001 p 145 seg.
2 Carretti, P./ De Siervo, U. (2004) p 49-50.
3 Legge del 2 agosto 1848 del Regno Subalpino. Secondo il modello francese introduce il Consiglio quale assemblea
rappresentativa.
Introduzione e quadro generale
16
non parteciparono alle elezioni in quanto non erano ancora sotto la sovranità dello Stato italiano.
L‟Assemblea Costituente si riunì negli anni 1946 e 1947.5 I padri costituenti stilarono una
Costituzione sociale e democratica, in cui suggella i diritti e le libertà fondamentali, nonché la
democratica formazione della volontà popolare e la separazione dei poteri, che la distinguono tra le
più avanzate delle democrazie moderne.
L‟ordinamento statale invece, ancorato nel nuovo testo Costituzionale, seguiva una chiara traccia
centralistica. Era prevista la presenza delle Regioni, ma senza che erano state loro attribuite
competenze esclusive proprie. I padri Costituenti erano ispirati dal compito di rafforzare l‟unità
d‟Italia e di evitare una nuova frammentazione in tanti piccoli Stati.
La nuova Costituzione italiana entrò in vigore il 1 gennaio 1948. Essa prevedeva la presenza di
Comuni, Province e Regioni, considerandoli però non tanto quali soggetti costituenti dello Stato in
uno spirito di sussidiarietà che si sviluppa dalla piccola comunità verso quelle più grandi, ma più
una semplice articolazione dello Stato. Le poche competenze assegnate alle Regioni non furono
attuate. La preoccupazione che lo Stato potesse ricadere nella sua frammentazione storica impedì un
approccio federale.
Per affrontare invece le particolarità e i problemi che si presentavano in alcune Regioni per diversi
motivi storici, politici e culturali, ancorato all‟ordinamento Costituzionale venne prevista sin
dall‟inizio (con l‟art. 116 Cost.) l‟istituzione delle Regioni a statuto speciale, prima quattro e poi
(nel 1963) una ulteriore. A queste cinque Regioni vennero ”attribuite forme e condizioni
particolari di autonomia, secondo statuti speciali adottati con leggi costituzionali”, come citava
verbalmente l‟articolo 116 della prima Costituzione. Le loro ampie competenze legislative e
amministrative rappresentano una eccezione rilevante nell‟ordinamento statale italiano. Si tratta
delle due isole maggiori Sicilia e Sardegna nonché delle Regioni di frontiera Trentino-Alto
Adige/Südtirol, Valle d‟Aosta e del Friuli Venezia Giulia, che si è aggiunta come ultima nel 1963.
Le competenze attribuite a queste Regioni speciali e più tardi (con il nuovo Statuto del 1972) alle
Province autonome di Trento e di Bolzano non temono il confronto con quelle che invece vengono
detenute per esempio dai Länder (le Regioni) austriaci, anzi per alcuni aspetti sono persino più
ampie e descrivono un‟autonomia maggiore.6
Tuttavia, nel caso degli Stati federali le articolazioni interne sono inserite in un contesto federale e
rappresentano una parte organica dello Stato federale. Le Regioni a statuto speciale italiane invece
4 La storia del Senato, www.senato.it/istituzione/29374/29387/genpagina.htm, scaricato il 28.9.2008.
5Carretti, P./ De Siervo, U. (2004) p 63-67.
6 Morscher, S. (1981) confronta le competenze delle Province autonome di Trento e di Bolzano con le competenze delle
Introduzione e quadro generale
17
si trovano spesso in rotta di collisione con i principi centralistici di uno Stato in cui rappresentano
non la regola bensì l‟eccezione. La lotta decennale per la realizzazione dell‟autonomia dell‟Alto
Adige/Südtirol (nome tedesco cosi affiancato a quello italiano nella riforma costituzionale del 2001)
è un esempio di questa frizione. Lo Statuto speciale della Sicilia è stato elaborato ed è entrato
nell‟ordinamento giuridico italiano addirittura prima della stesura della Costituzione (già nel 1946)
e detiene (almeno sulla carta) competenze molto maggiori rispetto a quelle dell‟Alto
Adige/Südtirol. In realtà però la Sicilia ha usufruito di un margine d‟azione più circoscritto e, nella
concreta attuazione, ha realizzato un‟autonomia di fatto meno estesa nonostante formalmente sia
appunto più ampia.
A partire dagli anni ‟80 e ‟90 sono stati intrapresi vari tentativi per una riorganizzazione in senso
federale dello Stato. Dopo diverse rincorse andate a vuoto, nel 2001 l‟Italia riesce a darsi una
riforma costituzionale, che non ha trasformato l‟Italia in uno Stato federale su modello americano o
– in Europa - austriaco, tedesco o svizzero, ma ha bensì introdotto alcuni principi fondamentali del
federalismo.
Le Regioni e gli enti territoriali non sono più una pura articolazione dello Stato („La Repubblica si
riparte in…“, art. 114 Cost.1948), bensì pilastri portanti che insieme con lo Stato costituiscono la
Repubblica(„La Repubblica è costituita dai Comuni ...“, art. 114 Cost.2001). Le competenze statali
sono state circoscritte ed è stata introdotta una clausola generale a favore delle Regioni. Tutti questi
enti e le città metropolitane dispongono di propri statuti, poteri e funzioni, nonché di un‟autonomia
finanziaria, di proprie risorse e patrimoni. Un nuovo progetto in corso di attuazione sul federalismo
fiscale dovrà inoltre rafforzare le attribuzioni finanziarie di questi enti e istituire un fondo di
solidarietà per quelli più poveri.7 Ulteriori riforme Costituzionali sono in discussione, al fine di
riservare una delle due Camere alle Regioni e quindi realizzare una loro partecipazione all‟iter
decisionale dello Stato.
Lo Statuto di autonomia della Regione Trentino Alto Adige, dopo la sua riformulazione sulla base
del Pacchetto (Misure a favore delle popolazioni alto atesine) del 1972, e qualche ritocco
successivo, è formalmente rimasto immutato. La riforma Costituzionale del 2001 non è stata
recepita nel testo formale dello Statuto. Ma nella sostanza lo ha profondamente mutato apportando
novità notevoli, che leggendo il testo stampato non si intravvedono. In conseguenza della c.d.
“clausola di maggior favore“ le disposizioni della riforma costituzionale trovano una immediata
applicazione anche alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e Bolzano per
Regioni federali austriache. 7 Legge no. 42 del 5 maggio 2009:
http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/Federalismo_fiscale/legge42_2009.pdf , scaricato in novembre 2009.
Introduzione e quadro generale
18
quelle parti che “prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite” (art. 10,
legge Costituzionale 3/2001).
Con ciò le Regioni autonome hanno ottenuto, con l‟evoluzione federale dell‟Italia, più autonomia di
quanto non venga loro riconosciuto dai loro rispettivi Statuti.
Dall‟essere quindi un‟eccezione assoluta all‟interno di uno stato centralistico, con il quale
collidono, le Regioni autonome diventano quasi dei precursori di un nuovo sistema più federale.
Analizzeremo in questo studio quali sono state le modifiche ed i miglioramenti concreti, e quali
potrebbero ancora avvenire.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
19
1 Dibattito costituzionale alla ricerca di nuove
forme di partecipazione democratica 1.1 Lo sforzo per trovare nuove forme di partecipazione
democratica
La sfida di questa analisi consiste non solo nel descrivere il nuovo assetto Costituzionale, bensì
nell‟illustrare le ripercussioni che si producono per le Regioni ed in particolare per la Regione del
Trentino-Alto Adige/Südtirol e le province autonome di Trento e di Bolzano. Questo sviluppo in
Italia non rappresenta però un fenomeno isolato, ma fa parte di uno sviluppo europeo che
registriamo anche in altri paesi. Lo sviluppo viene accompagnato da un dibattito costituzionale a
livello scientifico e politico, che si sforza a sviluppare nuovi modelli di partecipazione democratica.
La ricerca in forma più ampia di partecipazione da parte delle varie componenti della società
tramite una nuova, cosiddetta Governance, le lotte per più autonomia, regionalismo e federalismo –
tutte queste forme si differenziano nella loro forma organizzativa, ma perseguono tutte – ognuna
nei suoi modi – una meta comune: i cittadini vogliono poter identificarsi meglio con la loro
comunità, vogliono trovare, in un mondo sempre più grande, lontano e globalizzato, una nuova
identità e possibilità di realizzarsi a base regionale, poter cooperare e cogestire i loro interessi,
oppure – per usare un termine più carico di sentimento – trovare una nuova Heimat (piccola patria o
meglio il luogo natio, dove potersi rifugiare e potersi sentire a casa).
In questo sviluppo sono stati messi in discussione molti concetti tradizionali della politica, come la
sovranità, la cittadinanza e la rappresentanza democratica, che si basavano sul presupposto di poter
contare su membri di uno Stato nazionale relativamente omogeneo.
Per riportare in equilibrio l‟ordine della società e ricostruire le basi per una partecipazione
democratica, divenne sempre più intensa la richiesta di riforme costituzionali. Queste dovrebbero
essere attuate sia all‟interno dei rispettivi Stati che a livello europeo, con una normativa quadro
dell‟Unione Europea.1
Due opposte tendenze esercitano pressione sulla tradizionale organizzazione statale.2 Da una parte
viaviamo in Europa una più stretta collaborazione sul livello europeo e internazionale e la creazione
di organismi sovranazionali. D'altro canto, sono proprio questi enti sovranazionali, lontani dai
cittadini, che hanno provocato la ricerca di una più gestibile dimensione territoriale. Così
1 Bellamy, R. /Bufacchi, V. /Castiglione, D. (1995), p x.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
20
incominciò un ritorno al livello locale e regionale, nel quale la partecipazione democratica può
essere direttamente vissuta ed esercitata. La politica viene snazionalizzata, lo Stato nazionale non
rappresenta più il perno dell‟ attività politica o e lo spazio privilegiato della vita politica.3
2 Bellamy, R. /Bufacchi, V. /Castiglione, D. (1995), p x.
3 Scott, A. (2008) p 1-2.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
21
1.2 L‟Europa e la lotta per una nuova democrazia
1.2.1 L‟eredità dell‟unità europea
L‟Europa è stata per millenni un campo di battaglia, una storia segnata attraverso il sangue e le
lacrime di numerose guerre degli stessi popoli europei. Due guerre mondiali, che costarono la vita a
milioni di persone , furono il culmine di questa evoluzione e un insegnamento di come raramente si
impari dalla storia. Da oltre 60 anni, sperimentiamo un periodo di pace che dobbiamo grazie
all'integrazione europea. Il contributo alla salvaguardia della pace è probabilmente il più grande
dono che i padri fondatori hanno dato alle generazioni future dell'Europa.
L'UE ha creato un mercato comune e un quadro istituzionale entro cui il commercio poté
svilupparsi grazie anche al processo di integrazione europea, gli Stati europei che fino agli anni 70
sono stati sotto dittature militari, come Grecia, Portogallo e Spagna, possono trasformarsi in
democrazie stabili. In modi simili si trasformarono gli Stati satelliti dell‟ex Unione Sovietica. La
pesante eredità della seconda guerra mondiale che si era manifestata in maniera evidente con la
cortina di ferro formata al centro della Germania venne superata. Il divario tra le aree periferiche
povere e le ricche regioni d'Europa venne ridotto.
Storicamente, l'Europa era intesa come un‟unità culturale e religiosa (nella sua diversità), unità
ottenuta più con le conquiste che con la cooperazione. Fin dalla nascita della Comunità economica
europea coi trattati di Roma nel 1957, l'Europa venne concepita sempre più come entità politica
formatasi attraverso l‟unione volontaria dei singoli Stati nazionali. L'UE corrisponde al modello di
una confederazione di Stati, anche se è caratterizzata da forti elementi di integrazione tra
l'ordinamento dell'Unione e degli Stati membri. In questa integrazione – sottolinea Giuseppe de
Vergottini – si possono individuare le premesse per un eventuale trasformazione in uno stato
federale.4
Già nel 1995 Bellamy, Castiglione e Bufacchi riconoscevano come questa visione, nel dibattito si
muove sempre più verso un‟ alleanza ancora più stretta, in direzione di uno stato super-nazionale.
Tale trasformazione è effettivamente controversa e non certa, ma avrebbe come conseguenza – se
ciò dovesse accadere – una profonda trasformazione dell‟autorità politica e dell‟identità.5
4 De Vergottini, G. (1998) p 32-33.
5 Bellamy, R. /Bufacchi, V. /Castiglione, D. (1995) p x.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
22
Nonostante vari vantaggi dell'integrazione europea, cresce il scetticismo e la critica sul modo in cui
è governata l'Europa. Alan Scott (2008) focalizza cosi il problema ed evidenzia come nell‟opinione
pubblica, nei media e nei discorsi politici, nonchè agli occhi degli oppositori della globalizzazione,
l'UE è vista sempre più come una forza per il neo-liberismo. Per gli xenofobi è una minaccia di
identità nazionale, per gli scettici dell‟Europa, soprattutto in Gran Bretagna, la strada per un
superstato ed un ritiro verso una prevaricazione continentale e un capitalismo del Reno (Le
capitalisme rhénane secondo Michel Albert)6 di un‟economia di mercato sociale statalizzata.
7
1.2.2 L‟europeizzazione e la crisi dello Stato
L‟influenza dell‟UE sulla politica dello Stato e viceversa, l‟influenza degli Stati sull‟Europa,
diventa sempre più forte. In questo senso l‟europeizzazione subisce un processo bidirezionale. Con
il termine di europeizzazione Sergio Fabbrini segnala il salto di qualità intervenuto nel processo di
integrazione, in specifico nel periodo successivo al Trattato di Maastricht del 1992. L‟UE non è
assimilabile a uno Stato nazionale, certamente è assai più di un‟ organizzazione internazionale. Non
vi è ambito di politica pubblica interna che non sia influenzato o condizionato dalle scelte
comunitarie.8 Paolo Graziano definisce le conseguenze: un significativo mutamento della policy a
cui fa seguito anche un significativo mutamento istituzionale.9
1.2.3 Il dibattito costituzionale europeo
Nel dibattito in Germania, Francia e Gran Bretagna emergono soprattutto due campi di tensione:
o I cambiamenti in corso tra Stato e società,
o Le connessioni e tensioni tra la concezione e la tradizione liberale e quella repubblicana
1.2.3.1 La visione liberale delle relazioni tra Stato e società
Il liberalismo è una corrente filosofica, economica e politica che persegue l‟obiettivo della libertà
individuale come base normativa dell‟ordine sociale ed economico. La concezione liberale dello
Stato di diritto si fonda sul rispetto dei diritti dell‟uomo, che lo Stato deve garantire. John Locke è
ritenuto un importante fondatore del liberalismo. Nella sua opera Two Treatises of Government
6 Albert, M. (1991).
7 Scott, A. (2008) p 1- 2.
8 Fabbrini, S. (ed) (2003) p 3 e V. sul tema europeizzazione cfr. Fabbrini, S. (ed) (2003), in particolare Graziano, P.
(2003) p 80-106. 9 Graziano, P. (2003) p 106.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
23
(1689) chiede che la vita, la libertà e la proprietà siano rispettate come diritti inalienabili del
cittadino.10
Il fine dello Stato consiste nel tutelare i diritti. Questi diritti, associati ai valori dell‟etica e della
libertà come definiti da Immanuel Kant (1724-1804), costituiscono insieme al principio della
divisione dei poteri, le basi per la Costituzione liberale. Scienziati e politici socialdemocratici e
quelli della nuova destra sostengono versioni diverse di liberalismo. L‟attuale filosofia giuridica e
politica tende anche a privilegiare idee costituzionali di tipo liberale.
Nella concezione liberale tradizionale, lo Stato si limitava a istituire regole per l‟attività della
società. Una descrizione significativa del liberalismo la troviamo nell‟opera di Adams Smith‟s „The
Wealth of Nations“ (1776). Secondo Smith l‟obiettivo dell‟economia politica consiste
“nell‟arricchire ambedue le parti, sia il popolo che il sovrano.“ Il miglior presupposto a tal fine
sarebbe quello di promuovere la libera attività dei rappresentanti dell‟economia.11
Lo Stato
copriva un ruolo essenzialmente negativo. Esso doveva impedire intromissioni reciproche e non
giustificate degli attori sociali. Il compito centrale della Costituzione stava nel garantire che lo Stato
si muovesse entro questo limitato ruolo e si attenga ai suoi confini.
Bellamy, Bufacchi e Castiglione (1995) dimostrano però anche, come nelle società moderne, queste
due sfere, lo Stato e la società, si siano colonializzate a vicenda. Tanti attori della società hanno
assunto attitudini di organizzazioni statali, diventando organi di controllo burocratico e autoritario.
Dall‟altro canto anche lo Stato ha assunto un ruolo importante nel rafforzamento e la
regolamentazione degli attori sociali. Certe istituzioni della società, come per esempio enti
multinazionali, esercitano un potere maggiore sugli individui, di quanto lo eserciti lo Stato. Essi
sono spesso anche più potenti dello Stato. Al singolo cittadino però questo sviluppo non ha giovato
ha trovare un contrappeso al potere delle agenzie statali. Il cittadino si sente anzi esposto, impotente
al numero crescente di istituzioni, sulle quali non ha quasi nessuna influenza.12
Questo problema
della mancata influenza è strettamente connesso al conflitto tra la concezione liberale e quella
repubblicana.
1.2.3.2 Le tensioni tra liberalismo e concezione repubblicana
Da tempo esistono tradizioni che contraddicono il liberalismo. Molte di esse hanno anche nutrito lo
stesso pensiero liberale arricchendolo.13
Il pensiero repubblicano è scaturito come movimento
politico e sociale dalla teoria di Stato. Esso vuole garantire la sovranità del popolo tramite la sua
10
Per il modello costituzionale liberale cfr. anche De Vergottini, G. (1998) p 63-100, nonché 157 seg. 11
Hindnes, B. (2004) p 43. 12
Bellamy, R./ Bufacchi, V./ Castiglione, D. (1995) p x. 13
Bellamy, R. /Bufacchi, V. /Castiglione, D. (1995) p x.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
24
partecipazione democratica, in parte anche tramite una Costituzione. Questa concezione di Stato
affida ai cittadini un ruolo attivo e li obbliga a partecipare ai processi decisivi. Si ispira alla libertà
di azione e di pensiero. Assegna grande importanza alle condizioni materiali e morali di vita.
Collega in modo significativo il potere politico a una dimensione sociale e fornisce cosi una
giustificazione alternativa per un sistema pluralistico e federale al Liberalismo. La concezione di
Stato repubblicano si sviluppa dalla preoccupazione avverso la dittatura e risale ad Aristotele,
Platone, Cicerone e molti loro seguaci, dai primi umanisti fino a Machiavelli e Harrington.14
Le
caratteristiche principali sono la partecipazione di molti alla gestione del bene pubblico e la
prosecuzione del bene per tutti. Dal punto di vista repubblicano le organizzazioni e i gruppi sociali
svolgono ruoli importanti nel processo della politica costituzionale. Lo Stato non viene concepito
come completamente separato dalla società, ma come una forma di aggregazione civile, che viene
nutrita e composta da attori e rappresentanti sociali.15
1.2.3.3 Il dibattito in Germania
Howard Caygill e Alan Scott (1995) in una loro ricerca esaminano le varie concezioni in base allo
sviluppo in Germania dopo la caduta del Muro di Berlino.16
Si scontrò la visione liberale con quella
socialista. I cittadini della Germania unificata rappresentano ambedue le esperienze, sia la cultura
costituzionale liberale che quella socialista. Uno Stato, la Bundesrepublik, si richiama alla
Costituzione del 1949, l‟altro Stato (la Deutsche Demokrarische Republik) originariamente alla
stessa Costituzione, che però fu modificata radicalmente negli anni 1968 e 1974. La rivoluzione del
1989 riuscì a fondere aspetti di tutte e due le esperienze con le esperienze del movimento civile.
Caygill e Scott discutono due progetti, che tentano di integrare aspetti di concezioni costituzionali
liberali e socialiste, quelle della Germania occidentale e orientale. Essi evidenziano due aspetti di
questo dibatto:
o Per prima cosa rilevano un risvegliato interesse nella vecchia questione del ruolo delle
Costituzioni, riproponendo la seguente domanda: Le Costituzioni esprimono le richieste
politiche di identità sociali o rappresentano loro stesse questa identità?
o In secondo luogo si occupano della fondamentale domanda, di come si possa sostenere la
democrazia in società moderne, nelle quali ha preso sopravento la burocrazia.
A quale scopo vengono fatte le Costituzioni? Caygill e Scott riassumono lo scopo in quattro punti.
Le Costituzioni regolano le relazioni:
- tra lo Stato e altri Stati,
14
Bellamy, R. /Bufacchi, V. /Castiglione, D. (1995) p x. 15
Sul modello costituzionale socialista cfr. anche De Vergottini, G. (1998) p 63-100, nonché 157 seg. 16
Caygill, H. / Scott, A. (1995) p 3-19.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
25
- tra parti dello Stato tra di loro,
- tra lo Stato e i cittadini,
- tra i cittadini tra di loro.
L‟ultimo punto viene normalmente annoverato fra il diritto privato. Contro questa tesi Caygill e
Scott obiettano, che addirittura le Costituzioni liberali regolano le relazioni tra i cittadini, ancorando
il diritto di proprietà. Regolando queste relazioni fondamentali in Costituzione, si ha il vantaggio di
poter riconoscere come forme di dominio burocratico aggravano queste relazioni e come potrebbero
essere vulnerabili dal punto di vista democratico. Le istituzioni europee per esempio offrono un
evidente esempio, come possono aggravare con forme di dominio burocratico le relazioni tra Stati,
nonché tra Stati e i loro cittadini. Ma anche le relazioni di parti dello Stato tra di loro sono state
intensivamente burocratizzate. Lo stesso può dirsi delle relazioni tra Stato e cittadini, aggravate da
apparati burocratici dedicati alla sanità, all‟assicurazione sociale, alle leggi e ai regolamenti. Le
relazioni tra cittadini, classicamente definite come società civile, forse offrono una piccola
opportunità di autonomia, ma questa non dovrebbe essere esagerata.17
Dopo il perché, Caygill e Scott pongono la domanda del per chi vengono fatte le Costituzioni. Le
relazioni appena menzionate sembrano di presupporre che esistano già queste relazioni e queste
identità come Stati, parti di Stati, e cittadini. Gli autori lo mettono in dubbio. In un esame più
approfondito si dovrebbe vedere che questi soggetti della Costituzione non vengono considerati
presenti e in possesso di interessi, che sono dati dalla Costituzione, e non sono nemmeno il pio
desiderio del carattere che dovrebbero avere i futuri cittadini, anche se le Costituzioni socialiste si
avvicinano a questa aspirazione. Piuttosto la Costituzione contribuisce a far emergere questi
soggetti e sviluppare una loro auto identificazione.18
Partendo dal dibattito costituzionale in Germania e le proposte del Tavolo rotondo e del
“Kuratorium”, Caygill e Scott propongono una nuova forma di costituzionalismo post-liberale.
L‟aspetto innovativo di una Costituzione post-liberale è costituito dal far emergere un nuovo
soggetto costituzionale, e cioè del movimento informato e responsabile dei cittadini. Questo
progetto conferisce un riconoscimento di carattere costituzionale ai gruppi sociali e alle associazioni
che compongono la società civile. Come risultato il Parlamento e i partiti politici non sono più visti
come le uniche, o più adeguate espressioni organizzate della volontà popolare. Al costituzionalismo
liberale si va ad aggiungere un elemento repubblicano. 19
17
Caygill, H. / Scott, A. (1995) p 6. 18
Caygill, H. / Scott, A. (1995) p 6. 19
Bellamy, R./ Bufacchi, V./ Castiglione, D. (1995) p xi.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
26
Caygill e Scott riconoscono però anche il dilemma che ne scaturisce. Le alternative sono due: o i
movimenti dei cittadini sono molto influenti, perché la Costituzione conferisce loro questa inluenza,
o non lo sono. Nel primo casa si pone la domanda, cosa distingue movimenti dei cittadini influenti
dai partiti politici. Nel caso negativo invece, si pone la domanda se non siano condannati a
debolezza e a una politica negativa. Indipendentemente da come si risponde a questa domanda,
rimane il fatto che in Germania si siano riconosciuti gli impedimenti burocratici dello Stato
moderno e che siano stati previsti i relativi controlli. Le proposte costituzionali rappresentano un
serio tentativo e un progetto, di come esercitare un controllo democratico sulla burocrazia.20
1.2.3.4 Lo sviluppo in Francia
Jeremy Jennings (1995) ricorda che la Francia tra i paesi continentali può vantare la più ricca storia
costituzionale. Ebbe i suoi inizi con la Rivoluzione francese che portò a 15 Costituzioni (senza
contare le piccole modifiche), cinque Repubbliche, due versioni diverse di Monarchia e a due
imperi Napoleonici.21
Questo entusiasmo per le Costituzioni ha anche provocato i movimenti
contrari. Jeremy Jennings (1995) sostiene che il tentativo di coniugare la tradizione politica liberale
con quella repubblicana rappresenti una costante perpetua nella storia costituzionale della Francia.
In Francia però il cammino iniziò al contrario. Nella prevalente cultura politica repubblicana si
inserirono elementi di liberalismo.22
Addirittura la partecipazione della società civile fu
rappresentata più dal liberalismo che dalla concezione repubblicana. La società venne concepita
come identica alla Nazione e l‟unità nazionale fu collettiva e indifferenziata. 23
Il tema principale
che distingue la storia costituzionale in Francia è la tensione tra esecutivo e legislativo e la domanda
chi di loro potesse parlare in nome della Nazione.
In questo dibattito vennero invece trascurati i diritti dell‟individuo, benché tutte le Costituzioni dal
1791 in poi avessero proclamato in modo solenne i diritti umani e civili. Anche l‟integrazione
europea venne concepita in Francia come pericolo per l‟identità nazionale. Jennings cita come
esempi il rafforzamento della Front National e la posizione del Governo francese alle trattative per
l‟Accordo generale sulle tariffe e il commercio (GATT), alle quali chiedeva una preferenza
nazionale specialmente nel campo culturale e artistico. Anche l‟appello del Presidente François
Mitterrand in occasione del Referendum per la ratifica degli accordi di Maastricht era significativo
20
Caygill, H. / Scott, A. (1995) p 17. 21
Jennings, J. (1995) p 22-34. 22
Jennings, J. (1995) p 22-34. 23
Bellamy, R. /Bufacchi, V. /Castiglione, D. (1995) p xi.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
27
in questo senso. Mitterrand non cercava tanto di convincere i Francesi a favore dell‟Europa ma
piuttosto per la difesa della Francia dall‟America e dall‟Asia.
Tipica di questa concezione francese era anche la discussione attorno alla ratifica degli accordi di
Schengen (del 1985) e di Dublino (del 1990). Non era la libertà di circolazione che motivava la
discussione, ma la difesa da un‟immigrazione extraeuropea.
Il Ministro degli esteri francese Charles Pasqua perseguiva l‟obiettivo di fare della Francia un
Paese con un‟immigrazione a tasso zero (1993). Questo corrisponderebbe alle tre caratteristiche
principali dei Francesi, e cioè dell‟identità, della sicurezza e dell‟integrazione delle persone
residenti. Quest‟ultimo obiettivo Jennings (1995) lo definisce di pura retorica, con la quale si
vorrebbe velare il sospetto di ostilità verso gli stranieri. Pasqua pretese anche una riforma
costituzionale per limitare il diritto di asilo politico. Il Presidente dei Ministri Balladur si propose
proprio questo obiettivo nell‟agosto del 1993, con la giustificazione di dover adeguare la
Costituzione francese al principio della libera circolazione, richiese di limitare il diritto di asilo agli
Stati membri. Il dibattito inoltre evidenzia un‟ulteriore particolarità della politica francese, e cioè la
debolezza del Presidente in confronto di un Presidente dei Ministri popolare. Il Presidente
Mitterrand inizialmente lasciò comunicare di non sostenere la richiesta del Ministro Pasqua che
chiedeva un referendum per la ratifica dei due accordi. Convinse il Presidente dei Ministri Balladur
di riportare la questione al Conseil d‟Etat (Consiglio di Stato). Questo decise che per la ratifica
fosse effettivamente necessaria una riforma costituzionale, che venne usata per la limitazione
dell‟immigrazione.24
1.2.3.5 Il dibattito costituzionale in Gran Britannia
Anche Tony Prosser (1995) parte per la sua analisi del dibattito costituzionale in Gran Britannia
dalle relazioni tra Stato e società civile.25
Prendendo spunto dalla scuola dei “Nuovi Istituzionalisti”
Prosser esamina il grado di autonomia dei vari livelli di governo all‟interno del quadro più ampio
dello Stato. A tal fine illumina il ruolo delle leggi costituzionali come elemento del processo di
privatizzazione. Nell‟analisi di Prosser lo Stato rappresenta un ruolo chiave. Egli intende lo Stato
come fattore unificatore morale che si pone al di sopra dei conflitti della società civile.
Prosser riconosce una differenza essenziale tra i Paesi con una concezione sviluppata dello Stato e
quelli senza una tale concezione. A differenza di altri Paesi proprio la Gran Britannia lamenta una
mancanza di una tale concezione dello Stato come invece si è sviluppata in Francia. In Paesi come
la Francia il termine legge è equiparato alla legiferazione degli affari essenziali che riguardano la
24
Jennings, J. (1995) p 32-34. 25
Prosser, T. (1995) p 37-43.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
28
legittimità dell‟attività di governo. La stessa cosa non potrebbe dirsi per la Gran Bretagna alla quale
mancherebbe un linguaggio per la conduzione di un dibattito costituzionale. 26
La legge viene usata
quasi esclusivamente in modo strumentale, il Governo la impiega per realizzare i propri obiettivi.
La necessità di rispettare norme giuridiche formali, ha magari imposto al Governo certe limitazioni
tecniche, ma non si è ispirato al richiamo di valori maggiori. La legge è strumentale per gli obiettivi
che il Governo voleva raggiungere. Anche in Francia la legge ha naturalmente un ruolo strumentale.
Le limitazioni imposte al Governo dalla legge sono, infatti, effettivamente poco stringenti, però la
legge ha tutto un altro compito che quello di porre principi limitativi al governo. La legge in Francia
scaturisce da un concetto di respiro più ampio (anche se in modo parziale e frammentario) di valori
superiori, che rappresentano la domanda di ideali che si pongono al di sopra dei singoli Governi.
Questo si è per esempio dimostrato nel ruolo del Tribunale amministrativo nel caso dei contratti
pubblici, ma soprattutto nel ruolo del „Conseil constitutionnel“, la Corte costituzionale francese, nel
suo giudizio del progetto di privatizzazione e liberalizzazione.
Gli USA spesso vengono messi nella stessa pentola delle società apolide con la Gran Britannia per
quanto riguarda l‟assenza dello Stato. In verità però la legge negli Stati Uniti ricopre un ruolo
importante, che impone al governo chiare regole e limitazioni per la politica economica. In Gran
Britannia invece manca un apparato per lo sviluppo di principi costituzionali, manca una Corte
costituzionale. Prosser indica tre vie per uscire da questo vuoto, che nel dibattito costituzionale
vennero esposte da vari rappresentanti:
a. La prima è quella di partire dai valori di base e dedurre questi dal diritto naturale.
b. La sconda via è, al contrario, di partire dalla prassi normativa e dedurre da questa i principi.
c. La terza via è quella di partire da un concetto teorico e combinarlo con l‟esame di
Costituzioni già vigenti.
Le varie Costituzioni dovrebbero essere confrontate a base europea, soprattutto includendo nel
raffronto anche la Convenzione europea. Prosser riconosce in questo compito la maggiore sfida per
il futuro.27
Un‟altra questione che occupa il dibattito costituzionale è, in quanto istituzione internazionale, per
esempio che l‟Unione Europea debba essere una fonte di crescente importanza di principi giuridici.
In modi diversificati, tutti gli autori sottolineano la necessità di rafforzare nuove forme di politica
costituzionale per legittimare e sostenere queste istituzioni.28
26
Bellamy, R. /Bufacchi, V. /Castiglione, D. (1995) p xi-xii. 27
Prosser, T. (1995) p 38-43. 28
Bellamy, R. /Bufacchi, V. /Castiglione, D. (1995) p xii.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
29
1.3 Governance – la speranza di una società partecipata
1.3.1 La definizione del concetto
Il termine „governance“ è definito molto più chiaramente nella teoria della conduzione aziendale
(dove significa governo d‟impresa) che nelle scienze politiche dove si è tuttora alla ricerca di una
precisa definizione. Con Corporate Governance si identificano le regole etiche e legislative per la
corretta conduzione di un‟impresa. Dovrebbero essere garantiti tramite un codice di comportamento
la trasparenza, la buona amministrazione e il controllo, nonché limitati i conflitti di interesse dei
manager a protezione degli azionisti. Il Cadbury Report (1992) auspicava che i consigli di
amministrazione di tutte le società quotate presso la borsa valori nel Regno Unito si uniformassero a
un tale codice (Picchi 2001).29
Il concetto fu trasferito al livello politico per sottoporre l‟amministrazione inefficiente degli enti
pubblici ai criteri per la conduzione aziendale senza sacrificarli sul contro-altare classico costituito
dal mercato (Maffettone 2007) e rinunciare alla guida e il controllo.30
Nella scienza politica si è alla ricerca di nuove forme per regolare la comunità. Dal concetto
tradizionale di guida tramite un governo (espresso con il termine Government), si passa al concetto
più complesso e multilaterale di Governance. Si pensava che questa nozione di Governance fosse
sepolta sotto il peso dei secoli (Salvo Vaccaro 2007). La parola deriva dal Greco antico kybernan
prima, e dal Latino gubernare poi, che significa guidare, dirigere, controllare, orientare o più
precisamente pilotare.31
Fu risvegliato a nuova vita. Il termine governance però, insieme a quelli di
good governance, multi-level e network governance, venne usato in modo talmente inflazionario
che rischiava di diventare vuoto di ogni contenuto.
Secondo Georg Sorensen (2004) la Governance nel suo significato non si limita solamente allo
Stato e il suo governo, ma comprende i vari soggetti pubblici e privati che svolgono un ruolo
importante nella nuova società composta da vari strati, un‟attività internazionale, trans governativa
e transnazionale che si estende non solo ai Governi o ai loro apparati, bensì anche alle
organizzazioni non governative e a altri attori non statali, come i movimenti dei cittadini, le
multinazionali, i mass-media e altri attori economici e sociali.32
Essi collaborano per contribuire
29
Picchi, F. (2001) p 248. 30
Maffettone, S. (2007) p 7. 31
Vaccaro, S. (2007) p 121. 32
Sorensen, G. (2004) p 62.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
30
insieme al successo. Governance non è un sinonimo di government, ma dovrebbe – almeno nella
letteratura ottimistica – coprire un raggio più ampio, essere più efficiente e produttivo di un puro
governo.33
Governance cerca di indicare soluzioni alternative. La vita politica infatti è cambiata
profondamente. Il ruolo della Stato è in fase di trasformazione. Sono cambiate altresì le forme
tradizionali del potere politico, il potere dello Stato è stato ridimensionato (Maffettone 2007). La
“megamacchina” centralistica viene sostituita – secondo Edgar Morin – con un meccanismo molto
più agile, pluralista e policentrico.34
Si passa dai modelli di bassa complessità del passato a modelli di alta complessità del presente. Le
gerarchie sono indebolite a favore dell‟autonomia decisionale dei singoli. Altrettanto diminuita
risulta la capacità dello Stato di imporsi alla società (Maffettone 2007).35
Nel 1995, la Commission on Global Governance36
diede alla governance la seguente generica
definizione:
Il prodotto dei molteplici modi in cui individui e istituzioni, il settore pubblico e quello privato,
gestiscono i loro affari comuni. È un processo continuo attraverso il quale si possono coniugare
interessi conflittuali o diversi tramite un‟azione cooperativa e portarli a un denominatore comune.
Essa comprende istituzioni formali e regimi forti in grado di normare condotte, nonché dispositivi
informali che sia istituzioni, sia agenti hanno convenuto o percepiscono essere di loro interesse.”
La governance pertanto è caratterizzata più da un processo che da un sistema normativo, da
convergenza anziché dominio, interazione anziché istituzione.37
Il senso più ampio della parola (Jessop 1999) la interpreta nel modo seguente: L‟arte complessa di
orientare sistemi variegati, istituzioni ed enti. Questi sono autonomi tra di loro dal punto di vista
operativo e, strutturalmente connessi tramite varie forme di dipendenza. 38
Stocker (1998) definisce la come il complesso dei processi e sistemi post-statali, sia la crisi della
transazione che le attività per risolverle. 39
Governance significa di abbandonare lo stile autoritario
di governo con il quale le autorità centrali eseguivano il loro controllo gerarchico sulla società. In
un‟interpretazione più restrittiva la Governance venne anche collegata ed equiparata ai network
33 Scott, A. (2008) p 2.
34 Morin, E. (2002). Maffettone, S. (2007) p 7.
35 Maffettone, S. (2007) p 7-8.
36 Commission on Global Governance (1995) Vaccaro, S. (2007) p 123.
37 Vaccaro, S. (2007) p 123.
38 Jessop, B. (1999) p 1. Vaccaro, S. (2007) p 123.
39 Stocker, G. (1998) p 17-28.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
31
sociali. Questa limitazione però ignora la necessità di prendere delle decisioni e di risolvere i
conflitti (Peters 2007).40
1.3.2 Dallo Stato sociale al neoliberalismo
Per molti anni, oltre 340, lo Stato ricopriva il ruolo dominante nella politica, dalla pace di Vestfalia
(1648) che segnò la fine dalla guerra Trentennale fino alla conclusione del 20esimo secolo. La
caduta del Muro di Berlino (1989) e la fine della guerra fredda sono ritenuti il punto terminale di un
ciclo politico che ha avuto nello Stato il soggetto politico egemone (Held 1993).41
Il potere dello Stato, il suo ruolo, le sue funzioni e la sua effettività sono state ridimensionate negli
ultimi decenni in modo irreversibile – come ritiene Michael Zürn (1999). Le cause sono da ricercare
nella globalizzazione e nelle riforme neoliberali. Crescono nel contempo nella loro importanza
nuove entità sovra- trans- e subnazionali (Zürn 1999).42
Dopo che il modello dello Stato sociale di
Keynes entrò in crisi, seguì un sistema neo-corporativo che coinvolse le parti sociali nei processi
decisionali. Ma la profonda crisi economica scaturita dallo shock energetico (oil crisis) del 1973
mise in ginocchio questo sistema. I patti sociali non poterono più essere mantenuti, scioperi, fuga di
capitale e un debito pubblico crescente misero in dubbio il welfare sociale non più facilmente
sostenibile.
Al posto del neocorporativismo si fece largo il neoliberalismo. Erano Ronald Reagan negli Stati
Uniti e Margaret Thatcher in Gran Bretagna a volere e a provocare questa svolta. La differenza
fondamentale consiste nel fatto che i valori liberaldemocratici vennero sostituiti da concetti liberali.
Questi puntano al principio di mercato che dovrebbe produrre ricchezza per tutti autoregolandosi. I
neoliberali chiedono pertanto un sistema di Laisser-faire totale sia nella politica economica che
sociale. Ritengono che i meccanismi di mercato siano in grado di svolgere al meglio i loro compiti
di quanto lo fossero gli Stati. La critica allo Stato sociale ha provocato la sostituzione della
burocrazia pubblica con agenzie più flessibili ma incerte e transitorie. Le politiche di
privatizzazione e di regolazione prima e di decentramento e devoluzione poi, hanno trasformato il
panorama istituzionale. È stato creato uno spazio frastagliato e i burocrati hanno non solo perso il
loro monopolio, ma vengono anche sorvegliati da controlli di qualità stabiliti centralmente e dalla
competizione privata. Anche il diritto del lavoro è stato rivoluzionato. I contratti tradizionali di
40
Peters, B. G. (2007) p 41-42. 41
Held, D. (1993). Palumbo, A. (2007) p 15. 42
Zürn, M. (1999). Palumbo, A. (2007) p 15.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
32
lavoro a tempo indeterminato hanno perso il loro ruolo esclusivo e sono sostituiti sempre più da
contratti a tempo determinato e con retribuzioni dipendenti dalla prestazione.43
Il modello neo liberale ha però sollevato rilevanti dubbi, maggiori di quelli espressi nei confronti
dei tipi di governo precedenti (Gray 1998 e Stiglitz 2002).44
Ai sistemi neoliberali manca soprattutto
la legittimazione da parte della popolazione che ha provocato la reazione dei movimenti no-global.
Il debole sostegno sociale potrebbe mettere in forse il neoliberalismo.
Anche il processo decisionale nelle democrazie rappresentative è discutibile. Limita la
partecipazione democratica alle elezioni, le possibilità di controllo e co-decisione durante la
legislatura sono molto limitate (Palumbo 2007). La Governance venne sviluppata per impedire la
caduta del neoliberalismo. Cerca di coniugare prerogative neoliberali con quelle neocorporative.
Del neoliberalismo riprende le novità introdotte a livello di implementazione, mentre del
neocorporativismo accetta l‟idea di allargare la base sociale a nuovi attori per aumentare il consenso
democratico.45
Viene pertanto giudicata positiva la partecipazione dei cittadini. Grande importanza
si attribuisce anche al principio di sussidiarietà sul quale si basano le relazioni tra i diversi livelli di
governo, da quelli locali a quelli internazionali.
1.3.3 Obiettivi e condizioni, limiti e livelli della Governance
L‟obbiettivo della Governance è quello di creare un ordine politico per la società in grado di
autoregolarsi e correggersi, per aumentare non solo l‟efficienza ma anche il potere di inclusione
sociale e quindi la legittimità. A differenza dei puri sistemi neoliberali, la Governance aspira al
consenso e l‟inserimento degli attori sociali. A differenza dei modelli neocorporativi riconosce i
limiti dei meccanismi rappresentativi elitari e preme per forme deliberative in grado di coinvolgere
combinazioni diverse di attori sociali.46
Bob Jessop (2007) riassume in quattro punti risultanti da diversi studi, le condizioni necessarie per
costruire una Governance efficiente e un‟auto-organizzazione riflessiva:47
- I modelli e le pratiche devono saper semplificare e ridurre la complessità del mondo, ma
rimanere congruenti con i processi del mondo reale, e rilevanti con gli obiettivi degli attori.
- Devono potersi sviluppare capacità dinamiche e interattive di apprendimento sociale tra agenzie
autonome, ma interdipendenti, riguardo ai processi causali e alle forme di interdipendenza,
43
Palumbo, A. (2007) p 15. 44
Gray, J. (1998). Stiglitz, J. (2002). Palumbo, A. (2007) p 19. 45
Palumbo, A. (2007) p 19-20. 46
Palumbo, A. (2007) p 19-20. 47
Jessop, B. (2007) p 81.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
33
all‟attribuzione di responsabilità e capacità d‟azione e sulle possibilità di coordinamento in un
ambiente turbolento e complesso.
- Le metodologie devono saper coordinare le azioni di forze sociali con differenti identità,
interessi e sistemi di significato, attraverso orizzonti spaziotemporali e domini d‟azione diversi.
- Devono essere create visioni del mondo comuni per le azioni individuali e di un sistema di
meta-governance che sia in grado di stabilizzare gli orientamenti, le aspettative e le regole di
condotta dei soggetti chiave.
Le difficoltà però non devono essere disconosciute. Jessop (2007) analizza possibili cause che
potrebbero portare al fallimento della Governance:
La prima possibile causa riguarda il sistema capitalistico stesso, quale sistema sociale basato su un
equilibrio contraddittorio tra forme organizzative mercatizzabili e non mercatizzabili. Viste le
asimmetrie nelle relazioni tra capitale e lavoro e tra le forme di interdipendenza tra le condizioni
economiche e quelle extra-economiche dell‟accumulazione, è difficile vedere come possa
realizzarsi un‟auto-organizzazione riflessiva basata sulla simmetria tra le parti sociali.
La seconda difficoltà consiste nell‟introdurre partenariati e altre forme di auto-organizzazione
riflessiva entro la cornice generale del sistema Stato, specialmente in relazione al primato da
attribuire ai diversi modi di coordinamento e di accesso a strutture di supporto e alle risorse. Un
pericolo di questo tipo è anche rappresentato dallo Stato che si arroga il diritto di intervenire nelle
strutture dalla Governance.
Il terzo limite riportato da Jessop riguarda la Governance come auto-organizzazione riflessiva. Si
basa su un‟eccessiva semplificazione delle condizioni necessarie per l‟azione. Basti pensare per
esempio come includere l‟ambito locale nell‟economia globale, o ai problemi tra i vari livelli e le
tensioni tra i soggetti impegnati nell‟auto-organizzazione. Uno dei problemi di questo tipo
annoverati da Jessop è la relazione problematica esistente tra coloro impegnati nei processi
comunicativi (networking, negoziazione ecc.) e coloro di cui si rappresentano gli interessi e le
identità.48
Naturalmente cambiano le forme di Governance a seconda del loro ambito di applicazione. Basti
pensare a una Governance per un modello di sviluppo locale, o ad uno per il capitale finanziario
ipermobile, oppure per le migrazioni internazionali, oppure per strutture universitarie, oppure per
ambulatori medici. Gli attori, i livelli e i modi di gestione sono diversi, però le condizioni
menzionate devono valere per tutti. Le auto-organizzazioni possono svilupparsi su vari livelli, dalle
relazioni tra le persone, a quelle tra organizzazioni e istituzioni, fino alle relazioni tra sistemi.
48
Jessop, B. (2007) p 82-84.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
34
Paul Hirst (2000) elenca cinque dimensioni, nell‟ambito delle quali la Governance può articolarsi:
49
o la prima sembra essere nata dalle politiche di sviluppo e la modernizzazione di Paesi usciti
dalla lunga fase di dominio coloniale. Si è affermata sotto l‟etichetta di good Governance;
o la seconda dimensione si forma negli ambiti dei regimi internazionali con le istituzioni
multinazionali in esse formatesi negli anni. Emerge un ruolo delle agenzie internazionali,
delle intese tra Stati e delle usuali pratiche governative nel commercio internazionale, come
l‟arbitrato, come metodo di Governance;
o la terza dimensione – sempre secondo Hirst – concerne la cosiddetta corporate Governance,
ossia una sfera di domino dell‟impresa, sganciata da precise norme legislative per essere
affidate ad un controllo privato. Si tratta anche di difendere gli interessi dei piccoli azionisti
in confronto dei manager;
o la quarta dimensione, risalente a cavallo degli anni 70 e 80, riguarda la ristrutturazione dei
welfare state, da parte delle politiche liberali e liberiste che toccano in profondità le
politiche dei servizi pubblici e l‟amministrazione degli Stati stessi;
o la quinta dimensione per Hirst si lega alle nuove pratiche di agire coordinato in reti,
partenariati e forum deliberativi che sorgono dalla rovina della rappresentanza corporativa.
Questa nuova prassi vuole superare la crisi delle rappresentanze corporative e il deficit
democratico. La società moderna, infatti, è sempre più composta da istituzioni non
democratiche. 50
Sebastiano Maffettone (2006) invoca una “integrazione pluralistica dal basso“, disposta sul
triangolo dei diritti, della giustizia e dell‟identità. 51
Questa proposta potrebbe prefigurare una sorta
di democrazia diretta che prende in considerazione i problemi reali. Anche a base internazionale la
Governance dovrebbe permettere più democrazia e consenso. 52
49
Hirst, P. (2000) p 14-19. 50
Hirst, P. (2000 p 14-19. Vaccaro, S. (2007) p 125-126. 51
Maffettone, S. (2006). Vaccaro, S. (2007) p 145. 52
Zürn, M. (2007) p 245-265.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
35
1.4 L‟autonomia
1.4.1 Cosa significa autonomia?
A seconda dell‟uso e del contesto, il termine autonomia può assumere significati diversi53
. Deriva
dalle parole greche “autos” (stesso) e “nomos” (legge o norma), intendendo “auto legislazione” o
“auto legalità”. L'autonomia è quindi il diritto di una comunità di autoregolare i propri rapporti
giuridici con proprie disposizioni. Nel pensiero greco l'autonomia definiva il fine delle città-stato di
tutelare la loro autonomia ed in modo particolare il diritto di poter decidere in maniera indipendente
le loro questioni interne.
Nel diritto pubblico il significato di autonomia è “la capacità di una comunità incorporata in uno
Stato, ma da esso separata sul piano organizzativo, di regolare le proprie questioni creando
principi di diritto obiettivo” (W. Schick).54
Nell'ordinamento giuridico italiano possono essere distinte le seguenti entità autonome:
a) gli enti la cui autonomia può essere definita costituzionale in quanto derivante direttamente dalla
Costituzione o dalle leggi costituzionali. Tale autonomia comprende per certi versi anche il diritto
di emanare provvedimenti legislativi entro certi limiti: questi enti territoriali sono le Regioni con
Statuto ordinario la cui autonomia è unitaria e regolata in modo più limitato, come anche le Regioni
a statuto speciale e le Province autonome di Bolzano e Trento, la cui autonomia è diversa e più
ampia. (art. 114 – 117 e 131 della Costituzione);
b) gli enti la cui autonomia – seppure ancorati anch‟essi nella Costituzione – ha solo un carattere
amministrativo, e quindi in primo luogo i Comuni ed in forma sussidiaria le Province e le Città
metropolitane (art. 114 e 118 della Costituzione).55
Questa definizione della parola autonomia come riportata dai dizionari (nell‟Herders Staatslexikon,
nel Der Große Brockhaus e nel Grande Dizionario Enciclopedico UTET) trova la sua elaborazione
pratica nell'organizzazione dello Stato. Quanto più uno Stato è strutturato in maniera centralista,
tanto meno gli enti territoriali godono di autonomia a livello locale. Quanto più una comunità è
organizzata in modo federale, tanto più autonomi sono anche gli Stati membri, gli Stati federali, le
Regioni o Cantoni che la compongono.
53
Questo capitolo fa riferimento a: Peterlini, O. (1996 a): Autonomia e tutela delle minoranze, 1. edizione., nonché :
Peterlini, O. (2008 c): Evoluzione in senso federale e riforma Costituzionale in Italia. 54
Staatslexikon (1985-1993) p 490-491, nonché: Der Große Brockhaus (1983), volume 2 p 194. 55
Morone, E. (1984) in: Grande Dizionario Enciclopedico UTET , volume 2, p 622, resa attuale dall‟ autore in base alla
nuova L. cost..3/2001.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
36
Deve essere fatta una distinzione tra autonomia e sistema federale. 56
Il federalismo è associato alla forma di
Stato e presuppone l'esistenza di uno Stato federale. Ci occupiamo di questo nel capitolo 1.6. L'autonomia è
un diritto costituzionale e spesso protezione internazionale di un territorio e della sua gente, ai quali viene
garantita una limitata indipendenza su diversi livelli e una speciale protezione giuridica..57
1.4.2 Gli enti autonomi in Italia
In Italia le funzioni delle Regioni, anche di quelle a Statuto speciale e delle Province autonome,
nella Costituzione del 1948 furono elencate in modo tassativo. La Regione è autorizzata a emanare
delle disposizioni di legge nei rispettivi settori. La relativa competenza regolamentare delle leggi
corrisponde di norma alle funzioni sulla legislazione.
Le competenze legislative delle Regioni e delle Provincie autonome sono scaglionate a seconda dei
limiti ai quali si devono attenere, in:58
o Competenze esclusive o primarie (anche se non così nominate dalla Costituzione), per le quali le
Regioni e le Province di Bolzano e Trento devono attenersi ai limiti della Costituzione, ai
vincoli derivanti dall‟ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
o Competenze concorrenti o secondarie: per queste i limiti sono più stringenti. Oltre ai limiti della
competenza esclusiva, si devono attenere anche ai principi fondamentali riservati alla
legislazione dello Stato.59
o Esistono inoltre per poche materie anche le cosiddette “competenze integrative”. Per queste
materie trovano applicazione le leggi dello Stato, ma le Regioni e le Province possono emanare
delle norme integrative.
Per le Regioni a statuto speciale valgono regole particolari. La maggior parte di loro godono già dal
1948 di forme di competenze elencate negli Statuti, molto più estese in rispetto alle Regioni
ordinarie e per le quali in parte già da allora potevano decidere autonomamente in via esclusiva.60
Per le Regioni a statuto speciale rimane tuttora in piedi l‟elencazione tassativa delle loro
competenze. Per queste competenze (che non spettano anche alle Regioni ordinarie) valgono ancora
i vecchi limiti previsti negli Statuti. Inoltre hanno assunto le competenze nuove delle Regioni
56
Sui concetti federalismo e autonomia cfr.: Groppi, T. (2004), Viviani Schlein, M.P./ Bulzi, E./ Panzeri, L. (ed)
(2003), Truini, A. (2003), D'Atena, A. (2001), Vassallo, S. (2001), Pizzetti, F. (1996), Bassani, L.M./ Stewart, W./
Vitale, A. (1995), Cozzola, G. (1995), Danese, A. (1995), Bognetti, G. (1991), Borcio, R. (1991), De Vergottini, G.
(1990). 57
Riz, R./ Happacher, E. (2008) p 230-231. 58
Art 117 Cost. Le Regioni ordinarie fino al 2001 non conoscevano competenze cosiddette esclusive o primarie. 59
Art 4 dello Statuto sull'autonomia per il Trentino-Alto Adige e, analogamente, il nuovo art.117 comma 3 della
Costituzione. 60
Art 116 Cost. e i cinque Statuti speciali, p. es. art.4 dallo Statuto della Regione Trentino-Alto Adige.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
37
ordinarie secondo la riforma costituzionale del 2001. Come queste si inseriscono nell‟assetto
statutario è tema di questa ricerca.
1.5 Il regionalismo
La regione viene generalmente considerata, sia in campo scientifico che in quello politico, il luogo
in cui può avvenire un ammodernamento nella società. Effettivamente vengono prese sempre più
decisioni a livello regionale61
e l‟importanza della regione è considerevolmente aumentata.62
Questo vale sia per campi politici quale l‟incremento economico, lo sviluppo strutturale, la
tecnologia, l„occupazione o l‟ambiente, così come per le discipline scientifiche quali l‟economia, il
diritto, la sociologia, la psicologia sociale, la storia e la scienza politica.63
Con il termine
regionalismo si possono intendere, secondo il Politiklexikon, due concetti:64
a) „La generale ricerca da parte di una regione o di un territorio (che può essere distinto p. es.
per caratteri paesaggistici, storici o etnici) verso più responsabilità proprie e autonomia nei
confronti del potere centrale“.
b) „nelle relazioni internazionali, le attività politiche verso il connubio di più Stati di una regione
(mondiale) (p. es. per promuovere i rapporti economici tra di loro)“
Il Dizionario di storia moderna e contemporanea definisce il regionalismo come segue:65
c) “Opzione politica per un decentramento di funzioni dello Stato su base regionale, che, a
differenza del federalismo, non implica tuttavia sovranità territoriale, costante prerogativa
dello stato nazionale. Lo scopo dell'autonomia regionale è di consentire l'adeguamento di
norme e regolamenti alle condizioni specifiche di un'area e favorirne lo sviluppo”.
Facciamo essenzialmente riferimento alla prima e alla terza definizione, comprendendo quindi da
una parte la ricerca della Regione verso un‟autogestione amministrativa più ampia, come la
strutturazione di uno Stato in regioni. La delimitazione dal federalismo avviene in base ai criteri che
lo contraddistinguono.66
61
Grasse, A. (2000) p 17. 62
Sulla crescente importanza delle Regioni cfr.: Grasse, A. (2005); Bullmann, U./ Goldsmith, M./ Page, E. (1997);
Balme, R. (ed) (1996); Jones, B./ Keating, M. (ed) (1995); Tomuschat, C.(ed) (1995); Bullmann, U. (1994a); Hrbek, R.
(1994) p 125-144; Benz, A. (1993) p 328-347; 63
Grasse, A. (2000) p 17. 64
Schubert, K./ Klein, M. (2006). 65
Paravia Bruno Mondadori Editori (ed), scaricato il 2.6.2010. 66
Cfr. 1.6.5 Le caratteristiche del federalismo e le delimitazioni al regionalismo.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
38
1.5.1 Lo spazio regionale
Il concetto di regione può essere utilizzato in diversi sensi, in senso spaziale, ma anche in termini di
spazio politico e di interazione sociale, come spazio economico o spazio funzionale.67
Keating
(1998) utilizza il termine Regione in senso più ampio, non solo come istituzione, ma anche come
scambio sociale ed economico, che proviene dalle istituzioni. 68
Lo spazio regionale può essere suddiviso e visto – secondo Keating, M. (1998)69
sotto i seguenti
profili:
o Come spazio territoriale: in senso territoriale lo spazio regionale può essere inteso in vari
modi, per esempio come livello intermedio tra Comune e Stato, come regione metropolitana, come
regione paesana/territoriale o provinciale, come piccola zona nel senso tradizionale del suo
significato in lingua tedesca. In Germania esistono Stati-regione estesi, nei quali la superficie in
proporzione alla popolazione è molto elevata, che si estendono dal Nordrhein Westfalen fino al
Saarland, nonché Stati-città come Bremen, Amburgo o Berlino. La Spagna ha grandi regioni come
la Catatonia o l‟Andalusia e piccole province. Una definizione univoca della regione non esiste
neanche a livello europeo, dove ci si aiuta con il sistema NUTS con i suoi tre livelli ai fini
statistici.70
o Come spazio funzionale: Come organi intermedi le Regioni hanno poteri di pianificazione e
programmazione. Ma anche il termine dello spazio funzionale non può essere generalizzato. Il
nuovo modello di sviluppo economico punta all‟educazione professionale, network, piccole e medie
imprese, ecologia e qualità della vita. Per interventi in questi settori la regione offre un campo più
adatto rispetto allo Stato. Un ruolo particolare lo svolgono le regioni in aree con particolarità
etniche o linguistiche.
o Come spazio politico: Si intende come tale l‟ambito nel quale avvengono i dibattiti politici e
nel quale attori politici possono legittimamente prendere le loro decisioni. Questo spazio non deve
corrispondere necessariamente alle autonome istituzioni governative (anche se solo quelle possono
prendere decisioni). Le Regioni italiane dispongono sì di organi eletti, ma non rappresentano –
secondo Keating – uno spazio politico nel senso descritto, ma delle articolazioni puramente
arbitrarie o create da unificazioni di unità locali. I Länder tedeschi (Regioni), le Regioni del Belgio
e le Regioni storiche della Spagna, come la Catalonia o la Regione Basca invece, rappresentano nel
contempo uno spazio politico e un‟istituzione autonoma. Da questo punto di vista anche il nostro
67
Keating, M. (1998) p 12. 68
Keating, M. (1998) p 11. 69
Keating, M. (1998) p 18-22. 70
Nomenclature of Territorial Units for Statistics (NUTS).
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
39
oggetto di ricerca che riguarda la Regione Trentino Alto Adige/Südtirol, non corrisponde allo
spazio politico che sarebbe costituito dal Tirolo storico.
o Come spazio istituzionale: Alla molteplicità del regionalismo corrisponde un‟altrettanta
variegata molteplicità di forme di governo. In certi casi le Regioni sono solamente articolazioni
dello Stato. Come esempi Keating cita la Scozia, il Wales e l‟Irlanda del Nord, amministrati dai
Governi centrali. Anche in Italia era così fino agli anni settanta.71
In Francia coesiste un sistema di
amministrazione regionale dello Stato con Consigli regionali nelle Regioni. Anche in Italia i Prefetti
e nelle Regioni a statuto speciale i Commissari di governo esercitano la funzione di amministratori
statali, anche se in modo ridotto, accanto ai quali agiscono le amministrazioni autonome nell‟ambito
delle loro competenze.72
È opportuno però limitare il concetto di Governments regionale alle
istituzioni autonome che sono elette in elezioni generali. 73
1.5.2 La crisi dello Stato sociale e la modernizzazione regionale
Le Regioni in Europa respirano l‟aria di una nuova primavera. Sono molteplici le ragioni che hanno
contribuito a questa riscoperta dello spazio regionale. Prima di esaminare gli sviluppi politici e
istituzionali delle Regioni, vogliamo analizzare le connessioni economiche nello spazio regionale e
la loro importanza per lo sviluppo regionale.
1.5.2.1 La crisi dello Stato sociale
Molto prima che i mercati finanziari, a partire del 2008, facessero precipitare l‟economia mondiale
in una profonda recessione, si profilò la crisi dello Stato sociale. Nel dopoguerra gli altissimi tassi di
crescita permettevano la costruzione di un sistema sociale assai generoso. Questi tassi però negli
ultimi decenni del 20esimo secolo si appiattirono. I mercati si mostrarono sempre più sazi. I nuovi
prodotti e in particolar modo i nuovi mezzi di comunicazione e di elaborazione dati non riuscirono a
esaudire le altissime aspettative per una ripresa. Le sopravvalutazioni dei titoli internet portarono ad
una triennale crisi dei mercati finanziari che si ripercossero sulle Borse in modo peggiore che
l‟attacco alle torri gemelle a New York.
Nel contempo avanzava il neoliberalismo proveniente dagli Stati Uniti che puntava esclusivamente
sull‟autoregolamentazione dello Stato. L‟obiettivo consisteva nel depotenziare il ruolo dello Stato e
aprire i mercati. Si aggiunse la globalizzazione voluta proprio dal neoliberalismo, come giustamente
71
Peterlini, O. (2008b, de) p 195-196. 72
Peterlini, O. (1996b, de) p 145-146, (1996a, it) p 142-144, (2000c, de) p 139-140, (2000d, it) p 135-136. 73
Keating, M. (1998) p 23.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
40
scrive Alexander Grasse (2005). 74
La concorrenza divenne sempre più accanita e spazzò via la
protezione dell‟ambito locale e il protezionismo. Le regole e i sistemi di sicurezza statali vennero
sfondati e superati sovranazionalmente, il che si rivelò in modo catastrofico soprattutto per le Borse
finanziarie.
Questo sviluppo viene inoltre accompagnato e inasprito da una vera rivoluzione dello sviluppo
demografico, che segna una natalità talmente bassa da mettere in crisi il sistema pensionistico e
sociale. I tassi di natalità tra gli 1,1 e 2 figli per donna non possono più garantire la riproduzione
naturale della popolazione negli Stati industrializzati. Cresce l‟aspettativa di vita, la popolazione
invecchia, una fascia sempre più ridotta di giovani deve sostenere una fascia crescente di persone
anziane.75
La crisi dello Stato sociale incrementò l‟importanza della politica che si trovò a dover affrontare le
cause della crisi e a modernizzare la società.76
Grasse (2005) descrive questo fenomeno come la
capacità di auto-organizzarsi in modo strutturale e mirato e a trasformarsi per adattarsi alle nuove
esigenze. Le istituzioni della politica e dell‟amministrazione rischiano nel corso degli anni di
incrostarsi e necessitano pertanto di – come postulano Hesse e Benz (1990) – un periodico
adattamento alle nuove sfide.77
La capacità di adattarsi diventa l‟impietosa discriminante per la
modernizzazione. Lo Stato deve incentivare le istituzioni, gli attori pubblici e quelli privati a
processi di apprendimento e creare arene di trattative e cooperazione.78
Per questo processo di
rinnovamento sono indispensabili una maggiore partecipazione e condivisione dei cittadini, perché
una forzatura dall‟esterno provocherebbe forti resistenze.79
L‟onda del decentramento e del
federalismo deve essere vista proprio in questa luce. Su questo vige ampio consenso tra gli
osservatori e gli autori.80
Si presenta il bisogno di un decentramento e di una differenziazione per
lanciare la crescita e conquistare nuovi spazi per la ripartizione.
Grasse (2005) riconosce proprio nel decentramento e nella differenziazione il presupposto per una
promozione economica e una politica strutturale mirata nonché per l‟opportuna combinazione di
misure, un Police-Mix, per concatenare le politiche particolari di settore. In questo ambito devono
collaborare le istituzioni locali, i network e gli enti locali.81
Le regioni diventano in questo modo il
livello sul quale è possibile affrontare la modernizzazione e l‟adattamento alle nuove esigenze.
74
Grasse, A. (2005) p 35. 75
Peterlini, O. (2003) p 17-54. Peterlini, O. (2000 a) p 31-50, Peterlini, O. (2000 b) p 31-49. 76
Grasse, A. (2005) p 35. 77
Hesse, J. J., Benz, A. (1990). 78
Grasse, A. (2005) p 35-36. 79
Hesse, J. J., Benz, A. (1990). 80
Keating, M. (1998). Grasse, A. (2005) p 36, cita inoltre Loughlin, J. et al. (2001); Berge, F./ Grasse, A. (2003);
Piazzolo, M. / Weber, J. (ed) (2004). 81
Grasse, A. (2005) p 36-37.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
41
1.5.2.2 Le Regioni e lo sviluppo economico
Il regresso della produttività, registrato dagli anni 70 in poi, e la globalizzazione hanno sempre più
messo in dubbio il modello di sviluppo di carattere nazionale e la regolamentazione solidale dello
Stato. Il punto di partenza per la ricerca economica deve essere quella di riconoscere le differenze
marcate nello sviluppo di diversi Stati nel “mosaico delle città e delle regioni che le
contraddistinguano”, sottolinea Mick Dunford.82
Basta guardare agli Stati d‟Europa che mostrano
notevoli differenze nel loro sviluppo tra di loro. Dunford li suddivide, insieme ad altri paesi, in sei
gruppi. Il potere economico degli Stati non lo classifica secondo la grandezza complessiva, ma
secondo il valore dei beni e dei servizi pro capite. Conseguentemente annovera il Lussemburgo, la
Svizzera e la Germania tra le economie centrali con il massimo reddito pro capite, gli Stati interni
all‟UE e dell‟EFTA al secondo livello, la Spagna, l‟Irlanda e il Portogallo al terzo, per arrivare
infine alla Romania e agli Stati dell‟ex Unione Sovietica nel più basso, settimo livello. Però è
importante intravedere le grandi differenze che si presentano tra le economie regionali e cittadine,
nonché all‟interno delle stesse regioni. 83
Proprio lo spazio regionale nella sua molteplicità si presta,
pertanto, come ideale campo di ricerca. 84
1.5.3 La regione come spazio di sviluppo economico
1.5.3.1 La regione quale campo di relazioni sociali ed economiche
Molti Stati in Europa soffrono di forti discrepanze nello sviluppo regionale. Accanto a qualche
regione debole nel Nord dell‟Europa e – dopo l‟unificazione – al dislivello tra Est e Ovest in
Germania, è soprattutto l‟Italia che si trova divisa in un ricco e sviluppato Nord e un povero Sud.
Per promuovere lo sviluppo delle regioni poco sviluppate vari autori hanno proposto già dagli anni
settanta di analizzare il territorio in modo differenziato. Essi hanno esaminato il territorio nei suoi
diversi profili e nel suo campo di interconnessioni economiche e sociali, come uno spazio di
relazioni diversificate („diversified relational space“). Questo nuovo orientamento non analizza più
la regione come parte di un sistema nazionale, che agisce come unità omogenea interna, ma nella
sua molteplicità nella quale agiscono piccoli e grandi attori, sia pubblici che privati, locali e
multinazionali. Questi scienziati hanno analizzato il comportamento degli attori nella loro scelta
della sede, la loro potenza produttiva e innovativa e le loro relazioni col sistema locale e quello
esterno. Questa linea di pensiero prende il suo inizio dalla Growth pole theory (la teoria dei poli di
82
Dunford, M. (1998) p 90. 83
Dunford, M. (1998) p 91-92. 84
Per i successi e l‟efficienza della politica regionale e delle misure europee cfr.: Bukowski, J./ Piattoni, S./ Smyrl, M.
(ed) (2003), in particolare Smith, A. (2003), Piattoni, A./ Smyrl, M. (2003).
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
42
crescita) e si riflette in una serie di teorie, che Roberta Capello (2007) ha analizzato e paragonato
tra di loro.85
Essa cerca di individuare le cause endogene ed esogene che possono stimolare lo
sviluppo.
Questo modo di analisi permette di esaminare attività economiche, fattori di produzione, domanda e
strutture nella loro distribuzione all‟interno di una regione.
La natura qualitativa delle teorie, superata solo negli anni recenti grazie ad una modellazione più
avanzata e sofisticata, ha addirittura condotto nella metà degli anni 70 a distinguere tra:
- pura ed esatta economia regionale senza economie di agglomerazione,
- e teoria regionale applicata, inesatta ma comprensiva delle economie di agglomerazione
(secondo Von Böventer, Edwin).86
Le teorie analizzate da Capello cercano di individuare i fattori, che garantiscono processi produttivi
a costi e prezzi relativamente meno elevati di quanto non accada altrove. 87
Questi fattori sono:
a) Elementi esogeni al contesto locale, che nascono al di fuori dell‟area e che sono trasferiti in
loco casualmente o deliberatamente attraverso precise politiche a supporto dello sviluppo locale,
Queste possono consistere nella presenza in loco, casuale, di un‟impresa dominante o di una
multinazionale o la diffusione nell‟area di un‟innovazione generata altrove o la realizzazione di
nuove infrastrutture, decise da autorità esterne, tutti elementi che non hanno a che vedere con le
caratteristiche e le capacità produttive locali.
b) Elementi endogeni, che nascono e si sviluppano nell‟area stessa, la quale riesce con le sue
potenzialità a mettere in moto un processo di sviluppo auto propulsivo.88
Questi elementi
possono consistere nella capacità imprenditoriale, nelle risorse produttive locali (lavoro e
capitale), nella capacità decisionale degli attori economici e sociali locali.
Con la analisi dello spazio diversificato si abbandona la concezione di sviluppo regionale come
problema di pura allocazione di risorse. Il modello neoclassico di crescita interregionale (il modello
a un settore di Borts e Stein) prevedeva che il tasso di crescita nazionale fosse determinato
esogenamente e che il problema da affrontare fosse quello di determinare come questo incremento
dovesse essere distribuito tra le regioni. Con le teorie trattate da Roberta Capello entriamo in
un‟ottica di sviluppo generativo, nel quale il tasso di crescita nazionale è il risultato della somma
dei tassi di crescita realizzati dalle singole regioni.89
85
Territorial competitiveness and exogenous development, in: Capello, R. (2007) p 159-180. 86
Von Böventer, E. (1975) p 1-29. 87
Capello, R. (2007) p 160. 88
Capello, R. (2004) p 220-221. 89
Capello, R. (2004) p 220-221.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
43
1.5.3.2 I fattori di crescita regionale secondo Perroux
La prima teoria che abbandona l‟ottica di spazio uniforme-astratto per concepire uno spazio
diversificato-relazionale è la teoria dei poli di sviluppo (Growth pole theory), che risale a William
Petty (1623-1687), ulteriormente sviluppata e presentata per la prima volta nel 1955
dall‟economista francese Francois Perroux (1903-1987): „Lo sviluppo non si verifica ovunque e
simultaneamente. Esso si manifesta in alcuni punti o poli di sviluppo con intensità variabile, e si
diffonde per vari canali e con effetti finali variabili per il complesso dell‟economia”. (Perroux,
1955)90
1.5.3.3 L‟approccio territoriale di Boudeville
Jacques Raoul Boudeville (1964) si pose l‟obiettivo di enfatizzare l‟elemento spaziale/territoriale,
definendo chiari confini geografici agli effetti positivi generati dall‟attività dell‟industria motrice.91
Perroux (1955) aveva si riconosciuto nella sua teoria le relazioni di imput e output, che però non
trovavano con lui nessuna collocazione spaziale specifica.
1.5.3.4 Il ruolo delle multinazionali nello sviluppo locale
Sulla base di alcune critiche alla visione ottimistica di Perroux si viene a consolidare negli anni 70
una teoria che interpreta lo sviluppo regionale attraverso l‟impatto delle grandi imprese
multinazionali sulla crescita locale. La capacità di scomporre il ciclo produttivo nelle diverse
funzioni e di trovare loro un‟adeguata localizzazione rappresenta la strategia vincente delle imprese
multinazionali. Essa tuttavia rischia di cristallizzare la divisione del lavoro tra regioni ricche, sedi
privilegiate delle funzioni dirigenziali e regioni povere, destinate ad accogliere le funzioni di più
basso livello. Da questo nascono però secondo Lipietz il pericolo di un rapporto di
“integrazione/dominazione” con le regioni avanzate e di uno sviluppo squilibrato, aumentando il
gap tra aree ricche e aree povere di un paese.92
Negli anni 80 si è assistito alla nascita di una corrente che evidenziò gli elementi positivi che si
generano con la presenza di una multinazionale,come:
- Il rafforzamento del tessuto produttivo in aree prive di imprenditorialità locale,
- l‟aumento degli effetti di agglomerazione industriale,
- la creazione di occupazione,
- lo stimolo a nuovi investimenti industriali,
90
Perroux, F. (1955) p 307- 320, secondo Capello, R. (2007) p 161 e (2004) p 222. 91
Boudeville, J.-R. (1964 ), English (1966).
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
44
- la creazione di nuove imprese,
- l‟aumento del livello di conoscenze manageriale e tecnologiche,
- gli spillover di tecnologia a favore dell‟ambito locale,
- la fertilizzazione incrociata tra imprese e istituzioni locali.
In anni più recenti, la letteratura ha focalizzato l‟attenzione sugli aspetti del trasferimento di
tecnologia dall‟impresa multinazionale all‟economia locale, ossia sui c.d. spillovers tecnologici. Un
elemento importante per godere delle esternalità tecnologiche è il grado di innovazione già presente
in un sistema produttivo locale.93
1.5.3.5 Il modello di Hägerstrand: la distanza geografica
Il geografo Torsten Hägerstrand (1916-2004) analizzò la diffusione spaziale dell‟innovazione,
partendo dal presupposto che questa non è liberamente disponibile, come credevano i neoclassici.
Secondo Hägerstrand lo sviluppo temporale di un‟innovazione segue un andamento sigmoideo, ad
„S“,94
rappresentata da una funzione logistica. Le fasi del ciclo temporale devono essere unite a
quelle spaziali, dando vita a una diffusione spazio-temporale dell‟innovazione, in tre fasi:
- lo stadio primario di adozione, nel quale l‟innovazione si diffonde lungo la gerarchia urbana; il
centro dell‟innovazione è la capitale, alla quale seguono poi i centri maggiori gerarchicamente;
- lo stadio della diffusione, nel quale agiscono contemporaneamente con pesi diversi, l‟effetto
gerarchico e l‟effetto di contagio o a macchia d‟olio. Prima agisce e prevale l‟effetto gerarchico
e la trasmissione dell‟innovazione avviene tramiti i centri, poi invece cresce e prevale l‟effetto
di contagio.
- lo stadio di saturazione, nel quale la diffusione spaziale dell‟innovazione agisce a tutto campo
ed è causale. La saturazione può svilupparsi attorno al centro dell‟innovazione, mentre la
diffusione in aree dislocate rimane ancora bassa. Deshalb könnte sich – trotz der Sättigung in
zentralen Gebieten – die Verteilung in entfernten Gebieten fortsetzen.
Hägerstrand parte da un modello di contagio epidemico, che presuppone che tutti abbiano la stessa
possibilità di recepimento dell‟innovazione. Proprio questo presupposto ha chiamato in campo i
critici.95
La diversa struttura delle aree rende impossibile questo presupposto. Hägerstrand intende
lo spazio esclusivamente come dimensione geografica.
92
Lipietz, A. (1980) p 60-75. 93
Capello, R. (2004) p 229-230. 94
Hägerstrand, T. (1967) (1966) p 27-42. 95
Capello, R. (2007) p 170.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
45
1.5.3.6 Il contributo di Griliches e Mansfield: la distanza economica
Il contributo di Zvi Griliches (1930 – 1999) ed Edwin Mansfield consiste nell‟aver introdotto il
concetto della distanza economica. 96
La diffusione spaziale dell‟innovazione è influenzata non
tanto dalla distanza geografica tra gli adottatori, quanto da quella economica: il livello di attività
produttive, del reddito, dei consumi, di investimento ecc. possono spiegare facilmente la maggiore
ricettività di un‟area all‟adozione.97
1.5.3.7 I limiti del modello logistico epidemico
Le critiche evidenziano i limiti interpretativi del modello:
- la logica del modello non concepisce un‟evoluzione tecnologica dell‟innovazione, un post
innovation improvement, ne tanto meno salti paradigmatici su altre tecnologie. Cambiamenti
nelle conoscenze tecnologiche potrebbero condurre a innovazioni di prodotto, che
ostacolerebbero lo sviluppo previsto dall‟andamento logistico,
- lo sviluppo economico è concepito come il risultato del comportamento dei potenziali adottanti,
della domanda di tecnologia, e da scontata la presenza di un‟offerta tecnologica completamente
flessibile in grado di far fronte alle esigenze. L‟innovazione invece è il risultato di in circolo
virtuoso di domanda e offerta, nel quale entrambi le componenti, interagendo, influenzano
tempi e modi in cui avviene il processo innovativo,
- nel modello logistico infine il numero dei potenziale adottatori è definito ex ante, esogenamente.
98
1.5.3.8 Il ciclo di vita del prodotto e quello delle regioni secondo Norton e Rees
R. D. Norton e John Rees (1979)99
hanno applicato la nota teoria del ciclo di vita del prodotto
elaborata da Seev Hirsch100
e Raymond Vernon101
alla diffusione locale dell‟innovazione. Le
differenze regionali dipendono – secondo questo modello di Norton e Rees – dai processi fisiologici
dovuti all‟invecchiamento delle tecnologie. Lo sviluppo tecnologico presenta tre fasi che si
localizzano, sulla base di un‟analisi della domanda, della produzione e dei processi innovativi, di
processo o di prodotto, in tre diverse posizioni:
96
Griliches, Z. (1957) p 501-525. 97
Capello, R. (2004) p 234-237. 98
Capello, R. (2007) p 173. 99
Norton, D. and Rees, J. (1979) p 141-151. 100
Hirsch, S. (1967). 101
Vernon, R. (1966) p 190-207.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
46
- nella fase del decollo di un nuovo prodotto la localizzazione naturale risulta quella urbana e
metropolitana, dove la domanda è meno elastica rispetto al prezzo, più aperta alle novità, e dove
sono presenti i fattori strategici all‟innovazione, come la capacità di ricerca e di invenzione, la
qualità della mano d‟opera, il facile accesso all‟informazione,
- nella fase di maturità del prodotto, nella quale prevalgono innovazioni di processo, spesso
incrementali, i fattori strategici per l‟innovazione sono la capacità manageriale e la disponibilità
di capitale. I processi produttivi necessitano di impianti di grandi dimensioni e la localizzazione
ottimale si presenta in aree più periferiche di paesi avanzati, con costi del suolo più contenuti,
- nella fase della standardizzazione della produzione, nella quale il fattore strategico sta nel costo
della manodopera, risulta vincente una localizzazione in paesi in via di sviluppo.
Il pregio di questa teoria sta nel saper concepire un pluralismo tecnologico interregionale, che lo
contraddistingue rispetto al modello logistico epidemico. La debolezza deriva dalla rapidità con la
quale cambia la tecnologia. Mentre la teoria era adatta, quando il cambiamento tecnologico nei
prodotti seguiva onde lunghe come negli anni 50, non altrettanto avviene a partire dagli anni 80, da
quando i ritmi nell‟evoluzione dei prodotti sono diventati estremamente elevati. Questo condusse al
ritorno della scelta tradizionale della localizzazione e pertanto al privilegiare i centri urbani.102
Inoltre la teoria non riconosce possibili elementi soggettivi all‟interno del processo di diffusione,
quali l‟interesse, l‟abilità e la capacità ricettiva che una particolare area può avere rispetto a
un‟altra.103
1.5.3.9 Infrastrutture e sviluppo regionale
Una migliore dotazione di infrastrutture è sicuramente un importante fattore per la localizzazione di
nuove imprese. Infatti, molte delle teorie finora esaminate concordano sull‟importanza delle
infrastrutture per lo sviluppo regionale. La dotazione infrastrutturale accresce la produttività dei
fattori della produzione e abbatte i costi di acquisizione. Visto che è difficile dividere i costi delle
infrastrutture tra gli operatori, queste sono spesso costruite dal settore pubblico e vengono definite
capitale pubblico.
In effetti, varie analisi empiriche hanno confermato l‟importanza delle infrastrutture. Il contributo
più rilevante è quello di David A. Aschauer 104
che riuscì a dimostrare che gli investimenti pubblici
in infrastrutture ebbero una forte influenza positiva sulla produttività totale negli Stati Uniti nel
periodo 1945-85. 105
102
Capello, R. (2007) p 174. 103
Capello, R. (2004) p 240. 104
Aschauer, D. A. (1989) 177-200; Aschauer, D. A. (1990) p 235-251. 105
Capello, R. (2007) p 176.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
47
Però la sola strategia infrastrutturale non basta per generare un processo di crescita economica in
una regione debole. Lo dimostrano anche gli ingenti investimenti dell‟UE in infrastrutture tra gli
anni 70 e 80 che non riuscirono a eliminare le disuguaglianze regionali. Negli anni 80 e 90 i risultati
addirittura peggiorarono. Inoltre la realizzazione di un‟infrastruttura di trasporto può anche
aumentare la competizione nell‟area rendendo il mercato più esposto a concorrenza esterna. Come
giustamente afferma Roberta Capello, la dotazione di capitale fisso sociale è una condizione
necessaria, ma non sufficiente: deve esistere una serie di altri fattori, tra cui imprenditorialità,
specializzazione, capacità innovativa, affinché una politica infrastrutturale possa essere davvero
efficace.106
1.5.3.10 Nove tecnologie della comunicazione e sviluppo regionale
Una conclusione analoga come quella per le infrastrutture può essere tratta anche per le nuove
tecnologie dell‟informazione e della comunicazione. Offrono nuove opportunità ma anche nuovi
pericoli. Una corrente di pensiero ricorda la possibilità di superare, grazie alle nuove tecnologie, i
problemi di perifericità. Studi empirici dimostrano però che anche nella prima fase la diffusione di
queste tecnologie si può verificare un processo centripeto, sorretto dalla presenza, nelle aree forti, di
una domanda potenziale maggiore, di più elevate conoscenze e capacità di sfruttamento delle
tecnologie.107
Uno studio degli anni 90 dimostra come le nuove tecnologie di comunicazione
abbiano prodotto effetti opposti in aree diverse in Italia. Mentre al Nord hanno raggiunto i loro
obiettivi, al Sud li hanno completamente mancati, a causa dell‟assenza delle conoscenze necessarie
per il loro utilizzo. A un risultato analogo arriva uno studio negli Stati Uniti.108
1.5.4 Le lezioni da trarre per lo sviluppo regionale e l‟identità regionale
Le teorie dello spazio o territorio diversificato permettono di analizzare una regione nella sua
molteplicità e non vederla solamente come parte di uno Stato. Il territorio viene analizzato nelle sue
relazioni sociali ed economiche. All‟interno di una regione si formano poli di crescita che svolgono
un effetto positivo sullo sviluppo.
La riscoperta delle proprie qualità e lo sviluppo delle potenzialità endogene offrono la possibilità di
resistere nella competizione internazionale dei sistemi territoriali. Solamente in tal modo possono
dare i loro frutti i programmi di sviluppo che hanno fallito se si sono limitati a trasferire i fattori
dall‟esterno (tranfer esogeno). Non bastano i programmi di industrializzazione, la costruzione di
106
Capello, R. (2004) p 243, (2007) p 177. 107
Yilmaz, S. and Dinc, M. (2002) p 211-228.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
48
infrastrutture e il transfer di tecnologie di comunicazione. Il successo di un sistema territoriale non
dipende solamente dalla qualità e quantità delle risorse, ma dalle relazioni sociali e dal capitale delle
interconnessioni locali e sociali. Il capitale come tale è super- mobile. La competitività di una
regione dipende anche dalle proprie risorse intangibili, che hanno le loro radici sul territorio e che
non possono essere semplicemente trasferiti con il capitale. Sono strettamente connessi con la
cultura e la capacità all‟innovazione, la capacità individuale e collettiva di imparare, l‟informazione,
la rete di relazioni e gli investimenti in ricerca e educazione. Roberta Capello (2007) trova questi
elementi incarnati nel capitale umano e nei network locali, nel mercato del lavoro e nel campo di
interconnessioni locali. 109
1.5.5 La regione come spazio di sviluppo politico
1.5.5.1 Il ruolo delle Regioni in Europa
Le Galès e Lequesne (1998) analizzano come sia cresciuta l‟importanza della regione quale area di
sviluppo politico ed economico nel contesto dell‟unificazione europea. La stessa Commissione
europea ha promosso le Regioni come istituzioni, perché adoperava un nuovo livello di
amministrazione per aggirare gli Stati membri.110
Le Regioni da parte loro hanno scoperto in
Bruxelles una vera “miniera d‟oro“ - come la descrivono Le Galès e Lequesne (1998) – e una via
per aggirare i loro Stati e rappresentare i loro interessi oltre che tramite il canale statale anche
tramite quello europeo. Le Regioni sviluppano sempre più una propria politica estera e hanno aperto
uffici di rappresentanza a Brussel.111
Le Galès e Lequesne (1998) chiamano questo fenomeno il più
grande paradosso delle Regioni in Europa. Mentre gli Stati hanno dovuto cedere competenze verso
l‟Europa, si è verificata anche una cessione di potere verso il basso.112
Le Regioni possono partecipare attivamente alla politica dell‟UE, mentre rimane loro preclusa ogni
partecipazione alle organizzazioni internazionali, come per esempio alla WTO o all‟ONU. Proprio
perché l‟UE si contraddistingue per la partecipazione alle sue istituzioni e ai suoi processi
decisionali di attori istituzionali posti su livelli istituzionali diversi, può essere definita una
multilevel governante. 113
Mario Caciagli analizza gli ulteriori motivi che hanno condotto al risveglio delle Regioni e
suddivide i regionalismi in altrettante tipologie, secondo questi motivi, quali quelli economici,
108
Capello, R. (2007) p 179-180. 109
Capello, R. (2007) p 253. 110
Le Galès, P./ Lequesne, C. (1998) p vii. 111
Cfr. Caciagli, M. (2006), Brunazzo, M. (2005), Alfieri, A. (2004), Anzon, A. (2003), Badiello, L. (2000), 112
Le Galès, P./ Lequesne, C. (1998) p vii.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
49
quelli etnico-linguistici o puramente linguistici, oppure secondo i loro obiettivi e secondo i mezzi
impiegati. Per quanto riguarda gli obiettivi questi possono spaziare dal decentramento,
all‟autonomia, dal federalismo alla secessione. Chi però postula l‟autodeterminazione chiede per se
uno Stato-Nazione, e si muove – secondo Caciagli – su presupposti ideologico-programmatici
nazionalistici. Qui starebbe il punto più controverso: regionalismo o nazionalismo. 114
Michel
Keating invece raggruppa anche questo movimento tra i regionalismi e lo definisce regionalismo
nazionalista. 115
L‟europeizzazione ha effettivamente incoraggiato questi movimenti nazionalistici in varie regioni
europee.116
Come esempio Le Galès e Lequesne (1998) riportano il Scottish National Party (SNP),
che promette ai propri elettori che la Scozia potrebbe, sotto la protezione dell‟UE separarsi dalla
Gran Bretagna e formare un proprio Stato. Anche in Italia partiti minori della minoranza
Sudtirolese, come la Union für Südtirol (UfS), e dopo la sua scissione la Südtiroler Freiheit (SF),
propagano il diritto all‟autodeterminazione dei Sudtirolesi. 117
La maggiore rappresentanza dei
Sudtirolesi, la Südtiroler Volkspartei (SVP) punta invece della separazione ad autonomia interna e
usa il rafforzamento delle Regioni europee e l‟integrazione europea come argomento contro il
separatismo. 118
La SVP promuove la formazione di un‟Euregio Tirolese o „Europaregion Tirol“,
nella quale potrebbero reintegrarsi le parti divise del Tirolo storico, lacerato dopo la Prima guerra
mondiale. Da quando l‟Austria, nel 1 gennaio 1995 è diventata membro dell‟UE le parti separate
potrebbero collaborare e integrarsi in una Regione transfrontaliera europea, senza trasferire i
confini. 119
In effetti, l‟Austria e l‟Italia hanno ratificato nel 1995 l‟Accordo quadro tra le due
Repubbliche sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività territoriali, fatto a Vienna il 27
gennaio 1993, e che si fonda sulla “Convenzione Quadro Europea sulla Cooperazione
Transfrontaliera delle Collettività Territoriali”, sottoscritta a Madrid nell‟ambito del Consiglio
d‟Europa il 21 maggio 1980. 120 Anche la regionalizzazione dell‟Italia sviluppatasi dagli anni 90
apre altre opportunità in questa direzione. 121
É ormai dagli anni 70 che in Europa si registra una rinascita dei movimenti regionalisti. Questo ha
indotto molti Paesi a istituzionalizzare le Regioni e a tentare di decentralizzare il potere. Una serie
113
Brunazzo, M. (2005) p 8. WEgli descrive in particolare le relazioni delle Regioni italiane con l‟UE. 114
Caciagli, M. (2006) p 165-167. 115
Cfr. Keating, M. (1988). 116
Per i movimenti dell‟Europa occidentale cfr. Blaschke, J. (ed) (1980), nonché Caciagli, M. (2006) p 180-186, per
quelli occidentali Caciagli, M. (2006) p 186-188. 117
Le Galès, P., Lequesne, C. (1998) p viii. cfr. anche Luverà, B. (1996). 118
Le Galès, P., Lequesne, C. (1998) p viii. cfr. anche Luverà, B. (1996). 119
Peterlini, O. (1997b, de) p 237-238, (2000c, de) p 231-232. 120
Peterlini, O. (1997b, de) p 243-247, (2000c, de) p 237-241. 121
Peterlini, O. (1997b, de) p 21-26.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
50
di partiti può essere classificata come etno-regionale. 122
Le Galès e Lequesne ritengono però (nel
1998) che le promesse siano rimaste inadempiute e che si tratti più di una politica simbolica che di
una vera ripartizione di potere.123
Hanno sicuramente ragione. In Italia tuttavia, poco dopo iniziò
l‟iter verso la riforma costituzionale che entrò in vigore nel 2001 e che effettivamente rafforzò il
ruolo delle Regioni, anche se non condusse alla realizzazione di uno Stato federale. 124
Un altro paradosso Le Galès e Lequesne lo riconoscono nel ruolo economico delle Regioni, che
rappresentavano la nuova speranza per lo sviluppo, dopo la crisi dello Stato sociale secondo Keynes
e la teoria del consumo e la produzione di massa secondo Henry Ford. Delle varie teorie di crescita
si è occupata Roberta Capello (2004) (2007), che già abbiamo brevemente riassunto. 125
La teoria
dei poli di sviluppo applicata in modo isolato non ha, nella prassi, mantenuto quanto prometteva,
tuttavia inserita in un contesto di vari fattori e condizioni può dare, come abbiamo potuto
constatare, risultati soddisfacenti.126
L‟Europa non possiede un livello uniforme di Regioni europee in senso giuridico, politico o
amministrativo. In verità sussistono varie forme di Regioni e attività regionali. Keating (1998)
intravvede nello sviluppo politico, economico e culturale da una parte una globalizzazione, che
chiama de-territorializzazione (de-territorialisation) oppure sradicamento dal territorio, e dall‟altra
un risveglio delle attività a livello regionale, che chiama re-territorializzazione (re-
territorialisation) ovvero radicamento nel territorio. Si formano nuove forme di regionalismo e
nuove Regioni.127
Lo Stato nazionale del diciannovesimo secolo ha sdegnato le Regioni perché le riteneva un ostacolo
per la formazione di una identità nazionale e la costruzione di uno Stato moderno. Dopo la Seconda
Guerra mondiale e specialmente negli anni 60 le Regioni vennero riconosciute quali elementi
preziosi per la modernizzazione dello Stato. Purtroppo la storia ha dovuto insegnare all‟umanità
dove abbia portato un nazionalismo esagerato. Gli Alleati pertanto cercarono di impedire fin
dall‟inizio ogni pericolo in tal senso.
122
Über die ethnoregionalen Parteien cfr. Tronconi,F. (2009), Caciagli, M. (2006) p 193-214, De WinterL./Türsan H.
(ed) (1998), Müller-Rommel, F. (1998), Türsan, H. (1998). 123
Le Galès, P./ Lequesne, C. (1998) p viii. 124
Peterlini, O. (1996b, de) (1997b, de) p 26-31. 125
Capello, R. (2007), particolarmente p 159-180, nonché (2004) p 219-246. 126
Cfr. 1.5.3 e particolarmente 1.5.4 La lezione da trarre per lo sviluppo regionale e l‟identità regionale 127
Keating, M. (1998) p 12.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
51
1.5.5.2 Gli Stati scoprono le Regioni: il regionalismo dall‟alto “Top Down”
La Germania poté ricorrere alle sue tradizioni federali. In Francia, Italia e Gran Bretagna, dove
mancavano le tradizioni, lo Stato scoprì le Regioni solamente negli anni 60 per motivi di
funzionalità e di sviluppo economico. Mentre si perseguiva una politica economica secondo il
pensiero macroeconomico di Keynes, si presentarono sempre più differenze regionali, che si
dovevano affrontare regionalmente. I Governi tentarono – come abbiamo visto – di applicare
modelli della promozione regionale. Sulla base della teoria di crescita dei poli („Growth pole
theory)di Francois Perroux‟s sono stati sviluppati ulteriori modelli più raffinati che abbiamo
conosciuto nel cap. 1.5.3 sulla regione come spazio di sviluppo economico.128
I Governi impiegarono gli strumenti suggeriti dalle teorie, come la creazione di poli di crescita, gli
incentivi di stimoli per l‟insediamento industriale e la creazione di imprese pubbliche. Vari Stati,
come la Gran Bretagna e il Belgio, meno la Francia e la Spagna, usarono il quadro regionale anche
per garantire certi diritti alle loro minoranze linguistiche. 129
1.5.5.3 Il regionalismo come movimento politico: Bottom Up
Non sarebbe coretto classificare il regionalismo come movimento politico di destra o di sinistra. Il
regionalismo esisteva in tempi diversi e spaziava dall‟estrema destra all‟estrema sinistra e si trova
sia nel Liberalismo, nella Socialdemocrazia che nelle politiche Cristiano sociali.
Keating, M. (1998) distingue sei tipi ideali di regionalismo, che nel concreto si integrano e danno
vita a movimenti complessi: 130
o il regionalismo conservatore, che cresce da una comunità affettiva e si difende contro
l'ammodernamento e la omogeneizzazione;
o il regionalismo borghese, altrettanto di destra, ma in regioni industrialmente ed
economicamente sviluppate, che vuole promuovere lo sviluppo e si difende contro gli
ostacoli di uno Stato arcaico;
o il regionalismo tecnocratico, altrettanto modernizzante, che vuole essere apolitico ed è meno
collegato con interessi di classe, come venne sviluppato negli anni sessanta e settanta;
o il regionalismo progressivo, sull‟ala sinistra, che si impegna per il progresso, la democrazia,
la libertà e le riforme costituzionali;
o il regionalismo populista di destra, contro il governo centrale e contro la perequazione
fiscale a favore delle regioni più povere.
128
Capello, R. (2007) p 159-180. 129
Keating, M. (1998) p 12. 130
Keating, M. (1998) p 14-15.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
52
o I movimenti separatisti, come li conosciamo dall‟Irlanda del Nord, dal Paese Basco e dalla
Scozia.
Ogni movimento include una speciale miscela di questi elementi. Alcuni di questi movimenti
possono essere definiti come integrativi, perché vogliono eliminare le disuguaglianze per una
migliore integrazione nello Stato, altre disintegrative perché chiedono una maggiore autonomia o
addirittura la separazione dallo Stato.
Se la ricerca di autonomia, come suppone Keating, abbia effetti disintegranti può essere contestato.
Questo dipende senza dubbio dal tipo di autonomia. Dalle ricerche attuali e precedenti può al
contrario essere constatato, per esempio, come l‟autonomia dell‟Alto Adige abbia ridotto gli sforzi
separatisti e abbia pertanto svolto un ruolo integrante, perché ha saputo soddisfare le esigenze di
tutela delle minoranze. 131
Nel 19simo e 20simo secolo ci sono sempre stati conflitti territoriali, che si sono estesi dalla prima e
seconda guerra mondiale fino agli anni settanta. Ma dalla fine del 20simo secolo lo Stato è stato
confrontato con una nuova ondata di regionalismo. 132
1.5.5.4 Il nuovo regionalismo
La regionalizzazione degli anni '60 e '70 è stata smorzata dalla crisi economica. Le regioni che sono
state costituite nel 1972 in Francia, hanno dovuto attendere fino al 1986 prima di poter eleggere i
propri organi. Gli sforzi per devoluzione in Scozia e Galles fallirono. In Italia, le regioni - ad
eccezione di quelle a statuto speciale - vennero costituite negli anni '70, anche se erano previste
dalla Costituzione dal 1948. Ma non appena sono stati istituti gli organi, lo Stato svuotò le loro
competenze con varie misure di coordinamento.133
In modo simile si sviluppò la situazione in Spagna, dove i movimenti linguistici e nazionalisti
fecero pressione a favore del federalismo. Ma lo Stato nel 1981 emanò una legge simile a quella
italiana in materia di armonizzazione, per ripristinare il potere centrale ("Ley Organica de
Armonización del Proceso Autonómico, LOAPA").134
Un nuovo risveglio del regionalismo si verificò in Europa negli anni '80 e '90 a causa dello sviluppo
economico e delle riforme costituzionali, della globalizzazione e, in particolare, tramite
l'integrazione europea. Keating (1998) avvertì però che non si poteva affatto parlare di un tramonto
131
Peterlini, O. (2000c, de) p 232- 233; (1997b, de) p 238-239. 132
Keating, M. (1998) p 15-16. 133
I più importanti: DPR 616/1977, G 400/1988. Peterlini, O. (2007a, de) p 14-15; Peterlini, O. (1997b, de) p 150-155. 134
Keating, M. (1998) p 16.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
53
degli Stati dell'Europa occidentale. Gli Stati avevano ancora strumenti di notevole potenza e di
fondi.135
Naturalmente non si deve confrontare lo Stato con il mitico Stato onnipotente del passato. Il nuovo
Stato deve dividere il suo potere con attori nazionali, subnazionali e privati. Lo Stato ha subito un
forte cambiamento. Le sfere delle attività sociali, economiche e politiche si sono in gran parte
sciolte, ed esiste un divario tra la rappresentanza politica da parte dello Stato e le decisioni in reti
territoriali e sociali. Questo potrebbe influire non solo sull'efficienza del governo, ma anche avere
implicazioni per l'interazione democratica e sociale. In risposta a questo sviluppo si cercò di
ricostruire a tutti i livelli uno spazio pubblico di azione, che non doveva limitarsi solo al livello
dello Stato.136
L'integrazione europea ha fatto - come abbiamo visto - la sua parte. L'integrazione dei mercati
rischiava di ampliare le differenze economiche e di privare lo Stato dei suoi strumenti, con i quali
affrontava le disuguaglianze, come per esempio con le tariffe e i sussidi. L'Unione europea ha
portato a due effetti contraddittori nella relazione tra Stato e Regione: da un lato le regioni sono
state spogliate di alcuni poteri, perché la politica europea è stata dichiarata politica estera, anche se
si trattava di competenze regionali.137
Dall'altro lato c'è stata una reazione delle regioni, che
chiedevano di essere sentite e di essere coinvolte sempre più fortemente.
La politica regionale dell'Unione europea ha avuto inizio nel 1970 con un fondo di compensazione
tra gli Stati, è cresciuta negli anni '80, in particolare con i fondi strutturali, la spesa più grande
dell'UE, con circa un quarto del budget totale. La Commissione dell'UE ha inoltre insistito sul fatto
che il denaro confluisse direttamente alle regioni. Si è pertanto innescato un sistema di partenariato
tra regioni, lo Stato e la Commissione, che ha permesso un collegamento diretto tra le regioni e la
Commissione. Le regioni hanno così acquisito maggiore importanza. Alcuni Stati hanno addirittura
realizzato strutture regionali per adeguarsi alle norme dei fondi strutturali.138
1.5.5.5 L'autonomia delle regioni
L'istituzione delle regioni è stata accompagnata da uno spazio più o meno ampio di autonomia. In
precedenza l'autonomia regionale è stata vista come una questione bilaterale tra lo Stato e la
Regione. I rapporti sono ora più diversificati. L'UE ha istituito con la sua politica una relazione
triangolare. Le regioni, a loro volta tentano di influenzare la politica della UE, sia attraverso le loro
istituzioni che tramite le lobby interregionali e i partenariati presso la Commissione Europea.
135
Keating, M. (1998) p 16. 136
Keating, M. (1995), Keating, M. (1998) p 16. 137
Keating, M., Jones, B. (ed) (1985).
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
54
Una seconda pressione deriva dalla cooperazione transfrontaliera. Le regioni concludono accordi
con altre regioni per molte ragioni. Uno dei motivi principali è la cooperazione economica, come
per gli investimenti, il trasferimento tecnologico, l'esportazione ecc. Ci sono però anche ragioni
culturali, come per il riconoscimento e l'uso delle lingue minoritarie. Allo stesso modo determinano
la cooperazione fattori politici, per esempio per rafforzare la propria identità tramite relazioni con
l'estero o per rilanciare l'unità storica, come è il caso per l'Euregio tra le province di Trento,
Bolzano e il Land Tirol austriaco.139
La terza ragione per lo sviluppo delle regioni è da ricercare nel mercato. In un'economia aperta le
regioni dipendono dal mercato mondiale, sia per quanto riguarda gli investimenti che le vendite e le
risorse. Quanto maggiore è l'autonomia di una regione, tanto meno la Stato la protegge dalle
influenze del mercato. Le relazioni col mercato sono assai differenti tra le regioni.
Diverse sono anche le volontà e gli sforzi per stabilire un potere autonomo regionale. Le regioni
povere spesso preferiscono una centralizzazione, al fine di garantirsi l'accesso al governo centrale.
In Italia, per esempio, si aggiunge il fatto che esse dipendono da finanziamenti speciali dello Stato.
Hanno di conseguenza combattuto a lungo contro il federalismo fiscale finché non sono stati
deliberati fondi perequativi consistenti.140
Ma anche le regioni ricche che dominavano lo Stato in passato preferivano un sistema centralizzato.
Quelle regioni ricche, invece, che non avevano una corsia preferenziale verso il governo, come anni
fa il Veneto e la Lombardia, combattevano per l'espansione della loro autonomia.141
Sotto la
pressione della Lega e la necessità economica, i governatori regionali rafforzati nei loro poteri lo
fanno anche oggi, anche se essi fanno parte della maggioranza del governo centrale (come il Veneto
e la Lombardia).
1.5.5.6 Il potere regionale
La potenza di una regione può essere misurata - secondo Keating - nelle seguenti sette aree: 142
o presso le istituzioni: queste includono non solo le istituzioni politiche e amministrative, ma
anche quelle della società e dell'economia;
o nella capacità di plasmare la politica: alcune regioni hanno una capacità decisionale, che
costituisce un legittimo interesse regionale. Le regioni che non hanno questa capacità,
dipendono da altri centri decisionali;
138
Keating, M. (1998) p 17-18. A proposito del successo e l'efficacia della politica regionale e i finanziamenti europei
cfr. Bukowski, J./ Piattoni, S./ Smyrl, M. (ed) (2003), besonders Smith, A. ./ (2003), Piattoni, A./ Smyrl, M. (2003). 139
Peterlini, O. (1997b, de) p 237-247, (2000c, de) p 231-241. 140
Peterlini, O. (2007a, de) p 61-78. 141
Peterlini, O. (2008b, de) p 258-259. 142
Keating, M. (1998) p 26-28.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
55
o nelle competenze legislative: sono principalmente decisive le competenze esclusive. Le
competenze, invece, che sono divise tra governo centrale e regioni, come quelle della
legislazione concorrente, indeboliscono le regioni. Questo vale per la Francia e valeva fino alla
riforma costituzionale del 2001 anche per l'Italia. Da allora esistono ancora varie competenze
per le quali lo Stato definisce i principi fondamentali, ma anche molte competenze di
legislazione esclusiva, che in precedenza erano riservate alle sole regioni a statuto speciale;143
o nella capacità di integrazione: l'influenza di una regione dipende anche da come è in grado di
creare reti sociali e inserirsi e integrarsi strategicamente nella società. La presenza e
l'interazione con le parti sociali possono rafforzare tale integrazione;
o nei mezzi finanziari: per plasmare le politiche regionali, le regioni devono disporre delle risorse
necessarie a tali fini, ma anche della libertà di determinare il loro impiego;
o la competenza a riscuotere delle tasse, ovviamente, rafforza la libertà di una regione. In Italia, la
base per realizzare un nuovo federalismo fiscale è stata inclusa nella Costituzione riformata nel
2001 e dovrebbe essere attuata nell'arco dei prossimi anni;144
o nei rapporti tra i livelli di governo: in alcuni casi le regioni, nelle loro relazioni con il governo e
l'UE, si trovano in dipendenza, in altri casi possono influenzare la politica nazionale e la politica
europea;
o nelle relazioni con il mercato: per lo sviluppo regionale, che costituisce uno dei compiti
principali della regione, le relazioni di mercato sono significative. La regione non può
ovviamente controllare il mercato, ma creare condizioni particolari per l'inserimento nel
mercato nazionale, europeo e mondiale.
143
Peterlini, O. (2008b, de) p 224-230. 144
Cfr. Cap 5 Il nuovo federalismo fiscale, nonché Peterlini, O. (2007a, de) p 58-78.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
56
1.6 Il federalismo
1.6.1 Cosa significa federalismo?
La parola federalismo deriva dal latino “foedus” (unione) e significa “una configurazione della
società o del corpo dello Stato che nell‟unità fa coesistere una molteplicità di federazioni
indipendenti ed articolate o singoli Stati” (Der Große Brockhaus).145
Il termine può essere
utilizzato in tre modi diversi: 146
- in senso generico definisce un‟unione politica tra una molteplicità di comunità territoriali;
- in senso più stretto e tecnico esso definisce il principio che costituisce la base per i moderni
Stati federali;
- definisce inoltre le dottrine e i movimenti politici che si ispirano al federalismo (...) (Grande
Dizionario Enciclopedico UTET).147
Il federalismo come principio di configurazione di una società in senso generale vuol dire che allo
Stato vengono attribuite solo delle competenze regolamentari e di ordinamento di carattere
sussidiario: “Si tratta quindi di una riserva normativa a favore delle entità e unità sociali minori
strutturate all‟interno dello Stato stesso (...).” Si aspira a ottenere una divisione del potere e una
struttura dello Stato “che parta dalle comunità più piccole per arrivare allo Stato nella sua totalità
fino a raggiungere le forme di cooperazione sovranazionali” (Herders Staatslexikon). 148
Il federalismo come principio di organizzazione politica vuol dire che “degli elementi più o meno
indipendenti si uniscono per formare una totalità ad essi preposta” (Herder):
a. Nella Confederazione di Stati (Staatenbund) o nella federazione (Staatenverbindungen) i singoli
Stati mantengono la loro sovranità e svolgono mansioni collettive con organi comuni.149
Essi si
uniscono in un contratto giuridico di carattere internazionale e sono disciplinati dal diritto delle
comunità internazionali (ius gentium). 150
Di regola organizzano insieme la loro rappresentanza
e la difesa della confederazione verso l‟esterno. Per quanto riguarda gli affari interni, gli Stati
della confederazione rimangono autonomi e hanno diritto di uscirne. (Sturm/ Zimmermann-
145
Der Große Brockhaus (1983), volume 7, p 151-152. 146
Questo capitolo fa riferimento a: Peterlini, O. (1996 a), 1. edizione, nonché: Peterlini, O. (2008 c). 147
Grande Dizionario Enciclopedico UTET (1984), volume 2, p 622. 148
Staatslexikon (1985-1993), volume 2, p 631-638. 149
Staatslexikon (1985-1993), volume 2, p 631 – 638. 150
Cfr. De Vergottini, G. (1998) p 30, che elenca una serie di federazioni.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
57
Steinhart).151
b. Nel caso di Stato federale (“Bundesstaat”) si tratta invece di un‟unione di Stati membri (Stati,
Länder, Cantoni, Regioni ecc.) nel quadro di una Costituzione comune. Nel federalismo vale, a
differenza della federazione, il principio che il diritto federale prevale a quello territoriale
(Bundesrecht bricht Landesrecht), ma deve comunque essere rispettata la formazione della
volontà dei propri membri.152
I singoli elementi territoriali conservano solo una parziale
indipendenza. Le mansioni sono divise tra l'unione e i singoli elementi e ambedue devono
cooperare nel loro svolgimento. 153
Il principio dell‟unità dello Stato si concilia con quello
dell‟autonomia degli enti territoriali. 154
Il termine opposto al federalismo è l'unitarismo in cui “il potere dello Stato è unitario, verticale non
suddiviso e con un‟organizzazione centrale” (Herder). 155
1.6.2 I pro e contro del federalismo
I vantaggi del federalismo sono i seguenti: 156
o dal punto di vista etico per la concretizzazione del principio di sussidiarietà: questo principio
ha origini dalla dottrina sociale cristiana e vuole raggiungere la capacità massima della
responsabilità propria dell‟individuo e delle unità minori, dalla famiglia verso l‟alto. Ai livelli
superiori deve essere solamente affidato ciò che il livello inferiore non riesce a raggiungere e
sviluppare nel modo più efficiente.157
o per la risoluzione di conflitti etnici e sociali: attraverso l‟istituzione di unità federali, gruppi
sociali ed etnici regionali possono godere di una propria autonomia. 158
I raggruppamenti
diversificati a carattere etnico - culturale, linguistico e confessionale sono di regola più propensi
verso un‟unità statale quando si fa fronte alle loro differenziazioni con un‟organizzazione statale
di tipo federale. In questo modo viene ridotta la loro potenziale forza esplosiva, producendo
151
Sturm, R./ Zimmermann-Steinhart, P. (2005) p 14. Cfr. anche De Vergottini, G. (1998) p 30-36. 152
Sturm, R./ Zimmermann-Steinhart, P. (2005) p 14. 153
Sul federalismo, particolarmente in Italia e in Europa cfr. tra altri: Palermo, F./ Hrbek, R./ Zwilling, C./ Alber, E.
(ed) (2007), Virzì, C. (2006), Sturm, R./ Zimmermann-Steinhart, P. (2005, Bifulco, R. (2004), Piazzolo, M./ Weber, J.
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De Vergottini, G. (1998) p 38-44. 155
Staatslexikon (1985-1993), volume 2, p 631 – 638. 156
Staatslexikon (1985-1993), volume 2, p 631-638. 157
Sturm, R./ Zimmermann-Steinhart, P. (2005) p 15.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
58
addirittura una vera e propria “spinta unitaria” nelle minoranze.159
Questa è una delle tesi di
questo lavoro che deve essere esaminata prendendo come esempio la minoranza Sudtirolese,
o creazione di unità amministrative locali adiacenti: questa è necessaria, per Stati con superfici
vaste come l‟America o l‟Australia160
e forma comunque anche in piccoli spazi,
un‟amministrazione vicina ai cittadini.161
Il federalismo migliora in questo modo le possibilità
di partecipazione democratica, in quanto vengono create aree di vita più gestibili e funzionali.
“La politica si avvicina di più ai cittadini, diventa più trasparente, si può controllare e può
essere esercitata in modo migliore.”162
Il federalismo offre ai cittadini ulteriore partecipazione a
livello politico, 163
o come garanzia democratica: oltre la suddivisione dei poteri in modo orizzontale tra l‟esecutivo,
il legislativo e la magistratura, si crea una suddivisione verticale tra i vari livelli di governo. 164
Il federalismo può rappresentare un elemento rafforzativo nel bilanciamento dei poteri
istituzionali e un freno all‟eccesso di potere: verticalmente con l'esistenza di diversi centri
decisionali nello Stato federale e nelle Regioni, orizzontalmente con la partecipazione delle
Regioni alla formazione della volontà dello Stato intero,165
o per promozione della competitività: gli spazi strutturali molteplici e diversi creano “dei centri
competitivi politici, economici, culturali che favoriscono la concorrenza”. La capacità del
sistema totale di elaborare i conflitti aumenta con la caratteristica specifica della politica
federale.166
La concorrenza può scatenare anche un concorso innovativo tra gli Stati. In America
è una cosa ovvia, che Stati membri diventino laboratori dove vengono effettuati coraggiosi
esperimenti politici di carattere sociale ed economico, senza però mettere in pericolo il resto del
Paese, 167
o per la promozione economica: questo vantaggio si fonda sull‟ipotesi che il federalismo con le
sue strutture decisionali decentrate possa promuovere in modo più efficiente lo sviluppo
economico regionale.168
158
Sturm, R./ Zimmermann-Steinhart, P. (2005) p 15. 159
Staatslexikon (1985-1993) volume 2, p 631 – 638 160
Sturm, R./ Zimmermann-Steinhart, P. (2005) p 17. 161
Sul federalismo negli Stati Uniti cfr. tra altri: Pierini, A. (2003). 162
Staatslexikon (1985-1993) volume 2, p 631 – 638 163
Sturm, R./ Zimmermann-Steinhart, P. (2005) p 19. 164
Sturm, R./ Zimmermann-Steinhart, P. (2005) p 18. 165
Staatslexikon (1985-1993), volume 2, p 631 – 638. 166
Staatslexikon (1985-1993), volume 2, p 631 – 638. 167
Tarr, G.A. (2001) p 40. 168
Sturm, R./ Zimmermann-Steinhart, P. (2005) p 18.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
59
Gli svantaggi del federalismo - secondo l‟Herders Staatslexikon, sono i seguenti e rappresentano
anche il “prezzo” da pagare per la complessa struttura federale:169
o pericoli per la capacità di azione dello Stato;
o incremento di forze centrifughe;
o lentezza e perdita di attrito nella formazione della volontà politica;
o i costi di tale organizzazione dello Stato.170
Ma un‟analoga critica è ugualmente possibile anche per la democrazia pluralistica e parlamentare,
che anch'essa non è una forma di Stato semplice, in quanto la sua efficacia presuppone una
complessità. “Le obiezioni antifederali spesso sono simili alle argomentazioni contro la
democrazia parlamentare.” 171
Nella critica contro il federalismo non viene, di fatto, criticato solo
il federalismo di per sé, bensì più ampiamente anche la sua carente e corretta trasposizione.
Approfondiremo questo aspetto della corretta applicazione nel capitolo 1.6.4: “In che misura sono
federali gli Stati federali?”
1.6.3 Tipi di federalismo
Il federalismo si lascia classificare secondo diversi principi, di modo che emergono diverse
tipologie. La configurazione del federalismo può variare in modo rilevante nei rispettivi contesti
nazionali. Dipende dall‟impronta storica e istituzionale (la cosiddetta dipendenza di percorso) e dai
bisogni delle rispettive società.172
Le seguenti classificazioni si articolano secondo i diversi principi
o obiettivi:
1.6.3.1 Secondo lo scopo: differenziazione o concordanza
Le rispettive situazioni di partenza si possono contraddistinguere in modo generale tra quelle che si
orientano alla differenziazione sociale e quelli che si regolano alla concordanza sociale.173
Federalismo differenziato a scopo di differenziazione:
La differenziazione è necessaria quando ci sono forze centrifughe forti, che devono essere tenute
unite. Come esempio Sturm e Zimmermann-Steinhart riportano le diverse circostanze linguistiche
del Belgio, Svizzera e Canada. Si tratta di accordare il più possibile, ai rispettivi Stati membri, le
possibilità di differenziazione per sostenere l‟integrazione di identità religiose e linguistiche.
169
Staatslexikon (1985-1993), volume 2, p 631 – 638 170
Argomenti contro il federalismo, cfr. tra altri Fisichella, D. (2004). 171
Oberreuther, H. (1985-1993) in: Staatslexikon. 172
Sturm, R./ Zimmermann-Steinhart, P. (2005) p 20-23.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
60
L‟Italia con i suoi Statuti di autonomia non rientra precisamente nelle categorie degli Stati federali,
ma le Autonomie furono concesse per gli stessi motivi. Sull‟esempio del Trentino-Alto Adige
questo verrà visualizzato più da vicino.
Federalismo omogeneo a scopo di riunificazione:
Il federalismo omogeneo funge in questo caso da ripartitore di poteri tra la federazione e gli Stati
membri. La società è omogenea, senza evidenti differenze regionali. Esempi di questo tipo di
federalismo sono la Repubblica federale tedesca prima dell‟unificazione e l‟Austria.174
Chi vuole
provare dal vivo la differenza tra federalismo omogeneo e differenziato, dovrebbe – come
suggerisce Peter Pernthaler – varcare il passo del Brennero. La Regione federale austriaca
“Bundesland Tirol”, fa parte di uno Stato federale rigido, omogeneo e centralistico, mentre la
Provincia autonoma di Bolzano/Südtirol è una specialità nella specialità („Spezialität in der
Spezialität“) nel sistema costituzionale italiano.175
1.6.3.2 Secondo la sua configurazione similare o asimmetrica
1.6.3.3 Federalismo simmetrico:
Quando a tutti gli Stati membri vengono attribuite competenze uguali e tutti vengono trattati in
maniera uguale, si parla di federalismo simmetrico. La Costituzione prevede degli Stati federali o
altre forme di Stati membri che, come teoricamente in Austria e in Germania, devono essere dotati
in linea di principio tutti in maniera uguale.
E comunque è difficilmente concepibile che esista un ordinamento giuridico strutturato nel quale
non esistano elementi asimmetrici, né di tipo giuridico né di fatto.176
In tutti i sistemi federali o
decentrati si lasciano appurare differenze economiche sociali o etnico culturale. Ma anche la
posizione giuridica costituzionale si differenzia, almeno sotto alcuni aspetti, quasi dappertutto l‟una
dall‟altra. 177
173
Benz, A. (2003) p 1-33. 174
Sturm, R./ Zimmermann-Steinhart, P. (2005) p 20-21. 175
Pernthaler, P. (2007) p 22. 176
Per la distinzione tra asimmetria politica e giuridica cfr. Watts, R. (1999). p 63 seg. . 177
Palermo, F. (2007a) p 9.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
61
Federalismo asimmetrico:
Quando esistono competenze differenti, e quindi certi Stati membri godono di più o di altre
competenze rispetto agli altri, parliamo di federalismo asimmetrico. 178
Costituiscono un esempio
per ragioni storiche le Regioni in Spagna, quali la Catalonia, la Galizia e i Paesi Baschi che hanno
competenze più evidenti e ampie delle altre comunità autonome. Pure l‟Italia vanta un federalismo
(fintanto che si può parlare di federalismo) asimmetrico, che si evidenzia nel rapporto tra le Regioni
con statuto speciale e quelle a statuto ordinario. In questo studio vorremmo anche analizzare, fino a
che punto l‟Italia, con lo sviluppo in senso federale si sia avvicinata a una forma più simmetrica.
Il concetto di asimmetria può fare ulteriormente riferimento, oltre alle competenze corredate, anche
al concetto di valori all‟interno degli Stati membri.179
Palermo deplora la circostanza che le teorie, finora, abbiano usato quale parametro per l‟asimmetria
unicamente le competenze in ambito legislativo, mentre altri importanti fattori differenziali
verrebbero tralasciati. Solo di recente lo sviluppo del federalismo, verificatosi attraverso la
devolution, che segue a paradigmi storici, culturali e costituzionali, ha ampliato questa visuale
ristretta. Per questo motivo si rende necessario procedere nella distinzione tra ordinamento
asimmetrico e simmetrico in base ad aspetti quantitativi e non qualitativi, analogamente alla
differenza tra regionalismo e federalismo. 180
Anche l‟aspetto finanziario e la rappresentanza
tramite una Camera della Regione dovranno essere prese in considerazione. 181
1.6.3.4 Secondo la forma di collaborazione interna statale:
Federalismo duale
Manifestazione del federalismo duale sono le istituzioni parallele al piano della federazione (Bund)
e dei Paesi membri (i Länder o le Regioni) e una precisa divisione dei compiti tra i due livelli di
governo, la federazione e i Länder. Ogni livello politico assume determinati incarichi, che dovrà
svolgere senza intrusione da parte degli altri livelli. Il federalismo duale si basa sul concetto
fondamentale della molteplicità e della concorrenza. Troviamo un approccio di federalismo duale
nella Svizzera e negli Stati Uniti e sempre dove il rispettivo ordinamento federale privilegia lo
sviluppo nella sua pluralità regionale, sociale e politica.
178
Cfr. tra altri Pernthaler, P. (1997). 179
Cfr. Tarlton, C.E. (1965) p 861-874. 180
Watts, R. (1999) p 63 e seg.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
62
Federalismo cooperativo:
Al centro c‟è la collaborazione tra Stato federato e territori. Non è determinante la pluralità, bensì
l‟aumento dell‟efficienza attraverso accordi e processi negoziati. La collaborazione può avvenire tra
gli stessi Stati membri oppure tramite la partecipazione di questi alla legiferazione dello Stato
federale. Un esempio è la Repubblica Federale della Germania. La Costituzione della Repubblica
federale non si è mai orientata all‟evidente divisione dei compiti tra Stato Federale e i territori
oppure alle priorità delle molteplici diversità regionali. È ancorato nella Costituzione il pensiero di
cooperazione. L‟elemento essenziale è la fedeltà allo Stato federale (Bundestreue), in virtù della
quale sia lo Stato federale che gli Stati membri sono vincolati a una collaborazione.
Intreccio politico:
Sturm e Zimmermann-Steinhart tuttavia criticano il federalismo cooperativo germanico, in quanto
questo si muoverebbe sempre più verso un intreccio politico. Un tale intreccio renderebbe il
processo decisionale difficile e inefficiente, come per esempio avviene per la politica di bilancio
che necessita di un consenso comune.182
Secondo Fritz W. Scharpf questo intreccio politico è a
stento riformabile, definendolo quindi una “trappola” (Politikverflechtungsfalle).183
Il marchio
distintivo dell‟intreccio è il Consiglio federale (Bundesrat o comunque una Camera delle Regioni),
attraverso il quale gli Stati membri cooperano nella politica federale.
Unitarismo federale:
L‟unitarismo federale (Bündische Unitarismus) consiste in un ruolo dominante del livello federale,
cioè della federazione (Bund) nel federalismo, legato a un‟autonomia territoriale, la quale si deve
però lasciare misurare continuamente con i criteri di efficienza per la comunità. Caratteristico per
l‟unitarismo federale è il ricorso alla “salvaguardia dell‟unità giuridica ed economica” e
„l‟unitarietà delle condizioni di vita“, alla quale si è fatto a volte riferimento anche nel modello
cooperativo germanico.
Federalismo concorrenziale:
L‟idea base del federalismo concorrenziale è quella di utilizzare la molteplicità, per esplicare un
concorso innovativo tra i territori. Al giorno d‟oggi il federalismo concorrenziale viene visto come
un‟alternativa alla “sclerosi dell‟intreccio politico“ (Sturm und Zimmermann-Steinhart).184
Per
181
Palermo, F. (2007a) p 11. 182
Sturm, R./ Zimmermann-Steinhart, P. (2005) p 22. 183
Scharpf, F.W. (1988) p 72. Cfr. anche Scharpf, F.W./ Reissert, B./ Schnabel, F. (1976). 184
Sturm, R./ Zimmermann-Steinhart, P. (2005) p 29.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
63
questa ragione, il federalismo concorrenziale, deve stimolare nel federalismo fiscale la concorrenza
tra gli Stati membri affinché si creino condizioni migliori in un territorio e ci sia lo stimolo per la
colonizzazione di imprese e cittadini con un conseguente abbassamento del gettito fiscale.185
1.6.3.5 Secondo il tipo di potere, amministrativo o legislativo
In verità, nel federalismo anche il potere legislativo, dovrebbe essere suddiviso tra i diversi livelli di
governo, e non solo il potere amministrativo. Se le Regioni (in questo caso, infatti, non si può
parlare di Stati membri) detengono solo poteri amministrative non si tratta di federalismo ma di
regionalismo. Per evidenziare però la differenza, vogliamo classificare il federalismo e
rispettivamente il regionalismo anche secondo i poteri degli Stati membri, distinguendo i seguenti
tipi:
regionalismo amministrativo:
gli Stati membri non spetta nessun potere legislativo, bensì solamente un‟autonomia
amministrativa. Per questo motivo si parla di amministrazione regionale e non federale,
federalismo legislativo:
gli Stati membri dispongono di un organo legislativo e possono nel quadro della loro competenza
emettere leggi.
1.6.4 In che misura sono federali gli Stati federali?
Molti Stati nel mondo e diversi in Europa si definiscono Stati federali ovvero Bundesstaaten.186
Giuliano Martignetti nel Grande Dizionario Enciclopedico UTET elenca tutta una serie di Stati di
questo tipo, ma aggiunge poi: “Occorre dire che la maggior parte delle federazioni sopra
enumerate possono dirsi tali solo in senso giuridico-formale, essendo più simili, in effetti, al tipo
dello Stato unitario”.187
Tra gli attuali membri dell‟UE gli Stati che rientrano a pieno titolo nella
categoria degli Stati federali tipici sono senza dubbio la Germania e l‟Austria. Il Belgio è passato
pure, dopo la regionalizzazione, alla federalizzazione. Altri Stati invece come l‟Italia, la Francia, la
Spagna e la Gran Bretagna hanno solamente realizzato la regionalizzazione, come sottolinea
185
Cfr. cap 5.6 Conclusioni politico-economiche sul federalismo fiscale. 186
Per un‟analisi degli Stati europei cfr. Caciagli, M. (2006) p 49-74. 187
Martignetti, G. (1984).
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
64
Caciagli.188
Gli Stati ancora unitari stanno cercando tutti di percorrere la strada del decentramento o
della devoluzione. 189
1.6.4.1 La Germania
La Germania vanta una lunga tradizione di federalismo che risale addirittura al Medio Evo. Lo si
può riconoscere dall‟istituzione del Bundesrat (Consiglio Federale), che è una Camera
rappresentativa dei Länder, ossia delle Regioni tedesche, nonché nelle forme istituzionali che lo
precedevano. Questo federalismo esecutivo o associativo (Verbundföderalismus) tedesco in fin dei
conti era il risultato di un compromesso di potere tra il Regno e i potenti Principi regionali del
Medio Evo (molto simile al parlamentarismo inglese).
Una vera Camera delle Regioni (Länderkammer) esisteva già nel diciassettesimo secolo, quando nel
1667 venne convocato il Reichstag, quale conferenza dei rappresentanti degli Stati del Regno
(Reichsstände), che divenne una istituzione legislativa permanente. Più tardi, dal Congresso dei
Delegati (Gesandtenkongress) di Regensburg nacque nella Federazione tedesca (Deutschen Bund)
la Bundesversammlung (Assemblea federale) di Francoforte al Meno.190
I 35 Stati della
restaurazione del 1815 si collegarono in una federazione di Stati, uno Staatenbund, che non era un
Bundesstaat (Stato federale) ma un accordo fra i principi, ognuno mantenendo la propria
autonomia.191
Contro questa autonomia si rivolse la rivoluzione del 1848, che dal punto di vista costituzionale
rappresenta una svolta, anche se alla fine fallì: la Costituzione della Paulskirche (varata dalla
Frankfurter Nationalversammlung riunitasi nella Chiesa di San Paolo dal 1848 al 1849), era
improntata dall‟ala nazionale e centralistica dei Liberali, e creò un livello federale (centrale)
rafforzato. L‟autonomia dei Länder viceversa venne tagliata. Questa cosiddetta Reichsverfassung
del 1849 segna l‟inizio dello sviluppo verso lo Stato federale (Bundesstaat) di carattere piuttosto
unitario.192
Divenne invece uno Stato federale, un Bundesstaat con un Bundesrat (Consiglio federale) – almeno
sulla carta, l‟impero nato a Versailles nel 1871.193
Dopo la Prima Guerra mondiale, nella
Repubblica di Weimar l‟architettura rimase, anche se con limitazioni, federale, cosicché i
precedenti Stati furono battezzati Länder. I rappresentanti dei Länder si incontrarono nel Reichsrat
(Consiglio del Regno). Il federalismo di Weimar secondo Albert Funk era però un federalismo
188
Caciagli, M. (2006) p 21. 189
Cfr. Caciagli, M. (2006) p 57-69. 190
Funk, A. (2009). 191
Caciagli, M. (2006) p 49-54. Riguardo al federalismo in Germania cfr. anche: Laufer, H./ Münch, U. (1998). 192
Funk, A. (2009).
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
65
infortunato (missglückt) o fallito, perché concedeva troppo poco spazio di azione al livello di
governo regionale (dei Länder), nonostante che questo livello fosse più stabile di quello del
Regno.194
Il regime nazista era improntato dalla sua dottrina centralistica. Dopo la Seconda Guerra furono le
potenze vincitrici a imporre il federalismo per impedire la rinascita di uno Stato tedesco troppo
forte. 195
Il Bundesrat, il Consiglio federale (dei Länder) doveva fungere da contrappeso alle
tendenze centralistiche.196
La Costituzione tedesca, chiamata Grundgesetz (GG) venne deliberata l‟8
maggio del 1949 dal Consiglio Parlamentare (Parlamentarischen Rat), i cui membri furono eletti
dai Parlamenti dei Länder, e fu poi approvata dalle Forze Alleate.197
In Germania l‟assetto federale è considerato un sistema di governo che rafforza la separazione dei
poteri in senso verticale. Non si tratta di un federalismo etnico o basato su differenze geografiche
storiche o culturali, ma di una architettura istituzionale, come lo definisce Caciagli.198
Ma addirittura in Germania lamentarono non solo Roland Baader già nel 1993 (nel suo libro “Die
Eurokatastrophe”),199
ma sempre più anche i rappresentanti dei Länder la diminuzione delle loro
competenze a favore dello Stato federale centrale.200
“In linea di massima vale la completa
competenza dei Länder”, scrive Gerhard Habermann (già nel 1992), “ma in realtà negli ultimi
decenni - in particolare per quanto riguarda la legislazione concorrente - si è verificata un‟ampia
espropriazione politica delle competenze dei Länder.”
Il postulato apparentemente risultante dal principio fondamentale di uguaglianza della “equivalenza
delle condizioni di vita” avrebbe portato a una vera “orgia nella privazione dei diritti politici dei
Bundesländer”.201
“Nonostante tutto ciò la Germania è ancora strutturata in modo più federale
rispetto a quasi tutti i partner della CE ”, anche se – così critica Baader - si assiste a un
trasferimento permanente di diritti sovrani alla CE con una semplice legge federale senza il
consenso della rappresentanza dei Länder.
Per effetto delle limitazioni delle competenze territoriali, Sturm e Zimmermann-Steinhart. (2001)
notano che, in pratica, nella Repubblica federale prevale il principio della solidarietà nei confronti
di quello della sussidiarietà. In questo modo vennero sempre più limitati i compiti e le dotazioni dei
193
Caciagli, M. (2006) p 49-54. 194
Funk, A. (2009). 195
Caciagli, M. (2006) p 49-54. 196
Funk, A. (2009). 197
Deutscher Bundestag, http://www.bundestag.de/dokumente/rechtsgrundlagen/grundgesetz/index.html, scaricato il
8.7.2010. 198
Caciagli, M. (2006) p 50-51. 199
Baader, R. (1993) p 126-128. 200
Sul federalismo in Germania cfr. Traf altri: Leonardi, V. (2003), Sturm, R. (2001).
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
66
territori con competenze proprie a favore della salvaguardia o dell‟acquisizione. „condizioni di vita
unitarie“. I Länder in parte erano colpevoli anche loro di questo sviluppo. Avevano messo in conto
la perdita di competenze a favore di vantaggi materiali e diritti di interlocuzione dei loro Governi
regionali nella politica federale (nel Bundesrat o Consiglio federale). Dalla fine degli anni 80, in
particolare però dalla fine degli anni 90, si riconosce un cambio di pensiero dei Länder. La caduta
del muro e l‟unità delle due Germanie hanno messo in diretta concorrenza i territori con le altre
Regioni europee sul mercato interno. Specialmente i Länder forti finanziariamente esigono più
concorrenza tra di loro.202
Nella Repubblica federale tedesca, il federalismo nella sua attuale espressione, è esposto a una
crescente critica che non riguarda però un‟abolizione, anche se viene sporadicamente fatta richiesta
da parte di rappresentanti dell‟industria per motivi di efficienza. La critica riguarda piuttosto
l‟intreccio politico, intreccio che porterebbe a far sì che i problemi potrebbero essere risolti
solamente in accordo tra il livello federale centrale e quello dei Länder. Questo porterebbe a
problemi di efficienza. Anche il bilancio della Federazione (Stato intero), cioè del Bund, e quelli dei
Länder sono così incastrati tra di loro, che dipendono l‟uno dall‟altro. La critica non riguarda quindi
il federalismo di per sé, bensì essenzialmente la sua fattispecie, che rischia di perdere le sue
caratteristiche essenziali.203
Nel frattempo la Germania ha vissuto due ulteriori dibattiti federali che nel 2006 e nel 2009 hanno
portato alle conseguenti riforme costituzionali del Grundgesetz (GG) della Bundesrepublik
Deutschland. In queste riforme si può constatare un rinforzamento dei Länder, anche grazie al ruolo
importante che l‟UE assegna alle Regioni europee, come già nel 2006 prevedeva giustamente
Caciagli. I Länder hanno sfruttato in pieno questo nuovo spazio anche nelle loro attività
internazionali.204
In questo contesto si rafforzò anche l‟influenza dei governi rispetto ai parlamenti. Hans-Jürgen
Papier si riferisce sia al livello interno statale che a quello europeo. Il Bundesrat (Consiglio
federale) in Germania è composto, come si sa, dai membri dei governi regionali dei Länder. E il
Consiglio europeo, come autorità centrale legislativa dell'Unione europea è composto da
rappresentanti degli Stati membri a livello ministeriale. Così accade che sia nel Consiglio federale
tedesco che nel Consiglio dell'Unione europea sono i rappresentanti dei governi a negoziare e
201
Baader, R. (1993) p 126-127. 202
Sturm, R./ Zimmermann-Steinhart, P. (2005) p 29. 203
Sturm, R./ Zimmermann-Steinhart, P. (2005) p 131-148. 204
Caciagli, M. (2006) p 53-54.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
67
decidere per una moltitudini di stati, invece dei parlamenti - si parla di cooperazione interstatale e
inter-governativa. Hans-Jürgen Papier lo definisce un federalismo esecutivo.205
La prima riforma federale in Germania
Sia il federalismo che il parlamentarismo verranno rafforzati, se ai livelli di minori dimensioni e ai
loro parlamenti saranno nuovamente concesse più competenze originarie o primarie. Di
conseguenza, il cuore della riforma del federalismo in Germania, puntava a ristrutturare e districare
le competenze legislative, con l'obiettivo di estendere le competenze legislative dei Länder. 206
Questa prima delle due recenti riforme venne approvata dalla Camera dei deputati (Bundestag) il 30
giugno 2006 e una settimana dopo, il 7 luglio 2006, dal Consiglio federale (Bundesrat), che già
precedentemente aveva mostrato il suo gradimento. Le critiche espresse dai rappresentanti
dell‟unitarietà era inevitabile. La riorganizzazione del rapporto tra governo federale e Länder
danneggerà la governabilità del processo politico, critica Michael Jäger. Il "federalismo
competitivo" porrebbe i “Länder” uno contro l'altro, in modo che i più forti diventeranno ancora più
forti e i deboli ancora più deboli, polemizza Jäger.207
Per i comuni un risultato significativo fu quello di eliminare il diritto del governo federale, ad
interferire direttamente (attraverso uno strumento d‟intervento chiamato Aufgabendurchgriff) negli
affari del livello comunale.208
I governatori dei Länder invece rafforzarono la loro influenza sulla politica della Repubblica
federale, “come non poteva avvenire più fortemente”, critica Jutta Roitsch.209
Ma ancora più
incisivo fu il capovolgimento del principio fino allora valido, che la legge federale rompe e cioè
prevale sulla legge regionale. I governatori imposero l‟inversione, e non su qualche tema
marginale come la caccia, ma in settori che incidono profondamente nella vita quotidiana. Il diritto
regionale si applica in futuro sulla retribuzione dei funzionari pubblici, dai giudici fino agli
insegnanti, sul diritto ambientale, l‟esecuzione penale, l'orario di chiusura dei negozi e il diritto alla
residenza.210
Molto positivo invece il giudizio del governo federale: la riforma federale è la più grande riforma
costituzionale dopo la promulgazione della costituzione del 1949. La grande coalizione ha così
realizzato un fondamentale programma di riforme: la cooperazione tra il Bund (governo federale) e i
Länder diventerebbe più efficiente. Con la ristrutturazione le responsabilità sono più trasparenti. La
205
Papier, H.J. (2009). 206
Papier, H.J. (2009). 207
Jäger, M. (2006). 208
Cfr. art 84 e 85 GG. 209
Roitsch, J. (2006).
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
68
Germania diventa sempre più efficiente, per poter meglio resistere alla concorrenza
internazionale.211
La seconda riforma federale in Germania
Un risultato importante della seconda riforma federale in Germania è la separazione della
legislazione federale da quella regionale, che ha districato l‟interconnessione tra i livelli: il numero
delle leggi federali, che richiedono l'approvazione del Bundesrat è diminuito. La media precedente
era del 53 percento, dopo la riforma del 40 percento. Il minore impatto del Consiglio federale e cioè
del Bundesrat dovrebbe rendere il governo federale più efficiente. Come contropartita i Länder
ricevettero una maggiore sovranità. Con le due recenti riforme in Germania i Länder divennero
competenti tra altro per il diritto degli impiegati pubblici, il diritto esecutivo penale, il diritto alla
residenza, per la chiusura dei negozi e degli esercizi pubblici. Inoltre, i Länder ottennero il diritto di
derogare da norme federali. Cosi i Länder possono allontanarsi dalla linea governativa federale nel
campo dell'istruzione e della legislazione ambientale. 212
Le riforme però ridussero il grado di interdipendenza solo in parte, critica Albert Funk. Sarebbe
pertanto da aspettarsi tra breve un prossimo giro di riforme. La storia del federalismo in Germania è
tradizionalmente anche la storia delle sue riforme, perché si rende necessario continuamente
adattare il federalismo alle nuove situazioni.213
La seconda riforma federale in Germania vieta ai Länder in futuro di contrarre nuovi debiti. Come
capo della commissione per la seconda riforma federale, Günther Oettinger (CDU), e il primo
ministro del Baden- Württemberg, Peter Struck, allora capo del gruppo parlamentare del SPD,
confermarono essenzialmente le relazioni finanziarie esistenti tra il governo federale e i Länder e il
patto di solidarietà per i nuovi Länder. Deliberarono però nuovamente il freno all'indebitamento.214
Rolf Peffekoven critica però che i Länder non possono gestire le loro entrate (se non in minima
parte) in modo autonomo. Le loro spese sono oggi definite in gran parte dal governo federale, i
Länder non hanno alcuna autonomia fiscale. Ciò può portare a difficoltà di finanziamento che molti
governi nel passato risolvevano ricorrendo a prestiti, ora non più possibili. Se questo freno
all'indebitamento interdice il ricorso all‟indebitamento, i Länder non possono fare altro che
decurtare le spese che rientrano nella loro autonomia, come per esempio quelle sugli investimenti.
210
Roitsch, J. (2006). 211
Deutsche Bunderegierung, l‟ 1.9.2006. 212
Papier, H.J. (2009). 213
Funk, A. (2009). 214
Wenk, K. (2009).
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
69
Dal punto di vista della crescita questo non sarebbe saggio, lamenta Peffekoven. Un divieto di
indebitamento dovrebbe essere pertanto accompagnato da una autonomia fiscale.215
La seconda riforma federale ha però lasciato insoddisfatta la domanda per una maggiore autonomia
finanziaria dei Länder, lamenta Hans-Jürgen Papier. La normativa finanziaria federale sarebbe
invece ancora sempre impregnata dall‟idea della perequazione solidale tra le differenti capacità
finanziarie dei Länder. Come esempi Papier cita la sostanziale mancanza di vere competenze
proprie dei Länder in materia fiscale, nonchè la possibilità del governo federale di assegnare ai
Länder meno efficienti contributi integrativi (art. 107 comma 2 GG). La perequazione prevista dalla
costituzione finanziaria ha effetti appiananti. L‟economia di bilancio dei Länder rimarrebbe
pertanto parzialmente senza conseguenze.216
La riforma del potere legislativo e finanziario, nonché il rafforzamento della sovranità dei Länder
avranno un vero senso soltanto, se esistono Länder possibilmente di stessa robustezza, che
comunque abbiano l‟autosufficienza di sopravvivere, e che siano in grado di fare effettivo uso di
questo rafforzamento della loro posizione costituzionale. Poiché gli stati federali in Germania (i
Länder) in verità però presentano dimensioni e forze economiche di significativa differenza, si
discute ora la questione di una riorganizzazione dei Länder .217
1.6.4.2 L‟Austria
Dopo la fine della Prima Guerra mondiale e il crollo dell‟Impero asburgico l‟Austria nacque nel
1920 come Stato federale (Bundesstaat). La Costituzione fu approvata nel 1920 dall‟Assemblea
costituente, la Konstituierende Nationalversammlung.218
A differenza di quelli tedeschi, la maggior
parte dei Länder austriaci costituiti nel 1920 ha origini antiche, risalenti addirittura al medioevo.
Caciagli ricorda giustamente la Carinzia e la Stiria, il Vorarlberg e il Tirolo, la cui storia millenaria
sarà brevemente riassunta anche in questo saggio.219
Lo Stato federale austriaco si è impegnato nella sua concezione di base verso un modello federale
classico. I nuovi Stati membri (che in Italia sarebbero le Regioni) formano, in base alla
Costituzione,220
lo Stato e hanno gli stessi diritti e doveri. Peter Bußjäger definisce lo Stato
215
Peffekoven, R. (2009). 216
Papier, H.J. (2009). 217
Papier, H.J. (2009). 218
Österreichische Bundesverfassung, cfr. 8.1.3 Fonti giuridiche. 219 Cfr. 2.3 Storia e ancoraggio internazionale dell'autonomia del Trentino Alto Adige. 220
Costituzione austriaca, Österreichische Bundesverfassung, art.2, cfr. 8.1.3 Fonti giuridiche.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
70
austriaco come uno Stato concepito in maniera centralista. 221
Anche Peter Pernthaler definisce
l‟Austria come uno " Stato federale, rigido, omogeneo e centralizzato." 222
Tuttavia, rispetto agli altri Paesi europei, bisogna dire che l'Austria ha gli elementi essenziali di uno
Stato federale, la clausola generale della legislazione va a favore dei Länder e con il Bundesrat
dispone di una Camera delle Regioni che garantisce a questi una diretta partecipazione alla
legislazione federale (nazionale). Il Bundesrat, a differenza della Germania, non rappresenta i
Governi regionali ma i Consigli dei Länder ed è pertanto un organo parlamentare.
I Länder hanno reagito alla debolezza del quadro federale sviluppando una cooperazione
orizzontale e concordando le strategie da seguire, nonché strappando nel corso degli anni alcune
riforme a loro vantaggio. Anche i Bundesländer (sinonimo per Länder) austriaci approfittarono
della politica dell‟UE a favore delle Regioni e sfruttarono al massimo le opportunità offerte. Oltre al
Bundesrat (chiamiamolo questa volta per intenderci Senato delle Regioni), i Länder hanno
ulteriormente rafforzato la possibilità di partecipazione con la collaborazione orizzontale, tramite la
Conferenza dei Presidenti (Konferenz der Landeshauptleute). Una legge costituzionale del 1994
resasi necessaria per l‟adesione dell‟Austria all‟UE, conferì loro maggiore autonomia e più ampi
poteri al Bundesrat (Consiglio federale).223
I Länder austriaci si erano quindi predisposti per tempo
a sfruttare tutti i canali, le relazioni e le risorse che l‟UE offriva alle Regioni. 224
Contemporaneamente alla discussione in Germania, iniziò un dibattito riformista anche in Austria.
Già nel 1994 si tentò una riforma dello Stato federale, che però fallì. Anche allora si perseguiva
un‟ampia riforma costituzionale.225
La nuova rincorsa avvenne nel quadro del cosiddetto
Österreich-Konvent (Convenzione Austriaca), che venne concepito secondo il modello della
Convenzione europea (conclusasi nel luglio del 2003) per la riforma dell‟Unione Europea.226
L‟Österreich-Konvent venne istituito il 2 maggio 2003 tramite un Comitato fondatore, che stabilì la
composizione e i compiti della Convenzione. Il 30 giugno 2003 la Convenzione intraprese i suoi
lavori con la seduta costituente. Venne ripreso il tentativo di riforma del 1994 e trasformato in una
riforma dello Stato. L‟obiettivo consisteva e consiste tuttora nel rendere la Costituzione austriaca
(Bundesverfassung) più chiara, più comprensibile ai cittadini e più efficiente.227
Ci sono pochi dubbi nel mondo accademico riguardo alla necessità di una riforma della costituzione
austriaca. È vero che la Costituzione del 1920 (nella sua versione del 1929), tuttora in vigore, è una
221
Bußjäger, P. (2007) p 73. 222
Pernthaler, P. (2007) p 22. Cfr. anche Pernthaler, P. (2000). 223
Caciagli, M. (2006) p 54-57. 224
Morass, M. (1996). 225
Cfr. Öhlinger, T. (1995) 543-558. 226
Bußjäger, P. (2004) p 248-263. 227
Pollak, J./ Slominski, P. (2005) p 342.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
71
“stimata e rispettata norma fondamentale” come la definì per esempio Heinz Fischer nel 1985. 228
Anche il Segretario del partito socialdemocratico austriaco (SPÖ), Alfred Gusenbauer, ricordava
che, nonostante la mancata chiarezza e debolezza avesse prestato preziosi sevizi.229
I critici della Costituzione invece formularono il loro punto di vista in senso prettamente negativo.
Richard Novak già nel 1979 parlò di una devastazione dell‟architettura costituzionale (Verwüstung
der verfassungsrechtlichen Landschaft) e presentò in un suo saggio l‟alternativa: o riforma o rovina
della Costituzione (Reform oder Ruin der Bundesverfassung).230
L‟ex Ministro alla Giustizia e
“patologo della Costituzione”, come si amava definire da sè, Hans Richard Klecatsky la battezzò
nel 1985 una rovina costituzionale (Verfassungsruine).231
Bernd Christian Funk confermò questo
giudizio e accusò (in una pubblicazione celebrativa per lo stesso Klecatsky) il legislatore addirittura
di vandalismo costituzionale (Verfassungsvandalismus).232
Il motivo di queste critiche e la necessità di una riforma consistono nel fatto che il legislatore nel
corso degli anni ha emanato oltre 1200 leggi e norme a rango costituzionale. Questi tolgono alla
Bundesverfassung (dopo oltre 80 emendamenti alla stessa) il carattere di un documento coerente e
promotore di identità, lamentano Johannes Pollak e Peter Slominski.233
Un problema fondamentale della Costituzione austriaca giace anche nella struttura della ripartizione
delle competenze tra il livello federale (dello Stato) e quello dei Länder.234
Questo problema venne
affrontato nell‟ambito della Convenzione dalla Commissione 5. Ad ogni modo, i Länder erano stati
spinti molto presto sulla difensiva, in quanto i media ed in speciale modo la Camera dell‟Economia
(WKÖ) avevano messo in dubbio il ruolo dei Consigli, si lamenta Peter Bußjäger, colui che (in
qualità di direttore del Consiglio regionale, Landtag del Vorarlberg) era stato nominato come
Presidente della Commissione numero 5, competente in materia. 235
La Camera dell‟Economia (WKÖ) spingeva effettivamente su una concentrazione delle
competenze, soprattutto quelle economiche presso il Bund (cioè presso lo Stato) e riuscì a imporre il
proprio punto di vista nella relazione finale. Venne addirittura discusso sull‟abolizione dei Landtage
(Consigli regionali). Si trattava della domanda, se l‟Austria, dopo l‟entrata nell‟UE necessitasse di
228
Fischer, H. (1985). 229
Citato da Pollak, J./ Slominski, P. (2005) p 337-338. 230
Novak, R. (1979) p 548-560, citato da Pollak, J./ Slominski, P. (2005) p 338. 231
Klecatsky, H. R.(1983) p 83-110. 232
Funk, B.C. (1990) p 67. 233
Pollak, J./ Slominski, P. (2005) p 338. 234
Konrath, C. (2005) p 351. 235
Bußjäger, P. (2004) p 253.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
72
un terzo livello legislativo.236
Ma una decisione definitiva sulla forma futura del federalismo
austriaco non venne presa né prima né dopo la chiusura della Convenzione.237
Christoph Konrath vede nella sua analisi come punto principale di discussione sull‟ordine federale i
seguenti punti contradditori:238
Da una parte nelle debolezze dei Länder nel campo delle
competenze legislative e nella loro scarsa influenza sulla legiferazione federale, cosi come nei
rapporti finanziari. Dall‟altra nella forza dei Länder nel campo amministrativo (tuttavia non dei
Landtage, bensì dei Governatori). Theo Öhlinger critica già nel 1995 gli esecutivi del Bund e
Ländern , che avrebbero finora dominato e fatto fallire i tentativi di riforma attraverso i loro
interessi contrari. 239
Il 12 gennaio 2005 il Presidente della Convenzione, Franz Fiedler presentò il suo progetto di una
nuova Costituzione federale. La sua proposta rivela molte similitudini con le prime bozze presente
dal WKÖ. Una parte consistente della legiferazione venne concentrata presso il Bund, annota
Christoph Konrath. La novità consisteva, comunque, che la competenza esecutiva segue quella
legislativa.
Furono poi i Governatori a presentare le loro idee il 19 gennaio 2005, non le assemblee legislative,
cioè i Landtage. Al contrario della proposta di Fiedler, proposero un rafforzamento dei Länder
attraverso la cosiddetta doppia maggioranza, la quale sarebbe stata necessaria per le diverse
decisioni del Bundesrat. Accanto alla maggioranza dei voti, nel Bundesrat si sarebbe resa
necessaria anche una maggioranza di sette Regioni, vale a dire dei Governatori. Invece di chiarire il
ruolo del Bundesrat (Consiglio federale), i Governatori proposero una chiaro potenziamento della
Conferenza dei Presidenti.240
Dopo il temporaneo fallimento della riforma costituzionale, il dibattito è stato ripreso di recente.
Accanto alle domande in merito ad una nuova suddivisione delle competenze tra Federazione
(Bund) e Regioni (Länder), nonché a questioni dei diritti fondamentali, ai margini del dibattito fu
anche presentata la questione dell‟ancoraggio della funzione di tutela (in base all‟accordo di Parigi)
per l‟Alto Adige/Südtirol nella Costituzione austriaca o nel suo preambolo.241
Nel febbraio 2007 il nuovo Governo federale ha istituito un gruppo di esperti presso la Cancelleria
federale che elaborò varie proposte. Nel marzo 2008 il Cancelliere presentò ulteriori proposte del
Gruppo di esperti sulla riforma dello Stato (compreso il Bundesrat, il Consiglio federale) e di
236
Konrath, C. (2005) p 352. 237
Faber, R. (2005) p 163. 238
Konrath, C. (2005) p 355. 239
Öhlinger, T. (1995) p 543-558. 240
Konrath, C. (2005) p 362. 241
Klecatsky, H. R.(2008).
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
73
ulteriore semplificazione del diritto costituzionale. Entro la fine del XXIII. legislatura però non fù
negoziato ne su un disegno di legge governativo, ne furono presentate altre proposte.
Il programma del Governo federale del nuovo Cancelliere Werner Faymann del 2 dicembre 2008
elenca una serie di progetti per la riforma dello Stato e della Costituzione. Il 17 febbraio 2009 si
riunì per la prima volta un gruppo di lavoro sotto la presidenza del Cancelliere Werner Faymann e
del Vice-Cancelliere Josef Pröll. Al centro del dibattito si trovano ora questioni della riforma
amministrativa. Per consentire la partecipazione del Parlamento alle consultazioni, il 9 luglio 2009
venne istituita una sottocommissione della Commissione affari Costituzionali per la riforma
amministrativa.242
La discussione costituzionale in Austria non è ancora conclusa.
1.6.4.3 Europa
Nonostante il fatto che l‟Unione europea promuova sempre più, e soprattutto negli ultimi decenni la
politica regionale, rafforzandosi in questo modo in confronto degli Stati, è la stessa Unione che
soffre di uno scarso federalismo.243
Non per altro i federalisti, subito dopo la fine della guerra
mondiale avevano suggerito tempi rapidi, come ricorda Ludovico Gatto nel suo libro “Il
Federalismo”:244
“Essi giustificavano la loro fretta di perfezionare la Federazione e di distruggere i vecchi egoismi
nazionali, prima che gli Stati avessero assunto il loro antico ruolo che avrebbe sicuramente reso
più difficile il superamento delle sovranità nazionali”. A ragione Arnaldo Vicentini e Giorgio
Anselmi (nel libro “Federalismo ed Unione Europea”),245
citano il grande europeista Altiero
Spinelli (1907 - 1986) che nel 1985 affermava: “Il Federalismo ha vinto in Italia”. Ma purtroppo
tale vittoria si limitava al fatto che tutti i partiti erano approdati a far propri i temi dell‟integrazione
europea senza che ciò significasse “che nel profondo della loro anima abbia fatto breccia un
minimo di coscienza federalista” (Vicentini). L‟intera discussione in Italia si sarebbe quindi
concentrata sulle ideologie dei diversi partiti, senza che la gente comune venisse informata in
materia di federalismo.246
Un nuovo sviluppo si ebbe anche in Italia, dalla metà degli anni 90 attraverso il destarsi delle
Regioni e il partito della Lega Nord. Il regionalismo divenne l‟obiettivo politico delle Regioni, il
federalismo quello della Lega. L‟Europa fece la sua parte. Sullo sviluppo in Italia rivolgeremo più
242
Österreich Konvent: http://www.konvent.gv.at/K/Willkommen_Portal.shtml, scaricato il 2.7.2010. 243
Cfr. Baldi, B. (2003). 244
Gatto, L. (1995) p 93-95. 245
Vicentini, A./ Anselmi, G. (1994). 246
Vicentini, A./ Anselmi, G. (1994) p 91-92 e p 116
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
74
tardi la nostra attenzione.247
L‟europeizzazione fu comunque, per la discussione interna statale un
motivo fondamentale per il federalismo. 248
1.6.5 Le caratteristiche del federalismo e la delimitazione dal regionalismo
1.6.5.1 Elementi distintivi di uno Stato federale
Gli elementi che distinguono uno Stato federale dallo Stato regionale, che prevede solamente
un‟articolazione dello Stato in Regioni, possono essere i seguenti:
o la Costituzione prevede una struttura dello Stato suddiviso in unità territoriali e una ripartizione
dei poteri verticale, che non si limita solamente al livello amministrativo; 249
o la suddivisione dei compiti tra i livelli e la struttura statale seguono il principio della
sussidiarietà. La funzione degli Stati membri (Regioni, Länder, territori, Cantoni etc.) viene per
questa ragione rafforzata a fronte dell‟organo centrale;
o non esiste un principio gerarchico. Le autorità competenti degli Stati membri, Cantoni o Regioni
(e la prerogativa comunale) e le autorità federali hanno diritti equiparati e sono subordinati
solamente alla Costituzione;250
o gli Stati membri possono darsi propri Statuti;
o esiste una clausola generale di competenza a favore degli Stati membri;
o la legislazione degli Stati membri non è soggetta al controllo del governo, ma solamente a
quello della Corte costituzionale;
o a differenza dello Stato regionale, il governo centrale (federale) non può intromettersi
nell‟esplicazione delle attribuzioni degli Stati membri.251
Non può per questo esistere nessun
tipo di potere di indirizzo e coordinamento del governo centrale, né leggi cosiddette organiche o
di cornice dello Stato federale che limitano le attribuzioni degli Stati membri;252
o la sicurezza pubblica è di pertinenza del livello regionale, cioè degli Stati membri;
o federalismo fiscale: la sovranità fiscale è da ripartire in base al fabbisogno finanziario. Il
conguaglio fiscale viene stabilito tra gli Stati membri e non dalla Federazione;253
o l‟alleanza è nata attraverso un‟unione degli Stati membri;
247
Cfr. cap 3.2 I tentative di riforma degli anni 80 e 90. 248
Sulla europeizzazione cfr. Fabbrini, S. (ed) (2003), e specialmente Graziano, P. (2003) p 80-106. 249
Sturm, R./ Zimmermann-Steinhart, P. (2005) p 35-36. 250
Miglio, G. (1994) p 4 e 5. 251
Dinstein, Y. (1994), volume 23 (1993). 252
Consiglio Regionale, Voto N. 7/XI, del 16.11.1994. 253
Consiglio Regionale, Voto N. 7/XI, del 16.11.1994.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
75
o gli Stati membri possono concorrere alla legiferazione (“nazionale”) della Federazione centrale
in una Camera regionale o dei Länder.254
La lista qui elencata è formata da molti elementi, che raramente compaiono in forma intatta ed
integrale, cosicché esiste una gradualità in senso qualitativo e quantitativo.
1.6.5.2 Dal regionalismo al federalismo: una demarcazione o un passaggio graduale?
Sulla fondatezza di una demarcazione del federalismo dal regionalismo, secondo caratteristiche
qualitative esistono, infatti, opinioni divergenti. Mentre alcuni autori riconoscono in queste
caratteristiche particolari una netta distinzione dello Stato federale dallo Stato regionale, altri
vedono nell‟assetto effettivo e quantitativo degli Stati membri un passaggio scorrevole tra l‟una e
l‟altra forma.
Gianfranco Miglio, uno dei grandi precursori della Lega Nord, che in Italia ha fatto del federalismo
la sua bandiera portante, definisce lo Stato regionale come l‟estremo opposto del federalismo:255
“Ora, lo „Stato regionale‟ - inventato dai costituenti italiani fra il 1946 e il 1947, e consacrato nel
Titolo V della Carta - rappresenta l‟esperienza più fallimentare che si conosca di questo tipo di
ordinamento; quando si afferma che lo „Stato regionale‟ è il contrario di un sistema federale, si
cita il caso italiano.” Nella sua durissima critica, Miglio non ritiene necessario ricordare “le cause
di questa disfatta: basterà rilevare che il‟regionalista‟ non condivide intimamente nessuno dei
principi („requisiti‟) di una costituzione federale, illustrata più sopra”. “In una Federazione non
c‟è spazio per il principio „gerarchico‟: autorità cantonale (e prerogativa municipale) da un lato, e
autorità federale dall‟altro, non costituiscono una „gerarchia‟, ma sono „parimenti ordinate‟”
(Miglio).256
La differenza tra il federalismo e il regionalismo in uno Stato unitario, viene ulteriormente illustrata
da Alfons Benedikter, già Vicepresidente della Giunta provinciale di Bolzano, in un Voto presentato
in Consiglio regionale del Trentino Alto Adige: “In uno Stato federale i governi degli stati federati
non sono subordinati al governo centrale, ne il governo centrale è subordinato ai governi degli
stati federati: entrambi sono ugualmente subordinati solamente alla Costituzione. Viceversa, in uno
stato unitario, anche se qualificato da un regionalismo sancito dalla costituzione, il governo
centrale conserva un potere di controllo sugli enti autonomi e può interferire nell‟esercizio della
loro autorità in vario modo comprovante la loro subordinazione costituzionale (Yoram Dinstein,
254
Zeller, K. (1994). 255
Miglio, G. (1994) p 4 e 5. 256
Miglio, G. (1994) p 4 e 5.
1 Dibattito costituzionale alla ricerca
di partecipazione democratica
76
presidente dell‟università di Tel Aviv in “Peoples and Minorities international Law” 1993).257
Ne
consegue che in uno Stato federale non possono essere previsti né una facoltà di indirizzo e
coordinamento del governo centrale, né leggi organiche dello stato federale che sanciscono
principi per la legislazione degli stati federati. Ne consegue anche che il federalismo fiscale deve
ripartire la sovranità tributaria in base al fabbisogno del governo centrale e degli stati federati
secondo le rispettive funzioni e responsabilità, mentre la perequazione finanziaria tra gli stati
federati, per assicurare uno standard di servizi minimo in tutta la federazione, deve essere
concordata caso per caso tra gli stati federati”.258
Contrariamente a questo concetto, Francesco Palermo e altri, sostengono il parere, che la classica
distinzione tra federalismo e regionalismo non può avvenire solamente in seguito a elementi
qualitativi ma anche quantitativi. Anche Palermo parla di un salto qualitativo in direzione del
federalismo, che in Italia costituzionalmente sarebbe già dato, ma per il quale manca ancora la
cultura politica. 259
Ma si può concordare con lui, che lo sviluppo in questa direzione può avvenire
anche grado per grado, accumulando elementi in senso quantitativo.
Lo sviluppo in Italia dimostrerà, infatti, come attraverso l‟assunzione di alcuni elementi qualitativi
federali, sarà possibile un passaggio scorrevole dal regionalismo verso un ordine timidamente
federale.
257
Dirnstein, Y. (1994), volume 23 (1993). 258
Consiglio Regionale, Voto no. 7/XI, del 16.11.1994, Benedikter, A. u.a. (1994). 259
Palermo, F. (2007) p 97-108, particolarmente p 107.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
77
2 Le Autonomie speciali in Italia – eccezioni in
un sistema centralistico 2.1 L‟assetto centralistico dello Stato italiano
2.1.1 L‟unificazione del Regno d‟Italia
Già ai tempi della Restaurazione, dopo il Congresso di Vienna (1814-15) si svolse in Italia,
un‟intensa discussione politica e accademica per unificare, con una soluzione federale le varie Città-
Stato della penisola. Il federalismo era un‟opzione realistica per l'indipendenza e l'unità del Paese.1
Ma non avvenne ciò che i grandi federalisti speravano con variegate idee, come il poeta Ugo
Foscolo, Francesco Benedetti, Carlo Pasero di Corneliano, Luigi Angeloni, Michele Palmieri,
Santorre di Santa Rosa, Niccolò Tommaseo, Carlo Cattaneo e Giuseppe Ferrari. Il più famoso tra
loro fu Carlo Cattaneo (1801 Villastanza Torino - 1869 Lugano).
Fig. 1: Il monumento a Carlo Cattaneo a Milano,
costruito intorno al 1900
1 Per la storia del federalismo in Italia cfr. tra altri: Gangemi, G. (2003) p 133-151, Grasse, A. (2000) p 47-71, Danese,
A. (1995), Cressati, C. (1994).
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
78
Lo storico e filosofo Norberto Bobbio pubblicò nel 1945 i scritti più importanti di Cattaneo nella
collana “Gli Stati Uniti d‟Italia”.2
Cattaneo condusse la sua battaglia su due fronti: quello della sovranità interna, con la quale
intendeva la suddivisione del potere tra capi e gregari, e quello della sovranità esterna, e cioè la
limitazione della podestà di guerra che è la prerogativa suprema dello Stato sovrano.3
Il federalismo rappresenta per Cattaneo la soluzione universale del problema della convivenza
civile sia nell‟ambito nazionale che in quello internazionale. Lo sviluppo della democrazia marcia
non tanto in proporzione all‟estendersi meramente quantitativo del suffragio, quanto
proporzionalmente al moltiplicarsi delle istituzioni di autogoverno. Il federalismo diventa così la
teoria della libertà e della democrazia. 4
Giuseppe Gangemi traccia l‟ulteriore sviluppo del federalismo in Italia ed elenca una serie
d‟importanti pionieri e combattenti del federalismo. Egli propone di suddividerli in sostenitori del
federalismo in senso territoriale e, dall„altra, in seguaci in senso antropologico. Tra quelli in senso
territoriale inserisce coloro che hanno proposto rinunce a una parte della sovranità dello Stato
centrale sul territorio, tra quelli antropologici quanti hanno preparato il federalismo
ideologicamente, o come lo definisce lui, nella mente. 5
A partire dal 1850, le richieste di potere politico pretendevano però un modello che avrebbe dovuto
consentire all'Italia di presentarsi a livello internazionale come uno Stato unitario forte. Invece di
una federazione si impose l‟aggregazione al Regno di Piemonte Sardegna. In questo modo il
federalismo in Italia fallì definitivamente. 6
2 Bobbio, N. (1945) (1971).
3 Bobbio, N. (1945) (1971).
4 Bobbio, N. (1945) (1971) p 55.
5 Gangemi, G. (2003) p 133, nonché 133-153.
6 Grasse, A. (2000) p 47-71.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
79
Fig. 2: I propugnatori dell‟Unione Italiana
Nell‟immagini da sinistra: 1. Il Capo del governo del Regno di Sardegna e più tardi d‟Italia, Camillo Benso Conte di
Cavour; 2. Il Generale e Ministro di guerra Manfredo Fanti; 3. L‟unificatore militare, il Generale Giuseppe Garibaldi;
4. Il Generale Enrico Chialdini, 5. Re Vittorio Emanuele II. 6. Deputato (più tardi Presidente del Consiglio dei Ministri)
Luigi Carlo Farini, 7. Il precedente Re (e autore dello Statuto Albertino), Principe Carlo Alberto di Carignano, 8. Il
cosiddetto Barone di Ferro, Bettino Ricasoli, già Ministro della Toscana, diventerà dopo Cavour Presidente del
Consiglio dei Ministri.
Fonte: Giordana e Salussolia (litografia): I propugnatori dell‟Unione Italiana, ca. 1860. Roma Museo Centrale del
Risorgimento.
Quando l'Italia, il 17 marzo 1861 si unificò, l'obiettivo era stato raggiunto, il federalismo come un
mezzo per l‟unificazione non era più necessario, venne addirittura considerato come sovversivo.7
Sicuramente un elemento determinante e unificante era quello della lingua. La nazione, così notò
Alessandro Pizzorusso, ha preceduto per secoli lo Stato. Degli Stati preunitari, nessuno aveva
tradizioni tali da farne un importante precursore dell‟opera che si stava per intraprendere.
Per questo motivo si è optato per un centralismo di tipo francese, quale già era stato recepito in
Piemonte.
7 Cressati, C. (1994) p 98.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
80
I movimenti federalistici e regionalistici che pure avevano esercitato un certo ruolo già nel corso del
Risorgimento finirono in minoranza. Questa era probabilmente la sola soluzione, almeno
teoricamente, di “fare gli italiani“, come lo definisce Pizzorusso. 8
Con l‟unificazione nel 1861, l‟Italia ha cooptato la legge fondamentale del Regno di Piemonte e
Sardegna di Savoia, il cosiddetto Statuto Albertino del 1848,9 e la relativa legge elettorale.
10 Non si
verificò così nessuna rottura nell‟ordinamento giuridico, ma un‟estensione a tutti i nuovi territori.
Nel caso dello Statuto Allertino, si tratta di una Costituzione c.d. imposta (oktroyierte Verfassung),
e cioè di una Costituzione concessa dal Re. Lo Statuto Albertino divenne in questo modo la Carta
costituzionale del nuovo Regno e il precursore della Costituzione della Repubblica Italiana del
1948. Compreso il periodo nel Regno del Piemonte-Sardegna, lo Statuto vigeva dal 4 marzo 1848
fino al 31 dicembre 1947, per più di 100 anni. 11
Lo Statuto Albertino prevedeva un sistema
bicamerale composto dalla Camera dei Deputati – eletta da una cerchia ristretta di elettori – ed un
Senato i cui membri erano nominati dal Re.12
La Camera dei Deputati contava 204 deputati.
Il Senato non aveva un limite numerico per quanto atteneva la sua composizione. Di esso hanno
fatto parte oltre ad importanti rappresentanti dello Stato anche grandi personalità della cultura
italiana, come per esempio Alessandro Manzoni, Giuseppe Verdi, Giosuè Carducci, Benedetto
Croce, Guglielmo Marconi e Giovanni Gentile.
Già in occasione dell‟unificazione dell‟Italia si poteva registrare un conflitto tra centro e periferia. Il
Paese era economicamente diviso in due, come da una linea invisibile di frattura tra il ricco e
industrializzato Nord e il più povero e agricolo Sud.13
Questa linea di frattura, che esprimeva una
disparità anche nell‟ambito culturale, sociale ed economico e nella dicotomia dei perdenti di
ammodernamento al sud ed i vincitori dell‟ammodernamento al nord, ancora oggi non è stata
superata.14
La maggior parte dei federalisti passò – dopo la sconfitta politica del federalismo – verso una più
modesta richiesta di regionalismo per salvare almeno un minimo delle loro idee politiche. Così si
ebbe l‟entrata in Italia del regionalismo.15
8 Pizzorusso, A. (1999) p 87- 89.
9 La Carta fondamentale del Regno di Sardegna–Piemonte dei Savoia, che fù emanata il 4 marzo 1848 dal Re Carlo
Alberto di Savoia–Cavignano, porta il suo nome. Con la formazione del Regno d‟Italia il 17 marzo 1861 divenne la
Costituzione italiana. 10
Legge 2 agosto 1848 del Regno Subalpino. Introduce, sull‟esempio francese il Consiglio quale assemblea
rappresentativa. 11
Riz, R./ Happacher, E. (2008) p 52. 12
La storia del Senato, www.senato.it/istituzione/29374/29387/genpagina.htm, abgerufen am 28.9.2008. 13
Pallaver, G. (2007a) p 134. 14
Fix, E. (1999) p 51-70. 15
Grasse, A. (2000) p 73. Per l‟ulteriore dibattito e sviluppo cfr. Grasse, A. (2000) p 73-119.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
81
2.1.2 La fine della Prima Guerra e il tramonto della democrazia
Dopo la sconfitta austriaca nella Prima Guerra Mondiale e la scomparsa del Regno Austro-
Ungarico, la parte meridionale del Tirolo venne assegnata, con il trattato di pace di St Germain del
20. settembre 1919 all„Italia. Lo stesso avvenne con l‟Istria. La fiamma federalistica si riaccese,
questa volta in una prospettiva europea. Si riconosceva nel federalismo soprattutto un concetto di
valori, che avrebbe dovuto porre fine alle esperienze negative dell‟autoritarismo, del nazionalismo e
dell‟imperialismo.16
Nel 1921 si tennero elezioni politiche. Subito dopo i Fascisti avanzarono per la presa del potere.
Nell‟ottobre del 1922 Benito Mussolini fu nominato Presidente del Consiglio dei Ministri. Dopo che
nel 1921 erano stati eletti soltanto 35 deputati fascisti, Benito Mussolini, si diede l‟obiettivo di
modificare la legge elettorale per le elezioni previste per il 1924. La legge Acerbo introdusse il
principio, che al partito che raggiungesse la maggioranza relativa di un quarto dei voti sarebbero
assegnati due terzi dei seggi nella Camera dei Deputati. La legge entrò in vigore ancora alla fine del
1923.17
Si trattò di un caso classico di suicidio di un‟assemblea rappresentativa accusa Giovanni
Sabbatucci,18
simile a quello del Reichstag in Germania, che con la legge delega del marzo 1933
trasferì tutti i poteri a Hitler.19
Mussolini non si accontentò del 25 %. Alle elezioni del 6 aprile 1924, complessivamente la
maggioranza di governo raggiunse i 66,3 % e 375 mandati.20
L‟opposizione di Centro-Sinistra
raggiunge 160 seggi, anche se nel Settentrione del Paese rappresentava la maggioranza.
Dopo l‟uscita dell‟opposizione dal Parlamento il 27 giugno 1924 (secessione dell‟Aventino) e la
dichiarazione di Benito Mussolini del 3 gennaio 1925 alla Camera dei Deputati, in Italia tramontò il
sistema parlamentare. Benito Mussolini riunì su di se tutte le competenze e portò l‟Italia alla
dittatura.
Con la ”riforma” fascista degli enti locali, Mussolini ottenne un ordine gerarchico intransigente e
autoritario e un centralismo estremo. Particolarmente grave fu l'oppressione delle minoranze
linguistiche, sia degli Slavi, come pure le minoranze di lingua tedesca e francese nei territori di
nuova acquisizione nel 1919. 21
16
Grasse, A. (2000) p 121 seg. 17
Legge del 18 novembre 1923, no. 2444. 18
Sabbatucci, G. (1989) p 57-80. 19
Peterlini, O. (2009 de) p 43-52 20
Un seggio venne perso a causa della morte dell‟On. De Nava, cosicché divennero 374. Inoltre c‟era un seggio per un
„Fascista dissidente“. Ministero dell‟Economia Nazionale (1924) p XL. 21
Grasse, A. (2000) p 134-135.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
82
2.1.3 L‟Italia democratica e la nuova Costituzione del 1948
Dopo lo spauracchio della Seconda Guerra mondiale, nacque nei cuori dei federalisti un nuovo
obiettivo, la voglia di una pace sicura in Europa.La svolta venne impressa da Altiero Spinelli (1907-
1986) e con lui da Ernesto Rossi, Eugenio Cantoni e altri. Essi puntarono quasi esclusivamente sul
federalismo esterno, rinunciando al federalismo interno. Erano convinti che la battaglia per il
federalismo interno avrebbe indebolito lo sforzo ritenuto ben più importante per la costruzione degli
Stati Uniti d‟Europa. Pochi sono rimasti a difendere le posizioni del federalismo italiano: Norberto
Bobbio, Mario Alberto Rosier, Adriano Olivetti e pochi altri.22
Quando il nord del Paese era ancora sotto l‟occupazione tedesca, il 31 gennaio 1945, il Consiglio
dei Ministri emanò un decreto che per la prima volta nella storia d‟Italia riconosceva il diritto di
voto alle donne.23
In questo modo le donne parteciparono il 2 giugno 1946 al Referendum che portò
all‟abolizione della monarchia e alle elezioni per l‟Assemblea costituente così come alle elezioni
amministrative a livello locale.
L‟Assemblea Costituente (1946 - 1947) gettò le basi per uno Stato moderno liberandosi dal
Fascismo. La nuova Costituzione italiana entrò in vigore il 1 Gennaio 1948.24
La Costituzione italiana è ispirata nei suoi principi, nelle sue garanzie, nei suoi diritti civili, sociali,
economici e politici da una grande missione democratica, sociale e di libertà che la fa rientrare a
pieno titolo nel novero delle grandi e moderne Costituzioni democratiche. L'assetto istituzionale e la
divisione dei poteri pendolano tra un sistema centralistico e un tiepido regionalismo.
Il sogno europeo dei federalisti era nuovamente fallito e non solo riferito all‟Italia. Principi
nazionalistici e unitari festeggiarono il loro rinascimento. Ma l‟Italia svolse un ruolo importante
nella discussione federale su base europea. Il Movimento federalista italiano, che ancora oggi è
attivo, poté contare insieme agli altri padri fondatori su Altiero Spinelli, il quale incentivò
l‟unificazione europea e ne è uno dei Padri nobili.25
In Italia invece, vi fu un singolo studioso, che si attivò anche durante il periodo dell'Assemblea
Costituente per il federalismo, era Gianfranco Miglio (Como 1918-2001) che dovette svolgere un
ruolo importante per il dibattito federale, molti anni dopo negli anni 90. Il suo contributo ha
consentito alla Lega tra il 1990 e il 1996 la sua rapida crescita.26
22
Gangemi, G. (2003) p 136. 23
Decreto legislativo Luogotenenziale 1.Februar 1945, no. 23. 24
Costituzione della Repubblica Italiana, in Gazzetta Ufficiale 27 dicembre 1947, no. 298, edizione straordinaria;
promulgata dal Capo provvisorio dello Stato il 27 dicembre 1947. 25
Grasse, A. (2000) p 160-161. 26
Gangemi, G. (2003) p 136, un saggio dettagliato su Miglio p 136-146.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
83
2.1.4 Le Regioni e gli enti locali
2.1.4.1 Una pura ripartizione territoriale
L'assetto istituzionale centralistico si evidenzia già nell'articolazione territoriale. Fino al 2001 l'art.
114 della Costituzione recitava: “La Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni.”
Le Regioni sono quindi state – ai sensi del testo costituzionale vigente fino al 2001 – come le
Province e i Comuni, una mera ripartizione dello Stato. L'art. 115 della Costituzione prevedeva che
le Regioni fossero “costituite in enti autonomi con propri poteri e funzioni ”, ma queste attribuzioni
erano – Regioni a statuto speciale a parte – molto modeste. Esse erano elencate tassativamente in 18
materie all'art. 117 della Costituzione.
A ciò si aggiunge che queste modeste concessioni al regionalismo rimasero prive di attuazione per
tantissimo tempo. Il centralismo prevalse in modo netto. L'Assemblea Costituente (1946-1947) ha
posto i pilastri per uno Stato moderno scrollandosi di dosso il fascismo: essa aveva previsto le
Regioni, di cui quattro a Statuto speciale,27
le 15 Regioni a statuto ordinario però con poco peso
istituzionale.
Fig. 3: La struttura centralistica della Costituzione del 1948
3
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
e riflessi sul federalismo fiscale;
Messina 11.12.2008
CostituzioneCostituzione del 1948del 1948
Diritti, garanzie e libertDiritti, garanzie e libertàà: grande spirito : grande spirito democratico e socialedemocratico e sociale
Struttura organizzativa e divisione dei poteri: tra Struttura organizzativa e divisione dei poteri: tra Stato centralista e timido regionalismoStato centralista e timido regionalismo
La Repubblica si La Repubblica si riparteriparte in Regioni, Province e in Regioni, Province e Comuni; dal 2001 Comuni; dal 2001 èè costituitacostituita
19 deboli competenze elencate tassativamente19 deboli competenze elencate tassativamente
Clausola generale a favore dello StatoClausola generale a favore dello Stato
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
84
2.1.4.2 La disparità tra il Nord e il Sud
L‟Italia presenta – come già abbiamo constatato – forti diversità regionali, con regioni altamente
sviluppate e altre sensibilmente sottosviluppate. La Costituzione prevede, già dal 1948,
un‟articolazione dello Stato in 19 Regioni prima e ora 20.28
L‟Italia pertanto si presenta come una
società fortemente regionalizzata, sia dal punto economico e sociale, che da quello istituzionale. Le
Regioni sembrano assumere un ruolo importante nello sviluppo del Paese. L‟apparenza però
inganna, scrivono Bagnasco e Oberti (1998). Le differenze territoriali hanno portato a un‟illusione
sul ruolo delle Regioni come istituzioni, commentano gli autori.29
In verità, l‟apparente efficienza
delle Regioni risale alla forza e alla tradizione storica del senso civico che è distribuito in modo
disuguale sulla penisola. Le Regioni quali istituzioni non sono da confondere con le società
regionali, che rappresentano forme territoriali di organizzazioni economiche e sociali.
Dopo la Seconda guerra l‟Italia poté crescere sull‟onda di un vero miracolo economico, che però
non coinvolse tutta la penisola. Le industrie con le grandi unità produttive si concentrarono nel
Nordovest che era già molto sviluppato. Il modello di sviluppo economico si basava su produzione
di massa e consumo e creò una società di due classi, una larga fascia operaia politicizzata e una
ricca borghesia di tipo industriale e finanziario.30
Il Mezzogiorno rimase escluso dal miracolo economico. L‟economia era da sempre debole e si
basava sull‟agricoltura e il servizio pubblico. L‟industria era poco sviluppata, poco produttiva e
dipendeva inoltre dal Nord. La classe operaia era poco istruita e quella imprenditoriale non riuscì a
svilupparsi. Clientelismo e affari di scambio caratterizzavano il sistema politico.31
La terza Italia è caratterizzata da industrie dinamiche, di piccole e medie dimensioni. Una domanda
differenziata, tecnologie adattate a una produzione di serie più limitata e migliori sistemi di
comunicazione spiegano – oltre altri fattori – il ritorno e il successo di piccole e flessibili industrie.
Nelle regioni del Centro e al Nord, nelle zone non toccate dalla produzione di massa, si sviluppò
una classe imprenditoriale con piccole e medie aziende, che si basò sulle tradizioni economiche
esistenti e sull‟artigianato. Questa imprenditoria poté approfittare anche dei servizi offerti nelle città
di media dimensione, dalle banche, dalle scuole, dai negozi e dalle offerte culturali.32
Le Regioni
come istituzioni non erano partecipi a questo sviluppo.
27
Il Friuli Venezia Giulia si aggiunse come quinta Regione speciale nel 1963. 28
Solamente nel 1963 il Molise diventò una Regione. 29
Bagnasco, A./ Oberti, M. (1998) p 150. 30
Bagnasco, A./ Oberti, M. (1998) p 152. 31
Bagnasco, A./ Oberti, M. (1998) p 153. 32
Bagnasco, A./ Oberti, M. (1998) p 154.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
85
2.1.4.3 Le Regioni – per lungo tempo solo sulla carta
A parte le Regioni a statuto speciale, le rimanenti 15 Regioni in Italia vennero costituite solamente
negli anni 1970 – 1977. Questo risulta essere una delle più vistose forme di disapplicazione della
nuova Costituzione, critica Pizzorusso.33
Appena negli anni 70, con vent‟anni di ritardo, furono
eletti i Consigli Regionali come organi legislativi.34 Tuttavia mancava la cultura politica nei
confronti del federalismo. Invece di ampliare le autonomie regionali, il Governo tolse loro
competenze in base al cosiddetto “interesse nazionale”. Con tale motivazione lo Stato si riappropriò
quindi di alcune competenze riportandole nella propria sfera, ma che secondo la Costituzione
spettavano alle Regioni (DPR 616/1977). Nella stessa direzione condusse la legge dello Stato sul
riordino dell'attività di governo che risale al 1988 (legge del 23 agosto 1988, n. 400) e con la quale è
stato formulato un diritto di indirizzo e coordinamento riguardante l' “organizzazione ed il
coordinamento” delle attività amministrative delle Regioni, anche di quelle autonome.
Grasse (2005) si pose la domanda, quanto e in quale modo le Regioni, come erano state definite
dall‟Assemblea costituente fossero effettivamente radicate culturalmente e socialmente nel
territorio.35
La risposta è controversa. Però già questo dimostrerebbe, quanto fosse problematica la
regionalizzazione per uno Stato unitario che mai aveva conosciuto un livello di governo intermedio.
Un ruolo importante invece, rivestono da millenni le Città e i Comuni che risalgono al medioevo e
in parte addirittura all‟Impero romano. Sono pilastri portanti della vita sociale e politica che
riuscirono a sviluppare un decisivo autogoverno, garantendosi specifici diritti e privilegi. Essi
disponevano e dispongono, in parte anche oggi di propri Statuti, non solo nel Tirolo storico,36
ma
anche in tutta l‟Italia e soprattutto al centro. 37
Con le sue città, ricche e dense di abitanti, l‟Italia delle Mille Città si è sviluppata a un mito.38
Gli
interessi locali erano ben rappresentati anche nello Stato liberale, perché i parlamentari erano i
destinatari di richieste politiche della periferia. È pertanto una caratteristica del regionalismo
italiano che questo si basa meno su radici forti e stabili dell‟identità regionale, che su un diffuso
particolarismo della città e dei territori locali.39
Un altro fattore importante è secondo Grasse il fenomeno specifico delle subculture, che non si
sovrapponevano solamente in parte ai confini regionali, ma che per lungo tempo dominavano la
scena politica. Le subculture erano un aspetto determinante della prima Repubblica e della
33
Pizzorusso, A. (1999) p 90. 34
L‟elezione avvenne in base alle seguenti leggi: no. 108/1968, no. 281/1970, no. 1084/1970, cosi come DPR no. 1-
11/1972 und no. 616/1977, Pizzorusso, A. (1999) p 91. 35
Grasse, A. (2005) p 129. 36
Peterlini, O. (1997b, de) p 38, (2000c, de) p 32. 37
Grasse, A. (2005) p 130. 38
Cavazza, S. (1995) p 51. 39
Onida, V. (1990) p 244.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
86
cosiddetta democrazia bloccata. Erano esse che permisero alla Democrazia Cristiana (DC) di
rimanere al potere dal 1948 al 1996 e che impedirono ogni alternanza tra destra e sinistra. Con una
rete d‟istituzioni sociali, la Chiesa cattolica e la confederazione sindacale Cisl , al nord, soprattutto
in Piemonte, Lombardia, Veneto e Trentino, dominava la subcultura "bianca" della DC. Nelle
regioni controllate dal Partito comunista italiano (PCI), come nell‟Emilia Romagna, in Umbria,
nella Toscana, e in parte in Liguria e nelle Marche vigeva una subcultura "rossa". Esistevano inoltre
piccole subculture minori dei partiti laici. La quarta componente geografica, anche se non si tratta di
una vera e propria subcultura in senso stretto, è rappresentata dal Mezzogiorno, l'Italia meridionale,
con uno sviluppo industriale arretrato e un forte legame alo Stato centrale e alla DC che stava a al
governo.40
Il dibattito intorno al ruolo delle Regioni riprese solamente negli anni 90 quando il sistema politico
italiano affondò in tangentopoli e la Lega fece del federalismo la sua bandiera portante.41
2.1.5 La rappresentanza democratica e popolare: Il Parlamento
I padri Costituenti erano animati da un timore e da due novità, scrive Gianfranco Pasquino
confermando una tesi sufficientemente condivisa. Il timore fu quello definito il complesso del
tiranno, cioè la paura di qualsiasi meccanismo che potesse aprire la strada a un singolo leader per la
presa del potere. Le due novità furono l‟affermarsi del ruolo e del potere dei partiti e
l‟accentuazione del ruolo centrale del parlamento.42
2.1.5.1 Due Camere, ma nessuna per le Regioni
A differenza di Austria, Germania e Svizzera e di altri Stati organizzati in senso federale, l'Italia
non possiede una Camera delle Regioni. Il Parlamento è composto da due Camere, la Camera dei
Deputati e il Senato della Repubblica. Tuttavia, il Senato non è una Camera federale, bensì una
seconda Camera paritaria del Parlamento italiano. Entrambe le Camere sono elette direttamente dal
popolo.
La composizione del Senato è diversa rispetto a quella della Camera: conta la metà dei membri (315
Senatori e attualmente 7 Senatori a vita) e questo fa sì che ogni Senatore rappresenti il doppio degli
elettori di un Deputato della Camera. La Costituzione prevede anche delle differenze nella legge
elettorale. Il diritto di voto attivo per la Camera viene attribuito a 18 anni, per poter votare per il
Senato bisogna attendere i 25 anni. Diverso anche il voto passivo. Mentre è possibile essere eletti
40 Grasse, A. (2005) p 130-135.
41 Bagnasco, A. / Oberti, M. (1998) p 151.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
87
deputati a 25 anni, per diventare Senatori bisogna raggiungere la soglia dei 40 anni. Il Senato ha
inoltre un peso particolare nella gerarchia dell'assetto statale. Il Presidente del Senato è d'ufficio il
sostituto del Presidente della Repubblica. Il Presidente della Camera dei Deputati occupa, prima del
Presidente del Consiglio, il terzo posto nella gerarchia statale.
Fig. 4: Due Camere con gli stessi diritti
16
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
in senso federale e riflessi
sull'autonomia del Trentino Alto
Adige/Südtirol, Servizio Giovani 2008
BicameralismoBicameralismo perfettoperfetto
Senato della Repubblica Senato della Repubblica Camera dCamera deiei Deputati Deputati
315 315 SenatoriSenatori+ Sen. a vita 630 Deputati + Sen. a vita 630 Deputati AbgAbg. .
WAHLRECHT/VOTO:WAHLRECHT/VOTO:
25 25 aktivaktiv /40 pass. regional 18 /40 pass. regional 18 aktivaktiv / 25 pass. national/ 25 pass. national
Gleich/uguali:Gleich/uguali:
Legislativ/politLegislativ/polit.. Vertrauen/FiduciaVertrauen/Fiducia Wahl/ElezioneWahl/Elezione 5Jahre/anni5Jahre/anni
Nonostante queste differenze nel sistema elettorale, nell'ordinamento statale e nel protocollo, Senato
e Camera sono del tutto parificati per quanto attiene le loro attribuzioni, sia nella loro funzione
legislativa che quella politica. Tutti i provvedimenti legislativi devono essere approvati nella stessa
versione sia dalla Camera che dal Senato, secondo il principio del c.d. bicameralismo perfetto. Non
vi è quindi un diritto di veto di una Camera, bensì una competenza legislativa paritaria. Anche per
quanto riguarda la loro funzione politica non vi sono differenze. Infatti, il Governo deve avere la
fiducia di entrambe le Camere per esercitare le proprie funzioni.
2.1.5.2 Camera e Senato eletti con sistemi diversi
Sia la Camera (art. 56 Cost.) sia il Senato (art. 58 Cost.) vengono eletti “a suffragio universale e
diretto” direttamente dagli elettori. L'attribuzione dei seggi avviene nella Camera dei Deputati a
42
Pasquino, G. (2007) p 4-5.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
88
livello nazionale. Il Senato invece viene eletto su base regionale (a parte la circoscrizione Estero)
così come previsto dall‟art. 57 Cost.
Il riferimento regionale è stato sin dall'inizio inserito nella Costituzione ed è l‟unico elemento che
vuole dare al Senato una dimensione più regionale, anche se in sostanza non ha nessun altro
collegamento con la Regione. Non ha mai rappresentato ne un elemento federale ne un problema,
affinché non sopravvenisse la nuova legge elettorale, approvata poco prima delle elezioni del 2006.
La legge ha, infatti, introdotto un premio di maggioranza per assicurare la governabilità, premio che
alla Camera viene assegnato a livello nazionale. Al Senato, invece, il premio viene attribuito a
livello regionale (proprio in forza del dettato costituzionale). Le Regioni autonome di Trentino-Alto
Adige/Südtirol e Valle d'Aosta a parte, dove è stato mantenuto il precedente sistema elettorale
maggioritario con collegi elettorali, nel resto del paese il Senato viene ora eletto con un sistema
proporzionale. Alla maggioranza che vince nella singola Regione (e non quindi a livello nazionale)
viene attribuito il premio di maggioranza, e cioè il 55% dei seggi assegnati alla Regione. Al Senato
questo sistema ha comportato, alle elezioni del 2006, una maggioranza talmente risicata da far
diventare il Paese quasi ingovernabile. Tutti i partiti erano quindi concordi nel ritenere che la legge
elettorale dovesse essere modificata.43
Dopo il fallimento del referendum sulla legge elettorale nel
2009 eventuali modifiche sono però diventate meno probabili o comunque ritenute meno urgenti.
Non sono invece escluse eventuali riforme costituzionali, che potrebbero comportare ulteriori passi
verso il federalismo. In questo senso si discute, per esempio, dell'introduzione di un Senato delle
Regioni. Nel testo costituzionale vigente l'unica concessione – se di ciò si può parlare – a favore
delle Regioni è quello menzionato, che il Senato viene eletto a base regionale.
2.1.5.3 La Conferenza Stato Regioni
In mancanza di un Camera delle Regioni sono cresciuti l‟importanza e il ruolo della Conferenza dei
Presidenti delle Regioni. È intercorso uno sviluppo simile a quello dell‟Austria o della Germania,
dove i leader dei Länder, tuttavia, costituiscono un forum addizionale al Bundesrat, la Camera dei
Länder. La Conferenza delle Regioni in Italia si sviluppò grazie alle regolari riunione dei Presidenti
negli anni '80.
La Conferenza Stato-Regioni venne per la prima volta ventilata dalla Commissione parlamentare
per gli Affari regionali nel febbraio 1980. Serviva inizialmente come raccordo delle politiche
nazionali e regionali e come forum informativo da parte del Governo e tra le stesse Regioni.
La legge 15 marzo 1997, n. 59 (cosiddetta Bassanini) ne cambiò la natura. La Conferenza Stato
Regioni diventò il fulcro del coordinamento e del dialogo fra Stato e Regioni – una sorta di Camera
43
Il tema è approfondito in: Peterlini, O. (2008 it) p 1-5 e p 44-60.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
89
delle Regioni, di cui voleva effettivamente essere l‟embrione, commenta Simona Piattoni.44
Il
decreto legislativo del 28 agosto 1997, n. 281 rafforzò ulteriormente il suo ruolo e stabilì
l‟obbligatorietà della sua consultazione su iniziative legislative di qualsiasi tipo nelle materie di
competenza delle Regioni.45
È prevista inoltre una Conferenza Stato-Città e autonomie locali. Le
due Conferenze insieme formano la Conferenza unificata. La Conferenza Stato Regioni diventò
così un foro importante per la discussione fra lo Stato intero e le Regioni su materie di interesse
regionale. Con l‟elezione diretta dei Presidenti delle Regioni il suo peso aumentò ulteriormente. 46
Ma è lontana da poter essere raffrontata con una Camera delle Regioni.
44
Piattoni, S. (2003) p 123-155. 45
Cfr. Conferenza Stato Regioni: http://www.statoregioni.it/home_UNI.asp?CONF=UNI, scaricato il 7.7.2010. 46
Cfr. Barbera, A. (1999).
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
90
2.2 Le Autonomie speciali in contrasto con Roma
2.2.1 Posizioni particolari per ragioni storiche e politiche
Una posizione particolare nell'assetto costituzionale viene rivestita dalle Regioni a statuto
speciale.47
Esse si trovano in contraddizione, in asimmetria48
con il rimanente assetto dello Stato e
devono difendere la propria autonomia contro il pensiero centralistico.
Fig. 5: Le autonomie speciali in contrasto con l‟assetto generale
5
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
e riflessi sul federalismo fiscale;
Messina 11.12.2008
Le autonomie speciali in contesto Le autonomie speciali in contesto
contrastantecontrastante Fino alla fine degli anni Fino alla fine degli anni ’’70 non vengono istituite le 70 non vengono istituite le
Regioni a Statuto ordinario. Regioni a Statuto ordinario.
Le Regioni a Statuto speciale operano in un contesto Le Regioni a Statuto speciale operano in un contesto
contrastante con quello statalecontrastante con quello statale
LL’’azione dello Stato centrale limita le loro funzioniazione dello Stato centrale limita le loro funzioni
Lo Stato applica un modello accentrato per: Lo Stato applica un modello accentrato per:
ricostruzione, interventi nellricostruzione, interventi nell’’economia e aumento dei economia e aumento dei
servizi pubbliciservizi pubblici
Le Regioni a Statuto speciale diventano enti atipici Le Regioni a Statuto speciale diventano enti atipici
allall’’interno dellinterno dell’’organizzazione stataleorganizzazione statale
6
Il lungo percorso per la realizzazione e l'attuazione dell'autonomia in queste regioni dimostra come
queste hanno dovuto imporsi contro un sistema che seguiva una direzione diversa. Il processo che
ha avuto più successo, anche se è quello che è durato di più, è stato quello della Regione Trentino-
Alto Adige/Südtirol dove, con il sostegno dell'Austria e attraverso un ancoraggio internazionale
dell'autonomia, quest‟ultima è stata raggiunta e ampliata passo per passo. Il primo Statuto di
47
In merito alle Regioni a statuto speciale cfr. Grasse, A. (2000) p 165-183; cosi come i commenti di: Labriola, S.
(1997), Silvestri, G./ Pinna, P./ Carrozza, P./ Bertolissi, M./ Pizzorusso, A. (1995) p 316 seg. , 349 seg. , 393 seg. , 473
seg. , 532 seg. . 48
Cfr. Palermo, F./ Hrbek, R./ Zwilling, C./ Alber, E. (ed) (2007).
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
91
autonomia risale al 1948, mentre la quietanza liberatoria della vertenza dinanzi alle Nazioni Unite è
avvenuta nel 1992.
Le cose sono andate diversamente per la Regione Sicilia la quale, sulla carta, gode di competenze
ben più ampie (in virtù di uno Statuto che è stato emanato prima della stessa Carta Costituzionale),
ma che, di fatto, non ha saputo, sia operativamente che finanziariamente, utilizzare lo spazio che le
era stato concesso.
Fig. 6: La norma costituzionale sulle autonomie speciali
18
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
e riflessi sul federalismo fiscale;
Messina 11.12.2008
Le Le autonomieautonomie specialispeciali
Art 116: Art 116: ““Il FriuliIl Friuli--Venezia Giulia, la Sardegna, Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino Alto Adige / Sla Sicilia, il Trentino Alto Adige / Süüdtirol e dtirol e Valle d'Aosta / VallValle d'Aosta / Valléée d'e d'AosteAoste dispongono di dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale.costituzionale.
La Regione TrentinoLa Regione Trentino--Alto Adige/SAlto Adige/Süüdtirol dtirol èècostituita dalle Province di Trento e di Bolzanocostituita dalle Province di Trento e di Bolzano””
L'Italia si articola in 15 Regioni a statuto ordinario e cinque Regioni a statuto speciale. L'art. 116
della Costituzione elenca queste cinque Regioni il cui nome, per quanto riguarda l'Alto
Adige/Südtirol e la Valle D'Aosta, è stato integrato con la versione nelle lingue delle minoranze.
Il nuovo art. 116 Cost. recita: “Il Friuli-Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto
Adige/Südtirol e la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di
autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge Costituzionale. La Regione
Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano.”
Mentre la fonte del diritto per le 15 Regioni a statuto ordinario si trova esclusivamente nella
Costituzione, per le Regioni speciali viene sancito ulteriormente nel rispettivo Statuto di autonomia,
che ha anche lo status di legge costituzionale. L‟art. 116 della Costituzione ha in questo modo
istituito una struttura asimmetrica, che concede solo alle cinque regioni a Statuto speciale un ruolo
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
92
particolare.49
Questo non significa però un trattamento preferenziale o un miglioramento
fondamentale - sottolinea Sergio Bartole - ma un trattamento differenziato, se ragioni particolari e
giustificate lo richiedono.50
2.2.2 Le cinque Regioni autonome – un cammino differenziato
Fig. 7: Le autonomie sono eccezioni
Fonte: Eurac, Bolzano.
2.2.2.1 La Regione Sicilia – dalla tentazione americana all‟autonomia
L'isola siciliana è situata nel meridione italiano e conta circa cinque milioni di abitanti.51
Già nel
luglio del 1943, poco prima dell'invasione alleata, si formò su iniziativa di Andrea Finocchiaro-
Aprile, il "Comitato per l'Indipendenza Siciliana”. Il Comitato prese le distanze dal fascismo e
chiese in un manifesto del 23 luglio 1943 la creazione di una Repubblica sovrana della Sicilia. Nel
1943 soldati americani e britannici occuparono l'isola conquistandone il controllo nel mese di
giugno. Molti siciliani vedevano con favore l'annessione dell'isola agli USA. Alla guida del
49
Zwilling, C. (2007a) p 118. 50
Bartole, S. (1985) p 55 seg. Sulle Regioni a statuto speciale cfr.: Nevola, G. (ed) (2003), Piattoni, P (2003), nonché
Nevola, G. (2003a), che analizza le minoranze dal punto di vista dell‟identità nazionale.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
93
movimento separatista si collocò Salvatore Giuliano, con un suo esercito di volontari per
l'indipendenza della Sicilia. Era considerato il “Brigante galantuomo“.52
La classe superiore tradizionale in Sicilia utilizzò il rifiuto della popolazione dello Stato centrale,
che si manifestava in modo latente ma anche aperto e scatenò gli animi, invocando l'esistenza di una
nazione, sulla questione siciliana. Il movimento separatista venne favorito anche dalla
centralizzazione estrema, resa tale dal fascismo. Le imposte elevate a favore delle colonie fecero la
loro parte. La mafia promosse a sua volta il movimento. 53
Gli Alleati elaborarono quindi tre possibili soluzioni per l'Italia: quella di uno Stato federale con le
Regioni simili agli Stati Uniti, una con un sistema semifederale con responsabilità limitata per le
Regioni, un‟altra che spaziava fino a un sistema unitario decentrato con Province e Comuni
autonome.54
Subito dopo la guerra, al fine di smorzare i movimenti separatisti, il Governo romano emanò in
data 15 maggio 1946 il Decreto regio n. 455 che concedeva un'ampia autonomia alla Regione
siciliana. L'Assemblea Costituente ratificò successivamente tale decreto trasformandolo nella legge
Costituzionale n. 2/1948 (Statuto della Regione Sicilia).55
In questo modo lo Statuto siciliano ha
visto la luce ben prima della Costituzione italiana e contiene, a differenza degli Statuti delle altre
Regioni a statuto speciale, diritti d'autonomia particolare. La Sicilia dispone, infatti, di un proprio
Parlamento, denominato “Assemblea”, a differenza delle altre Regioni che hanno dei meri
“Consigli Regionali” come organi legislativi. I membri dell'Assemblea sono Deputati e non
Consiglieri come quelli delle altre Regioni. Alcune sezioni del Consiglio di Stato e della Corte dei
Conti hanno la loro sede a Palermo, al fine di assicurare il decentramento dell'amministrazione. Le
attribuzioni della Regione Sicilia vengono elencate, come in tutti gli altri Statuti, in modo tassativo
(all‟art. 14 le competenze esclusive, all‟art. 17 quelle concorrenti). I limiti per l'attività legislativa
sono, per quanto riguarda le materie di esclusiva competenza, solo la Costituzione e la riforma
agraria e industriale decisa dall'Assemblea Costituente.56
51
ISTAT, 5.043.083 abitanti al 28.2.2010. 52
Grasse, A. (2000) p 171. 53
Cfr. Grasse, A. (2000) p 165- 178, Buttitta, A. (1988) p 415-419, cosi come Kehr, M. (1984). 54
Federalismo & Società, anno 2, no. 1/1995. 55
Statuto della Regione Sicilia, vedi 8.1.3 Fonti giuridiche: 8.1.3.2 Norme costituzionali. 56
Cfr. Violante, P. (2003) (1996), nonché www.ars. sicilia.it, www.sicilyweb.com/storia/statuto/htm, scaricati il
31.1.2010.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
94
2.2.2.2 La Regione Sardegna – una lunga storia di indipendenza
La Sardegna è situata nel sudovest nel mare Tirreno e conta quasi 1,7 milioni di abitanti,57
che
parlano il sardo. Il sardo è definito una lingua romanica a parte, che si suddivide in quattro
dialetti.58
L‟isola può vantare una lunga storia indipendente dal 1239 quale Regno di Sardegna fino
alla sua unificazione con il Piemonte nel 1720.
Dopo la c.d. fusione perfetta al Regno del Piemonte, la Sardegna dovette constatare una perdita
effettiva degli antichi diritti di autonomia. Ciò portò a insurrezioni di non poco conto. Con la
scomparsa anche formale delle istituzioni statuali del Regno (unione con gli Stati di terraferma nel
1847) l'isola divenne una Regione di un'entità statuale più ampia. Conserverà il nome di Regno di
Sardegna ancora per qualche anno, finché, raggiunto ormai l'obiettivo dell'annessione degli altri
Stati e territori della Penisola, cambierà denominazione in Regno d'Italia.
Anche sull‟isola Sarda si sono avuti nel corso dei secoli tentativi di indipendenza. Uno dei
personaggi di spicco e fautore dell‟autodeterminazione sarda fu in prima linea Giovanni Battista
Tuveri (1815-1887). Egli fu un repubblicano e federalista convinto come Cattaneo e Ferrari. Gli
sforzi di Tuveris nel periodo che va dal 1847 al 1860 non procurarono la forza necessaria per un
moto insurrezionale abbastanza forte. La perdita di autonomia era per l‟appunto stata richiesta dalla
società elitaria in Sardegna, in quanto ci si aspettava dal nuovo Stato un ammodernamento.59
Anche dopo la Prima guerra mondiale ci fu terreno fertile per il pensiero autonomista. La Brigata
Sassari, che era composta da reclute dell'isola, aveva raggiunto una grande fama sul fronte
austriaco. Oltre 13.000 soldati erano caduti al fronte. Coloro che tornarono fondarono un
movimento separatista e nel 1921 il Partito Sardo d'azione (PSd‟A), ma il regime fascista annientò i
nascenti movimenti separatisti.
Durante la Seconda guerra mondiale, l'isola sarda venne utilizzata come base navale per le
operazioni militari nel Mediterraneo e fu bombardata più volte dalle Forze alleate, in particolare
Cagliari nel 1943. Ben tre quarti della città furono distrutti. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943,
e il ritiro delle truppe tedesche, l'isola venne occupata dalle Forze alleate.60
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, si svilupparono in Sardegna, forze che si protendevano
verso una maggiore autonomia. Movimenti di autonomia, come il PSd'A entrarono di nuovo in
azione. Vennero richieste competenze economiche e sociali, una zona di libero scambio e di
indipendenza culturale, in quanto i sardi rappresentavano con circa un milione, la più grande
57
ISTAT, 1.672.511abitanti al 28.2.2010. 58
Cfr. Kattenbusch, D. (ed) (1995) p 97. 59
Grasse, A. (2000) p 89-90.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
95
minoranza linguistica in Italia e di conseguenza, era già stata presa in considerazione nel 1944 una
regolamentazione speciale per la Sardegna.61
Lo Statuto dell'Autonoma Regione di Sardegna è stato approvato dall'Assemblea Costituente in una
delle sue ultime sedute nel gennaio del 1948. Con ciò è stata assicurata alla Regione sarda
quell'autonomia che aveva perso quasi esattamente 100 anni prima, quando era stata unificata con
gli Stati della terra ferma, perdendo i propri diritti. 62
Dopo la nascita della Regione autonoma, quasi
tutti i partiti divennero autonomi, l‟ideologia sarda perse vigore, ma la sua lingua acquistò prestigio
in quanto venne considerata un‟espressione letteraria ed il PSd‟A riprese un ruolo di protagonista.63
Lamenta però Gianfranco Contu 64
che, nonostante l‟estremo tentativo dei consultori sardisti di
convocare la Consulta regionale per protestare contro il modo e contro le modifiche in senso
restrittivo apportate in sede di Costituente, il 26 febbraio 1948, con legge Costituzionale n. 3, lo
Statuto speciale veniva promulgato.65
Negli articoli 3, 4 e seguenti dello Statuto sardo sono elencate le competenze della Regione.
L'articolo 3 contiene le competenze esclusive. Nell'esercizio della sua potestà legislativa, la Regione
deve rispettare i limiti seguenti: La Costituzione, i principi dell'ordinamento della Repubblica, gli
obblighi internazionali dell'Italia, l'interesse nazionale così come le riforme fondamentali di natura
economica e sociale. L'articolo 4 elenca le competenze concorrenti, nel cui esercizio il Consiglio
regionale deve comunque uniformarsi ai principi delle leggi statali. L'articolo 5 contiene ulteriori
competenze per l'integrazione e l'applicazione delle leggi statali. I limiti sono quindi tracciati in
modo molto più severo rispetto a quanto avviene per la Regione Sicilia. Corrispondono esattamente
ai limiti che valgono anche per la Regione del Trentino-Alto Adige e per le due Province autonome
Alto Adige e Trentino, così come per le altre Regioni autonome. 66
2.2.2.3 La Regione Valle d'Aosta – tra Francia e Italia
La Valle d'Aosta è la Regione più piccola d'Italia ed è situata nel Nord-ovest, dove confina con la
Francia e la Svizzera. Conta 130.000 abitanti.67
Nella Valle D'Aosta vive una popolazione
60
Contu, G./ Casula, F. (2008): www.sitos.regione.sardegna.it, scaricato il 31.1.2010. 61
Grasse, A. (2000) p 181-182. 62
Sullo sviluppo in Sardegna cfr. tra altri: Accardo, A. (2003), Accardo, A.(ed) (1998), Pallaver, G. (1995b), Cardia,
M. (1992), Gizzi, E. (1991) p 12 seg., Mor, G. (ed) (1988) p 203 seg., Bartole, S. (1988) p 166 seg., Wenzel, G. (1980) p
250-261. 63
Caciagli, M. (2006) p 179. 64
Contu, G./ Casula, F. (2008). 65
Statuto della Regione Sardegna: http://www.regione.sardegna.it/documenti/1_39_20050318114805.pdf, scaricato il
31.1.2010. 66
Sull‟autonomia in Sardegna cfr. Caciagli, M. (2006) p 178-179, Roux, C. (2004), Accardo, A. (ed) (1998). 67
ISTAT, 127.871 abitanti al 28.2.2010.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
96
francofona, la quale parla una lingua franco provenzale, denominata anche Patois, circostanza che
ha comportato, dopo la Seconda Guerra Mondiale, la concessione di un'autonomia speciale.
L'idea autonomista risale già al XVIII secolo, nel 1909 nacque pure un movimento combattivo per
la salvaguardia della lingua.68
Dal 1926, Aosta divenne una provincia a se stante. Durante e dopo la
seconda guerra mondiale si ebbero pure lì tendenze secessioniste. Alla fine del 1943 i membri della
Resistenza valdostana, pretesero nella "Carta di Chivasso”, 69
un‟autonomia politica, economica,
finanziaria e, soprattutto, un‟autonomia culturale per tutte le valli alpine di lingua francese.70
All'interno del movimento di liberazione si sviluppò anche una fazione che chiedeva l'annessione
alla Francia. Anche questa, tuttavia, sottolineava l'importanza dell'autonomia e sviluppò le basi in
ambito amministrativo, politico e culturale per l'eventuale annessione alla Francia. Il pensiero
dell'annessione fu favorito dal fascismo e dagli abusi del regime.
Nel 1944 la situazione peggiorò. In diverse manifestazioni si invocava il diritto di referendum. La
pressione per l‟annessione con la Francia salì. Si stima che circa il 70 per cento avrebbe votato per
un‟annessione con la Francia, se si fosse arrivati al Referendum. 71
Il padre dell‟autonomia in Valle d‟Aosta si chiama Federico Chabod. Egli si impegnò per
l'autonomia di questa piccola Regione all'interno dello Stato italiano, contrapponendosi ai
separatisti che invece perseguivano l'annessione della Regione alla Francia. Già nel settembre del
1944 si fece consegnare una dichiarazione dagli allora partiti antifascisti del Comitato di
Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) che assicurava ai Valdostani un'autonomia
amministrativa e linguistica.
Analogamente a quanto avvenne in Sicilia, la paura italiana di perdere questa Regione importante
per l'economia favorì la concessione dell'autonomia speciale.72
Lo Statuto speciale dell'autonoma Regione della Valle d'Aosta è stato emanato con legge
Costituzionale del 26 febbraio 1948, n. 4 dopo essere stato redatto, come tutti gli altri Statuti, in
seno all'Assemblea Costituente. Al fine di allargare le competenze legislative in senso autonomista
una delegazione del Consiglio regionale aostano manteneva, durante i lavori, dei contatti stretti con
l'Assemblea Costituente. Nonostante ciò, l'11 marzo 1948 il Consiglio regionale si lamentò che “le
rivendicazioni del popolo valdostano non siano state accolte in modo soddisfacente”. 73
68
Caciagli, M. (2006) p 177-178. 69
Cfr. Azzoni, V. (1980). 70
Grasse, A. (2000) p 153. 71
Grasse, A. (2000) p 179-180. 72
Tringali, M. (2000-2009). 73
www.regione.vda.it. www.consiglio.regione.vda.it/statuto, scaricato il 31.1.2010.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
97
Le competenze legislative (esclusive) della Regione d'Aosta sono elencate all'art. 2 con i medesimi
limiti che trovano applicazione alle altre Regioni autonome (con eccezione della Sicilia). L'art. 3
elenca invece le competenze previste per l'integrazione e l'attuazione delle leggi dello Stato, “per
adattarle alle condizioni regionali” (legge Costituzionale 4/1948 Statuto Autonomia Aosta).74
2.2.2.4 La Regione Friuli-Venezia Giulia – tracce retoromanze e slovene
La Regione Friuli-Venezia Giulia è collocata nel nordest italiano e confina a est con l'Austria e la
Slovenia. Conta 1,2 milioni di abitanti.75
A causa dei ritardi con cui furono tracciati i confini dell'est
italiano, lo Statuto del Friuli-Venezia Giulia è stato emanato dopo gli altri Statuti. Lo Statuto
speciale trova la sua fonte nella legge Costituzionale n. 1 del 31 gennaio 1963.76
Importanti sono
anche le leggi n. 482/1999 e 38/2001 per la tutela delle minoranze slovene. La Regione possiede,
infatti, lo status speciale di Regione autonoma anche perché una parte della popolazione parla una
propria lingua retoromanza (romancia), il Friulano,77
e perché nel Carso è presente una cospicua
minoranza slovena.
Già nel 1866 la parte occidentale del Friuli andò all'Italia, e i Friulani, che parlano una propria
lingua romancia (friulana), vennero subito trattati in gran parte come italiani.78
Dopo la Seconda
guerra mondiale, ci furono sia in Italia che in Jugoslavia rivendicazioni territoriali per aree della
Venezia Giulia che dal 1919 erano state italiane, e che dovevano essere regolamentate a livello
internazionale. In data 11 giugno 1945 venne dichiarato il Territorio Libero di Trieste e diviso in
due zone: la zona A con la parte più piccola occidentale e la città di Trieste, e la zona B con la parte
orientale della penisola e l‟Istria. Mentre quest‟ultima parte orientale venne subordinata
all‟amministrazione jugoslava, la zona A venne posta sotto il controllo internazionale delle Nazioni
Unite.79
. La Regione perse così pezzi del proprio territorio a favore della Jugoslavia ed anche il
territorio libero di Trieste che, però, nel 1954 fu riassegnato all‟Italia nella sua parte settentrionale
assieme alla città di Trieste.80
Solamente dopo la fine della seconda guerra mondiale il regionalismo incominciò a esprimersi
politicamente nel Friuli. Nel 1945 sorse il Movimento popolare friulano, che dette vita a un piccolo
partito ed a un giornale. Ma proprio come questi anche le seguenti organizzazioni ebbero vita breve,
74
Sulla problematica in Valle d‟Aosta cfr. anche: Cuaz, M. (2003) (1995), Pallaver, G. (1995d) p 839, Trautmann, G.
(1995) p 858-860, Bauer, R. (1995) p 255-284, Gizzi, E. (1991) p 12 seg., Mor, G. (ed) (1988) p 159 seg, Bartole, S.
(1985) 16 seg, Rotelli, E./ Vitta, E. (1973). 75
ISTAT, 1.234.198 abitanti al 28.2.2010. 76
Statuto della Regione Friuli Venezia Giulia. 77
La lingua friulana (che in friulano viene definita Furlan) appartiene al gruppo delle lingue retoromanze o ladine,
come il Rumantsch nella Svizzera e il Ladino nel Trentino Alto Adige, con il quale ha diverse analogie, ma se ne
differenzia anche per l'influsso avuto dalle lingue e dalle culture circostanti (italiano, tedesco, sloveno), cfr. Peterlini,
O. (2000c, de) p 157-195, (2000d, it) p 155-189 78
Cfr. Kattenbusch, D. (ed) (1995) p 97, che stima il numero delle persone che parlano ancor oggi il friulano tra i
400.000 ed i 700.000 . 79
Grasse, A. (2000) p 183. 80
Cfr. Pallaver, G. (1995a) p 353-354, Hollburg, S. (1980) p 128-131, Agnelli, A. (1987) p 64-177.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
98
se si prescinde dal Movimento Friuli (costituito nel 1966) e dall'Unione Furlane (fine anni '90).
Istituita la Regione autonoma nel 1963, si sono rafforzati sodalizi culturali e anche la coscienza
della diversità linguistica, ma non si è mai affermato un bilinguismo stabile e riconosciuto come in
Alto Adige e in Valle d‟Aosta. Il regionalismo friulano sembra volersi distinguere più da Trieste
che da Roma, commenta Mario Caciagli.81
Le competenze della Regione sono definite (all‟art. 4)82
in modo analogo a quanto avviene per le
altre Regioni speciali, sia per quanto riguarda le competenze esclusive sia per quanto riguarda i
limiti. Nell'art. 5 sono elencate ulteriori competenze, concorrenti con lo Stato, nel cui esercizio la
Regione deve conformarsi ai principi delle leggi statali. L'art. 6 contiene le competenze per
l'integrazione e l'esecuzione delle leggi statali (L. Cost.1/1963).
2.2.2.5 Il Trentino-Alto Adige/Südtirol – da un accordo con l‟Austria all‟autonomia
La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è situata nel Nordest italiano e confina con l'Austria e la
Svizzera. La Regione conta circa un milione di abitanti,83
equamente suddivisi tra le due Province. I
fondamenti storici e l'ancoraggio internazionale dell'autonomia dell'Alto Adige/Südtirol e del
Trentino saranno oggetto d'analisi al seguente capitolo 2.3. Riassumendo è però qui possibile
evidenziare gli atti normativi più importanti:
- il trattato di Parigi tra l‟Italia e l‟Austria, cosiddetto accordo Gruber-De Gasperi del 5.9.1946;
- il primo Statuto di autonomia, approvato con legge Costituzionale, del 26.2. 1948, n. 5;
- il c.d. Pacchetto ufficialmente chiamato “Misure a favore delle popolazioni altoatesine”
(Maßnahmen zugunsten der Bevölkerung Südtirols), approvate dalla Camera dei deputati al
4.12.1969, il 5.12.1969 dal Senato della Repubblica e il 16.12.1969 dal Nationalrat, la Camera
della Repubblica d'Austria;
- il nuovo Statuto di autonomia, approvato con la legge Costituzionale del 10.11.1971, n. 1, e
successivamente pubblicato in modo coordinato con quello precedente, con DPR 31.8.1972, n. 670
come Testo Unico (TU). 84
81
Caciagli, M. (2006) p 178, cfr. auch Valdevit, G. (2003) (1999). 82
Statuto della Regione Friuli Venezia Giulia. 83
ISTAT, al 28.2.2010, sono 1.029.818 abitanti, dei quali 504.111 in provincia di Bolzano e 525.707 in quella di
Trento. 84
Statuto della Regione Trentino Alto Adige/ Südtirol: http://www.regione.taa.it/normativa/statuto_speciale.pdf ,
scaricato il 31.1.2010.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
99
2.2.2.6 Autonomia più ampia allargata a tutte e cinque le Regioni speciali
A tutte le cinque Regioni a statuto speciale trovano applicazione gli ampliamenti risultanti dalla
riforma Costituzionale contenuta nella legge Costituzionale n. 3 del 2001 e che sono oggetto del
presente studio.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
100
2.3 Storia e ancoraggio internazionale dell'autonomia del
Trentino Alto Adige
2.3.1 Un‟autonomia di lungo respiro
Le ripercussioni della riforma Costituzionale del 2001 potrebbero essere analizzate per ognuna delle
cinque Regioni a statuto speciale. A seguito della sua evoluzione storica e dell'ancoraggio
internazionale della sua autonomia, nonché per la sua concreta attuazione, la Regione del Trentino-
Alto Adige/Südtirol riveste un ruolo particolare tra le Regioni a statuto speciale. È l'unica Regione
che deve la sua autonomia a un accordo internazionale, l'accordo Gruber-De Gasperi del 5
settembre 1946. Si tratta inoltre della forma di autonomia più nota nella politica internazionale e che
viene spesso citata come modello per la soluzione di questioni riguardanti le minoranze nel mondo.
Le ripercussioni dello sviluppo federalista in Italia sull‟autonomia rivestono in questo modo anche
una rilevanza e un interesse internazionale.85
2.3.1.1 Dalle conquiste romane alla strada degli Imperatori
I Romani che attraversarono le Alpi per le loro conquiste nel nord chiamarono i territori che
abbracciano le attuali province di Trento, Bolzano e quella austriaca di Innsbruck (lo storico Land
Land Tirol), la “terra tra le montagne”.86
Questa terra aveva, e conserva tutt‟oggi un'importanza
strategica. Con il suo profondo incavo e più basso valico nelle Alpi, il passo del Brennero ha da
sempre rappresentato un collegamento importante tra il nord e il sud d'Europa. Le radici
dell'autonomia di questa terra risalgono fino al Medioevo. I re tedeschi si recavano a Roma
attraverso il Brennero per soccorrere il Papa e per essere incoronati Imperatori. La più famosa e
significativa incoronazione della storia occidentale fu quella di Carlo Magno, re dei Franchi (768-
814). Carlo Magno venne a Roma in aiuto al Papa. Nella notte di Natale dell'anno 800,
inaspettatamente, Papa Leone III lo consacrò e cinse il suo capo con una corona. Nacque cosi, in
quella notte di Natale, l'Impero Carolingio, poi molto più tardi chiamato Sacro Romano Impero.
L'Impero di Carlo Magno si estendeva dal Mar Baltico fino al meridione italiano, dall'Atlantico ad
85
Sulla storia del Tirolo e del Sudtirolo cfr.tra altri: Steininger, R. (ed) (2008) (2007) (2006) (2005), De Biasi, M.
(2008), Steininger, R. (2007), Nössing, J. (2007), Peterlini, H.K. (2007) (2007a) (2005), Kofler, A. (2003), Steininger,
R. (1997), Fontana, J./ Haider, P.W./ Leitner, W./ Mühlberger, G./ Palme, R./ Parteli, O./ Riedmann, J. (1988, 1987,
1986, 1985), Lando, M./ Magagnotti, P. (1987), Faustini, G. (1985), Stuhlpfarrer, K. (1985), Forcher, M. (1984),
Girardi, S. (1984), Zieger, A. (1981), Magnago, S. (1976), Gruber, A. (1975), Steurer, L. (1975), Toscano, M. (1967),
Tolomei, E. (1928).
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
101
ovest fino ai Carpazi ad est.87
2.3.1.2 I Vescovi diventano Principi
Agli inizi dell'XI secolo, il potere ecclesiale e temporale in Europa si sovrapposero e si fusero. Gli
Imperatori iniziarono a concedere ai Vescovi e agli abati poteri temporali ed essi si dimostrarono
particolarmente adatti a questo scopo, poiché – in assenza di figli – non miravano all‟eredità di
questi diritti e costituivano un punto di appoggio in tutti i territori dell‟Impero. Questi principi
Vescovi (Fürstbischöfe) godevano, all'interno dell'impero, di una sovranità propria che derivava
direttamente dall'Imperatore.88
La terra tra le montagne sulla quale poi nacque il Tirolo storico,
compreso tra la Valle dell‟Inn a nord e il lago di Garda a Sud, a partire dall'anno mille dopo Cristo
sottostava ai Vescovi di Trento e Bressanone. 89
A causa della difficoltà di coniugare l'ufficio religioso con l'esercizio del dominio temporale, i
Vescovi insediarono dei Conti secolari o Avvocati (Vögte), affidando loro il controllo del baliato, la
protezione delle contee e dei beni ecclesiastici. Tali Conti-Avvocati divennero sempre più influenti,
assicurandosi diritti di baliato su conventi, abbazie e chiese. Rafforzarono l‟ereditarietà
dell‟Avvocatura, assicurandosi sempre maggiori territori e aumentando la propria sovranità
territoriale attraverso accordi, acquisizioni, matrimoni ed eredità, ma anche con l‟uso della forza.
I Conti insediati dal Vescovo di Trento nella Val Venosta si chiamavano “Conti del Tirolo (Grafen
von Tirol)”, secondo il nome del loro castello situato sopra la città di Merano. Il Conte Alberto III
di Tirolo riuscì a ricevere ereditariamente prima l‟avvocazia di Trento e poi quella di Bressanone
nonché un vasto potere comiziale sulle numerose, antiche contee a sud e nord del Brennero,
unificando i territori delle valli dell‟Isarco, dell‟Adige e dell‟Inn.90
L'anno 1248 viene quindi
considerato come l'anno di nascita del Tirolo come Contea e unità politica. Successivamente sotto
Mainardo II la contea del Tirolo (più tardi chiamata il Land Tirol) si estese dalle catene alpine
(Karwendel e Kaisergebirge) a nord (l‟attuale confine tra l‟Austria e Germania) sino al Lago di
Garda a sud, comprendendo le attuali province di Bolzano e di Trento (che allora chiamavano
Südtirol perché il più meridionale), nonché la parte tutt‟ora rimasta austriaca del Tirolo del Nord.
Mentre l‟intera Europa era ferma al profondo Medioevo, dove i contadini erano servi della gleba
(Leibeigene del Landesherrn), in Tirolo c'erano già diritti democratici e libertà. Non solo i nobili ed
il clero ma anche i borghesi (i comuni cittadini e rurali) ed i contadini (dal 1400) concorsero
86
Forcher, M. (1984), p 13, e Nössing, J. (1991) (2007) p 8. 87
Riedmann, J. (1985) in: Fontana, J. ed altri, vol. 1, p 271, e Nössing, J. (1991) (2007) p 9-12. 88
De Biasi, M. (2008) p 18. 89
Riedmann, J. (1988 Band 1, p 299 ff; Kögl, J. (1964) p 3 seg. 90
De Biasi, M. (2008) p 19-21.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
102
attraverso i propri rappresentanti negli “stati” (Stände ovvero ceti) alla gestione politica del loro
Land nella Dieta tirolese, e nella Tiroler Landschaft, l‟insieme dei rappresentanti non nobili della
Dieta.91
Nel 1342 le antiche libertà si tradussero in una Costituzione, la cosiddetta “Großer
Freiheitsbrief” (la Magna Carta delle libertà). Questo antico documento delle libertà tirolesi
assicurava ai vari rappresentanti dei ceti o “stati” il diritto di partecipare alla definizione dei tributi,
alla legislazione ed al Governo del Tirolo.
2.3.1.3 Il Tirolo raggiunge l'Austria e conserva le libertà
.Il 26 gennaio 1363 Margherita, “Sua Grazia la Contessa della Marca di Brandeburgo, duchessa di
Baviera e Carinzia, Contessa del Tirolo e di Gorizia”, non avendo avuto degli eredi trasferì ai suoi
parenti prossimi, i duchi Rodolfo, Alberto, e Leopoldo d‟Austria, tutti i terreni ereditati dal padre, i
propri diritti e possedimenti. I Landstände (rappresentanti dei ceti) suggellarono con la loro
sottoscrizione il consenso del territorio.92
L‟allora 24enne Principe Rudolf d'Absburgo diventò il
nuovo reggente del Tirolo (Landesherr von Tirol) e integrò il territorio nella monarchia. La casa
degli Asburgo divenne la casa regnante che “dominerà l‟orizzonte del Trentino-Alto Adige/Südtirol
sino al 1918" (Faustini).93
Quando il Tirolo passò all‟Austria, i vecchi diritti acquisiti e i possedimenti vennero mantenuti e le
libertà tirolesi confermate. Rodolfo IV cercò subito un ampio consenso per le sue rivendicazioni
nella “terra tra le montagne”, andando nelle città sull‟Adige, sull‟Isarco e sull‟Inn, e rinnovandone
i privilegi.94
Nel 1511 i tirolesi ottennero dall‟Imperatore Massimiliano I un‟ulteriore importante libertà: la
libertà di difesa. Il Landlibell (ordinamento per la difesa militare) obbligava il sovrano a ottenere un
previo consenso della Dieta in caso di dichiarazione di guerra che coinvolgesse il Tirolo come zona
bellica. Con il Landlibell i tirolesi vennero esentati dall‟obbligo dell‟intervento militare al di fuori
della loro terra, ma si impegnarono a difenderla in qualsiasi momento per mezzo di una chiamata di
leva volontaria.95
Da questa esenzione nacque il corpo degli Schützen che ancor oggi continua a
vivere nella tradizione culturale del Tirolo e di alcune località trentine.
2.3.1.4 L‟anelito di libertà: “Viva el popolo ed el Signore”
I Tirolesi difesero le loro libertà sia verso l'interno che verso l'esterno. Quando nel 1407 il Principe-
Vescovo Georg von Liechtenstein tentò di circoscrivere l'auto-amministrazione dei Comuni, questi
91
De Biasi, M. (2008) p 493. 92
De Biasi, M. (2008) p 127. Riedmann, J. (1985), in: Fontana, J. ed altri, vol. 1, p 426-431, Peterlini, O. (1996 a)
(1997 a) p 37-41, (1996 b) (1997 b) p 39-43, (2000 b) p 33-37, (2000 c) p 30-34, (2000 d) p 35-39. 93
Faustini, G. (1985) p 48. 94
Riedmann, J. (1985) in: Fontana, J. ed altri, vol. 1, p 428. 95
Palme, R. (1986) in: Fontana, J. ed altri, vol. 2, p 13.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
103
si ribellarono. 96
Al grido “viva el popolo e el Signore” la città di Trento si ribellò come prima. A
capo della sommossa del 2 febbraio 1407 si pose Rodolfo Bellenzani, un giovane appartenente alla
nobiltà trentina che ben presto diventò il “Capitano del popolo” mentre la ribellione si estendeva
anche alla Val di Non e alla Val di Sole. Il movimento trovò il sostegno del duca Federico IV e dei
rappresentanti degli “stati” (le rappresentanze dei ceti) tirolesi (Landstände). Il Vescovo
Liechtenstein alla fine capitolò e dovette confermare e ampliare le libertà dei suoi sudditi in
campagna e in città.
2.3.1.5 I contadini si innalzano contro nobiltà e clero
Quando i cittadini agli inizi del XVI secolo soffrivano sotto il peso tributario eccessivo, rinacque
l‟anelito di libertà radicato nell‟animo di queste popolazioni. Sotto la guida di Michael Gaismair i
Tirolesi si ribellarono e chiesero nelle guerre rustiche (Bauernkriege) del 1525 ai Principi Vescovi
di Bressanone e di Trento l‟abolizione dei privilegi della nobiltà e del clero.97
La rivolta da
Bressanone divampò in tutto il Tirolo del Nord e del Sud, comprendendo il Trentino, coinvolgendo
anche la Val di Fiemme e in parte la città di Trento, che era divisa tra rivoltosi e un gran numero di
fedeli al Vescovo. Era il periodo del grande Principe Vescovo Bernardo Clesio.
Nel nord, l‟Arciduca Ferdinando I riuscì ben presto a sedare la rivolta e a ricondurla entro l‟alveo
costituzionale, conducendo trattative con i capi della rivolta meno esasperati.
A Merano invece si convocò contro la volontà dei Principi Vescovi una dieta dei cittadini e dei
contadini. Una soluzione pacifica del conflitto parve essere più vicina allorché il 12 giugno 1525
Ferdinando I convocò una grande dieta a Innsbruck a cui presero parte all‟incirca 200
rappresentanti dei contadini. Questa “dieta dei contadini”(Bauernlandtag) approntò un nuovo
ordinamento a favore dei contadini che costituì la base su cui si sviluppò il primo Codice tirolese
stampato del 1526 (Tiroler Landesordnung).98
Questa parziale vittoria dei contadini tirolesi
provocò, in tutta l‟Europa di allora, un gran clamore. Ma in verità molte delle concessioni erano
solamente una manovra tattica per sedare i movimenti di rivoltosi. Tra l‟agosto e l‟ottobre 1525
venne sconfitta l‟ultima resistenza opposta nella città di Trento, in numerose valli del Trentino e
nella zona di Bressanone.
Michael Gaismair, il conduttore e ideologo al vertice delle lotte contadine in Tirolo, era figlio di
una famiglia di contadini e imprenditori minerari benestanti, di un piccolo borgo presso Vipiteno.
Svolse prima importanti incarichi di cancelleria, divenendo poi segretario di Sebastian Sprenz,
Principe Vescovo di Bressanone. L'avvio della Riforma protestante e la conseguente sommossa
96
Riedmann, J. (1985) in: Fontana, J. ed altri, vol. 1, p 271, e Nössing, J. (1991) (2007) p 9. 97
Macek, J. (1991), Forcher, M. (1984) p 72-78, (1974) p 47-48, Girardi, S. (1984) p 50-53, Zieger, A. (1981) p 180-
185 Benedikter, H. (1970).
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
104
sociale investirono varie aree dell'Europa centrale. Gaismair venne eletto nel 1525 comandante in
capo dagli insorti di Bressanone. Catturato con uno stratagemma dalle autorità Tirolesi ancora nello
stesso anno, dopo alcune settimane di carcere egli riuscì a fuggire rifugiandosi in Svizzera, dove - a
Zurigo - conobbe Ulrico Zwingli, abbracciando la sua riforma.99
Secondo la tradizione storica ormai
superata, egli avrebbe stilato in quel luogo un suo Codice tirolese (Landesordnung). In verità non fu
redatto da lui – ma come rivela Giorgio Politi – si trattò di uno scritto propagandistico contro di
lui.100
Gaismair voleva andare comunque oltre le concessioni raggiunte alla dieta dei contadini e pensava
a un modello di Stato repubblicano e di società contadina, cristiano-sociale e radical-democratica.
Tuttavia non riuscì a realizzare le due idee. Si recò a Venezia sperando in un attacco di quest‟ultima
contro la postazione asburgica in Tirolo. Così facendo il comandante dei contadini tirolesi divenne
un famoso comandante di mercenari veneziani. Il Principato e il Governo del Tirolo però inviarono
delle spie e degli assassini e, infatti, nel 1532 Gaismair cadde vittima a Padova.101
2.3.1.6 Contro Vienna il “Mattatoio delle Libertà”
I tirolesi difesero i propri territori anche dopo le guerre di successione spagnole, contro l'invasione
delle truppe franco-bavaresi nel 1701. 102
Quando l‟imperatrice Maria Theresa (1740 – 1780) attraverso la sua riforma amministrativa iniziò
a ledere le antiche libertà, si accese la protesta dei Tirolesi anche contro l‟amata famiglia reale
viennese. Quando suo figlio, Giuseppe II (1780 – 1790) violò con le sue radicali riforme le libertà
del Land, i Tirolesi protestarono contro questo centralismo e denominarono Vienna come il
“Mattatoio delle Libertà”. Ma verso il 1790 Leopoldo II d‟Asburgo ripristinò le antiche libertà.103
2.3.1.7 I fuochi nella notte del Sacro cuore contro Napoleone
Nella notte della festa del Sacro Cuore ancora oggi brillano i fuochi sulle montagne del Tirolo.
Questi falò, che splendono nella notte, ricordano le lotte antinapoleoniche in cui i tirolesi, animati
da una profonda fede, fecero voto al cuore di Gesù. Quando tutta l‟Europa tremava di fronte al
potentissimo Imperatore francese Napoleone e le potenti case regnanti d‟Austria, Germania, Paesi
Bassi e Italia assistevano inermi alla sua ascesa, i contadini tirolesi insorsero con forche, falci,
attrezzi da lavoro e semplici fucili a canna corta contro le truppe franco-bavaresi.
98
Forcher, M. (1984) p 72-78. Girardi, S. (1984) p 50-52. Zieger, A. (1981) p 180-185. Peterlini, O. (2000 c) p 36-39. 99
Albertoni, G. (1996). 100
Politi, G. (1995). 101
Forcher, M. (1974) p 47-48. Peterlini, O. (2000 c) p 39. 102
Zieger, A. (1981) p 234 - 239: Forcher, M. (1984) p 90 - 93: Mühlberger, G.. (1988) vol. 2, p 300 – 308. 103
Nössing, J. (2007) p 17. Mühlberger, G. (1988), in Fontana, J. vol. 2, p 393-401. Forcher, M. (1974) p 82. Peterlini,
O. (2000 c) p 45-46.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
105
In una sanguinosa lotta, il 2 aprile 1797 gli Schützen tirolesi scacciarono per la prima volta i
francesi nella battaglia di Spinges. Un‟umile donna del popolo, Katharina Lanz, si narra abbia
scacciato con un forcone i nemici francesi dalle mura del cimitero. L‟eroina di Spinges è passata
alla storia del Tirolo come una leggenda.
Nel 1809 tutto il Tirolo si mobilitò per difendere la Heimat (la terra madre). E – come sottolinea
Silvio Girardi 104
- gli uomini provenivano da tutti e tre i gruppi linguistici, anche dalle valli del
Trentino, erano tedeschi, italiani e ladini. Preme mettere in evidenza questa piena adesione dei vari
gruppi etnici alla rivolta e la massiccia partecipazione della popolazione di lingua italiana alla
stessa, sotto le bandiere di Andreas Hofer. La rivolta hoferiana – ricorda Girardi - ha, infatti, avuto
un suo preludio in una vallata di madrelingua italiana, alla leva di Predazzo. In tre ulteriori battaglie
i Tirolesi, sconfissero sul Berg Isel gli invasori franco-bavaresi. Solamente quando l‟Austria
sconfitta da Napoleone suggellò la Pace di Schönbrunn con la Francia, il destino del Tirolo era
ormai segnato. Il 20 febbraio 1810 Andreas Hofer venne giustiziato a Mantova dopo aver subito un
finto processo. L‟impressione però che la popolazione tirolese e Andreas Hofer lasciarono
sull‟Europa di allora fu grande, in particolare sulla Germania e sull‟Inghilterra, ma anche in
Russia.105
2.3.1.8 La lacerazione del Tirolo – il confine al Brennero
Dopo la sconfitta austriaca nella prima guerra mondiale e dopo l‟implosione dell‟impero austro-
ungarico, il Tirolo venne diviso. Con il trattato di pace di St Germain del 10 settembre 1919 venne
suggellata la divisione, non lungo “la linea chiaramente riconoscibile della nazionalità” al confine
linguistico, come volle garantire il Presidente Wilson nel 1918, presso la località di Salorno ma
lungo la linea dello spartiacque.106
Il deputato Renato Ballardini (1970), relatore della prima Commissione per gli affari Costituzionali
della Camera dei Deputati, riportò le critiche a questa decisione. Nella sua relazione al disegno di
legge Costituzionale per il nuovo Statuto di autonomia, scrisse: “L‟annessione dell‟Alto Adige non
costituiva il coronamento degli ideali risorgimentali, né rientrava nelle mire dell‟irredentismo
battistiano. Al contrario, contro di essa si levarono in Italia voci autorevoli per osteggiarla proprio
in nome dei principi risorgimentali e patriottici (...).” Filippo Turati - ricorda Ballardini - il 14
luglio 1919 ammoniva la Camera a respingere «l‟annessione di oltre un quarto di milione di
tedeschi, gelosi della loro stirpe, della loro patria, della loro libertà, seme perenne di discordia e di
104
Girardi, S. (1984) p 180, sottolinea l‟importanza della partecipazione di tutte e tre le minoranze linguistiche alla
lotta per la libertà sotto le bandiere di Andreas Hofer. 105
Lando, M./ Magagnotti, P. (1987) p 23. Grande enciclopedia sovietica (1970), vol. 3. Peterlini, O. (2000 c) p 46-52. 106
Gruber, A. (1975) p 9. Toscano, M. (1967) p5.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
106
ribellione».107
Il noto storico italiano Gaetano Salvemini cita altri politici italiani che presero
posizione contro il confine del Brennero.108
Il Re Vittorio Emanuele II fece però sperare i Sudtirolesi con una serie di promesse incoraggianti
per il “rispetto delle autonomie e tradizioni locali”.109
Dopo una fase iniziale di intelligente
tolleranza, racconta molti anni dopo Giuliano Amato, già Presidente del Consiglio, “subentrò il
fascismo che volle imporre l'italianità all‟insegna dell‟intollerante predominio della cultura delle
insegne e della lingua del gruppo etnico italiano.” “Fu un tragico errore (...) Ed è in questi termini
che la Repubblica ha ereditato il problema, ereditandone umori e rivalse”. 110
Il potere fascista
tentò di imprimere alla Regione un timbro italiano, vietò la lingua e la cultura della zona, favorì
l‟immigrazione di famiglie italiane provenienti da altre province e licenziò insegnanti tedeschi e
pubblici ufficiali.111
Il culmine dello sradicamento è stato raggiunto da Hitler e Mussolini con un trattato del 1939: i
Sudtirolesi che intendevano rimanere tedeschi – propagava la propaganda nazista - sarebbero dovuti
tornare nel Reich Tedesco, mentre gli altri potevano rimanere in Italia accettando il regime fascista
italiano.112
2.3.2 L'ancoraggio internazionale – una garanzia per il futuro
Dopo la Seconda guerra mondiale, i rappresentanti politici Sudtirolesi tentarono di raggiungere la
riunificazione della propria terra con l'Austria, ma le richieste austriache di indire un referendum
popolare in Alto Adige/Südtirol furono respinte dagli alleati il 30 aprile 1946.
Dopo lunghe trattative, e a seguito delle pressioni esercitate anche da molti piccoli Paesi e il lavoro
di mediazione del Ministro degli esteri britannico Ernst Bevin, il 5 settembre 1946 si arrivò a Parigi,
con Karl Gruber ed Alcide De Gasperi, alla sottoscrizione del c.d. accordo di Parigi tra Italia e
Austria. Il 3 dicembre 1946 la conferenza dei Ministri degli esteri decise a New York di inserire
l'accordo di Parigi all'articolo 10 del trattato di pace italiano sottoscritto il 10 febbraio 1947 a Parigi.
La sua importanza risiede nell'internazionalizzazione della questione sudtirolese e nella funzione
che l'Austria assunse con tale accordo come partner contrattuale del trattato di Parigi.
107
Ballardini, R. (1970) p 2. 108
Salvemini, G.. (1952) p 439. 109
Ballardini, R. (1970) p 2. 110
Amato, G. (1988) p 33. 111
Tolomei, E. (1928) p 10-49. 112
Sulle opzioni: Stuhlpfarrer, K. (1985). Benedikt, E. (1989). Gruber, A. (1975) p 215-231. Steurer, L. (1975) p 416-
561.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
107
Il trattato di Parigi prevede nel suo primo articolo la parificazione degli “abitanti di lingua tedesca
della provincia di Bolzano e quelli dei vicini comuni bilingui della provincia di Trento” con le
popolazioni di lingua italiana. In particolare, l'articolo 1 garantisce ai cittadini di lingua tedesca
l'insegnamento nella loro madre lingua, l'equiparazione della lingua tedesca e di quella italiana nelle
pubbliche amministrazioni, nei documenti nonché nella nomenclatura topografica bilingue.
L'articolo 2 riconosce “alle popolazioni delle zone sopradette (…) l'esercizio di un potere
legislativo ed esecutivo autonomo, nell‟ambito delle zone stesse,” ancorando in questo modo
l'autonomia vera e propria.
Nell'articolo 3 l'Italia si obbliga a rivedere, in uno spirito di comprensione, il regime delle opzioni di
cittadinanza per coloro che avevano optato per la Germania e di stipulare accordi con l'Austria per il
mutuo riconoscimento dei titoli di studio e per la libera circolazione di merci e persone.113
L‟ambasciatore Mario Toscano svelò i motivi che avevano indotto De Gasperi a concludere
l‟Accordo di Parigi: un trattato direttamente con l‟Austria avrebbe significato riconoscere
implicitamente la frontiera del Brennero. In questo modo il Governo di Vienna non poteva più
parlare dell‟esistenza di un “Diktat”, ma avrebbe dovuto implicitamente riconoscere di aver
stipulato liberamente un accordo.114
Per l‟Alto Adige/Südtirol l‟accordo costituisce invece
l‟ancoraggio internazionale della sua autonomia.
2.3.2.1 Il primo Statuto di autonomia del 1948 – una delusione
Con legge Costituzionale n. 5 del 19 febbraio 1948 l'Italia emanò il primo Statuto di autonomia.
Esso deluse però le aspettative dei Sudtirolesi. L'autonomia prevista era molto circoscritta e non
corrispondeva al testo dell‟accordo di Parigi. Il suo campo di applicazione non venne limitato agli
“abitanti di lingua tedesca della provincia di Bolzano e quelli dei vicini comuni bilingui della
provincia di Trento” (accordo di Parigi), bensì venne esteso a tutta la provincia di Trento. In questa
regione “Trentino Alto Adige”, nominata in tedesco Trentino -Tiroler Etschland”, 115
con sede a
Trento, i rappresentanti di lingua tedesca sono in minoranza. Nel quadro dell'autonomia regionale
sono state previste due sub autonomie per le Provincie di Bolzano e Trento con Consigli ed
esecutivi propri, ma le competenze ed attribuzioni di queste Provincie autonome erano talmente
circoscritte al punto da non poter parlare seriamente di autonomie provinciali.
113
Accordo di Parigi tra Italia e Austria (1946). 114
Toscano, M. (1967) p XVII. 115
Il nome “Südtirol”, viene riconosciuto solamente con lo Statuto nuovo (del 1971) della Regione Trentino Alto
Adige/ Südtirol.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
108
“Diffidenza e sospetto - scriveva Renato Ballardini –“raggelarono via via i rapporti fra potere
centrale e Sudtirolesi, produssero uno stillicidio di piccoli inadempienti, di ritardi nell‟emanazione
delle norme di attuazione, di assurde astuzie nella cavillosa redazione dei testi”.116
Nel 1957 il Governo annunciò un ampio programma di edilizia popolare per Bolzano, che fece
temere ai Sudtirolesi l‟arrivo di una nuova ondata di immigrazione da altre provincie italiane.
“Questo programma poteva essere comparato solamente con il programma di industrializzazione
annunciato a suo tempo dai fascisti per italianizzare il Sudtirolo” affermò Silvius Magnago, l‟allora
Presidente della Südtiroler Volkspartei (SVP). Il partito esortò alla protesta. Il 17 novembre 1957,
35 mila sudtirolesi chiesero in una grande manifestazione a Castelfirmiano una propria autonomia
regionale per il Sudtirolo, con lo slogan “Los von Trient” (via da Trento).117
La tensione nella popolazione continuava a crescere. Dopo singoli attentati nel 1961 si arrivò a una
serie di attentati dinamitardi contro pali dell'elettricità. Seguirono altri atti di violenza, numerosi
arresti, persecuzioni e torture, accompagnate da forti tensioni a livello politico.118
2.3.2.2 Le Nazioni Unite a Italia e Austria: riprendete le trattative!
L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite si è occupata due volte, nell'ottobre del 1960 e nel
novembre del 1961, su iniziativa dell'Austria e di altri Stati, del problema dell‟Alto Adige/Südtirol e
dell'esecuzione dell‟accordo di Parigi. L'assemblea Generale ha intimato le due parti a riprendere le
trattative per arrivare a una soluzione di tutte le differenze circa l'attuazione del trattato di Parigi del
5 settembre 1946.119
2.3.2.3 Un “Pacchetto” confezionato per le popolazioni altoatesine
Nel settembre del 1961 il Governo italiano, con Decreto del Presidente del Consiglio, istituì la
Commissione di studio dei problemi dell‟Alto Adige, nota come “Commissione dei 19”. Dopo la
chiusura dei lavori della Commissione dei 19, le trattative tra l‟Italia e l‟Austria che all‟inizio
procedettero a rilento, si conclusero nel cosiddetto Pacchetto di “Misure a favore delle popolazioni
altoatesine,” 120
che il Ministro degli esteri austriaco Kurt Waldheim ed il Ministro degli esteri
italiano Aldo Moro concordarono il 30 novembre 1969 a Copenaghen.
I Sudtirolesi accettarono con fatica questo compromesso, poiché non recepiva tutto quanto si
attendevano dall‟Accordo di Parigi. Il Pacchetto venne infine politicamente accettato dal Congresso
116
Ballardini, R. (1970) p 5. 117
Magnago, S. (1976) p 21. 118
Baumgartner, E., Mayr, H., Mumelter, G.. (1992). 119
Nazioni Unite, risoluzioni 1497 (1960) e 1661 (1961). Testo delle risoluzioni in: Peterlini, O. (2000d, it) p 92-95,
(2000c, de) p 94-97. 120
Pacchetto: “Misure a favore delle popolazioni altoatesine”, “Maßnahmen zugunsten der Bevölkerung Südtirols”.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
109
straordinario della Südtiroler Volkspartei, grazie all‟impegno del leader storico Magnago nelle
prime ore del mattino del 23 novembre 1969 a Merano da una risicata maggioranza.121
Nel dicembre del 1969 la Camera dei Deputati e il Senato deliberarono il Pacchetto, ne fece seguito
il Nationalrat (Camera dei deputati) austriaco il 16 dicembre 1969. Non si trattava di un
provvedimento legislativo bensì dell‟approvazione delle dichiarazioni rese dal Presidente del
Consiglio dei ministri italiano (Rumor), e dal Cancelliere austriaco (Klaus) davanti ai rispettivi
Parlamenti, con cui venivano proposte le misure citate. Un calendario intrecciato di impegni
reciproci, legislativi e amministrativi, (il c.d. calendario operativo) garantiva la graduale attuazione
del Pacchetto. Si aprì cosi la stagione della nuova autonomia e della sua attuazione.
121
Magnago, S. (1976) p 46.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
110
2.4 Le fondamenta dell‟autonomia di Bolzano e di Trento
L'autonomia e il relativo Statuto si estendono a tutto il territorio della Regione Trentino Alto Adige.
Per il Trentino si tratta, a parte alcune clausole particolari per la piccola enclave di lingua tedesca e
ladina, ampliate nel 2001,122
essenzialmente per autogoverno territoriale entro i limiti indicati. La
completa autonomia, tuttavia, specialmente nelle parti che fanno riferimento all'Alto Adige, unisce
due settori centrali di regolamentazione costituzionale, 123
l‟autogoverno territoriale (inclusa la
legislazione) e la protezione delle minoranze e della diversità linguistica.124
2.4.1 Le basi politiche e giuridiche: Il Pacchetto e lo Statuto
2.4.1.1 Il Pacchetto - Misure a favore delle popolazioni altoatesine
Il c.d. Pacchetto di “Misure a favore delle popolazioni altoatesine” (come si chiama ufficialmente),
contiene 137 misure, precisazioni (misure sub) e note interpretative. Il Pacchetto è quindi l‟impegno
politico a emanare una serie di provvedimenti a favore del Sudtirolo che devono trovare
adempimento in parte con legge Costituzionale (Statuto di autonomia), in parte con norme di
attuazione e in parte con leggi ordinarie nonché con provvedimenti amministrativi. Il Pacchetto
quindi non deve essere identificato con lo Statuto di autonomia che costituisce solo una parte di
attuazione del Pacchetto, anche se la più importante.
2.4.1.2 Il Centrosinistra e i Comunisti garantirono i due terzi per la nuova autonomia
In attuazione del Pacchetto, il Parlamento emanò la legge Costituzionale n. 1/1971,125
che prevede
incisive modifiche e integrazioni dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige/Südtirol del
1948.126
Lo Statuto di autonomia ha il rango di legge costituzionale e necessita per la sua approvazione della
doppia lettura e della maggioranza qualificata prevista dalla Costituzione: le leggi costituzionali e di
revisione costituzionale devono essere votate due volte da ogni Camera, con deliberazioni ad
122
L. Cost.31.1. 2001, no. 2. 123
Zwilling, C. (2007a) p 116. 124
Le autonomie: Südtirols cfr. inoltre Bonell, L./ Winkler, I.(2010) (2006) (1991), Peterlini, O. (2009 eng), Riz, R./
Happacher, E. (2008), Pallaver, G. (2007), Zwilling C. (2007a), Peterlini, O. (2000c, de) (2000d, it) (2000e, lad)
(1997a, eng) (1997b, de), Ferrandi, G., Pallaver, G. (ed) (2007), Andreatta, G./ Postal, G./ Beber, F./ Castellano, G./
Morandi, L. (1998), Zeller, K. (1989), Barbera, A./ Bassanini, F. (ed) (1978), Alcock, A. E. (1970), Schiera, P./ Gubert,
R./ Balboni, E. (ed) (1988), Cajoli, R. (1952). 125
Statuto (nuovo del 1971) della Regione Trentino Alto Adige/ Südtirol. 126
Statuto (primo del 1948) della Regione Trentino Alto Adige.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
111
intervallo non minore di tre mesi. Nella seconda lettura è necessaria l'approvazione a maggioranza
assoluta dei componenti di entrambe le Camere (art. 138/1 Cost.).
Per evitare, inoltre, che una legge costituzionale possa essere sottoposta a referendum popolare, con
il conseguente rischio di essere bocciata, la legge deve essere approvata nella seconda votazione da
ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti. In questo caso non si fa
luogo al referendum (art. 138/3 Costituzione). È però un‟assicella molto alta!
Questa fu raggiunta, oltre che dai voti dell‟allora maggioranza di Centrosinistra intorno alla DC, 127
grazie al decisivo supporto del Partito Comunista Italiano (PCI), che approvò lo Statuto di
autonomia, nonostante che in Parlamento si trovasse in radicale opposizione al Governo. Questa
seconda votazione decisiva venne presa alla Camera il 22 luglio 1971 con il seguente risultato: 438
Sì, 30 No e 13 astensioni. Il Senato votò in seconda deliberazione il 27 ottobre 1971 con il seguente
risultato: 233 Sì, 9 No e 12 astensioni. 128
I partiti di opposizione di destra votarono contro.
2.4.1.3 Lo Statuto di autonomia e le norme di attuazione
Questo nuovo Statuto di autonomia, precisamente la legge costituzionale che riformò il vecchio
Statuto del 1948, entrò in vigore il 20 gennaio 1972, 15 giorni dopo la sua pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale. Il 31 agosto 1972 venne emanato con DPR n. 670 il testo unificato del nuovo
Statuto di autonomia.129
Fig. 8: Lo Statuto di autonomia - fonte di rango costituzionale
127
Del Governo Colombo di quel periodo fecero parte i seguenti partiti: La DC, i Socialisti (PSI), i Socialdemocratici
(PSDI) e i Repubblicani (PRI). 128
Peterlini, O. (1980 de) p 35. 129
Statuto (vigente) della Regione Trentino Alto Adige, TU: DPR 31.8.1972, no. 670, poi ulteriormente emendato.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
112
Per la realizzazione e attuazione dei principi costituzionali dell'autonomia il Governo aveva il
compito, su proposta di una Commissione paritaria (la Commissione dei 12 per la Regione e le due
Province, la Commissione dei 6 per la sola Provincia di Bolzano), di emanare le norme di
attuazione (art. 107 Statuto). L'articolo 108 dello Statuto di autonomia prevede, che queste
disposizioni applicative siano da emanarsi entro due anni dall'entrata in vigore dello Statuto stesso.
Le norme di attuazione sarebbero dovute essere emanate quindi entro il 20 gennaio 1974. In realtà
ci sono voluti 20 anni, fino al 1992.
Fig. 9: Le norme di attuazione allo Statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige/Südtirol
Nella gerarchia delle fonti quindi lo Statuto di autonomia riveste lo stesso rango primario della
Costituzione. Immediatamente dopo seguono le norme di attuazione dello Statuto, seguite a loro
volta dalle leggi ordinarie e infine dagli atti amministrativi.
Lo Statuto di autonomia contiene 115 articoli suddivisi nei seguenti 12 Titoli: la “Costituzione
della Regione Trentino-Alto Adige e delle Province di Trento e Bolzano” (Titolo I), gli “Organi
della Regione e delle Province” (Titolo II), l' “Approvazione, promulgazione e pubblicazione delle
leggi e dei regolamenti (…)” (Titolo III), gli “Enti locali” (Titolo IV) , il “Demanio e patrimonio
della Regione e delle Province” (Titolo V), la “Finanza (…)”(Titolo VI), i “Rapporti tra Stato,
Regione e Provincia” (Titolo VII), i “Ruoli del Personale di uffici statali (…)” compresa la
rappresentanza proporzionale linguistica (Titolo VIII), gli “Organi giurisdizionali” (Titolo IX), il
“Controllo della Corte Costituzionale” (Titolo X), l' “Uso della lingua tedesca e del ladino”
(Titolo XI) e “Disposizioni finali e transitorie” (Titolo XII).
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
113
Il nuovo Statuto di autonomia del 1972 ha trasferito nuove competenze dallo Stato e dalla Regione
alle Province autonome rafforzando il loro ruolo. Le due Province autonome ora godono di ampie
competenze legislative e amministrative in materia culturale, economica e sociale. La Regione
rimane come quadro con compiti di ordinamento in alcune materie. Alle due Province di Bolzano e
Trento sono attribuite sostanzialmente le stesse competenze, anche se l'Alto Adige/Südtirol dispone
di ulteriori poteri legislativi per l'uso della lingua, le scuole, la cultura, il bilinguismo e la
rappresentanza proporzionale dei due gruppi linguistici .
2.4.1.4 La Regione – da predominio a tetto comune
Il primo articolo dello Statuto130
dispone: “Il Trentino-Alto Adige/Südtirol, comprendente il
territorio delle Province di Trento e di Bolzano, è costituito in Regione autonoma, fornita di
personalità giuridica, entro l'unità politica della Repubblica Italiana, una e indivisibile, sulla base
dei principi della Costituzione e secondo il presente Statuto.”
La Regione autonoma del Trentino-Alto Adige/Südtirol forma quindi la cornice per le due Province
autonome di Bolzano e Trento. Essa si estende (con la Provincia di Bolzano) dal passo del Brennero
fino a Salorno, e (con la Provincia di Trento) fino al Lago di Garda. Mentre il primo Statuto di
autonomia (del 1948),131
concentrava le maggiori competenze legislative e amministrative nella
Regione, lo Statuto del 1972 trasferì quelle più importanti, e altre aggiuntive da parte dello Stato,
alle due Province autonome.
Sono organi della Regione: il Consiglio regionale (Regionalrat), la Giunta regionale
(Regionalausschuss) e il Presidente della Regione (Präsident der Region) (art. 24 Statuto).
L'organo legislativo della Regione è il Consiglio regionale (Regionalrat), composto da 70
Consiglieri regionali (Regionalratsabgeordnete). Fino al 2001 venivano eletti direttamente dai
cittadini della Regione. I due Consigli provinciali dell'Alto Adige/Südtirol e del Trentino erano
un'emanazione del Consiglio regionale. Dal 2001 questo rapporto è stato invertito: “Il Consiglio
regionale è composto dai membri dei Consigli provinciali di Trento e di Bolzano”, recita il nuovo
art. 25 dello Statuto riformato nel 2001. 132
130
Con il semplice termine “Statuto” o “Statuto di autonomia”, senza ulteriore precisazione, si intende lo Statuto
(vigente) della Regione Trentino Alto Adige/ Südtirol. 131
Statuto (primo del 1948) della Regione Trentino Alto Adige: L Cost.26.2.1948, no. 5. 132
Statuto riformato nel 2001, con L Cost.31.1.2001, no. 2.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
114
Fig. 10: Sala consiliare del Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige a Trento
Da allora sono i Consigli provinciali ad essere eletti. Ha il diritto elettorale attivo in provincia di
Bolzano chi risiede da almeno quattro anni ininterrottamente nel territorio della Regione; per la
provincia di Trento è richiesto un anno in provincia (art. 25 Statuto). Ogni Consiglio provinciale
conta 35 Consiglieri, che durano in carica cinque anni (art. 48 Statuto). Conseguentemente anche il
Consiglio regionale rimane in carica per cinque anni. Le sue attività si sviluppano in due diverse
fasi temporali di uguale durata (art. 27 Statuto). Nel corso della prima metà il Consiglio regionale si
riunisce a Trento e il Presidente viene eletto tra i Consiglieri del gruppo linguistico italiano. Nella
seconda metà si riunisce a Bolzano e il Presidente viene eletto tra i Consiglieri del gruppo
linguistico tedesco. Con l'approvazione della maggioranza dei Consiglieri del gruppo linguistico a
cui spetta, è possibile eleggere in loro sostituzione un Consigliere del gruppo linguistico ladino. I
due Vice-Presidenti vengono eletti tra i Consiglieri che non fanno parte del gruppo linguistico del
Presidente (art. 30 Statuto).
La Giunta regionale (Regionalausschuss, in modo informale anche Regionalregierung) è l'organo
esecutivo ed è composto del Presidente della Regione, di due Vice Presidenti (uno di lingua italiana
e uno di lingua tedesca) e di assessori (Assessoren). Il Presidente, i Vice Presidenti e gli Assessori
sono eletti dal Consiglio regionale nel suo seno a scrutinio segreto e a maggioranza assoluta dei suoi
membri. La composizione della Giunta regionale deve adeguarsi alla consistenza dei gruppi
linguistici quali sono rappresentati nel Consiglio della Regione (art. 36 Statuto).
Il Presidente della Regione rappresenta la stessa. Egli interviene alle sedute del Consiglio dei
Ministri quando vengono trattate questioni che riguardano la Regione (art. 40 Statuto).
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
115
2.4.1.5 Le Province autonome di Bolzano e Trento – i protagonisti dell‟autonomia
Sono organi della Provincia: il Consiglio provinciale (Landtag), la Giunta provinciale
(Landesauschss) e il Presidente della Provincia (Landeshauptmann) (art. 47 Statuto).
I Consigli provinciali (Landtage) sono gli organi legislativi delle Province autonome di Trento e di
Bolzano, e cioè del Trentino e dell‟Alto Adige/Südtirol. In tedesco si chiamano autonome
Provinzen, informalmente anche Länder. I due Consigli provinciali sono composti dai membri eletti
nelle rispettive province, i quali sono contemporaneamente Consiglieri regionali e provinciali
(Regionalrats- und Landtagsabgeordnete). Essi durano in carica cinque anni (art. 48 Statuto). I
Consigli provinciali eleggono tra i loro componenti il Presidente, un Vice Presidente (nel Trentino)
e due (nell'Alto Adige/Südtirol) e i Segretari (art. 48/ter Statuto). Per l'approvazione del
regolamento interno, i casi di inadempienza degli obblighi, le convocazioni, i voti al Parlamento e la
revoca del Presidente e degli assessori, nei Consigli provinciali trovano applicazione in via
analogica le disposizioni del Consiglio regionale (art. 31, 32, 34, 35 e 38 Statuto). Queste
disposizioni sono state così riformate nel 2001 a favore delle Province.133
La rispettiva Giunta provinciale (Landesausschuss o informalmente Landesregierung) è l'organo
esecutivo della Provincia. La Giunta provinciale è composta dal Presidente della Provincia
(Landeshauptmann), due suoi vice nell'Alto Adige/Südtirol, e uno nel Trentino e gli assessori
provinciali (Landesräte) (art. 50 Statuto). Essi vengono eletti dal Consiglio provinciale secondo un
sistema elettorale che deve essere approvato con una legge provinciale a maggioranza assoluta dei
suoi membri. Oltre l‟elezione della Giunta, la stessa legge così approvata determina anche la forma
di governo, specificatamente, le modalità di elezione del Consiglio provinciale, i rapporti tra gli
organi della Provincia, la presentazione e l‟approvazione della mozione motivata di sfiducia nei
confronti del Presidente della Provincia, i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con le predette
cariche, nonché l‟esercizio del diritto di iniziativa popolare delle leggi provinciali e del referendum
provinciale abrogativo, propositivo e consultivo(art. 47 Statuto).
La composizione della Giunta provinciale di Bolzano deve adeguarsi alla consistenza dei gruppi
linguistici quali sono rappresentati nel Consiglio della provincia. Uno dei due Vice Presidenti
nell'Alto Adige/Südtirol (Landehauptmann- Stellvertreter) appartiene al gruppo linguistico italiano,
l'altro a quello tedesco. Al gruppo linguistico ladino può essere riconosciuta la rappresentanza nella
Giunta provinciale di Bolzano anche in deroga alla rappresentanza proporzionale (art. 50 Statuto).
133
Statuto riformato nel 2001, con L. Cost.31.1.2001, no. 2.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
116
Il Presidente della Provincia (Landeshauptmann), rappresenta la Provincia e partecipa alle riunioni
del Consiglio dei Ministri quando vengono trattate questioni che riguardano la Provincia (art. 52
dello Statuto).
2.4.2 Le competenze della Regione e delle Province
2.4.2.1 La clausola generale a favore dello Stato
Le competenze entro le quali la Regione e le Province autonome di Bolzano e Trento possono
emanare delle leggi, sono contenute quasi tutte negli articoli 4 - 19 dello Statuto di autonomia. Si
tratta di un elenco tassativo delle materie che rientrano nell'autonomia. Questo significava – fino
all'entrata in vigore della riforma costituzionale del 2001 – che tutte quelle materie che non
venivano richiamate rientravano automaticamente nella competenza dello Stato.
Negli Stati che seguono una costruzione federale invece la clausola generale va a favore delle
articolazioni interne (Regioni, Cantoni, Länder). L'approccio è quindi l'esatto opposto: secondo il
principio di sussidiarietà le competenze appartengono in primo luogo alle comunità locali più
prossime al cittadino, che trasferiscono una parte di esse alla federazione per fini di coordinamento
e sviluppo comune. Nelle Costituzioni degli Stati federali come per esempio l'Austria o la
Germania, sono le competenze dello Stato a essere elencate tassativamente. La clausola generale va
a favore dei Länder: tutto ciò che non è riservato allo Stato appartiene automaticamente al singolo
Land.
Questo principio federale costituisce anche la base della nuova Costituzione italiana, dopo la
riforma del 2001.
2.4.2.2 Vincoli che limitano le competenze legislative
Le competenze legislative del Consiglio regionale e dei Consigli provinciali non sono illimitate ma
sono vincolate al rispetto di chiari limiti indicati negli articoli 4 e 5 dello Statuto.
Competenze primarie o esclusive
La legislazione regionale e provinciale deve rispettare i limiti seguenti (ancorati negli art. 4/1 e 8/1
dello Statuto). La Regione e rispettivamente le Province possono emanare norme legislative
o “in armonia con la Costituzione”
o “e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica”; qui si dovrebbe analizzare quali
principi possano essere che non fanno già parte della Costituzione, come uguaglianza, libertà,
democrazia ecc.,
o “con il rispetto degli obblighi internazionali”; a questa limitazione bisogna attribuire grande
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
117
importanza, in quanto un numero sempre più crescente di competenze viene esercitato dall'UE
con dirette ripercussioni per le competenze delle Regioni,
o “e degli interessi nazionali – tra i quali è compreso quello della tutela delle minoranze
linguistiche locali”. Questo concetto dell'interesse nazionale è particolarmente controverso in
dottrina in quanto è piuttosto vago e può quindi essere applicato con un ampio margine
discrezionale. Di fatto il Governo, in sede di impugnazione di leggi regionali o provinciali, non
ha mai in ultima istanza fatto ricorso a questo principio in quanto la relativa controversia
andrebbe discussa e decisa non dinanzi alla Corte Costituzionale bensì in Parlamento. Fino alla
riforma Costituzionale del 2001, fin quando il Governo in prima battuta rinviava le leggi al
Consiglio regionale o provinciale spesso motivava il rinvio con “l‟interesse nazionale”, ma non
ha mai impugnato una legge davanti alle Camere, ma cambiando motivazione sempre davanti la
Corte. L'annotazione che anche la tutela delle minoranze linguistiche locali rappresenta un
interesse nazionale offre qualche garanzia in più; la Regione e le Province devono legiferare
inoltre in rispetto
o “delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica”. Questa
limitazione è senza dubbio quella più incisiva, in quanto vi si può sempre fare ricorso quando lo
Stato emana una legge con contenuto riformatore.
A queste cinque limitazioni bisogna aggiungere senza dubbio anche la limitazione territoriale, che
non è elencata espressamente ma che deriva dai principi dell'ordinamento giuridico (il secondo
principio sopra menzionato). Ciò significa che le leggi regionali trovano applicazione solo in Alto
Adige/Südtirol e in Trentino e non al di fuori di questi territori. Con riferimento a questa limitazione
è stato per esempio rigettata una legge provinciale che voleva incentivare la costruzione di una casa
per studenti per allievi altoatesini a Innsbruck.
La riforma Costituzionale del 2001 (art. 117 Cost.)134
ha limitato i vincoli, come vedremo più
avanti, ma questi rimangono tuttora validi per le competenze degli Statuti speciali, non previste
dalla riforma stessa.
Competenza legislativa secondaria o concorrente
In questo ambito, concorrente, i confini sono tracciati in maniera ancora più stringente. Ai limiti
sopra esposti vengono aggiunti i principi delle leggi statali:
o “nei limiti dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato” (art. 5 Statuto). Nell'esercizio di questa
competenza la Regione e le Province devono quindi rispettare anche i principi contenuti nelle
leggi ordinarie.
134
Costituzione Italiana: riforma del 2001, approvata con L. Cost. 18.10.2001, no. 3.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
118
Competenza terziaria o integrativa
Questa competenza prevista per la Regione all'articolo 6 dello Statuto (previdenza e assicurazioni
sociali) e all'art. 10 per le Province (collocamento e avviamento al lavoro) attribuisce a questi enti la
possibilità:
o “di integrare le disposizioni delle leggi dello Stato”, di emanare ulteriori norme legislative che
si aggiungono e integrano le leggi statali senza modificarle. Ciò significa che le norme statali
trovano applicazione illimitatamente anche nella Provincia e nella Regione senza possibilità di
modifica, ma è possibile emanare ulteriori disposizioni.
2.4.2.3 Le competenze della Regione – ormai poche e ordinamentali
Gran parte delle competenze sono elencate agli articoli 4 (primarie o esclusive), 5 (secondarie o
concorrenti), 6 (terziarie o integrative) o 7 (senza ulteriori precisazioni) dello Statuto. La maggior
parte delle competenze della Regione sono di carattere ordinamentale, che hanno il compito di
fissare l‟ordinamento, vale a dire la cornice, la struttura e l'organizzazione per le rispettive
competenze.
Nell'ambito della legislazione primaria o esclusiva (art. 4 Statuto) la Regione è competente per l‟:
o ordinamento degli uffici regionali e del personale ad essi addetto;
o ordinamento degli enti para-regionali;
o ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni;
o espropriazione per pubblica utilità non riguardante opere a carico prevalente dello Stato e le
materie di competenza provinciale;
o impianto e tenuta dei libri fondiari;
o i servizi antincendi;
o ordinamento degli enti sanitari ed ospedalieri;
o ordinamento delle Camere di commercio;
o lo sviluppo della cooperazione e vigilanza sulle cooperative;
o i contributi di miglioria in relazione ad - opere pubbliche eseguite dagli altri enti pubblici
compresi nell'ambito del territorio regionale.
In via secondaria o concorrente (art. 5 Statuto) la Regione è competente per l‟:
o ordinamento delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza;
o ordinamento degli enti di credito fondiario e di credito agrario, delle Casse di risparmio e delle
Casse rurali, nonché delle aziende di credito a carattere regionale.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
119
In via terziaria o integrativa (art. 6 Statuto) la Regione è competente per la:
o Previdenza e assicurazioni sociali
Fig. 11: Pubblicazioni sulla previdenza regionale
Mentre molte delle competenze sopra elencate sono state delegate alle Province autonome, la
Regione svolge nel campo della previdenza un ruolo importante. Ha sviluppato misure integrative
per la famiglia e un complesso sistema di previdenza complementare per la vecchiaia, promovendo
propri fondi pensione regionali.
Ulteriori competenze regionali:
o la modifica delle circoscrizioni dei Comuni e l‟istituzione di nuovi Comuni (art. 7 Statuto);
o voti e progetti alle Camere: nelle materie non appartenenti alla competenza della Regione, ma
che presentano per essa particolare interesse, il Consiglio regionale può emettere voti e
formulare progetti, che attraverso il Governo vengono presentati alle Camere (art. 35 Statuto).
Questa facoltà è stata estesa con legge costituzionale n. 2/2001 anche alle Province autonome;
135
o i principi generali per l'ordinamento del personale dei Comuni (art. 65 Statuto);
o la facoltà di istituire con leggi tributi propri nelle materie di rispettiva competenza (art. 73
Statuto);
o la facoltà di emettere prestiti interni per investimenti esclusivamente garantiti da esse (Regione
135
Statuto riformato nel 2001, con L. Cost. 31.1.2001, no. 2.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
120
e Province, art. 74 Statuto);
o la nomina, revoca e dispensa dei giudici conciliatori da parte del Presidente della Regione (art.
94 Statuto);
o il diritto d'iniziativa per la modifica dello Statuto di autonomia: sulla base dell'art. 103 dello
Statuto, spetta, oltre che al Parlamento, anche al Consiglio regionale, su proposta dei Consigli
provinciali di Bolzano e Trento e successiva deliberazione conforme del Consiglio regionale. Il
diritto d'iniziativa dei Consigli provinciali è stato aggiunto con legge Costituzionale n. 2/2001;
o richiesta di referendum: Cinquecentomila elettori oppure cinque Consigli regionali possono
richiedere un referendum abrogativo di leggi statali (art. 75 e 138 Cost.). Attraverso questa
norma sono stati aboliti alcuni ministeri statali le cui competenze rientravano tra le attribuzioni
delle Regioni;
o la partecipazione all'elezione del Presidente della Repubblica: All'elezione del Presidente della
Repubblica partecipano le Regioni con tre delegati, che vengono eletti dal Consiglio regionale
(art. 83 Cost.).
2.4.2.4 Le competenze delle Province: cultura, economia e assistenza
In base al nuovo Statuto del 1972 sono le Province che rivestono il ruolo primario nell‟assetto
autonomistico. La Regione che ha delegato una buona parte delle sue competenze alle stesse
Province è diventata (a parte il suo ruolo nella previdenza) un tetto organizzativo. Spetta alle
Province la maggior parte delle competenze. Le Province sono, ai sensi dello Statuto, competenti in
via primaria/esclusiva (art. 8), secondaria/concorrente (art. 9) oppure in via integrativa (art. 10)
nelle seguenti materie qui riassunte sommariamente e divise per settori per rendere il quadro più
visibile. Per i dettagli è raccomandabile consultare lo Statuto stesso.
Nel settore scuola e cultura:
Primaria:
o toponomastica, fermo restando l'obbligo della bilinguità nel territorio della Provincia di
Bolzano;
o tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare;
o usi e Costumi locali ed istituzioni culturali aventi carattere provinciale, manifestazioni ed
attività artistiche, culturali ed educativi locali, e, per la provincia di Bolzano, anche con i mezzi
radiotelevisivi, esclusa la facoltà di impiantare stazioni radiotelevisive;
o scuola materna;
o assistenza scolastica;
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
121
o edilizia scolastica;
o addestramento e formazione professionale.
Secondaria:
o istruzione elementare e secondaria;
Nel settore economico ed amministrativo:
Primaria:
o ordinamento degli uffici provinciali;
o urbanistica e piani regolatori;
o tutela del paesaggio;
o usi civici;
o ordinamento delle minime proprietà colturali e dei "masi chiusi”;
o artigianato;
o porti lacuali;
o fiere e mercati;
o miniere, acque minerali e termali, cave e torbiere;
o caccia e pesca;
o alpicoltura e parchi per la protezione della flora e della fauna;
o viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse provinciale;
o comunicazioni e trasporti di interesse provinciale, compresi la regolamentazione tecnica e
l‟esercizio degli impianti di funivia;
o assunzione diretta di servizi pubblici;
o turismo e industria alberghiera;
o agricoltura, foreste e Corpo forestale;
o espropriazione per pubblica utilità per tutte le materie di competenza provinciale;
o opere idrauliche della terza, quarta e quinta categoria.
Secondaria:
o polizia locale urbana e rurale;
o commercio;
o spettacoli pubblici, per quanto concerne la pubblica sicurezza;
o esercizi pubblici;
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
122
o incremento della produzione industriale;
o utilizzazione delle acque pubbliche, escluse le grandi derivazioni a scopo idroelettrico.
In ambito sociale:
Primaria:
o edilizia sovvenzionata;
o opere di prevenzione e di pronto soccorso per calamità pubbliche;
o commissioni comunali e provinciali per l‟assistenza e l‟orientamento dei lavoratori nel -
collocamento;
o assistenza e beneficenza pubblica.
Secondaria:
o apprendistato, libretti di lavoro, categorie e qualifiche dei lavoratori;
o controllo sul collocamento;
o igiene e sanità;
o attività sportive e ricreative con i relativi impianti ed attrezzature.
Terziaria:
o avviamento e collocamento al lavoro con precedenza nel collocamento per i cittadini residenti.
Ulteriori competenze:
Gli articoli seguenti (11 – 15 Statuto) prevedono ulteriori competenze per quanto attiene: L‟apertura
e il trasferimento di sportelli bancari, nonché il diritto di parere, in alcuni casi anche con l‟intesa
vincolante, per concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico, di condutture e opere idriche,
per opere attinenti la comunicazione ed i trasporti, per gli incentivi statali all‟industria e per
l‟edilizia scolastica statale.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
123
2.4.3 Le competenze amministrative – parallele a quelle legislative
Per quanto attiene le materie e i limiti entro cui la Regione e le Province possono emanare
provvedimenti legislativi, le competenze amministrative, che in precedenza erano di competenza
statale, vengono ora esercitate dalla Regione e/o dalle Province (art. 16 Statuto). Accanto
all'autonomia legislativa esiste quindi anche un'autonomia amministrativa, che di norma coincide
con la prima. La Regione e le Province sono competenti per l'amministrazione e l'attuazione delle
proprie norme legislative.
Oltre a ciò lo Stato può delegare, con legge, alla Regione, alla Provincia e ad altri enti pubblici
locali funzioni proprie della sua amministrazione. In tal caso l‟onere delle spese per l‟esercizio delle
funzioni stesse resta a carico dello Stato (art. 16/3 Statuto). Di regola la Regione esercita le proprie
competenze amministrative delegandole alle Province, ai Comuni oppure ad altri enti territoriali
oppure utilizzando i loro uffici. Al tempo stesso le Province possono delegare proprie competenze
amministrative ai Comuni oppure servirsi dei loro uffici per l'esercizio delle loro competenze (art.
18 Statuto).
La riforma costituzionale del 2001 assegna (all‟articolo 118 Cost.) ai Comuni le funzioni
amministrative, motivo di conflitto con le competenze regionali e provinciali testé elencate ed
esercitate in base allo Statuto dai relativi Enti.
2.4.4 La limitazione della legislazione autonoma
2.4.4.1 Dal rinvio all‟impugnazione dinanzi la Corte
Le leggi regionali e provinciali vengono deliberate rispettivamente dai Consigli regionali e
provinciali. Fino all'approvazione della riforma costituzione del 2001 esse però non entravano in
vigore con la semplice delibera dei rispettivi Consigli. Nello Statuto di autonomia è formalmente
tuttora previsto un procedimento che è stato abrogato solo con riforma costituzione del 2001 (legge
Costituzionale n. 3 del 2001). Anche questo è un esempio di come la federalizzazione ha avuto e ha
effetti incentivanti sulle autonomie speciali.
Le leggi regionali e provinciali dovevano essere trasmesse al Commissario del governo per il visto
governativo (art. 55 Statuto). Il Governo esaminava il disegno di legge sulla sua legittimità e nel
merito per quanto riguarda un possibile conflitto di interessi. Aveva 30 giorni di tempo per
approvare oppure rinviare il disegno al Consiglio regionale o provinciale, motivando il rinvio con il
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
124
possibile superamento delle competenze e i limiti posti alla legislazione autonoma o il contrasto con
gli interessi nazionali oppure con quelli di una delle due Province. Se il Governo faceva trascorrere
inutilmente il termine di 30 giorni, le leggi venivano considerate come tacitamente approvate,
venivano registrate ed entravano in vigore successivamente alla loro pubblicazione. La stessa cosa
avveniva ovviamente con quei disegni di legge che avevano ricevuto esplicitamente il sigillo del
Commissario del governo.
I disegni di legge che erano stati rinviati dal Governo al Consiglio regionale o provinciale potevano
essere modificati da questi ultimi seguendo le indicazioni e osservazioni del Governo o riapprovati
senza modifiche, a maggioranza assoluta dei loro membri (nel Consiglio Provinciale 18, in quello
Regionale 36 voti). In questo caso il Governo non aveva più la possibilità di rinvio, bensì poteva,
entro 15 giorni, impugnare l'atto innanzi alla Corte Costituzionale per incostituzionalità oppure
sollevare un vizio di merito per conflitto di interessi innanzi alle Camere. In caso di inerzia del
Governo a 15 giorni dalla trasmissione al Commissario del governo il disegno di legge poteva
essere delibato.
La riforma costituzionale del 2001 ha abolito la possibilità di rinvio.136
Le leggi provinciali e
regionali una volta approvati, vanno promulgati ed entrano in vigore senza un esame preventivo e
senza la necessità di essere vistate. Il Governo può solamente ricorrere all'impugnazione dinanzi
alla Corte costituzionale. L'impugnazione dinanzi al Parlamento per violazione degli interessi
nazionali non esiste più.137
2.4.4.2 La promulgazione e l'entrata in vigore
Le leggi regionali e provinciali vengono promulgate dal Presidente della Regione o rispettivamente
da quello della Provincia. Le leggi ed i decreti vengono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della
Regione, quelle della Regione e della Provincia di Bolzano nel testo italiano e tedesco. Se la legge
non dispone diversamente, entrano in vigore 15 giorni dopo la pubblicazione. In caso di dubbi
l'interpretazione ha luogo sulla base del testo italiano (art. 57).
Se una legge è dichiarata urgente dal Consiglio regionale o da quello provinciale a maggioranza
assoluta dei rispettivi componenti, la promulgazione e l'entrata in vigore non sono subordinate ai
termini previsti (rispettivamente 30 e 15 giorni). Esse possono quindi entrare in vigore il giorno
della loro pubblicazione (art. 55 comma 3 Statuto). Il consenso del Governo, originariamente
previsto, per l'entrata in vigore d'urgenza è stato abolito dalla riforma costituzionale.
136 Costituzione Italiana: riforma del 2001, approvata con L. Cost. 18.10.2001, no. 3.
137 Cfr. più avanti le sentenze della Corte Costituzionale al capitolo 4.4.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
125
2.4.4.3 Un freno all‟indirizzo e coordinamento del Governo
Nel corso degli anni 80 il pensiero e l'azione centralistici dello Stato sono stati intensificati con la
giustificazione che ciò fosse necessario per l'interesse nazionale e per un‟azione unitaria dello Stato.
Con la legge n. 400 del 23 agosto 1988 è stata emanata una nuova disciplina dell'attività del
Governo e della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Essa prevede, al terzo comma dell'art. 2, una
competenza generale del Governo all' ”indirizzo e coordinamento” dell'attività delle Regioni e nel
rispetto delle disposizioni statutarie, anche delle Regioni a statuto speciale e delle Province
autonome di Trento e Bolzano.
A grande maggioranza (36 voti a favore, 3 contrari) il Consiglio regionale del Trentino-Alto
Adige/Südtirol ha deciso di impugnare in data 6 ottobre 1988 questa norma e altre norme della
legge statale n. 400/1988 dinanzi alla Corte Costituzionale. Questa tuttavia non ha ritenuto come
incostituzionale la competenza di indirizzo e coordinamento, ma si è limitata a dichiarare
l'illegittimità della competenza ivi prevista del Governo centrale di annullare gli atti amministrativi
delle Regioni e delle Province autonome (sentenza n. 229 e 230 del 13 aprile 1989).138
Sempre nel 1988 il Congresso della SVP ha chiesto in una risoluzione l‟abolizione o quanto meno
la più ampia riduzione del potere di indirizzo e coordinamento. “L'unico strumento veramente
efficace per vanificare questa potestà del Governo nella nostra terra sarebbe una legge
costituzionale”, ha insistito in un‟ulteriore occasione, al Congresso provinciale della SVP nel 1991,
l‟allora segretario e leader storico della SVP Silvius Magnago.139
È stata infine raggiunta una norma di attuazione che non prevede la totale abolizione della potestà di
indirizzo e coordinamento per la Regione Trentino Alto Adige/Südtirol, ma una sua limitazione
(D.lgs. 16 marzo 1992, n. 266). Nell‟enunciare i principi all‟articolo 1, il decreto fa chiaro
riferimento all‟Accordo di Parigi. Per la prima volta una norma di attuazione si ricollegava
direttamente a questo accordo, un fatto importante che sottolinea l‟aspetto internazionale
dell‟autonomia. Inoltre sono stati inseriti “dei freni” (Magnago al congresso del partito del 1991) a
tutela della potestà legislativa esclusiva e concorrente della Provincia. Questi consistono
sostanzialmente nel fatto che le misure di coordinamento del Governo non entrano in vigore
automaticamente, come avviene nel resto delle Regioni italiane, ma il Consiglio regionale e quelli
provinciali hanno sei mesi di tempo per adeguare le proprie leggi ai principi previsti dalle relative
leggi nazionali. Se tale adeguamento non avviene, il Governo dispone di tre mesi per impugnare le
leggi regionali o provinciali davanti alla Corte Costituzionale.
138
Bonell, L./ Winkler, I. (1991) p 106 e 107. 139
Peterlini, O. (2000c, de) p 144-149, (2000d, it) p 140-145.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
126
Tale limitazione non implica ovviamente l‟abolizione del potere di indirizzo e di coordinamento, né
può ridurne in modo rilevante l‟efficacia, ma solamente ritardarla (per questo venne definita
“freno”). Mentre nel resto d‟Italia il potere di indirizzo e di coordinamento presuppone un‟azione
diretta da parte del Governo, in Alto Adige/Südtirol ed in Trentino essa viene esercitata in modo
indiretto sulle leggi regionali e provinciali che devono essere adeguate ai principi su esposti.
Solamente nel caso in cui ciò non avvenga, il Governo si può attivare e impugnare la legge davanti
alla Corte Costituzionale. La speranza che il Governo potesse perdere i termini si vanifica all‟
esperienza che il termine molto più breve per il rinvio delle leggi non è stato mancato nel 99 per
cento dei casi.140
140
Peterlini, O. (1997b, de) p 152-155; (2000) p 146-149.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
127
2.5 La tutela dei gruppi linguistici
2.5.1 Posti e risorse – divisi secondo la proporzionale
Per proporzionale linguistica, detta anche proporzionale etnica, si intende un meccanismo che, in
certi settori, riconosce ai tre gruppi linguistici dell‟Alto Adige Südtirol il diritto di essere
rappresentati proporzionalmente alla propria consistenza numerica. La proporzionale si applica per
l‟accesso all‟amministrazione e all‟occupazione dei posti pubblici, a vari organi, nonché (oltre al
criterio del bisogno) alla distribuzione di risorse sociali e culturali.141
Il suo fondamento internazionale e giuridico può essere ricondotto all‟art. 1 lettera d) dell‟Accordo
di Parigi che impone l‟eguaglianza di diritti per l‟ammissione a pubblici uffici, allo scopo di
attuare una più soddisfacente distribuzione (in inglese proportion) degli impieghi tra i due gruppi
etnici (“equality of rights as regards the entering upon public offices, with a view to reaching a
more appropriate proportion of employment between the two ethnical groups”).
Il Pacchetto prevede la proporzionale nelle misure 92, 94 (con la nota 19), 95, 96 e 105. Nella
legislazione statale la proporzione si basa su di una serie di provvedimenti del nuovo Statuto,
principalmente gli articoli 15, 36, 50, 61 e – per i posti statali – sull‟articolo 89, nonché sulle
relative norme di attuazione, il DPR 752/1976 e le sue modifiche e integrazioni.
Nello Statuto di autonomia la proporzionale è sancita in sette articoli:
Art. 15: La provincia di Bolzano utilizza i propri stanziamenti destinati a scopi assistenziali,
sociali e culturali “in proporzione diretta alla consistenza di ciascun gruppo linguistico e in
riferimento alla entità del bisogno del gruppo medesimo”. A tale scopo sono fissati due parametri,
ovvero la proporzionale e il fabbisogno. Su questo articolo si basa ad esempio l‟applicazione della
proporzionale nell‟edilizia abitativa agevolata e per la distribuzione del fondo culturale provinciale.
Art. 19: “I rappresentanti degli insegnanti nel consiglio scolastico provinciale sono
designati, mediante elezione, dal personale insegnante e in proporzione al numero degli insegnanti
dei rispettivi gruppi linguistici” (art. 19/13). In questo caso il quadro di riferimento è la
rappresentanza linguistica degli insegnanti.
Art. 36: “La composizione della Giunta regionale deve adeguarsi alla consistenza dei
gruppi linguistici quali sono rappresentati nel Consiglio della Regione”. Il quadro di riferimento è
141
Peterlini, O. (1980 de), particolarmente p 34-46.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
128
la rappresentanza proporzionale dei gruppi linguistici dei Consiglieri (lo stesso avviene per la
Giunta provinciale di Bolzano, secondo l‟at.50/2).
Art. 49: Per la provincia di Bolzano la composizione della Commissione per lo scioglimento
del Consiglio provinciale “deve adeguarsi alla consistenza dei gruppi linguistici che costituiscono
la popolazione della provincia stessa” (art. 49 bis/3). In questa fattispecie il quadro di riferimento è
la rappresentanza proporzionale dei gruppi linguistici nella popolazione.
Art. 50: “La composizione della Giunta provinciale di Bolzano deve adeguarsi alla
consistenza dei gruppi linguistici quali sono rappresentati nel Consiglio della Provincia”. Anche in
questo caso il quadro di riferimento è la rappresentanza proporzionale dei gruppi linguistici dei
Consiglieri (art. 50/2).
Art. 61: “Nell‟ordinamento degli enti pubblici locali sono stabilite le norme atte ad
assicurare la rappresentanza proporzionale dei gruppi linguistici nei riguardi della costituzione
degli organi degli enti stessi” (art. 61/1). “Nei comuni della provincia di Bolzano ciascun gruppo
linguistico ha diritto di essere rappresentato nella Giunta municipale, se nel Consiglio comunale vi
siano almeno due consiglieri appartenenti al gruppo stesso” (art. 61/2).
Art. 89: “I posti dei ruoli di cui al primo comma (personale civile delle amministrazioni
statali), considerati per amministrazione e per carriera, sono riservati a cittadini appartenenti a
ciascuno dei tre gruppi linguistici, in rapporto alla consistenza dei gruppi stessi, quale risulta dalle
dichiarazioni di appartenenza rese nel censimento ufficiale della popolazione”(art. 89/3). Questa è
la norma centrale a cui fa riferimento la proporzionale etnica, la quale stabilisce che presso le
amministrazioni statali i posti sono riservati ai gruppi linguistici secondo la proporzionale. In virtù
di alcune misure del Pacchetto, di leggi e norme di attuazione, l‟assoggettamento alla proporzionale
avviene anche per alcuni enti statali quali le Poste e le Ferrovie e per alcuni enti parastatali (INPS e
INAIL).
L‟ultimo comma dell‟art. 89 prevede inoltre l‟applicazione della proporzionale al personale
dell‟amministrazione giudiziaria e ai magistrati. “Le disposizioni sulla riserva e ripartizione
proporzionale tra i gruppi linguistici italiano e tedesco dei posti esistenti nella provincia di
Bolzano sono estese al personale della magistratura giudicante e requirente” (...). “Si applicano
anche al personale della magistratura in provincia di Bolzano i criteri per l‟attribuzione dei posti
riservati ai cittadini di lingua tedesca, fissati nel quarto comma del presente articolo”. E‟
interessante osservare che anche in questo caso i ladini sono stati dimenticati, cosa a cui però ha
ovviato il DPR 752/76. I ladini, tra l‟altro, non vengono neppure citati dall‟Accordo di Parigi.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
129
2.5.2 Il rilevamento dei gruppi linguistici
2.5.2.1 Un provvedimento controverso – gabbia o protezione?
Presupposto fondamentale per tutelare una minoranza linguistica è accertare chi faccia parte di tale
minoranza. Si possono, infatti, rivendicare determinati diritti riservati a una minoranza o a un
gruppo linguistico, solamente se vi si appartiene: ciò vale in modo particolare per la distribuzione
dei posti e le altre misure secondo la proporzionale etnica.
Però il modo di rivelazione del gruppo linguistico e la natura della rilevazione dei gruppi linguistici
sono stati, una delle questioni più controverse nel campo della protezione delle minoranze. Da un
lato, la dichiarazione circa la lingua è la base per la distribuzione dei posti e l'applicazione della
rappresentanza proporzionale nei settori citati, dall'altro, la chiave soggettiva per i cittadini per
accedere ai relativi benefici. La disposizione relativa alla dichiarazione di appartenenza al gruppo
linguistico è stata introdotta nel 1976 con il decreto sulla proporzionale (DPR 752/1976).
Da decenni in Alto Adige l‟appartenenza della popolazione ai diversi gruppi linguistici veniva
rilevata attraverso il censimento generale della popolazione. Quello del 1981 prevedeva però per la
prima volta l‟obbligo della dichiarazione linguistica con implicazioni di carattere giuridico. Con la
dichiarazione, infatti, veniva censita sia l‟appartenenza a uno dei tre gruppi linguistici del singolo
cittadino, ovvero italiano, tedesco o ladino, sia la consistenza dei gruppi linguistici sulla cui base
vengono poi distribuiti i posti pubblici e i fondi a scopi sociali. Sino al 1981 la dichiarazione era
pubblica e non permetteva di dichiararsi appartenenti a nessun altro gruppo che ai tre gruppi
linguistici ufficiali; la dichiarazione doveva inoltre essere resa anche per i figli mistilingui (DPR. 28
settembre 1981, no. 542).
Un‟ostinata lotta contro le dichiarazioni linguistiche e alla proporzionale venne condotta da
Alexander Langer, allora Consigliere regionale e provinciale della “Nuova Sinistra” e
successivamente Europarlamentare dei Grüne-Verdi-Verc. Egli paragonò le dichiarazioni
linguistiche alle gabbie etniche e alle fatali opzioni del 1939, invitando la popolazione a boicottare
la dichiarazione linguistica. Nel 1995 egli stesso cadde nelle maglie di questa norma, quando la sua
candidatura alla carica di Sindaco per la città di Bolzano non venne ammessa poiché priva della
dichiarazione linguistica. Egli proseguì la sua lotta sino alla morte prematura (1995), anche se
notevoli miglioramenti apportati nel frattempo assicuravano la libertà e la segretezza della
dichiarazione. Al suo impegno e a una sentenza del Consiglio di Stato (17 aprile - 7 giugno 1984,
no. 439) si devono l‟esonero dalla dichiarazione linguistica dei figli mistilingui, la possibilità di
dichiarare anche altre lingue ed inoltre quella di potersi aggregare ad uno dei tre gruppi linguistici,
cosa che permette di poter far valere i diritti etnici (anche senza dichiarazione di appartenenza ad
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
130
un gruppo linguistico). Chi però non rende neanche questa dichiarazione non può beneficiare delle
possibilità previste per il concorso a posti pubblici, le cariche, l‟assegnazione di abitazioni e diverse
altre previdenze sociali.
2.5.2.2 Un primo allentamento: la regolamentazione dal 1991-2005
La nuova disciplina (D.lgs. 1 agosto 1991, no. 253), che nel frattempo venne ulteriormente
riformata, prevedeva il seguente sistema: il gruppo linguistico del cittadino e quindi la consistenza
linguistica del gruppo viene rilevata al censimento generale della popolazione che a livello
nazionale viene effettuata ogni dieci anni. Oltre alle informazioni previste nelle dichiarazioni
predisposte a livello nazionale, in Alto Adige ogni cittadino che ha compiuto il 14° anno di età deve
rendere una dichiarazione relativa al gruppo linguistico a cui appartiene oppure a cui si aggrega
(art. 18, 18ter DPR 752/76 modificato dal D.lgs. 253/91). Per i minori di anni quattordici la
dichiarazione viene resa dai genitori. Ciò significa che ogni cittadino deve indicare in un apposito
modulo, che viene trattato in modo riservato, a quale dei tre gruppi linguistici ufficialmente
riconosciuti appartiene o vuole aggregarsi (tedesco, italiano o ladino).
Le persone che non appartengono o non vogliono appartenere ad alcuno dei tre gruppi linguistici
citati, possono dichiararlo e scegliere a quali dei tre gruppi linguistici ufficiali intendono aggregarsi
per esercitare i diritti etnici e quelli derivanti dalla proporzionale. “La dichiarazione attesta
l‟appartenenza o l‟aggregazione a tutti gli effetti di legge” (art. 18/10 DPR 752/76). I genitori di
figli mistilingui non devono rendere alcuna dichiarazione per i figli minori di anni 14.
Questa dichiarazione valeva per 10 anni e poteva essere modificata solamente in occasione del
successivo censimento, eccezion fatta per i minorenni che entro un anno dal compimento del 14°
anno di età debbono rendere un‟apposita dichiarazione. Solamente in alcuni casi la dichiarazione
poteva essere resa anche successivamente al censimento, ovvero in caso di forza maggiore, assenza,
al riacquisto della capacità da parte dell‟interdetto per infermità di mente e in caso di immigrazione
(art. 18, commi 6 e 7).
2.5.2.3 La riforma del 2005: due dichiarazioni distinte
In origine vi era una dichiarazione unica, che ogni cittadino doveva consegnare ogni 10 anni
durante il censimento. Aveva un doppio effetto: in primo luogo per calcolare la forza di ogni gruppo
linguistico e per la distribuzione dei posti e degli altri provvedimenti in base alla proporzionale. In
secondo luogo, la dichiarazione nel censimento era una conferma di appartenenza per l'individuo ad
un gruppo linguistico.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
131
Con la nuova norma di attuazione dell‟anno 2005 (D Lgs 23 maggio 2005, no. 99), le due
dichiarazioni vennero divise. Mentre la dichiarazione al censimento mantiene il suo primo effetto, e
rimane la base per il calcolo dei gruppi linguistici e la distribuzione proporzionale, l'appartenenza
individuale per l'utilizzo dei diritti viene rilevata separatamente. L‟appartenenza è segreta e vale una
vita intera, può però essere cambiata ogni 5 anni. Per evitare abusi, gli effetti giuridici della
dichiarazione e delle modifiche entrano in vigore solamente dopo il decorso delle diverse scadenze.
L‟art. 18 delle nuove norme di attuazione della proporzionale (DPR 752/1976 del testo vigente)
prevede in che modo la relativa dichiarazione, debba essere depositata durante il censimento
generale. L‟art. 20 invece, di come avviene la dichiarazione individuale, per prendere in
considerazione i relativi diritti.
La dichiarazione linguistica al censimento
1. Nel censimento generale della popolazione, ogni cittadino di età superiore ad anni quattordici
(non interdetto per infermità di mente) e residente nella provincia di Bolzano alla data del
censimento, è tenuto a rendere, in forma anonima, una dichiarazione individuale di
appartenenza ad uno dei tre gruppi linguistici italiano, tedesco e ladino. Coloro che ritengono di
non appartenere ad alcuno dei predetti gruppi lo dichiarano e rendono soltanto dichiarazione
anonima di aggregazione ad uno di essi. (art. 18/1 DPR 752/1976).
2. La dichiarazione è resa su apposito foglio collocato dal dichiarante in apposita busta bianca,
chiusa, anonima e recante l'indicazione del Comune, è così ritirato dal rilevatore che autentica la
busta (art. 18/2). I dati rimangono anonimi.
3. I dati relativi alla consistenza proporzionale nella provincia dei tre gruppi linguistici, quale
risulta dalle dichiarazioni di appartenenza e di aggregazione, sono pubblicati nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana, con l'indicazione delle relative percentuali espresse sino alla
seconda cifra decimale. I dati predetti, per ciascun Comune della Provincia, sono indicati nelle
pubblicazioni ufficiali dell'ISTAT inviate anche ai Comuni (art. 18/3).
4. Anche i cittadini minori di anni quattordici concorrono, nell'ambito del censimento generale
della popolazione, alla determinazione della consistenza proporzionale dei tre gruppi linguistici.
A tale fine la dichiarazione è resa congiuntamente dai genitori o dal genitore che esercita in via
esclusiva la potestà parentale, ovvero da coloro che in sostituzione dei genitori esercitano la
potestà sul minore o che lo rappresentano (art. 18/4).
5. La dichiarazione di appartenenza o di aggregazione del cittadino minore è collocato in busta
rosa, chiusa, anonima e recante l'indicazione del Comune (art. 18/5).
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
132
6. Coloro che esercitano congiuntamente la potestà parentale non sono tenuti a rendere la
dichiarazione per i figli minori se, appartenendo a gruppi linguistici diversi, non concordano tra
loro (art. 18/6).142
La dichiarazione per i diritti individuali
La dichiarazione per l'esecuzione dei diritti individuali non è più legata a quella del censimento, non
è più obbligatoria e può essere modificata. Tuttavia gli effetti giuridici del cambiamento entrano in
vigore differiti nel tempo. Le innovazioni (dell‟art. 20 ter) prevedono essenzialmente i punti
seguenti:
1. Ogni cittadino residente nella Provincia, di età superiore agli anni diciotto e non interdetto per
infermità di mente, ha facoltà (e non più il dovere) di rendere in ogni momento (e cioè
distintamente dal censimento) una dichiarazione individuale nominativa di appartenenza ad uno
dei tre gruppi linguistici italiano, tedesco e ladino. Lo farà qualora intenda beneficiare, nei casi
previsti, degli effetti giuridici derivanti dall'appartenenza o dall'aggregazione al gruppo
linguistico, quando nel futuro intende presentare domanda per esempio per un impiego pubblico
o un sussidio. Coloro che ritengono di non appartenere ad alcuno di tali gruppi, lo dichiarano e
rendono soltanto dichiarazione nominativa di aggregazione ad uno di essi.
2. Le dichiarazioni di appartenenza o aggregazione al gruppo linguistico sono rese (su un foglio
contrassegnato A/1) presso ogni cancelleria del Tribunale di Bolzano e delle relative sezioni
distaccate.
3. La busta è sigillata all'atto della consegna presso il Tribunale o la sezione distaccata. La sezione
distaccata inoltra al tribunale le buste ad essa consegnate. Il Cancelliere del Tribunale conserva
le buste sigillate e certifica con immediatezza, in carta libera e senza spese, l'appartenenza o
l'aggregazione al gruppo linguistico soltanto a richiesta del dichiarante, ovvero dell'autorità
giudiziaria per esigenze di giustizia, sigillando nuovamente la busta.
4. Le dichiarazioni non spiegano i loro effetti immediatamente, ma solamente decorsi diciotto mesi
dal momento della loro consegna. Questa norma vuole evitare dichiarazioni opportunistiche in
aspettativa di misure o posti riservati all‟uno o altro gruppo. A differenza della normativa
previgente, dove le dichiarazioni valevano fino al prossimo censimento, con la riforma del 2005
hanno validità indeterminata fino al momento in cui un'eventuale dichiarazione di modifica
acquista efficacia. Trascorsi almeno cinque anni, infatti, dal momento della sua consegna la
dichiarazione può essere modificata dal dichiarante in qualsiasi momento. La dichiarazione di
142
L'attuale articolo 18 così sostituisce gli originari articoli 18, 18-bis e 18-ter della previgente normativa ai sensi di
quanto disposto dall'art. 1, D.lgs. 23 maggio 2005, no. 99.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
133
modifica acquista efficacia decorsi due anni dalla sua consegna. La dichiarazione è altresì
revocabile in ogni tempo. Un'eventuale altra dichiarazione può essere presentata decorsi almeno
tre anni dalla data in cui il Tribunale consegna la busta recante la dichiarazione revocata e ha
effetto decorsi ulteriori due anni.
5. I Comuni informano i cittadini che hanno compiuto la maggiore età, o che hanno trasferito la
propria residenza in un comune della Provincia di Bolzano da Comuni situati fuori Provincia, e i
cittadini interdetti che abbiano riacquistato la capacità, della facoltà di rendere la dichiarazione,
dei suoi effetti e circa le eventuali modifiche. Le dichiarazioni rese entro un anno dalla data di
comunicazione spiegano effetto immediato.
6. Anche i cittadini minorenni di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni possono rendere la
dichiarazione. In questi casi le dichiarazioni sono immediatamente efficaci.
7. Le dichiarazioni attestano l'appartenenza o l'aggregazione a tutti gli effetti di legge, eccezion
fatta per le elezioni. Le dichiarazioni di appartenenza o di aggregazione necessarie ai fini della
partecipazione alle elezioni comunali o provinciali nel territorio della Provincia di Bolzano sono
rese secondo le modalità stabilite dalla legge regionale o provinciale.143
2.5.3 Un atto di equità
Il complesso meccanismo della proporzionale etnica e delle misure per la salvaguardia delle
minoranze, esprime chiaramente ciò che Gaspare Nevola chiama la “Costituzione delle minoranze“
nell‟ordinamento italiano. L'intero sistema istituzionale della Provincia di Bolzano (e della
Regione) - nota giustamente Nevola – si basa sul principio di distinzione tra i diversi gruppi
linguistici. Questo formale riconoscimento di diritti collettivi ha una ricaduta immediata sulla vita
quotidiana dei cittadini in numerosi ambiti come proprio l‟impiego pubblico, la scuola e l‟uso della
lingua nei rapporti con l‟amministrazione pubblica, temi che esamineremo di seguito.
Il complicato meccanismo della proporzionale etnica, di cui esiste una forma analoga (secondo la
consistenza delle Nazioni) per l‟accesso all‟amministrazione delle Nazioni Unite,144
trova la sua
giustificazione storica nell‟espulsione dei sudtirolesi dal pubblico impiego operata nell‟epoca
fascista.
Prima dell‟annessione all‟Italia, nella parte di lingua tedesca del Tirolo, gli impiegati, i giudici e le
forze di polizia appartenevano al gruppo linguistico tedesco, e nella parte italiana del Tirolo,
nell‟attuale Trentino, la prevalenza era invece rappresentata da funzionarie e magistrati italiani. Lo
143 Tutto l‟articolo Art 20/ter viene aggiunto dall'art. 2, D.lgs. 23 maggio 2005, no. 99.
144 Peterlini, O. (1980 de) p 8-10.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
134
stesso valeva anche per la lingua ufficiale: nel Tirolo italiano (l‟attuale Trentino) era l‟italiano, nel
Tirolo tedesco il tedesco.145
Il fascismo si era prefisso di rimuovere la lingua tedesca e assieme ad essa impiegati e insegnanti,
oppure di trasferirli nelle vecchie Province del Regno. Il 15 luglio 1923 Ettore Tolomei annunciò il
suo programma di italianizzazione per l‟Alto Adige il quale comprendeva 32 punti. Tra questi vi
erano – per quanto riguarda la pubblica amministrazione - la nomina di segretari comunali italiani,
l‟introduzione dell‟italiano come lingua ufficiale, la rimozione degli impiegati di lingua tedesca o il
loro trasferimento nel vecchio Regno, il potenziamento delle truppe dei Carabinieri con l‟esclusione
dei cittadini di lingua tedesca, la costruzione di asili e scuole italiane, l‟eliminazione di istituti di
credito locali, l‟introduzione dell‟italiano come lingua ufficiale nei Tribunali e molto altre misure
che conducevano all‟espulsione dei sudtirolesi dal pubblico impiego.146
Nel 1928 Mussolini lamentava davanti al Parlamento che “vi sono ancora 376 impiegati locali nella
città di Bolzano e 664 prestano servizio nella Provincia di Bolzano. Poiché tutto ciò non viene
apprezzato, tutti questi elementi saranno posti prossimamente al bivio: o trasferimento in altre
province del Regno, o esonerati o sostituiti (...)”.147
Nel 1976 entrarono in vigore le nuove norme sulla proporzionale per la Provincia di Bolzano;
l‟Italia democratica sino allora non era stata in grado di riparare all‟ingiustizia fascista commessa a
danni del Sudtirolo. I motivi erano molteplici.148
Poco prima dell‟entrata in vigore delle nuove
norme nel 1975, nei diversi uffici statali della provincia di Bolzano, vi erano solamente 824
dipendenti di lingua tedesca o ladina: dei 5.932 erano ca. il 13,9 %. Dei ca. 8.600 alloggi popolari
sino al 1959 più del 95 % era stato assegnato esclusivamente ad appartenenti al gruppo linguistico
italiano.149
Il corretto rapporto nell‟impiego statale doveva essere raggiunto entro il 2002. La privatizzazione di
vari servizi statali (come per esempio le ferrovie) richiese nuove soluzioni che recepivano però solo
in parte quanto stabilito per il settore statale. Nel contempo però la proporzionale perse la sua
importanza presso gli uffici statali, che diventarono sempre meno, attualmente circa 3.000 posti
soggetti alla proporzionale, mentre con la crescita dell‟autonomia aumentarono quelli provinciali e
locali a oltre 40.000. Questi ultimi sono gestiti in gran parte dal gruppo linguistico tedesco cosi che
la proporzionale si sviluppò sempre più a uno strumento a difesa del gruppo italiano.150
145
Peterlini, O. (1980 de) p 14 - 19. 146
Tolomei, E. (1928). 147
Peterlini, O. (1980 de) p 25. Salvemini, G. (1952) p 448. Tolomei, E. (1928) p 13. 148
Peterlini, O. (1980 de) p 91 - 95 e 152 - 161. 149
Peterlini, O. (1980 de) p 136-139. 150
Alto Adige del 3.5.2010: Sigismondi: mai più sul palco con Seppi, riguardo la posizione positiva del deputato PDL
Giorgio Holzmann e del coordinatore PDL Alberto Sigismondi sulla proporzionale.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
135
La dichiarazione linguistica è una base essenziale per la proporzionale etnica. Senza le dichiarazioni
linguistiche questo “fulcro del Pacchetto” come lo usava chiamare il leader storico Silvius
Magnago, non potrebbe essere realizzato.
2.5.3.1 La proporzionale secondo il censimento
I censimenti degli anni 1981, 1991 e 2001 registrarono i seguenti rapporti linguistici che
rappresentano la base per la ripartizione proporzionale:
Tab. 1: Rapporto tra i gruppi linguistici – base per la ripartizione di posti e fondi pubblici
Jahr Tedeschi Italiani Ladini
1981 66,4 % 29,4 % 4,2 %
1991 67,99 % 27,65 % 4,36 %
2001 69,15 % 26.47 % 4,37 %
Fonte: Censimento linguistico ASTAT.
Secondo le proporzioni, vengono riservati ai tre gruppi linguistici i posti dell‟impiego pubblico, e
vengono così, a fianco del criterio del bisogno, diffuse le risorse sociali e culturali.
Oltre allo Stato, anche la Regione e le Province autonome hanno introdotto la proporzionale per gli
ambiti della loro competenza, come per i Comuni, le aziende sanitarie, gli Istituti provinciali ecc.151
2.5.4 La parità e l‟alternanza
Nelle trattative sul Pacchetto, i sudtirolesi non sono riusciti a giungere al riconoscimento del
principio della proporzionale in tutti i settori. A prescindere dal fatto che la proporzionale non trova
applicazione per tutti i posti pubblici ma solamente per certe categorie, vi è una serie di norme che
prevedono la “parità” tra il gruppo linguistico tedesco e quello italiano. Ciò significa che il rapporto
tra i due gruppi deve essere di 50 a 50, invece di quello risultante dall‟applicazione del principio
proporzionale e cioè di 69,15 a 26,47 a 4,37 (tedeschi, italiani, ladini nella Provincia di Bolzano). Il
gruppo più svantaggiato da questa parità risulta essere quello ladino, che viene completamente
escluso dal rapporto paritetico. Con le modifiche allo Statuto del 2001 l‟esclusione dei Ladini è
151
Pallaver, G. (2007) p 631. Peterlini, O. (1980 de) p 40 seg. .
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
136
stata attenuata con particolari tutele a loro favore, che vedremo di seguito.152
La parità è prevista nei
seguenti casi:
Presidente e Vicepresidente del Consiglio regionale: Nei primi trenta mesi della legislatura il
Presidente è eletto tra i Consiglieri appartenenti al gruppo di lingua italiana; mentre per l‟altra metà
della legislatura si procede in modo inverso (art. 30 dello Statuto). Nel caso della Regione la parità
va eccezionalmente a vantaggio del gruppo etnico tedesco che è presente con circa un terzo dei
Consiglieri. Dal 2001 può anche essere eletto un Ladino se per il relativo periodo la maggioranza
dei Consiglieri del gruppo al quale spetterebbe il turno rinuncia. Mentre fino al 2001 il posto di
Vicepresidente ruotava analogamente alla disciplina prevista per il Presidente, con la revisione dello
Statuto153
il numero dei Vicepresidenti è stato alzato a due per poter comprendere anche i Ladini.
Ora i due Vicepresidenti sono eletti tra i Consiglieri appartenenti a gruppi linguistici diversi da
quello del Presidente (art. 30/3 Statuto).
Il Presidente e Vicepresidente del Consiglio provinciale di Bolzano: Per il Presidente e i
Vicepresidenti del Consiglio provinciale di Bolzano (non per quelli di Trento) valgono le stesse
regole come per il Consiglio regionale. I Presidenti vengono eletti, per metà della legislatura, tra i
consiglieri appartenenti al gruppo di lingua tedesca e rispettivamente italiana. Ogni gruppo può
rinunciare a favore dei Ladini. I due Vicepresidenti sono eletti tra i Consiglieri appartenenti a gruppi
linguistici diversi da quello del Presidente (art. 48 ter dello Statuto).
Votazione per gruppi linguistici: “Qualora una proposta di legge sia ritenuta lesiva della parità dei
diritti fra i cittadini dei diversi gruppi linguistici o delle caratteristiche etniche e culturali dei
gruppi stessi, la maggioranza dei consiglieri di un gruppo linguistico nel Consiglio regionale o in
quello provinciale di Bolzano può chiedere che si voti per gruppi linguistici” (art. 56/1 dello
Statuto). In questa norma sono ricompresi i ladini.
Nel caso che la richiesta di votazione separata non sia accolta, oppure qualora la proposta di legge
sia approvata nonostante il voto contrario dei due terzi dei componenti il gruppo linguistico che ha
formulato la richiesta, la maggioranza del gruppo stesso può impugnare la legge dinanzi alla Corte
costituzionale (art. 56/2 dello Statuto).
Garanzia di bilancio: “La votazione dei singoli capitoli del bilancio della Regione e della
Provincia di Bolzano ha luogo, su richiesta della maggioranza di un gruppo linguistico, per gruppi
152
L. Cost.31 gennaio 2001, no. 2. 153
L. cost.31.1.2001, no. 2 (non da confondere con la riforma costituzionale che è la no. 3/2001).
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
137
linguistici” (art. 84/2 dello Statuto). I capitoli di bilancio “che non hanno ottenuto la maggioranza
dei voti di ciascun gruppo linguistico sono sottoposti ad una commissione paritetica composta dai
rappresentanti dei due maggiori gruppi linguistici” (art. 84/3 dello Statuto). Per la prima volta nel
1995 il rappresentante dei ladini, Carlo Willeit, ha fatto ricorso a tale articolo, tuttavia senza
successo, poiché la Commissione sopra citata ha confermato gli articoli respinti. Qualora nella
Commissione non venga raggiunta una maggioranza, decide la sezione autonoma del Tribunale
amministrativo regionale composta pariteticamente.
Tribunale di giustizia amministrativa di Bolzano: I componenti dell‟autonoma sezione per la
provincia di Bolzano “devono appartenere in eguale numero ai due maggiori gruppi linguistici”
(art. 91/1 dello Statuto). “Si succedono quali Presidenti della sezione per uguale periodo di tempo
un giudice di lingua italiana ed un giudice di lingua tedesca assegnati al collegio” (art. 91/3 dello
Statuto).
La Commissione dei sei e dei dodici: La cosiddetta Commissione dei dodici, che elabora le norme
di attuazione dello Statuto per la Regione ed ambedue le Province, è composta da un numero
paritetico di rappresentanti dello Stato da un lato e della Regione e della Provincia dall‟altra. Tre
componenti devono appartenere al gruppo linguistico tedesco. In seno alla Commissione dei dodici
è istituita la Commissione dei sei, una speciale commissione per le norme di attuazione relative alle
materie attribuite alla competenza della Provincia di Bolzano. Tale Commissione è paritetica e
“composta da sei membri, di cui tre in rappresentanza dello Stato e tre della Provincia. Uno dei
membri in rappresentanza dello Stato deve appartenere al gruppo linguistico tedesco; uno di quelli
in rappresentanza della Provincia deve appartenere al gruppo linguistico italiano” (art. 107/2 dello
Statuto).
Commissioni per l‟esame di bilinguismo: Anche le commissioni per l‟accertamento della
conoscenza delle lingue italiana e tedesca sono paritetiche. Questo principio della parità scaturisce
originariamente dall‟art. 3 del decreto sulla proporzionale linguistica (DPR 752/76),
successivamente modificato da una nuova norma di attuazione del 1997 (D.lgs. 354/1997), che ha
riformato le norme sull‟esame di bilinguismo e sulle relative commissioni. Su questa base e d‟intesa
fra il Commissario del governo e il Presidente della giunta provinciale di Bolzano sono stati
ridefiniti anche gli esami e i criteri di valutazione. Essi sono stati pubblicati per la prima volta nel
Bollettino ufficiale della Regione dell‟11 agosto 1998. Le commissioni rimangono paritetiche, scelti
per metà tra i cittadini di madrelingua tedesca e per metà tra quelli di lingua italiana. La presidenza
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
138
di ciascuna commissione è assunta, con alternanza per sessione d'esame, da un commissario di
madre lingua italiana e da un commissario di madre lingua tedesca (art. 4 DPR 752/76).
Esiste inoltre anche un esame per le conoscenze del ladino. Nella Provincia di Bolzano l‟ulteriore
conoscenza della lingua ladina è accertata mediante un colloquio per il livello semplice e, per
l'accesso agli altri profili professionali, con una prova scritta e un colloquio. L'accertamento viene
effettuato da una commissione composta da appartenenti al gruppo linguistico ladino e nominata
per un triennio, previa la sopra citata intesa, con decreto del Commissario del governo.
La Commissione per l‟accertamento della conoscenza della lingua ladina per la provincia di Trento
è paritetica: la metà dei quattro membri effettivi e dei quattro membri supplenti viene scelta tra i
cittadini residenti nelle località ladine (D.lgs. 592/1993).
Commissioni esaminatrici nei concorsi pubblici: le Commissioni esaminatrici nei concorsi a posti
dei ruoli locali sono composte da sei membri, tre di lingua italiana e tre di lingua tedesca (art. 21,
comma 1 del DPR 752/76).
Consiglio di amministrazione del personale statale: originariamente era pure paritetico, ora invece
deve garantire un‟adeguata rappresentanza dei gruppi linguistici italiano, tedesco e ladino.154
Commissione di disciplina del personale dei ruoli locali: anche la Commissione di disciplina del
personale dei ruoli locali “è costituita pariteticamente e composta da sei dipendenti
dell‟amministrazione statale, tre di lingua italiana e tre di lingua tedesca” (art. 23 DPR 752/76
modificato dal DPR 327/82).
Coordinatore dell‟ufficio del Giudice di pace: Nella provincia di Bolzano le funzioni di
coordinatore dell‟ufficio del giudice di pace sono esercitate a bienni alterni da un giudice di lingua
italiana o da un giudice di lingua tedesca (art. 6, comma 5, del decreto legislativo 267/1992). In
questo caso è prevista tuttavia anche la possibilità di un coordinatore ladino. “Le funzioni di
coordinatore sono esercitate per un biennio da un giudice di lingua ladina quando egli risulta il più
anziano in applicazione del predetto criterio”.
Commissione di esperti per la terminologia giuridica: Una Commissione paritetica costituita con
decreto del Commissario del governo, “composta da sei esperti, tre di lingua italiana designati
dallo stesso Commissario del governo e tre di lingua tedesca designati dalla Giunta provinciale”
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
139
determina la terminologia giuridica, amministrativa e tecnica al fine di assicurarne la
corrispondenza nelle lingue italiana e tedesca e cura la redazione e l‟aggiornamento di un dizionario
di terminologia giuridica, amministrativa e tecnica nelle due lingue (art. 6 DPR 574/1988).
Commissione di esperti per l‟iscrizione nelle scuole: Una Commissione paritetica composta da
quattro esperti effettivi e due supplenti, “di cui due effettivi ed uno supplente appartenenti al gruppo
linguistico italiano e due effettivi ed uno supplente appartenenti al gruppo linguistico tedesco”
decidono se un alunno possiede un‟adeguata conoscenza della lingua d‟insegnamento, tale da
consentirgli di seguire l‟insegnamento nella classe d‟iscrizione (art. 1, comma 2 del DPR 301/88).
Riassumendo si può dire che il principio della parità negli organi sopra citati è prevista al fine di
equiparare i cittadini ed in particolar modo di tutelare il gruppo linguistico italiano. In casi
particolari è stato pertanto posto in secondo piano il principio della proporzionale linguistica (e
della tutela delle minoranze tedesca e ladina) rispetto a quello della parità.
2.5.5 La compartecipazione all‟amministrazione dello Stato
L‟assunzione di personale locale presso gli uffici statali siti in Alto Adige e il suo reclutamento
osservando il principio della proporzionale linguistica hanno comportato una compartecipazione
della popolazione locale all‟esercizio delle attribuzioni amministrative locali riservate allo Stato. Le
norme dell‟art. 89 dello Statuto di autonomia e le norme di attuazione hanno permesso pertanto una
maggiore presenza delle popolazioni locali che, nella gestione amministrativa, si traduce in
particolare nei seguenti punti:
1. Comitato d‟intesa: alla Provincia viene concessa una particolare compartecipazione e con-
decisione negli atti amministrativi degli organi ed enti statali presenti in Alto Adige attraverso il
cosiddetto “Comitato d‟intesa Stato-Provincia” ai sensi dell‟art. 13 del DPR 752/76. Tre
Consiglieri eletti dal Consiglio provinciale rappresentano la Provincia, mentre invece lo Stato è
rappresentato dal Commissario del governo (mentre le singole amministrazioni rispettivamente
dal Presidente dell‟INPS, dal Presidente dell‟INAIL, dal Consiglio Superiore della
Magistratura, dalla Corte dei conti, dalla direzione del personale delle ferrovie). Il Comitato
d‟intesa determina il numero di posti che devono essere messi a concorso e le quote che devono
154
L'art.22 è stato sostituito dall'art.1 del D.lgs. 15 dicembre 1998, no. 489.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
140
essere riservate ai singoli gruppi linguistici (per giungere entro l‟anno 2002 alla completa
attuazione della proporzionale linguistica).
2. Amministrazione locale decentralizzata: Il personale dell‟Amministrazione pubblica locale
viene assunto tra la popolazione locale. Gli uffici statali siti in provincia di Bolzano sono
decentralizzati e gestiti localmente da un consiglio di amministrazione locale nell‟ambito di
appositi ruoli locali.
3. Garanzie per il personale: alcune particolari misure di tutela garantiscono ai residenti di
prestare servizio nella provincia di Bolzano e il diritto di precedenza per i candidati nei concorsi
a posti dei ruoli locali nonché la tutela dei gruppi linguistici in generale.155
2.5.6 Il bilinguismo nell‟impiego pubblico
2.5.6.1 Bilinguismo come requisito
Il già citato decreto del Presidente della Repubblica relativo alla proporzionale linguistica prevede
quale requisito per le assunzioni comunque strutturate e denominate ad impieghi pubblici in
provincia di Bolzano “la conoscenza della lingua italiana e di quella tedesca, adeguata alle
esigenze del buon andamento del servizio” (art. 1 DPR 752/76). Il decreto sulla proporzionale
linguistica anticipò cosi alcuni aspetti della parificazione delle lingue che segui molto più tardi.156
A
quest‟obbligo della conoscenza delle due lingue alle assunzioni sottostanno:
o tutte le amministrazioni statali incluse quelle con ordinamento autonomo (DPR 752/76, art.
1/1);
o i magistrati ed i tribunali (art. 39 DPR 752/76),
o gli enti pubblici costituiti od ordinati con legge o con atti aventi forza di legge (DPR 571/1978,
art. 8);
o naturalmente quale ente pubblico la Provincia ed i suoi enti ed istituti, il servizio sanitario, le
comunità comprensoriali ed i comuni, l‟INPS e l‟INAIL;
o gli enti pubblici economici che operano in regime di libera concorrenza limitatamente per le
attività che costituiscono esercizio di servizio di pubblico interesse in concessione (DPR
571/1978, art. 8) e comunque (vedasi più avanti) solo per il personale necessario ad assicurare il
bilinguismo;
o gli insegnanti della seconda lingua, mentre è espressamente escluso l‟altro personale docente
(DPR 846/1977, art. 3);
155
Peterlini, O. (1989 de) 5.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
141
o anche gli ispettori e direttori scolastici; si veda il capitolo “Nuove competenze”;
o il personale delle carriere direttive dell‟amministrazione civile dell‟interno, della polizia di
sicurezza e quello amministrativo del Ministero della Difesa espressamente escluso dalla
proporzionale (DPR 752/1976, art. 1/2);
o le amministrazioni delle poste e delle ferrovie anche dopo la loro trasformazione in enti o la loro
privatizzazione (vedasi a riguardo relativo capitolo);
o gli Uffici giudiziari e gli organi ed uffici della pubblica amministrazione con competenza
regionale aventi sede in provincia di Trento debbono assumere un contingente di personale in
possesso dell‟attestato di bilinguismo per “assicurare il buon andamento del servizio anche in
lingua tedesca” (art. 1 DPR 752/76). I relativi contingenti vengono determinati d‟intesa con i
Presidenti della Giunta regionale del Trentino-Alto Adige e della Giunta provinciale di Bolzano:
per i magistrati del Tribunale amministrativo e per gli avvocati dello Stato dal Presidente del
Consiglio dei Ministri, per i magistrati ordinari dal Ministro di grazia e giustizia, per il restante
personale statale dal Commissario del governo per la provincia di Trento e per i dipendenti degli
enti pubblici dai Presidenti degli stessi.
Una nuova norma di attuazione (D.lgs. 446/1996) assicura che per tutte le assunzioni presso i
servizi statali privatizzati sia necessario l‟attestato di bilinguismo. Si tratta di quelle società ed enti
(come le poste, le ferrovie, i servizi di telecomunicazione) che in seguito alla privatizzazione
esplicano servizi in concessione che sino a prima del 1° gennaio 1991 erano affidati ad
amministrazioni statali, incluse quelle a ordinamento autonomo e a enti pubblici economici.
L‟attestato di bilinguismo viene inoltre richiesto per i trasferimenti di dipendenti che da altre
province passano alla provincia di Bolzano.
Nel caso in cui tali norme non vengano osservate, il Commissario del governo può infliggere
un‟ammenda, inoltre nel caso di reiterazione la concessione può essere sospesa o negata.
Il personale bilingue presso i concessionari deve essere munito di un segno di riconoscimento
chiaramente visibile. Chi è in possesso dell‟attestato ma non porta tale segno di riconoscimento
viene punito (dal Commissario del governo) con un‟ammenda amministrativa.
2.5.6.2 L‟esame di bilinguismo
L'accertamento di un‟"adeguata conoscenza della lingua italiana e tedesca" è affidato ad apposite
commissioni ed avviene attraverso il cosiddetto esame di bilinguismo.157
La commissione,
rispettivamente le commissioni (perché di regola sono varie) sono nominate con decreto del
Commissario del governo, d'intesa con il Presidente della Giunta provinciale. L'esame può essere
156
DPR 15. 7. 1988, no. 574.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
142
svolto su quattro differenti livelli di difficoltà che corrispondono ai titoli di studio necessari per
l'accesso al relativo posto.
Le commissioni rilasciano attestati (cosiddetti patentini) di conoscenza delle due lingue per i
seguenti livelli:
1. licenza di scuola elementare;
2. diploma di istituto di istruzione secondaria di primo grado (scuola media);
3. diploma di istituto di istruzione secondaria di secondo grado (maturità);
4. diploma di laurea
Il candidato, indipendentemente dal possesso del corrispondente titolo di studio, può sostenere
l'esame per il conseguimento dell'attestato corrispondente alla scuola elementare e media dopo il
compimento del quattordicesimo anno di età e l'esame per il conseguimento dell'attestato di
conoscenza delle due lingue riferito alla maturità e alla laurea dopo il compimento del
diciassettesimo anno di età.
L'esame per l'accertamento della conoscenza delle due lingue consiste nelle seguenti prove:
1. per l'attestato di conoscenza delle due lingue riferito alla scuola elementare, una traduzione
orale e una conversazione di difficoltà equivalente nelle due lingue;
2. per gli altri tre attestati, due prove scritte e una orale graduate in rapporto ai tre diversi titoli
di studio.
2.5.6.3 I ricorsi dinanzi la Corte Europea e la riforma
L'attestato rilasciato secondo le regole illustrate (e prescritte dagli art. 3-7 del DPR 752/1976)
costituiva, secondo la normativa previgente, l'unico documento valido per tale accertamento,
particolarmente per coloro che intendono accedere a concorsi nel pubblico impiego ai fini
dell'assunzione nel territorio della provincia.
In seguito a un ricorso se ne occupò la Corte di Giustizia Europea.158
Con sentenza del 6 giugno
2000 (Causa 281/98), la Corte Europea ritenne contrario all'art. 39 del Trattato CE questa
esclusività del titolo. Non sarebbe, infatti, legittimo l'obbligo, per i candidati che accedono a un
concorso pubblico, di comprovare, ai fini dell'assunzione in pubbliche amministrazioni in provincia
di Bolzano, la loro conoscenza della lingua italiana e tedesca esclusivamente mediante un unico
diploma rilasciato in una sola provincia di uno Stato membro.159
157
DPR 752/1976, Art 3-7. 158
Il ricorso venne presentato da Roman Angonese di Caldaro. 159
Relazione alla proposta del D.lgs. Nr 86 del 14 maggio 2010.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
143
Con un ritardo di 10 anni, il Consiglio dei Ministri a Roma emanò in data 23 aprile 2010, su
conforme proposta della Commissione paritaria, la c.d. Commissione dei sei, nuove norme di
attuazione per l'autonomia speciale, con le quali viene riformato il sistema sulla comprova della
conoscenza della seconda lingua in Alto Adige. Ci saranno quindi altre alternative a quella che
finora risultava essere l'unica e valida nella forma di esame di bilinguismo.160
Il Decreto che ha come principali destinatari i cittadini italiani ed europei, non cambia la
regolamentazione in vigore ma aggiunge alla stessa nuove possibilità di attestazione della
conoscenza delle lingue italiana e tedesca, aggiungendo all'art. 3 del DPR 752/1976 altri commi (9-
bis, 9-ter, 9-quater, 9-quinquies, 9-sexies).
Una prima disciplina di carattere generale di tale equipollenza è dettata dal comma 9-bis che
equipara i livelli di conoscenza delle due lingue certificati dagli attestati di cui all'art. 4, terzo
comma, nn. 1), 2), 3) e 4) del D.P.R. n. 752/1976, ai livelli A2, B1, B2 e C1 previsti dal Quadro
comune europeo di riferimento per le lingue e, quindi, alle relative certificazioni. Qualora
l'interessato sia in possesso della certificazione di conoscenza di una sola lingua, l'attestazione di cui
al predetto articolo 4 è attribuita all'esito di un esame vertente esclusivamente sull'altra lingua.
Vale come attestato al massimo livello di laurea (in base al comma 9-ter) se un candidato persegue
la maturità in una lingua e la laurea in un'altra lingua: in particolare il comma 9-ter prevede che il
possesso in capo al medesimo soggetto di due titoli di studio di diverso livello, e in particolare del
diploma d'istruzione secondaria di secondo grado e della laurea, conseguiti l'uno in lingua italiana e
l'altro in lingua tedesca, comporti l'attribuzione di un livello di conoscenza delle due lingue
corrispondente al livello più elevato attestato dal c.d. "patentino" (vale a dire quello di cui all'art. 4,
comma 3, no. 4, del d.P.R. 26 luglio 1976, n. 752).
La medesima attestazione di conoscenza delle due lingue si consegue altresì, in base al comma 9-
quater, col possesso di altri titoli di studio conseguiti in ambito universitario (laurea in una lingua e
titolo ad essa superiore nell'altra)."Così risolviamo una volta per tutte il problema della
dimostrazione della conoscenza della seconda lingua in modo pratico, possiamo ritenere
tranquillamente che, chiunque sia in grado di superare la maturità in una lingua e ottenere la laurea
nell'altra, ha senza dubbio padronanza di tutte e due le lingue", commentò il Presidente della
Provincia, Luis Durnwalder, aggiungendo che con ciò si potesse ritenere superata la richiesta di
riconoscere come dimostrazione del bilinguismo la sola maturità. 161
160
D.lgs. 14 maggio 2010, no. 86 Norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige recanti
modifiche al DPR 26 luglio 1976, n. 752, in materia di equipollenza degli attestati di conoscenza delle lingue italiana e
tedesca. 161
Comunicato stampa della Provincia Autonoma di Bolzano del 23.4.2010.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
144
La previsione del comma 9-quinquies specifica che non conta la sede dell'Istituto ma la lingua
prevalente di insegnamento. Sono esclusi pertanto da un tale riconoscimento i titoli di studio
conseguiti in un Ateneo con lingue d'insegnamento diverse dall'italiano o dal tedesco.
Il 29 giugno 2010 la nuova regolamentazione è entrata in vigore. Sono considerati equipollenti i
diplomi linguistici internazionali o la combinazione tra maturità e laurea universitaria o altri titoli
conseguiti in due lingue diverse.
In una nota esplicativa la Provincia elenca gli enti riconosciuti internazionalmente, i cui test
linguistici potranno essere riconosciuti ai fini del c.d. patentino. Per la parte tedesca rientrano in
questa tipologia ad esempio le certificazioni del Goethe Institut e del Deutscher
Volkshochschulenverband, il diploma linguistico austriaco ÖSD o il "TestDaF" dell'omologo
Istituto in Hagen. Per attestare la conoscenza della lingua italiana sono ad esempio considerate
equipollenti le certificazioni dell'Università per Stranieri di Perugia (CELI) e Siena (CILS), della
Società Dante Alighieri a Roma (PLIDA) e dell'Università "Roma Tre".
Tutte queste certificazioni si rifanno al Quadro comune europeo di riferimento per le lingue, i
relativi livelli A2, B 1, B2, C1 corrispondono agli esami di bilinguismo per le ex carriere D, C, B e
A. Se l'interessato può esibire tale diploma in una delle due lingue, dovrà superare solo un esame
nell'altra lingua per conseguire l'attestato di bilinguismo. Non verranno riconosciuti certificati che
attestano la partecipazione a un corso di lingua, ovvero certificazioni linguistiche di altro tipo.
Per quanto riguarda, invece, la seconda alternativa, cioè la combinazione tra titoli conseguiti in
lingue diverse, il sistema funziona nel seguente modo: a chi, ad esempio, è in possesso del diploma
di scuola superiore in lingua italiana e ha completato gli studi universitari in lingua tedesca viene
riconosciuto l'attestato di bilinguismo della carriera A. La condizione necessaria è che lo studio
universitario sia stato svolto prevalentemente in una delle due lingue. Questo significa, tra l'altro,
che il titolo conseguito dopo lo studio trilingue alla Libera università di Bolzano o alla Scuola
superiore di sanità "Claudiana" non viene riconosciuto equipollente all'attestato di bilinguismo,
perché istituiti plurilingui e senza prevalenza di una delle due lingue. Lo studio nelle due lingue di
diritto italiano a Innsbruck viene invece considerato percorso universitario in lingua tedesca, scrive
la Provincia in un comunicato.162
Però la norma presenta una lacuna. Un cittadino che possiede una certificazione di conoscenza della
lingua italiana o tedesca del quadro comune europeo di riferimento per le lingue ed è laureato
nell'altra lingua non ottiene automaticamente il riconoscimento del bilinguismo: dovrà dare l'esame
nella propria lingua, che effettivamente ha poco senso. La questione dovrà essere chiarita o con
162
Comunicato stampa della Provincia Autonoma di Bolzano del 25.06.2010.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
145
un'interpretazione del Governo, come riteneva qualche d'uno, o - giuridicamente più perfetto - con
una nuova norma di attuazione.
2.5.6.4 Una difficoltà ma con grandi vantaggi
La dimostrazione del bilinguismo costituisce per tutti i candidati una difficoltà, ma è senza dubbio
un vantaggio per tutti cittadini altoatesini che sono in cerca di un lavoro. Vengono sicuramente
privilegiati coloro che dimostrano di essere bilingue, questo si riferisce a qualunque settore
lavorativo in Alto Adige, pubblico e privato. Per quanto riguarda il settore pubblico, la comprova è
una prerogativa, una "conditio sine qua non", comunque pure nel settore privato vengono presi
maggiormente in considerazione coloro che parlano le due lingue piuttosto che solo una perché in
Alto Adige è ovvio che si abbiano rapporti commerciali o d'affari e contatti con i clienti in ambedue
le lingue.
In virtù di queste prerogative per i concorsi pubblici (e il privilegiare nel mercato privato) tutti
coloro che vengono da altri Paesi dell'Unione o da altre provincie, se non sono bilingui, vengono
esclusi o svantaggiati, con ovvio vantaggio per coloro che sono in cerca di lavoro nella provincia e
sono bilingui. Questo è, accanto al mercato fiorente, un motivo della buona situazione lavorativa in
Alto Adige e la bassa percentuale di disoccupazione che si aggira attorno al 3 per cento.
Infine, i dipendenti di enti pubblici in Alto Adige ottengono un'indennità per il bilinguismo, vale a
dire una maggiorazione dello stipendio.
La proporzionale linguistica e il bilinguismo non rappresentano solo una riparazione al torto del
fascismo nei confronti della popolazione tedesca, ma creano una base per una migliore intesa e
collaborazione tra i gruppi e una garanzia per un‟equa, anche se controversa, ripartizione dei posti
nell'amministrazione pubblica.
2.5.7 Parificate le lingue – un lungo cammino per l‟attuazione
“Nella regione la lingua tedesca è parificata a quella italiana che è la lingua ufficiale dello Stato.
La lingua italiana fa testo negli atti aventi carattere legislativo e nei casi nei quali dal presente
statuto è prevista la redazione bilingue” (art. 99 Statuto).
Questa parificazione rappresenta – nonostante la chiara limitazione (“la lingua italiana fa testo”)
una svolta rispetto allo Statuto di autonomia del 1948. Lo Statuto del 1948 conteneva il principio
che nella Regione Trentino-Alto Adige (allora in tedesco chiamato ancora Tiroler Etschland),
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
146
l‟unica lingua ufficiale fosse quella italiana. Una parificazione avrebbe invece rappresentato
(secondo Renato Cajoli)163
una lesione del “carattere linguistico e nazionale unitario dello Stato
italiano”.
Certo, durò molti anni finche il principio della parità linguistica fu attuato. La norma dell‟articolo
99, ulteriormente amplificata dall‟articolo 100, è entrata in vigore (con lo stesso Statuto) nel 1972.
Per arrivare ad una sua concreta affermazione, e quindi alla conseguente applicazione di questo
principio di parificazione nell‟amministrazione pubblica, presso la polizia ed i tribunali, dovette
passare molto tempo. Le nuove norme di attuazione sull‟utilizzo della lingua (DPR del 15 luglio
1988, n. 574) sono state pubblicate l‟8 maggio 1989 ed entrate in vigore in più tappe. Soltanto in
data 8 maggio 1993, dopo il periodo transitorio di quattro anni, tutte le disposizioni, e quindi anche
l‟ultima relativa ai procedimenti giudiziari, sono entrate in vigore, oltre 20 anni dopo la norma
costituzionale.164
2.5.7.1 L‟uso della lingua tedesca e italiana
Per precisione si citano verbalmente le norme costituzionali dello Statuto: “I cittadini di lingua
tedesca della provincia di Bolzano hanno facoltà di usare la loro lingua nei rapporti con gli uffici
giudiziari e con gli organi e uffici della pubblica amministrazione situati nella provincia o aventi
competenza regionale, nonché con i concessionari di servizi di pubblico interesse svolti nella
provincia stessa.” Lo Statuto definisce quindi un diritto soggettivo all‟uso della propria lingua in
confronto della pubblica amministrazione. Lo stesso diritto è previsto anche per le adunanze degli
organi collegiali: Nelle adunanze degli organi collegiali della Regione, della Provincia di Bolzano e
degli enti locali in tale provincia può essere usata la lingua italiana o la lingua tedesca.
Come devono rispondere gli uffici pubblici? Gli uffici, gli organi ed i concessionari di cui al primo
comma usano nella corrispondenza e nei rapporti orali la lingua del richiedente e rispondono nella
lingua in cui gli atti sono stati avviati da altro organo o ufficio; ove sia avviata d‟ufficio, la
corrispondenza si svolge nella lingua presunta del cittadino cui è destinata” (art. 100 dello Statuto
di autonomia).
Le norme di attuazione (DPR 574/1988, art. 4) regolano i “casi di uso congiunto delle due lingue
negli atti destinati alla generalità dei cittadini, negli atti individuali destinati ad uso pubblico e
negli atti destinati a pluralità di uffici” (art. 100 comma 4 dello Statuto).
“Negli atti scritti i due testi vengono riportati uno a fianco all‟altro. Tali testi devono avere la
stessa evidenza e lo stesso rilievo tipografico” (art. 10, comma 4 DPR 574/1988).
163
Cajoli, R. (1952) p 209. Peterlini, O. (2000 d) p 176- 177. 164
Peterlini, O. (2000 c) p 181-182; Peterlini, O. (2000 d) p 176-177.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
147
Salvo i casi qui elencati ed espressamente previsti “è riconosciuto negli altri casi l‟uso disgiunto
dell‟una o dell‟altra delle due lingue. Rimane salvo l‟uso della sola lingua italiana all‟interno degli
ordinamenti di tipo militare” (art. 100). Anche questi ordinamenti sono tuttavia tenuti nei rapporti
esterni, nelle comunicazioni destinate alla generalità dei cittadini, nelle esposizioni al pubblico e
nelle affissioni, in caso di atti che sono indirizzati a pluralità di uffici, ad utilizzare ambedue le
lingue ed a rispondere ai cittadini - sempre nei rapporti esterni - nella lingua con la quale questi si
sono rivolti all‟amministrazione (art. 12 DPR 574/1988).165
2.5.7.2 Quali enti pubblici sono soggetti all‟obbligo del bilinguismo?
I seguenti organi, uffici e concessionari sono tenuti a formulare atti e provvedimenti e ad eseguire le
comunicazioni o notificazioni nella lingua usata dal richiedente, denunciante o dichiarante (art. 7 e
art. 1 DPR 574/88):
1. Nei rapporti esterni ed interni:
a) Gli organi e gli uffici dell‟amministrazione pubblica e gli enti pubblici, situati nella
provincia di Bolzano o aventi competenza regionale, nonché (con limitazioni) i
concessionari di servizi di pubblico interesse svolti nella provincia medesima ovvero “quei
soggetti che gestiscono servizi che rientrano nelle attribuzioni o nella disponibilità di enti
pubblici, nonché quelli in atto ad essi equiparati” (art. 2 DPR 574/88, vedasi a riguardo il
capitolo “Bilinguismo come requisito”).166
b) Gli uffici giudiziari, gli organi giurisdizionali ordinari, amministrativi e tributari situati
nella provincia di Bolzano.
c) La Corte d‟appello, la corte d‟appello di assise, la sezione della corte d‟appello per i
minorenni, la procura generale presso la corte d‟appello, il tribunale per i minorenni, il
tribunale di sorveglianza e l‟ufficio di sorveglianza, il commissario regionale per la
liquidazione degli usi civici, nonché tutti gli altri uffici giudiziari e organi giurisdizionali
ordinari, amministrativi e tributari, con sede in provincia di Trento ma con competenza
anche in provincia di Bolzano.
2. Solamente nei rapporti esterni:
Gli organi, uffici, enti e reparti degli ordinamenti di tipo militare, aventi sede in provincia di
Bolzano o in provincia di Trento ma con competenza anche nella provincia di Bolzano.
3. Presso la polizia:
Per atti che riguardano l‟attività di polizia in genere, ovvero quando sono destinati ad avviare
un‟azione penale o comunque provochino una sanzione, esistono regole ben precise a tutela del
165
Peterlini, O. (2000 c) p 181-182; Peterlini, O. (2000 d) p 177-178.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
148
cittadino: “Anche per le forze di polizia che fanno parte delle Forze armate e per il personale della
Polizia di Stato che è soggetto ad ordinamenti di tipo militare, la lingua soggiace alle disposizioni
del presente decreto in tutti i casi in cui vengono compiuti atti che riguardano l‟attività di polizia in
generale ovvero sono destinati ad avviare un‟ azione penale o che comunque provochino una
sanzione” (art. 1/2 DPR 574/1988).Gli organi, gli uffici ed i concessionari sopra elencati debbono
rispondere nella lingua usata dal richiedente, denunciante o dichiarante; se l‟autorità si rivolge al
cittadino di propria iniziativa, deve rivolgersi al destinatario nella presunta lingua dello stesso. Nei
rapporti orali deve comunque adeguarsi alla lingua dell‟interlocutore (art. 7 DPR 574/1988).
Pertanto nei controlli stradali e dei documenti, nelle rilevazioni, negli interrogatori o altri contatti
con i cittadini la polizia, i carabinieri, la guardia di finanza e gli organi militari sono tenuti ad
utilizzare la presunta lingua del cittadino interlocutore oppure ad adeguarvisi.
4. Per gli atti pubblici e notarili nonché i farmaci:
La parificazione delle lingue vale anche per gli atti pubblici, notarili ed equiparati. Le norme
sull‟uso congiunto delle lingue italiana e tedesca concernono anche i formulari e gli atti relativi
all‟assicurazione obbligatoria (art. 2, comma 3 del DPR 574/88) e le confezioni medicinali; le ditte
farmaceutiche infatti sono tenute ai sensi dell‟art. 36 a provvedere affinché le etichette e gli
stampati illustrativi dei farmaci distribuiti in provincia di Bolzano siano redatti congiuntamente
nelle due lingue, italiana e tedesca. Le norme relative al bilinguismo valgono anche per i notai
(articoli 30 e 31), per i concessionari del servizio telefonico affinché gli elenchi telefonici degli
utenti siano redatti distintamente in lingua italiana e tedesca e, comunque in un unico volume (art.
35 DPR 574/88).167
2.5.7.3 Ricorsi per violazione dell‟uso della lingua
Qualora l‟autorità violi le norme sopra citate, i cittadini della provincia di Bolzano possono
sollevare l‟ eccezione di nullità di atti e provvedimenti amministrativi emessi dagli organi, dagli
uffici o concessionari sopra elencati, nonché delle comunicazioni o notificazioni da essi provenienti.
L‟eccezione può essere sollevata nel termine perentorio di dieci giorni anche oralmente ed essere
proposta (art. 8 DPR 574/88):
o dinanzi all‟organo, all‟ufficio o concessionario che ha emesso l‟atto o il provvedimento o dal quale
proviene la comunicazione o la notificazione;
o dinanzi al sindaco del comune di residenza dell‟interessato o un suo delegato, qualora le autorità a
cui l‟eccezione è diretta abbiano sede in altro comune;
o o direttamente all‟ufficiale notificante.
166
Cfr. 2.5.3.2 Bilinguismo come requisito. 167
Peterlini, O. (2000c, de) p 182-184; (2000d, it) p 178-180.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
149
Se l‟eccezione è sollevata oralmente l‟incaricato al pubblico servizio provvede a redigere un
apposito verbale. L‟eccezione di nullità sospende gli effetti dell‟atto. L‟organo, l‟ufficio o il
concessionario può entro il termine di 10 giorni:
o accogliere l‟eccezione e rinnovare l‟atto nella lingua richiesta;
o rimanere inerte: in quel caso l‟atto contestato perderà definitivamente i propri effetti;
o rigettare l‟eccezione per infondatezza (art. 8 DPR 574/1988).
In caso di rigetto dell‟eccezione, l‟interessato può ricorrere, entro il termine di 10 giorni
dalla relativa comunicazione, alla Sezione autonoma di Bolzano del Tribunale regionale di giustizia
amministrativa (TAR) al fine di far pronunciare la nullità dell‟atto, del provvedimento, della
comunicazione o della notificazione. Il ricorso può essere proposto:
o o dal cittadino interessato, anche verbalmente, davanti alla cancelleria della Sezione autonoma di
Bolzano del Tribunale regionale di giustizia amministrativa che provvede a redigere il processo
verbale;
o da un consigliere provinciale o regionale con le stesse modalità;
o dai consiglieri comunali se si tratta di misure relative ai comuni della provincia di Bolzano e se sono
ritenute lesive del principio di parità, qualora la lesione sia riconosciuta dalla maggioranza del
gruppo linguistico consiliare che si ritiene leso (art. 10 DPR 574/1988 e art. 92 dello Statuto).
La Sezione autonoma del Tribunale regionale amministrativo decide entro 60 giorni.
Stante le numerose possibilità sopra citate, il cittadino può pertanto opporsi a tutte le
amministrazioni pubbliche dello Stato, della Regione, della Provincia, dei Comuni, di altri enti
pubblici, dei Tribunali, delle poste e ferrovie, degli enti assistenziali, di polizia, dei carabinieri, della
Guardia di finanza ecc. L‟applicazione pratica delle norme sull‟uso della lingua è inoltre facilitata
dal fatto che il cittadino può presentare eccezione anche oralmente, si può rivolgere al comune
qualora l‟autorità abbia sede in un altro comune ed in caso di rigetto si può rivolgere personalmente
e oralmente alla cancelleria della Sezione autonoma del Tribunale amministrativo regionale oppure
presentare ricorso attraverso un consigliere.
2.5.7.4 L'uso delle lingue nei rapporti con le forze di polizia e gli organi giurisdizionali
Particolarmente difficile è stato giungere alla regolamentazione del bilinguismo nei rapporti con gli
organi di polizia e con l‟autorità giudiziaria. Per anni si è lottato per giungere al processo
monolingue. In ossequio al nuovo decreto sull‟uso della lingua (574/88), i procedimenti giudiziari
ed i processi devono essere svolti nella lingua dichiarata materna dall‟imputato. Ciò significa che un
processo contro una persona che dichiara di essere di madrelingua tedesca, deve essere condotto da
tutte le parti del processo (giudici, personale giudiziario, avvocati), esclusivamente in lingua tedesca
o esclusivamente in lingua italiana nel caso l‟imputato sia di madrelingua italiana.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
150
La polizia deve chiedere all‟ interessato quale sia la sua lingua materna. “In caso di arresto in
flagranza, di fermo o di esecuzione di una misura cautelare personale ovvero di un altro atto posto
in essere nei confronti di una persona presente, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria
procedenti, oltre ad uniformarsi ai doveri indicati rispettivamente negli articoli 386 e 293 del
codice di procedura penale, devono chiedere alla persona sottoposta alla misura cautelare
personale ovvero destinataria di altro atto quale sia la sua lingua materna. Qualora la detta
persona effettui la richiesta dichiarazione, gli atti sono redatti nella lingua indicata.” (art. 14 DPR
574/88).168
Nei rapporti esterni orali la polizia deve in ogni caso adeguarsi alla lingua del cittadino.
Alla conoscenza dell‟invio dell‟indagine l‟interessato può cambiare la lingua del procedimento:
“Quando la persona sottoposta alle indagini a seguito di notificazione dell'informazione di
garanzia o in virtù della notificazione o comunicazione di altri atti formali equipollenti abbia avuto
conoscenza dell'avvio delle indagini e della lingua in cui esse sono state fino a quel momento
condotte, ha facoltà di richiedere, entro il termine perentorio di giorni quindici dalla notificazione
o comunicazione, con dichiarazione resa al pubblico ministero personalmente o mediante atto
scritto con firma autenticata dal difensore, che il procedimento prosegua nell'altra lingua.”
Se la persona sottoposta a misura cautelare o altro atto non abbia ancora avuto la possibilità di
dichiarare la propria madrelingua, il pubblico ministero la deve chiedere. Il procedimento poi deve
proseguire nella lingua dichiarata: “Il pubblico ministero, quando procede all'interrogatorio di una
persona sottoposta a misura cautelare ovvero ad altro atto al quale la predetta interviene
personalmente e la medesima non abbia avuto la possibilità di effettuare la dichiarazione prevista
dal comma 2, deve chiedere all'interessato quale sia la sua lingua materna. Qualora la persona
interessata effettui la richiesta dichiarazione, la lingua indicata dovrà essere usata nell'ulteriore
corso del procedimento.” Ove la persona si rifiuti di rispondere, si procede con la lingua nella
quale sono stati formati gli atti precedenti (art. 15 DPR 574/88).169
L'udienza preliminare ed il giudizio, anche abbreviato, si svolgono nella lingua individuata secondo
la disciplina descritta. Una deroga al processo monolingue si ha in caso di scelta di un difensore di
madrelingua diversa da quella scelta per il processo: “Gli interventi orali con i quali si sollevano
questioni preliminari o si svolgono le difese, se svolti da difensori di fiducia di madrelingua diversa
dalla lingua del processo, possono essere pronunciati nella predetta madrelingua e sono
immediatamente tradotti e verbalizzati nella lingua del processo.“ L'interrogatorio o l'esame
168
L'art.14 è stato sostituito dall'art.1 del D.lgs. 29 maggio 2001, no. 283, e successivamente modificato dall'art.2 del
D.lgs. 13 giugno 2005, no. 124. 169
L'art.15 è stato sostituito dall'art.2 del D.lgs. 29 maggio 2001, no. 283; il comma 4/bis è stato aggiunto dall'art.3 del
D.lgs. 13 giugno 2005, no. 124.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
151
dell'imputato si svolge, a sua richiesta, nella lingua indicata come madrelingua, se diversa dalla
lingua del processo, e viene immediatamente tradotta e verbalizzata nella lingua del processo.170
La lingua del processo osservata nella fase conclusiva del giudizio di primo grado si estende al
giudizio di appello. All'imputato è, tuttavia, data facoltà di richiedere, per una sola volta, la
prosecuzione del giudizio di secondo grado nell'altra lingua (art. 17 bis DPR 574/ 88).
2.5.7.5 La Corte conferma il diritto della difesa di fiducia di usare la propria lingua, non
però per i difensori d‟ufficio
Nella sentenza 12 - 19 gennaio 1995 n. 16 la Corte costituzionale ha confermato la determinazione
della lingua processuale secondo la lingua dell‟imputato e la possibilità di deroga per i soli difensori
di fiducia. L‟art. 15, comma 5 era stato impugnato poiché il difensore di ufficio, a differenza del
difensore di fiducia, si deve attenere alla lingua processuale dell‟imputato. La Corte costituzionale
ha respinto il ricorso sostenendo che le norme di attuazione del nuovo codice di procedura penale
(DPR 271/1989) prevedono che l‟autorità giudiziaria debba tener conto, nell‟individuare il
difensore d‟ufficio, dell‟appartenenza etnica o linguistica dell‟imputato. La ratio della norma
linguistica “ha pertanto posto al centro del sistema la tutela dell‟imputato”. Secondo la
motivazione della sentenza, la disciplina “attua nel processo penale la tutela del patrimonio
culturale della stessa minoranza, tutela riconosciuta dall‟art. 6 della Costituzione, nonché dall‟art.
100, primo comma dello Statuto speciale del Trentino-Alto Adige”.
2.5.7.6 Processo monolingue e bilingue
Il processo diviene monolingue se tutte le parti dichiarano di scegliere la stessa lingua. Quando nel
giudizio penale si procede contro più imputati di lingue diverse o vi sia costituzione di parte civile
di gruppi linguistici diversi, si osserva il diritto fondamentale dell‟imputato, della parte civile e dei
testimoni di usare la lingua materna, ma il processo fondamentalmente viene celebrato in entrambe
le lingue (art. 18 DPR 574/1988): “ Il processo nel quale gli imputati o la parte civile utilizzano
una lingua diversa è bilingue.” Nel processo bilingue ogni parte usa la lingua individuata ai sensi
degli articoli precedenti.
2.5.7.7 Le conseguenze delle violazioni: Nullità assoluta o parziale
Le conseguenze derivanti dalla violazione delle norme sull‟uso della lingua nel processo penale
sono elencate nell‟art. 18-bis del DPR 574/1988, come sostituito dal D.lgs. 124/2005. A seconda
delle norme violate, la sanzione prevista è la nullità assoluta o quella relativa. Sono sanzionate dalla
nullità assoluta le violazioni più gravi, come ad esempio quando ad una persona fermata non si
chiede quale sia la sua lingua materna, quando a dichiarazione della lingua effettuata, gli atti non
170
Art 16 DPR 574/88, cosi sostituito dall'art.3 del D.lgs. 283/2001, modificato dall'art.4 del D.lgs. 124/2005.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
152
vengono redatti nella lingua dichiarata, quando l‟udienza preliminare o il giudizio non si svolgono
nella lingua dichiarata, quando l‟imputato cambia la lingua prima del decorso di 24 ore dalla
conclusione dell‟interrogatorio, quando l‟imputato, benché lo avesse chiesto, non viene interrogato
nella sua lingua prescelta, quando il difensore d‟ufficio assegnato all‟imputato non appartiene al suo
stesso gruppo linguistico, quando il giudizio di appello o il procedimento di esecuzione si svolgono
in una lingua del processo diversa da quella finora usata, ed altro ancora. Viceversa dà luogo a
nullità relativa l‟omissione della traduzione di 323 determinati atti, laddove prescritta. Dalla
dichiarazione di una tale nullità discende l‟obbligo di provvedere alla traduzione degli atti
interessati, senza però far retrocedere il procedimento al punto in cui è stato compiuto l‟atto
nullo.171
2.5.7.8 Libera scelta nel processo civile
Nel processo civile ciascuna parte ha facoltà di scegliere la lingua per la redazione dei rispettivi atti
processuali. La scelta della lingua è effettuata per via della redazione nell‟una o nell‟altra lingua
dell‟atto introduttivo del giudizio o della comparsa di risposta o degli atti aventi funzione
equipollente. Quando l‟atto introduttivo (p. es l‟atto di citazione) e la comparsa di risposta sono
redatti nella stessa lingua, il processo è monolingue. Se invece la controparte sceglie una lingua
diversa da quella dell‟atto introduttivo, il processo è bilingue. “Quando l‟atto introduttivo e la
comparsa di risposta sono redatti nella stessa lingua, il processo è monolingue. In caso contrario il
processo è bilingue” (art. 20 DPR 574/1988). I provvedimenti del giudice sono pronunciati e redatti
in entrambe le lingue, salvo che la parte che vi abbia interesse vi rinunci. Gli atti ed i documenti di
parte sono redatti in lingua italiana o tedesca, senza obbligo di traduzione a cura dell‟ufficio.172
2.5.7.9 Il Ladino - la più antica lingua delle Alpi
“Le popolazioni ladine e quelle mochene e cimbre dei comuni di Fierozzo, Frassilongo, Palú del
Fersina e Luserna hanno diritto alla valorizzazione delle proprie iniziative ed attività culturali, di
stampa e ricreative, nonché al rispetto della toponomastica e delle tradizioni delle popolazioni
stesse” (art. 102/1 Statuto di autonomia).
Questa formula era molto più limitativa e generica nel vecchio Statuto e si limitava al diritto della
toponomastica ladina nelle rispettive valli (art. 73 del vecchio Statuto del 1948). La formula è stata
ampliata nello Statuto del 1972 alle attività culturali di stampa e ricreativa, ma non comprendeva le
minoranze germanofone del Trentino, alle quali è stata estesa nel 2001.173
La molto generica
formulazione dello Statuto ha reso difficoltose le trattative per le norme di tutela a favore della
171
Bonell, L./ Winkler, I. (2006) p 322-323 della versione it. 172
Bonell, L./ Winkler, I. (2006) p 323 della versione it.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
153
lingua ladina e delle minoranze linguistiche tedesche in provincia di Trento (2,276 Mocheni e 882
Cimbri al censimento del 2001).174
I ladini, circa 38,000 in regione possono utilizzare il ladino in
quegli uffici pubblici (ad eccezione dell‟esercito e della polizia) che hanno sede nelle località
ladine, e inoltre nei confronti di quegli uffici pubblici regionali che si occupano esclusivamente
degli interessi dei ladini, anche se hanno sede per esempio a Bolzano, come per esempio l‟ufficio
scolastico ladino.175
Questi uffici rispondono verbalmente in ladino e per iscritto in italiano e (nell‟Alto Adige/Südtirol)
anche in tedesco con allegata una versione in ladino (D.lgs. 592/1993 e DPR 574/1988, art. 32).
Nei rimanenti uffici nella provincia di Bolzano il cittadino ladino ha la possibilità di scegliere se
preferire la lingua tedesca o quella italiana. In tribunale può testimoniare in ladino, con l‟ausilio di
un traduttore giurato (art. 32, DPR 574/88).
2.5.7.10 I ladini - prima svantaggiati ora promossi
Per i Ladini la proporzionale linguistica non ha portato solamente vantaggi ma anche problemi, che
però la piccola revisione dello Statuto (L. Cost. 2/2001) ha potuto in gran parte risolvere. Con la
stessa fu aperta ai Ladini la possibilità di accedere ai massimi vertici del Consiglio regionale e
provinciale fin li preclusi. Certi incarichi, infatti, come quello del Presidente del Consiglio regionale
e di quello provinciale e dei loro vice, erano riservati al gruppo linguistico tedesco e italiano
escludendo il piccolo gruppo dei Ladini che ammonta a circa il 4 % della popolazione. Anche in
seno alla Giunta provinciale di Bolzano un Ladino poteva accedere solamente se i Consiglieri eletti
di lingua ladina erano almeno due, per far scattare un posto in base alla proporzionale.
La piccola revisione dello Statuto del 2001 (L. Cost. 2/2001) ha portato concreti progressi per i
Ladini. Per la carica di Presidente delle due assemblee, quella regionale e quella provinciale la
revisione prevede almeno la possibilità di potervi accedere e per la Giunta provinciale di Bolzano di
poter derogare alla proporzionale a favore dei Ladini: “Al gruppo linguistico ladino può essere
riconosciuta la rappresentanza nella Giunta provinciale anche in deroga alla rappresentanza
proporzionale” (art. 50/3 Statuto). In Giunta regionale viene a loro addirittura riservato un seggio di
diritto: “Al gruppo linguistico ladino è garantita la rappresentanza nella Giunta regionale anche in
deroga alla rappresentanza proporzionale” (art. 36/3 Statuto). Le cariche di Vice-Presidente del
173
L. cost.31.1.2001, no. 2. 174
Le popolazioni mochene e cimbre sono minoranze tedesche nel Trentino, cfr. Peterlini,O. (2000 d), cap E. La tutela
dei gruppi linguistici, p 153-194. Questa tutela per le minoranze tedesche nel Trentino è stata introdotta soltanto con la
L. Cost. 2/2001. 175
Ministero degli Affari Esteri, ISTAT, ASTAT, Annuario statistico Provincia di Trento, e propria stima in: Peterlini,
O. (2009 c) p 165.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
154
Consiglio regionale e di quello provinciale di Bolzano sono stati aumentati da uno a due e almeno
uno di questi spetta ai Ladini, se il gruppo al quale spetterebbe non rinuncia alla carica di
Presidente.
Il Pacchetto (le Misure a favore delle popolazioni Altoatesine) concordato tra l‟Austria e l‟Italia e
approvato dai relativi Parlamenti nel 1969, prevedeva per la prima volta “il diritto di
rappresentanza del gruppo etnico ladino nel Consiglio regionale, nel Consiglio provinciale di
Bolzano, nonché negli organi degli enti pubblici locali” (misura 91 del Pacchetto). In attuazione del
Pacchetto il nuovo Statuto di autonomia del 1972 ancorò questo principio nell‟articolo 62, recepito
poi dalla legge regionale. Con la piccola revisione dello Statuto del 2001 ((L.Cost 2/2001) il diritto
alla rappresentanza dei Ladini fu esteso ai Comuni delle valli ladine del Trentino, così che ora nel
Consiglio regionale siedono due rappresentanti ladini: “Un seggio del Consiglio provinciale di Trento è
assegnato al territorio coincidente con quello dei comuni di Moena, Soraga, Vigo di Fassa, Pozza di Fassa,
Mazzin, Campitello di Fassa e Canazei, ove è insediato il gruppo linguistico ladino-dolomitico di Fassa,”
(art. 48/3 Statuto).
La proporzionale linguistica non viene calcolata solamente secondo il rapporto dei gruppi linguistici
che risulta dal censimento, ma in certi casi con riferimento alla composizione linguistica degli
organi, per esempio per la Giunta secondo la composizione linguistica del Consiglio. Questo
calcolo della proporzionale riferita alla composizione degli organi si ripercuote negativamente sui
ladini se la loro rappresentanza negli stessi organi è esigua o addirittura non presente. Questo
riferimento è stato pertanto abolito nella maggior parte dei casi e sostituito dal riferimento al
censimento della popolazione. Secondo lo Statuto tuttavia il riferimento alla composizione delle
assemblee consiliari continua a valere per gli organi che sono una diretta emanazione del Consiglio
regionale o di quello provinciale, come ad esempio la Giunta regionale o la Giunta provinciale di
Bolzano. Però – come abbiamo già evidenziato – la piccola revisione dello Statuto (L. cost 2/2001)
garantisce la rappresentanza ladina, indipendentemente dalla proporzionale in Giunta regionale e la
rende possibile in Giunta provinciale di Bolzano.
Per garantire per lo meno la rappresentanza dei ladini negli organi collegiali e nelle commissioni
ristrette, anche se applicando rigidamente la proporzionale non avrebbero diritto ad alcun posto, si
rende necessaria un‟ampia interpretazione dell‟art. 62 dello Statuto di autonomia. Tale articolo
prevede che “le norme sulla composizione degli organi collegiali degli enti pubblici locali in
provincia di Bolzano, garantiscono la rappresentanza del gruppo linguistico ladino”. Questo
articolo limitandosi agli enti locali non fa espressamente riferimento alla Provincia, tuttavia può
essere applicato per analogia con la seguente formulazione ripresa negli anni da vari leggi
provinciali: “La composizione della commissione deve essere adeguata alla consistenza numerica
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
155
dei gruppi linguistici quale risulta dal censimento ufficiale della popolazione, garantendo la
rappresentanza del gruppo linguistico ladino”.
Anche il principio territoriale, per il quale la proporzionale linguistica si applica agli enti nei
rispettivi territori, ha dei risvolti negativi per il piccolo numero di Ladini. Ad esempio possono
difficilmente essere assunti alle dipendenze degli uffici comunali siti fuori dalle loro valli, poiché
secondo la proporzionale e la loro esigua percentuale non hanno diritto a quasi nessun posto.
Un‟ulteriore difficoltà si presenta se, nelle amministrazioni e per le rispettive carriere, è previsto
solo un limitato numero di posti; in taluni casi il gruppo linguistico ladino non raggiunge neppure la
soglia minima per l‟assegnazione di un posto. In aiuto a tale situazione è venuto l‟art. 46 comma
terzo del decreto sulla proporzionale come integrato dall‟art. 1 del DPR 760/81: “Al fine di
assicurare al gruppo linguistico ladino l‟effettiva attribuzione della quota ad esso spettante, le
frazioni inferiori all‟unità, risultanti nelle singole amministrazioni e carriere, possono essere
assommate per il raggiungimento dei quozienti interi, da utilizzare, nell‟ambito delle intese di cui
sopra, tenuto conto anche di quanto previsto dall‟art. 17 del presente decreto” (art. 17 DPR
752/76) che prescrive che i Ladini siano destinati possibilmente ad uffici delle località ladine e che
toglie il divieto di lavorare nei comuni di residenza.
Particolari difficoltà si presentavano anche per gli insegnanti di madrelingua ladina che, osservando
rigidamente lo Statuto, avrebbero potuto insegnare solo agli alunni ladini. L‟art. 19 dello Statuto
infatti prescrive, che l‟insegnamento deve essere impartito nella lingua materna italiana o tedesca
degli alunni da docenti per i quali tale lingua sia ugualmente quella materna. Questa limitazione è
però stata superata da una norma di attuazione (D.lgs. 434/1996) che ha emendato le norme di
attuazione sull‟ordinamento scolastico (DPR 89/1983): ai ruoli degli insegnanti, direttori ecc. di
lingua italiana e di lingua tedesca, possono accedere anche i cittadini di madrelingua ladina in
possesso del prescritto titolo di studio o di abilitazione secondo l'ordinamento vigente, i quali
abbiano superato le prove di cui al comma 6 (delle tre lingue) ed abbiano conseguito un titolo di
studio finale rilasciato da una scuola secondaria superiore delle località ladine oppure da una
scuola secondaria superiore nella quale l'insegnamento è impartito nella stessa lingua in cui
dovranno svolgere la loro attività.176 11)
In pratica gli insegnanti ladini che hanno conseguito la
maturità in una scuola (con insegnamento paritetico dell‟italiano e tedesco) nelle valli ladine,
possono insegnare in ambedue le scuole, siano esse tedesche o italiane e naturalmente (con
precedenza) in quelle ladine. Se hanno conseguito la maturità in una scuola tedesca posso insegnare
in scuole tedesche.
176
DPR 89/1983, emendato dal D.lgs. 434/1996.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
156
La piccola revisione dello Statuto del 2001 ha introdotto per la prima volta anche norme di tutela
per le minoranze germanofone del Trentino (della Val di Fersina e di Luserna) e ha rafforzato le
misure per i Ladini , in particolare anche per quelli della Val di Fassa in Trentino.
2.5.8 Insegnamento nella madrelingua
L‟ordinamento scolastico in provincia di Bolzano (DPR. 89/1983) prevede l‟obbligo “che
l‟insegnamento nelle scuole materne, elementari e secondarie sia impartito nella lingua materna
italiana o tedesca degli alunni da docenti, per i quali tale lingua sia ugualmente quella materna”
(art. 19 dello Statuto).
Nelle località ladine della provincia di Bolzano la lingua ladina è utilizzata nelle scuole materne ed
è insegnata nelle scuole elementari. Tale lingua è usata quale strumento d‟insegnamento nelle
scuole elementari e secondarie delle località stesse. Nelle scuole elementari e secondarie delle
località ladine della provincia di Bolzano l'insegnamento è impartito, su basi paritetiche di orario e
di esito finale, in lingua italiana e in lingua tedesca. (art. 7 DPR 89/1983).
Pertanto nella provincia di Bolzano vi sono tre tipi di scuole: scuole con lingua d‟insegnamento
italiana, scuole con lingua d‟insegnamento tedesca e “scuole delle località ladine”.
L‟amministrazione scolastica fa capo a tre intendenze scolastiche.
2.5.8.1 La seconda lingua è obbligatoria
Nelle scuole elementari della provincia di Bolzano, con inizio dalla seconda o terza classe, secondo
quanto stabilisce la legge provinciale su proposta vincolante del rispettivo gruppo linguistico ed
inoltre in quelle secondarie è obbligatorio l‟insegnamento della seconda lingua italiana o tedesca .
Nel frattempo però la seconda lingua viene impartita già dalla prima classe elementare.177
L‟insegnamento della seconda lingua è impartito da docenti per i quali tale lingua è quella materna
(art. 19/1 dello Statuto di autonomia).
2.5.8.2 L‟iscrizione avviene su istanza dei genitori
L‟iscrizione di un alunno nelle scuole della provincia di Bolzano avviene su semplice istanza del
padre o di chi ne fa le veci (art. 19/3 dello Statuto). Il diritto dei genitori o di chi ne fa le veci di
decidere l‟iscrizione nelle scuole dei diversi gruppi linguistici “non può avere in alcun modo
influenza sulla lingua d‟insegnamento prevista per le diverse scuole” (art. 8 DPR 89/1983). Se gli
alunni “non possiedono un‟adeguata conoscenza della lingua d‟insegnamento prevista per la
177
Con ordinanza 430/2006 la Corte ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità sollevata
contro questa anticipazione, perché non esiste alcun divieto in tal senso.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
157
scuola di frequenza, tale da consentire loro di seguire utilmente l‟insegnamento (...)” la questione
viene sottoposta al comitato della scuola materna e nell‟ambito dell‟istruzione primaria, secondaria
ed artistica, ad una Commissione paritetica di esperti. Questi decidono sull‟eventuale iscrizione alla
scuola materna o alle scuole dell‟altra lingua d‟insegnamento (art. 1, comma 4 del DPR 301/1988).
Contro il diniego di iscrizione il genitore o chi ne fa le veci può proporre ricorso all‟autonoma
Sezione di Bolzano del Tribunale regionale di giustizia amministrativa (art. 19/3 dello Statuto e
DPR 301/88, ultimo capoverso).
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
158
2.6 La chiusura della controversia e le prospettive
2.6.1 La chiusura dinanzi agli organi internazionali
2.6.1.1 L‟Italia annuncia la chiusura del Pacchetto
Il 30 gennaio 1992 il Presidente del Consiglio dei ministri, Giulio Andreotti, dichiarava al
Parlamento italiano che il Governo aveva adempiuto tutti gli obblighi derivanti dal “Pacchetto” del
1969. A tale intervento venne allegato l‟elenco completo delle misure attuate.
Il 22 aprile 1992 l‟Italia poté finalmente notificare all‟Austria l‟attuazione delle misure del
Pacchetto. Il segretario generale del Ministero degli esteri italiano, Bruno Bottai, consegnò
all‟ambasciatore austriaco a Roma, Emil Staffelmayr, la seguente nota contenente l‟elenco dei
provvedimenti del Pacchetto a favore delle popolazioni altoatesine, attuati dal Governo italiano
nonché una copia dello Statuto di autonomia. In particolare la nota faceva riferimento al punto 13
del calendario operativo, e sollecitava in altre parole l‟Austria a rilasciare la quietanza liberatoria. Il
termine previsto dal calendario operativo del 1969 per la dichiarazione di chiusura della vertenza
altoatesina, ovvero 50 giorni, iniziava a decorrere con la consegna della nota. Nella nota si faceva
inoltre espresso riferimento all‟Accordo di Parigi.178
2.6.1.2 Nota italiana
All‟ Ambasciata della Repubblica d‟Austria Roma
Al fine di completare le procedure previste dal Calendario operativo con riferimento al punto 13 si
trasmette, nello spirito che ha sempre caratterizzato le relazioni italo-austriache in tale ambito,
copia delle dichiarazioni rese sulla questione altoatesina dal Presidente del Consiglio Andreotti il
30 gennaio scorso, come riportate dal resoconto della seduta della Camera dei Deputati, resoconto
che contiene l‟elenco dei provvedimenti di realizzazione delle misure a favore delle popolazioni
altoatesine approvate dal Parlamento nel dicembre 1969.
Si trasmette altresì, per connessione di materia, copia dello Statuto speciale della Regione
Trentino-Alto Adige che, nel definire il quadro istituzionale della Provincia autonoma di Bolzano,
ha anche inteso realizzare il più ampio soddisfacimento dell‟autonomia e delle finalità di tutela
della minoranza di lingua tedesca indicate dall‟Accordo di Parigi, nel quale è, tra l‟altro, prevista
la concessione dell‟esercizio di un potere legislativo ed esecutivo autonomo.
Il Governo italiano considera il risultato raggiunto nell‟attuazione dell‟autonomia per la Provincia
di Bolzano come un punto di riferimento importante per la tutela delle minoranze che si sta
elaborando anche nel quadro della CSCE, i cui specifici meccanismi di verifica potranno essere
utilizzati pure essi per garantire la conformità del trattamento di tale minoranza ai principi che
verranno codificati ai fini di una pacifica e serena convivenza nel quadro della Nuova Europa.
Roma, 22 aprile 1992
178
Bundesministerium für Auswärtige Angelegenheiten (1992) p 23, in Peterlini, O. (1996 a) (1996 b) (1997 a) (1997
b) p 203-205, (2000 c) p 204-206, (2000 d) p 198-200.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
159
2.6.1.3 La risposta austriaca
Lo stesso giorno, il 22 aprile 1992, il Ministero degli Affari Esteri austriaco rispose all‟Ambasciata
della Repubblica Italiana a Vienna. Il Ministero degli esteri austriaco ringrazia e ripropone il testo
dalla nota italiana tradotto in tedesco, riservandosi contemporaneamente di esaminare l‟elenco dei
provvedimenti di attuazione del Pacchetto alla luce delle risoluzioni dell‟Assemblea Generale
dell‟ONU del 1960 e del 1961.179
Qui di seguito riportiamo a sinistra la nota italiana all‟Austria e la risposta austriaca a sinistra, nelle
sue versioni originali. La nota austriaca, oltre a rispondere ripete la nota italiana in traduzione
tedesca:
La nota italiana:
(All') Ambasciata della
Repubblica d'Austria
ROMA
Al fine di completare le procedure previste
dal Calendario operativo con riferimento al
punto 13 si trasmette, nello spirito che ha
sempre caratterizzato le relazioni italo -
austriache in tale ambito, copia delle
dichiarazioni rese sulla questione altoatesina
dal Presidente del Consiglio Andreotti il 30
gennaio scorso, come riportate dal resoconto
della seduta della Camera dei Deputati,
resoconto che contiene l'elenco dei
provvedimenti di realizzazione delle misure a
favore delle popolazioni altoatesine
approvate da! Parlamento nel dicembre1969.
Si trasmette altresì, per connessione di
materia, copia dello Stato speciale della
Regione Trentino-Alto Adige che, nel
definire il quadro istituzionale della
La risposta austriaca:
An die
Italienische Botschaft Rennweg 27
1030 Wien
Das Bundesministerium für auswärtige
Angelegenheiten begrüßt die Italienische
Botschaft und beehrt sich, den Empfang der
Note zu bestätigen, die der Österreichischen
Botschaft in Rom am 22. April übermittelt
worden ist, und die da lautet:
'Zum Zwecke der Durchführung der im
Operationskalender, insbesondere in dessen
Punkt 13 vorgesehenen Schritte wird in dem
Geist, der die italienisch-österreichischen
Beziehungen diesbezüglich seit jeher
gekennzeichnet hat, der Südtirolpassus der
Parlamentserklärung von Ministerpräsident
Andreotti vom 30. Jänner d.]. übermittelt,
wie sie in den Stenographischen Protokollen
der Abgeordnetenkammer enthalten ist,
welche die Liste der Durchführungsakte der
Maßnahmen zugunsten der Südtiroler
Bevölkerungsgruppen beinhalten, denen das
Parlament im Dezember 1969 zugestimmt
hat.
Weiters wird aus sachlichem Zusammenhang
das Sonderstatut der Region Trentino-
Südtirol übermittelt, welches im Zuge der
Festlegung des institutionellen Rahmens der
179
Bundesministerium für Auswärtige Angelegenheiten (1992) p 23-24.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
160
Provincia autonoma di Bolzano, ha anche
inteso realizzare il più ampio
soddisfacimento dell'autonomia e delle
finalità di tutela della minoranza di lingua
tedesca indicate dall'Accordo di Parigi, nel
quale è, tra l'altro, prevista la concessione
dell'esercizio di un potere legislativo ed
esecutivo autonomo.
Il Governo italiano considera il risultato
raggiunto nell'attuazione dell'autonomia per
la Provincia di Bolzano come un punto di
riferimento importante per la tutela delle
minoranze che si sta elaborando anche nel
quadro della CSCE, i cui specifici
meccanismi di verifica potranno essere
utilizzati pure essi per garantire la conformità
del trattamento di tale minoranza ai principi
che verranno codificati ai fini di una pacifica
e serena convivenza nel quadro della Nuova
Europa.
Roma, 22 aprile 1992
Autonomen Provinz Bozen auch darauf
abgezielt hat, die weitest mögliche
Verwirklichung der Autonomie und der
Zielsetzung des Schutzes der
deutschsprachigen Minderheit, wie sie im
Pariser Vertrag enthalten ist, sicherzustellen,
in welchem unter anderem die Gewährung
der Ausübung einer autonomen
Gesetzgebungs- und Vollzugsgewalt
vorgesehen ist.
Die italienische Regierung sieht das
Ergebnis, das bei der Verwirklichung der
Autonomie der Provinz Bozen erzielt wurde,
als einen wichtigen Bezugspunkt für den
Minderheitenschutz an, wie er sich auch im
KSZE-Rahmen herausbildet. Auch dessen
spezifische Überprüfungsmechanismen
können Anwendung finden, um
sicherzustellen, dass die Behandlung dieser
Minderheit mit den Prinzipien
übereinstimmt, welche man zum Zwecke
eines friedlichen und harmonischen
Zusammenlebens im Neuen Europa
kodifizieren wird. '
Das Bundesministerium für auswärtige
Angelegenheiten dankt für diese Mitteilung.
Eine Feststellung zur Frage, inwieweit die im
ersten Absatz dieser Note beschriebene Liste
von Maßnahmen dem Verhandlungsergebnis
entspricht, wie es im Lichte der Resolutionen
der UN-Generalversammlung 1497 (XV) und
1661 (XVI) von den Außenministern
Österreichs und Italiens am 30. November
1969 in Kopenhagen festgelegt wurde, bleibt
einer weiteren Äußerung in angemessener
Zeit vorbehalten.
Das Bundesministerium für auswärtige
Angelegenheiten benützt auch diese
Gelegenheit, um der Italienischen Botschaft
den Ausdruck seiner ausgezeichneten
Wertschätzung zu erneuern.
Wien, am 22. April 1992
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
161
2.6.1.4 L‟Austria dichiara chiusa la vertenza
I Sudtirolesi nutrivano il timore che l‟Austria, dopo il rilascio della cosiddetta quietanza liberatoria,
potesse perdere quella funzione di tutela che come parte contrattuale dell‟Accordo di Parigi le
spettasse nei confronti dell‟Italia a favore dei Sudtirolesi. Questo timore era ed è infondato, poiché
l‟Accordo di Parigi continua ad essere valido. Con la chiusura della vertenza si chiudeva solamente
la controversia aperta pressso l‟ONU relativa all‟interpretazione dell‟Accordo stesso.
Dopo che il Governo italiano aveva dato attuazione ai provvedimenti previsti dal Pacchetto e ne
aveva dato ufficiale notifica alla Repubblica austriaca (22 aprile 1992), il Governo federale
austriaco l‟11 giugno 1992 rilasciò all‟Ambasciata italiana a Vienna la quietanza liberatoria ai sensi
del punto 13 del Calendario operativo. Avevano dato il proprio assenso (politico) al rilascio della
quietanza liberatoria la Südtiroler Volkspartei al Congresso straordinario del 30 maggio, il Governo
tirolese (il 1° giugno) la Dieta tirolese (il 4 giugno) e il Parlamento austriaco (il 5 giugno 1992).
Il testo della cosiddetta quietanza liberatoria (dichiarazione di chiusura della vertenza) era già stato
concordato a Copenaghen da Moro e Waldheim il 30 novembre 1969, ed era stato pertanto già
definito allora, eccezion fatta per una piccola successiva modifica; l‟Austria inserì il testo
concordato in una più ampia dichiarazione per sottolineare il carattere internazionale della
questione. Fondamentalmente “il Governo federale austriaco dichiara di considerare chiusa la
controversia esistente tra l‟Austria e l‟Italia, che ha formato oggetto delle anzidette risoluzioni
dell‟Assemblea Generale delle Nazioni Unite e riguardante lo status dell‟elemento di lingua
tedesca della Provincia di Bolzano (Bozen) - esecuzione dell‟Accordo di Parigi del 5 settembre
1946".180
Viene pertanto considerata conclusa la controversia relativa all‟attuazione dell‟Accordo di
Parigi; l‟oggetto dell‟Accordo stesso continua a rimanere impregiudicato.
2.6.1.5 Il testo della quietanza liberatoria dell‟Austria
BUNDESMINISTERIUM FÜR AUSWÄRTIGE ANGELEGENHEITEN 181
All‟ Ambasciata italiana
Rennweg 27
1030 Vienna
GZ.605.02.00/87-II.2/92
Nota Verbale (traduzione)
180
Bundesministerium für Auswärtige Angelegenheiten (1992) p 44. Brugger, P./ Benedikter, A./ Dalsass, J. (1969)
p 52 seg. 181
Traduzione del testo originale, Bundesministerium für Auswärtige Angelegenheiten, riprodotto in copia fotostatica
in Peterlini, O. (1996 a) (1996 b) (1997 a) (1997 b) p 207-210, (2000 c) p 208-211, (2000 d) p 202-205.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
162
Il Ministero degli affari esteri presenta i suoi complimenti all‟Ambasciata italiana ed ha l‟onore di
comunicare quanto segue: 1. Il Governo austriaco ha preso atto con soddisfazione della nota del Ministero degli esteri italiano del 22
aprile 1992 ed in particolare dello spirito costruttivo e della visione europea in essa espressa.
Nella nota verbale del 22 aprile 1992 il Ministero degli Esteri si riserva di esprimersi entro un congruo
termine, in conformità alle deliberazioni del Parlamento austriaco del 9 giugno e del primo dicembre
1988, in merito alla verifica relativa alla corrispondenza tra i provvedimenti indicati nella lista citata al
primo comma della nota sopra menzionata e “le misure” annunciate dal Governo italiano nella
dichiarazione governativa del 3 dicembre 1969. Tale verifica è connessa al punto tredici del calendario
operativo, come concordato a Copenaghen il 30 novembre 1969 alla luce delle risoluzioni
dell‟ Assemblea Generale 1497 (XV) e 1661 (XVI) dai Ministeri degli esteri italiano ed austriaco.
2. A tale riguardo comunica che gli organi austriaci competenti hanno accertato, nel loro complesso, la
corrispondenza delle misure. A tale scopo si rimanda alla deliberazione del Parlamento austriaco del 5
giugno 1992, il cui testo è allegato alla presente nota.
3. In ossequio alle risoluzioni delle Nazioni Unite del 1960 e del 1961, il 30 novembre 1969 l‟Italia e
l‟Austria hanno concordato una procedura ovvero hanno stabilito il cosiddetto calendario operativo
allo scopo di giungere al superamento della controversia relativa all‟attuazione dell‟Accordo di Parigi
del 5 settembre 1946.
4. Il punto 13 di detto calendario operativo prevede che non appena il Governo italiano abbia realizzato le
misure annunciate nella dichiarazione governativa del 3 dicembre 1969, il Governo Federale austriaco
dichiari la chiusura della controversia con una dichiarazione che viene resa con la presente:
“Considerato che è sorta una controversia tra l‟Austria e l‟Italia circa l‟attuazione dell‟Accordo di
Parigi del 5 settembre 1946 e, considerato che questa controversia è stata oggetto delle Risoluzioni
1497 (XV) e 1661 (XVI) dell‟Assemblea Generale delle Nazioni Unite; tenuto conto che l‟Assemblea
Generale delle Nazioni Unite nelle predette Risoluzioni ha raccomandato all‟Austria e all‟Italia di
riprendere le trattative allo scopo di trovare una soluzione di tutte le divergenze concernenti
l‟attuazione dell‟Accordo predetto; tenuto conto che la ripresa delle trattative ha avuto luogo e ha
portato all‟adozione di un metodo di consultazione idoneo a promuovere il superamento della
controversia senza pregiudizio delle rispettive posizioni giuridiche delle Parti; tenuto conto che il
Governo italiano nella sua dichiarazione governativa del 3 dicembre 1969 ha annunciato e
specificatamente indicato misure destinate ad assicurare in modo durevole gli interessi della
popolazione altoatesina di lingua tedesca, la convivenza pacifica e lo sviluppo dei gruppi linguistici
dell‟Alto Adige; visto che il Governo italiano ha ora realizzato queste misure annunciate nella
dichiarazione governativa del dicembre 1969 e ne ha dato comunicazione nella nota del 22 aprile 1992,
il Governo Federale austriaco dichiara di considerare chiusa la controversia esistente tra Austria ed
Italia, che ha formato oggetto delle anzidette Risoluzioni dell‟Assemblea Generale delle Nazioni Unite e
riguardante lo status dell‟elemento di lingua tedesca nella Provincia di Bolzano (Bozen) - esecuzione
dell‟Accordo di Parigi del 5 settembre 1946".
5. Nel corso dell‟attuazione delle misure sopra citate, dal dicembre 1969 vi sono stati costanti contatti tra
i Governi italiano e austriaco per giungere alla soluzione della controversia. Con la completa
attuazione delle misure e quindi dello Statuto di autonomia, il Sudtirolo diventa ulteriormente un
elemento costruttivo per quanto attiene le relazioni di buon vicinato tra l‟Austria e l‟Italia.
6. Il Governo austriaco ritiene che, pur mantenendo la responsabilità assunta con la parafatura
dell‟Accordo di Parigi, le misure attuate dal Governo italiano a favore dei gruppi etnici del Sudtirolo e
cioè lo Statuto di autonomia del 1972 unitamente alle norme di attuazione, alle leggi ordinarie ed agli
atti amministrativi, quali risultano nella nota del 22 aprile 1992, non vengano modificati
unilateralmente, bensì come ha affermato il Presidente dei Ministri nelle dichiarazioni dinanzi al
Parlamento italiano il 30 gennaio 1992, trasmesse al Governo austriaco con la nota del 22 aprile,
solamente nell‟ambito della comune responsabilità e del consenso politico sinora raggiunto tra il
Governo centrale ed i gruppi etnici interessati, i quali devono perdurare anche se dovessero rendersi
necessarie delle modifiche normative.
7. Con soddisfazione prende atto che in ossequio al punto 13 del calendario operativo, nella giornata di
ieri è avvenuto lo scambio delle ratifiche relative all‟accordo per la modifica dell‟art. 27 lettera a) della
Convenzione europea per la soluzione pacifica delle controversie nei rapporti tra l‟Italia e l‟Austria.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
163
Tale Accordo costituisce a livello europeo un altrettanto prezioso punto di riferimento per la
salvaguardia delle minoranze linguistiche in Sudtirolo.
8. Il Governo austriaco infine esprime la convinzione che alla luce di tali considerazioni possa
rapidamente avere luogo la notifica prevista al punto 15 del calendario operativo circa la chiusura
della vertenza da parte dei Governi austriaco ed italiano al Segretario generale delle Nazioni Unite ed
esprime altresì l‟auspicio che successivamente possa essere concluso il Trattato previsto dal punto 18
del calendario operativo.
Il Ministero degli Affari Esteri si avvale dell‟occasione per rinnovare all‟Ambasciata della
Repubblica italiana gli atti della sua più alta considerazione”.
Vienna, 11 giugno 1992
2.6.1.6 Viva soddisfazione dell‟Italia per il rilascio della quietanza liberatoria
Il Ministero degli Affari Esteri italiano risponde con la seguente nota all‟Ambasciata della
Repubblica d‟Austria e “prende atto con viva soddisfazione del rilascio da parte del Governo
austriaco della quietanza liberatoria”. La nota verbale italiana ripete quella parte della nota
austriaca che contiene la quietanza liberatoria (il punto 4) senza le dichiarazioni integrative che
l‟Austria aveva aggiunto. La nota italiana ricorda poi le ulteriori misure del calendario operativo
ancora da attuare ed in particolare il punto 15 (notifica della chiusura della controversia all‟ONU) e
il punto 18 (stipula di un accordo di amicizia tra l‟Austria e l‟Italia). “Il Governo italiano desidera
sottolineare l‟importanza di tale futuro accordo ...” Qui di seguito viene riportato il testo della nota
verbale di risposta dell‟Ambasciata italiana.182
2.6.1.7 Nota verbale italiana all‟Austria
Il Ministero degli affari esteri presenta i suoi complimenti all‟Ambasciata della Repubblica
d‟Austria ed ha l‟onore di comunicare che il Governo italiano accusa ricevuta della Nota austriaca
no. 605.02.00/87-II. 2/92 dell‟11.6.1992 e prende atto con viva soddisfazione del rilascio da parte
del Governo austriaco della quietanza liberatoria che recita come segue:
“Considerato che è sorta una controversia tra l‟Austria e l‟Italia circa l‟attuazione
dell‟Accordo di Parigi del 5 settembre 1946 e,
considerato che questa controversia è stata oggetto delle Risoluzioni 1497 (XV) e 1661
(XVI) dell‟Assemblea Generale delle Nazioni Unite,
tenuto conto che l‟Assemblea Generale delle Nazioni Unite nelle predette Risoluzioni ha
raccomandato all‟Austria e all‟Italia di riprendere le trattative allo scopo di trovare una soluzione
di tutte le divergenze concernenti l‟attuazione dell‟Accordo predetto,
tenuto conto che la ripresa delle trattative ha avuto luogo e ha portato all‟adozione di un
metodo di consultazione idoneo a promuovere il superamento della controversia senza pregiudizio
delle rispettive posizioni giuridiche delle Parti,
tenuto conto che il Governo italiano nella sua dichiarazione governativa del 3 dicembre
1969 ha annunciato e specificatamente indicato misure destinate ad assicurare in modo durevole
gli interessi della popolazione altoatesina di lingua tedesca, la convivenza pacifica e lo sviluppo dei
gruppi linguistici dell‟Alto Adige;
182 Bundesministerium für Auswärtige Angelegenheiten (1992).
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
164
visto che il Governo italiano ha ora realizzato queste misure annunciate nella dichiarazione
governativa del dicembre 1969 e ne ha dato comunicazione nella nota del 22 aprile 1992, il
Governo Federale austriaco dichiara di considerare chiusa la controversia esistente tra Austria ed
Italia, che ha formato oggetto delle anzidette Risoluzioni dell‟Assemblea Generale delle Nazioni
Unite e riguardante lo status dell‟elemento di lingua tedesca nella Provincia di Bolzano (Bozen) -
esecuzione dell‟Accordo di Parigi del 5 settembre 1946".
Alla luce di quanto precede il Governo italiano auspica che, come previsto dal punto 15 del
calendario operativo, Italia ed Austria possano rapidamente procedere alla notifica della chiusura
della vertenza al Segretario generale delle Nazioni Unite.
Il Governo italiano ritiene infine che lo spirito dei rapporti che hanno portato alla chiusura
della vertenza sia pienamente favorevole all‟avvio in tempi brevi del negoziato per la conclusione
dell‟Accordo di amicizia e collaborazione fra Italia ed Austria previsto dal punto 18 del già
menzionato calendario operativo. Il Governo italiano desidera sottolineare l‟importanza di tale
futuro accordo per favorire un salto di qualità nelle relazioni fra i due Paesi e le loro popolazioni,
nella prospettiva di crescenti comuni responsabilità nell‟ambito europeo.
Il Ministero degli Affari Esteri si avvale dell‟occasione per rinnovare all‟Ambasciata della
Repubblica d‟Austria gli atti della sua più alta considerazione.
Di seguito riproduciamo i testi della nota italiana a confronto con la versione tedesca, che
permettono di raffrontare (oltre alla nota di risposta tradotta) la dichiarazione di chiusura della
controversia da parte dell‟Austria (al punto 4) nella sua versione originale a destra e la traduzione
della stessa in lingua italiana come ripresa e tradotta dall‟Ambasciata italiana:183
Nota italiana di risposta e traduzione
ufficale italiana della nota di chiusura
dell‟Austria:
1l Ministero degli Affari Esteri presenta i
suoi complimenti all‟Ambasciata della
Repubblica d'Austria ed ha I'onore di
comunicare che il Governo italiano accusa
ricevuta della Nota austriaca n.
605.02.00/87-11. 2/ 92 dell'11.06.1992 e
prende atto con viva soddisfazione del
rilascio da parte del Governo austriaco della
quietanza liberatoria che recita come segue:
'Considerato che è sorta una controversia
tra l’Austria e I'Italia circa I'attuazione
dell'Accordo di Parigi del 5 settembre 1946
e,
Considerato che questa controversia è stata
oggetto delle Risoluzioni 1497 (XV) e 1661
(XVI) dell'Assemblea Generale delle
Nazioni Unite,
Tenuto conto che I'Assemblea Generale
Traduzione tedesca e testo originale di
chiusura dell‟Austria
Das Ministerium für auswärtige
Angelegenheiten entbietet der Botschaft der
Republik Österreich seine Empfehlungen und
hat die Ehre mitzuteilen, dass die italienische
Regierung die österreichische Note Nr.
605.02.00/87-11.2/92 vom 11.06.1992
empfangen hat und mit reger Genugtuung
den Erlass der 'schuldtilgenden Erklärung'
seitens der österreichischen Regierung zur
Kenntnis nimmt, die folgendes besagt:
'Im Hinblick darauf, daß zwischen
Österreich und Italien eine Streitigkeit über
die Durchführung des Pariser Abkommens
vom 5. September 1946 entstanden ist;
im Hinblick darauf, daß diese Streitigkeit
Gegenstand der Resolutionen 1497 (XV)
und 1661 (XVI) der Vollversammlung der
Vereinten Nationen war;
unter Bedachtnahme darauf, daß die
183
Bundesministerium für Auswärtige Angelegenheiten (1992) per quanto riguarda il punto 4, e per il resto traduzione
dell‟autore.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
165
delle Nazioni Unite nelle predette
Risoluzioni ha raccomandato all'Austria e
all'Italia di riprendere le trattative allo
scopo di trovare una soluzione di tutte le
divergenze concernenti I'attuazione
dell'Accordo predetto,
tenuto conto che la ripresa delle trattative
ha avuto luogo e ha portato all'adozione di
un metodo di consultazione idoneo a
promuovere il superamento della
controversia senza pregiudizio delle
rispettive posizioni giuridiche delle Parti,
tenuto conto che il Governo italiano nella
sua dichiarazione governativa del 3
dicembre 1969 ha annunciato e
specificatamente indicato misure destinate
ad assicurare in modo durevole gli interessi
della popolazione altoatesina di lingua
tedesca, la convivenza pacifica e lo sviluppo
dei gruppi linguistici dell'Alto Adige;
visto che il Governo italiano ha ora
realizzato queste misure annunciate nella
dichiarazione governativa del dicembre
1969 e ne ha dato comunicazione nella nota
del 22 aprile 1992, il Governo Federale
austriaco dichiara di considerare chiusa la
controversia esistente tra Austria ed Italia,
che ha formato oggetto delle anzidette
Risoluzioni dell'Assemblea Generale delle
Nazioni Unite e riguardante lo status
dell'elemento di lingua tedesca nella
Provincia di Bolzano (Bozen) - esecuzione
dell'Accordo di Parigi del 5 settembre 1946'.
Alla luce di quanta precede il Governo
italiano auspica che, come prevista dal punto
15 del calendario operativo, Italia ed Austria
possano rapidamente procedere alla notifica
della chiusura della vertenza al Segretario
generale delle Nazioni Unite. Il Governo
italiano ritiene infine che lo spirito dei
rapporti che hanno portato alla chiusura
della vertenza sia pienamente favorevole
all'avvio in tempi brevi del negoziato per la
conclusione dell‟Accordo di amicizia e
Vollversammlung der Vereinten Nationen
Österreich und Italien in den erwähnten
Resolutionen empfohlen hat, die
Verhandlungen mit dem Ziel wieder
aufzunehmen, eine Lösung aller
Differenzen hinsichtlich der Durchführung
des obgenannten Abkommens zu finden;
in Anbetracht der Tatsache, daß die
Wiederaufnahme der Verhandlungen
stattgefunden und zur Annahme einer
Methode der Beratungen geführt hat,
welche geeignet war, die Beilegung der
Streitigkeit ohne Präjudiz für die jeweiligen
Rechtsstandpunkte der beiden Seiten
herbeizuführen;
mit Rücksicht darauf, daß die italienische
Regierung in ihrer Regierungserklärung
vom 3. Dezember 1969 detailliert
aufgezählte Maßnahmen angekündigt hat,
die in dauerhafter Weise die Interessen der
deutschsprachigen Bevölkerung Südtirols,
das friedliche Zusammenleben und die
Entwicklung der Sprachgruppen Südtirols
zu gewährleisten, bestimmt sind;
angesichts der Tatsache, daß die
italienische Regierung diese in der
Regierungserklärung vom 3. Dezember
1969 angekündigten Maßnahmen nunmehr
verwirklicht und mit Note vom 22. April
1992 mitgeteilt hat: erklärt die
österreichische Bundesregierung, daß sie
die zwischen Österreich und Italien
bestehende Streitigkeit, welche Gegenstand
der erwähnten Resolutionen der
Generalversammlung der Vereinten
Nationen war und den Status des
deutschsprachigen Elements der Provinz
Bozen (Bolzano) - Durchführung des
Pariser Abkommens vom 5. September 1946
- betrifft, als beendet erachtet. '
Im Lichte des vorher Gesagten hofft die
italienische Regierung, dass Italien und
Österreich schnellstens die Erklärung über
den Abschluss der Streitigkeiten an den
Generalsekretär der Vereinten Nationen
übermitteln können, wie im Art. 15 des
Operationskalenders vorgesehen. Die
italienische Regierung erachtet schließlich
den Geist der Beziehungen, der zum
Abschluss der Streitigkeit geführt hat, als
vollkommen günstig für den Beginn
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
166
collaborazione fra Italia ed Austria prevista
dal punto 18 del già menzionato calendario
operativo. II Governo italiano desidera
sottolineare I'importanza di tale futuro
accordo per favorire un salto di qualità nelle
relazioni fra i due Paesi e le loro
popolazioni, nella prospettiva di crescenti
comuni responsabilità nell'ambito europeo.
Il Ministero degli Affari Esteri si avvale
dell'occasione per rinnovare all'Ambasciata
della Repubblica d'Austria gli atti della sua
più alta considerazione" .
innerhalb kurzer Zeiten der Verhandlungen
zum Abschluss des Vertrages der
Freundschaft und der Zusammenarbeit
zwischen Italien und Österreich, der vom Art.
18 des genannten Operationskalenders
vorgesehen ist. Die italienische Regierung
wünscht die Bedeutung dieses zukünftigen
Abkommens zu unterstreichen, um einen
Qualitätssprung in den Beziehungen
zwischen den beiden Ländern und deren
Bevölkerungen zu fördern, im Hinblick auf
die zunehmenden gemeinsamen
Verantwortlichkeiten im europäischen
Rahmen.
Das Ministerium für auswärtige
Angelegenheiten nimmt die Gelegenheit
wahr, um der Botschaft der Republik
Österreich die Akte seiner ausgezeichneten
Hochachtung zu erneuern".
2.6.1.8 L‟Austria e l‟Italia comunicano all‟ONU la chiusura della vertenza altoatesina
Con la seguente nota del rappresentante permanente dell‟Austria alle Nazioni Unite, lo stesso
giorno, ovvero l‟11 giugno 1992, l‟Austria comunica al Segretario delle Nazioni Unite a New York
l‟avvenuto rilascio della quietanza liberatoria. L‟Italia comunica la chiusura della vertenza il 19
giugno. Nelle loro note l‟Austria e l‟Italia ricordano la dichiarazione del Governo italiano relativa al
Pacchetto resa al Parlamento il 3 dicembre 1969. In tale dichiarazione e senza pregiudizio delle
posizioni giuridiche delle parti in riferimento al problema dell‟esecuzione dell‟Accordo di Parigi del
5 settembre 1946, il Governo italiano ha annunciato l‟intenzione di emanare dei provvedimenti a
favore delle popolazioni del Sudtirolo che contribuiscano ad ampliare le potestà legislative ed
amministrative autonome. La nota ricorda inoltre la dichiarazione resa dal Governo austriaco al
proprio Parlamento il 15 dicembre 1969, in cui il Governo annunciò che senza pregiudizio della sua
posizione giuridica in riferimento al problema sopra citato la controversia sarebbe stata dichiarata
conclusa non appena fossero stati emanati i provvedimenti necessari. Anche la consegna all‟Austria
delle misure del Pacchetto adottate dall‟Italia e il relativo scambio di note vengono citati
espressamente. Le note riportano integralmente la dichiarazione dell‟Austria: “Considerata la
realizzazione delle misure annunciate a suo tempo dal Governo italiano a favore delle popolazioni
del Sudtirolo (...) il Governo austriaco ha dichiarato l‟11 giugno 1992 di considerare chiusa la
controversia sopra citata”:
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
167
A causa della sua importanza viene riportata di seguito la dichiarazione austriaca originale in
inglese all‟ONU.
2.6.1.9 Il testo della dichiarazione di chiusura dell‟Austria all'ONU
Mr. Secretary General,
I am instructed by my Government to convey to you the following statement:
„The Austrian Federal Government has the honour to communicate to the Secretary General of the
United Nations the following:
As the Austrian Foreign Minister had the honour to inform the XXV Session of the General
Assembly on September 30, 1970, the Italian Government in a declaration to its Parliament of
December 3, 1969, and without prejudice to its legal position concerning the question of the
implementation of the Paris Agreement of September 5, 1946, had announced the intention to adopt
a set of measures in favour of the population of South Tyrol, aiming at extending the range of the
legislative and administrative powers attributed to the Province of Bozen. In a declaration to the
Austrian Parliament of December 15, 1969, the Austrian Federal Government, on its part, and
again without prejudice to its legal position concerning the above-mentioned question, had
announced that as soon as these measures would be taken, it would declare to consider as
terminated the dispute relating to the implementation of the Paris Agreement of September 5, 1946,
which was the subject of UN-GA Res. 1497 (XV) and 1661 (XVI).
Taking into account the realization of the measures that were announced at that time by the Italian
Government in favour of the population of South Tyrol, as communicated to the Austrian
Government in a note of April 22, 1992, which was replied to by a note of the same date, the
Austrian Federal Government finally stated in a declaration of June 11, 1992, that it considers as
terminated the above-mentioned dispute.
The Austrian Government requests the Secretary General of the United Nations to take note of the
above communication.‟
I would be grateful if you could have this communication circulated as a document of the General
Assembly.
Please accept, Mr. Secretary General, the assurances of my highest consideration.
2.6.1.10 La Corte Internazionale di Giustizia diventa competente
L‟Austria e l‟Italia hanno adempiuto anche gli obblighi previsti dai punti 16 e 17 del Calendario
operativo. Il 31 luglio 1992 l‟Austria e l‟Italia hanno notificato al Segretario del Consiglio d‟Europa
e al Cancelliere della Corte Internazionale di Giustizia presso l‟Aja (CIG) l‟Accordo tra l‟Italia e
l‟Austria concernente la Convenzione Europea per la risoluzione pacifica delle controversie tra i
due Stati (conclusa a Strasburgo il 29 aprile 1957). Di conseguenza le norme del Capo I della
Convenzione Europea per la soluzione pacifica delle controversie si applicano alle controversie
concernenti l‟interpretazione e l‟applicazione degli accordi bilaterali in vigore tra i due Stati
(Austria e Italia) anche quando le controversie riguardano fatti o situazioni anteriori all‟entrata in
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
168
vigore tra i due Stati della convenzione sopra citata (art. 1).184
In altre parole ciò significa che
anche le controversie sull‟Accordo di Parigi e gli atti successivi sono soggetti alla competenza della
Corte Internazionale di Giustizia.
“The Hague was the price to be paid for the Package”, “La corte dell‟Aja era il prezzo che doveva
essere pagato (dall‟Austria) per il Pacchetto”, ricorda Antony E. Alcock nella sua Storia della
questione sudtirolese.185 Da anni infatti l‟Italia perseguiva l‟obiettivo che eventuali controversie
sull‟attuazione dell‟Accordo di Parigi non fossero più sottoposte agli organi politici delle Nazioni
Unite ma alla Corte Internazionale di Giustizia.186
La Nota del rappresentante permanente d‟Austria presso il Consiglio d‟Europa inviata al Segretario
generale del Consiglio d‟Europa il 31 luglio 1992, qui di seguito riportata in lingua originale inglese
(sinistra) ed nella traduzione in italiano (destra) recita:187
2.6.1.11 Dichiarazione di chiusura della vertenza dell‟Austria al Consiglio d‟Europa:
The Permanent Representative of the Republic of Austria to the Council of Europe presents its
compliments to the Secretary General of the Council of Europe and has the honour to request her,
in her capacity as depositary of the European Convention for the Peaceful Settlement of Disputes,
signed at Strassburg on April 29, 1957, to take note of the following:
"With the Agreement between the Republic of Austria and the Republic of Italy, attached to this
notification, signed in Rome on July 17, 1971, which entered into force after the exchange of
instruments of ratifications on June 10, 1992, it has been agreed that „the provisions of Chapter 1
of the European Convention for the peaceful settlement of disputes, signed in Strasbourg on
29.4.1957, shall apply, between Austria and Italy, to disputes concerning the interpretation and the
application of bilateral agreements in force between the two States, also when such disputes refer
to facts and situations prior to the entry into force of the above mentioned Convention between the
two States."
The Agreement will be notified at the same date to the Registrar of the International Court of
Justice.
Traduzione:
Il rappresentante permanente d‟Austria al Consiglio d‟Europa presenta i suoi complimenti al
Segretario Generale del Consiglio d‟Europa ed ha l‟onore di invitare la S.V., nella sua veste di
depositario della Convenzione europea per la soluzione pacifica delle controversie, ratificata a
Strasburgo il 29 aprile 1957, a prendere atto del fatto che:
Con l‟Accordo della Repubblica austriaca e della Repubblica italiana allegato alla presente
notificazione, siglato a Roma il 17 luglio 1971 ed entrato in vigore il 10 giugno 1992 dopo lo
184
Zeller, K. (1989), appendice, documenti 15 e 16. 185
Alcock, A. E. (1970) p 453. 186
Trattato sulla Corte Internazionale di Giustizia, ratifica, Camera dei deputati, no. 3822, seduta del 25.11.1971. Anche
in , Zeller, K. (1989): allegati, documento 15 nonché per l‟approfondimento della problematica, p 85 ss. 187
Bundesministerium für Auswärtige Angelegenheiten (1992) p 48, in Peterlini, O. (1996a, it) (1996b, de) (1997a,
eng), (1997b, de) p 220-223; (2000c, de) p 219-225, (2000d, it) p 216-220.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
169
scambio degli strumenti di ratifica, è stato concordato quanto segue: „Le misure del capo I della
Convenzione europea per la soluzione pacifica delle controversie, ratificata a Strasburgo il 29
aprile 1957, devono trovare applicazione tra l‟Austria e l‟Italia per le controversie relative
all‟interpretazione e applicazione di accordi bilaterali in vigore tra i due Stati anche quando le
controversie riguardino fatti o situazioni anteriori all‟entrata in vigore della convenzione sopra
citata tra i due Stati.
Tale Convenzione viene notificata lo stesso giorno al Cancelliere della Corte Internazionale di
Giustizia.
La nota italiana contenuta nella dichiarazione è identica a quella austriaca.188
2.6.1.12 Nota austriaca alla Corte Internazionale di Giustizia:
Il 31 luglio 1992 il rappresentante dell‟Ambasciata austriaca all‟Aja rivolse la seguente nota
(contenente la stessa comunicazione inviata al Consiglio d‟Europa) al Cancelliere della Corte
Internazionale di Giustizia dell‟Aja.178) La stessa comunicazione venne notificata lo stesso giorno
dall‟Italia.
Your Excellency,
On behalf of the Austrian Government, I have the honour to notify the following:
With the Agreement between the Republic of Austria and the Republic of Italy, attached to this
notification, signed in Rome on July 17, 1971, which entered into force after the exchange of
instruments of ratifications on June 10, 1992, it has been agreed that „the provisions of Chapter 1
of the European Convention for the peaceful settlement of disputes, signed in Strasbourg on
29.4.1957, shall apply, between Austria and Italy, to disputes concerning the interpretation and the
application of bilateral agreements in force between the two States, also when such disputes refer
to facts and situations prior to the entry into force of the above mentioned Convention between the
two States‟.
The Federal Government of the Republic of Austria kindly requests you in your capacity as
Registrar of the International Court of Justice to take note of this Agreement.
Please accept the assurances of my highest consideration.
Dr. Helga Konrad
Chargé d‟Affaires a.i.
Inviato d‟affari a.i.
(To:)H.E. Mr. Eduardo Valencia-OspinaRegistrar of the International Court of Justice The Hague”
Traduzione:
Eccellenza,
A nome del Governo austriaco ho l‟onore di notificarle quanto segue:
Con l‟Accordo della Repubblica austriaca e della Repubblica Italiana allegato alla presente
notifica, siglato a Roma il 17 luglio 1971 ed entrato in vigore il 10 giugno 1992 dopo lo scambio
degli strumenti di ratifica, è stato concordato quanto segue: “Le misure del capo I della
Convenzione europea per la soluzione pacifica delle controversie, ratificata a Strasburgo il 29
aprile 1957, deve trovare applicazione tra l‟Austria e l‟Italia per le controversie relative
all‟interpretazione e applicazione di accordi bilaterali in vigore tra i due Stati anche quando le
188 Il testo originale italiano è riprodotto in copia fotostatica in Peterlini, O. (2000c, de), (2000d, it), (2000e, lad),
(1997a, eng), (1997b, de), (1996a, it), (1996b, de), Cap F.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
170
controversie riguardino fatti o situazioni anteriori all‟entrata in vigore tra i due Stati della
convenzione sopra citata.
Il Governo federale della Repubblica d‟Austria La invita cortesemente a prendere atto di tale
accordo nella Sua veste di Cancelliere della Corte Internazionale di Giustizia. Il Governo Federale
della Repubblica d‟Austria coglie l‟occasione per esprimerle gli atti della sua più alta
considerazione”.
Dr. Helga Konrad
Chargé d‟Affaires a.i.
Inviato d‟affari a.i.
(A): S. E. Mr. Eduardo Valencia-Ospina Cancelliere della Corte Internazionale di Giustizia
dell‟Aja
Pertanto tutti i 17 punti del calendario operativo (previsti fino al 31 luglio 1992) avevano trovato
adempimento.
2.6.2 Le prospettive per lo sviluppo dell‟autonomia
2.6.2.1 Garanzie interne
L‟ultima misura del Pacchetto, la misura 137, prevede l‟istituzione presso la Presidenza del
Consiglio dei Ministri di una Commissione permanente per i problemi della Provincia di Bolzano.
Tale Commissione è particolarmente importante poiché con essa viene riconosciuto il principio che
vi possano essere degli sviluppi futuri che rendano necessarie nuove richieste o adattamenti
dell‟autonomia.
“La Commissione ha per compito di esaminare i problemi particolarmente connessi con la tutela
delle minoranze linguistiche locali e con l‟ulteriore sviluppo culturale, sociale ed economico delle
popolazioni dell‟Alto Adige ai fini di garantire la loro pacifica convivenza sulla base di piena
parità di diritti e di doveri” (VII, garanzie interne del Pacchetto, art. 2).
La Commissione ha funzione consultiva. Può esprimere pareri non vincolanti. Il parere invece è
obbligatorio solo per eventuali modifiche allo Statuto di autonomia.
La Commissione è presieduta da un Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri. “E‟ composta di sette membri di cui quattro di lingua tedesca, due di lingua italiana ed
uno ladino scelti dal Consiglio provinciale di Bolzano su designazione rispettivamente dei
consiglieri del gruppo linguistico tedesco e italiano; il membro ladino viene scelto dal Consiglio su
di una terna formata dai Sindaci dei Comuni ladini (art. 3 delle garanzie interne del Pacchetto). “La
Commissione è convocata dal suo Presidente o su richiesta dei rappresentanti di ciascun gruppo
linguistico in seno alla Commissione” (Garanzie interne del Pacchetto, art. 4).
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
171
Ad ogni modo, la Commissione prevista dalla misura 137 del Pacchetto si è dimostrata finora poco
operativa. Più efficienti risultano essere la c.d. Commissione dei 12 e la sottocommissione dei 6,
che rimasero attive, nononstante che fossero state previste solamente fino alla chiusura
dell‟attuazione dello Statuto e che sono tuttora responsabili per la preparazione delle norme di
attuazione allo Statuto di autonomia (art. 107 Statuto), recentamente anche richiamate dalla legge
sul federalismo fiscale.189
2.6.2.2 Come si sviluppano i gruppi linguistici?
L‟immigrazione, iniziata con il fascismo e proseguita nel dopoguerra, si è conclusa con
l‟emanazione delle nuove norme autonomistiche. Nel 1910 l‟89 per cento della popolazione del
territorio che ora si chiama Alto Adige era di lingua tedesca, il 2,9 per cento parlava l‟italiano e il
3,8 per cento il Ladino, il 4,4 per cento diede altre indicazioni. La quota della popolazione di lingua
tedesca diminuì costantemente fino al 1961 raggiungendo il minimo storico del 62,2 per cento. La
quota italiana salì nel contempo al 34,3 per cento. Con lo stop all‟immigrazione e le norme di tutela
per le minoranze si registra un‟inversione di tendenza. Dal 1971 in poi il gruppo linguistico tedesco
ha segnato una continua ripresa. Confrontato con altre province, il saldo migratorio risulta essere
negativo, per cui si desume che numerose famiglie di dipendenti pubblici o delle industrie, dopo il
pensionamento, siano tornate nelle loro province di origine.
Il motivo per la forte crescita della popolazione di lingua tedesca rispetto al gruppo linguistico
italiano è da individuarsi però anche nel maggiore tasso di natalità. Il tasso di natalità per la
popolazione tedesca della provincia di Bolzano che vive prevalentemente nei paesi ed in campagna,
è maggiore del 70 % rispetto a quello della popolazione italiana, che vive prevalentemente in
città.190
189
Legge 5 maggio 2009, no. 42., GU 6 maggio 2009 190
Peterlini, O. (1989 de).
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
172
Tab. 2: Lo sviluppo dei gruppi linguistici nel Sudtirolo dal 1880 al 2001
Censimenti sul territorio dell‟ Alto Adige
Anni (a) Tedeschi Italiani Ladini Altri (b) totale
Valori assoluti
1880 186.087 6.884 8.822 3.513 205.306 1890 187.100 9.369 8.954 4.862 210.285 1900 197.822 8.916 8.907 7.149 222.793 1910 223.913 7.339 9.429 10.770 251.451 1921 193.271 27.048 9.910 24.506 254.735 1961 232.717 128.271 12.594 281 373.863 1971 260.351 137.759 15.456 475 414.041 1981 279.544 123.965 17.736 9.593 430.568 1991 287.503 116.914 18.434 17.657 440.508 2001 296.461 113.494 18.736 34.308 462.999
Valori percentuali
1880 90,6 3,4 4,3 1,7 100,0 1890 89,0 4,5 4,3 2,3 100,0 1900 88,8 4,0 4,0 3,2 100,0 1910 89,0 2,9 3,8 4,3 100,0 1921 75,9 10,6 3,9 9,6 100,0 1961 62,2 34,3 3,4 0,1 100,0 1971 62,9 33,3 3,7 0,1 100,0 1981 64,9 28,7 4,1 2,2 100,0 1991 65,3 26,5 4,2 4,0 100,0 2001 64,0 24,5 4,0 7,4 100,0
Fonte: Peterlini, O. (2000d, it) p 157, (2000c, de) p 161, ISTAT, Österreichisches Stat. Zentralamt, Elaborazione dell‟
ASTAT. Per ulteriori spiegazioni vedi le note alla tabella 2 nella versione tedesca, p 130-131.
Nel passato si poteva prevedere lo sviluppo dei gruppi linguistici in base ai rilevamenti statistici
riferiti alle classi di età dei più giovani. L‟ultimo censimento con il rivelamento dei gruppi
linguistici per età avvenne però nel 1981. Sin da allora non è più possibile rilevare il gruppo
linguistico secondo le classi di età perché le dichiarazioni sono tenute segrete in base a
un‟innovazione legislativa. La più recente statistica alla quale ci si possa ulteriormente riferire si
basa su un rilevamento degli uffici anagrafici dei Comuni del 1990. La struttura della popolazione
in provincia di Bolzano si presenta come segue:
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
173
Tab. 3: Lo sviluppo dei gruppi linguistici, secondo classi di età
Età al
rilevamento
Fonte e anno
di
rilevamento
Eta attuale
nell‟ anno 2010
Tedeschi
%
Italiani
%
Ladini
%
Altri
%
Popolazione
intera Cens. 2001 Tutti 64,0 24,5 4,0 7,4
18 – sotto 21 Cens. 1981 47-50 69,6 26,1 4,3
18 – sotto 20 Anagrafe
1990
38- 40 70,3
23,0
4,5
2,2
0 - sotto 3 Cens. 1981 29-32 78,0
17,4 4,6
Fonte: Peterlini, O. (2000c, de) p 230, (2000d, it) p 225. Aggiornato in base alle informazioni di Gregorio Gobbi,
ASTAT, il 11.12.2009.
I dati non sono più cosi espressivi come anni fà ai tempi del rilevamento, quando si riferivano ai
giovani e giovanissimi. Ora – per motivi di privacy e cambiamento della normativa – non possono
più essere rilevati. Ma comunque segnalano il trend: più giovane è la popolazione, tanto maggiore è
la quota del gruppo linguistico tedesco e minore quella italiana. Si vede che nelle fasce di età più
giovani la quota del gruppo linguistico tedesco è superiore a quella della media di tutta la
popolazione.
Interessante in questo contesto è anche un raffronto delle rate di natalità nei centri urbani, dove vive
soprattutto la popolazione di lingua italiana, con le zone rurali, dove la parte prevalente della
popolazione è di lingua tedesca. Un tale confronto rivela una natalità sensibilmente maggiore in
queste ultime, il che signica che la popolazione di lingua tedesca ha una maggiore natalità in
confronto a quella italiana, più cittadina. Uno studio dell‟Istituto di statistica della Provincia di
Bolzano dimostra addiritura una differenza delle natalità tra i gruppri linguistici all‟interno della
stessa città di Bolzano. Tra il 1985 e il 1990 la natalità del gruppo italiano a Bolzano registra un
incremento da 0,96 figli per donna (in età fertile) a 1,07, mentre quella della popolazione di lingua
tedesca da una media di 1,28 figli per donna a 1,41. La più alta natalità si registrò in Bassa atesina,
dove gli italiani rimasero stabili al valore del 1,25, mentre la rata della popolazione tedesca nello
stesso periodo diminuì dal 1,64 a 1,25 figli per donna. Nonostante questa regressione la rata tedesca
anche in Bassa rimase comunque sempre molto più alta di quella italiana. 191
191
ASTAT (1998): Lo sviluppo della fertilità in Alto Adige 1960-1995, no. 59 p 25-27.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
174
Nel periodo tra il 2003 e il 2005 la rata di natalità a Bolzano salì a 1,43 figli per donna. In raffronto
con i comuni rurali però che registrarono una rata di 1,67 quella in cità rimase comunque molto più
bassa. 192
La piramide della popolazione secondo le fasce di età dimostra chiaramente gli effetti di questa
crescita naturale - come dimostra la rata di natalità – senza interferenze esterne. Secondo la tabella
sopra riportata in base all‟appartenenza linguistica delle fasce di età si può confermare questa
tendenza. Se i bambini fino a tre anni di allora (che oggi sono i trentenni) raprresenterebbero tutta la
popolazione della provincia, la quota tedesca sarebbe del 78 % e quella della popolazione italiana
del 17,4 %, mentre i Ladini crescerebbero dal 4 al 4,6%.
2.6.2.3 Il futuro richiede nuove soluzioni
Alla chiusura dei lavori della cosiddetta “Commissione dei 19” nell‟aprile del 1964 che elaborò la
base per il Pacchetto e la nuova autonomia, i rappresentanti Sudtirolesi in Commissione resero a
verbale una dichiarazione, poi ripresa anche dal Congresso straordinario della SVP al momento
dell‟approvazione del Pacchetto stesso nel 1969. In questa dichiarazione si sottolinea la necessità di
uno sviluppo dinamico dell‟autonomia che si dovrà adeguare alle nuove necessità non ancora
prevedibili che si presenteranno in futuro, auspicando un nuovo spirito di comprensione per poter
risolvere le nuove richieste che si presenteranno. La dichiarazione resa a verbale recita (nella
versione tedesca – qui tradotta - citata da Magnago):193
"La Commissione ha esaminato i problemi
del Sudtirolo come si presentano e come esistono attualmente, anche se non potevano essere
affrontati in un esame specifico tutte le questioni e tutti i punti di vista. Questo anche in vista del
permanente sviluppo sia delle istituzioni pubbliche che anche nel contesto delle situazioni
economiche e sociali. Uno sviluppo che non sfuggirà a nessuno, che necessariamente però
presenterà nuove questioni e richiederà nuove soluzioni. Queste però oggi non possono ne essere
previste ne riconosciute. Niente è definitivo nella vita umana e nelle relazioni umane. Il
permanenete sviluppo di tutta l‟esistenza creerà, anche nel superamento di paragrafi rigidi, nuove
esigenze, nuovi punti di vista e nuovi problemi. Sarà possibile affrontarli e risolverli solamente in
uno spirito di comprensione".
Il Congresso straordinario della SVP ha rievocato e confermato questa dichiarazione – in occasione
dell‟accettazione del Pacchetto (avvenuta a strettissima maggioranza) nella notte del 23 novembre
1969 in una risoluzione della maggioranza, esprimendo la speranza che "anche dopo l‟attuazione
192
Peterlini, O. (2000c, de) p 160-161, ISTAT, Österreichisches Stat. Zentralamt, Elaborazione ASTAT: Totale e
popolazione extracomunitaria in Alto Adige (2008), no. 134, p 17. 193
Magnago, S. (1976) p 44.
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
175
del Pacchetto sia possibile, in un clima di pacifica convivenza e di un nuovo rapporto di fiducia tra
lo Stato e il gruppo etnico, che l‟Italia tenga debitamente conto, in uno spirito europeo anche delle
richieste finora non esaurite dei rappresentanti Sudtirolesi come ulteriori atti in attuazione
dell‟Accordo di Parigi.” 194
Nella situazione di allora non poteva essere espresso in modo più chiaro che il Paccheto non potesse
rappresentare un punto finale, ma che dovese svilupparsi ulteriormente in modo dinamico.195
2.6.2.4 La svolta epocale in Europa
Con la caduta del Muro di Berlino (1989) e lo sgretolamento dell‟Unione Sovietica viviamo in
Europa una svolta epocale che ha visto risorgere le identità nazionali soffocate prima dall‟ordine
postbellico di Jalta, che sembrava insuperabile e in grado di cementare per secoli i confini in
Europa. Neanche i politologi più versati e audaci potevano prevedere la caduta di quel Muro che
divideva non solo la Germania ma tutta l‟Europa. E nessuno poteva prevedere la rivendicazione
della sovranità di tanti popoli che ha portato alla nascita di altrettanti Stati indipendenti. L‟Unione
Sovietica era ritenuta solidamente controllata e estremamente stabile. Sembrava impossibile che gli
Stati Baltici, Paesi asiatici ai margini dell‟Unione, o addirittura della Russia centrale, dell‟Ucraina o
della Moldavia potessero intraprendere il cammino verso l‟indipendenza. Visioni simili erano state
ritenute pure “utopie politiche”.
Con la rivoluzione pacifica degli anni 1989/90 questo termine può definitivamente essere assegnato
alla storia. Senza una nuova concezione della sovranità dei popoli, non sarebbe immaginabile che
popoli forzatamente inseriti in formazioni statali centralistiche di queste dimensioni, potessero
intraprendere un cammino verso la libertà e l‟indipendenza. La sovranità nazionale si rivelò più
importante del diritto positivo, incluso quello costituzionale dello Stato centralista che classifica
ogni dichiarazione di sovranità come illegale e anticostituzionale.196
Questo sviluppo non ha portato
solamente a una pacifica rivoluzione nell‟Est, ma ne hanno risentito anche le democrazie
occidentali.
2.6.2.5 Lo sviluppo in Italia
Anche in Italia si rafforzarono i movimenti autonomistici e i grandi partiti italiani, prima
centralistici agli inizi degli anni novanta incominciarono a inseguire questo trend. La forza
propulsiva proveniva dalla "Lega Nord", un movimento politico che si ispirava alle guerre di
194
Magnago, S. (1976) p 44. 195
Sulla chiusura del Pacchetto cfr. anche Di Michele, A./ Palermo, F./ Pallaver, G. (ed) (1992). 196
Neue Mitte (1991).
2 Le autonomie speciali
eccezioni in un sistema centralistico
176
indipendenza contro il Re tedesco poi Imperatore del Sacro Romano Impero, Federico I. detto il
Barbarossa (1122 –1190).
Ma anche le Regioni, fino allora poco presenti, alzarono la loro voce a favore di un nuovo
regionalismo. Oltre alle dichiarazioni comuni e una proposta di legge costituzionale di tutti i
Consigli delle Regioni d‟Italia, molti singoli Consigli regionali si inserirono nel dibattito con
proprie delibere e voti al Parlamento chiedendo un più incisivo regionalismo o addiritura uno Stato
federale.
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
177
3 Il lungo cammino - dal centralismo verso i
primi progetti di riforma
3.1 Il sistema politico italiano: un primo sguardo
3.1.1 Principi forti, ma democrazia debole
A differenza di altri paesi mediterranei come la Spagna, la Grecia e il Portogallo, l'Italia diventò
subito dopo la seconda guerra mondiale, una democrazia relativamente stabile. Già negli anni 50
contribuì alla costituzione della Comunità europea, diventandone uno dei Paesi fondatori. L'Italia
conobbe una rapida, anche se irregolare, crescita economica e una corrispondente
modernizzazione.1 Dal 1950 al 1990 il reddito pro capite in Italia aumentò come quasi da
nessun‟altra parte. Il tasso di crescita si posizionò al secondo posto nel mondo dopo la Corea del
Sud. Per fare un confronto europeo, il reddito crebbe così velocemente che alla fine di questo
periodo si avvicinò a quello pro capite della Germania e della Francia.2
Nonostante un‟esemplare Costituzione ispirata a profondi valori etici e democratici con la quale i
Padri costituenti intendevano bloccare ogni tentazione dittatoriale, l‟Italia soffre di una fragile
democrazia. L‟Italia dispone si di una giustizia indipendente, di un Parlamento eletto
democraticamente e di un Governo che si basa sulla fiducia parlamentare, però le tre potenze non si
trovano in equilibrio tra di loro. Allo squilibrio si aggiunge la quarta forza, quella dei mass media.
Soprattutto nell‟ambito dei media radiotelevisivi privati registriamo un quasi monopolio, nelle mani
dell‟attuale Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. 3 Il Parlamento viene sempre più limitato
nello svolgimento delle sue attività di rappresentante del popolo, dalla preponderanza del Governo.
Quest‟ultimo ricorre con aumentata frequenza all‟emanazione di decreti d'urgenza, che il
Parlamento può solamente emendare e ratificare a posteriori e dello strumento di fiducia per
l‟approvazione dei disegni di legge, con il quale il dibattito parlamentare e le possibilità di
cambiamenti vengono soffocate. Il Parlamento è costretto di votare un c.d. maxi-emendamento del
Governo senza poter minimamente incidere sul testo. Nel periodo legislativo in corso, il Governo
Berlusconi ha già richiesto, nei due anni dal 7 maggio 2008 al 10 giugno 2010, 34 volte la fiducia, 4
1 Cfr. Bull, M./ Rhodes, M. (ed) (2009) p 1- 13.
2 Cfr. De Cecco, M. (2009) p 107, come pure Dornbusch, R./ Nölling, W./ Layard, R. (ed) (1993), Boltho, A./ Vercelli,
A./ Yoshikawa, H. (ed) (2001). 3Cfr. Hibberd, M. (2009).
4 Il Messaggero del 9.6.2010.
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
178
quindi 1-2 volte al mese (in media esattamente 1,4 volte).5 Appesantiscono inoltre l‟equilibrio
democratico dei poteri, gli attacchi del Presidente del Consiglio contro la Magistratura e le leggi ad
personam per evitare di subire i processi penali a suo carico.6
Nel raffronto internazionale delle grandi democrazie dobbiamo registrare che solamente negli Stati
Uniti d‟America la rappresentanza popolare riveste il suo ruolo centrale in Parlamento. Lamenta
infatti Gianfranco Pasquino (2007),7 che l‟Italia si trova purtroppo sul polo opposto. Il Parlamento
italiano può essere considerato centrale solo per quanto riguarda la necessità di un esplicito voto di
fiducia al momento iniziale, ma non lo è affatto nel decesso del Governo, come lo è invece in
Germania o Spagna.
A differenza di queste democrazie l‟Italia non conosce il voto di sfiducia costruttivo. E crisi se ne
ebbero più che a sufficienza. Le crisi in Italia sarebbero tutte state provocate – secondo Pasquino –
fuori dal Parlamento. Una delle debolezze maggiori della democrazia italiana riguarda la mancanza
di stabilità di governo, specialmente, riferendosi al passato, prima della riforma della legge
elettorale nel 1993. Tra gli anni 1945 e 1989 ci furono in Italia ben 43 Governi, che rimasero in
carica mediamente dodici mesi. Il denominatore comune delle riforme era quindi quello di dare più
stabilità allo Stato.8
3.1.2 Partiti forti, Parlamento debole
Nella rappresentanza politica il Parlamento non occupa il ruolo centrale che gli spetterebbe, che
viene da una parte limitato dal Governo e dall‟altra dai partiti, che, di fatto, sono loro che svolgono
proprio questo ruolo. Fino allo scandalo delle tangenti (Tangentopoli) e la riforma della legge
elettorale nel 1993, esistevano in Italia sì una moltitudine di partiti, ma quello più potente la DC
(Democrazia Cristiana) dominò per ben 50 anni (1944-1994) con diverse coalizioni intorno al
centro.
3.1.2.1 La cosiddetta Prima Repubblica
Nonostante i Governi alternanti, in Italia regnava pertanto una stabilità politica, la stabilità dei
partiti. Dalla fine della guerra fino all‟inizio degli anni 90 la Democrazia Cristiana (DC), forza
trainante della politica con piccoli alleati (Socialisti, Socialdemocratici, Repubblicani e Liberali)
5 In merito al Governo Berlusconi cfr. Vassallo, S. (2009).
6 In merito alla corruzione, gli attacchi alla Magistratura e le leggi speciali cfr. Della Porta, D./ Vannucci, A. (2009) p
174- 195, Peterlini, O. (2009a it) (2010d, de it). 7 Pasquino, G. (2007) p 6.
8 Fabbrini, S. (2004) p 205 seg.
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
179
determinava il destino della Repubblica italiana. Con l‟aiuto del sistema elettorale proporzionale,
riuscì sin dal 1948 a formare una coalizione attorno al Centro (spesso Centrosinistra a volte
Centrodestra). Le forze più di destra, il Movimento Sociale Italiano (MSI), predecessore dell‟AN di
Fini, e a sinistra, il Partito Comunista Italiano (PCI), vennero per decenni esclusi dagli affari di
governo dalla DC.
Il Partito Comunista (PCI) formava il partito di opposizione più forte, riusciva a raggiungere quasi i
risultati della DC, superandola addirittura una volta, ma in elezioni Europee (nel 1984). Alle
elezioni politiche del 1976, il PCI riuscì quasi a “sorpassare“ la DC. La DC confermò l‟esito del
1972 (38,7 % dei voti per la Camera dei Deputati, ma solamente 262 seggi invece dei 266 del
1972). Però il PCI passò dal 27,1 % e 179 seggi (1972) a 34,4 % e 228 seggi.9 Insieme ai Socialisti
(9,6 %), il PSDI (3,38 %) ed i partiti più piccoli di sinistra, i Comunisti avrebbero concluso la
manovra di sorpasso.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri di allora (1964-68 e 1976) ed esponente di spicco della DC
Aldo Moro riconobbe la necessità di stringere un grande “compromesso storico“ per includere nel
Governo i Comunisti (PCI) di Enrico Berlinguer, che rappresentavano ad ogni modo la massa dei
lavoratori e oltre un terzo dei votanti. Berlinguer stesso aveva già proposto precedentemente un
compromesso con i Cattolici e un distacco del suo partito da quello comunista dell‟Unione
sovietica. Contro questo compromesso storico si misero sul piano internazionale gli USA, che nel
periodo della Guerra fredda temevano un rafforzamento della posizione sovietica, come pure
l‟Unione sovietica stessa, che temeva un avvicinamento del PCI agli USA e un distacco da loro.
Anche internamente le grandi lobby e la mafia, temevano per il loro potere di influenzare la politica
e non vollero la coalizione. Nel maggio del 1978. l‟allora Presidente della DC Aldo Moro, il politico
più influente insieme al Presidente del Consiglio dei Ministri Giulio Andreotti (1976-79), venne
assassinato dalle Brigate Rosse.
Il sistema politico rimase pertanto lo stesso fino all‟inizio degli anni 90, finché la Magistratura non
smascherò un vasto giro di tangenti, con le quali i partiti italiani si finanziarono.10
3.1.2.2 La cosiddetta seconda Repubblica
Con la Legge elettorale del 1993,11
venne introdotto un sistema elettorale prevalentemente
maggioritario (con una piccola riserva proporzionale) e avviato il cammino verso un sistema
bipolare, che raccolse le forze politiche intorno a due grandi schieramenti di destra e di sinistra.
Questo portò a una spaccatura della DC, perché dovette decidere se posizionarsi dall‟una o
9 Ministero degli Interni, http://elezion i storico.interno.it/index.php, scaricato il 8.12. 2009.
10 Sullo sviluppo dell‟Italia da Stato centrale a Stato regionale, cfr. Grasse, A. (2000).
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
180
dall‟altra parte. Lo scandalo di tangentopoli fece la sua parte nella fine del sistema dei partiti
tradizionali e della DC. La storica posizione predominante dei partiti rimase invece in piedi anche
nel nuovo assetto. Con le elezioni del 1994 si affermarono per la prima volta il partito di Silvio
Berlusconi Forza Italia (con il 21 % nella Camera) e il Partito Democratico di Sinistra PDS (con il
20,4 %). Negli anni a seguire questi rafforzarono la loro posizione, formando nuove coalizioni, a
destra (Polo, dopo Casa della Libertà, adesso Popolo della Libertà) e a sinistra (Ulivo, dopo
Unione, adesso Partito Democratico) includendo partiti isolati della Destra (AN) e della Sinistra.
La formazione di destra rimase quella fino all‟estate 2010 (anche se lacerata da una spaccatura con
l‟ex-Segretario di AN Gianfranco Fini), a sinistra il PD nelle elezioni del 2008 sganciò le forze più
di sinistra e i Verdi dalla coalizione elettorale e corse da solo.12
Nel 2005 con la nuova legge elettorale,13
i partiti politici rafforzarono ancora di più la loro
posizione determinante.14
Vennero aboliti i collegi uninominali e nel nuovo sistema proporzionale
tuttora in vigore non si prevede più il voto di preferenza come nel sistema proporzionale del passato
ma liste bloccate di candidati. In mancanza del voto di preferenza, sono i vertici dei partiti che
scelgono i candidati e definiscono la loro posizione nelle liste bloccate, con la conseguenza che
sono di fatto loro in questo modo a nominare ca. il 90 % del Parlamento. A parte la SVP, e primarie
per la scelta del premier, i partiti in Italia non effettuano primarie per la scelta dei candidati al
Parlamento. L‟elettore può scegliere solamente la lista e incide solamente in modo indiretto sulla
scelta del Parlamentare.15
Come lamentava giustamente più di quaranta anni fa Giovanni Sartori
(1963) i Parlamentari temono più le sanzioni dei vertici di partito che quelle degli elettori.16
A
dimostrazione di tale tesi Pasquino ricorda che i grandi uomini politici italiani hanno riservato i loro
discorsi politici più importanti per le assemblee di partito. Nessuno dei grandi leader politici è di
estrazione parlamentare. Non lo è mai stato, neppure con De Gasperi e Togliatti, Nenni, Fanfani e
Moro, Craxi e De Mita o Andreotti. E non lo è diventato – ricorda Pasquino – dopo la comparsa di
capi di governo privi di esperienza parlamentare come Berlusconi e Prodi.17
11
L 4 agosto 1993, no. 276. 12
I ruoli dei nuovi blocchi in Italia cfr. Diamanti, I. (2009). 13
L. 21 dicembre 2005, no. 270, Gazzetta Ufficiale no. 303. 14
Cfr. Bardi, L. (2009). 15
Peterlini, O. (2009 de) p 103-106. Peterlini, O. (2007a, de) p 1 und p 45-57. Peterlini, O. (2008 it) p 44-57. 16
Sartori, G. (1963) p 281-386. 17
Pasquino, G. (2007) p 7-9.
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
181
3.2 I tentativi di riforma degli anni ottanta e novanta
Dopo questo primo sguardo, rivolgiamo adesso la nostra attenzione ai vari tentativi di riforma
effettuati. A differenza di altri Paesi in Italia per lungo tempo non si sentiva la necessità di
preoccuparsi della manutenzione della Costituzione, come lamenta Pizzorusso.18
Fino al 1979 le
uniche formazioni politiche che si richiamavano al federalismo erano delle formazioni di
importanza elettorale solo provinciale o regionale. Giuseppe Gangemi cita in questo contesto la
Südtiroler Volkspartei, l‟Union Valdotaine e il Partito Sardo d„Azione.19
Si dovette attendere gli anni 80 affinché il Governo e il Parlamento scoprissero anche in Italia la
necessità di riformare l‟assetto dello Stato e avviare riforme costituzionali. La svolta la provocò il
Segretario del Partito Socialista (PSI) Bettino Craxi, quando nell‟autunno del 1979 lanciò l‟idea di
una Grande Riforma. L‟obiettivo di Craxi era quello di dare più stabilità al Governo affinché
potesse perdurare, a differenza delle esperienze del passato per una legislatura intera. A tal fine
voleva riformare il sistema elettorale (proporzionale), il bicameralismo e la forma di governo. È da
quel momento che si sviluppò in Italia il dibattito di riforma costituzionale. In tale contesto è da
menzionare anche il decalogo di Giovanni Spadolini, che nel 1982 prevedeva di realizzare una serie
di riforme mediante interventi legislativi e modifiche di regolamenti parlamentari. Un paio di
misure poterono effettivamente essere attuate, ma non ne scaturì mai una vera e incisiva riforma.20
3.2.1 La prima Bicamerale Bozzi (1983-1985)
3.2.1.1 I primi tentativi in Parlamento
Però in Parlamento gli sforzi proseguirono. Il 14 aprile 1983 la Camera e il Senato approvarono due
analoghi documenti, con i quali deliberarono di costituire una Commissione bicamerale, con il
compito di formulare proposte di riforme costituzionali e legislative. Era il periodo del 5° Governo
di Amintore Fanfani (1.12.1982 - 4.08.1983).21
La Bicamerale era formata da 20 Deputati della
Camera e 20 Senatori nominati da ambedue i Presidenti delle Camere in relazione alla consistenza
dei gruppi parlamentari. La Bicamerale ebbe il compito di preparare le riforme costituzionali e
presentare una relativa proposta alle Camere. Però la VIII. legislatura del Parlamento venne chiusa
anticipatamente il 4 maggio 1983.
18
Pizzorusso, A. (1999) p 47 - 48. 19
Gangemi, G. (2003) p 146. 20
Pizzorusso, A. (1999) p 48 – 49, sullo sviluppo del dibattito costituzionale cfr. p 47 – 100, nonché D‟Onofrio, F.
(2001). 21
Presidenza del Consiglio dei Ministri.
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
182
Divenne il destino anche delle successive riforme costituzionali, che i lavori dovettero essere
interrotti, perché il Parlamento a causa delle crisi di governo si dovette sciogliere anzitempo.
Il 26 giugno 1983 il Parlamento venne rieletto. Con delibere analoghe a quelle di aprile, le Camere
insediarono nuovamente, in forma simile, in data 12 ottobre 1983 la Bicamerale, composta questa
volta da due commissioni speciali, una della Camera e una del Senato, ciascuna di 20 membri
nominati dai Presidenti delle Camere, in rapporto alla consistenza dei gruppi. Venne nominato
Presidente il Deputato liberale Aldo Bozzi (dal quale la commissione prende il nome). A capo del
Governo c‟era il socialista Bettino Craxi (4. 08 .198 3-1. 8. 1986), con una coalizione di
Centrosinistra senza i Comunisti.
Già il 29 gennaio 1985 la Bicamerale presentò la sua relazione conclusiva, che prevedeva una lunga
serie di 44 ritocchi da apportare alla Costituzione.22
La relazione fu approvata con soli 16 voti
favorevoli, due si astennero, il resto votò contro o non partecipò al voto. 23
Si dichiararono a favore
i componenti della maggioranza facenti parte dei gruppi DC, PSI, PRI, PLI.24
Il gruppo dei
socialdemocratici e il Senatore indipendente DC Pietro Scoppola dichiararono di volersi astenere.
Espressero voto contrario i gruppi MSI-DN, Sinistra indipendente, Democrazia proletaria, SVP e
Union Valdotaine.
I rappresentanti del Partito Comunista, che costituivano il maggior gruppo di opposizione in
Parlamento, oltre ad esprimersi duramente contro, annunciarono di non partecipare al voto per
protesta. Secondo l‟intervento del Deputato PCI Ugo Spagnolli, la maggioranza non si sarebbe
impegnata per ottenere un vasto consenso. I risultati sarebbero inadeguati. I rappresentanti delle
minoranze linguistiche, Roland Riz per la SVP e Pietro Fosson per l‟Union Valdotaine,
lamentarono, che non sarebbe stato previsto nulla per l‟incremento delle Regioni e che
mancherebbe un vero federalismo, come ad esempio un Senato delle Regioni.
Furono presentate sei relazioni di minoranza da vari membri della Commissione, aventi come primi
firmatari rispettivamente gli onorevoli Russo, Barbera, Rodotà, Milani, Franchi e Riz , quest‟ultimo
della SVP.25
22
Commissione Bozzi, atti dal 1983 all‟85. 23
Pizzorusso, A. (1999) p 49. 24
La votazione può solamente essere ricostruita in base alle dichiarazioni di voto, perché il verbale stesso recita
solamente che la relazione fu approvata. 25
Camera/ Senato: Commissione parlamentare per le riforme costituzionali 29.1.1985.
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
183
3.2.1.2 I risultati della Bicamerale Bozzi
La Commissione aveva preparato proposte per i seguenti quattro temi:
o diritti fondamentali e libertà;
o forma di Stato;
o forma di governo;
o imposizioni dei diritti e Magistratura.
Per quanto riguarda la forma Stato e di governo vennero tra l‟altro sottoposte le seguenti proposte:
- riduzione del numero di Parlamentari (non nella proposta della Commissione, ma da diversi
proposte dei gruppi);
- nuova ripartizione degli eletti per la Camera dei Deputati;
- estensione dello status a Senatore di diritto (finora riservato ai Presidenti della Repubblica) ai
Presidenti delle Camere e della Corte Costituzionale per almeno una legislatura;
- limitazione del numero dei Senatori a vita a otto;
- limitazione della spesa per propaganda elettorale;
- abolizione del bicameralismo perfetto e limitazione della legislazione comune della Camera e
del Senato ai seguenti settori: procedura elettorale, Costituzione, organizzazione e funzioni
delle Istituzioni della Costituzione, del bilancio e del fisco, sanzioni penali con limitazioni alla
libertà personale, difesa delle minoranze, principi base delle leggi quadro, Statuti delle
Regioni, conversione di decreti legislativi e ratifica di contratti internazionali;
- per tutti gli altri settori la legislazione viene riservata esclusivamente alla Camera, fatto salvo
il diritto del Governo o di un terzo dei Senatori per richiedere un trattamento anche in Senato;
- innalzamento del quorum per l‟iniziativa popolare (attualmente 50.000 firme di elettori) a
100.000 e per il Referendum (attualmente 500.000) a 800.000 elettori;
- la fiducia o la sfiducia nei confronti del Governo viene espressa in Assemblea comune delle
Camere.
Interessanti sono anche le proposte per una democrazia interna ai partiti, una questione che oggi
risulterebbe di massima attualità a causa del sistema elettorale vigente che non prevede i voti di
preferenza. Su molti dei problemi affrontati, tuttavia, la Commissione non era riuscita a formulare
una proposta precisa, limitandosi a esporre una serie di ipotesi.26
E se si tiene conto del tipo di
approvazione (a minoranza), che essa aveva ricevuto, si può comprendere come questo risultato
venga, da Cazzola paragonato alla citazione biblica della montagna che partorisce un topolino.27
26
Pizzorusso, A. (1999) p 49. 27
Cazzola, F. (1984) p 287 seg. .
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
184
3.2.1.3 Una moltitudine di proposte ma nessun risultato
A seguito della presentazione della relazione della Bicamerale, furono depositate in Parlamento da
parte di vari gruppi politici - e dallo stesso Presidente - una serie di proposte di revisione
costituzionale che riprendevano in tutto o in parte le conclusioni formulate dalla Commissione.28
Anche il Presidente Bozzi presentò da parte sua come Deputato nove proposte. Queste furono
sottoposte all‟esame della Commissione costituzionale della Camera dei Deputati, la quale però non
prese in esame il trattamento delle stesse. Gli atti costituenti della Bicamerale non avevano appunto
previsto nessun diretto collegamento tra l„elaborato della Commissione e la legiferazione delle
Camere. In questo modo l‟iniziativa formale per progetti di bozze di legge era lasciata ai singoli
gruppi e ai Parlamentari. I partiti non trovando però un accordo, fecero sì che il progetto rimase
sulla carta.29
3.2.2 La Lega Nord: dal regionalismo al federalismo
All'inizio degli anni 90 il dibattito si riaccese. Le forze propulsive volevano portare il pavido
regionalismo verso un federalismo con lo scopo di modificare la struttura dello Stato e di rivalutare
le Regioni. Le Regioni italiane iniziarono ad avanzare le loro richieste per ottenere un ruolo nuovo.
Una forte spinta verso il regionalismo si verificò all'inizio degli anni '90 con una allora nuova forza
politica, la "Lega Nord", che pretendeva una federalizzazione dello Stato.30
Anche il Parlamento
riprese al via delle riforme per portare l‟Italia dal regionalismo verso un assetto più federalista.31
I progetti per la nascita di un movimento federale, sulle basi delle quali si sviluppo più tardi la Lega,
risalgono ai incontri e scambi di idee tra il leader storico della Lega Umberto Bossi e il segretario
dell‟Unione Valdotaine, Bruno Salvadori nell‟anno 1979 all‟Università di Pavia. Estasiato dalle
idee comuni, Bossi fondò nel 1980 l‟Unione Nord Occidentale Lombarda per l‟Autonomia. Negli
anni a seguire vennero fondati in diverse regioni del Nord movimenti federali, di cui la Liga Veneta
e l‟Union Piemonteisa. Il 12 aprile 1984 Bossi e le sue persone di fiducia, diedero vita, con atto
notarile di Varese al movimento battezzato: Lega Autonomista Lombarda, in breve Lega Lombarda.
Nelle elezioni europee del 1984 i movimenti federali si presentarono insieme per la prima volta, col
nome di Unione per l‟Europa Federalista, non riuscirono però a far eleggere nessun deputato. Nelle
elezioni politiche del 14 giugno 1987 alla Lega Lombarda riuscì il primo sfondamento: Umberto
28
http://www.camera.it/parlam/bicam/rifcost/dossier/prec03.htm, scaricato il 18.6.2010. 29
Camera dei Deputati: Commissione parlamentare per le riforme Costituzionali
http://www.camera.it/parlam/bicam/rifCost/dossier/prec03.htm#A, scaricato 8.12.2009. 30
Mannheimer, R. (ed) (1991). 31
Cfr. Bifulco, R. (2004), Petraccone, C. (1995), Chiappetti, A. (2004).
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
185
Bossi venne eletto al Senato (da allora viene chiamato “Il Senatur“), Giuseppe Leoni alla Camera
dei Deputati. Nell‟anno 1989, tutti i movimenti autonomistici della Lombardia, del Piemonte,
dell‟Emilia Romagna, della Liguria e della Toscana si presentarono uniti come Alleanza Nord, alle
successive elezioni Europee e poterono mandare due deputati a Strasburgo: Francesco Speroni und
Luigi Moretti.32
Nello stesso anno, il 22 novembre 1989, i movimenti che avevano partecipato alle
elezioni Europee, sottoscrissero a Bergamo l‟atto costitutivo e lo Statuto della Lega Nord.33
Dopodiché la Lega alle elezioni politiche del 1987 aveva ottenuto un solo e unico mandato per la
Camera e uno per il Senato e lo 0,5% dei voti a livello nazionale, alle elezioni del 1992 seguì il
colpo grosso. L‟attacco contro la Roma corrotta e il nuovo pensiero federalista portarono la Lega a
un successo strepitoso. Seppur si fosse candidata solamente nelle regioni del nord, riuscì ad ottenere
l‟8,7% dei voti in Italia e salì da 1 a 55 seggi nella Camera dei deputati. Nel Senato riuscì a salire da
un seggio a ben 25 seggi, ottenendo l‟8,2% dei voti.34
Lo scopo dichiarato della Lega era, e lo è tutt‟oggi, quello di riformare lo Stato su principi federali.
Nel dibattito pubblico sono stati presentati una serie di modelli, che spaziano dallo Stato regionale
decentralizzato fino a uno Stato federale.35
Visto superficialmente, il regionalismo e il federalismo sembrano di distinguersi solamente dal
punto di vista quantitativo, riconducendo la differenza al numero delle competenze del livello sub-
governativo. La differenza qualitativa, spesso non viene presa in considerazione.36
Una critica assai
acuta contro questa concezione venne formulata da Gianfranco Miglio, il filosofo della Lega Nord,
nel suo “Modello di Costituzione Federale per l‟Italia“.37
32
Provenzano, F.M. (2010) p 17-21. 33
Riguardo alla Lega, cfr. inoltre: Provenzano, F.M.(2010), Peterlini, O. (2010b, it), Passalacqua, G. (2009), Parenzo,
D./ Romano, D. (2008), Signore, A./ Trocino, A. (2008), Della Luna, M. (2008), Virzì, C. (2006), Gangemi, G. (2003)
(1999) (1997), Cento Bull, A./ Gilbert, M. (2001), Miglio, G. (1999) (1994) (1994a) (1994b), Miglio, G./ Barbera, A.
(1997), Pasquino, G. (1996), Mannheimer, R. (ed) (1991), Biorcio, R. (2002) (2002a) (1997) (1991), Vimercati, D.
(1990). 34
Peterlini, O. (2009 de) p 79 - 80. 35
Cfr. inoltre Zeller, K. (1994). 36
Peterlini, O. (1996a, it), (1996b, de), (1997b, de), (1997a, eng) p 23-25.
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
186
Fig. 12: Le proposte per una suddivisione federale dell‟Italia
5
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
in senso federale e riflessi
sull'autonomia del Trentino Alto
Adige/Südtirol, Servizio Giovani 2008
Le Forze Le Forze propulsivepropulsiveInizi anni 90:Inizi anni 90:
La Lega Nord di Bossi chiede Stato federaleLa Lega Nord di Bossi chiede Stato federale
Gianfranco Miglio critica regionalismo come Gianfranco Miglio critica regionalismo come nemico del federalismonemico del federalismo
Regioni alzano la voceRegioni alzano la voce
ProposteProposte
FondazioneFondazione Agnelli: 12 Agnelli: 12 MacroMacrorregioniegioni
Miglio: I3 Cantoni: Padania, Italia Centrale e Miglio: I3 Cantoni: Padania, Italia Centrale e Italia Meridionale, 5 Regioni specialiItalia Meridionale, 5 Regioni speciali
Francesco Francesco SperoniSperoni: 9 : 9 MacroregioniMacroregioni
Miglio propose nel suo “Modello di Costituzione Federale per l‟Italia”la suddivisione del Paese in
tre grandi Cantoni, la Pianura padana, l‟Italia centrale e l‟Italia meridionale, con conservazione
delle cinque Regioni a Statuto speciale.38
I critici gli rimproverano di andare ben oltre un riordino
dello Stato in senso federale e di stravolgere alla radice la Costituzione del 1948, che è il frutto di
una risposta alla guerra nazifascista.39
Miglio definisce lo Stato regionale come l‟esatto contrario di
uno Stato federale, perché lo Stato regionale non presenta nessuno degli elementi essenziali di uno
Stato federale, è costruito gerarchicamente e non prevede livelli con diritti equiparati.40
3.2.3 Il tramonto della prima repubblica
Tra il 1989 e il 1994 l‟Italia ha sperimentato una delle più traumatiche e profonde discontinuità mai
registrate all‟interno di un regime democratico consolidato. L‟unico caso noto di una
trasformazione così radicale è quello della Francia nel passaggio dalla IV alla V repubblica.
37
Miglio, G. (1994) p 4 e 5. 38
Miglio, G. (1994) p 4 e 5. 39
Passerini, V. (1995). 40
Cfr. Cap 1.5.5 Segni distintivi del federalismo e delimitazioni del regionalismo
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
187
Il sistema politico ha sofferto gli effetti di una malformazione genetica, lamentano Ceccanti e
Vassallo,41
la sindrome del pluralismo polarizzato, come lo battezzò Giovanni Sartori già nel 1992.
Questo sistema ha effettivamente inibito il ricambio della classe dirigente e ha consentito una
penetrante colonizzazione partitica degli apparati pubblici, dell‟economia e della società. 42
Agli inizi degli anni 90 le indagini della magistratura di Milano contro il finanziamento illecito dei
partiti, gli scandali per la corruzione e l‟ascesa della Lega Nord scossero fortemente il panorama
politico italiano. 43
Alle elezioni per il Parlamento del 5 aprile 1992 iniziarono a delinearsi le prime
ripercussioni. La Democrazia Cristiana (DC), che fino alla fine degli anni 50 raggiungeva oltre il
40% dei voti a livello nazionale, alle elezioni del 1993 scivolò sotto la soglia del 30%, ma riuscì
comunque a salvare il suo risultato con circa il 29,7%, prima di iniziare l‟inarrestabile discesa alle
elezioni successive fino alla scomparsa.
3.2.4 Un nuovo sistema elettorale: più vicini agli elettori
L‟Italia era sotto shock per gli scandali legati alla corruzione. Si sperava di riconquistare la fiducia
dei cittadini con una riforma elettorale e un sistema più trasparente. Il sistema proporzionale con
collegi molto grandi per l‟elezione della Camera dei Deputati aveva fatto sì che i candidati fossero
pressoché sconosciuti alla popolazione e che andasse perso sempre di più il contatto diretto tra gli
eletti e gli elettori.
Non si riuscì, tuttavia, a prendere la decisione per un sistema maggioritario a collegi unici e, quindi,
ci si decise per un sistema misto, composto per tre quarti dal maggioritario a collegi uninominali e
un quarto con sistema proporzionale. Il Mattarellum, come viene denominato secondo il suo
ideatore, il deputato Sergio Mattarella, entrò in vigore con legge del 4 agosto 1993, n 276. 44
Tra le attese sugli effetti del maggioritario c‟erano la speranza di più trasparenza e vicinanza al
cittadino così come la riduzione del numero dei partiti. I collegi elettorali portarono senza dubbio ad
una vicinanza maggiore col cittadino, ma non a una riduzione dei partiti. Anzi, la frammentazione
partitica risulta addirittura aumentata, registrano Chiaramonte e D‟Alimonte nel 2004. 45
Si aggirarono gli effetti del sistema elettorale maggioritario. I partiti si univano solamente in
maniera tecnica, ripartendo i collegi elettorali ritenuti sicuri per la propria coalizione politica in tutta
41
Ceccanti, S./ Vassallo, S. (2004a) p 19-20 seg.; gli autori analizzano anche i retroscena sociali di questo
cambiamento. 42
Sartori, G. (1982). 43
In merito alla corruzione in Italia cfr. Della Porta, D./ Vannucci, A. (2009) p 174-197. 44
Peterlini, O. (2009 de) p 79-80. 45
Chiaramonte, A./ D'Alimonte, R. (2004) p 115.
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
188
Italia tra i partiti delle coalizioni, dando così la possibilità anche ai piccoli partiti di poter fare la
loro parte.
Ma il bilancio non cambiò neanche dopo. Aldo Di Virgilio giunge nel 2004 alla conclusione che le
alleanze hanno portato si a una stabilità ma a nessuna coesione.46
Non era colpa del sistema, ma
questo non era sufficiente, per sgombrare da un giorno all‟altro una vecchia tradizione italiana.
Corbetta e Segatti lamentano una crescente personalizzazione della leadership e il carattere
populistico del rapporto con l'elettorato.47
Non possiamo però colpevolizzare anche per questo il
sistema elettorale, tanto più che dopo l‟abolizione del Mattarellum nel 2005, il carattere populistico
è peggiorato invece di migliorare.
Gli scandali di corruzione investirono per primi i partiti governativi, DC e PSI. Però l‟avvicinarsi
del crollo dell‟Unione sovietica colpì i partiti di sinistra. Solamente cosi si spiega lo stato di
semiparalisi della vita politica italiana. 48
3.2.5 La proposta di Silvano Labriola
Un primo importante passo verso il federalismo lo decise la Commissione per gli Affari
costituzionali della Camera dei Deputati che, in data 12 marzo 1991, deliberò di usare come testo
base per la riforma del bicameralismo la bozza del Presidente della Commissione, il Socialista
Silvano Labriola, e non il testo proposto dal Senato. Labriola prevedeva nella sua proposta un
Senato delle Regioni, un elenco tassativo delle competenze dello Stato, riservando tutte le altre
competenze alle Regioni con l‟inversione della clausola generale a favore delle stesse. Labriola
disse testualmente in Commissione affari costituzionali: "Per quanto rigurda la suddivisione delle
competenze tra Stato e Regioni, allo Stato dovrebbero essere riconosciute solamente quelle a lui
nello specifico, ad esempio, politica estera, difesa, giurisdizione (tutte competenze collegate fra di
loro). Tutto ciò che non compete lo Stato, spetta alle Regioni.” 49
La Commissione infine presentò
il progetto all‟Aula della Camera in forma più affievolita.50
Successivamente vennero presentati
diversi altri progetti. La Camera però, nel luglio del 1991, non riuscì a concludere il dibattito Le
elezioni anticipate del 5 aprile 1992 affondarono definitivamente il tentativo di riforma.
46
Cfr. Di Virgilio, A. (2004) p 187. 47
Corbetta, P./ Segatti, P. (2004) p 147-148. 48
Pizzorusso, A. (1999) p 53. 49
Camera dei Deputati, Protocollo della Commissione affari costituzionale del 19.02.1991. 50
Camera dei Deputati, Commissione parlamentare per le riforme costituzionali.
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
189
3.2.6 La spinta delle Regioni
3.2.6.1 Le Regioni chiedono un ruolo nuovo
Già prima che il Parlamento si attivasse, la discussione sulla struttura regionalistica o federativa
dello Stato aveva coinvolto anche le Regioni italiane.
Fig. 13: La forza propulsiva delle Regioni
7
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
e riflessi sul federalismo fiscale;
Messina 11.12.2008
La forza propulsiva delle RegioniLa forza propulsiva delle Regioni
Le Regioni Le Regioni chiedonochiedono::
Un ruolo di maggior rilievo e nuove competenze in Un ruolo di maggior rilievo e nuove competenze in
forma esclusiva forma esclusiva
La limitazioneLa limitazione delle delle competenzecompetenze dellodello StatoStato ai suoiai suoi
ambitiambiti classiciclassici
La clausola generale a favore delle Regioni La clausola generale a favore delle Regioni
Audizione delle Regioni presso la Bicamerale il 24.2. 1993Audizione delle Regioni presso la Bicamerale il 24.2. 1993
Ci furono incontri periodici tra i Presidenti dei Consigli regionali che sfociarono anche in sedute più
ampie alle quali erano invitati i delegati dei Consigli regionali. I Consigli regionali richiedevano in
modo sempre più evidente un regionalismo e maggiori competenze alle Regioni.51
Una spinta
particolare la diedero le Regioni a statuto speciale, potendo esse avvalersi di esperienze concrete e
di successo con i modelli di autonomia. Esse volevano evitare a tutti i costi un processo che sarebbe
andato a loro discapito e che avrebbe probabilmente uniformato tutte le Regioni. Infatti, esse
collaboravano tra loro non soltanto in occasione degli incontri tra i Presidenti di tutte le Regioni, ma
si incontravano anche regolarmente - già all'inizio degli anni '90 - come Regioni a statuto speciale
per formulare le loro richieste.52
51
Andreatta, G./ Postal, G./ Beber, F./ Castellano, G./ Morandi, L. (1998). 52
L‟autore di questa tesi poteva seguire personalmente questi sviluppi e incidere su di essi, in quanto dal 1988 al 1998
rivestiva alternativamente la carica di Presidente e Vicepresidente del Consiglio regionale del Trentino Alto Adige.
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
190
3.2.6.2 Il Trentino-Alto Adige chiede uno Stato federale
Il 19 febbraio 1991 il Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige fu tra i primi ad approvare con
larga maggioranza il voluminoso voto no. 30 e 31 riunificati, che ai sensi dell'art. 35 dello Statuto
autonomo venne trasmesso al Governo per la presentazione alle Camere del Parlamento.53
Con tale atto il Consiglio regionale esortò il Parlamento a trasformare l'Italia in un moderno Stato
federale europeo. Nelle premesse si fa riferimento alla crescente attenzione in Europa riguardo ai
principi federalisti. "L‟integrazione europea deve implicare l'ampio coinvolgimento di tutti gli Stati
(…).” “Una radicale riforma regionalista dello Stato si sta dunque rilevando il modo ottimale per
rispondere ad una triplice crisi: la crisi politica, la crisi dello Stato nazionale (…).” In definitiva
risulta essenziale procedere tempestivamente ad una riforma che:
realizzi condizioni più avanzate per il processo dell'Europa delle Regioni;
superari la crisi del modello centralistico di Stato;
inverta la logica attuale dell'art. 117 della Costituzione definendo solo i compiti dello Stato
e considerando tutti gli altri attributi alle Regioni, ivi compreso l'ordinamento sub regionale;
realizzi condizioni di autonomia ampia e responsabile attribuendo alle regioni potestà
impositiva con devoluzione parziale allo Stato anche per le funzioni perequative;
decentri gli enti statali e le funzioni ministeriali;
riveda il sistema del bicameralismo parlamentare istituendo la Camera delle Regioni e
promuova quindi il superamento del controllo governativo sugli atti delle Regioni".
L'autonomia speciale dell'Alto Adige e del Trentino "va comunque salvaguardata ed ulteriormente
rafforzata dinamicamente" e "dovrà avere un compito propositivo e propulsore in Italia".
"Per queste ragioni e ciò premesso, il Consiglio Regionale del Trentino-Alto Adige nella seduta del
19 febbraio 1991, a maggioranza di voti legalmente espressi, fa voti affinché il Parlamento affronti
tempestivamente la riforma istituzionale tesa alla realizzazione di uno Stato federale secondo le più
evolute esperienze europee e in direzione dell'Europa delle Regioni.
Tale riforma deve tener conto delle esigenze specifiche delle Regioni a statuto speciale ed in
particolare della Regione autonoma Trentino-Alto Adige, della Provincia Autonoma di Trento e
della Provincia Autonoma di Bolzano secondo l'Accordo Internazionale di Parigi." 54
53
Peterlini, O. (1997a, eng) (1997b, de) (1996a, it) (1996b, de) p 26-27. 54
Consiglio regionale del Trentino Alto Adige, voti 30 e 31, del 19 febbraio 1991.
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
191
Fig. 14: La Regione Trentino Alto Adige chiede per prima uno Stato federale
9
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
e riflessi sul federalismo fiscale;
Messina 11.12.2008
TrentinoTrentino--Alto Adige chiede Stato federaleAlto Adige chiede Stato federale
Per queste ragioni e ciò premesso il Consiglio Per queste ragioni e ciò premesso il Consiglio Regionale del TrentinoRegionale del Trentino--Alto Adige nella seduta Alto Adige nella seduta del 19 febbraio 1991, a maggioranza di voti del 19 febbraio 1991, a maggioranza di voti
legalmente espressi, fa voti affinchlegalmente espressi, fa voti affinchéé il Parlamento il Parlamento affronti tempestivamente la riforma istituzionale affronti tempestivamente la riforma istituzionale
tesa alla realizzazione di uno Stato federale tesa alla realizzazione di uno Stato federale secondo le pisecondo le piùù evolute esperienze europee e in evolute esperienze europee e in
direzione delldirezione dell’’Europa delle Regioni.Europa delle Regioni.
Voto al Parlamento, n. 30 e 31, (Voto al Parlamento, n. 30 e 31, (Art. 35 Art. 35 StatutoStatuto di di AutonomiaAutonomia))
3.2.6.3 Le Regioni ordinarie si limitano al regionalismo
Le Regioni a statuto ordinario non potevano e non volevano andare di pari passo con le richieste del
Trentino-Alto Adige e delle Regioni a statuto speciale, e si limitarono in sostanza a chiedere il
regionalismo. Ma l'8 maggio 1992 si giunse comunque ad una bozza della Costituzione comune di
tutte le Regioni d'Italia, che considerava sì una serie di proposte anche delle Regioni autonome,
prevedendo ugualmente l'inversione del principio costituzionale e la limitazione delle competenze
dello Stato, ma che altrimenti era più contenuta. In quella bozza viene confermato in modo
evidente il particolare ruolo delle Regioni autonome, prevedendo oltre ai loro nomi italiani
Trentino-Alto Adige e Valle d'Aosta espressamente anche quelli in tedesco (Trentino-Südtirol) ed
in francese (Vallée d'Aoste).55
55
Neue Mitte (1991). Conferenza dei presidenti dell‟Assemblea e dei Consigli delle Regioni e delle Province Autonome
(1993) p 199 seg. .
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
192
3.2.6.4 Le Regioni a statuto speciale vanno avanti
Attraverso tutta una serie di voti, le Regioni a statuto speciale, come il Trentino-Alto Adige, si
pronunciarono a favore di una riforma dello Stato in senso federale.56
Il 10 febbraio 1993 a San Martino di Castrozza (Provincia di Trento), su invito del Consiglio
regionale del Trentino-Alto Adige, i Presidenti e i rappresentanti dei quattro Consigli regionali
autonomi e dell'Assemblea siciliana elaborarono un documento congiunto con il quale le Regioni
speciali esigevano "una complessiva ridefinizione della forma di Stato, secondo i principi di un
neoregionalismo avanzato, ispirato anche ai criteri propri degli Stati federali". Questa
enunciazione formulata in modo così cauto è da risalire al fatto che il Friuli-Venezia Giulia non era
ancora riuscito a deliberare sulla riforma in Consiglio regionale e lo fece solo in un secondo
momento. Ma le richieste erano chiare: 57
1. Alle Camere del Parlamento nazionale deve essere riservata la potestà legislativa
esclusivamente per le classiche materie di interesse generale dello Stato, che si possono esprimere
con i simboli della bandiera (politica estera), della spada (difesa), della moneta (politica economica)
e della toga (giustizia). Pertanto la potestà legislativa in tutte le materie non espressamente riservate
al legislatore nazionale è attribuita al legislatore regionale.
2. Le leggi regionali e delle province autonome non sono da sottoporre ad alcun controllo o
visto governativo. Il Governo potrà impugnarle solo per contrasto con i principi costituzionali
davanti alla Corte Costituzionale.
3. Il progetto di legge costituzionale dei Consigli può essere condiviso. Dovrebbero però essere
previsti dei diritti di rappresentanza complementari nella formazione di organi di Stato nonché nella
determinazione delle politiche e nelle istituzioni comunitarie.
4. A tutte le Regioni deve essere riconosciuta la potestà organizzativa in grado di incidere
anche sulla scelta della forma di governo.
5. Le Regioni e le Province autonome devono partecipare a pieno titolo all'attività del Comitato
delle Regioni in Europa e degli altri organi dell'Unione Europea a competenza regionale.
6. Deve essere attribuita una riserva di iniziativa legislativa in ordine alla procedura di
revisione dei rispettivi Statuti, che saranno adottati con leggi costituzionali nel testo proposto dalle
Regioni interessate.
7. La ridefinizione dell'autonomia finanziaria delle Regioni e delle Province autonome deve
essere realizzata con l'applicazione del principio di solidarietà tra le Regioni.
56
Questo capitolo si basa su: Peterlini, O. (1996a, it) (1996b, de). 57
Regionalrat Trentino Südtirol/ Consiglio Regionale (1993).
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
193
Fig. 15: Le Regioni speciali vanno oltre con le loro richieste
8
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
e riflessi sul federalismo fiscale;
Messina 11.12.2008
Le Regioni speciali vanno oltre
Riservare allo Stato solo le competenze classiche
Nessun controllo governativo sulle leggi regionali e provinciali
Possibilità delle Regioni di decidere la propria forma di governo
Partecipazione delle Regioni al Consiglio delle Regioni d’ Europa e agli altri organi dell’ UE per affari regionali
Autonomia finanziaria per le Regioni e le Province autonome
3.2.6.5 L'audizione delle Regioni alla "Bicamerale"
Il 24 febbraio 1993 l'impegno dei Consigli regionali raggiunse l'apice con l'audizione ufficiale e con
il passaggio in Parlamento. I Presidenti furono invitati alla Commissione Bicamerale. Durante
l'audizione, che ebbe luogo nella "Sala della lupa" nella Camera dei Deputati a Roma, il
rappresentante dei Presidenti dei Consigli regionali d'Italia, Antonio Galati, espose la bozza della
Costituzione della Conferenza dei Presidenti di tutti i Consigli regionali. Il Presidente del Consiglio
regionale del Trentino Alto Adige (l'autore del presente studio) in nome delle Regioni autonome
presentò il documento delle Regioni e delle Province autonome che era stato elaborato a San
Martino di Castrozza.Il fallimento della riforma costituzionale a livello parlamentare non fermò le
Regioni che perseverarono nel loro intento accordandosi su comuni principi. L'11 ottobre del 1995
in occasione di un incontro a Caprarola presso Viterbo dei Presidenti delle Regioni e dei Consigli
regionali con il Capo dello Stato si fece un nuovo passo avanti per una Riforma dello Stato secondo
i principi federalisti.58
Ma prima di arrivare ai prossimi ulteriori sviluppi esaminiamo gli sforzi compiuti in Parlamento.
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
194
3.2.7 La Commissione Bicamerale De Mita – Jotti (1992-1994)
Dopo le elezioni politiche nell'aprile del 1992, le Camere intrapresero un serio tentativo al fine di
modernizzare la Costituzione e riordinare il rapporto Stato-Regioni per dare a queste ultime
maggiori competenze. La Lega Nord aveva posto la parola "federalismo" sulla propria bandiera. Ma
nonostante il grande successo elettorale, continuavano a prevalere i grandi partiti tradizionali il cui
scopo era non tanto il federalismo quanto un nuovo regionalismo.59
Il 23 luglio 1992 la Camera dei Deputati e il Senato approvarono due risoluzioni (Bianco ed altri
alla Camera, Gava ed altri al Senato), con le quali venne decisa la nomina di una commissione che
doveva rielaborare e verificare le bozze esistenti a tale riguardo. L'incarico si limitava ai titoli da I a
V della seconda parte della Costituzione, cioè I) il Parlamento, II) il Presidente della Repubblica,
III) il Governo, IV) la Giustizia, inoltre V) le Regioni, le Province e i Comuni.60
In seguito a tali risoluzioni venne costituita la cosiddetta "Bicamerale", la "Commissione
parlamentare per le riforme istituzionali". Essa era composta da 30 Deputati della Camera e da 30
Senatori che vennero nominati nell'agosto del 1992 su proposta dei gruppi parlamentari dai
Presidenti di Camera e Senato. La Commissione si insediò il 9 settembre 1992. Il Presidente fu
dapprima Ciriaco De Mita e successivamente Nilde Jotti, per questo detta anche Commissione De
Mita-Jotti.
58
Il Sole24ore 12.10.1995, Il Gazzettino 11. e 12.10.1995, Il Piccolo 4.10.1995, L‟Arena 12.10.1995, L‟Indipendente
24.04. 11.10 e 12.10.1995. 59
Sulla via della decentralizzazione e i suoi motivi sottostanti cfr. anche Newell, J. (1998) p 173-194. 60
Camera dei Deputati: Le riforme Costituzionali, schede di sintesi.
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
195
Fig. 16: Bicamerale De Mita ––Jotti (1992)
7
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
e riflessi sul federalismo fiscale;
Messina 11.12.2008
Bicamerale Bicamerale
De Mita De Mita –– JottiJotti (1992)(1992)
Modernizzazione della Costituzione e della Modernizzazione della Costituzione e della
relazione Statorelazione Stato--RegioniRegioni
Compito: riforma della parte seconda della Compito: riforma della parte seconda della
Costituzione (Ordinamento della Repubblica):Costituzione (Ordinamento della Repubblica):
Parlamento, Presidente della Repubblica, Parlamento, Presidente della Repubblica,
Governo, Magistratura, Regioni, Province e Governo, Magistratura, Regioni, Province e
Comuni Comuni
La legge costituzionale n. 1 del 6 agosto 1993 elevò questa Commissione a rango costituzionale e le
trasmise l'incarico di elaborare un progetto organico per riformare la seconda parte della
Costituzione italiana (l'Ordinamento della Repubblica). In base a ciò la Commissione iniziò i lavori
e già dopo meno di sei mesi, l'11 gennaio 1994 presentò un progetto organico di rielaborazione
della Costituzione.
3.2.7.1 I contenuti principali della bozza del 1994
Il punto fondamentale verso una riforma federale, che scaturiva dalla bozza della legge
costituzionale (A.C. 3597 - A.S. 1789), era un nuovo rapporto nelle relazioni tra Stato e Regioni.
Mentre la Costituzione del 1948 aveva previsto un totale di 18 competenze per le Regioni,
riservando tutto il resto allo Stato sotto forma di una clausola generale, questo sistema doveva
essere capovolto: era previsto un elenco tassativo delle competenze dello Stato e una clausola
generale a favore delle Regioni, con la previsioni di una serie di strumenti giuridici a protezione
dell'autonomia regionale. Oltre a ciò erano previsti anche l'incarico diretto di un Primo Ministro
tramite il Parlamento, la sua responsabilità per la nomina e la revoca di ministri ed anche
l'introduzione del cosiddetto voto di sfiducia costruttivo. La bozza prevedeva anche una riforma
della legge sul bilancio e delle leggi urgenti, come pure una semplificazione della legislazione e una
nuova organizzazione dell‟amministrazione pubblica.
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
196
3.2.7.2 La forma di governo proposta
Sottolineando "l'unità della Repubblica" fu proposto un nuovo modello per un cosiddetto "Stato
regionale" prendendo intenzionalmente le distanze dal concetto di "federale".
Furono elencate le competenze riservate allo Stato che si concentravano sostanzialmente sui quattro
settori classici: la bandiera (politica estera), la spada (difesa), la bilancia (giustizia) e la moneta
(politica del bilancio e finanziaria). Inoltre allo Stato spettavano le norme relative ai diritti
fondamentali liberali e civili e ai diritti costituzionali di natura etica, sociale, economica e politica.
Venne definita per la prima volta la clausola generale a favore delle Regioni: tutte le materie che
non erano di competenza dello Stato sarebbero state regolate da esse.
Infine oltre ai suddetti settori originari vennero aggiunte per lo Stato le competenze riguardanti la
politica industriale e ambientale, i trasporti e i grandi mezzi di comunicazione, la salvaguardia
dell'ambiente e l'igiene pubblica, la ricerca scientifica e la tecnologia ed anche la tutela dei diritti
d'autore in ambito artistico, letterario ed intellettuale, la prevenzione, le regole generali per la tutela
del lavoro, l'ordinamento e la programmazione della scuola e dell'università, l'organizzazione
dell‟amministrazione, il diritto di voto, l'ordinamento delle professioni, la statistica, i pesi e le
misure, le armi, le poste e le telecomunicazioni, l'ordinamento dello sport d'interesse nazionale.
3.2.7.3 Le competenze delle Regioni a statuto speciale
Anche per le Regioni a statuto speciale la bozza prevedeva la clausola generale a favore di esse,
attribuendo alle Regioni autonome tutte le competenze in forma esclusiva, tranne quelle
espressamente riservate allo Stato. Inoltre le Regioni autonome avrebbero potuto ottenere ulteriori
competenze in forma concorrente con lo Stato da stabilire con le leggi costituzionali che sarebbero
dovuto essere definite in accordo tra la Regione e lo Stato.
3.2.7.4 Il potere legislativo delle Regioni a statuto ordinario
Mentre fino allora in Italia le competenze esclusive erano previste solamente per le Regioni a
statuto speciale, la riforma prevedeva un'estensione di questo istituto anche alle Regioni con statuto
ordinario. Tra le competenze esclusive erano previste importanti settori, come quelli
dell'agricoltura, del commercio, dell'artigianato, del turismo, dell'istruzione professionale,
dell'ambiente ed altri ancora. La Costituzione e le norme generali delle riforme economiche e
sociali dello Stato rappresentavano l'unico limite a questo potere legislativo.
Per tutti gli altri settori alle Regioni con statuto ordinario veniva attribuita la legislazione
concorrente nell'ambito di principi che erano da stabilire con leggi organiche dello Stato. Affinché
lo Stato non limitasse troppo le competenze nelle sue leggi quadro, la bozza della Costituzione
aveva previsto forti garanzie con un ampio quorum (maggioranza assoluta) dei membri del Senato.
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
197
Venne alleggerito il controllo sul potere legislativo delle Regioni da parte dello Stato. Venne inoltre
abolita la possibilità del Governo di rinvio delle leggi regionali, prevedendo unicamente la
possibilità di impugnare le leggi regionali presso la Corte Costituzionale per incostituzionalità o in
Parlamento per conflitti di interesse.
3.2.7.5 Competenze amministrative delle Regioni
In modo analogo a quanto previsto per le funzioni legislative, allo Stato dovevano essere riservate
anche in ambito amministrativo soltanto quelle competenze che ricadevano esclusivamente nelle
competenze legislative dello Stato, mentre tutte le altre funzioni amministrative erano di
competenza delle Regioni, delle Province e dei Comuni.
3.2.7.6 Nessuna modifica per il Parlamento
La Commissione non fu in grado di compiere una revisione di quegli articoli della Costituzione che
riguardavano la struttura del Parlamento ed in modo particolare il sistema bicamerale; quindi non fu
possibile attuare il diritto di partecipazione delle Regioni in ambito parlamentare attraverso una
Camera delle Regioni o un Consiglio federale.
3.2.7.7 Gli scandali sulla corruzione affondano la riforma
Il piano di riforma della Commissione Bicamerale non poté far fronte alla profonda crisi politica
dell'Italia. A causa degli scandali di Tangentopoli, i partiti tradizionali, ma soprattutto quello
principale della Democrazia Cristiana, iniziarono a vacillare.
Molti esponenti politici importanti riuscirono solo in parte ad evitare l'arresto avvalendosi
dell'immunità parlamentare. Mentre il Parlamento poté ancora approvare la concomitante riforma
del sistema elettorale varata dalla Commissione Bicamerale, le due Camere non furono più in grado
di affrontare la bozza della Costituzione sulla Riforma dello Stato.
Infatti, il Parlamento dopo solo due anni dal suo insediamento dovette essere sciolto. Il progetto
divenne vittima delle nuove elezioni che ebbero luogo il 27 maggio 1994.61
Lo scandalo spazzò via i partiti tradizionali, però riuscì solo in minima parte a realizzare le speranze
in una nuova ripresa politica, osserva Alexander Grasse (2005).62
61
Camera dei Deputati, Commissione parlamentare per le riforme costituzionali. 62
Grasse, A. (2005) p 19.
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
198
Fig. 17: Tangentopoli affonda la riforma
11
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
e riflessi sul federalismo fiscale;
Messina 11.12.2008
TangentopoliTangentopoli affondaaffonda la riforma la riforma
(1994)(1994) Molti esponenti politici, accusati di corruzione, Molti esponenti politici, accusati di corruzione,
riuscirono solo in parte ad evitare l'arresto avvalendosi riuscirono solo in parte ad evitare l'arresto avvalendosi dell'immunitdell'immunitàà parlamentare. parlamentare.
I partiti tradizionali, ma soprattutto quello principale I partiti tradizionali, ma soprattutto quello principale della Democrazia Cristiana, iniziarono a vacillare.della Democrazia Cristiana, iniziarono a vacillare.
il Parlamento potil Parlamento potéé ancora approvare la concomitante ancora approvare la concomitante riforma del sistema elettorale varata dalla Commissione riforma del sistema elettorale varata dalla Commissione Bicamerale Bicamerale (1993).(1993).
Il progetto fu vittima delle nuove elezioni che ebbero Il progetto fu vittima delle nuove elezioni che ebbero luogo il 27 maggioluogo il 27 maggio
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
199
3.3 La modernizzazione dell‟amministrazione
3.3.1 La semplificazione amministrativa
Il primo vero decentramento non riuscì a livello costituzionale ma bensì a quello amministrativo. La
grande riforma amministrativa denominata secondo il suo ideatore, l‟allora Ministro Franco
Bassanini ha avviato una serie di misure di semplificazione e decentramento della pubblica
amministrazione. Nel periodo tra il 1996 e il 2001, cioè durante i Governi di Centrosinistra
dell‟Ulivo, Bassanini ricoprì dapprima la carica di Ministro alla funzione pubblica e gli affari
regionali nel primo Governo Prodi, e divenne Sottosegretario di Stato nel primo Governo D‟Alema
e nuovamente Ministro per la funzione pubblica nei Governi D‟Alema II e Amato II. La riforma
Bassanini si ispira ai principi di sussidiarietà, semplificazione, unitarietà, efficienza, economicità,
convenienza, cooperazione e responsabilità. Vennero varate le seguenti leggi:
o legge 15 marzo 1997, no. 59: Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti
alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la
semplificazione amministrativa;
o legge 15 maggio 1997, no.127 (Bassanini 2): Misure urgenti per lo snellimento dell'attività
amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo;
o legge 16 giugno 1998, no.191 (Bassanini 3): Modifiche ed integrazioni alle leggi 15 marzo
1997, no.59, e 15 maggio 1997, no.127, nonché norme in materia di formazione del
personale dipendente e di lavoro a distanza nelle pubbliche amministrazioni. Disposizioni in
materia di edilizia scolastica;
o legge 8 marzo 1999, no.50 (Bassanini 4): Delegificazione e testi unici di norme concernenti
procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione 1998;
o decreto legislativo 18 agosto 2000, no. 267: Testo Unico degli Enti Locali;
o legge 29 luglio 2003, no.229: Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto
normativo e codificazione. - Legge di semplificazione 2001.
In relazione al livello sub-regionale è di rilevanza soprattutto il D.lgs. n. 267/2000 che ha riordinato
le competenze delle Province, dei Comuni e delle Città metropolitane.63
63
Grasse, A. (2005) p 359, cfr. anche Newell, J. (1998) p 187-194.
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
200
3.3.2 Le riforme degli enti locali
Fino alla fine degli anni ottanta, il governo locale (comunale e provinciale) italiano è stato
caratterizzato da una lunga serie di disfunzioni.64
A titolo di esempio, la durata media delle Giunte
dei capoluoghi di Provincia non superava in media i due anni.65
Il Sindaco era nella sua posizione,
assoggettato ai partiti. Questa carica non era molto ambita.66
Gianfranco Baldini riassume i
problemi in 4 punti.:
- I voti non erano determinanti per la formazione delle Giunte comunali. Il processo di
formazione delle Giunte era postelettorale e implicava duri scontri tra correnti e partiti.
- Si registrava un inefficace raccordo tra istituzioni. Il Sindaco godeva di poca autonomia, il
processo decisionale era caratterizzato da lunghe fasi di stallo e di conflitti tra Consiglio e
Giunta.
- La terza difficoltà consisteva appunto nella carente stabilità e durata delle Giunte.
- Baldini infine critica gli scarsi risultati delle amministrazioni e la violazione dei limiti di
bilancio.67
Naturalmente, la critica si riferisce alla media dei Comuni d'Italia e non si applica
ovunque.
Nel 1993, il sistema venne riformato dalla base (L. no. 81/1992), introducendo l'elezione diretta del
sindaco. La legge venne emanata sotto la pressione di un imminente referendum, che avrebbe
dovuto estendere il sistema elettorale maggioritario dei piccoli comuni sotto i 5.000 abitanti anche a
quelli superiori. Con la nuova legge il Sindaco dispone della legittimazione diretta dei cittadini e del
relativo margine di manovra. L'indebolimento degli intrighi tra i partiti e quello delle
amministrazioni locali è stato il risultato diretto.68
Le Regioni che dovevano affrontare gli stessi problemi seguirono più tardi. Per il sistema elettorale
regionale provvedono le Regioni con legge regionale, nei limiti dei principi fondamentali della
legge statale (art. 122 Cost.). Il Parlamento nel 1999, con una riforma della Costituzione sancì però
(all‟art. 122/5 Cost.) che l'elezione dei Presidenti regionali avvenisse a suffragio universale e
diretto, salvo che lo Statuto regionale non avesse disposto diversamente.69
Le Regioni ebbero cosi la
possibilità di derogare ma, in effetti, nessuna delle Regioni aveva provveduto con propria legge,
64
Baldini, G. (2004) p 151. 65
Cfr. Cazzola, F. (1991). 66
Cfr. la critica ed i commenti in merito alla riforma: Vandelli, L./ Tessaro,T./ Vassallo, S. (2001), Vandelli, L. (1997). 67
Baldini, G. (2004) p 152-153. 68
Sulla riforma dei Comuni e delle Rregioni cfr. inoltre: Fusaro, C. (2004) (2002), Baldini, G. (2004), Fusaro, C./
Carli, M. (2002), Vandelli, L./ Tessaro,T./ Vassallo, S. (2001), Vassallo, S. (2000), Barbera, A. (1999), Grilli, A. (1997). 69
L. cost.22 novembre 1999, no. 1, art.2.
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
201
cosi che il principio delle elezioni dirette per le elezioni regionali nel 2000, trovò applicazione in
tutte le Regioni ordinarie.70
70
Fusaro, C. (2004) p 173-177.
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
202
3.4 Le basi per la nuova riforma costituzionale
Dal 1994 al 1996, nell‟ulteriore breve legislatura del Parlamento durante la quale l'Italia si congedò
dalla "vecchia Repubblica" e tutto il vecchio sistema dei partiti politici crollò definitivamente, a
livello costituzionale non accadde nulla.
3.4.1 La Bicamerale D’Alema (1996-1998)
La discussione fu ripresa soltanto dopo le nuove elezioni del Parlamento del 21 aprile 1996. La
Commissione per gli Affari costituzionali del Senato esaminò una bozza di legge costituzionale (S
1076 del Senatore Villone ed altri) che era firmata dal Centrodestra e dal Centrosinistra e che
prevedeva l'insediamento di una nuova Commissione Bicamerale. Il disegno di legge si basava su
due decisioni di ambedue le Camere del 18 luglio 1996. Il disegno di legge venne approvato nella
sua versione definitiva, in seconda lettura il 16 gennaio 1997 al Senato ed il 22 gennaio alla Camera
dei Deputati con una maggioranza di due terzi.71
La nuova Legge costituzionale (del 24 gennaio 1997, no1) consentiva la nomina di una nuova
Commissione Parlamentare per le riforme costituzionali che era composta da 35 Deputati e 35
Senatori.72
Salvatore Vassallo (1998) ritenne allora che questa terza Bicamerale avesse i migliori
presupposti di riuscita – dopo il fallimento delle precedenti di Aldo Bozzi (1983-85) e quella di De
Mita-Jotti (1993-94).73
71
Sulla Bicamerale D‟Alema cfr. Vassallo, S. (1998) p 131-155. 72
Parlamento italiano, L. cost. 24 gennaio 1997, no. 1. 73
Vassallo, S. (1998) S 131.
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
203
Fig. 18: Bicamerale D‟Alema (1997)
6
O.Peterlini: Föderalismus
Ausw.Sonderautonomien EURAC
Bozen 2008
Die BicameraleDie Bicamerale--Kommission Kommission
DD’’AlemaAlema
1997: Verfassungsgesetz1997: Verfassungsgesetz--Entwurf Entwurf
Themenbereiche Staatsform, Themenbereiche Staatsform,
Regierungsform, Parlament und Regierungsform, Parlament und
Gesetzgebung , System der GarantienGesetzgebung , System der Garantien
4. November 1997 schlie4. November 1997 schließßt Bicamerale ab t Bicamerale ab
und leitet den organischen und leitet den organischen Entwurf zur Entwurf zur
Reform des II. Teils der Verfassung dem Reform des II. Teils der Verfassung dem
Parlament weiterParlament weiter
Durante la prima seduta del 5 febbraio 1997 il Deputato Massimo D'Alema venne eletto Presidente
delle Commissione Bicamerale. Dal febbraio 1997 al novembre 1997 la Commissione svolse
un‟intensa attività, formando quattro sottocommissioni per gli aspetti che riguardavano la forma
dello stato, la forma di governo, il Parlamento e la legislazione e i sistemi delle garanzie.
Accanto a una serie di iniziative parlamentari, anche le Regioni proposero, tra il 1996 ed il 1997,
istanze, manifesti e un disegno di legge comune per riformare lo Statuto.74
Il 4 marzo 1997 la Commissione convocò per un'audizione la Conferenza dei Presidenti delle
Regioni e delle Province autonome ed anche la Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali e
dell' Assemblea Siciliana e delle Province autonome che esposero le loro richieste che erano state
elaborate negli anni precedenti.
Nell'ambito delle proprie attività la Commissione convocò una serie di ulteriori audizioni sia delle
Associazioni dei Comuni italiani, dell'Unione delle Province, dei sindacati nonché delle
associazioni degli imprenditori. Le sottocommissioni trattarono gli argomenti di loro competenza.75
74
Andreatta, G./ Postal, G./ Beber, F./ Castellano, G./ Morandi, L. (1998) p 177 seg. e nell‟allegato 445 seg., Trentino
Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano. La proposta di legge delle Regioni p 369 seg. 75
Commissione parlamentare per le riforme costituzionali, Cronologia.
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
204
3.4.1.1 La proposta costituzionale della Bicamerale D’Alema
Il 30 giugno 1997 la Commissione Bicamerale del Parlamento portò a termine (come previsto dalla
legge costituzionale) la bozza della riforma costituzionale ed inoltrò alle Camere il disegno di legge
per la riforma della seconda parte della Costituzione. Il 16 settembre 1997 la Commissione
Bicamerale si occupò poi delle proposte relative agli emendamenti presentati dai membri della
Camera e del Senato. Il 4 novembre 1997 la Bicamerale con il suo Presidente D'Alema concluse i
lavori della Commissione e trasmise il disegno di legge alle Camere del Parlamento che avrebbe poi
costituito la base della successiva riforma. Il dibattito alla Camera dei Deputati iniziò il 26 gennaio
1998, ma i lavori furono interrotti definitivamente dopo quasi sei mesi, il 2 giugno 1998, su
proposta dello stesso Presidente della Bicamerale D'Alema, perché non venne raggiunto un accordo
sul proseguimento dei lavori. Il punto fu tolto dall'ordine del giorno.76
3.4.1.2 Le crisi di Governo
La situazione politica instabile arrestò l'impegno per la riforma. Dopo che Prodi aveva superato una
prima crisi nell'ottobre del 1997 (dopo la revoca della fiducia di Rifondazione Comunista) il
Governo Prodi cadde definitivamente a ottobre 1998. Massimo D'Alema, l'ex-Presidente della
Commissione Bicamerale, divenne il nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri in Italia, dapprima
fino al dicembre 1999 e poi con un nuovo Governo fino ad aprile 2000. I lavori della Commissione
vennero interrotti con la caduta del Governo Prodi, nell‟ ottobre del 1988.
Massimo D‟Alema, il Presidente uscente della Commissione bicamerale, divenne nell‟ottobre del
1998 il nuovo Presidente del Consiglio, dapprima fino al dicembre 1999 e poi con un nuovo
Governo, fino all‟aprile 2000.77
I lavori della Bicamerale erano si stati interrotti con la caduta del
Governo Prodi ma le basi per un riordinamento dello Stato erano state gettate.78
76
Senato della Repubblica, Servizio Studi, La legge Costituzionale 18 ottobre 2001, no. 3, schede di lettura, no. 70. 77
Governo italiano, I Governi dal 1943 ad oggi.
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
205
Fig. 19: La proposta cade con il Governo
10
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
in senso federale e riflessi sull'autonomia del Trentino Alto
Adige/Südtirol, Servizio Giovani 2008
La proposta cade e rinasce Il Governo Prodi cade nell’ ottobre 1998
I lavori della Commissione cessano
Massimo D’ Alema diventa il nuovo Presidente del Consiglio.
Le fondamenta per un riassetto dello Stato sono state gettate e formano la base.
1999 una partenza nuova
1999 Bozza-Statuto del Pres. D’Alema
2001: Approvazione, conferma da referendum
3.4.2 Il nuovo Parlamento riesce nell‟intento
Il 18 marzo 1999 quale nuovo Presidente del Consiglio Massimo D‟Alema, già Presidente della
Commissione bicamerale, presentò al Parlamento una nuova riforma costituzionale (A.C. 5830). Il
progetto recava il titolo “Ordinamento federale della Repubblica“. Come riportato nel documento
d‟accompagnamento, il progetto di riforma faceva tesoro dei lavori della Commissione bicamerale e
del dibattito che lì era intercorso. La Camera dei Deputati affrontò assieme a questa proposta anche
altri 19 disegni di legge di iniziativa parlamentare.
Questa volta tuttavia il disegno di legge seguì il percorso ordinario: la Commissione affari
costituzionali della Camera iniziò con l‟esame del disegno il 14 aprile 1999, e approvò il disegno in
prima lettura nel settembre del 2000. Il Senato fece altrettanto nel novembre dello stesso anno.
L‟approvazione definitiva in seconda lettura avvenne il 28 febbraio 2001 nella Camera dei Deputati
e l‟8 marzo 2001 nel Senato della Repubblica.79
Come previsto dalla Carta Costituzionale, nella
seconda lettura era necessaria la maggioranza assoluta dei membri delle rispettive Camere,
maggioranza raggiunta con i voti esclusivi dello schieramento di Centrosinistra, avendo
l‟opposizione votato contro in modo compatto.
78
Sui lavori e il fallimento della Bicamerale cfr. Pasquino, G. (1999) p 117-138. 79
Senato della Repubblica, Servizio Studi, La legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, schede di lettura, no. 70.
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
206
Nonostante il solo voto della maggioranza di Centrosinistra, il testo corrispondeva nei contenuti a
quanto concordato nella seconda Bicamerale tra la maggior parte dell‟opposizione con la
maggioranza. A parte la Lega e Rifondazione Comunista, tutti avevano votato precedentemente a
favore del testo concordato. A contribuire affinché il testo presentato fosse identico, nella sostanza,
a quanto già approvato in Bicamerale, furono le pressioni della Conferenza delle Regioni e delle
Province autonome nonché delle Associazioni Nazionali dei Comuni italiani ANCI e dell‟Unione
Provincie italiane UPI.
3.4.3 Il referendum conferma la riforma
Il 7 ottobre 2001 i cittadini italiani furono chiamati, per la prima volta nella storia, ad esprimersi in
un c.d. “referendum confermativo”. Gli elettori dovevano quindi decidere se approvare la riforma
del titolo V della Costituzione o se rigettarla. Per tale consultazione non è previsto un quorum. Al
referendum partecipò circa il 34% del corpo elettorale, e quindi quasi 17 milioni di elettori. Il
risultato portò a un‟approvazione ad ampia maggioranza del quesito referendario.
Questi sono i risultati del referendum:
Elettori: 49.462.222;
Elettori votanti: 16.843.420 (percentuale sugli elettori: 34,1%);
Astenuti: 32.618.802 (percentuale sugli elettori: 65,9%);
Voti validi: 16.250.101;
Voti attribuiti alla risposta positiva (SÌ): 10.433.574 (64,2%);
Voti attribuiti alla risposta negativa (NO): 5.816.527 (35,8%).
Dei votanti il 64,2 % votò sì, il 35,8 % votò invece no, quindi furono contrari, riferito ai favorevoli
quasi la metà degli stessi.80
Nonostante la bassa partecipazione al voto, il referendum era valido
perché la Costituzione non prevede nessun quorum per la conferma di leggi costituzionali (Art 138/
Cost.).
Con questo voto, la legge costituzionale del 18 ottobre 2001, no. 3, poté entrare definitivamente in
vigore in data 8 novembre 2001.81
La riforma non trasformò l‟Italia in un vero Stato federale, ma
rafforzò i poteri delle Regioni e modernizzò l‟ordinamento dello Stato in senso federale.
80
Referendum 2001, Camera dei deputati. Peterlini, O. (2008 it) p 28-30. 81
D'Atena, A. (2007) p 259-273. Peterlini, O. (2007a, de) (2008 it) p 29-30.
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
207
3 Il cammino dal centralismo verso la riforma
208
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
209
4 La riforma costituzionale del 2001 e le
ripercussioni sulle Autonomie speciali
Fig. 20: La Gazzetta Ufficiale pubblica la
riforma costituzionale
4.1 I punti principali della riforma costituzionale
4.1.1 Le novità principali
4.1.1.1 Le parti modificate e quelle non modificate della Costituzione
La Costituzione italiana prevede agli articoli 1 fino a 12 i principi generali ed è poi articolata in due
parti. La prima parte riguarda i diritti e i doveri dei cittadini mentre la seconda parte l‟ordinamento
della Repubblica.1 La riforma Costituzionale approvata dal Parlamento ed entrata in vigore nel 2001
si limita a riformare la seconda parte, quella relativa all‟ordinamento della Repubblica, ma non
tutta, e riforma soltanto il Titolo V della seconda parte, e cioè le Regioni, le Province e i Comuni.
1 Costituzione italiana vigente, nel cap. 8.1.3 Fonti Giuridiche.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
210
Non vengono invece toccati i principi fondamentali e l‟intera prima parte, che contiene i diritti e i
doveri dei cittadini. Con ciò i rapporti civili (Titolo I), quelli etico- sociale (Titolo II), i rapporti
economici (Titolo III) e quelli politici (Titolo IV) rimangono immutati.
Ma anche la seconda parte della Costituzione, che riguarda l‟ordinamento della Repubblica, viene
riformata solo nel suo titolo V. Dei sei titoli rimangono immutati: il Parlamento (Titolo I), il
Presidente della Repubblica (Titolo II), il Governo (Titolo III), la Magistratura (Titolo IV) e le
Garanzie costituzionali (Titolo VI).
La riforma va a toccare il nucleo dell‟ordinamento statale e gli enti che formano la Repubblica, ma
esclude vari aspetti importanti che dovrebbero far parte di una vera riforma in senso federale. Le
Camere rimangono immutate: il Senato e la Camera dei Deputati continuano ad avere i medesimi
compiti, senza che sia stata prevista una Camera delle Regioni. La riforma del 2001 non prevede
pertanto la partecipazione delle Regioni all‟iter decisionale legislativo dello Stato.2 Di minore
rilevanza in questo contesto è che anche le norme relative al Presidente della Repubblica, del
Governo e dell‟ordinamento giudiziario non vengono modificate. Immutate sono anche rimaste le
garanzie costituzionali previste al titolo VI così come la Corte Costituzionale e la revisione della
Costituzione. Per il rinnovo dello Stato, mancano tuttavia queste riforme. "La morte della
Bicamecale" ha lasciato tre questioni fondamentali irrisolte, si lamentò Gianfranco Pasquino nel
1999: il federalismo, la magistratura e i poteri del Presidente della Repubblica. Pasquino calcolò
anche l'apparentemente inutile perdita di tempo di ore di lavoro della Bicamerale.3 In effetti, nel
1999, non poteva sapere che lo spirito della Bicamerale sarebbe risorto. Egli osserva giustamente
che, con la semplificazione e il decentramento della riforma Bassanini, almeno a livello
amministrativo, è avvenuta una certa federalizzazione.4 Anna Cento Bull critica invece, che con la
federalizzazione non si è rafforzato contemporaneamente il governo centrale. Senza il
rafforzamento del governo centrale, il federalismo costituirebbe un rischio per il buon
funzionamento delle istituzioni e l'unità dello Stato.5 Dal momento che la federalizzazione in Italia,
commisurata alle caratteristiche di un vero federalismo è risultata assai debole, questa critica
sembra piuttosto costituire un parere politico.
Le "garanzie costituzionali", e cioè la Corte costituzionale e la revisione costituzionale (Cost. titolo
VI) rimangono le stesse nella riforma del 2001.6
2 Sulle Camere delle Regioni e dei Länder cfr. Vassallo, S. (2004).
3 Pasquino, G. (1999) p 117-138.
4 Cfr. cap. 3.3.1 La semplificazione amministrativa.
5Cento Bull, A. (2002) p 204 – 222.
6 Per l‟attuazione della riforma Costituzionale cfr. inoltre: Avolio, G./Palermo, F. (ed) (2004), Falcon, G. (ed) (2003),
Cittadino, C. (2003), Ferrari, G. F./ Parodi, G. (2003), Fossati, A. (2003).
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
211
4.1.1.2 Le innovazioni più importanti
Le innovazioni più importanti riguardano: pari dignità a tutti gli enti costitutivi della Repubblica,
così come alla legiferazione delle Regioni e dello Stato, la clausola generale a favore delle Regioni,
la nuova attribuzione della potestà regolamentare e delle funzioni amministrative, la possibilità di
una autonomia differenziata e dinamica sulla base di una legge negoziata, un riequilibrio del
rapporto tra legge statale e legge regionale anche per la garanzia di controllo costituzionale, la
cancellazione del cd interesse nazionale ed del controllo preventivo delle Leggi regionali e del visto
governativo, il federalismo fiscale, gli Statuti degli enti locali.7 Segue un‟analisi dettagliata delle
modifiche.
4.1.1.3 Le autonomie speciali pienamente confermate
Le autonomie speciali sono state pienamente confermate dalla riforma. L‟articolo 116 addirittura
rafforza il rispetto verso le minoranze linguistiche e cita verbalmente: “Il Friuli-Venezia Giulia, la
Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste dispongono di
forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge
costituzionale.”
Costituisce un‟assoluta novità e un riconoscimento per le minoranze linguistiche che i nomi dei loro
territori vengano chiamati nella loro lingua, la Vallée d'Aoste e il Südtirol, che hanno trovato per la
prima volta ingresso nella Carta costituzionale accanto alla denominazione italiana. Tuttavia
l‟ancoraggio costituzionale della denominazione Südtirol non è nuovo, in quanto era già citato nel
nuovo Statuto di autonomia del Trentino Alto Adige/Südtirol con la legge costituzionale 1/1971
(all‟art. 64 della legge, e 114 dello Statuto). La precedente denominazione “Trentino Tiroler
Etschland”, che non annovera nessuna ragione storica e culturale, venne quindi sostituita già nel
1971 dal nome storico, anche se era riportato soltanto tra parentesi dopo la versione italiana
Trentino Alto Adige, con la denominazione “Trentino-Südtirol” (art. 114 Statuto di autonomia).
Inedito è anche l‟elenco delle Regioni, che avviene ora in ordine alfabetico. sulla base della loro
denominazione italiana. Di rilevanza è anche la formula con la quale le già citate cinque Regioni
sono state dotate con forme particolari di autonomia. Nel precedente articolo 116 questa autonomia
veniva “attribuita”. Nella nuova formulazione questo rapporto gerarchico è stato eliminato. Ora le
Regioni “dispongono” di particolari forme di autonomia.
7 Morone, A. (2004) p 259-261, cfr. anche: Bin, R. (2004) p 267 – 283.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
212
Nuovo è anche l‟assetto della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol. Ai sensi della formulazione
tuttora compresa nello Statuto di autonomia, le Province di Trento e di Bolzano sono delle
articolazioni della Regione. “La Regione comprende le Province di Trento e di Bolzano” recita
l‟articolo 3/1 del nuovo Statuto di autonomia (DPR 670/1972). La riforma costituzionale capovolge
con il suo articolo 116 anche questo principio: “La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è
costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano” (art. 116/2 Cost.). Sono ora le Province
autonome di Trento e di Bolzano che costituiscono la Regione e non più viceversa. Questo nuovo
status giuridico delle Province autonome non sottolinea soltanto il principio di sussidiarietà e il
relativo assetto orientato dal basso verso l‟alto, ma introduce questo principio di sussidiarietà per la
prima volta nella stessa Costituzione italiana. Il principio di sussidiarietà non viene organicamente
introdotto nella riforma costituzionale, ma citato espressamente in tre punti della stessa (agli art.
118/1, 118/4 e 120/2 Cost.). Inoltre vengono per la prima volta citate le Province autonome. Fino a
quel momento le Province autonome erano ancorate nello Statuto di autonomia della Regione, ma
non nella Costituzione.
4.1.1.4 L‟applicazione dell‟ampliata autonomia agli Statuti speciali
Un‟applicazione indifferenziata della riforma costituzionale sulle Regioni a statuto speciale avrebbe
portato a una parificazione totale di tutte le Regioni ed eliminato le norme speciali che trovano la
loro ragione nelle peculiarità storiche, culturali e internazionali. Non era questa l‟intenzione del
legislatore. Tuttavia, anche un‟esclusione delle Regioni a statuto speciale dall‟applicazione della
riforma avrebbe fatto sì che in diversi settori le Regioni a statuto ordinario avrebbero ricevuto una
più ampia autonomia di quanto non sia previsto negli Statuti di autonomia delle Regioni speciali.
Ciò non era né voluto né sensato. L‟applicazione della riforma costituzionale alle Regioni a statuto
speciale necessita di una rielaborazione dei rispettivi Statuti, e questo non poteva e non può
avvenire in tempi brevi.
Questo dilemma è stato risolto con una disposizione transitoria prevista all‟articolo 10 della riforma
costituzionale (L. Cost.3/2001). Questo articolo parte dal presupposto che tutti gli Statuti di
autonomia delle Regioni a statuto speciale debbano subire un adattamento alla riforma
costituzionale, senza tuttavia prevedere un termine a tal fine. L‟articolo prevede pertanto che nelle
more dell‟adeguamento degli Statuti, le disposizioni della riforma costituzionale siano da applicarsi
anche alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Bolzano e Trento, tuttavia soltanto
per quelle parti in cui vengono previste forme di autonomia più ampie di quelle già esistenti.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
213
L‟Adeguamento delle clausole
Per le Regioni speciali è stata quindi introdotta una clausola di maggior favore. Le loro competenze
non vengono toccate, bensì vengono ampliate alle nuove materie che sono state riconosciute alle
Regioni ordinarie:
“ Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si
applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano
per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.” (L.
Cost.3/2001, art. 10).
Questo significa che le novità della riforma costituzionale, qualora esse comportino dei
miglioramenti e quindi forme più ampie di autonomia, trovano un‟applicazione immediata anche
alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome.
Ad oggi, nessuno dei cinque Statuti di autonomia è stato adeguato alle novità della riforma
costituzionale. La loro lettura deve quindi avvenire alla luce e in considerazione della disposizione
appena citata. Ciò significa che alcune parti non vengono più applicate mentre altre, in virtù della
riforma costituzionale, hanno subito un ampliamento.8 Quali siano queste parti per lo Statuto di
autonomia del Trentino Alto Adige/Südtirol verrà illustrato di seguito.
Fig. 21: La cosiddetta clausola di maggior favore
21
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
e riflessi sul federalismo fiscale;
Messina 11.12.2008
Solo Solo maggioremaggiore autonomiaautonomia
Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le
disposizioni della presente legge costituzionale si disposizioni della presente legge costituzionale si
applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed
alle province autonome di Trento e di Bolzano per alle province autonome di Trento e di Bolzano per
le parti in cui prevedono le parti in cui prevedono forme di autonomia forme di autonomia
pipiùù ampieampie rispetto a quelle girispetto a quelle giàà attribuite. attribuite.
((Leg.CostLeg.Cost. Nr 3, 18.10.2001, Art. Nr 3, 18.10.2001, Art 10)10)
8Peterlini, O. (2008b, de) p 221-223. Peterlini, O. (2008 it) p 31.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
214
4.1.1.5 Comuni, Province, metropoli e Regioni - partner paritari dello Stato
Le modifiche della riforma costituzionale (L. Cost.3/2001) iniziano con il titolo V il quale –
nonostante la nuova dizione dell‟articolo – reca il vecchio titolo “Le Regioni, le Province, i
Comuni”. In una prima lettura la Camera dei Deputati aveva trasformato il titolo in “Ordinamento
federale della Repubblica”, che era la denominazione con la quale la Bicamerale voleva rinominare
l‟intera seconda parte della Costituzione. Il testo che è stato approvato non modifica la
denominazione del titolo V, facendo sì che esso continui a fare riferimento soltanto alle Regioni, le
Province e i Comuni. Questo titolo non rende giustizia al nuovo assetto della Repubblica, così come
viene enunciato nell‟articolo 114. Accanto ai Comuni, le Province e le Regioni vi sono, infatti, le
“Città metropolitane” (maggiori città con uno status particolare) e lo Stato stesso come elemento
costitutivo della Repubblica.9
La vecchia Costituzione recitava all‟articolo 114 che la Repubblica “si riparte in Regioni, Province
e Comuni.” Questo principio è stato capovolto. Il nuovo testo dispone: “La Repubblica è costituita
dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato” (art. 114/1
Cost.).
Fig. 22: La riforma costituzionale del 2001 – le maggiori novità
14
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
e riflessi sul federalismo fiscale;
Messina 11.12.2008
La La nuovanuova CostituzioneCostituzione del 2001del 2001
Partner parificatiPartner parificati: : ““La Repubblica La Repubblica èè costituita dai Comuni, dalle costituita dai Comuni, dalle Province, dalle CittProvince, dalle Cittàà metropolitane, dalle Regioni e dallo Statometropolitane, dalle Regioni e dallo Stato..““ (Art 114)(Art 114)
Questi enti vengono promossi a Questi enti vengono promossi a ““enti territoriali autonomienti territoriali autonomi““, con un , con un proprio statuto, poteri e funzioni.proprio statuto, poteri e funzioni.
Godano di autonomia finanziaria Godano di autonomia finanziaria
LL’’art. 117 limita ed elenca tassativamente le competenze art. 117 limita ed elenca tassativamente le competenze esclusive dello Stato (117/2) e quelle concorrenti (117/3)esclusive dello Stato (117/2) e quelle concorrenti (117/3)
TuttoTutto il il restoresto ((clausolaclausola generale) alle Regionigenerale) alle Regioni
Esse partecipano alle decisioni dellEsse partecipano alle decisioni dell’’Unione Europea.Unione Europea.
9 Dossier del Servizio Studi del Senato della Repubblica, Servizio studi, no. 70, 2001
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
215
Mentre, in passato, Regioni, Province e Comuni rappresentavano una mera articolazione della
Repubblica, esse sono sulla base della riforma costituzionale dei partner parificati. Di rilevanza è
anche l‟ordine in cui vengono citate: prima l‟unità minore, che è più prossima al cittadino, poi le
Province, le Città metropolitane, poi le Regioni e infine lo Stato. Nel prosieguo di questo studio
analizzeremo come la Corte Costituzionale interpreta e limita questa “parificazione”.10
Inedite in
Costituzione sono le cosiddette “Città Metropolitane”, che fino a quel momento erano disciplinate
soltanto con legge dello Stato.
“I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti,
poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione,” recita l‟art. 114/2 della
Costituzione.
Le Regioni, le Province e i Comuni erano già con la precedente Costituzione degli enti territoriali
autonomi. Agli enti territoriali autonomi si sono aggiunte le “Città metropolitane”. Un‟ulteriore
novità è rappresentata dal fatto che questi enti autonomi dispongono di un proprio statuto. I poteri e
le funzioni risiedono per tutti gli enti territoriali nei principi ancorati in Costituzione, così come era
in precedenza previsto soltanto per le Regioni ai sensi del vecchio articolo 115. Il precedente
articolo 128 prevedeva, infatti, per le Province e i Comuni, che i principi dovevano essere stabiliti
da leggi generali dello Stato.
Il terzo comma del nuovo articolo 114 dispone infine che Roma è la capitale della Repubblica e che
il suo ordinamento è da disciplinare con legge dello Stato. In questo modo Roma ottiene uno status
particolare.
Quali ripercussioni ha quindi questo nuovo assetto della Repubblica sugli statuti di autonomia?
Quali ripercussioni ha la disposizione, che fa sì che tutti questi enti territoriali dispongano di propri
statuti e funzioni che derivano direttamente dalla Costituzione?
L‟innovazione riguarda in particolare la parificazione dei diversi livelli, che sostituisce la gerarchia
dall‟alto verso il basso, partendo dallo Stato per arrivare ai Comuni. Questa modifica riguarda anche
il diritto a disporre di propri statuti, che è prevista per tutti questi enti territoriali. Gli Statuti speciali
delle Regioni autonome non vengono con ciò ovviamente toccati. Essi si collocano sullo stesso
livello delle fonti giuridiche come la Costituzione. La relativa competenza legislativa è riservata al
Parlamento, l‟iniziativa appartiene anche al Consiglio regionale su proposta dei Consigli
provinciali, che hanno diritto di esprimere il loro parere sui progetti governativi o parlamentari. Le
Regioni autonome e le Province possono però, come le altre Regioni, all‟interno della loro cornice
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
216
costituzionale, dotarsi di propri Statuti con i quali disciplinare le loro questioni interne (art. 47
Statuto). I Comuni lo hanno in gran parte già fatto.
4.1.1.6 La parificazione della competenza legislativa dello Stato e delle Regioni
La principale innovazione della riforma costituzionale riguarda la distribuzione delle competenze
tra Stato e Regioni.
Il vecchio articolo 117 della Costituzione aveva inquadrato le poche competenze delle Regioni
all‟interno della competenza legislativa concorrente, sottomettendole, di fatto, alle leggi statali che
dovevano fissare i principi generali. Come ulteriore limite alla competenza legislativa regionale vi
erano l‟interesse nazionale e l‟interesse delle altre Regioni.
Ai sensi del primo comma dell‟articolo 117 della Costituzione nella sua nuova veste, la competenza
legislativa delle Regioni viene posta sullo stesso livello, almeno formalmente, di quella dello Stato.
Il campo d‟applicazione non dipende quindi più dalla gerarchia, ma dalle competenze: “La potestà
legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli
derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.” (art. 117/1 Cost.).
Anche i limiti dell‟attività legislativa vengono ora definiti nella stessa maniera, sia che si tratti dello
Stato o delle Regioni. Lo Stato e le Regioni devono rispettare i seguenti ordinamenti:
o la Costituzione;
o l‟ordinamento giuridico dell‟Unione Europea (che in questo modo trova ingresso per la
prima volta nella Costituzione, anche se in un contesto atipico);
o gli obblighi internazionali.
Questo per quanto riguarda le competenze esclusive. A quelle concorrenti si aggiunge per le
Regioni e Province autonome un ulteriore limite, e cioè i principi fondamentali della legislazione
statale.11
4.1.2 La distribuzione delle competenze
4.1.2.1 La competenza esclusiva dello Stato
A differenza della Costituzione del 1948, nella quale le competenze delle Regioni venivano elencate
e le competenze residuali demandate allo Stato, il nuovo testo Costituzionale (del 2001) elenca le
10
Cfr. il capitolo 4.4 Le sentenze della Corte Costituzionale e 4.4.2 I limiti della legislazione. 11
Peterlini, O. (2008b, de) p 224-226.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
217
competenze esclusive dello Stato. Esse sono elencate tassativamente all‟articolo 117/2 e
comprendono 17 materie, di seguito riportate:12
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione Europea;
diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario,
tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che
devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull'istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città
metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento statistico e informatico dei dati
dell‟amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
4.1.2.2 La competenza concorrente delle Regioni italiane
Alle Regioni rimangono – anche dopo la riforma - delle competenze concorrenti. In questi settori
della competenza concorrente, le Regioni dispongono di un potere legislativo limitato, perché lo
Stato ha il compito di fissare i principi fondamentali. Queste materie sono elencate al comma 3
dell‟articolo 117 della Costituzione italiana e offrono alle Regioni inedite materie, qui di seguito
riportate:
o rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni delle Regioni;
12
Altre competenze statali sono sparse in diverse parti della Costituzione, che analizzeremo.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
218
o commercio con l'estero;
o tutela e sicurezza del lavoro;
o istruzione, salva l‟autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e
della formazione professionale;
o professioni;
o ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all‟innovazione per i settori produttivi;
o tutela della salute; alimentazione;
o ordinamento sportivo;
o protezione civile;
o governo del territorio;
o porti e aeroporti civili;
o grandi reti di trasporto e di navigazione;
o ordinamento della comunicazione;
o produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell‟energia;
o previdenza complementare e integrativa;
o armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario;
o valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività
culturali;
o casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito
fondiario e agrario a carattere regionale.
4.1.2.3 La partecipazione delle Regioni all‟Unione Europea
La grande novità consiste nel fatto che la Costituzione per la prima volta assegna alle Regioni
competenze di politica estera, come i rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni.
Inoltre le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza,
partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono
all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel
rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato (art. 117/5 Cost.).
Nelle materie di sua competenza, la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti
territoriali interni ad altro Stato, ma soltanto nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato.
(art. 117/9 Cost.).
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
219
4.1.2.4 La rivoluzione: La clausola “residuale” a favore delle Regioni
La vera rivoluzione nella distribuzione delle competenze è contenuta nel comma 4 dell‟articolo 117.
Il vecchio articolo 117 della Costituzione conteneva 18 competenze che erano riservate alla
legislazione regionale e questo soltanto nel limite della legislazione concorrente. Queste erano
elencate tassativamente e comprendevano competenze di natura meramente locale, come per
esempio: l‟ordinamento dei propri uffici, polizia locale e provinciale, fiere e mercati, assistenza
pubblica, assistenza sanitaria e ospedaliera, formazione professionale, i musei, le biblioteche,
l‟urbanistica, il turismo, il trasporto locale, l‟edilizia locale, navigazione e porti, acque minerali e
termali, miniere, caccia, pesca, agricoltura e l‟artigianato. Tutte le competenze non espressamente
riservate alle Regioni rientravano automaticamente tra le competenze dello Stato.
Il nuovo articolo 117 ha capovolto questo principio a favore delle Regioni. L‟articolo 117 elenca
ora tassativamente le competenze dello Stato (al comma 2) e quelle concorrenti delle Regioni (al
comma 3), e conclude precisando a chi vanno tutte le materie non espressamente menzionate (art.
117/ 4 Cost.): “Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non
espressamente riservata alla legislazione dello Stato.”
Si tratta di un aspetto importante in senso federale, che rappresenta realmente un passo in avanti in
questa direzione e realizza una caratteristica fondamentale del federalismo. La Costituzione non
qualifica queste competenze residuali sulla base della clausola generale come esclusive (cosa che fa
invece con quelle dello Stato all‟art. 117/2 Cost.), ma utilizza il termine generale di potestà
legislativa.
La diversa formulazione per le potestà (esclusiva per lo Stato e legislativa per le Regioni) deve
probabilmente essere ricondotta ad un freno centralistico. La differenziazione dalle competenze
concorrenti non lascia intendere altra intenzione che conferire alle Regioni competenza primaria. La
formulazione può significare però, che lo Stato abbia inteso, in questo modo, di conservarsi
un‟ultima responsabilità non espressamente scritta.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
220
Fig. 23: Clausola generale a favore delle Regioni
15
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
e riflessi sul federalismo fiscale;
Messina 11.12.2008
Generalklausel/ClausolaGeneralklausel/Clausola generalegenerale
Art 117/4: Art 117/4:
FFüür alle Sachbereiche, die nicht ausschlier alle Sachbereiche, die nicht ausschließßlich der lich der
staatlichen Gesetzgebung vorbehalten sind, steht den staatlichen Gesetzgebung vorbehalten sind, steht den
Regionen die Gesetzgebungsbefugnis zuRegionen die Gesetzgebungsbefugnis zu..
Spetta alle Regioni la potestSpetta alle Regioni la potestàà legislativa in riferimento ad legislativa in riferimento ad
ogni materia non espressamente riservata alla legislazione ogni materia non espressamente riservata alla legislazione
dello Statodello Stato..
4.1.2.5 Le nuove competenze residuali delle Regioni italiane
Non è facile definire quali siano effettivamente le esatte competenze esclusive delle Regioni sulla
base della clausola residuale dell‟articolo 117/4 Cost., e probabilmente se ne dovrà ulteriormente
occupare la Corte Costituzionale.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
221
Fig. 24: Analisi alla ricerca delle nuove competenze
17
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
e riflessi sul federalismo fiscale;
Messina 11.12.2008
RicercaRicerca delle delle nuovenuove competenzecompetenze
Affascinante per la clausola generale a favore Affascinante per la clausola generale a favore
delle Regionidelle Regioni
Richiede un raffronto analitico delle competenze Richiede un raffronto analitico delle competenze
esclusive, concorrenti e residuali delle Regioni e esclusive, concorrenti e residuali delle Regioni e
dello Stato dello Stato
Il risultato rappresenta la base per la Il risultato rappresenta la base per la
rielaborazione dei rispettivi Statuti speciali.rielaborazione dei rispettivi Statuti speciali.
Espressamente esclusi da altre competenze
Alcune sono contenute nel testo stesso, in quanto vengono esplicitamente nominate nell‟escluderle
dal relativo elenco tassativo delle competenze dello Stato o quelle concorrenti, come per esempio:
o la polizia amministrativa locale, che viene esclusa dalle competenze esclusive statali (art. 117/2
lettera h Cost.);
o l‟istruzione e la formazione professionale (esclusa dalle competenze concorrenti delle Regioni
dall‟art. 117/3);
o il commercio, competenza per la quale la situazione è simile, non viene citato da nessuna parte
tranne che tra le competenze concorrenti (art. 117/3) però come commercio estero. Da ciò è
possibile desumere, che il commercio in quanto tale (escluso quello estero) rientri nella
competenza regionale primaria;
o l‟artigianato, viene citato all‟articolo 45 della Costituzione, che dispone che è la legge (senza
precisare quale) che “provvede alla tutela e allo sviluppo”. In conseguenza del fatto che
l‟artigianato non viene riportato né tra le competenze esclusive dello Stato, né tra le competenze
concorrenti delle Regioni, si può desumere che esso rientri tra le competenze delle Regioni;
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
222
o reti di trasporto e navigazione locale, siccome tra le competenze concorrenti (art. 117/3)
vengono riportate le grandi reti di trasporto e navigazione, le reti di trasporto e navigazione
locali rientrano tra le competenze delle Regioni.
Nel vecchio art. 117 citate come competitive
A queste si aggiungono tutte quelle materie della precedente competenza concorrente delle Regioni,
che erano riportate tassativamente al precedente articolo 117 della Costituzione, nella misura in cui
non siano state riservate allo Stato o alla competenza concorrente delle Regioni. Per arrivare alle
materie residuali, è necessario far passare tutte le possibili materie pensabili (incluse quelle elencate
nel vecchio elenco dell‟articolo 117) attraverso due filtri, che scremano quello che non può essere
residuale. Questi filtri sono l‟elenco delle competenze esclusive dello Stato (art. 117/1) e quello
delle competenze concorrenti (art. 117/2 Cost.).
Con l‟applicazione di questi due filtri, detraendo praticamente queste materie elencate dall‟universo
delle possibili materie, rimangono le seguenti competenze che non sono state citate:
o ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione;
o circoscrizioni comunali;
o fiere e mercati,
o beneficenza pubblica (con esclusione della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali, riservata allo Stato);
o assistenza scolastica;
o musei e biblioteche di enti locali,
o turismo e industria alberghiera,
o viabilità, acquedotti e lavori pubblici d‟interesse regionale;
o acque termali e minerali,
o cave e torbiere,
o caccia (con il limite della tutela dell‟ambiente, riservata allo Stato),
o pesca, agricoltura e foreste;
Tutte le materie che non vengono riportate da nessuna parte:
o tutte le altre materie che non sono elencate nella competenza esclusiva dello Stato (art. 117/2 e
altri) e nella competenza concorrente delle Regioni (art. 117/3/5/9).
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
223
Fig. 25: Regioni Competenze residuali esclusive delle Regioni
24
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
e riflessi sul federalismo fiscale;
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Regioni: Regioni: CompetenzeCompetenze esclusiveesclusive
Tutte le possibili materie immaginabili (elenchi nelle Tutte le possibili materie immaginabili (elenchi nelle
Costituzioni e negli Statuti, vecchio art. 117 ecc.) Costituzioni e negli Statuti, vecchio art. 117 ecc.)
-- Competenze esclusive stataliCompetenze esclusive statali (Art 117/2, 25, 33, 40 ua)(Art 117/2, 25, 33, 40 ua)
= = CompetenzeCompetenze esclusiveesclusive delle delle RegioniRegioni (117/4)(117/4)
+ + Per esclusione della Cost.: p.e. Per esclusione della Cost.: p.e. polizia amministrativa localepolizia amministrativa locale
(117/2,h), commercio (117/2,h), commercio interno, NON grandi reti di trasporto e di interno, NON grandi reti di trasporto e di
navigazione navigazione (117/3)(117/3)
-- Competenze concorrenti Stato/RegioniCompetenze concorrenti Stato/Regioni (Art 117/3/5/9)(Art 117/3/5/9)
4.1.2.6 Casi limite
La produzione locale, il trasporto e la distribuzione dell‟energia potrebbero essere una competenza
residuale in quanto l‟articolo 117/3 elenca tra le competenze concorrenti quelle di carattere
nazionale. La Corte Costituzionale ha tuttavia negato questa competenza, in quanto la distribuzione
dell‟energia non rappresenterebbe una materia autonoma (sentenza 283/2005 Corte
Costituzionale).13
Nella competenza concorrente delle Regioni rientra anche il “sostegno e
l‟innovazione dei cicli produttivi”, quindi dell‟industria. Nella misura che non riguarda il sostegno e
l‟innovazione, si potrebbe quindi dire che l‟industria sia una competenza residuale delle Regioni.
Tuttavia la competenza relativa al “sostegno e l‟innovazione” finisce per assorbire tutta questa
materia.
Dalla competenza delle Regioni sono escluse non soltanto le competenze statali elencate
esplicitamente all‟articolo 117/2, ma anche altre competenze elencate in altri articoli e attribuite allo
Stato. Questo vale per esempio per le “norme generali sull‟istruzione” e l‟istituzione di “scuole
statali di tutti gli ordini e gradi” (art. 33 Cost.), riservate alla Repubblica. Secondo il nuovo
articolo 114 Cost., nel termine Repubblica sono comprese anche le Regioni, ma la norma – varata
prima della riforma del 2001 – si riferisce, almeno per quanto riguarda l‟istituzione di scuole statali
13
Cfr. Cap. 4.4.4 La Corte Costituzionale restringe le competenze regionali.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
224
– chiaramente allo Stato. E per quanto concerne l‟istruzione, questa rientra nella competenza
concorrente delle Regioni (art. 117/3) che è limitata dai principi fondamentali dello Stato.
In virtù della competenza esclusiva dello Stato nell‟ambito della giurisdizione (art. 117/2 lettera l) è
anche chiaro, che il giudice “naturale” venga individuato attraverso una legge statale (art. 25
Cost.). Meno chiaro è invece chi debba disciplinare il diritto allo sciopero, che viene sottoposto
dall‟art. 40 a riserva di legge senza precisare tuttavia chi debba essere il legislatore. Fintanto esso
riguarda aspetti relativi alla pubblica sicurezza, ricade tra la competenza esclusiva dello Stato (art.
117/2 lettera h). E‟ da ritenere che l‟Assemblea Costituente abbia pensato alla legge statale quando
inserì la riserva di legge, anche se il tenore testuale della Costituzione non lo dice. La tutela del
lavoro invece, che può essere considerata connessa al diritto allo sciopero, rientra tra le competenze
concorrenti delle Regioni. Sono riservate alla competenza esclusiva dello Stato la “determinazione
dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali” (art. 117/2 lettera m). Ad
esclusione quindi di questa competenza esclusiva statale, il diritto allo sciopero dovrebbe essere
disciplinato dalle leggi concorrenziali tra Stato (per i principi fondamentali) e le Regioni.
Le competenze in materia sociale sono suddivise in: lo Stato determina in via esclusiva i livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e disciplina la previdenza sociale (art.
117/2 lettere m) – o) Cost.). Nella competenza concorrente delle Regioni rientrano invece: la tutela
del lavoro e della sicurezza sul lavoro, la tutela della salute, l‟alimentazione e la previdenza
complementare e integrativa. L‟assistenza sociale rimane residuale e pertanto esclusivamente di
competenza regionale (nelle Regioni ordinarie).
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
225
Fig. 26: La ripartizione delle potestà legislative
16
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
e riflessi sul federalismo fiscale;
Messina 11.12.2008
La La ripartizioneripartizione delle delle potestpotestàà
legislative legislative tratra Stato e RegioniStato e Regioni
Art.117 Cost.
117/2
Elenco esclusive
Stato
117/3
Elenco concorrenti
Regioni-Stato
117/4
Residue esclusive
Regioni Prov.Auton.
4.1.2.7 La competenza sulla potestà regolamentare
Nelle materie in cui lo Stato dispone della competenza legislativa esclusiva, esso dispone anche
della potestà regolamentare, che può delegare anche alle Regioni. Anche qui trova applicazione la
clausola generale a favore delle Regioni: “La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni
altra materia.” I Comuni invece, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare
per quanto riguarda l‟organizzazione e le funzioni loro attribuite.(art. 117/6 Cost.). La potestà
regolamentare non è da confondere con le funzioni amministrative riservate ai Comuni (art. 118
Cost.).
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
226
4.2 L‟ampliamento dell‟autonomia speciale del Trentino e
dell‟ Alto Adige/Südtirol
Fig. 27: Proiettare le novità negli Statuti
20
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
e riflessi sul federalismo fiscale;
Messina 11.12.2008
Proiettare le novitProiettare le novitàà nei vecchi nei vecchi
StatutiStatuti Nessuno dei 5 Statuti finNessuno dei 5 Statuti fin’’ora ora èè stato adeguatostato adeguato
Certe norme non si applicano piCerte norme non si applicano piùù (visto (visto governativo e rinvio di leggi provinciali e governativo e rinvio di leggi provinciali e regionali)regionali)
CompetenzeCompetenze allargateallargate, , limitilimiti legislativilegislativi ridottiridotti
Il testo dello Statuto Il testo dello Statuto èè superato in varie parti. superato in varie parti. Deve essere letto con riguardo alla nuova Deve essere letto con riguardo alla nuova Costituzione Costituzione
La sfida: proiettare le novitLa sfida: proiettare le novitàà nello Statutonello Statuto
4.2.1 La clausola generale a favore delle Autonomie speciali
Il capovolgimento della clausola generale (per le materie residuali) a favore delle Regioni (art.
117/4 Cost.) ha degli effetti diretti – in virtù della clausola di maggior favore della legge
costituzionale (art. 10 LC 3/2001) – sulle Regioni a statuto speciale e le Province autonome di
Trento e Bolzano. Le forme di autonomia più ampia della riforma costituzionale vengono, infatti,
applicate anche a queste ultime e cioè anche le competenze residuali. Ambedue le norme
prevedono, infatti, che: per tutte le materie, che non sono espressamente riservate al legislatore
statale, esse dispongono della competenza legislativa.
Innanzitutto bisogna sottolineare che quelle competenze regionali elencate nello Statuto di
autonomia della Regione Trentino – Alto Adige/Südtirol, agli articoli 4, 5 e seguenti, rimangono
intatte, in quanto non possono subire limitazioni dalla riforma costituzionale, ma solamente
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
227
eventuali ampliamenti. Lo stesso dicasi per le competenze previste agli articolo 8, 9 e seguenti delle
Province autonome di Bolzano e Trento.
A queste competenze si aggiungono ora quelle materie che, in virtù della clausola generale
residuale vanno alle Regioni, e che pertanto sono da attribuire anche alla Regione Trentino-Alto
Adige/Südtirol e alle Province autonome di Bolzano e Trento.
Fig. 28: Le fonti delle competenze autonome
24
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
e riflessi sul federalismo fiscale;
Messina 11.12.2008
Le Le fontifonti delle delle competenzecompetenze della della RegioneRegione e e
delle delle ProvinceProvince autonomeautonome
Prov. TNProv. BZ
REGIONE
Statuto speciale Costituzione
Titolo V in quanto di
maggior favore
40
4.2.2 Confronto delle competenze concorrenti
Per arrivare alle competenze residuali sulla base della clausola generale a favore delle Regioni, è
necessario analizzare più da vicino le competenze concorrenti. Queste sono, infatti, elencate
tassativamente all‟art. 117/3 Cost. e devono essere sottratte (come quelle dello Stato di cui all‟art.
117/2) dall‟insieme delle materie, per arrivare a quelle residuali. Rientrano non solo nella
competenza regionale ma anche – in parte – in quella statale seppur solamente per quanto riguarda i
“principi fondamentali”.
Bisogna quindi chiarire quali competenze concorrenti si aggiungono alle materie elencate nello
Statuto di autonomia per la Regione (art. 5 Statuto) e per le Province autonome (art. 9 Statuto) in
quanto non già previste dallo Statuto stesso. È quindi necessario confrontare le esistenti competenze
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
228
concorrenti della Regione e delle Province (in art. 5 e 9 Statuto) con quelle delle Regioni ordinarie
(art. 17/3 Cost.). Le materie che mancano alla Regione autonoma e alle Province sono da integrare.
Facendo ciò è necessario però verificare le loro competenze esclusive, in quanto elencate nello
Statuto, perché quelle devono comunque rimanere esclusive. Le competenze esclusive della
Regione autonoma (art. 4 Statuto) e delle Province (art. 8 Statuto) non possono infatti essere ridotte,
in quanto trovano applicazione soltanto le “forme di autonomia più ampie” (art. 10 L. cost.2001/3)
e non quelle diminutive.
4.2.3 L‟autonomia più ampia si estende alla Regione o alle Province?
Al fine di facilitare il lavoro di interpretazione, esaminiamo punto per punto la norma fondamentale
che prevede che le forme ampliate di autonomia vengano estese anche alle autonomie speciali:
“(..)le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto
speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di
autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.” (art. 10 L. Cost. 2001/3)
La norma non dice nulla circa il se, e quali delle “forme di autonomia più ampie” (art. 10 L.
cost.2001/3) debbano e possano essere applicate alla Regione e quali alle Province. Le cita tutte e
due, una dopo l‟altra senza precisare se nella Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol queste ulteriori
competenze siano da attribuire all‟uno o all‟altro ente territoriale.
Si potrebbe pensare che nella Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol siano le Province a vedersi
attribuire le ulteriori forme di autonomia al posto della Regione. Questa tesi viene supportata dal
fatto che con il nuovo Statuto di autonomia del 1972 la Regione è stata ridotta a poche competenze
ordinatorie mentre le competenze principali di merito sono state attribuite alle Province.
Contro questa teoria si pone invece il fatto che manchi un riferimento esplicito nel testo legislativo.
Il legislatore avrebbe potuto, qualora questa fosse stata la sua intenzione, inserire questa
precisazione, per esempio precisando che “(…) le disposizioni della presente legge costituzionale si
applicano anche alle Regioni a statuto speciale e – per la Regione Trentino Südtirol – alle Province
autonome (…)” . Questa precisazione, qui suggerita, non è tuttavia presente nel testo legislativo. È
invece da escludersi la tesi contraria, che sia solo la Regione a beneficiare di questa clausola, in
quanto le Province trovano un‟esplicita menzione.
Una possibile interpretazione può essere quella di seguire il principio dell‟affinità delle materie e
del completamento delle competenze già presenti presso la Regione o le Province. Queste ultime, in
quanto dispongono già ora delle competenze maggiori e più importanti, troverebbero quindi una
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
229
naturale integrazione per la maggior parte delle nuove materie. Questa tesi trova un ulteriore
sostegno nel fatto che sin dalla nuova autonomia del 1972 le Province autonome sono parificate alle
Regioni in molte leggi statali e che questa parificazione è stata confermata dalla Corte
Costituzionale.
A favore della Regione andrebbero invece – sempre seguendo il principio dell‟affinità delle materie
e del completamento di quelle già esistenti – quando coinvolge una materia che si trova in stretta
connessione con la competenza regionale, come per esempio la competenza integrativa della
Regione per la previdenza sociale (art. 6 Statuto). È plausibile che un ampliamento della
competenza in materie affini venga attribuita alla competenza principale, perché altrimenti verrebbe
prodotta una scissione illogica di materie e competenze. È difficilmente pensabile che una nuova
competenza venga attribuita alle Province assorbendo tutte le competenze della Regione. Ciò
comporterebbe, di fatto, che quasi tutte le materie (anche quelle esistenti) passerebbero dalla
Regione alla Provincia, cosa che il legislatore sicuramente non ha inteso fare.
Alcune materie possono anche essere attribuite a entrambi gli enti territoriali, se sono applicabili ad
entrambi in modo indipendente l‟una dall‟altra. Questo vale per esempio per la competenza
concorrente della partecipazione della Regione e delle Province all‟iter legislativo comunitario e per
l‟applicazione di trattati internazionali e di atti comunitari per le materie rientranti nella loro
competenza (art. 117/5 Cost.). Anche per la competenza concorrente prevista per l‟armonizzazione
dei bilanci pubblici, della finanza e dei tributi è possibile immaginare che sia la Regione che le
Province legiferino, ognuno per le proprie esigenze e nel proprio ambito (art. 117/5 Cost.).
La sfida di questa analisi è quindi quella di analizzare le ripercussioni della riforma costituzionale
con i suoi approcci federalistici sulle Autonomie speciali. Siccome gli Statuti di autonomia non
sono stati adattati, le nuove competenze autonome, che sono già legge, vengono proiettate in modo
virtuale negli Statuti. Questa analisi vuole dare un contributo.
La distribuzione definitiva delle competenze verrà fatta dal legislatore costituzionale, in sede di
adattamento dello Statuto alla riforma costituzionale. Nel frattempo sono gli enti territoriali stessi e
lo Stato a decidere, utilizzando più o meno le nuove competenze. Il Governo, la Regione e le
Province autonome possono impugnare le leggi statali, regionali e provinciali, quando ritengono che
siano lese le loro competenze, per violazione della Costituzione, dello Statuto di autonomia, delle
norme comunitarie o internazionali e per gli altri casi previsti (art. 127 Cost, art. 97 e 98 Statuto). In
caso di conflitti interviene la Corte Costituzionale, come vedremo più avanti (Cap 4.4).
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
230
4.3 Le nuove competenze della Regione e delle Province
autonome
Fig. 29: Ricerca delle competenze concorrenti della Regione Trentino Alto Adige
26
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
e riflessi sul federalismo fiscale;
Messina 11.12.2008
CompetenzeCompetenze concorrenticoncorrenti TN/AATN/AA
Ipotesi : alla Regione per completamento competenze (p.es. Ipotesi : alla Regione per completamento competenze (p.es.
previdenza.), resto alle Provinceprevidenza.), resto alle Province
Come? Come? Costituzione: "Costituzione: " alle Regioni a statuto speciale ed alle province alle Regioni a statuto speciale ed alle province
autonomeautonome““
Competenze concorrenti ex Art 117/3 Cost.Competenze concorrenti ex Art 117/3 Cost.
-- competenze esclusive Regione Art 4 Statutocompetenze esclusive Regione Art 4 Statuto
+ competenze concorrenti gi+ competenze concorrenti giàà esistenti Art 5/9esistenti Art 5/9
= competenze da ripartire a Regione e Province= competenze da ripartire a Regione e Province
-- competenze esclusive Province Art 8 Statuto e altricompetenze esclusive Province Art 8 Statuto e altri
4.3.1 Le nuove competenze concorrenti della Regione
Per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, la clausola di maggior favore (art. 10 L. Cost.3/2001)
produce le seguenti nuove competenze concorrenti che non sono ancora riportate nello Statuto di
autonomia:
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
231
Fig. 30: Nuove competenze concorrenti della Regione Trentino Alto Adige
27
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
e riflessi sul federalismo fiscale;
Messina 11.12.2008
Nuove competenze concorrenti Nuove competenze concorrenti
della Regione TN/AAdella Regione TN/AANelNel limitelimite delle delle proprieproprie competenzecompetenze
Rapporti internazionali e con l'UERapporti internazionali e con l'UE
Accordi con Stati e intese con enti territorialiAccordi con Stati e intese con enti territoriali
Armonizzazione dei bilanci e coordinamento della Armonizzazione dei bilanci e coordinamento della
finanza pubblica e del sistema tributariofinanza pubblica e del sistema tributario
Previdenza complementare e integrativa, elevato da Previdenza complementare e integrativa, elevato da
competenza integrativa a concorrente competenza integrativa a concorrente
Partecipazione alla formazione normativa dell'UEPartecipazione alla formazione normativa dell'UE
o I loro rapporti internazionali e con l‟Unione Europea (art. 117/3 Cost.). Questo ambito può
essere integrato sia a favore delle Province che a quello della Regione. 14
o Accordi con altri Stati e intese con enti territoriali di altri Stati. La Regione e le Province
autonome possono, nell‟ambito delle competenze a loro attribuite, stipulare questi accordi nelle
forme e nei casi individuati dalla legge dello Stato (art. 117/9 Cost.).
o Armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario (art. 117/3 Cost.). Questo vale sia per la Regione che per le Province.
o Previdenza complementare e integrativa (art. 117/3 Cost.). Questa materia era ed è nel tenore
testuale dello Statuto di autonomia prevista soltanto come competenza integrativa della Regione
(art. 6 Statuto). La Regione poteva emanare disposizioni in materia di previdenza sociale e dei
sistemi sociali in via integrativa alle disposizioni dello Stato nonché istituire propri istituti e
incentivarli. Questa competenza è stata elevata da competenza integrativa, al livello di
competenza concorrente della Regione. La clausola di maggior favore (art. 10 LC 3/2001)
attribuisce le ulteriori forme di autonomia, sia nei confronti delle Regioni a statuto speciale sia
alle Province autonome di Bolzano e Trento. In questo caso l‟ampliamento è da attribuirsi
sicuramente, in virtù della competenza già esistente, alla Regione.
14
Cft Barbera, A. (2008).
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
232
o La partecipazione alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari (art.
117/5 Cost.). Anche questa competenza viene attribuita sia alla Regione che alle Province.
4.3.2 Le nuove competenze concorrenti delle Province
Per le Province autonome si aggiungono le seguenti competenze concorrenti che non sono riportate
nello Statuto di autonomia:
o relazioni internazionali delle Regioni e i loro rapporti con l'Unione Europea (art. 117/3 Cost.);
o accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altri Stati, nel rispetto delle norme di
procedura stabilite da legge dello Stato (art. 117/9).
o commercio estero, (art. 117/3 Cost, fino ad oggi era riportato solo il commercio nello Statuto,
all‟articolo 9 punto 3).
o tutela e sicurezza del lavoro (art. 117/3 Cost.), che in passato veniva attribuita solamente in
delega dallo Stato alle Province;
o l‟istruzione (art. 117/3 Cost.), facendo venir meno la limitazione prevista nello Statuto di
autonomia (art. 9/2) relativa alla scuola primaria e secondaria. La formazione professionale è e
rimane una competenza esclusiva delle Province;
o le professioni (art. 117/3 Cost.).
o la ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all‟innovazione per i settori produttivi (art. 117/3
Cost.), fino ad ora, in virtù dell‟art. 9/8 Statuto, soltanto la promozione della produzione
industriale;
o la tutela della salute e alimentazione (art. 117/3 Cost.). Inedite sono soltanto le parole “tutela”
e “alimentazione”, in quanto lo Statuto di autonomia contiene già l‟igiene, l‟assistenza sanitaria
inclusa l‟assistenza ospedaliera quale competenza concorrente. La Regione ha anche
competenze primarie in questo settore, ma soltanto per l‟ordinamento degli enti sanitari e
ospedalieri (art. 4 punto 7 Statuto);
o l‟ordinamento sportivo (art. 117/3 Cost.). Inedita è l‟espressione “ordinamento”, in quanto le
attività sportive e ricreative con i relativi impianti e attrezzature già fanno parte della
competenza concorrente (art. 9 punto 11 Statuto);
o la protezione civile (art. 117/3 Cost.), nella misura in cui supera la competenza già esclusiva
delle Province, che prevede opere di prevenzione e di pronto soccorso per calamità pubbliche
(art. 8 punto 13 Statuto);
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
233
o i porti e gli aeroporti civili (art. 117/3 Cost.); i porti lacuali sono già di competenza provinciale
in maniera esclusiva (art. 8 punto 11 Statuto). Si sono quindi aggiunti i porti in generale, e
quindi non soltanto quelli lacuali. In Trento e Bolzano non vi sono porti che non siano lacuali,
ma in Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Sicilia, le competenze sono state ampliate anche ai porti
marittimi. Gli aeroporti civili sono stati aggiunti per tutti.
o le grandi reti di trasporto e di navigazione (art. 117/3 Cost.). Nelle competenze esclusive delle
Province sono previste soltanto le comunicazione ed i trasporti di interesse provinciale (art. 8
punto18 Statuto);
o l‟ordinamento della comunicazione (art. 117/3 Cost.). Fino alla riforma in questa materia vigeva
la limitazione alle comunicazione di interesse provinciale (art. 8 punto 18 Statuto), tuttavia
come competenza esclusiva. L‟ordinamento della comunicazione che va oltre l‟interesse della
Provincia (ma che deve trovarsi all‟interno del territorio della Provincia) viene quindi aggiunto
come competenza concorrente.
o produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia (art. 117/3 Cost.). Fino alla riforma
della Costituzione la competenza delle Province autonome era limitata all‟ “utilizzazione delle
acque pubbliche, con esclusione delle grandi derivazioni a scopo idroelettrico” (competenza
concorrente ex art. 9 punto 9 Statuto). Inoltre la Provincia dispone, ai sensi dello Statuto (art. 12
e 13), del diritto di proporre osservazioni e opposizioni per le concessioni di grandi derivazioni
a scopo idroelettrico e del diritto di ricevere energia elettrica gratuita per gli uffici pubblici e per
determinate categorie di consumatori. Il rilascio delle concessioni era già stato delegato prima
della riforma costituzionale alle Province di Bolzano e Trento;
o l‟armonizzazione dei bilanci pubblici e il coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario (art. 117/3 Cost.). Per quanto riguarda questa competenza il legislatore ha
probabilmente tenuto in considerazione che nella competenza esclusiva dello Stato (art. 117/2
Cost.) vi fosse già il sistema tributario e la contabilità però soltanto dello Stato e degli enti
pubblici nazionali, nonché la perequazione delle risorse finanziarie. Con questa disposizione in
ambito concorrente anche i bilanci pubblici delle Regioni dovevano quindi essere subordinati ai
principi fondamentali individuati dallo Stato. Le competenze della Regione autonoma e delle
Province sono contenute al titolo VI (articoli 69 – 84) dello Statuto di autonomia. Le Regioni e
le Province hanno – in base allo Statuto - facoltà di istituire con leggi tributi propri in armonia
con i principi del sistema tributario dello Stato, nelle materie di rispettiva competenza (Statuto
art. 73). Esse tuttavia si finanziano prevalentemente dalla partecipazione all‟imposizione fiscale
dello Stato (art. 75 – 78) e definiscono con competenza concorrente il finanziamento dei
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
234
Comuni (art. 80). La Regione, le Province ed i Comuni hanno anche il diritto ad un proprio
bilancio (art. 83 Statuto);
o la partecipazione alla formazione degli atti normativi comunitari (art. 117/5 Cost.). Alle
materie concorrenti già elencate (ex art. 117/3 Cost.) per le Regioni e le Province autonome si
aggiunge la partecipazione alla formazione degli atti normativi comunitari (per le materie
rientranti tra le loro competenze).
Fig. 31: Nuove competenze concorrenti provinciali
28
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
e riflessi sul federalismo fiscale;
Messina 11.12.2008
NuoveNuove competenzecompetenze concorrenticoncorrenti delle delle
ProvinceProvince autonomeautonome
Rapporti internazionali e con la UERapporti internazionali e con la UE
Accordi con Stati e intese con enti territorialiAccordi con Stati e intese con enti territoriali
Commercio estero, prima solamente commercio (ora residuale escluCommercio estero, prima solamente commercio (ora residuale esclusiva)siva)
Tutela e sicurezza del lavoro, prima solo delegataTutela e sicurezza del lavoro, prima solo delegata
Istruzione, prima limitata alla istruzione elementare e secondarIstruzione, prima limitata alla istruzione elementare e secondariaia
Ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione perRicerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori i settori
produttivi, prima solo incremento della produzione industrialeproduttivi, prima solo incremento della produzione industriale
Tutela della salute, alimentazione, nuovo Tutela della salute, alimentazione, nuovo èè solo tutela e alimentazione solo tutela e alimentazione
(igiene, sanit(igiene, sanitàà, assistenza sanitaria e ospedaliera gi, assistenza sanitaria e ospedaliera giàà prima prima
concorrente)concorrente)
29
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
e riflessi sul federalismo fiscale;
Messina 11.12.2008
……altrealtre nuove competenze concorrenti prov.nuove competenze concorrenti prov.
OrdinOrdin. sportivo, nuovo solamente "ordinamento", perch. sportivo, nuovo solamente "ordinamento", perchéé le attivitle attivitàà sportive e sportive e
ricreative con i relativi impianti ed attrezzature, sono giricreative con i relativi impianti ed attrezzature, sono giàà concorrenticoncorrenti
Protezione civile, in quanto supera la competenza Protezione civile, in quanto supera la competenza esclusesclus. Provinciale "opere . Provinciale "opere
di prevenzione e di pronto soccorso per calamitdi prevenzione e di pronto soccorso per calamitàà pubbliche"pubbliche"
Porti e aeroporti civili (giPorti e aeroporti civili (giàà escluviseescluvise porti lacuali)porti lacuali)
Grandi reti di trasporto e di navigazioneGrandi reti di trasporto e di navigazione
OrdinOrdin. della comunicazione, nello Statuto solo di interesse prov., pe. della comunicazione, nello Statuto solo di interesse prov., però rò esclusesclus..
Trasporto e distribuzione nazionale dell'energiaTrasporto e distribuzione nazionale dell'energia
Armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanzArmonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica a pubblica
e del sistema tributarioe del sistema tributario
Partecipazione agli atti normativi comunitariPartecipazione agli atti normativi comunitari
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
235
4.3.3 Varie materie nuove regionali, già previste negli Statuti speciali
Tutte le competenze concorrenti delle Regioni ordinarie precedentemente elencate (ex art. 117/3 e
117/5 Cost.) hanno comportato, in alcuni casi, un notevole ampliamento dell‟autonomia per la
Regione e le Province autonome.
Le seguenti competenze invece, che nella Costituzione riformata (art. 117/3) sono elencate come
competenze concorrenti delle Regioni, toccano solo marginalmente le competenze autonome della
Regione e delle Province di Bolzano e Trento, in quanto ricadono in sostanza già nella loro
autonomia:
o governo del territorio: in questa materia vi è già una più forte perché esclusiva competenza
delle Province autonome per l‟urbanistica e i piani regolatori (Statuto art. 8 punto 5);
o valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività
culturali; questa materia contenuta nell‟articolo 117/3 Cost.tra le competenze concorrenti delle
Regioni, coinvolge la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e le Province autonome soltanto
marginalmente. Le seguenti materie si trovano già nella competenza esclusiva delle Province di
Bolzano e di Trento: tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare (art. 8
punto 3 dello Statuto), usi e costumi locali ed istituzioni culturali (…) tuttavia di carattere
provinciale, manifestazioni e attività artistiche, culturali ed educativi locali (art. 8 punto 4
Statuto), tutela del paesaggio (art. 8 punto 6). Se invece si tratta di istituzioni culturali non
aventi carattere provinciale, queste sarebbero nuove competenze in ambito concorrente delle
Province. Tuttavia la materia tutela del paesaggio (art. 8 punto 6 Statuto), che era stata inserita
allora per coprire l‟intera tutela ambientale, copre tutta l‟attività legislativa di natura ecologica.
Secondo la Corte Costituzionale però la competenza ambientale dello Stato (art. 17/2 lettera s)
sarebbe una competenza nell‟interesse generale che si sovrappone a particolari competenze
delle Autonomie speciali, come vedremo più avanti. Solo le istituzioni culturali non aventi
carattere provinciale potrebbero essere, al fine di una loro valorizzazione, attribuite alle nuove
competenze concorrenti delle Province autonome;
o le casse di risparmio, le casse rurali, le aziende di credito e gli enti di credito fondiario e
agrario, sempre di carattere regionale, sono competenze concorrenti nuove delle Regioni
ordinarie. Queste sono contenute nelle competenze concorrenti della Regione ai sensi dell‟art. 5
dello Statuto. Anche questo ultimo punto pertanto non comporta una novità per la Regione
Trentino-Alto Adige/Südtirol.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
236
4.3.4 Le nuove competenze esclusive della Regione
Le materie che rientrano tra le competenze esclusive della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e
delle Province autonome Bolzano e Trento sono elencate in via tassativa (art. 4 per la Regione e art.
8 per le Province) all‟interno dello Statuto di autonomia. La Regione conta complessivamente dieci
materie, le Province un pacchetto ampio di 29 materie in ambito economico, sociale, culturale ed
ecologico. 15
Queste competenze esclusive non vengono toccate.
Quali materie vengono tuttavia aggiunte in virtù della competenza residuale (art. 117/4 Cost.)?
Tutte le materie che non sono elencate né nella lista delle competenze esclusive dello Stato (art.
117/2 Cost.) né in quella concorrente delle Regioni (art. 117/3 Cost.), rientrano tra le competenze
residuali e quindi esclusive delle Regioni e delle Province autonome. Di ciò fanno parte anche
quelle materie delle quali la Regione e le Province possono disporre in senso concorrente o
integrativo e che diventano primarie a causa della competenza residuale. Delle competenze
residuali fanno parte anche le materie che non vengono elencate da nessuna parte.
In questo senso tutte le competenze concorrenti e quelle integrative della Regione (art. 5 e 6
Statuto) e delle Province (art. 9 e 10 Statuto) devono essere analizzate se sono contenute nei due
elenchi delle competenze dello Stato (art. 117/2 Cost.) o delle competenze concorrenti delle Regioni
(art. 117/3 Cost.). Tutte le materie elencate nello Statuto di autonomia che non possono essere
individuate all‟interno di uno di questi elenchi (art. 117/2 e 117/3 Cost.) e che quindi passano
attraverso il filtro virtuale, diventano delle competenze residuali della Regione o delle Province a
seconda della loro affinità con le materie già esistenti.
Per la Regione quindi, sulla base della competenza già esistente, la seguente competenza
concorrente diventa un‟esclusiva:
o Ordinamento delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza (art. 5 punto 2 Statuto).
15
Cfr 2.4.2 I poteri della Regione e delle Provincie.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
237
4.3.5 Le nuove competenze esclusive delle Province autonome
Fig. 32: Ricerca delle nuove competenze esclusive provinciali
30
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
e riflessi sul federalismo fiscale;
Messina 11.12.2008
CompetenzeCompetenze esclusiveesclusive ProvinceProvince
AutonomeAutonome
+ NUOVE: + NUOVE: tuttetutte le le compcomp. . residresid. delle . delle
Regioni Regioni ordinarieordinarie
= = NuoveNuove competenzecompetenze delle delle ProvinceProvince
autonomeautonome
TutteTutte le le competenzecompetenze secondosecondo StatutoStatuto (Art 8 (Art 8
seguentiseguenti))
Per le Province autonome le seguenti materie passano dalla competenza concorrente a quella
esclusiva:
o polizia locale urbana e rurale (art. 9 punto 1 Statuto), integrata dalla “polizia amministrativa
locale”, ai sensi dell‟esclusione dalle competenze statali (art. 117/2 h Cost.).
o commercio, in quanto soltanto il commercio estero è rimasto di natura concorrente (art. 117/3
Cost.).
o apprendistato, libretti di lavoro, categorie e qualifiche dei lavoratori, che non sono riportati
nella Costituzione (art. 9 punto 4 Statuto).
o collocamento (art. 9 punto 5 e art. 10 Statuto), a meno che non lo si voglia far rientrare nella
tutela del lavoro, che sarebbe concorrente (art. 117/3 Cost.), anche se si tratterebbe di
un‟interpretazione dubbia.
o spettacoli pubblici, nella misura in cui ciò non riguardi la pubblica sicurezza. Per quanto
riguarda quest‟ultima, la competenza rimane concorrente (art. 9 punto 6 Statuto).
o esercizi pubblici, ad esclusione della competenza di sorveglianza dello Stato per la salvaguardia
della sicurezza pubblica (art. 9 punto 7 Statuto).
o licenze, che non riguardano competenze esplicite dello Stato.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
238
Fig. 33: Competenze esclusive delle Province Autonome
31
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
e riflessi sul federalismo fiscale;
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NuoveNuove competenzecompetenze esclusiveesclusive provincialiprovinciali
Polizia locale urbana e rurale Polizia locale urbana e rurale (prima concorrente) ampliato da(prima concorrente) ampliato da polizia polizia
amministrativa localeamministrativa locale
CommercioCommercio, perch, perchéé solo quellosolo quello estero estero èè concorrenteconcorrente
Apprendistato, libretti di lavoro; categorie e qualifiche dei laApprendistato, libretti di lavoro; categorie e qualifiche dei lavoratorivoratori (prima (prima
concorrente)concorrente)
CollocamentoCollocamento
Spettacoli pubbliciSpettacoli pubblici, in quanto non attiene alla pubblica sicurezza, in quanto non attiene alla pubblica sicurezza
Esercizi pubbliciEsercizi pubblici, esclusa la vigilanza dello stato ai fini della , esclusa la vigilanza dello stato ai fini della
pubblica sicurezzapubblica sicurezza
LicenzeLicenze, non espressamente riservate allo Stato., non espressamente riservate allo Stato.
Secondo la clausola residuale competenze esclusive e non piSecondo la clausola residuale competenze esclusive e non piùù concorrenti o integrativeconcorrenti o integrative
Tutte queste materie rientrano, in virtù della clausola residuale, nella competenza primaria delle
Province autonome e non più in quella concorrente (art. 9 Statuto) o in quella integrativa (art. 10
Statuto).
Come già sottolineato, tutte queste materie sono ancora elencate formalmente nello Statuto di
autonomia sotto le loro classificazioni originariamente previste e sottostanno – secondo la sentenza
della Corte - ai relativi limiti della legislazione previste nello Statuto. La classificazione qui
effettuata rappresenta il tentativo di proiettare le ripercussioni della riforma costituzionale e le
relative competenze nello Statuto di autonomia dell‟Alto Adige/Südtirol e del Trentino. La clausola
di maggior favore che vuole che le forme più ampie di autonomia trovino applicazione
immediatamente anche alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome (art. 10 L. Cost.
3/2001) ha, infatti, modificato in modo sostanziale i contenuti degli Statuti, anche se questi sono
formalmente rimasti identici sulla carta.
Alle competenze esclusive delle Province autonome si aggiungono le ulteriori materie residuali
delle Regioni ordinarie,16
che non sono già di competenza della Regione o delle Province autonome,
16
Cfr. 4.1.2.5: Le nuove competenze residuali delle Regioni italiane.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
239
anche quelle che non trovano nessuna menzione e che quindi non sono state elencate qui proprio
perché residuali. In virtù degli elenchi tassativi ed esaustivi della Costituzione (art. 117/2 e 3) e
dello Statuto di autonomia (art. 4 e 5 ss e 8 e 9 ss), nonché delle vecchie competenze delle Regioni
(art. 117 della Costituzione ante 2001), è probabilmente difficile individuare ulteriori materie, ma
comunque anche gli elenchi più esaustivi non possono comprendere tutto quanto, ed è questo il
motivo per la clausola generale. Se, infatti, si pone la domanda circa la competenza per una
determinata materia non elencata, questa può, almeno in principio, trovare un‟immediata risposta:
tutto quello che non è stato attribuito allo Stato in via esclusiva (art. 117/2 Cost.) o alle Regioni in
via concorrente (art. 117/3 Cost.), rientra tra le competenze esclusive delle Regioni o delle Province
autonome. A ciò si aggiungono tutte le materie, che vengono create dallo sviluppo tecnologico,
culturale, sociale ed economico e che non sono ricomprese negli elenchi citati o che non vi possono
essere attribuite.
Il tentativo qui intrapreso di elencare le possibili nuove competenze riscrivendo virtualmente lo
Statuto, si basa su interpretazioni, che potrebbero essere effettuate anche in maniera più estensiva o
restrittiva. Sull‟interpretazione e applicazione definitiva decide – come già sottolineato – il
legislatore regionale e provinciale da un lato e quello nazionale dall‟altro. In caso di conflitto
interviene la Corte Costituzionale. La Corte Costituzionale negli anni dal 2001 ha dovuto
intensificare notevolmente la sua attività. I conflitti tra le Regioni e lo Stato hanno raggiunto
un‟intensità e una frequenza mai vista fino ad ora.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
240
4.4 Le sentenze della Corte Costituzionale
4.4.1 La Corte Costituzionale e la clausola di maggior favore
4.4.1.1 I compiti della Corte Costituzionale
La definitiva delimitazione delle competenze tra Stato e Regioni spetta in caso di conflitti alla Corte
Costituzionale (CC). Ai sensi dell‟articolo 134 della Costituzione la Corte Costituzionale giudica:
- sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di
legge, dello Stato e delle Regioni;
- sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le
Regioni.
La Corte Costituzionale giudica anche sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica.
Il compito principale della Corte Costituzionale consiste quindi nella verifica delle leggi
relativamente alla loro costituzionalità. Questo controllo non si limita alle leggi dello Stato, ma si
estende anche alle leggi e gli atti delle Regioni, delle Province autonome, se dotate di forza di legge.
Il secondo compito consiste nel decidere la delimitazione delle competenze tra i poteri dello Stato e
tra lo Stato e le Regioni così come tra le Regioni in caso di conflitti.
Il controllo della costituzionalità consiste da un lato nel controllo formale della legittimità della
legislazione, e dall‟altro in un controllo sostanziale e di contenuto delle leggi relativamente ad
eventuali vizi sostanziali. Questi vizi possono derivare da:
a) una violazione diretta della Costituzione: Evidentemente ogni vizio di legittimità
costituzionale di una legge si traduce in una violazione della Costituzione, ma il termine
indica più precisamente il contrasto tra una norma di legge e un dettato costituzionale, come
per esempio una legge che limitasse la libertà di stampa, che viene tutelata dall‟articolo 21
della Costituzione;
b) incompetenza: il vizio riguarda l‟assenza di competenza, quando quindi una legge viene
emanata da un soggetto diverso da quello a cui la Costituzione ha attribuito la competenza, e
che quindi, in base alla ripartizione delle competenze non è autorizzato a farlo. Attiene
essenzialmente ai rapporti tra legge statale e legge regionale o provinciale.
c) eccesso di potere legislativo: significa il superamento della propria competenza legislativa, e
quindi quando i provvedimenti legislativi non corrispondono agli obiettivi della
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
241
Costituzione o della legge, per esempio atti amministrativi con finalità diverse dalla legge o
la ragionevolezza del contenuto di una legge alla luce dei principi costituzionali.17
Il controllo della costituzionalità avviene sulla base di due parametri:
o norme che sono espressamente previste nella Costituzione;
o principi che possono essere desunti in via implicita dalla Costituzione.
Questi parametri possono essere contenuti anche in leggi ordinarie dello Stato, la cui violazione
diventa quindi una violazione della Costituzione. Questo può avvenire innanzitutto se i decreti del
Governo, emanati in base a una legge delega del Parlamento, non si attengono ai principi e ai limiti
in quest‟ultima previsti.18
I procedimento dinanzi alla Corte Costituzionale vengono introdotti sostanzialmente in due modi
diversi:
a) procedimento in via incidentale: quando durante un processo emergano dubbi sulla
costituzionalità di una norma, il giudice può (anche su istanza del PM), inoltrare la questione
di legittimità costituzionale della norma incriminata alla Corte Costituzionale con
provvedimento motivato;
b) nel procedimento principale: l‟unica possibilità di investire direttamente la Corte
Costituzionale riguarda i rapporti tra la legge statale da un lato e la legge regionale dall‟altro.
Quando lo Stato o la Regione (e la Provincia autonoma) ritengono che una legge regionale o
statale si trovi in contrasto con la costituzione e con la distribuzione delle competenze ai
sensi della Costituzione, tutti questi enti possono sollevare la questione costituzionale
direttamente dinanzi alla Corte Costituzionale (art. 127 Cost.e art. 97 e art. 98 Statuto). 19
Quando la Corte Costituzionale dichiara l‟incostituzionalità di una norma legislativa o di un
atto avente forza legislativa, la norma in questione perde la sua efficacia dal giorno della
pubblicazione della decisione (art. 136 Cost.).
4.4.1.2 Un rapido incremento delle controversie
La riforma costituzionale (L. Cost. n. 3 del 2001) è entrata in vigore a seguito dell‟esito positivo del
referendum in data 8 novembre 2001. I conflitti che sono stati trattati dinanzi alla Corte
Costituzionale hanno raggiunto, da quel momento in poi, una frequenza fino a quel momento
sconosciuta. Soltanto nella legislatura in corso al momento dell‟entrata in vigore della riforma
(legislatura conclusasi in data 28 aprile 2006) la Corte Costituzionale si è dovuta occupare
complessivamente di 500 casi. Nonostante la giurisprudenza si trovi in evoluzione e che essa è, per
17
Carretti, P./ De Siervo,U. (2004) p 386. 18
Carretti, P./ De Siervo,U. (2004) p 387. 19
Carretti, P./ De Siervo,U. (2004) p 388-399.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
242
definizione, sempre suscettibile di modifiche, a oggi è tuttavia rinvenibile una linea interpretativa
chiara.20
Fino al 2003 erano i giudici che sollevavano la maggior parte dei procedimenti in via incidentale
dinanzi alla Corte Costituzionale. Ma già nel 2003 le controversie tra Stato e Regioni hanno
riguardato oltre il 50 % delle decisioni, se si sommano i procedimenti principali e le controversie tra
enti territoriali.21
A partire dal 2004, dopo mezzo secolo di vita della Corte Costituzionale, le
controversie dirette tra Stato e Regioni hanno superato l‟ammontare dei procedimenti incidentali
(non solo delle sentenze).
4.4.1.3 Conferma della clausola di maggior favore
La Corte Costituzionale si è pronunciata in più riprese sull‟applicazione della clausola di maggior
favore, in particolare su come le “forme di autonomia più ampie” potessero essere estese alle
Regioni a statuto speciale e alle Province autonome.
o Il presupposto è la possibilità di confronto
Già nel 2003 la Corte Costituzionale ha dichiarato (con sentenza n. 314/2003) che la clausola di
maggior favore poteva essere applicata soltanto quando vi fosse una confrontabilità dei contenuti.
La sentenza si è occupata in particolare del procedimento speciale, con il quale è possibile
impugnare le leggi della Regione Sicilia. A differenza di altre Regioni a statuto speciale, la Sicilia
ha previsto sin dall‟inizio soltanto un‟impugnazione delle leggi dinanzi alla propria Corte
Costituzionale.22
Relativamente alla Sicilia, il Governo non ha mai avuto la possibilità, cosa che
aveva con le altre Regioni speciali e ordinarie, di esaminare le leggi circa la loro costituzionalità ed
eventualmente di rinviarle al Consiglio regionale (art. 127 della Costituzione prima del 2001). Con
l‟entrata in vigore della riforma costituzionale, questo procedimento è stato abolito per tutti (L.
Cost.3/2001) ed è stato sostituito con la possibilità di impugnazione da parte del Governo dinanzi
alla Corte Costituzionale. La Corte Costituzionale doveva quindi chiarire quale dei due
procedimenti, quello dello Statuto di autonomia della Sicilia oppure il nuovo procedimento per le
Regioni a statuto ordinario fosse più idoneo. Essa ha infine dichiarato che i due sistemi non possono
essere confrontati e che quindi, per quanto riguarda la Sicilia, vi sia la necessità di utilizzare il
sistema previsto nel relativo Statuto di autonomia. Diversa è stata la pronuncia nella medesima
questione nei confronti degli altri Statuti di autonomia, per i quali il nuovo procedimento ha
rappresentato un evidente miglioramento della loro rispettiva autonomia.
20
Marcelli, F./ Giammusso, V. (2006) contiene le sentenze della Corte dal 2001 al 2006. 21
Marcelli, F./ Giammusso, V. (2006) p 7. 22
A seguito di una pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza no. 38/1957) questo tribunale speciale è stato
sostituito dalla stessa Corte Costituzionale.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
243
4.4.1.4 Nessun controllo preventivo delle leggi regionali e provinciali
La Regione Aosta aveva deciso di applicare il nuovo procedimento per l‟entrata in vigore delle
leggi (sulla base dell‟art. 127 Cost.) e di non più chiedere il visto governativo (come previsto nello
Statuto). Il Governo aveva presentato un ricorso preventivo sulla deliberazione legislativa della
Regione Aosta dinanzi alla Corte Costituzionale. La Corte Costituzionale ha dichiarato
l‟improcedibilità del ricorso del Governo (con ordinanza n. 377/2002) sulla delibera legislativa
regionale prima che quest‟ultima fosse promulgata e pubblicata, giudicando che la nuova disciplina
posta dall‟art. 127 della Costituzione novellato è applicabile. La motivazione fa proprio riferimento
alla clausola di miglior trattamento (prevista all‟art. 10 della L. Cost. n. 3 del 2001) e la stessa è
applicabile anche al procedimento di impugnazione in via principale delle leggi della Regione
autonoma della Valle d‟Aosta. Una simile pronuncia è stata emessa nei confronti della Provincia
autonoma di Bolzano (sentenza n. 408/2002).
4.4.1.5 Le ripercussioni sulle competenze concorrenti
In primo luogo è necessario analizzare in quale misura, a seguito dell‟interpretazione da parte della
Corte Costituzionale, le nuove competenze per le Regioni a statuto ordinario possono essere
trasferite alle Regioni a statuto speciale. Nel caso delle competenze concorrenti, la Corte
Costituzionale ha riconosciuto il nuovo elenco contenuto all‟articolo 117/3 della nuova Costituzione
per le Regioni a statuto speciale. Anche se, ad esempio, nello Statuto di autonomia della Regione
Friuli Venezia Giulia non è prevista una competenza per gli impianti elettrici, la Corte
Costituzionale ha riconosciuto la competenza per la “produzione, il trasporto e la distribuzione
nazionale dell‟energia” (sentenza n. 8/2004).23
Sulla stessa linea anche una sentenza (no 312/2004) nella quale la Corte Costituzionale ha attribuito
alla Provincia autonoma di Bolzano la competenza per l‟”ordinamento del settore delle
comunicazioni” (sentenza 312/2004). Stesso discorso per una sentenza a favore della Provincia
autonoma di Trento, sempre per la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale
dell‟energia, che è stata confermata con la sentenza 383/2005 come una competenza concorrente
della Provincia.
La Corte Costituzionale non ha tuttavia abrogato la legge sulla riorganizzazione del mercato del
lavoro (la cosiddetta legge Biagi, n. 30/2003) ma soltanto le norme in contrasto con la tutela del
lavoro. La tutela del lavoro prevista in legge ordinaria viene – nonostante sia competenza
concorrente delle Regioni – confermata ed il ricorso della Provincia Trento rigettato. Fino a quando
le Regioni non disciplineranno autonomamente la materia, verrà applicata la legge nazionale in
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
244
virtù del principio della continuità. Una serie di competenze di ispezione e controllo sarebbero da
ricondursi al codice civile, il quale contiene anche la disciplina dei rapporti di lavoro, questa la
pronuncia della Corte Costituzionale24
.
La clausola di maggior favore può anche, così la Corte, “ampliare i confini di una materia”, come
per esempio nel campo della tutela della salute, la quale – ai sensi della riforma costituzionale – è
riservata alla competenza concorrente delle Regioni. La Corte Costituzionale ha confermato
(sentenza 270/2005) le competenze ulteriori della tutela della salute nei confronti della precedente
competenza dell‟“assistenza sanitaria e ospedaliera”, così come prevista nella vecchia Costituzione
all‟articolo 117. Contemporaneamente la Corte ha però confermato anche la possibilità per lo Stato
di istituire propri istituti di ricerca, “in relazione ad attività di ricerca scientifica strumentale e
intimamente connessa a funzioni statali” (sentenza n. 270/2005). Già nel 2002 la Corte
Costituzionale (con sentenza 282/2002) aveva dichiarato l‟incostituzionalità di una legge regionale
che aveva sospeso determinate terapie, non per violazione della competenza dello Stato in materia
di assistenza sanitaria, ma perché incideva sui diritti fondamentali delle persone senza basarsi su
evidenze scientifiche. L‟autonomia ampliata, rispetto alla precedente assistenza ospedaliera, sarebbe
da estendersi, in virtù della clausola di maggior favore, anche alle Regioni a statuto speciale con
l‟osservanza dell‟applicazione dei nuovi limiti che sono previsti implicitamente o espressamente
nelle competenze dello Stato. La Corte Costituzionale rimanda (sentenza n. 134/2006) in questo
contesto espressamente alla competenza esclusiva dello Stato per la “determinazione dei livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali fondamentali” (art. 117/2 m Cost.).
Per converso, la Corte sentenzia (sentenza n. 75/2006) contro una legge regionale della Regione
autonoma Friuli Venezia Giulia. La Regione aveva inteso, con legge regionale, di introdurre delle
franchigie per l‟ICI. Secondo la Corte Costituzionale si tratta di una competenza esclusiva dello
Stato, per la quale pertanto non trova applicazione la clausola di maggior favore, sulla quale si era
richiamata la Regione.25
4.4.1.6 Le ripercussioni sulle competenze esclusive
La Corte Costituzionale ha confermato che tutte le competenze che non sono già previste a favore
delle Regioni a statuto speciale e che sulla base delle competenze residuali vengono riconosciute
alle Regioni a statuto ordinario, devono essere estese anche alle Regioni a statuto speciale (sentenza
n. 239/2004). Il ricorso viene respinto sulla base di altri argomenti, ma questo principio è stato
confermato.
23
Marcelli, F./ Giammusso, V. (2006) p 103. 24
Marcelli, F./ Giammusso, V. (2006) p 67, 103 e 530seg. 25
Marcelli, F./ Giammusso, V. (2006) p 104 e 596 seg.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
245
La Corte ha anche confermato che le nuove competenze esclusive riservate allo Stato dalla
Costituzione del 2001 non hanno ripercussioni sugli Statuti speciali quando questi contengono delle
competenze primarie sulla materia in questione. Questo riconoscimento deriva senza dubbio dalla
clausola di maggior favore, in quanto si tratta non di ulteriori forme di autonomia bensì semmai di
ulteriori limitazioni, le quali non possono trovare applicazione alle Autonomie speciali. La Corte ha
quindi deciso che la competenza primaria della Regione Sardegna per quanto riguarda
l‟ordinamento degli enti locali, riservata dalla riforma costituzionale allo Stato (art. 117/2 Cost.),
non viene toccata da questa innovazione (sentenza 48/2003).
4.4.2 I limiti della legislazione
4.4.2.1 Minori limiti per le Regioni ordinarie che non per le Regioni speciali nelle vecchie
materie
Una rilevante novità per le Regioni a statuto ordinario riguarda i limiti delle competenze. In virtù
dell‟articolo 117/1 della Costituzione, i limiti per la legislazione dello Stato e delle Regioni sono
rappresentati dalla Costituzione stessa, dall‟ordinamento comunitario e dagli obblighi
internazionali. Questo riguarda le competenze esclusive dello Stato e per quelle esclusive – se
possono essere denominate in questo modo in assenza di una formula nel testo legislativo – delle
Regioni.
Per la legislazione concorrente con riferimento alle Regioni si aggiunge ai sensi dell‟art. 117/3 la
seguente limitazione: al legislatore nazionale viene riservata la potestà di determinare i principi
fondamentali. La legislazione delle Regioni e delle Province autonome in ambito concorrente deve
quindi muoversi all‟interno del perimetro tracciato dai principi fondamentali, individuati con legge
statale.
I limiti dell‟attività legislativa previsti negli Statuti delle Regioni speciali (tranne che per la Sicilia)
sono molto più stringenti. Per la Regione Trentino Alto Adige/Südtirol questi limiti sono definiti
nello Statuto di autonomia nell‟art. 4 per le competenze esclusive e nell‟art. 5 per le competenze
concorrenti. Gli articoli 8 e 9 si richiamano a questi limiti e li estendono alle Province. Lo Statuto di
autonomia contiene le seguenti limitazioni per le competenze che possono essere considerate
esclusive. La Regione e le Province autonome sono autorizzate ad emanare provvedimenti
legislativi nelle materie elencate, e cioè:
o in armonia con la Costituzione e
o i principi dell‟ordinamento giuridico della Repubblica,
o con il rispetto degli obblighi internazionali e
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
246
o degli interessi nazionali – tra i quali è compresa nuovamente la tutela delle minoranze
linguistiche locali,
o nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica.
Per le Regioni ordinarie e lo Stato trovano invece applicazione soltanto i seguenti limiti (art. 117/1
Cost.):
o rispetto della Costituzione,
o nonché dei vincoli derivanti dall‟ordinamento comunitario europeo e
o degli obblighi internazionali.
In questo modo, per le Regioni a statuto ordinario sono scomparsi i limiti dei “principi
dell‟ordinamento giuridico”, che tuttavia sono comunque parte integrante della Costituzione. I
principi dell‟ordinamento che non sono direttamente o implicitamente desumibili dalla Costituzione
non rappresenterebbero quindi un limite (nella misura in cui questi possono essere immaginati e
disciplinati con legge ordinaria).
Non vengono più citati inoltre, gli interessi nazionali, un‟espressione ampia che era prevista anche
per l‟impugnazione di leggi regionali e provinciali, per i quali dovevano decidere le Camere del
Parlamento.
Questa espressione è stata abolita. La tutela dell‟interesse generale sopravvive in una competenza
sostitutiva del Governo (ma non più come interesse nazionale) (art. 120/2 Cost.): nel caso di
mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo
grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità
giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali, il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città
metropolitane, delle Province e dei Comuni. Con la legge deve tuttavia essere disciplinato il
procedimento che garantisce il “principio di sussidiarietà e il principio di leale collaborazione”. In
questo punto tutto sommato poco organico trova pertanto esplicita menzione il principio di
sussidiarietà, che ispira tutta la riforma. La Corte Costituzionale ha confermato la potestà sostitutiva
dello Stato anche per le Regioni a statuto speciale (sentenza n. 236/2004).
La riforma del 2001 inoltre non prevede l‟ulteriore limite ancorato negli Statuti speciali per le
competenze esclusive delle Regioni e Province autonome che richiede il rispetto “delle norme
fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica”, che pertanto non dovranno essere
osservate dalle Regioni a statuto ordinario, per le loro competenze esclusive (delle quali prima non
disponevano affatto, ma solamente di competenze concorrenti).
Come nuovi limiti vennero invece introdotti quelli derivanti dall‟ordinamento comunitario europeo,
anche se questi erano già coperti con il limite degli obblighi di natura internazionale.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
247
La competenza concorrente delle Regioni e delle Province autonome viene limitata ulteriormente
dalla formulazione dello Statuto di autonomia (per il Trentino Alto Adige ai sensi dell‟art. 5
Statuto) dai
o “principi stabiliti dalle leggi dello Stato”, quindi anche dalle leggi ordinarie.
La nuova formulazione in articolo 117/3 della Costituzione si limita ai principi fondamentali. Al
legislatore nazionale è quindi riservata la facoltà di:
o individuare i principi fondamentali. Fatta salva questa facoltà, alle Regioni spetta la
competenza legislativa per le materie concorrenti.
La domanda che si pone è quindi quanto questo allentamento dei limiti possa essere trasferito alle
Regioni a statuto speciale e alle Province autonome. La Corte Costituzionale ha tracciato un limite
molto chiaro.
4.4.2.2 Nessun allentamento illimitato dei limiti
I limiti che sono stati allentati per le Regioni a statuto ordinario non trovano – secondo la
giurisprudenza della Corte Costituzionale – un‟applicazione illimitata alle Regioni a statuto
speciale. La Corte Costituzionale è molto attenta a garantire la posizione di favore delle Regioni a
statuto speciale, tenendo però presente che si tratti di quelle materie, nelle quali le Regioni ordinarie
hanno vissuto un ampliamento. Ciò significa che non trova applicazione – come si potrebbe pensare
– un generale allentamento dei limiti più rigidi previsti negli Statuti speciali, così come sono
individuati agli articoli 4 e 5 per la Regione Trentino Alto Adige/Südtirol (e negli articoli 8 e 9 per
le Province di Bolzano e Trento). I limiti rimangono, soltanto per quelle materie, in cui la clausola
di maggior favore ha trasferito nuove materie alla Regione a statuto speciale perché sono state
riconosciute alle Regioni ordinarie, trovano applicazioni i nuovi limiti più permissivi.
Per quanto riguarda le competenze invece che già in precedenza erano state attribuite alle Regioni a
statuto speciale, e che non vengono riconosciute alle Regioni a statuto ordinario, trovano
applicazione i vecchi limiti legislativi così come sono previsti negli statuti speciali.
La Corte Costituzionale ha per esempio dichiarato l‟incostituzionalità di una legge regionale della
Regione Sardegna (sentenza 536/2002), che ha esteso il periodo di caccia sul territorio regionale. Lo
Statuto speciale attribuisce la materia caccia alla competenza primaria della Regione, però –
specifica la Corte - prevedendo limiti specifici, quali il rispetto dei “principi dell‟ordinamento
giuridico della Repubblica,” delle “norme fondamentali delle riforme economiche-sociali della
Repubblica, nonché degli obblighi internazionali” . La Corte richiama espressamente i “vecchi”
limiti degli Statuti speciali non più previsti nell‟ articolo 117 della Costituzione. Specifica inoltre
che l‟ambiente non è una materia ma un valore trasversale per il quale è competenza dello Stato
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
248
individuare gli standard minimi. La tutela dell‟ambiente e del sistema ecologico sono competenze
esclusive dello Stato – ha ricordato la Corte nella sua pronuncia. La Regione dovrà quindi attenersi
ai limiti precedenti della legislazione, così come sono individuati nello Statuto di autonomia “tra
cui quelli derivanti dall‟osservanza degli obblighi internazionali e delle norme fondamentali delle
riforme economico-sociali” (sentenza 536/2002). La competenza sulla caccia è sì di competenza
della Regione, ma con la sua competenza per la tutela dell‟ambiente e del sistema ecologico lo Stato
ha il diritto ed il dovere di fissare degli standard minimi per la tutela della natura, che può essere
ricondotta soltanto alla sua competenza esclusiva.
La Corte Costituzionale ha confermato i limiti dei “principi dell‟ordinamento giuridico della
Repubblica” in un procedimento che è stato promosso dal Governo contro una legge regionale della
Regione Autonoma di Sardegna. La legge regionale aveva sciolto anticipatamente i Consigli delle
Autonomie locali. La Corte Costituzionale ha confermato (sentenza 48/2003) che la Regione sia
detentrice della competenza dell‟ordinamento degli enti territoriali. Tuttavia la competenza sulla
“legislazione elettorale” rientra nella competenza esclusiva dello Stato (art. 117/2 p Cost.). La
Regione deve quindi conformarsi ai principi dell‟ordinamento statale, di cui fanno parte anche la
durata degli organi, della quale la Regione non può disporre in modo arbitrario. Anche in questo
caso la Corte Costituzionale ha richiamato una limitazione che è riportata nello Statuto di
autonomia ma che non trova applicazione per le nuove competenze a statuto ordinario, bensì ancora
per le vecchie competenze delle Regioni a statuto speciale.
Una sentenza analoga è stata pronunciata dalla Corte Costituzionale (29/2003) con riferimento a
delle incompatibilità con la carica di un Consigliere regionale. Alla Regione Sardegna compete (ai
sensi della riforma della L. Cost.2/2001) la competenza di classificazione primaria per la
legislazione elettorale. Le Regioni a statuto ordinario hanno tuttavia soltanto la competenza
concorrente, e quindi non può essere desunta una clausola migliorativa per le Regioni a statuto
speciale. Per questo motivo – ha ricordato la Corte Costituzionale – le vecchie limitazioni
mantengono la loro valenza e tra esse anche i principi generali dell‟ordinamento giuridico della
Repubblica.
Sempre con riferimento ai principi dell‟ordinamento giuridico della Repubblica la Corte
Costituzionale, con sentenza 321/2005, ha dichiarato l‟incostituzionalità di una legge provinciale
della Provincia autonoma di Bolzano, relativamente a quella parte in cui essa attribuisce a strutture
locali il potere di dirigere e coordinare l‟attività di pronto intervento dell‟amministrazione dello
Stato. 26
Le “opere di prevenzione e di pronto soccorso per calamità pubbliche” spettano alle
Province autonome Bolzano e Trento (ai sensi dell‟art. 8, punto 13 Statuto) in ambito esclusivo. La
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
249
Corte Costituzionale si è basata nella sua sentenza sull‟articolo 87 dello Statuto di autonomia, nel
quale viene previsto il Commissario del governo per il coordinamento degli organi e delle
attribuzioni statali. La sentenza richiama però anche la competenza del Presidente del Consiglio dei
Ministri per la nomina del commissario per la sicurezza civile a livello statale.
Anche una legge provinciale della Provincia di Trento è stata dichiarata come incostituzionale dalla
Corte Costituzionale, perché modificava i tempi predestinati alla caccia da parte dello Stato
(sentenza 227/2003). La Corte ha riconosciuto il carattere di norme fondamentali di riforma
economica sociale alle disposizioni statali che individuano le specie cacciabili, basandosi su un
limite “vecchio” degli Statuti, tuttora riconfermato per le materie già comprese prima della riforma
del 2001 negli Statuti stessi. La Corte ha anche ricordato la necessità di garantire gli standard
minimi e l‟unitarietà della tutela della fauna in tutto il territorio nazionale, e riconosce le relative
leggi statali come riforme economiche sociali fondamentali, alle quali deve attenersi la provincia
autonoma.
La Corte Costituzionale ha dichiarato inoltre l‟incostituzionalità di una legge regionale della
Regione Sicilia, con la quale la Regione aveva disposto dei provvedimenti relativamente al
personale della Regione. La Corte ha evidenziato che i contratti collettivi fanno parte delle riforme
economico-sociali della Repubblica così come la disciplina pensionistica (sentenza 314/2003).
La Corte Costituzionale ha invece confermato – sempre sulla stessa linea - la conformità a
Costituzione della Legge Finanziaria 2004 dello Stato (sentenza 425/2004), che prevedeva dei limiti
per l‟indebitamento delle Regioni speciali. Il ricorso delle Regioni speciali è stato respinto. La Corte
ha espressamente richiamato il fatto che la clausola di maggior favore può trovare soltanto
applicazione quando alle Regioni a statuto ordinario vengono riconosciute potestà più ampie, che
non può dirsi per i principi di coordinamento finanziario, in cui l‟autonomia delle Regioni ordinarie
incontra tuttora limiti molto più stringenti (sentenza 425/2004 e 536/2002). L‟amministrazione
finanziaria delle Regioni a statuto speciale sarebbe parte della ”finanza pubblica allargata”, una
materia per la quale lo Stato aveva e conserva poteri di disciplina generale e di coordinamento,
nell‟esercizio dei quali poteva e può chiamare pure le Autonomie speciali a concorrere al
conseguimento degli obiettivi complessivi di finanza pubblica. La Corte ha richiamato anche
l‟articolo 119 della Costituzione che prevede, al sesto comma, che i Comuni, le Province, le Città
Metropolitane e le Regioni possono ricorrere all‟indebitamento solo per finanziare spese di
investimento. Questa norma deve essere rispettata anche dalle Autonomie speciali, in quanto trattasi
di una riforma di natura economico-sociale (sentenza 425/2004).
26
Marcelli, F./Giammusso, V. (2006) p 511.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
250
La Corte Costituzionale ha riconfermato in modo esplicito la sua linea relativamente ai limiti
dell‟attività legislativa delle Regioni a statuto speciale, anche in una sentenza (n.62/2005) con la
quale ha dichiarato l‟incostituzionalità della legge della Regione Sardegna, con la quale la Regione
intendeva emanare misure di prevenzione dall‟inquinamento proveniente da materiale radioattivo
La Corte ha ribadito l‟incostituzionalità perché la legge regionale invade la competenza esclusiva
della Stato in materia di tutela dell‟ambiente ed ostacola la libera circolazione fra le Regioni. La
competenza in materia urbanistica non sarebbe pertinente ed in materia ambientale le Regioni
ordinarie non avrebbero ottenuto più competenze bensì meno. Per queste ragioni la Regione deve
uniformarsi alle riforme economico-sociali e agli obblighi internazionali (sentenza 62/2005). Nella
stessa direzione anche le sentenze 105/2005, 392/2005 e 51/2006.27
4.4.2.3 Allentamento per quanto riguarda le nuove competenze
In tutte quelle materie, in cui le Regioni hanno ottenuto nuove competenze esclusive, succede
invece l‟esatto contrario. In questi casi le nuove competenze vengono estese alle Regioni speciali,
inclusi i limiti meno stringenti. Questo vale in primo luogo per le nuove competenze residuali, che
sulla base della riforma costituzionale (art. 117/4 Cost.) spettano alle Regioni ordinarie e che
vengono estese con la clausola di maggior favore alle Regioni a statuto speciale.
In un procedimento che il Governo ha intentato contro una legge regionale della Regione Sardegna,
la Corte ha individuato due principi, che sono di rilevanza per l‟interpretazione e la delimitazione
delle competenze (sentenza 274/2003). Nella legge regionale si parla di “lavori socialmente utili”.
Lo Stato aveva impugnato la legge regionale per la violazione dei principi dei concorsi pubblici e
della relativa legislazione nazionale. La Regione Sardegna aveva, sulla base dello Statuto di
autonomia (art. 3 Statuto Sardegna), una competenza primaria per l‟ordinamento degli uffici e degli
enti amministrativi della Regione, sia per lo status giuridico che economico del personale.28
Dopo che la Corte Costituzionale ha dichiarato che, anche dopo la riforma del 2001, lo Stato può
impugnare in via principale le leggi regionali, richiamandosi a un qualsiasi parametro della
Costituzione e non soltanto alla ripartizione delle competenze, la corte stessa ha individuato i
principi di seguito illustrati:
27
Marcelli, F./ Giammusso, V. (2006) p 106. 28
L‟"Ordinamento degli uffici regionali e del relativo personale" rientra nelle competenze primarie ed esclusive della
Regione autonoma e delle Province di Trento e di Bolzano.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
251
4.4.2.4 Allo Stato viene riservata una posizione peculiare
Anche dopo la Costituzione del 2001 viene riservata allo Stato una posizione peculiare. Questa è
desumibile dai seguenti principi costituzionali: innanzitutto in virtù dell‟articolo 5 della
Costituzione, sulla base del quale la Repubblica indivisibile riconosce e promuove le autonomie
locali, e poi dalla ripetuta evocazione dell‟istanza unitaria, che deriva dalla Costituzione e dai limiti
del potere legislativo regionale e dagli obblighi europei ed internazionali (art. 117/1 Cost, art. 120/2
Cost.). E‟ inoltre interessante in questo contesto l‟articolo 114 della Costituzione, che definisce i
Comuni, le Province, le Città metropolitane, le Regioni e lo Stato come elementi costitutivi della
Repubblica. La Corte Costituzionale: “Lo stesso art. 114 della Costituzione non comporta affatto
una totale equiparazione fra gli enti in esso indicati, che dispongono di poteri profondamente
diversi tra loro: basti considerare che solo allo Stato spetti il potere di revisione costituzionale e
che i Comuni, le Città metropolitane e le Province (diverse da quelle autonome) non hanno potestà
legislativa” (sentenza n. 274/2003).
4.4.2.5 Per le nuove materie solo i nuovi limiti
La Corte Costituzionale ha però anche sottolineato come la riforma costituzionale del 2001 abbia
fatto venir meno - nelle aree di potestà esclusiva delle autonome speciali coincidenti con aree ora
attribuite alla potestà legislativa esclusiva (residuale) delle Regioni ordinarie - il limite costituito
dall‟obbligo di rispettare le norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica
Se, infatti, questo limite dovesse rimanere, le Regioni (e Province) autonome sarebbero
irragionevolmente ristrette entro confini più angusti di quelli che trovano applicazione alle Regioni
ordinarie. A queste trovano, infatti, applicazione – ricorda la Corte – soltanto i limiti di cui
all‟articolo 117/1 della Costituzione.
Valgono solamente i limiti previsti per lo Stato e le Regioni nel primo comma dell‟articolo 117 e –
se del caso – quelli indirettamente derivanti dall‟esercizio da parte dello Stato della potestà
legislativa esclusiva in materie suscettibili, per la loro configurazione, di interferire su quelle in
esame. La Corte sottolinea esplicitamente che il complesso dei limiti derivanti dal nuovo articolo
117 costituisce una particolare “forma di autonomia” che si applica anche alle Regioni a statuto
speciale (sulla base della clausola di maggior favore dell‟articolo 10 della L. Cost.3/2001), in
quanto più ampia rispetto a quelle previste dai rispettivi statuti (sentenza.103/2003). Il ricorso dello
Stato contro la legge regionale della Regione Sardegna è stato pertanto respinto (sentenza
274/2003).
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
252
4.4.2.6 Rispetto degli obblighi internazionali ma anche nuove competenze
Ovviamente i limiti derivanti ai sensi dell‟articolo 117/1 Cost.dagli obblighi internazionali trovano
applicazione anche alle Regioni a statuto speciale. Di conseguenza anche una Regione speciale non
può emanare provvedimenti in contrasto con queste disposizioni (come per esempio nel caso delle
quote latte).
La Corte Costituzionale ha confermato la competenza delle Autonomie speciali, che permettono
alle Regioni di svolgere attività internazionali sulla base dell‟articolo 117, come accordi con Stati e
intese con enti territoriali di altri Stati, nelle materie di competenza regionale. La cosiddetta clausola
di maggior favore estende queste competenze anche alle Regioni e Province a statuto speciale
(sentenza 238/2004).
4.4.2.7 Nessun “maggior favore” se prevale la competenza dello Stato
La cosiddetta clausola di maggior favore non trova applicazione quando, comparate le competenze
dello Stato e delle Regioni, prevalgano le prime. Il criterio della prevalenza esclude la clausola di
maggior favore (sentenza 234/2005). La Corte Costituzionale ha per esempio rigettato (con
sentenza 234/2005) le impugnazioni delle Province Trento e Bolzano contro una legge dello Stato
che aveva istituito un comitato contro il lavoro nero. Lo Stato dispone della competenza esclusiva in
materia fiscale e della previdenza e queste prevalgono – secondo la Corte – sulle competenze delle
Province in materia di lavoro. Questo criterio di prevalenza non permette una comparazione delle
competenze sulla base della clausola di maggior favore (sentenza 234/2005).29
4.4.3 L‟amministrazione e la clausola di salvaguardia
4.4.3.1 Le competenze amministrative nelle Regioni autonome
La riforma costituzionale assegna le competenze amministrative ai Comuni: Le funzioni
amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano
conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà,
differenziazione ed adeguatezza (art. 118 Cost.). La riserva si limita ai principi richiamati di
sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Con la competenza amministrativa viene ampliata in
modo significativo l‟autonomia dei Comuni e introdotta una clausola generale a loro favore:
29
Marcelli, F./ Giammusso, V. (2006) p 483.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
253
l‟amministrazione spetta generalmente ai Comuni. Il nuovo status autonomo dei Comuni era già
stato ancorato all‟articolo 114 della Costituzione.
Si pone ora tuttavia la domanda, se questa forma estesa di autonomia per i Comuni possa essere
trasferita alle Regioni e Province autonome. Questo comporterebbe un‟estensione delle competenze
dei Comuni, ma una limitazione delle competenze delle Regioni e Province autonome nelle loro
competenze amministrative, che sono stilate in modo parallelo alle loro competenze legislative. Lo
Statuto di autonomia della Regione Trentino Alto Adige/Südtirol prevede infatti, all‟articolo 16, che
la Regione o la Provincia esercitano le relative potestà amministrative nelle materie e nei limiti
delle loro rispettive competenze legislative. Oltre a ciò è necessario considerare che la Regione, così
come previsto dallo Statuto di autonomia (art. 4), detenga la competenza esclusiva per quanto
attiene l‟ordinamento degli enti locali.
Dato che la clausola di maggior favore trova applicazione per le Regioni autonome e le Province
Bolzano e Trento, mentre non sono elencati i Comuni, bisogna ritenere che le competenze delle
Regioni e delle Province autonome non possano essere limitate. La Corte Costituzionale ha
confermato questa interpretazione (sentenza 236/2004): per tutte le competenze legislative che
trovano il loro fondamento nello Statuto speciale, il principio – contenuto nello Statuto – che lega
parallelamente le competenze legislative e le funzioni amministrative, rimane in vigore. Il
trasferimento delle competenze amministrative agli enti locali, previsto in legge ordinaria, non trova
quindi applicazione.30
Questo significa che alle Province autonome e le Regioni rimangono attribuite le funzioni
amministrative che fanno riferimento alle competenze che derivano dalle disposizioni degli Statuti
di autonomia.
La Corte enuncia, in modo altrettanto chiaro, cosa debba avvenire con le ulteriori competenze che
vadano cioè oltre quelle riservate a Regioni e Province autonome: “Per le ulteriori, più ampie
competenze spettanti alle Autonomie speciali, in virtù della clausola di maggior favore,” dovranno
invece decidere le norme di attuazione degli Statuti speciali, con l‟indefettibile partecipazione della
Commissione paritetica (sentenza 236/2004) Troverà così applicazione l‟articolo 11 della legge La
Loggia attuativa della riforma costituzionale.31
E quindi il trasferimento delle funzioni avrà luogo
secondo le modalità previste dalle norme di attuazione degli Statuti.
30
Marcelli, F./ Giammusso, V. (2006) p 330. 31
Legge 5 giugno 2003, n. 131, Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge
Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, cosi detta "legge La Loggia".
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
254
4.4.3.2 La clausola di salvaguardia nella legge statale
Nelle leggi statali sono spesso contenute delle clausole di salvaguardia a favore delle Autonomie
speciali, per rispettare eventuali norme delle stesse. La formula recita solitamente: “Rimangono
salvaguardate (oppure ”Ferme restando”) le competenze delle Regioni e Province autonome di
Trento e di Bolzano”. La Corte Costituzionale si è occupata della questione, se il legislatore
nazionale rispetti sufficientemente le competenze delle Regioni speciali con questa clausola di
salvaguardia quando la legge statale incide nelle competenze autonome.
A questa domanda la Corte Costituzionale ha risposto in modo chiaro con numerose sentenze
(sentenze 228/2003, 303/2003, 29/204, 236/2004, 273/2004, 412/2004, 214/2005, 249/2005,
384/2005, 407/2005 e 132/2006).32
La Corte ha più volte ribadito il proprio orientamento secondo
cui le disposizioni statali devono essere interpretate in modo da assicurare la conformità con la
posizione costituzionalmente garantita alle autonomie speciali.
In difetto di indici contrari, l‟esplicita affermazione della salvezza delle competenze provinciali si
risolve - nell‟implicita conferma della sfera di attribuzioni delle Province autonome, fondata sullo
Statuto speciale e sulle relative norme di attuazione (sentenza 228/2003). Questa conferma esplicita
è efficace, secondo la Corte, indipendentemente dalla lettera della norma e dalla sua collocazione
nel testo legislativo.
Quando invece la legge statale non contiene una tale clausola di salvaguardia e le relative norme
trovano applicazione diretta o producano degli obblighi per le Autonomie speciali, la Corte
Costituzionale le dichiara come illegittime sotto il profilo costituzionali (sentenze 91/2003,
276/2003, 145/2005). Queste sentenze della Corte obbligano il legislatore nazionale a inserire in
ogni legge statale una clausola di salvaguardia delle Autonomie speciali per evitare che la Corte
Costituzionale le dichiari come incostituzionali.
In linea di principio, si avrebbe potuto anche supporre che le competenze delle Regioni e di quelle
a statuto speciale, in particolare, si sarebbero mantenute il loro campo d‟azione, anche se non
espressamente escluse dall‟ applicazione della legge dello Stato.
La generale clausola di salvaguardia a favore delle Autonomie speciali non è sufficiente quando
viene formulata in modo generico e inserito alla fine di ogni legge magari molto estesa, senza
definire (come avviene ad esempio per le leggi finanziarie) quali parti siano da applicare alle
Regioni e quali n. (sentenze 88/2006, 118/2006, 134/2006). La Corte Costituzionale si è riservata di
decidere in quale misura le disposizioni statali comportino una limitazione illegittima delle
competenze speciali e quando no. 33
32
Marcelli, F./ Giammusso, V. (2006) p 108. 33
Marcelli, F./ Giammusso, V. (2006) p 109.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
255
La Corte Costituzionale ha voluto specificare che dalla clausola di salvaguardia non possono essere
derivate nuove competenze per le Regioni e Province autonome (sentenza 201/2005). La Provincia
autonoma di Bolzano ha impugnato la legge statale che riserva ai prefetti (a Bolzano il commissario
governativo) delle competenze sul collocamento di cittadini immigrati. L‟impugnazione è stata
respinta dalla Corte Costituzionale perché la materia dell‟immigrazione è riservata allo Stato
(sentenza 201/2005). Questo non viene modificato dalla clausola di salvaguardia – così la Corte –
perché una legge ordinaria non è idonea ad integrare le competenze legislative che sono previste
negli Statuti speciali e nella distribuzione delle competenze nell‟art. 117 del testo costituzionale.
4.4.4 La Corte restringe le competenze regionali
Un‟analisi di tutte le sentenze emanate dalla Corte Costituzionale dall‟entrata in vigore della
riforma del 2001 nelle controversie tra Regioni e Governo andrebbe a superare i fini e la
dimensione del presente lavoro. In linea di principio si può tuttavia affermare che la Corte ha bensì
rispettato le prerogative degli Statuti speciali, ma ha mantenuto nella sua interpretazione
un‟impostazione centralistica a favore dello Stato.
4.4.4.1 Un‟interpretazione estensiva a favore dello Stato
La Corte Costituzionale ha per esempio dichiarato che le competenze previste agli articoli 117
commi 2 (esclusive) e 3 (concorrenti) dello Stato e quelle concorrenti delle Regioni non sono
esaustive nonostante l‟elenco tassativo. La clausola residuale a favore delle Regioni non può quindi
essere applicata a tutte le materie non esplicitamente elencate (sentenza 370/2003 e 1/2004). In
questo senso la Corte Costituzionale ha disconosciuto alle Regioni tutta una serie di competenze
residuali (ai sensi dell‟art. 117/4), come per esempio: i lavori pubblici e l‟urbanistica (sentenza
303/2003), il sistema fiscale degli enti locali (ai sensi dell‟art. 117/4), la disciplina degli asili nido
(sentenza 320/2004), il traffico (sentenza 428/2004), la promozione delle imprese (sentenza
354/2004), la promozione degli spettacoli pubblici e spettacoli in generale (sentenze 255/2004,
205/2005, 285/2005). Nonostante queste materie non siano elencate esplicitamente all‟articolo 117
della Costituzione, queste sono – in virtù della legittimazione della Corte Costituzionale – da
attribuire alla competenza esclusiva dello Stato.
4.4.4.2 Interpretazione restrittiva per le Regioni
Degli effetti molto restrittivi per le competenze delle Regioni in materia di bandi per lavori pubblici
ha un‟estesa sentenza della Corte Costituzionale (401/2007) che è stata pubblicata il 28 novembre
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
256
2007 in Gazzetta Ufficiale. Le Regioni Toscana, Veneto, Piemonte, Lazio e Abruzzo e l‟autonoma
Provincia di Trento avevano impugnato una legge statale in materia di contrattualistica di lavori e
servizi pubblici (D.lgs. 163/2006). La Corte Costituzionale ha rigettato i ricorsi, rifacendosi ad una
precedente sentenza (303/2003) e confermando che i lavori pubblici “non rappresentano questi
ultimi una vera e propria materia ma si qualificano in base all‟oggetto al quale si riferiscono”.
Essi sono quindi da attribuire a seconda della materia delle diverse competenze regionali o statali
(così per esempio per i beni culturali, che fanno parte delle competenze esclusive dello Stato). Non
è quindi pensabile una materia dei lavori pubblici dello Stato oppure una materia dei lavori pubblici
in ambito regionale. Questo è vero non solo per la contrattualistica dei lavori pubblici, ma anche per
tutta la contrattualistica dell‟intero apparato amministrativo pubblico. La Corte Costituzionale
assegna la contrattualistica pubblica alla competenza esclusiva dello Stato, con richiamo alle
competenze esclusive dello Stato in materia di concorrenza (art. 117/2 lettera e), dell‟ordinamento
civile, della giurisdizione (…) e della giurisdizione amministrativa (art. 117/2 lettera l). Anche il
ricorso della Provincia autonomo di Trento è stato respinto (ad esclusione dei beni culturali), che in
materia di “lavori pubblici di interesse provinciale” dispone, così come la Provincia di Bolzano, di
una competenza primaria esclusiva (art. 8 n. 17 Statuto).
La Corte Costituzionale ha confermato anche in altre pronunce, che le competenze che non sono
elencate espressamente non possono semplicemente essere considerate come delle competenze
residuali. Così, per esempio, per quanto riguarda la produzione, il trasporto e la distribuzione
nazionale dell‟energia. La descrizione nazionale non significa, che la distribuzione locale
dell‟energia rientri tra le competenze residuali. La distribuzione locale dell‟energia non rappresenta
– così la Corte – una materia a se stante e autonoma con riferimento alle competenze ed è quindi
parte integrante della materia dell‟energia (sentenza 383/2005).
4.4.4.3 Conferma di competenze residuali per le Regioni
L‟artigianato, invece, viene attribuito dalla Corte Costituzionale in modo chiaro alle competenze
residuali delle Regioni (sentenza n. 162/2005) così come la promozione per l‟acquisto della prima
casa (sentenza n. 118/2006). Lo stesso principio vale per le seguenti materie: commercio (sentenza
n. 1/2004), agricoltura (sentenze n. 12/2004, 282/2004, 116/2006), formazione professionale
(sentenza n. 51/2005), trasporto locale urbano (sentenze n. 222/2005, 80/2006), la disciplina delle
comunità montane (sentenze n. 244/2005, 456/2005). Una serie di sentenze confermano anche la
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
257
competenza residuale delle Regioni per l‟organizzazione e la disciplina degli uffici (sentenze n.
274/2003, 2/2004, 345/2004, 318/2004, 417/2005).34
4.4.4.4 Identificate “competenze statali implicite”
La Corte Costituzionale identifica anche le cosiddette “competenze statali implicite”, come per
esempio la limitazione all‟accesso all‟impiego pubblico e l‟applicazione della mobilità: solo lo
Stato può emanare delle norme che siano efficaci per tutte le amministrazioni (sentenza n.
388/2004). Trova applicazione un principio che può essere intitolato con interesse all‟unitarietà. La
Corte Costituzionale giustifica le sue interpretazioni con il principio della continuità delle normative
e con il riconoscimento della legislazione precedentemente emanata.
E‟ necessario sottolineare le ripercussioni indirette di queste sentenze sulle Autonomie speciali.
Siccome la clausola migliorativa estende le competenze residuali delle Regioni anche alle Regioni e
le Province speciali, attraverso una interpretazione restrittiva delle prime si produce anche una
restrizione delle seconde.
4.4.5 In sintesi: I principi restrittivi della Corte Costituzionale
Riassumendo si può ammettere che la Corte Costituzionale è bensì attenta a confermare le
competenze delle Regioni e delle Province autonome a statuto speciale, anche perché altro non
potrebbe fare. Questo è vero anche per l‟applicazione della clausola di maggior favore e quindi per
l‟attribuzione delle nuove competenze alle Autonomie speciali. Ciò facendo non agisce, però, in
maniera molto generosa quanto piuttosto con grande cautela, per non dire con spirito centralistico,
tentando di salvaguardare e recuperare il più possibile la competenza e il ruolo predominante dello
Stato. Ciò viene dimostrato in particolare da:
o la conferma delle “vecchie” limitazioni per le “vecchie” competenze nella legislazione delle
Autonomie speciali, in particolar modo da quelle disposizioni fondamentali delle riforme
economico-sociali. Ciò produce l‟assurdità che per lo Stato e per le Regioni ordinarie
trovino applicazione solo i limiti ex art. 117/1 (Costituzione, obblighi europei ed
internazionali), mentre per le competenze ulteriori (vecchie) che spettano alle Regioni
speciali, trovano applicazione i limiti precedenti più restrittivi;
o la prevalenza delle competenze dello Stato nel ponderare tra le competenze regionali e
quelle statali, come per esempio della tutela ambientale rispetto alle leggi sulla caccia,
l‟immigrazione rispetto alla materia sul lavoro;
34
Marcelli, F./ Giammusso, V. (2006) p 12 e 13.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
258
o l‟esclusione della clausola di maggior favore per le Regioni e Province a statuto speciale in
caso di prevalenza della competenza dello Stato;
o l‟affermazione che, nonostante la parificazione di Comuni, Province, Città metropolitane e Stato
ex art. 114 della Costituzione, lo Stato sia superiore in virtù delle sue competenze e del suo
ruolo che deriva dalla Costituzione.
Nel periodo tra il 2001 ed il 2006 sono state confermate, sulla base di tali criteri, numerose leggi
statali, verso le quali le Regioni avevano intentato un ricorso richiamandosi alle loro competenze.
La Corte Costituzionale ha salvaguardato nelle sue sentenze il ruolo centrale dello Stato.
Fig. 34: Limiti imposti dalla Corte Costituzionale
32
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
e riflessi sul federalismo fiscale;
Messina 11.12.2008
LimitazioniLimitazioni della della Cort.CostCort.Cost.. VecchiVecchi limiti per le limiti per le vecchievecchie competenze degli Statuti speciali, specialmente competenze degli Statuti speciali, specialmente
riforme economicoriforme economico--sociali. Assurditsociali. Assurditàà: per Stato e Regioni ordinarie solo : per Stato e Regioni ordinarie solo
limiti dell'art 117/1 (Cost., limiti dell'art 117/1 (Cost., ordord. Comunitario e obblighi internazionali);. Comunitario e obblighi internazionali);
Le competenze statali prevalgono nel conflitto: p.es. protezioneLe competenze statali prevalgono nel conflitto: p.es. protezione
dell'ambiente su caccia, immigrazione sul lavoro, materia contradell'ambiente su caccia, immigrazione sul lavoro, materia contrattuale su ttuale su
lavori pubblici ecc.lavori pubblici ecc.
Competenze statali impliciteCompetenze statali implicite, p.es, p.es. . limitazione delle assunzioni pubbliche e limitazione delle assunzioni pubbliche e
mobilitmobilitàà: solamente lo Stato può imporre norme per tutte le : solamente lo Stato può imporre norme per tutte le
amministrazioni. Principio: amministrazioni. Principio: interesse dell'unitarietinteresse dell'unitarietàà
Esclusione della clausola di maggior favore se prevale la competEsclusione della clausola di maggior favore se prevale la competenza enza
dello Statodello Stato
Nonostante la parificazione di comuni, province, cittNonostante la parificazione di comuni, province, cittàà metropolitane e metropolitane e
stato (art. 114 Cost.), un ruolo speciale per lo Stato.stato (art. 114 Cost.), un ruolo speciale per lo Stato.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
259
4.5 Finanze, organi, statuti e dinamica dell‟autonomia
4.5.1 L‟autonomia finanziaria
Una speciale novità della riforma costituzionale è rappresentata dall‟art. 119 che concede
un‟autonomia finanziaria di entrata e di spesa ai Comuni, le Province, le Città metropolitane e le
Regioni (art. 119 comma 1 Cost.).
Questi enti dispongono di risorse autonome, stabiliscono e applicano tributi ed entrate proprie.
Devono però attenersi alla Costituzione e ai principi del coordinamento della finanza pubblica e del
sistema finanziario, competenza concorrente i cui principi li fissa lo Stato. Dispongono di
compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibili al loro territorio (art. 119 comma 2 Cost.).
Per i territori con minore capacità fiscale lo Stato istituisce con legge un fondo perequativo, senza
vincoli di destinazione (art. 119 comma 3).
Il Governo Prodi nel 2007 approvò un disegno di legge, per prevedere propri tributi delle Regioni e
creare fondi perequativi per il Sud. Il progetto decadde con la caduta del Governo Prodi.35
Il
Governo Berlusconi ha ripreso i principi della proposta e li ha inseriti in una legge delega. Il Senato
approvò il disegno di legge in versione definitiva il 29 aprile 2009. 36
La legge era fortemente voluta
dai Ministri della Lega Bossi, Calderoli e Maroni. Analizzeremo più avanti i principi costituzionali
sull‟autonomia finanziaria e la legge delega nel capitolo 5 sul federalismo fiscale.37
4.5.2 Gli organi della Regione
Sono organi della Regione il Consiglio regionale, la Giunta e il suo Presidente (art. 121 Cost.).Il
Consiglio regionale esercita le potestà legislative attribuite alla Regione e le altre funzioni
conferitegli dalla Costituzione e dalle leggi. Può fare proposte di legge alle Camere. La Giunta
regionale è l‟organo esecutivo. Il Presidente della Giunta rappresenta la Regione e dirige la politica
della Giunta e ne è responsabile (art. 121 Cost.).
35
Peterlini, O. (2007a, de) p 66 seg. (2008 it) p 69 seg. Federalismo fiscale, Proposta Prodi, Testo del disegno di legge,
cap. 8.1.2. 36
Legge 5 maggio 2009, no. 42, GU 6 maggio 2009. 37
Vedi Cap 5 Il nuovo federalismo fiscale e i suoi effetti sulle autonomie.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
260
Per le Regioni a statuto ordinario e speciale non vi sono novità. Gli organi erano previsti fin dal
1948 nella Costituzione. Di fatto però nelle Regioni ordinarie non erano attivi fino agli anni 70.
L‟articolo 121 fu riformato nel 1999 e rafforzò i poteri del Presidente.38
4.5.3 Uno Statuto proprio per ogni Regione
La riforma costituzionale prevede che ogni Regione dispone di uno Statuto, che ne disciplina la
forma di governo e i principi fondamentali del suo ordinamento in conformità alla Costituzione. Lo
Statuto disciplina l‟esercizio del diritto di iniziativa popolare e del referendum a livello regionale.
Lo Statuto viene approvato e modificato dal Consiglio regionale a maggioranza assoluta dei suoi
membri (art. 123 Cost.).
Questa disposizione vale per le Regioni a statuto ordinario così come per le Regioni a statuto
speciale (per il Trentino-Alto Adige/Südtirol art. 47/2 Statuto). Questo diritto a un proprio Statuto e
le relative modalità sono state introdotte con una riforma costituzionale (L. Cost.2/2001)39
che ha
ampliato e modificato direttamente tutti e cinque gli Statuti di autonomia prima dell‟entrata in
vigore della riforma costituzionale (L. Cost.3/2001).40
Ai sensi di questa riforma la legge
provinciale, approvata dal Consiglio provinciale con la maggioranza assoluta dei suoi componenti,
determina: la forma di governo della Provincia e cioè le modalità di elezione del Consiglio
provinciale, del Presidente della Provincia e, degli assessori, i rapporti tra gli organi della Provincia,
la presentazione e l‟approvazione della mozione motivata di sfiducia nei confronti del Presidente
della Provincia, i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con le predette cariche. La stessa legge
definisce le modalità per una più ampia democrazia diretta e cioè l‟esercizio del diritto di iniziativa
popolare delle leggi provinciali e del referendum provinciale abrogativo, propositivo e consultivo
(art. 47/2 Statuto). Per questa legge speciale, che non viene denominata Statuto ma che contiene
tutte le norme fondamentali degli organi della Provincia, trovano applicazione – oltre alla
maggioranza assoluta in sede di approvazione - termini particolari per l‟impugnazione da parte del
Governo (30 al posto di 60 giorni) nonché procedure speciali per i referendum popolari (commi 4 –
6 dell‟art. 47 Statuto).
Inoltre il legislatore costituzionale ha previsto per questa legge particolare i seguenti limiti per la
legislazione:
38
L. cost.22.11.1999, no. 1. 39
Statuti delle Regioni speciali riformati nel 2001, con L. cost. 31.1.2001, no. 2. 40
Costituzione Italiana: riforma del 2001, approvata con L. cost. 18.10.2001, no. 3.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
261
- l‟armonia con la Costituzione,
- i principi dell‟ordinamento giuridico della Repubblica,
- il rispetto degli obblighi internazionali e
- delle norme dell‟articolo 47 dello Statuto.
Addirittura per la Regione Sicilia, i cui limiti nello Statuto di autonomia (art. 14 Statuto Sicilia)
sono tracciati in modo molto meno restrittivi rispetto alle altre Regioni speciali, è stata introdotta,
per l‟ordinamento e l‟elezione degli organi, la nuova limitazione dell‟ordinamento giuridico dello
Stato, come ovviamente anche per le altre Regioni speciali.
Gli Statuti delle Regioni ordinarie, invece, entrarono in vigore soltanto con la riforma
costituzionale (L. Cost.3/2001) e non prevedono come limite per la legislazione i principi
dell‟ordinamento giuridico. Questa differenza è tuttavia molto sottile in quanto – come
precedentemente esposto – i principi dell‟ordinamento giuridico sono ancorati nella Costituzione
oppure possono essere derivati da essa.
4.5.4 Un‟autonomia dinamica per tutte le Regioni
Su iniziativa di una Regione interessata possono essere ad essa attribuite, con legge dello Stato,
“ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” , cioè un‟autonomia più vasta anche a
Regioni a statuto ordinario (art. 116/3 Cost.).41
A tal fine non sarà più necessario emanare una
legge costituzionale, bensì sarà sufficiente l‟approvazione di una legge statale a maggioranza
assoluta dei membri di entrambe le Camere, sulla base di un‟intesa tra lo Stato e la Regione
interessata e sentiti gli enti locali , nel rispetto dei principi (del federalismo e della perequazione
finanziaria) di cui all'articolo 119.
"Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, possono essere attribuite ad altre Regioni,
con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto die
principi di cui all‟art.119." Art 116/3 Cost.
Queste ulteriori “forme e condizioni particolari di autonomia”, possono riguardare le seguenti
materie:
o tutte le competenze concorrenti delle Regioni (di cui all‟art. 117/3 della Costituzione),
o le materie di competenza esclusiva dello Stato ( 117/2 Cost.) riguardanti, l'organizzazione della
giustizia di pace, le norme generali sull‟istruzione e la tutela dell‟ambiente, dell‟ecosistema e
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
262
dei beni culturali.
Con questa disposizione è stato aperto un varco verso un‟evoluzione dinamica delle Regioni a
statuto ordinario verso quelle a statuto speciale. La Regione Lombardia ha, nell‟aprile del 2007,
iniziato il procedimento per l‟assunzione di nuove competenze ai sensi dell‟articolo 116/3 Cost. 42
Il 30 ottobre 2007 è stato siglato un accordo con il Governo ed è stata decisa una commissione
paritetica, al fine di esaminare le dodici materie oggetto della richiesta e per siglare un accordo
finale tra la Regione e il Governo al fine di inoltrare la questione poi al Parlamento.
Queste “ulteriori forme di autonomia” possono essere attribuite alle Regioni previa l‟osservanza
dei requisiti seguenti:
Tranne le citate competenze esclusive statali (giudici di pace, insegnamento, ambiente, sistema
ecologico e beni culturali), si tratta di tutte quelle materie che già si trovano nelle competenze della
Regione, ma soltanto in forma concorrenziale. Di fatto l‟estensione dell‟autonomia significa che le
competenze o alcune di esse vengono elevate a competenza esclusiva.
La legge statale che può attribuire queste forme di autonomia deve avere le seguenti caratteristiche:
o deve derivare da un‟iniziativa della Regione interessata;
o gli enti locali devono essere ascoltati;
o le Camere devono approvarla a maggioranza assoluta;
o è necessario un‟intesa tra Stato e Regione interessata
o devono essere osservati i principi dell‟articolo 119, che disciplina il finanziamento delle
Regioni e degli enti territoriali e che assicura loro delle entrate fiscali proprie. La ratio di
questa disposizione risiede nella volontà di far sì che il trasferimento di competenze sia
accompagnato anche dalla possibilità di finanziamento ma anche dalla partecipazione
agli obiettivi di solidarietà.
Per le Province e Regioni autonome si pone la domanda se queste ulteriori forme di autonomia
(secondo il comma 3 dell‟articolo 116) possano essere applicate anche per un‟estensione della loro
autonomia. Il tenore testuale di tale comma sembrerebbe escludere questa ipotesi, in quanto recita
espressamente che “possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato”. Siccome
questo inciso fa seguito alle disposizioni sulle Regioni speciali, la questione sembra essere
abbastanza chiara.
Tuttavia rimane in piedi la disposizione che nell‟articolo 10 della L. Cost.3/2001 estende alle
Regioni e Province speciali quelle parti della riforma Costituzionale che “prevedono forme di
autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite”. Questa possibilità trova applicazione fino a
41
Art 116 del Testo unico della Costituzione riformata con L. cost. no. 3 del18.10.2001. 42
Risoluzione no. 5 all‟ordine del giorno no. 46 del Consiglio regionale del 3 aprile 2007.
4 Riforma costituzionale 2001
e ripercussioni sulle Autonomie
263
quando gli Statuti di autonomia non vengono adeguati. La ratio di questa disposizione transitoria
dell‟articolo 10 era proprio quello di impedire che le Regioni a statuto speciale potessero trovarsi in
una posizione subalterna rispetto alle Regioni ordinarie. Con l‟assunzione di importanti competenze
da parte delle Regioni ordinarie questo in verità potrebbe accadere. Questa riflessione non esclude
del tutto neanche un‟eventuale evoluzione dinamica anche delle Autonomie speciali ai sensi
dell‟articolo 116/3 Cost. per “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”.43
43
Carli, M./ Toniatti, R./ Andreatta, G./ Postal, G. (2003).
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
265
5 Il nuovo federalismo fiscale e i suoi effetti
sulle autonomie
La riforma del 2001 ha introdotto nella Costituzione anche il federalismo fiscale. Solo nel 2009 è
stata emanata la legge statale. L‟attuazione avviata nel 2010 rivelerà quanto sarà effettivamente
federale.
Fig. 35: Un nuovo federalismo fiscale
5.1 Le basi costituzionali
Le competenze esclusive dello Stato sono elencate tassativamente nell‟articolo 117 comma 2 della
Costituzione e comprendono 17 materie: tra queste si annoverano quelle classiche dello Stato come
quelle della politica estera, della difesa, della moneta e della giustizia. Lo Stato inoltre rimane
competente anche per altre materie meno “classiche” come la sicurezza e l‟ordine pubblico, la
previdenza sociale, la tutela dell‟ambiente, dell‟ecosistema e dei beni culturali e una serie di altre
materie.
54
O.Peterlini: F ö deralismus Ausw.Sonderautonomien/Riflessi del feder.su autonomie, EURAC Bozen
2008
Un nuovo Federalismo fiscale Un nuovo Federalismo fiscale
Art. 119 della Costituzione: Art. 119 della Costituzione:
Autonomia finanziaria (proprie entrate e spese) Autonomia finanziaria (proprie entrate e spese)
Patrimonio Patrimonio
Fondi Fondi perequativi perequativi
Riserva di legge statale Riserva di legge statale
Legge 5 maggio 2009, no. 42., GU 6 maggio 2009 Legge 5 maggio 2009, no. 42, GU 6 maggio 2009
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
266
5.1.1 Sistema tributario e perequazione – competenze esclusive dello Stato
Per quanto riguarda il federalismo fiscale sono rilevanti le seguenti competenze statali, riservate allo
Stato in modo esclusivo:
o il sistema tributario e contabile dello Stato e perequazione delle risorse finanziarie (art.
117/2, lettera e),
o la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali
che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.
Fig. 36: La ripartizione delle competenze sul federalismo fiscale
59
O.Peterlini: Föderalismus
Ausw.Sonderautonomien/Riflessi del
feder.su autonomie, EURAC Bozen
2008
Federalismo fiscale
CompetenzeCompetenze esclusive Stato:
Sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie; (art 117 Cost lettera e, comma 2)
Determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; (art 117 lettera m, comma 2 Cost)
Competenza concorrente Regioni-Stato:
Armonizzazione dei bilanci pubblici e Art 117, III comma, Costcoordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.
5.1.2 Armonizzazione e coordinamento della finanza pubblica – materie
concorrenti
Nelle materie concorrenti spetta alle Regioni la potestà legislativa, ma allo Stato la determinazione
dei principi fondamentali (art. 117, comma 3 Cost.). La riforma ha aperto alle Regioni spazi
completamente nuovi, come per esempio i rapporti internazionali e, con l‟Unione Europea, il
commercio con l‟estero, la tutela e sicurezza del lavoro, l‟istruzione, professioni, ricerca scientifica
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
267
e tecnologica, tutela della salute, produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell‟energia,
previdenza complementare ed integrativa e altre.
Per quanto riguarda il federalismo fiscale troviamo la seguente competenza concorrente di rilievo:
Lo Stato determina i principi fondamentali per la:
”Armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario.
art. 117/3 Cost
Constatiamo pertanto come lo Stato non si è solamente riservato la sopracitata competenza sul
sistema tributario e contabile dello Stato e la perequazione delle risorse finanziarie (art. 117/2,
lettera e) in via esclusiva ma detta anche alle Regioni (ponendole nelle loro competenze
concorrenti) i principi fondamentali sui bilanci e la finanza pubblica e il sistema tributario, non solo
dello Stato (già elencato tra le competenze esclusive).
5.1.3 Un‟autonomia finanziaria per Regioni ed enti territoriali
Una novità rilevante è costituita dall‟art. 119 della Costituzione, che assicura ai Comuni, alle
Province, alle Città metropolitane e alle Regioni l‟autonomia finanziaria per le entrate e le uscite:
Questi enti dispongono di risorse autonome. Possono stabilire e applicare propri tributi e entrate
proprie. In ciò devono tuttavia attenersi alla Costituzione e ai principi del coordinamento delle
finanze pubbliche e del sistema tributario dello Stato (art. 119/2 Cost.). Nuovamente il legislatore
sottolinea che i principi e il coordinamento sono definiti dallo Stato.
Questi enti inoltre partecipano al gettito di tributi erariali riferibili al loro territorio (art. 119/2
Cost.).
o “I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di
entrata e di spesa” (art.119 Cost.).
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
268
Fig. 37: L‟autonomia finanziaria delle Regioni e degli enti locali
59
O.Peterlini: Föderalismus
Ausw.Sonderautonomien/Riflessi del
feder.su autonomie, EURAC Bozen
2008
Nuova autonomia finanziaria delle
Regioni e degli enti territoriali
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni
hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa (Art
119/1 Cost). Possono quindi riscuotere tasse ed
incassare entrate proprie
Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi
erariali riferibile al loro territorio (art 119/2))
Hanno un patrimonio proprio (Art 119/6)
5.1.4 Un fondo perequativo per i territori più poveri
La legge statale deve prevedere – secondo la Costituzione (art. 119/3) - un fondo perequativo senza
vincoli di destinazione per i territori con minore capacità fiscale per abitante.
Sono previste come fonti di finanziamento per i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le
Regioni, tributi ed entrate propri, compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibili al rispettivo
territorio e, infine, per i territori con minore capacità fiscale per abitante il fondo perequativo.
Queste risorse devono consentire ai rispettivi enti di finanziare integralmente le funzioni pubbliche
loro attribuite (art. 119/4 Cost.).
Lo Stato destina inoltre risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali per determinati enti
territoriali (Comuni, Province, Città e Regioni) per promuovere lo sviluppo economico, la coesione
e la solidarietà sociale. Queste risorse aggiuntive e questi interventi sono destinati inoltre a
rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l‟effettivo esercizio dei diritti della
persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni (comma 5, art.
119/5 Cost.). effettua interventi speciali. 1
1 Peterlini, O. (2008 it) 61-65.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
269
Fig. 38: La distribuzione del reddito in Italia
Fonte: Lun, G./ Lechner, O .(2009), p 34.
Oltre al principio che vuole che la potestà legislativa, l‟attività di coordinamento e la
determinazione dei principi fondamentali del sistema tributario anche per le Regioni siano riservate
allo Stato, dai capoversi citati emerge un secondo principio fondamentale: dalla preoccupazione per
le divergenti situazioni economiche del paese, il federalismo fiscale viene limitato dall‟evidente
impegno di perequazione a favore dei territori più poveri. Questo impegno però non viene lasciato a
una perequazione orizzontale tra le Regioni, ma di tale impegno si fa carico lo Stato stesso con una
perequazione verticale, non proprio tipica per un sistema federale. Sia il fondo perequativo che le
risorse aggiuntive sono finanziati tramite lo Stato.
Le Regioni e gli enti territoriali possono, inoltre, disporre di un proprio patrimonio, che viene loro
riconosciuto in virtù dei principi generali individuati con legge statale. Anche per questo aspetto lo
Stato si riserva la potestà di individuare i principi fondamentali. Al fine di contrastare il progressivo
indebitamento. Viene inoltre enunciato il principio secondo il quale gli enti territoriali possono
indebitarsi esclusivamente per finanziare spese d‟investimento. Lo Stato si tutela anche contro
eventuali richieste future ed esclude ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti (art.
119, comma 6 Cost.).
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
270
Fig. 39: Le Regioni secondo l‟indice di povertà relativa
Fonte: Lun, G./ Lechner, O. (2009), p 29, scaricato il 4.3.2010.
5.1.5 I principi per la legge statale
Per dare effettivamente vita alla riforma costituzionale e mettere in grado le Regioni e gli enti
territoriali di esercitare in pieno le loro funzioni, mancava un essenziale elemento: mancava la base
finanziaria per potersi attivare. L‟attuazione dei principi finanziari e di perequazione sono stati posti
a riserva di legge statale.
In modo analogo all‟attuazione delle competenze definite dall‟art. 117, anche l‟autonomia
finanziaria degli enti locali soggiace alla legge statale. Allo Stato viene riconosciuta la competenza
generale e centrale di coordinamento. In questo modo è quindi possibile togliere con una mano
quello che l‟altra ha attribuito col nuovo federalismo.
Questo ruolo prevalente dello Stato è particolarmente evidente nelle competenze attribuite alle
Regioni nella legislazione concorrente ex art. 117 comma 3. Allo Stato viene infatti riconosciuta la
potestà di individuare, attraverso delle leggi quadro, i principi fondamentali per il legislatore
regionale. Lo stesso principio viene riproposto nell‟art. 119 con riferimento all‟autonomia
finanziaria. La competenza centrale e la riserva di legge a favore dello Stato riducono ovviamente lo
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
271
spessore del passo verso un vero federalismo, il quale ha però comunque compiuto – sia per quanto
riguarda le competenze sia sul piano finanziario – dei passi notevoli.
Un vero federalismo fiscale dovrebbe, in realtà, partire dal principio opposto: gli enti territoriali
definiscono in via del tutto autonomo le loro entrate fiscali e fanno sì che le spese in comune, che
vengono effettuate su un livello superiore fino ad arrivare allo Stato, siano assicurate attraverso
regole e finanziamenti comuni, inclusi quelle per la perequazione a favore delle Regioni più povere.
A causa dei motivi storici già citati, che risalgono alla fondazione della Repubblica alla fine del
XIX secolo, questo processo ha intrapreso in Italia un percorso diverso. Quantomeno è lo Stato a
detenere tutto il potere centrale nelle proprie mani e che, di volta in volta, cede competenze e
modelli finanziari in senso federale. Nel corso di questo processo lo Stato tiene presente la capacità
economica distribuita in modo diseguale nel Paese nonché le diverse condizioni sociali delle
Regioni italiane, protagoniste di un forte divario tra nord e sud. A ragione Gioachino Fraenkel
richiama questo aspetto e la derivante diversa capacità tributaria delle Regioni (e delle province
autonome) nella sua Analisi critica del nuovo federalismo fiscale.2 La necessità di un riequilibrio
sociale viene evocato nelle disposizioni della Costituzione che ispirano il legislatore nella sua opera
di produzione legislativa.3
2 Fraenkel, G. (2004).
3 Peterlini, O. (2008 it) p 64-65.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
272
5.2 Verso la nuova legge sul federalismo fiscale
5.2.1 La proposta di Piero Giarda e i principi per il federalismo fiscale
Il 22 dicembre 2006 un gruppo di lavoro istituito dal Ministero delle Finanze e diretto dal Prof
Piero Giarda ha presentato al Governo una prima proposta e una nota esplicativa sul federalismo
fiscale.4 Il gruppo di lavoro ha sottolineato, che l‟autonomia prevista nella Costituzione a favore
degli enti territoriali rappresenta un valore, ma che la perequazione territoriale, i diritti civili e la
capacità contributiva devono trovare considerazione.
5.2.1.1 I principi del gruppo di lavoro sul federalismo fiscale
Il gruppo di lavoro diretto dal Prof Giarda tenta di articolare e riassumere le diverse funzioni degli
enti territoriali seguendo tre principi. Il finanziamento dovrebbe, poi, seguire questa ripartizione.
Queste le tre ripartizioni:
a) i diritti fondamentali dei cittadini, che devono essere riconosciti e tutelati indipendentemente
dal territorio di residenza;
b) le funzioni locali, che hanno dei riflessi diretti nei confronti di cittadini di altri territori;
c) le funzioni meramente locali;
ad a) La questione centrale è rappresentata dalla prima lettera, e cioè i diritti fondamentali dei
cittadini, che devono essere tutelati su tutto il territorio nazionale, indipendentemente dal
luogo di residenza. Da un punto di vista del diritto costituzionale, il gruppo di lavoro fa
derivare tale compito centrale dalle competenze esclusive dello Stato, elencate nel comma
secondo dell‟art. 117 della Costituzione, in particolare nella lettera m. Questo significa, che
ad ogni livello di governo (statale, regionale e locale) devono essere attribuite le risorse
finanziarie necessarie per assicurare livelli essenziali in modo unitario su tutto il territorio
nazionale. Come esempio per questa necessità di tutela unitaria viene indicata la tutela della
salute.
ad b) Per quanto riguarda le funzioni che esercitano dei riflessi anche su altre Regioni, non
sarebbero invece richieste condizioni di uniformità nelle caratteristiche dell‟offerta su tutto il
territorio nazionale; ma sarebbe sufficiente garantire che le autonomie locali siano dotate di
risorse adeguate per lo svolgimento di questi compiti. In parole semplici: sì alle differenze
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
273
nelle diverse Regioni in presenza di regolamentazioni diverse, ma agli enti locali deve essere
riconosciuto un livello adeguato di mezzi finanziari a garanzia dell‟esercizio delle funzioni
da loro svolte. Di conseguenza le Regioni più deboli devono essere dotate di strumenti e
risorse maggiori.
ad c) Per quanto attiene invece le funzioni puramente locali, il documento sottolinea che la ricerca
di un‟uniformità nei livelli o nelle caratteristiche dell‟offerta dei servizi sul territorio non
solo non è necessaria, ma può anzi essere perfino controproducente. Queste funzioni locali
hanno sostanzialmente il compito di recepire i diversi interessi a livello locale e di dare una
risposta corrispondente ed efficace.
Nel documento di lavoro desta interesse l‟indicazione alla quantificazione di una quota tributaria
locale, che deve muoversi entro "limiti teorici ed empirici". Nel documento stesso non si provvede a
quantificare concretamente tale quota, tuttavia è presente una nota che fa capire l‟orientamento
prospettato. Essa recita "nei principali paesi federali, la spesa allocata a livello locale supera
raramente il 30% della spesa complessiva. Fa eccezione la Germania, dove tuttavia i Länder non
hanno autonomia tributaria, il Belgio, la Spagna, confederazioni come la Svizzera, e in Europa i
Paesi Nordici. "5
Certo, si tratta solamente di una nota all‟interno di un documento di lavoro del Ministero. Essa
traccia tuttavia le intenzioni e possibili limiti entro i quali potrebbe muoversi in futuro il
finanziamento.6
5.2.1.2 Il finanziamento delle Regioni suddiviso per tre materie
In conformità ai tre gruppi di competenze degli enti territoriali, il gruppo di lavoro propone i
seguenti sistemi di finanziamento:
a) per i diritti civili e sociali fondamentali:
Per la copertura dei compiti per i diritti fondamentali civili e sociali (lettera m art. 117/2 Cost.) è
necessario – secondo il dossier – assicurare alle Regioni i mezzi finanziari che rendono possibile
"coprire tutte le esigenze di spesa". La determinazione quantitativa di tali fabbisogni dovrebbe
fondarsi su stime accurate dei bisogni e dei costi, basate su analisi di benchmarking con l‟obiettivo
del raggiungimento della prassi migliore (best practices). Il documento di lavoro ricorda che la
Costituzione fa riferimento ai livelli delle prestazioni, non al livello della spesa. Questo significa,
che le Regioni possono spendere anche di meno, oppure in forma diversa, rispetto a come previsto
dal benchmark, incamerando nel proprio bilancio i relativi risparmi che potranno essere usati per
4 Giarda, P. (2006).
5 Giarda, P. (2006) p 2. 6 Peterlini, O. (2008 it) 64-65.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
274
altri scopi. Tuttavia spetta allo Stato il compito di verificare sul campo l‟offerta effettiva dei servizi
coperti, come richiesto dall‟art. 117/2 lettera m).
Per la copertura dei bisogni primari delle Regioni più povere, dovranno essere previste delle risorse
ulteriori come quelle individuate dall‟art. 119 comma 5.
b) Per le altre competenze importanti:
Per le funzioni non rientranti nella lettera m), ma che sono comunque ritenute di tale rilievo da
richiedere una garanzia sul versante finanziario, il sistema di tutela finanziaria dovrebbe essere
meno stringente ma pur sempre calibrato su parametri rappresentativi dei fabbisogni corrispondenti.
Come per i diritti fondamentali, anche in questo caso non possono essere previste delle previsioni
vincolanti per le uscite delle autonomie, le quali devono rimanere libere per quanto attiene la loro
politica di spesa. Degli standard quantitativi ed oggettivi devono garantire "una distribuzione
equilibrata ed efficiente delle risorse".
Per le funzioni regionali residue:
Per le residue funzioni regionali, e cioè quelle che non rientrano sotto la tutela speciale della lettera
m), o che non hanno una portata tale, il principio dell‟equiparazione non dovrebbe più trovare
applicazione. A tal proposito vengono previsti i seguenti sistemi di finanziamento:
- compartecipazione ai tributi statali;
- tributi propri regionali;
- quote di un fondo perequativo.
5.2.1.3 Il fondo perequativo per i territori con minori capacità fiscali
La Costituzione prevede all‟art. 119 comma 3 l‟istituzione di un fondo perequativo:
art. 119 comma 3 Cost: La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di
destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante.
Questo fondo perequativo ha il compito di ridurre le diverse capacità tributarie delle Regioni, che
risulta dalla partecipazione ai tributi statali e dai tributi regionali propri di ogni Regione. L‟obiettivo
non è però quello di una totale equiparazione del finanziamento, bensì quello di una riduzione delle
differenze. Il fondo perequativo non dovrebbe, inoltre, necessariamente essere applicato tra le
Regioni settentrionali, le cui differenze per quanto riguarda la capacità contributiva sono minime,
bensì avrebbe il compito di riequilibrare il divario tra nord e sud del paese.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
275
5.2.2 Il primo disegno di legge sul federalismo fiscale
5.2.2.1 Le basi per il federalismo fiscale nella proposta Prodi
a. Contenuto e struttura
Il primo disegno di legge sul federalismo fiscale è stato discusso agli inizi del 2007 dai partiti di
maggioranza dell‟Unione di Prodi ed è poi stato sottoposto all‟attenzione della Conferenza Stato
Regioni.7 Il Consiglio dei Ministri approvò il testo il 28 giugno 2007. L‟iter non poté essere
concluso per la caduta del Governo Prodi e lo scioglimento anticipato del Parlamento il 6 febbraio
2008. La proposta però rimane di importanza perché i principi rimasero, in sintesi, gli stessi seguiti
poi dal Governo di Centrodestra.
Le tensioni si presentarono fin dall‟inizio. Le Regioni settentrionali più ricche difendevano
ovviamente le proprie entrate tributarie, mentre le Regioni meridionali erano impegnate nella difesa
di un sistema di perequazione. In particolare erano le Regioni a statuto speciale a dover difendere il
proprio status e le vantaggiose forme di finanziamento della loro autonomia.
Il disegno di legge è un documento piuttosto sintetico, in quanto autorizza il Governo a emanare,
entro un anno dell‟entrata in vigore della riforma, uno o più decreti legislativi al fine di disciplinare
il finanziamento delle Regioni, Province, dei Comuni e delle Città metropolitane con status
speciale.
Una novità è inoltre rappresentata dall‟introduzione di una c.d. cabina di regia, che doveva vedere
la partecipazione di rappresentanti del Governo e della Conferenza delle Regioni e delle autonomie
territoriali, al fine di concertare i contenuti dei decreti aventi forza di legge. Questa cabina di regia
avrebbe dovuto inoltre permettere lo scambio di informazioni sul finanziamento e sui tributi e
supportare il riordino del finanziamento delle Regioni, delle Province, dei Comuni e delle Città
metropolitane (art. 1, comma 3 Cost.).8
b. Il coordinamento tra Stato e Regioni
Il coordinamento delle finanze statali e di quelle delle Regioni e degli enti territoriali avveniva nella
proposta del Governo Prodi e dell‟allora Ministro dell‟economia Tommaso Padoa- Schioppa nel
modo seguente:
o le Regioni e gli enti territoriali applicano nella loro politica di bilancio il patto UE di
stabilità e di crescita.
o il coordinamento dinamico avviene annualmente con legge statale. Questa deve essere
preventivamente concordata nella c.d. cabina di regia con la Conferenza Stato Regioni.
7 Legge delega federalismo fiscale, ddl. aggiornato al 23.5.2007.
8 Legge delega federalismo fiscale, ddl. aggiornato al 23.5.2007, art.1.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
276
o il documento di programmazione finanziaria (DPEF), che viene presentato contestualmente
alla legge di cui sopra, programma la differenza tra entrate ed uscite per ogni livello
territoriale.
o il disegno di legge viene discusso come allegato della legge finanziaria e deve essere
approvato entro il 15 ottobre, prima che le leggi di bilancio vengano inoltrate al Parlamento.
o nella relazione allegata al disegno di legge, deve essere individuata la capacità tributaria per
cittadini residenti prima e dopo la perequazione, sulla base della quale viene poi stilata una
graduatoria che viene rinnovata di anno in anno.
o anche la registrazione delle entrate ed uscite delle Regioni e degli enti territoriali, così come
delle loro imprese, deve corrispondere ai criteri del patto di stabilità e sviluppo.
o successivamente all‟approvazione della riforma per la creazione di una tesoreria unica, i
tributi regionali dovranno confluire direttamente alle Regioni.
o le Regioni e gli enti territoriali governano i loro movimenti di cassa e quelli delle loro
imprese in conformità agli importi individuati all‟inizio dell‟anno e provvedono alla
presentazione di un rendiconto dei flussi di cassa mensili, in coordinamento con il
fabbisogno dello Stato.
o nel resoconto del bilancio e della contabilità deve essere riportato ed indicato anche il
contributo di ogni ente territoriale all‟adempimento degli obblighi derivanti dal patto di
stabilità e sviluppo.
o gli obiettivi della contabilità ai fini della partecipazione al patto di stabilità devono essere
rispettati da ogni Regioni o ente territoriale, sia per quanto riguarda i movimenti di cassa, sia
per quanto riguarda l‟esercizio delle proprie competenze. In principio questa formulazione
era più elastica, e prevedeva dei limiti all‟indebitamento che solo "occasionalmente"
potevano riportare dei valori negativi.
o gli enti territoriali possono finanziare attraverso l‟indebitamento solamente quegli
investimenti che non sono di natura finanziaria. Lo Stato individua un tetto massimo per
questa fattispecie.
o vengono previsti dei meccanismi che premiano gli enti territoriali, che realizzano gli
obiettivi di programma, così come vengono previste delle sanzioni per quegli enti che si
discostano da essi.
c. I principi fondamentali per il coordinamento del sistema tributario
Per il coordinamento del sistema tributario il Governo Prodi aveva previsto i seguenti "principi e
criteri direttivi" di carattere vincolante:
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
277
o i singoli tributi ed il sistema tributario devono rispettare i criteri della "razionalità e della
coerenza", così come le imposizioni dell‟UE e degli accordi internazionali. Non è ammessa
la doppia tassazione.
o le basi dei tributi nonché le relative aliquote possono essere determinate solamente per il
rispettivo livello di governo. In altre parole, né lo Stato né le Regioni possono modificare le
basi o le aliquote dell‟altro livello di governo. Lo stesso vale per le detrazioni.
o rispetto dello statuto del contribuente.9
d. I punti più importanti del disegno di legge Prodi
- Tributi regionali e locali
L‟innovazione più rilevante è rappresentata dalla disposizione, che prevede la possibilità per le
Regioni di definire con legge regionale tributi propri in tutti gli ambiti che non sono riservati alla
legislazione fiscale dello Stato. La legislazione fa riferimento a due fattispecie:
1. l‟introduzione di propri tributi regionali e locali;
2. l‟individuazione degli ambiti, in cui i Comuni, le Province e le Città metropolitane (all‟interno
della loro rispettiva autonomia) possono istituire dei tributi locali e modificare le relative aliquote o
prevedere delle agevolazioni fiscali.
- Vincoli per le prestazioni di base
Per la salvaguardia delle prestazioni di base per i diritti civili e sociali fondamentali, nonché per le
elezioni, gli organi e i compiti fondamentali degli enti territoriali (ai sensi dell‟art. 117 lettere m e p,
comma secondo Cost.) le Regioni sono soggette ai vincoli seguenti:
1. le Regioni non possono modificare la base imponibile dei tributi;
2. esse possono, tuttavia, fissare le aliquote, le deduzioni dall‟imponibile e le detrazioni nonché
agevolazioni speciali entro i limiti previsti dalla legge statale.
Queste limitazioni trovano applicazione soltanto per il finanziamento delle prestazioni essenziali
relative ai diritti fondamentali civili e sociali, nonché per gli organi, le elezioni ed i compiti
fondamentali.
- Più flessibilità negli altri tipi di tributi
Per le altre tipologie di tributi, che derivano dalla legge statale, le Regioni possono, entro i limiti
individuati dalla legge statale, modificare la determinazione della base imponibile nonché le
aliquote. Lo Stato, in accordo con le Regioni, individua per le singole Regioni dei livelli unitari per
il gettito tributario, che risultano dalla media dei parametri adottati dalle legislazioni regionali.
- Tributi propri per Comuni, Città e Province
9 Legge delega federalismo fiscale, ddl. aggiornato al 23.5.2007, art.3.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
278
Anche per gli enti territoriali sono previsti dei tributi propri: I Comuni, le Province e le Città
metropolitane possono applicare dei tributi propri, all‟interno degli ambiti individuati dalle leggi
regionali e statale.
e. Il finanziamento delle competenze e delle attività regionali
In conformità alle linee guida del documento di lavoro di Giarda, il disegno di legge suddivide
(all‟art. 5) le attività finanziarie delle Regioni in tre ambiti diversi:
a) le prestazioni essenziali: Le spese per questa materia dovranno essere finanziate, in osservazione
dei costi standard individuati dallo Stato, nel modo seguente:
- attraverso l‟imposta sulle attività produttive IRAP;
- attraverso una maggiorazione regionale sull‟IRPEF (entrambi con base e aliquota fiscale unitaria);
- attraverso delle quote specifiche e vincolate derivanti dal fondo perequativo;
Rientrano tra le prestazioni essenziali (ai sensi dell‟art. 117 lettera m) Cost.) sicuramente la sanità e
l‟assistenza.
Il trasporto pubblico locale non rientra invece più tra le funzioni essenziali. Tuttavia si specifica che
in sede di determinazione del finanziamento si debba tener conto della necessità di salvaguardare un
livello appropriato di servizi nel trasporto pubblico su tutto il territorio nazionale sulla base di costi
standard.
b) i contributi economici e sociali speciali dell‟Unione Europea, cofinanziamento e finanziamento
speciale dello Stato per i seguenti obiettivi:
- sviluppo economico,
- coesione sociale,
- solidarietà sociale,
- eliminazione di disuguaglianze economiche e sociali,
- effettivo esercizio dei diritti della persona,
- altre finalità, che vanno oltre i compiti ordinari di questi enti territoriali.
Per il finanziamento di questi compiti, lo Stato contribuisce in conformità alle disposizioni dell‟UE
attraverso fondi propri e con il sistema del cofinanziamento. Lo stesso avviene per il riequilibrio
territoriale – ai sensi dell‟art. 119 comma 5 della Costituzione – attraverso quote specifiche e
vincolate derivanti dal fondo perequativo.
c) competenze esclusive e concorrenti delle Regioni, che non possono essere ricondotte alle finalità
elencate precedentemente alle lettere a) e b) e previste dall‟art. 117 comma 2, lettera m) e dall‟art.
119, comma 5 della Costituzione. Queste finalità dovranno essere finanziate attraverso i tributi
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
279
propri e attraverso le citate maggiorazioni sui tributi statali, nonché – laddove necessario –
attraverso delle quote specifiche e vincolate del fondo perequativo. 10
5.2.2.2 I tributi propri e la perequazione nella proposta Prodi
a. I tributi delle Regioni ordinarie e la partecipazione ai tributi statali
Le Regioni a statuto ordinario dispongono – secondo la proposta - di tributi propri per assolvere i
compiti che la Costituzione gli attribuisce, sia in via esclusiva che in via concorrenziale. Questi
tributi denominati „tributi propri delle Regioni” comprendono sia i tributi originati dalla
legislazione regionale che quelli assegnati dalla legislazione statale alle Regioni.
I tributi propri delle Regioni sono:
a) tributi regionali e compartecipazioni ai tributi statali, già previsti dalla legislazione attuale a
favore delle Regioni:
- l‟imposta regionale sulle attività produttive (IRAP);
- l‟addizionale regionale sull‟imposta di consumo sul gas metano e la relativa imposta sostitutiva;
- l‟addizionale regionale sui canoni statali per l‟uso delle acque pubbliche;
- l‟imposta regionale sui carburanti per l‟autotrazione;
- la tassa di abilitazione all‟esercizio delle professioni;
- l‟imposta regionale sulle concessioni statali per i beni demaniali marittimi;
- la tassa regionale sugli autoveicoli;
- la partecipazione sull‟accisa sulle benzine;
- la partecipazione sull‟accisa sul gasolio per autotrazione;
- la tassa per il diritto allo studio universitario;
- il contributo speciale per il conferimento in discarica dei rifiuti;
- l‟imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili IRESA;
- tasse regionali sulle concessioni.
b) una nuova, maggiorata partecipazione all‟imposta sul reddito, attraverso una nuova distribuzione
dell‟IRPEF tra Stato, Regioni e Comuni. Contestualmente dovrà essere incrementata l‟addizionale
attuale (di 0,9-1,4 %) sull‟IRPEF.
c) nuovi tributi che saranno assegnati alle Regioni.
d) nuovi tributi che saranno istituiti dalle singole Regioni sulle fattispecie imponibili non già
assegnate ad imposizione erariale.
Inoltra dovrà essere corrisposta alle Regioni a statuto ordinario una partecipazione all‟imposta sul
valore aggiunto (IVA), al fine di alimentare il fondo perequativo nazionale.11
10
Legge delega federalismo fiscale, ddl. aggiornato al 23.5.2007, art.5.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
280
b. Aliquote delle imposte regionali ed esercizio dell‟autonomia
Le aliquote e le addizionali per il finanziamento delle prestazioni essenziali (lettera m) art. 117
Cost.) verranno individuate, per quanto riguarda il loro livello minimo, in modo tale da assicurare il
totale finanziamento delle rispettive prestazioni di una Regione. Se il gettito fiscale di una Regione
non è sufficiente per tale finanziamento, essa riceverà una quota dal fondo perequativo.
Le destinazioni dirette attuali dello Stato ai Comuni per l‟assolvimento dei loro compiti verranno
abolite. Le perdite causate verranno compensate dal gettito fiscale prodotto dall‟addizionale
sull‟imposta sul reddito, sulla base di un‟aliquota media, e (qualora necessario) attraverso delle
quote sul fondo perequativo. La nuova quota dell‟imposta sui redditi dovrà assicurare alle Regioni
la somma equivalente alle attribuzioni che verranno abolite.12
c. Il fondo perequativo per le Regioni deboli
Nel bilancio dello Stato verrà istituito un "fondo perequativo a favore delle Regioni con minore
capacità fiscale per abitante", che verrà alimentato con le compartecipazioni regionali all‟IVA
statale nonché attraverso quote sull‟imposta sul reddito statale. Il legislatore persegue l‟intenzione
di assicurare degli standard eguali su tutto il territorio nazionale in tre diverse materie:
1. sistema sanitario,
2. assistenza,
3. trasporto locale (questo punto è stato aggiunto).
Tuttavia non si dovrà più, come in parte avviene tutt‟ora, accollare le spese delle Regioni allo Stato,
ma dovranno essere individuati dei costi standard. I finanziamenti dovranno essere messi a
disposizione delle Regioni in conformità a tali standard. L‟entità di tali finanziamenti derivanti dal
fondo perequativo servirà a compensare la differenza tra lo standard e quello che la Regione non
riesce a coprire con i propri mezzi. Una Regione che spende una somma maggiore agli standard
individuati, non potrà quindi fare affidamento su ulteriori finanziamenti. Per converso, una Regione
in grado di risparmiare rispetto al tetto standard, potrà usare queste risorse per altri fini.13
d. Le finanze degli enti territoriali
In via analoga al finanziamento previsto per le Regioni, anche quello a favore dei Comuni e delle
Province dovrà essere strutturato in senso più federale, al fine di rafforzare la loro autonomia ed il
senso di responsabilità nell‟amministrazione delle risorse disponibili. Anche questi enti territoriali
11
Legge delega federalismo fiscale, ddl. aggiornato al 23.5.2007, art.6. 12
Legge delega federalismo fiscale, ddl. aggiornato al 23.5.2007, art.7.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
281
dovranno quindi avere delle entrate autonome attraverso delle imposte proprie, individuate da un
lato dallo Stato e dall‟altro dalle Regioni.
Dovrà inoltre essere istituito – in via analoga a quanto previsto per il sistema statale – un fondo
perequativo, al fine di contribuire al finanziamento delle competenze amministrative assegnate.14
5.2.3 Il finanziamento delle autonomie speciali nella proposta Prodi
In origine l‟art. 19 del disegno di legge prevedeva delle notevoli decurtazioni nei confronti delle
Regioni a statuto speciale. Già nella bozza di lavoro di Giarda veniva richiesto un riesame dei
seguenti aspetti del finanziamento delle autonomie speciali:
o verifica rigorosa delle motivazioni dei flussi finanziari alle autonomie speciali;
o partecipazione delle autonomie speciali al fondo perequativo per le Regioni deboli, Province
e Comuni;
o sul lungo periodo la necessità di allineare i criteri di finanziamento alle altre Regioni, fatta
salva la possibilità di prevedere risorse maggiori in virtù di maggiori competenze.
La riduzione delle entrate delle autonomie speciali era prevista nel seguente modo:
a) le Regioni a statuto speciale avrebbero dovuto partecipare agli oneri derivanti dal finanziamento
degli interessi dovuti al debito pubblico italiano (oltre 1.600 miliardi di Euro nel 2007, oltre 1.800
nel 2010).15
L‟onere dagli interessi ammontava nel 2007 a circa 75 miliardi di Euro.16
La quota di
cofinanziamento avrebbe dovuta essere fissata con riferimento al rapporto tra partecipazioni fiscali
e l‟intero gettito tributario dello Stato. A tal fine le aliquote di partecipazione delle Regioni
autonome alle imposte statali avrebbero subito una riduzione.
b) le Regioni a statuto speciale con un reddito pro capite superiore alla media nazionale, sarebbero
state escluse dai finanziamenti delle leggi statali per determinati settori.
In una prima stima la Provincia di Bolzano ha calcolato una minore entrata di 680 milioni di Euro,
la quale corrisponde, se rapportata ad un bilancio di complessivamente circa 5.000 milioni di Euro,
circa il 14%.
A seguito di forti proteste ad opera delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome, è
stata concordata una disciplina speciale, che in sostanza si basa su tre novità:
o la partecipazione delle autonomie speciali agli obiettivi della perequazione territoriale e della
solidarietà rimane un punto fermo. Tuttavia i relativi criteri dovranno essere individuati
13
Legge delega federalismo fiscale, ddl. aggiornato al 23.5.2007, art.8. 14
Legge delega federalismo fiscale, ddl. aggiornato al 23.5.2007, art.11. 15
Banca d‟Italia. 16
DPEF, Camera dei Deputati, Servizio studi, n. 31, 9 luglio 2007.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
282
attraverso dei regolamenti applicativi allegati agli statuti delle relative Regioni e Province
autonome. Questo comporta, in sostanza, l‟elaborazione comune di questi criteri all‟interno
delle commissioni paritarie, i quali potranno poi essere licenziati dal Consiglio dei Ministri –
senza il coinvolgimento del Parlamento.
o Le disposizioni applicative per le autonomie speciali dovranno tener conto:
- dell‟ammontare delle finanze delle Regioni speciali e Province in relazione alla finanza
globale;
- delle competenze che vengono effettivamente esercitate e dei relativi oneri, anche in
considerazione di eventuali svantaggi strutturali e del reddito pro capite, in confronto con le
relative spese dello Stato per la totalità delle Regioni;
- per quelle Regioni e Province autonome, che hanno competenze per quanto riguarda le
finanze locali, dovranno essere considerate anche le spese degli enti territoriali.
- per le Regioni a statuto speciale il cui reddito pro capite sia inferiore alla media nazionale, le
disposizioni applicative dovranno individuare anche le modalità per il raggiungimento degli
obiettivi costituzionali della perequazione e della solidarietà in loro favore.
o Le Regioni e le Province autonome, per il raggiungimento delle finalità citate, si faranno anche
carico di oneri derivanti dal trasferimento o dalla delega di funzioni statali. Le Regioni e
Province autonome intendono quindi assumersi competenze e funzioni, al fine di sollevare lo
Stato e di subire un minor numero di restrizioni in sede di trasferimento finanziario, le quali non
sono tuttavia escluse da questa disciplina speciale.
Rimase aperta inoltre la problematica relativa al fondo perequativo statale. La risposta data dalla
Regione ritiene che le Regioni e le Province a statuto speciale non partecipino – da un punto di vista
tecnico – al fondo perequativo.17
Il disegno di legge comunque non poté più essere affrontato ed approvato dal Parlamento e pertanto
neanche le norme per le autonomie speciali.
17 Comunicato stampa del 18 aprile 2007, Provincia autonoma Bolzano.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
283
5.3 La legge statale sul federalismo fiscale: 42/2009
5.3.1 Il retroscena politico della legge Bossi-Calderoli
Denominare la legge delega sul federalismo fiscale, approvata alla fine in Parlamento dalla
maggioranza di Centrodestra del Governo Berlusconi semplicemente secondo il Presidente del
Consiglio non farebbe giustizia a quelli che erano i veri padri del provvedimento. Erano infatti il
Segretario della Lega Umberto Bossi e il Ministro Roberto Calderoli che sventolano fin dagli anni
90 la bandiera del federalismo. È a loro pertanto che viene attribuito il merito dello sviluppo
federale in Italia e in particolare quello per il federalismo fiscale, anche se Grasse (2005) osserva
giustamente di non sottovalutare il ruolo dei diversi livelli di governo e specialmente quello delle
Regioni.18
Il primo grande tentativo di una riforma costituzionale del 2005 fallì in un referendum nel giugno
2006, con il quale venne respinta la riforma del centrodestra. Torneremo più avanti su questo tema
quando affronteremo gli approcci a nuove riforme costituzionali.19
Dopo questa grave battuta
d'arresto, il nuovo cavallo di battaglia della Lega divenne il federalismo fiscale. Non è quindi da
meravigliarsi che dopo ritorno al governo con il Centrodestra nel 2008 la Lega proclamò il
federalismo fiscale come obiettivo numero uno e pose Berlusconi sotto pressione per raggiungerlo
al più presto.
Analogamente a quanto era successo per la riforma costituzionale del Centrodestra del 2005 (poi
fallita al referendum) era necessario far convergere due tendenze contrastanti, che vedono da una
parte il PDL orientato verso una forma di Stato più centralistica e la Lega su posizioni opposte.
5.3.2 Denominatore comune per obiettivi contrastanti
La maggioranza riuscì nell‟intento di trovare un denominatore comune nonostante gli obiettivi
contrastanti con le seguenti strategie:
o il federalismo fiscale viene controbilanciato dalla perequazione e il relativo fondo per i territori
più poveri;
o la legge si limita fondamentalmente all‟elencazione e ripetizione dei principi già ancorati in
Costituzione e quelli che avevano caratterizzato la proposta del Centrosinistra di Prodi.
Rifacendosi a questi principi la Lega riuscì a portare il Centrosinistra e il PD di Walter Veltroni
18
Grasse, A. (2005) p 29
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
284
e dopo di lui di Dario Franceschini su una posizione di benevole collaborazione e infine di
astensione;
o la legge non si esprime ne sulle cifre ne su percentuali, lasciando completamente aperto quanto
del gettito fiscale spetterà ai livelli subordinati di governo;
o la legge è una legge delega che affida al Governo l‟emanazione dei decreti legislativi attuativi.
Rimane pertanto alle decisioni del Governo la quantità finanziaria da dedicare alle Regioni e
agli enti locali nonché per il fondo perequativo;
o per l‟attuazione si prevede un tempo di due anni (art. 2/1) e altri due per correzioni (art. 2/7),
nonché cinque anni per il processo di convergenza della spesa storica al fabbisogno standard
(art. 20/1 b),un lasso di tempo abbondante per trovare compromessi e soluzioni;
o le Regioni speciali e le Province autonome concorrono agli obiettivi di perequazione e
solidarietà con norme di attuazione dei rispettivi statuti (art. 27), da predisporre dalle
commissioni paritetiche nelle quali partecipano in egual numero rappresentanti locali e statali.
L‟invidia verso queste Regioni è forte e la procedura tramite le norme di attuazione fornisce
adeguate garanzie.
5.3.3 I principi rimangono uguali
Il nuovo Governo Berlusconi ha ripreso i concetti fondamentali, tra l'altro già previsti in
Costituzione, in un suo disegno di legge delega sul federalismo fiscale. Il 29 aprile 2009 il Senato
ha approvato in forma definitiva il disegno di legge.20
Il provvedimento era fortemente voluto dai
Ministri leghisti Bossi, Calderoli e Maroni.
19
Cap. 6.1 La fallita riforma del Centrodestra del 2005. 20
Legge 5 maggio 2009, no. 42, GU 6 maggio 2009
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
285
Fig. 40: Introduzione federalismo fiscale tappa importante
61
O.Peterlini: Föderalismus
Ausw.Sonderautonomien/Riflessi del
feder.su autonomie, EURAC Bozen
2008
Una tappa importante per la Una tappa importante per la
modernizzazione modernizzazione
LL’’introduzione o meglio lintroduzione o meglio l’’attuazione del attuazione del
federalismo fiscale costituisce una tappa per la federalismo fiscale costituisce una tappa per la
modernizzazione del paese, modernizzazione del paese,
tramite una formula importante: tramite una formula importante:
responsabilizzare i vari livelli di governo: responsabilizzare i vari livelli di governo:
-- non solo per le spese, non solo per le spese,
-- ma anche per le entrate.ma anche per le entrate.
La legge entrò in vigore il 21 maggio 2009.21
Saranno i decreti legislativi a svelare in quanto si tratti
di un vero federalismo fiscale che dovrebbe rappresentare una tappa importante per la
modernizzazione del paese. L'introduzione del federalismo fiscale vuole responsabilizzare i vari
livelli di governo non solo per le spese, ma anche per le entrate. Quello che accade finora porta
infatti allo sperpero e all'aumento del debito pubblico, dal momento che l'ente locale è responsabile
per la spesa, ma non lo è allo stesso modo per le entrate. L‟obiettivo deve essere quello di ridurre il
debito pubblico che si ammonta a oltre 1.750 miliardi di Euro, considerando che costa allo Stato
circa 80 miliardi d'interessi annui.22
La legge garantisce proprie entrate e un proprio patrimonio ai vari livelli di governo, volendo
superare anche il concetto di spesa storica: finora chi spendeva di più alla fine era avvantaggiato,
ricevendo di più. L'obiettivo è di procedere alla graduale attuazione del nuovo quadro istituzionale.
I principi sui quali si basa il federalismo sono però due. Da un lato i commi 1, 2, 4 e 6 dell‟articolo
119, che prevedono l'autonomia finanziaria di tutti i livelli di governo locale, con proprie entrate e
spese, la partecipazione al gettito dei tributi erariali ed un proprio patrimonio; d'altro canto c'è il
bilanciamento rappresentato dal fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale per
abitante e da risorse aggiuntive, previsti al comma 3 e 5 dello stesso articolo 119.
21
Legge 5 maggio 2009, no. 4., GU 6 maggio 2009 22
Dati Banca d'Italia, aprile 2009 e ISTAT.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
286
Fig. 41: Limiti al federalismo fiscale
69
O.Peterlini: Föderalismus
Ausw.Sonderautonomien/Riflessi del
feder.su autonomie, EURAC Bozen
2008
LimitiLimiti al al federalismofederalismo fiscalefiscale
Fondi perequativi, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante
Risorse aggiuntive dello Stato a certi enti territoriali per sviluppo economico, sociale, contro squilibri
Principi costituzionali e del coordinamento delle finanze pubbliche e del sistema tributario
Indebitamento solo per investimenti.
Lo Stato si tutela anche escludendo ogni garanzia
L'Italia è un paese in cui una parte è prospera e un'altra non lo è. Il fondo perequativo richiede alle
Regioni più ricche del Nord di contribuire alla perequazione, anche se la Lega magari spera che
qualche sua Regione del Nord riesca a pagare di meno. Per realizzare una sana perequazione tra gli
enti locali, l'Italia ha scelto di adottare una soluzione mediana tra due modelli antitetici, tra
federalismo cooperativo e competizione fiscale, coniugando così obiettivi di carattere sociale e
incentivi economici, col fine ultimo di ridurre la spesa pubblica e promuovere il paese.
5.3.4 Beni demaniali a Regioni ed Enti locali
Per l'attuazione del federalismo fiscale la Legge delega prevede (all' articolo 3) una commissione
bicamerale. Il Governo deve presentare a questa commissione i decreti delegati prima della loro
definitiva approvazione per i pareri previsti. La Commissione bicamerale è composta da 15 Senatori
e 15 Deputati e vigila sull'attuazione del federalismo fiscale. 23
La legge prevede, all'articolo 2, che il primo decreto di attuazione del federalismo fiscale debba
essere varato entro 24 mesi dall'entrata in vigore della stessa legge. Puntualmente e strettamente
23
L. del 5.maggio 2009, no. 42.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
287
entro i termini previsti il Ministro Roberto Calderoli riuscì a raggiungere questo importante
traguardo.
Il provvedimento ricevette il parere positivo da parte della Commissione bicamerale il 19 maggio
2010 che propose un proprio testo emendando nel suo parere il decreto del Governo.24
Un sì
allargato: sul fronte del sì, infatti, oltre a Lega e Pdl, anche l'Idv e la SVP. Astensione, invece, sia
pure “sofferta”, del Pd. Un netto «no» é invece arrivato dai centristi, sia dall'Udc di Pierferdinando
Casini, sia dall'Api di Francesco Rutelli.25
Il Consiglio dei Ministri approvò il decreto in via definitiva (su proposta dei Ministri Tremonti,
Bossi, Calderoli, Fitto e Ronchi) il giorno dopo, il 20 maggio 2010, nel pieno rispetto della tabella
di marcia del 21 maggio fissata dalla legge delega. Il testo approvato recepisce i pareri espressi
dalla Commissione parlamentare per l‟attuazione del federalismo fiscale e dalle Commissioni
Bilancio di Camera e Senato.
I principali contenuti del provvedimento sono i seguenti: 26
- oggetto dell‟attribuzione a Regioni ed Enti locali sono i beni del demanio marittimo, idrico, gli
aeroporti di interesse regionale o locale, le miniere e gli altri beni immobili dello Stato e i beni
mobili ad essi collegati;
- sono comunque esclusi dall‟attribuzione: i fiumi e i laghi di ambito sovra regionale, salvo per
questi ultimi che vi sia intesa tra le Regioni interessate; i beni della Difesa e i beni culturali, nei
termini già previsti dalla normativa vigente; la dotazione della Presidenza della Repubblica e i
beni degli organi costituzionali e di rilevanza costituzionale; gli immobili per uso istituzionale
dello Stato, i porti e gli aeroporti di rilevanza economica nazionale ed internazionale, le reti di
interesse statale, le strade ferrate dello Stato, i parchi nazionali e le riserve naturali statali;
- sono attribuiti alle Regioni i beni del demanio marittimo e del demanio idrico, con la sola
eccezione dei laghi chiusi che sono attribuiti alle Province, così come le miniere. Alle Province
sarà inoltre garantita una quota dei canoni del demanio idrico trasferito alle Regioni. Ai Comuni
sono attribuiti in particolare beni immobili non demaniali;
- l‟attribuzione dei beni non demaniali ha luogo sulla base delle richieste degli enti territoriali,
che debbono indicare le modalità e i tempi di utilizzo; i beni non richiesti confluiscono in un
patrimonio vincolato e sono valorizzati e alienati, sulla base di accordi tra Stato e Regioni o Enti
locali, entro trentasei mesi;
24
Commissione bicamerale per l‟attuazione del federalismo fiscale,verbale del 17 maggio 2010, Camera dei Deputati. 25
http://www.ilsole24ore.com//2010/05/20, scaricato il 2.5.2010. 26
Art 1 del nuovo testo della Commissione bicamerale allegato al parere della Commissione del 19.5.2010.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
288
- mantengono comunque il carattere demaniale, a maggior garanzia dell‟interesse pubblico, i beni
trasferiti del demanio marittimo, idrico e aeroportuale. Per gli altri beni trasferiti può essere
disposto dallo Stato il mantenimento nel demanio o nel patrimonio indisponibile; in ogni caso,
l‟eventuale sdemanializzazione continua ad essere dichiarata dallo Stato;
- i beni attribuiti al patrimonio disponibile degli Enti territoriali possono essere alienati solo dopo
la loro valorizzazione attraverso le varianti allo strumento urbanistico;
- i beni trasferiti agli enti territoriali possono, dopo l‟approvazione delle varianti urbanistiche,
essere conferiti ad uno o più fondi comuni di investimento immobiliare;
- con cadenza biennale possono essere attribuiti ulteriori beni;
- attraverso consultazioni tra Regioni, Enti locali e Amministrazioni periferiche statali sarà
garantito l‟utilizzo ottimale dei beni pubblici;
- non vi saranno oneri aggiuntivi a carico delle finanze pubbliche; sarà garantita la
corrispondenza tra dotazione di risorse e personale e attribuzione di funzioni, in modo da evitare
duplicazioni di strutture e incremento di spese; le maggiori risorse derivanti a Regioni ed Enti
locali dall‟alienazione o dalle quote dei fondi immobiliari saranno destinate, per il 75%, alla
riduzione del debito dell‟ente, e per la parte residua alla riduzione del debito statale;
- ogni alienazione di immobili da parte delle Regioni o degli Enti locali sarà preceduta
dall‟attestazione della congruità del prezzo da parte dell‟Agenzia del demanio o dell‟Agenzia
del territorio.27
In giugno il Governo annunciò di sottoporre altre parti del pacchetto fiscale alla Commissione
bicamerale per il federalismo, come secondo decreto quello sulle autonomie. Per i comuni il
nocciolo sarà rappresentato, oltre che da un'ampia compartecipazione all'Iva, dalla «service tax»
sugli immobili con cui, senza reintrodurre l'Ici, l'esecutivo punta a semplificare una galassia che
oggi conta su 13 tra tributi e canoni locali e quattro addizionali comunali. 28
5.3.5 Questioni aperte sugli effetti del federalismo fiscale
L‟obiettivo del federalismo fiscale dovrebbe consistere nella riduzione delle spese e nel rilancio
economico. Non si può tuttora intravedere come effettivamente si evolverà. La legge infatti è, per
quanto riguarda le cifre una scatola vuota: non conosciamo né le percentuali del gettito fiscale da
riservare ai vari livelli di governo, né l'ammontare del fondo di perequazione.
27
Consiglio dei Ministri n.94, 20/05/2010: http://www.governo.it/Governo/ConsiglioMinistri/testo_int.asp?d=57856,
scaricato il 26.5.2010. 28
Il Sole24ore,http://www.ilsole24ore.com//2010/05/21/, scaricato il 21.5.2010.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
289
Rimane aperte la risposta alla seguente domanda: la riforma del federalismo fiscale porterà davvero
all'obiettivo di ridurre, con l'attribuzione di una maggiore responsabilità agli enti locali, la spesa
pubblica totale? Mai fino ad oggi in Italia, quando sono state trasferite competenze ai livelli di
governo locale, si è registrata una riduzione dell'apparato e delle spese centrali. Se questo fatto si
dovesse ripetere le conseguenze sarebbero catastrofiche, perché significherebbe riconoscere ai
Comuni, alle Province, alle Regioni e alle Città metropolitane propri introiti e nuove tasse che
peserebbero sul cittadino, senza nel contempo ridurre quelle della Stato. Ciò si tradurrebbe in un
incremento della spesa totale a spese del cittadino e dello sviluppo economico che l'Italia non può
permettersi.
Un ulteriore pericolo consiste nell‟elevato livello del debito pubblico dell‟Italia. Nella manovra
finanziaria del Governo del maggio del 2010, ratificata in luglio dal Parlamento,29
una gran parte
dei tagli viene posta a carico delle Regioni.30
Massimo Bordignon, membro della Commissione tecnica sulla spesa pubblica presso il ministero
del Tesoro, critica il decreto come una manovra antifederale. Tra i tartassati, in misura maggiore
del solito – scrive Bordignon - ci sono le Regioni e gli enti locali, da cui ci si aspetta oltre il 60 per
cento delle riduzioni di spesa.31
Un pericolo potrebbe consistere anche nelle posizioni contrapposte all‟interno del Governo: alla
luce dell'esperienza della riforma costituzionale cosiddetta Calderoli-Berlusconi del 2005, poi
bocciata dal referendum, le forze centriste presenti nell'attuale Governo avevano chiesto come
contropartita un presidenzialismo forte. La riforma Calderoli, partita con un chiaro intento, fu poi
stravolta dai tanti compromessi che la Lega dovette accettare. Infatti, nella sua dichiarazione di voto
al disegno di legge sul federalismo fiscale il capogruppo del PDL, Maurizio Gasparri, riprese
l‟obiettivo e si espresse senza mezzi termini: adesso deve seguire il presidenzialismo.32
L'equilibrio democratico in Italia è già molto delicato, basti pensare agli attacchi alla giustizia, allo
scarso pluralismo del sistema televisivo, al ruolo predominante del Governo in materia legislativa,
all'uso e abuso dello strumento della decretazione d'urgenza e del voto di fiducia e alla legge
elettorale che ha tolto alla popolazione il diritto di scegliere i candidati.
29
Decreto legge 31 maggio 2010, n. 78. 30 Cfr. 5.5.3 .7 Il problema del debito pubblico. 31
Bordignon, M. (2010) p 1. 32
Senato della Repubblica, seduta del 29 aprile 2009.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
290
5.4 L‟ingiusta ripartizione degli oneri
Le risorse che lo Stato mette a disposizione delle Regioni a statuto ordinario sono talmente modeste,
che le Regioni e gli enti locali si vedono costretti ad aumentare il peso contributivo per poter
garantire i servizi pubblici.
5.4.1 Onere fiscale e malgoverno
5.4.1.1 La maggiore pressione tributaria a carico di tre Regioni del Nord
Le Regioni con la maggiore pressione tributaria in Italia sono le seguenti:33
1. la Lombardia con il 35,7 % del Pil,
2. l‟Emilia Romagna con il 34,7 % del Pil.
3. il Veneto con il 32,9 % del Pil
Soprattutto il Presidente della Regione Veneto, Giancarlo Galan lamenta il trattamento secondo lui
privilegiato delle Regioni autonome, in speciale modo quello del confinante del Trentino Alto
Adige nonché della Sicilia. 34
5.4.1.2 Il malgoverno: Spese diverse per le stesse prestazioni
Luca Antonini lamenta giustamente che il cantiere federalista sia stato avviato solo a metà, e cioè
sul lato delle funzioni amministrative con la riforma Bassanini (1997-1999) e di quelle legislative
con la riforma costituzionale (del 2001), rimanendo invece fermo sul fronte del finanziamento. 35
La
conseguenza è un‟asimmetria della spesa pubblica che si riparte ormai a metà tra il comparto statale
e quello dei livelli subordinati, nonostante questi ultimi abbiano una responsabilità impositiva
inferiore del 18 %. Questo sistema di finanza derivata, con ripiani a piè di lista alle amministrazioni
inefficienti, favorisce una politica di mancata responsabilità e contribuisce gravemente al deficit
pubblico.
Come esempio Antonini cita la sanità: i costi per l‟erario sono quasi raddoppiati in 10 anni,
passando dai 55,1 miliardi del 1998 ai 101,4 del 2008, nonostante le misure di contenimento
previste dalle leggi finanziarie. Dalle relazioni della Corte dei Conti emergono dati spaventosi: una
sacca per trasfusioni per esempio costa in Calabria quattro volte di più che in Emilia Romagna, un
33
Centro Studi Unioncamere del Veneto (2009) p 37. 34
ANSA 4.2.2008, Federalismo: Galan, basta privilegi regioni statuto speciali.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
291
TAC in alcune parti del Paese costa 800 euro in altre 500, le spese pro capite per bambino negli asili
nido di Roma è di 16.000 euro a Modena di 7.000.36
5.4.1.3 Cosa vogliono le Regioni ordinarie del nord?
Come avremmo ancora modo di analizzare, esistono rilevanti differenze nel finanziamento delle
Regioni da parte dello Stato, non solo tra nord e sud, ma anche tra quelle con statuto ordinario e
quelle con statuto speciale. Le Regioni ordinarie del nord lamentano un grave peso fiscale e un
trattamento in equo. Le loro richieste in sintesi si concentrano sulle seguenti due questioni:
1. più autonomia per entrate ed uscite. A differenza di Stati effettivamente federali, in Italia le
entrate (per il 70 %) e le spese (per l‟80 %) passano tramite il Governo centrale.37
2. un sistema di redistribuzione delle risorse fortemente sperequato e verticale, basato
sostanzialmente sulla spesa storica e non sulla virtuosità amministrativa, non favorisce la
responsabilizzazione dei governi locali e l‟autonomia degli enti periferici, ammoniscono le
Unioncamere del Veneto.38
Il modello potrebbe essere quello della perequazione finanziaria
orizzontale tra i Länder in Germania.
Attraverso una maggiore autonomia e responsabilità degli Enti territoriali, si dovrà riqualificare e
verosimilmente diminuire un totale di uscite della PA che attualmente è tra i più elevati dei Paesi
europei.39
Il sistema di perequazione verticale non funziona, al contrario di quella “orizzontale”,
sottolineano le Unioncamere. Come accade in Germania, infatti, il sistema di perequazione, basato
su una logica di tipo orizzontale, consente una più agevole verifica dei flussi finanziari tra Regioni
“donatrici” e Regioni “riceventi”, in quanto favorisce una maggiore trasparenza e coerenza
dell‟utilizzo dei fondi, garantendo nel contempo un sistema di controllo più attento.40
Il federalismo
inoltre genera una migliore efficienza amministrativa: nei Paesi federali la razionale allocazione
della spesa pubblica spesso produce una riduzione degli oneri superflui e delle inefficienze. Infatti,
nei Paesi dove la spesa pubblica è maggiormente decentrata le spese di funzionamento degli
apparati amministrativi sono mediamente più basse che negli altri Paesi, dimostrano le
Unioncamere.41
35
Antonini, L. (2009) p 7-9. 36
Antonini, L. (2009) p 7-9. 37
Benedikter, T. (2009a) p 4. 38
Centro Studi Unioncamere del Veneto (2007) p 22. 39
Centro Studi Unioncamere del Veneto (2009) p 55. 40
Centro Studi Unioncamere del Veneto (2009) p 42. 41
Centro Studi Unioncamere del Veneto (2009) p 79.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
292
5.4.2 La base dati unica dei Conti Pubblici Territoriali (CPT)
5.4.2.1 I differenti metodi di calcolo rendono difficile un raffronto
Come abbiamo visto, i differenti metodi di calcolo rendono difficile un raffronto e un giudizio
obiettivo su chi effettivamente contribuisce o chi invece approfitta del sistema fiscale. I Conti
Pubblici Territoriali, una base di dati unica predisposta dal Ministero dello sviluppo economico
permette la rilevazione dei flussi finanziari nei singoli territori regionali, rendendoli raffrontabili tra
di loro. Ma sui criteri, nella concreta applicazione, si rilevano comunque differenze.
5.4.2.2 Il settore pubblico allargato
La Banca Dati Conti Pubblici Territoriali (CPT) è il risultato di un progetto finalizzato alla
misurazione dei flussi finanziari sul territorio. I Conti Pubblici Territoriali si riferiscono all‟universo
del Settore Pubblico Allargato ma consentono un‟articolazione flessibile per svariati sub-aggregati
relativi a: macro-aree e Regioni amministrative, classificazioni settoriali, categorie economiche,
definizioni di spesa pubblica e soggetti finali di spesa. Attraverso i CPT è possibile avere
informazioni circa il complesso delle entrate e delle spese (correnti e in conto capitale) delle
amministrazioni pubbliche nei singoli territori regionali.
I CPT producono informazioni con riferimento a due universi:
o la Pubblica Amministrazione
o il Settore Extra PA
Insieme compongono il cosiddetto Settore Pubblico Allargato.
La definizione adottata per la Pubblica Amministrazione (PA) coincide fondamentalmente con
quella della contabilità pubblica italiana ed è costituita da enti che, in prevalenza, producono servizi
non destinabili alla vendita. La definizione di Settore Pubblico Allargato (SPA) integra e amplia
quanto richiesto dall'UE per la verifica principio di addizionalità: ed è costituito, in aggiunta alla
PA, da un Settore Extra PA (con enti sia a livello centrale che locale).42
42
Ministero dello sviluppo economico, per ulteriori approfondimenti vedi anche la versione tedesca p 234-239.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
293
Fig. 42: L‟analisi del settore pubblico allargato per i Conti Pubblici Territoriali (CPT)
Fonte: Ministero dello sviluppo economico.
5.4.2.3 I criteri dei Conti Pubblici Territoriali (CPT)
a. Il principio di cassa
Per la rilevazione delle entrate e delle spese, i “Conti Pubblici Territoriali” seguono il cosiddetto
principio di cassa. Secondo tale criterio, le spese vengono registrate nel momento dell‟effettivo
pagamento (emissione del mandato di pagamento). Nel caso delle entrate, la registrazione viene
effettuata al momento della riscossione degli importi.43
b. Il consolidamento e la regionalizzazione
Per poter determinare le entrate complessive di una Regione o di una Provincia autonoma è
necessaria un‟operazione di consolidamento dei dati di bilancio utilizzati. Il consolidamento
43
Lun, G./ Lechner, O. ( (2009) p 16. Ministero dello Sviluppo Economico, AA.VV. (2007).
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
294
prevede il raggruppamento di tutti i flussi di entrate e spese delle istituzioni pubbliche in un conto
complessivo e quindi la loro compensazione.
c. Assegnazione regionale
I“Conti Pubblici Territoriali” si riferiscono per quanto riguarda il livello regionale alle 19 Regioni
italiane e alle due Province autonome.
5.4.2.4 Attribuzione alle Regioni secondo la sede di pagamento
Generalmente i CPT attribuiscono le spese alla Regione in cui viene erogata la prestazione pubblica
(cosiddetto criterio di localizzazione dell‟intervento dell‟operatore pubblico), ed in tal caso fa testo
il mandato di pagamento dell‟istituzione pubblica. Vi sono però delle eccezioni, cui accenneremo in
seguito. Le entrate vengono invece attribuite a quelle Regioni e province autonome in cui è sorto il
gettito fiscale, ovvero dove l‟attività economica ha portato alla formazione del gettito.44
Il criterio di base della ripartizione delle spese nei CPT è pertanto quello della localizzazione
dell'intervento dell'operatore pubblico, in termini di flussi finanziari gestiti nei vari territori
regionali. Per i flussi di spesa diretta, quelli legati alla produzione di beni e servizi e all'incremento
di uno stock di capitale (personale, beni immobili e mobili) la ripartizione avviene secondo
l'allocazione fisica dei fattori produttivi impiegati e cioè dell'attività economica svolta. Per i flussi di
altra natura si adotta il criterio della destinazione delle risorse erogate.
a. Nessun addebito per spese fuori dal territorio nazionale
Non sono addebitate a nessuna Regione le spese destinate al di fuori del territorio nazionale.
b. Criteri alternativi non addottati dai CPT
Esistono criteri alternativi non addottati dai CPT, quali la localizzazione dei benefici dell'attività
dell'operatore pubblico o l'utilità generata o l'attivazione economica.45
Questo porterebbe per
esempio a ripartire in proporzione della popolazione le spese dello Stato per la produzione di servizi
di natura collettiva come la Difesa o la Giustizia, che invece nei CPT sono regionalizzate secondo
l‟effettiva collocazione territoriale degli interventi effettuati.46
c. Le difficoltà per il calcolo dei saldi
L‟applicazione del citato principio alternativo avrebbe portato a una ripartizione coerente con quella
delle entrate, rendendo possibile la costruzione di saldi significativi a livello regionale. Si è scelta
però una rappresentazione dell‟attività dell‟operatore pubblico maggiormente informativo.47
44
Lun, G./ Lechner, O. ( (2009) p 16. 45
Ministero dello Sviluppo Economico, AA.VV. (2007) p 93. 46
Ministero dello Sviluppo Economico, AA.VV. (2007) p 93. 47
Ministero dello Sviluppo Economico, AA.VV. (2007) p 93. Per ulteriori approfondimenti vedi la versione tedesca
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
295
5.4.3 Le Regioni autonome - paganti o riceventi?
Se dalle entrate fiscali e contributive di un territorio si detrae quanto l‟ente pubblico spende nel suo
complesso in quel territorio, si può rilevare se questo territorio produce un saldo positivo ed è
dunque un pagante dal punto di vista fiscale o se produce un saldo negativo e si annovera pertanto
tra i ricevitori, perche spende più di quanta paga. Nonostante i criteri uniformi dei CPT non è
semplice rilevare se una Regione sia effettivamente un pagante o un ricevitore. Questo vale in
speciale modo per il Trentino e l‟Alto Adige, per il quale diversi studi hanno prodotto risultati
contrastanti. Presentiamo pertanto qui di seguito varie ricerche dalle quali si rilevano consistenti
differenze che però nel confronto tra di loro permettono almeno di rilevare le tendenze di fondo.
5.4.3.1 Il Sole 24 ore: Sono le Regioni del Sud e quelle autonome che ricevono più di quanto
pagano
Il quotidiano economico finanziario Il Sole 24ore pubblicò una statistica riferita agli anni 2002-
2006 che si basa su dati di Confindustria e che mette a confronto le entrate e le spese pro capite in
ogni Regione.48
Tab. 4: Il Sole24ore: Differenza tra entrate tributarie prodotte in territorio e spesa pubblica
in servizi, in euro pro capite. Media 2002-2006.
Chi da Chi riceve
Euro pro capite Euro pro capite
Entrate Spese Saldo Entrate Spese Saldo
Lombardia 13.700 -8.850 4.850 Prov. Bolzano 12.250 -12.600 -350
Emilia
Romagna 12.750 -9.300 3.450 Liguria 10.700 -11.300
-600
Veneto 10.850 -7.950 2.900 Abruzzo 7.500 -8.250 -750
Piemonte 11.500 -9.600 1.900 Umbria 9.350 -10.350 -1.000
Toscana 11.100 -9.600 1.500 Prov. Trento 11.800 -13.000 -1.200
Lazio 12.250 -10.750 1.500 Campania 5.300 -6.600 -1.300
Marche 9.750 -8.600 1.150 Puglia 6.000 -7.650 -1.650
Friuli Venezia
Giulia 11.250 -10.950 300 Molise 6.600 -8.450
-1.850
Sicilia 5.450 -7.850 -2.400
Basilicata 5.750 -8.300 -2.550
Sardegna 7.050 -9.700 -2.650
Calabria 5.250 -8.000 -2.750
Valle d‟Aosta 9.050 -12.050 -3.000 Fonte: Sole 24 ore 26.8.08, Dati Confindustria
5.4.2.4 Die Zurechnung der Spesen an die Regionen. 48
Sole24ore 26.8.2008, dati Confindustria.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
296
Chi paga – secondo il Sole 24ore – sono i cittadini delle Regioni del Nord: della Lombardia (con
un saldo positivo di 4.850 euro pro capite all‟anno, dell‟Emilia Romagna (3.450 euro), del Veneto
(2.900 euro) e del Piemonte (1.900). Seguono le Regioni dell‟Italia centrale, la Toscana e il Lazio
(con 1.500 a testa) e le Marche (1.150). La Regione autonoma Friuli Venezia Giulia (300 euro a
testa) rappresenta il fanalino di coda di chi paga, seguita dalla Provincia autonoma di Bolzano (-
350), che però – secondo questa statistica risulta essere già sulla parte di chi riceve, anche se con il
saldo pro capite minore tra questi.
Chi riceve – sempre secondo il Sole 24ore - sono nell‟ordine del contributo dal più alto a quello
più basso le seguenti Regioni: la Regione autonoma della Valle d‟Aosta (con un saldo negativo di -
3.000 euro a testa, seguita dalle Regioni del Sud, la Calabria (-2.750), la Sardegna (-2.650), la
Basilicata (-2.550), la Sicilia (-2.400), il Molise (-1.850), la Puglia (-1.650) e la Campania (-1.300).
Le Regioni autonome – eccezion fatta per il Friuli Venezia Giulia – si classificano tutte quali
riceventi, non solo quelle del Sud, come la Sardegna e la Sicilia, ma anche la Valle d‟Aosta (-3.000
Euro) e le Province autonome di Trento (-1.200) e di Bolzano (-350). Lo studio si riferisce al
periodo 2002-2006 e evidenzia i saldi pro capite, con un saldo negativo per la Provincia di Bolzano
di 350 euro pro capite, che riferito a tutta la popolazione comporterebbe un saldo complessivo
annuo di ca 160 ml.
5.4.3.2 Secondo l‟Unioncamere del Veneto: Il Trentino Alto Adige – un pagante modesto
Decisamente più favorevole per il suo contributo fiscale si presenta per la Regione Trentino Alto
Adige lo studio sulle Entrate e Uscite consolidate delle pubbliche amministrazioni elaborato dall‟
Unioncamere del Veneto.49
L‟ Unioncamere si basa sui dati dei Conti Pubblici Territoriali CPT.
I maggior paganti sono secondo le Unioncamere – analogamente allo studio del Sole24ore – le
Regioni del nord: della Lombardia, con un saldo positivo (o avanzo fiscale) pro capite di 6.231
euro (sole 4.850), l‟Emilia Romagna di 3.967 (sole 3.450 euro) e il Veneto di 3.625 (sole 2.900
euro). Seguono le Regioni Lazio 3.012 (sole 1.500), Piemonte 2.657 (sole 1.900), Toscana 2.371
(sole 1.500) e Marche 1726 (sole 1.150). Le Regioni autonome Friuli Venezia Giulia 971 (sole 300
Euro pro capite), Trentino Alto Adige 411 (sole -350 Bolzano, -1.200 Trento) formano con la
Regione Liguria 380 (sole -600) i fanalini di coda dei saldi positivi. Secondo questa statistica la
Regione Trentino Alto Adige si annovera tra quelle paganti, anche se al penultimo posto e con un
contributo modesto.
49
Centro Studi Unioncamere del Veneto (2009) p 37-44.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
297
Tab. 5: Unioncamere: Saldi pubblici per Regione. Media 2005-2007, per abitante
Chi da Chi riceve
Euro per abitante Euro per abitante
Entrate Spese Saldo Entrate Spese Saldo
Lombardia 16.345 -10.114 6.231 Abruzzo 9.790 -9.832 -42
Emilia
Romagna
15.004 -11.037 3.967 Umbria 11.448 -11.653 -205
Veneto 13.146 -9.521 3.625 Campania 7.708 -8.607 -899
Lazio 15.179 -12.167 3.012 Puglia 7.466 -8.775 -1.309
Piemonte 13.804 -11.147 2.657 Molise 8.565 -10.157 -1.592
Toscana 13.429 -11.058 2.371 Valle d‟Aosta 16.248 -17.854 -1.606
Marche 11.811 -10.085 1.726 Sardegna 9.187 -11.115 -1.928
Friuli Venezia
Giulia
13.914 -12.943 971 Basilicata 7.707 -9.891 -2.184
Trentino Alto
Adige
14.526 -14.115 411 Sicilia 7.584 -9.796 -2.212
Liguria 12.814 -12.434 380 Calabria 7.482 -9.824 -2.342
Fonte: Centro Studi Unioncamere del Veneto (2009), p 39.
* Le entrate al netto di trasferimenti da UE e istituzioni estere, alienazioni di beni patrimoniali e riscossione di crediti.
** Spese al netto di interessi passivi, partecipazioni azionarie e conferimenti e concessione di crediti.
*** Per il calcolo pro capite si prese in considerazione la media della popolazione del 31.12. degli anni 2005-2007.
La seguente tabella presenta le entrate e le spese complessive – con analoghi risultati. La Regione
Trentino-Alto Adige presenta un residuo fiscale di 408 ml euro; dividendolo per le due Province
risulterebbe un saldo positivo di circa 200 ml per ognuna delle due.
Tab. 6: Unioncamere: Saldi pubblici per Regione. Media 2005-2007, complessivi
Regione Entrate Spese Saldo ml Euro ml Euro ml Euro
Lombardia 156.164 -96.633 59.531
Veneto 62.858 -45.523 17.335
Emilia Romagna 63.449 -46.674 16.775
Lazio 82.773 -66.349 16.424
Piemonte 60.259 -48.661 11.598
Toscana 48.951 -40.308 8.643
Marche 18.182 -15.524 2.658
Friuli Venezia Giulia 16.896 -15.717 1.179
Liguria 20.621 -20.010 611
Trentino Alto Adige 14.463 -14.055 408
Abruzzo 12.854 -12.910 -56
Umbria 10.018 -10.198 -180
Valle d‟Aosta 2.030 -2.230 -200
Molise 2.746 -3.257 -511
Basilicata 4.563 -5.857 -1.294
Sardegna 15.252 -18.454 -3.202
Calabria 14.990 -19.682 -4.692
Campania 44.688 -49.899 -5.211
Puglia 30.405 -35.735 -5.330
Sicilia 38.080 -49186 -11106
Fonte: Centro Studi Unioncamere del Veneto (2009), p 39, rielaborato dall‟autore.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
298
5.4.3.3 Secondo l‟Istituto provinciale di statistica: l‟Alto Adige una provincia sovvenzionata
Le cifre cambiano a seconda del periodo e del metodo di rilevamento. L‟Istituto provinciale di
statistica della Provincia Autonoma di Bolzano (ASTAT) nella sua collana “I conti
dell‟amministrazione pubblica in provincia di Bolzano 2001-2005”,50
pubblicò i conti consolidati
delle amministrazioni pubbliche locali e centrali in Alto Adige per quel periodo. Le spese si
svilupparono da 6,7 miliardi euro nel 2001 a 7,4 miliardi nel 2005. In confronto delle spese le
entrate sono minori e si sviluppano nello stesso periodo da 5,6 miliardi (2001) a 6,2 (2005). In uno
studio che si basa su questa fonte Thomas Benedikter arriva alla conclusione che la Provincia di
Bolzano sia fortemente sovra finanziata e abbia prodotto negli anni 2001-2005 un saldo negativo di
mediamente 1.000 mio euro all‟anno.51
Tab. 7: Conti consolidati delle amministrazioni pubbliche locali e centrali in Alto Adige in mio
euro, 2001-2005
Anni 2001 2002 2003 2004 2005
Spese complessive
-6.709 -6.882 -7.169 -7.227 -7.380
Entrate complessive
5.568 6.040 6.158 6.060 6.232
Disavanzo fiscale -1.141
-843
-1.011
-1.168
-1.148
Fonte: Fattor, L. (2008b). Benedikter, T. (2009), p 13.
5.4.3.4 Secondo la Camera di commercio di Bolzano: l‟Alto Adige dal 1996 al 2007 un
contribuente netto
A un risultato completamente contrario arriva uno studio dell‟Istituto di ricerca economica della
Camera di commercio di Bolzano (WIFO/IRE).52
In due elaborazioni diverse vengono contemplati i
periodi 1996-2007 e 2000-2007. Venne presentata pubblicamente solamente la prima
elaborazione.53
La Provincia si trovava in una fase delicata di trattative con il Governo per la
ridefinizione del finanziamento. Il risultato venne pertanto pubblicato con piacere. Il Presidente
della Camera di commercio Michl Ebner dichiarò, che l‟Alto Adige figura fra quelle Regioni e
Province autonome che sono contributori netti.
50
Fattor, L. (2008b). 51
Benedikter, T. (2009) p 13. 52
Lun, G./ Lechner, O. (2009).
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
299
Tab. 8: Sviluppo delle entrate e uscite pubbliche in Alto Adige e del saldo 1996-2007
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007
Uscite Prezzi corr.
4.931,64 4.981,60 5.217,89 5.747,00 6.002,73 6.446,90 6.676,30 6.799,98 6.892,94 7.246,56 7.144,37 7.465,15
Entrate Prezzi corr.
5.051,98 5.395,45 5.478,83 5.954,60 6.009,85 6.166,98 6.468,88 6.888,77 6.972,61 7.156,30 7.389,22 7.876,46
Saldi Prezzi corr.
120,35 413,85 260,94 207,61 7,12 -279,92 -207,41 88,79 79,67 -90,27 244,85 411,31
Uscite Prezzi 2007
6.170,46 6.126,87 6.304,26 6.835,48 6.961,37 7.281,77 7.361,28 7.318,14 7.273,43 7.518,31 7.267,25 7.465,15
Entrate Prezzi 2007
6.321,04 6.635,87 6.619,52 7.082,41 6.969,62 6.965,60 7.132,59 7.413,69 7.357,50 7.424,66 7.516,32 7.876,46
Saldi Prezzi 2007
150,58 508,99 315,26 246,93 8,25 -316,17 -228,69 95,56 84,07 -93,65 249,06 411,31
Fonte: WIFO/IRE, dati forniti all‟autore nel 2009, secondo dati CPT.
Fig. 43: Camera Commercio Bolzano: Saldo primario Regioni, per abitante 1996-2007
Fonte: Lun, G./ Lechner, O. (2009), p 35, scaricato il 21/12/09
53
WIFO (2009), presentazione il 13/10/09
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
300
Da un‟analisi dei valori medi per Regione risulta che dieci tra Regioni e Province autonome sono
contribuenti netti, cioè evidenziano un saldo primario positivo, mentre undici Regioni hanno un
saldo primario negativo e sono quindi beneficiari netti. I contribuenti maggiori sono le regioni
Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, nonché Lazio e Piemonte. I maggiori beneficiari netti sono
le regioni Calabria, Basilicata, Sardegna, Molise, Sicilia, Campania e Puglia. L‟Alto Adige è nella
media delle regioni e presenta nel periodo considerato un saldo leggermente positivo, pari a 240
euro pro capite. In valori assoluti il saldo primario dell‟Alto Adige per il 2007 è di 411 milioni di
euro, mentre la media dei 12 anni analizzati è pari a 120 milioni euro. Per l‟Alto Adige il valore
minimo del saldo primario è di -700 Euro pro capite, il massimo invece di 1.100 euro pro capite.
L‟Alto Adige presenta sia anni con un saldo primario positivo che anni con un saldo negativo. 54
Fig. 44: Spese pro capite delle istituzioni pubbliche 2007
Fonte: Lun, G./ Lechner, O. (2009), p20.
L‟Alto Adige, con una spesa pro capite paria a 15.114 euro, si posiziona al terzo posto tra le
Regioni italiane e le province autonome, dopo la Valle d‟Aosta e il Trentino. Il valore medio in
Italia è pari a 12.052 euro pro capite ed è quindi inferiore di circa 3.000 euro rispetto a quello
54
Lun, G./ Lechner, O. (2009) p 36. Per ulteriori approfondimenti vedi la versione tedesca 5.4.3.4. Secondo la Camera
di Commercio di Bolzano l‟Alto Adige dal 1996 al 2007 era un debole pagante netto.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
301
registrato nella nostra provincia. Nel 2007 le varie istituzioni pubbliche hanno effettuato in Alto
Adige una spesa complessiva di 7,5 miliardi di euro. Per quanto concerne le singole voci, notiamo
che le spese pro capite per l‟amministrazione generale, la difesa, la pubblica sicurezza, la giustizia
ecc. sono identiche per tutte le Regioni. Ciò dipende dal fatto che tali spese sono state ripartite tra le
Regioni in base alla popolazione, come già precedentemente accennato. Nel presente grafico anche
le spese per la sanità sono state corrette tenendo presente che molti pazienti si recano in altre
Regioni per le cure (“migrazione sanitaria”).55
5.4.3.5 La camera di Commercio di Bolzano: dal 2000 al 2007 un saldo zero
Lo studio non pubblicato dalla Camera di Commercio ma reso noto dal quotidiano Die Neue
Südtiroler Tageszeitung,56
riferito ad un periodo più breve ma anche più attuale (dal 2000 al 2007)
evidenzia invece un saldo zero e non più positivo per l‟Alto Adige.57
Fig. 45: Camera Commercio Bolzano: Saldo primario Regioni pro capite 2000-2007
Fonte: Die neue Südtiroler Tageszeitung, 14.10.09, p 3, non pubblicata dal WIFO/IRE.
55
Lun, G./ Lechner, O. (2009) p 20. 56
Franceschini, C. (2009) p 3. 57
Per ulteriori approfondimenti vedi versione tedesca p 240-243.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
302
5.4.4 Analisi e critica del sistema di calcolo
5.4.4.1 La Camera di Commercio: procedura dei CPT con deviazioni
Lo studio del WIFO/IRE della Camera di Commercio si basa sulla procedura dei „Conti Pubblici
Territoriali“ (CPT) seguendo i criteri e le deviazioni ivi raccomandate.58
Ricordiamo:
o il criterio di base della ripartizione delle spese nei CPT è quello della localizzazione
dell‟intervento dell‟operatore pubblico, in termini di flussi finanziari gestiti nei vari territori
regionali;
o per i flussi di spesa diretta, quelli legati alla produzione di beni e servizi e all‟incremento di uno
stock di capitale (personale, beni immobili e mobili) la ripartizione avviene secondo
l‟allocazione fisica dei fattori produttivi impiegati e cioè dell‟attività economica svolta. Per i
flussi di altra natura si adotta il criterio della destinazione delle risorse erogate;
o non sono addebitate a nessuna Regione le spese destinate al di fuori del territorio nazionale;
o vale il principio di cassa;
o esistono criteri alternativi non addottati dai CPT, quali la localizzazione dei benefici dell‟attività
dell‟operatore pubblico o l‟utilità generata o l‟attivazione economica.
La Camera di Commercio di Bolzano a seguito i seguenti criteri divergenti:
- Spese generali centrali ripartiti secondo la quota di popolazione
Le spese dello Stato per i cosiddetti servizi centrali (difesa, pubblica sicurezza, spese
amministrative degli organi centrali quali Ministeri, Camera e Senato, etc.) sono state imputate
all‟Alto Adige in rapporto alla quota di popolazione.
- Spese sanitarie secondo residenza del paziente
Sono stati considerati i dettagli, quali ad esempio la corretta attribuzione delle prestazioni
sanitarie che i cittadini di una determinata Regione hanno fruito in un‟altra Regione, azzerando
gli effetti della cosiddetta „migrazione sanitaria“.
5.4.4.2 Le entrate attribuite alla sorgente del gettito
Le entrate vengono invece attribuite a quelle Regioni e Province autonome in cui è sorto il gettito
fiscale, ovvero dove l‟attività economica ha portato alla formazione del gettito. Secondo tale
criterio, l‟intero gettito nazionale IVA viene imputato alle Regioni in base all‟incidenza di ciascuna
di esse sui consumi finali complessivi, come risultante dal conto economico. L‟imposta sul reddito
58
Ministero dello Sviluppo Economico, AA.VV. (2007) Cap 5, p 91-103.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
303
delle persone fisiche (IRPEF) viene imputata alle Regioni in base al luogo di residenza del
contribuente. L‟imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG) viene invece imputata alla
Regione in cui l‟impresa ha prodotto l‟utile. Se l‟impresa ha filiali in più Regioni, il gettito fiscale
viene suddiviso in base alle quote di utile realizzate dalle singole unità locali. La Regione in cui è
stata versata l‟imposta è quindi irrilevante ed il gettito viene sempre ripartito correttamente.59
5.4.4.3 Nessuna partecipazione al debito pubblico dello Stato
I saldi presi in considerazione non tengono conto dei pagamenti a carico dello Stato per gli interessi
sul debito pubblico sorto nel corso di decenni. Lo studio della Camera di commercio commenta, a
tale proposito, che la discussione su chi debba sostenere tali pagamenti sia di competenza politica.
Fig. 46: Gli oneri dello Stato per interessi passivi per il debito pubblico
Fonte: Lun, G./ Lechner, O. (2009), p 38.
L‟Italia annovera un debito pubblico di oltre 1.800 miliardi di euro.60
L‟onere da sostenere
annualmente per gli interessi passivi per tale debito si aggira intorno agli 80 miliardi di euro.61
Dividendo questo onere per i ca 60 ml di abitanti 62
risulterebbe un onere pro capite di 1.300 euro.
59
Lun, G./ Lechner, O. (2009) p 16-17. 60
Banca d‟Italia, aprile 2010: 1.812.790 mio Euro. Debito pubblico in rapporto al PIL 2009: 115,8 %. 61
ISTAT Pubblicazione del 22.4.09: 77.884 mio euro (dati prov. 2009). 80.891 mio euro (dati prov. 2008). 62
ISTAT, al 1.1. 2009: 60.045.068 di abitanti in Italia.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
304
L‟Alto Adige conta quasi esattamente 500.000 abitanti.63
Tenendo conto degli interessi passivi
risulterebbe pertanto per la Provincia di Bolzano un onere proporzionale di 650 ml di euro annui. Se
si includesse questo onere nei saldi, la Provincia passerebbe da contribuente netto a un ricevente,
con un notevole disavanzo fiscale.
5.4.4.4 Come si spiegano le differenze tra i dati ASTAT e WIFO/IRE?
Come si spiega l‟enorme differenza tra i dati ASTAT e lo studio di Thomas Benedikter64
da un lato,
e l‟analisi del WIFO/IRE della Camera di commercio dall‟altro lato?65
Benedikter prende posizione
in una lettera all‟autore di questa tesi66
e in un ampio articolo pubblicato dalla Südtiroler
Wirtschaftszeitung Stellung.67
Egli in sintesi sottolinea i seguenti aspetti:
1) i CPT rappresentano un validissimo strumento scientifico per la ricerca e la politica, ma
contengono anche aspetti discutibili, per esempio l‟attribuzione delle tasse indirette alle Regioni.
Inoltre i CPT non pongono in discussione i dati dell‟ISTAT/ ASTAT e della contabilità economica
nazionale;
2) iL WIFO/IRE interpreta i dati completamente differentemente dall‟Unioncamere del Veneto.
Inoltre il saldo positivo si registra solamente dal 2006. Nel contesto globale invece la tesi del
WIFO/IRE non regge;68
3) si devono inoltre tenere in considerazione i presupposti. Se si accettano gli stessi - i risultati non
si differenziano più di molto;
4) da esaminare attentamente è il periodo di riferimento: Anche nello studio WIFO/IRE l‟Alto
Adige si muove intorno alla linea zero a seconda del periodo che si prende in considerazione. Si può
rilevare chiaramente come solamente le entrate prima del 2000 e dopo il 2006 hanno sollevato il
soldo sopra lo zero;
5) già il fatto che il WIFO/IRE abbia escluso la partecipazione all‟onere degli interessi passivi
basterebbe per spiegare le differenze nei risultati;
6) lo studio del WIFO/IRE è nato durante le difficili trattative con il Governo per il finanziamento
dell‟autonomia del Trentino Alto Adige e le invidie e accuse da parte delle Regioni confinanti;
7) le Province autonome percepiscono il 90 % del gettito fiscale e – fino alla fine del 2009 – altri
finanziamenti come pagamenti sostitutivi per la mancata IVA all‟importazione, finanziamenti per
63
ISTAT, al 1.1. 2009: 498.857 abitanti in Alto Adige. 64
Fattor, L. (2008b), Benedikter, T. (2009). 65
Benedikter, T. (2009) p 13. 66
Benedikter, T. (2009b), lettera del 11.12.2009. 67
Benedikter, T. (2009a) p 4. 68
Benedikter, T. (2009b), lettera del 11.12.2009.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
305
competenze delegate e leggi di settore. E tutto questo alla luce delle competenze che non
raggiunsero il 90 % dei possibili campi.
5.4.4.5 Le obiezioni allo studio del WIFO/IRE
Le obiezioni di Benedikter allo studio del WIFO/IRE spiegano le divergenti conclusioni delle due
analisi in modo particolare sulla questione se l'Alto Adige paga più o meno tasse di quanto riceve
dallo Stato, se cioè al saldo è un pagante o un ricevente. In effetti i risultati non divergono tanto
quanto sembra a prima vista, se si tiene conto dei presupposti. Nello studio del WIFO/IRE l'Alto
Adige risulta sì come pagante, ma solamente di poco sopra il livello zero e in dipendenza del
periodo che si analizza. Si può constatare direttamente dall'analisi del WIFO/IRE come solamente
le entrate maggiori prima dell'anno 2000 e dopo il 2006 hanno sollevato i saldi nella loro media
sopra il livello zero.
Fig. 47: Sviluppo storico di entrate spese e saldi per le P.A. in Alto Adige, 1996-2007
Fonte: Lun, G./ Lechner, O. (2009), p 38.
Già il fatto stesso che lo studio WIFO/IRE esclude la partecipazione al debito pubblico dello Stato,
spiega gran parte delle differenti conclusioni. Si deve inoltre tener conto del periodo in cui fu
presentato lo studio WIFO/IRE. Era esattamente la fase nella quale la Provincia stava trattando con
il Governo per il nuovo assetto finanziario e tutto questo alla luce del nuovo federalismo fiscale che
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
306
prevede il fondo di solidarietà per il Sud e degli attacchi da parte delle Regioni limitrofe contro i
presunti privilegi delle Regioni speciali.
Non c‟è dubbio che la Provincia di Bolzano occupava una posizione privilegiata, come pure le altre
Regioni a statuto speciale, soprattutto se si osservano i contributi considerevoli delle Regioni del
Nord e non ci si limita alla pura questione se la Provincia fosse pagante o ricevente. Basti pensare
che le Province di Bolzano e Trento percepiscano il 90 per cento del gettito fiscale percetto nei
rispettivi territori, e inoltre – fino al 2009 – pagamenti sostitutivi all‟IVA sull‟importazione e
finanziamenti diretti per le funzioni delegate nonché per leggi speciali, risorse difficilmente da
giustificare. La Provincia per altro non deteneva il 90 per cento delle competenze. Con la nuova
regolamentazione finanziaria però i suoi compiti sono aumentati.
Dall‟altro canto questa autonomia ha le sue ragioni storiche e politiche, dalle quali si lascia anche
dedurre l‟autonomia finanziaria.
Come già illustrato lo studio del WIFI/IRE ha ripreso i dati CPT applicandoli però con deviazioni,
che fecero risultare un saldo leggermente positivo di 120 milioni. Se invece si applicano i dati
originali il quadro cambia.
Tab. 9: Saldo primario della Provincia autonoma di Bolzano 1996-2007 – in mln euro, sulla
base dei CPT
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007
Entrate
5.051,98 5.395,45 5.478,83 5.954,60 6.009,85 6.166,98 6.468,88 6.888,77 6.972,61 7.156,30 7.384,22 7.876,46
Uscite
5.411,28 5.547,92 5.868,73 6.181,45 6.335,82 6.815,14 6.958,89 6.882,05 7.004,08 7.311,74 7.300,44 7.602,92
Saldo
primario
-359,3 -152,47 -389,9 -226,85 -325,97 -648,16 -490.01 6,72 -31.47 -155,44 83,78 273,45
Fonte: Benedikter, T. (2009a) p 4, e dati CPT.
Un saldo primario positivo, cioè un residuo fiscale degno da nominare si registra appena dal 2006.
Prima L‟Alto Adige era un ricevente netto. In media il disavanzo dal 1996 al 2007 ammonta a -200
ml euro annui. In questo calcolo inoltre non vengono considerate due posizioni incisive per l‟Italia:
da una parte i finanziamenti UE e – come già rilevato – gli interessi passivi per il debito pubblico.69
69
Benedikter, T. (2009a) p 4. Per ulteriori approfondimenti vedi i cap dal 5.4.4.6 al 5.4.4.10 della versione tedesca che
qui abbiamo leggermente riassunto.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
307
5.4.4.6 Le Regioni autonome privilegiate
Le tabella 10 e 11 si basano su dati CPT e danno una visione su entrate, spese e saldi raffrontati con
i redditi pro capite nelle diverse Regioni, dal 2005 al 2007. Ordinando le Regioni secondo il saldo
pro capite si trovano confermate tutti i dati e le relative conclusioni finora prese.
Tab.10: Contribuenti netti: Saldo primario in confronto con il PIL pro capite per Regioni:–
media 2005-2007
mln euro euro per abitante Pil pro
capite 2007
Regione Entrate Spese Saldo Entrate Spese Saldo
Lombardia 156.164 -96.633 59.532 16.345 -10.114 6.231 33.300
Emilia-Rom. 63.449 -46.674 16.776 15.004 -11.037 3.967 31.746
Veneto 62.858 -45.523 17.336 13.146 -9.521 3.626 30.038
Lazio 82.773 -66.349 16.425 15.179 -12.167 3.012 30.162
Piemonte 60.259 -48.661 11.598 13.804 -11.147 2.657 28.366
Toscana 48.951 -40.308 8.643 13.429 -11.058 2.371 28.181
Marche 18.182 -15.524 2.657 11.811 -10.085 1.726 26.166
Friuli Ven. Giul. 16.896 -15.717 1.179 13.914 -12.943 971 29.065
Trentino Alto A. 14.463 -14.055 408 14.526 -14.115 410 30.573 (TN) 33.792 (BZ)
Liguria 20.621 -20.010 611 12.814 -12.434 380 26.630
Fonte: Centro Studi Unioncamere del Veneto (2009), p 39, Benedikter, T. (2009): Rettung eines Privilegs, SWZ, p 4,
sulla base di dati del Dipartimento delle Politiche di Sviluppo. – Ministero dello Sviluppo Economico, esaminato e
rielaborato dall‟autore.
Si può constatare chiaramente che le Regioni più ricche del nord, seguite da quelle del centro, e cioè
quelle con i redditi pro capite più alti, sono nel contempo quelle che annoverano un alto saldo attivo
e pertanto costituiscono i contribuenti netti. Come avevamo già potuto evincere da una simile
tabella (Tab.5) dell‟Unioncamere, i maggiori contribuenti sono i cittadini della Lombardia, seguiti
da quelli della Emilia Romagna, del Veneto, del Lazio, del Piemonte, della Toscana e delle Marche.
Poi seguono le eclatanti eccezioni: le due Regioni del nord, il Friuli Venezia Giulia e il Trentino-
Alto Adige, sono quelle autonome e danno nell‟occhio con altissimi redditi pro capite ma un
bassissimo – sebbene positivo residuo fiscale. L‟Alto Adige addirittura segna il secondo più alto
reddito pro capite dell‟Italia.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
308
Come riceventi netti invece si rivelano esclusivamente Regioni del sud con un basso reddito pro
capite, con una vistosa eccezione: La Regione autonoma e del nord, la Valle D‟Aosta – con uno dei
massimi redditi pro capite – si annovera, per quanto riguarda i saldi tra le Regioni più povere e
riceventi.70
Tab.11: Riceventi: Saldo primario in raffronto con il PIL pro capite, per Regioni– media
2005-2007
Mln Euro
euro per abitante
PIL pro
capite 2007
Regione Entrate Spese Saldo Entrate Spese Saldo
Abruzzi 12.854 -12.910 -56 9.790 -9.832 -43 21.185
Umbria 10.018 -10.198 -179 11.448 -11.653 -205 24.450
Campagna 44.688 -49.899 -5.211 7.708 -8.607 -899 16.687
Puglie 30.405 -35.735 -5.330 7.466 -8.775 -1.309 17.264
Molise 2.746 -3.257 -510 8.565 -10.157 -1.592 19.594
Aosta 2.030 -2.230 -201 16.248 -17.854 -1.605 33.828
Sardegna 15.252 -18.454 -3.201 9.817 -11.115 -1.928 20.129
Basilicata 4.563 -5.857 -1.293 7.707 -9.891 -2.184 18.572
Sicilia 38.080 -49.186 -11.106 7.584 -9.796 -2.212 17.023
Calabria 14.990 -19.682 -4.692 7.482 -9.824 -2.342 16.810
Fonte: Centro Studi Unioncamere del Veneto (2009) p 39, esaminato e rielaborato dall‟autore.
La sproporzione si lascia rappresentare ancora più palesemente col contributo pro capite degli
abitanti delle varie Regioni alla spesa pubblica: Ogni abitante della Lombardia contribuisce
annualmente con 6.231 euro, quello dell‟Emilia-Romagna con 3.967 euro, e quello del Veneto con
3.626 euro. Gli abitanti delle province di Bolzano e Trento invece contribuiscono, anche se si
escludono le obiezioni espresse al metodo di calcolo, al massimo con 410 euro, nonostante che
quelli di Bolzano raggiungessero il reddito pro capite più alto in Italia, fatta eccezione della Valle
d‟Aosta che occupa il primo posto.
Se si raggruppano le Regioni per le aree geografiche nord, centro e sud e si differenziano quelle con
statuto ordinario da quelle con statuto speciale si presenta il seguente quadro: tutte le Regioni
ordinarie insieme hanno un saldo primario positivo di 2.319 euro pro capite. Quelle sempre
ordinarie ma solo del nord presentano un saldo primario di 4.374 euro pro capite, mentre le speciali
del nord solamente di 594 euro, il Trentino Alto Adige di 410 euro. Si trovano al vertice per quanto
riguarda la loro ricchezza, ma nel loro contributo per il finanziamento della mano pubblica
solamente al centro, commenta Benedikter che conclude: se l‟Alto Adige fosse equiparato al
Veneto ogni abitante dovrebbe contribuire, non con 410 euro annui ma con 3.626 euro. Calcolato
70
Per ulteriori approfondimenti confronta la versione tedesca.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
309
sul numero attuale degli abitanti il contributo complessivo della provincia accrescerebbe di 1,6 Mld
di euro.
Tab.12: Raffronto nord-sud e Regioni autonome: Saldo primario, complessivo e pro capite
per aree - media 2005-2007
Millioni Euro euro per abitante PIL pro
capite 2007 Regioni Entrate Spese Saldo Entrate Spese Saldo
Regioni
ordinarie
633.523 -517.219 116.304 12.632 -10.313 2.319
R. ord.
Nord
363.352 -257.501 105.852 14.807 -10.493 4.314
R. ord.
Centro
159.924 -132.379 27.546 13.891 -11.499 2.393
R. ord.
Sud
110.247 -127.340 -17.093 7.819 -9.032 -1.212
Regionen
speciali
86.722 -99.642 -12.920 9.618 -11.051 -1.433
Reg.Speciali
Nord
33.389 -32.002 1.387 14.300 -13.706 594
Reg. Speciali
Sud
53.332 -67.640 -14.308 7.982 -10.123 -2.141
Italia 720.245 -616.861 103.384 12.173 -10.426 1.747 25.862
Mittel- u.
Norditalien
556.666 -421.881 134.785 14.502 -10.990 3.511
Italia
sud
163.579 -194.980 -31.401 7.872 -9.383 -1.511 17.552
Fonte: Centro Studi Unioncamere del Veneto (2009) p 39, , esaminato e rielaborato dall‟autore.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
310
5.5 Gli effetti del federalismo fiscale sul finanziamento delle
autonomie
5.5.1 Il finanziamento dell‟autonomia prima del federalismo fiscale
5.5.1.1 Le entrate della Provincia per oltre l‟88 % devoluzioni di tasse statali
Nucleo centrale di ogni autonomia è la sua sufficiente copertura finanziaria. L‟autonomia
finanziaria di un ente pubblico si esprime nella facoltà di poter decidere liberamente le proprie
entrate e nello specifico le entrate tributarie e di gestire in autonomia le proprie spese. La Regione e
le Province autonome non godono – a parte piccole quantità – di potestà fiscale. I cittadini pagano
gran parte delle tasse allo Stato. La maggior parte degli introiti della Regione e delle Provincie
autonome consistono in finanziamenti da parte dello Stato.71
Il bilancio preventivo della Provincia di Bolzano per l‟anno 2009, l‟ultimo prima dell‟entrata in
vigore del federalismo fiscale, si aggirava intorno ai 5.424,9 Mln di euro, dei quali 430 Mln erano
pure partite di giro. Le effettive entrate della Provincia si componevano come segue:
4.030,90 Mln euro 80,7 % Entrate fiscali e contributive
94,2 Mln euro 1,9 % Entrate patrimoniali
407,4 Mln euro 8,2 % Residui del 2007 e 2008
462 Mln euro 9,2 % Assegnazioni da Stato, Regione e UE
0,4 Mln euro 0 % Mutui
__________________________________________ _____________________________________
4.994,90 Mln 100 % Entrate e uscite effettive
Delle entrate fiscali e contributive di 4.030,90 Mln di euro, solamente 470,1 Mln e cioè l‟11,7 %
derivano da fonti provinciali, mentre 3.560,8 Mln (88,3 %) da devoluzioni da parte dello Stato. 72
5.5.1.2 Il sistema finanziario dal 1948 al 1972: risorse modeste
In base allo Statuto di autonomia del 1948, la Provincia aveva a disposizione solo poche fonti di
finanziamento, che inoltre erano anche piuttosto scarse. La Provincia si trovava, anche a causa alla
71
Bonell, L./ Winkler, I. (2010) p 68. 72
Provincia Autonoma di Bolzano, ripartizione Finanze e Bilancio.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
311
mancata autorizzazione ad imporre tributi propri, in una totale dipendenza finanziaria dallo Stato e
dalla Regione. I bilanci della Provincia erano di dimensioni molto modeste, così come lo erano le
competenze. Di gran lunga più consistente era la dotazione finanziaria della Regione, che a quei
tempi era titolare della maggior parte e delle più importanti competenze autonome.73
5.5.1.3 Dal 1972 al 1989: Dalla partecipazione fiscale alle spese dello Stato
Con il nuovo Statuto di autonomia del 1972 tante competenze vennero trasferite sia dallo Stato che
dalla Regione alle due Province. In questo contesto venne anche potenziata la dotazione finanziaria
delle Province e ridotta quella della Regione. Col nuovo ordinamento finanziario non è però stato
sostanzialmente cambiato il tipo di finanziamento che resta di tipo derivato. È stata però eliminata
la precedente dipendenza finanziaria della Provincia dalla Regione, al cui posto è subentrato lo
Stato. In virtù delle nuove norme statutarie la dotazione finanziaria della Provincia era formata
principalmente dalla compartecipazione al gettito di imposte e tasse erariali percetto di regola nel
territorio della Provincia. La quota di compartecipazione era in parte ancorata nello Statuto (quota
fissa), in parte doveva essere concordata annualmente di concerto fra il Presidente della Provincia
ed il Governo (quota variabile).
Una riforma del sistema fiscale in Italia mise però in crisi questo sistema.74
Vennero abolite una
serie di imposte, alle quali partecipavano le due Province. La parte fissa perse sempre più
d‟importanza, il bilancio dipendeva sempre più dalla quota variabile. I mezzi non bastarono più per
far fronte agli impegni. E così si passò dalla partecipazione alle tasse alla partecipazione alle spese
dello Stato.
Fino al 1989 pertanto le Province di Trento e di Bolzano si finanziavano partecipando alle spese,
con un parametro che si riferiva proporzionalmente alla loro popolazione ed estensione territoriale
(per la Provincia di Bolzano l‟1,61% quale media aritmetica dello 0,76% della popolazione della
Provincia e del 2,46% del suo territorio rispetto alla popolazione ed al territorio dello Stato).75
5.5.1.4 Dal 1989 una partecipazione del 70 al 90 % al gettito fiscale del territorio
Con legge dello Stato del 30 novembre 1989, n. 386, il finanziamento dell'autonomia venne
collocato su un nuovo fondamento. I relativi articoli nel titolo VI dello Statuto di autonomia (art.
69-86 Statuto) vennero modificati.76
In conformità alla nuova disciplina le Province ricevono circa
il 70 a 90% dei tributi e delle tasse riscosse nel loro territorio, di cui una parte modesta va alla
73
Bonell, L./ Winkler, I. (2010) p 69. 74
Legge no. 825, del 09.10.1971. 75
Bonell, L./ Winkler, I. (2010) p 70-72 76
Per queste parti, lo Statuto stesso prevede la possibilità di modifica con legge statale ordinaria (art.104 Statuto).
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
312
Regione. Accanto a queste entrate derivanti dall'imposizione fiscale statale vi sono anche tasse
regionali e provinciali di modesta entità.
Le disposizioni finanziarie del 1989 assicurarono alle autonomie notevoli entrate. La nuova
disciplina era inoltre molto più corrispondente all'autonomia di quella antecedente. Una diretta
partecipazione all'imposizione fiscale e cioè alle entrate non significa una vera e propria autonomia
finanziaria (che dovrebbe comprendere il potere di decidere l‟imposizione fiscale), ma rappresenta
tuttavia un passo in avanti in confronto alla disciplina precedente, che prevedeva principalmente
una partecipazione alle uscite dello Stato. I finanziamenti avvennero ancora in base ad una quota
fissa ed una quota variabile. Secondo la nuova disciplina i trasferimenti su base fissa ammontarono
però all'85% mentre quelli su base variabile solamente al 15% dei trasferimenti finanziari statali.
Con l‟avvenuto aumento della quota fissa vennero assicurati una maggiore stabilità e autonomia ed
un minore margine discrezionale, che permettevano di pianificare meglio il bilancio provinciale.
Al fine di prestare il proprio contributo per il risanamento delle finanze pubbliche, le Province si
sono fatte carico di nuovi compiti dello Stato (insegnanti, motorizzazione, viabilità ecc.)77
ed è
previsto che si faranno carico di ulteriori compiti in futuro, nell‟attuazione del federalismo fiscale,
come vedremo più avanti.78
5.5.2 Il finanziamento dell‟autonomia dopo il federalismo fiscale
5.5.2.1 Il federalismo fiscale richiede il contributo di solidarietà anche dalle autonomie
speciali
Avvincente si presenta il finanziamento futuro delle autonomie speciali alla luce del nuovo
federalismo fiscale perché il Governo deve recuperare i mezzi per il fondo di solidarietà per il
Sud.79
La nuova legge delega sul federalismo fiscale (L. 42/2009) prevede infatti, che anche le
Regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano devono partecipare al
federalismo fiscale: Esse devono concorrere al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di
solidarietà ed all'esercizio dei diritti e doveri da essi derivanti, nonché al patto di stabilità interno e
all'assolvimento degli obblighi posti dall'ordinamento comunitario, cosi sancisce l‟articolo 27 della
legge sul federalismo fiscale.80
77
Peterlini, O. (2007a, de) p 74-76. 78
Per ulteriori apprendimenti vedi la versione tedesca p 260-262. 79
Sul federalismo fiscale e le autonomie speciali cfr. anche: Woelk, J. (ed) (2010). 80
Legge 5 maggio 2009, n. 42., GU 6 maggio 2009.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
313
5.5.2.2 Le norme di attuazione e un tavolo devono definire i criteri
La legge prevede però il rispetto degli statuti speciali e una procedura speciale. A differenza delle
Regioni ordinarie, i criteri e le modalità per le speciali sono stabiliti da norme di attuazione dei
rispettivi Statuti. Questo rappresenta una forte garanzia. Le procedure da applicare infatti, previste
dagli Statuti medesimi, prevedono che le norme di attuazione siano emanate sulla base di pareri e
proposte espressi dalle commissioni alle quali partecipano in forma paritetica i rappresentanti delle
Autonomie locali, che per il Trentino Alto Adige è la cosiddetta commissione dei 12 (art. 107
Statuto). Per il resto d‟Italia l‟attuazione avviene tramite delega al Governo, senza tali garanzie. I
relativi decreti legislativi e le norme di attuazione per le speciali, devono essere emanate entro il
termine di ventiquattro mesi dall‟entrata in vigore della legge, e cioè entro il 21 maggio 2011.
Anche per le speciali è previsto il principio del graduale superamento del criterio della spesa storica.
Ciò significa che anche le spese delle Autonomie speciali devono gradualmente superare quello che
storicamente avveniva fin d‟ora a favore dei nuovi obiettivi:
- del fabbisogno standard per il finanziamento dei livelli essenziali (di cui all'articolo 117,
secondo comma, lettera m), della Costituzione), e delle funzioni fondamentali (di cui all'articolo
117, secondo comma, lettera p), della Costituzione);
- della perequazione della capacità fiscale per le altre funzioni.
Fig. 48: Federalismo fiscale e Autonomie speciali
64
O.Peterlini: Föderalismus
Ausw.Sonderautonomien/Riflessi del
feder.su autonomie, EURAC Bozen
2008
Regioni e province autonomeRegioni e province autonome
(Art. 27)(Art. 27)
Concorrono al conseguimento degli obiettivi di Concorrono al conseguimento degli obiettivi di
perequazione e di solidarietperequazione e di solidarietàà
ModalitModalitàà stabilite da norme di attuazione dei rispettivi stabilite da norme di attuazione dei rispettivi
statuti, con le procedure ivi previstestatuti, con le procedure ivi previste
Tengono conto della finanza delle regioni, delle loro Tengono conto della finanza delle regioni, delle loro
funzioni e dei relativi oneri, degli svantaggi strutturali funzioni e dei relativi oneri, degli svantaggi strutturali
permanenti e del reddito pro capitepermanenti e del reddito pro capite
Partecipano alla solidarietPartecipano alla solidarietàà anche mediante lanche mediante l’’assunzione assunzione
di oneri, trasferendo o delegando loro funzioni statalidi oneri, trasferendo o delegando loro funzioni statali
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
314
Il contributo delle Autonomie speciali per il conseguimento degli obiettivi di perequazione sopra
citati, possono essere attuate, nella misura stabilita dalle norme di attuazione, anche mediante
l'assunzione di oneri derivanti dal trasferimento o dalla delega di funzioni statali alle medesime
Regioni a statuto speciale e province autonome ovvero da altre misure finalizzate al conseguimento
di risparmi per il bilancio dello Stato. Ciò significa che le Autonomie speciali, possono in parte,
invece di subire tagli ai finanziamenti anche assumere nuove funzioni dallo Stato a loro carico (art.
27, comma 3 L. 42/2009).
5.5.2.3 Le norme costituzionali permettono il cambiamento del regolamento finanziario
Come abbiamo già visto le norme di rango costituzionale dello Statuto che riguardano il
finanziamento possono essere cambiate con legge ordinaria dello Stato, previa intesa con le
Province e la Regione. Avvenne già nel 1989 e lo prevede lo stesso Statuto all‟articolo 104.
5.5.3 Il nuovo finanziamento del Trentino Alto Adige
5.5.3.1 Le autonomie di Bolzano e Trento trovano l‟accordo con lo Stato
L‟incombente attuazione del federalismo fiscale e l‟obbligo di dover partecipare al finanziamento
del fondo di solidarietà posero sotto pressione anche le autonomie speciali di Trento e di Bolzano. Il
30 novembre del 2009 si conclusero a Milano le loro trattative con il Governo.81
I Ministri Giulio
Tremonti e Roberto Calderoli per il Governo, e i Presidenti Luis Durnwalder, Presidente della
Regione e della Provincia autonoma di Bolzano, e Lorenzo Dellai quale Presidente della Provincia
di Trento, siglarono l‟accordo per un riassetto del finanziamento dell‟autonomia per l‟attuazione del
federalismo fiscale.82
In data 1 gennaio 2010 entrò in vigore il nuovo sistema di finanziamento della Regione Trentino
Alto Adige/Südtirol e delle due Province. In base all‟accordo tra gli stessi enti e il Governo, il
Parlamento riformò il Titolo VI (articoli 69-83) dello Statuto di Autonomia,83
adeguandolo agli
obiettivi di perequazione e solidarietà stabiliti dalla legge sul federalismo fiscale (dall‟articolo 27, in
attuazione dell‟articolo 119 della Costituzione). 84
Questo Titolo VI riformato dello Statuto, infatti,
può essere modificato (a differenza delle altre parti) da una legge ordinaria, un provvedimento cioè
dello Stato, di natura non costituzionale, però "rinforzata" dall‟obbligo di intesa preventiva con gli
enti autonomi. Spetta alla Commissione dei 12 elaborare le norme di attuazione conseguenti alle
81
Accordo tra lo Stato, le Province autonome e la Regione Trentino Alto Adige del 30.11.2009. 82
Provincia Autonoma di Bolzano, Comunicati stampa, del 30.11. e 1.12.2009. 83
Con Legge finanziaria 2010, L 191, 23.12.2009, art 2, commi 96-115. 84
Legge Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, 5 maggio 2009, no. 42.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
315
modifiche dello Statuto per concretizzare la revisione degli assetti finanziari. L‟accordo prevede un
risparmio per lo Stato di circa 1.500 milioni annui.
Le Province e la Regione però hanno evidenziato da parte loro anche i vantaggi dell‟accordo che
garantisce pagamenti certi, eliminando i ritardi nell‟erogazione e le incognite legate alla quota
variabile che nel passato era da trattare da anno in anno. Le Province si vedranno innanzitutto
estendere il principio del ritorno di 9/10 su tutto il gettito fiscale del relativo territorio, anche sulle
voci finora non previste. Sarà inoltre garantito il recupero di parte degli arretrati con rate annuali.
Le Province assumono inoltre nuove competenze delegate e oneri per servizi dello Stato. I bilanci
annuali delle due Province si aggirano attorno ai 5 miliardi di euro, quello della Regione attorno a
470 milioni.
5.5.3.2 Le rinunce della Provincia
Le seguenti stime si riferiscono alla Provincia di Bolzano. Secondo queste stime la Provincia dovrà
rinunciare alle seguenti voci, che spariranno per tutte e due le Province: 85
- la somma sostitutiva dell'Iva all'importazione (337 milioni);
- la quota variabile (301 milioni €);
- la possibilità di partecipare alle leggi di riparto nazionali (leggi di settore, 62 milioni), ad
eccezione dei fondi comunitari.
5.5.3.3 Nuovi compiti per le Province, ma a proprio carico
Il nuovo modello finanziario conferma il concorso finanziario della Provincia al riequilibrio della
finanza pubblica mediante l‟assunzione di oneri relativi all‟esercizio di funzioni statali, anche
delegate, definite d‟intesa con il Ministero dell‟Economia e delle Finanze, nonché con il
finanziamento di iniziative e di progetti per i territori confinanti. La somma complessiva a bilancio
è di 100 milioni, a decorrere dal 2010: deleghe sono previste per la gestione della cassa
integrazione, la disoccupazione e la mobilità, nonché l‟assunzione da parte delle Province degli
oneri per le Università e per la Provincia di Bolzano delle trasmissioni di lingua tedesca e ladina
della Rai di Bolzano, degli oneri del Conservatorio, della spedizione e recapito delle Poste ed al
finanziamento di strutture di competenza dello Stato (come il carcere di Bolzano).
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
316
5.5.3.4 I vantaggi per la Provincia
Per contro la Provincia si vedrà innanzitutto estendere il principio del ritorno della partecipazione
dei 9/10 del gettito anche alle voci finora non previste:
- le accise per gasolio per il riscaldamento (stimata in 23 milioni), prima solamente per trazione,
- l'IVA sui prodotti importati, limitatamente a quelli per il territorio provinciale, calcolato ora sul
rapporto tra consumi nazionali e provinciali (147 milioni in più),
- l'imposta in - quanto prevista86
– su tutte le assicurazioni dei residenti, anche se stipulate con
compagnie fuori dal territorio provinciale (21 milioni di maggiori entrate), prima solamente
sulle RC Auto,
- il contributo sanitario sui premi assicurativi, non verrà più versato al fondo nazionale (15,5
milioni),
- l'imposta sui giochi (21,8 milioni),
- IRES e imposte sostitutive su rendite finanziarie (incremento di 75 milioni all'anno) con la
regionalizzazione del gettito nel rapporto tra PIL locale e nazionale.
L‟estensione della base sulla quale la Provincia parteciperà al 90 % viene stimata in totale di oltre
303 milioni €.
Previsto anche il rimborso annuale delle funzioni delegate:
- i costi parziali della scuola (250 milioni €), di un costo totale di 400 milioni,
- le altre funzioni delegate (50 milioni per strade, motorizzazione, lavoro, catasto).
Tirando le somme si può registrare un aumento delle entrate per circa 600 milioni di euro.
Lo Stato inoltre ha sbloccato la corresponsione degli arretrati delle quote variabili, che inizieranno
ad essere pagati con rateizzazione a partire dal 2010:
- gli arretrati sempre della scuola (100 milioni), per 25 anni,
- rate annuali di 100 milioni di euro per 10 anni.
85
Le stime qui riportate si riferiscono alla Provincia autonoma di Bolzano, Comunicato stampa dell‟ 1.12.09,
approfondito dal‟autore in contatto con la ripartizione Finanze e Bilancio della Provincia. 86
Solamente sulle polizze vita non sono previste tasse in Italia.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
317
Sono inoltre stabiliti tempi certi per l‟erogazione, in tranche, delle somme spettanti, con notevoli
vantaggi in termini di programmazione di bilancio e inoltre lo stesso Patto di stabilità verrà
calcolato a saldo anziché sulle previsioni di spesa.
5.5.3.5 Il bilancio
Secondo i calcoli della Provincia, le minori entrate sono stimate con 800 milioni annui verso le
maggiori entrate di 600 milioni, con un saldo negativo di 200 milioni. Con le rate per gli arretrati
però queste minori entrate vengono riassorbite almeno per i prossimi anni.
Con queste misure è stato recuperato, secondo la Provincia, lo spirito originario dello Statuto,
togliendo le incognite legate alla quota variabile e portando certezze sulle entrate.
L'accordo complessivo potrà essere modificato solo d'intesa fra le parti, ponendo quindi le finanze
provinciali al riparo da eventuali altre richieste di rinegoziazione da parte dello Stato con le
prossime Finanziarie. Ulteriori punti qualificanti del nuovo modello finanziario sono da un lato il
rafforzamento dell'autonomia tributaria, con l‟ampliamento dei margini di operatività della
Provincia (variazione delle aliquote, deduzioni, agevolazioni ed esenzioni), anche sui tributi
compartecipati, e conseguente possibilità di ridurre od incrementare l‟imposizione in base alle
politiche fissate a livello locale, rispettando la soglia massima statale; dall'altro la certezza che il
contenimento degli obiettivi della finanza pubblica verrà determinato dalla Provincia, che a cascata
diventa responsabile di definire e monitorare gli obiettivi degli altri enti locali sul territorio.
Un palese contrasto con l‟accordo
Rimane aperto il palese contrasto con l‟accordo che prevede un risparmio per lo Stato pari a 1.000
milioni annui sul saldo netto da finanziare e circa 500 milioni sull‟indebitamento netto, secondo il
punto 8 dell‟accordo). Recita verbalmente l‟accordo firmato il 30 novembre 2009: I contenuti
dell‟accordo sono trasfusi in specifiche disposizioni legislative che comportano effetti finanziari
positivi a decorrere dall‟anno 2010 pari a circa 1.000 milioni annui sul saldo netto da finanziare e
circa 500 milioni annui sull‟indebitamento netto.87
Questo significherebbe che ogni provincia (in
senso territoriale includendo la Regione) dovrebbe rinunciare a ca 750 mln annui. Million
La Commissione dei 12 deve preparare le norme di attuazione allo Statuto riformato in materia, che
devono recepire l‟accordo e sarebbero dovute essere emanate entro sei mesi dall‟entrata in vigore
della legge sul federalismo fiscale.88
Solo in futuro si potrà giudicare se il nuovo assetto finanziario
manterrà quello che promette e se lo Stato adempierà più puntualmente i suoi obblighi.
87
Accordo finanziario del 30. 11. 2009.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
318
Il problema del debito pubblico
Un problema si pone all‟orizzonte immediatamente dopo la chiusura finanziaria: l‟elevato debito
pubblico dell‟Italia costringe il Governo alla luce dei criteri di Maastricht a misure di contenimento
della spesa pubblica. Il debito pubblico ammontava nel mese di aprile 2010 ad oltre € 1800 mld di
euro, il rapporto debito/PIL nel 2009 era del 115,8 per cento89
. Senza un intervento, il rapporto tra
il debito e il PIL era previsto a crescere di 2,6 punti, al 118,4 per cento.90
Il Governo, il 25 maggio 2010 approvò un pacchetto di tagli sulla spesa e di incrementi di entrata,
sotto forma di decreto d‟urgenza, che nel mese di luglio 2010, contro la protesta unanime di tutte le
Regioni d'Italia, fu ratificato dal Parlamento.91
La manovra prevede una riduzione del disavanzo
tendenziale che giunge a 25 miliardi nel 2012, di cui 15 derivanti dalla riduzione delle spese e 10
dall‟aumento delle entrate. Gli interventi sulle spese riguardano principalmente: la finanza
decentrata, e cioè le Regioni e gli Enti locali, le pensioni, il pubblico impiego e le dotazioni dei
ministeri; quelli sulle entrate si concentrano nel contrasto all‟evasione fiscale.
Le spese per le Regioni, Province e Comuni saranno ridotte per ben 8,5 miliardi di euro annui (dal
2012), di cui un miliardo di euro a scapito delle Autonomie speciali.92
Se e in che misura tali
risparmi riguardano anche il Trentino e l‟Alto Adige, non è ancora possibile valutarlo, in quanto le
trattative per un accordo finanziario in senso di federalismo fiscale, con le altre Regioni autonome
non hanno ancora avuto luogo, anche se il Governo e il Trentino-Alto Adige avevano già concluso.
88
Accordo finanziario del 30. 11. 2009. 89
Banca d‟Italia. 90
Banca d‟Italia, Audizione in Senato 10.6.2010. 91
Decreto legge, 31 maggio 2010, n. 78, convertito con Legge del 30 luglio 2010, n. 122. 92
Per il 2011 la riduzione per le autonomie speciali è di 500 milioni, art. 14 D.L. 78/2010.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
319
5.6 Conclusioni politico-economiche sul federalismo fiscale
Il nuovo modello italiano sembra posizionarsi tra due poli contrapposti: da un lato il federalismo
competitivo, dall‟altro il federalismo cooperativo. Entrambi i sistemi sono diffusi ed applicati in
Europa, vengono però anche messi fortemente in discussione e si trovano in una fase di evoluzione.
5.6.1.1 Federalismo competitivo o cooperativo?
In Svizzera il sistema fiscale e tributario è uno dei pilastri dell‟articolazione federale dello Stato.93
La possibilità di poter decidere sulle aliquote fiscali è un‟importante conquista della democrazia
diretta. Anche se i liberali della FDP considerano il federalismo fiscale e la competizione fiscale un
obiettivo principale dell‟orientamento politico, è comunque intervenuta una discussione sulle
debolezze di tale sistema.
In Germania trova invece applicazione il sistema del federalismo cooperativo.94
Attraverso un
sistema perequativo generoso e soprattutto orizzontale si tenta di appianare la differenza tra est e
ovest, tra le Regioni più povere e quelle più facoltose.95
Entrambi i sistemi hanno – come spesso avviene – punti forti e punti deboli. I sostenitori della
competizione fiscale sottolineano, come la competizione tra i Cantoni sia in grado di aumentare
l‟efficienza, sappia tener in considerazione i desideri e le esigenze dei cittadini, sia utile per
impedire un inutile ed esasperato statalismo e sappia circoscrivere la spesa pubblica attraverso una
competizione sui costi. Questo sistema comporterebbe – secondo l‟opinione di alcuni – sul lungo
periodo una riduzione dell‟imposizione fiscale con benefici anche per la competitività dei settori
produttivi. La concorrenza fiscale eserciterebbe, inoltre, una funzione tampone sulle partecipazioni
statali ed aumenterebbe l‟efficienza dei servizi pubblici. Tutto ciò avrebbe, in ultima istanza, degli
effetti positivi per i processi innovativi, effetti sconosciuti ai sistemi tributari a direzione
centralistica.96
I critici invece lamentano una scarsa considerazione del sistema concorrenziale, nei confronti delle
esigenze di redistribuzione e della solidarietà sociale, portando in ultima istanza ad un progressivo
rafforzamento delle Regioni ricche e ad un impoverimento di quelle già povere.97
. La corsa al
ribasso delle aliquote fiscali avrebbe inoltre come conseguenza una riduzione dei compiti statali e
comunali, e fungerebbe inoltre come un incentivo ai cambi di residenza, con conseguente elusione
fiscale e creazione di cartelli fiscali.
93
FDP Die Liberalen (2007). 94
Kommission von Bundestag und Bundesrat zur Modernisierung der bundesstaatlichen Ordnung (2004). 95
Palermo, F./ Woelk, J (2005) p 146 pp 96
Seer, R. (2006).
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
320
5.6.1.2 La perequazione in Germania
L‟Italia, divisa in un ricco nord ed un povero sud, si pone sostanzialmente le stesse domande che si
sono posti i tedeschi dopo la caduta del muro. La Germania ha optato per il modello del
"federalismo cooperativo", nonostante si fosse trovata a doversi confrontare con una situazione
profondamente cambiata: prima della riunificazione la perequazione operava solamente tra i Länder
occidentali, che erano tutti collocati su simili livelli di sviluppo. La capacità tributaria dei Länder
dell‟est invece ammonta all‟incirca al 40% della media nazionale. I trasferimenti finanziari si
concentrano di conseguenza in via quasi esclusiva (90%) sui Länder orientali. Assieme alle risorse
stanziate dallo Stato centrale, l‟importo totale dei trasferimenti ovest-est ammontava, nel 2005, a 83
miliardi di Euro, che corrisponde al 4% del prodotto interno lordo tedesco. Circa un terzo di queste
risorse derivano dal sistema perequativo federale. La metà delle somme impiegate ricadono invece
sui transfer di natura sociale. Accanto al sistema perequativo la Germania ha, inoltre, puntato –
almeno in una fase transitoria – sui vantaggi di competitività presenti in alcune zone dell‟est,
incentivando attivamente l‟insediamento di attività produttive e intervenendo direttamente sul cuneo
fiscale, in accordo con le parti sindacali. Il pacchetto straordinario per l‟est (Aufbauhilfe Ost) trova
un‟ulteriore fonte di finanziamento nella c.d. "addizionale di solidarietà", una tassazione
supplementare riscossa nei Länder occidentali. I nuovi Länder tedeschi presentano notevoli
incentivi alle attività di natura economica ed industriale: sgravi fiscali e sovvenzioni dirette a
sostegno degli investimenti.98
Tutto questo quadro ha messo in moto una competizione tra le varie
realtà in termini di competitività, che si discosta dal sistema perequativo meramente cooperativo.99
5.6.1.3 Tante incognite per il modello italiano
Quanto il modello italiano sia più vicino al modello competitivo o a quello cooperativo, sarà
possibile affermarlo solo dopo l‟approvazione dei decreti attuativi. In sostanza dipenderà dall‟entità
della quota che verrà riservata ai tributi autonomi delle Regioni, nonché delle imposte che potranno
essere fissate dai Comuni e, infine, dall‟ammontare dei trasferimenti in sede perequativa a favore
delle prestazioni legati ai diritti fondamentali civili e sociali. Bisognerà inoltre attendere l‟entità dei
finanziamenti aggiuntivi dello Stato per la perequazione economico-sociale a favore di determinate
Regioni. Rimane quindi senza risposta la domanda, se ed in quanto la perequazione fiscale diventi
un mero sistema di sovvenzioni, comportando quindi una decadenza dell‟efficienza delle
prestazioni delle Regioni meridionali, oppure se la competizione fiscale sarà in grado di stimolare
97
Vereinte Dienstleistungsgewerkschaft „ verdi“ (2007), anche in Peterlini, O. (2007) p 77. 98
Finke, B. (2007), lettera, cfr. 8.1.2 Archivi, media, documenti e fonti.
5 Federalismo fiscale e effetti sulle autonomie
321
un‟economia più produttiva anche nelle Regioni del sud. Senza ombra di dubbio il sistema fiscale
può rappresentare un incentivo importante, ma non può assurgere a diventare l‟unico strumento per
superare e risolvere i problemi strutturali del sistema economico italiano.100
Bisogna inoltre tener
presente che la Germania impiega solamente la metà delle proprie risorse per il riequilibrio sociale,
mentre l‟altra metà viene destinata allo sviluppo economico. L‟Italia si limiterebbe invece, secondo
la legge, ad effettuare dei meri transfer a favore delle funzioni fondamentali.101
99
Spaeth, R.. (2006). 100
Sulla riforma costituzionale e la devolution cfr. tra altri: Balboni, E. (2003), Gambino, S. (2003). 101
Peterlini, O. (2008 it) p 78-81.
6 Altri progetti verso il Federalismo
323
6 Altri progetti verso il federalismo e un
Senato federale 6.1 La fallita riforma costituzionale del Centrodestra del 2005
6.1.1 Gli obiettivi della Lega e il Centrodestra
Dopo le elezioni per il Parlamento del 2001, vinte da Berlusconi con la sua coalizione, la
maggioranza di Centrodestra intraprese un nuovo tentativo per riformare la Costituzione. Gli sforzi
tuttavia dovettero fare i conti con le tensioni e con le idee divergenti tra i diversi partner della
coalizione di Governo: 1
- da un lato la Lega Nord, che persegue il modello di uno Stato federale;
- dall„altro lato i partiti centralistici Alleanza Nazionale e Forza Italia, che miravano ad un
rafforzamento dello Stato centrale.
Il risultato fu una legge costituzionale,2 che da un lato prevedeva l‟introduzione di un timido
federalismo (devolution) ed il trasferimento di alcune nuove competenze alle Regioni, ma che al
tempo stesso reintroduceva il principio dell„ “interesse nazionale“ e restituiva alcune competenze
delle Regioni allo Stato centrale.3 Il progetto di legge prevedeva, inoltre, un rafforzamento della
posizione del Presidente del Consiglio e un indebolimento del Parlamento. Il Senato fu chiamato
"federale", ma la sua elezione continuava ad avvenire con il vecchio sistema, anche se era prevista
l‟aggiunta dei delegati delle Regioni senza diritto di voto.
L„iter iniziò nell„ottobre del 2003 al Senato con un disegno di legge del Governo (A.S. 2544,
Berlusconi, Fini, Bossi, Buttiglione). Dopo la prevista doppia lettura del medesimo testo da parte di
entrambi i rami del Parlamento, la Camera approvò il disegno di legge con maggioranza assoluta
dei suoi membri nella seduta del 20 ottobre 2005, e così anche il Senato a maggioranza assoluta
nella seduta del 16 novembre 2005 (con i soli voti del Centrodestra).4
1 Sui progetti di riforma del Centrodestra cfr. anche: Vassallo, S. (2005) p 140-159, Bull, M. (2007) p 123-142.
2 Testo di legge Costituzionale/ Verfassungsentwurf 2005.
3 Col termine Devolution si fa riferimento al decentramento in Gran Britannia, cfr. Parolari, S. (2008), nonché per
l‟Italia, la Francia, la Spagna, la Gran Britannia e il Belgio: Caciagli, M. (2006) p 21-48. 4 Testo di legge Costituzionale/ Verfassungsentwurf 2005.
6 Altri progetti verso il Federalismo
324
Tuttavia, il progetto di legge costituzionale venne rigettato dal referendum popolare del 25 e 26
giugno 2006. Al referendum parteciparono il 52,3% degli elettori. Dei circa 26 milioni di voti
validi, il 38,68% risultò per il sì, mentre il 61,32% degli elettori decise di rifiutare la riforma.5
6.1.2 Il superamento del bicameralismo paritario
I due rami del Parlamento, la Camera dei Deputati e il Senato, sono secondo la Costituzione vigente
del tutto parificati nelle loro funzioni. La riforma costituzionale prevedeva un cambiamento di
questo "bicameralismo perfetto" (o meglio, "paritario"):
a) il progetto prevedeva una riduzione dei membri della Camera dei Deputati da 630 a 518 membri,
inclusi i 18 deputati eletti all„estero e i deputati a vita (figura riservata fino ad ora al Senato), di cui
al massimo tre di nomina presidenziale;
b) il Senato della Repubblica doveva invece diventare il "Senato Federale della Repubblica ". Al
posto degli attuali 315 Senatori esso doveva essere composto da 252 Senatori. Tuttavia, la
determinazione della composizione del Senato non avveniva, nel testo della riforma, ad opera delle
Regioni, come solitamente avviene con una camera regionale all„interno di uno Stato federale, bensì
seguendo il principio vigente della elezione diretta e quindi in modo analogo fino ad ora. L„unico
elemento di collegamento con le Regioni consisteva nella contemporaneità delle elezioni per il
Senato federale e delle elezioni regionali. Questa previsione intendeva sottolineare il carattere
regionale del Senato. Il progetto di riforma prevedeva, inoltre, la presenza di rappresentanti diretti
delle Regioni e delle Provincie autonome nonché delle autonomie locali, tuttavia senza diritto di
voto6;
c) le competenze tra Camera e Senato venivano così suddivise7:
la Camera dei Deputati si vedeva assegnare quasi tutte le attribuzioni di esclusiva competenza dello
Stato, e diventava l‟organo politico che esprimeva la fiducia nei confronti del Governo. Il Senato
federale, invece, doveva diventare competente per le materie per le quali la competenza legislativa
regionale è concorrente con quella dello Stato. Sono quindi materie in cui le Regioni detengono la
potestà legislativa, ma solo nel rispetto dei principi individuati dallo Stato, e quindi anche dal nuovo
Senato. Secondo la riforma, quindi, il Senato doveva circoscrivere e limitare le competenze delle
Regioni, invece di aspirare a diventare un organo di rappresentanza diretta nell„interesse delle
Regioni.
5 Referendum 2006.
6 Gli art.1-17 del progetto di riforma avrebbero dovuto sostituire gli art.55-69 della Costituzione, riguardanti la Camera
ed il Senato. 7 L‟art.14 modificava l‟art.70 della Costituzione e riformava l‟iter legislativo.
6 Altri progetti verso il Federalismo
325
Accanto a ciò erano previste una serie di materie, per le quali era ancorata l‟approvazione collettiva
di ambedue le Camere, come per esempio le leggi costituzionali, i livelli essenziali per i diritti civili
e sociali, la legislazione elettorale, gli organi degli enti locali, il potere sostitutivo e le direttive per
le politiche di bilancio e finanziarie eccetera.
6.1.3 Tendenze centralistiche
6.1.3.1 Rafforzamento del ruolo del Primo Ministro
Il ruolo del Primo Ministro, che doveva ricoprire la precedente carica di Presidente del Consiglio
dei Ministri, viene rafforzata. L‟art. 95, nella sua nuova formulazione, prevedeva il potere in capo al
Premier di determinare la politica generale del Governo (che prima veniva da lui solo “diretta”),
garantire l„unità di indirizzo politico e amministrativo (al posto di "mantiene") e dirigere l„attività
dei ministri (che prima veniva da lui solo "coordinata e promossa"). La denominazione del capo del
Governo cambiava da "Presidente del Consiglio" in "Primo ministro". La sua nomina doveva
essere direttamente collegata al risultato delle elezioni per la Camera dei Deputati.8 Lui aveva
l„esclusiva competenza per formare il Governo. Se la Camera dei Deputati sfiduciava il Premier o
se votava contro in un voto nel quale era stata posta la fiducia, la Camera dei Deputati veniva
sciolta. Solo la maggioranza parlamentare poteva, attraverso il voto di sfiducia costruttivo, impedire
lo scioglimento della Camera ma senza i voti determinanti dell„opposizione.9 Questo avrebbe
comportato una riduzione rilevante del ruolo del Parlamento nei confronti del Premier.
6.1.3.2 Il ruolo del Presidente della Repubblica
La riforma del Centrodestra prevedeva l‟elezione del Presidente della Repubblica attraverso una
"Assemblea della Repubblica" (simile al sistema vigente, ma allargata ai Presidenti delle Regioni).
Esso avrebbe continuato a rappresentare l„unità federale dello Stato e ad essere garante della
Costituzione. Le sue competenze dovevano essere limitate a favore del Premier. Eliminato, per
esempio, il suo potere di autorizzare il Governo a presentare disegni di legge, così come il suo
potere di nomina del Presidente del Consiglio, e la firma di alcuni decreti presidenziali.10
6.1.3.3 La Corte Costituzionale e il CSM
Anche l‟elezione e la composizione della Corte Costituzionale e del Consiglio Superiore della
Magistratura dovevano subire delle modifiche. In particolare rilevava il coinvolgimento dei
8 L‟art.30 avrebbe dovuto modificare l‟art.92 Cost.
9 L‟art.32 avrebbe dovuto modificare l‟art.94 Cost.
6 Altri progetti verso il Federalismo
326
rappresentanti regionali e delle Province autonome di Trento e Bolzano nell„elezione dei membri
determinati dal Senato federale.11
6.1.4 Le competenze e i loro limiti
6.1.4.1 La cosiddetta "Devolution"
Attraverso le modifiche al titolo V della Costituzione "Comuni, Province, Città metropolitane,
Regioni e Stato", 12
la Lega richiedeva e raggiunse di trasferire alcune nuove attribuzioni in via
esclusiva alle Regioni, in particolare:
o assistenza e organizzazione sanitaria;
o organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione, salva l‟autonomia
delle istituzioni scolastiche;
o definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione;
o polizia amministrativa regionale e locale.
Inoltre doveva essere conservata la clausola generale a favore delle Regioni (tutte le altre materie
che non sono espressamente riservate alla legislazione dello Stato). Al tempo stesso, però, la
riforma prevedeva il ri-trasferimento allo Stato di tutta una serie di competenze che la riforma
costituzionale del 2001 aveva trasferito alla competenza legislativa concorrente delle Regioni, come
per esempio:
a) promozione internazionale del sistema economico e produttivo nazionale;
b) tutela del credito e organizzazione del mercato;
c) norme generali sulla tutela della salute;
d) sicurezza e qualità dei generi alimentari;
e) sicurezza del lavoro;
f) grandi reti strategiche di trasporto e di navigazione di interesse nazionale;
g) ordinamento della comunicazione;
h) ordinamento delle professioni intellettuali, ordinamento sportivo nazionale;
i) produzione strategica, trasporto e distribuzione nazionale dell‟energia.
10
L‟art.22 avrebbe dovuto modificare l‟art.83 Cost. 11
L‟art.51 avrebbe dovuto modificare l‟art.135 Cost.
6 Altri progetti verso il Federalismo
327
Desta sorpresa come siano proprio quelle materie che attraverso la "devolution" finiscono nella
competenza delle Regioni a dover subire queste limitazioni. Questo avviene, per esempio, con
l‟assistenza e l‟organizzazione della sanità, che viene trasferita alle Regioni in via esclusiva, mentre
il bene generale della “tutela della salute” viene attribuita in via esclusiva allo Stato.
6.1.4.2 Il potere sostitutivo
La modifica dell„art. 120 della Costituzione prevedeva un inasprimento dell‟intervento sostitutivo,
che autorizza lo Stato ad esercitare le attribuzioni sia legislative che amministrative delle Regioni e
degli enti territoriali quando questi non rispettino determinati principi. Figuravano tra questi
principi l„unità dell„ordinamento legislativo, la salvaguardia delle prestazioni essenziali dei diritti
civili e sociali. Si aggiungono come nuovi i principi di leale collaborazione e sussidiarietà.13
6.1.4.3 L„interesse nazionale
L„art. 127 avrebbe reintrodotto il c.d. "interesse nazionale" come un limite meritorio della potestà
legislativa delle Regioni. Il Governo avrebbe potuto esigere da una Regione il ritiro di una legge nel
caso ritenga che questa pregiudichi l„interesse nazionale della Repubblica. Se il Consiglio regionale
non eliminava entro 15 giorni le cause del pregiudizio, il Governo avrebbe potuto impugnare la
legge di fronte al Parlamento a Camere riunite, il quale avrebbe potuto annullare a maggioranza
assoluta la legge della Regione.14
A tal proposito bisogna notare che l„interesse nazionale era stato abolito dalla riforma costituzionale
del 2001. La sua reintroduzione avrebbe comportato una sostanziale limitazione delle competenze
delle Regioni e poteva legittimamente essere ritenuto come uno strumento di accentramento.
6.1.5 L'intesa per la modifica degli Statuti speciali
Gli Statuti delle Regioni a statuto speciale avrebbero potuto essere modificati solamente d'intesa
con gli enti territoriali coinvolti (art. 116 del progetto di riforma costituzionale),15
naturalmente
sempre con legge costituzionale. Questo sarebbe stato una garanzia e un chiaro passo in avanti a
favore delle Regioni a statuto speciale, che è venuto a mancare a causa del Referendum e quindi la
12
L‟art.39 avrebbe dovuto modificare l‟art.117 Cost 13
L‟art.41 avrebbe dovuto modificare l‟art.120 Cost 14
L‟art.22 avrebbe dovuto modificare l‟art.127 Cost 15
L‟art.38 avrebbe dovuto modificare l‟art.116 Cost.
6 Altri progetti verso il Federalismo
328
caduta della riforma costituzionale. Un nuovo disegno di legge costituzionale depositato alla
Camera ed al Senato, e sottoscritto da tutti i Capigruppo dell'allora maggioranza di Centrosinistra,
intendeva reintrodurre la necessità dell‟intesa per la modifica degli Statuti speciali delle Regioni.
Con la caduta del Governo Prodi (2006-2008) venne a cadere anche il relativo disegno di legge del
Centrosinistra. I disegni di legge furono ripresentati nella nuova legislatura (dal 2008) ma attendono
una loro trattazione. L'iter per i pareri è stato avviato.16
6.1.6 L‟approvazione e la caduta al Referendum
L‟iter parlamentare iniziò nell‟ottobre 2003 in Senato con un ddl. del Governo (A.S. 2544,
Berlusconi, Fini, Bossi, Buttiglione). Dopo la prevista doppia lettura del medesimo testo da parte di
entrambi i rami del Parlamento, la Camera approvò il disegno di legge con maggioranza assoluta
dei suoi membri nella seduta del 20 ottobre 2005, e così anche il Senato a maggioranza assoluta
nella seduta del 16 novembre 2005 (con i soli voti del Centrodestra).17
Tuttavia, il progetto di legge costituzionale venne rigettato dal referendum popolare del 25 e 26
giugno 2006. Al referendum parteciparono il 52,3% degli elettori. Dei circa 26 milioni di voti
validi, il 38,68% risultò per il sì, mentre il 61,32% degli elettori decise di rifiutare la riforma.18
/19
“Uno spartiaque” lo hanno definito Bull e Pasquino. 20
La discussione sulle riforme istituzionali da
allora è determinata da tre elementi innovativi: Per primo il diniego referendario significa la fine
della idea della „Grande Riforma“ come l‟aveva lanciata Bettino Craxi nel 1979. L‟idea aveva
impregnato per tre decenni il dibattito istituzionale. Romano Prodi e il Centrosinistra
sottolinearono poi, che l‟unica opzione realistica fosse quella di affrontare la riforma pezzo per
pezzo.
In secondo luogo il Referendum ha marcato chiaramente la fine dei tentativi di riforma
costituzionale solitari. Già Massimo D‟Alema aveva iniziato nel 1999 con quella prassi, quando
ripresentò la proposta della sua Commissione bicamerale e la fece passare in Parlamento con i soli
voti del Centrosinistra. Nella campagna referendaria contro la riforma Berlusconi/Calderoli la c.d.
„Devolution“, il Centrosinistra ammise il suo errore e promise di voler cambiare l‟articolo 138
della Costituzuione per prevedere un quorum maggiore (a quello della maggioranza assoluta dei
parlamentari) per l‟approvazione di leggi costituzionali. In terzo luogo il Referendum escluderebbe
16
Senato, Ddl Cost.Finocchiaro e altri no. 1655, Ddl Cost.Ceccanti e altri no. 1656, DdL. Cost. Peterlini no. 41/2008. 17
Testo di legge Costituzionale/ Verfassungsentwurf 2005., in: Gazzetta Ufficiale della Repubblica 18.11.2005, serie
generale 269. Cfr. 8.1.2 Archivi, media, documenti e fonti. 18
Referendum 2006. Cfr. 8.1.2 Archivi, media, documenti e fonti. 19
Un‟analisi dei motivi del diniego in Bull, M. (2007) p 123-142. 20
Bull, M./ Pasquino, G. (2009) p 33.
6 Altri progetti verso il Federalismo
329
con ogni probabilità certi aspetti da una futura riforma. 21 Però il dibattito non finì lì, inoltre l‟ Italia
un paio di passi verso un assetto più moderno, anche se modesti, li aveva già compiuti.
6.1.7 Valutazione conclusiva
La riforma della maggioranza di Centrodestra, redatta sotto l„egida dell„allora Ministro per le
riforme Roberto Calderoli, non avrebbe portato a un sistema federale moderno, ma era - in
conseguenza degli interessi divergenti all„interno del Governo - contraddittoria: da un lato
professava il federalismo e trasferiva competenze alle Regioni ("devolution"), dall„altro
centralizzava invece in modo molto forte. La suddivisione delle materie tra Camera e Senato non
era chiara. Questo avrebbe potuto comportare non una maggiore velocità, bensì un rallentamento se
non addirittura un blocco dell'attività legislativa. Si prevedeva un Senato federale, ma la possibilità
per le Regioni di far pesare la propria voce veniva limitata a dei rappresentanti senza diritto di voto.
L„interesse nazionale, il rafforzamento del ruolo del Premier e tutta una serie di competenze per lo
Stato centrale andavano più verso il centralismo che verso il federalismo.
21
Cfr. Bull, M./ Pasquino, G. (2009).
6 Altri progetti verso il Federalismo
330
6.2 I tentativi di riforma del Centrosinistra del 2007
6.2.1 Obiettivi e possibilità per una riforma
6.2.1.1 Gli obiettivi del Centrosinistra nel 2007
Già durante la legislatura del Governo di Romano Prodi (2006-2008) l'allora maggioranza di
Centrosinistra l‟Unione decise di riformare sia la legge elettorale che la Costituzione.22
In una
risoluzione deliberata in una riunione dei Presidenti di gruppo di maggioranza il 3 aprile 2007 sono
stati indicati gli obiettivi di riforma della legge elettorale e della Costituzione. Per quanto riguarda
quest‟ultima la riforma dovrebbe perseguire i seguenti obiettivi: 23
:
a) superare il bicameralismo perfetto (e quindi attribuire compiti diverse alle due Camere del
Parlamento),
b) ridurre il numero dei Parlamentari
c) realizzare il federalismo fiscale.
"Sulla base delle finalità indicate l'Unione inizierà un confronto con l'opposizione" recita in
chiusura il documento del 3 aprile 2007.
6.2.1.2 Obiettivi comuni agli schieramenti
Per le riforme costituzionali non esiste tuttora un consenso tra le forze politiche di maggioranza e
opposizione. Esistono però obiettivi che sono condivisi da ambedue gli schieramenti. Già nella
scorsa legislatura (2006-2008) l‟allora Ministro per i rapporti con il Parlamento, Vannino Chiti
intraprese un tentativo per trovare un consenso e per cristallizzare gli obiettivi condivisibili. Non
riuscì a trovare un consenso con la componente maggiore della opposizione di allora e cioè con il
PDL di Berlusconi, ma riuscì a definire obiettivi comuni con frange della opposizione. Chiti nominò
in questo contesto la Lega, l‟UDC, la nuova DC, i Repubblicani ed il Movimento per le Autonomie
(MpA, non da confondere con il Gruppo per le Autonomie del quale fanno parte le minoranze
linguistiche, che però allora era nella maggioranza). I seguenti punti risultanti dalle consultazioni
dovevano trovare – secondo Chiti - un inserimento nell‟eventuale riforma costituzionale: 24
1. la parificazione dell‟età necessaria per il diritto al voto per Camera e Senato, con il
22
Peterlini, O. (2008 it) p 44-60. 23
Legge elettorale: il testo dell'accordo dell'Unione, Asca,0 3.04.2007, La Repubblica, 04.04.2007. 24
Senato, Commissione Affari costituzionali, 23.4.2007.
6 Altri progetti verso il Federalismo
331
conseguente abbassamento dell‟età minima per il voto attivo a 18 anni e quello passivo a 25
anni, come già previsto per la Camera dei Deputati (modifica dell‟art. 58 della
Costituzione).
2. rafforzamento del Premier: il candidato vittorioso dovrà, sulla base del suo programma di
governo, ricevere la fiducia da parte del Parlamento e venire quindi indicato al Presidente
della Repubblica (modifica dell‟art. 94 della Costituzione). Come esempio il Ministro fece
riferimento alla Spagna e alla Germania. Il primo Ministro dovrà avere il potere di nominare
e dimissionare i membri del proprio Governo (modifica dell‟art. 92 della Costituzione). Il
voto di sfiducia del Parlamento dovrà essere inoltre vincolato ad una contestuale indicazione
di un nuovo Premier, con l‟introduzione quindi del voto di sfiducia costruttivo;
3. riduzione del numero dei Parlamentari: come già previsto nel programma dell‟Unione,
anche i gruppi dell‟opposizione si sarebbero ora espressi per una riduzione del numero dei
Parlamentari, obiettivo contenuto anche nella riforma costituzionale proposta dal
Centrodestra nella legislatura precedente (2005) e bocciata dal referendum. Mentre il
Ministro aveva originariamente previsto una riduzione dei Deputati da 630 a 400 e dei
Senatori da 315 a 200, nella sua proposta presentata alle Commissioni affari costituzionali
delle due Camere egli si limitò alla seguente proposta: Il numero dipenderebbe dalla
composizione del Senato, e quindi dal fatto se questo dovrà avere una composizione
composita fatta da membri designati dalle Regioni, delle autonomie locali e di
rappresentanti eletti. Nella Camera invece il numero dei Parlamentari dipenderebbe dalla
previsione se dovrà essere solo questa ad esprimere la fiducia nei confronti del Governo. Al
posto quindi dei 400 Deputati proposti, si potrebbe prevedere anche un numero di 500 o 518
deputati;
4. superamento del bicameralismo paritario: al fine di assicurare una rappresentanza anche
alle Regioni e alle autonomie locali, una delle due Camere potrebbe assumere la funzione
ricoperta dal Bundesrat tedesco o quello nel sistema spagnolo. Possibile è anche la creazione
di una "Camera della Repubblica", la quale verrebbe a rappresentare ai sensi del nuovo art.
114 della Costituzione tutti i livelli della Repubblica, i Comuni, le Provincie, le Città
metropolitane, le Regioni e lo Stato. Accanto ad essa è pensabile una "Camera dello Stato"
(questa ripartizione è stata proposta nella Commissione affari costituzionali della Camera).
Sarà quindi necessario fissare chiaramente le competenze e individuare quelle leggi che
sono di particolare rilevanza che necessitano quindi dell‟approvazione di entrambi le
Camere.
6 Altri progetti verso il Federalismo
332
6.2.1.3 L‟opposizione puntava a elezioni anticipate
La maggioranza di governo del Centrosinistra di allora e una parte dei partiti minori anche di
opposizione testé citati, erano sostanzialmente concordi sulla necessità di una riforma
costituzionale. Le riforme costituzionali necessitano infatti di una doppia lettura a maggioranza
qualificata in entrambe le Camere, e impiegano quindi molto tempo. I due partiti maggiori
dell‟opposizione, Forza Italia e Alleanza Nazionale, non sembravano intenzionati però a concedere
ulteriore tempo al Governo, e miravano a nuove elezioni, dopo l‟eventuale approvazione della
riforma elettorale. I sondaggi attribuivano un vantaggio ai partiti di Centrodestra rispetto a quelli
dell‟allora maggioranza. In sostanza, questo significava che i due grandi partiti dell‟opposizione
non sembravano proprio intenzionati a procedere a riformare la Costituzione.
La Lega era invece disponibile a discutere di una riforma in senso federalista. Il Senatore Calderoli,
la cui riforma era fallita a seguito del referendum del 2006, desiderava ovviamente riformare la
Costituzione e prevedeva, quindi, addirittura in un suo disegno di legge elettorale, alcune norme
ipotetiche per il caso di un‟eventuale riforma costituzionale.
6.2.2 Il progetto di riforma costituzionale della Camera dei Deputati
6.2.2.1 La Commissione Affari Costituzionali presieduta da Violante riesce nell‟intento
Mentre in Senato si presentava una situazione di stallo, in modo del tutto sorprendente, la
Commissione Affari costituzionali della Camera riuscì, il 17 ottobre del 2007, di licenziare un
disegno di legge per la riforma della Costituzione al quale anche l‟opposizione aveva
sostanzialmente prestato una benevole astensione. Un contributo sostanziale al successo lo aveva
dato il Presidente della Commissione, l‟onorevole Luciano Violante, già Presidente della Camera
dei Deputati (1996-2001), cosicché la bozza viene denominata informalmente bozza Violante.
L‟esame in Commissione iniziò il 31 maggio 2007. La commissione unificò una serie di disegni di
legge in un testo unificato.25
6.2.2.2 Previsto un Senato federale per le Regioni e le autonomie locali
Il disegno di legge rappresenta un ulteriore passo verso un maggiore federalismo. La Camera dei
Deputati intraprende, in questo modo, un nuovo tentativo di superare il bicameralismo paritario, nel
quale entrambe le Camere svolgono le stesse funzioni ed in cui nessuna di esse svolge una funzione
di rappresentanza delle Regioni e delle autonomie locali.
25
Camera, Bozza Violante, C 553-A/ 2007, Testo unificato.
6 Altri progetti verso il Federalismo
333
Il disegno di legge di riforma costituzionale trasforma il Senato della Repubblica in un „Senato
federale della Repubblica“. Mentre quindi la Camera dei Deputati trova una conferma della propria
funzione politica, il Senato verrebbe a rappresentare, secondo questo schema, un organo di
rappresentanza delle Regioni e delle autonomie locali. In conformità a questa funzione l‟elezione
del Senato non avverrebbe più direttamente, bensì attraverso i Consigli regionali e solo in parte
minore attraverso i Consigli delle autonomie locali all‟interno delle singole Regioni. Per l‟Alto
Adige ed il Trentino era invece prevista l‟elezioni di due Senatori attraverso i due Consigli
provinciali.
Il disegno prevedeva una riduzione drastica del numero dei Senatori così come quello dei Deputati.
La Camera dei Deputati passa da 630 a 500, mentre il numero dei Senatori varia a seconda delle
dimensioni delle Regioni. Complessivamente però dal numero attuale di 315 i Senatori non saranno,
secondo il disegno, più della metà. Ogni Consiglio Regionale elegge – a seconda delle dimensioni –
da cinque a dodici Senatori, mentre le Regioni della Valle d‟Aosta e del Molise ne eleggono
solamente uno. Lo stesso meccanismo trova applicazione per il Trentino-Alto Adige, dove ogni
Provincia è chiamata ad eleggere un Senatore.
6.2.2.3 Distinti compiti per Camera e Senato federale
Era previsto di separare i compiti di Camera e Senato federale. Il nuovo articolo 70 configurava
quattro distinti procedimenti legislativi, prevedendo a quale Camera spettasse di legiferare e come
dovesse contribuire l‟altra Camera:
1. un procedimento che potrebbe definirsi „bicamerale paritario“, nel quale, non diversamente da
oggi, Camera e Senato federale esercitano collettivamente la funzione legislativa, e che trova
applicazione per i seguenti provvedimenti:
a) leggi di revisione della Costituzione e altre leggi costituzionali;
b) leggi in materia elettorale;
c) leggi in materia di organi di governo e di funzioni fondamentali degli enti locali,
d) leggi concernenti specifiche competenze come Roma capitale (114/3 Cost.), ulteriori
forme di autonomia (116/3), partecipazione delle Regioni all‟UE (117/ 5) e accordi con
altri Stati (117/9), il potere sostitutivo (120/2), elezioni, ineleggibilità e incompatibilità
dei membri di Giunta regionale (122/1), questione di legittimità presso la Corte (123/5),
cambiamenti di Regione per Comuni e Province (132/2) e mutamenti di circoscrizioni
provinciali e nuove Province (133/1).
e) leggi concernenti l'istituzione e la disciplina delle Autorità di garanzia e di vigilanza;
f) leggi in materia di tutela delle minoranze linguistiche.
6 Altri progetti verso il Federalismo
334
2. Il disegno di legge prevedeva poi delle materie, che venivano riservate principalmente alla
legislazione della Camera. Il Senato può, su richiesta di un quinto dei suoi componenti,
esaminarlo e modificarlo. Spetta comunque alla Camera dei Deputati pronunciarsi in via
definitiva su tali modifiche.
3. Sono inoltre previste alcune materie, che rimangono di competenza della Camera, ma le cui
eventuali modifiche apportate dal Senato possono essere rifiutate dalla Camera solo con
maggioranza assoluta. Le materie su cui tale maggioranza è richiesta riguardano, per esempio, il
conferimento di funzioni amministrative ai diversi livelli territoriali di governo, l‟istituzione di
un fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale, gli interventi speciali dello Stato
in favore di determinati enti territoriali.
4. Esiste inoltre un‟ ulteriore materia in cui è il Senato ad iniziare l‟iter legislativo, ma è poi la
Camera a dover accordare l‟assenso finale.
Inoltre, il rapporto di fiducia non si instaura più fra il Governo e le due Camere, ma fra il Presidente
del Consiglio dei Ministri e la Camera dei Deputati, che diventa per l‟appunto la vera e propria
Camera politica. Viene rafforzata quindi la posizione del Presidente del Consiglio e del Governo, al
fine di assicurare una maggiore stabilità.
6.2.2.4 La Camera riuscì a trattare solamente tre articoli
La Camera affrontò il disegno di legge nell‟ottobre e novembre del 2007 e arrivò fino all‟articolo 3.
I tentativi di riforma sia per la legge elettorale che per la Costituzione divennero poi vittime - come
già di consuetudine in Italia - della caduta del Governo (Prodi), il tentativo di innalzare la soglia
nella legge elettorale ne fu addirittura una delle cause.26
6.2.3 Il referendum, lo scandalo e la crisi di governo
Verso la fine del 2007 gli avvenimenti precipitarono. Il Governo Prodi si basava su soli due voti di
maggioranza in Senato. Prodi pertanto perseguiva una politica di massima attenzione verso i suoi
piccoli partner di coalizione. Ma il neoeletto Segretario del Partito Democratico Walter Veltroni,
puntò su una legge elettorale che semplificava fortemente il quadro politico italiano, riduceva la
frammentazione e prevedeva pertanto, una soglia maggiore, quasi come se si fosse messo d‟accordo
con Silvio Berlusconi. L‟obiettivo era chiaro e puntava praticamente a un sistema bipartitico. Dopo
la presentazione pubblica di un modello che si ispirava alla legge elettorale tedesca e quella
spagnola, il cosiddetto "Vassallum", il Presidente della Commissione Affari costituzionali del
6 Altri progetti verso il Federalismo
335
Senato, Enzo Bianco, presentò l‟11 dicembre 2007 un primo testo di riforma elettorale contenente
alcune soluzioni alternative. con una soglia del 5%, poi ammorbidita con l‟alternativa del 7% in
cinque circoscrizioni. I piccoli partiti si sentirono minacciati e si ribellarono. 27
Nel contempo era in corso la procedura per l‟indizione di un referendum che i piccoli partiti
temevano allo stesso modo. Il 16 gennaio 2008, il giorno dopo la presentazione del testo base di
Bianco in Commissione per la nuova legge elettorale, la Corte Costituzionale si espresse
positivamente sui tre quesiti referendari. In caso di approvazione del referendum, il premio di
maggioranza doveva in futuro essere assegnato non più alla coalizione bensì alla lista vincente. Con
tale premio il partito vincente potrebbe, anche solo con il 30% o meno dei consensi, ottenere il 54%
dei seggi i quali verrebbero, di fatto, sottratti ai partiti più piccoli. Questi obiettivi si rivolgevano
direttamente contro i partiti minori. La crisi di governo era quindi diventata praticamente
inevitabile. I piccoli partiti dichiararono apertamente di preferire elezioni anticipate con la legge
elettorale vigente piuttosto che una riforma con una soglia in varcabile. Le elezioni anticipate si
presentarono quindi – in questo contesto – non solo utili per evitare la riforma, ma anche per
spostare il referendum. Era da attendersi che i partiti piccoli non sarebbero stati disposti a
scomparire volontariamente dal palcoscenico politico.
Lo stesso 16 gennaio il Governo Prodi fu scosso da un ulteriore sisma: Sandra Lonardo, moglie del
Ministro della giustizia Clemente Mastella e Presidente del Consiglio regionale della Campania
venne raggiunta da un mandato di cattura e sottoposta agli arresti domiciliari. Arrestati anche una
serie di collaboratori personali del ministro e dell‟UDEUR, piccolo partito del Ministro. Coinvolto
anche il Ministro stesso che, il giorno stesso, decise di rassegnare le dimissioni. Le accuse
spaziavano dalla concussione all‟appropriazione indebita fino alla complicità con organizzazioni
criminali. Mastella uscì quindi dalla coalizione di Governo e annunciò di non voler più votare la
fiducia al Governo Prodi, reo di non avergli manifestato la sua solidarietà.
26
Peterlini, O. (2008 it) p 49-57. 27
Peterlini, O. (2008 it) p 54-57.
6 Altri progetti verso il Federalismo
336
6.3 Si riparte nel 2008 – ma finora solo sull‟ordine del giorno
6.3.1 Le elezioni del 2008 semplificano il quadro politico
Il Presidente della Repubblica dovette infine indire nuove elezioni per il 13 e 14 aprile 2008. Le
elezioni stravolsero il quadro politico italiano. Sia Berlusconi che Veltroni si erano distaccati da
gran parte dei loro partiti minori non includendoli più nella coalizione e impedendo loro in questo
modo l‟entrata in Parlamento. Le varie soglie anche se rimaste invariate (che per liste singole
spaziano dal 4 % sul territorio nazionale alla Camera, fino all‟8 % regionale al Senato), si
dimostrarono delle falci spietate.28
Berlusconi vinse le elezioni, Veltroni con il PD diventò primo
partito di opposizione. I piccoli partiti non coalizzati a sinistra del PD sparirono tutti dal
Parlamento. Un altissimo prezzo per la marcia solitaria! 29
Fig. 49: Il Senato dopo le elezioni politiche del 2008
Fonte: Ministero dell'Interno, http://politiche.interno.it/politiche/senato080413/S000000000.htm , illustrazione da
Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Immagine:Senato2008.png, controllato dall‟autore. Composizione al 30
settembre 2008.
28
Peterlini, O. (2009 de) p 10-105. 29
Sul ruolo dei nuovi blocchi in Italia cfr. Diamanti, I. (2009).
6 Altri progetti verso il Federalismo
337
Fig. 50: La Camera dopo le elezioni politiche del 2008
Fonte: Ministero dell'Interno, http://politiche.interno.it/politiche/senato080413/S000000000.htm , illustrazione da
Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Immagine:Senato2008.png, controllato dall‟autore. Composizione al
30.9.2008.
Si salvarono invece le minoranze linguistiche, la SVP e l‟Union Valdotaine grazie alle norme
speciali a loro favore. La SVP però perse due dei suoi quattro seggi alla Camera, uno a scapito di un
Sudtirolese e uno di un Trentino del PATT. Le perdite in parte sono riconducibili a una flessione di
voti e in parte si trattava del tributo da pagare al premio di maggioranza. In Senato, grazie ai seggi
maggioritari, la SVP confermò i suoi tre Senatori, uno insieme al Centrosinistra.
6 Altri progetti verso il Federalismo
338
6.3.2 Si riparte in Senato
L‟iniziativa per la riforma
costituzionale è stata intrapresa dal
Senato subito all‟inizio della nuova
legislatura. Le Presidenze di
Camera e Senato hanno fin
dall‟inizio deliberato che spetterà al
Senato iniziare con le riforme
costituzionali. La Commissione
Affari costituzionali in data
10.6.2008 ha incardinato
nell‟ordine del giorno e intrapreso
l‟esame del disegno di legge costituzionale n. 24 (Peterlini) che reca modifiche agli articoli 55 e 57
della Costituzione prevedendo un Senato federale. La Commissione delibera di usare il ddl. come
testo base. Spiega il Presidente della Commissione Carlo Vizzini, nella sua relazione le ragioni, che
hanno portato la Commissione affari costituzionali a intraprendere ancora il cammino riformatore:
“è data dal disegno di legge no. 24, del senatore Peterlini: esso modifica la denominazione del
Senato della Repubblica in “Senato federale della Repubblica”; affida al nuovo Senato la funzione
di rappresentare le Regioni al fine di favorire e rafforzare la loro partecipazione alla politica e alla
legislazione nazionale; determina una nuova modalità di composizione(…).30
Il ddl. è però (alla
data di stampa di questa tesi in aprile 2010) ancora in attesa della trattazione articolata, nonostante
che il Senato abbia sottolineato con risoluzioni condivise nel dicembre 2009 l‟urgenza del tema.31
30
Relazione introduttiva sul ddl. no. 24 del relatore Carlo Vizzini, 10.6.2008. 31
Senato, Sitzungsprotokoll/ Resoconto stenografico seduta no. 295, 02.12.2009
73
O.Peterlini: Föderalismus
Ausw.Sonderautonomien/Riflessi del
feder.su autonomie, EURAC Bozen
2008
LL’’occasione che porta la Commissione affari occasione che porta la Commissione affari
costituzionali a intraprendere ancora il cammino costituzionali a intraprendere ancora il cammino
riformatore riformatore èè data dal disegno di legge n. 24, del data dal disegno di legge n. 24, del
senatore Peterlini: esso modifica la denominazione del senatore Peterlini: esso modifica la denominazione del
Senato della Repubblica in Senato della Repubblica in ““Senato federale della Senato federale della
RepubblicaRepubblica””; affida al nuovo Senato la funzione di ; affida al nuovo Senato la funzione di
rappresentare le Regioni al fine di favorire e rappresentare le Regioni al fine di favorire e
rafforzare la loro partecipazione alla politica e alla rafforzare la loro partecipazione alla politica e alla
legislazione nazionale; determina una nuova legislazione nazionale; determina una nuova
modalitmodalitàà di composizione di composizione …… Il PresidenteIl Presidente
Carlo VizziniCarlo Vizzini
10.6.0810.6.08..
6 Altri progetti verso il Federalismo
339
6.4 Prospettive
Per quanto riguarda l‟effettiva probabilità di arrivare a un‟ampia riforma che vada in direzione di
uno Stato federale, con una modifica del sistema bicamerale, è difficile fare delle previsioni. Per il
Senato sarà poco probabile che riprenda il progetto della Camera della legislatura precedente
(Violante), senza modificarne l‟impianto, perché non vorrà decidere per il suo auto-scioglimento e
la trasformazione in Senato delle Regioni, come proposto dalla Commissione della Camera. Per
rendere la riforma accettabile al Senato, si potrebbe decidere per una Camera delle Regioni sul
modello svizzero, che viene eletto direttamente ma che assicura comunque un‟efficiente sistema
rappresentativo per i Cantoni. Si potrebbe anche, con una norma transitoria ritardare l‟entrata in
vigore magari per una legislatura, per ridurre le resistenze e creare riforme più eleggibili.
Fig. 51: Possibili obiettivi di una riforma costituzionale
35
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
in senso federale e riflessi
sull'autonomia del Trentino Alto
Adige/Südtirol, Servizio Giovani 2008
Riforma costituzionale: Riforma costituzionale: possibili possibili
obiettivi obiettivi
1.1. Superamento del bicameralismo: Camera per Superamento del bicameralismo: Camera per
RegioniRegioni
2.2. Riduzione del numero dei ParlamentariRiduzione del numero dei Parlamentari
3.3. Parificazione dellParificazione dell’’etetàà necessaria per il voto per necessaria per il voto per
Camera e SenatoCamera e Senato
4.4. Premier: Fiducia su programma, nomina e Premier: Fiducia su programma, nomina e
dimissione membri governo, fiducia dimissione membri governo, fiducia
costruttiva. costruttiva.
Non è neppure da sottovalutare la resistenza burocratica. La riforma costituzionale del 2001 deve
essere nelle Regioni, ancora concretamente applicata. Si è già visto nel passato, di come in Italia la
burocrazia centrale abbia spesso bloccato tendenze regionalistiche. Non è da scartare però un
possibile ulteriore sviluppo in direzione federale, visto che proprio i partiti a sostegno del Governo
supportano gli obiettivi federalistici e varie Regioni a statuto ordinario si impegnano per ampliare la
loro autonomia per quelle forme particolari previste dall‟ art. 116 comma 3 della Costituzione.
6 Altri progetti verso il Federalismo
340
7 Conclusioni e confronto con le tesi
7 Conclusioni e confronto con le tesi
7.1 L‟Italia è diventata più federale ma non uno Stato federale
7.1.1 Attuate varie caratteristiche federali
La riforma della Costituzione del 2001 si è limitata al titolo V: le Regioni, Province, Città
Metropolitane ed i Comuni. Mancano quindi alcuni elementi caratteristici di uno Stato federale, che
dovrebbero essere modificati in altre parti della Costituzione. Confrontiamo ora lo Stato della
riforma costituzionale con le caratteristiche ideali di uno Stato federale, come elencate
precedentemente.1 Sono presenti i seguenti elementi caratteristici:
Fig. 52: Caratteristiche realizzate del federalismo
18
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
e riflessi sul federalismo fiscale;
Messina 11.12.2008
CaratteristicheCaratteristiche presentipresenti di di
federalismofederalismo
Nessun controllo del Governo sulla
legislazione
Clausola generale a favore delle Regioni
Rafforzate le Regioni rispetto allo Stato
Federalismo fiscale limitato
o la Costituzione italiana prevede una ripartizione dello Stato in unità territoriali e una divisione
dei poteri in senso verticale.2 La suddivisione dei poteri non si limita solamente al livello
amministrativo, bensì concede alle Regioni e alle Provincie autonome anche competenze
legislative. Questo avveniva comunque già dagli anni 70, prima della riforma del 2001;
1 Cfr. 1.6.5 Le caratteristiche del federalismo e la delimitazione dal regionalismo.
2 Sturm, R./ Zimmermann-Steinhart, P. (2005) p 35-36.
7 Conclusioni e confronto con le tesi
342
o le Regioni possono darsi degli Statuti propri (gli Statuti speciali delle Regioni autonome sono
inoltre tutelate costituzionalmente);
o trova applicazione la clausola generale della competenza a favore delle Regioni;
o la legislazione delle Regioni non è più sottoposta al controllo del Governo, bensì a quello della
Corte Costituzionale;
o la posizione delle articolazioni regionali rispetto agli organi centrali è stata rafforzata; è stata
prevista anche una parità formale della legislazione regionale e statale, però prevale quella
statale anche per la giurisdizione della Corte costituzionale.
7.1.1.1 Caratteristiche presenti solamente parzialmente
Sussidiarietà, parità di diritti (senza gerarchia), la pertinenza per la sicurezza pubblica sul piano
regionale ed il federalismo fiscale sarebbero segni distintivi fondamentali di uno Stato federale. In
Italia sono presenti solo in parte.
Sono infatti presenti solamente parzialmente le seguenti caratteristiche di uno Stato federale:
o la sussidiarietà venne ancorata in Costituzione come principio base, però non in modo generale
e organico, ma limitatamente a singoli settori (art. 118/1, 118/4 und 120/2 Cost.). La struttura
statale, la suddivisione dei poteri, così come le relative sentenze della Corte Costituzionale
corrispondono pertanto solo in parte a questo principio;
o esistono diverse misure che sanciscono formalmente la parità dei vari livelli come per tutte le
entità che formano la Repubblica (art. 114 Cost.), o per il potere legislativo delle Regioni con lo
Stato (art. 117/1 Cost.). Ciò nonostante prevale comunque la supremazia dello Stato;
o „interferire“ nelle competenze delle Regioni continuerà ad essere riservato allo Stato. Gli
competono leggi quadro per la definizione dei principi fondamentali in diversi campi (At 117/3
Cost.), e il potere sostitutivo (120/2 Cost.), nonchè in virtù di leggi statali, una potere di
indirizzo e coordinamento, che sono stati confermati dalla Corte Costituzionale;
o le Regioni dispongono di competenze per quanto riguarda la pubblica sicurezza, ma
limitatamente alla "polizia amministrativa locale";3
o il federalismo fiscale è previsto, però limitato attraverso la competenza dello Stato per
l‟individuazione dei principi e per il suo coordinamento, nonché attraverso un fondo di
perequazione a favore delle Regioni, Province e Comuni più deboli. La perequazione non
avviene orizzontalmente tra le Regioni ma verticalmente tramite il Governo.
3 L‟art.117 comma 2 Cost. definisce l‟ordine pubblico come competenza esclusiva dello Stato, "ad esclusione della
7 Conclusioni e confronto con le tesi
343
Fig. 53: Elementi federali solo parzialmente presenti
31
O.Peterlini: Föderalismus
Ausw.Sonderautonomien/Riflessi del
feder.su autonomie, EURAC Bozen
2008
ElementiElementi federalifederali presentipresenti solo solo
parzialmenteparzialmente
Pubblica sicurezza limitata alla Pubblica sicurezza limitata alla ““polizia amministrativa polizia amministrativa localelocale”” . L. L’’ordine pubblico e la sicurezza rimangono per ordine pubblico e la sicurezza rimangono per il resto esclusiva competenza dello Stato (117/2 il resto esclusiva competenza dello Stato (117/2 CostCost))
Federalismo fiscale limitato da:Federalismo fiscale limitato da:
-- I principi fondamentali di coordinamento della finanza I principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario dello Stato, definiti con pubblica e del sistema tributario dello Stato, definiti con legge statale.legge statale.
-- Un fondo perequativo a favore dei territori con minore Un fondo perequativo a favore dei territori con minore capacitcapacitàà fiscale per abitante, definito con legge dello fiscale per abitante, definito con legge dello Stato.Stato.
7.1.2 Ma mancano ancora caratteristiche essenziali
Non esistono invece i seguenti elementi tipici di una struttura federale:
o la Repubblica non è nata attraverso una unione tra Regioni diverse. Il precedente Regno d‟Italia
ha sì riunito le diverse parti dell‟Italia, ma non attraverso un‟unione federale. Il fascismo ha
rafforzato il centralismo. La Costituzione repubblicana del 1948 prevedeva le Regioni come una
mera articolazione della Repubblica;
o le Regioni possono partecipare alla legislazione degli organi centrali soltanto con la
proposizione di proposte di legge voto, non invece attraverso la partecipazione in una Camera
delle Regioni. 4
Il legislatore costituente era consapevole di questa circostanza, limitandosi in sede di riforma al
titolo V. In una norma transitoria (art. 11 L. Cost.3/2001) egli quindi rende possibile, fino alla
revisione del titolo I della Costituzione, la partecipazione di rappresentanti delle Regioni, delle
polizia amministrativa locale ". 4 L‟iniziativa per l‟introduzione del Senato federale da parte della 1. Commissione della Camera era stata deliberata il
17.10.2007 e inoltrata alla Camera (Atto C 553-A). Poi decadette per le elezioni anticipate dell‟aprile 2008.
7 Conclusioni e confronto con le tesi
344
Province e degli enti territoriali al comitato parlamentare per le questioni regionali. Le Camere
possono – in virtù di questa norma – prevedere nei propri regolamenti la presenza di questa
rappresentanza, cosa che però ad oggi non è ancora avvenuta. Leggi riguardanti le competenze
concorrenti delle Regioni (art. 117/3 Cost.) e dell‟ordinamento finanziario (art. 119 Cost.) possono,
in caso di parere negativo o condizionato della Commissione parlamentare ampliata, essere
deliberati da parte del Parlamento soltanto con la maggioranza assoluta dei suoi membri.
Fig. 54: Caratteristiche non presenti
19
O.Peterlini: Sviluppo della Costituzione
e riflessi sul federalismo fiscale;
Messina 11.12.2008
MancanoMancano elementielementi essenziali del essenziali del
federalismofederalismo
La Repubblica non nasce dalla fusione delle La Repubblica non nasce dalla fusione delle
Regioni.Regioni.
Non esiste una Camera delle Regioni.Non esiste una Camera delle Regioni.
Le Regioni non possono partecipare alla Le Regioni non possono partecipare alla
legislazione statale se non con proposte di leggi legislazione statale se non con proposte di leggi
voto.voto.
Le condizioni per il salto definitivo qualitativo in direzione Stato federale, sono per la gran parte
date dal diritto costituzionale, scrive Francesco Palermo analizzando la domanda, se l‟Italia è uno
Stato regionale o uno Stato federale.5 Però la cultura politica è ancora completamente impreparata.
Dal punto di vista di questo nostro esame mancano però ancora elementi fondamenti, che sono
ancorati, infatti, ai diritti costituzionali, ma che non sono stati messi in pratica oppure sono stati
messi in secondo piano da altri principi. Una parte determinante riguarda la mancanza di cultura
politica nell‟ambito del federalismo.
Lo sviluppo mostra comunque una direzione federale. A maggior ragione ci ricorda Günther
Pallaver , che con l‟immenso gettito di problemi fiscali e la profonda crisi del sistema in Italia, i
temi di regionalizzazione, della Devolution e del federalismo sono sempre più nell‟ordine del
7 Conclusioni e confronto con le tesi
345
giorno della politica.6 Questo ha portato anche ad una asimmetria non solo regionale, bensì anche
dei partiti. La pressione del nord ha portato una valorizzazione delle Regioni che a sua volta ha
portato ad una rivalutazione dei partiti regionali, che porterà ad un ulteriore differenziazione dei
partiti. 7 Solamente una persona che si trova all‟interno di una situazione ben definita in un contesto
socialmente , linguisticamente, etnicamente, culturalmente e religiosamente o altro, è nella
posizione di trovare i principi di giustizia. E„ la cognizione del comunitarismo, l‟idea di base del
comunitarismo territoriale, nella quale si riscoprono gli elementi della Lega così come quelli del
Neoglobal,8 segnala un ulteriore passo verso l‟autogestione, autonomia e distacco dal centro.
9
7.1.3 Federalismo o regionalismo e quale tipo?
Non si lascia demarcare un confine chiaro per l‟assegnazione dell‟Italia alle categorie di Stato
regionale o federale. A causa della mancanza di elementi caratteristici di uno Stato federale, l‟Italia
rimane tuttora uno Stato regionale con alcuni elementi di uno Stato federale, verso il quale si è
mosso gradualmente. Con le debite riserve in merito all‟annovero del federalismo, si tratta dei
seguenti tipi di regionalismo con elementi federalisti:
7.1.3.1 Secondo la finalità, della differenziazione o della concordanza:
Federalismo come scopo per la differenziazione
Nel caso delle Autonomie speciali si tratta senza alcun dubbio di una differenziazione, per tener
conto delle condizioni linguistiche, culturali e per tener insieme i poteri centrifughi. Lo scopo è
simile a quello del Belgio, della Svizzera o del Canada, anche se riferite solamente alle minoranze.
Si tratta, di concedere alle Regioni (membri) più possibilità di differenziazione possibile, per
promuovere l‟integrazione di identità divergenti sia linguisticamente che culturalmente. L‟Italia
con le sue autonomie speciali non rientra nella categoria degli Stati federali, ma le autonomie
vennero concesse per gli stessi motivi come in Svizzera, Belgio o Canada. L‟esempio del Südtirol e
Trentino è chiaramente visibile.
Anche la riforma Costituzionale del 2001 e la federalizzazione dell‟intero Stato seguono
essenzialmente questo scopo, quando si pensa, che il potere trainante, la Lega Nord, è sorta
5 Palermo, F. (2007) p 107-108.
6 Pallaver, G. (2007b) p 142-143.
7 Pallaver, G. (2007b) p 143.
8 Statera, A. (2007) p 11.
9 Pallaver, G. (2007b) p 143-144.
7 Conclusioni e confronto con le tesi
346
originariamente dalla volontà di una secessione nordista e una trisezione dello Stato.10
Abbiamo
potuto evincere questa convinzione anche grazie l‟esame dello sviluppo storico.11
Federalismo come scopo di unificazione - solo per il sud e il centro Italia:
In riferimento alle Regioni del centro sud, senza le isole, si tratta invece di un regionalismo allo
scopo dell‟unificazione, per la suddivisione dei poteri tra Stato centrale e Regioni. La società è
omogenea, senza grandi differenze regionali, almeno non quelle, che una federalizzazione avrebbe
estorto. Però riferita a tutta l‟Italia, lo scopo della differenziazione rimane in primo piano.
7.1.3.2 In base alla sua configurazione simile o differenziata
7.1.3.3 Nessun federalismo simmetrico:
Quando a tutti gli Stati membri vengono date competenze uguali e tutti vengono trattati in maniera
uguale, si parla di federalismo simmetrico. Già prima, ma tanto più con la riforma costituzionale del
2001, tutte le Regioni con Statuto ordinario hanno ottenuto in dotazione le stesse competenze e gli
stessi trattamenti. Si potrebbe quindi parlare di un federalismo simmetrico. La Costituzione prevede
Regioni che, come in Austria o in Germania, hanno sostanzialmente le stesse dotazioni. Dato però
che si tratta di considerare l‟assegnazione di un federalismo simmetrico o asimmetrico all‟intero
Stato, possiamo dire che il federalismo simmetrico non riguarda l‟Italia, per le differenziazioni
verso le Regioni speciali. Si deve inoltre ricordare che – non tanto dal punto di vista giuridico- ma
dal punto di vista storico e culturale esistono grandi differenziazioni anche tra le Regioni ordinarie.
7.1.3.4 Federalismo asimmetrico:
Quando esistono competenze differenti, e quindi certi Stati membri godono di più o di altre
competenze rispetto agli altri, parliamo di asimmetria federale. E„ proprio il caso esistente in Italia
in virtù delle Autonomie speciali, situazione simile a quelle delle Regioni in Spagna (Paesi baschi,
Catalonia, Galizia) che per motivi storici hanno competenze notevolmente più ampie di altre
comunità.
Nonostante la timida federalizzazione dell‟intero Stato e la dotazione simmetrica e più generosa
delle Regioni ordinarie, l‟Italia vanta un regionalismo/federalismo asimmetrico (fintanto si può
parlare di federalismo), in relazione tra Regioni a statuto speciale e quelle a Statuto ordinario. In
questo studio abbiamo comunque potuto constatare, come le differenze abbiano subito un
appiattimento ma non la loro eliminazione. E„ stato pure esaminato, fino a che punto l‟Italia nel
10
Miglio, G. (1994) p 4 e 5. 11
Confr.Cap 3.2.2 I piani da regionalismo a federalismo.
7 Conclusioni e confronto con le tesi
347
corso delle riforme si è sviluppata in direzione di un federalismo simmetrico: si potrebbe dire di più,
ma rimane sempre asimmetrico. La differenza nelle competenze legislative è bensì diminuita,
tuttavia le differenti fonti del diritto dimostrano che, l‟asimmetria disposta costituzionalmente,
perdura ancora.12
L‟articolo 116 comma 3 della nuova Costituzione, consente anche alle Regioni a
statuto ordinario l‟assunzione di ulteriori competenze, di modo ché il percorso per ulteriori
asimmetrie si potrebbe allargare. Rimane infatti improbabile, che tutte le Regioni facciano uso di
questo strumento.
7.1.3.5 In base alla cooperazione interna statale, parallela o integrata:
Federalismo duale
Espressione del federalismo duale sono le istituzioni parallele sul piano della federazione e degli
Stati membri e una chiara divisione delle competenze tra Stato intero e Regioni ovvero tra Bund e
Länder. Ogni livello politico si assume determinati compiti, che dovranno essere portati a termine
senza intrusione da parte degli altri livelli. E„ il caso per l‟Italia. I Consigli regionali ossia i Consigli
provinciali delle Provincie autonome emanano leggi, nel contesto della loro competenza. Le
possibilità di un ricorso da parte dello Stato si limita all‟impugnazione davanti alla Corte
Costituzionale.
Federalismo non cooperativo:
Al centro del federalismo cooperativo c‟è la collaborazione tra Stato federale e Regioni o territori,
tra Bund e Länder. Non è la pluralità ad essere decisiva, bensì l‟aumento dell‟efficienza attraverso
intese e processi di negoziazione. La collaborazione può avvenire da sè tra gli Stati membri oppure
attraverso il coinvolgimento di questi nella legiferazione dello Stato intero, il Bund. Si può dire che
non è il caso dell‟Italia. Manca la partecipazione delle Regioni nella formazione della volontà dello
Stato attraverso una Camera delle Regioni. Anche le competenze sono divise chiaramente tra i
livelli, fatte salve le prerogative dello Stato per le competenze concorrenti. La collaborazione è
limitata alle audizione delle Regioni nella Conferenza Stato Regioni o la Conferenza unificata.
Nessun intreccio politico:
L„intreccio politico decisionale in Italia, come ad esempio viene criticato in Germania, non esiste.
La politica fiscale viene modellata autonomamente dai diversi livelli, anche se il patto di stabilità
dell‟Unione Europea ha consentito sempre più allo Stato di limitare le spese delle Regioni. Una
caratteristica fondamentale dell‟intreccio politico è la Camera delle Regioni o un Bundesrat che
dovrebbe essere creato in Italia, ma che attualmente non esiste.
Unitarismo federale
12 Zwilling, C. (2007a) p 117.
7 Conclusioni e confronto con le tesi
348
L‟unitarismo federale (Bündischer Unitarismus) consiste nel ruolo dominante dello Stato federale,
che prevede si un‟autonomia territoriale, che deve tuttavia misurarsi continuamente al criterio
dell‟efficienza per la comunità. Un‟altra caratteristica dell‟unitarismo federale è il ricorso dello
Stato alla „salvaguardia dell‟unità giuridica ed economica“ e la „uniformità delle condizioni di
vita“. Queste limitazioni rievocano le varie disposizioni del federalismo fiscale in Italia e della
Costituzione stessa, che noi avevamo riportato come limiti al federalismo: la competenza esclusiva
dello Stato per il sistema fiscale, la compensazione finanziaria, la definizione dei servizi essenziali
nel contesto dei diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (art.
117/2 lettere e/m Cost.). Particolarmente drastico è il diritto sostitutivo del Governo di agire al
posto degli enti territoriali, invece di dover cercare compromessi consensuali. Tra le ragioni che
possono fatre scattare il diritto sostitutivo del Governo non ci sono solo le inosservanze delle
normative internazionali, dell„UE oppure di sicurezza pubblica, bensì anche „ quando lo richiedono
la tutela dell‟unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali“ (art. 120/2 Cost.). Si può pertanto dire che in Italia sono
presenti elementi significativi del unitarismo federale.
Federalismo concorrenziale:
Per il federalismo concorrenziale l‟idea di fondo è quella di utilizzare le diversità per poi sviluppare
una concorrenza d‟innovazione tra le Regioni (Länder). Nel federalismo fiscale, si vuole stimolare
la concorrenza tra gli Stati membri al fine di offrire condizioni più favorevoli in un‟area, per
incentivare la colonizzazione di imprese e cittadini, e permettere così di abbassare il livello
fiscale.13
Se ciò sarà possibile in Italia è discutibile, perchè gli elementi di cooperazione sono molto
forti.
7.1.3.6 In base al tipo di potere: amministrativo o legislativo
Le Regioni e le Province autonome in Italia godono di responsabilità legislative, in parte anche
amministrative. Queste ultime di regola spettano ai Comuni.
Non solo regionalismo amministrativo:
Nel caso dell‟Italia non si tratta, pertanto, di un puro regionalismo amministrativo, senza potere
legislativo ed un‟autonomia limitata all‟amministrazione. Le Regioni possono legiferare .
Federalismo legislativo:
Gli Stati membri, da noi le Regioni, dispongono infatti di propri organi legislativi, i Consigli
regionali e quelli provinciali delle Provincie Autonome di Bolzano e Trento, che possono emanare
leggi nel quadro delle loro competenze.
13
Cfr. Cap 5.6Conclusioni politico-economiche sul federalismo fiscale
7 Conclusioni e confronto con le tesi
349
7.2 Riassumendo: Un passo timido verso il federalismo
Riassumendo, l‟Italia è uno Stato regionale con rudimenti federativi, che sono coniati da
differenziazione (non unione), asimmetria e dualismo con organi paralleli. L‟assetto non è solo
amministrativo, bensì anche di tipo legislativo.
Si può comunque sostenere che la riforma costituzionale del 2001, con il suo approccio federalista,
ha ampliato notevolmente l‟autonomia delle Regioni e anche delle Regioni speciali così come
l‟autonomia dell‟Alto Adige/Südtirol e del Trentino. La Corte Costituzionale ha sì assunto, nella
sua giurisprudenza, una posizione più centralista, ma ha tuttavia dovuto accettare e confermare le
nuove proposizioni della Costituzione. La riforma costituzionale ha aggiunto per le autonomie
dell‟Alto Adige/Südtirol e del Trentino delle materie che non erano state raggiunte durante le
difficile e ostiche trattative per il Pacchetto e l‟autonomia, ma che ora sono patrimonio comune per
tutte le Regioni d‟Italia. La riforma ha inoltre ridotto i limiti dell‟autonomia, attraverso un
allentamento dei vincoli della legislazione, così come attraverso la clausola generale a favore delle
Regioni. Questa clausola generale non ha soltanto aggiunto nuove competenze, ma ha anche
trasformato delle competenze concorrenti preesistenti in competenze esclusive.
L‟Italia ha compiuto un passo, seppur timido in direzione di uno Stato federale, e le Autonomie
speciali ne hanno potuto approfittare.
7 Conclusioni e confronto con le tesi
350
7.3 Verifica delle tesi
In questo lavoro ci eravamo posti l‟obiettivo di verificare le seguenti tesi sul caso dell‟autonomia
speciale del Trentino Alto Adige nel contesto dello sviluppo federale in Italia:
1. lo sviluppo dell‟Italia verso un indirizzo federale ha potenziato e incentivato le autonomie a
statuto speciale ed in particolar modo quella del Trentino Alto Adige/Südtirol. La tesi non è da
considerarsi ovvia, come in un primo momento può apparire, in quanto nel corso di una
federalizzazione sussiste il pericolo di un‟uniformazione delle autonomie asimmetriche,
specialmente anche attraverso il federalismo fiscale, che richiede una ridistribuzione dei
mezzi. La seguente tesi contraria, è quindi non solo lecita, ma merita di essere esaminata;
2. lo sviluppo dell‟Italia verso il federalismo, ha assoggettato le autonomie speciali e in particolar
modo quella del Trentino Alto Adige insieme alle altre Regioni italiane ad un processo di
uniformazione (in direzione di un federalismo simmetrico) che ha portato ad una limitazione
delle competenze e del finanziamento delle Autonomie;
3. la formazione di istituzioni sovranazionali, sulle quali il singolo cittadino ha poca influenza,
sviluppa la necessità di uno spazio regionale più vicino, nel quale il singolo possa partecipare e
contribuire democraticamente;
4. quanto più uno Stato è organizzato in un regime federale e più autonomia concede alle
minoranze linguistiche, tanto più disinnesca conflitti etnici e la volontà di secessione. Il
federalismo risulta essere quindi una potenziale prevenzione ai conflitti.
7.3.1 Lo sviluppo federale ha ampliato le Autonomie
Prima tesi: Lo sviluppo in Italia verso un maggiore federalismo ha esteso anche l‟ambito di azione
delle Regioni a statuto speciale e ampliato le loro competenze. Le Autonomie speciali hanno
sempre, anche nel nuovo assetto, un ruolo particolare ma non formano più diametralmente
quell‟eccezione come hanno fatto nel sistema centralizzato prima della formazione delle Regioni
negli anni 70, ma anche dopo fino alla riforma costituzionale del 2001. Da allora sono incorporati in
un ambiente più confortevole, più consono alla loro specialità. La clausola di maggior favore della
riforma costituzionale (L. Cost. n. 3/2001, art. 10) amplia anche le competenze delle Regioni
speciali impedendo che l‟estensione dell‟autonomia delle Regioni ordinarie possa superare quella
delle speciali. L‟Italia rimane quindi organizzata in modo asimmetrico, anche se le differenze sono
7 Conclusioni e confronto con le tesi
351
diminuite. L„articolo 116 comma 3 della nuova Costituzione del 2001 prevede ulteriori opportunità
di estensione delle autonomie ordinarie e pertanto anche per ulteriori asimmetrie. Una Regione
(ordinaria) interessata può trovare un‟intesa con lo Stato che con una legge a procedura speciale le
può attribuire ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia.
L‟ipotesi 1 non può pertanto essere falsificata: le autonomie speciali furono ulteriormente
sviluppate sulla scia della federalizzazione.
7.3.2 Nessuna restrizione dell‟autonomia, ma del finanziamento
Seconda tesi: La tesi contraria, che le Autonomie speciali nel corso di uno sviluppo federale che
tendesse all‟uniformità potessero essere limitate non è stata confermata ed è stata smentita
dall‟esempio empirico del Trentino-Alto Adige. Una diffusione generale di questa conoscenza non
può essere comunque fatta, in quanto essa dipende dalle circostanze politiche e dall‟impegno delle
stesse Autonomie.
Per ciò che riguarda il finanziamento delle Autonomie speciali invece non può essere smentito un
certo allineamento, che risulta dall‟impianto del federalismo fiscale, come ancorato in costituzione.
Il federalismo fiscale in Italia vuole concedere una propria autonomia fiscale a tutte le Regioni, ma
mira anche ad una ridistribuzione delle risorse a favore delle Regioni più povere. Il Trentino e
l‟Alto Adige godono di un buon finanziamento, con il quale devono far fronte ai loro compiti molto
più ampi di quelli delle altre Regioni. Hanno però dovuto trovare un nuovo assetto finanziario con
lo Stato, addirittura cambiando le norme dello Statuto di autonomia e rinunciare a una parte, anche
se non esagerata dei finanziamenti del passato.
Una revisione del finanziamento si sarebbe resa necessaria comunque, anche senza federalismo
fiscale, per i continui attacchi e le invidie delle altre Regioni, soprattutto quelle limitrofe. Limitando
le risorse al gettito fiscale in proporzione alle proprie competenze ulteriormente allargate, come
avvenuto con l‟accordo di Milano, si sono sgonfiate queste critiche. Inoltre, in cambio di ulteriori
riduzioni, lo Stato ha devoluto propri compiti che in futuro dovranno essere finanziati dalle
Province autonome. Con la riserva del 90 per cento delle imposte raccolte nel territorio, le Provincie
di Trento e Bolzano e la Regione continuano a godere di un rassicurante finanziamento, tanto più
che nei tagli avvenuti è stato compreso anche il contributo alla riduzione dell‟elevato debito
pubblico italiano. Non si escludono però ulteriori tagli come sembra avvenire con la manovra
finanziaria del 2010.
La seconda tesi può ritenersi falsificata per quanto riguarda l‟autonomia, che si è ampliata e non
ridimensionata. Non si può dire altrettanto per quanto riguarda invece i finanziamenti, che sono stati
7 Conclusioni e confronto con le tesi
352
ridotti, anche se finora solo lievemente. La federalizzazione non ha portato a un federalismo
simmetrico, le Autonomie sono state sviluppate sempre più, mentre il finanziamento ha subito
qualche riduzione.
7.3.3 Sale il fabbisogno di uno spazio regionale
Terza tesi: La formazione di istituzioni sovranazionali, sulle quali il singolo cittadino ha poca
influenza, sviluppa la necessità di uno spazio regionale più vicino, nel quale il singolo possa
partecipare e contribuire democraticamente.
Effettivamente cresce in Europa l‟influenza delle Regioni che rivendicano un loro ruolo più incisivo
e più possibilità di partecipazione. In un Europa che diventa sempre più grande ma che al contempo
rischia di allontanarsi sempre più dai cittadini, si rendono necessarie forme di partecipazione a
livello regionale. Quanto più grande è lo Stato o la federazione di Stati, tanto più cresce il bisogno
di democrazia, perche il cittadino percepisce di non poter incidere sulle scelte degli organi così
lontani e così grandi. L‟Europa ha proprio bisogno di un sistema federale composto da Regioni
nelle quali il cittadino si possa più facilmente orientare, per garantire la partecipazione democratica.
Si aprono in questo modo nuove opportunità per tutte le Regioni, per quelle a Statuo ordinario o
speciale, e pertanto anche per l‟Alto Adige ed il Trentino. Saranno sempre meno “soggetti strani”
in contrasto con il resto del paese, caratterizato da un tessuto centralistico, e potranno invece
crescere insieme a questo sviluppo in senso federale.
L‟esempio dell‟autonomia del Trentino Alto Adige ha dimostrato quanto questa era limitata
dall‟assetto centralizzato dello Stato e come questa riuscì a liberarsi dal guscio ed a crescere con lo
sviluppo federalistico dell‟Italia. L‟applicazione delle forme più ampie di autonomia ha chiaramente
evidenziato quanto un sistema federale vada a vantaggio anche delle autonomie speciali.14
Molte Regioni in Italia, specialmente le Regioni limitrofe del nord, osservano le autonomie speciali
con una certa invidia. Un federalismo autentico può essere una efficiente risposta perchè offre a
tutte le Regioni che lo vogliano e che che sviluppino le necessarie capacità organizzative,
l‟opportunità di creare una propria configurazione. L‟autonomia dinamica, secondo l„articolo 116
comma 3 della nuova Costituzione, apre ulteriori strade in tale direzione. Ovviamente molto
dipenderà dalla attuazione di un vero federalismo fiscale. Al momento si deve ancora osservare
come si risolverà la conflittualtà tra competizione e perequazione.
14
Per ulteriori approfondimenti vedi la versione tedesca p 287-288.
7 Conclusioni e confronto con le tesi
353
La terza tesi non può essere falsificata. La formazione di istituzioni sovrannazionali e le
conseguenti tendenze regionalistiche in Europa, hanno effettivamente rafforzato anche in Italia le
Regioni e lo sviluppo di uno spazio regionale più chiaro, nel quale la partecipazione democratica
possa evolversi più efficacemente. Ciò è dimostrabile prendendo come esempio lo sviluppo in
direzione federalistica in Italia in generale e delle Autonomie speciali, non per ultimo dell‟Alto
Adige/Südtirol.
La collaborazione transfrontaliera delle Regioni di confine promossa anche a livello europeo offre
inoltre nuove prospettive per superare vecchie ferite e nel contempo investire in cooperazioni che
possono svolgere compiti comuni in modo più efficiente. Si muovono in questa direzione anche le
Province di Trento e di Bolzano insieme al Bundesland Tirol dell‟Austria, che una volta formavano
il vecchio Tirolo storico, autonomo già allora nell‟Impero Asburgico, poi lacerato dai nuovi confini
dopo la Prima guerra mondiale.
L‟Euregio che si è formata ha intrapreso i suoi primi passi.15
Potrebbe però intensificare la
collaborazione in vari settori, non per ultimo quello scientifico per promuovere una cooperazione
tra le tre Università presenti sul territorio. I campi di collaborazione potrebbero spaziare dalla
cultura all‟ambiente, dal sociale fino al mondo economico per progetti comuni per esempio per la
promozione di prodotti, dell‟offerta turistica tra altro per le Alpi ecc. Il superamento dei confini
nazionali in un Europa più unita potrebbe aiutare anche a superare le tensioni etniche e va a
conferma di quanto andremo a verificare con la prossima quarta tesi.
7.3.4 Il federalismo disinnesca conflitti etnici
Quarta tesi: Quanto più uno Stato è organizzato in un regime federale e più autonomia concede
alle minoranze linguistiche, tanto più disinnesca conflitti etnici e la volontà di secessione. Questa
tesi è stata verificata sul caso della minoranza sudtirolese in Italia e non poté, almeno finora, essere
falsificata.16
Il federalismo risulta essere quindi una potenziale prevenzione dei conflitti. L‟esempio
della minoranza Sudtirolese ne ha dato finora prova ed ogni modo non può essere falsificata.
15
Cfr. Pernthaler, P./ Ortino, S. (ed) (1996) , Luverà, B. (2003). Sulle Euro-Regioni in generale cfr. Caciagli, M.
(2006) p 73-86. 16
Sul bilancio positivo del Pacchetto per l'Alto Adige cfr. anche Di Michele, A./ Palermo, F./ Pallaver, G. (ed.) (1992).
7 Conclusioni e confronto con le tesi
354
Già la concessione degli statuti speciali ha aiutato a distendere le tensioni e a disinnescare i piani di
secessione, come hanno dimostrato non solo l'esempio dell'Alto Adige dopo il Pacchetto, ma anche
quelli di Aosta, Sicilia e Sardegna. 17
Una delle maggiori cause d‟insorgenza dei conflitti internazionali va ricercata nella carenza di
programmi per la risoluzione dei conflitti tra le diverse nazionalità e minoranze etniche; ciò è
particolarmente evidente nell‟Europa orientale.18
Raramente vi è corrispondenza tra il territorio di
uno Stato e il territorio in cui risiede la popolazione di una certa nazionalità. Molti conflitti, molte
guerre e molti problemi ancora irrisolti dei gruppi etnici sono sorti proprio per questo motivo.
Una soluzione la offrono le autonomie e il federalismo, soprattutto se non sono corpi estranei in uno
Stato centralista, ma se si inseriscono in un contesto federale. Le autonomie e il federalismo si
offrono pertanto come modelli per risolvere i problemi delle minoranze e delle diverse nazionalità
in uno Stato, come l'esempio di Bolzano ha dimostrato. In effetti, un'autonomia speciale è stata
concessa alle regioni Sicilia, Sardegna, Aosta e Trentino-Alto Adige, per frenare i movimenti
secessionisti, come osserva correttamente Pallaver. 19
Esse possono prevenire focolai di crisi e
assicurare la pace
Quanto meglio uno Stato saprà costruire il proprio assetto secondo il principio di sussidiarietà,
quanto più saprà sostituire l‟imposizione di appartenenza allo Stato con una libera scelta e con il
federalismo, quanto più autonomo e rispettoso delle minoranze saprà essere, tanto più sicura
diventerà la sua esistenza poiché avrà saputo prevenire i conflitti e rendere superflue le modifiche
dei confini.
La quarta tesi non può pertanto essere falsificata.
17
Cfr. 2.2 Le Autonomie speciali in contrasto con Roma, nonché Nevola, G. (2003a), p XVIII. 18
Glatz, F. (1993). 19
Pallaver, G. (2007a) p 134.
7 Conclusioni e confronto con le tesi
355
7.4 Speranza per la pace
Speriamo pertanto che l‟umanità possa trarre un insegnamento dalle cruenti guerre del passato,
cariche di sofferenze, in modo da consolidare la pace.
Sarà pertanto motivo di orgoglio se le nostre esperienze autonomistiche potranno in qualche modo
contribuire alla soluzione dei molteplici e diversificati problemi delle minoranze etniche in Europa
e nelle altre parti del mondo.
8 Bibliografia, fonti e
informazioni sull‟autore
357
8 Bibliografia, fonti e informazioni sull„autore 8.1 Bibliografia, fonti e abbreviazioni
8.1.1 Libri e saggi impegnati
Accardo, A. (2003): Sardegna: Le inquietudini di una Regione Autonoma, in Nevola, G. (ed): Identità nazionale e
regioni a statuto speciale, Altre Italie, Carocci Roma.
Accardo, A. (ed) (1998): L‟isola della rinascita. Cinquant‟anni di autonomia in Sardegna, Laterza Roma Bari.
Agnelli, A. (1987): Evoluzione storico politica del Friuli Venezia Giulia, in Duwe, K. (ed): Regionalismus in Europa.
Beiträge über kulturelle und sozio-ökonomische Hintergründe des politischen Regionalismus, P. Lang Frankfurt am
Main.
Albert, M. (1991): Capitalisme contre capitalisme. Paris: Seuil.
Albertoni, G. (1996): Recensione (su Politi, G. (1995). Gli statuti impossibili, Einaudi Torino), in L'Indice 1996, no. 1:
http://www.ibs.it/code/9788806131173/politi-giorgio/gli-statuti-impossibili.html、scaricato il 1.7.2010.
Alcock, A. E. (1970): The History of the South Tyrol question, Michael Joseph, London.
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primo Statuto del 1948, con L. cost.10.11.1971, n. 1, TU 31 agosto 1972, no. 670,.
Statuto riformato nel 2001, con L. cost. 31.1.2001, n. 2.
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8.1.3 Fonti giuridiche
8.1.3.1 Trattati internazionali e accordi politici
Accordo di Parigi
Accordo tra l‟Italia e L‟Austria del 05.09.1946, detto anche Accordo Gruber-Degasperi,
che lo hanno concluso e firmato:
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tedesca
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(2000 c): Autonomie und Minderheitenschutz in Südtirol und im Trentino, p 243-268,
nell‟allegato, testo ufficiale del Bundesministerium für Auswärtige Angelegenheiten,
Wien, Österreichische außenpolitische Dokumente, Sonderdruck Südtirol,
Dokumentation (1946 – 1969).
Pacchetto
Misure a favore delle popolazioni Alto Atesine, Vienna/ Roma dicembre 1969, in
Peterlini, O. (1996 a): Autonomia e tutela delle minoranze, p 249-272; Peterlini, O.
(2000 d): Autonomia e tutela delle minoranze, p 241-264, testo della Presidenza del
Consiglio dei Ministri, Roma.
8.1.3.2 Norme costituzionali
Statuto Sicilia Statuto speciale della Regione Sicilia, Testo coordinato dello Statuto speciale, approvato
con RDL il 15.05.1946, n. 455, convertito in L. cost.26.02.1948, n. 2, GU 09.03.1948, n.
58, e seguenti modifiche ed integrazioni, agiornato fino alla L. cost.2/2001,
http://www.ars.sicilia.it/home/Statuto.pdf, scaricato 31.1.2010.
Cost.1948
Costituzione del 1948
Prima costituzione repubblicana del 1948, GU 27.12.1947, no. 298, con questa citazione
nel testo ci si riferisce comunque alla versione della Cost.vigente prima dell‟entrata in
vigore delle riforme del 2001, L. cost.2/2001 e L. cost.3/2001);
in Regione Autonoma Trentino-Alto Adige, Autonome Region Trentino-Südtirol, Statuto
Speciale per il Trentino-Alto Adige, Sonderstatut für Trentino-Südtirol, con testo a fronte
in lingua italiana e tedesca, aggiornato alla L. cost.del 29.10.1993, n. 3, Regione Trento.
Statuto Sardegna
Statuto speciale per la Sardegna, L. cost.26.02.1948, n. 3, GU 09.03.1948, n. 58, Testo
coordinato con le modifiche ed integrazioni della L. cost.2/2001,
http://www.regione.sardegna.it/documenti/1_39_20050318114805.pdf, scaricato
31.1.2010.
Statuto Valle d`Aosta
Statuto Speciale per la Valle d'Aosta, L. cost.26.02.1948, n. 4, GU 10.03.1948, n. 59,
Testo coordinato con le modifiche ed integrazioni della L. cost.2/2001,
www.consiglio.regione.vda.it/statuto/statuto_i.pdf, scaricato il 10.1.2010.
Statuto 1948
L. cost.5/1948
(Primo) Statuto speciale del Trentino Alto Adige, Sonderstatut für das Trentino-Tiroler
Etschland, L. cost.26.02.1948, n. 5, GU 13.03.1948, n. 62, in lingua italiana e tedesca
pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione/ Amtsblatt der Region Trentino-
Südtirol, del 25.02.1949, n. 1.
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Statuto Friuli Venezia
Giulia
Statuto speciale della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, L. cost. 31.01.1963, n. 1,
GU 01.02.1963, n. 29, Testo coordinato con le modifiche ed integrazioni della L.
cost.2/2001:
http://www.regione.fvg.it/istituzionale/statuto/allegati/statutoGiugno2003.pdf,
scaricato il 10.1.2010.
Statuto
(Trentino Alto Adige)
Se non diversamente specificato si intende lo Statuto di autonomia, Statuto speciale per
il Trentino Alto Adige, in forma vigente, DPR 31.08.1972, n. 670 con le successive
modifiche ed integrazioni.
Le leggi e le leggi costituzionale dello Statuto di autonomia:
L. cost. 26.02.1948, n. 5, brevemente nominato Statuto 1948,
L. 31.12.1962, n. 1777,
L. cost. 10.11.1971, n. 1 (riforma dello Statuto in base al Pacchetto),
L. cost. 23.02.1972, n. 1,
L. 30. 11. 1989, n. 386, (riforma del finanziamento)
L. cost. 31.1.2001, n. 2 (piccola revisione dello Statuto)
L. 23. 12.2009, n. 191, Finanziaria 2010, art. 2/ 106-126, che ha riformato il
finanziamento, modificando il Titolo VI , art. 69-83 dello Statuto) Finanza della Regione
e delle Province.
http://www.ras.bz.it/downloads/Das_neue_Autonomiestatut.pdf (2003),
http://www.provinz.bz.it/aprov/amministrazione/service/pubblicazioni.asp (2006),
In versione italiana e tedesca aggiornata (2010)
http://www.regione.taa.it/moduli/933_statuto_speciale.pdf, scaricato il 5.8.2010.
http://www.provinz.bz.it/ressorts/generaldirektion/lexbrowser_i.asp.
GG Costituzione della Repubblica Federale Tedesca, Grundgesetzes der Bundesrepublik
Deutschland: http://www.gesetze-im-internet.de/bundesrecht/gg/gesamt.pdf, scaricato il
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ÖBV Costituzione della Repubblica Federale Austriaca, Österreichische Bundesverfassung: La
ÖBV del 1920 (nella sua versione del 1929) contiene le parti più importanti del diritto
costituzionale austriaco, che è però costituito da molte altre leggi costituzionali e accordi
di Stato di rango costituzionale:
http://webs.schule.at/website/Constitutions/Verf_Austria.htm, scaricato il 7.7.2010.
Versione vigente in: http://www.verfassungen.de/at/verfassungheute.htm, scaricato il
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Legge Cost. n. 1/1971
L. cost.10.11.1971, n. 1 (Riforma dello Statuto del 1948 del Trentino Alto Adige, GU
05.01.1972, n. 3, contenente modifiche ed integrazioni alla L. cost.5/1948, versione
bilingue in Bollettino Ufficale della Regione, edizione straordinaria/ Sonderausgabe, n.
3/1978.
L. cost. 1/1993 L. cost. del 6.8. 1993, n. 1; GU 10.08.1993, n. 186, Funzioni della Commissione
parlamentare per le riforme istituzionali e disciplina del procedimento di revisione
costituzionale.
L. cost. 1/1997 L. cost. del 24.1 1997, n. 1; GU 28.01.1997, n. 22; Istituzione di una Commissione
parlamentare per le riforme costituzionali.
L. cost. 2/2001 L. cost. del 31.01.2001, n. 2; GU 01.02.2001, n. 26, Disposizioni concernenti l'elezione
diretta dei Presidenti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento
e di Bolzano
http://new.camera.it/parlam/leggi/eleletip.htm, scaricato 31.1.2010.
L. cost. n. 3/ 2001 Riforma costituzionale del 2001, L. cost 18.10.2001, n. 3, Modifica al Titolo V della
parte seconda della Costituzione, GU 24.10.2001, n. 248,
http://new.camera.it/parlam/leggi/eleletip.htm, scaricato 31.1.2010.
8 Bibliografia, fonti e
informazioni sull‟autore
385
Cost.
Costituzione italiana
vigente
Costituzione italiana vigente, (2007)
http://www.governo.it/Governo/Costituzione/2_titolo5.html
scaricato 11.3.2010.
Traduzione tedesca in:
http://www.ras.bz.it/downloads/Das_neue_Autonomiestatut.pdf, p 15, scaricato il
31.1.2010.
8.1.3.3 Norme di attuazione dello Statuto di Autonomia
DPR 752/1976
Cosiddetto decreto sulla proporzionale linguistica, DPR 26.7.1976, n. 752, GU
15.11.1976, n. 304; Bollettino della Regione 13.05.1980, n. 25, supplemento ordinario n.
1
Norme di attuazione allo Statuto speciale in materia di bilinguismo negli uffici pubblici e
proporzionale linguistica negli uffici statali in provincia di Bolzano, con le successive
modifiche ed integrazioni.
http://www.provincia.bz.it/ebt/service/normativa.asp, (italiano),
http://www.provinz.bz.it/zdp/service/gesetzgebung.asp, (tedesco), scaricato 31.1.2010.
DPR 846/1977
DPR 19.10.1977, n. 846, GU 26.11.1977, n. 323, bollettino ufficiale della Regione
13.05.1980, n. 25, supplemento ordinario n. 2, Norme di attuazione allo Statuto speciale
in materia di bilinguismo negli uffici pubblici e proporzionale linguistica negli uffici
statali in provincia di Bolzano, contenente modifiche al DPR 752/1976
DPR 760/1981
DPR 22.10.1981, n. 760; GU 24.12.1981, n. 353; A Bl 14.09.1982, n. 42, supplemento
ordinario n. 2;
Norme di attuazione allo Statuto speciale in materia di proporzionale linguistica negli
uffici statali in provincia di Bolzano, contenente modifiche al DPR 752/1976 e il DPR
846/1977,
DPR 89/1983
DPR 10.2.1983, n. 89, Testo unificato delle norme di attuazione allo Statuto speciale in
materia di ordinamento scolastico della Provincia di Bolzano, , GU 2.04.1983, n. 91,
Bollettino della Regione 28.06.1983, n. 33, supplemento ordinario n. 14
DPR 301/1988 DPR 15.7.1988, n. 301, GU 29.07.1988, n. 177; Bollettino della Regione 7.03.1989, n.
11, supplemento ordinario n. 3, Norme di attuazione allo Statuto speciale in materia di
iscrizione nelle scuole con lingua d‟insegnamento diversa dalla lingua materna
dell‟alluno.
DPR 574/1988 DPR 15.7.1988, n. 574, GU 08.05.1989, n. 105, Bollettino della Regione 19.9.1989, n.
41, supplemento ordinario, Norme di attuazione allo Statuto speciale in materia di uso
della lingua tedesca e ladina nei rapporti con gli organi e uffici della pubblica
amministrazione e von gli organi giurisdizionali,
D.lgs. 32/1991 D.lgs. 21.1.1991, n. 32, Norme di attuazione allo Statuto speciale in materia di
bilinguismo e proporzionale linguistica presso l‟Ente Ferrovie dello Stato,
GU 01.2.1991, n. 27, Bollettino della Regione 9.07.1991, n. 29, supplemento ordinario,
n. 2
D.lgs. 266/1992 D.lgs. 16.3.1992, n. 266, Norme di attuazione allo Statuto speciale in materia di
relazione tra gli atti legislativi statali, regionali e provinciali nonchè sul potere di
indirizzo e coordinamento, GU 22.4.1992, n. 94, supplemento ordinario; Bollettino della
Regione 12.5.1992, n. 20, supplemento ordinario
D.lgs. 592/1993 D.lgs. 16.12.1993, n. 592, GU 16.02.1994, n. 38; Bollettino della Regione 1.3.1994, n. 9,
Norme di attuazione allo Statuto speciale in materia di tutela dei Ladini in provincia di
Trento.
D.lgs. 163/2006 D.lgs. 12.4.2006, n. 163, Codice sui contratti publici riguardanti lavori, servizi e
forniture, in attuazione della direttiva UE 2004/17/CE e 2004/18/CE; GU 2.5.2006, n.
8 Bibliografia, fonti e
informazioni sull‟autore
386
100, supplemento ordinario.
Tutte le norme di attuazione allo Statuto speciale nonché le leggi provinciali della Provincia di Bolzano in lingua
italiana: http://www.provinz.bz.it/ressorts/generaldirektion/lexbrowser_i.asp
e tedesca: http://www.provinz.bz.it/ressorts/generaldirektion/lexbrowser_d.asp, scaricato 31.1.2010.
Leggi ordinarie e altre norme
L. 400/1988
Legge del 23.8.1988, n. 400, Regolamentazione dell‟attività del Governo e ordinamento
della Presidenza del Consiglio dei ministri; GU 12.9.1988, n. 214.
L. 131/2003
Misure per l‟adattamento dell‟ordinamento della Repubblica alla L. cost.18.10.2001 n. 3,
GU 10.06.2003 n. 132, cosiddetta Legge La Loggia
L. 71/1994
Legge del 29.1.1994, n. 71; GU 31.01.1994, n. 24
8.1.4 Abbreviazioni
Vedi anche: Archivi, media documenti e le Fonti giuridiche, nonché l‟elenco dei partiti e le relative
abbreviazioni.
AA.VV.
Autori Vari, edizioni che raccolgono saggi di diversi autori
Bollettino
della Regione
Bollettino della Regione Trentino Alto Adige/Amtsblatt der Region Trentino Südtirol, nel quale
vengono pubblicate le leggi regionali e provinciali della Provincia di Bolzano, nonché leggi statali
importanti in lingua italiana e tedesca.
c.d.
Cens.
Cfr.
Cost.
CPT
cosiddetto/i
Censimento
Confronta
Costituzione
Conti Pubblici Territoriali, un sistema unificato di calcolo e dei conti delle amministrazioni pubbliche
presso il Ministero dell‟Eonomia.
Ddl
Ddl cost
De
D.L.
D.lgs.
DPR
Disegno di legge
Disegno di legge costituzionale
Deutsch/ tedesco
Decreto Legge
Decreto Legislativo
Decreto Presidente della Repubblica
Eng
EGH
EMRK
CEDU
Englisch/ inglese
Europäische Gerichtshof/ Corte di Giustizia Europea, Court of Justice of the European Union
Europäische Menschenrechtskonvention, European Convention on Human Rights (ECHR),
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)
Fig. Figura
GG
GU
Grundgesetz der Bundesrepublik Deutschland (Costituzione della Repubblica federale tedesca)
Gazzetta Ufficiale
ed editore
8 Bibliografia, fonti e
informazioni sull‟autore
387
IRPEF
IRPEG
IRES
It
Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche, Steuer auf Einkommen natürlicher Personen
Imposta sul Reddito delle Persone giuridiche, Imposta sul reddito delle società, Steuer auf
Einkommen juristischer Personen, seit 2004 durch die IRES ersetzt
Imposta sul Reddito delle società.
Italienisch/ italiano
L.
L. cost.
Legge
Legge costituzionale
No./ no./n. Numero
OSCE
Organization for Security and Co-operation in Europe, Organizzazione per la Sicurezza e la
Cooperazione in Europa
p
P.A.
p.es.
PIL
pagina
Pubbliche amministrazioni
Per esempio
Prodotto interno lordo
RDL
RNS
Regio Decreto Legislativo
Regionen mit Normalstatut, Regioni a statuto ordinario
SV
seg.
Senatori a Vita
seguenti
Tab. Tabella
VGR Volkswirtschaftliche Gesamtrechnungs, Contabilità nazionale
WIFO/IRE
WKÖ
Wirtschaftsforschungsinstitut der Handelskammer Bozen/ Istituto di ricerca economica della Camera
di Commercio di Bolzano
Wirtschaftskammer Österreichs (Camera dell‟Economia Austriaca)
8.1.5 Partiti politici
In grassetto i partiti presenti in Parlamento nell‟attuale legislatura (2008-2013)
Partiti etnoregionali in Italia: ALD Autonomy Liberty Democracy (Valle d‟Aosta, Italia), un Deputato
SVP (PPST) Südtiroler Volkspartei, (Partito Popolare Sudtirolese, Italia), cinque Parlamentari
PSd‟A Partito Sardo d‟Azione
UV Union Valdotaine (Valle d‟Aosta, Italia) un Senatore
Partiti italiani
AN
API
Alleanza Nazionale, nata dal MSI-DN, ora integrata nel PdL
Alleanza per l‟Italia, nuova formazione di Centro intorno al Senatore Francesco Rutelli, uscito nel
2009 dal PD, in opposizione al Governo Berlusconi
CCD Centro Cristiano Democratico, formato dall‟ala destra della DC, partito di Centro, ora coll‟ UDC
CdL Casa della Libertà, ora Popolo della Libertà, PdL, partito di Destra al Governo
CDU Cristiani Democratici Uniti, formato dall‟ala destra della DC, partito di Centro, ora coll‟UDC
DC Democrazia Cristiana , al potere dal 1946 al 1994
FI Forza Italia, ora PdL
IdV
Italia dei Valori, Lista Di Pietro, partito di Centrosinistra attorno al Deputato Antonio Di Pietro,
secondo partito di opposizione dopo il PD
8 Bibliografia, fonti e
informazioni sull‟autore
388
LD Liberal Democratici, un paio di Parlamentari intorno al Senatore Lamberto Dini, che nel 2008 è
passato al PDL, alla Camera nel Gruppo misto, però in maggioranza con Berlusconi
LEGA/LN Lega Nord Padania, Movimento federalista intorno a Umberto Bossi, al Governo
MAIE
Marg Movimento Associativo Italiani all‟Estero con Merlo Margherita (bildete sich aus dem Mitte-Linksflügel der DC nach deren Zusammenbruch), ora nel PD
MpA Movimento per le Autonomie-Movimento per il Sud (soprattutto in Sicilia), pochi Parlamentari al
Gruppo Misto
MSI- DN Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale, poi trasformato in AN-DN, ora nel PdL
PAPI Partito Autonoma dei Pensionati
PCI
PdCI
Partito Comunista Italiano, poi DS, ora nel PD, le componenti più di Sinistra formano invece PRC e
PdCI
Partito dei Comunisti Italiani
PD Partito Democratico (Fusione di DS e Margherita), Centrosinistra,primo partito di opposizione al
Parlamento, condotto dal Segretario Pier Luigi Bersani. Il PD è uscito dall‟Ulivo, al quale peò
facevano parte anche i Verdi/Grüne e i Comunisti Italiani.
PdL Popolo della Libertà, prima chiamatosi Casa della Libertà e Polo della Libertà, primo partito italiano,
di Destra, al Governo dal 2008 attorno al leader Silvio Berlusconi, formatosi dalla fusione di FI e AN
(FI = Forza Italia, AN = Alleanza Nazionale)
PDIUM Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica
PDS Partito Democratico di Sinistra
PLI
PNF
Partito Liberale Italiano
Partito Nazionale Fascista, il partito di Benito Mussolini
PPI Partito Popolare Italiano, nato dalla componente di Destra della ex-DC, oggi nell‟UDC
P. RAD Partito Radicale attorno al leader Marco Panella (eletti nelle liste del PD)
PRC/Rif.Com. Rifondazione Comunista
PRI Partito Repubblicano Italiano (PRI)
PS- PSE Partito Socialista- Partito Socialista Europeo
PSDI Partito Socialista Democratico Italiano
PSI Partito Socialista Italiano
PSIUP Partito Socialista di Unità Proletaria
PSU
Rep Reg Pop
Partito Socialista Unitario (PSI +PSDI)
Republicani Regionalisti Popolari, una parte dell‟ex-Partito Repubblicano Italiano (PRI), con tre
Deputati intorno a Giorgio La Malfa, eletti nelle liste del PDL, usciti nel 2009 dalla maggioranza di
Berlusconi, ora nel Gruppo Misto.
UDC Unione di Centro, nata dalla unificazione di CCD e CDU, le componenti di Destra della exDC, ora al
Senato nel Gruppo UDC-SVP-Autonomie insieme alle minoranze linguistiche e un paio di Senatori a
Vita
UDEUR Popolari UDEUR (Unione Democratici per l'Europa), con Mastella, dal 2008 non più in Parlamento
ULIVO UnCoalizione die partiti di Centrisinistra, oggi PD, dal 2006 DS u. Margherita, prima comprendente
anche i Verdi/Grüne e i Comunisti Italiani
UNIONE
USEI
Unione di Prodi 2006-2008 (Ampia coalizione di Centrosinistra, comprendente l‟Ulivo, Verdi, PdCI,
PRC, IdV, Radicali), al Governo con Romano Prodi
Unione Sudamericani Emigrati Italiani
VERDI Federazione dei Verdi, in Alto Adige/Südtirol: Verdi/Grüne/Verc
8 Bibliografia, fonti e
informazioni sull‟autore
389
8.2 Ringraziamenti e informazioni sull‟autore
8.2.1 Ringraziamenti
Per l‟assistenza e la consulenza scientifica, la lettura, la correzione e i preziosi suggerimenti:
Univ. Prof. Dr. Alan Scott, Universität Innsbruck,
Univ. Prof. DDr. Günther Pallaver, Universität Innsbruck.
Alla Dott.ssa Maria Aceto, ufficio legislativo del Gruppo parlamentare UDC-SVP-Autonomie del
Senato della Repubblica, per la correzione lessicale e la revisine normativa del testo.
Per dati, informazioni, documenti e supporto tecnico:
Dr. Emanuela Catalucci, Servizio Studi del Senato della Repubblica;
Dr. Paolo Evangelisti, Archivio Storico della Camera dei Deputati;
Prof. Marco Pizzo, Vicedirettore del Museo Centrale del Risorgimento (per la foto dei Propugnatori
d‟Italia e l‟autorizzazione per la riproduzione);
Dr. Maria Aceto, Dirigente ufficio legale del Gruppo UDC SVP Autonomie al Senato della
Repubblica,
Dr. Guglielmo Cirioni, Servizio informatica del Senato della Repubblica,
Dr. Sonja Schiefer, Segretaria Particolare del senatore Oskar Peterlini nel Gruppo SVP al Senato.
Per supporto nella traduzione:
Dr. Gennaro Sposato, Roma,
Laura Mantovani Pfitscher, Lana.
8 Bibliografia, fonti e
informazioni sull‟autore
.
391
8.2.2 Curriculum vitae dell‟autore
Oskar Peterlini, Senatore della Repubblica. Nasce il 19 settembre 1950 a Bolzano. Dopo la maturità
classica compie studi di giurisprudenza ed economia presso l‟Università di Modena e di Innsbruck e
consegue la laurea in economia aziendale all‟Università di Venezia. Seguono studi di portfolio-
management a New York e, recentemente il dottorato di ricerca presso la facoltà di scienze politiche
dell‟Università di Innsbruck.1
Dal 1972 al 1979 ricopre il ruolo di segretario prima, poi presidente del movimento giovanile
(Junge Generation) della Südtiroler Volkspartei (SVP). Nel 1978 è eletto consigliere della Regione
Trentino Alto Adige Südtirol e del Consiglio Provinciale di Bolzano, carica che rivestirà fino al
1998. È capogruppo dell‟SVP in Consiglio Regionale e dal 1983 al 1993 presidente della
Commissione finanza, economia e bilancio del Consiglio Provinciale di Bolzano. Dal 1988 al 1998
riveste alternativamente la funzione di vicepresidente e presidente del Consiglio Regionale.
Dal 1989 promuove un innovativo modello di previdenza complementare, Pensplan con fondi
pensione Laborfonds e Plurifonds, sviluppati e realizzati con un accordo tra tutte le parti sociali
della Regione e una specifica legge regionale. È fondatore e amministratore delegato del gruppo
Centrum Pensplan spa e Pensplan- Invest, società per la gestione del risparmio.
Alle elezioni politiche del 2001 è eletto al Senato della Repubblica nel Collegio Bolzano-Bassa
Atesina e rieletto negli anni 2006 e 2008. Dal 2006 al 2008 è presidente del Gruppo parlamentare
Per le Autonomie, dal 2008 membro della delegazione parlamentare italiana presso l'Assemblea
parlamentare dell'Iniziativa Centro Europea (Central European Initiative).
È membro di presidenza delle seguenti Commissioni: dal 2001 al 2008 Lavoro e Previdenza, dal
2008 al 2010 Istruzione e beni culturali, dal 2006 a oggi Affari costituzionali.
Vanta un prestigioso curriculum come referente universitario in Italia e all‟estero, oltre che una
folta pubblicazione su tematiche di largo spettro, dal diritto pubblico all‟autonomia, federalismo, la
riforma costituzionale italiana e i sistemi elettorali, nonché la previdenza complementare e fondi
pensione.
8.2.3 Libri e saggi dell‟autore in pubblicazioni 2
Libri, tesi e saggi in pubblicazioni 3
Su Costituzione, Autonomia e Federalismo
Peterlini, O. (2010e, de): Föderalismus und Autonomien in Italien - Die Auswirkungen der Föderalismusentwicklung in
Italien auf die Sonderautonomien und im Besonderen auf das Autonomiestatut von Trentino Südtirol / Dissertation,
Leopold Franzens Universität, Fakultät für Politikwissenschaften und Soziologie, Innsbruck.
1 Aggiornato in questa traduzione al novembre 2010.
2 Alle Bücher e Buchbeiträge in der Landesbibliothek Dr. Friedrich Tessmann, Bolzano. Tutti i libri e contributi in libri
reperibili nella biblioteca provinciale Dr. Friedrich Tessmann, Bolzano: http://www.tessmann.it/ ,
(de = deutsch/ tedesco, it = Italienisch/ italiano, eng = englisch/ inglese) 3 Tutti i libri e contributi in libri reperibili nella biblioteca provinciale Dr. Friedrich Tessmann, Bolzano:
http://www.tessmann.it/ ,
(de = deutsch/ tedesco, it = Italienisch/ italiano, eng = englisch/ inglese)
8 Bibliografia, fonti e
informazioni sull‟autore
.
392
Peterlini, O. (2010h, it): Federalismo e Autonomie in Italia, Gli effetti dello sviluppo federale in Italia sulle autonomie
speciali e in particolar modo sullo Statuto del Trentino Alto Adige Südtirol, Tesi di dottorato, Leopold Franzens
Universität, Facoltà di scienze politiche e sociologia, Innsbruck.
Peterlini, O. (2010c, de): Mit Herz und Seele für Österreich und Südtirol, Mit Klecatsky durch Erlebnisse und
Geschichte, Recht und Politik, in: Raffeiner, A./ Matscher, F./ Pernthaler, P.: Festschrift zum 90. Geburtstag von Prof.
Dr. Hans Richard Klecatsky, Neuer Wissenschaftlicher Verlag Wien.
Peterlini, O. (2010a, it): L‟autonomia che cambia, Gli effetti della riforma costituzionale del 2001 sull‟autonomia
speciale del Trentino Alto Adige Südtirol e le nuove competenze in base alla clausola di maggior favore, Casa editrice
Praxis 3 Bolzano.
Peterlini, O. (2010b, it): Secessione, riforma costituzionale, Senato federale, devolution, federalismo fiscale e sicurezza,
in Provenzano, F.M.: Dall‟interno della Lega – Testi e documenti per conoscere tutto della Lega Nord, Presse libre
Italia, stampa Lito Terrazzi Cascine del Riccio (Firenze).
Peterlini, O. (2009 eng): The South-Tyrol Autonomy in Italy, Historical, Political and Legal Aspects, in Oliveira J.
/Cardinal P. (ed) (2009): One Country, Two Systems, Three Legal Orders - Perspectives of Evolution, Springer.
Peterlini, O. (2008b, de): Die Föderalismusentwicklung in Italien und ihre Auswirkungen auf die Sonderautonomien
(Lo sviluppo federalista in Italia e le conseguenze per le autonomie speciali), Zeitschrift für Öffentliches Recht (ZÖR
63), Springer Wien New York.
Peterlini, O. (2008 it): Evoluzione in senso federale e riforma costituzionale in Italia, FÖDOK 27, Institut für
Föderalismus Innsbruck.
Peterlini, O. (2007a, de): Föderalistische Entwicklung und Verfassungsreform in Italien (Evoluzione in senso federale e
riforma costituzionale in Italia), FÖDOK 25, Institut für Föderalismus Innsbruck.
Peterlini, O. (2000c, de): Autonomie und Minderheitenschutz in Südtirol und im Trentino, Überblick über Land und
Geschichte, Recht und Politik, Regionalrat der Autonomen Region Trentino-Südtirol, Bozen Trient.
Peterlini, O. (2000d, it): Autonomia e tutela delle minoranze nel Trentino-Alto Adige, Cenni di storia e cultura, diritto
e politica, Consiglio della Regione Autonoma del Trentino Alto Adige, Bolzano Trento.
Peterlini,O. (2000e, lad): Autonomia y scunanza dla mendranzes tl Trentin Südtirol,Referiment ala storia, al dert y ala
politica Cunsei dla Region dl Trentin Südtirol, Bulsan Trent (Bozen/Bolzano Trento).
Peterlini, O. (1997a, eng): Autonomy and the Protection of Ethnic Minorities in Trentino-South Tyrol, An Overview of
the History, Law and Politics, Braumüller Wien.
Peterlini, O. (1997b, de): Autonomie und Minderheitenschutz in Trentino-Südtirol, Region Trentino-Südtirol,
Überblick über Geschichte, Recht und Politik, Braumüller Wien.
Peterlini, O. (1996a, it): Autonomia e tutela delle minoranze nel Trentino-Alto Adige, Cenni di storia diritto e politica,
Consiglio della Regione Autonoma del Trentino Alto Adige, Bolzano Trento.
Peterlini, O. (1996b, de) Autonomie und Minderheitenschutz in Trentino-Südtirol, Überblick über Geschichte, Recht
und Politik, Region Trentino-Südtirol, Bozen-Trient.
Peterlini,O. (1989/1980 it): Aspetti e problemi dello Statuto di autonomia, in “La storia dell„Alto Adige”, Istituto
Magistrale Italiano, Bolzano.
Peterlini, O. (1988a, de it): Il Sudtirolo, una prova d´esame per l´Europa / Südtirol - ein Prüfstein für Europa, in
Minoranze linguistiche fra storia e politica / Sprachliche Minderheiten zwischen Geschichte und Politik, CIVIS,
Biblioteca Cappuccini, Trento.
Peterlini, O. (1980 de): Der ethnische Proporz in Südtirol (La proporzionale etnica in Alto Adige), Athesia Bozen.
Su sistemi e analisi elettorali Peterlini, O. (2010f, de): Wahlsysteme und Sprachminderheiten, Die Auswirkungen von Wahlsystemen auf die
Vertretung von Sprachminderheiten im Parlament am Beispiel Südtirols, Forschungsprojekt an der Fakultät für
Politikwissenschaften der Leopold Franzens Universität Innsbruck.
8 Bibliografia, fonti e
informazioni sull‟autore
.
393
Peterlini, O. (2010g, it): Sistemi elettorali e minoranze linguistiche, Le ripercussioni dei sistemi elettorali sulla
rappresentanza delle minoranze linguistiche in Parlamento sull‟esempio delle minoranze dell‟Alto Adige Südtirol,
Progetto di Ricerca svolto presso la Facoltà di Scienze politiche della Leopold Franzens Universität Innsbruck.
Peterlini, O. (2009 de): Südtirols Vertretung am Faden Roms, Die Auswirkungen von Wahlsystemen auf ethnische
Minderheiten am Beispiel Südtirols in Rom von 1921-2013 (Le conseguenze dell'evoluzione federale in Italia sulle
minoranze linguistiche, avendo come esempio la Regione Autonoma Trentino-Alto Adige), in Hilpold P. (Hg):
Minderheitenschutz in Italien, Reihe Ethnos 70, Braumüller Wien.
Peterlini, O. (2008a, de): Südtirols Vertretung in Rom - Die Auswirkungen von Wahlsystemen auf ethnische
Minderheiten (La rappresentanza Sudtirolese a Roma - Le ripercussioni di sistemi elettorali su minoranze linguistiche).
Versione abbreviata in Europa Ethnica 3/4, S. 97-106, Braumüller Wien.
Su previdenza sociale e strategie d’investimento
Peterlini, O. (2003a, it): Le nuove pensioni . FrancoAngeli, Milano.
Peterlini, O. (2003b, it): Come cambia la tutela previdenziale: un‟esperienza locale, in I giovani e la previdenza
complementare. Atti del convegno, 17 settembre 2003 a Bologna. COVIP (Commissione di Vigilanza dei Fondi
Pensione), Bollettino Quaderno n. 4, Roma.
Peterlini, O. (2000a, de): Zukunft planen, Die neue zusätzliche Altersvorsorge in Südtirol und im Trentino, Athesia
Bozen.
Peterlini, O. (2000b, it): Pianificare il futuro, La nuova previdenza complementare in Trentino Alto Adige, Athesia
Bolzano.
Su temi economici, di bilancio e scientifici
Peterlini, O. (1979a, de): Quantitativer und qualitativer Bedarf an Arbeitskräften im öffentlichen Dienst in Südtirol'' (Il
fabbisogno quantitativo e qualitativo di lavoratori nella pubblica amministrazione dell'Alto Adige), Universität
Innsbruck, Tesi di laurea.
Altri saggi, ricerche e lezioni 4
Su Costituzione, Autonomia e Federalismo
Peterlini, O. (2009a it): Attuare la Costituzione nei suoi valori conquistandone i diritti – Un anno di Governo
Berlusconi, Relazione al Convegno con l‟Onorevole Luciano Violante e il Senatore Oskar Peterlini, organizzato dalla
Città di Bolzano in collaborazione con ANPI, AGB-CGIL, SGB-CISL, SGK-UIL, ASGB, KVW, ACLI, Centro Pace,
Comunità Ebraica, PD-Novacella, 21 maggio 2009, non pubblicato, Bolzano.
Peterlini, O. (2007/2004 it): Autonomia e tutela delle minoranze linguistiche nel Trentino-Alto Adige, (Testo e
presentazione PowerPoint), lezioni e seminari di Istituzioni di diritto pubblico, Libera Università Freie Universität
Bozen Bolzano, dicembre 2004 e 2007.
Peterlini, O. (2007b, de): Föderalistische Reformversuche und Verfassungsreform in Italien (I tentativi di riforme
federali e la riforma costituzionale in Italia), lezioni (testo e presentazione PowerPoint). alla facoltà di giurisprudenza
"Juridicum" dell'Università di Vienna, maggio 2007, e alla facoltà di giurisprudenza dell'Università di Innsbruck,
ottobre 2007.
4 I saggi più brevi rilegati in raccoglitori presso la Biblioteca provinciale Dr. Friedrich Tessmann, , nonché presso
l‟Archivio provinciale, Bolzano:
http://www.tessmann.it/, http://www.provinz.bz.it/landesarchiv/suche/suche.asp
(de = deutsch/ tedesco, it = Italienisch/ italiano, eng = englisch/ inglese)
8 Bibliografia, fonti e
informazioni sull‟autore
.
394
Peterlini, O. (2007/2006/2005 eng): The South Tyrol Autonomy in Italy, International Conference “One country, two
systems, three legal orders“, (Text u.Powerpoint), Gastvorlesungen über die Südtirolautonomie, lezioni e seminario
sugli aspetti storici, politici e legali dell'autonomia dell'Alto Adige, Università di Macao 2007; alla „Crestina Partium“
Università di Oradea (Romania) 2006; all‟Università di Hong Kong 2005.
Peterlini, O./ Baroncelli, S. (2004 it): Lezioni di diritto costituzionale sul parlamentarismo, seminario e lezioni (testo e
presentazione PowerPoint), Freie Univ. Bozen/ Libera Università di Bolzano.
Peterlini, O. (1997g, de): Aus autonomen Wurzeln, in Der Regionalrat Trentino Südtirol, opuscolo, Regionalrat
Trentino-Südtirol, Trient-Bozen.
Peterlini,O. (1997h, it): Le origini dell‟autonomia, in Il Consiglio regionale Trentino – Alto Adige, XI. Legislatura
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8.3 Dichiarazione sostitutiva di giuramento
Dichiaro di aver redatto questa tesi di dottorato personalmente e di non aver usato altre fonti e
supporti che quegli indicati. Tutte le citazioni e le fonti sono evidenziate come tali.
Questa tesi non è stata presentata in questa o simile forma a nessun altra autorità accademica
esaminatrice e non è stata pubblicata.
Innsbruck, luglio 2010 Oskar Peterlini
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