Post on 15-Feb-2019
Economia e Politica agroalimentare
Corso di Laurea: Scienze E Tecnologie Alimentari
Prof: Agata Nicolosi
Dispensa di Marketing Mix
Dott. Marco Strazzulla
Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria
Facoltà di Agraria
Economia e Politica agroalimentare
Corso di Laurea: Scienze e Tecnologie Alimentari
Prof: Agata Nicolosi
Economia e Politica agroalimentare
Corso di Laurea: Scienze E Tecnologie Alimentari
Prof: Agata Nicolosi
Dispensa di Marketing Mix
Dott. Marco Strazzulla
Il Marketing Mix
In un’impresa orientata al mercato tutte le azioni e tutte le decisioni sono dettate dal marketing e, di
conseguenza, il suo sforzo principale deve essere quello di individuare il prodotto giusto da vendere (con
tutte le caratteristiche annesse e connesse, e questo influirà anche sulla produzione), al prezzo più indicato
(e questo influirà sui profitti), convincendo gli acquirenti della sua capacità di soddisfare i loro bisogni
attraverso una comunicazione efficace e distribuendolo nella maniera più adeguata ed economica.
Un’impresa orientata al mercato utilizza tutti gli strumenti contemporaneamente per creare la
combinazione ottimale: una strategia che ignori o dimentichi uno degli strumenti è incompleta ed è
sicuramente destinata a fallire; questo non significa, ovviamente che le risorse disponibili debbano essere
ripartite equamente tra i vari strumenti ma solo che occorre agire su tutti per poter raggiungere l’obiettivo.
Come si è visto, l’impresa si organizza in modo appropriato per agire sul mercato e sviluppa poi la sua
azione mediante alcuni strumenti che può impiegare in diverse e mutevoli combinazioni con l’obiettivo di
incrementare e massimizzare il volume delle sue vendite e dei suoi profitti.
L’insieme di questi strumenti e la loro combinazione si definisce Marketing Mix.
Le combinazioni possibili degli strumenti di marketing possono essere teoricamente illimitate; non tutti gli
strumenti, tuttavia, hanno lo stesso tipo di influenza sulle vendite di uno specifico prodotto, quindi
l’impresa deve porre la sua attenzione sull’influenza che ogni possibile combinazione può avere sul
comportamento dell’acquirente.
Tutte le decisioni relative alla formazione di una particolare combinazione del Marketing Mix sono basate
su ipotesi concernenti la probabile risposta del mercato nei confronti della combinazione adottata.
Gli elementi del Marketing Mix
La classificazione tradizionale degli strumenti del Marketing Mix è definita, negli Stati Uniti, delle “4 P”
(Product=Prodotto, Price=Prezzo, Place=Distribuzione, Promotion=Comunicazione).
Questa classificazione non è oggi più sufficiente per descrivere completamente le leve realmente a
disposizione delle imprese; non ci si può più fermare, infatti, solo all’individuazione dei 4 singoli elementi
costituenti il Marketing Mix, occorre comprendere il significato di ciascuno in modo più approfondito.
Gli studiosi di questa disciplina fanno discendere da quella tradizionale una serie di ulteriori classificazioni
interne che permettono di definire in modo più preciso gli elementi su cui è possibile agire e le possibili
strategie da adottare.
Ogni elemento, al suo interno, ha diverse componenti che possono poi configurarsi come gli effettivi
strumenti di marketing da utilizzare.
Il prodotto
Il prodotto costituisce senza dubbio l’elemento centrale del marketing dell’impresa: essa deve disporre di
prodotti/servizi in grado di soddisfare la domanda di determinati segmenti di clienti.
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Dispensa di Marketing Mix
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Per prodotto si deve intendere, più che un oggetto fisico, un insieme di valori, un insieme di utilità che il
prodotto o servizio copre.
Ecco, allora, che il bene è caratterizzato da diversi elementi.
- La marca
La prima caratteristica del prodotto è la marca, ovvero tutto ciò che consente di identificare i beni ed i
servizi di un produttore o di un gruppo di produttori, differenziandoli rispetto a quelli della concorrenza.
I mezzi di identificazione della marca possono essere costituiti da un nome, da segni o simboli, da un
disegno o da una combinazione di questi.
Nell’ambito della marca si può distinguere il nome di marca (o brand name), cioè la parte che può essere
scritta e vocalizzata, ed il marchio (brand mark) cioè quella parte riconoscibile visibilmente, come un
disegno, un simbolo, eccetera.
La marca svolge anche un ruolo essenziale nella fidelizzazione della clientela, dato che essa evoca tutti i
valori che contraddistinguono un certo produttore e contribuisce a consolidarne l’immagine.
Un prodotto senza marca, cioè di tipo generico, viene detto commodity (ad esempio il petrolio, il grano o
altre materie prime).
- La gamma
Lo sviluppo dell’impresa moderna e i processi di differenziazione ad esso connessi hanno determinato la
scomparsa dell’impresa monoprodotto, cioè dell’impresa produttrice e venditrice di un unico prodotto
specifico, nella cui offerta al mercato si esaurisce la capacità dell’impresa.
L’impresa si trova così di fronte al problema di formare un’offerta di prodotti articolata in modo da
consentirle di accrescere al massimo la propria posizione competitiva.
La proliferazione dei beni prodotti dall’impresa richiede che l’azienda prenda decisioni a tre diversi livelli di
aggregazione:
1. Singolo prodotto (articolo),
2. Linea di prodotti, la linea è un gruppo di prodotti strettamente collegati tra loro o perché soddisfano una
classe specifica di bisogni o perché possono essere usati insieme o perché vengono indirizzati allo stesso
gruppo di clienti o, infine, perché ricadono tutti nella stessa classe di prezzo,
3. Combinazione di prodotti (product mix), l’insieme di prodotti offerti da un’impresa o da una divisione
aziendale.
La combinazione di prodotti viene considerata in base alla sua ampiezza (denominata assortimento), alla
sua profondità (denominata gamma), e alla sua coerenza.
L’ampiezza della combinazione di prodotti si identifica con il numero delle differenti linee di prodotti
dell’impresa.
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La profondità della combinazione di prodotti si identifica con il numero medio di prodotti offerti
dall’impresa in ciascuna linea di prodotti.
La coerenza della combinazione di prodotti si identifica, invece, con il livello di correlazione delle diverse
linee di prodotti per quanto riguarda il loro uso finale, i requisiti di produzione, i canali di distribuzione ed
altri fattori.
- La qualità
È la percezione della bontà specifica del prodotto che ciascun individuo ha; la percezione della qualità del
prodotto può essere oggettiva, e cioè vale per molti consumatori, o soggettiva.
Non sono rari i casi in cui tra il valore percepito del prodotto e quello effettivo esiste una differenza
significativa, ma per il comportamento d’acquisto del consumatore ciò che conta è il valore percepito e non
quello effettivo.
- Il design
E’ l’elemento che può portare, per taluni tipi di prodotto, alla decisione di acquisto; è l’elemento
accattivante del prodotto.
L’utilità, la funzione, del bene è sempre uguale, ma il design può spostare la decisione da un bene all’altro
(ad esempio, gli occhiali da sole)
- La confezione
E’ costituita da tutti gli elementi che permettono la distribuzione e la conservazione ottimale del bene nel
suo percorso verso il cliente.
Può diventare una vera e propria leva di marketing quando si collega con aspetti funzionali (ad esempio il
fustino tondo o rettangolare del detersivo) o con aspetti di tipo psicologico (ad esempio l’uso di imballaggi
riciclabili o biodegradabili può far preferire un prodotto rispetto ad un altro analogo con imballaggi di tipo
diverso).
- Servizi accessori
L’uso dei servizi accessori come leva di marketing si sta diffondendo in modo evidente sia nei mercati dei
beni di consumo che in quelli dei beni industriali. Oggi, infatti, sono importantissimi sia i servizi venduti con
il prodotto (ad esempio un telefono cellulare con la carta prepagata compresa nel prezzo) sia quelli che
vengono messi a disposizione dell’acquirente in un momento successivo all’acquisto (ad esempio una casa
automobilistica che offre un tagliando completo dell’automobile a prezzo bloccato in prossimità delle
vacanze).
Dal punto di vista operativo, un prodotto è tutto ciò che può essere offerto ad un mercato per sollecitarne
l’attenzione, l’acquisizione o il consumo; esso può consistere in oggetti fisici, servizi, persone, località,
istituzioni e idee.
Per l’impresa può essere opportuno in molti casi tenere distinti il prodotto vero e proprio dalla sua funzione
effettiva.
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In questo caso è possibile distinguere:
• il prodotto generico che è quello che si identifica con l’utilità o con il vantaggio essenziale offerto al consumatore, il quale poi soddisfa il proprio bisogno attraverso il prodotto tangibile;
• il prodotto tangibile che è la combinazione di elementi fisici o di prestazioni che viene concepita allo scopo di assolvere specifiche funzioni (una macchina per pulire i pavimenti, un taglio di capelli, ecc.). Il mercato individua i prodotti tangibili sulla base di elementi quali: il livello di qualità, le caratteristiche tecnico-funzionali, lo stile, la marca, la confezione.
• il prodotto in senso ampio che è quel complesso di vantaggi che l’acquirente riceve e/o sperimenta ottenendo il prodotto tangibile, non si tratta quindi di un’entità fisica, ma di un insieme di attributi aventi una valenza reale o psicologica, come la garanzia, il disegno, l’immagine e le prestazioni accessorie e complementari.
Prodotti e servizi possono essere classificati in vari modi, secondo la finalità a cui l’identificazione delle
relative categorie può servire operativamente.
Già si è detto della classificazione secondo i mercati di destinazione (Beni di consumo, Beni industriali) e di
quella in base alla durata ed all’utilizzo (Beni durevoli, Beni non durevoli); ovviamente per ciascuna di
queste categorie vanno elaborate delle politiche di gestione che siano coerenti con la tipologia dei beni e
con gli obiettivi fissati nel piano di marketing.
Un’ulteriore classificazione che assume una certa rilevanza in questo contesto è quella che riguarda le
modalità di acquisto, per la quale i prodotti si distinguono in:
- Beni ad acquisto corrente: sono quei beni di consumo che l’acquirente acquista frequentemente,
rapidamente, a partire da scelte già effettuate o con un minimo di sforzo di comparazione e di acquisto
(tabacchi, quotidiani, ecc.)
- Beni ad acquisto saltuario o ponderato: sono quei beni di consumo che l’acquirente, durante il processo di
selezione e di acquisto, confronta normalmente con altri analoghi (mobili, articoli d’abbigliamento,
automobili nuove o usate, computer, ecc.)
- Beni speciali: sono beni con caratteristiche uniche e/o un’identificazione di marca, per cui un gruppo
rilevante di acquirenti è disposto normalmente a fare un particolare sforzo per l’acquisto o deve addirittura
partecipare nella realizzazione (beni di super-lusso, macchinari e linee di produzione, auto o moto
elaborate, ecc.)
Il prezzo
Il prezzo su molti mercati costituisce l’elemento decisivo del Marketing Mix.
È probabilmente anche l’elemento più difficile da definire, dato che ha molte accezioni ed è considerato, in
modo diverso, da tutte le discipline di tipo economico.
Per gli economisti, ad esempio, il prezzo è il valore che permette di conseguire l’equilibrio tra la domanda e
l’offerta per i beni disponibili sul mercato.
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Per il marketing, invece, il prezzo è una variabile che può essere determinata da chi decide le strategie
dell’impresa al fine di incrementare le vendite di un determinato prodotto o servizio. Il prezzo, quindi, è
una delle leve da utilizzare.
Inoltre il prezzo viene visto in maniera diversa dall’impresa e dagli acquirenti e, in questo caso, la difficoltà
sta nella capacità di far incontrare questi due valori: il valore che rende profittevole la produzione/vendita
dei prodotti per l’impresa e il valore percepito/assegnato dai consumatori.
Dal punto di vista logico il prezzo rappresenta il valore che l’acquirente ricava dall’acquisto effettuato e può
essere rappresentato dalla seguente espressione:
Benefici (Benefici funzionali + Benefici emotivi)
Valore = --------- = ---------------------------------------------------------------------------- = Prezzo
Costi (Costi monetari + Costi temporali + Costi energetici + Costi fisici)
Se, come si è detto, il compito principale del marketing è quello di promuovere in ogni modo possibile i
prodotti ed i servizi dell’impresa, per farlo essa opera miscelando i vari strumenti che ha a disposizione con
lo scopo di aumentare il valore percepito da parte degli acquirenti. Questo è un compito estremamente
importante dato che al valore percepito viene associato il prezzo di vendita del bene e, quindi, il livello delle
vendite ed il profitto.
Oltre che mediante gli interventi sul prodotto, il valore percepito può essere migliorato attraverso gli altri
strumenti del Marketing Mix: ad esempio possono essere individuati degli usi alternativi dello stesso
prodotto (questo può accadere ad esempio nel caso di un farmaco, in questo modo il volume delle vendite
crescerà perché si potrà utilizzare in un numero maggiore di terapie), oppure si può migliorare la capacità
dei clienti di utilizzare il prodotto o il servizio. In questo caso può essere fondamentale una comunicazione
mirata per informare adeguatamente i clienti.
Il valore di un bene può anche essere aumentato individuando canali alternativi per la vendita, formule di
pagamento agevolato o nuove soluzioni per la consegna a domicilio.
Un’altra strategia per incrementare il valore percepito è quella di fare leva sul prezzo ma non cambiandolo,
bensì aumentando il rapporto tra quantità del bene ed il prezzo stesso.
Si tratta di una tecnica che può essere attuata sullo stesso prodotto (per esempio aumentando la quantità
dello stesso bene allo stesso prezzo) o abbinando beni complementari al bene principale.
L’effetto netto è quello di uno sconto (la stessa quantità del bene di fatto costa meno) tuttavia l’effetto
psicologico è quello di un maggior valore del bene e può preparare la strada per altre azioni sul prezzo volte
ad incrementare o il volume delle vendite o il margine.
Se la strategia è applicata a beni di largo consumo, normalmente l’abbinamento può essere tra due beni o
tra beni e servizi, se, invece è applicata ai beni industriali, normalmente l’abbinamento avviene solo tra
prodotto e servizi.
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In passato, la fissazione del prezzo veniva effettuata seguendo modelli di comportamento di tipo
“egoistico”, indirizzati unicamente a conseguire l’obiettivo dell’azienda.
Questo accadeva quando l’imprenditore era orientato al prodotto o alla produzione, e non considerava,
invece, i bisogni dei consumatori.
In un atteggiamento di questo genere, il prezzo viene fissato in base ai costi sostenuti per rendere
disponibile il prodotto sul mercato e predefinendo il margine di guadagno desiderato (mark up). In questo
modo, però non si considera il fatto che gli acquirenti attribuiscono al prodotto/servizio un valore che può
essere diverso da quello fissato dall’imprenditore.
E’ ovvio, allora, che un metodo di determinazione del prezzo basato solo sui costi ha il difetto di non tener
conto dei valori che l’acquirente attribuisce al prodotto.
Per quanto riguarda il modello di definizione del prezzo basato sui costi possono essere utili le seguenti
definizioni:
I costi di produzione sono i costi sostenuti dall’impresa per produrre il bene/servizio, ovvero i costi per
acquistare le materie prime, i costi per lavorare le materie prime (ad esempio, l’energia), i costi delle risorse
impiegate (ad esempio, il personale), i costi per imballare il prodotto finito pronto per essere distribuito
I costi di distribuzione: sono i costi sostenuti dall’impresa per rendere disponibile il prodotto ai
consumatori; quindi sono i costi per il magazzinaggio/deposito dei prodotti finiti e quelli di trasporto
I costi di marketing sono tutti i costi relativi alla promozione/pubblicità ma anche quelli per la ricerca e lo
sviluppo del prodotto
Il costo medio è il costo sostenuto per ogni singola unità prodotta, il rapporto tra la somma dei costi
sostenuti e il numero delle unità prodotte. È normalmente importante per decidere gli investimenti.
Il costo marginale è il costo sostenuto per produrre una unità in più di prodotto. È normalmente proprio il
costo usato per fissare il prezzo di vendita di un prodotto.
Il mark up è la quota di profitto che l’imprenditore assegna ad ogni singola unità di prodotto e viene
normalmente calcolata con una percentuale rispetto al costo marginale.
Un metodo corretto di fissazione del prezzo dovrebbe considerare tutti gli elementi relativi sia ai fattori
interessanti per l’azienda sia ai valore percepito dagli acquirenti.
Il costo marginale, ad esempio, è un elemento che interessa al produttore per determinare quanto può
guadagnare per ogni unità in più di beni prodotti.
La qualità, invece, interessa sia il produttore che l’acquirente, ma ha un impatto specifico sui costi del
produttore quando questo acquista materiali qualitativamente migliori per la produzione.
L’immagine ha un costo per il produttore, ma anche un ritorno diretto sul consumatore.
L’utilità, le funzionalità, il prestigio, la tranquillità (sono caratteristiche non tangibili ma che l’acquirente
percepisce) sono elementi che interessano il consumatore.
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Fissare un prezzo in modo ottimale significa capire che cosa riguarda il produttore, capire che cosa riguarda
l’acquirente e in base a quello definire il prezzo per il bene.
Il prezzo da ricercare è sempre quello ottimale, cioè quello che l’impresa riesce a fissare rispettando i
vincoli che essa si trova innanzi, non è il prezzo ideale che l’impresa potrebbe fissare in assenza di
condizioni vincolanti.
Un’altra difficoltà nel determinare il prezzo per un determinato bene sta nel fatto che al prezzo si possono
assegnare obiettivi diversi da conseguire sul mercato.
L’obiettivo tipico di un’azienda è quello di conseguire un profitto, ma il conseguimento del profitto
potrebbe richiedere la ricerca di diversi obiettivi intermedi e/o collaterali.
Può essere, ad esempio, che l’impresa, per conseguire un certo obiettivo, debba fare un investimento, se
questa non ha il denaro per poter effettuare l’investimento necessario deve ricorrere a dei finanziatori (che
possono essere esterni, come le banche, oppure un terzo con cui condividere il rischio d’impresa).
L’imprenditore, tuttavia, deve garantire che il denaro investito nell’attività possa essere completamente
restituito a chi l’ha immesso e anche che venga opportunamente remunerato. Fissando il prezzo per i beni
prodotti dalla propria attività, l’impresa considererà anche la remunerazione da attribuire agli investimenti
fatti.
[NOTA: Ogni impresa sostiene un rischio, il rischio è quello di conseguire o meno un profitto; ogni impresa
viene finanziata da un capitale iniziale, che è il capitale di rischio, capitale che sarà remunerato se l’impresa
riuscirà nel conseguimento dell’obiettivo, che sarà perduto in caso contrario. Il denaro investito all’interno di
un’impresa può essere anche capitale di terzi finanziatori, in questo caso chi effettua il prestito non lo fa per
condividere il rischio ma per ottenerne una remunerazione]
Il prezzo può essere utilizzato anche per calmierare il mercato quando esso appare troppo turbolento.
Il raggiungimento di una quota di mercato potrebbe essere un altro obiettivo, soprattutto avendo ben
presente le fasi del ciclo di vita in cui si trova il prodotto. L’impresa potrebbe decidere che, per raggiungere
una certa quota di mercato, sia opportuno rinunciare al profitto almeno in una prima fase: questo potrebbe
permetterle di arrivare ad una penetrazione di mercato tale da stabilire una posizione sufficientemente
solida da poter vivere di rendite successive.
La massimizzazione del fatturato potrebbe essere un altro obiettivo intermedio, perchè potrebbe essere
importante per la vendita dell’intera azienda o per ottenere obiettivi di tipo diverso come la quotazione in
borsa.
Altri obiettivi possono essere la difesa dalla concorrenza o l’esclusione della stessa dal mercato; sono due
obiettivi differenti, anche se entrambi hanno come destinatario un altro operatore del mercato. Nel primo
caso si usa la leva del prezzo per proteggere la posizione conseguita (un esempio potrebbe essere quello
dei Personal Computer: inizialmente, i grossi produttori fissavano un prezzo alto e i produttori locali
fissavano prezzi inferiori per un prodotto che era percepito di un livello qualitativo inferiore. Poi Compaq
decise un’altra strategia: abbassò il prezzo dei PC “di marca”, della prima fascia, del 15%. Gli altri grossi
produttori dovettero adeguarsi e seguirono Compaq anche nella strategia al ribasso con il risultato di
mettere fuori mercato i produttori di seconda fascia).
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Una delle politiche di prezzo usate per raggiungere l’esclusione della concorrenza dal mercato è quella
denominata dumping la quale prevede l’impostazione di un prezzo inferiore al livello dei costi. Questa
pratica ora è, in taluni casi, proibita dalla legge perché considerata lesiva della concorrenza.
La distribuzione
Il termine “distribuzione” ha una valenza complessa nell’ambito del Marketing Mix, sia dal punto di vista
del significato (si riferisce a vari elementi della catena che permette di raggiungere l’acquirente) sia dal
punto di vista dell’impatto sull’organizzazione e sui costi dell’azienda.
Una definizione completa della distribuzione è quella che la identifica con l’insieme degli elementi che
permettono di colmare la distanza fisica e temporale che intercorre tra la produzione ed il consumo di un
prodotto o di un servizio. In pratica essa raccoglie tutte le attività che permettono di trasferire il valore
offerto dall’azienda (sia esso inserito all’interno di un prodotto o di un servizio) all’acquirente destinatario.
La prima di queste attività riguarda sicuramente i canali di vendita e quindi contempla l’organizzazione
commerciale dell’impresa e la presenza degli eventuali intermediari a cui è affidato il compito di
raggiungere i clienti.
La seconda, invece, riguarda le attività di magazzinaggio, di trasporto e di deposito (quelle che vengono, nel
loro complesso, individuate con il termine di logistica) necessarie per assicurare il rifornimento dei punti
vendita e, di conseguenza, la consegna al cliente finale.
Per quanto riguarda la struttura dei canali di vendita, la classificazione più semplice è quella basata sul
numero degli intermediari chiamati in causa nella catena distributiva.
L’impresa che decide di rapportarsi direttamente con i propri clienti, senza avvalersi di intermediari, adotta
quello che viene chiamato canale diretto.
Se, invece, la strategia commerciale prevede l’utilizzo di dettaglianti che si riforniscono direttamente dal
produttore, si dice che l’impresa adotta il canale corto.
La struttura di vendita più estesa (quella normalmente in uso per i beni di largo consumo) è detta, invece,
canale lungo e prevede la vendita, da parte del produttore, ad una categoria specifica di intermediari (i
grossisti) il cui compito è quello di rendere disponibile più capillarmente sul territorio i beni offerti. I
grossisti, a loro volta, riforniranno i dettaglianti che, infine, avranno il contatto diretto con i consumatori
finali.
Se l’azienda adotta solo il canale diretto si dice che la strategia di vendita è diretta, negli altri due casi si
dice che la strategia è indiretta.
La catena distributiva è fortemente influenzata anche dalle modalità con le quali il prodotto o il servizio
vengono resi disponibili all’acquirente finale.
Le problematiche collegate alla catena logistica sono molteplici.
L’obiettivo è quello di rendere disponibile nei tempi e nei modo pianificati, con il minor costo possibile, il
bene a chi lo deve utilizzare; gli strumenti utilizzati sono, normalmente, quelli del magazzino per il deposito
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dei prodotti e del trasporto per il trasferimento alla destinazione. Nel caso di beni particolari, come
potrebbero essere il petrolio o il gas naturale, lo stoccaggio ed il trasferimento potrebbero avvenire con
modalità diverse (ad esempio oleodotti o gasdotti). Un altro caso particolare è quello di beni come il
software o come i brani musicali che possono essere depositati su dei server pubblici ed acceduti
direttamente dagli acquirenti via Internet.
Salvo queste situazioni peculiari, compito della logistica è anche quello di risolvere in modo economico e
con la giusta tempestività i problemi relativi alle scorte ed al conseguente impiego di capitali.
Quello della logistica, ad esempio, è uno dei problemi principali delle imprese che operano nel settore della
Grande Distribuzione Organizzata (GDO), come le catene di supermercati o di ipermercati.
In molti casi la logistica, non essendo il business principale dell’azienda, viene terziarizzata stabilendo un
rapporto di partnership con operatori del settore.
Contrariamente a quanto avviene per gli altri elementi del Marketing Mix, la distribuzione può essere
migliorata ottimizzando i processi aziendali o introducendo nuovi strumenti per la gestione della catena
logistica.
Negli ultimi decenni si sono affermate strategie di produzione ottimizzate che vanno sotto il nome di
“produzione just-in-time”: grazie ad essa il prodotto viene messo in produzione solo dopo l’ordine da parte
del cliente. In questo modo vengono ridotte le scorte e minimizzati i capitali immobilizzati.
Più recente invece è l’adozione di strumenti per la gestione integrata della catena di fornitura di un
determinato bene (Supply Chain Management).
Questo tipo di strumenti consente di ridurre i costi legati alla gestione della catena logistica prima della
produzione e, anche in questo caso, contribuisce a ridurre i costi legati al prodotto.
L’utilizzo della catena logistica è sostanzialmente diverso secondo che l’impresa sia di tipo industriale o
commerciale.
Nel primo caso la parte di Supply Chain Management viene utilizzata per l’approvvigionamento delle
materie prime e la produzione just-in-time per contenere le scorte di prodotti finiti; nel secondo, invece, la
catena di fornitura può essere addirittura resa virtuale, creando un collegamento diretto tra l’acquirente
finale ed il produttore, riducendo in modo sostanziale i costi di distribuzione: grazie ad essa il rivenditore
non consegna fisicamente il bene al cliente (e quindi non deve farne magazzino), ma segnala l’avvenuta
vendita al fornitore che provvede alla consegna.
Pubblicità e promozione
L’ultimo degli elementi del Marketing Mix da considerare è quello relativo alla comunicazione.
Anche in questo caso si tratta di uno strumento complesso, che può essere utilizzato per raggiungere varie
finalità.
Nella sua concezione più generale la comunicazione è l’impiego organizzato di vari strumenti finalizzato a
modificare i modelli di comportamento degli acquirenti in modo favorevole all’impresa.
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Dott. Marco Strazzulla
Dal punto di vista delle sue finalità, la comunicazione può essere:
- di tipo “informativo”, cioè può servire a fornire al mercato tutte le informazioni necessarie a conoscere
meglio e, quindi, ad apprezzare maggiormante i prodotti e i servizi dell’impresa. La comunicazione, in
quest’ottica, può essere dedicata alla diffusione di conoscenze tecniche specifiche o a fini di pubbliche
relazioni.
- di tipo “persuasivo”, cioè può servire a far preferire il prodotto o il servizio dell’impresa nei confronti di
altri prodotti o servizi analoghi oppure può sollecitare la percezione di un bisogno e favorire il processo di
acquisto. La persuasione può avvenire per mezzo di strumenti indipendenti (pubblicità) o attraverso il
contributo di persone appositamente formate e motivate.
Tra le attività di comunicazione quella più evidente è sicuramente la pubblicità.
Dal punto di vista della definizione, la pubblicità consiste in una qualsiasi forma retribuita di presentazione
e promozione non personale di idee, beni e servizi da parte di un operatore specifico.
Le tecniche ed i mezzi utilizzati sono molteplici, ciascuno dei quali scelto per sue particolari caratteristiche.
Per i beni di largo consumo, uno dei mezzi più efficaci (e più costosi) è sicuramente la televisione, ma non
vanno trascurati anche radio, giornali e cartelloni pubblicitari.
Per i beni industriali spesso vengono utilizzati strumenti più specifici, come le riviste di settore o canali
informativi vari (tra cui, ultimamente, Internet).
Il tipo di persuasione perseguito può fare leva sulla consapevolezza del potenziale acquirente
(convincendolo cioè che le informazioni in suo possesso sono sufficienti a fargli decidere per l’acquisto) o
sulla sua reazione istintiva (facendo in modo, cioè, di farlo reagire in senso favorevole al prodotto offerto
qualora il bisogno corrispondente si manifestasse).
Ci sono dei casi nei quali le imprese utilizzano la comunicazione non per promuovere un singolo prodotto
ma per affermare una posizione di leadership all’interno di un determinato mercato.
Un esempio di questo tipo di azione è quello della campagna di Intel, il primo produttore mondiale di
microprocessori, il cui messaggio era un enigmatico “Intel Inside”.
Lo scopo della società era chiaramente quello di associare automaticamente nella mente dei potenziali
acquirenti di PC l’idea che, se all’interno c’era un processore Intel, il prodotto era di qualità, altrimenti no.
Questo tipo di azione promozionale viene detta di “branding” perché il suo unico scopo è quello di scolpire
l’immagine dell’azienda nella mente dei potenziali acquirenti, in modo che poi associno le caratteristiche
dell’immagine aziendale ai suoi prodotti.
Questo tipo di azioni viene solitamente attuato da aziende che ricoprono posizioni di leadership assoluta
nel proprio mercato, al fine di promuovere l’associazione del proprio marchio con il mercato stesso.
Si tratta di una strategia valida sia nei mercati dei beni di largo consumo sia in quelli dei beni industriali.
Evoluzioni
Economia e Politica agroalimentare
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Le leve tradizionali del marketing mix possono essere ampliate fino ad arrivare alle 6P che oltre ai quattro
fattori sopra indicati considera anche il Personal Selling e il Positioning.
Il Personal Selling è l'insieme delle attività di supporto e informazione per il potenziale cliente. Possono essere intese come delle attività a valore aggiunto per l'acquirente, svolte per esempio dall'intermediario, o dal venditore stesso. Questa quinta P, propria del marketing business to business, sta prendendo piede anche nel marketing business to consumer.
Il Positioning è il posizionamento della marca, un fattore fondamentale nella percezione del consumatore. Una volta che il consumatore si è fatto un'idea su di una marca è quasi impossibile fargli cambiare avviso.
Esempio: una marca conosciuta per la fabbricazione di prodotti a basso prezzo, non riuscirà ad imporsi nel
mercato del lusso senza cambiare posizionamento.
Tuttavia i due nuovi concetti possono essere considerati come già inglobati nelle 4P, in quanto il Personal
Selling può essere considerato come ampliamento della Distribuzione (Placement) e il Positioning può
essere parte della Comunicazione e Promozione (Promotion).
Sono state proposte altre “P”, tra cui packaging, personalizzazione della vendita, passione e altre ancora.
Effettivamente il packaging è già compreso nello schema, sotto prodotto o promozione, mentre
personalizzazione della vendita e passione rientrano nella promozione.
Sono poi state suggerite delle ulteriori “P”, come politica e pubblica opinione, poiché il marketing dipende
in gran parte da un governo e da un pubblico ricettivi. Ad esempio, se il governo opera discriminazioni nei
confronti delle multinazionali, queste ultime saranno meno efficaci; quindi le multinazionali devono
adottare tecniche di persuasione mettendo in evidenza i vantaggi offerti e i potenziali contributi forniti
all’economia del paese ospitante.
Alcuni analisti prevedono che le pubbliche relazioni cresceranno di importanza rispetto alla pubblicità. In
passato si è fatto un uso eccessivo della pubblicità, soprattutto quella di massa e di scarsa qualità, mentre si
sono trascurate le pubbliche relazioni. Quando un cliente vede un annuncio, sa che si tratta di una
pubblicità e sempre più spesso evita di guardarla. È evidente che i clienti hanno sempre meno tempo e
attenzione. Con le pubbliche relazioni aumentano le possibilità di far passare il messaggio, che può anche
risultare più fresco e credibile.
Internet e Marketing Mix
Internet ha le proprie regole di comunicazione e la propria semantica, privilegia l'interattività e la
completezza dell'informazione. La comunicazione interattiva va armonizzata con il marketing mix
dell'azienda, costruendo una serie di servizi su misura che, sfruttando le tecnologia di Internet, rispondano
in pieno alle esigenze del bipolo azienda-consumatore. L'impostazione deve essere coerente con le
strategie di comunicazione dell'azienda e integrarsi con esse. Il web diviene strumento di comunicazione e
di distribuzione di servizi a clienti, partner commerciali e struttura portante dell'organizzazione aziendale su
territori i cui confini non sono limitati agli uffici sede.
Economia e Politica agroalimentare
Corso di Laurea: Scienze E Tecnologie Alimentari
Prof: Agata Nicolosi
Dispensa di Marketing Mix
Dott. Marco Strazzulla
Un’azienda può quindi scegliere di affidarsi ad attori diversi da quelli tradizionali, basandosi su strumenti e
applicazioni web:
Sito web: è la fonte informativa necessaria che, attraverso applicazioni interattive, si trasforma in una piattaforma di ricezione/ascolto delle istanze, delle richieste e dei suggerimenti dei rivenditori, della GDO e DO, dei consumatori finali. La presenza di un catalogo prodotti ben strutturato e navigabile diventa molto utile anche per la realizzazione di sistemi di transazione online B2B o B2C, determinanti in termini di nuove strategie distributive e di prezzo grazie alla ottimizzazione dei costi di logistica e di intermediazione.
Business Blog: a dispetto di quanti lo ritengono un mero strumento di SEO (Search Engine Optimization in inglese), il blog consente alle aziende di “ascoltare” gli utenti e di parlare loro in maniera diretta, senza filtri, intermediazioni e distorsioni informative generate dal tam-tam; se voglio fare commenti sulla qualità della pasta, sul packaging, sul prezzo scrivo direttamente al produttore.
Il sito e il blog mantengono quindi un ruolo fondamentale di presentazione (ufficiale) del produttore,dei
suoi beni e/o servizi e, nel tempo, si evolvono in strumenti di rilevazione dei gusti, delle tendenze, dei
bisogni del consumatore utili ai fini della elaborazione di nuove strategie di prodotto.
Le due strategie, quella classica e quella moderna/digitale, in realtà andrebbero comunque combinate e
integrate.
Grazie alle opportunità concesse dal web il produttore può creare punti di contatto e momenti di
conversazione con i consumatori. La coda lunga di internet inoltre, seppur in tempi non immediati rispetto
a uno spot televisivo, consente la divulgazione di messaggi attraverso il semplice meccanismo del
passaparola ( che sul web spesso assume inaspettati ritorni in termini di promozione e quindi di vendite).
L’attuazione di adeguate e opportune azioni di buzz marketing (per far parlare di se), di social media
marketing (per essere il più possibile presenti in rete), di community (per affermare il marchio) e del già
citato business blog (per ascoltare), consentono al produttore di perseguire obiettivi un tempo
appannaggio di pochi.
Alcune importanti e classiche barriere all’entrata in un mercato concorrenziale, grazie alle nuove tecnologie
e alle nuove forma di comunicazione in rete, tendono quindi ad abbassarsi e nuovi attori, possono accedere
al mercato e proporsi ai consumatori.
L'identificazione del mercato e la segmentazione
Il primo passo per costruire un piano di marketing è dato dalla conoscenza del mercato in cui si opererà.
Qualsiasi mercato può essere diviso in sottomercati più piccoli in base ai bisogni dei consumatori. Parliamo di segmentazione. I segmenti di mercato possono riguardare il mercato da un punto di vista macro (tutti i prodotti del mercato) o micro (sottomercati all' interno di un solo prodotto).
Alla base della segmentazione troviamo l'impossibilità che un prodotto o servizio possa soddisfare contemporaneamente tutti i bisogni dei consumatori. Ad esempio il bisogno funzionale di un automobile è dato dal potersi muovere, ma la volontà di acquisto di un auto nuova è spesso dettata da altri bisogni superiori (immagine, appartenenza ad una classe sociale ecc.).
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I bisogni del consumatore
L'orientamento al marketing impone di rilevare i bisogni dei consumatori. All'origine di ogni comportamento economico troviamo sempre un problema da risolvere o un bisogno da soddisfare.
Poiché, in entrambi i casi possono intervenire diverse tecnologie, è opportuno identificare il mercato in termini di bisogni e non solo in termini merceologici o tecnici. Solo osservando il mercato da entrambi i punti di vista è possibile costruire un piano di marketing efficace e di lungo periodo.
Del concetto di bisogno è molto difficile dare una definizione oggettiva senza cadere in giudizi di valore soggettivi. Il marketing, è vero, rileva i bisogni ma può anche modificarli o crearli.
Il primo passo da compiere è stilare una "lista dei bisogni" del consumatore. Il criterio della gerarchia è molto semplice: I bisogni primari sono rilevanti solo fin quando non sono soddisfatti. Una volta risolto il problema del cibo (ad es.), il vero bisogno sarà quello di assicurarsi di avere cibo anche per i giorni successivi (bisogno di sicurezza). I bisogni superiori nascono dalla soddisfazione dei bisogni inferiori.
Il mercato di riferimento è dato dall'insieme di soluzioni fornite ai clienti utili a risolvere i loro problemi.
Segmentare un mercato in base ai propri clienti
Per evitare che i propri giudizi di valore influenzino l'identificazione del mercato è opportuno rispondere
alle seguenti domande:
Chi? Chi sono gli acquirenti interessati ai servizi o ai prodotti offerti. Cosa? Quale bisogno vogliono soddisfare o quale problema vogliono risolvere. Come? Come è possibile risolvere i loro problemi o soddisfare i loro bisogni in base alla tecnologia a
disposizione.
Analisi SWOT
L' analisi SWOT è una tecnica di pianificazione strategica usato per valutare i punti di forza (Strengths), di
debolezza (Weaknesses), le opportunità (Opportunities) e le minacce (Threats) di un progetto o di una
qualsiasi attività in cui un'impresa deve prendere una decisione per raggiungere un obiettivo. In pratica i
punti di forza e di debolezza rappresentano gli elementi positivi o negativi del progetto stesso, mentre
opportunità e minacce fanno riferimento alle azioni “esterne” (quindi non intrinseche al progetto stesso)
che possono comportare benefici o compromettere il raggiungimento dell’obiettivo dell’attività.
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In particolare:
Strength (punti di forza): sono quegli aspetti su cui l’azienda deve puntare, cioè le condizioni e le caratteristiche della azienda e del prodotto offerto, il know -ow dei collaboratori e dei suoi dipendenti, la sua struttura patrimoniale ed il tipo di produzione;
Weaknesses (punti di debolezza): sono quegli aspetti che possono risultare dannosi per il raggiungimento dell'obiettivo che si è predisposta l’azienda e dove il prodotto può essere più vulnerabile rispetto a quello degli altri concorrenti;
Opportunities (opportunità): sono tutti quei i vantaggi che possono venire dall’esterno come ad esempio normative favorevoli, cambiamenti socio economici, sviluppo di nuove tecnologie, le caratteristiche favorevoli del territorio in cui si opera;
Threats (minacce): sono tutti quegl ieventi che possono ostacolare o frenare l’attività dell’azienda, come ad esempio i punti di forza dei concorrenti o le condizioni mutevoli del mercato.
Intervento strategico
In ogni settore la concorrenza tende sempre più ad ampliarsi comprendendo realtà imprenditoriali
geograficamente molto distanti. Per vincere occorre essere proattivi e creare innovazione. Ciò significa che il
marketing deve essere orientato all’analisi dei bisogni e delle opportunità, ma deve anche guardare al
mercato in un’ottica strategica. Questo è fondamentale per anticipare la concorrenza e imporre il proprio
vantaggio competitivo in ogni circostanza.
L’azienda attraverso la pianificazione di marketing può ottenere i seguenti vantaggi:
incrementare i fatturati migliorare la profittabilità complessiva fidelizzare la clientela attuale penetrare maggiormente i mercati esistenti espandersi in nuovi mercati
E’ altresì importante effettuare l’analisi completa della realtà e delle esigenze dell’azienda:
il posizionamento nel mercato le esigenze di marketing
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la definizione della struttura operativa
Sulla base delle informazioni ricavate si procede a pianificare, gestire, attuare le attività di marketing più
utili a perseguire gli obiettivi, sempre a stretto contatto con il cliente.
Nella fase strategica del processo di marketing viene analizzato il contesto di mercato e i componenti
chiave (clienti, partner, dipendenti, ecc.), raccogliendo le indicazioni necessarie per definire strategie,
messaggi e posizionamento, attraverso:
Pianificazione Strategica Marketing Planning Analisi di Scenario Analisi della Clientela Analisi della Concorrenza Targeting Analisi di Portafoglio Prodotti/Clienti/Mercati Customer Relationship Management Consulenza e Supporto in Ricerche di Marketing Qualità del Servizio e Customer Satisfaction Definizione del Marketing Mix
In conclusione, la strategia consiste in un insieme di decisioni riguardanti gli obiettivi, il target ed i fattori di
offerta che, partendo da una situazione data e analizzata, consentono alla nostra organizzazione di arrivare
ad una situazione futura nei tempi e nei modi stabiliti nella strategia stessa. Le scelte strategiche
presuppongono un’analisi esterna ed interna dell’organizzazione effettuata a monte.
Strategie
Strategia di penetrazione: l’obiettivo è quello di aumentare le vendite dei prodotti attuali nei mercati esistenti; es. aumento della quota di mercato; difesa della posizione di mercato.
Strategia di espansione verso nuovi mercati o segmenti di mercato
Strategia aggressiva: nel caso di una impresa che occupa la posizione dominante, l’obiettivo è di ottenere i massimi benefici dagli effetti di esperienza, così da aumentare la redditività.
Strategia indifferenziata: si occupa del mercato nel suo insieme cercando di raggruppare i bisogni in comune piuttosto che a differenziarli andando in questo modo verso una standardizzazione dei prodotti.
Strategia differenziata: si prende in considerazione tutto il mercato sviluppando però prodotti che rispondano ai bisogni specifici di ciascun segmento.
Strategia concentrata: l’impresa decide di focalizzare la propria attenzione solo sui bisogni di alcuni segmenti di mercato piuttosto che su quelli dell’intero mercato.
Il ciclo di vita del prodotto
Le fasi del CVP sono: 1) introduzione; 2) sviluppo; 3) maturità; 4) declino.
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L'impresa punta normalmente su: a) una breve fase di introduzione del prodotto (nella quale sostiene i costi più elevati); b) un rapido raggiungimento della fase di sviluppo; c) una lunga fase di maturità (nella quale le vendite raggiungono il picco e si conseguono profitti elevati); d) una lenta fase di declino (onde fare in tempo a realizzare un prodotto sostitutivo).
Le strategie competitive
Sono quelle strategie che nascono in funzione dell’analisi della posizione e del comportamento dei
concorrenti. Si dividono in:
1. Le strategie del leader
2. Le strategie dello sfidante
3. Le strategie del follower
4. Le strategie dello specialista
Le strategie del leader
Lo sviluppo della domanda primaria
o L’impresa leader sviluppa la domanda primaria:
individuando nuovi utenti di prodotti;
promuovendo nuove forme di impiego dei prodotti esistenti;
accrescendo le quantità consumate in ogni occasione di consumo.
Le strategie difensive
o Si tratta di difendere la propria quota di mercato contrastando l’attività dei concorrenti più pericolosi.
Le strategie aggressive
o Si tratta di trarre i massimi benefici dagli effetti di esperienza e conseguentemente di migliorare la redditività.
Le strategie di demarketing
o Si tratta di ridurre volontariamente la quota di mercato.
Le strategie dello sfidante
Individuare il campo di battaglia sul quale attaccare
Valutare la propria capacità di reazione e di difesa
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ATTACCO FRONTALE
opporsi direttamente al concorrente
ATTACCO LATERALE
opporsi al leader su una dimensione strategica rispetto alla quale il concorrente è debole impreparato.
Le strategie del follower
Trattasi di strategie che si fondano sull’allineamento alle decisioni dei concorrenti. Si ritrovano all’interno
dei mercati oligopolistici dove la differenziazione è scarsa.
Le strategie dello specialista
Sono quelle strategie che mirano alla specializzazione in una nicchia che:
è caratterizzata da potenzialità di profitto;
possiede un potenziale di crescita;
non attira la concorrenza;
si associa alle caratteristiche distintive dell’impresa;
detiene barriere difendibili all’entrata.
La società della conoscenza
I cambiamenti societari ed economici hanno comportato il passaggio da una guerra di posizione ad una
guerra di movimento in cui il vantaggio competitivo si raggiunge puntando:
sul know-how trasferibile;
sulla rapidità;
sull’acume;
sull’innovazione.