EPIGENETICA ETICA ED ECONOMIA POLITICA

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2 EPIGENETICA, ETICA ED ECONOMIA POLITICA “… se la miseria dei nostri poveri non fosse causata dalle leggi della natura, ma dalle nostre istituzioni, la nostra colpa sarebbe grande” Charles Darwin (1839). Sottrarre, con una visione economicista prevalente, l’identità di noi esseri umani è un delitto troppo grande per continuare a essere perpetrato da una classe politica impreparata ed eticamente inadeguata

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"se la miseria dei nostri poveri non fosse causata dalle leggi della natura, ma dalle nostre istituzioni, la nostra colpa sarebbe grande" (C.Darwin, 1839). Sottrarre, con una visione economicista prevalente, l'identità di noi esseri umani è un delitto troppo grande per continuare a essere perpetrato da una classe politica impreparata ed eticamente inadeguata.

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EPIGENETICA, ETICA ED ECONOMIA POLITICA“… se la miseria dei nostri poveri non fosse causata dalle leggi della natura, ma dalle nostre istituzioni, la nostra colpa sarebbegrande” Charles Darwin (1839). Sottrarre, con una visione economicista prevalente, l’identità di noi esseri umani è un delittotroppo grande per continuare a essere perpetrato da una classe politica impreparata ed eticamente inadeguata

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CLAUDIO RICCIARDI*

a ricerca scientifica, elaborando attualidati epidemiologici sulla nostra salute,mette in evidenza (1) che i corretti stili di

vita, la cultura e l’uso intelligente del tempo libe-ro incidono su quella complessa pluralità di fatto-ri che determinano le nostre condizioni di salute.Comprendere il senso dei determinanti socialidelle condizioni fisiche, psicologiche e lavorativenon è, quindi, più solamente di specifica compe-tenza medica, ma diviene fondamentale per l’eti-ca, la politica e l’economia di un intero Paese. Inbiologia, l’insieme di quei meccanismi molecola-ri provenienti o modulati dall’ambiente endocel-lulare, ma anche da quello esterno all’organismo,considerando nell’insieme l’alimentazione, lecondizioni fisico-chimiche e l’ambiente socialedelle relazioni interumane che controllano emodificano l’attività dei geni, viene chiamato epi-genetica (2). Infatti, è a causa di questi meccani-smi epigenetici che i geni si “accendono” e/o si“spengono”, attivando tutta la funzionalità geneti-ca. Il vecchio “dogma” centrale della biologia,con il quale il DNA veniva ad avere un ruolo pri-mario, come se il genoma fosse totalmente auto-nomo in termini assoluti e metafisici, è completa-mente superato, nonostante permanga comeicona culturale e finanche religiosa (3). I piùrecenti studi hanno dimostrato che il DNA non èil centro, né può essere considerato l’elementofondamentale della nostra vita. “Un gene una pro-teina”, originariamente con Monod, era l’espres-sione più valida, ma i risultati del progetto geno-ma hanno superato questa concezione. I nostrigeni, infatti, sarebbero dovuti essere circa 150.000per produrre le proteine di cui siamo forniti, men-tre il genoma umano completo, è stato scoperto,consiste di circa 25.000 geni. “Studi sulla sintesidelle proteine dimostrano che i meccanismi diregolazione epigenetica possono dare origine aoltre 2.000 variazioni di proteine a partire dallostesso modello genetico; il DNA non controllatutti i processi biologici, ma esiste su di esso uncontrollo e un modellamento determinato dal-l’ambiente in cui si trova” (4). Quanto più gli epidemiologi evidenziano la vali-dità di queste assunzioni (5), in particolare quellelegate ai determinanti sociali della salute (6), tantopiù appare evidente la responsabilità dei cosiddet-ti “decisori” deputati a operare delle scelte a livel-lo politico, economico e strutturale che hanno unaricaduta diretta e/o indiretta nell’ambito della salu-te pubblica. Le scelte decisionali possono influire

L*Istituto Superiore di Sanità,

Dipartimento Ambiente ePrevenzione Primaria,

Rep. Meccanismi di TossicitàViale regina Elena, 299,

00161 Romatel.06 4990 2529

e-mail: [email protected]

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direttamente e indirettamente sia in modo negati-vo che positivo su tali “determinanti”, e la respon-sabilità politica delle conseguenze che è in gradodi determinare a breve e lungo raggio dovrebbespingere verso un’“allocazione delle risorse” piùattenta a un principio di uguaglianza per tutti i cit-tadini di cui è responsabile (7). Le risorse presen-tano sempre dei limiti, ma la distribuzione di que-ste è frutto di una visione dell’uomo e di unasocietà in cui vogliamo vivere e costruire.Quando, ad esempio, la dimensione sociale lega-ta al lavoro, alla salute o all’istruzione viene sur-classata dalla dimensione economica, allora lamercificazione del lavoro, l’impossibilità di acce-dere alla sanità pubblica, le tasse scolastiche trop-po alte, rendono impossibile realizzare ciò che lanostra Costituzione considera come diritti. Laeconomicizzazione della vita sociale riducenecessariamente gli esseri umani a dimensione dicose, eliminando le persone, la loro storia, le lorocapacità. Si genera ingiustizia sociale attraverso ildivario troppo grande delle disuguaglianze socioeconomiche, avviando la distruzione della coe-sione sociale che è il fondamento dell’uguaglian-za. Si determina molto più facilmente una distrut-tività sociale e un aumento della criminalità.Le scelte che portano a eliminare i fondi alla cul-tura, alla sanità, all’istruzione, alla ricerca per pri-vilegiare la compera di armi e aerei da guerra, ele affermazioni che “la cultura non si mangia”acquistano una enorme “responsabilità etica” neiconfronti delle condizioni di salute fisica e socia-le di un Paese. Un recente studio dell’UniversitàJacobs di Brema per conto della “FondazioneBertelsmann” (8) fatto in 34 Paesi industrializzati,considerati dal 1989 a oggi relativamente albenessere “non materiale” della popolazione, haevidenziato sconcertanti risvolti sulle cause della“coesione sociale” e della sua stabilità. “L’aspettointeressante dello studio” scrive Carlo Patrignanisull’Huffington Post del 18/07/2013, “è la smenti-ta della “scissione storica” tra individuale e col-lettivo, per cui c’è l’individuale, come individua-lità astratta, che cancella il sociale e collettivo,come ente astratto, che disconosce l’individualitàdei singoli”. L’interesse generale non può piùessere separato dalla libera realizzazione dei sin-goli; anzi, più i singoli affermano la loro indivi-dualità creativa, più la collettività si arricchisce dicoesione e identità; l’individuo diventa veramen-te umano quanto più partecipa con la sua identitàalla crescita collettiva (9). Inoltre, quando consi-deriamo l’enorme problematica ambientale, pos-siamo affermare, dai dati certi, che più di tredicimilioni di morti nel mondo sono dovuti agliinquinanti ambientali e che approssimativamenteil 24% delle patologie umane è dovuto a esposi-zioni ambientali che determinano quelle varia-

zioni epigenetiche che con la prevenzionepotrebbero essere evitate o almeno ridotte note-volmente (10). Una prevenzione ad ampio spettroper la sanità pubblica e per la difesa dell’ambien-te presenta, nel nostro Paese, una insufficienzacronica di risorse che si lega anche a uno scarsis-simo impegno di fondi per la ricerca, relativa-mente a come altri Paesi UE si comportano nel-l’affrontare i medesimi problemi. Queste sonoscelte determinate da una visione politica e dauna visione del mondo sociale che non hannoattinenza con la carenza di risorse, ma con la lorodistribuzione.“Lo stato di salute dipende più dalle condizioni divita che dai trattamenti clinici, e la prevenzionedipende più dagli interventi nei settori dell’istru-zione, dei trasporti, dell’agricoltura e dell’indu-stria che dal settore sanitario” (11): così afferma ilnoto epidemiologo P. Vineis. Da queste afferma-zioni, molto condivisibili, possiamo comprenderecome, in un “sistema complesso” costituito daquell’insieme di ambiente naturale e ambientesociale nel quale il nostro organismo si sviluppa,vive e partecipa, tutto sia collegato e tutto si riflet-ta nelle nostre condizioni di salute e benessere.Se il Servizio sanitario Nazionale non sarà ingrado di offrire a tutti, nessuno escluso, una seriedi prestazioni preventive, solo i più abbientipotranno rivolgersi all’alternativa della sanità pri-vata. Le conseguenze, allora, saranno che le risor-se per la sanità pubblica saranno sempre piùinsufficienti e non si riuscirà certamente in nessu-na prevenzione (12). Quella che una volta era

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considerata una società divisa in classi sembraessere stata messa da parte, mentre le scelte poli-tiche continuano a privilegiare scelte di partesenza equità, dimenticando i diritti dei cittadini. È“ormai dimostrato”, afferma l’economista R.Schiattarella, “che l’aumento delle aspettative divita è legato al sistema di welfare dei SSN dei variPaesi, i dati di riferimento specialmente di Paesicome India e Cina dimostrano come con ilmiglioramento dei servizi c’è un aumento dell’etàmedia nelle aspettative di vita”. Ma questo non èun problema, come spesso viene presentato dainostri politici, ma una realtà a cui fare fronte nellescelte di allocazione delle risorse per continuarea garantire una sanità pubblica a ogni cittadino.Quando “ogni interesse sociale è subalternoall’interesse economico, la sfera sociale è subal-terna alla sfera economica”, l’umano degli esseriumani viene ridotto a pura mercificazione,entrando ampiamente in quella visione utilitaristadove alcuni gruppi umani possono essere consi-derati inutili e costosi, e quindi senza alcuna con-siderazione. Per quanto riguarda la nostra sanità,“l’errore etico politico”, continua R. Schiattarella,“è quello di considerare il SSN come un costo,mentre non è vero che sia un costo, è uno stru-mento di crescita, una conquista, un modo diconvivere, un progetto per il futuro. Non uncosto, ma una conquista sociale” (13). Sprechi ecorruzione sono, inoltre, il contraltare di una con-dizione di malessere generale che con troppa evi-denza non possiede alcun attributo di etica poli-tica nel senso dell’economizzare le risorse e

modularne la loro distribuzione equamente.Diviene in questo modo preda di quell’antipoliti-ca che a sua volta genera sempre inutile distrutti-vità sociale.Un governo inteso come servizio per una socia-lità più produttiva deve porsi a difesa di quelleche sono le opportunità di lavoro, l’efficienzadelle strutture e la qualità dei servizi. Se questoviene a mancare, in qualche modo si sta traden-do la nostra Costituzione che dovrebbe essere ilprerequisito di qualunque programma politico diqualunque formazione politica si candidi algoverno del nostro Paese. L’articolo 4 della nostraCostituzione, sulla quale chi va al governo gene-ralmente presta giuramento, dichiara che “laRepubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto allavoro e promuove le condizioni che rendonoeffettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dove-re di svolgere, secondo le proprie possibilità e lapropria scelta, un’attività o una funzione che con-corra al progresso materiale o spirituale dellasocietà”. Al contrario, possiamo osservare che “tragiugno 2011 e giugno 2012, i disoccupati sonoaumentati di 761mila unità, cioè ogni giorno, perogni giorno dell’anno, circa duemila Italianihanno smesso di percepire uno stipendio” (14).Ed è inutile ricordare che chi è senza occupazio-ne non può più avere una salute ottima, né puòessere in grado di istruire e dar da mangiare aipropri figli, in poche parole vede distrutta la pro-pria identità sociale e il proprio ruolo nellasocietà. L’articolo 3, sempre della nostraCostituzione, dice tra l’altro: “È compito dellaRepubblica rimuovere gli ostacoli di ordine eco-nomico e sociale, che, limitando di fatto la libertàe l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pienosviluppo della persona umana e l’effettiva parteci-pazione di tutti i lavoratori all’organizzazionepolitica, economica e sociale del Paese”. Ma lanostra politica non si è mai preoccupata di questonel formulare leggi o decreti che ne evidenziasse-ro l’efficacia. Citiamo, inoltre, anche l’articolo 36,sempre della nostra Costituzione, che afferma che“il lavoratore ha diritto ad una retribuzione pro-porzionata alla quantità e qualità del suo lavoro ein ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e allafamiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Moltospesso il lavoro non ha più avuto i requisiti neces-sari alla sua definizione: un “lavoro precario” èstato definito come flessibile, con un linguaggioingannevole perché, nascondendo una chiaraforma di sfruttamento sul piano della retribuzio-ne, assume caratteristiche che nulla hanno a chevedere con la qualificazione professionale.“E’ il risultato della diffusione di contratti a termi-ne, atipici, partite IVA e simili, inaugurata nel1997 con il “pacchetto Treu” da un governo dicentro-sinistra, proseguita con le riforme del 2001

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e del 2009 di governi di centro-destra; di campa-gne decennali basate su slogan come “il postofisso è morto, evviva la flessibilità”, assunti a ban-diera della destra e della sinistra e perfino, tal-volta, dagli stessi sindacati. Una serie di provve-dimenti legislativi hanno consentito alle imprese(private, ma anche e soprattutto pubbliche, e conlo Stato in prima fila) di ridurre l’occupazionesenza tante storie quando c’è da tirare i remi inbarca, liberandosi di centinaia di migliaia di gio-vani con contratti a termine, per di più sottopa-gati” (15). Ma che tutto questo sia contro laCostituzione è stato notato e contestato moltopoco; tuttavia, il lavoro non può essere conside-rato una merce, “il lavoro è un elemento integra-le e integrante del soggetto che lo presta, dell’i-dentità della persona, dell’immagine di sé, delsenso di autostima, della posizione nella comu-nità, della sua vita familiare presente e futura”(16). I lavori cosiddetti flessibili o precari “nonpermettono all’individuo né di costruirsi una car-riera, né un’identità lavorativa. Ma quest’ultimanon è un elemento supplementare o accessoriodell’identità personale e sociale: è il suo fonda-mento stesso” (17). Ed è utile ricordare che lepersone coinvolte in questa forma anticostituzio-nale di lavoro “flessibile”, proprio per l’art. 4 el’art. 36 della nostra Costituzione prima menzio-nati, in varia misura ammonterebbero nell’insie-me a circa 10-11 milioni di persone.È evidente, contrariamente a quanto si afferma,che si potrebbe agire e intervenire diversamente,ma questo non viene fatto, e inoltre si affermache le risorse sono scarse. Il problema non è que-sto. Il problema è la non equità della loro distri-buzione. Ancora occorre citare un articolo dellanostra Costituzione, l’articolo 38: “i lavoratorihanno diritto che siano preveduti e assicuratimezzi adeguati alle loro esigenze di vita in casodi infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia,disoccupazione involontaria”. La nostra discus-sione sull’etica delle responsabilità e delle deci-sioni politiche comprende quella visione dell’i-dentità umana che trascende l’economia e chedovrebbe essere la base strutturale di ogni inter-vento sul sociale. Perché il sig. Paolo D’Arpini,pensionato, 68 anni, residente a Treia, provinciadi Macerata, deve vivere con i 420 euro mensilidella pensione sociale al minimo: “una casa(modesta) dove vive è di proprietà, non usa ilriscaldamento, si lava con bacinella e spugna perrisparmiare acqua, non ha la TV, non ha la mac-china, veste con abiti smessi che gli vengonoregalati, non beve, non fuma, non gioca al grattae vinci, mangia quasi esclusivamente le verdureche produce nel suo orto” (18). Da quale proget-to sociale e da quali valori etici è sostenuta lapolitica attuale se le scelte fatte determinano

queste condizioni?Osserviamo ogni giorno una complicità dellapropaganda televisiva, che con la pubblicità dicose inutili sembra anche proporre soluzioni biz-zarre e contraddittorie, come quella del giocod’azzardo, che, determinando patologie (ludopa-tia), genera ulteriori spese alla sanità pubblica,contribuendo a rendere sempre più sbiadita einutile la personalità sia dei giovani che dei nonpiù giovani. Una forma di economicismo e utili-tarismo che ricorda molto da vicino le logicherazionali di un ventennio che ancora risulta trop-po evidente nella nostra società.Politica del privilegio, economia predominante ecarenza di cultura determinano e produconopatologie. L’impossibilità, l’incapacità di gestire efar usufruire a tutti della “cultura” (istruzione,arte, musica, ricerca, scuola e università) espri-mono ancora una volta la distruzione di quell’i-dentità umana che ci caratterizza come differen-ti dagli animali. Ma, per l’articolo 54, tutti i citta-dini hanno il dovere di essere fedeli allaRepubblica e di osservare la Costituzione e le sueleggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pub-bliche hanno il dovere di adempierle con disci-plina e onore, prestando giuramento nei casi sta-biliti dalla legge. Con evidente disumanità, inostri governanti hanno tentato ipocritamente dielaborare programmi politici di un certo rilievo,ma in realtà hanno fallito perché non hanno maiespresso né mostrato alcun interesse per gli altri.Non sono mai riusciti neppure a pensare e aguardare ciò che avevano sotto gli occhi: lanostra e la loro Costituzione.I programmi politici per il nostro Paese, va riba-dito, sono già scritti proprio in quel documento;si tratta solamente di leggerlo e di metterlo in pra-tica. La nostra salute, la qualità delle nostre vite edella vita dei nostri figli, sono troppo importantiper restare nelle mani di uomini politici che nonabbiamo scelto e che non hanno avuto la capa-cità di fare una politica fondata sull’equità delladistribuzione delle risorse. Pertanto continuiamoa ribadire che la sanità pubblica non si può risol-vere solamente con l’efficienza di un SSN, chegià sarebbe una grande soluzione, ma si riveladipendente da tutta quella serie di scelte etiche,economiche e politiche che fanno parte di unaglobale visione dell’essere umano. Sottrarre, conuna visione economicista prevalente, l’identità dinoi esseri umani (19) è un delitto troppo grandeper continuare a essere perpetrato da una classepolitica impreparata ed eticamente inadeguata. z

. NOTE

(1) A.V. Wilkinson et al., Are variations in rates ofattending cultural activities associated with popula-tion health in the United States?, BMC Public Health,

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2007, 7:226; K. Cuypers et al. Patterns of receptiveand creative cultural activities and their associationwith perceived health, anxiety, depression and sati-sfaction with life among adults: the HUNT study,Norway, JECH on line publication 2011 (researchReport).(2) “Gli studi epigenetici stanno scoprendo un insie-me sbalorditivo di processi regolatori in cui le mole-cole di segnalazione – talvolta loro stesse delle pro-teine, in altri casi piccole molecole, alcune generateinternamente alla cellula (…)- si comportano comeinterruttori che accendono o spengono alcune por-zioni specifiche di DNA per assicurare che una certaproteina sia sintetizzata nel momento opportuno nelcorso dello sviluppo”. H. Rose, S. Rose, Geni, cellu-le e cervelli. Speranze e delusioni della nuova biolo-gia, Codice edizioni, Torino 2013, p.96.(3) D. Nelkin and M. S. Lindee, The DNA Mystique,University of Michigan Press, USA 2004.(4) Jaques Monod, Il caso e la necessità, MondadoriEditore, Milano 1997; Edoardo Boncinelli, I nostrigeni, Einaudi, Torino 1998. “Il DNA non è più vistocome macromolecola dell’informazione che control-la la cellula, ma come parte della rete di molecole einterazioni di cui la cellula fa uso durante lo svilup-po”, H. Rose, S. Rose, op. cit., p.97.(5) L.O.Bygren et al. Cultural Partecipation andHealth: A Randomized Controlled Trial AmongMedical Care Staff, Psychosomatic Medicine, 2009,71:469-473.(6) Michael Marmot and Richard G. Wilkinson,Social determinants of health, Oxford UniversityPress, Great Britain 1999.(7) Vogliamo qui richiamare l’attenzione di coloroche sono impegnati in una attività tecnico-praticacome gli uomini politici, che muovendosi nell’ambi-to di un’etica delle responsabilità, devono soffermar-si in modo particolare sulle conseguenze che deter-minano, nell’ambito della salute collettiva, nelmomento di prendere decisioni. Possiamo quindiconsiderare etico solo l’atteggiamento di colui che siimpegna in una continua valutazione dei risultati cheottiene, sia considerando le dinamiche collettive chequelle relative alle singole persone. E. Lecaldano,Etica, TEA, Milano 1996.(8) G. Dragolov, Z. Ignacz, J.Lorenz, J. Delhey, K.Boehnke. Social Cohesion Radar (An InternationalComparison of Social Cohesion), 2013, BertelsmannStiftung. www.bertelsmann-stiftung.de. Printing:druck.hans Rihn GmbH, Blomberg.(9) Si può approfondire su questo tema con A.Touraine, Libertà, uguaglianza, diversità, IlSaggiatore, Milano 2009.(10) L. Hou et al., Environmental chemical exposuresand human epigenetics, Int J Epidemiol, 2011.(11) P.Vineis e N.Dirindin, In buona salute. Dieciargomenti per difendere la sanità pubblica. Einaudi,Torino 2004, p.x-xi.

(12) P. Vineis e N. Dirindin, op.cit., p.28.(13) Da un intervento del Prof. R. Schiattarella,Diritto alla salute e compatibilità economica. RomaPalazzo Marini, Camera dei Deputati 20 giugno2008.(14) Nunzia Penelope, Ricchi e poveri, Ponte dellegrazie, Milano 2012, p.26.(15) Nunzia Penelope, op.cit. p.28.(16) L. Gallino, Il lavoro non è una merce, Laterza,Bari 2009, p.59.(17) L. Gallino, op.cit., p.79.(18) N. Penelope, op. cit., p.30.(19) Livia Profeti, L’identità umana, L’Asino d’oro edi-zioni, Roma 2010.

. BIBLIOGRAFIA

- Boncinelli E., I nostri geni, Einaudi, Torino 1998- Bygren L.O. et al. Cultural Participation and Health:A Randomized Controlled Trial Among Medical CareStaff, Psychosomatic Medicine, 2009, 71:469-473- Cuypers K. et al. Patterns of receptive and creativecultural activities and their association with percei-ved health, anxiety, depression and satisfaction withlife among adults: the HUNT study, Norway, JECH online publication 2011 (research Report)- Dragolov G., Ignacz Z., Lorenz J., Delhey J.,Boehnke K.. Social Cohesion Radar (An InternationalComparison of Social Cohesion), 2013, BertelsmannStiftung. www.bertelsmann-stiftung.de. Printing:druck.hans Rihn GmbH, Blomberg- Gallino L., Il lavoro non è una merce, Laterza, Bari2009- Hou L. et al., Environmental chemical exposuresand human epigenetics, Int J Epidemiol, 2011.- Lecaldano E., Etica, TEA Milano 1996- Marmot M. and R. G. Wilkinson R.G., Social deter-minants of health, Oxford University Press, GreatBritain 1999- Monod J., Il caso e la necessità, Mondadori Editore,Milano 1997- Nelkin D. and Lindee M. S., The DNA Mystique,University of Michigan Press, USA 2004- Penelope N., Ricchi e poveri, Ponte delle grazie,Milano 2012- Profeti L., L’identità umana, L’Asino d’oro edizioni,Roma 2010- Rose H, Rose S., Geni, cellule e cervelli. Speranzee delusioni della nuova biologia. Codice edizioni,Torino 2013- Touraine A., Libertà, uguaglianza, diversità, IlSaggiatore, Milano 2009- Vineis P. e Dirindin N., In buona salute. Dieci argo-menti per difendere la sanità pubblica. Einaudi,Torino 2004, p.x-xi- Wilkinson A. V. et al., Are variations in rates ofattending cultural activities associated with popula-tion health in the United States?, BMC Public Health,2007, 7:226