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leggere la comPlessità

Epigenetica, il DNA che impara

36Piccola

BiBliothiki

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ernesto di mauro

epigeneticail dna che impara

asterios editore trieste 2017

Istruzioni per l’usodel patrimonio genetico

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Prima edizione nella collana PB: gennaio 2017©ernesto di mauro, 2016

©asterios abiblio editore 2016posta: [email protected]

www.asterios.iti diritti di memorizzazione elettronica,

di riproduzione e di adattamento totale o parzialecon qualsiasi mezzo sono riservati.

stampato in Ue.

isBn: 978-88-9313-048-6

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Indice

introduzione, 9

caPitolo i

il dna 1. siamo il prodotto di informazione, 12

I termini del problema: Fenotipo e Genotipo, Ploidia, Asimmetria. Variabilità, Manovrabilità, Complessità.

2. dna e Progetti genoma, 21Decifrazione del materiale genetico. Il concetto di “Testo”riferito al DNA. L’unità del Testo. L’avvenuta decifrazione.

3. dall’informazione all’uso, 31 Funzioni semplici e funzioni complesse.Genomica comparata. Altri Genomi.

Single nucleotide polymorphisms (snPs).4. Faber fortunae suae: genetica ed epigenetica, 42

5. l’infinito dna, 44

caPitolo ii

ePigenetica: esemPi1. il dna è la nostra vera struttura, 47

2. imago mundi, 483. esempi estremi del ruolo dell’epigenetica, 50 Tempi lunghi: scomparsa e ricomparsa delle ali.

Tempi brevi: zigoti.Tempi brevissimi: regolazione genica.

4. epigenetica come controllo della complessità, 57

caPitolo iii

ePigenetica: i meccanismi1. epigenetica all’opera, 59

2. interazioni evolutive tra genetica ed epigenetica, 643. libero arbitrio e via di fuga, 67

4 le ombre del passato nel nostro dna, 67 5. trasmissioni transgenerazionali, 68

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6. trasmissione transgenerazionale dello stress, 697. epigenetica del sistema ipotalamico-pituitario-adrenalinico

(hPa), 728. a grandi linee, 75

caPitolo iv

ePigenetica della Pecora dollY 1. Programmazione e deprogrammazione cellulare, 77

2. Una cellula staminale è un embrione?, 823. crescita di nuovi arti, 83

4. dolly, 855. vivere bene e a lungo, 92

6. crisPr, 96

caPitolo v

asPetti etici dell’ ePigenetica: QUalche datoPer Poter aFFrontare il ProBlema

1. elementi di storia naturale per riflettere sugli organismi geneticamente modificati, 99

2. soluzioni offerte dalla natura: il cordone ombelicale, 1053. soluzioni offerte dall’ingegneria genetica, 106

4. contratto sociale, culturale, biologico, 108 5. Prudenza e moderazione, 111

conclusioni, 113

indice delle finestre

1. Watson e crick, 132. totiPotenZa, 19

3. analisi di esPressione genica a livello gloBale, 304. tecnologie di Base:

la costrUZione di dna gene chiPs ed il microarraYs disPlaY, 41

5. silenZiamento genico, 536. cellUle staminali, 79

7. cellUle staminali emBrionali (escs) e germinali (gscs), 80

8. animale transgenico, 859. l’invecchiamento è Un Fenomeno regolativo, 94

10. identiFicaZione e ProdUZione di geni, 98

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introduzione

Questo libro parla di epigenetica. con il che si intende,formalmente: la trasmissione di tratti e comportamentisenza cambiamenti della sequenza genica. il filo centra-le di questo discorso è l’insieme di meccanismi che per-mettono e determinano l’uso e la trasmissione del patri-monio genetico, dagli aspetti più meccanicamente orga-nizzativi a quelli funzionali, fino a quelli apparentementepiù astratti, come la trasmissione del comportamento edella cultura. Poiché però il concetto stesso diepigenetica non è precisabile se non abbiamo ben chia-ro cosa si intende per genetica, va prima definito cosavoglia dire questa parola oggi. mi rivolgo dunque ini-zialmente a chi non sa bene cosa significhi genetica nè,a maggior ragione, cosa sia l’epigenetica; pur vivendo-ne, pur essendo, come tutti noi, la loro incarnazione.

è importante capire cosa siamo, come siamo organiz-zati, quali siano le istruzioni per l’uso del genoma cheabbiamo ricevuto. è importante rendersi conto chenasciamo con un hardware genetico di dna privo diistruzioni per l’uso; e che, vivendo, il dna crea il soft-ware per il proprio funzionamento. il dna impara sem-plicemente, vivendo.

infine cercherò di dare corpo alle indicazioni, se pro-prio non vogliamo considerarle prove, che il comporta-mento e la cultura (nel senso più coinvolgente, più biolo-gico della parola) si trasmettono per via epigenetica; e

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non solo con esempi, immagini o parole. la trasmissionedella cultura è un importante sistema evolutivo. secondoquali regole? esiste una epigenetica del comportamentoe, in senso più ampio, della cultura? il dna impara.

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caPitolo i

il dna

1. siamo il prodotto di informazione. I termini del problema:Fenotipo e Genotipo, Ploidia, Asimmetria. Variabilità, Manovrabilità, Complessità.

2. dna e Progetti genoma. Decifrazione del materiale geneti-co. Il concetto di “Testo” riferito al DNA. L’unità del Testo.

L’avvenuta decifrazione. 3. dall’informazione all’uso. Funzioni semplici e funzioni

complesse. Genomica comparata. Altri Genomi. Single nucleotide polymorphisms (SNPs).

4. Faber fortunae suae: genetica ed epigenetica.5. l’infinito dna

Il mondo biologico è regolato dalle regole ferree della codifi-cazione dell’informazione, della competizione e dell’evoluzio-ne. La nostra cultura ha spesso difficoltà ad accettare ladurezza di queste regole. Un approccio a questo aspetto dellarealtà che può in qualche modo mitigarlo consiste nel render-si conto delle ragioni della sua ineluttabilità. Le pagine cheseguono espongono brevemente i termini del sistema, cercan-do di fornire indicazioni su cosa si intenda oggi con le paroleGenetica ed Epigenetica e descrivendo la storia recente delladecifrazione dei Genomi.

il dna

Poche discipline hanno avuto uno sviluppo rapido comequello della biologia contemporanea. la conseguenza èche si è compresa quasi all’improvviso la natura delmateriale genetico, il dna, che determina l’essenza degliorganismi viventi. ne conosciamo la struttura, l’organiz-

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zazione, i meccanismi di autoriproduzione; ne abbiamocompresa la qualità essenziale: quella di essere allo stes-so tempo materia chimica inerte e materia vivente (ildna si riproduce, si accresce, muore). la rapidità di que-ste scoperte ci ha impedito di acquisire fino in fondo con-sapevolezza che la natura degli organismi (e quella del-l’organismo che ci interessa di più, Homo sapiens) ènatura autocodificata, autogenita, autoreplicante. lalezione di libertà esistenziale che ne deriva, lungi dall’es-sere diventata patrimonio della cultura generale, non èancora filtrata attraverso una diffusa coscienza.entrambi i fatti (la autocodificazione e la mancanza diuna coscienza di questa autocodificazione) meritano unariflessione. merita anche riflessione il fatto che, una voltadecifrato il codice e capito come questo codice è fisica-mente organizzato, Homo sapiens ha immediatamenteiniziato a manipolarlo. guardandoli con un minimo diprospettiva, i dubbi, le moratorie, le proibizioni sembra-no destinati a durare poco.

il dna si sta però rivelando un sistema molto più com-plesso di quello che sembrava: non è solo l’hardware delsistema biologico, ne è al tempo stesso il software modi-ficabile e continuamente modificato. il sistema è moltopiù delicato, elegante, efficace, complesso e vivo di quan-to sembri.

1. siamo il prodotto di informazione

Una struttura vivente è il prodotto di informazione. neinostri cromosomi centinaia di milioni di unità di infor-mazione (i nucleotidi) sono messi in fila in ordine perfet-tamente (geneticamente) definito.

Un computer procede con scelte successive binarie, si-si- no-si-no-no... con informazioni date con due letteresole, 0-0-1-0-“1”-1... . il dna è organizzato nello stessomodo: le sue cifre di base sono due (un nucleotide fatto

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di purina ed uno di pirimidina), allineate lungo un fila-mento. Per aumentare la propria ricchezza di informa-zione il codice binario del dna a un certo momento dellapropria evoluzione si è sdoppiato e sia le purine che lepirimidine sono diventate due: a e g sono purine, c e tsono pirimidine. il filamento inoltre si avvolge e si sostie-ne intorno ad un filamento speculare. Per questo il dnaè una doppia elica.

Queste complessità aggiuntive non modificano la natu-ra semplice dell’informazione genetica, chip lunghissimofatto di un filo lineare in grado di autoriprodursi. ognifilamento è stampo dell’altro, ogni filamento è quindicopia e stampo di se stesso.

il numero di combinazioni possibili e diverse delle cen-tinaia di milioni di unità di informazione che ci compon-

caPitolo i. il dna 13

Finestra 1. Watson e Crick

James d. Watson (1928) e Francis h. crick (1916-2004)hanno identificato la struttura del dna nel 1952, ingran parte basandosi su dati cristallografici raccolti darosalynd Franklin (1920-1958). la descrizione dellascoperta è stata pubblicata sul numero di Nature del 25aprile 1953 (vol 4356, pag. 737) in un articolo dal titolo“molecular structure of nucleic acids. a structure fordeoxyribose nucleic acid” ed ha valso loro il nobel per laFisiologia e la medicina del 1962, condiviso con mauriceWilkins. la frase finale dell’articolo è straordinaria:“Non è sfuggito alla nostra attenzione il fatto che lospecifico appaiamento che abbiamo postulato suggeri-sce immediatamente un possibile meccanismo di copia-tura del materiale genetico”. Questo concetto ha cam-biato la storia della biologia e della scienza moderna. lastruttura ipotizzata è basata sulla complementarietàchimica delle basi nucleiche che con la loro interazioneassicurano stabilità alla struttura e sulla organizzazionea doppia elica speculare del filamento molecolare, a for-mare una struttura intrinsecamente riproducibile.

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gono è inimmaginabile. Poiché siamo, siamo frutto discelta, di selezione. siamo informazione. secondo lascienza dell’informazione questo significa in termini for-mali che siamo il prodotto di accumulo di energia.

Poiché discendo dai miei genitori, e i miei nonni eranogià un po’ più vicini a neandertal, e questo a uno scim-mione figlio di un lemure figlio di un topo figlio di uccel-li che non sapevano più volare e così via per tre quattromiliardi d’anni..., poiché siamo informazione che non si èmai per definizione interrotta, siamo il frutto di un accu-mulo d’energia enorme. siamo eredi di scelte evolutivefatte in tempi lontani e siamo depositari d’energia.

l’universo, qualsiasi sia la sua origine, sembra tenderealla disorganizzazione. aumenta, come si dice, la suaentropia. in termini biologici, entropia significa morte.contrario dell’entropia è l’organizzazione, la vita, l’infor-mazione. organizzazione è trattenere energia in una strut-tura definita, finché questa non viene dispersa nei suoiframmenti componenti; vita è impedire la disgregazione.

il lunghissimo processo evolutivo che ha portato allaidentità genetica di ognuno di noi è partito all’inizio delmondo, per caso e per necessità. ad ogni generazionealcuni organismi vengono biologicamente contro-sele-zionati (non si riproducono, o si riproducono meno deglialtri, o muoiono prima). ad ogni generazione, da miliar-di di anni, si fanno delle scelte. e tutti gli organismi (lacui nascita e la cui sopravvivenza ha richiesto energia)contribuiscono a questa selezione, a questa lotta alla dis-organizzazione, a questo formarsi e tramandarsi di infor-mazioni. ma come si esprime questa informazione, que-sto accumulo di energia? oggi sappiamo che si esprimeattraverso il dna.

I termini del problema

il nostro corpo è formato da cellule molto diverse traloro. la diversità e la complessità che ne conseguono

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sono innegabili. Per poterne capire il significato bisognaconsiderare tre fatti biologici fondamentali:

Fenotipo e genotipo. Queste categorie biologiche sono difacile definizione; nel loro insieme racchiudono tutte lestrutture viventi. capire fino in fondo cosa in realtà essesignifichino è però più complesso. il fenotipo è quanto diun organismo possiamo vedere, quello che funziona, laproteina muscolare che si contrae, il neurone che tra-sporta o elabora l’impulso nervoso, la struttura salina ecellulare dell’osso. il nostro corpo è il nostro fenotipo, ciòche di noi stessi appare. Fenotipo: epifania, l’apparizio-ne. Fanerogame, le piante che mostrano il proprio sesso,il proprio fiore. Fenomeno, ciò che è osservabile.Fenologia, le manifestazioni che animali e vegetali pre-sentano nel corso di un anno.

la combinazione degli elementi, il filo che abbiamonelle cellule, è il genotipo, il segreto riposto, testamentotramandato. genotipo è ciò che non appare ma che deter-mina. genotipo: generare, genealogia, generazione,genere, genesi, gene. genotipo è lo scritto dal quale sitraggono le istruzioni per il fenotipo, è il libro che valetto, il testamento di segni che non va manomesso.il genotipo è dunque il dna; è la molecola che, rimanen-do nell’ambito degli esempi appena fatti, fornisce l’infor-mazione per sintetizzare le proteine muscolari, per strut-turare i neuroni, per guidare le vie metaboliche che orga-nizzano i depositi minerali di cui è fatto lo scheletro checi sostiene. inoltre, il dna non è soltanto informazionepura. essendo una molecola chimica ben definita e per-fettamente organizzata in atomi e legami come le altremolecole, informazionali e non, il dna è anche fenotipo.il dna è al tempo stesso informazione (nel senso dipotenzialità attuali e virtuali, di trasmissione, di codifica-zione, di programmazione) ed è struttura fisica, è genoti-po e fenotipo contemporaneamente.

la difficoltà di fondo di questo discorso è costituita

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dalla impossibilità di separare rigorosamente i due con-cetti, disgiungere il corpo dalla informazione che lodetermina, distinguere tra potenzialità e realtà. come alungo si è cercato di separare il corpo dall’anima, lopneuma dal logos, la mente dal cervello, per poi capire l’i-nutilità dello sforzo e l’errore di fondo che questi tentati-vi costituivano, così è sbagliato separare genotipo dafenotipo. le due definizioni sono complementari e spe-culari, volti didascalicamente separati di una realtà unicae complessa.

l’evoluzione si esercita sul fenotipo, sul muscolo dellagazzella per conferirle lo scatto che la salva durante lafuga, sul cervello che ne coordina i movimenti. ma siesercita attraverso il dna, attraverso l’informazione chepuò trasferire alla successiva generazione di gazzelle unospettro più ampio di possibilità di scatto e di fuga.

l’ambiente e la selezione sceglieranno se vale la pena,se conviene investire ulteriori energie fisiologiche in que-sto aspetto specifico della struttura, o se non convengapiuttosto affinare ad esempio la vista e l’udito. la scelta ècombinatoria, passa attraverso il sistema muscolare, ilcorpo nel suo insieme, il comportamento, il dna e la suareplicazione, la sua capacità di mutare lungo il filo dellegenerazioni e rimanere comunque dna di gazzella. lacombinatoria della evoluzione passa attraverso le scelteesercitate dall’ambiente nello scorrere degli anni, sovrap-ponendosi alla evoluzione dei predatori, cerchi concen-trici di cambiamenti generati sulla superficie dello stagnodel presente da sassi gettati dalla mano del tempo chepassa. i cerchi si incontrano, si sovrappongono, interferi-scono, in un rapporto evolutivo di equilibrio. la gazzellamigliore sopravvive. la gazzella il cui genotipo è miglio-re e si incarna nel fenotipo migliore, genotipo e fenotipomigliori perché più adatti a quell’ambiente in quelmomento, equilibrio evolutivo, frutto di miliardi di annidi selezione di strutture viventi che hanno avuto succes-so per il fatto stesso di essersi riprodotte all’interno del

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gioco di competizione delle forme possibili, sulla superfi-cie di questo pianeta, che è l’unico che abbiamo.

Ploidia. l’informazione genetica, il genotipo, è uguale intutte le cellule somatiche, cellule il cui corredo geneticodiploide (due copie) proviene in ognuno di noi da duegenitori in parti sostanzialmente uguali. il soma di unindividuo ospita un gruppo di cellule il cui numero è rela-tivamente limitato e che si comportano in modo funzio-nalmente specializzato nella loro finalità genetica: le cel-lule germinali. le cellule germinali mature, sia maschiliche femminili, hanno un corredo genetico aploide (unacopia). il processo differenziativo che porta al loro svilup-po e alla loro maturazione ne dimezza la ploidia e le pro-gramma in modo che fondendosi a coppie, una maschile euna femminile, si ricrei la diploidia originaria nella nuovacellula derivata da fecondazione (nello zigote cioè, fusionedi un oocita aploide e di uno sperma aploide).lo zigote formatosi con la fecondazione comincia subitoa dividersi e produce due cellule, e da queste quattro, ottoe così via. il processo è all’inizio simmetrico e segue rego-le numeriche semplici; poi, man mano, si complica. nellanatura stessa del processo è insita una tendenza allaasimmetria: (a) l’insieme aploide dei cromosomi (23nella specie umana) è quasi uguale tra uomo e donna: 22sono uguali, uno (X o Y) è differente. (b) il contenuto didna è quasi uguale nell’oocita e nello sperma.nell’oocita c’è qualcosa in più: i mitocondri, organelli conun loro dna che si trasmettono esclusivamente per viamaterna. (c) la cellula uovo è quasi sferica e quasi sim-metrica. già dall’ ‘800 si era cominciato ad osservare l’e-sistenza di gradienti di polarità, di asimmetrie sottili ecomplesse.

Asimmetria. la asimmetria più importante nei sistemibiologici è quella che determina la dinamica dello svilup-po. la cellula fecondata è totipotente, è una cellula sta-

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minale totale, nel suo genoma ridiventato diploide è rac-chiusa tutta l’informazione per tutto l’organismo in tuttii suoi momenti di vita, embrionali, fetali, giovanili, adul-ti. nella cellula appena fecondata sono iscritte le istru-zioni per il bilancio metabolico che caratterizzerà lanostra vecchiaia. il sistema è ovviamente di enorme com-plessità, sia perché deve rispondere ad un ambiente(esterno o interno) potenzialmente molto variabile, siaperché i programmi di attuazione sono dinamici e diffe-renziali. molto presto nello sviluppo le cellule si specia-lizzano e perdono la propria potenzialità generale.specializzazione e perdita di potenzialità sono due aspet-ti speculari dello stesso fenomeno. da un punto di vistainformazionale il processo è ovvio: se non ci fosse diffe-renziamento, saremmo un unico grande ammasso di cel-lule uguali allo zigote, una enorme morula, usando untermine della embriologia classica. da un punto di vistareale la perdita di potenzialità e l’attuazione differenzialedei programmi di specializzazione è un processo moltocomplesso. Uno degli aspetti più importanti di questacomplessità è la sua stabilità differenziale: fino a chepunto una cellula differenziata rimane tale? come, quan-do e quanto si differenzia? come, quando e quanto que-sto processo è controllabile e manipolabile, o spontanea-mente reversibile?

ci siamo così avvicinati ad uno dei problemi centralidella trasformazione tumorale delle cellule, sostanzial-mente causata dalla perdita del sistema di controllo dellaloro riproduzione; il blocco della replicazione è tipicodelle cellule differenziate che in termini generali si repli-cano meno di quelle che non lo sono, è tipico delle cellu-le differenziate ma è vero anche per quelle che lo sonomeno. ed è questo il punto centrale della ricerca biome-dica contemporanea: è possibile usare in modo control-lato i processi di differenziamento/sdifferenziamento perottenere strutture biologiche per trapianti, sostituzioni,ricrescite, riparazioni di parti della macchina umana? è

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possibile cioè osare quello che la natura normalmentenon fa: passare al di là dei limiti posti statisticamente alladurata ed alla qualità della nostra vita.

Variabilità, manovrabilità, complessità. così come sonostati definiti, questi processi di creazione di asimmetriasono, nei molteplici sistemi biologici, in grado di variareed evolvere. il sistema vivente è nel suo insieme estrema-mente plastico. definita una regola è sempre possibiletrovare in un trattato di zoologia o di botanica la suaeccezione.

Per capire meglio la portata di queste affermazionisono importanti tre considerazioni: i rapporti genoti-po/fenotipo, i rapporti soma/linea germinale, il rapportodiploide/aploide.

tutto è manipolabile: tutti quelli che venivano conside-rati dogmi in embriologia, o istologia, o genetica chefosse sono caduti, uno dopo l’altro. il cosiddetto dogma

caPitolo i. il dna 19

Finestra 2. Totipotenza

la cellula appena fecondata, lo zigote, è totipotente.man mano che la replicazione cellulare procede, le cel-lule perdono potenzialità generica ed attuano program-mi differenziativi. il momento di partenza di una lineacellulare specializzata è una cellula specifica, il caposti-pite in grado di dividersi e produrre discendenti ugualitra loro in quantità controllata. Queste cellule capostipi-ti, le cellule staminali, sono importantissime. su di essepoggia la possibilità più promettente di affrontare inmodo sostanziale tutte quelle malattie che comportanodegenerazioni irreversibili di tipi cellulari definiti (e avolte, per ragioni di cooperazione negativa, di interi tes-suti). i casi più noti sono quelli che riguardano le dege-nerazioni delle cellule delle isole del pancreas in molteforme di diabete, e le degenerazioni di neuroni nellemalattie di Parkinson, di huntington, in molte altrecondizioni neurologiche.

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della biologia molecolare: “il DNA fa RNA e questo faproteine”, è rimasto un dogma per pochissimi anni, tra-volto da una valanga di eccezioni; il dogma che le cellulenervose differenziate non si possono riprodurre stafacendo la stessa fine; la necessità dello sperma comeprincipio di attivazione della replicazione iniziale è con-cetto dimenticato; e così via. il limite è come al solitoquello posto dalla conoscenza e dal suo progredire.

il sistema va comunque sempre considerato in ambitostatistico. le regole alla base del funzionamento dei mec-canismi genetici di genomi grandi come quello umano siavvicinano molto alle regole che sono alla base del mododi essere dei sistemi complessi. e, anche se in grado mino-re, lo sono anche le regole che si osservano in genomi rela-tivamente più semplici quali quelli batterici. ci riferiamoqui alla complessità che rispecchia la molteplicità di scel-te contemporanee, ognuna deterministica se presa singo-larmente, il cui risultato causa un insieme di scelte suc-cessive altrettanto complesse. dato l’altissimo numero direazioni contemporanee in un organismo vivente, la natu-ra termodinamica delle reazioni, gli aspetti cinetici degliequilibri apparenti raggiunti, le interazioni con ambientialtrettanto complessi in continua modificazione, datetutte queste variabili non meraviglia che genomi uguali incondizioni simili rispondano in modo apparentementediverso. Questo sostanzialmente significa che quando unvirus infetta una cellula, il suo acido nucleico può entrare,cominciare a replicarsi e poi fermarsi e morire, senza con-seguenze. oppure può uccidere o trasformare la cellulavittima. data la complessità e la natura stocastica deimolti processi coinvolti, definire la differenza causale tra idue comportamenti è sostanzialmente impossibile, è solopossibile capire gli schemi di riferimento quantitativi delfenomeno. le conseguenze per l’individuo specifico sonoperò tutto-nulla, vita-morte.

ed anche: quando diciamo che un virus particolarmen-te letale uccide il 93 per cento degli individui colpiti, che

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spiegazione ci diamo della sopravvivenza del rimanente 7per cento?

ed ancora: se stabiliamo che nella specie umana incerte condizioni genetiche il tasso di mutazione è di 10-7,questo significa che il dna delle mie cellule si rompe inmodo spontaneo con una certa frequenza e con una certadefinizione di posizione. dato questo valore numerico,capire dove, come, quando, e che conseguenze questocomporta per ogni singolo organismo nella sua indivi-dualità è naturalmente statisticamente complesso ma èanche, almeno per me se il dna in gioco è quello mio,singolarmente rilevante.

2. dna e Progetti genoma

il nostro materiale genetico, il dna, è composto dallaripetizione di quattro sostanze chimiche definite. Questicomponenti, i nucleotidi, sono in parte uguali tra loro, inparte diversi. le parti diverse sono costituite di molecolespecifiche (l’adenina, la timina, la guanina e lacitosina). i nucleotidi sono legati uno all’altro a formaredue fili lunghissimi intrecciati tra loro: la doppia elica. ilfilo dell’uomo è lungo più di quattro miliardi di lettere,siano esse a, t, g o c (indicandole con gli acronimi deinomi delle sostanze chimiche reali). Queste lettere for-mano parole, racconti, lunghe storie i cui soggetti sonogli organismi viventi. la definizione e la decodificazionedella sequenza dei quattro miliardi di nucleotidi che cideterminano è stato lo scopo del Progetto genomaUmano. lèggere queste sequenze di lettere e decifrare itesti che esse compongono è oggi chimicamente possibi-le. interpretarli è più difficile, richiede uno sforzo di tiponuovo: il dna è infatti un testo senza sommario. è orga-nizzato in unità funzionali (i genomi) che hanno sensocompiuto soltanto nella loro interezza, esattamente comei testi letterari.

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Decifrazione del materiale genetico

la matrice chimica fatta di tante piccole unità disposteuna accanto all’altra e sulla quale è scritto tutto quelloche siamo ci è stata consegnata in due copie dai nostrigenitori, una copia dalla madre, una copia dal padre. anostra volta, forse, ne passeremo copia ai nostri figli.

decifrazione del genoma umano significa definire laqualità e l’ordine delle piccole unità che compongonoquesta matrice. il compito è complesso, perché negliesseri umani le unità sono più di quattro miliardi, evanno definite una ad una. Per farlo è necessario svolge-re una reazione chimica dopo l’altra, raccogliere i dati,ordinarli, confrontarli, studiarli, ripetendo queste opera-zioni milioni e milioni di volte.

Questa serie di operazioni porta alla definizione chimi-ca del genoma, non a quella funzionale.

nel determinare la sequenza viene definito l’ordinedelle lettere chimiche che la compongono (di nuovo lea,t,c,g) ma non ne viene interpretato il senso. Una voltanota la sequenza delle lettere, è necessario capire comequeste lettere sono raggruppate e quale è il significato deimessaggi che esse codificano. il linguaggio di tipo semio-logico-strutturalistico che stiamo usando qui è il linguag-gio usato normalmente nell’affrontare questi problemi. èun linguaggio appropriato, poiché i problemi interpreta-tivi posti dal dna sono effettivamente simili a quelli pre-sentati da una lingua sconosciuta, da un testo criptato,dalla interpretazione critica di un testo letterario.

ci sono dunque due momenti: quello della genomica, ladeterminazione delle lettere, del loro ordine, della loroorganizzazione in insiemi (i cromosomi) e in soprainsie-mi (i genomi). e quello della post-genomica, il momentodella interpretazione dei significati e delle loro multipleed alternative integrazioni. alla fine di questi due proces-si conosceremo con esattezza il nostro aspetto più inti-mo, non avremo più alcun segreto che ci nasconda a noi

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stessi. Potremo capire “che cosa” realmente passiamo ainostri figli, che cosa abbiamo ricevuto dai nostri genitori.che cosa in termini di realtà genetica, non di metafora odi morale o di oggetti di famiglia. Potremo renderci contoche siamo combinazione ordinata di elementi che si tra-manda come tale; non soltanto come materia ma, soprat-tutto, come ordine nell’organizzazione della materia.

Il concetto di “Testo” riferito al DNA

gli organismi viventi sono organizzati intorno a testigenetici. la natura comunica attraverso testi. “testo”indica “una catena di definizioni collegate da legami dicoerenza”, non importa se complessi o semplici. il mia-golio di un gatto è un testo, la divina commedia è untesto. Un importante corollario di questa definizionesemantica è che i testi esprimono significati diretti o indi-retti, che sono normalmente definiti come significati les-sicali e testuali, rispettivamente. Un oracolo greco, l’ora-colo di delfi, ad esempio, trasmetteva messaggi in formadi parole mescolate che dovevano essere interpretate, itesti che trasmetteva erano puramente testuali. Unsegnale stradale, al contrario, è più diretto possibile, èpuramente lessicale. la differenza tra i due tipi di testinon risiede nel loro grado di ambiguità ma nell’uso che cisi aspetta ne venga fatto.

nel dna le definizioni sono chiare e dirette, sono tuttelessicali; quando è preso nella sua totalità, però, il mes-saggio diventa testuale perché per sua natura si adatta alsuo ambiente e risponde agli stimoli esterni (che per defi-nizione sono enormemente complessi, data la loro infini-ta serie di possibilità alternative). il dna è fatto per adat-tarsi (ed anche, più precisamente, per adattare gli orga-nismi che codifica) a tutte le situazioni possibili, a tutte levarianti concepibili. in questo senso funziona perfetta-mente, visto che è in grado di codificare organismi adat-ti a tutti gli ambienti del globo, presenti, passati e (spe-

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riamo) futuri. il dna, come testo, può essere scritto intutte le lingue concepibili. il dna come linguaggio è ingrado di esprimere tutto, è in grado di “lottare con l’ine-sprimibile finché non arriva ad esprimerlo” (kirkegaard,a proposito di altro, ovviamente). Una proprietà fonda-mentale del dna, accanto a quelle della sua capacitàinformazionale e a quella della sua organizzazione, è lasua adattabilità ad un ambiente che cambia: la sua capa-cità di evolvere.

la distinzione tra significato diretto (lessicale) e indi-retto (testuale), è uno dei problemi aperti della semantica,e riguarda da vicino il dna. Per capire il significato di untesto, l’interprete non può non ricorrere a metodi di inter-pretazione integrata perché (i) il linguaggio del messaggio(ogni linguaggio ed ogni messaggio) è degenerato (moltisensi per una parola singola) e (ii) perché il messaggionon viene mai da solo. Quindi il punto è: quale è il sensodella distinzione tra lessicale e testuale, quando ogniparola ha un significato lessicale e una interpretazionetestuale? (Per la trattazione originaria di questi concetti,v. U. eco, “trattato di semiologia”). la soluzione è quasiovvia: il significato lessicale è convenzionale e diventasituazionale nel processo di interpretazione da parte deldestinatario. nei sistemi biologici i meccanismi sono glistessi: un ormone ha un ruolo convenzionale che, nellacomplessità dell’organismo, diventa situazionale.

così il dna. tutti i suoi componenti, i suoi geni, hannosignificati specifici, ben definiti, e questi cambiano asecondo dell’uso che se ne fa. nelle nostre cellule, neinostri cromosomi, c’è un numero altissimo di compo-nenti genetici, come nelle lingue che parliamo c’è unenorme numero di lessemi, di unità di lessico.

la vita è l’uso che facciamo, che siamo costretti a fare,di questi geni. la lingua che parliamo è l’uso che faccia-mo, che siamo capaci di fare, dei lessemi che abbiamo inmente. se vogliamo paragonare la lingua dei nostri genipiù alla lingua scritta che a quella parlata (paragone forse

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più coerente, visto che i geni sono codificati, sono “scrit-ti”, nel dna, e visto che il dna è un filo che si conserva,è un nastro, un volume, non un discorso articolato dasuoni che si disperdono), se vogliamo paragonare i nostrigeni ad un testo scritto, è lecito domandarsi: di che natu-ra è questo testo? è una commedia o una tragedia, unracconto o un dialogo? Il DNA è Opera Combinatoria,opera illimitata, espressione della capacità di autoorga-nizzazione della materia: autogena, intrinseca, autori-producente, illimitata.

riassumendo: secondo un approccio semiologico, igeni sono strutture lessicali, nel loro insieme assumo-no una valenza testuale. Questo tipo di confronto aprima vista arbitrario e in qualche modo forzato, è alcontrario utilissimo per capire il significato vero dellastruttura organizzativa dei genomi, la loro evoluzio-ne, il loro meccanismo di funzionamento di base.

ragionare sulle opportunità, sulla liceità e sulle conse-guenze degli interventi sui genomi richiede di conoscerele regole organizzate delle strutture che vogliamo modifi-care. Più che in termini di germinale e somatico, lanostra struttura genetica è organizzata in insiemi lessica-li e testuali. è importante, se spostiamo un gene, saperese stiamo cambiando solo la valenza lessicale e se al con-trario stiamo alterando un valore testuale.

Alterare un testo è operazione di maggior peso checambiare il modo di usare una parola.Alterare un gene è operazione di maggior peso checambiare una breve sequenza di nucleotidi.

L’unità del Testo

nel tentativo di capire la natura della organizzazione di

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un genoma non dobbiamo limitarci a considerare dove lefrasi genetiche (i cromosomi) iniziano e finiscono, nondobbiamo rimanere nel contesto di un sistema interpre-tativo costruito intorno a comparazioni ingenue e sem-plici in cui i geni che codificano le proteine sono i sogget-ti o i nomi delle frasi, in cui le strutture che regolano l’at-tività genetica sono i verbi (perché indicano azione), incui le strutture che ne stimolano la funzione sono gliaggettivi (perché regolano l’intensità, la quantità, le pro-prietà temporali e quantitative dei geni-nomi), in cui iprodotti dei geni che agiscono su altri geni sono avverbie congiunzioni, usati per correlare le varie parti della sto-ria dell’individuo. Questo tipo di comparazioni è certa-mente utile, permette lo sviluppo di paralleli e di simili-tudini, stimola la messa a fuoco e lo sviluppo di nuoveidee ma soffre, inevitabilmente, di frammentazione.

dobbiamo invece guardare al dna come ad un oggettounico, nella sua interezza, nel suo equilibrio, dna comeun testo che acquista il proprio significato solo quandoviene letto da un’estremità all’altra.

esistono esperimenti molto interessanti fatti inSalmonella nei quali una parte del grande cromosomacircolare di questo batterio veniva spostato da un puntoall’altro della sua mappa genetica. i geni rimanevano glistessi ma il loro ordine reciproco era stato cambiato.apparentemente le salmonelle non soffrivano per ilrimescolamento subìto, crescevano con la stessa efficien-za di prima della manipolazione.

dopo qualche generazione, però, si osservava che i genierano tornati spontaneamente ai siti originali, come seconoscessero il proprio punto di origine, come se cono-scessero l’ordine preferenziale che forma lo schema dellaloro vita normale. Quest’ordine non ha per noi senso,non troviamo alcuna correlazione apparente con l’e-spressione temporale dei geni, né con il flusso delle fun-zioni metaboliche. ma la realtà sperimentale mostra cheun ordine esiste. il fatto che noi non comprendiamo la

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logica dell’ordine usato all’interno del testo del dnamostra che non siamo in grado di pensare come pensauna cellula; o almeno non ancora.

L’avvenuta decifrazione

il lunedì 26 giugno 2000 rappresenta una pietra miliareper la biologia e la medicina. l’annuncio fatto della avve-nuta decifrazione del genoma umano stabilisce senzadubbio un punto di arrivo e allo stesso tempo un punto dipartenza formidabili. l’interesse suscitato è stato giusta-mente enorme, non sono stati posti quesiti etici, quelloche è stato riportato è un fatto di pura conoscenza. i frut-ti possibili di questa conoscenza non sono stati ancoraraccolti, né sono stati valutati pienamente, né sono staticompiutamente messi a fuoco i problemi che questaconoscenza apre.

in primo luogo la decodificazione non è, e non saràmai, veramente completa. la raccolta dei dati e la loroorganizzazione è avvenuta da parte di due strutturedistinte ed ha seguito due approcci non identici.l’organizzazione pubblica (hUgo, human genomeorganization) ha visto impegnati laboratori di moltipaesi differenti, singolarmente o in gruppi di collabora-zione. l’organizzazione privata (celera genomics dirockville, maryland) ha invece lavorato da sola, essen-zialmente usando scorciatoie e utilizzando anche i datiche l’organizzazione pubblica metteva man mano a dis-posizione. in linea generale il risultato della hUgo è piùsolido e più completo, quello della celera è più snello, piùrapido, e dal punto di vista della qualità dell’informazio-ne ottenuta, è altrettanto buono.

Una differenza sostanziale è che i dati della hUgosono pubblici ed accessibili, quelli della celera sono otte-nibili ma hanno un prezzo. Queste due affermazioni nonhanno però, così come formulato, un significato comple-

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to e non sono riducibili ad una situazione semplice.vanno valutate alla luce di che cosa è effettivamente dis-ponibile e di come le informazioni sono state ottenute.

Prima di tutto la validazione. il processo di determina-zione delle sequenze ha in sé possibilità di errore. altrierrori vengono introdotti dal procedimento di elabora-zione dei dati. la sicurezza della veridicità del prodottofinale è ottenuta attraverso la ripetizione del procedi-mento. la ripetizione da parte della hUgo è di settevolte, quella di celera è di cinque (in media). celera inol-te ha potuto verificare i dati contro quelli pubblicati dahUgo, mentre il contrario non è stato possibile.

la differenza sostanziale è però dovuta alla natura stes-sa della organizzazione dei genomi: quello che ha mag-gior interesse in un genoma sono i suoi geni, definiticome i tratti di dna che contengono l’informazione(codificano) determinati prodotti. Questi prodotti sonosoprattutto proteine o rna funzionali (in genere rnausati per il trasporto di aminoacidi ed rna che compon-gono delle strutture – i ribosomi – fondamentali per lasintesi delle proteine stesse). i genomi di organismi sem-plici sono costituiti quasi esclusivamente di sequenzeche codificano geni; altre sequenze (quelle di tipo orga-nizzativo-strutturale, quelle di tipo regolativo, quelle chedeterminano i punti di inizio della replicazione, e cosìvia) sono presenti in modo quantitativamente minorita-rio e spesso sono sovrapposte ad altre funzioni. i trattiche determinano strutture e regolazioni sono nei virus,nei batteri e nei funghi inferiori, ridotti al minimo.

negli organismi superiori, al contrario, la quantità didna impegnata in funzioni geniche è minima; nell’uomonon supera il 3%. il resto ha molteplici funzioni e forse inparte non serve a nulla (il concetto di “servire a” è natu-ralmente molto antropocentrico e andrà analizzato aparte, insieme al concetto di “gene egoista”). comunque,il dna direttamente codificante è poco, brevi trattiimmersi in un gomitolo enorme di sequenze.

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a questo punto è possibile capire in che cosa differisca-no i due approcci. la hUgo ha determinato tutta lasequenza (o quasi): partendo da un punto ha cominciatoa lèggere, indipendentemente da cosa incontrava. il pro-cesso è laborioso e fornisce informazioni rilevanti solodopo che la sequenza è stata letta, organizzata, analizza-ta per contenuto informazionale. a quel punto l’informa-zione sarà di qualità alta perché non solo sapremo comeè fatto quel determinato gene, ma anche come è fatto iltratto di cromosoma nel quale quel gene è contenuto.naturalmente, poiché siamo partiti da una situazione digrande ignoranza della mappa genetica ad alta risoluzio-ne, i risultati sono stati in buona parte inattesi e di gran-de rilevanza interpretativa. il problema è che spesso nonè possibile attribuire funzioni a sequenze che non hannofenotipo identificabile, sequenze cioè la cui mancanza oalterazione non comporta modificazioni apprezzabili nel-l’organismo considerato, oppure sequenze che nonhanno un corrispondente identificabile in un altro orga-nismo evolutivamente simile. sequenze che sembranonon servire a nulla.

l’approccio della celera è speculare: partendo dai pro-dotti genici ha fatto la strada a ritroso. il procedimento èpiù rapido, più facilmente utilizzabile, enormemente piùincompleto, finalizzato all’uso (e non alla comprensione)della struttura. l’incompletezza dei dati ottenuti è statarisolta in parte ricorrendo allo sviluppo massiccio di tec-niche di bioinformatica e di automatizzazione della pro-cedura di sequenziamento. il procedimento va sotto ilnome di “shotgun”, sparo nel mucchio. va al merito dicraig venter aver sviluppato con grande credibilità unmetodo che veniva giudicato inadatto per la sua suppostaimprecisione intrinseca. venter ha puntato sulla capacitàdi sviluppo autocatalitico della bioinformatica, ed havinto. Una volta identificato un tratto contenente infor-mazione di codificazione (un tratto cioè codogenico), ilcomputer accoppia a quella sequenza i tratti di dna

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sequenziati “a caso”, valutando statisticamente la validi-tà del posizionamento ottenuto. semplificando un po’,venivano aggiunte tessere di puzzle estratte a caso intor-no a pochi punti di partenza noti e posti all’interno delloschema. la hUgo invece ha costruito prima i bordi delpuzzle ed ha poi proseguito con ordine.

in entrambi i casi i risultati sono di ottima inattesaqualità, sono ancora incompleti (e questo giustifica leaffermazioni tipo: “abbiamo finalmente finito”, che ven-gono ripetute di tanto in tanto). e lo saranno a lungo per-ché la ripulitura delle zone complesse e la definizionecompleta dei tratti ridondanti è non solo tecnicamentemolto difficile ma è considerata meno interessante. Unaconseguenza delle ambiguità e della mancanza di attri-buzione di significato è l’importanza dello studio di geno-mi di riferimento e di comparazione (leggi “genoma deltopo”) sui quali siano possibili interventi genetici speri-mentali.

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Finestra 3 Analisi di espressione genica a livelloglobale

tecnica che permette di determinare, all'interno di tuttii geni presenti nel genoma in considerazione, tipica-mente in uomo o topo, quale gene venga espresso in unadata situazione differenziativa. la tecnica, nota con ilnome di "microarrays display", rende possibile saperequali geni sono espressi, tra tutti i geni del corredogenomico, in una cellula specifica, in una condizionegenetica o fisiologica definita. in alcuni organismi è pos-sibile già oggi conoscere le risposte per tutti i geni pre-senti, in altri l'analisi si può fare solo per geni seleziona-ti e comunque rappresentativi di tutte le classi genicheprincipali.

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3. dall’informazione all’uso

il significato vero della decifrazione del genoma è l’averreso possibile la definizione del programma di assem-blaggio e mantenimento di un essere umano, programmapresente in ogni momento della vita in ogni cellula del-l’individuo (meno che nei suoi anucleati globuli rossi).accanto alla prospettiva generale è resa anche possibilel’analisi specifica, locale, di come funzionino (o mal-fun-zionino) le variazioni allo schema generale.

il cambiamento di un singolo nucleotide all’interno diun gene fatto di decine di migliaia di queste unità puòcostituire una mutazione che comporta una alterazionerilevante di una data proteina e, se questa proteina èimportante, l’organismo smette di funzionare. oppure ilcambiamento di quel nucleotide non ha alcuna impor-tanza, cade semplicemente nell’ambito delle tante alter-native possibili (un poliformismo, un snP, vedi il para-grafo specifico più avanti) o può, perfino, comportare unmiglioramento.

Una volta identificati i geni, il compito diventa quellodi identificare tutte le loro funzioni, le funzioni dei lorocambiamenti ed i loro legami con le malattie.

Funzioni semplici e funzioni complesse

in molti casi è valida l’equazione: un gene = una fun-zione. e per verificare l’equazione se ne cerca la varia-zione e/o l’alterazione, si cerca il caso in cui si ha: ungene (alterato) = una malattia. ricercatori impegnatinell’human genome Project hanno identificato decinedi geni coinvolti in sindromi precise, spesso scoprendoo confermandone il rapporto diretto e univoco. Un tipodi emofilia, ad esempio, è causata da un unico genedifettoso ed è stato facile identificarlo attraverso studidi trasmissione familiare. in molti altri casi – i princi-

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pali: malattie cardiache e cancro – i geni coinvolti sonomolti ed il rapporto tra loro è certamente molto com-plesso; tenendo anche presente che la loro funzione ènei processi patologici mascherata, o modulata, o esal-tata dalle interazioni con l’ambiente. alla decifrazionedella sequenza ed alla mappatura dei geni si sovrappo-ne quindi la necessità di studi di popolazione. la validi-tà di questo approccio crociato è stata dimostrata dallainiziativa ambiziosa della decode.

a capitale americano ma con sostanziali interessi inloco, la decode ha ricostruito le mappe genetiche dipotenzialmente tutta la popolazione islandese. da unlato si ritiene che i 270.000 individui che compongono lapopolazione stabile siano di origine genetica sufficiente-mente omogenea, dall’altro la stabilità della popolazionein pochi centri abitati e la natura stessa della loro strut-tura sociale ha permesso il mantenimento della docu-mentazione e la possibilità della ricostruzione moltoindietro nel tempo dei rapporti di parentela. su questaenorme mappa si inseriscono i dati di sequenza dei geniche vengono studiati e si identificano così le variantipatologiche. lo studio ha permesso l’identificazione digeni collegati alla schizofrenia, al diabete ed a molte affe-zioni del sistema cardiovascolare. la costruzione di que-sti dati è molto laboriosa: i risultati veri vengono rag-giunti dopo un periodo abbastanza lungo. gli islandesihanno aderito in larga misura all’iniziativa: il beneficioche ottengono in cambio della loro storia genetica passa-ta e delle informazioni sulla sequenza del dna presenteche vive in loro oggi non è economico. hanno ed avran-no in cambio diagnosi e prodotti terapeutici specifici.

il potenziale beneficio in termini di medicina collettiva(ed in termini economici) è apparso subito chiaro. il pro-getto impostato su scala così ampia in islanda è statoimitato in due regioni canadesi, labrador e terranova. inquesto caso i termini sono diversi: la popolazione è moltopiù dispersa ed eterogenea. la mescolanza di geni di pro-

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venienza tanto disparata (eschimesi, francesi, anglosas-soni, amerindi) e la base filologica di partenza più limita-ta (a volte si risale all’indietro per non più di due o tregenerazioni, spesso per nessuna) rende il confronto tra idue esperimenti molto interessante. in qualche modo l’e-sperimento canadese è rivolto più alla costruzione dibanche dati future che all’interpretazione dell’eredità checi viene dal passato.

l’iniziativa della decode non è però priva di aspetticontroversi. il data-base dovrebbe essere completamenteanonimo per poter garantire la riservatezza non soloriguardo i possibili problemi genetici di un determinatoindividuo o di una determinata linea familiare; la riser-vatezza è soprattutto importante per garantire il presen-te (malattie in atto non ancora diagnosticate, possibilitànon ancora avverate ma definibili in termini di probabi-lità) e il futuro tendenziale, ad esempio, di criminalità ointelligenza. Questo tipo di considerazioni è stato allabase della contestazione dell’accordo decode-governoislandese da parte della mannvernd, una associazione dimedici e cittadini basata a reykjavik. il punto sollevato èdi incostituzionalità perché, si è affermato, contraddicel’assunto di base del rapporto medico-paziente. da unlato quindi c’è il problema che i dati del genoma Umanosono potenzialmente fondamentali ma oggettivamentepoco utili se non calati in una realtà specifica fatta di car-telle cliniche e di identificazioni genetiche individuali;dall’altra la necessità di garantire una difficile riserva-tezza: il nome di chi si ammala o muore va annotato inuna scheda e, per definizione, l’individuo non può essereanonimo. l’insieme di problemi non è reso più semplicedal fatto che i dati vengono raccolti per silenzio-assenso:chi non vuole entrare nella rete del data-base devedichiararlo. né dall’accordo commerciale tra la decodee la compagnia farmaceutica svizzera hoffmann-laroche che ha acquistato per 200 milioni di dollari il dirit-to di consultazione del data-base.

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Benché su scala molto minore, è anche interessante l’e-sperimento in corso sulla popolazione dell’isola dinorfolk, al largo dell’australia. norfolk è l’isola sullaquale si rifugiarono i marinai che si erano impadronitidel Bounty nel 1789. dopo aver rilasciato in mare il capi-tano William Bligh, gli ammutinati e le loro donne poli-nesiane hanno cominciato a riprodursi. oggi i 990 abi-tanti dell’isola sono, dopo più di 200 anni di isolamento,sotto esame genetico. il profilo di interazioni genetiche(ufficiali) è completamente ricostruibile e la dieta è stataed è molto costante. sia i polinesiani che gli anglosassonisoffrono di malattie cardiocircolatorie. i tipi specifici disindromi sono però in parte diversi. l’analisi di qualigeni siano coinvolti in un tipo o nell’altro di patologie, ipedigree genetici intrecciati, i dati sulle età e cause deidecessi, rendono il laboratorio di norfolk di estremointeresse. i primi dati sul coinvolgimento di geni deter-minati con la predisposizione all’emicrania ed alla altapressione sanguigna sono stati già raccolti. è facile pre-vedere che questi esempi di meta-genomica di popolazio-ne saranno presto seguiti da altri. il caso di quanto è inatto in inghilterra è particolarmente interessante. e saràanche interessante vedere cosa i gruppi sociali che cedo-no le proprie preziose ed irripetibili informazioni geneti-co-storiche avranno in cambio.

Genomica comparata

Benchè si parli oggi più di epigenomica che di genomica,per poter capire cosa si intenda con la prima, dobbiamoprima sapere in cosa consista la seconda. la scoperta chesoltanto una piccola percentuale (tra il 2 ed il 3 per cento)del genoma umano codifica geni è giunta insieme a quel-la che il loro numero non è superiore a 25.000. abbiamocioè molti meno geni di quelli che il nostro orgoglioumano si sarebbe atteso: il numero è sostanzialmente

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uguale a quelli del topo (altro mammifero per il qualeabbiamo stime molto precise), e poco più del doppio deigeni della Drosophila, il moscerino dell’uva. la sostan-ziale identità genetica tra uomo e topo apre due prospet-tive molto importanti: da un lato la organizzazione di unarchivio di topi mutanti, ognuno diverso per uno o piùgeni dal tipo selvatico normale, dall’altro la verifica spe-rimentale degli effetti di queste mutazioni (ottenutesoprattutto con tecniche di transgenesi) e delle terapiecorrispondenti. archivi amplissimi di topi transgenicisono stati organizzati, spesso come risultato di coopera-zione sovranazionale, ed i risultati in termini di identifi-cazione gene-patologia sono stati immediati. è risultatoinoltre assolutamente irrinunciabile lo sforzo di decifra-re prima possibile l’intero genoma del topo. Questo siaper permettere l’identificazione del gene mutato con unafunzione definita, sia per identificare quale parte delgene nel topo (e quindi del suo corrispondente umano) ècoinvolta nella malattia. il presupposto della validità enecessità di questo approccio è che tra uomo e topo nonsolo sono conservati il numero ed il tipo specifico dei varigeni, ma ne è sostanzialmente conservata anche la quali-tà di sequenza.

la funzione della proteina che svolge un certo ruolo èottenuta con una determinata struttura. Poiché la strut-tura della proteina è evolutivamente molto conservativa,sarà mantenuta anche la sequenza informazionale delgene specifico.

il risultato principale di questi studi è che in generale lestrutture (ed i geni corrispondenti) sono molto antiche,molto più antiche sia dell’uomo che del topo e sono stateinventate in organismi primigeni che non esistono più.Geni e strutture sopravvivono in noi, permettendoci diesistere e svolgere le nostre poco originali funzioni fisio-logiche e riproduttive.

l’importanza di conoscere il genoma del topo altret-tanto bene di quello umano è risultata chiara sia all’am-

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biente scientifico internazionale che alla celeragenomics e al suo fondatore/padrone craig venter.celera ha sequenziato più del 95 per cento del genomamurino; naturalmente con il suo sperimentato approcciometodologico che gli ha consentito, tra l’altro, di chieder-ne il brevetto d’uso man mano che la identificazione dellesequenze procedeva; man mano che procedeva, come sidice, il loro “tagging”.

le analisi genomiche in toto riguardano ormai moltis-simi altri organismi. dopo i sequenziamenti, datati ora dipiù di un decennio, di nematodi, dello Zebrafish, del puf-ferfish (Fugu rubripes), di lieviti, del riso e di molti bat-teri di interesse medico o biotecnologico, sono stati por-tati a termine sequenziamenti di migliaia di specie, daquelle a rischio estinzione, a quelle filogeneticamentenodali, a quelle patogene. è anche stata in particolarecompletata la sequenza del verme Caenorhabditis ele-gans. Può sfuggire ai più l’interesse di investire energie erisorse per sequenziare un verme. la sua rilevanza è nelfatto che Caenorhabditis ha un numero di cellule basso edefinito, e che si conosce il fato e la funzione di ogni suacellula individuale, singola e in relazione con le altre.Questo ne fa un sistema modello ideale per studiare feno-meni fondamentali quali l’apoptosi (il destino terminaleautoimposto delle cellule), l’imprinting differenziativo alivello molecolare (perché, quando e come una cellula sache deve diventare differente dalle altre), il ruolo dellecellule staminali (analizzabili qui con particolare facilitàperché di pochi tipi), i meccanismi molecolari dell’ap-prendimento (ovvero, in termini fisico-chimici: ricorda-re, reagire). ce n’è abbastanza per giustificare gli sforzicompiuti per guardare in dettaglio la doppia elica di que-sto umile piccolo verme, breve in confronto a quella dialtri organismi, sulla quale tutto questo avviene.

Una volta organizzata la struttura e addestrato il per-sonale, impostare studi di sequenziamento è relativa-mente agevole e potenzialmente molto remunerativo.

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considerando la ricaduta farmacologica, la possibilitàdi brevettare interi organismi in cui sia stato inserito ungene nuovo purché la sua sequenza sia nota, o sempli-cemente l’ammortamento delle spese iniziali, il futuroprossimo biotecnologico risulta indissolubilmente lega-to a studi genomici.

Un caso illuminante di questo punto è la grande messedi dati che sono stati ottenuti per i genomi di patogeniclassici: Microbacterium leprae (il batterio della lebbra)e Microbacterium tubercolosis (che causa la tB), adesempio. il confronto dei due genomi ha fornito datiimportantissimi sullo sviluppo di metodi di diagnosi pre-coce e semplice, e di cure efficienti e risolutive.

Altri Genomi

Drosophila melanogaster è il moscerino della frutta,sistema modello per definizione della scienza genetica.le ragioni che lo hanno reso tale sono le stesse che hannofatto del levito Saccharomyces cerevisiae il modello distudio della genetica e della biologia molecolare indiriz-zate alla produzione biotecnologica. le drosofile svolaz-zano nelle Università di tutto il mondo da più di un seco-lo. la loro genetica è nota in grande dettaglio, il lorogenoma è stato sequenziato. l’annuncio del quasi com-pletamento del suo sequenziamento è venuto a metà feb-braio 2000, da parte di craig venter che parlava questavolta a nome di un consorzio che raggruppa il progettointernazionale centrato a Berkley: Drosophila GenomeProject (BdgP) ed il corrispondente progetto europeo(edgP). sono stati sequenziati 13.601 geni (il 97% deltotale), 120 milioni di basi (la maggior parte del contenu-to di dna di questo genoma), si è scoperto che 40 milio-ni di queste basi sono “junk dna” (dna residuale senzaapparente funzione), che il 60% dei geni umani noti esse-re correlati a situazioni patologiche hanno un corrispon-

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dente in drosofila. Particolarmente rilevante sarà studia-re, usando i raffinatissimi metodi genetici sperimentalidisponibili in questo sistema, i rapporti tra i numerosigeni coinvolti nel cancro e la integrazione delle loro variefunzioni.

Un fatto molto interessante è l’aver scoperto i geni spe-cifici della drosofila, il loro gran numero. cosa significaessere drosofila è iscritto in queste sequenze che nessunaltro organismo possiede, che i moscerini hanno inventa-to per costruirsi antenne che nessun altro ha, e ricono-scere odori che nessun altro sente.

ma se guardiamo nell’intimità della doppia elica deltopo, la situazione è differente. il suo dna è talmentesimile al nostro che capire in termini genetici cosa signifi-ca essere topo o essere uomo richiede uno sforzo di imma-ginazione notevole. il progetto di sequenziamento diRattus norvegicus è stato intrapreso subito dopo quellodel sequenzamento del genoma umano. si è anche sco-perto che, nonostante le apparenti differenze, Mus eHomo hanno genomi molto simili: in entrambi un nume-ro simile di nucleotidi, meno del 3% dei quali sono geni, ilresto sequenze residuali. le sequenze geniche sono inol-tre molto conservate. considerando il valore aggiuntoofferto dalla possibilità della sperimentazione genetica sultopo, la conoscenza del genoma di Mus è diventata l’indi-spensabile Pietra di rosetta della ricerca post-genomica.

Single Nucleotide Polymorphisms (SNPs)

non siamo tutti uguali. il “genoma sequenziato” non èquello di una persona specifica, ma viene da un insieme didonatori scelti e mescolati in modo molto mirato: da 28donatori di dna per hUgo, da 5 per celera. Quando gliè stato chiesto, venter ha rivelato le sue fonti: 2 caucasici,un ispano-americano, un negro, un indiano; alla doman-da se uno dei caucasici fosse lui non ha commentato.

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Quando questo genoma di riferimento viene confrontatocon quello di un individuo definito, si trovano immediata-mente differenze, come ovvio e atteso se guardiamo unpiccolo numero di persone radunatesi a caso: non siamotutti uguali, né fenotipicamente né genotipicamente. ladifferenza a livello genomico tra due individui presi a casoè solo dello 0,1 per cento. Questo significa che, dati 4miliardi di nucleotidi di partenza, due umani sono diversiin 1 milione di punti singoli. Questo carattere, detto snP(single nucleotide Polymorphism) è molto rilevante e, dinuovo, è stato oggetto di una corsa di competizioni traricerca pubblica-privata e settori esclusivamente privati.alla fine del 2000, dopo un rush iniziale, erano stati map-pati (e resi pubblici) da parte di un consorzio formato dacinque Università, dalla Wellcome trust e da 10 case far-maceutiche, 800.000 siti snPs. la celera ha contempo-raneamente posto in vendita l’accesso ad una banca daticomprendente 2.8 milioni di snPs. da allora il loronumero è in lenta, costante crescita.

gli interessi principali vertono sui tre aspetti seguenti:analitico-predittivo, analitico-farmaceutico, drug-tailo-ring. il primo è di facile comprensione: ammettiamo diavere a disposizione un microchip che porti sulla suasuperficie una serie di punti analitici, disposti secondoun ordine noto ed analizzabili in modo automatico. ipunti analitici corrisponderanno ognuno ad un singolodiverso polimorfismo snP relativo ad un gruppo di genirappresentativo di caratteri di predisposizione ad ungruppo di malattie o a “tendenze” rilevanti per le caratte-ristiche comportamentali di un individuo. in molti casi ilrapporto tra un certo gene e le sue varianti è stato defini-to in modo preciso; ad ogni snP di un gene che sia coin-volto, diciamo, nella schizofrenia corrisponderà unsegnale elettronico preciso. mettiamo sul chip un cam-pione di dna dell’individuo da analizzare, e il gioco èfatto. in tempo brevissimo avremo la risposta, e la preci-sissima caratterizzazione genetica delle persone. Questi

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“dna gene-chips” sono disponibili; quelli prodotti dallaaffymetrix, ad esempio, sono per uso umano e possonolèggere migliaia di varianti contemporaneamente. altresocietà producono dna gene-chips per analizzare con-temporaneamente tutti i geni dei principali organismipatogeni noti, altri chips sono specifici per le malattie cheriguardano il sistema immunitario, e così via. in presen-za di tante determinate variabili (il cui insieme è la nostraidentità genetica) e proprio a causa della loro automatiz-zata determinazione, classificazione, confronto, è facileimmaginare come il problema della privacy genetica stiadiventando sempre più centrale. è anche importanteaver chiaro che questi chips rappresentano la metodolo-gia con la quale capire il meccanismo di letturadell’Enciclopedia che è il nostro genoma. Se non possia-mo leggerlo, aver trascritto il libro del nostro DNA èinutile.

il livello analitico-farmaceutico ha trovato nello studiodegli snPs la risposta al rilevantissimo problema delladifferenza di reazione ai farmaci. alcune sostanze tera-peutiche funzionano in determinati individui e non inaltri, secondo uno spettro di possibilità e di variazionimolto complesso, al punto che negli stati Uniti questoproblema è stato stimato essere la quarta causa di deces-so. esempi chiarissimi sono descritti nel campo degliantibiotici, degli antitumorali, dei β-bloccanti, degli ste-roidi. la soluzione è offerta dalla determinazione del rap-porto tra profilo snPs ed attività del farmaco. i progres-si in questo campo sono talmente rapidi e talmente rile-vanti che nel dibattito che li accompagna le obiezionibasate sulla difesa della privacy vengono a mala penaprese in considerazione.

nella stessa direzione va il rapporto tra snPs e pro-grammazione di farmaci. Quale è il cambiamento strut-turale nella proteina prodotta da un gene alterato in unadata situazione snPs? e quale sarà il farmaco che ripor-ta questa proteina alla giusta struttura? ci sono pochi

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dubbi che in un futuro prossimo (data una situazione diefficienza e disponibilità di risorse) la casa farmaceuticaprodurrà il farmaco, mentre l’individuo dovrà mettere adisposizione il proprio profilo snPs per ottimizzarlo. èanche sotto questo aspetto che va inquadrata l’iniziativadella decode che, nel suo processo di costruzione del-

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Finestra 4 Tecniche di base: la costruzione diDNA gene-chips ed il Microarrays display

i primi sono in grado di analizzare in pochi minuti ed inmodo completamente automatico le varianti genetiche(eventualmente patologiche) dell'individuo in esameoppure sono in grado di identificare che tipo di agentepatogeno è presente nel campione esaminato.l'automatizzazione elettronica di rivelazione, la produ-zione robotizzata dei dna gene-chips e la semplificazio-ne del processo di ibridazione renderanno, nel prossimofuturo, il costo della strumentazione accessibile anche alivello periferico. la versatilità dei dna gene-chips èaltissima: si possono inserire ed esaminare contempo-raneamente grandi quantità di sequenze. la scelta dicosa analizzare è favorita da una serie di successi tecni-co-organizzativi acquisiti di recente: la determinazionecompleta (o quasi) del genoma umano, la creazionedelle banche dati corrispondenti, la compilazione dicataloghi snPs, l'associazione tra caratteri genetici epatologie definite. e' anche chiaro l'aspetto commercia-le del sistema: le informazioni hanno un prezzo, l'ag-giornamento dei cataloghi è una necessità continua,opera aperta. l'altra tecnologia, i microarrays, discendedalla prima. invece di esaminare direttamente i geniquesta tecnica analizza il profilo della loro espressionesu tutto il genoma. se consideriamo che soltanto pochigeni vengono espressi in un dato tessuto in un datomomento, comprendiamo subito che una alterazionedel profilo di espressione genica rivela immediatamenteun eventuale stato patologico, con grande dettagliomolecolare.

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l’albero genealogico della intera popolazione islandese,ha mappato sia mutazioni che snPs.

4. Faber fortunae suae: genetica ed epigenetica

in termini genetici, ognuno di noi è faber fortunae suae:viviamo determinati da una equazione i cui termini sonolibertà e responsabilità. noi e il nostro dna, dunque, noie il dna che abbiamo ereditato, con il quale partiamo peril nostro viaggio al momento del concepimento e che, allafine, restituiremo. detto con cicerone: Ut navem, ut aedi-ficium idem destruit facillime qui construxit, sic nomi-nem eadem optume quae conglutinavit natura dissolvit(de senectute 72), come una nave o un edificio li demoli-sce più agevolmente di ogni altro chi li ha costruiti, cosìl’uomo si dissolve più facilmente nelle mani della naturache lo ha composto. sembra quasi una benpensanteovvietà, una benevola ripetizione dell’atteso. in realtàsignifica che chi vive in armonia con la propria natura sadi non dovere nulla ad altri se non ai propri avi, sa di nonpoter delegare se non a se stesso. ritengo molto fortuna-ta la mia generazione che ha potuto per la prima voltasapere in cosa consiste essere autogeniti, che può leggerela doppia elica del proprio dna. il dna è una delle chia-vi per aprire la porta della conoscenza di se stessi.

Faber fortunae suae: ognuno è responsabile in quantoindividuo libero soprattutto se è, allo stesso tempo, inarmonia con il proprio ruolo genetico e la propria posi-zione nello spazio-tempo della specie alla quale appartie-ne: senex, nec vero dubitat agricola, quamvis sit quae-renti cui serat, respondere: ”Dis immortalibus….”, e ilcontadino, per vecchio ch’egli sia, se gli chiedi per chisemini non esita a rispondere: ”Per gli Dèi immorta-li….”( de senectute 25).

Perché cioè, senza citar troppo latino, … gli dèi non pos-sono aver voluto solo che ricevessi tutto questo dagli avi,

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ma anche che lo trasmettessi ai posteri. trasmettere unaeredità è (anche) generosità. almeno generosità genetica.ovvero: siamo responsabili del dna che ci è stato affidatoal momento del concepimento. traducendo cicerone intermini di genetica molecolare: gli dèi hanno voluto che ioricevessi tutto questo, il mio dna, e che io lo trasmettessiai discendenti. e ad esso, alla mia natura, non mi devoribellare. nel frattempo lo coltivo, lo nutro, con la mia vitalo modifico, lo rendo adatto all’ambiente in cui vivo. macome? e perché?Poichè l’Epigenetica è l’uso che facciamo del nostro

DNA, la sua importanza è ovvia. il perché è chiaro. i miei discendenti vivranno presu-

mibilmente in un ambiente simile a quello nel quale viveil mio genoma ed il corpo che lo contiene e lo nutre.comunque, il mio dna non conosce altri ambienti.ovvero, meglio, conosce l’ambiente che gli è presente,conserva traccia di dove e come hanno vissuto i suoiantenati, conosce le loro doppie eliche precedenti, manon conosce il proprio futuro, non sa dove vivrà. Perpoter capire il come sono necessarie le informazioni cheverranno date nel prossimo capitolo. è naturale a questopunto tracciare una prima distinzione tra genetica edepigenetica, indicandone le differenze principali.

La Genetica è l’eredità dei caratteri del vivente ed imeccanismi che la permettono. in prima approssima-zione la genetica corrisponde in gran parte al dna.abbiamo in questo lungo discorso ripercorso le tappedella ricerca recente che ha portato alla decifrazionedi interi, numerosissimi genomi, cosa che ha cambia-to radicalmente la nostra visione della sfera biologicanel suo insieme. tutti gli organismi ricevono il pro-prio dna, la propria informazione, dai genitori. loritrasmetteranno leggermente mutato ai propridiscendenti se ne avranno.Una mutazione è il cambiamento permanente (èimportante sottolineare questo carattere) della

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sequenza di lettere chimiche che, nel loro insieme,costituiscono il filo del dna e dell’informazione. nonè vero però che nasciamo nudi con il nostro dnanudo. è tutto molto più complicato.Epigenetica. oltre ad essere una sequenza disostanze chimiche, di per sè stabile ed ereditabile inquanto tale, il dna può anche essere durante la pro-pria vita modificato in modo non permanente. Questicambiamenti possono essere in parte ereditabili.Queste modificazioni sono dovute a piccole molecoleche interagiscono con il dna e che su di esso iscrivo-no il vissuto dell’organismo. “Su” di esso, “epi”-gene-tica, appunto. oltre ad essere il depositario dell’informazione a lungotermine, il dna ha dunque una memoria a breve ter-mine, conserva traccia della propria esperienza, e del-l’esperienza del resto del corpo. lo scopo di questostraordinario meccanismo di gestione dell’informazio-ne è quello di modulare in modo flessibile la rispostacomportamentale momento per momento. Il DNA impara e scrive su di sé la propria esperien-za, la propria cultura. La trasmissione della culturadi cui é portatore l’individuo che di quel DNA è fattoè la forma più alta di Epigenetica. Il DNA crea i mec-canismi per lèggere la propria Biblioteca.

5. l’infinito dna

Il nostro infinito biologico è il DNA. Esistono genomisemplici e genomi complessi, ed è ormai chiaro che ilconcetto stesso di genoma è in qualche modo arbitrarioe forzato.

il genoma minimo, si considera, è quello di alcuni virus,composto di tre geni soltanto: (i) un gene per la proteinadi rivestimento, per la protezione cioè dell’acido nucleicoche, a questi livelli di semplicità, è in genere un rna; (ii)

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un gene per una polimerasi specifica, per l’enzima cioèche dovrà replicare quell’acido nucleico, quel genoma; e(iii) un gene per una proteina di riconoscimento dell’o-spite, per l’interazione selettiva cioè con quell’organismoche lascerà usare il proprio metabolismo dal virus paras-sita.

Questa richiesta minima corrisponde alla definizione diidentità ed alla funzionalità necessaria per la sua oggetti-vazione. in termini di nucleotidi, questo livello di com-plessità corrisponde a 3000-5000 unità. all’altro estre-mo della scala troviamo i genomi vegetali, la cui com-plessità raggiunge i 100 miliardi (!!!) di nucleotidi. i prin-cìpi orgazzativi sono essenzialmente gli stessi, la biochi-mica sistemica è identica, ma la distanza tra qualchemigliaio e 100 miliardi implica un uso dell’informazionesostanzialmente diverso. ed implica anche la mancanzadi un limite superiore alla complessità raggiungibile dallaorganizzazione dell’informazione genetica.Genoma significa dunque null’altro che Insieme. è

un’organizzazione, una coordinazione, una selezione difunzioni scelte, tra le tantissime potenzialmente usabili,perché collaborino per il bene dell’organismo che deter-minano, tra le tantissime potenzialmente usabili. UnaBiblioteca che si organizza è una vita. Non è mai, dicia-mo, la somma di libri isolati (carlos m. dominguez, lacasa di carta).

mancanza di limite superiore comporta mancanza didefinizione, ed eccoci qui di nuovo a chiedere aiuto agliantichi e alla loro intuizione del concetto di apeiron. chevuol dire indefinito e al tempo stesso indefinibile, e nonvuol dire soltanto infinito. infinito corrisponde a nonmisurato e non misurabile, mentre per apeiron manca siala misura che la possibilità di porsi il problema. il dna èapeiron, perché la complessità potenziale non ha limiti:moltiplichiamo i 100 miliardi di nucleotidi di una celluladi Lilium per tutte le possibilità alternative di combina-zione di sequenza (elevando cioè alla quarta), poi per

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tutte le possibilità di ricombinazione, poi per tutte levarianti epigenetiche possibili nei singoli individui, poiper i flussi temporali di variazioni generazionali, poi pertutte le varianti che non hanno avuto luogo ma cheavrebbero ben potuto essere (soprattutto queste), e poichi dice che dobbiamo limitarci a 100 miliardi di parten-za, o a considerare solo il nostro Pianeta? il numero otte-nuto non è contenibile in questo universo. che del restoè ben apeiron già per conto suo.

il dna è dunque un’apeiron che abbraccia il mondo eche informazionalmente lo invade. il dna è come laBiblioteca di Babele, resa solida e potenzialmente eternadalla sua capacità di rappresentare tutte le informazionipossibili. il dna in linea di principio potrebbe coprirel’universo intero, fagocitare tutto, adattando i proprimeccanismi funzionali a tutti gli ambienti nei quali ilegami del carbonio sono stabili. e, come sappiamo, lachimica del carbonio, e quella dell’azoto, e dell’idrogeno,e dell’ossigeno, tutte sono simili dappertutto. da qui inperiferia fino al limite estremo dell’universo. ovunqueesso sia.

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EPIGENETICA: ESEMPI

1. il dna è la nostra vera struttura 2. imago mundi

3. esempi estremi del ruolo dell’epigenetica: Tempi lunghi: scomparsa e ricomparsa della ali

Tempi brevi: zigotiTempi brevissimi: regolazione genica

4. epigenetica come controllo della complessità

La trasmissione dei caratteri da genitore a discendente attra-verso il Genoma è una caratteristica universale della vita, cosìcome la conosciamo. La base fisica dell’evoluzione è proprioquesta, ed è tutta qui. Complessa, anche se il suo autogenitoinizio deve necessariamente essere stato semplice. Il nostrodestino è scritto nel nostro DNA, nella sua sequenza di letterechimiche, quello che chiamiamo la nostra genetica; delle qualilettere ognuno di noi può selezionare, ed in parte modificare,l’uso attraverso i meccanismi dell’ epigenetica. “Epigenetica”ha molte definizioni. La più corretta mi sembra essere“Adattamento strutturale di regioni cromosomali tale da regi-strare, segnalare o perpetuare stati alterati di attività”(Adrian Bird).

1. il dna è la nostra vera struttura

io sono il mio dna, il mio dna sono io. il dna, nostroprimo manuale di comportamento, ci rende liberi e serviallo stesso tempo, individui e cloni, simili e diversi, eter-ni e mortali, deboli e forti, ha le sue regole severamente

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obbligate e allo stesso tempo modulabili per ogni indivi-duo. Primo ed ancestrale insieme di informazioni, il dnaè l’eredità che ho ricevuto e che trasmetterò; a me farnebuon uso ed usare al meglio (ma come?) quello che horicevuto. vivendo, usiamo il nostro dna in due modi.

il primo consiste nell’usare il dna proprio come si usaun manuale, che si può lèggere per imparare quello cheserve, lo stretto necessario, rileggendo le pagine utilimolte volte, le stesse pagine tutte le volte che servono,per poi lasciarlo lì sugli scaffali della Biblioteca. l’altro èun modo più creativo, cercando di sfruttarne i piccolisegreti, sforzandoci di leggerlo fino in fondo, cercando diaddomesticarlo in qualche modo. Un po’ di pazienza:scorriamo quello che segue tenendo ben chiara prima ditutto la distinzione tra uso fisiologico del dna (per noistessi, per vivere la nostra vita di individui) ed uso gene-tico ed epigenetico (per noi, ma soprattutto per le prossi-me generazioni).

2. imago mundi

il dna è imago mundi, ha una sua dimensione storicaben precisa, rispecchia in sé quanto gli è successo nellegenerazioni precedenti e lo rivive, lo riflette al di fuori dise stesso, trasmette il suo passato, il suo vissuto. solo inparte un passato individuale, certamente non un passatoastratto. il mio dna richiama e assomma il vissuto ditutti gli organismi dai quali provengo, che si sono incon-trati ed accoppiati (due a due in atti d’amore) (atti arimescolare le sequenze), che si sono scambiati informa-zioni fisiche, che si sono sussurrati parole genetiche emetaboliche che la nostra mente non comprende (mache, sì, le nostre gonadi capiscono bene), ricombinandole scritture genetiche e la capacità di rispondere all’am-biente, al mondo, alla storia. in termini generali, il dnaè dunque non solo imago ma anche istoria mundi. se

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caPitolo ii. ePigenetica: esemPi 49

sapessimo veramente come leggerlo, conosceremmo lanostra storia in modo molto più intimo e sincero,sapremmo veramente chi siamo.

Un buon esempio viene dai dati recenti sulle compara-zioni genomiche e paleogenomiche delle migrazioniumane. in breve: abbiamo visto nel capitolo precedentecome sia diventato possibile determinare senza moltosforzo né grande spesa la sequenza genomica di un orga-nismo, e farlo più volte, per gruppi. determiniamo quin-di, ad esempio, la sequenza nucleotidica di tutto il geno-ma di 100 individui che vivono a trieste, facciamo ledovute medie e correzioni, ed avremo così il genoma trie-stino medio odierno. estendiamo a venezia e allacroazia, compariamo i risultati, e cominceremo ad avereuna prima idea della genomica di quell’angolo di mondo,l’adriatico del nord-est, oggi. introduciamo nello studiodati genomici ricavati dall’analisi del dna da scheletri didue secoli fa trovati in quelle zone, e cominciamo così adelineare nel nostro quadro una dimensione evolutiva dispaccato verticale per dimensione tempo. ora allarghia-mo a tutta l’europa, poi al mondo, ed estendiamo iltempo di ricerca a mille anni, poi a diecimila, poi a tuttoquello che troviamo di conservato ed analizzabile.avremo allora lo scenario della formazione dei gruppigenetici della specie Homo, dei loro spostamenti, delleloro fusioni e delle divergenze. tutto questo è stato fatto,i dati sono incompleti ed ancora parzialmente insoddi-sfacenti, ma il quadro d’insieme e le sue regole sonoormai delineate.

a volte i gruppi genetici corrispondono alle culture edalle lingue, a volte no. ma questo è in qualche modo atte-so e comprensibile. out-of-africa ed i vari passaggi per lostretto di Bering sono stati confermati, e molto altro. igrandi spostamenti e le grandi fusioni cominciano adesser chiari. novità inattese sono frequenti, il fatto adesempio che ci siano nel sangue dei sioux più geni similiai nostri d’europei che a quelli dei cinesi han, e così via.

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ernesto di maUro50

Pian piano il grande romanzo del nostro cammino evolu-tivo si precisa, la nostra storia esce dall’ombra; del restola portiamo scritta nel lungo filo doppio avvolto su sestesso nel nucleo cellulare. ma c’è moltissimo altro, chenon immaginiamo nemmeno ma… basta cercare conanimo aperto.

3. esempi estremi del ruolo dell’epigenetica

il dna è la base del sistema vivente e, al tempo stesso, ilsuo fattore limitante. io non posso volare, ho difficoltà acorrere in alta montagna (bisogna che mi alleni di più),avrò solo 120 anni di vita, il mio dna è la mia prigione.il mio dna, per quanto ottimo, grazie madre, graziepadre, è quanto mi è necessario, ma è anche il mio confi-ne. inesorabilmente, ogni volta che cerco di spiccare ilvolo, il mio dna mi ricorda i miei limiti. come in unaBiblioteca, dove quello che è più importante, quando cer-chiamo qualcosa, è quello che in quel momento non c’è.o non c’è più, o non c’è ancora.

così nel dna, dove quello che è più importante è cosaabbiamo perduto, oppure cosa c’è ma è silenziato, nasco-sto nelle pieghe dell’eterocromatina. Quello che potrebbeesserci, o potrebbe esserci stato, ma che ora per me nonc’è, o non è disponibile. oppure è talmente ben nascostoche è come se non ci fosse.

eccoci allora che stiamo entrando nel vivodell’epigenetica, per capire la quale è utile lèggere di treesempi, rappresentativi di tre scale temporali differen-ti: milioni di anni, mesi, frazioni di secondo. e dato cheall’inizio del capitolo abbiamo parlato di volare, perseguire quest’esempio guardiamo un po’ nel camposotto casa, dove abbiamo tutti, o quasi, visto d’estate uninsetto stecco.

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