1 La flessibilità allinterno del rapporto di lavoro subordinato.

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La flessibilità all’interno del rapporto di lavoro subordinato

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Flessibilità è sinonimo di precarietà?

Film consigliato

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È Valerio Mastandrea a suggerire come il lavoro sia non solo necessario al sostentamento di una persona ma anche a definirla come individuo. "Senza lavoro" ha dichiarato l'attore nella conferenza stampa che si è tenuta questa mattina a Roma, "non possiamo investire su noi stessi e sul nostro futuro e di conseguenza non possiamo essere completi come individui". È un tema attuale, quello del precariato, che riguarda la maggior parte dei ragazzi di oggi, che siano laureati o meno. Paolo Virzì, che non si è mai tirato indietro di fronte all'argomento, posa il suo sguardo su una realtà comune a molti per raccontare l'Italia di oggi, quella dei call center, dei reality e dei neolaureati che si trovano costretti a espatriare per ottenere delle garanzie sul proprio futuro. "Abbiamo volutamente tracciato un parallelo con i reality show perché in qualche modo indicano l'orientamento del nostro paese" ha rivelato Francesco Bruni (co-sceneggiatore di Tutta la vita davanti insieme allo stesso Virzì). "Non vogliamo dire che non esiste più la solidarietà, perché c'è anche nei reality, ma di fronte alla nomination o all'eliminazione la logica del gioco è mors tua vita mea, una regola che ormai vige anche nella vita reale".

Quando un film rispecchia la vita reale

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Non tutti i lavori flessibili danno la medesima idea di precarietà

E’ possibile una graduatoria di lavori flessibili in termini di

maggiore > minore precarietà nell’ordinamento giuridico

italiano?

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La Hit parade del precariatoAl vertice le forme maggiormente precarie: alla base i lavori “precari stabili”

Contratti a termine lunghi

Gli associati in partecipazione i soci coop

I lavoratoriSomministrati atermine

COCOCO ECOPROPRO LUNGHI

I lavoratori occasionalie a termine breve

Meno precari

Più precari

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Il contratto a termine nell’ordinamento italiano

Il contratto “senza futuro” per eccellenza

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Dal codice del 1865 alla Finanziaria

2008

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Oggi (o ieri): Quando si può stipulare un contratto a

termine?

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Le questioni ancora aperte nel contenzioso attuale

CONDIZIONI PER L’APPOSIZIONE DEL TERMINE

LECITO

CONSEGUENZE DELLA

APPOSIZIONE DEL TERMINE ILLECITO(I) Nelle imprese

private(II) Nelle pubbliche

amministrazioni

(III) Nelle imprese private

(IV) Nelle pubbliche

amministrazioni

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“E' consentita l'apposizione di un termine alla

durata del contratto di

lavoro subordinato a

fronte di ragioni di carattere

tecnico, produttivo,

organizzativo o sostitutivo”

È un rinvio alla libera scelta

datoriale tra due tipologie del tutto

fungibili(tesi a-causale?)

L’esigenza deve essere

temporanea?

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La questione centrale è se il lavoro a termine sia ammesso solo come extrema ratio, cioè

quando sia inevitabile a causa della oggettiva temporaneità dell’occasione di lavoro,

oppure anche quando, pur in presenza di un occasione permanente di lavoro, sussista una ragione oggettiva non arbitraria che renda in concreto preferibile un rapporto a termine.

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Il dissidio tra due opinioni

Nella disciplina delineata dal D. Lgs. 368/01 appare superato

l'orientamento volto a riconoscere la legittimità

dell'apposizione del termine soltanto in

presenza di una attività meramente temporanea

Il Ministero del lavoro(Circolare 42/2004)

La Corte di Cassazione(sent. 7468/2002)

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“Il termine costituisce deroga d’un generale sottinteso principio: il contratto di lavoro

subordinato, per sua natura, non è a termine”

Interpretazione restrittiva della possibilità di apporre un termine al contratto di

lavoro

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Tendenza confermata dalla giurisprudenza di

merito successiva

Corte d'Appello Milano ( Sezione Lavoro) Sentenza 24/08/2007 , n. 794

Il passaggio da un sistema di casi tassativamente indicati alla liberalizzazione della casistica non è

sufficiente ad escludere il carattere di eccezionalità dell'apposizione del termine, rispetto ai contratti a

tempo indeterminato, che continuano a costituire la forma ordinaria e normale del rapporto di lavoro.

Ciò significa che la liberalizzazione dei motivi per i quali è consentito apporre un termine al contratto

non ha fatto venire meno l'impianto che tradizionalmente regola i rapporti di lavoro e cioè quella della necessità di un ancoraggio alla reale

esistenza di specifiche esigenze temporanee.

“Considerato che con la nuova disciplina (…) non è venuto meno il principio

generale per cui il contratto a termine rimane possibilità ammessa in via di

eccezione rispetto alla regola del rapporto a tempo indeterminato,

occorre che in concreto siano dal datore di lavoro esplicitate (e provate in

giudizio) le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo

astrattamente indicate della disposizione dell’art. 1 d. lgs. n. 368 del

2001”

Trib. Catania, sez. lavoro 2006(ennesimo episodio del contenzioso

“Poste”)

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Al prestatore di lavoro con contratto a tempo determinato spettano le ferie e la gratifica natalizia o la tredicesima mensilità, il trattamento di fine rapporto e ogni altro trattamento in atto nell'impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili, intendendosi per tali quelli inquadrati nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dalla contrattazione collettiva, ed in proporzione al periodo lavorativo prestato sempre che non sia obiettivamente incompatibile con la

natura del contratto a termine.

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Dopo un periodo di servizio prestato presso un ospedale pubblico dei Paesi Baschi con un contratto di lavoro a tempo determinato, la signora Del Cerro Alonso era stata assunta a tempo indeterminato. A tal punto, la lavoratrice aveva richiesto che le fossero riconosciuti gli scatti salariali, maturati nel corso dell'anno precedente al suo passaggio di ruolo. Non avendo ricevuto risposta, la stessa aveva adito l'autorità giudiziaria.

La questione è finita di fronte la CGCE

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La nozione di «condizioni di impiego» di cui alla clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, contenuto in allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, dev’essere interpretata nel senso che essa può servire da base ad una pretesa come quella in esame nella causa principale, che mira all’attribuzione, ad un lavoratore a tempo determinato, di scatti di anzianità che l’ordinamento nazionale riserva ai soli lavoratori a tempo indeterminato.

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VERSO IL RITORNO AD UN REGIME “SPECIALE” DEI

RAPPORTI DI LAVORO ALLE DIPENDENZE DELLA PUBBLICA

AMMINISTRAZIONE?

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1. La tassatività delle ipotesi2. La obbligatorietà della forma scritta

3. La limitazione della possibilità di proroga4. La sanzione della conversione automatica del contratto a

termine in contratto a tempo indeterminato prevista in una serie di casi esplicitati dalla legge

5. La parità di trattamento economico e normativo rispettoai lavoratori a tempo indeterminato

(l’espressa abrogazione – all’art. 9 – dell’art. 2097 c.c.)

RESUME’

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Le leggi 79/1983 (art. 8 bis) e 56/1987 (art. 23)

I contratti a termine per punte stagionali (“autorizzati”) e i contratti a termine

nelle ipotesi previste dai contratti collettivi (“contrattati”)

RESUME’

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L’art. 8 della l. 223/1991: le assunzioni a termine dei lavoratori iscritti nelle liste di mobilità

Nel diritto comunitario,la direttiva 1999/70/CE

(considera il contratto a termine uno strumento di politica attiva del lavoro, ovvero di flessibilità, in entrata,

del mercato del lavoro – attuazione della strategiaeuropea per l’occupazione adottata col vertice di

Lussemburgo – combinazione di “flessibilità e sicurezza” )

RESUME’

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l’abbandono del paradigma “regola/eccezione” nel rapporto tra contratto a tempo indeterminato e

contratto a tempo determinato

L’art. 1 del d. lgs. n. 368 del 2001 prevede che “ è consentita l’apposizione di un termine alla durata

del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico,

produttivo, organizzativo o sostitutivo”

la l. 230 del 1962 viene abrogata.

RESUME’

29

L’orientamento restrittivo della giurisprudenza

L’eccezionalità e la temporaneità del contratto a termine: viene corretta la stessa interpretazione del governo

RESUME’

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COSA SUCCEDE NELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI?

PERCORSO INVERSO: PROGRESSIVA RESTRIZIONE

DELL’USO DOPO UNA INIZIALE APERTURA nella II metà degli anni

‘90

La finanziaria 2008 (art.3, comma 79) L'articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è

sostituito dal seguente:

1. Le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti

di lavoro subordinato a tempo indeterminato e non possono avvalersi

delle forme contrattuali di lavoro flessibile previste dal codice civile e

dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa se non per esigenze stagionali o per periodi non

superiori a tre mesi, fatte salve le sostituzioni per maternità relativamente

alle autonomie territoriali.

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Il disegno sottesoIl disegno sotteso Il completamento del disegno

Il completamento del disegno

Il “prosciugamento” del bacino del

precariato nelle p.a.

La limitazione della possibilità di nuove

assunzioni a termine nelle p.a.

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la finanziaria 2007 e la stabilizzazione dei rapporti a termine nelle pubbliche amministrazioni

Le amministrazioni possono, a domanda degli interessati, stabilizzare il personale a tempo determinato che abbia maturato almeno un triennio di servizio e che sia stato assunto

mediante procedure selettive di natura concorsuale (comma 519)

Le amministrazioni possono altresì procedere, per gli anni 2008 e 2009, nel limite di un contingente di personale corrispondente ad una spesa pari al

40 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente, alla stabilizzazione del rapporto di lavoro del personale, in possesso dei requisiti di cui al comma 519 (comma 526)

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Le conseguenze giuridiche dell’apposizione illecita del termine nel

contratto

LE SANZIONI NELL’IMPIEGO PRIVATO

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Il problema

Nella nuova normativa (d.lgs. 368/2001), la presunzione di tempo indeterminato

non c’è più La esplicita conversione in via

sanzionatoria è prevista solo in caso di mancanza di forma scritta (art. 1.2) e di proroghe e riassunzioni oltre i limiti (art.

4), non anche in caso di termine illecitamente apposto al primo ed isolato

contratto

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L’art. 1419, comma 2L’art. 1419, comma 2 E la sua “traduzione” per il contratto a termine

E la sua “traduzione” per il contratto a termine

La nullità di singole clausole non importa la

nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto

da norme imperative

La nullità del termine, non importa la nullità del contratto di lavoro in quanto subentra la norma imperativa

costituita dal principio per cui il contratto di

lavoro si reputa a tempo indeterminato

La soluzione “tradizionale”: la nullità “di protezione” e l’effetto legale di sostituzione della

volontà delle parti

Art. 1.1. l. 230/1962: “Il contratto di lavoro si reputa a tempo

indeterminato”

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Le conclusioni di una parte (minoritaria) della dottrina

Impossibilità di prospettare una conversione in via sanzionatoria del contratto a termine per sopravvenuta mancanza della norma imperativa in grado di determinare l’effetto di sostituzione

E conseguente “ritorno” al 1419, comma 1

“La nullità parziale di un contratto o la nullità di singole

clausole importa la nullità dell'intero

contratto, se risulta che i contraenti non

lo avrebbero concluso senza

quella parte del suo contenuto che è

colpita dalla nullità”

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Le conseguenze paradossali sul rapporto di lavoro

La violazione di una norma di tutela del lavoratore lascerebbe il lavoratore (disoccupato) e del tutto privo di tutela

Equivarrebbe inoltre a consegnare le sorti del contratto nelle mani del datore di lavoro, cui incomberebbe l’onere, abbastanza agevole, di provare che non avrebbe concluso il contratto senza la clausola relativa al termine

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Principio di conservazione del contratto (di lavoro)

L’art. 1419, comma 1, «non è applicabile rispetto al contratto di lavoro, allorquando la nullità della

clausola derivi da contrarietà a norme imperative poste a tutela del lavoratore

Ciò in ragione del fatto che, se la norma imperativa è posta a protezione di uno dei contraenti, nella

presunzione che il testo contrattuale gli sia imposto dall’altro contraente, la nullità integrale

del contratto nuocerebbe, anziché giovare, al contraente che il legislatore intende proteggere».

Corte cost. 210/1992

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TRIBUNALE DI PALERMO, Sez. lav., 6 maggio 2006

Il contratto di lavoro, al quale sia stato illegittimamente apposto il

termine, sopravvive nella forma di un contratto a tempo

indeterminato solo se le parti non provano il carattere essenziale

della clausola di durata, essendo altrimenti affetto da nullità ai

sensi dell'art. 1419, comma 1 c.c.

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Corte d'Appello Genova, Sentenza 07/05/2007

Ove si accedesse all'interpretazione secondo la quale la fattispecie caratterizzata da nullità della clausola appositiva del termine sarebbe da ricondurre nell'ambito dell'articolo 1419 comma 1, c.c. si dovrebbe rilevare che

è seriamente discutibile che il lavoratore non avrebbe voluto concludere il contratto in oggetto,

e, d'altro canto, il datore di lavoro da parte sua avrebbe l'onere dimostrare che non avrebbe concluso il contratto senza la detta clausola;

Pertanto l'ipotesi in esame non può che rientrare nell'ambito di operatività dell'art. 1419 comma 2 c.c.,

in virtù del quale la clausola nulla è sostituita di diritto dalla norma imperativa di legge, ovverossia

dalla disciplina del rapporto di lavoro a tempo indeterminato che ancora costituisce la regola del

contratto di lavoro ed in relazione alla quale il rapporto a termine si pone quale eccezione.

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La soluzione di tutto: Il Protocollo sul welfare

(legge 247 del 24.12.2007)

   All’articolo 1 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, è premesso il seguente comma:

«01. Il contratto di lavoro subordinato è stipulato di

regola a tempo indeterminato»

43

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La disciplina (art. 36 TUPI)

“In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può

comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le

medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di

disposizioni imperative.

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La “via costituzionale” (27 marzo 2003 n. 89)

“Il principio fondamentale in materia di instaurazione del rapporto di impiego

alle dipendenze della p.a. è quello dell’accesso mediante concorso, posto a presidio delle esigenze di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione.

Ciò giustifica la scelta del legislatore di ricollegare alla violazione di norme

imperative conseguenze di carattere esclusivamente risarcitorio, in luogo

della conversione del rapporto prevista per i lavoratori privati”

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SENTENZA DEL 7 SETTEMBRE 2006, ANDREA VASSALLO CONTRO AZIENDA OSPEDALIERA

OSPEDALE SAN MARTINO DI GENOVA E CLINICHE UNIVERSITARIE CONVENZIONATE. CAUSA C-180/04.

SENTENZA DEL 7 SETTEMBRE 2006, CRISTIANO MARROSU E GIANLUCA SARDINO CONTRO AZIENDA OSPEDALIERA OSPEDALE SAN MARTINO DI GENOVA

E CLINICHE UNIVERSITARIE CONVENZIONATE. CAUSA C-53/04.

La “via comunitaria”

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Il giudice del rinvio chiede in sostanza se la Direttiva osta ad una normativa

nazionale che esclude, in caso di abuso derivante dall’utilizzo di una successione di contratti a tempo determinato da parte

di un datore di lavoro pubblico, che questi ultimi siano trasformati in contratti a tempo indeterminato,

mentre invece una tale trasformazione è prevista per quanto riguarda i contratti e

i rapporti di lavoro conclusi con un datore di lavoro privato.

36. Quando, come nel caso di specie, il diritto comunitario non prevede sanzioni specifiche, spetta alle autorità nazionali adottare misure

adeguate; misure che devono rivestire un carattere non soltanto proporzionato, ma altresì

sufficientemente effettivo e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme

comunitarie37. Anche se le modalità di attuazione di siffatte

norme rientrano nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri in virtù del principio dell’autonomia procedurale di questi ultimi, esse

non devono tuttavia essere meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza) né

rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti

conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività).

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40. Al riguardo, si deve rilevare che una normativa nazionale che prevede il diritto al

risarcimento del danno subito dal lavoratore a seguito del ricorso abusivo da parte della

pubblica amministrazione a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato

sembra, prima facie, soddisfare gli obblighi ricordati ai punti 36‑38 della presente

sentenza.41. Tuttavia, spetta al giudice del rinvio valutare in quale misura l’art. 36, n. 2, del

d. lgs. n. 165/2001 costituisca uno strumento adeguato a sanzionare l’utilizzo abusivo da

parte della pubblica amministrazione di una successione di contratti di lavoro a tempo

determinato.

50

La Corte di Giustizia non è stata particolarmente precisa (eufemismo), ed

infatti…

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TRIBUNALE DI GENOVA, Sez. lav., 5 aprile 2007

  Il meccanismo sanzionatorio provvisto di efficacia tale da evitare che il

divieto di conversione del rapporto a tempo indeterminato alle dipendenze della p.a. si risolva in un pregiudizio eccessivo per il lavoratore è quello

riprodotto nei commi quarto e quinto dell’art. 18, l. n. 300/70

(20 mensilità)

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Il giudice con la sentenza di cui al primo comma condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata l'inefficacia o l'invalidità stabilendo un'indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione e al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal momento del licenziamento al momento dell'effettiva reintegrazione; in ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione globale di fatto (1).

Fermo restando il diritto al risarcimento del danno così come previsto al quarto comma, al prestatore di lavoro è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto. Qualora il lavoratore entro trenta giorni dal ricevimento dell'invito del datore di lavoro non abbia ripreso il servizio, né abbia richiesto entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza il pagamento dell'indennità di cui al presente comma, il rapporto di lavoro si intende risolto allo spirare dei termini predetti (1).

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TRIBUNALE DI ROSSANO, Sez. lav., 4 giugno 2007

 Il risarcimento del danno previsto dall’art. 36, d. lgs. n. 165/2001 costituisce un’ipotesi di responsabilità contrattuale e va quantificato

agganciando il danno al tempo medio necessario per ricercare una nuova occupazione stabile tenuto conto della zona geografica, dell’età, del sesso e del titolo di studio dei lavoratori (ricavato da uno studio statistico dell’ISFOL)

(17 mensilità)

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TRIBUNALE DI FOGGIA, Sez. lav., 6 novembre 2006

 Il danno risarcibile di cui all’art. 36, d. lgs. n. 165/2001 rientra nella categoria dei danni da illecito aquiliano, fonte di

pregiudizio risarcibile nei limiti del danno emergente e del lucro

cessante.