Zenone - Frammenti

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ZENONE

12. PLAT. Parm. 128 B. - Sì, o Socrate - disse Zenone. - Ma tu allora non hai colto affatto la vera intenzione dell'opera, sebbene, come fanno i cani di Laconia, tu bene persegui e rintracci ciò che vien detto. Prima di tutto ti sfugge questo, che la mia opera per nulla affatto si dà tante arie da essere scritta con l'intenzione che tu dici ma dissimulandola alla gente per sembrare di fare qualcosa di grande. Quel che tu dici qualche volta capita, ma in realtà questo scritto è una difesa del ragionamento di Parmenide contro coloro che impresero a metterlo in ridicolo, dicendo che se l'essere è uno, le conseguenze a cui il ragionamento è costretto sono molte e ridicole e contrarie al ragionamento stesso. Dunque questo scritto si contrappone a coloro che affermano la molteplicità e rende loro la pariglia e ancor più, volendo mostrar questo, che l'ipotesi della molteplicità sbocca a conseguenze più ridicole che l'ipotesi dell'unità, quando le conseguenze siano tratte opportunamente. È per tal umor battagliero che io, che ero giovane, scrissi quest'opera, e qualcuno mi derubò il manoscritto di modo che non ci fu più luogo a deliberazione se fosse il caso di darla in luce o no. In questo, o Socrate, consiste il tuo errore nel credere che sia stata scritta non dall'umor battagliero di un'giovane, ma dal desiderio di gloria di un uomo non più giovane. Ragione per cui, come ho detto, ne hai colto male il carattere.

25. ARISTOT. phys. Z 9. 239 b 9. Quattro sono gli argomenti di Zenone intorno al movimento che offrono difficoltà di soluzione, Primo, quello sulla inesistenza del movimento per la ragione che il mosso deve giungere prima alla metà che non al termine […]

26. ARISTOT. phys. Z 9. 239 b 14. Secondo è l'argomento detto Achille. Questo sostiene che il più lento non sarà mai raggiunto nella sua corsa dal più veloce. Infatti è necessario che chi insegue giunga in precedenza là di dove si mosse chi fugge, di modo che necessariamente il più lento avrà sempre un qualche vantaggio. Questo ragionamento è lo stesso di quello della dicotomia, ma ne differisce per il fatto che la grandezza successivamente assunta non viene divisa per due. Dunque il ragionamento ha per conseguenza che il più lento non viene raggiunto ed ha lo stesso fondamento della dicotomia (nell'un ragionamento e nell'altro infatti la conseguenza è che non si arriva al termine, divisa che si sia in qualche modo la grandezza data; ma c'è di più nel secondo chela cosa non può essere realizzata neppure dal più veloce corridore immaginato drammaticamente nell'inseguimento del più lento), di modo che la soluzione sarà, per forza, la stessa.

B. FRAMMENTI

SULLA NATURA

l [2]. SIMPLIC. phys. 139, 5. Nel suo scritto, che contiene molte argomentazioni, mostra in ciascuna di esse che colui che sostiene l'esistenza della molteplicità viene ad ammettere tesicontraddittorie. Una delle argomentazioni è quella nella quale mostra che «se c'è il molteplice, questo molteplice è grande e piccolo: grande fino ad essere

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infinito in grandezza, piccolo fino a non avere grandezza di sorta» [B 2]. In questa argomentazione poi mostra che ciò che non possiede né grandezza né spessorené massa alcuna neppure esiste. Dice: Se infatti venisse aggiunto a un altro essere non lo renderebbe per nulla maggiore. Difatti, non avendo esso grandezza alcuna, quando venga aggiunto non è possibile che nulla aumenti in grandezza. E cosi senz'altro ciò che venne aggiunto non sarebbe nulla. Se poi, quando venga sottratto, l'altro essere non diventerà per nulla minore, e neppure, d'altro canto, quando quello venga aggiunto questo diventerà maggiore, è chiaro che non era nulla né ciò che venne aggiunto né ciò che venne sottratto.

E questo Zenone non lo dice per negare l'uno: ma perché ognuno dei molti e infiniti ha grandezza per la ragione che davanti alla parte che prendiamo vi è sempre qualcosa per via della divisione all'infinito. Il che egli sostiene dopo aver mostrato che nulla ha grandezza con l'argomento che ciascuno dei molti è identico a sé e uno.

2 [1]. SIMPLIC. phys. 140, 34 [dopo B 3]. Quanto all'infinità per la grandezza la mise in evidenza prima con la stessa argomentazione. Dopo aver in precedenza mostrato che «qualora l'essere non avesse grandezza neppure sarebbe» [B 1], aggiunge:

Se esiste, è necessario che ciascuna cosa abbia una certa grandezza e spessore e che in essa una parte disti dall'altra. Lo stesso ragionamento vale anche della parte che sta innanzi: anche questa infatti avrà grandezza e avrà una parte che sta innanzi. Questo vale in un caso come in tutti 1 casi: nessuna infatti di tali parti sarà l'ultima e non è possibile che non cisia una parte a precedere l'altra. Così, se sono molti, è necessario che essi siano piccoli e grandi: piccoli fino a non avere grandezza, grandi fino ad essere infiniti.

3. SIMPLIC. phys. 140, 27. A che scopo tante parole dal momento che tutto questo si trova anche nello scritto di Zenone? Infatti, venendo a mostrare che se sono molti sono insieme limitati e illimitati, dice letteralmente:

Se gli enti sono molti è necessario che siano tanti quanti sono e non più né di meno. Ma se sono tanto quanti sono saranno limitati.Se gli enti sono molti sono infiniti: sempre infatti in mezzo agli enti ve ne sono altri e in mezzo a questi di nuovo degli altri. E in tal modo gli enti sono infiniti.

E cosi mette in evidenza mediante la dicotomia l'infinità per il numero.

4. DIOG. LAERT. IX 72. Zenone nega il movimento dicendo:

Ciò che si muove non si muove né in quel luogo in cui è, né in quello in cui non è.