XXVII Congresso AIP – Sezione di Psicologia dello Sviluppo e dell

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XXVII CONGRESSO AIP SEZIONE DI PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO E DELL’EDUCAZIONE PREATTI Università della Calabria Arcavacata di Rende, 18-20 Settembre 2014

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XXVII CONGRESSO AIP SEZIONE DI PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO

E DELL’EDUCAZIONE

PREATTI      

Università della Calabria Arcavacata di Rende, 18-20 Settembre 2014

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ISBN: 978-88-6822-206-2

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DELLO SVILUPPO E DELL'EDUCAZIONE

Arcavacata-Rende, 18-19-20 settembre 2014

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INDICE

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GIOVEDI 18 SETTEMBRE

Sessioni Parallele Simposi S.1. Fattori biologici e sociali nelle prime fasi dello sviluppo: recenti direzioni di ricerca Pag 21     Proponenti: Aureli Tiziana, Sansavini Alessandra Il comportamento motorio spontaneo nei feti e nei nati pretermine: un confronto all’età di 28 settimane - Sineri Giovanna, Gervasi Maria Teresa, Bogana Gianna, Tran Maria Rosa, Veronese Paola, Menin Damiano, Costabile Angela, Oster Harriet, Dondi Marco Fame/sazietà e comportamento spontaneo nel neonato pretermine - Menin Damiano, Ballardini Elisa, Garani Gianpaolo, Domenicali Cecilia, Borgna-Pignatti Caterina, Sineri Giovanna, Oster Harriet, Dondi Marco Esplorazione e manipolazione degli oggetti a 6 mesi in bambini nati estremamente pretermine e nati a termine - Zuccarini Mariagrazia, Sansavini Alessandra, Iverson Jana M., Savini Silvia, Guarini Annalisa, Zavagli Veronica, Aureli Tiziana Universalità e specificità culturale nello sviluppo dell’interazione madre-lattante: la transizione dei 2 mesi è realmente universale? - Lavelli Manuela, Carra Cecilia, Keller Heidi La risposta comportamentale e autonomica al paradigma della still-face: uno studio di teletermografia - Grazia Annalisa, Cardone Daniela, Merla Arcangelo Dall’intersoggettività primaria a quella secondaria: una ricerca longitudinale – Tenuta Flaviana, Costabile Angela, Marcone Roberto, Persampieri Mariarosa S.2. Emozioni e linguaggio: la natura complessa di un rapporto >> 28 Proponente: Smorti Andrea Discussant: D'Urso Valentina Ti racconto ancora la storia di mio figlio, così posso parlarti di me - Ciucci Enrica, Fioretti Chiara, Smorti Andrea

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Emotività espressa materna e dialogo sulle emozioni mamma/bambino – Valle Annalisa, Cornetti Valentina, Cavalli Giulia, Marchetti Antonella Esperienze, emozioni e valutazioni: la ridefinizione di sé nelle narrazioni quotidiane di un gruppo di studenti universitari – Aleni Sestito Laura, Sica Luigia Simona Reminiscing e linguaggio emotivo nelle conversazioni madre-bambino – Corsano Paola, Cigala Ada, Majorano Marinella Lezione Magistrale Neuroscience and developmental psychology: new perspectives pag 33 Vincent Reid - Fylde College Lancaster University (UK) Sessioni Parallele Simposi S.3. Diventare adulti nella società contemporanea “destandardizzata”: nuovi compiti e sfide evolutive >> 34 Proponente: Aleni Sestito Laura Discussant: Lo Coco Alida Affettività e sessualità nella transizione dall’adolescenza all’età adulta – Confalonieri Emanuela, Olivari Maria Giulia, Cuccì Gaia Relazione tra il controllo psicologico e il raggiungimento dell’autonomia: profili in emerging adulthood – Liga Francesca, Ingoglia Sonia, Inguglia Cristiano, Lo Cricchio Maria Grazia, Musso Pasquale La transizione all’età adulta tra i giovani del nord e del sud Italia: lo studio di due casi – Piumatti Giovanni, Garro Maria, Pipitone Laura, Roggero Antonella, Rabaglietti Emanuela “Sono diventato adulto quando…”. Percezione di adultità e definizione identitaria – Sica Luigia Simona Strategie comunicative e abuso psicologico nelle relazioni di coppia degli adulti emergenti – Tani Franca, Smorti Martina S.4. Tecnologie web 2.0 e comunità di apprendimento: problemi di ricerca e prospettive di intervento >> 40 Proponenti: Cacciamani Stefano, Ligorio Maria Beatrice Discussant: Ajello Annamaria Serious game e healthcare management di giovani malati di diabete: uno studio esplorativo su empowerment e autoregolazione appresa dei comportamenti di cura - Ligorio Maria Beatrice, D’Aprile Gianvito, Ulloa Severino Antonio La componente emotivo-motivazionale degli studenti in una knowledge building community di storia - Rocco Elisabetta, Cingolani Ida Lisa Scala del senso di comunità in corsi universitari online: struttura fattoriale – Perrucci Vittore, Balboni Giulia, Cacciamani Stefano

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Tutor sociale e partecipazione a corsi universitari online: effetti sul senso di comunità - Cesareni Donatella, Cacciamani Stefano, Perrucci Vittore, Balboni Giulia, Micale Federica Un modello di analisi per la comunicazione all’interno di corsi online - Pezzotti Antonella Sessioni Parallele Poster P1. Fattori di rischio e protezione in adolescenti e in giovani adulti pag 47 1. Valori personali e comportamenti antisociali in adolescenza: il ruolo di moderazione del parental monitoring - Aquilar Serena, Miranda Maria Concetta 2. Il contributo del temperamento e dello stile di attaccamento nello sviluppo del sensation seeking dalla prima alla media adolescenza: uno studio longitudinale - Madonia Carmela, Gervasi Alessia, Pace Ugo 3. Uso problematico di internet in preadolescenza e adolescenza: traiettorie maladattive e profili di rischio - Milani Luca, Di Blasio Paola, Rosano Ludovica, Manfroi Martina 4. L’importanza della famiglia: il ruolo di moderazione della comunicazione nello sviluppo dell’Autolesionismo in Adolescenza - Latina Delia, Sacconi Beatrice, Zucchetti Giulia, Roggero Antonella 5. L'utilizzazione dello school burnout inventory (sbi) in un gruppo di studenti italiani - De Stasio Simona, Fiorilli Caterina, Di Chiacchio Carlo, Albanese Ottavia 6. Cuestionario de experiencias relacionadas con internet: traduzione e validazione italiana - Bartolo Maria Giuseppina, Palermiti Anna Lisa, Servidio Rocco 7. L’influenza della tecnologia sui ritmi circadiani in adolescenza - Fontanesi Lilybeth, Sette Stefania, Baumgartner Emma 8. L’insoddisfazione corporea negli adolescenti: ruolo di fattori individuali e familiari in relazione al genere - Gugliandolo Maria Cristina, Costa Sebastiano, Larcan Rosalba 9. Co-rumination e qualità delle relazioni amicali: uno studio longitudinale in adolescenza - Sacconi Beatrice, Marengo Davide, Canova Lucia, Giletta Matteo, Rabaglietti Emanuela 10. Controllo psicologico e comportamenti sessuali a rischio in adolescenza - Cuzzocrea Francesca, Vinci Enrica, Barberis Nadia 11. Sexting e dating violence in giovani adulti - Morelli Mara, Baiocco Roberto, Pezzuti Lina, Chirumbolo Antonio 12. Il rischio di dipendenza da internet negli adolescenti - Segura Garcia Cristina, Servidio Rocco, Palermiti Anna Lisa, Bartolo Maria Giuseppina, Costabile Angela 13. Riparare le ferite di attaccamento in adolescenza attraverso l’eye movement desensitization and reprocessing (EMDR) - Funaro Angelina, Alfano Stefania, Miniaci Rosa 14. Relazioni tra identità etnica, atteggiamenti intergruppo e stress di acculturazione in adolescenza: l’effetto moderatore dell’età - Musso Pasquale, Inguglia Cristiano, Liga Francesca, Lo Cricchio Maria Grazia 15. Giovani adulti e percezione della propria qualità di vita. Uno studio preliminare - Pecoraro Nadia, Savarese Giulia, Cavallo Pierpaolo, Carpinelli Luna, Fasano Oreste, Mollo Monica 16. Modello mediterraneo di transizione alla vita adulta e soddisfazione di vita: uno studio cross-culturale - Guzzo Giovanni, Lo Cascio Valentina 17. Fattori di rischio e devianza minorile: un’indagine empirica - Fabrizio Luana 18. Regolazione emotiva e qualità della relazione di coppia - Tani Franca, Pascuzzi Debora, Raffagnino Rosalba Competenze emotive nello sviluppo pag 67 19. L’influenza dell’intelligenza emotiva sulla suggestionabilità interrogativa - Maiorano Tiziana, Vagni Monia, Signoretti Sara, Mengucci Mauro, Lecce Silvia, Zonno Maria Pia, Gangi Daria 20. L’effetto priming nel riconoscimento delle espressioni emotive in età scolare - Conte Stefania, Brenna Viola, Ricciardelli Paola, Turati Chiara

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21. La valutazione del temperamento nel primo anno di vita: un approccio multi-metodo - Zappulla Carla, Di Maggio Rosanna Sviluppo morale >> 73 22. Il ruolo dell’intenzione e del contesto comunicativo nella valutazione delle bugie: una ricerca con bambini e giovani adulti - Donsì Lucia, De Gruttola Maria Antonietta, Palumbo Francesco 23. Identità e comportamento morale in un campione italiano di bambini nella tarda infanzia -Baldacci Alessio, Fazeli Fariz Hendi Sara, Presaghi Fabio, Nicolais Giampaolo 24. Fondamenti morali e comportamenti aggressivi: il ruolo di moderazione dell’esposizione alla violenza - De Angelis Grazia, Aquilar Serena, Bacchini Dario 25. Sviluppo morale ed eventi di vita in un campione di bambini prescolari - Modesti Camilla, Augelli Concetta Simona, La Capruccia Claudia, Lolli Pamela, Presaghi Fabio, Nicolais Giampaolo 26. Contributi del vocabolario recettivo e della memoria di lavoro oltre il simple view of reading in prima elementare - Florit Elena, Roch Maja, Mason Lucia, Levorato M. Chiara Sessioni Parallele Simposi S.5. Strumenti di valutazione del primo sviluppo comunicativo pag 80 Proponente: Molina Paola Discussant: Sansavini Alessandra

La valutazione delle competenze comunicative nella prima infanzia da più di 20 anni con l’ECSP (Echelle de la communication sociale precoce): bilanci e prospettive – Guidetti Michèle, Berland Aurore Validazione della versione italiana della scala della comunicazione sociale precoce (SCSP) - Molina Paola, Sala Maria Nives, Bulgarelli Daniela, Ongari Barbara, Schadee Hans La valutazione della comunicazione nei primi due anni di vita: la standardizzazione italiana del CSBS-DP - Fasolo Mirco, Salerni Nicoletta, Rossi Germano Le valutazioni dei bambini piccoli affetti da autismo: confronto tra i risultati ottenuti con diversi strumenti - Thommen Evelyne, Rossini Emmanuelle, Di Fulvio Angela, Rudelli Nicola, Cattelan Corinne, Zecchin Melissa, Molteni Massimo Valutazione dello sviluppo linguistico di bambini con anomalie del cromosoma 14 - Zanchi Paola, Zampini Laura S.6. Modelli di interazione individuo X contesto nella spiegazione del benessere e malessere nel corso dello sviluppo >> 86 Proponenti: Nocentini Annalaura, Menesini Ersilia Discussant: Barone Lavinia

Attaccamento e temperamento in un gruppo di diadi adottive: uno studio sull’interazione individuo x ambiente – Dellagiulia Antonio, Lionetti Francesca Tratti di personalità emotivi e posizione sociale nei preadolescenti: effetti unici e interattivi nell’associazione con il cyberbullismo – Ciucci Enrica, Baroncelli Andrea

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Se la vittima è immigrata fa la differenza? Effetti di in-group e out-group dello status di immigrato per il disimpegno morale nel bullismo: uno studio sperimentale – Caravita Simona C.S, Strohmeier Dagmar, Di Blasio Paola L’interazione tra personalità sensibile e ambiente scolastico: uno studio su bambini e adolescenti - Palladino Benedetta Emanuela, Nocentini Annalaura, Menesini Ersilia

VENERDI 19 SETTEMBRE Sessioni Parallele Simposi S.7. La famiglia tra difficoltà e capacità di adattamento pag 91 Proponente: Pallini Susanna Discussant: Di Blasio Paola Love makes a family. Famiglie composte da genitori gay e lesbiche: parenting, benessere dei bambini e funzionamento di coppia – Baiocco Roberto, Santamaria Federica, Fontanesi Lilybeth, Valentini Viola, Ioverno Salvatore Un programma di intervento evidence-based per adolescenti con disturbo dello spettro autistico: il ruolo attivo delle famiglie e degli insegnanti nel modello COMPASS – Laghi Fiorenzo, Baumgartner Emma, Lonigro Antonia, Levanto Simona, Ferraro Maurizio Traiettorie del comportamento prosociale nella transizione all’età adulta: il ruolo della autoefficacia filiale e del supporto parentale – Luengo Kanacri B. Paula, Pastorelli Concetta, Ceravolo Rosalba, Thartori Eriona Agency e attaccamento irrisolto di vittime di maltrattamento coniugale – Pallini Susanna, Alfani Agnese, Marech Lucrezia Adolescenti che abusano di sostanze: il ruolo delle convinzioni di efficacia dei genitori e del monitoring genitoriale – Vecchio Giovanni Maria, Milioni Michela, Di Domenico Valentina, Cuollo Claudia S.8. Metodi statistici innovativi in psicologia dello sviluppo >> 97 Proponenti: Lionetti Francesca, Altoè Gianmarco Discussant: Pastore Massimiliano Latent growth curve model e simplex model: un’applicazione allo studio del programma di intervento aprender a convivir– Ingoglia Sonia, Corredor Guadalupe Alba, Arráez Ana Justicia, Justicia Fernando, Lo Coco Alida Factor mixture analysis: un’applicazione al fenomeno del bullismo - Belacchi Carmen, Altoè Gianmarco Analisi di dati ordinali: vector generalized linear model e studio dei fattori di rischio nella genitorialità – Lionetti Francesca, Pastore Massimiliano Statistica bayesiana e psicologia dello sviluppo: un futuro promettente? – Pastore Massimiliano

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Sessioni Parallele Simposi S.9. “Prolegomeni” a un’educazione economico-finanziaria pag 102 Proponente: Marchetti Antonella Discussant: Macchi Laura Relazione tra capacità di tollerare l’attesa e propensione al rischio nei cebi dai cornetti (sapajus spp.) e in bambini di età prescolare - De Petrillo Francesca, Paoletti Melania, Ventricelli Marialba, Castano Maria Letizia, Ponsi Giorgia, Paglieri Fabio, Bellagamba Francesca, Addessi Elsa Stimoli simbolici e scelta intertemporale in bambini di età prescolare: uno studio longitudinale - Paoletti Melania, Pecora Giulia, Castano Maria Letizia, Paglieri Fabio, Addessi Elsa, Bellagamba Francesca “Tra il dire e il fare…”: sensibilità alla norma sociale della fairness e teoria della mente in età scolare - Castelli Ilaria, Massaro Davide, Chavez Alex, Bicchieri Cristina, Marchetti Antonella La crisi economica e finanziaria: rappresentazioni di adolescenti e giovani adulti - Aprea Carmela, Ajello Anna Maria, Berti Anna Emilia, Castelli Ilaria, Lombardi Elisabetta, Marchetti Antonella, Massaro Davide, Sappa Viviana, Valle Annalisa La rappresentazione della crisi economica negli studenti di II e IV superiore: analfabetismo e/o ostacoli cognitivi? - Ajello Anna Maria, Lombardi Elisabetta S.10. Funzioni esecutive, coordinazione motoria e sviluppo di competenze grafiche nella scrittura manuale >> 108 Proponenti: Di Sano Sergio, Aureli Tiziana Discussant: Di Brina Carlo

Le abilità esecutive di scrittura dai 3 ai 6 anni- Baldi Silvia, Devescovi Antonella, Longobardi Emiddia Questionario sulla coordinazione motoria, la versione italiana del Developmental Coordination Disorder Questionnaire (DCD-Q) - Zoppello Marina, Capone Luca, Caravale Barbara, Nunzi N. Melograno, Baldi S. Melograno, Caputi Marcella, Balottin Umberto Lo sviluppo del grafismo nella scrittura manuale e i processi coinvolti - Di Sano Sergio, Cerratti Paola La complessità della valutazione versus uso delle funzioni esecutive in bambini di età prescolare con disordini nell’area dello sviluppo motorio – Devescovi Antonella, Marano Assunta, Innocenzi Margherita S.11. Funzionamento familiare e qualità dell’adattamento in adolescenza >> 113 Proponenti: Miranda Maria Concetta, Olivari Maria Giulia Discussant: Cattelino Elena La percezione retrospettiva degli stili educativi genitoriali materni e paterni e adattamento in adolescenza - Olivari Maria Giulia, Bonanomi Andrea, Confalonieri Emanuela La co-genitorialità e i problemi di adattamento dei figli adolescenti: il ruolo di mediazione della soddisfazione per la relazione genitori-figli - Calandri Emanuela, Begotti Tatiana, Milioni Michela, Cattelino Elena

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Rifiuto genitoriale e adattamento in adolescenza. Effetti della incongruenza nella percezione del ruolo paterno e materno – Miranda Maria Concetta, Affuso Gaetana, Esposito Concetta, Bacchini Dario Il ruolo del funzionamento familiare nella propensione al gioco d’azzardo in adolescenza. Uno studio longitudinale - Pace Ugo, Zappulla Carla, Di Maggio Rosanna, Madonia Carmela L’adolescenza come transizione familiare: una proposta per lo studio dell’adattamento come riorganizzazione sistemica – Everri Marina Sessioni Parallele Simposi S.12. Emozioni, umore e prestazioni in matematica pag 119 Proponente: Mason Lucia Discussant: Perucchini Paola

Emozioni di riuscita: uno studio qualitativo con studenti di scuola primaria e secondaria -Raccanello Daniela, Hall Rob, De Bernardi Bianca Effetto dell’ansia matematica sui compiti di calcolo e conoscenza numerica - Passolunghi Maria Chiara, De Agostini Ruggero, Perini Chiara Difficoltà di calcolo, ansia matematica e inibizione: quale relazione? - Mammarella Irene C., Caviola Sara, Lucangeli Daniela Stress scolastico e prestazione cognitiva: uno studio sull’induzione d’umore - Scrimin Sara, Danielli Eleonora, Mason Lucia S.13. L'interazione tra pari come start up dei processi formativi e di apprendimento >> 124 Proponente: Nicolini Paola Discussant: Ajello Annamaria Interazioni prosociali e/o ostili tra coetanei e successo negli apprendimenti scolastici – Cangini Marinella, Belacchi Carmen Elementi "non-umani" e interazioni sociali: uno studio esploratorio – Cattaruzza Elisa, Iannaccone Antonio L’autostima dello studente nell’attività di discussione on line – Cingolani Idalisa Verso una definizione dei processi negoziali nelle interazioni di apprendimento – Nicolini Paola Il ruolo del supporto percepito da parte di adulti e coetanei sul rendimento scolastico: uno studio centrato sui soggetti - Ragozini Giancarlo, Aleni Sestito Laura Sessioni Parallele Poster P2. Funzioni parentali nel ciclo di vita >> 131

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27. Soddisfazione dei bisogni psicologici di base, controllo genitoriale e adattamento dei figli: uno studio cross cultural - Oliva Patrizia, Murdaca Anna Maria 28. L’utilizzo del blacky pictures test nella valutazione della rappresentazione di sé e dei legami familiari in bambini coinvolti in separazioni conflittuali - Procaccia Rossella, Miragoli Sarah 29. Sostenere le famiglie adottive attraverso il metodo VIPP-SD - Casonato Marta, Molina Paola 30. Gestione del conflitto, stress e parenting: differenze di genere nella coppia genitoriale - Benedetto Loredana, Ingrassia Massimo 31. Struttura fattoriale e validità di criterio di una versione ampliata del parental bonding instrument (EN_PBI) - Verrastro Valeria, Petruccelli Irene, Petruccelli Filippo, Diotaiuti Pierluigi, Dentale Francesco, San Martini Piero, Cappelli Luigi 32. Relazione tra parenting ed adattamento: ruolo della soddisfazione e frustrazione dei bisogni psicologici di base - Costa Sebastiano, Cuzzocrea Francesca, Larcan Rosalba 33. La valutazione del parentig da parte dei bambini: studio pilota della validazione del children apperception of parents and parenting style - Santamaria Federica, Fontanesi Lilybeth 34. Disturbo post-traumatico da stress post partum e racconti del parto: uno studio qualitativo - Santoro Elena, Stagni Brenca Elisa 35. La depressione post partum e l’utilizzo dell’Edinburgh Post Natal Depression Scale – Lavigna Serafina, Martirani Mariangela, Tenuta Flaviana, Costabile Angela 36. L’inflessibilità psicologica come moderatore della relazione tra supporto sociale e adattamento alla malattia oncologica - Bernini Olivia, Berrocal Carmen Contesti e processi di apprendimento e formazione pag 143 37. Predittori del successo scolastico in adolescenza: il ruolo del monitoring genitoriale e dell’autodeterminazione all’apprendimento - Affuso Gaetana, De Angelis Grazia, Marcone Roberto 38. Embodiment matematico: il finger counting facilita le abilità matematiche precoci? - Federico Francesca, Imputato Rossella, Marotta Andrea, Casagrande Maria 39. Rendimento scolastico e tratti di personalità: quale relazione? - Buttò Chiara, Sorrenti Luana, Buzzai Caterina 40. Autostima, Strategie di Self-Handicapping, Umore depresso e Ansia in bambini con diversi profili cognitivi - Rappo Gaetano, Alesi Marianna, Pepi Annamaria 41. La relazione insegnante-allievo nelle transizioni evolutive tra protezione e resilienza - Longobardi Claudio, Pasta Tiziana, Gastaldi Francesca Giovanna Maria, Prino Laura Elvira 42. I predittori del number line task nella prima classe della scuola primaria - Meloni Carla, Fanari Rachele 43. Il gruppo multivisione come risorsa “possibile” nella scuola: un’esperienza con insegnanti di sei città italiane - Parrello Santa, Menna Palma, Zaccaro Antonella, Iorio Ilaria 44. Per non perdersi: insuccessi scolastici, autostima e orientamento nel progetto E-Vai dei maestri di strada - Priore Alessandra, Parrello Santa, Rotondi Salvatore, Iorio Ilaria, Cozzolino Maria Domenica Processi di sviluppo cognitivo e linguistico pag 153 45. Attività sportive e funzionamento cognitivo: un confronto tra calcio e karate - Alesi Marianna, Bianco Antonino, Luppina Giorgio, Vella Francesco Paolo, Palma Antonio, Pepi Annamaria 46. Aspetti linguistici e prosodici dell’input linguistico rivolto al bambino nel secondo anno di vita: il ruolo dell’esperienza affettivo relazionale materna - Spinelli Maria, Taggini Angela, Genovese Giuliana 47. Caratteristiche prosodiche dell’input materno e comprensione lessicale nel secondo anno di vita - Suttora Chiara, Salerni Nicoletta, Zanchi Paola 48. Frequentazione dell’asilo nido nella prima infanzia e funzionamento cognitivo e linguistico in età prescolare e scolare - Bulgarelli Daniela 49. La multimodalità della comunicazione nell’interazione madre-bambino: una analisi sequenziale a sei mesi di vita - Genovese Giuliana, Spinelli Maria, Fasolo Mirco

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Lezione Magistrale Cognition and materiality: The co-evolution of Hybrid minds and external memory systems pag 160 Roger Säljö - University of Gothenburg - Department of education communication and learning

SABATO 20 SETTEMBRE

Sessioni Parallele Simposi S.14. Attaccamento in contesti di rischio >> 161 Proponenti: Barone Lavinia, Di Blasio Paola Discussant: Zappulla Carla Strategie di coping e coping efficacy nei bambini esposti al conflitto genitoriale: il ruolo dell’attaccamento - Camisasca Elena, Miragoli Sarah, Di Blasio Paola Adattamento socio-emotivo e cognitivo nei bambini istituzionalizzati tra fattori di rischio e protezione: il ruolo dell’educatore di riferimento - Lyseyko Tetyana, Dellagiulia Antonio Figlicidio e fattori evolutivi di rischio: un contributo empirico - Barone Lavinia, Bramante Alessandra Attaccamento materno e infantile in un gruppo di madri adolescenti e i loro bambini: risultati di un intervento preventivo - Riva Crugnola Cristina, Ierardi Elena S.15. Sviluppo cognitivo e funzioni di base in età prescolare e scolare in bambini con grave e moderata prematurità >> 166 Proponenti: Sansavini Alessandra, Aureli Tiziana Discussant: Costabile Angela

Traiettorie di sviluppo neuropsicologico in bambini di età prescolare nati moderatamente pretermine – Ionio Chiara, Riboni Elisa, Mascheroni Eleonora, Dallatomasina Chiara, Bonanomi Andrea, Natali Sora Maria Grazia, Falautano Monica, Poloniato Antonella, Barera Graziano, Comi Giancarlo Funzioni esecutive nei prematuri in età prescolare: uno studio pilota - Angelini Laura, Moniga Silvia, Primavera Adelina, Aureli Tiziana Processi di attenzione in bambini di età prescolare nati gravemente e moderatamente pretermine – Perricone Giovanna, Sulliotti Giorgio, Polizzi Concetta, Morales M. Regina Competenze numeriche nei bambini nati pretermine dall’età prescolare all’età scolare – Guarini Annalisa, Sansavini Alessandra, Fabbri Marco, Alessandroni Rosina, Faldella Giacomo, Karmiloff-Smith Annette

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Sessioni Parallele Poster P3. Contesti e processi di apprendimento e formazione pag 143 50. La valutazione del potenziamento combinato delle abilità numeriche e visuo-spaziali nella scuola primaria: confronto tra differenti modalità di potenziamento - Fastame Maria Chiara, Mascia Maria Lidia, Agus Mirian, Melis Valentina, Sedda Anna Maria, Penna Maria Pietronilla 51. La valutazione del potenziamento combinato delle abilità numeriche e visuo-spaziali nella scuola dell’infanzia: prospettive di applicazione - Mascia Maria Lidia, Agus Mirian, Fastame Maria Chiara, Pilloni Carmela, Penna Maria Pietronilla 52. Processi metacognitivi e di pianificazione in bambini disortografici - Filippello Pina, Spadaro Laura, Murdaca Annamaria, Drammis Letizia 53. L'insight problem solving in età evolutiva - Castoldi Valeria, Macchi Laura, Bagassi Maria 54. Il concetto di amicizia in bambini dai tre agli otto anni - Marcone Roberto, Caputo Antonietta, Della Monica Ciro 55. Effetti del feedback scritto sulla performance accademica nell’istruzione superiore - Sulla Francesco, Rollo Dolores, Harrop Alex, Calestani Caterina 56. Graduated achievement emotions drawings (GR-AED): dati preliminari su uno strumento per valutare l’intensità delle emozioni di riuscita - Bressanini Manuela, Raccanello Daniela, Bianchetti Caterina 57. Emozioni e memoria autobiografica: il ruolo della narrazione nel loro cambiamento - Fioretti Chiara, Smorti Andrea 58. Autostima e coping in giovani adulti. Studio sul “cambiamento” prodotto da un percorso di counseling psicologico universitario - Pecoraro Nadia, Carpinelli Luna, Mollo Monica, Savarese Giulia, Fasano Oreste, Iannaccone Antonio 59. Effetti dell'uso dell'expressive writing sull’autoefficacia accademica - Pasca Paola, Smorti Andrea 60. Strategie di coping e percezione dello stress accademico negli studenti universitari - Marano Assunta, Spagnoli Maria Paola, D’Amico Simonetta 61. Resilienza degli insegnanti delle scuole professionali: uno studio pilota nel Canton Ticino - Sappa Viviana, Boldrini Elena, Aprea Carmela 62. Crescere in comunità: le competenze degli educatori delle comunità residenziali per minori di Aosta - Mangone Andrea, Cattelino Elena 63. La rappresentazione mentale di luoghi e personaggi in bambini di scuola primaria - Bernardo Marcello, De Pascale Francesco 64. Dall'interiorità alla comunicazione: il disegno del mandala in contesto educativo - Paese Simona

Psicopatologia dello sviluppo >> 189

65. Covariazione tra disturbo d’ansia da separazione e disturbo ossessivo-compulsivo nei bambini appartenenti alla popolazione generale: uno studio gemellare - Colonna Silvia, Belotti Raffaella, Ogliari Anna, Scaini Simona 66. I disturbi esternalizzanti nella popolazione in età evolutiva colpita dal terremoto de l’Aquila: un’indagine a quattro anni dall’evento - Mauri Maddalena, Bernardi Roberta, Caputi Marcella, Cofini Vincenza, Scaini Simona, Ogliari Anna 67. Flessibilità cognitiva e processi di pianificazione nell’autismo e nell’ADHD - Crimi Ilaria, Filippello Pina, Marino Flavia, Mafodda Antonina Viviana, Drammis Letizia 68. Selettività alimentare, disturbi gastrointestinali, BMI e stili dei genitori in bambini con disturbi dello spettro autistico - Esposito Marco, Nappo Raffaele, Dipierro Maria Teresa, Valeri Giovanni, Vicari Stefano 69. Il ruolo dell’empatia e della teoria della mente nel giudizio morale: uno studio empirico in individui con disturbo dello spettro autistico - Fadda Roberta 70. Efficacia di un programma di peer engagement diretto ad una coppia di bambini autistici - Di Blasi Daniela, Compagno Federica, Mustacchia Loredana, Patti Simona, Lo Savio Nicola 71. Career adaptability, speranza e qualità della vita in lavoratori con disabilità intellettiva - Ginevra Maria Cristina, Sgaramella Teresa Maria, Santilli Sara, Ferrari Lea, Nota Laura, Soresi Salvatore

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14.30 –-15.30 Sessioni Autorganizzate AULA EP4 Spazi dedicati alla presentazione delle ricerche da parte dei dottorandi, degli

assegnisti di ricerca, del personale non strutturato in formazione presso l'Università

Abilità di apprendimento di lettura e scrittura e fattori di rischio in bambini di età prescolare: una rassegna meta-analitica – Scifo Lidia, Maltese Agata, Jiménez Juan E., Pepi Annamaria

AULA EP5 Presentazione di libri

La mentalizzazione nel ciclo di vita, a cura di N. Midgley e I. Vrouva. Edizione italiana di Marchetti Antonella. Raffaello Cortina, Milano, 2014

13.30 – 14.30 Sessioni Autorganizzate SALA STAMPA Approcci traslazionali e modelli evidence based in psicologia dello sviluppo. Menesini

Ersilia, Barone Lavinia, Lo Coco Alida SALA A Sessione auto-organizzate dall’Esecutivo AIP La ricerca in Psicologia dell’Educazione: internazionalizzazione e valutazione. Ajello

Annamaria, Cacciamani Stefano, Ligorio Beatrice 14.30 – 15.30 Sessioni Autorganizzate SALA A Tavola rotonda

La deontologia della ricerca: problemi e prospettive aperte in psicologia dello sviluppo. Molina Paola, Cubelli Roberto, Gobbo Camilla, Guidetti Michèle, Marchetti Antonella, Menesini Ersilia

AULA EP4 Presentazione di libri

Educare alla prosocialità. Teoria e buone prassi. Caprara Gian Vittorio, Gerbino Maria, Paula Bernadette Kanacri Luengo, Vecchio Giovanni Maria. Pearson Italia, Milano-Torino, 2014

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ABSTRACT

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Simposio 1 Fattori biologici e sociali nelle prime fasi dello sviluppo: recenti direzioni di ricerca Proponenti: Aureli Tiziana, Sansavini Alessandra Obiettivo del simposio è presentare recenti direzioni di ricerca sul ruolo dei fattori biologici e sociali nella modulazione dei comportamenti motori, comunicativi ed esploratori in età precoce. Tre studi esaminano, con nuovi strumenti osservativi, il primo sviluppo motorio e manipolativo in nati pretermine con un diverso grado di maturità neonatale al fine di mostrare gli effetti di aspetti maturativi, fisiologici e ambientali su tale sviluppo. Il primo studio confronta il comportamento motorio spontaneo di feti e nati pretermine di pari età gestazionale (EG 28 settimane), discutendo le differenze tra i due gruppi alla luce del ruolo svolto dalle prime esperienze extra-uterine e dalle condizioni cliniche neonatali. Il secondo esamina il comportamento motorio spontaneo di nati pretermine di EG 34-36 settimane, discutendo le differenze individuali in funzione della condizione motivazionale fame vs. sazietà e dell’EG. Il terzo mostra come i bambini estremamente pretermine (EG <28 settimane), osservati a 6 mesi (età corretta) nell’interazione con la madre e gli oggetti, presentino una minore esplorazione manuale attiva rispetto ai nati a termine, evidenziando l’impatto che tale limitazione può avere sullo sviluppo cognitivo e linguistico. Gli altri tre studi esaminano il primo sviluppo comunicativo in diversi contesti indagando, con metodologie osservative e sperimentali, il ruolo del bambino e dell’adulto nell’interazione. Il primo studio mostra che la comparsa dei comportamenti attentivi-espressivi di bambini appartenenti a tre diversi contesti culturali, esaminati a 4, 6, 8 e 12 settimane nell’interazione con la madre, è influenzata dalle modalità, culturalmente differenziate, di risposta del bambino e di stimolazione materna. Il secondo trova che la diminuzione del coinvolgimento sociale positivo in bambini di 3-4 mesi durante il paradigma Still face è accompagnato da una variazione significativa della temperatura facciale, individuando pertanto i correlati autonomici della risposta comportamentale. L’ultimo studio mostra come nell’interazione madre-bambino con oggetti i comportamenti di coinvolgimento sociale positivo aumentino da 3 a 6 a 9 mesi sia nella madre che nel bambino e che, in particolare, nel bambino il sorriso si associ frequentemente alle sequenze di attenzione all’oggetto e alla madre.

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Il comportamento motorio spontaneo nei feti e nei nati pretermine: un confronto all’età di 28 settimane

Sineri Giovanna1, Gervasi Maria Teresa2, Bogana Gianna2, Tran Maria Rosa2, Veronese Paola2, Menin Damiano1, Costabile Angela3, Oster Harriet4, Dondi Marco1

Dipartimento di Studi Umanistici, Università di Ferrara 2Centro Prenatale per le Gravidanze a Rischio, Azienda Ospedaliera di Padova

3Dipartimento di Lingue e Scienze dell’Educazione, Università della Calabria 4New York University, McGhee Division, SCPS, Social Sciences

INTRODUZIONE L’osservazione del comportamento spontaneo nelle primissime fasi dello sviluppo continua a offrire risultati interessanti per l’indagine ontogenetica delle competenze motorie e degli effetti della prematurità (Einspieler et al., 2008; Garcia et al., 2004; Prechtl, 2001). Con la presente ricerca intendiamo ampliare i risultati preliminari di uno studio pilota (Sineri et al., 2014) finalizzato a osservare e confrontare alla stessa età il comportamento motorio spontaneo di un gruppo di 10 feti (M = 198.90 giorni, DS = 3.28) rispetto a un gruppo di 6 neonati pretermine (M = 203.67 giorni, DS = 3.88). METODO Le codifiche microanalitiche dell’attività motoria, condotte sulle ecografie quadridimensionali dei feti e sulle registrazioni video dei pretermine ricoverati in TIN, sono state realizzate utilizzando una nuova scala messa a punto dal gruppo di ricerca che include 16 categorie comportamentali. Tali categorie sono state descritte sulla base della letteratura inerente l’osservazione del comportamento spontaneo nelle primissime fasi dello sviluppo (de Vries, 1982; Prechtl, 1985; Kurjak et al., 2003; Einspieler et al., 2004; Wolff, 1987), del Facial Action Coding System (FACS) di Ekman, Friesen & Hager (2002) e delle informazioni aggiunte da Oster (2009) nel Baby FACS. RISULTATI I confronti between subjects, eseguiti con il test non parametrico U di Mann-Whitney, hanno rivelato differenze significative tra i due gruppi rispetto a numerose categorie comportamentali, tra le quali il DISTRESS (df=1, U=36, p = .019). CONCLUSIONI Considerata l’età omogenea dei partecipanti, si può ipotizzare che le differenze comportamentali rilevate possano dipendere dalle difficoltà di adattamento del nato prematuro all’ambiente extrauterino nonché dalle condizioni cliniche che hanno determinato la nascita pretermine. Più in generale, i risultati ottenuti mostrano l’importanza dell’ambiente (intra ed extrauterino) nel modulare il comportamento spontaneo del feto e del neonato.

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Fame/sazietà e comportamento spontaneo nel neonato pretermine

Menin Damiano1, Ballardini Elisa2, Garani Gianpaolo2, Domenicali Cecilia2, Borgna-Pignatti Caterina3, Sineri Giovanna1, Oster Harriet4, Dondi Marco1

1Dipartimento di Studi Umanistici, Università di Ferrara 2UO di Terapia Intensiva Neonatale e Neonatologia dell’Arcispedale Sant’Anna di Ferrara

3Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale (Sezione di Pediatria), Università di Ferrara 4New York University, McGhee Division, SCPS, Social Sciences

INTRODUZIONE Con il presente studio intendiamo indagare, nel neonato pretermine, la presenza di una modulazione del comportamento spontaneo in relazione alle condizioni motivazionali di fame/sazietà, come già osservato nel neonato a termine (Blass et al., 1989; Lew & Butterworth, 1995). A partire da un precedente studio pilota (Menin et al., 2014), ci siamo in secondo luogo chiesti quali caratteristiche demografiche (età gestazionale, cronologica, postmestruale e peso alla nascita) influenzino il comportamento spontaneo in questi soggetti nelle due condizioni indagate. METODO Dodici neonati prematuri sono stati videoripresi quando l’età postmestruale (l'intervallo di tempo intercorso tra il primo giorno dell'ultimo ciclo mestruale prima del concepimento e la data dell'osservazione) era compresa tra le 34 e le 36 settimane. I neonati sono stati videoripresi due volte, rispettivamente prima e dopo il pasto delle 15, per circa 30 minuti, presso l'Unità Operativa di Terapia Intensiva Neonatale (TIN) e Neonatologia dell'Arcispedale Sant'Anna di Ferrara. Successivamente sono state codificate, fotogramma per fotogramma, le occorrenze di 16 categorie comportamentali descritte dal gruppo di ricerca a partire dalla letteratura pertinente (Einspieler et al., 2008; Oster, 2009; Prechtl, 1985; de Vries, 1982; Wolff, 1987). Le analisi sono state effettuate sulla frequenza al minuto, sulla durata media e totale dei comportamenti osservati, utilizzando il test non parametrico di Friedman per i confronti within e il test non parametrico U di Mann-Whitney per i confronti between subjects. RISULTATI Le analisi hanno evidenziato differenze significative tra le due condizioni in relazione a diverse categorie comportamentali (ad es. i soggetti più maturi hanno mostrato una maggiore durata media del distress prima del pasto, df = 1, F = 5, p = .025), nonché tra i gruppi formati sulla base delle principali variabili demografiche. CONCLUSIONI Questi risultati rappresentano una prima evidenza di modulazione del comportamento legata all'appetito nei neonati pretermine, presentando spunti di discussione circa il significato evolutivo dei comportamenti presi in considerazione.

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Esplorazione e manipolazione degli oggetti a 6 mesi in bambini nati estremamente pretermine e nati a termine Zuccarini Mariagrazia1, Sansavini Alessandra2, Iverson Jana M.3, Savini Silvia2, Guarini Annalisa2,

Zavagli Veronica2, Aureli Tiziana1

1Dipartimento di Neuroscienze e Imaging, Università degli Studi “G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara 2Dipartimento di Psicologia, Università di Bologna

3Department of Psychology, University of Pittsburgh INTRODUZIONE Ritardi e atipie caratterizzano lo sviluppo motorio dei bambini pretermine, in particolare di età gestazionale estremamente bassa (ELGA < 28 settimane De-Kievet et al., 2009; Sansavini et al., 2014). Tuttavia, poco sappiamo circa le loro modalità di esplorazione degli oggetti. Uno dei pochi studi al riguardo ha mostrato che i bambini pretermine con sospette anomalie neurologiche presentano a 9 mesi una ridotta e atipica manipolazione degli oggetti (Ruff, 1984) rispetto ai bambini nati a termine. Ne può conseguire una minore conoscenza delle proprietà degli oggetti e una minore abilità di categorizzarli ed etichettarli successivamente (Oakes & Madole, 2000). Il presente studio indaga le abilità precoci di esplorazione e manipolazione degli oggetti nei bambini ELGA. METODO 20 bambini ELGA e 20 nati a termine (Full-Term) sono stati osservati a 6 mesi (età corretta per gli ELGA), durante un’interazione madre-bambino (5’) con un set di giochi. Sono stati codificati (in durate proporzionali) la modalità di esplorazione (visiva vs manuale) e di manipolazione degli oggetti (passiva vs attiva) e i tipi di manipolazione; inoltre, sono state somministrate le Scale Griffiths (1996). I dati sono stati analizzati con ANOVA. RISULTATI I bambini ELGA trascorrono più tempo nell’esplorazione visiva (p = 0.003) e meno tempo in quella manuale (p < 0.001) rispetto ai FT. La manipolazione attiva è più breve negli ELGA che nei FT (p = 0.003). I punteggi medi dello sviluppo psicomotorio degli ELGA risultano nella norma ma sono inferiori rispetto ai FT nei quozienti di sviluppo generale (p = 0.008), coordinazione oculo-motoria (p = 0.012) e performance cognitiva (p < 0.001). CONCLUSIONI I bambini ELGA a 6 mesi presentano una esplorazione manuale e una manipolazione attiva degli oggetti significativamente minore dei bambini FT. Si discute l’importanza di una valutazione precoce di tale attività in questi bambini per la comprensione del loro sviluppo cognitivo e linguistico successivo.

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Universalità e specificità culturale nello sviluppo dell’interazione madre-lattante: la transizione dei 2 mesi è realmente universale?

 Lavelli Manuela1, Carra Cecilia1, Keller Heidi2

1Dipartimento di Filosofia, Pedagogia e Psicologia, Università di Verona 2Department of Culture and Development, University of Osnabrück, Germany

INTRODUZIONE Diversi studi condotti in Paesi Occidentali documentano che entro i 2 mesi i lattanti mostrano cambiamenti comportamentali (comparsa sorriso sociale, attenzione attiva, cooing) che consentono di essere partner sociali più attivi. I pochi studi cross-culturali focalizzati su questa transizione mostrano risultati contrastanti. Questo studio si propone di indagare lo sviluppo dell’interazione madre-lattante prima, durante e dopo la transizione dei 2 mesi in diversi contesti socioculturali: famiglie ITaliane, famiglie IMMigrate dall’Africa Occ. (Camerun, Nigeria, Ghana), famiglie NSO del Camerun. METODO 20 diadi madre-lattante per ogni contesto culturale sono state videoregistrate in interazione spontanea a 4, 6, 8 e 12 settimane. I comportamenti dei lattanti sono stati codificati in stati congiunti di attenzione-espressione; quelli materni raggruppati in pattern d’interazione: Contatto Corporeo, Solo Sguardo, Parlare Affettuoso, Stimolaz.Motoria, Stim.Tattile, Stim.con Oggetto. RISULTATI Il Sorriso dei lattanti alla madre compare in tutti i gruppi a 6 sett., ma si incrementa signif. solo nei gruppi IT e IMM. L’analisi sequenziale longitudinale mostra che già a 4 sett. nelle diadi IT e IMM il Parlare Affettuoso materno è legato all’Attenz.Attiva del lattante alla faccia della madre, in sequenze che incoraggiano la comparsa del Sorriso. Nelle diadi NSO i comportam. madre-lattante sono invece associati in pattern di Stim.Motoria con Attenz.Attiva del lattante all’ambiente circostante, osservati anche nelle diadi IMM, e Stim.Tattile con cui le madri NSO rispondono ai Sorrisi dei lattanti senza incoraggiare il contatto faccia-a-faccia. CONCLUSIONI I risultati suggeriscono che i comportamenti sociali dei lattanti indicativi della transizione dei 2 mesi sono non solo integrati in pattern di interazione specifici di ogni cultura, ma anche influenzati dalle prime esperienze di interazione - radicate in specifici contesti culturali - oltre che dalla maturazione neurologica.

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La risposta comportamentale e autonomica al paradigma della Still-Face: uno studio di Teletermografia

Grazia Annalisa1, Cardone Daniela1,2, Merla Arcangelo1,2 1Dipartimento di Neuroscienze e Imaging, Università degli Studi “G. D’Annunzio”, Chieti-Pescara

2Laboratorio di “Imaging Infrarosso”, Istituto di Tecnologie Avanzate Biomediche (ITAB), Università degli Studi “G. D’Annunzio”, Chieti-Pescara

INTRODUZIONE Il paradigma Still-Face (SF; Tronick et al., 1978) elicita stress e disagio emotivo nel bambino, come dimostrato da studi comportamentali e supportato da indici fisiologici (battito cardiaco e tono vagale; Mesman et al., 2009). Questa ricerca indaga la risposta autonomica associata ai cambiamenti nello stato emotivo del bambino durante la SF rilevando la temperatura facciale attraverso una metodologia non invasiva, Thermal Infrared (IR) Imaging. Precedenti studi con bambini mostrano una diminuzione della temperatura, dovuta all’attivazione del Sistema Nervoso Simpatico, sia in condizioni stressanti che piacevoli (Mizukami et al., 1987, 1990; Nakanishi & Imai-Matsumura, 2008; Ebisch et al., 2012; Ioannou et al., 2013; Manini et al., 2013). METODO 12 bambini di 3-4 mesi e le loro madri hanno partecipato al paradigma SF, costituito da 4 episodi: preSF (3min); SF (1min); postSF (3min); objects (5min). Il comportamento del bambino è codificato attraverso l’ICEP (Tronick et al., 2005) e la temperatura viene rilevata su punta del naso e fronte. Le differenze di comportamento tra episodi e le variazioni di temperatura nel corso della procedura sono analizzate attraverso il test esatto di Friedman e il test esatto di Wilcoxon. RISULTATI Il coinvolgimento positivo del bambino diminuisce dal preSF alla SF e aumenta nel postSF [χ2(3) = 16.22, p < .01]. La temperatura sulla punta del naso aumenta significativamente dal preSF alla SF ed è maggiore negli episodi postSF e objects rispetto al preSF [χ2(3) = 16.30, p < .01]. La temperatura della fronte è maggiore in postSF rispetto al preSF e in objects rispetto al preSF e alla SF, [χ2(3) = 14.50, p < .01]. CONCLUSIONI I risultati di questa ricerca mostrano un aumento della temperatura facciale nel passaggio dall’interazione alla SF, associato a una diminuzione del coinvolgimento positivo, supportando una variazione dello stato emotivo provocato dal paradigma, ma non una reazione di stress. Tale risultato viene discusso ipotizzando il coinvolgimento del Sistema Nervoso Parasimpatico.

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Dall’intersoggettività primaria a quella secondaria: una ricerca longitudinale

 Tenuta Flaviana1, Costabile Angela1, Marcone Roberto2, Persampieri Mariarosa1

1Dipartimento di Lingue e Scienze dell’Educazione, Università della Calabria 2Dipartimento di Psicologia, Seconda Università degli Studi di Napoli, Caserta

INTRODUZIONE Il secondo mese di vita costituisce una transizione fondamentale nello sviluppo, in cui si iniziano ad osservare episodi di comunicazione faccia-a-faccia tra madre e bambino. Sia Bruner (1999) che Trevarthen (1979) definiscono questa consapevolezza reciproca, intersoggettività primaria e ritengono che sia un precursore necessario per le successive forme di relazionalità, più complesse in cui i bambini iniziano a condividere e a riferirsi a oggetti e situazioni esterne alla diade comunicativa. Le esperienze di intersoggettività primaria sono influenzate da fattori di tipo neurologico. L’imitazione neonatale (Nagy & Molnar, 1994) può essere una delle dimostrazioni che il bambino possiede una rappresentazione cerebrale delle espressioni e delle azioni intenzionali proprie e dell’altro. Si intende indagare la comparsa dell’intersoggettività primaria e secondaria a 3, 6 e 9 mesi analizzando il legame tra sguardo e sorriso dimostrando come i comportamenti del bambino possono essere supportati dal comportamento materno nel momento del passaggio dall’intersoggettività primaria alla secondaria. METODO I soggetti sono 13 diadi osservate a 3, 6 e 9 mesi del piccolo. L’osservazione ha una durata di 5 minuti e madre e bambino sono posti uno di fronte all’altro, la madre ha un set di giocattoli. Sono stati osservati comportamenti quali: Dirigere lo sguardo e Sorridere sia nella madre che nel bambino e in seguito sono state considerate alcune macro categorie come Dirigere lo sguardo verso l’oggetto mentre guarda la madre e sorride. RISULTATI I risultati sui comportamenti materni evidenziano un significativo incremento della quantità di Sorridere verso il bambino (F(2,36) = 6.84, p < .05) e Dirigere lo sguardo verso il bambino (F(2,36) = 14.26, p < .01). Per i comportamenti del bambino i risultati mettono in luce un significativo incremento del comportamento di Sorridere (F(2,35) = 6.75, p < .01) e di Dirigere lo sguardo verso la madre (F(2,36) =14.26, p < .01) al crescere dell’età. L’analisi condotta sulle macrocategorie sequenziali Bambino guarda l’oggetto, guarda la madre e sorride e non sorride evidenzia che i bambini a 3, 6 e 9 mesi emettono poche sequenze di guarda oggetto, guarda madre e non sorride [z= -3.43] e molte sequenze con il sorriso [z=2.4]. CONCLUSIONI Dai risultati ottenuti è emerso che i bambini fin dai primi mesi di vita dimostrano non solo capacità comunicative ma sono parte attiva nell’interazione con la madre e con gli oggetti.

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Simposio 2 Emozioni e linguaggio: la natura complessa di un rapporto Proponente: Smorti Andrea

Discussant: D’Urso Valentina Abstract Nell'ambito dell'interesse per il problema della mentalizzazione delle emozioni che ha avuto inizio intorno agli anni '70, il rapporto tra emozione e linguaggio ha costituito un tema di particolare importanza. Ciò per vari motivi. Innanzi tutto perché gli studiosi hanno bisogno di utilizzare il linguaggio per studiare le emozioni, per esempio gli studi sul riconoscimento delle emozioni utilizzano le etichette linguistiche, in secondo luogo perché la relazione tra emozioni e linguaggio si presenta come estremamente complessa e circolare (Frijda, 1986). Infatti questo legame può svolgersi in due direzioni. La prima vede il linguaggio come il veicolo attraverso cui le emozioni si esprimono. Lo studio del linguaggio delle emozioni diventa utile per capire le emozioni stesse. L'altra direzione è invece quella che va dal linguaggio alle emozioni: è il modo in cui una persona parla delle proprie emozioni a modificarne il significato e quindi in definitiva il modo di viverle. Nell'ambito del rapporto tra emozioni e linguaggio un settore importante di studi ha riguardato la memoria e la narrazione autobiografica. La memoria infatti è alla base di ricordi involontari che possono venir suscitati dall’appraisal e che sono alla base di un confronto tra la esperienza attuale e passata (Siegel & Hartzell, 2003). D'altra parte, attraverso la narrazione autobiografica, le memorie possono esplicitarsi e divenire più chiare e consapevoli assumendo quelle articolazioni causali che permettono di completare la comprensione delle cause e dei significati (McAdams, 2001). Il presente simposio intende affrontare il tema delle emozioni e del linguaggio dando rilevanza ad ambedue le direzioni del loro rapporto che sarà studiato metodologicamente sia in contesti di dialogo (tra madre e bambino) sia in contesti narrativi (studenti universitari e madri di bambini malati) allo scopo di mettere in evidenza il modo in cui le emozioni possono prendere forma e assumere un significato attraverso la parola e l'interazione.

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Ti racconto ancora la storia di mio figlio, così posso parlarti di me

Ciucci Enrica1, Fioretti Chiara2, Smorti Andrea1

1Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia, Università di Firenze 2Dipartimento di Neuroscienze Psicologia Area del Farmaco e Salute del Bambino

(NEUROFARBA) Università di Firenze INTRODUZIONE L’esperienza vissuta dai genitori di bambini colpiti da malattia è stata recentemente indagata attraverso le parental illness narratives dal momento che, in queste situazioni, i genitori divengono co-protagonisti della malattia del bambino, tanto che questa esperienza entra a pieno titolo nella loro autobiografia. Bury (2001) ne parla in termini di “distruzione biografica” o Chesler (1993) di “malattia familiare” poiché la malattia di un figlio svolge un impatto destrutturante sul singolo genitore, così come sul suo nucleo familiare. Nell’ambito delle cure alla malattia pediatrica, l’indagine qualitativa condotta attraverso la raccolta delle narrazioni dei genitori si pone l’obiettivo di favorire la ricostruzione della loro storia di vita, restituendole coerenza e continuità. Soprattutto la ripetizione della narrazione sembra contribuire a questo effetto non solo di “ricostruzione” ma di arricchimento dei toni emotivi. METODO La ricerca presentata è lo studio di 4 casi, la madre di una bambina colpita da leucemia linfoblastica acuta (studio 1) e tre madri i cui bambini presentano una malattia rara (studio 2). A queste madri è stato chiesto di raccontare l’esperienza di malattia del figlio per tre volte a distanza di due giorni ciascuna; l’ultima intervista ha avuto il tempo definito di 10’. Sono state indagate le differenze emergenti tra la prima e la terza narrazione in termini di analisi linguistica, tramite il software LIWC 2001, e di analisi di contenuto. RISULTATI Attraverso la ripetizione della narrazione si manifestano significativi cambiamenti testuali soprattutto per quanto riguarda l’uso dei pronomi personali (studio 1: pronome Io: 5.07% vs 6.31%, Lui/Lei: 4.67% a 2.03% e Loro: 1.40% vs 0.63%; studio 2: pronome Io: 7.47% vs 6.74%, Lui/Lei: 4.90% vs 3.79% e Loro: 1.53% vs 0.56%), delle emozioni espresse (studio 1: affetti positivi 2.39% vs 3.02%; studio 2: affetti positivi 1.78% vs 2.87%) e dei meccanismi cognitivi (studio1: 9.11% vs 11.21%; studio 2: 7.81% a 9.04%). CONCLUSIONI I risultati vengono interpretati alla luce della ipotesi che la ripetizione delle narrazioni autobiografiche abbia favorito nelle madri il processo di elaborazione e integrazione dell’evento traumatico della malattia del figlio che contribuisce ad accrescere la continuità della loro storia biografica.

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Emotività espressa materna e dialogo sulle emozioni mamma/bambino

Valle Annalisa1, Cornetti Valentina1, Cavalli Giulia2, Marchetti Antonella1

1Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano 2Università degli Studi eCampus

INTRODUZIONE La ricerca analizza il rapporto tra le emozioni espresse dalla madre nei confronti del figlio e la capacità della diade di costruire dialoghi sintonizzati relativi a eventi emotivamente rilevanti vissuti dal bambino. Per valutare l’emotività espressa materna (EE) si è utilizzato il “Five Minutes Speech Sample” (Magana et al., 1985) in cui ad alti livelli di EE corrispondono elevati livelli di Criticità (CRIT) e Iper-coinvolgimento emotivo (AOI). La capacità della diade di trattare in modo equilibrato eventi emotivamente rilevanti è valutata attraverso il “Dialogo sulle Emozioni” (Oppenheim et al., 2007; Marchetti, Cavalli & Valle, 2009), in cui madre e bambino sono invitati a raccontare 4 situazioni in cui il bambino si è sentito felice, triste, arrabbiato e spaventato. La valutazione si conclude con una classificazione della diade come ES (Emotivamente Sintonizzata) o NES (Non Emotivamente Sintonizzata). Il presente lavoro su diadi con bambini di 7 e 10 anni ipotizza che a un’elevata EE corrisponda un dialogo NES. METODO Partecipanti: Gruppo 1=23 diadi mamma-bambino (Metà = 7 anni). Gruppo 2=20 diadi mamma-bambino (Metà =10 anni). Strumenti: Dialogo sulle Emozioni somministrato alle diadi; Five Minutes Speech Sample e prova di vocabolario della WAIS (madri); PPVT e Matrici di Raven (bambini). RISULTATI I risultati mostrano che l’EE è associata alla sintonizzazione emotiva solo nel gruppo 1 (χ2 (1) = 5.064, p = 0.024), nel quale un livello elevato di CRIT/AOI materno corrisponde a dialoghi NES. Le varabili cognitive e linguistiche mostrano correlazioni significative con alcune componenti del Dialogo sulle Emozioni. CONCLUSIONE È possibile ipotizzare che a età inferiori il bambino sia più sensibile a CRIT e AOI della madre nella costruzione del Dialogo sulle Emozioni. Con l’età le accresciute competenze cognitive e abilità relazionali consentono al bambino di disporre di una maggiore autonomia durante la costruzione dei dialoghi indipendentemente dalla madre.

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Esperienze, emozioni e valutazioni: la ridefinizione di sé nelle narrazioni quotidiane di un gruppo di studenti universitari

Aleni Sestito Laura1, Sica Luigia Simona1 1Dipartimento di Studi Umanistici, Università degli Studi di Napoli Federico II

INTRODUZIONE Nell’ambito del narrative identity approach (McLean, 2005) è posta una specifica enfasi sulla valutazione soggettiva delle esperienze personali che ciascuno racconta su se stesso (McAdams, 1993), ed è sottolineata l’efficacia dello strumento narrativo al fine di esplorare le tematiche relative al consolidamento dell’identità, alla transizione, alla acquisizione di un sé coerente (Aleni Sestito & Sica, 2014; Syed & Azmitia, 2008). All’interno di questo quadro, il presente studio intende esplorare il processo di ridefinizione del sé attraverso account narrativi inerenti episodi di vita quotidiana degli studenti universitari (Pasupathi, McLean & Weeks, 2009). In particolare, è volto ad analizzare il processo di autoriflessione attivato dalla scrittura di un diario settimanale, a partire dall’ipotesi che questo possa evidenziare il ruolo attivo delle emozioni nel processo di formazione dell’identità (Vlejoras, Van Geert & Bosma, 2008). METODO A 20 studenti universitari è stato chiesto di compilare un diario settimanale (Il diario degli eventi significativi: Cosa è successo? Cosa ho pensato? Cosa ho provato in quel momento?). RISULTATI In un primo step, l’analisi categoriale del contenuto, sull’intero corpus, ha individuato tipologia e caratteristiche degli eventi. Delle sei macroaree, la prima e la seconda (45% degli enunciati) riguardano le relazioni familiari e amicali come contesti di costruzione dell’identità, la terza e la quarta (30 %) la routine quotidiana e gli eventi irrilevanti, la quinta e la sesta (25%) ansie, paure, preoccupazioni. In un secondo step, l’analisi linguistica, condotta su ciascun episodio mediante il software LIWC (Pennebaker, Booth & Francis, 2007), ha individuato dimensioni analitiche quali processi emotivi, processi cognitivi, fattori linguistici. CONCLUSIONI Le associazioni emerse tra tali dimensioni, la tipologia degli eventi e i livelli di sophistifaction (McLean & Thorne, 2003) confermano l’ipotesi di partenza.

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Reminiscing e linguaggio emotivo nelle conversazioni madre-bambino

Corsano Paola1, Cigala Ada1, Majorano Marinella2 1Dipartimento di Lettere, Arti, Storia e Società, Università degli Studi di Parma

2Dipartimento di Filosofia, Pedagogia e Psicologia, Università degli Studi di Verona INTRODUZIONE Le conversazioni genitore-figlio su eventi emotivamente pregnanti svolgono importanti funzioni rispetto allo sviluppo della competenza emotiva e della comprensione di sé (Fivush et al., 2003). Tra queste è stato indagato in particolare il reminiscing, il ricordare insieme esperienze condivise (Reese & Brown, 2000), ponendo attenzione all’età prescolare e agli stili conversazionali dei genitori (Fivush, 2008). Lo studio, di tipo esplorativo, si è posto l’obiettivo di indagare la relazione tra reminiscing e racconto emotivo nelle conversazioni tra madre e bambino. METODO A dieci diadi madre/bambino in età prescolare (età media: 63 mesi) sono stati proposti due compiti: reminiscing (ricordare insieme una festa di compleanno con l’aiuto di alcune foto); racconto emotivo (raccontare insieme una storia a contenuto emotivo a partire da alcune vignette) (Corsano & Cigala, 2004). Entrambe le sessioni sono state videoregistrate, trascritte e codificate secondo due diversi schemi di codifica (Corsano & Cigala, 2004; Wang & Fivush, 2005; Wang, 2006) da due osservatori indipendenti (K = .80). RISULTATI I risultati mostrano che i bambini con linguaggio emotivo più ricco nel racconto di storie, nel reminiscing si descrivono più frequentemente in termini di categorie sociali [ρ = -.78; p < .05] e hanno madri che utilizzano in misura minore lo stile narrativo di tipo ripetitivo [ρ = -.84; p < .01]. Inoltre, i riferimenti materni alla regolazione emotiva nel racconto emotivo correlano positivamente con la descrizione di sé del bambino in termini relazionali [ρ =.81; p < .05]. CONCLUSIONI I dati emersi confermano la relazione individuata in letteratura tra lo stile materno di reminiscing e la competenza emotiva del bambino. Suggeriscono inoltre una stretta relazione, importante sul piano sociale, tra linguaggio delle emozioni e linguaggio del Sé. Quanto più, sia nella madre sia nel bambino, il primo è ricco e articolato, tanto più il secondo indica nel bambino una comprensione di sé in termini di appartenenze sociali e relazionali.

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Lezione Magistrale Neuroscience and Developmental Psychology: New Perspectives

Vincent Reid Fylde College Lancaster University (UK)

Neuroscience and developmental psychology are often seen as having different aims and objectives from each other. I will outline why amongst all neuroscience techniques, EEG-derived methods are those which are best placed for research with infant participants. Using examples from areas including biological motion processing, action understanding, joint attention and eye gaze, my talk will focus on work that shows why neuroscience techniques can substantially enrich our understanding of early social development. I will finish by showing how new analysis methods allow for improved attrition rates, better representative samples, and the assessment of individual differences. These factors mean that neuroscience methods will be increasingly at the forefront of many new discoveries within developmental science for the foreseeable future.

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Simposio 3 Diventare adulti nella società contemporanea “Destandardizzata”: nuovi compiti e sfide evolutive Proponente: Aleni Sestito Laura Discussant: Lo Coco Alida

   Abstract Nella prospettiva della life span psychology, ogni persona (dall’infanzia alla vecchiaia) a seconda dell’età, si trova a fronteggiare numerose richieste poste dall’esterno e a mediare queste con quelle provenienti dal suo mondo interno (desideri, sogni, paure, aspettative). Tale mediazione promuove l’evoluzione della persona e ne potenzia le capacità. I compiti di sviluppo, peculiari di ciascuna età della vita, costituiscono pertanto compiti la cui soluzione fornisce un patrimonio di risorse utili ad affrontare gli ostacoli che l’individuo progressivamente incontra nelle fasi successive; vere e proprie sfide per avanzare nella comprensione e definizione di sé. Ma, nel corso dello sviluppo anche il contesto si modifica continuamente; in particolare, nella transizione dall’adolescenza all’età adulta (emerging adulthood; Arnett, 2000) il contesto di riferimento si amplia e va ad inglobare sistemi relazionali, affettivi e comunicativi e ambienti intesi in senso generale sempre più ampi (caratterizzati anche da istanze di carattere economico, culturale, sociale e politico a loro volta in continuo divenire). Pertanto, in questa fase, influenze sempre più complesse interagiscono con lo sviluppo della persona. Inoltre, il contesto cui i giovani contemporanei fanno riferimento è un mondo adulto progressivamente “destandardizzato”, complesso e disordinato (du Bois-Reymond & Crisholm, 2006), che da una parte richiede loro specifiche risorse e competenze per “navigare” attraverso le sue contraddizioni ed eterogeneità, dall’altra li espone al rischio di disorientamento maggiore che nel passato. Il presente Simposio intende affrontare la problematica del divenire adulti alla luce delle specificità della società contemporanea evidenziate, esplorando in particolare come emerging adults del nord e sud Italia fronteggiano i propri compiti di sviluppo relativi all’acquisizione di identità e ruoli adulti, autonomia, nuove modalità relazionali e comunicative.

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Affettività e sessualità nella transizione dall’adolescenza all’età adulta

Confalonieri Emanuela1, Olivari Maria Giulia1, Cuccì Gaia1

1Dipartimento di Psicologia, CRIdee, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

INTRODUZIONE La capacità di stabilire relazioni romantiche, tipica dell’età adulta, vede nell’adolescenza un importante periodo di apprendimento: con la crescita tali relazioni diventano una parte centrale nella vita dell’adolescente sostenendolo nel percorso di separazione dalla famiglia di origine (Bertolucci & Cicognani, 2005). Nel presente studio vengono messe a confronto le rappresentazioni di un campione di adolescenti e giovani adulte rispetto alle esperienze sentimentali e sessuali per evidenziare eventuali similitudini e differenze nel rispondere a questi compiti di sviluppo. METODO Tramite 6 focus group sono state indagate le percezioni di 22 adolescenti (Metà = 16.8) e 24 giovani adulte (Metà = 20.7). Le interviste sono state analizzate con il metodo dell’analisi tematica, al fine di organizzare il testo in categorie di significato, classificarle in temi ed etichettarli. RISULTATI Tre temi emergono dall’analisi dei focus group. Il primo tema, Io e l’altro, prende in considerazione i diversi bisogni e motivazioni a cui rispondono le relazioni affettive. Il secondo tema, Io, l’altro e gli altri, riguarda la scelta degli interlocutori con cui condividere e confrontarsi rispetto alle proprie esperienze affettive e sessuali, e il ruolo giocato da questi ultimi nell’influenzare le scelte su queste tematiche. L’ultimo tema, Io, l’altro e la sessualità, riguarda le diverse modalità di confrontarsi con la capacità sessuale e contraccettiva. CONCLUSIONI Sebbene la transizione all’età adulta per motivi culturali e sociali nel nostro paese si sia notevolmente allungata, dai nostri risultati emerge come le adolescenti e le giovani adulte si differenzino nel modo di vivere affettività e sessualità. Le differenze riguardano in parte i contenuti tematici, ma soprattutto la capacità riflessiva e argomentativa: le giovani adulte risultano maggiormente capaci di fare collegamenti temporali e di assumere la prospettiva altrui rispetto alle adolescenti.

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Relazione tra il controllo psicologico e il raggiungimento dell’autonomia: profili in emerging adulthood Liga Francesca1, Ingoglia Sonia2, Inguglia Cristiano2, Lo Cricchio Maria Grazia2, Musso Pasquale2

1Dipartimento di Scienze Umane e Sociali, Università di Messina 2Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche e della Formazione, Università di Palermo

INTRODUZIONE In letteratura c’è un generale consenso sui numerosi benefici per il benessere psicosociale del giovane legati al supporto genitoriale percepito al proprio senso di autonomia (Grolnik et al., 1997; Deci & Vansteenkiste, 2004). Vi è anche un sostanziale accordo nel ritenere che il controllo psicologico genitoriale sia associato al malessere dell’individuo (Barber & Harmon, 2002; Soenens & Beyers, 2012; Wang et al., 2007). La finalità principale dello studio è quella di esaminare le relazioni tra la promozione dell’autonomia, il controllo psicologico genitoriale e l’adattamento psicosociale dell'individuo durante l'emerging adulthood. In particolare, gli obiettivi sono: (1) indagare l’esistenza di gruppi differenti di emerging adults caratterizzati da distinte configurazioni di controllo psicologico - orientato al compito (CPOC) e orientato alla dipendenza (CPOD) - e di promozione dell’autonomia - intesa come promozione dell’indipendenza (PI) e promozione del funzionamento volitivo (PVF); (2) esplorare la relazione tra le configurazioni emerse e l’adattamento psicosociale degli emerging adults. METODO Hanno partecipato allo studio 476 studenti universitari italiani (51% femmine) di età compresa tra i 18 e i 28 anni (M = 22.11, SD = 2.13). Ai partecipanti sono state somministrate delle scale volte a misurare le variabili considerate. RISULTATI L'analisi dei cluster ha rilevato la presenza di 6 cluster che differiscono tra loro sulla base dei livelli percepiti di controllo psicologico e di promozione dell’autonomia. I risultati delle analisi multivariate della varianza suggeriscono differenti associazioni tra ciascun cluster e gli indicatori di adattamento psicosociale considerati, oltre che differenze significative associate al genere. CONCLUSIONI I risultati sembrano suggerire che alti livelli di supporto all’autonomia, anche in presenza di livelli medi di controllo psicologico, siano maggiormente correlati al benessere dell’emerging adult.

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La transizione all’età adulta tra i giovani del nord e del sud Italia: lo studio di due casi

Piumatti Giovanni1, Garro Maria2, Pipitone Laura2, Roggero Antonella1, Rabaglietti Emanuela1

1Dipartimento di Psicologia, Università di Torino 2Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche e della Formazione, Università di Palermo

INTRODUZIONE Gli esiti della transizione all’età adulta derivano sia dai contesti socio-demografici che da tratti psicologici-identitari individuali (Crocetti et al., 2012). Diventare adulti è infatti il frutto congiunto di scelte individuali tra opportunità e vincoli di contesto. Date le sfaccettate differenze socio-economiche tra Nord e Sud d’Italia, il presente contributo si propone di porre a confronto alcuni aspetti dell’emerging adulthood in queste due aree geografiche attraverso due casi studio. METODO Lo Studio 1 ha coinvolto 160 studenti universitari di Torino e di Palermo (Metà=22.6; DS=2.77) analizzandone le differenze riguardo la soddisfazione nelle relazioni sentimentali, amicali e affettive, il grado di dipendenza psicologica, economica e affettiva percepita nei confronti della famiglia di origine e la percezione di auto-realizzazione futura nelle relazioni interpersonali, il benessere economico e l’indipendenza in generale. Lo Studio 2 ha coinvolto 623 studenti universitari di Torino e di Palermo (Metà=21.81; DS=3.04) considerando le differenze riguardo la percezione dei criteri irrinunciabili nella transizione all’età adulta e la soddisfazione percepita per la propria vita e per la scelta del percorso di studio. RISULTATI Congiuntamente gli studi indicano i giovani adulti del Nord più indipendenti dalla propria famiglia di origine in ogni ambito (psicologico, affettivo ed economico) rispetto ai loro pari del Sud. Essi, inoltre, riportano un grado maggiore di soddisfazione nella vita e negli studi. I giovani adulti del Sud mostrano invece più attenzione per traguardi di realizzazione futura nelle relazioni interpersonali, rispetto ai loro pari del Nord più propensi a traguardi individualisti nel raggiungimento dello status di adulto. CONCLUSIONI Queste sfumature tra giovani di realtà geografiche diverse invitano a riflettere su fattori di promozione di sviluppo positivo indispensabile per affrontare con successo le nuove sfide verso l’adultità.

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“Sono diventato adulto quando…”. Percezione di adultità e definizione di identitaria

Sica Luigia Simona1

1Dipartimento di Studi Umanistici, Università degli Studi di Napoli Federico II

INTRODUZIONE Erikson ha contestualizzato lo sviluppo dell’identità all’interno di un paradigma psico-sociale di particolare rilevanza per quei paesi quali il nostro, dove il divenire adulti è più complesso per le peculiari condizioni socio-economiche e dove si è evidenziato un ritardo sia nella definizione dell’identità che nell’acquisizione dei tradizionali ruoli adulti (Crocetti, Rabaglietti & Sica, 2012). D’altro canto, transizioni importanti, quali l’ingresso all’università, rappresentano occasioni per consolidare, rimodellare, disconfermare l’identità in funzione delle nuove esperienze. Allo scopo di approfondire lo studio dei processi di sviluppo nella transizione descritta, questo studio utilizza un approccio narrativo volto a esplorare processo e contenuto dell’identità e percezione di adultità di emerging adults, matricole universitarie. METODO 139 matricole, bilanciate per genere, hanno risposto alla traccia: “Sono diventato adulto quando… Non sono ancora diventato adulto perché…”. RISULTATI L’utilizzo congiunto dell’analisi del contenuto e dell’approccio interpretativo ha consentito di individuare le esperienze che caratterizzano l’essere diventato adulto; queste descrivono traiettorie piuttosto che marcatori del passaggio alla vita adulta e, più spesso (65 %), focalizzano esperienze negative, percepite come tali da produrre una significativa trasformazione del sé. Si è evidenziato tuttavia che la percezione di adultità non è sempre legata alla definizione identitaria ma frequentemente (75% dei casi) associata anche a diffusione dell’identità. Infine, si è individuato solo un piccolo gruppo di soggetti che manifestano le caratteristiche attribuite dalla letteratura agli emerging adults, che si percepiscono cioè come “in between” (Arnett, 2000). CONCLUSIONI I rilievi emersi mostrano l’efficacia dell’approccio narrativo per esplorare la complessità dei processi di cambiamento identitario e di acquisizione di adultità nella fase esaminata.

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Strategie comunicative e abuso psicologico nelle relazioni di coppia degli adulti emergenti

Tani Franca1, Smorti Martina2

1Dipartimento di Scienze della Salute, Università di Firenze ²Facoltà di Scienze della Formazione, Libera Università di Bolzano

INTRODUZIONE Indagini recenti hanno documentato che manifestazioni di abuso psicologico sono molto diffuse all’interno delle coppie dei giovani adulti (Bonechi & Tani, 2011a). Data la rilevanza non solo teorica, ma anche sociale di questa tematica si rende pertanto necessario approfondire i fattori di rischio alla base del diffondersi di tale fenomeno. Scopo di questo lavoro è approfondire il ruolo che le strategie comunicative hanno nel favorire la messa in atto di comportamenti di abuso psicologico, agito e subito, nelle relazioni di coppia di adulti emergenti. METODO La ricerca si è svolta su un campione di 557 giovani (211 maschi e 346 femmine), di età compresa fra i 18 e i 28 anni (M = 22.61; DS = 3.85), coinvolti in una relazione di coppia di tipo eterosessuale da almeno sei mesi (M = 3.08 anni, SD = 2.8 anni). Per rilevare l’abuso psicologico abbiamo utilizzato l’adattamento italiano (Bonechi & Tani, 2011b) del Multidimensional Measure of Emotional Abuse, (MMEA, Murphy & Hoover, 1999; Murphy, Hoover & Taft, 1999), un questionario self-report che consente di rilevare 4 principali dimensioni dell’abuso agito e subito, relative rispettivamente a: Invischiamento restrittivo, Denigrazione, Ritiro Ostile e Dominanza/Intimidazione. Per rilevare le strategie di comunicazione abbiamo utilizzato il Questionario di comunicazione di coppia (CCQ; Cusinato & Cristante, 1999), che permette di rilevare 4 principali strategie comunicative rispettivamente caratterizzate da: Efficacia, Evitamento, Ritiro, Manipolazione. RISULTATI L’analisi dei dati mostra che le strategie comunicative centrate sul ritiro e la manipolazione sono significativi predittori dell’abuso psicologico, agito e subito, all’interno delle coppie di adulti emergenti. CONCLUSIONI I risultati offrono un contributo alla comprensione del fenomeno dell’abuso psicologico nelle relazioni di coppia e interessanti spunti per predisporre interventi mirati di prevenzione e di recupero.

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Simposio 4 Tecnologie WEB 2.0 e comunità di apprendimento: problemi di ricerca e prospettive di intervento Proponenti: Cacciamani Stefano, Ligorio Maria Beatrice Discussant: Ajello Annamaria L’uso delle tecnologie Web 2.0 (Riva, 2010; Selwyn, 2012) in contesti di apprendimento ha una forte connotazione “social” che può essere valorizzata implementando modelli di comunità (Garrison & Anderson, 2002; Scardamalia & Bereiter, 2006). La dimensione dell’interazione sociale diviene in tali modelli un elemento centrale nelle attività mediate dalle tecnologie digitali, e richiede di essere considerata come oggetto di studio. È opportuno che ciò avvenga attraverso modalità di indagine eterogenee, che spazino dall’uso di questionari self report all’impiego di modalità di analisi del contenuto delle interazioni mediate dalla scrittura, per cogliere le molteplici funzioni che tale dimensione assume nei diversi contesti formativi. Obiettivo del presente simposio è esaminare i problemi di ricerca e le prospettive di intervento emergenti dall’utilizzo di tale tipo di tecnologie in diversi contesti formativi. Il primo contributo indaga la relazione tra Serious Games e dimensioni psicosociali dell’apprendimento in giovani malati di diabete, considerando anche i trend d’uso (cosa, dove e finalità) delle tecnologie da parte di questo tipo di utenti. Il secondo studio si propone di rilevare le relazioni tra la componente emotivo-motivazionale e la lettura e la scrittura in ambiente on line nel contesto della scuola secondaria inferiore. Il terzo contributo presenta la struttura fattoriale di un questionario costruito per indagare il senso di comunità in un corso universitario on line. Il quarto contributo indaga, in un corso universitario blended, gli effetti dell’assegnazione ad alcuni studenti del ruolo di tutor sociale e di livelli diversi di partecipazione alle attività sul senso di comunità sviluppato nel corso. Il quinto studio, infine, si pone l’obiettivo di mettere a punto un modello di analisi dei messaggi in un forum di un corso universitario, con indicatori di contenuto e di relazione, per analizzare la validità formativa di questi spazi di discussione. I contributi permettono un confronto articolato delle diverse dimensioni coinvolte quando la tecnologia funge da mediatore dell’apprendimento. Dal simposio potranno scaturire elementi di riflessione importanti, a partire dai problemi di ricerca studiati, per definire nuove prospettive di intervento utili a progettare attività che possano rendere le tecnologie sempre più efficaci nel sostenere e sviluppare comunità di apprendimento.

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Serious game e Healthcare management di giovani malati di diabete: uno studio esplorativo su Empowerment e autoregolazione appresa dei comportamenti di cura

Ligorio Maria Beatrice1, D’Aprile Gianvito2, Ulloa Severino Antonio2

1Dipartimento di Scienze della Formazione, Psicologia, Comunicazione, Università degli Studi di Bari Aldo Moro

2Grifo Multimedia s.r.l.

INTRODUZIONE I Serious Game (SG) sono ambienti educativi capaci di stimolare processi di apprendimento autoregolato, situato e sociale. Sebbene in letteratura si sostiene che i SG giochino un ruolo importante sui processi di apprendimento di persone affette da malattie croniche, la relazione tra SG e le dimensioni psicosociali dell’apprendimento in giovani malati di diabete non è sufficientemente indagata. Obiettivo di questo contributo è esplorare tale relazione, considerando anche i trend d’uso (cosa, dove e finalità) delle tecnologie dei giovani diabetici. Ciò può fornire utili informazioni per progettare SG per malati di diabete. METODO 85 giovani diabetici pugliesi sono stati coinvolti nel progetto “Serious game per l’empowerment di giovani malati di diabete”, finanziato da Regione Puglia e gestito da Grifo multimedia. I partecipanti hanno sostenuto una sessione di training relativa all’uso del serious game digitale per giovani diabetici, Tako Dojo. Esso aveva una struttura modulare con aree specifiche di: a) game per apprendere in modo ludico come gestire il diabete; b) contenuti didattici multimediali sul diabete; c) diario glicemico online per potenziare l’autogestione della terapia insulinica. Poi, è stato somministrato loro un questionario con scala Likert a 5 punti, composto da: a) SG Attitude (SGA) scale; b) Diabetes Empowerment (DE) scale; c) Adherence in Diabetes (AD) questionnaire. Esso rileva anche d) tipo, luoghi e finalità d’uso delle ICT; e) variabili socio-demografiche. I dati sono stati elaborati con analisi fattoriale e correlazionale. RISULTATI L’analisi fattoriale conferma la strutturale fattoriale delle scale (χ2(16)SGA = 31.51, p < .01; χ2(21)DE = 52.84, p <.01; χ2(20)AD = 124.73, p < .01). Vi è inoltre una correlazione significativa di SGA con: smartphone (tipo ICT, r=.30, p<.01), luoghi (r = .31, p < .01) e finalità d’uso delle ICT (r = .34, p < .01). Inoltre, la correlazione è significativa con DE (r = .24, p < .01), ma non con AD. CONCLUSIONI La ricerca, da un punto di vista teorico, induce a ripensare ai SG come artefatti che mediano i processi psicosociali autoregolativi (empowerment) connessi al diabete e non i comportamenti terapeutici. Da un punto di vista applicativo, stimola la progettazione interdisciplinare di SG per diabetici, tenendo conto di tipi e abitudini d’uso delle ICT e dei processi autoregolativi appresi dal target specifico.

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La componente emotivo-motivazionale degli studenti in una Knowledge Building Community di storia

Rocco Elisabetta1, Cingolani I. Lisa2

1Istituto Comprensivo Statale “G. Cingolani”, Montecassiano 2Dipartimento di Scienze della Formazione, dei Beni Culturali e del Turismo, Università di

Macerata INTRODUZIONE Il modello della Knowledge Building Community (Scardamalia & Bereiter, 2006) valorizza la collaborazione tra studenti nell’attività di costruzione di conoscenza mediata da lettura e scrittura nell’ambiente on line Knowledge Forum. Rispetto a questo tipo di attività è ancora poco indagata la componente emotivo-motivazionale degli studenti; il presente contributo intende rilevare le relazioni tra tale componente e la lettura e la scrittura on line. METODO 25 studenti del 2°anno di secondaria inferiore hanno discusso on line per riflettere sui temi storici studiati e hanno compilato due scale della batteria AMOS 8-15 (Cornoldi, De Beni, Zamperlin & Meneghetti, 2005), sull’orientamento motivazionale e l’approccio allo studio. Di ciascuno studente sono state calcolate le note scritte e lette nei moduli on line, poi sono state rilevate le correlazioni tra tali dati e la componente emotivo-motivazionale.

RISULTATI Tra orientamento motivazionale e lettura emerge una correlazione (Rho =.47, p <.05) nel secondo modulo di attività. Tra orientamento motivazionale e scrittura si evidenzia una correlazione (Rho=.51, p<.01) nel terzo modulo. La scala della gestione dell’ansia nell’approccio allo studio correla negativamente sia con la lettura (Rho = -.58, p < .01 nel secondo modulo e Rho = -.62, p < .01 nel terzo modulo) sia con la scrittura (Rho = .-58, p < .01 nel secondo modulo e Rho = -.47, p < .01 nel terzo modulo). CONCLUSIONE Gli studenti orientati alla padronanza, di fronte al compito di discussione on line, accrescono la loro competenza inizialmente mediante attività di lettura (2° modulo), poi mediante attività di scrittura (3° modulo). Gli studenti che evidenziano una componente maggiore d’ansia sono più attivi nel compito di costruzione di conoscenza: ciò a conferma del fatto che un livello ben gestito di ansia scolastica, si rivela un meccanismo psico-fisiologico positivo di attivazione, anziché di ostacolo, di fronte a compiti che richiedono maggiore impegno e concentrazione.

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Scala del senso di comunità in corsi universitari On Line: struttura fattoriale

Perrucci Vittore1, Balboni Giulia2, Cacciamani Stefano1

1Dipartimento di Scienze Umane e Sociali, Università della Valle d’Aosta 2Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area critica, Università di Pisa

INTRODUZIONE Il senso di comunità (SC) influisce sulla qualità dell'apprendimento e sulla soddisfazione degli studenti di corsi online. Tuttavia, non sono disponibili strumenti che consentano di misurare in tali corsi le quattro dimensioni del principale modello di riferimento del SC (McMillan & Chavis, 1986): Appartenenza, Influenza reciproca membro-comunità, Integrazione e appagamento dei bisogni, e Condivisione emotiva. A tale scopo, è stata sviluppata la Scala del Senso di Comunità in Corsi online (SSCC) (Perrucci et al., 2012). Obiettivo del presente studio è stato verificarne la struttura fattoriale. METODO 552 studenti (86% femmine) di corsi online di diverse università italiane hanno completato il SSCC. Il questionario, composto da 60 item valutati su una scala Likert a quattro livelli, consente di misurare ciascuna delle dimensioni del modello di McMillan e Chavis (1986). RISULTATI Sono state realizzate varie analisi fattoriali esplorative con metodo di estrazione fattori principali e rotazione obliqua (i presupposti statistici erano soddisfatti). Basandosi sulla interpretabilità della soluzione e sullo screen test sono stati estratti tre fattori. Per ciascuno, sono stati selezionati gli item con peso fattoriale superiore a .30; in questo modo sono stati conservati 43 dei 60 item iniziali. I tre fattori sono stati denominati Appartenenza (20 item), Soddisfacimento dei bisogni e raggiungimento degli obiettivi (14 item) e Influenza reciproca membro-comunità (9 item). La varianza totale spiegata era pari al 35.28% e l’inter-correlazione tra fattori variava tra .43 e .49. CONCLUSIONI La validità della struttura a tre fattori emersa sarà indagata con analisi fattoriali confermative in un altro campione di 233 studenti universitari (74% femmine). La struttura fattoriale individuata potrà consentire nei corsi online la programmazione di interventi mirati a ciascuna delle tre componenti del SC.

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Tutor sociale e partecipazione a corsi universitari On Line: effetti sul senso di comunità

Cesareni Donatella1, Cacciamani Stefano2, Perrucci Vittore2, Balboni Giulia3, Micale Federica1

1Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione, Sapienza Università di Roma

2Dipartimento di Scienze Umane e Sociali, Università della Valle d’Aosta 3Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area critica, Università di Pisa

INTRODUZIONE Il Senso di Comunità (SC) è un fattore rilevante per la riuscita di un corso on line ed è in relazione con lo scambio di informazioni, la collaborazione, la possibilità di ottenere supporto, l’impegno verso obiettivi e la soddisfazione rispetto ad attività comuni (Rovai, 2002). Nel presente lavoro, sono stati indagati gli effetti della presenza del tutor sociale e del livello partecipazione alle attività di un corso universitario blended sullo sviluppo del SC degli studenti. METODO Hanno partecipato 55 studenti (19-24 anni di età, 69% femmine) frequentanti l’insegnamento blended di Pedagogia, Corso di Laurea in Scienze Psicologiche, Università Sapienza. I partecipanti sono stati assegnati a due gruppi distinti in base alla presenza o meno di uno studente tutor sociale (29 vs. 26 studenti). In base al numero di interventi fatti nel Forum (e nello specifico al 33° e 66° percentile degli interventi), i partecipanti sono stati distinti nei tre livelli di partecipazione basso, medio e alto (18 vs. 18 vs.19). Per ogni partecipante, è stato misurato il SC percepito a inizio e fine corso con la scala Senso di Comunità dei Corsi universitari online (SSCC: Perrucci et al., 2012). È stata condotta un'ANOVA a misure ripetute considerando come variabili indipendenti Tutor (presente vs. assente), Partecipazione (alta, media, bassa) e Fase corso (inizio vs. fine) e come variabile dipendente SC. RISULTATI L’ANOVA ha rilevato un effetto principale (p <.01) di Tutor (F(1,49) = 8.41), Partecipazione (F(1,49) = 4.37) e Fase corso (F(1,49) = 26.82), nonché un effetto di interazione (p <.05) Tutor x Fase corso (F(1,49) = 5.53). Il SC risulta più alto a fine corso nel gruppo con Tutor sociale e in coloro con alto livello di partecipazione. CONCLUSIONI La presenza del tutor sociale e il livello di partecipazione possono aver favorito lo sviluppo di un clima positivo e di un maggior livello di interazione tra i partecipanti, con conseguente incremento del SC tra gli studenti.

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Un modello di analisi per la comunicazione all’interno di corsi On line

Pezzotti Antonella1

1Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione “Riccardo Massa”, Università degli Studi di Milano-Bicocca

INTRODUZIONE La ricerca è nata dall’esigenza di valutare la qualità della comunicazione all’interno dei forum del corso online di Didattica della biologia rivolto agli studenti del Corso di Laurea in Scienze della Formazione primaria. Il lavoro è consistito nel mettere a punto un modello di analisi dei messaggi per testarne l’efficacia su alcuni forum e ottenere una prima restituzione della validità formativa di questi spazi di discussione. METODO La costruzione del modello si è basata sullo studio della letteratura riguardante da un lato le ricerche sull’analisi delle discussioni in classe, dall’altro i contributi che si occupano di valutare la comunicazione mediata da computer, con particolare riferimento a quelli che utilizzano la content analysis. Il modello contiene sia indicatori di legame, che riguardano gli aspetti relazionali, sia indicatori di contenuto, riferiti agli aspetti legati alla costruzione di conoscenza. Dopo essere stato testato su un forum campione, il modello è stato applicato alla codifica (su fogli di lavoro Excel) di circa 700 messaggi di 8 forum, relativi a 4 tematiche e moderati da 2 diversi tutor. La codifica è stata effettuata dall’autrice che si è continuamente confrontata con due docenti e un esperto di formazione online (osservatore esterno del corso). Oltre ad un’analisi numerica (calcolo delle frequenze), è stata effettuata un’analisi interpretativa, qualitativa, mirata a ricercare le relazioni, le ricorrenze, ecc. RISULTATI In seguito alla codifica e alla successiva analisi dei messaggi è stato necessario apportare alcune modifiche al modello al fine di renderlo uno strumento più completo e adeguato a descrivere i processi comunicativi all’interno dei forum tematici. Per esempio, è stato introdotto un indicatore relativo all’utilizzo dell’intervento a specchio da parte del tutor. L’applicazione del modello ha consentito inoltre di ottenere informazioni sulla competenza degli studenti nella comunicazione (che complessivamente si è dimostrata buona) e sui punti di forza (es. capacità di proporre nuove riflessioni e rilanciare la discussione verso nuovi approfondimenti) e di debolezza (es. modalità di correzione degli errori) della tutorship. CONCLUSIONI Si ritiene che il modello, potenzialmente applicabile ad altri corsi, analizzi correttamente la comunicazione nei forum e che la sua validità si manifesti appieno qualora esso venga utilizzato per fare una valutazione in itinere, oltre che ex post.

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Poster

Fattori di rischio e protezione in adolescenti e in giovani adulti

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Valori personali e comportamenti antisociali in adolescenza: il ruolo di moderazione del parental monitoring

Aquilar Serena¹, Miranda Maria Concetta¹ ¹Dipartimento di Psicologia, Seconda Università degli Studi di Napoli

INTRODUZIONE Alcuni studiosi si sono interessati all'impatto dei valori sulle condotte antisociali (Knafo et al., 2008). Altri hanno indagato il ruolo che il parental monitoring svolge in relazione alle problematiche esternalizzanti (Stattin & Kerr, 2010). In un’ottica sistemica, che considera l’adattamento dell’adolescente come la risultante dell’interazione tra caratteristiche individuali e familiari, l’obiettivo del presente studio consiste nell’analizzare simultaneamente il ruolo che valori e parental monitoring svolgono in relazione ai comportamenti antisociali. Sulla base della letteratura, si ipotizza che specifiche dimensioni del parental monitoring agiscano da fattori di moderazione, amplificando o riducendo l’impatto dei valori sui comportamenti antisociali.

METODO La ricerca ha coinvolto 460 adolescenti (250 maschi; Metà=17.67, DS=1.14). Sono stati rilevati: le 4 macro-categorie valoriali (auto-trascendenza, auto-affermazione, conservatorismo, apertura al cambiamento; PVQ; Schwartz et al., 2001), il parental monitoring (3 sottodimensioni: apertura filiale, sollecitazione genitoriale, controllo genitoriale; Stattin & Kerr, 2000) ed il comportamento antisociale (Bacchini et al., 2005).

RISULTATI Per testare l'effetto di moderazione del parental monitoring sulla relazione tra valori e comportamenti antisociali è stata utilizzata una analisi di regressione gerarchica, seguendo la procedura indicata da Baron e Kenny (1986). Dai risultati è emerso che l’auto-trascendenza (β=-.15, p<.01), l’auto-affermazione (β=.10, p<.05), il conservatorismo (β=-.18, p<.01), l’apertura al cambiamento (β=.12, p<.01) e l’apertura filiale (β=-.33, p<.001) contribuiscono significativamente al comportamento antisociale; inoltre, emerge una interazione significativa tra auto-trascendenza e sollecitazione genitoriale (β=.12, p<.01). Il modello spiega il 40% di varianza.

CONCLUSIONI I risultati mostrano che i valori e l’apertura filiale contribuiscono al comportamento antisociale e che la sollecitazione parentale agisce da fattore di moderazione nella relazione tra valori e comportamenti antisociali, in quanto l’effetto dei valori di auto-trascendenza sulla riduzione dei comportamenti antisociali sembra essere più elevato quando i genitori sono poco sollecitanti nei confronti del figlio.

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Il contributo del temperamento e dello stile di attaccamento nello sviluppo del sensation seeking dalla prima alla media adolescenza. Uno studio longitudinale

Madonia Carmela¹, Gervasi Alessia¹, Pace Ugo¹ ¹Facoltà di Scienze dell’Uomo e della Società, Università Kore, Enna

INTRODUZIONE In letteratura, il sensation seeking, l’esigenza cioè di vivere sensazioni anche potenzialmente pericolose, viene definito come un indice predittivo di comportamenti violenti, abuso di sostanze illegali e comportamenti sessuali a rischio. Secondo Zuckerman, la necessità di sperimentare sensazioni nuove e complesse e la disponibilità ad assumere rischi fisici e sociali che si suppone abbiano valenza gratificante, è legata esclusivamente a tratti temperamentali. Obiettivo del presente studio è verificare se lo stile di attaccamento, anche in interazione con il temperamento, può essere annoverato fra le variabili psicologiche che giocano un ruolo sullo sviluppo della tendenza a ricercare sensazioni estreme.

METODO Ad un gruppo di 282 adolescenti [T1 (M=15,3) e T2 (M=17,1)] sono stati somministrati l’Adolescent Temperament Questionnaire (Rothbart, 2006); il Relationship Questionnaire (Bartholomew and Horowitz, 1991) e la Zuckerman Sensation Seeking Scale-Form V (SSS-V).

RISULTATI I risultati mostrano che l’affettività negativa a T1 predice l’attaccamento pauroso (β=.19, p<.001) e distanziante (β=.20, p<.001) a T2; inoltre, l’affettività negativa a T1 è predittiva della ricerca eccessiva di sensazioni a T2 (β=.22, p<.001) e l’attaccamento distanziante a T1 predice la ricerca di sensazioni a T2 (β=.21, p<.001). I risultati inoltre evidenziano una interazione fra dimensioni del temperamento e dell’attaccamento nella predizione della ricerca di sensazioni forti in adolescenza.

CONCLUSIONI I risultati evidenziano come attaccamento distanziante e affettività negativa possono essere considerati fattori predittivi della ricerca di stimoli, che a sua volta è predittiva di comportamenti disadattivi. I risultati delle analisi di mediazione evidenziano come un attaccamento distanziante giochi un ruolo determinante nell’amplificare il potere predittivo dell’affettività negativa a T1 sulla ricerca di sensazioni forti a T2.

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Uso problematico di Internet in preadolescenza e adolescenza: traiettorie maladattive e profili di rischio

Milani Luca¹, Di Blasio Paola¹, Rosano Ludovica², Manfroi Martina² ¹Dipartimento e Facoltà di Psicologia, Università Cattolica di Milano

²Università Cattolica di Milano INTRODUZIONE La letteratura ha evidenziato la correlazione tra uso problematico di Internet (PIU) e problemi di adattamento in età evolutiva, soprattutto in termini di competenze sociali e sintomi di internalizzazione (Durkee et al., 2012; Sim et al., 2012). Il presente studio ha l’obiettivo di approfondire la connessione tra PIU e traiettorie maladattive in un campione di preadolescenti e adolescenti italiani. METODO A 308 preadolescenti e adolescenti (53.8 % F, 46.8 % M) di età media pari a 14.87 anni (range 11-18) sono state somministrate le seguenti scale: Internet Addiction test (IAT; Young, 1998); Test delle Relazioni Interpersonali (TRI; Bracken, 1993); Children’s Coping Strategies Checklist (CCSC; Ayers & Sandler, 1999); Child Behavior Checklist (CBCL; Achenbach, 1991).

RISULTATI I partecipanti sono stati divisi in utilizzatori problematici di Internet (17.2%; N=53) e non (82.8%; N=255) sulla base del punteggio nel test IAT. Gli utilizzatori problematici passano più ore alla settimana su Internet (22.69 vs. 11.07; t=-6.31; p<.001), hanno peggiori strategie di coping (CCSC distrazione: 2.29 vs. 2.07; t=-2.23; p<.05; CCSC evitamento: 2.33 vs. 2.09; t=-3.61; p<.01), peggiori relazioni interpersonali (TRI: 467.33 vs. 467.54; t=2.01; p<.05), e più problemi di internalizzazione (CBCL: 8.64 vs. 6.80; t=-2.02; p<.05). Inserendo il punteggio del test IAT come variabile indipendente in una regressione stepwise, emerge un modello (F=26.82; R2=0.30; p<.001) nel quale i predittori significativi della dipendenza da Internet risultano le ore di navigazione (β=.365; p<.001), il coping di distrazione (β=.127; p<.05) e la qualità delle relazioni interpersonali (β= -.103; p<.05).

CONCLUSIONI I risultati confermano che l’uso problematico di Internet è associato con problemi di adattamento in preadolescenza e in adolescenza, soprattutto in termini di strategie di coping, qualità delle relazioni sociali e problemi di internalizzazione.

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L’importanza della famiglia: il ruolo di moderazione della comunicazione nello sviluppo dell’autolesionismo in adolescenza

Latina Delia¹, Sacconi Beatrice², Zucchetti Giulia², Roggero Antonella² ¹Dipartimento di Psicologia Università degli Studi di Torino, Center for Developmental Research

(CDR), School of Law, Psychology, & Social Work, Örebro University, Örebro ²Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Torino

INTRODUZIONE In linea con l’Experiential Avoidance Model (Chapman et al., 2006), l’autolesionismo è una strategia per far fronte ad esperienze negative originatesi in differenti contesti di vita, quali il contesto familiare. A tal proposito, diversi studi hanno dimostrato che giovani esposti ad un ambiente familiare ostile appaiono a rischio nello sviluppo di autolesionismo (Hilt et al., 2008; Yates et al., 2008). Ad oggi, esiste ancora una scarsità di ricerche che analizzi le condizioni nelle quali delle condotte familiari negative non inducano gli adolescenti ad attuare autolesionismo. L’obiettivo di questo studio risulta quello di investigare il ruolo di moderazione di una positiva comunicazione con i genitori, insieme e separatamente, nella relazione tra la tendenza genitoriale ad indurre sensi di colpa nell’adolescente, e la messa in atto di condotte autolesive.

METODO Attraverso la somministrazione di questionari self-report, sono stati raccolti dati provenienti da 156 adolescenti (58 ragazzi; 90 ragazze) di età compresa tra i 14 e i 19 anni (Mage=16.75; DS=1.76). Allo scopo di testare il ruolo di moderazione della comunicazione con i genitori sono stati utilizzati Modelli di Equazione Strutturali. RISULTATI I risultati mostrano il ruolo di una positiva comunicazione con i genitori come moderatore nella relazione tra sentimenti di colpa indotti dai genitori e autolesionismo. Nello specifico, la comunicazione con la madre sembra essere particolarmente efficace nel ridurre la possibilità di mettere in atto condotte autolesive in quegli adolescenti esposti a sentimenti di colpa indotti dal padre. CONCLUSIONI Questi risultati dimostrano l’importanza di concentrarsi sui fattori di protezione presenti all’interno del contesto familiare nella riduzione del rischio di attuare condotte autolesive in adolescenza, e nella riduzione dell’effetto negativo di alcune condotte genitoriali sfavorevoli sullo sviluppo di condotte autolesive.

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L’utilizzazione dello school burnout inventory (SBI) in un gruppo di studenti Italiani

De Stasio Simona¹, Fiorilli Caterina², Di Chiacchio Carlo³, Albanese Ottavia4,

¹Dipartimento di Scienze Motorie, Umane e della Salute, Università di Roma, “Foro Italico” ²Dipartimento di Scienze Umane e Sociali,

³LUMSA Invalsi, Roma 4Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione “Riccardo Massa”, Università Milano Bicocca

INTRODUZIONE Il disadattamento scolastico a scuola si associa, durante la preadolescenza e l'adolescenza, ad un rischio maggiore di sviluppo di problemi internalizzanti ed esternalizzanti, così come ad una impermeabilità ai contenuti e alle regole della vita scolastica (Eccles, 2004; Regoliosi, 1999; Sempio, Confalonieri e Scaratti, 1999). Recentemente è stato introdotto il concetto di school burnout per descrivere una delle possibili forme che può assumere questo disagio (Salmela-Aro, 2009). Il burnout dello studente si compone di tre dimensioni: l'esaurimento, il cinismo e la perdita di efficacia. Il presente studio rappresenta un primo contributo alla validazione italiana del SBI. In particolare, ci si propone di esaminare la struttura fattoriale del SBI in un gruppo di studenti italiani e la sua validità di criterio ed infine verificare eventuali differenze di genere nei punteggi di school burnout. METODO Hanno partecipato alla ricerca 274 studenti (132 M, età media M=14.62) frequentanti scuole superiori di primo e di secondo grado di Roma. Ai partecipanti sono stati somministrati: lo School Burnout Inventory (SBI) (Salmela-Aro et al., 2009); l’Utrecht Work Engagement Scale for Students (UWES-S 17) (Schaufeli et al., 2006) ed il Children Depression Inventory (CDI) (Kovacs, 1982; Camuffo et al., 1988). RISULTATI Le Analisi delle Componenti Principali hanno portato all'estrazione di due componenti: cinismo-inadeguatezza e esaurimento. Gli indici statistici emersi in questa sede spingono a considerare sufficientemente buona la struttura a due fattori, benché si ritenga necessaria un'ulteriore verifica su un campione più ampio di partecipanti. Gli esiti riguardanti la validità concorrente hanno confermato quanto ci si attendeva evidenziando un nesso di correlazione negativa tra burnout scolastico e l'engagement. Non emergono infine differenze statisticamente significative nei punteggi al SBI rispetto al genere.

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Cuestionario de experiencias relacionadas con internet: traduzione e validazione Italiana

Bartolo Maria Giuseppina¹, Palermiti Anna Lisa¹, Servidio Rocco1 ¹Dipartimento di Lingue e Scienze dell’Educazione, Università della Calabria

INTRODUZIONE La mancanza di una definizione univoca di ciò che si intende per dipendenza da Internet ha portato, nel corso degli anni, all’elaborazione e alla validazione di strumenti di valutazione del rischio. Molti degli strumenti attualmente in uso, inoltre, sono utilizzati indifferentemente per diverse fasce di età. Obiettivo del lavoro è la traduzione e la validazione del Cuestionario de Experiencias Relacionadas con Internet (CERI) per soggetti adolescenti. METODO Il campione della ricerca è costituito da 438 adolescenti di età compresa tra 14 e 19 anni che vivono nella città di Cosenza e provincia. Ai partecipanti sono stati somministrati il questionario CERI e la scala SES (Self-Esteem Scale di Rosenberg). Sono state, inoltre, raccolte informazioni sul profilo dei soggetti. RISULTATI Dalle prime analisi dei dati si rileva che il 20.7% dei soggetti utilizza Internet per più di cinque ore al giorno; il 29% degli intervistati ritiene che Internet li aiuti ad evadere dai problemi; il 26.3% afferma che la vita senza Internet sia abbastanza noiosa, cupa e triste; il 22.7% dichiara che quando naviga in rete il tempo trascorre senza rendersene conto; il 31.2% ritiene più facile relazionarsi con le persone attraverso Internet. Per quanto riguarda invece i dati relativi alla scala di Rosenberg, il 71.3% dei soggetti riporta valori che indicano un livello medio di autostima, il 27.6% valori che indicano un alto livello di autostima mentre l’1.1% riporta punteggi che indicano un basso livello di autostima. CONCLUSIONI Dai risultati si evince che i soggetti intervistati utilizzano Internet come luogo di evasione dai problemi della quotidianità. La rete diviene lo spazio all’interno del quale è più semplice intessere relazioni sociali ma, contemporaneamente, è possibile perdere il controllo del tempo. I risultati relativi alla scala di Rosenberg sembrano rimandarci un profilo di adolescente con livelli di autostima nella media.

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L’influenza della tecnologia sui ritmi circadiani in adolescenza

Fontanesi Lilybeth¹, Sette Stefania¹, Baumgartner Emma¹ ¹Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione, Sapienza Università di

Roma    

INTRODUZIONE Le tipologie circadiane mattutina e serotina differiscono nelle abitudini sonno-veglia, nelle variabili psicofisiologiche e comportamentali e nel rendimento scolastico. I mattutini tendono a svegliarsi presto la mattina e ad addormentarsi presto, mentre i serotini hanno difficoltà a svegliarsi e preferiscono rimanere svegli fino a tarda notte (Mongrain et al.,2006). Pre-adolescenti e adolescenti tendono ad aderire alla tipologia serotina, con conseguenze sulla qualità della vita, sul rendimento scolastico e sul benessere generale (Russo et al.,2009). L’obiettivo dello studio è comprendere l’impatto dell’uso della tecnologia e della qualità del sonno sulle tipologie circadiane in un gruppo di pre-adolescenti e adolescenti. METODO Le abitudini di 850 pre-adolescenti e adolescenti (11-16 anni, M=13.36 DS=1.72) sono state analizzate attraverso questionari self-report sulla qualità del sonno, scale riguardanti le abitudini sonno/veglia (SWPBS, Russo et al.,2009; MEQ, Giannotti et al., 2002) e l’uso della tecnologia (MPIQ,Walsh et al., 2010; SPQ, Baiocco et al., 2009). Sui dati raccolti sono state condotte correlazioni tra le variabili e una regressione multipla gerarchica. RISULTATI I risultati suggeriscono che l’uso della tecnologia è correlato a difficoltà a svegliarsi e addormentarsi e a sonnolenza diurna. Inoltre, l’uso della tecnologia e le abitudini di sonno hanno un impatto sulle preferenze circadiane (R² =.29, F(12,564)=19.104,p<.001). L’uso di internet (b=-.31, p<.05) e del cellulare dopo le 21 (b=-.25,p<.05) influiscono negativamente sugli adolescenti, facendoli virare verso una tipologia circadiana di tipo serotino. CONCLUSIONI L’uso della tecnologia espone pre-adolescenti e adolescenti ad una vulnerabilità generale, andando ad influire sulla qualità del sonno. I nostri risultati hanno un’importanza sia nel contesto clinico che educativo. Studi futuri dovrebbero includere misure fisiologiche e variabili socio-emotive.

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L’insoddisfazione corporea negli adolescenti: ruolo di fattori individuali e familiari in relazione al genere

Gugliandolo Maria Cristina¹, Costa Sebastiano¹, Larcan Rosalba¹ ¹Dipartimento di Scienze Umane e Sociali, Università degli studi di Messina

INTRODUZIONE Secondo recenti studi (Connel and Francis, 2013; Michael et al., 2013; Swami et al, 2010) l’insoddisfazione corporea è il frutto di interazioni a diversi livelli di analisi: individuale, familiare e socio-culturale. Questo studio vuole indagare il ruolo predittivo del controllo psicologico genitoriale, dell’alienazione nei confronti dei pari e dell’intelligenza emotiva di tratto (trait EI), sull’insoddisfazione corporea degli adolescenti, in relazione al genere. METODO 189 soggetti (M=92; F=97) tra i 14 ed i 17 anni hanno compilato il Body Uneasiness Test (Cuzzolaro et al., 2006), il Figure Rating Scale (Thompson & Altabe, 1991), il Dependency- and Achievement-oriented Psychological Control Scales (Soenens et al., 2010), l’Inventory of Parent and Peer Attachment (Armsden & Greenberg, 1987) e il Trait Emotional Intelligence Questionnaire (TEIQue-AF; Petrides, 2009). RISULTATI Regressioni lineari stepwise sono state condotte separatamente per maschi e femmine. Nelle femmine il modello spiega il 45% della varianza dell’insoddisfazione corporea (F(2,96)=39.831; p<.001; R=.677), con la discrepanza (β=.505; p<.001) e la trait EI (β=-.331; p<.001) come predittori più significativi. La trait EI media spiega totalmente la relazione tra controllo psicologico materno e paterno e insoddisfazione corporea (z=3.32, p<.001). Nei maschi il modello spiega il 25% della varianza (F(2,91)=16.759, p<.001, R=.523) e i predittori sono l’alienazione verso i pari (β=.416, p<.001) e il controllo psicologico materno (β=.200, p=.042). CONCLUSIONI L’insoddisfazione corporea di maschi e femmine ha caratteristiche diverse: nelle femmine è centrale il ruolo della trait EI, mentre nei maschi il controllo psicologico materno e l’alienazione nei confronti dei pari hanno il peso maggiore. Importanti sono i risvolti applicativi soprattutto nella prevenzione dei disturbi alimentari.

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Co-rumination e qualità delle relazioni amicali: uno studio longitudinale in adolescenza

Sacconi Beatrice¹, Marengo Davide¹, Canova Lucia¹, Giletta Matteo², Rabaglietti Emanuela¹ ¹Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Torino,

²The University of North Carolina at Chapel Hill

INTRODUZIONE La co-rumination intesa come eccessiva discussione tra amici dei problemi personali è un processo relazionale complesso, basata su due costrutti: self-disclosure (autodisvelamento o confidenza tra amici) e rumination (processo che trattiene il pensiero in continue rivisitazioni di problemi e preoccupazioni). Studi hanno evidenziato come la co-rumination, pur associandosi a una maggiore internalizzazione di sintomi di ansia e depressione, favorisca un incremento nella qualità dell’amicizia tra gli adolescenti (Rose, 2002). Pur caratterizzandosi come un costrutto multidimensionale, la qualità dell’amicizia è analizzata in questi studi per mezzo di misure globali. Alla luce di questa limitazione, obiettivo del presente lavoro è studiare la relazione in adolescenza tra co-rumination e le diverse dimensioni della qualità dell’amicizia. METODO Ad un campione di 704 adolescenti (49.3% femmine; età media=15.5, DS=1) a inizio (T1) e fine anno scolastico (T2) sono stati somministrati i seguenti strumenti: una versione ridotta della Co-rumination Scale (Rose, 2002), 6 sottoscale (4 dimensioni positive e 2 negative dell’amicizia) tratte dalla Network of Relationship Inventory (Furman, 1996), la nomina dei pari. Le analisi sono state condotte su un sottocampione di 318 adolescenti per cui la prima nomina è risultata stabile tra T1 e T2. RISULTATI I risultati hanno evidenziato un effetto positivo della co-rumination a T1 su tre delle quattro dimensioni positive (supporto, soddisfazione e companionship) della qualità dell’amicizia a T2; non è emerso invece un effetto significativo sulle dimensioni negative (dominanza e conflitto). CONCLUSIONI Questi risultati ampliano la comprensione del fenomeno co-rumination e le sue implicazioni sulle relazioni amicali in adolescenza, aumentando la consapevolezza che la co-rumination non costituisca un rischio di per sé, ma agisca differentemente su varie dimensioni dell’amicizia.

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Controllo psicologico e comportamenti sessuali a rischio in adolescenza  

Cuzzocrea Francesca¹, Vinci Enrica¹, Barberis Nadia¹ ¹Dipartimento Scienze Umane e Sociali, Università di Messina

INTRODUZIONE Recenti studi sulla sessualità in età adolescenziale (Miller & Moore, 2012; Jacobson & Crockett, 2010; Stanton, 2011) hanno sottolineato la relazione esistente tra pratiche genitoriali e comportamenti a rischio negli adolescenti. Sembra interessante indagare l’influenza della percezione del controllo psicologico genitoriale come ridefinito da Barber et al., (2012). Obiettivo di tale lavoro è verificare se vi sia una relazione tra controllo psicologico percepito ed emissione di comportamenti sessuali a rischio negli adolescenti e le eventuali differenze di genere. METODO 246 soggetti (126 maschi,120 femmine) tra i 16 e i 18 anni. Strumenti Parental Control Scale (Barber, 1996) versione materna e paterna HIV Risk-taking Behaviour Scale (J. Ward, S. Darke, W. Hall, 1990) Sez. Comportamenti Sessuali. RISULTATI Dai risultati ottenuti, sono i maschi ad emettere un maggior numero di comportamenti sessuali a rischio rispetto alle coetanee [t(244)=4.06; p=.000]. Differenze di genere sono emerse anche nella percezione del controllo psicologico: le ragazze percepiscono più dei maschi il controllo esercitato sia dalla madre [t(244)=2.44; p=.026] che dal padre [t(244)=2.48; p=.017]. Ancora, solo le ragazze sembrano “subire” gli effetti del controllo psicologico esercitato dai genitori sui loro comportamenti sessuali disfunzionali infatti, all’aumentare del controllo psicologico percepito, sia materno (ρ=.227; p=.023) che paterno (ρ=.217; p=.017), aumenta la probabilità di mettere in atto pratiche sessuali non responsabili. CONCLUSIONI I risultati confermano l’importanza di indagare le pratiche genitoriali in relazione ai comportamenti a rischio negli adolescenti; si rimanda, in ricerche future, di approfondire altre dimensioni modalità genitoriali (monitoring o comunicazione genitore-figlio).

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Sexting e dating violence in giovani adulti

Morelli Mara¹, Baiocco Roberto², Pezzuti Lina¹, Chirumbolo Antonio² ¹Dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica, Sapienza Università di Roma

²Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione, Sapienza Università di Roma

INTRODUZIONE Le nuove tecnologie hanno rivoluzionato le modalità comunicative e relazionali dei giovani. Recentemente si è diffuso il fenomeno del Sexting ossia l’invio o la ricezione di messaggi, foto, video a sfondo sessuale o provocanti tramite smartphone, internet o social network. E’ importante studiare il Sexting per capire se si tratti di una nuova espressione del Sé e della sessualità o di un comportamento a rischio. Questo studio vuole indagare il ruolo del Sexting nelle relazioni di coppia di giovani adulti, in particolare le sue possibili associazioni con la Dating Violence (DV) ossia la violenza di coppia nelle sue diverse forme (fisica, sessuale, psicologica, relazionale, di minaccia e online). L’obiettivo è individuare le differenze di genere e di età associate al Sexting e indagare le correlazioni tra Sexting e vittimizzazione e perpetrazione nella DV. METODO Il campione di 501 giovani adulti (157 maschi e 344 femmine) dai 18 ai 30 anni (età media=24.22) è stato raccolto tramite una survey online in cui, oltre a rilevare le informazioni socio-demografiche, sono stati somministrati la Sexting Behaviors Scale e il Conflict in Adolescent Dating Relationship Inventory. Sono state condotte ANOVA, correlazioni e regressioni multiple. RISULTATI I principali risultati hanno evidenziato che i ragazzi hanno livelli significativamente più elevati di Sexting in invio e ricezione e postano pubblicamente sext in modo più frequente (p < .05). Le ragazze invece risultano essere maggiormente autrici di DV. Nessuna differenza di genere è emersa rispetto alla vittimizzazione. Vi sono anche correlazioni positive tra i diversi aspetti del Sexting e la DV (p < .01). La regressione multipla ha evidenziato che il miglior predittore di DV per i ragazzi è postare pubblicamente sext, mentre per le ragazze i migliori predittori sono invio e ricezione di sext. CONCLUSIONI Questo studio ha evidenziato come il Sexting abbia implicazioni importanti nella DV.

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Il rischio di dipendenza da internet negli adolescenti

Segura Garcia Cristina¹, Servidio Rocco², Palermiti Anna Lisa², Bartolo Maria Giuseppina², Costabile Angela²

¹Dipartimento di Scienze della Salute, Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro ²Dipartimento di Lingue e Scienze dell’Educazione, Università della Calabria

INTRODUZIONE Negli ultimi anni è diventato sempre più stretto il legame tra l’uso degli strumenti digitali, in particolare della rete Internet e il rischio di sviluppare forme di dipendenza. Ricerche sempre più sistematiche hanno messo in luce che il rischio della dipendenza è in molti casi associato a disturbi di umore, ansia, sonno, controllo degli impulsi e, più in generale, della personalità del soggetto. Obiettivo del presente lavoro è verificare se specifici tratti caratteriali e temperamentali del soggetto siano associati al disturbo della dipendenza da Internet. METODO Il campione della ricerca è costituito da 250 soggetti di età compresa tra 14-19 anni, (126 maschi e 124 femmine), residenti nella provincia di Catanzaro. Ai partecipanti sono stati somministrati due questionari:1- il Temperament and Character Inventory - Revised (TCI-R), per la valutazione delle dimensioni caratteriali; 2- l’Internet Addiction Test, per valutare il rischio connesso all’uso di Internet. È stato chiesto inoltre di compilare una scheda di profilo con le generalità e l’uso delle tecnologie. RISULTATI I risultati ottenuti hanno evidenziato un basso di rischio di dipendenza. Tra i soggetti dipendenti, la regressione lineare ha evidenziato che sei tratti del TCI-R sono predittori del rischio di dipendenza da Internet. Nello specifico, SD1 “Responsibility” (p < .05), RD4 “Dependence”, (p < .001) PS2 “Work hardened” (p < .05), CTOTAL Cooperativeness” (p < .05) sono negativamente correlati; viceversa ST1 “Self forgetful” (p < .05) e C5 “Pure-hearted conscience” (p < .05) sono correlati positivamente. CONCLUSIONI I risultati dimostrano che i soggetti usano in modo regolare Internet e una piccola percentuale è a rischio dipendenza. I tratti della personalità sicuramente influenzano il modo con cui il soggetto utilizza la tecnologia e possono essere interpretati come predittori di un possibile rischio di dipendenza da Internet.

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Riparare le ferite di attaccamento in adolescenza attraverso l’eye movement desensitization end reprocessing (EMDR)

Funaro Angelina¹, Alfano Stefania², Miniaci Rosa² ¹Dirigente Psicologa ASP, Cosenza, Dipartimento di Salute Mentale

²Associazione Centro Trauma Ippocampo INTRODUZIONE Le prime esperienze di vita del bambino sono considerate determinanti nell’influenzare e modulare lo stato affettivo e cognitivo, come affermano tra gli altri Bowlby (1969) e Shapiro (2000). Il bambino non eredita solo i geni dei genitori, ma eredita anche la loro storia. Obiettivo di questo lavoro è illustrare, attraverso un caso clinico, come l’utilizzo dell’approccio EMDR ha favorito una migliore regolazione delle emozioni ed ha inciso sulle difficoltà di svincolo del paziente. METODO Il metodo utilizzato è l’approccio EMDR di Francine Shapiro (1987), la quale sostiene che il sistema di elaborazione delle emozioni può essere compromesso quando si fa esperienza di ricordi particolarmente dolorosi e che l’EMDR può consentire di rielaborare efficacemente i ricordi angoscianti, memorizzati in modo non funzionale e di ricreare, a livello cerebrale, associazioni nuove e maggiormente adattive. RISULTATI Verificare se attraverso l’EMDR si riesce a riparare le ferite di attaccamento dell’adolescente, migliorando le dinamiche relazionali del sistema familiare. CONCLUSIONI Aspetti emotivi non risolti della personalità del genitore vengono trasmessi ai figli in modo inconsapevole, al di là di ogni mediazione educativa. La regolazione affettiva si apprende all’interno di un rapporto di sicurezza, quella fornita dall’adulto al bambino durante lo sviluppo. Alla luce di quanto detto, gli aspetti emotivi non risolti della personalità del genitore possono costituire dei fattori di rischio per la salute mentale dell’individuo.

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Relazioni tra identità etnica, atteggiamenti intergruppo e stress di acculturazione in adolescenza: l’effetto moderatore dell’età  

Musso Pasquale¹, Inguglia Cristiano¹, Liga Francesca², Lo Cricchio Maria Grazia¹ ¹Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche e della Formazione, Università degli Studi di

Palermo ²Dipartimento di Scienze Umane e Sociali, Università di Messina

INTRODUZIONE La ricerca ha mostrato che l’identità etnica è associata con gli atteggiamenti intergruppo e lo stress di acculturazione (Smith & Silva, 2011; Whitehead et al., 2009). Pochi studi, tuttavia, hanno esaminato tali relazioni in gruppi di migranti adolescenti. Inoltre, l’identità etnica è stata spesso considerata come un costrutto unidimensionale, piuttosto che multidimensionale comprensivo di componenti come l’esplorazione e l’impegno (Phinney & Ong, 2007). Da un punto di vista dello sviluppo dell’identità etnica, sia l’esplorazione sia l’impegno subiscono diversi cambiamenti nel passaggio tra l’infanzia, la preadolescenza e l’adolescenza (Cross, 1991; Phinney, 1989). Alla luce di queste considerazioni, il presente studio ha avuto due obiettivi: (a) testare un modello di relazioni, dirette e indirette, tra esplorazione, impegno, atteggiamenti intergruppo (ingroup e outgroup), stress e genere; (b) verificare l’effetto moderatore dell’età su tali relazioni, stimando il modello su dati raccolti in due differenti gruppi di età (preadolescenti vs. adolescenti). Nello specifico, il modello ipotizzava che: (a) esplorazione e impegno fossero associati e predicessero gli atteggiamenti intergruppo, (b) l’impegno e gli atteggiamenti intergruppo predicessero lo stress di acculturazione e (c) il genere predicesse l’esplorazione. METODO Hanno partecipato alla ricerca 256 preadolescenti di 11-13 anni e 248 adolescenti di 14-16 anni, tutti di origine tunisina e frequentanti differenti scuole siciliane. La fascia preadolescenziale ha coinciso con l’intero ciclo della scuola secondaria di primo grado del sistema scolastico italiano, la cui conclusione comporta, in termini di richieste sociali, il passaggio ad una fase più matura di sviluppo (quella dell’adolescenza vera e propria). La fascia adolescenziale ha incluso ragazzi fino all’età di 16 anni, dato che oltre questa età si può fare riferimento alla “tarda adolescenza”. Sono stati somministrati il MEIM-R (Phinney & Ong, 2007), un misura per la valutazione degli atteggiamenti intergruppo (Inguglia & Lo Coco, 2009) e il SAFE (Padilla, Wagatsuma, & Lindholm, 1985). I dati sono stati analizzati attraverso una path analysis multigruppo. RISULTATI I risultati hanno mostrato che: (a) l’esplorazione è positivamente associata con l’impegno sia nei preadolescenti che negli adolescenti; (b) l’associazione tra esplorazione e atteggiamento ingroup, tra impegno e atteggiamento outgroup come pure tra atteggiamento ingroup e stress di acculturazione è significativa e della stessa intensità in entrambi i gruppi di età; (c) l’età ha un effetto moderatore su alcune relazioni del modello: l’associazione tra esplorazione e impegno è più forte negli adolescenti che nei preadolescenti, l’impegno è associato con lo stress di acculturazione sono negli adolescenti e, infine, solo in adolescenza le ragazze più dei ragazzi sono maggiormente coinvolte in comportamenti di esplorazione. CONCLUSIONI I risultati suggeriscono l’importanza di considerare l’identità etnica come un costrutto multidimensionale, di analizzare simultaneamente le relazioni tra le dimensioni di studio e di valutare il ruolo moderatore dell’età.

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Giovani adulti e percezione della propria qualità di vita. Uno studio preliminare

 Pecoraro Nadia¹, Savarese Giulia¹, Cavallo Pierpaolo², Carpinelli Luna¹, Fasano Oreste¹,

Mollo Monica¹ ¹Centro di Counseling Psicologico di Ateneo “M. Cesaro”, Università di Salerno

²Dipartimento di Fisica, Università di Salerno INTRODUZIONE La “Qualità della Vita” (QdV) è un concetto complesso che include lo stato di salute psico-fisico in relazione al contesto culturale, sociale e lavorativo di ciascuno (OMS, 1996). La letteratura evidenzia vari fattori stressogeni, di studio, professionali, personali e ambientali (Bojuwoye, 2002) per i giovani adulti in ambiente scolastico: tali fattori riducono la QdV e potrebbero favorire o indicare l'esordio di quadri psicopatologici. Obiettivo del presente studio è stato valutare la correlazione tra indicatori di QdV e disturbi psicopatologici in studenti universitari. METODO A 50 soggetti (F = 46%; età media = 25 +/- 5.3) è stato somministrato un questionario anonimo costituito da: a) scheda socio-anagrafica su stile di vita e indicatori correlati (fumo, sport, alcol, sonno, forma fisica, integrazione nel sociale); b) questionario SCL-90-R (Derogatis, 2011), per la rilevazione di sintomi psicopatologici. RISULTATI Dall’analisi di correlazione è emerso che: a) chi pratica regolarmente sport dichiara di sentirsi in forma (p<.05) e di dormire bene (p<.05); b) chi soffre di disturbi del sonno dichiara di fare abuso di tabacco (p<.05) e/o di alcool (p<.05); c) chi dichiara di sentirsi in forma è più socialmente integrato (p<.05); d) i disturbi del sonno correlano con le scale cliniche di depressione, somatizzazione, ipersensibilità, psicoticismo (p<.001); e) l’abuso di alcool correla con la depressione e l’ostilità (p<.001); f) il non sentirsi in forma correla con l’ossessività-compulsività (p<.001); g) l’abuso di fumo correla con l’indice globale di sintomatologia clinica (p<.05). CONCLUSIONI I fattori che favoriscono lo sviluppo dei disturbi psicopatologici sono spesso agenti stressogeni, che influenzano negativamente la percezione della QdV. L’esordio è di frequente entro i 24 anni di età (Costello et al., 2003; Patel et al., 2007), e pertanto l’intervento, diagnostico e terapeutico, in età giovanile può risultare efficace sulla epidemiologia a lungo termine.

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Modello mediterraneo di transizione alla vita adulta e soddisfazione di vita: uno studio cross-culturale

Guzzo Giovanni¹, Lo Cascio Valentina² ¹Facoltà di Scienze Umane e Sociali, Università degli Studi di Enna “Kore”

²Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali e Statistiche, Università degli Studi di Palermo

INTRODUZIONE Studi sociologici e antropologici hanno individuato somiglianze tra i Paesi in relazione all’acquisizione dell’autonomia degli adolescenti rispetto alla famiglia d’origine; ciò ha portato all’identificazione del modello mediterraneo, nel quale gli adolescenti vivono sino alla tarda età con i genitori e contano su di loro come fonti di sostegno. Secondo diversi Autori, accanto a questa dipendenza economica si evidenzia anche una dipendenza psicologica (Dwairy & Achoui, 2010) che può condurre ad un’uniforme modello di sviluppo dell’identità, dell’autonomia e dei suoi correlati. Alla luce di quanto detto, lo scopo del presente studio è quello di esplorare il ruolo della cultura di appartenenza sulle traiettorie di sviluppo individuale negli adolescenti italiani e spagnoli. Nello specifico, s’ipotizza che non vi siano differenze significative tra i due gruppi rispetto alle variabili prese in considerazione. METODO Lo studio ha coinvolto 340 adolescenti italiani e spagnoli (M=145, F=195) di età compresa tra i 18 e i 23 anni. Sono stati somministrati 5 questionari: MSLSS (Huebner et al., 2012); EIPQ (Balistreri et al.,1995); EAS (Steinberg et al., 1986); RSES (Rosenberg, 1965); RQ (Bartholomew et al., 1991). RISULTATI È stata condotta un’analisi delle corrispondenze multiple (MCA) che ha permesso di mostrare le relazioni esistenti tra le variabili oggetto dello studio all’interno di un grafico complesso. Dai risultati è emerso che gli adolescenti italiani rispetto agli spagnoli percepiscono minore soddisfazione e senso di autostima e si trovano in uno stato dell’identità diffuso o in moratoria; riferiscono stili di attaccamento timoroso e distanziante, maggiore distacco traumatico e minore separazione dalla famiglia. CONCLUSIONI I risultati del presente studio non hanno confermato le ipotesi iniziali, mettendo in luce che i contesti culturali caratterizzanti i due Paesi potrebbero aver portato a due percorsi di transizione alla vita adulta molto distanti.

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Fattori di rischio e devianza minorile: un’indagine empirica  

Fabrizio Luana¹ ¹Dottoranda di Ricerca presso la Scuola Dottorale Internazionale di Studi Umanistici (SDISU),

Indirizzo: modelli di formazione. Analisi teorica e comparazione, Università della Calabria

INTRODUZIONE Tra i fattori di rischio della devianza minorile l'ambiente familiare occupa un posto rilevante. In letteratura, infatti, fattori come: carenze affettive, maltrattamento e abuso, numerosità della famiglia, sue disgregazioni, criminalità dei genitori e stili educativi incoerenti sono considerati potenzialmente idonei a facilitare e, quindi, a predire un futuro comportamento deviante (Merzagora Betsos, 2002). Devianza in adolescenza e multiproblematicità familiare costituiscono il focus del presente contributo che analizza la storia personale e socio-familiare di un gruppo formato da 90 minori autori di reato, presi in carico dall'USSM (Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni) di Catanzaro, negli anni che vanno dal 2009 al 2013. L'obiettivo principale è quello di indagare la relazione esistente tra la storia personale e penale del minore e le caratteristiche del nucleo familiare di appartenenza, per rilevare quali fattori risultano potenzialmente più idonei a facilitare la commissione di uno o più reati da parte dei minori che compongono il campione. METODO Sono state utilizzate 90 schede di rilevazione, costruite ad hoc, con domande a risposta chiusa per la raccolta diretta di informazioni, tratte dai fascicoli personali conservati presso l’USSM, su minori e famiglie e domande a risposta aperta rivolte agli operatori della Giustizia Minorile. Le variabili più significative sono state sottoposte ad analisi statistica. RISULTATI La maggior parte dei minori che compone il campione presenta una storia di vita familiare multiproblematica, segnata da situazioni di disagio socio-economico, conflittualità tra coniugi e/o tra genitori e figli, o ancora, dal coinvolgimento dei familiari nel circuito penale e da genitori tossicodipendenti, affetti da malattia mentale o etilismo. CONCLUSIONI L’indagine conferma che l’ambiente familiare può configurarsi come un fattore di rischio per lo sviluppo del comportamento deviante nei minori.

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Regolazione emotiva e qualità della relazione di coppia

Tani Franca¹, Pascuzzi Debora¹, Raffagnino Rosalba² ¹Dipartimento di Scienze della Salute, Università di Firenze

²Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia, Università di Firenze INTRODUZIONE Numerose indagini hanno verificato che la regolazione emotiva influenza positivamente il benessere relazionale. Ad oggi, tuttavia non è stato ancora approfondito il ruolo che essa svolge nell’influenzare la qualità delle relazioni di coppia. L’obiettivo di questo lavoro è indagare quest’aspetto, a partire dall’ipotesi che difficoltà nella gestione delle emozioni possano costituire significativi fattori di rischio in grado di influenzare negativamente la qualità della relazione di coppia. METODO Il campione è costituito da 100 soggetti (50 M, 50 F), di età compresa tra 25 e 75 anni (M = 50.96, DS = 13.42), tutti coinvolti in una relazione stabile di coppia. Per rilevare i dati abbiamo utilizzato l’Emotion Regulation Questionnaire (Gross & John, 2003; Balzarotti & Gatti, 2010), il Difficulties in Emotion Regulation Scale (Gratz & Roemer, 2004; Sighinolfi et al., 2010) e il Couple’s Affectivity Scale (Raffagnino & Penzo, 2013). RISULTATI L’analisi dei dati ha mostrato un’influenza significativa della disregolazione emotiva sulla qualità della relazione di coppia. In particolare, la Ridotta Autoconsapevolezza delle Emozioni influenza negativamente l’Intimità (adjusted R2 = .19, F(1,97) = 24.29, p< 0.001), mentre le dimensioni Mancanza di Fiducia e Ridotta Autoconsapevolezza influenzano positivamente la Paura dell’Intimità (adjusted R2 = .19, F(2,97) = 12.04, p< 0.001). CONCLUSIONI I dati evidenziano che la disregolazione emotiva si ripercuote negativamente sull’apertura al dialogo e l’intimità della coppia ed influenza positivamente le paure relative al coinvolgimento emotivo, configurandosi come significativo fattore di rischio nella vita di coppia.

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Poster

Competenze emotive nello sviluppo

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L’influenza dell’intelligenza emotiva sulla suggestionabilità interrogativa

 Maiorano Tiziana¹, Vagni Monia¹, Signoretti Sara¹, Mengucci Mauro¹, Lecce Silvia¹,

Zonno Maria Pia¹, Gangi Daria¹ ¹Centro Ricerca e Formazione in Psicologia Giuridica, Università di Urbino

INTRODUZIONE La suggestionabilità interrogativa è costituita da 2 fattori: la tendenza ad accettare le domande suggestive (Yield) e la suscettibilità alla critica negativa (Shift) (Gudjonsson, 2003). L’intelligenza emotiva secondo Bar-On (2000) è l’insieme delle abilità emozionali, personali e interpersonali che influenzano l’abilità complessiva delle persone di far fronte alle pressioni dell’ambiente. Si ipotizza che i soggetti meno emotivamente intelligenti e in particolar modo con minori competenze di gestione dello stress e adattabilità siano maggiormente suggestionabili. METODO Ad un campione di 513 soggetti dagli 11 ai 17 anni (274 maschi e 239 femmine) sono stati somministrati la GSS2 (Gudjonsson, 1998; 2003), per misurare la memoria immediata, la memoria differita e le componenti della suggestionabilità interrogativa (Yield= numero di domande suggestive accettate e Shift= numero di risposte modificate dopo la critica), e l' EQ-i:YV (Bar-On, 2000), questionario autosomministrato per la valutazione dell’intelligenza emotiva, costituito da 5 scale principali: Intrapersonale, Interpersonale, Adattabilità, Gestione dello Stress e Umore Generale. RISULTATI I punteggi della Gss2 sono stati correlati con le scale dell’EQ-i:YV attraverso l’analisi dell’indice di correlazione di Pearson. Il quoziente emotivo inferiore alla media, con particolare riferimento alla sottoscala dell’adattabilità, correla in modo negativo con lo shift (r=-0,186 p<0,05) e la suggestionabilità totale (r=-0,168 p<0,05). I punteggi della memoria immediata e differita correlano positivamente con il quoziente emotivo (r=0,96 p<0,05; r=0,150 p<0,01). La memoria differita correla con la sottoscala gestione dello stress (r=0,152) e l’adattabilità (r=0,203) p<0,01. CONCLUSIONI In situazioni in cui l’intelligenza emotiva è inferiore alla media, la presenza di difficoltà nell’adattarsi all’ambiente e di attivare strategie di coping flessibili, influiscono sui livelli di suggestionabilità aumentando la suscettibilità alla critica negativa.

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L’effetto priming nel riconoscimento delle espressioni emotive in età scolare

Conte Stefania¹, Brenna Viola¹, Ricciardelli Paola¹, Turati Chiara¹ ¹Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Milano-Bicocca

INTRODUZIONE Negli adulti l’identificazione della valenza emotiva di uno stimolo può essere influenzata dalla rappresentazione mentale indotta da stimoli che lo precedono (Fazio et al.,1986). Mentre un effetto di facilitazione è stato ampiamente dimostrato per emozioni positive, i risultati sono contrastanti nel caso di emozioni negative (Russell & Nobre, 2004; Spence et al., 2006). Lo scopo dello studio è indagare come in età scolare la valenza emotiva di uno stimolo possa influenzare le successive risposte del bambino. METODO 29 bambini (7 e 8 anni) sono stati testati in un compito di priming affettivo in cui erano presentate in successione delle fotografie di volti di adulto maschili e femminili che esprimevano felicità oppure rabbia. Il volto prime, presentato per 200 ms, era seguito da un volto target congruente o incongruente per espressione emotiva e genere. Ai bambini veniva chiesto di categorizzare l’emozione del secondo volto premendo il tasto di un joystick. I tempi di risposta (TR) sono stati analizzati attraverso un’ANOVA a misure ripetute con tre fattori entro soggetti (emozione prime, congruenza di emozione, congruenza di genere). RISULTATI I dati mostrano un decremento dei TR nella condizione di congruenza emotiva rispetto a quella di incongruenza (F (1, 27) = 18.294; p< .001) quando il prime esprime un’emozione felice (congruente: M = 1048; incongruente: M = 1136). Al contrario quando il prime esprime rabbia si osserva il pattern opposto ovvero un’inibizione della condizione congruente (congruente: M = 1143; incongruente: M = 1067). Nessun altro effetto o interazione sono risultati significativi (ps > .132). CONCLUSIONI In età scolare sembra emergere un effetto di facilitazione per la felicità e un effetto d’inibizione (priming invertito) per la rabbia. I risultati indicano che emozioni negative attivano meccanismi rappresentativi più complessi che a livello comportamentale si riflettono in un incremento del tempo necessario per fornire le risposte.

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La valutazione del temperamento nel primo anno di vita: un approccio multi-metodo

Zappulla Carla¹, Di Maggio Rosanna1 ¹Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche e della Formazione, Università di Palermo

INTRODUZIONE Da alcuni anni, all’uso dei questionari, la ricerca sul temperamento ha affiancato l’uso di strumenti di osservazione diretta. Tuttavia, la letteratura internazionale (Gagne et al., 2011; Stifter et al., 2008) mostra come i due metodi d’indagine raramente concordino. Obiettivo della ricerca è fornire un contributo italiano al dibattito sulla valutazione diretta e indiretta del temperamento, confrontando le rilevazioni dirette e quelle ottenute attraverso questionari redatti dai genitori. METODO Hanno partecipato 55 diadi madre-bambino (22 maschi; età media=9 mesi) residenti a Palermo e provincia. Per l’osservazione diretta del temperamento, è stata utilizzata la Laboratory Temperament Assessment Battery (Lab-TAB; Goldsmith & Rothbart,1999); per l’osservazione indiretta, è stato somministrato alle madri il Revised-Infant Behavior Questionnaire (IBQ-R; Garnstein & Rothbart,2003). Per le analisi dei dati, oltre le statistiche descrittive, sono state condotte delle correlazioni tra gli indicatori (espressioni facciali, vocalizzazioni, postura e azioni motorie) nell’ambito di ogni situazione-stimolo della Lab-Tab. Sulla base di tali correlazioni, sono state formate delle variabili composite riferite a ciascuna dimensione del temperamento e sono state effettuate delle correlazioni tra queste e i punteggi dell’IBQ-R. Infine, sono stati calcolati gli indici di discrepanza tra le due misure. RISULTATI Le correlazioni tra le variabili composite e i punteggi dell’IBQ-R non sono significative. Gli indici di discrepanza tra osservazione diretta e indiretta mostrano come il temperamento sia valutato diversamente in base al tipo di strumento usato. CONCLUSIONI I risultati, in linea con la letteratura, confermano una scarsa convergenza tra le misure dirette e indirette del temperamento e ribadiscono la necessità di adottare un approccio multi-metodo che consenta di analizzare le caratteristiche temperamentali da prospettive diverse.

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Poster Sviluppo morale

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Il ruolo dell’intenzione e del contesto comunicativo nella valutazione delle bugie: una ricerca con bambini e giovani adulti

Donsì Lucia¹, de Gruttola Maria Antonietta¹, Palumbo Francesco² ¹Dipartimento di Studi Umanistici, Sezione di Psicologia e Scienze dell'Educazione,

Università di Napoli “Federico II” ²Dipartimento di Scienze Politiche, Università di Napoli “Federico II”

INTRODUZIONE Il lavoro esplora la valutazione della bugia in bambini in età scolare e giovani adulti, con riferimento al Folkloristic model of lying di Sweetser (1987). Obiettivo specifico è chiedere a 3 gruppi di soggetti di età diversa di valutare affermazioni menzognere che variano per intenzione del parlante (aiutare o danneggiare l’interlocutore) e contesto comunicativo (informativo o di cortesia). L’ipotesi è che, al crescere dell’età, si rilevi una maggiore influenza dell’intenzione, una valutazione più positiva delle bugie di cortesia e motivazioni concettualmente più articolate alle risposte. METODO A 90 soggetti (M:48; F:42) di 6, 10 e 21 anni sono state presentate 4 brevi storie in cui le affermazioni menzognere del protagonista variavano in base all’intenzione e al contesto: era richiesto di valutare il grado di bontà o cattiveria delle bugie su un scala a 7 punti e di motivare la risposta. Lo studio è basato su un modello a misure ripetute e 2 fattori indipendenti: età (3 livelli) e genere (2 livelli). RISULTATI Le analisi preliminari non hanno rilevato effetti dovuti al Genere. L’ANOVA conferma che la valutazione morale dipende dall’Età, F(2, 83)=15.63, p<0.001: i più piccoli danno punteggi significativamente più severi alla bugia. Si rileva un’interazione significativa tra Età e Contesto, F(2, 83)=5.008, p=0.009 e tra Età ed Intenzione, F(2,83)=7.809, p=0.001. Solo gli adulti giudicano significativamente più positiva la bugia nel contesto di cortesia. Per l’intenzione, non ci sono differenze significative tra le età: la bugia per danneggiare è sempre più grave. Le motivazioni, assegnate a 7 categorie e sottoposte ad Analisi delle Corrispondenze Multiple, mostrano un contrasto tra i bambini di 6 anni e gli altri due gruppi. CONCLUSIONI I risultati evidenziano interessanti differenze con ricerche in contesto extraeuropeo (Xu et al., 2009), suggerendo l’importanza di studi cross-culturali sul tema.

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Identità e comportamento morale in un campione italiano di bambini nella tarda infanzia

Baldacci Alessio¹, Fazeli Fariz Hendi Sara¹, Presaghi Fabio¹, Nicolais Giampaolo¹ ¹Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione,

Sapienza Università di Roma

INTRODUZIONE La componente morale nello sviluppo è stata descritta a partire da diversi approcci teorici (Kohlberg, 1984; Bretherton, 1995; Kochanska, 2006). L’identità morale è definita come il meccanismo di auto-regolazione motivante l’azione morale (Blasi, 1984; Damon & Hart, 1992) che costituisce la base per l’identificazione sociale nella definizione del sé. L’obiettivo di questa ricerca è studiare la relazione tra i fattori dell'identità morale e i principali costrutti correlati allo sviluppo morale nella tarda infanzia. METODO Campione: 1622 bambini frequentanti la 3^, 4^ e la 5^ elementare in scuole italiane (età media 9 anni circa, DS = 8 mesi circa). Strumenti: Self-Importance of Moral Identity Scale (SIMI, Aquino & Reed, 2002); Moral Disengagement Scale (MDS, Bandura et al., 1996); Portrait Values Questionnaire-21 (PVQ-21, Schwartz, 2003); Prosocialiness (Caprara et al., 2005); Scala dei Comportamenti Pro e Antisociali (Fazeli Fariz Hendi, Baldacci, 2014). RISULTATI Dall'analisi fattoriale della SIMI emergono due fattori: Internalizzazione (I) e Simbolizzazione (S). Il primo correla negativamente con i comportamenti antisociali, i fattori del MDI e con i fattori di self-enhancement. Il secondo correla positivamente con il MDI. Infine I e S risultano avere effetti dissociati nella predizione dei comportamenti pro- e anti-sociali: S, ma non I, predice il comportamento pro-sociale; mentre i comportamenti anti-sociali sono predetti da I e non da S. CONCLUSIONI L’adattamento italiano della SIMI risulta un valido strumento per misurare l’identità morale nella tarda infanzia. In particolare, è stata verificata la capacità predittiva dei due fattori I e S circa i comportamenti dei bambini. A fronte della tradizionale assenza di strumenti per la descrizione del funzionamento morale nei bambini in questa fascia di età, la SIMI si propone come un utile strumento nelle ricerche relative a quest’area dello sviluppo infantile.

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Fondamenti morali e comportamenti aggressivi: il ruolo di moderazione dell’esposizione alla violenza  

De Angelis Grazia¹, Aquilar Serena¹, Bacchini Dario¹ ¹Dipartimento di Psicologia, Seconda Università degli Studi di Napoli

INTRODUZIONE Molti studi nella cornice della Teoria dei Fondamenti Morali (Haidt & Graham, 2007) hanno dimostrato che differenti culture e subculture hanno costruito la propria morale intorno a 5 fondamenti morali: Harm, Fairness, Ingroup, Authority, Purity (Graham et al., 2011). Sebbene la teoria affermi che la differente adesione ai fondamenti renda conto anche delle differenze individuali nella morale, pochi studi hanno indagato tale questione (Aharoni et al., 2011; Glenn et al., 2009), mentre nessuna ricerca ha ancora preso in considerazione l’associazione col comportamento. Il presente studio si propone di indagare la relazione tra adesione ai fondamenti e coinvolgimento in comportamenti aggressivi, prendendo in considerazione i possibili effetti di moderazione dell’esposizione alla violenza. METODO Hanno partecipato 388 adolescenti (142 maschi), iscritti al primo anno di scuola superiore (età media= 14,27 d.s.= .69). Sono stati rilevati: adesione ai fondamenti morali (Graham et al., 2009); esposizione alla violenza nel quartiere (Bacchini et al., 2011); aggressività proattiva e reattiva (adattato da Fossati et al., 2009). RISULTATI Al fine di verificare la nostra ipotesi, sono state condotte due regressioni gerarchiche utilizzando il genere come variabile di controllo. I risultati mostrano che l’aggressività proattiva è associata con l’adesione ai fondamenti Harm e Fairness (beta=-.21 p<.001) e con l’esposizione alla violenza (beta=.30 p<.001) e che queste due variabili interagiscono significativamente (beta=-.14 p<.05). Solo l’esposizione alla violenza è invece associata con l’aggressività reattiva (beta=.31 p<.001). CONCLUSIONI I soggetti più esposti a contesti violenti tendono maggiormente a mettere in atto comportamenti aggressivi sia reattivi che proattivi, ma in tali condizioni di alta esposizione, l’adesione ai fondamenti Harm e Fairness è un fattore di protezione rispetto alla tendenza all’aggressività proattiva.

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Sviluppo morale ed eventi di vita in un campione di bambini prescolari

Modesti Camilla¹, Augelli Simona¹, La Capruccia Claudia¹, Lolli Pamela¹, Presaghi Fabio¹, Nicolais Giampaolo¹

¹Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione, Sapienza Università di Roma

INTRODUZIONE Per Kochanska ed Aksan (2006) la coscienza morale è un sistema integrato di autoregolazione costituito da emozioni, condotta e cognizione morale. Sono descritti i risultati di uno studio che, con uno strumento inedito, analizza il rapporto tra questa dimensione morale ed eventi stressanti. METODO Campione di143 bambini (67 M, 76 F) in età prescolare. Tre storie di marionette, di difficoltà crescente e ognuna con due protagonisti che compiono rispettivamente un’azione morale ed una non morale, valutano lo sviluppo morale con un’inchiesta sulla preferenza per i personaggi morali e la capacità di rintracciare nelle storie emozioni, condotta e cognizione morale. La CLES-PS (Coddington, 2009) stima il numero e la qualità di eventi stressanti occorsi nell’ultimo anno di vita. L’ANOVA ha valutato come la preferenza per il personaggio morale e la capacità di rintracciare emozioni, condotta e cognizione morale variano in funzione dell’età. Tra le storie morali e la CLES sono state effettuate analisi correlazionali. RISULTATI La media di preferenze per i personaggi morali aumenta in funzione dell’età M3anni=1.35, M4anni=1.53, M5anni=1.74, F=2,39*, analogamente alla media circa condotta M3anni=2.02, M4anni=3, M5anni=4.07, F9.51** e cognizione morale: M3anni=0.70, M4anni=1.06, M5anni=1.57, F5.81**. La media delle emozioni morali non varia: M3anni=0.23, M4anni=0.37, M5anni=0.45, F=1,41. Il 30.7% del campione, superando il cut off della CLES, risulta “a rischio”; vi è una differenza di medie tra questo gruppo (M=0.79) e quello “non a rischio” (M=1.24) nella capacità di rintracciare la cognizione morale nelle storie (t=2.01, df=138, p=0.046). CONCLUSIONI Lo studio, attraverso uno strumento inedito per la valutazione delle competenze morali in età prescolare, ha confermato la traiettoria evolutiva della coscienza morale e incrementato le conoscenze sullo sviluppo morale studiando la relazione tra esso ed eventi stressanti.

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Contributi del vocabolario recettivo e della memoria di lavoro oltre il simple view of reading in prima elementare

Florit Elena¹, Roch Maja¹, Mason Lucia¹, Levorato M. Chiara¹ ¹Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione,

Università degli Studi di Padova  INTRODUZIONE Il modello Simple View of Reading (SVR; Hoover & Gough, 1990) afferma che la comprensione del testo scritto (CS) possa essere spiegata da due componenti principali: la comprensione del testo orale (CO) e la decodifica (D). Ricerche internazionali, tuttavia, sfidano la validità di questa visione “basilare” della CS, rilevando che il vocabolario recettivo e la memoria di lavoro verbale spiegano la CS oltre al contributo di CO e di D valutata in termini di accuratezza o di velocità (Gentaz et al., 2013). Il presente studio considera bambini Italiani con l’obiettivo principale di analizzare il contributo del vocabolario e della memoria di lavoro, entrambi valutati all’inizio della Ia elementare, rispetto alla CS e considerato il contributo di CO e D, valutati alla fine della classe Ia. METODO Quaranta bambini di Ia elementare (57% maschi; età media al T1: 76 mesi) sono stati coinvolti in due momenti (T1, T2) a distanza di 6 mesi. Il vocabolario e la memoria di lavoro sono stati valutati al T1 usando il PPVT-R e una prova di span inverso di parole. CS, CO e D sono state valutate al T2 con la prova MT, il TOR 3-8 e le prove di lettura di parole e non parole della DDE che forniscono misure di accuratezza e velocità, rispettivamente. RISULTATI Sono state condotte due regressioni gerarchiche con variabile dipendente la CS al T2 e con predittori: D, valutata come accuratezza e come velocità nella lettura di parole e di non parole nella Ia e IIa regressione, allo Step 1, CO allo Step 2, il vocabolario recettivo allo Step 3 e la memoria di lavoro allo Step 4. L’ordine dei predittori inseriti allo Step 3 e 4 è stato invertito per valutare i contributi specifici del vocabolario recettivo e della memoria di lavoro verbale. I risultati indicano che solo il vocabolario recettivo al T1 spiega la CS al T2 al netto del contributo significativo sia di CO che di D al T2 (p < .05). CONCLUSIONI A livello teorico, i risultati indicano che il modello SVR rende conto di differenze individuali basilari nella CS di bambini Italiani ma non del ruolo rilevante del vocabolario. A livello educativo, i risultati suggeriscono che l’arricchimento delle conoscenze lessicali è una partica importante per lo sviluppo della comprensione del testo nelle prime fasi di scolarizzazione.

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Simposio 5 Strumenti di valutazione del primo sviluppo comunicativo Proponente: Molina Paola Discussant: Sansavini Alessandra Gli studi recenti sullo sviluppo precoce hanno individuato il contesto comunicativo come uno degli elementi cardine non solo per lo sviluppo della comunicazione e del linguaggio in senso stretto, ma anche della cognizione sociale (Legerstee, 2007; Reddy, 2010; Tomasello, 2009), e degli aspetti relazionali e affettivi. È quindi essenziale disporre di strumenti per valutare la comunicazione adulto-bambino in modo affidabile ed efficace. Il simposio propone cinque studi incentrati sull’uso di strumenti di valutazione del primo sviluppo comunicativo, in popolazioni italiane e europee (Francia e Svizzera), a sviluppo tipico e atipico. In particolare, saranno presentati: § La Scala ECSP (Echelle de la Communication Sociale Précoce), nella sua versione originale e

taratura francese (Guidetti e Berland) e nella versione e taratura italiana (SCSP: Molina et al.); inoltre il suo utilizzo nella valutazione dell’efficacia di un intervento con soggetti autistici (Thommen et al.).

§ La scala CSBS DP (Communication and Symbolic Behavior Scale Developmental Profile) nella sua versione italiana (Fasolo et al.).

§ La valutazione dello sviluppo linguistico tramite il PVB (Primo Vocabolario del Bambino) e dell’interazione madre-bambino in una rara popolazione atipica (RING14) (Zanchi e Zampini).

La ECSP/SCSP e il CSBS DP sono di particolare interesse per il panorama italiano perché: - Sono standardizzati o in corso di standardizzazione sulla popolazione italiana. - Hanno mostrato di essere affidabili su campioni ampi, sia in Italia che in paesi diversi. - Valutano lo sviluppo comunicativo fin dai primissimi mesi di vita. - Valutano la comunicazione in modo ampio, tenendo conto degli aspetti interattivi e della

comunicazione pre-linguistica. - Hanno mostrato di avere buone proprietà di discriminazione nello sviluppo atipico.

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La valutazione delle competenze comunicative nella prima infanzia da più di 20 anni con l’ECSP (Echelle de la Communication Sociale Precoce): Bilanci e prospettive

Guidetti Michèle1, Berland Aurore1

1Octogone-ECCD, Université Toulouse 2, France INTRODUZIONE Dalla sua pubblicazione iniziale nel 1993, l’ECSP (Guidetti & Tourrette, 2009) rappresenta un importante strumento di valutazione della comunicazione nella prima infanzia. Il nostro obiettivo è l’adattamento della scala perché diventi un vero e proprio baby test, standardizzato e validato nel contesto francofono. Il nostro interesse riguarda sia lo sviluppo della comunicazione e del linguaggio nel bambino a sviluppo tipico sia, in maniera comparativa, lo sviluppo comunicativo atipico. METODO L’ECSP è applicabile a bambini tra i 3 e i 30 mesi e valuta lo sviluppo socio comunicativo in diverse aree: interazione sociale, attenzione congiunta e regolazione del comportamento. Ognuna delle quali è articolata in cinque livelli, secondo il modello di Fisher (1980). Il campione di standardizzazione è composto da 190 bambini tra i 3 e i 30 mesi (93 femmine) di cui, ad un campione ridotto di 145 bambini (71 femmine), è stata somministrata la scala Brunet- Lézine, come misura comparativa. Nel corso del nostro intervento verranno inoltre presentati studi che hanno approfondito l’uso della scala su campioni a sviluppo tipico e atipico. RISULTATI Nel campione di standardizzazione i punteggi alla scala hanno mostrato una media che cresce costantemente con l’età e le analisi condotte sul campione ridotto hanno messo in luce una correlazione positiva con i risultati ottenuti al Brunet- Lézine controllando per l’effetto dell’età (r = .37, p < .01). L’analisi fattoriale ha messo in evidenza 5 fattori che spiegano il 90.5% della varianza e che confermano la struttura della scala e l’importanza dell’influenza dell’età. CONCLUSIONI I risultati delle ricerche condotte hanno confermato la validità della scala, la cui utilità è ribadita dalla sua raccomandazione da parte delle Fédération Française de Psychiatrie (2005) e Haute Autorité de Santé (2010) come strumento utile alla valutazione della comunicazione nei casi di autismo o di difficoltà di linguaggio.

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Validazione della versione italiana della scala della comunicazione sociale precoce (scsp)

Molina Paola1, Sala Maria Nives1, Bulgarelli Daniela1, Ongari Barbara2, Schadee Hans3

1Dipartimento di Psicologia, Università di Torino 2Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale, Università di Trento

3Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Milano-Bicocca INTRODUZIONE La comunicazione è un fenomeno multimodale (Guidetti, 2010). La valutazione dello sviluppo comunicativo richiede strumenti che tengano conto della sua complessità. Tra i diversi strumenti che valutano la comunicazione precoce nella prima infanzia, particolare interesse riveste la Scala ECSP (Echelle de la Communication Sociale Précoce: Guidetti & Tourrette, 2009), che ha avuto una prima versione italiana (SCSP, Scala della Comunicazione Sociale Precoce: Molina, Ongari & Schadee, 1998). Ci proponiamo di integrare i dati del primo campione di taratura e di confrontare i risultati italiani con quelli francesi, per la validazione dello strumento. METODO La scala consiste in una procedura di osservazione del comportamento del bambino in relazione all’adulto, e valuta diversi aspetti socio-comunicativi: Comportamenti di interazione sociale (IS), Comportamenti di attenzione congiunta (AC), Interazioni di regolazione del comportamento (RC). Sono stati raccolti i protocolli di 409 bambini a sviluppo tipico (49% femmine) di età compresa fra i 2 e i 30 mesi (M = 15.7). RISULTATI I punteggi medi per le dimensioni della scala sono compresi fra 9.3 e 13.9 e crescono linearmente con l’età. I risultati della regressione mostrano come l’età dia un contributo significativo e positivo ai punteggi totali alla scala SCSP (R2 = .72, p < .000) e alle 3 dimensioni indagate: IS (R2 = .60; p < .000), AC (R2 = .43, p <.000) e RC (R2 = .70, p < .000). I risultati del confronto con le medie alle 8 sottodimensioni del campione francese (Metà = 17.0, media dei punteggi compresa fra 8.8 e 14.6) mostrano alcune differenze significative relative alle scale IIS, RAC, MAC e RRC. CONCLUSIONI La scala SCSP si conferma come uno strumento sensibile all’evolversi delle competenze comunicative in relazione all’età. I risultati del confronto con il campione francese necessitano ulteriori approfondimenti per comprendere le differenze emerse che potrebbero essere dovute alle diverse età dei campioni.

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La valutazione della comunicazione nei primi due anni di vita: la standardizzazione italiana del CSBS-DP

Fasolo Mirco1, Salerni Nicoletta1, Rossi Germano1

1Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Milano-Bicocca INTRODUZIONE Il CSBS-DP (Communication and Symbolic Behavior Scales - Developmental Profile) di Wetherby e Prizant (2002) è uno strumento ideato per la valutazione del livello di sviluppo delle abilità comunicative, linguistiche e simboliche di bambini di età compresa tra i 6 e i 24 mesi, sulla base delle rilevazioni effettuate dai genitori. Lo strumento, che prevede due forme (l’Infant-Toddler Checklist costituita da 24 item e il Caregiver Questionnaire comprendente 41 item), oltre alla comunicazione gestuale e linguistica, valuta numerose componenti sulle quali questa si fonda (ad esempio, l’utilizzo dello sguardo, la funzione simbolica, la comprensione linguistica). Il presente studio ha l’obiettivo di contribuire alla standardizzazione italiana dello strumento, valutandone inoltre la validità convergente (attraverso il confronto con i dati ricavati dal Primo Vocabolario del Bambino, Caselli & Casadio, 1995) e la validità concorrente (confrontando le due forme previste dal CSBS-DP, Wetherby & Prizant, 2002). METODO Nel complesso, hanno partecipato alla ricerca oltre 700 bambini, di età compresa tra i 6 e i 24 mesi. I genitori dei bambini hanno compilato la versione italiana dell’Infant-Toddler Checklist e il Caregiver Questionnaire; una selezione di genitori, inoltre, ha compilato anche il Primo Vocabolario del Bambino (Caselli & Casadio, 1995). RISULTATI I risultati ottenuti hanno mostrato come il CSBS-DP (Wetherby & Prizant, 2002) sia uno strumento sensibile nell’individuazione delle prime tappe dello sviluppo comunicativo indagate, evidenziando un buona correlazione con i risultati del PVB (Caselli & Casadio, 1995) e tra le due forme somministrate. CONCLUSIONI Dal punto di vista applicativo, l’utilizzo di tale strumento, in particolare dell’Infant-Toddler Checklist, potrebbe rivelarsi estremamente utile nell’attività di screening per l’identificazione precoce di ritardi dello sviluppo, non solo comunicativo.

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Le valutazioni dei bambini piccoli affetti da autismo: confronto fra i risultati ottenuti con diversi strumenti Thommen Evelyne1, Rossini Emmanuelle2, Di Fulvio Angela 1, Rudelli Nicola1, Cattelan Corinne2,

Zecchin Melissa3, Molteni Massimo3

1University of Applied Sciences Western Switzerland, EESP 2Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana

3IRCSS Eugenio Medea, Associazione La Nostra Famiglia, Bosisio Parini INTRODUZIONE La valutazione degli interventi terapeutici per i bambini con autismo è un tema attuale nella ricerca relativa all’efficacia degli interventi. La sensibilità degli strumenti di valutazione che permettono di misurare l’evoluzione del bambino è l’obiettivo principale di questa presentazione. METODO Sono stati valutati 26 bambini con autismo di età compresa tra i due e i quattro anni con una serie di strumenti: § La Childhood Autism Rating Scale (CARS) di Schopler, Reichlere e Rochen-Renner, (1988):

valuta lo sviluppo della sintomatologia dello spettro autistico. § L’ECSP (Tourette & Guidetti, 1995): valuta le competenze della comunicazione e

dell’interazione. § Le Bayley Scales of Infant and Toddler Development (Bayley, 2006; Milne, McDonald &

Comino, 2011): fornisce un livello di sviluppo generale. § La Repetitive Behavior Scale-Revised (RBS-R) di Lam (2004): valuta la qualità di vita. I bambini sono stati valutati a due riprese, con un intervallo di 6 mesi. RISULTATI Esponiamo i dati raccolti al T1. I bambini presentono tutti un ritardo di sviluppo, sia che siano valutati attraverso l’ECSP (26 mesi in media) o tramite la comunicazione recettiva e espressiva della Bayley (18 mesi). Le valutazioni sono fortemente correlate tra di loro (tra .52 e .80). L’unica scala che non correla con le altre è la RBS-R. CONCLUSIONI I dati sono ancora in corso di analisi. Per ora essi mostrano come la valutazione tramite l’ECSP coglie in modo molto articolato l’evoluzione della competenza sociale, e mostra maggiormente il deficit di comunicazione sociale rispetto alle altre prove. Le correlazioni ottenute con gli altri strumenti ne supportano la validità. Occorre quindi selezionare gli strumenti di valutazione in funzione dell’aspetto che interessa maggiormente la clinica: la specifica valutazione offerta dalla ECSP è quindi molto interessante, poiché l’aspetto della comunicazione sociale è sovente al centro dell’intervento precoce nei bambini con autismo.

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Valutazione dello sviluppo linguistico di bambini con anomalie del cromosoma 14

Zanchi Paola1, Zampini Laura1

1Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Milano-Bicocca

INTRODUZIONE L’oggetto di studio del presente contributo di ricerca è rappresentato dallo sviluppo linguistico di bambini che presentano anomalie genetiche a carico del cromosoma 14, che si configurano come sindromi genetiche rare e sono, pertanto, scarsamente investigate. Questi bambini spesso mostrano ritardi di sviluppo e problemi neurologici, sebbene il tipo e la severità dei sintomi varino a seconda della quantità e della localizzazione del materiale genetico perso. L’obiettivo dello studio è quello di descrivere lo sviluppo linguistico di un gruppo di bambini con differenti anomalie a carico del cromosoma 14 (sindrome ring14 o delezioni lineari). METODO Sei bambini con anomalie a carico del cromosoma 14 sono stati osservati longitudinalmente per un periodo di quattro anni. I dati inerenti lo sviluppo comunicativo di tali bambini si basano su sedute di osservazione di gioco madre-bambino e sulla compilazione da parte della madre del questionario PVB. RISULTATI I risultati evidenziano la presenza di notevoli differenze individuali nello sviluppo linguistico di questi bambini, che vanno dalla quasi totale assenza di linguaggio verbale al raggiungimento della padronanza di enunciati semplici e complessi. La quantità di materiale genetico perso non sembra essere correlata agli esiti di sviluppo linguistico, ma questo sembra essere piuttosto influenzato dalla concomitante presenza di altre condizioni cliniche patologiche, come i disturbi dello spettro autistico. CONCLUSIONI Nonostante l’esiguo numero di bambini coinvolti nel presente studio longitudinale, i risultati evidenziano come sia possibile delineare, a partire dall’osservazione di sedute di interazione spontanea madre-bambino, traiettorie di sviluppo comunicativo - linguistico molto diverse e almeno apparentemente indipendenti dal tipo di aberrazione genetica presente a carico del cromosoma 14.

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Simposio 6 Modelli di interazione individuo per contesto nella spiegazione del benessere e malessere nel corso dello sviluppo Proponenti: Nocentini Annalaura, Menesini Ersilia Discussant: Barone Lavinia I modelli di spiegazione dello sviluppo umano che si basano sull’interazione individuo X contesto mettono in luce come gli individui differiscano rispetto al grado in cui sono influenzati, nel breve e lungo termine, da esperienze ambientali di diverso tipo. Nella letteratura psicologica sul tema, l’evidenza maggiore relativa a come caratteristiche individuali condizionino o moderino le influenze ambientali sul benessere dell’individuo è data dalla letteratura evolutiva sulle interazioni temperamento x parenting (Belsky & Pluess, 2009). Questa letteratura si è focalizzata principalmente su ambienti negativi (es. maltrattamento) e su caratteristiche temperamentali negative (es. scarso effortful control), tralasciando invece lo studio degli individui capaci di beneficiare maggiormente di ambienti positivi. Inoltre in molti casi si tratta di ricerche relative alle fasi di sviluppo precoci o comunque relative all’età scolare: pochissime sono invece le evidenze di come determinate caratteristiche individuali interagiscano con i diversi contesti che l’individuo incontra nell’arco di vita e di quale sia l’impatto di tale interazione sul benessere individuale. Il presente simposio estende la letteratura sul tema in tre direzioni principali: 1) considerare caratteristiche temperamentali positive come potenziali fattori di maggiore permeabilità alle influenze ambientali (vedi contributo di Dellagiulia e Lionetti); 2) estendere lo studio dell’interazione individuo x contesto anche all’età della prima adolescenza (vedi contributo di: Ciucci e Baroncelli; Caravita, Strohmeier e Di Blasio; Palladino, Nocentini, e Menesini); 3) considerare la qualità del contesto come caratteristica “sensibile” alla fase evolutiva esaminata, ossia attaccamento materno nel primo anno di età nel contributo di Dellagiulia e Lionetti, gruppo dei pari nei due contributi di Ciucci, Baroncelli e Caravita et al., e relazione con l’insegnante e clima di classe nel contributo di Palladino e colleghi.

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Attaccamento e temperamento in un gruppo di diadi adottive: uno studio sull’interazione individuo per ambiente

Dellagiulia Antonio1, Lionetti Francesca1

1Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento, Sezione di Psicologia, Università degli Studi di Pavia

INTRODUZIONE Recenti evidenze indicano come possa variare la misura in cui gli individui sono permeabili alle influenze dell’ambiente in cui crescono in funzione di specifiche caratteristiche temperamentali, suggerendo un effetto interazione individuo x ambiente (Belsky & Pluess, 2009). Obiettivo del contributo è indagare il ruolo di variabili ambientali e individuali sulla sicurezza di attaccamento del bambino in un gruppo di diadi adottive, oltre il legame biologico. Le variabili ambientali in esame sono attaccamento materno ed età del bambino all’adozione. La variabile individuale è il temperamento infantile nella dimensione orienting-regulation. METODO 30 diadi con bambini adottati entro l’anno di età hanno partecipato allo studio. Adult Attachment Interview, Strange Situation Procedure e Infant Behaviour Questionnaire sono stati utilizzati per valutare i pattern di attaccamento delle diadi e il temperamento nel primo anno dal collocamento. RISULTATI L’attaccamento sicuro materno, ma non l’età al collocamento, predice un attaccamento sicuro infantile (OR 2.16, p <.001 vs. OR 1.01, p =.38, BIC = 33 vs. 52). Dall’analisi dell’interazione individuo x ambiente emerge come la concordanza di attaccamento madre-bambino sia maggiore nei bambini che presentano alta orienting-regulation (k = .86 vs. k = .53), con un effetto specifico per il match sicurezza-sicurezza. CONCLUSIONI La sicurezza di attaccamento materna risulta predittore della sicurezza del bambino. Emerge inoltre un effetto interazione individuo X ambiente: a presentare maggior permeabilità all’ambiente in senso adattivo sono i bambini più capaci di orientamento e regolazione in termini temperamentali. I risultati sono interpretabili alla luce del modello vantage sensitivity, che riconosce specifiche differenze individuali nella misura in cui gli individui sono permeabili agli effetti di un ambiente di crescita ottimale (Pluess & Belsky, 2013; Lionetti, Pluess & Barone, 2014).

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Tratti di personalità emotivi e posizione sociale dei preadolescenti: effetti unici ed interattivi nell’associazione con il cyberbullismo

Ciucci Enrica1, Baroncelli Andrea2 1Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia, Università degli Studi di Firenze

2Dipartimento di Scienze della Salute, Università degli Studi di Firenze INTRODUZIONE In accordo con una visione ecologica dello sviluppo umano, il cyberbullismo può essere considerato un fenomeno risultante dalla combinazione di variabili intra- ed inter- individuali. Il presente contributo vuole esplorare gli effetti unici ed additivi di alcuni tratti di personalità legati al mondo emotivo (le dimensioni di callousness ed uncaring) e la posizione sociale occupata nel gruppo dei pari (preferenza sociale e popolarità percepita) su una misura di cyberbullismo in un campione di preadolescenti, tenendo sotto controllo il livello di cyber vittimizzazione. METODO Hanno partecipato allo studio 529 preadolescenti (247 maschi, 46.69%) frequentanti una scuola media del Centro Italia (M = 12 anni e 7 mesi, DS = 1 anno e 2 mesi). Il progetto è stato possibile grazie al determinante contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia. Le misure sono state ricavate sia tramite questionari self-report (per i tratti emotivi ed il cyberbullismo), sia attraverso la tecnica sociometrica (per le misure di preferenza sociale e popolarità). RISULTATI Analisi di regressione logistica gerarchica hanno evidenziato che nelle femmine la variabile uncaring, relativa ad un disimpegno nelle azioni quotidiane e ad un disinteresse per i sentimenti degli altri, si associa positivamente al cyberbullismo, mentre nei maschi questa stessa associazione è mediata da livello di popolarità percepita, risultando statisticamente significativa solo per coloro con bassi livelli di visibilità ed impatto all’interno della classe. CONCLUSIONI I nostri risultati forniscono una prima evidenza di come variabili individuali e sociali giochino un ruolo diverso nell’associazione con il cyberbullismo in maschi e femmine, suggerendo che questo fenomeno sia più contesto-dipendente per i primi. Questa evidenza può inoltre essere letta alla luce della diversa importanza che maschi e femmine attribuiscono allo status sociale ed alla visibilità durante la preadolescenza.

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Se la vittima è immigrata fa la differenza? Effetti di in-group e out-group dello status di immigrato per il disimpegno morale nel bullismo: uno studio sperimentale

Caravita Simona C.S¹., Strohmeier Dagmar², Di Blasio Paola¹ 1Dipartimento di Psicologia, CRIdee, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Brescia

2University of Applied Sciences Upper Austria, School of Health/Social Sciences INTRODUZIONE Il Disimpegno Morale (DM) nel bullismo riflette fattori di contesto quali essere Percepiti Popolari (PP) e Preferiti Socialmente (PS; Caravita et al., 2012), ma anche effetti in-/out-group relativi alla vittima (Gini, 2008). In questa linea, lo status d’immigrato, che ha effetti in-/out-group per altri processi psicologici (Shinnar, 2008), può influire sul DM. Lo studio indaga gli effetti in-/out-group causati nel DM per il bullismo dallo status d’immigrato, anche in rapporto a essere PP, PS e a ruoli nel bullismo. METODO 320 Italiani, 317 immigrati, alunni di scuole lombarde: 344 bambini (M = 9.7a., DS = .7) 293 adolescenti (M = 12.1a., DS = .9). DM: 2 scenari di bullismo differenti solo in quanto in uno la vittima ha un nome italiano, nell’altro ha un nome straniero e è immigrato. Per ogni scenario il compilatore assume la prospettiva del bullo e risponde a 16 item per misurare il DM. Ruoli nel bullismo: Questionario Ruoli Partecipanti (Menesini & Gini, 2000). PP e SP: 4 item sociometrici (Cillessen, 2009). RISULTATI Attraverso SEM è stata analizzata la variazione della media del fattore latente del DM per: tipo di vittima (it./immig.), gruppo d’età, sesso, essere immigrato, bullo, difensore, PP, PS. Risultati significativi (p <.05): il DM è più basso per la vittima immigrata (diff. MD: -.36; b.ni -.16; ad. -.23); il tipo di vittima interagisce con il gruppo d’età -.32, e tra i b.ni con essere immigrato -.17 e difensore -.20; tra gli adolescenti, il DM in generale (effetto principale) è più alto per bulli .21 e PP .16, e più basso per difensori -.21 e SP -.25. CONCLUSIONI Per bimbi e adolescenti il DM è più elevato se la vittima è italiana piuttosto che straniera, ma tra i bambini questa differenza è minore per gli immigrati (effetto in-/out-group) e i difensori: per questi bimbi il tipo di vittima incide meno sul livello di disimpegno. Tra gli adolescenti il DM risente del contesto di gruppo: essere PP si rivela un fattore di rischio per l’autogiustificazione del bullismo.

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L’interazione tra personalità sensibile e ambiente scolastico: uno studio su bambini e adolescenti

Palladino Benedetta Emanuela1, Nocentini Annalaura1, Menesini Ersilia1

1Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia, Università di Firenze INTRODUZIONE La caratteristica di personalità “high sensory processing sensitivity”, definita da un sistema nervoso estremamente sensibile e da una maggiore consapevolezza dei dettagli ambientali e dei loro cambiamenti, è risultata essere un moderatore delle influenze ambientali sul benessere individuale in età adulta (Aron et al., 2012). Il presente lavoro intende analizzare le interazioni tra questa caratteristica di personalità e un ambiente scolastico caratterizzato da un clima positivo di classe e da un’elevata vicinanza emotiva con l’insegnante rispetto ad esiti internalizzanti. METODO Il campione è composto da 975 studenti della scuola primaria (49% F; Metà = 8.85; DS=.43) e 1048 della secondaria (49.4% F; Metà = 10.43; DS = .50). Gli strumenti utilizzati sono: per la personalità sensibile l’HSC (Pluess et al., 2012); per la qualità della relazione con l’insegnante l’STRQ (Murray et al., 2001); clima di classe (Salmivalli, 2013); 4) per la sintomatologia lo YSR (Achenbach, 1991) nelle scuole medie e il SPI nelle scuole elementari (Greenberg, 1994). RISULTATI I risultati delle regressioni mostrano per la scuola primaria un’interazione tra vicinanza con l’insegnante e la caratteristica di personalità sia rispetto all’ansia (β= -.26*) che alla depressione (β= -.27*): una migliore relazione con l’insegnante predice livelli più bassi di malessere negli studenti con elevata sensibilità. Per quanto riguarda la scuola secondaria si è registrata un’interazione della caratteristica di personalità sia con la vicinanza con l’insegnante (β= -.37***) sia con il clima di classe (β= -.65***): una migliore relazione con l’insegnante e un miglior clima di classe predicono livelli più bassi di malessere negli studenti con elevata sensibilità. CONCLUSIONI Anche in età scolare e preadolescenziale la caratteristica di personalità sensibile all’ambiente risulta essere un importante moderatore dell’impatto del contesto scolastico sul benessere individuale degli studenti.

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Simposio 7 La famiglia tra difficoltà e capacità di adattamento Proponente: Pallini Susanna Discussant: Di Blasio Paola Abstract Il presente simposio offre l’occasione di aprire un dibattito e l’opportunità di analizzare, da diverse prospettive, le variabili che risultano correlate alla capacità di adattamento delle famiglie nell’affrontare le difficoltà, allo scopo di elaborare interventi volti a promuovere il benessere familiare. Studi recenti hanno affrontato il tema dell’adattamento degli schemi familiari ad eventi più o meno complessi, quali l’orientamento sessuale di uno o più membri (Reeves et al., 2010; Willoughby et al., 2006), la disabilità come l’autismo (Lehan et al., 2012), l’uso di sostanze in adolescenza (Santisteban et al., 2011), la violenza domestica (West & George, 1999). Gli autori si sono interrogati sui fattori che costituiscono agenti di adattamento rispetto a tali sfide, ed individuano come denominatore comune delle capacità di adattamento, un generale atteggiamento attivo dei membri della famiglia, coniugato in vari aspetti, peculiari alle singole tematiche. La famiglia, in tale accezione, viene individuata come adattiva se assume il ruolo di protagonista degli eventi e agente di cambiamento. In particolare, Baiocco e altri pongono l’accento sulla percezione di competenza genitoriale delle famiglie omogenitoriali, oltre che sul grado di soddisfazione di coppia e di omofobia interiorizzata. Laghi e altri sottolineano la rilevanza del coinvolgimento dei familiari nel programma di intervento COMPASS. Vecchio e altri analizzano il ruolo del monitoring e del senso di autoefficacia genitoriale, per la prevenzione dei comportamenti disadattivi dei giovani e la promozione del benessere familiare. Kanacri e altri segnalano che un ruolo più attivo dei figli nel negoziare l’autonomia favorisce i comportamenti prosociali. Infine, il contributo di Pallini e altri mette in luce come una minore agency e capacità di agire contraddistingua i modelli operativi interni di donne che permangono in relazioni violente rispetto a donne con buoni livelli di soddisfazione di coppia.

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Love makes a family. Famiglie composte da genitori gay e lesbiche: parenting, benessere dei bambini e funzionamento di coppia

Baiocco Roberto1, Santamaria Federica1, Fontanesi Lilybeth1, Valentini Viola 1, Ioverno Salvatore1

1Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione, Sapienza Università di Roma

INTRODUZIONE Sebbene diversi studi abbiano dimostrato che le persone gay e lesbiche possono essere buoni genitori (Patterson, 2009) e contribuire positivamente allo sviluppo dei propri bambini (Perrin et al., 2013) sono scarsi i contributi scientifici italiani su questo tema. Nel contesto italiano, caratterizzato dalla mancanza di riconoscimento legale e alti livelli di omofobia sociale, alcune tra le critiche maggiormente rivolte all’omogenitorialità riguardano la stabilità e la soddisfazione di coppia e gli effetti negativi sul bambino in particolare rispetto ai rapporti con il gruppo dei pari. Il presente lavoro indaga quindi la soddisfazione diadica, la percezione delle competenze genitoriali e delle competenze sociali dei bambini in un gruppo di 40 genitori gay e lesbiche (20 madri e 20 padri) e 40 genitori eterosessuali (20 madri e 20 padri) con bambini con un’età compresa tra i 3 e i 5 anni. Confrontando famiglie con genitori eterosessuali e omosessuali ci aspettiamo un simile livello di funzionamento diadico e competenze genitoriali ed un adeguato livello di competenze sociali dei bambini cresciuti in questi nuclei familiari. METODO È stata somministrata la Dyadic Adjustment Scale – Short Form (DAS-7, Hunsey et al., 2001) per valutare la soddisfazione di coppia, la Social Competence Scale-Parent Version (Rogers & Matthews, 2004) per indagare la percezione delle competenze sociali del bambino e la Measure of Internalized Sexual Stigma (Lingiardi et al., 2012) per misurare il livello di omofobia interiorizzata (solo nel gruppo dei genitori gay e lesbiche). La MANOVA fattoriale è stata utilizzata per verificare l’effetto del genere e dell’orientamento sessuale sulle variabili dipendenti esaminate. RISULTATI Riguardo alle competenze sociali del bambino non sono emerse differenze significative né in funzione del genere né dell’orientamento sessuale dei genitori, né l’effetto d’interazione genere x orientamento sessuale. In riferimento al funzionamento diadico è stato riscontrato un effetto principale solo del genere: le madri sono più soddisfatte dei padri (F(1,76) = 81.34, p <.001). Nel gruppo delle mamme lesbiche e dei papà gay è stata riscontrata una relazione significativa tra bassi livelli di omofobia interiorizzata e buone competenze sociali dei bambini (r = -.44, p <.001). CONCLUSIONI Lo studio evidenzia la mancanza di differenze nelle competenze sociali dei bambini cresciuti nelle famiglie con genitori dello stesso sesso se confrontate con quelle dei bambini cresciuti con genitori eterosessuali. Nel gruppo con genitori gay e lesbiche un basso livello di omofobia interiorizzata si caratterizza come fattore di protezione rispetto allo sviluppo delle competenze sociali dei bambini. Indipendentemente dall’orientamento sessuale dei partecipanti le donne esprimono un maggior livello di soddisfazione diadica. Lo studio fornisce spunti di riflessione per la promozione del benessere delle famiglie omogenitoriali.

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Un programma di intervento Evidence-Based per adolescenti con disturbo dello spettro autistico: il ruolo attivo delle famiglie e degli insegnanti nel modello compass

Laghi Fiorenzo1, Baumgartner Emma1, Lonigro Antonia1, Levanto Simona2, Ferraro Maurizio3

1Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione, Sapienza Università di Roma

2Istituto Tecnico Agrario G. Garibaldi 3Presidente Cooperativa G. Garibaldi

INTRODUZIONE Il Collaborative Model for Promoting Competence and Success for Student with ASD (COMPASS: Ruble et al., 2012), è un programma di intervento evidence-based finalizzato alla promozione delle competenze di studenti con disturbi dello spettro autistico (ASD), che prevede il coinvolgimento attivo di insegnanti e genitori nella definizione delle abilità da implementare. Il presente lavoro indaga l’efficacia del programma COMPASS con un disegno di ricerca pre-post (T1-Baseline gruppo sperimentale - GS e waiting list - WL; T2- Fine trattamento per GS e Baseline per WL) che ha coinvolto un gruppo di 30 adolescenti con diagnosi di ASD (i primi 15 assegnati al GS;12M; età media= 16.60; i rimanenti alla WL; 12M; età media=16.93), i genitori e gli insegnanti di sostegno. METODO Il programma ha avuto una durata di 6 mesi e ha previsto una sessione di consulenza iniziale (3h) e 4 sessioni di coaching (3h cad.), una volta al mese, con la presenza dei genitori e dell’insegnante di sostegno di ogni singolo ragazzo. Per entrambi i gruppi, al tempo T1 e T2, sono stati valutati: il funzionamento adattivo (VABS; Sparrow et al., 1984), le abilità (TTAP; Faggioli et al., 2011) e le interazioni sociali (Behavior Coding Scheme for Children with ASD). RISULTATI Le analisi non evidenziano differenze significative alla baseline tra GS e waiting list per le variabili età (t = -.58, p =.57), funzionamento adattivo (t = -.16, p=.87) e QI (t = -.40, p =.69). Per verificare la presenza di differenze statisticamente significative al pre e post test, sono stati calcolati, per i soggetti appartenenti ad entrambi i gruppi, i punteggi D (D scores), differenza punteggi standardizzati T2-T1 per ogni dimensione e considerati come v. dipendenti; l’appartenenza al GS e alla WL è stata considerata come variabile indipendente. Le analisi di t di student per campioni indipendenti hanno evidenziato differenze statisticamente significative: gli adolescenti che appartengono al GS ottengono punteggi medi statisticamente superiori ai soggetti appartenenti alla WL al totale VABS (t(28) = 4.40, p < .001), un maggior numero di interazioni sociali positive (t(28) = 6.93, p < .001) e di abilità riuscite (t(28) = 4.93, p < .001). CONCLUSIONI Lo studio fornisce dati preliminari sull’efficacia della promozione di un atteggiamento più attivo dei genitori attraverso il modello Compass nel contesto italiano.

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Traiettorie del comportamento prosociale all’età adulta: il ruolo della autoefficacia filiale del supporto parentale

Luengo Kanacri B. Paula¹, Pastorelli Concetta¹, Ceravolo Rosalba1, Thartori Eriona1

¹Dipartimento di Psicologia, Sapienza Università di Roma INTRODUZIONE Nel presente contributo viene indagato come certe dinamiche familiari possono influenzare esiti di sviluppo adattivi, quali i comportamenti prosociali, nella transizione dall’adolescenza verso l’età adulta. In particolare, lo studio è volto a valutare se le diverse traiettorie di sviluppo dei comportamenti prosociali sono associate, da un lato, a dei meccanismi agentici messi in atto dai figli, le convinzioni di auto-efficacia filiale, nella negoziazione della propria autonomia nel contesto familiare; e, dall’altro, se sono associate al ruolo del supporto relazionale figlio/padre e figlio/madre come variabili sensibili al contesto affettivo della vita familiare. Gli obiettivi di questo studio sono indagare: a) le diverse traiettorie di comportamenti prosociali dalla adolescenza alla giovane età adulta; b) l'associazione della auto-efficacia filiale e del supporto paterno/materno con la probabilità di appartenere alle diverse traiettorie, controllando per il genere del figlio. METODO I partecipanti sono stati 686 (339 femmine; Metà = 16.88, DS = 0.80, alla prima valutazione; e Metà = 23.04, DS = 0.67 nell'ultimo tempo), provenienti dallo studio longitudinale di Genzano (Roma), valutati in 4 tempi diversi. RISULTATI Si sono osservate tre traiettorie diverse per il comportamento prosociale: medio - stabile (48% del campione), basso - stabile (32% del campione) e alto-crescente (20% del campione). Inoltre, in tutti i tempi i giovani della classe alto-crescente segnalavano una più elevata auto-efficacia filiale rispetto ai giovani delle altre classi, p <. 001; mentre per il supporto materno o paterno sono stati riscontrati diversi effetti ai diversi tempi della valutazione, con effetti di interazione col genere del figlio. CONCLUSIONI La ricerca condotta evidenzia principalmente che i giovani che presentano uno sviluppo più elevato e crescente di comportamenti adattivi (comportamenti prosociali) costituiscono agenti di adattamento e costruzione dei propri ambienti familiari e non meri ricettori delle pratiche educative genitoriali. Tuttavia, la rilevanza della promozione dell’autoefficacia filiale, ovvero del ruolo attivo dei figli nel negoziare la propria autonomia all’interno della famiglia, diventa favorevole soprattutto in un contesto genitoriale di supporto affettivo. Tenendo in considerazione che, analogamente ad altri paesi del Sud Europa, in Italia la maggior parte dei giovani che si avvicinano all'età adulta co-abitano con la loro famiglia di origine, i risultati sono informativi del ruolo agentico dei figli nella promozione del proprio benessere.

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Agency e attaccamento irrisolto di vittime di maltrattamento coniugale

Pallini Susanna1, Alfani Agnese1, Marech Lucrezia2

1Dipartimento di Scienze della Formazione, Università degli Studi Roma Tre 2Dipartimento di Neuroscienze, Università degli Studi di Torino  

INTRODUZIONE La violenza si trasmette a livello intergenerazionale in tal modo che bambini vittime di abuso potranno diventare adulti irrisolti, perpetratori o vittime di abuso (Briere & Runtz, 1987; Coid et al., 2001; Ehrensaft et al., 2003; Godbout et al., 2009; Griffing et al., 2002; Kwong et al., 2003; Obsuth et al., 2014; Turner et al., 2006; Whitfield et al., 2003). Inoltre, fino al 90% di bambini maltrattati e abusati sono stati definiti come disorganizzati e hanno una maggiore probabilità di divenire adulti irrisolti (Cicchetti et al., 2006). Lo sperimentare un attaccamento insicuro/ disorganizzato ai loro genitori nell’infanzia porta infatti all’elaborazione di corrispondenti modelli operativi interni e alla conseguente selezione di partner compatibili con tali credenze (Magdol et al., 1998; Wekerle & Wolfe, 1998). Inoltre, l’esperienza di violenza e maltrattamento all’interno della coppia rafforza rappresentazioni insicure dell’attaccamento (Weston, 1998). In particolare, il vissuto d’impotenza sperimentato dalle donne vittime di violenza coniugale (VVC) può essere valutato attraverso il costrutto dell’agency, (George & West, 2001) tipico dell’attaccamento sicuro, definito come: Capacità di Agire, (CTA) Capacità Riparative e di ristabilire un equilibrio nell’attaccamento (HOS), Riorganizzazione delle esperienze attraverso la riflessione (ISB). METODO Il presente studio ha l’obiettivo di analizzare le rappresentazioni relative all’attaccamento attraverso l’Adult Attachment Projective Picture System (AAP, George & West, 2001) di 16 donne ricoverate in un centro antiviolenza per sfuggire alla violenza domestica, rispetto a 16 donne, (il cui adattamento di coppia è stato saggiato, dopo l’AAP, attraverso la Dyadic Adjustment Scale – Short Form (DAS-7, Hunsey et al., 2001; M = 113.56, DS = 11.17, corrispondente al campione di validazione italiano). Le interviste sono state codificate da due giudici indipendenti abilitati alla codifica dell’AAP, blind allo status coniugale delle intervistate. La Reliability, calcolata sul 75% delle interviste è risultata dell’87% (K = .807, phi = 1.318). RISULTATI 14 delle 16 VVC sono caratterizzate da un attaccamento insicuro irrisolto, rispetto ad una sola del gruppo di controllo (χ2 = 21.2, p<.001), riferiscono parole relative a sistemi segregati relativi al pericolo che rimandano alla disorganizzazione dell’attaccamento con una frequenza significativamente maggiore del gruppo di controllo (t = -2.82, p < .001. Riguardo alle tre dimensioni dell’agency, le donne VVC descrivono personaggi con minore ISB (t = 2.2, p < .005), minore HOS (t = 2.63, p < .005) e minori CTA (t = 3.95, p <.001) rispetto al gruppo di controllo. CONCLUSIONI Lo studio può contribuire alla comprensione del vissuto d’impotenza delle donne in relazioni violente, allo scopo di mirare l’intervento alla ricostruzione del senso di agency.

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Adolescenti che abusano di sostanze: Il ruolo delle convinzioni di efficacia dei genitori e del monitoring genitoriale

Vecchio Giovanni Maria1, Milioni Michela1, Di Domenico Valentina2, Cuollo Claudia2

1Dipartimento di Scienze della Formazione, Università degli Studi Roma Tre 2CeIS – Centro Italiano di Solidarietà Don Mario Picchi, Roma

INTRODUZIONE Molti studi negli ultimi 20 anni hanno evidenziato il ruolo centrale del monitoring genitoriale nel preservare i giovani da comportamenti problematici come l'uso di droga e la delinquenza (Crouter & Head, 2002; Dishion & McMahon, 1998). Il presente studio ha l’obiettivo di analizzare, mediante la tecnica delle equazioni strutturali, i meccanismi di influenza delle convinzioni di autoefficacia familiare (v.i.) e del monitoring genitoriale (variabili di mediazione) sull’uso di sostanze stupefacenti e l’apertura al dialogo in famiglia (v.d.). METODO Hanno partecipato allo studio 442 genitori, 213 con figli che fanno uso di droghe e 229 con figli senza problemi di abuso di sostanze. Sono stati misurati: l’autoefficacia percepita genitoriale e coniugale (Caprara et al., 2001), il monitoring genitoriale (Consapevolezza genitoriale, Comunicazione spontanea dei figli, Sollecitazione genitoriale, Controllo genitoriale) (Stattin & Kerr, 2000; Bacchini & Miranda, 2012), l’apertura al dialogo con i figli (Bonino et al., 2003). RISULTATI I risultati hanno evidenziato importanti effetti di mediazione: a) la comunicazione spontanea dei figli risulta mediare la relazione tra l’autoefficacia genitoriale, l’abuso di sostanze e il dialogo familiare; b) la consapevolezza e il controllo genitoriale mediano la relazione tra l’autoefficacia genitoriale e l’abuso di sostanze; c) la sollecitazione genitoriale, infine, risulta essere un mediatore tra l’autoefficacia genitoriale e il dialogo in famiglia. Le relazioni di influenza emerse non differiscono se analizzate distintamente nelle madri e nei padri (χ2(30) = 81.596; CFI = 96; RMSEA = 0.08). CONCLUSIONI I risultati mettono in luce il diverso ruolo dell’autoefficacia genitoriale e del monitoring nel prevenire l’uso di sostanze nei giovani e nel favorire la comunicazione con i figli, fornendo importanti implicazioni per la prevenzione dei comportamenti disadattivi negli adolescenti e nei giovani adulti e la promozione del benessere in famiglia.

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Simposio 8

   Metodi statistici innovativi in psicologia dello sviluppo Proponenti: Lionetti Francesca, Altoè Gianmarco Discussant: Pastore Massimiliano Abstract A livello nazionale e internazionale si è diffusa negli ultimi anni crescente attenzione per gli aspetti metodologici e statistici della ricerca. Un’osservazione che viene avanzata è l'importanza di adottare tecniche di analisi dei dati aggiornate e pertinenti rispetto alla complessità dei fenomeni studiati per trarre il maggior numero di informazioni in modo attendibile (Simmons, Nelson & Simonsohn, 2011; Loewenstein & Prelec, 2012). Obiettivo del simposio è discutere del contributo che tecniche di analisi dei dati applicate in modo opportuno possono dare al progredire delle conoscenze in psicologia dello sviluppo in un reciproco arricchirsi di spunti di riflessione e scambio di saperi tra discipline. Il simposio propone quattro metodi innovativi di analisi dei dati applicati ad altrettanti studi inerenti la psicologia dello sviluppo e nello specifico: (1) Latent Growth Curve Model e Simplex Model per l’analisi dei dati longitudinali e la valutazione dell’efficacia di un programma di intervento rivolto a bambini in età prescolare; (2) Factor Mixture Analysis per esplorare la struttura fattoriale di un modello teorico sul bullismo ed individuare simultaneamente eventuali sottogruppi in un campione di adolescenti; (3) Vector Generalized Linear Model per lo studio di variabili dipendenti categoriali applicata all’analisi dei fattori di rischio nella genitorialità; (4) Analisi bayesiana come approccio alternativo all’NHST per il superamento di alcuni problemi tipici in psicologia dello sviluppo tra cui il problema della numerosità campionaria e dell’evidenza. Ci auguriamo che i contributi presentati al simposio possano promuovere il confronto tra discipline psicologiche e statistiche e arricchire le nostre conoscenze relative alla specificità delle variabili tipiche della psicologia dello sviluppo e alle strategie più opportune per analizzarle.

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Latent growth curve model e simplex model: un'applicazione allo studio del programma di intervento aprender a convivir

Ingoglia Sonia1, Corredor Guadalupe Alba2, Arráez Ana Justicia2, Justicia Fernando2, Lo Coco Alida1

1Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche e della Formazione, Università di Palermo 2Departamento de Psicología Evolutiva y de la Educación, Universidad de Granada, España

INTRODUZIONE L'età prescolare è un periodo critico nello sviluppo della competenza sociale (CS) e diversi studi indicano come l'adattamento sociale sia associato alla qualità dei legami interpersonali (Flay et al., 2004; Reijneveld et al., 2012). Tuttavia non tutti i bambini sono in grado di sviluppare adeguate abilità sociali e le difficoltà che evidenziano possono legarsi alla manifestazione di problemi comportamentali (PC). Aprender a Convivir è un programma di intervento che mira a promuovere la CS per prevenire i PC (Justicia et al., 2011). Questo studio, parte di un'indagine più ampia sull'efficacia del programma, mira ad analizzare: (a) lo sviluppo nel corso del tempo della CS e dei PC; (b) i loro effetti reciproci dai 3 ai 5 anni. METODO Alla ricerca hanno preso parte 181 bambini in età prescolare (M=87) con un'età media di 39.76 mesi (DS=4.07) a T1. È stato impiegato un disegno di ricerca quasi-sperimentale prima-dopo (6 time-point). Gli strumenti usati comprendono: PKBS-2, per valutare 3 dimensioni della CS; CBCL-TRF, per valutare i problemi internalizzati (PI) ed esternalizzati (PE). RISULTATI Per valutare il primo obiettivo sono stati testati dei Latent Growth Curve Model. È stato osservato un cambiamento quadratico sia della CS che dei PC; i bambini tendevano a riportare livelli di CS più elevati e livelli di PC più bassi nel corso del tempo, soprattutto nelle prime fasi dell'intervento. Per valutare il secondo obiettivo, è stato testato un Simplex model. I risultati hanno mostrato un effetto significativo della CS nel ridurre i PC, ma ciascuna dimensione della CS aveva effetti specifici sui PE e i PE nelle varie fasi dell'intervento. CONCLUSIONI Il programma è risultato associato a un aumento della CS e una diminuzione dei PC; inoltre, la CS ha mostrato effetti protettivi nei confronti dei PC soprattutto nelle prime fasi dell'intervento. Tuttavia l'assenza di un gruppo di controllo non consente di trarre conclusioni definitive sulla sua efficacia.

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Factor mixture analysis: un’applicazione al fenomeno del bullismo

Belacchi Carmen1, Altoè Gianmarco2

1Dipartimento di Scienze dell’Uomo, Università di Urbino “Carlo Bo” 2Dipartimento di Pedagogia, Psicologia e Filosofia, Università di Cagliari

INTRODUZIONE La Factor Mixture Analysis (FMA) è una tecnica statistica che sta suscitando un crescente interesse nell’ambito della ricerca nelle scienze umane. La FMA consente di esplorare la struttura fattoriale di un modello teorico individuando contemporaneamente l’eventuale esistenza di sotto-gruppi differenti nella popolazione studiata. Essa permette una valutazione più approfondita rispetto ai classici modelli di analisi fattoriale che ipotizzano una struttura fattoriale univoca per la popolazione. Questo lavoro si propone di: 1) presentare un’applicazione della FMA; 2) mettere in luce i vantaggi e gli aspetti critici dell’utilizzo della FMA nella ricerca in psicologia dello sviluppo. METODO 899 adolescenti (49% maschi, 49% prima e 51% terza classe della scuola superiore) hanno compilato un questionario self-report di 24 item riguardante “I ruoli dei partecipanti del bullismo” (Belacchi, 2008). Sulla base di considerazioni teoriche sono stati esaminati 40 modelli di FMA che prevedevano da 1 a 8 fattori latenti e da 1 a 5 sotto-gruppi. Il modello più plausibile è stato individuato attraverso l’analisi del Bayesian Information Criterion. RISULTATI I risultati indicano chiaramente la presenza di sotto-gruppi. Il modello più plausibile evidenzia 6 fattori latenti e 4 sotto-gruppi. Sulla base dell’interpretazione dei fattori, del loro punteggio medio e della loro correlazione per sotto-gruppo, i 4 gruppi sono stati denominati Passivi (n = 231), Aggressivi (n = 102), Qualunquisti (n = 455) e Individualisti (n = 111). I 4 gruppi sono omogenei rispetto all’età, ma non al genere dei partecipanti. CONCLUSIONI L’enucleazione di 6 fattori nell’assunzione di ruoli prosociali e/o ostili verso i coetanei insieme alla diversa associazione di tali fattori nei 4 gruppi individuati consentono una rappresentazione più aderente ad un fenomeno complesso come il bullismo. Pertanto la FMA si è dimostrata uno strumento innovativo e informativo, con rilevanza teorica e applicativa.

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Analisi di dati ordinali: vector generalized linear model e studio dei fattori di rischio nella genitorialità

Lionetti Francesca1, Pastore Massimiliano2

1Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento, Università degli Studi di Pavia

2Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione, Università degli Studi di Padova

INTRODUZIONE In psicologia molte variabili considerate come dipendenti sono di tipo ordinale, ma ancora scarsamente diffuso è l’uso di metodi statistici adeguati per la loro analisi, con conseguente perdita di informazioni ricavabili dai dati (Liu & Agresti, 2005). Obiettivo dello studio è proporre un’applicazione di Vector Generalized Linear Model (VGLM: Yee & Wild, 1996) per l’analisi degli indicatori di rischio nella genitorialità. METODO La variabile ordinale dipendente è stata definita come appartenenza al gruppo di genitorialità a crescente rischio (Barone, Bramante, Lionetti & Pastore, 2014): madri normative (n=61); con diagnosi psichiatrica (n=37); figlicide (n=23). I predittori sono stati così operazionalizzati: status socio-economico (SES); diagnosi psichiatrica; eventi traumatici; attaccamento irrisolto, insicuro, hostile/helpless all’Adult Attachment Interview (codifica: Main et al., 2002; Lyons-Ruth et al., 2005). RISULTATI Il confronto tra modelli multinomiali VGLM ha individuato nell’hostile/helpless un fattore che, sommandosi a basso SES e diagnosi psichiatrica, è stato in grado di prevedere il livello di rischio maggiore, ossia appartenenza al gruppo figlicide (BIC=106 vs. 110 per status socio-economico basso e diagnosi). Non lo stesso si è riscontrato per insicurezza e irrisoluzione: pur prevalenti nelle distribuzioni a confronto tramite chi-quadro, quando analizzate tramite VGLM in modo congiunto ai molteplici fattori di rischio in esame non hanno migliorato il modello (BIC=115). La probabilità di appartenenza al gruppo a maggior rischio è passata da .807 a .983 quando alla diagnosi psichiatrica è stata aggiunta la variabile hostile/helpless. CONCLUSIONI Grazie ai VGLM è stato possibile stimare le probabilità di ricadere in una delle classi della variabile dipendente in funzione dei predittori definiti, permettendo l’individuazione di una configurazione specifica di variabili, fattori di rischio nella genitorialità.

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Statistica Bayesiana e psicologia dello sviluppo: un futuro promettente?

Pastore Massimiliano1

1Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione, Università degli Studi di Padova

Negli ultimi anni l’approccio inferenziale più utilizzato nella ricerca psicologica, il NHST (Null Hypothesis Significance Testing), è stato al centro di profonde critiche accompagnate da un crescente interesse verso approcci alternativi. L’approccio bayesiano è, tra questi, uno dei più rilevanti. La sua diffusione, inizialmente riservata alle discipline strettamente statistiche, si sta sempre più allargando anche verso le scienze mediche, sociali e psicologiche, grazie anche alla crescente disponibilità di software statistici in grado di implementare metodi di analisi bayesiani. In questo lavoro verranno presentate le principali criticità dell'approccio NHST (quali ad esempio il problema della numerosità campionaria e dell'evidenza) e quindi una possibile alternativa legata a soluzioni di tipo bayesiano con applicazioni a semplici modelli di confronto tra medie e regressioni.

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Simposio 9 “Prolegomeni” a un’educazione economico-finanziaria Proponente: Marchetti Antonella Discussant: Macchi Laura Abstract L’Italia presenta un alto livello di esclusione finanziaria (possibilità di accesso a varie forme di credito nelle sue diverse gradazioni: servizi bancari di base; creditizia; forme e prodotti di risparmio; servizi assicurativi e previdenziali) e uno scarso livello di alfabetizzazione in tale dominio, prerequisito fondamentale per la gestione delle risorse e per la pianificazione del futuro. È quindi cruciale programmare interventi di educazione economico- finanziaria che colmino il gap sopra descritto. Obiettivo del simposio è presentare alcune questioni preliminari alla creazione di programmi di educazione economico-finanziaria presentando contributi di ricerca che coinvolgono bambini, adolescenti e giovani adulti. Un primo aspetto riguarda il rischio, la scelta intertemporale e l’effetto della natura concreta vs simbolica delle opzioni. Il primo contributo indaga comportamenti di scelta intertemporale e di assunzione di rischio in ottica evoluzionistica, evidenziando analogie e differenze tra bambini in età prescolare e cebi dai cornetti. Il secondo contributo valuta longitudinalmente il ruolo della natura concreta vs simbolica delle opzioni di scelta intertemporale in età prescolare, mostrando il peso differenziale delle variabili indagate. Un secondo aspetto riguarda la comprensione di norme sociali relative alla divisione di beni. Il terzo contributo analizza la norma sociale della fairness in età scolare e il suo impatto sulle decisioni. I risultati mostrano uno scarto indipendente dall’età tra comprensione della norma e suo effetto sulla decisione. Un terzo aspetto concerne le rappresentazioni di adolescenti e giovani-adulti italiani e svizzeri circa cause, conseguenze e rimedi della crisi economica. Il quarto e quinto contributo analizzano rispettivamente le categorie di contenuto e le metafore utilizzate nell’interpretare la crisi, fornendo una fotografia delle concezioni in diverse fasce di età e in diversi percorsi formativi (licei vs istituti tecnici, corsi universitari umanistici vs economici-aziendali). Il simposio fornirà alcune basi conoscitive su cui prefigurare futuri interventi di educazione economico-finanziaria a misura dei soggetti, tenendo conto delle specifiche fasi del ciclo di vita e del percorso formativo.

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Relazione tra capacità di tollerare l’attesa e propensione al rischio nei cebi dai cornetti (SAPAJUS SPP.) e in bambini di età prescolare

De Petrillo Francesca1,2, Paoletti Melania3, Ventricelli Marialba2, Castano Maria Letizia3, Ponsi Giorgia4, Paglieri Fabio2, Bellagamba Francesca3, Addessi Elsa2

1Dipartimento di Biologia Ambientale, Sapienza Università di Roma 2 CNR, Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione, Roma

3Dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica, Sapienza Università di Roma 4 Dipartimento di Psicologia, Sapienza Università di Roma

INTRODUZIONE La comorbidità di disturbi psichiatrici come l'impulsività e il gioco d'azzardo patologico hanno indotto ad ipotizzare che ci sia una relazione tra capacità di tollerare l’attesa e propensione al rischio. Tuttavia, le poche ricerche disponibili hanno riportato risultati contrastanti e il dibattito è aperto. Per comprendere se tale relazione sussista abbiamo somministrato un compito di scelta intertemporale e un compito di scelta probabilistica a primati non umani e a bambini di età prescolare, due popolazioni poco soggette ai condizionamenti socio-culturali che influenzano molti comportamenti umani. METODO Abbiamo testato 10 cebi dai cornetti (una specie di scimmie caratterizzata da elevato indice di encefalizzazione e capacità di manipolazione fine di oggetti) e 18 bambini di 3-5 anni proponendo scelte tra: (1) un’opzione piccola immediatamente disponibile ed un’opzione più grande disponibile dopo un periodo di attesa (scelta intertemporale) e (2) un'opzione sicura, associata a 4 unità di cibo, e un’opzione rischiosa, associata a 1 o 7 unità di cibo con probabilità 50% (scelta probabilistica). RISULTATI I cebi hanno preferito l'opzione rischiosa (t9 = 3.82, p = 0.004), mentre i bambini si sono mostrati indifferenti al rischio (t16 = 0.14, p = 0.89). In entrambe le popolazioni non è emersa una correlazione significativa tra propensione al rischio e tolleranza al ritardo (cebi: rs = -0.24, p = 0.49, N = 10; bambini: rs = -0.10, p = 0.73, N = 16). CONCLUSIONI I cebi si sono mostrati propensi al rischio, mentre i bambini si sono mostrati indifferenti al rischio, pur dimostrando di aver compreso le contingenze del compito. Si può ipotizzare che il comportamento dei cebi sia dovuto alla loro ecologia alimentare. Infatti i cebi devono modificare spesso la propria dieta in base alla disponibilità degli alimenti nell’ambiente, sfruttando anche risorse imprevedibili e potenzialmente rischiose. In entrambe le popolazioni non è stata riscontrata una correlazione significativa tra le prestazioni nei due compiti, il che suggerisce che la capacità di tollerare l’attesa e la propensione al rischio siano basate su meccanismi indipendenti. Tuttavia, sono necessari studi futuri su campioni più ampi per confermare questi risultati.

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Stimoli simbolici e scelta intertemporale in bambini di età prescolare: uno studio longitudinale

Paoletti Melania1, Pecora Giulia2, Castano Maria Letizia1, Paglieri Fabio3, Addessi Elsa3, Bellagamba Francesca1

1Dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica, Sapienza Università di Roma 2Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione,

Sapienza Università di Roma 3CNR, Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione, Roma

INTRODUZIONE Scegliere un’opzione maggiore e ritardata (LL) anziché una minore e immediata (SS) viene spesso considerato indice di tolleranza all’attesa. Tuttavia dati recenti in bambini di età prescolare e primati non umani suggeriscono che LL indichi invece una risposta impulsiva per la quantità: LL è infatti scelta meno con stimoli simbolici che con stimoli alimentari. Questo effetto non si osserva invece in soggetti umani adulti. Per valutare come si sviluppi l’effetto dei simboli sulle scelte intertemporali, abbiamo somministrato a bambini di età prescolare lo stesso compito con stimoli alimentari e simbolici a distanza di due anni. METODO 81 bambini di 3 e 4 anni (Fase 1) e 58 bambini di 5 e 6 anni (Fase 2) sono stati assegnati ad una di quattro condizioni: in FD (Food Delay) e HSTD (High Symbolic Token Delay) sono state proposte scelte tra un’opzione SS (2 unità di cibo o carta con topolino) e un’opzione LL (6 unità di cibo o carta con elefante); in FC e HSTC vi erano le stesse opzioni, ma entrambe disponibili immediatamente. RISULTATI Un’ANOVA modello misto ha mostrato un effetto della fase di ricerca: LL è stata scelta di più in Fase 2 che in Fase 1 (F1,50 = 13.71, p < 0.001, ηp2 = 0.21). È stato inoltre osservato un effetto della condizione (F3,50 = 4.84, p = 0.005, ηp2 = 0.22): LL è stata scelta di più in HSTC che in HSTD (Tukey HSD: p = 0.025) e in FD che in HSTD (p = 0.068, marginalmente significativo). È emersa un’interazione significativa tra età e fase di ricerca (F1,50 = 7.90, p = 0.007, ηp2 = 0.14): i bambini più piccoli scelgono LL di più in Fase 2 (p < 0.001). CONCLUSIONI Scegliere LL più spesso in Fase 2 probabilmente riflette un generale miglioramento delle competenze numeriche. Indipendentemente da età e fase della ricerca, gli stimoli simbolici riducono la preferenza per LL, seppure in misura minore in Fase 2. Questi dati confermano che la scelta di LL può dipendere da impulsività verso la quantità piuttosto che da tolleranza all’attesa. Suggeriscono inoltre che la maturazione delle competenze simboliche renda le risposte a stimoli simbolici più simili a quelle indotte da stimoli alimentari.

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“Tra il dire e il fare…”: sensibilità alla norma sociale della fairness e teoria della mente in età scolare

Castelli Ilaria1, Massaro Davide1, Chavez Alex2, Bicchieri Cristina2, Marchetti Antonella1

1Unità di Ricerca sulla Teoria della Mente, Dipartimento di Psicologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano

2Behavioral Ethics Lab, Departments of Philosophy and Psychology, University of Pennsylvania, Philadelphia, USA

INTRODUZIONE Ricerche sulla decisione in età evolutiva mostrano la tendenza a rifiutare offerte unfair nell’Ultimatum Game – UG (Castelli et al., 2010, 2014). Manipolando le condizioni informative dell’UG, Bicchieri e Chavez (2010) hanno mostrato negli adulti la sensibilità alla norma sociale della fairness, e la sua violazione quando essi sanno che tale violazione non può essere scoperta e quindi possono restare impuniti. Obiettivo della ricerca è replicare in età scolare il lavoro sopracitato, per valutare se la sensibilità alla norma sociale della fairness sia presente, se determini le decisioni e se sia in relazione con la Teoria della Mente (ToM). METODO Bambini di 3° (N=42, età media = 8.8 anni) e 5° (N=60, età media = 10.9 anni) della Scuola Primaria hanno svolto un compito di falsa credenza di 1° e 2° ordine e giocato con l’UG in tre condizioni: 1. Informazione completa (IC): Proponente (P) e Ricevente (R) sanno che P può scegliere tra 5-5,

8-2, lancio di moneta (testa: 5-5; croce: 8-2). 2. Informazione privata (IP): solo P sa che l’opzione moneta è assente. 3. Informazione limitata (IL): come IC, ma R non può sapere l’origine dell’offerta. RISULTATI Con un disegno 3x2x2, incrociando informazione (IC, IP, IL, livello within), salienza/non salienza della norma (livello between), età (8,10 anni) sulle decisioni di P (5-5, 8-2, moneta) e di R (accetto/rifiuto), è emerso che i P sono sensibili alla manipolazione delle informazioni per fare l’offerta (χ2(4) = 9.74, p = .045) e i R all’unfairness dell’offerta, a prescindere dalle condizioni che l’hanno determinata (χ2(2) = 83.05, p < .0001). A differenza degli adulti, i bambini giudicano la moneta come la scelta più fair (96% vs. 64% per la condizione IC, χ2(1) = 16.1, p < .0001; 94% vs. 57% per la condizione IL, χ2(1) = 14.2, p = .0002), sebbene poi rifiutino un’offerta unfair esito del lancio della moneta. Le decisioni di P e di R non appaiono in relazione con la ToM. CONCLUSIONI La sensibilità alla norma sociale della fairness è in costruzione nelle età qui considerate.

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La crisi economica e finanziaria: rappresentazioni di adolescenti e giovani adulti

Aprea Carmela1, Ajello Anna Maria2, Berti Anna Emilia3, Castelli Ilaria4, Lombardi Elisabetta2, Marchetti Antonella 4, Massaro Davide4, Sappa Viviana1, Valle Annalisa4

1Istituto Universitario Federale per la Formazione Professionale EHB IFFP IUFFP, Lugano 2Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione,

Sapienza Università di Roma 3Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata, Università di Padova

4Unità di Ricerca sulla Teoria della Mente, Dipartimento di Psicologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano

INTRODUZIONE I cambiamenti che hanno interessato lo scenario globale dei mercati economici e finanziari hanno avuto ripercussioni sul mondo delle imprese, ma anche su quello delle famiglie e degli individui. La contingenza storico-culturale mette sempre più in evidenza la complessità delle scelte e delle decisioni che l’individuo compie in ambito economico-finanziario. In questa prospettiva, le indagini a livello mondiale si sono focalizzate principalmente sulla prospettiva del consumatore di prodotti finanziari e non sulle sue conoscenze e competenze in tale ambito. Al contrario, in una visione sistemica le competenze economiche e finanziarie di un individuo dovrebbero essere considerate non solo in relazione ai suoi consumi, ma anche alle sue capacità critiche di comprendere il sistema economico-finanziario. Il presente contributo investiga le rappresentazioni della crisi economica di adolescenti e giovani adulti. METODO A 658 adolescenti e giovani adulti (Metà = 17.57, Range 14-27, DS = 1.71) italiani e svizzeri-italiani è stato somministrato un questionario a domande aperte sulle cause, conseguenze e possibili rimedi della crisi economica. I dati sono stati analizzati attraverso un’analisi categoriale del contenuto, analisi descrittive e analisi della varianza in funzione delle variabili strutturali. RISULTATI Vengono individuate 34 tipologie di cause, 16 possibili rimedi e 6 categorie di conseguenze. Le cause riconosciute dagli esperti economico-finanziari all’origine della crisi sono poco citate. Al contrario, vengono privilegiate rappresentazioni legate alle decisioni e all’inadeguatezza della politica. Si riscontra un effetto del ciclo scolastico: gli universitari individuano un numero maggiore di cause e rimedi e un numero inferiore di effetti rispetto agli studenti della scuola superiore (F654,2 = 14.76, p < .001; F648,2 = 53.74, p < .001; F519,2 = 5.33, p < .01). CONCLUSIONI I risultati hanno delle implicazioni per la programmazione di un’educazione economico-finanziaria che tenga conto dell’età e del percorso di studi degli individui.

 

 

 

 

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La rappresentazione della crisi economica negli studenti di II e IV superiore: analfabetismo e/o ostacoli cognitivi?  

Ajello Anna Maria1, Lombardi Elisabetta1

1Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione, Sapienza Università di Roma

INTRODUZIONE Lo studio, cogliendo il rinnovato interesse per gli aspetti economici e finanziari sul piano internazionale ha indagato la percezione della crisi economica in adolescenti di scuola secondaria di secondo grado con insegnamento di economia e diritto (istituti tecnici) e senza l’insegnamento di queste discipline (licei). METODO Partecipanti 97 ragazzi di II e IV superiore, di età compresa tra i 15 e i 19 anni, di cui 41 di sesso femminile e 56 di sesso maschile, frequentanti la seconda e la quarta classe. Strumento: Questionario sulle cause della crisi, le contromisure, le fonti di informazione e le influenze sulla vita quotidiana. Modalità di analisi. Le risposte sono state categorizzate da due giudici indipendenti in base a categorie tratte da un modello di competenza esperto presentato in diverse trattazioni della crisi economica. Sono state calcolate le frequenze percentuali e il chi quadro di queste categorie tenendo conto delle seguenti variabili: a. scuola frequentata, b. anno di frequenza, c. genere. È stata condotta un’analisi qualitativa delle risposte utilizzando il modello di Voss (1987) relativo alle caratteristiche del ragionamento sociale. RISULTATI I partecipanti indicano cause isolate o con legami diretti a due a due, senza un inquadramento generale o una prospettiva storica, così come ci si aspettava in base al modello di ragionamento del novizio descritto da Voss (1987); un ruolo discriminante è assunto dal criterio della pertinenza, poiché nelle risposte sono presenti aspetti eterogenei – economici, sociali, politici – fortemente caratterizzati sul piano ideologico. Nessuna differenza emerge inoltre in funzione del tipo di scuola frequentata. L’uso di metafore, infine, tratte anche dalla comunicazione mass-mediologica, risulta ostacolante perché convoglia l’attenzione su aspetti “locali” e circoscritti rispetto al modello di ragionamento esperto, impedendo nello stesso tempo una visione più ampia e articolata del fenomeno indagato.

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Simposio 10 Funzioni esecutive, coordinazione motoria e sviluppo di competenze grafiche nella scrittura manuale Proponenti: Di Sano Sergio, Aureli Tiziana Discussant: Di Brina Carlo Abstract Lo sviluppo motorio del bambino ha acquisito in tempi recenti un sempre maggiore interesse in quanto ha evidenziato la stretta relazione tra processi bassi (percettivi e motori) e processi alti (pianificazione e controllo) nello sviluppo. Il consolidamento degli schemi motori e la capacità di usarli in modo flessibile è alla base delle competenze linguistiche come della scrittura e in particolare del grafismo. Per questa ragione il presente Simposio vuole mettere insieme studiosi che si occupano di funzioni esecutive, coordinazione motoria e componente grafica della scrittura per cogliere la relazione nello sviluppo tra questi diversi aspetti. Il primo contributo (Baldi et al.) indaga lo sviluppo delle abilità di pre-scrittura in età prescolare e nel primo anno della scuola primaria e la loro relazione con i processi visuomotori, percettivi e di attenzione. Il secondo contributo (Devescovi et al) valuta, tramite il BRIEF-P, i profili delle funzioni esecutive in popolazioni cliniche che presentano deficit nell’area motoria. Il terzo contributo (Di Sano e Cerratti) indaga lo sviluppo della componente grafica della scrittura manuale in bambini di II e IV elementare tramite la somministrazione del DGM-P e la relazione con processi visuomotori, di memoria e di pianificazione. Il quarto contributo (Zoppello et al) presenta l’adattamento italiano di un questionario per la valutazione della coordinazione motoria nei bambini (DCDQ) rivolto ai genitori, per bambini dai 5 ai 12 anni, e la validazione basata sulla somministrazione della Movement Assessment Battery for Children (M-ABC). L’elemento unificante è la consapevolezza dello stretto intreccio tra gli schemi motori più semplici e i processi che consentono di coordinare tali schemi in comportamenti complessi. Una maggiore consapevolezza di questo intreccio può aiutare a cogliere la diversa fenomenologia dei disturbi in questo ambito e a individuare possibili strade per lo sviluppo di interventi efficaci.

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Le abilità esecutive di scrittura dai 3 ai 6 anni

Baldi Silvia1, Devescovi Antonella2, Longobardi Emiddia1

1Dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica, Sapienza Università di Roma 2Dipartimento dei Processi di Sviluppo e Socializzazione, Sapienza Università di Roma

INTRODUZIONE La scrittura a mano è una delle abilità necessarie per l’acquisizione delle competenze di scrittura complesse. Alcune delle abilità che contribuiscono allo sviluppo della scrittura a mano sono quelle di integrazione visuo-motoria, di coordinazione occhio-mano, di attenzione sostenuta e di percezione visiva. Pochi sono gli studi recenti che hanno indagato lo sviluppo delle abilità di scrittura dai 3 ai 6 anni. Gli obiettivi dello studio sono: a) esaminare le competenze di pre-scrittura a livello grafo-motorio in bambini con sviluppo tipico di età prescolare e di prima classe di scuola primaria; b) analizzare la relazione tra le diverse variabili implicate nello sviluppo delle abilità esecutive di scrittura nelle diverse fasce di età. METODO Hanno partecipato 179 bambini suddivisi in quattro fasce d’età: 3, 4, 5 e 6 anni. Le abilità di pre-scrittura sono state valutate attraverso lo Shore Handwriting Screening (SHS: Shore, 2003), strumento che consente di osservare la postura, la prensione, la coordinazione bimanuale, la manipolazione e la copia di lettere. Sono state valutate le abilità d’integrazione e coordinazione visuo-motoria, di percezione visiva (VMI) e l’attenzione visiva sostenuta (Barrage Leiter-r). RISULTATI I risultati mostrano differenze significative nel punteggio SHS Totale, che aumenta in funzione dell’età (p < .001). L’analisi correlazionale, considerando il campione totale di bambini, mostra che il punteggio SHS correla in modo significativo con tutte le abilità misurate con il VMI (da r =.19, p < .01 a r =.44, p < .01), e non con l’attenzione sostenuta. Anche a 3 anni si riscontrano le medesime correlazioni significative con tutti i subtest del VMI (da r = .29, p < .05 a r = .59, p < .01). A 4 anni emergono correlazioni positive con il VMI-integrazione (r = .37, p < .01) e VMI-coordinazione (r = .39, p <.01). A 5 e a 6 anni non emergono correlazioni significative. CONCLUSIONI Questi risultati mostrano differenti profili di sviluppo nelle abilità esecutive di scrittura e diverse relazioni tra le variabili in funzione dell’età.

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Questionario sulla coordinazione motoria, la versione italiana del Developmental Coordination Disorder Questionnaire (DCD-Q)

Zoppello Marina1, Capone Luca 1, Caravale Barbara 2, Nunzi Michela3, Baldi Silvia3, Caputi Marcella3, Balottin Umberto1

1Struttura Complessa di Neuropsichiatria Infantile IRCCS Mondino, Pavia 2Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione,

Sapienza Università di Roma 2Melograno Psicologia Clinica e Riabilitazione, Roma

INTRODUZIONE Il Developmental Coordination Disorder Questionnaire DCDQ (BN: Wilson, 2007), sviluppato in Canada e validato in altri Paesi, è un questionario largamente utilizzato per valutare le competenze motorie tra i 5 e i 15 anni (“Controllo durante il Movimento”, “Motricità Fine/Scrittura”, “Coordinazione Generale”). Il questionario viene compilato dai genitori che devono valutare le performance motorie del proprio figlio usando una scala Likert a 5 punti. Obiettivo del lavoro è la validazione dello strumento per la popolazione italiana. METODO Successivamente ad una prima fase di adattamento cross-culturale (26 bambini con diagnosi di DCD e 52 bambini con sviluppo tipico) è stata avviata la prima fase di validazione alla quale hanno partecipato 312 bambini (M=159, F=153, d’età compresa tra i 5 e i 12 anni, età media 8.9). I questionari sono stati somministrati ai genitori. Sono stati così individuati i bambini “positivi” per rischio DCD (DCDQ+) e quelli “negativi” (DCDQ-). Al gruppo di DCDQ+ (n = 40; M=21, F=19, età media 9.9) è stato appaiato un gruppo di controllo DCDQ- (n = 30; M=13, F=17, Metà = 9.6). Ad entrambi i gruppi è stata somministrata la Movement Assessment Battery for Children (M-ABC) in modalità doppio cieco. RISULTATI Sul campione di 312 bambini, l’alpha di Cronbach indica una buona coerenza interna (0.89). L’analisi statistica parametrica documenta una correlazione significativa tra le sottoscale del DCDQ e il punteggio totale (r = > 0.57, p<.001). Il t di Student evidenzia differenze significative di genere negli item 8,10,15 e nelle sottoscale di motricità fine e coordinazione, t(310) > 2.19, p < .05. Per i 70 soggetti (M=34, F=36), esaminati con entrambi gli strumenti, emergono correlazioni significative tra il DCDQ e l’M-ABC (r = -0.55, p < .001). CONCLUSIONI Il DCDQ sembra evidenziare una buona validità predittiva; i due strumenti concordano per l’88,6%. Si discuteranno i risultati in un’ottica di validazione (ampliamento del campione) e di applicazioni cliniche e di ricerca.

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Lo sviluppo del grafismo nella scrittura manuale e i processi coinvolti

Di Sano Sergio1, Cerratti Paola1

1Dipartimento di Neuroscienze, Imaging e Scienze Cliniche, Università “G. D’Annunzio”, Chieti-Pescara

INTRODUZIONE Il processo della scrittura coinvolge una varietà di componenti: grafiche, ortografiche e di produzione testuale. Le abilità grafiche di scrittura manuale (handwriting) sono fondamentali per consentire ai bambini di partecipare con successo alle attività scolastiche in quanto sono coinvolte in molti compiti, dal dettato agli esercizi di matematica. Nonostante l’importanza di questa competenza ancora pochi sono gli studi in questo ambito e ancora poco si sa circa i fattori coinvolti. L’obiettivo del presente lavoro è quello di indagare lo sviluppo delle abilità grafo-motorie di scrittura in età scolare, tramite la batteria DGM-P, confrontando la prestazione in base alla classe (II vs IV elementare) al sesso (F vs M) e alla condizione di svolgimento del compito (migliore vs veloce). Inoltre, abbiamo indagato la relazioni con altri processi visuo-motori (tramite il VMI), di memoria e pianificazione (tramite il K-ABC). METODO Hanno partecipato 84 bambini: 50 di II elementare e 34 di IV elementare. Le abilità grafo-motorie nella scrittura manuale sono state misurate tramite il DGM-P, la coordinazione visuo-motoria tramite il VMI e i Processi cognitivi (elaborazione visuospaziale, memoria, pianificazione) tramite il KABC-II. RISULTATI L’analisi della varianza ha evidenziato che entrambi i gruppi di età sono sensibili all’effetto della condizione, per cui producono un numero maggiore di grafemi al secondo nella condizione veloce rispetto a quella migliore, ma la variazione risulta maggiore nei bambini più grandi. Con l’età si riducono le fluttuazioni e le variazioni di altezza delle lettere che sono comunque maggiori nella condizione veloce rispetto a quella migliore per entrambi i gruppi di età. Altri parametri, come dismetrie e lettere irriconoscibili, risultano peggiorare con l’età. Per alcuni parametri, come quello delle fluttuazioni rispetto al rigo, si manifesta un miglioramento con l’età (riduzione delle fluttuazioni), ma anche un’interazione con la condizione (solo nei grandi c’è un peggioramento nella condizione veloce rispetto alla condizione migliore). L’analisi delle correlazioni ha evidenziato che alcuni parametri, come le fluttuazioni, correlano con la prestazione al VMI in II ma non in IV evidenziando come i processi sottostanti la scrittura manuale cambino negli anni della scuola primaria CONCLUSIONI Con l’età non solo migliora, in genere, la qualità della scrittura ma aumenta la capacità di controllo sugli specifici parametri della scrittura, per cui i bambini sono in grado di “scrivere peggio” per soddisfare la richiesta di “scrivere veloce”, e cambiano in parte i processi coinvolti.

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La complessità della valutazione versus uso delle funzioni esecutive in bambini di età prescolare con disordini nell’area dello sviluppo motorio

Devescovi Antonella1, Marano Assunta2, Innocenzi Margherita3

1Dipartimento dei Processi di Sviluppo e Socializzazione, Sapienza Università di Roma 2Dipartimento di Medicina Clinica, Sanità Pubblica, Scienze della Vita e dell’Ambiente,

Università degli Studi dell’Aquila 3ASL RomaB, Roma

INTRODUZIONE La valutazione clinica delle funzioni esecutive è stata sempre molto problematica a causa della loro componente dinamica (Denkla, 1994) e questo problema è particolarmente saliente nei bambini di età prescolare (Espy & Kaufmann, 2002). Così, le differenze di strutturazione dell’ambiente e delle richieste comportamentali poste in contesti diversi possono influenzare l’espressione degli aspetti meta-cognitivi delle funzioni esecutive. Obiettivo del lavoro è l’esplorazione dell’espressione degli aspetti meta-cognitivi delle funzioni esecutive in popolazioni cliniche distinte per l’implicazione dell’area motoria osservati in due contesti di vita. L’ipotesi soggiacente è che la condizione sperimentale strutturata di una tipica situazione di valutazione individuale può anche limitare le opportunità di osservazione delle funzioni esecutive, proprio nei bambini di età prescolare. METODO Il campione è costituito da gruppi clinici contrapposti (appaiamento 1:2, in base alle variabili: età, genere e indicatore socioeconomico). Protocollo: Scheda Anamnestica (Marano, Devescovi & Innocenzi, 2012), Brief-p italian version (Marano, Devescovi & Innocenzi, 2014). RISULTATI I profili del BRIEF-P del gruppo di bambini con varie diagnosi cliniche sono state stratificate in base all’implicazione o meno delle competenze motorie e comparate alle valutazioni dei genitori e insegnanti di bambini di un campione normativo appaiato: le differenze sono state in tutti i casi ampie in grandezza, evidenziate dalle grandi dimensioni dell’effetto (η² che va da .08 a .87) per le cinque scale cliniche del BRIEF-P. CONCLUSIONI I bambini con implicazioni cliniche nell’area motoria sono stati valutati come aventi significativamente più problemi dei bambini del campione normativo nella maggioranza delle scale del BRIEF-P. Questi risultati suggeriscono quanto la disfunzione esecutiva sia evidente e pervasiva anche nella fase emergente di questo disordine.

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Simposio 11 Funzionamento familiare e qualità dell’adattamento in adolescenza Proponenti: Miranda Maria Concetta, Olivari Maria Giulia Discussant: Cattelino Elena Abstract L’ingresso di un figlio in adolescenza si configura come un evento critico che richiede una vera e propria riorganizzazione dei legami familiari, impegnando in tale impresa sia i genitori che i figli (Scabini, 1995). Il funzionamento familiare diviene un elemento nodale che predice in maniera diversa la crescita e lo sviluppo dei figli (Greco & Morris, 2002). Il presente simposio si propone di valutare, utilizzando diverse metodologie di indagine, il ruolo che il funzionamento familiare, inteso come modalità relazionali familiari e genitoriali, capacità di adattabilità, coesione e comunicazione, ha sulla qualità dell’adattamento in adolescenza. Nello specifico il simposio prevedrà il contributo di Olivari et al. che indaga il ruolo svolto dagli stili educativi materni e paterni, retrospettivamente percepiti, rispetto alle problematiche internalizzanti e esternalizzanti dell’adolescente. Il contributo di Calandri et al. sposta il proprio focus di osservazione sulla diade genitoriale, indagando il ruolo che la condivisione della responsabilità educativa – la co-genitorialità- ha rispetto all’adattamento. Il contributo di Miranda et al. soffermandosi ancora sulla diade genitoriale, valuta come la percezione, da parte dell’adolescente, dell’incongruenza dello stile interparentale possa rappresentare un fattore di rischio rispetto ai sintomi ansioso-depressivi e all’aggressività in adolescenza. Il contributo di Pace et al. utilizzando un disegno di ricerca longitudinale, si concentra sugli effetti che il funzionamento familiare ha rispetto all’adattamento in adolescenza. Infine, il contributo di Everri illustra, attraverso l’utilizzo di metodologie osservative, i micro-processi di riorganizzazione attraverso cui genitori e figli, in modo “congiunto”, ricercano un nuovo equilibrio in adolescenza.

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La percezione retrospettiva degli stili educativi genitoriali materni e paterni e adattamento in adolescenza

Olivari Maria Giulia1, Bonanomi Andrea2, Confalonieri Emanuela1

1Dipartimento di Psicologia, CRIdee, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano 2Dipartimento di Scienze Statistiche, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

INTRODUZIONE Gli stili educativi genitoriali costituiscono il clima emotivo pervasivo all’interno di cui il bambino viene cresciuto e le ricerche suggeriscono la presenza di un’associazione fra questi ed esiti evolutivi più o meno positivi in adolescenza (Steinberg, 2000). In questo studio ci si propone di indagare come la percezione retrospettiva dell’adolescente rispetto al modo in cui i genitori si sono occupati di lui in infanzia sia legata alla competenza percepita di sé e alla messa in atto di comportamenti internalizzanti ed esternalizzanti. METODO 682 adolescenti (maschi=47%; Metà = 16.1; DS = 1.5) hanno compilato un questionario sulla percezione retrospettiva degli stili educativi genitoriali (Tagliabue et al., 2013), la competenza percepita di sé (Sestito et al., 2009) e la messa in atto di comportamenti internalizzanti ed esternalizzanti (Achenbach, 2001). RISULTATI Sono state condotte delle regressioni lineari: tra le dimensioni di competenza percepita di sé, quella comportamentale risulta negativamente influenzata dalla percezione di una madre autoritaria (β = -.19, p <.05) e permissiva (β = -.15, p <.05) e positivamente dalla percezione di un padre autorevole (β = .13, p <.05) [R2 = .15]. Inoltre, i comportamenti esternalizzanti sono positivamente influenzati dalla percezione di una madre autoritaria (β = .09, p < .05), permissiva (β = .04, p < .05) e di un padre permissivo (β = .05, p < .05), e negativamente dalla percezione di un padre autorevole (β = -.05, p =.05) [R2 = .21]. CONCLUSIONI Dai risultati emerge come lo stile autorevole si confermi come protettivo e il ruolo del padre sembra giocare un ruolo molto rilevante, aiutando gli adolescenti a sviluppare una immagine positiva di sé rispetto alla competenza comportamentale e contribuendo a limitare la messa in atto di comportamenti esternalizzanti. Lo stile autoritario e permissivo materni sarebbero maggiormente legati ad una competenza comportamentale meno positiva e alla messa in atto di comportamenti esternalizzanti.

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La co-genitorialità e i problemi di adattamento dei figli adolescenti: il ruolo di mediazione della soddisfazione per la relazione genitori-figli

Calandri Emanuela1, Begotti Tatiana1, Milioni Michela2, Cattelino Elena3

1Dipartimento di Psicologia, Università di Torino 2Dipartimento di Scienze dell’Educazione, Università degli Studi Roma Tre

3Dipartimento di Scienze Umane e Sociali, Università della Valle d’Aosta

INTRODUZIONE La cogenitorialità, ossia il modo in cui i genitori si sostengono reciprocamente e condividono la responsabilità educativa nel crescere i figli (Barni et al., 2012), risulta essere un predittore sia della qualità della relazione fra genitori e figli, sia del livello di adattamento di questi ultimi (Feinberg & Kan, 2008), in particolare nei periodi di transizione come l’adolescenza. In questo contributo si intende analizzare il ruolo della cogenitorialità (differenziando tra padri e madri), in relazione ai problemi di adattamento dei figli adolescenti, ipotizzando sia un effetto diretto, sia un effetto indiretto, mediato dalla soddisfazione per la relazione con i figli. METODO 154 genitori di adolescenti, 85 madri e 69 padri, di cui 48 coppie genitoriali, hanno compilato un questionario self-report sui temi della genitorialità. Per questo contributo sono state utilizzate misure relative ai seguenti costrutti: cogenitorialità (Ranieri & Rosnati, 2012), soddisfazione per la relazione con il figlio (Furman, 1996) e problemi di adattamento dei figli (BPM; Achenbach et al., 2011). RISULTATI I risultati mostrano che, rispetto alle dimensioni di cogenitorialità, soddisfazione per la relazione e BPM non emergono differenze tra padri e madri. Sono poi stati testati tre modelli di mediazione (sul campione totale e separatamente per i padri e per le madri). I risultati mostrano che, nel campione totale e fra le madri, la relazione tra cogenitorialità e BPM dei figli è mediata parzialmente dalla soddisfazione per la relazione (campione totale: β da -.44*** a -.29**; madri: β da -.49*** a -.34*); fra i padri la soddisfazione per la relazione media totalmente la relazione fra cogenitorialità e BPM (β da -.32* a -.18 ns). CONCLUSIONI I risultati evidenziano che la cogenitorialità costituisce un fattore protettivo rispetto ai problemi di adattamento degli adolescenti, sia direttamente che indirettamente, mediante l’aumento della soddisfazione dei genitori per la relazione con i figli.

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Rifiuto genitoriale e adattamento in adolescenza. Effetti della incongruenza nella percezione del ruolo paterno e materno

Miranda Maria Concetta1, Affuso Gaetana1, Esposito Concetta1, Dario Bacchini1

1Dipartimento di Psicologia, Seconda Università degli Studi di Napoli, Caserta INTRODUZIONE Solide evidenze empiriche mostrano che l'esperienza di rifiuto genitoriale può essere un fattore di rischio per lo sviluppo di problematiche emotive e comportamentali dall’infanzia sino all’età adulta (Rohner et al., 2005). Meno chiari, invece, sono i risultati degli studi che hanno valutato l'influenza dell’incongruenza interparentale sull’adattamento; se da un lato alcuni studi rilevano la possibilità che un genitore può compensare, con un adeguato stile parentale, l’effetto deleterio dell’altro genitore (García-Linares et al., 2014), altri studi mostrano che l’incongruenza interparentale, di per sé, può essere dannosa (Tildesley & Andrews, 2008). Obiettivo del presente lavoro è quello di indagare la relazione del disadattamento adolescenziale con i diversi livelli di coerenza genitoriale nel rifiuto-accettazione e con l’incongruenza interparentale. METODO Allo studio hanno partecipato 2624 soggetti (1316 maschi, Metà = 13.21; DS = 1.01). Per la misura del grado di rifiuto-accettazione di madre e padre è stata utilizzato il PARQ (Rohner, 1990), e per l’adattamento le scale di ansia-depressione ed aggressività dello Youth Self Report (Achenbach, 2001). RISULTATI Un’analisi dei Cluster gerarchici sulle variabili di rifiuto materno e paterno ha identificato sei gruppi genitoriali. Attraverso un’analisi della varianza multivariata è emerso un effetto a carico del gruppo genitoriale; le analisi post hoc mostrano che i figli di genitori coerenti ed altamente rifiutanti o di genitori incongruenti (con madre o padre rifiutanti) mostrano livelli di ansia depressione (F(5,2575) = 25.84, p < .001) e di aggressività (F(5,2575 ) = 21.31, p < .001) più elevati rispetto ai restanti gruppi (genitori coerenti mediamente rifiutanti, coerenti mediamente accettanti e altamente accettanti). CONCLUSIONI Dai risultati emerge che l’incongruenza interparentale di per sé, al pari dell’elevato rifiuto genitoriale, rappresenta un fattore di rischio per l’adattamento dell’adolescente.

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Il ruolo del funzionamento familiare nella propensione al gioco d’azzardo in adolescenza. Uno studio longitudinale

Pace Ugo1, Zappulla Carla2, Di Maggio Rosanna2, Madonia Carmela1

1Facoltà di Scienze dell’Uomo e della Società, Università Kore, Enna 2Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche e della Formazione, Università di Palermo

INTRODUZIONE La diffusione del gioco d'azzardo patologico ha portato alla necessità di comprendere attraverso quali meccanismi si possa rintracciare l'inizio precoce di tale comportamento disadattivo, soprattutto in età adolescenziale. Sebbene esistano una serie di ricerche che evidenziano la relazione fra consuetudine al gioco dei genitori e propensione al gioco d’azzardo dei figli, sono poche le ricerche empiriche che sottolineano il ruolo di variabili psicorelazionali intrafamiliari come percezione del controllo, coinvolgimento, supervisione. Obiettivo della ricerca è quello di esaminare la relazione nel tempo tra funzionamento familiare e gioco d’azzardo in adolescenza. METODO A 282 adolescenti (145 maschi) di 15-17 anni (M=16 anni, DS =.63) sono stati somministrati il Family Assessment Device (FAD: Epstein, Baldwin & Bishop, 1983; Roncone et al., 1998) per valutare il funzionamento familiare e il South Oaks Gambling Screen (SOGS; Lesieur & Blume, 1987) per valutare il rischio di gioco patologico. A distanza di due anni, il SOGS è stato somministrato nuovamente. Per quanto riguarda le analisi dei dati, oltre le analisi preliminari (statistiche descrittive e correlazioni) sono state condotte delle regressioni per esaminare le relazioni predittive tra dimensioni familiari e gioco d’azzardo patologico. RISULTATI Le correlazioni tra il funzionamento familiare a tempo 1 e il gioco d’azzardo patologico a tempo 2 mostrano correlazioni negative e significative per tutte le dimensioni considerate. Le regressioni mostrano un effetto negativo e significativo nel caso della responsività affettiva (B = -.20, p <.02) e del funzionamento generale (B = -.37, p <.000). CONCLUSIONI I risultati della ricerca mettono in evidenza come il gioco d’azzardo in adolescenza possa essere annoverato fra quegli esiti disadattavi legati a disfunzioni affettive del sistema familiare, e non solo al comportamento imitativo causato dalla presenza di genitori che praticano il gioco d’azzardo.

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L’adolescenza come transizione familiare: una proposta per lo studio dell’adattamento come riorganizzazione sistemica

Everri Marina1

1Dipartimento LASS - Area Psicologia, Università di Parma INTRODUZIONE La transizione verso l’adolescenza è spesso definita come un’impresa evolutiva congiunta (Scabini & Iafrate, 2003). Adottando una prospettiva sistemico-processuale, basata sul costrutto di microtransizione (Molinari et al., 2010), in questo contributo si intende documentare come i cambiamenti degli adolescenti si connettano a specifici processi interattivi familiari. METODO 62 famiglie con figli adolescenti (13-16 anni) hanno partecipato a interviste familiari videoregistrate, in seguito trascritte e analizzate con procedure microanalitiche basate sul costrutto di stance-taking (Everri, 2011). Il sistema di codifica consiste nella rilevazione di valutazioni, posizioni, allineamenti, corrispondenti a specifiche dimensioni del funzionamento familiare: riconoscimento di competenze, ridefinizione del potere familiare e regolazione delle distanze interpersonali. RISULTATI Due forme di interazione familiare, (a) Riconferma della stabilità e (b) Resistenza ai cambiamenti, presentano assenza di riconoscimento delle competenze; nella prima si confermano gerarchia familiare e vicinanza, nella seconda si sfida la gerarchia e si afferma la distanza. Nella (c) Legittimazione della riorganizzazione familiare si osservano: il riconoscimento delle competenze, il rovesciamento della gerarchia familiare e la progressiva differenziazione. Infine, in (d) Esplorazione dei cambiamenti, emergono oscillazioni tra le diverse dimensioni. CONCLUSIONI Osservare tutta la famiglia-in-interazione permette di descrivere diversi micro-processi di riorganizzazione attraverso cui genitori e figli, in modo “congiunto”, ricercano un nuovo equilibrio. L’oscillazione tra le diverse dimensioni familiari, in particolare, può essere un indicatore di adattamento in adolescenza: richiede a genitori e figli di negoziare ruoli, distanze e competenze. L’adattamento può quindi essere inteso come la capacità di gestire micro-transizioni che avvengono quotidianamente nelle interazioni familiari.

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Simposio 12

Emozioni, umore e prestazioni in matematica Proponente: Mason Lucia Discussant: Perucchini Paola Abstract Le situazioni in cui gli studenti svolgono compiti e attività nelle aule scolastiche non sono mai neutre dal punto di vista affettivo, in quanto impregnate di umori ed emozioni che connotano il loro modo di stare a scuola (Boscolo, 2013). Tuttavia, gli aspetti affettivi sono stati complessivamente trascurati in relazione all’apprendimento scolastico e solo recentemente ha preso avvio un settore di ricerca teso ad esaminare antecedenti e conseguenze delle emozioni e dell’umore in contesto scolastico (Bohn-Gettler & Rapp, 2012; Goetz et al., 2013; Pekrun, 2009; Strain, Azevedo & D’Mello). Presentando e discutendo un insieme coerente e integrato di ricerche, il simposio ha lo scopo di comprendere più approfonditamente la natura e gli effetti delle emozioni di riuscita più frequenti tra i banchi di scuola, ad esempio ansia e felicità, e dell’umore indotto da eventi stressanti, sulle prestazioni cognitive in un dominio di apprendimento particolarmente importante per il successo scolastico come quello matematico. Le ricerche hanno coinvolto studenti di vario grado scolare, dalla scuola primaria alla secondaria di secondo grado, e hanno un forte significato applicativo, oltre che teorico, per le implicazioni educative che possono essere tratte. Il primo contributo è di natura qualitativa e individua i profili emotivi degli studenti in relazione al grado scolare e al dominio di apprendimento, matematica o italiano. Il secondo contributo si occupa degli effetti dell’ansia matematica su compiti di base, come la conoscenza dei fatti numerici, e su compiti di calcolo semplice e complesso. Il terzo contributo esamina le difficoltà di calcolo alla luce dell’ansia matematica e dell’ansia in generale, oltre che della capacità di inibire risposte automatiche. Infine, il quarto contributo indaga gli effetti dell’induzione d’umore negativo, provocata da un evento scolasticamente stressante, e di una procedura di immaginazione guidata, sulla prestazione in un compito di calcolo di base.

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Emozioni di riuscita: uno studio qualitativo con studenti di scuola primaria e secondaria

Raccanello Daniela1, Hall Rob2, De Bernardi Bianca1

1Dipartimento di Filosofia, Pedagogia e Psicologia, Università di Verona 2Environmetrics Pty Limited, Australia

INTRODUZIONE Recentemente la letteratura ha posto particolare attenzione su una vasta gamma di emozioni all’interno dei contesti scolastici, anche alla luce delle loro interazioni con la sfera motivazionale, cognitiva e comportamentale (Linnenbrink, 2006; Pekrun & Stephens, 2012). Tenendo conto della teoria del controllo-valore delle emozioni di riuscita (Pekrun, 2006), questo lavoro ha l’obiettivo di identificare gruppi di studenti con profili di emozioni simili, esplorandone la relazione (a) con le variabili su cui sono basati e (b) con variabili quali età, genere e disciplina. Si è inoltre ipotizzato che il riferimento spontaneo alle emozioni aumenti con l’età. METODO A 149 studenti (4^ anno di scuola primaria, 2^ anno di scuola secondaria di I^ grado, 3^ anno di scuola secondaria di II^ grado) è stato chiesto, tramite interviste semi-strutturate, come si sentono in relazione all’italiano o alla matematica. E’ stato codificato il numero di termini relativi a 10 emozioni di riuscita (accordo medio: 88%). RISULTATI Tramite analisi della varianza a misure ripetute è emerso che il numero di termini aumenta con l’età, F(2,146) = 9.53, p < .001, η2 = .11, con una prevalenza dei positivi, F(1,146) = 30.72, p < .001, η2 = .17, soprattutto per i più grandi (F(2,146) = 5.39, p = .006, η2 = .07). Tramite Self-Organizing Maps (Kohonen, 1989) si sono identificati 5 profili, caratterizzati prevalentemente da individui (1) molto ansiosi, (2) molto annoiati, (3) moderatamente felici e tranquilli, (4) molto felici, (5) molto tranquilli. Tramite tecniche di partizione (JMP & SAS, 2013) è emerso che i profili si differenziano soprattutto per i riferimenti a felicità e tranquillità (R2 = .70) e che il terzo profilo è più frequente per l’italiano nei due gruppi con età inferiore (R2 = .11). CONCLUSIONI Si è documentata l’esistenza di diversi profili di emozioni che differenziano gli studenti. Ulteriori analisi sono in corso per esplorare la relazione fra tali profili e gli antecedenti delle emozioni riportati dagli studenti.

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Effetto dell’ansia matematica sui compiti di calcolo e conoscenza numerica

Passolunghi Maria Chiara1, De Agostini Ruggero1, Perini Chiara1

1Dipartimento di Scienze della Vita, Università di Trieste INTRODUZIONE Non sono tuttora chiaramente compresi i meccanismi cognitivi sottostanti la relazione fra ansia matematica (AM) e prestazione matematica. Alcuni studi hanno trovato che l’AM ha un effetto molto limitato in compiti di calcolo semplice mentre la sua influenza aumenta in compiti di calcolo più complessi (e.g. operazioni con riporto o prestito) e nella soluzione dei problemi (Ashcraft & Faust, 1994; Faust, Ashcraft & Fleck, 1996). Il nostro studio si è proposto di indagare gli effetti dell’ansia matematica in compiti di calcolo e conoscenza numerica in studenti di scuola secondaria di I^ grado. Le ipotesi erano che l’ansia matematica deprima le risorse cognitive dell’individuo e abbia un effetto negativo su compiti di calcolo semplice e complesso, ma non deprima la prestazione in compiti maggiormente di base quale la conoscenza numerica. Inoltre, abbiamo ipotizzato che l’ansia matematica abbia un effetto specifico sull’apprendimento matematico, ma non influenzi altri domini di apprendimento, ad esempio la comprensione del testo, in quanto si tratta di ansia specifica e non di ansia generalizzata. METODO Da un ampio gruppo di studenti frequentanti la scuola secondaria di I^ grado (età media 12 anni e 8 mesi) sono stati selezionati due gruppi con alto livello di ansia matematica (23, 12F) o basso livello d’ansia matematica (23, 12F) 15, utilizzando la Math Anxiety Scale (AMAS). I due gruppi sono stati appaiati per livello di ansia generalizzata (RC-MAS2), intelligenza (PMA), genere, età e scolarità. Sono stati quindi valutate le abilità di calcolo e conoscenza numerica (AC-MT e WIAT), di comprensione del testo (MT) e di lettura di parole e non parole (DDE-2). RISULTATI E CONCLUSIONI I risultati hanno confermato le ipotesi: gli studenti con alto livello d’ansia dimostrano prestazioni più basse in compiti di calcolo, sia complesso t(44) = 2.91, p = .006, che semplice t(44) = 3.86, p=.0001, ma non in compiti di conoscenza numerica e di altri domini di apprendimento, quali la comprensione del testo e la lettura di parole e non parole.

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Difficoltà di calcolo, ansia matematica e inibizione: quale relazione?

Mammarella Irene C.1, Caviola Sara1, Lucangeli Daniela1

1Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione, Università di Padova INTRODUZIONE Secondo Ashcraft (1995) l’ansia in matematica avrebbe un effetto negativo sulle prestazioni di calcolo matematico, in quanto verrebbe meno la capacità di inibire informazioni irrilevanti. Il ruolo giocato dall’ansia matematica in bambini con basse abilità di calcolo è, tuttavia, ancora poco chiaro. La presente ricerca si è proposta di analizzare il rapporto tra capacità di inibire risposte automatiche e ansia matematica in bambini con difficoltà di calcolo frequentanti le classi terze, quarte, e quinte di scuola primaria, appaiati con un gruppo di controllo. METODO A partire da un ampio campione di bambini frequentanti il secondo ciclo della scuola primaria (età media 113.94 mesi) sono stati selezionati due gruppi con alte (N=20, 8M, 12F) e basse prestazioni (N=20, 9M, 11F) in matematica utilizzando le prove AC-MT, ed una prova di fluenza del calcolo. I due gruppi, appaiati per genere, età, scolarità e prestazioni in prove di decodifica della lettura, hanno compilato dei questionari volti a valutare l’ansia matematica (AMAS) e l’ansia generalizzata (RC-MAS2), e sono stati sottoposti a prove di inibizione di risposte automatiche: stroop numerico (SN) e completamento alternativo di frasi (CAF). RISULTATI I bambini con basse prestazioni in matematica hanno ottenuto punteggi più alti nella scala di ansia matematica, F(1,38) = 6.05, p = .019, ma non nella scala di ansia generalizzata F(1,38), p <1. Sono state, inoltre, osservate differenze nelle misure di inibizione di SN, F(1,38) = 5,73, p = .022 e CAF, F(1,38) = 7.37, p =.01. Infine, è stata svolta una regressione logistica che ha evidenziato che la prova di CAF e l’ansia in matematica sono in grado di classificare correttamente l’80% di bambini con difficoltà in matematica, R²(Cox & Sneell) = .26. CONCLUSIONI In conclusione, la presente ricerca mostra non solo che i bambini con basse prestazioni in matematica presentano difficoltà di inibizione nella prova di stroop numerico, ma anche che la capacità di inibire risposte automatiche e l’ansia matematica giocano un ruolo fondamentale nel distinguere tra bambini con e senza difficoltà di calcolo.

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Stress scolastico e prestazione cognitiva: uno studio sull’induzione d’umore

Scrimin Sara1, Danielli Eleonora1, Mason Lucia1

1Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione, Università di Padova INTRODUZIONE È risaputo come lo stress scolastico sia associato alla prestazione scolastica (e.g. Hascher, 2010) e l’umore abbia effetti sui processi cognitivi (e.g. Mitchell & Phillips, 2007). Tuttavia, non ci sono studi che indaghino il ruolo dell’umore, originato da uno stressor scolastico (es., essere colto impreparato dall’insegnante durante un’interrogazione), sul funzionamento cognitivo. Questo studio si propone di valutare 1) l’effetto di uno stressor scolastico sull’umore e se questo diminuisce dopo una procedura d’immaginazione guidata (IG); 2) gli effetti della procedura d’induzione d’umore (IU) e dell’IG sulla prestazione in un compito di calcolo di base; 3) se gli studenti con livelli diversi di adattamento scolastico hanno prestazioni diverse nel compito a seguito dell’IU e dell’IG. METODO 210 studenti (M=106; Metà = 10.71, DS = 1.29), assegnati casualmente a due gruppi (solo IU vs. IG dopo IU), hanno svolto un compito di calcolo di base a tempo e riportato il loro umore (POMS-A: Terry et al., 1999), prima e dopo l’IU (es., la visione di un filmato delle durata di 5-min nel quale uno studente viene interrogato alla lavagna e colto impreparato dall’insegnate) e l’IG (i.e., immaginazione guidata di un episodio positivo di vittoria sportiva della durata di 5-min, creato appositamente con lo scopo di rilassare il partecipante e metterlo di buon umore). Inoltre, l’ansia scolastica (AMOS 8-15: Cornoldi et al., 2005), le manifestazioni di stress scolastico (Helms & Gable, 1989) e le relazioni studente-insegnante (Pianta, 2001) sono state valutate attraverso l’uso di strumenti self-report. RISULTATI La procedura di IU, F(1,208) = 6.962, p = .009, ƞp

2 = .032, e l’IG, F(1,208) = 3.855, p = .051, ƞp2 =

.018, sono risultate efficaci. La prestazione nel compito è calata nel gruppo sottoposto alla sola IU ma non nel gruppo con l’IG, F(1,207) = 3.988, p = .049, ƞp

2 = .020. Dal modello finale della regressione emerge un maggiore effetto dell’IU nei ragazzi più adattati al contesto scolastico rispetto a quelli con basso adattamento, B = 5.31, SE = 2.69, p = .044, R2 = .121. CONCLUSIONI Lo stress scolastico può diminuire la performance cognitiva in un compito di calcolo di base, soprattutto nei ragazzi con un buon adattamento scolastico. Si può, tuttavia, contrastare il calo di prestazione attraverso l’immaginazione guidata positiva.

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Simposio 13 L’interazione tra pari come Start up dei processi formativi e di apprendimento Proponente: Nicolini Paola Discussant: Ajello Annamaria Abstract Il simposio si propone di illustrare e analizzare il ruolo delle interazioni sociali, con particolare riferimento alle caratteristiche delle relazioni tra pari, nel campo dei processi educativi e di apprendimento, nonché nel ciclo di sviluppo dell'essere umano. Le recenti vicende che hanno caratterizzato lo scenario internazionale, a partire dagli esempi del Nord Africa e fino al divieto attuale da parte di governi quali quello cinese e turco contro l'utilizzo di social network come Facebook e Twitter hanno ancor più messo in evidenza, a livello macro-sistemico, il potere dirompente delle interazioni sociali e non solo a livello politico, ma prima ancora culturale. In particolare alla rapida espansione del Web 2.0 si associano relazioni informative e di conoscenza del tipo peer to peer, che stanno prendendo dimensioni impossibili da immaginare anche solo fino a una decina di anni fa. Basti tra tutti citare il fenomeno Wikipedia, l’enciclopedia online, scritta in modo collaborativo e ad accesso gratuito, che ha annullato i confini tra i ruoli di autore e di fruitore, di esperto e di allievo. La ricerca sui modi in cui le relazioni tra pari avvengono, in diversi contesti, per diversi scopi e in diverse fasce d’età, sulle loro caratteristiche in quanto processi informali e per i prodotti che sono in grado di fornire è importante, sia per comprendere alcuni importanti fenomeni sociali in corso, sia per trasferirne le caratteristiche individuate nei percorsi di apprendimento e di sviluppo intesi in senso formale. I contributi, sebbene centrati su aspetti diversi, intendono fornire una visione plurale e multidimensionale delle interazioni tra pari, utile ad affiancare le letture, coglierne analogie e differenze, confrontare e discutere i principali nodi emergenti, evitando altresì il rischio di ridurne la complessità.

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Interazioni prosociali e/o ostili tra coetanei e successo negli apprendimenti scolastici

 Cangini Marinella1, Belacchi Carmen2

1Insegnante di Scuola Primaria 2Dipartimento di Scienze dell’Uomo, Università di Urbino “Carlo Bo”

INTRODUZIONE La letteratura ha mostrato che il tipo di interazione tra coetanei costituisce un fattore di rischio oppure di protezione per diversi comportamenti nel breve e nel lungo termine. Le evidenze degli studi sul rapporto tra interazioni prosociali e/o ostili tra coetanee e successo/insuccesso scolastico, pur non univoche, hanno individuato un nesso significativo tra condotte di bullismo e dispersione scolastica. Finora è stata prevalentemente considerata la carriera scolastica in bulli e vittime, trascurando gli studenti che partecipano al fenomeno assumendo altri ruoli. Obiettivo del presente contributo è indagare l’associazione tra ruoli prosociali e/o ostili e profitto scolastico. METODO 117 allievi di scuola primaria (31% F; 32% di terza, 37% di quarta, 31% di quinta classe), hanno compilato un questionario self-report sui ruoli nel bullismo (Belacchi, 2008); la scuola ha fornito i voti di fine anno in tutte le materie per ogni allievo. RISULTATI Si è trovata conferma della maggiore significativa esposizione dei maschi nei ruoli ostili (1.78 vs. 1.41, p <.01) e della reciproca inversa tendenza delle femmine verso i ruoli prosociali, che però non raggiunge la significatività (3.36 vs. 3.52). Da un’analisi di correlazione bivariata è emersa una significativa associazione, inversa tra i punteggi medi nei ruoli ostili e diretta nei ruoli prosociali, e la media dei voti scolastici (r. = -537***; r = .347***): tale associazione, sostanzialmente stabile, controllando per l’età (r = -524; r = .351***), si è sensibilmente ridotta, controllando per la desiderabilità sociale (r = -354***, r = .224*). Particolarmente a rischio di insuccesso scolastico è risultato il ruolo di sostenitore. CONCLUSIONI I risultati confermano l’interdipendenza tra successo/insuccesso scolastico e interazioni tra coetanei, consentendo di differenziare diversi percorsi in rapporto ai diversi ruoli assunti nel bullismo. Ciò può avere implicazioni sia a livello teorico sia educativo.

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Elementi “non-umani” e interazioni sociali: uno studio esploratorio

Cattaruzza Elisa1, Iannaccone Antonio1

1Università di Neuchatel (CH) INTRODUZIONE In un contributo degli anni '60, considerato un classico della letteratura psicologica di ispirazione psicoanalitica, Harold Searles (1960) esplora la complessa relazione degli esseri umani con la materialità, in parte sulla scia dei contributi altrettanto significativi di Winnicott e James. Nonostante la finalità "clinica" del lavoro di Searle, esso suggerisce, nondimeno, la necessità di una riconsiderazione della materialità applicabile, a nostro parere in maniera interessante, anche alle ricerche dedicate alle interazioni sociali. In realtà l’attenzione al ruolo della materialità nei sistemi di interazione umana, sia a livello microgenetico che istituzionale e sociale, è stata oggetto di numerosi altri importanti contributi (ben noti); in psicologia vale la pena di ricordare almeno la teoria dell’attività e l’approccio dell’azione situata nonché le varie letture dell’apprendimento come pratica situata e comunitaria; diverse proposte sono state avanzate nell’ambito degli studi ergonomici cognitivi (alla Norman) e di tipo socioculturale (Mantovani); altre interessanti proposte sono state avanzate da Bruno Latour sul ruolo della materialità come vero e proprio regolatore delle interazioni umane; inoltre, in senso più ampio gli studi culturali, negli ultimi decenni, hanno sviluppato un impressionante numero di lavori sulla cosiddetta “cultura della materialità” che ha permesso ai ricercatori di molteplici ambiti disciplinari di adottare prospettive di indagine ricche e promettenti. Nonostante la vastità di questo ambito il presente contributo desidera focalizzarsi proprio su quella che si potrebbe definire una “prospettiva clinica” della materialità, enunciata all’inizio di questo abstract, facendo l’ipotesi che la materialità giochi un ruolo ben più profondo nel permettere, in determinate circostanze, una sorta di espansione dell’attività psicologica. Dopo un breve richiamo al ruolo che la materialità svolge secondo diversi autori che hanno studiato lo sviluppo affettivo, cognitivo e, più in generale, l'attività psicologica (Piaget, Vygotskij, Winnicott, Norman, ecc.) il presente contributo intende illustrare, attraverso una serie di osservazioni scientifiche, la essenziale funzione "espansiva" della materialità che sembra dar vita, in determinate circostanze, ad elaborazioni cognitive ben più ampie di quanto supposto da approcci più tradizionali, in maniera analoga a quanto avviene per l’immaginazione. METODO In questo contributo verranno presentati i primi risultati di una ricerca in corso. Il metodo adottato per la raccolta dei dati è quello osservativo, applicato in situazioni quasi-naturali di atelier nei quali diversi bambini (da 5 a 14 anni circa) sono alla prese con la costruzione di diversi oggetti complessi (si tratta sia di costruzione di giocattoli solari che di battelli). In una delle situazioni i bambini lavorano, su richiesta esplicita dei ricercatori, in collaborazione con i propri genitori. Le unità di analisi sono brevi sequenze video di alcuni momenti che, in questa fase, i ricercatori hanno individuato e selezionato proprio in relazione alla dimensione espansiva dell’attività psicologica apparentemente innescata da specifiche caratteristiche della materialità. RISULTATI Quella che abbiamo altrove definita “l’ingegneria elementare” (Iannaccone, 2013) sembra costituire uno spazio di attività psicologica particolarmente interessante. CONCLUSIONI I primi risultati suggeriscono di approfondire la ricerca sul ruolo della materialità nello sviluppo psicologico con particolare riferimento alla sua dimensione interattivo-sociale (quando si costruisce con qualcun altro) e di “innesco” di attività psicologiche di tipo espansivo.

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L’autostima dello studente nell’attività di discussione on line

Cingolani Ida Lisa1

1Dipartimento di Scienze della Formazione, dei Beni Culturali e del Turismo, Università di Macerata

INTRODUZIONE All’interno del contesto collaborativo in cui si svolge l’attività di costruzione di conoscenza mediata dalla lettura e scrittura in ambiente on line, le variabili di tipo motivazionale dello studente assumono un ruolo di grande importanza (Albanese, De Marco & Businaro, 2012). Rispetto a questo tipo di attività è ancora poco indagata l’incidenza dell’autostima degli studenti: il presente contributo intende rilevare la relazione tra tale componente e la lettura e la scrittura on line. METODO 25 studenti del 2°anno di secondaria inferiore hanno svolto delle attività online per riflettere criticamente, mediante delle discussioni, su alcuni temi studiati all’interno del curriculo di Storia e Cittadinanza. Sono state loro somministrate due scale (successo scolastico e relazioni interpersonali) del Test Multidimensionale dell’Autostima (Bracken, 1992). Per ciascuno studente è stato calcolato il numero di note scritte e lette nell’attività on line, poi sono state rilevate le correlazioni tra tali dati e l’autostima. RISULTATI La scala del successo scolastico correla significativamente con la lettura (Rho = .57, p < .01), ma non con la scrittura (Rho = .07, p >.05). Non si evidenziano correlazioni significative della scala relativa alle relazioni interpersonali né con la lettura (Rho = -.12, p > .05) né con la scrittura (Rho = -.14, p >.05). CONCLUSIONI Ad una prima indagine, l’autostima scolastica risulta associarsi all’attività di lettura on line. Nell’attività didattica on line gli studenti più attivi nella lettura di note sono coloro che si attribuiscono una elevata competenza di gestione del successo scolastico, mentre sembra non risultare rilevante la dimensione dell’autostima relativa alle relazioni interpersonali.

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Verso una definizione dei processi negoziali nelle interazioni di apprendimento

Nicolini Paola1

1Dipartimento di Studi Umanistici, Università di Macerata INTRODUZIONE Che ci siano dimensioni sociali che influenzano le prestazioni umane è indiscusso da tempo (Triplett, 1897; Maller, 1929; Thorndike, 1938; Lewin, Lippit & White, 1939). Anche a livello didattico e educativo le relazioni sociali e tra queste, in particolare, quelle fra pari, sono state prese in considerazione in modo sempre più consistente. Si tratta di un tema di grande rilevanza, che si collega con la nozione di zona di sviluppo prossimale e con quella di scaffolding. È possibile sostenere e aiutare un altro nella misura in cui gli obiettivi della condotta e gli strumenti per realizzarla si collocano all’interno di ciò che è ritenuta una potenziale direzione di sviluppo, ma è chiaro che obiettivi e strumenti sono diversamente possibili soltanto come risultato di relazioni in cui la condivisione e la negoziazione delle definizioni della realtà sono un’attività ben consolidata e reciprocamente soddisfacente. Così le relazioni tra pari, affiancandosi e talvolta sostituendo i tradizionali rapporti top-down, aiutano a stemperare la distribuzione dei compiti e dei ruoli tra gli allievi. OBIETTIVO In particolare la ricerca si interessa delle interazioni tra pari a sfondo conflittuale, in quanto sono quelle che maggiormente possiedono, almeno in potenza, caratteristiche utili allo sviluppo. La risoluzione dei conflitti si compone di diverse possibilità, sia come processo sia come esito di una serie di scambi (Pruit & Carnevale, 1993), dall'evitamento alla concessione, dal compromesso al ritiro, fino alla negoziazione. Quest'ultima, sebbene molto citata (Bruner, 1999) in molta letteratura che riguarda l'ambito dei processi di insegnamento-apprendimento, non è stata studiata nelle sue caratteristiche di interazione verbale. Il lavoro si propone quindi di: 1. Identificare una definizione che distingua la negoziazione dagli altri processi di composizione

del conflitto. 2. Isolarne le caratteristiche specifiche. 3. Mostrarne degli esempi nel campo delle interazioni legate ai processi di insegnamento-apprendimento.

METODO Sono stati presi in esame numerosi scambi verbali avvenuti all'interno di gruppi di studenti partecipanti a corsi di formazione online. L'analisi delle interazioni ha permesso di identificare una serie di figure retoriche e di strategie linguistiche utili alla risoluzione di conflitti di idee in senso negoziale. RISULTATI E CONCLUSIONI Saranno forniti e discussi gli elementi scaturiti dall'analisi, corredati da esempi tratti dalle analisi dell'interazione verbale online.

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Il ruolo del supporto percepito da parte di adulti e coetanei sul rendimento scolastico: uno studio centrato sui soggetti

Ragozini Giancarlo1, Aleni Sestito Laura2

1Dipartimento di Scienze Politiche, Università degli Studi di Napoli Federico II 2Dipartimento di Studi Umanistici, Università degli Studi di Napoli Federico II

INTRODUZIONE Il supporto sociale è definito come insieme di informazioni che inducono il soggetto a ritenere di essere considerato, amato, valutato (Cobb, 1976) e rappresenta una risorsa che accentua gli esiti positivi dello sviluppo e protegge da quelli negativi, soprattutto in età scolare (Varni et al., 1989). La presente ricerca, basata sul provider model di Harter (1985, 1998), prende in esame il supporto in relazione a differenti fonti dalle quali il soggetto percepisce di ricevere “attenzione positiva” (Harter, 1982). In particolare, attraverso uno studio centrato sui soggetti, si propone di esplorare l’impatto che diverse fonti di supporto (genitori, insegnanti, amici, compagni) in associazione con l’autostima possono avere sul rendimento scolastico (Meeus, 2002; Aleni Sestito et al., 2007; Sica et al., 2014). METODO A 95 studenti dell’ultimo anno di scuola e a 212 dell’università, bilanciati per genere, sono stati somministrati due strumenti self-report, la Social Support Scale (Harter, 1985; Aleni Sestito et al., 2008) e la Self-Esteem Scale (dal MAPS-20: Cotè, in press) e due item per valutare il profitto negli studi. RISULTATI Attraverso una cluster analysis sui punteggi di supporto e di autostima, sono stati individuati tre profili di studenti universitari, associati quindi ai livelli di profitto sia a scuola sia all’università. Il profilo 1 (48.3%) individua studenti con alto supporto di tutti i provider e bassa autostima (ragazzi non in regola con gli esami, ma con un buon profitto scolastico). Il profilo 2 (28.8%) individua studenti con alto supporto solo dei compagni e alta autostima (ragazze parzialmente in regola con gli esami e con profitto scolastico medio). Il profilo 3 (22.9%) individua studenti con alto supporto degli amici e bassa autostima (ragazzi e ragazze in regola con gli esami e con profitto scolastico medio/scarso). CONCLUSIONI I primi rilievi confermano il differente impatto di ciascuna fonte di supporto sul rendimento scolastico.

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Poster Funzioni parentali nel ciclo di vita

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Soddisfazione dei bisogni psicologici di base, controllo genitoriale e adattamento dei figli: uno studio cross cultural

Oliva Patrizia¹, Murdaca Anna Maria¹ ¹Dipartimento di Scienze Umane e Sociali, Università degli Studi di Messina

INTRODUZIONE Il controllo genitoriale influenza negativamente l’adattamento psicosociale dei figli (Barber et al, 2005), in quanto contrasta con il soddisfacimento dei bisogni psicologici di base del bambino (Soenens & Vansteenkiste, 2010). Studi cross-cultural indicano una differenza nella percezione del controllo (Dwairy & Dor, 2009), pur se l’impatto che tale pratica ha sull’autodeterminazione dei figli risulta simile nei diversi contesti (Downie et al, 2007). Pertanto l’obiettivo è valutare il ruolo della percezione del controllo genitoriale nella soddisfazione dei bisogni psicologici e nel funzionamento emotivo-comportamentale dei figli, indagando eventuali differenze tra adolescenti autoctoni e stranieri. METODO 70 adolescenti italiani (età M=16.29; DS=1.90) e 70 adolescenti stranieri (età M=16.76; DS=1.67) hanno compilato: Psychological Control Scale (Barber, 1996); Basic Psychological Needs Scales (Deci & Ryan, 2000); Youth Self Report (Achenbach & Rescorla, 2001). RISULTATI I dati indicano che gli adolescenti italiani avvertono una maggiore soddisfazione nei bisogni di autonomia [t(138)=2.856; p=.005] e di relazione [t(138)=1.951; p=.05] rispetto ai coetanei stranieri; mentre nella percezione del controllo e nel grado di funzionamento non si evincono differenze tra gruppi. Per quanto riguarda il ruolo del controllo genitoriale sulla soddisfazione dei bisogni di base, le analisi di regressione indicano che un eccessivo controllo psicologico da parte dei genitori tende a frustrare prevalentemente i bisogni di autonomia e di relazione sia nei ragazzi italiani che in quelli stranieri. Inoltre, rispetto al ruolo che tale pratica (dis)educativa ha sul funzionamento del figlio, i dati confermano che più è elevato il controllo e il monitoraggio da parte dei genitori, maggiore è il rischio di condotte psicopatologiche disfunzionali nei giovani, con significative differenze tra i gruppi presi in esame. CONCLUSIONI Indagini future consentiranno di individuare più specificatamente il ruolo dei bisogni psicologici di base nel mediare l’impatto del controllo genitoriale sui livelli di funzionamento del figlio. Riconoscere i propri bisogni psicologici faciliterebbe la massimizzazione delle proprie capabilities, favorendo l’autodeterminazione e una scelta più consapevole dei propri funzionamenti.    

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L’utilizzo del blacky pictures test nella valutazione della rappresentazione di sé e dei legami familiari in bambini coinvolti in separazioni conflittuali

Procaccia Rossella¹, Miragoli Sarah²

¹Università degli Studi, Uniecampus, Novedrate (CO); C.R.I.d.e.e., Unità di Ricerca sulla Psicologia del Trauma - Università Cattolica, Milano

²C.R.I.d.e.e., Unità di Ricerca sulla Psicologia del Trauma - Università Cattolica, Milano INTRODUZIONE La letteratura ha ormai evidenziato gli effetti negativi della conflittualità di coppia sul benessere dei figli. Nella valutazione peritale di questi minori sono spesso impiegati test proiettivi, tra cui il Blacky Pictures Test, che ha una lunga tradizione clinica in assenza però di solidi dati empirici. Il presente lavoro si propone di valutare l’efficacia del test nel discriminare tra minori coinvolti in separazioni conflittuali e un gruppo di controllo rispetto alla rappresentazione di sé e delle relazioni familiari. METODO A due gruppi di 47 bambini, pareggiati per età, sesso e SES (M 51%; età media=8), suddivisi in gruppo clinico (bambini in separazioni conflittuali) e di controllo (bambini con famiglie senza conflitto), è stato somministrato il Blacky Pictures. Le risposte sono state codificate ad hoc attraverso 4 aree: rappresentazione di sé; della madre e della relazione di attaccamento; delle altre relazioni familiari; e vissuti emotivi. La codifica è avvenuta in doppio cieco (accordo inter-giudice=.79). RISULTATI Dall’analisi del chi2 e del t test sono emerse differenze nei gruppi in tutte le aree indagate. Rispetto al gruppo di controllo, i bambini coinvolti in separazioni conflittuali sono più incapaci di tollerare l’ambivalenza, attuare una riparazione e affermare la propria identità. Sul piano relazionale, presentano più tematiche pre-edipiche, modelli genitoriali non all’altezza dell’ideale, una relazione simmetrica con la madre, vissuta come instabile, deteriorata o idealizzata. Sul piano emotivo, emergono livelli più elevati di timore di aver distrutto gli oggetti, vissuti abbandonici, rabbia verso l’oggetto primario, invidia nel rapporto fraterno, angoscia persecutoria, senso di colpa e minaccia interna alla famiglia. DISCUSSIONE I nostri dati rappresentano un prima conferma empirica dell’efficacia del test nel discriminare tra bambini in separazioni conflittuali e non, rispetto alla rappresentazione di sé e delle relazioni familiari.

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Sostenere le famiglie adottive attraverso il metodo VPP-SD

Casonato Marta¹,², Molina Paola¹ ¹Università di Torino, Dipartimento di Psicologia,

1,2Agenzia Regionale per le Adozioni Internazionali, regione Piemonte

INTRODUZIONE La promozione dell’attaccamento sicuro e la riduzione dei problemi comportamentali sono interventi di fondamentale importanza fra le famiglie adottive (van den Dries et al., 2009; Juffer et al., 2005). Gli interventi brevi con focus sul comportamento della madre risultano più efficaci per la promozione dell’attaccamento sicuro (Bakermans-Kranenburg, et al., 2003). Il Video-feedback Intervention to promote Positive Parenting (VIPP-SD) rientra fra questi interventi e mira ad incrementare la sensibilità ai segnali del bambino e, di conseguenza, a migliorare la relazione. Il VIPP-SD fornisce inoltre al genitore utili indicazioni su come attuare una cosiddetta disciplina sensibile, cioè un metodo educativo che possa ridurre i problemi comportamentali nei bambini piccoli. Il nostro studio si propone di valutare l’efficacia dell’intervento di videofeedback con le famiglie adottive, intervento offerto per la prima volta in Italia a nostra conoscenza. METODO Hanno partecipato 17 famiglie piemontesi che hanno accolto un minore nato in Burkina Faso, di età compresa fra i 2 e i 6 anni, nel 65% dei casi maschi. Il campione è stato suddiviso in due sottogruppi: il primo ha usufruito del VIPP (VI, n=9), il secondo (GC, n=8) ha seguito il classico percorso di sostegno post-adottivo. Lo studio, longitudinale, ha previsto due misurazioni distanziate fra loro in media da 99 giorni (DS=45) dello stress genitoriale (utilizzando il PSI-SF, Abidin, 1995, trad.it.). RISULTATI Prima dell’intervento, il punteggio interazione disfunzionale, che descrive lo stress legato all’interazione madre bambino era di 24,0 per VI (DS=3,7) e di 18,4 per GC (SD=4,2), mentre a T2 si era ridotto a 20,8 (SD=6,1) per il gruppi VI ed è rimasto stabile a 18.1 per GC (DS=3,8). CONCLUSIONI Pur essendo numerose le dimensioni ancora indagabili, i dati evidenziano nel gruppo che ha potuto usufruire dell’intervento di videofeedback una diminuzione dello stress collegato alla relazione genitoriale.

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Gestione del conflitto, stress e parenting: differenze di genere nella coppia genitoriale

Benedetto Loredana¹, Ingrassia Massimo¹ ¹Dipartimento di Scienze Umane e Sociali, Università di Messina

INTRODUZIONE Secondo Troxel e Matthews (2004) le conseguenze negative della disarmonia tra i genitori sull’adattamento dei figli sono mediate dalle pratiche genitoriali (più punizioni e incoerenza nella disciplina, minore calorosità e accettazione del figlio) e sono maggiori quando il conflitto riguarda le questioni educative. La ricerca indaga in famiglie integre come lo stile del conflitto coniugale (attacco verbale, compromesso, evitamento e violenza fisica) sia associato alle pratiche, se a un’accresciuta intensità del conflitto per le questioni educative corrisponda una peggiore qualità del parenting, se vi sia un effetto circolare tra distress con i figli e tensione matrimoniale. METODO 110 genitori (figli 6-12 anni) hanno compilato: Scala degli stili di conflitto coniugale (Camara e Resnick, 1989), Scala del conflitto per i figli (Dadds e Powell, 1991; disaccordo sulle questioni educative), APQ di Frick (1991; dimensioni del parenting), PSI-SF (Abidin, 1995; stress nelle interazioni con i figli). RISULTATI Nel complesso i risultati indicano che le associazioni (rS di Spearman) tra conflitto e pratiche cambiano tra i due genitori. Le madri riportano conflitti più frequenti per i figli e solo per esse tale misura correla positivamente con lo stress e con la punizione fisica; inoltre – in linea con le ipotesi – attacco e violenza verso il coniuge sono associati negativamente alle pratiche genitoriali di coinvolgimento e calorosità. Nei padri compromesso, evitamento e attacco correlano positivamente con il parenting efficace (più coinvolgimento, affetto e coerenza disciplinare). CONCLUSIONI Solo per le donne sembra manifestarsi un effetto spillover, cioè un’estensione delle tensioni coniugali nella relazione con i figli, con una ridotta qualità del parenting. Questi risultati, se confermati da altri studi, sarebbero rilevanti da un punto di vista educativo e clinico per comprendere come le pratiche paterne e materne medino gli effetti del conflitto sull’adattamento dei figli.

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Struttura fattoriale e validità di criterio di una versione ampliata del Parental Bonding instrument

Verrastro Valeria¹, Petruccelli Irene², Petruccelli Filippo¹, Diotaiuti Pierluigi¹, Dentale Francesco³, San Martini Piero³, Cappelli Luigi³

¹Dipartimento di Scienze Umane, Sociali e della Salute, Università di Cassino e del Lazio meridionale

²Dipartimento/Facoltà di Scienze dell’Uomo e della Società, Università Kore di Enna ³Dipartimento di Psicologia, Sapienza Università di Roma

INTRODUZIONE In una serie di studi sull’impatto dello stile di accudimento genitoriale sulla vulnerabilità dei figli, Parker (1979) ha identificato un pattern disfunzionale definito affectionless control, caratterizzato da un basso livello di cura e da un alto livello di iperprotezione. Per misurare queste dimensioni Parker ha sviluppato il Parental Bonding Instrument (PBI). Lo scopo del presente studio è quello di esaminare la struttura fattoriale e la validità di criterio di una versione allargata del PBI in cui vengono inserite due scale aggiuntive proposte da Gilbert: Favoritismo Genitoriale e Svalutazione dei figli. Queste ultime sono volte a cogliere rispettivamente la tendenza a fare preferenze fra fratelli e quella ad umiliare i figli, completando il quadro concettuale dell’affectionless control (Gilbert et al., 1996). METODO Ad un campione di 1043 soggetti (730 femmine) di età media 24.02 (SD = 3.19) sono stati somministrate la STAI, la BDI ed una versione allargata del PBI, ottenuta aggiungendo il Favoritismo Genitoriale (F) e la Svalutazione (S) alle scale originali di Cura (C) ed Iperprotezione (IP). RISULTATI L’analisi fattoriale ha suggerito la presenza di 5 fattori: tre di essi corrispondono alle dimensioni previste di C, F e S mentre gli altri due derivano dagli item del fattore di IP (Negazione Autonomia Psicologica Scoraggiamento Autonomia Comportamentale) che, come in altri studi (Murphy et al., 1997), ne viene in questo modo sdoppiato. Per quanto riguarda la validità di criterio, come atteso, sia la BDI che la STAI sono correlate negativamente con la Cura e positivamente con tutte le altre scale del PBI. Inoltre, una serie di regressioni gerarchiche, hanno mostrato che inserire le scale di Gilbert aumenta il potere predittivo del PBI sull’ansia e la depressione dei figli. CONCLUSIONI Nell’insieme questi risultati supportano la validità fattoriale e di criterio della versione allargata del PBI così come la validità incrementale delle scale aggiuntive di Gilbert.

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Relazione tra parenting ed adattamento: ruolo della soddisfazione e frustrazione dei bisogni psicologici di base

Costa Sebastiano¹, Cuzzocrea Francesca¹, Larcan Rosalba¹ ¹Dipartimento di Scienze Umane e Sociali, Università di Messina

INTRODUZIONE Ricerche recenti hanno messo in evidenza come i meccanismi sottostanti la relazione del controllo psicologico genitoriale e del supporto all’autonomia nei confronti dell’adattamento dei figli possano essere sintetizzati nel frame-work teorico della Self-determination Theory (SDT; Soenens & Vansteenkiste, 2010). Nell’ottica della SDT, la frustrazione e la soddisfazione dei bisogni psicologici potrebbero fungere da mediatori in questa relazione. Per questo motivo, il presente studio vuole indagare la capacità di mediazione della soddisfazione e della frustrazione dei bisogni psicologici nella relazione che il supporto all’autonomia ed il controllo psicologico hanno con la vitalità e la depressione. METODO 302 soggetti (Maschi = 137; Femmine = 162) di età compresa trai 14 ed i 18 anni (M = 15.99, DS = 1.47) hanno compilato il Perceived Parental Autonomy Support Scale (P-PASS; Mageau, et al., 2010), il Basic Psychological Need Scale (BPNS; Chen et al., 2013) la Subjective Vitality Scale (SVS; Ryan & Frederick, 1997) e la Center for Epidemiologic Studies Depression Scale (CES-D; Radloff, 1977). Le analisi di mediazione sono state effettuate separatamente per la percezione delle pratiche materne e paterne. RISULTATI I risultati sembrano confermare il modello di mediazione totale, sia nella valutazione dei comportamenti genitoriali paterni, χ2(124) = 234.35; CFI = .96; RMSEA = .05, che in quelli materni, χ2(124) = 234.48; CFI = .95; RMSEA = .05. La frustrazione dei bisogni media la relazione tra controllo psicologico e depressione, mentre la soddisfazione dei bisogni sembra rappresentare un elemento di mediazione tra supporto all’autonomia e vitalità. CONCLUSIONI Questo studio, nell’ottica della SDT, mostra come la soddisfazione e la frustrazione dei bisogni psicologici possono rappresentare elementi distinti di mediazione nella relazione che alcune pratiche di parenting hanno nei confronti del benessere e malessere dei figli.

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La valutazione del parenting da parte dei bambini. Studio pilota della validazione del Children Apperception of parents and parenting style

Santamaria Federica¹, Fontanesi Lilybeth¹ ¹Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione,

Sapienza Università di Roma

INTRODUZIONE Gli studi sullo sviluppo del bambino hanno dato un peso sempre maggiore negli ultimi anni alla valutazione delle strategie di parenting (Khaleque & Rohner,2001) e soprattutto alla percezione dei comportamenti genitoriali da parte dei bambini (Pears & Moses,2003). I self report disponibili per la valutazione del parenting, utili nella prospettiva del bambino, risentono dei limiti di questa specifica tipologia di strumenti come l’età, il livello socio culturale e il QI dei bambini. Scopo della ricerca è presentare il Children Apperception of Parents and Parenting Style o CAPP un test grafico per la valutazione del parenting somministrabile a bambini con un’età compresa tra i 6 e i 12 anni. METODO Obiettivo del presente lavoro è fornire i primi dati della validazione del CAPP.Il gruppo è caratterizzato 25 bambini (Metà = 8.67;DS = 2.70) e da 25 coppie di genitori (Metà = 40.44;DS= 5.6). Il CAPP è caratterizzato da 24 tavole stimolo, 12 per la madre e 12 per il padre e permette di valutare: la focalizzazione attentiva, la modalità esperienziale e la regolazione del comportamento.Unitamente al CAPP ai bambini sono state somministrate due sottoscale del PARQ (Khaleque & Rohner, 2001) al fine di valutare la percezione di calore/affettività e controllo da parte dei genitori. RISULTATI Le correlazioni tra il CAPP e il PARQ, relativamente alla percezione dei comportamenti paterni, evidenziano come la regolazione del comportamento basata sulle regole del CAPP correla positivamente con il controllo genitoriale misurato dal PARQ (r=.45; p<.01) mentre rispetto alla percezione dei comportamenti materni, la modalità esperienziale emotiva (r=.38; p<.01) e la focalizzazione attentiva sul bambino del CAPP correlano positivamente con la dimensione affettività del PARQ(rispettivamente r=.49 e r=.38;p<.01). CONCLUSIONI I primi risultati sottolineano l’utilità del CAPP nella valutazione del parenting e una buona validità concorrente.

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Disturbo post-traumatico da stress post partum e racconti del parto: uno studio qualitativo

Santoro Elena¹, Stagni Brenca Elisa¹

¹CRIidee, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano INTRODUZONE Gli studi hanno evidenziato la presenza di disturbo post traumatico da stress post partum (PTSD) non solo in madri con parti atipici (prematurità, gravi rischi per la salute del bambino) ma anche in madri con parti tipici. Le ricerche qualitative (Ayers, 2007; Elmir et al., 2010) sui racconti traumatici del parto hanno individuato alcuni temi ricorrenti: sentirsi invisibile e fuori controllo, intensa paura, terrore e panico, pensieri di morte, sconfitta mentale e il riemergere dei ricordi attraverso flashback e incubi. Il presente studio si inserisce in questo filone di ricerca e ha l’obiettivo di esplorare l’influenza del PTSD sul modo in cui le donne percepiscono e raccontano il parto. Si ipotizza che le donne con sintomi acuti di PTSD post partum (PTSS) riportino intensa paura e senso di minaccia, percezioni e sensazioni associate all’esperienza del parto, scarsi riferimenti a sé e al bambino. METODO Da un gruppo di 179 donne sono stati selezionati due gruppi di cui uno (n= 20; età M= 32 DS= 5,4) con alto PTSS (≥ 9 sintomi al PPQ) e l’altro (n= 20; età M=32 DS=3,5) con basso PTSS (<3 sintomi al PPQ) a cui è stato chiesto nei giorni dopo il parto, di scrivere la propria esperienza. I resoconti sono stati analizzati da due giudici indipendenti attraverso una griglia di codifica con categorie desunte dalla letteratura. RISULTATI Le differenze tra gruppi analizzate con t-test per campioni indipendenti indicano nelle donne con alto PTSS un numero elevato di emozioni di paura, terrore e minaccia (t=2,203, gdl=38, p< 0,05) e scarsi riferimenti al bambino (t=-3,490, gdl=38, p<0.001) percepito come trigger (van der Kolk, 1999). Le donne con basso PTSS riferiscono un numero elevato di emozioni positive di felicità e gioia (t=2,338, gdl=38, p<0.05). CONCLUSIONI I primi risultati sostengono la necessità di interventi precoci e tempestivi.

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La depressione post partum e l’utilizzo dell’Edinburgh Postnatal Depression Scale

Lavigna Serafina¹, Martirani Mariangela¹, Tenuta Flaviana², Costabile Angela² ¹Consultorio familiare ASP di Cosenza

²Dipartimento di Lingue e Scienze dell’Educazione, Università della Calabria

INTRODUZIONE Numerosi studi hanno considerato la gravidanza come una crisi transazionale fisiologica rilevando lo squilibrio emotivo della donna e la conseguente vulnerabilità psicologica (Bibring et al., 1961). Pazzagli (1981) concorda nel considerare che la gravidanza è una fase di sviluppo e l’espressione di una crisi. Le reazioni psicologiche in questa fase sono contrastanti: emozioni positive coesistono con ansie e sentimenti depressivi. La depressione postpartum si manifesta in modo conclamato tra le otto e le dodici settimane dopo il parto, periodo che è stato individuato come il picco di insorgenza più frequente (Guedeney et al., 2001). La presente indagine vuole indagare il disagio psicologico che coinvolge le donne in gravidanza e nel puerpuerio, fenomeno frequentemente osservato nei singoli servizi ma ancora non sufficientemente valutato. METODO I soggetti sono reclutati presso i consultori familiari di Cosenza e sono 902 di cui 350 intervistate tra il settimo e il nono mese di gravidanza e 552 nei primi tre mesi dopo la nascita. Ai soggetti è stato chiesto di compilare il questionario Edinburgh Postnatal Depression Scale (EPDS) nella versione italiana a cura di Benvenuti et al. (1999). Tale scala è composta da 10 item con risposte a scelta multipla, volte ad indagare la frequenza con cui si è presentato uno specifico stato emotivo, sia nel periodo attuale, che nell’intervallo di tempo intercorso tra la nascita del bambino e la compilazione del questionario. RISULTATI Tra le donne in gravidanza contattate il 36% risulta esposto al disagio e tra le puerpuere il 26%. Le puerpere raggiunte sono 552 di cui il 26% risultano esposte al disagio psicologico. CONCLUSIONI I risultati danno indicazioni per avviare una ricerca più accurata che possa consentire il confronto con i dati nazionali e soprattutto creare le condizioni per offrire un modello di intervento realmente integrato e uniforme su tutto il territorio.

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L’inflessibilità psicologica come moderatore della relazione tra supporto sociale e adattamento alla malattia oncologica

Bernini Olivia¹, Berrocal Carmen¹ Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell'Area Critica, Università di Pisa

INTRODUZIONE La letteratura empirica mostra dati inconsistenti sul rapporto tra basso supporto sociale (SS) e distress psicologico. Tali contraddizioni suggeriscono che l’effetto del SS potrebbe essere moderato da altre variabili correlate con il distress. Durante l’ultima decade, l’inflessibilità psicologica (IP) è emersa quale variabile strettamente collegata al distress psicologico. In accordo con il modello teorico sottostante l’IP, è ragionevole supporre che l’IP possa moderare l’effetto del SS sul distress psicologico. Il presente studio esplora tale ipotesi mediante disegno prospettico in un campione di pazienti con malattia neoplastica. METODO Sono stati reclutati 76 pazienti (86,8% donne; età media = 51 anni, DS= 9.8) affetti da malattia oncologica in cura presso le Unità di Oncologia e Senologia dell’Ospedale Santa Chiara di Pisa. I partecipanti hanno completato misure di IP, SS, depressione e benessere psicologico al momento del reclutamento (T1) e dopo 16 mesi (T2). I pazienti sono stati suddivisi in 4 gruppi sulla base del livello di IP (alto/basso) e SS (alto/basso) al T1. RISULTATI Sono state condotte Analisi di Covarianza per confrontare i gruppi in depressione e benessere al T2, controllando per le variabili dipendenti al T1. Emerge un effetto significativo dell’interazione SSxIP sulla depressione al T2: soggetti con alta IP/basso SS riportano più depressione rispetto ai soggetti con bassa IP. Emerge anche che l’IP al T1 esercita un effetto significativo sul PWB al T2, mentre né il SS né l’interazione IPxSS predicono le misure di PWB. I risultati suggeriscono che l’IP modera l’effetto negativo del basso SS sulle risposte affettive in pazienti con cancro. Diversamente, la flessibilità psicologica sembra proteggere l’individuo dagli effetti negativi di un basso SS. Inoltre, l’IP sembra essere un fattore di rischio per un basso PWB, indipendentemente dal SS percepito.

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Poster

Contesti e processi di apprendimento e formazione

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Predittori del successo scolastico in adolescenza: il ruolo del monitoring genitoriale e dell’autodeterminazione all’apprendimento

Affuso Gaetana¹, De Angelis Grazia¹, Marcone Roberto¹ ¹Dipartimento di Psicologia, Seconda Università di Napoli

INTRODUZIONE Il successo scolastico è determinato da molteplici cause riconducibili a fattori personali, familiari, e contestuali (Rumberger, 2004). Nel novero dei fattori personali, diversi studi hanno messo in luce l’associazione che il profitto scolastico ha con la motivazione allo studio (Deci & Ryan, 2002) e con la percezione di autoefficacia scolastica (Bandura & Locke, 2003). Altri si sono focalizzati sul ruolo della famiglia ed in particolare sulla associazione che un buon esito scolastico ha con lo Status Socio-Economico familiare (Eamon, 2005) e con il monitoring genitoriale (Amato & Fowler, 2002). L’obiettivo del presente studio è di indagare la relazione tra il ruolo svolto dalla famiglia e dall’autodeterminazione all’apprendimento dell’adolescente e il profitto scolastico, ipotizzando che il SES e il monitoring genitoriale agiscano sul profitto scolastico sia direttamente, che attraverso la mediazione della motivazione allo studio e dell’autoefficacia scolastica. METODO Alla ricerca hanno partecipato 529 studenti (232 maschi; Metà=12.57; DS=1.59) e i loro rispettivi genitori, e sono stati rilevati: il SES ed il monitoring genitoriale (Stattin & Kerr, 2000), riportati sia dalla madre che dal padre; la motivazione allo studio (Alivernini & Lucidi, 2011) e l’autoefficacia scolastica (Pastorelli & Picconi, 2001), riportate dai ragazzi; i voti di profitto, riportati dagli insegnanti. RISULTATI L’ipotesi è stata testata attraverso un modello di equazioni strutturali. Il modello presenta buoni indici di adattamento: χ2(24)=36.50; p=.05; CFI=.99; RMSEA=.04, e spiega il 38% di varianza del profitto scolastico. CONCLUSIONI I risultati confermano le ipotesi e rilevano che il SES si associa positivamente e direttamente al profitto scolastico e al monitoring genitoriale, e che quest’ultimo agisce indirettamente sul profitto scolastico attraverso la mediazione della motivazione allo studio e dell’autoefficacia scolastica.

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Embodiment matematico: il finger counting facilita le abilità matematiche precoci?

Federico Francesca¹, Imputato Rossella¹, Marotta Andrea¹, Casagrande Maria¹ ¹Facoltà di Medicina e Psicologia: Psicologia, Pedagogia e Servizio Sociale,

Sapienza Università di Roma INTRODUZIONE Obiettivo di questo lavoro è indagare il rapporto tra finger counting, rappresentazione simbolica del numero e rappresentazione corporea in tre gruppi di bambini di 5, 6 e 7 anni. Nel corso dello sviluppo, le dita vengono utilizzate per rappresentare numerosità prima che vengano impiegate le rappresentazioni simboliche (Fuson, 1988; Rusconi et al., 2005), il che implica che l'uso del dito potrebbe essere la base fondamentale della conoscenza numerica. METODO I bambini sono stati sottoposti ad una batteria di test (conteggio a voce alta, conteggio di caramelle, disegno di figura umana e disegno di una mano) e ad una prova al computer in cui era richiesto loro di giudicare l’esattezza di equivalenze numeriche in cui il numero poteva essere espresso attraverso le dita, il simbolo arabo o una configurazione ordinata di palline. RISULTATI I risultati della prova al computer mostrano un effetto significativo della condizione e dell’età. I confronti post hoc sulle tre condizioni mostrano una maggiore accuratezza nella condizione mani rispetto alle altre due, evidenziando un chiaro miglioramento tra i 5 e i 6 anni. I bambini risultano quindi più accurati nel giudizio delle equivalenze numeriche quando i simboli dell’equivalenza sono rappresentati con le dita. Dividendo i soggetti in due gruppi secondo i risultati del test di disegno della mano (disegno corretto/ disegno con omissioni o aumenti) il gruppo che disegna la mano correttamente risulta essere più accurato in tutte e tre le condizioni ma entrambi i gruppi risultano essere più accurati quando lo stimolo numerico è rappresentato dalla mano. Dividendo i soggetti secondo il disegno di figura umana (completa/incompleta) troviamo che il gruppo che disegna correttamente la figura umana è più accurato quando lo stimolo è rappresentato dalle dita. CONCLUSIONI Possiamo quindi concludere che contare con le dita facilita le abilità matematiche a tutte le età prese in considerazione, a prescindere dal livello di scolarizzazione e è legato alla capacità di rappresentazione del proprio corpo (mano e figura intera).

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Rendimento scolastico e tratti di personalità: quale relazione?

Buttò Chiara¹, Sorrenti Luana¹, Buzzai Caterina¹ ¹Dipartimento di Scienze Umane e Sociali, Università di Messina

INTRODUZIONE Diversi studi (Duckworth & Seligman, 2005; Di Giunta et al., 2013) hanno indagato il ruolo della personalità e dell’autoefficacia sul rendimento scolastico, analizzando, inoltre, le conseguenze psicologiche implicate. E’ stato evidenziato (Weinstock & Whisman, 2006) come il reiterarsi delle esperienze di fallimento scolastico possa condurre gli adolescenti verso psicopatologie come la depressione. Tuttavia, è stato poco approfondito il ruolo dell’impotenza appresa (Seligman & Maier, 1967) sull’instaurarsi di problematiche psicologiche più gravi. L'obiettivo del presente lavoro è indagare la relazione tra i tratti di personalità, le credenze di autoefficacia e il comportamento helpless. METODO Hanno partecipato196 studenti suddivisi in due gruppi di età: 11-12 anni (N = 103, M = 11.41, SD = .49) e 13 -14 anni (N=93, M= 13.13, DS= .45). Sono stati somministrati il Big Five Questionnaire Children (Barbaranelli et al., 1998), il Learned Helplessness Questionnaire (Sorrenti et al., under review), Quanta fiducia ho in me? (Soresi & Nota, 2000). RISULTATI La MANOVA ha evidenziato che gli studenti di età superiore ottengono punteggi più alti sia nella scala della learned helplessness sia nell’instabilità emotiva rispetto agli studenti più giovani, così come confermato dalla letteratura. La regressione gerarchica ha evidenziato che sono predittori negativi del comportamento helpless le credenze di autoefficacia nei confronti delle proprie possibilità di gestire situazioni impegnative (β = -.47) e alcuni tratti di personalità come la coscienziosità (β = -.26) e l’apertura mentale (β = -.23), mentre l’instabilità emotiva risulta essere predittore positivo del comportamento helpless (β = .17). CONCLUSIONI I risultati confermano l’utilità di indagare, in ottica predittiva, i fattori predittivi dell’impotenza appresa allo scopo di inibire l’insorgenza di disturbi psicologici gravi nelle successive fasi di sviluppo.

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Autostima, strategie di Self-Handicapping, umore depresso e ansia in bambini con diversi profili cognitivi

Rappo Gaetano¹, Alesi Marianna¹, Pepi Annamaria¹ ¹Dipartimento di Psicologia, Università di Palermo

INTRODUZIONE Il lavoro qui presentato indaga variabili emotivo-motivazionali (quali autostima, strategie di Self-Handicapping, depressione e ansia) e di apprendimento (decodifica, comprensione del testo e abilità di calcolo) in bambini frequentanti la terza e la quarta classe della scuola primaria, con differenti profili cognitivi. METODO Hanno partecipato allo studio 124 bambini (52 Femmine e 72 Maschi) con un'età media di 8,9 anni (8,1-10,3). I bambini che hanno partecipato allo studio sono stati selezionati da un campione di 269 bambini, sulla base del loro livello cognitivo. Sono stati così identificati tre gruppi: bambini con Funzionamento Intellettivo Limite, bambini con Alto funzionamento Cognitivo e bambini con normale funzionamento cognitivo. Il livello cognitivo è stato delineato mediante le Matrici Progressive Colore (Raven, 2008) e il Test OL (Vianello & Marin, 1983). Ai tre gruppi che si sono formati sono state presentate prove tese ad indagare l'autostima, le strategie di self-handicapping, l'ansia scolastica e l'umore depresso. Inoltre sono state approfondite anche le abilità di decodifica, la comprensione del testo e le abilità di calcolo. La batteria di test utilizzata comprendeva le prove MT (Cornoldi & Colpo, 2012), il test AC-MT (Cornoldi, Lucangeli, e Bellina, 2002), la scala di valutazione del successo scolastico tratta dal TMA (Bracken, 1992), la scala di valutazione del Self-Handicapping per bambini (Waschbusch, Craig, Pelham, & King, 2007) e le scale di valutazione dell'ansia e dell'umore depresso tratte dal SAFA (Cianchetti & Fancello, 2001). RISULTATI L'Anova evidenzia differenze significative nell'Autostima Scolastica (F 2,121= 4,41; p<.05), nell'impiego di strategie di Self-Handicapping (F 2,121= 4,27; p<.05) e nell'Ansia Scolastica (F 2,121= 2,29; p<.05). In particolare i bambini con Alto Funzionamento Cognitivo manifestano livelli di Autostima Scolastica più elevati e impiegano meno strategie di Auto-Sabotaggio rispetto agli altri due gruppi.

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La relazione insegnante-allievo nelle transizioni evolutive tra protezione e resilienza

Longobardi Claudio¹, Pasta Tiziana¹, Gastaldi Francesca Giovanna Maria¹, Prino Laura Elvira¹ ¹Dipartimento di Psicologia, Università di Torino

INTRODUZIONE La letteratura sottolinea il legame tra qualità della relazione insegnante-alunno e adattamento scolastico di quest’ultimo (Hamre & Pianta, 2006). Una relazione soddisfacente promuove lo sviluppo emotivo e sociale, il successo scolastico e costituisce un fattore di protezione per bambini potenzialmente a rischio (Longobardi, 2013). Obiettivo dello studio è indagare se vi sia un legame tra qualità della relazione con l’insegnante e resilienza dell’alunno; si ipotizza che l’insegnante costituisca un fattore di protezione e una risorsa emotiva in vista del passaggio alla scuola media. METODO Hanno partecipato alla ricerca 252 alunni (età: M=9,82 anni, ds=,622) e 13 insegnanti di classi quarte e quinte della scuola primaria. Sono stati utilizzati la Resiliency Scales For Children & Adolescents (RSCA, Prince-Embury, 2007), lo Strengths and Difficulties Questionnaire (SDQ, Goodman, 1997), lo Student-Teacher Relationship Questionnaire (STRQ, Murray & Greenberg, 2001), lo Student-Teacher Relationship Scale (STRS - versione olandese, Koomen et al., 2012). RISULTATI La qualità della relazione percepita da allievo e insegnante correla con la resilienza. Tutte le dimensioni dello STRQ correlano con le sottoscale della resilienza ad eccezione dell’Insoddisfazione verso gli insegnanti che non è legata al Benessere. La dimensione del Conflitto dell’STRS presenta numerose correlazioni con le scale della resilienza: Ottimismo (r=-.260, p<.001), Fiducia (r=-.211, p<.01), Sostegno (r=-.184, p<.01), Tolleranza (r=-.230, p<.01), Sensibilità (r=.184, p<.01), Adattamento (r=-.155, p<.05). La Vicinanza correla con il Sostegno (r=-.139, p<.05) e la Dipendenza ha un legame indiretto con l’Autoefficiacia (r=-.139, p<.05). CONCLUSIONI Le correlazioni riscontrate tra resilienza e qualità della relazione con l’insegnante sottolineano l’importanza di tale relazione. Alla luce dei risultati emersi, prossimo obiettivo è la standardizzazione italiana dello RSCA.

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I predittori del number line task nella prima classe della scuola primaria

Meloni Carla¹, Fanari Rachele¹ ¹Dipartimento di Pedagogia, Psicologia, Filosofia, Università di Cagliari

INTRODUZIONE Obiettivo dello studio è indagare il coinvolgimento della Memoria di Lavoro Verbale e Visuospaziale, delle Funzioni Esecutive e delle abilità di calcolo nelle prestazioni al compito di Linea Numerica o Number Line Task (NLT) in bambini di prima classe della scuola primaria. METODO 75 bambini alla fine della prima classe primaria (età media 86 mesi, DS = 3.3) hanno partecipato allo studio. Tutti i bambini sono stati sottoposti ad un test che valuta le abilità di calcolo (AC-MT 6-11), a due doppi compiti, uno di (Memoria di Lavoro Verbale (MLVER) e uno di tipo visuospaziale (MLVS), ad un test di Attenzione espressiva tratto dal CAS che valuta le Funzioni Esecutive (FE) di inibizione e all’NLT con due diversi intervalli: 1-20 e 0-100. Sui risultati sono state svolte due analisi di Regressione Multipla. Nella prima analisi la variabile dipendente era il PAE all’NLT 1-20 e nella seconda analisi il PAE all’NLT 0-100. In entrambe le analisi sono stati utilizzati come predittori la MLVER, la MLVS, le FE e le operazioni dell’AC-MT. RISULTATI Dai risultati della prima analisi non è emerso alcun predittore statisticamente significativo al 5%: né i compiti dominio-generale né quelli dominio-specifici utilizzati sono predittori della prestazione all’NLT 1-20 (R2 = 0.08). Dalla seconda analisi sono invece emersi due predittori statisticamente significativi sulla prestazione all’NLT 0-100: la MLVS e le FE (R2 = .364). CONCLUSIONI Questi dati confermano il coinvolgimento della MLVS e delle FE nell’ambito della prima matematica. I risultati mostrano anche come le abilità cognitive coinvolte nella risoluzione di un compito di Linea Numerica nei bambini varino rispetto all’intervallo considerato: per l’NLT 1-20 non è presente alcuna correlazione con le altre prove mentre per l’NLT 0-100 i bambini hanno utilizzato le loro abilità spaziali e la capacità inibizione degli stimoli per affrontare il compito.

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Il gruppo multivisione come risorsa possibile nella scuola: un’esperienza con insegnanti di sei città italiane

 Parrello Santa¹, Menna Palma², Zaccaro Antonella², Iorio Ilaria²

¹Dipartimento di Studi Umanistici, Sezione di Psicologia e Scienze dell’Educazione, Università degli Studi di Napoli “Federico II”

²Associazione onlus Maestri di Strada INTRODUZIONE L’Associazione Maestri di Strada si occupa di sperimentazioni educative a sostegno dell’inclusione sociale di giovani che vivono situazioni di grave disagio scolastico (Moreno & Valerio, 2004; Parrello et al., 2012); realizza progetti centrati su una lettura complessa del fenomeno dispersione, sulla cura della relazione educativa e sull’uso sistematico di spazi di pensiero, attraverso il gruppo multivisione (Balint, 1957; Pergola, 2010), luogo di incontro per narrare e riflettere sulle situazioni educative difficili. Assumendo che oggi il lavoro dei docenti sia ostacolato anche dalla loro solitudine e dalla mancanza di tempi e spazi per pensare azioni e relazioni, nel corso di formazione nazionale METIS Metodologie Educative Territoriali per l’Inclusione Sociale, realizzato con il MIUR, agli insegnanti è stata proposta l’esperienza del gruppo multivisione con l’obiettivo di raccogliere elementi sulla sua utilità e realizzabilità in vari contesti scolastici. METODO 500 docenti di 6 città (MI, GE, BO, ROMA, NA, CS) hanno partecipato fra ottobre e aprile a 6 incontri di 2h di gruppo multivisione (15 membri, misti per genere, tipo di scuola e anni di esperienza) guidati da uno psicologo alla presenza di un osservatore non partecipante. Il corpus composto dai resoconti narrativi di osservazione è stato sottoposto ad analisi testuale di tipo categoriale con Atlas.ti (Muhr, 1993). RISULTATI L’analisi ha individuato Categorie di Enunciazione improduttive (lamentele, stereotipi) e produttive (critiche, narrazioni, riflessioni) e di Contenuto, in relazione alle variabili luogo (città) e tempo (n incontro). E’ evidente nei gruppi il significativo incremento di dinamiche produttive, seppur con progressione temporale non lineare ma legata ai due cicli di incontri. CONCLUSIONI I risultati indicano che il gruppo multivisione è una risorsa preziosa per la scuola, in grado di restituire ai docenti fiducia nelle proprie potenzialità educative anche nelle situazioni più difficili.

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Per non perdersi: insuccessi scolastici, autostima e orientamento nel progetto E vai dei maestri di strada

Priore Alessandra¹, Parrello Santa², Iorio Ilaria¹, Rotondi Salvatore¹, Cozzolino Maria Domenica¹

¹Associazione Onlus Maestri di Strada, Napoli ²Dipartimento di Studi Umanistici, Sezione di Psicologia e Scienze dell’Educazione,

Università degli Studi di Napoli “Federico II” INTRODUZIONE Da 4 anni l’Associazione Maestri di Strada realizza il Progetto E-vai nelle scuole della periferia di Napoli. Obiettivo è prevenire la dispersione e l’abbandono di adolescenti con ripetuti fallimenti scolastici (Mancini, 2006; Parrello, Moreno, Centro, 2012), sostenendoli e orientandoli nel passaggio medie-superiori. Per monitorare il lavoro, diversi sono i piani di ricerca attivati: qui sono presentati i risultati di uno studio sull’autostima. Ipotizzando che l’autostima risenta della disgregazione familiare e degli insuccessi scolastici, si vuole verificare se essa possa essere rafforzata da interventi educativi specifici (Giusti, Testi, 2006), rilevandola all’inizio e alla fine dell’a.s., valutando se e in che modo alcune variabili, come la partecipazione al Progetto, possano influire sulla modificazione dei punteggi. METODO A 250 adolescenti di III media (118M, 132F; 78.70% 13 anni; 5.8% con almeno 1 bocciatura; 10.32% con almeno 1 sospensione; 50 iscritti a E-vai) è stato somministrato in classe (T1: test inizio a.s.; T2: re-test fine a.s.) il TMA (Bracken, 1993), costituito da 6 scale. RISULTATI Analisi descrittive: il livello medio di autostima di tutti gli adolescenti aumenta da T1 (x=74.82) a T2 (x=75.76); in misura maggiore aumenta il punteggio della scala Emotività. Solo nei partecipanti a E-vai in T2 aumenta l’autostima relativa alle scale Successo Scolastico, Familiare e Corporea ma diminuisce lievemente Interpersonale, Competenza ed Emotività. Analisi correlazionali: esiste una relazione significativa tra il titolo di studio della madre e i livelli di autostima dei figli nella scala Successo Scolastico (r =.45). CONCLUSIONI I primi risultati sembrano indicare che il Progetto E-vai, fondato sulla cura della relazione educativa e su una didattica attiva e individualizzata realizzata insieme agli insegnanti di classe, sia in grado di sostenere l’autostima degli adolescenti, almeno per alcuni aspetti.

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Poster

Processi di sviluppo cognitivo e linguistico

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Attività sportive e funzionamento cognitivo: un confronto tra calcio e Karate

Alesi Marianna¹, Bianco Antonino², Luppina Giorgio³, Vella Francesco Paolo4, Palma Antonio2

Pepi Annamaria1 ¹Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche e dello Sport, Università di Palermo

²Unità di Ricerca di Scienze dello Sport e dell’Esercizio, Università di Palermo ³Youth Football Coach

4FIJLKAM-CONI, Federazione Italiana di Judo, Wrestling, Karate, Arti Marziali INTRODUZIONE La relazione tra funzionamento cognitivo e fitness fisico è mediato da cambiamenti strutturali e fisiologici nell’area corticale prefrontale ed è riconducibile all’ipotesi delle funzioni esecutive (Barenberg, Berse & Dutke, 2011). Diamond (2011) dimostra la maggiore efficacia di attività sportive strutturate per la loro elevata rilevanza educativa. Obiettivo del presente studio è esaminare l’effetto dello svolgimento regolare per 5 mesi di attività sportive quali karate e calcio sul funzionamento cognitivo in bambini di età media di 9.01. METODO Hanno partecipato 32 bambini di cui 13 frequentavano regolarmente (3 volte a settimana) un corso di calcio e 19 un corso di karate. Al pre-test e al post-test è stata somministrata una batteria di prove tratte dalla BVN 5-11 (Bislacchi, Cendron, Gugliotta, Tressoldi & Vio, 2005): discriminazione visiva, span di cifre in avanti e indietro, Test di Corsi, Torre di Londra. Ogni sessione di attività sportiva si articolava in: 1) fase standardizzata di warm-up; 2) allenamento specifico (calcio/karate); 3) fase standardizzata di cool-down. RISULTATI Al confronto tra pre- (novembre) e post-test (maggio), il gruppo calcio manifesta miglioramenti significativi nei tempi di discriminazione visiva [t (12)= 2.757; p< .05] e alla Torre di Londra sia per quanto riguarda la correttezza di esecuzione [t (12)= 2.83; p< .05] che per i tempi di esecuzione [t (12)= 6.84; p< .05]. Anche il gruppo karate manifesta miglioramenti significativi nello span di cifre indietro [t (18)= 2.89; p< .05], nei tempi di discriminazione visiva [t (18)= 4.02; p< .05] e alla Torre di Londra sia per quanto riguarda la correttezza di esecuzione [t (18)= 2.69; p< .05] che per i tempi di esecuzione [t (18)= 3.66; p< .05]. CONCLUSIONI In linea generale i risultati ottenuti sono in linea con la recente linea di ricerca che evidenzia l’efficacia di programmi sportivi strutturati nel potenziare le funzioni esecutive (Diamond & Lee, 2012).

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Aspetti linguistici e prosodici dell’input linguistico rivolto al bambino nel secondo anno di vita: il ruolo dell’esperienza affettivo relazionale materna

Spinelli Maria¹, Tagini Angela¹, Genovese Giuliana¹ ¹Dipartimento di Psicologia, Università di Milano-Bicocca

INTRODUZIONE Il Child-Directed Speech (CDS) è un registro vocale che presenta specifiche caratteristiche linguistiche e prosodiche e risulta avere molteplici funzioni tra le quali l’espressione di emozioni positive da parte della madre, favorire il mantenimento dell’attenzione del bambino e, soprattutto, favorire l’acquisizione del linguaggio (Fernald, 1985). Tuttavia, pochi studi hanno esplorato l’influenza delle caratteristiche materne sulla qualità del CDS. METODO Il presente studio vuole valutare l’influenza della storia relazionale della madre con i propri genitori sulla qualità dell’input linguistico. Venti madri con bambini di 20 mesi di età hanno partecipato allo studio. Le madri hanno compilato il Parental Bonding Instrument (Parker et al., 1979) per la valutazione degli stili genitoriali e sono state classificate come Ottimali o Controllanti. La produzione linguistica materna prodotta durante l’interazione di gioco libero con il bambino è stata codificata rispetto agli aspetti lessicali, sintattici e funzionali, e ne sono state analizzate le caratteristiche prosodiche col programma PRAAT. RISULTATI I due gruppi di madri si differenziano rispetto alle caratteristiche linguistiche e prosodiche dell’input al bambino. Le madri classificate come Ottimali producono più enunciati (U=27, z=-1.739, p=.045), utilizzano un linguaggio con maggiore varietà lessicale (U=25, z=-1.890, p=.032) e varietà di verbi (U=29, z=-1.587, p=.049). Inoltre hanno una voce caratterizzata da una frequenza fondamentale più elevata (t=4.309, df=499, p<.001). CONCLUSIONI Nel complesso i risultati evidenziano come le caratteristiche del CDS siano influenzate dall’esperienza relazionale materna. Le madri Ottimali, rispetto alle madri Controllanti, si rivolgono al bambino con un linguaggio maggiormente stimolante, utilizzando variazioni prosodiche della voce rappresentative di emozioni positive. Tale input risulterebbe più funzionale nell’instaurarsi di interazioni positive col bambino.

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Caratteristiche prosodiche dell’input materno e comprensione lessicale nel secondo anno di vita

Suttora Chiara¹, Salerni Nicoletta¹, Zanchi Paola¹ ¹Dipartimento di Psicologia, Università di Milano Bicocca

INTRODUZIONE Recentemente diversi studi hanno verificato sperimentalmente come specifiche caratteristiche prosodiche tipiche dell’input linguistico diretto ai bambini pre-verbali (CDS) favoriscano il processo di segmentazione del parlato e il successivo riconoscimento lessicale (Ma et al., 2011; Song et al., 2010). In particolare un eloquio lento, caratterizzato da ampie variazioni intonazionali e da contorni melodici complessi, sembra favorire lo sviluppo linguistico. Lo studio ha l’obiettivo di esaminare le caratteristiche prosodiche del CDS diretto a bambini di 15 mesi e di verificare la presenza di eventuali associazioni tra queste e le competenze di riconoscimento lessicale dei bambini. METODO Le capacità di riconoscimento lessicale di 20 bambini di 15 mesi di età è stata valutata attraverso l’utilizzo della prova Looking While Listening, che fornisce delle misure relative all’accuratezza e alla velocità associate al riconoscimento lessicale stesso. I bambini, inoltre, hanno partecipato, insieme alle loro madri, a una seduta osservativa a partire dalla quale gli enunciati materni prodotti sono stati analizzati attraverso il software PRAAT in termini di velocità (sillabe/sec), intonazione (F0, F0 range) e movimenti. RISULTATI Le analisi condotte indicano che ad una maggiore velocità dell’eloquio materno è associato un peggiore riconoscimento lessicale da parte dei bambini (r=.-41; p<.05). Inoltre, un maggior ricorso ad enunciati in cui lo stress intonativo cade su funtori e aggettivi, anziché su nomi e verbi, è ugualmente correlato a una minore accuratezza nel riconoscimento lessicale (r=.-50; p<.05), intesa come quantità di tempo di fissazione delle immagini corrette. CONCLUSIONI Dai risultati emerge, dunque, come alcune caratteristiche di ordine prosodico ricoprano, in età precoce, un ruolo facilitante nello sviluppo di specifiche capacità di riconoscimento dell’input che potrebbero costituire, a loro volta, un prerequisito importante per il successivo sviluppo lessicale.

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Frequentazione dell’asilo nido nella prima infanzia e funzionamento cognitivo e linguistico in età prescolare e scolare

Bulgarelli Daniela¹

¹Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Torino INTRODUZIONE La frequentazione di servizi educativi nella prima infanzia, soprattutto se di alta qualità, può svolgere un ruolo favorente lo sviluppo cognitivo e linguistico in età prescolare (NICHD, 2006) e scolare (Loeb et al., 2007; Magnusson et al., 2007; Peisner-­‐Feinberg et al., 2001), soprattutto per i bambini socio-economicamente svantaggiati. A nostra conoscenza però, a fianco di studi anglosassoni, non sono presenti lavori italiani sul tema. Il nostro lavoro indaga se la frequentazione dell’asilo nido sia legata a punteggi cognitivi e linguistici mediamente più alti in età prescolare e scolare, anche controllando il livello socio-economico della famiglia. METODO Lo studio coinvolge 186 bambini (età media=71.58 mesi; femmine=47.8%), di cui il 42.5% ha frequentato l’asilo nido. I bambini, osservati trasversalmente tra i 3 e i 10 anni, hanno svolto la Leiter-R per il funzionamento cognitivo non verbale (QI) e il PPVT-R per il linguaggio recettivo (QV). Sono state raccolte informazioni sul luogo di nascita (Italia vs. altri paesi) dei genitori, il loro titolo di studio e la presenza di fratelli. RISULTATI Le analisi della varianza non hanno evidenziato differenze significative nel QI e nel QV in base al genere (p>.15), alla presenza di fratelli (p>.13), al luogo di nascita dei genitori (p>.13) e alla frequentazione dell’asilo nido (p>.32). I QI e QV dei bambini con genitori laureati sono significativamente più alti dei bambini con genitori con licenza media o media superiore (p<.005). L’interazione tra titolo di studio materno e frequentazione dell’asilo nido è significativa per il QI (p<.05): il QI di bambini che non hanno frequentato l’asilo nido e hanno madri laureate è più elevato. CONCLUSIONI A differenza della letteratura anglosassone, l’effetto della frequentazione di servizi per l’infanzia sullo sviluppo successivo emerge solo in interazione con il titolo di studio materno. Successivi studi potranno controllare la qualità dei servizi frequentati.

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La multimodalità della comunicazione nell’interazione madre-bambino: una analisi sequenziale a sei mesi di vita

Genovese Giuliana¹, Spinelli Maria¹, Fasolo Mirco¹

¹Dipartimento di Psicologia, Università di Milano-Bicocca INTRODUZIONE Lo stile interattivo della madre con il proprio bambino appare determinante per il successivo sviluppo infantile (Sroufe et al., 2005). Tale interazione può essere vista come il frutto della combinazione di più comportamenti comunicativi che svolgono molteplici funzioni. Ad esempio, attraverso il linguaggio materno vengono trasmesse emozioni positive, mentre lo sguardo rivolto al bambino permette la condivisione ed il mantenimento dell’attenzione (Beebe et al., 2012). METODO Obiettivo del presente studio è stato esplorare micro-analiticamente le modalità interattive di madre e bambino. A tale scopo sono state videoregistrate venti madri in interazione di gioco libero senza oggetti con i loro bambini di 6 mesi. I comportamenti di madre e bambino sono stati codificati secondo per secondo rispetto allo sguardo, alle espressioni e alle produzioni vocali mediante uno schema di codifica opportunamente realizzato. L’analisi dei dati è stata effettuata con il programma di analisi sequenziale GSEQ (Bakeman & Quera, 2003). RISULTATI L’analisi delle co-occorrenze dei comportamenti evidenzia come siano i comportamenti multimodali materni a elicitare risposte positive nel bambino. Ad esempio, quando la madre parla e guarda il bambino lui risponde con espressioni positive (X2=924, p<,001) e sintonizzandosi a livello attentivo (X2=51696,94; p<,001). Ciò non avviene quando i due comportamenti materni vengono prodotti singolarmente. CONCLUSIONI Il lavoro evidenzia come l’associazione tra diverse modalità comunicative favorisca l’interazione positiva, sottolineando l’importanza dell’analisi multimodale dell’interazione madre-bambino nella valutazione dell’adeguatezza dell’input materno.

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Lezione Magistrale Cognition and materiality: the co-evolution of hybrid minds and external memory sistems

Roger Säljö The Linnaeus Centre for Research on Learning, Interaction and Mediated Communication (LinCS)

The University of Gothenburg, Sweden Through inscriptions, documentary practices and artifacts, primarily those associated with writing, humans have been able to build up a social memory of enormous proportions. In such an environment, cognitive activities – thinking, reading, remembering, perception, problem-solving – take place largely through coordination with technological resources for meaning-making. The hybrid mind, thus, is not disconnected from materiality. On the contrary, the world it inhabits is replete with cognitive and material artifacts, and reasoning is located at the intersection of the human mind and external, technological resources that have often been crafted over long periods of time. The recognition of this intimate, and continuously developing, interdependence between material artifacts, inscriptions and reasoning is vital to understanding human cognition and learning, especially in the present situation where digital tools restructure our cognitive practices.

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Simposio 14 Attaccamento in contesti di rischio Proponenti: Barone Lavinia, Di Blasio Paola Discussant: Zappulla Carla Abstract Obiettivo del simposio è mettere a confronto e discutere alcune recenti e innovative ricerche condotte sul tema comune dell’attaccamento in diversi contesti di rischio. Da alcuni anni, infatti, l’interesse per i contesti di rischio, accanto a quelli normativi tradizionalmente studiati, rappresenta un’occasione per testare l’andamento dei legami d’attaccamento come potenziale fattore di protezione o di rischio in rapporto ad altre variabili concorrenti (Bernard & Dozier, 2010; Feldman, 2007). I contesti di rischio consentono di individuare variabili responsabili di specifiche forme di resilienza dei bambini, così come variabili responsabili di specifici esiti maladattivi (Afifi & MacMillan, 2011; Cicchetti, 2010). Il simposio, nello specifico, propone di analizzare quattro diversi contesti di rischio: il conflitto all’interno della coppia genitoriale, l’istituzionalizzazione infantile, la maternità che ha commesso figlicidio e, infine, la genitorialità precoce adolescenziale. Si tratta di contesti in cui il rischio è declinato secondo diversi parametri di gravità e in cui il ruolo dell’attaccamento gioca un suo effetto di protezione o di implementazione del rischio stesso in rapporto alla presenza di altre variabili concorrenti. Dall’analisi e dalla discussione delle ricerche presentate ci aspettiamo di poter aumentare le nostre conoscenze relative alla specificità delle variabili che ritroviamo nei diversi contesti presi in considerazione e, soprattutto, di poter analizzare l’interazione tra le variabili in gioco al fine di identificare eventuali costellazioni di fattori che, insieme all’attaccamento, contribuiscono a definire i modi attraverso cui gli individui possono trovare elementi atti a proteggerne i relativi percorsi di crescita in contesti di rischio.

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Strategie di coping e coping efficacy nei bambini esposti al conflitto genitoriale: il ruolo dell’attaccamento

Camisasca Elena1,2, Miragoli Sarah2, Di Blasio Paola2

1Università Telematica e Campus 2Dipartimento di Psicologia, CRIdee, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

INTRODUZIONE Negli studi sul conflitto genitoriale, sebbene la ricerca abbia chiarito il ruolo distinto delle strategie di coping (De Carlo et al., 2009), della coping efficacy (Sandler et al., 2000) e dell’attaccamento (Lindsey et al., 2009) nello spiegare l’impatto del conflitto sull’adattamento psicologico dei figli, non ha esplorato le connessioni tra tali dimensioni né la loro eventuale funzione protettiva. Obiettivo dello studio è di esplorare se l’attaccamento moderi l’utilizzo delle strategie di coping e il loro impatto sulla coping efficacy. Più specificatamente, viene investigato se i diversi MOI dell’attaccamento (sicuri, evitanti e ambivalenti) moderino le connessioni tra distress percepito a causa del conflitto, strategie di coping e coping efficacy, in bambini di età scolare. METODO Partecipanti: 182 bambini (49% M; 87 sicuri, 46 ansioso-ambivalenti e 49 evitanti) di età scolare (M=9; DS=1,1) e i loro genitori, appartenenti a famiglie normocostituite. Misure: MOI: SAT (Attili, 2001); Distress: SIS (Davies et al., 2002); Coping: CCSC-R1 (Ayers & Sandler, 1999; Valid. It. Camisasca et al., 2012); Coping efficacy: CPIC (Grych et al., 1992). RISULTATI Per verificare l’effetto di moderazione dei MOI rispetto alle associazioni investigate, nei tre gruppi di bambini sicuri, evitanti e ambivalenti, sono state condotte correlazioni e regressioni. I risultati mostrano l’effetto di moderazione dei MOI dell’attaccamento. Nei soggetti sicuri, il coping ricerca del supporto media (β = .33) l’associazione tra distress e coping efficacy; negli evitanti, il coping distrazione media (β = .42) l’associazione tra distress e coping efficacy, mentre negli ansioso-ambivalenti nessuna delle strategie di coping predice la coping efficacy. CONCLUSIONI I risultati forniscono spunti di riflessione circa il ruolo dei MOI sia rispetto all’utilizzo delle strategie di coping in condizione di distress sia sull’impatto che queste esercitano sulla percezione di efficacia personale.

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Adattamento socio-emotivo e cognitivo nei bambini istituzionalizzati tra fattori di rischio e protezione: il ruolo dell’educatore di riferimento

Lyseyko Tetyana1, Dellagiulia Antonio2

1Università Pontificia Salesiana 2Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento,

Università degli Studi di Pavia

INTRODUZIONE I bambini in istituto sono a rischio di attaccamento insicuro e disorganizzato; socievolezza indiscriminata e peggiori performance cognitive (Bakermans-Kranenburg et al., 2011). Dati preliminari suggeriscono che variabili prossimali, relative all’educatore di riferimento del bambino, e distali, come la durata dell’istituzionalizzazione, svolgono un ruolo sulla qualità dello sviluppo di questi bambini. METODO Al fine di fornire un contributo all’analisi di ciò che conta sullo sviluppo dei bambini in istituto, la ricerca ha coinvolto 39 bambini ucraini istituzionalizzati e le loro educatrici, e 61 bambini ucraini della popolazione normativa (età: 5-8 anni). L’adattamento socio-emotivo (valutato tramite Manchester Child Attachment Story Task per i pattern di attaccamento e tramite Intervista sulla Socievolezza Indiscriminata) e lo sviluppo cognitivo (Matrici Progressive di Raven, Forma Colore per il ragionamento non verbale e Test delle Campanelle per l’attenzione sostenuta) sono stati valutati in funzione di due variabili: percepita impotenza nell’accudimento da parte dell’ educatrice di riferimento (Caregiving Helplessness Questionnaire) e durata dell’istituzionalizzazione. RISULTATI L’istituzionalizzazione è fattore di rischio per la qualità dello sviluppo. Quando la variabile prossimale relativa all’educatore è stata inserita nei modelli di regressione oltre alla variabile durata dell’istituzionalizzazione, la varianza spiegata dal modello è aumentata da R2 =.001 a .10 per il ragionamento non-verbale e da R2 =.001 a .45 per la socievolezza indiscriminata, mentre nessun effetto è stato riscontrato per le variabili attaccamento e attenzione sostenuta. CONCLUSIONI L’istituzionalizzazione è un fattore di rischio per lo sviluppo ma, indipendentemente dalla durata, si osserva come le educatrici di riferimento contribuiscono a esercitare un effetto sulla qualità dello sviluppo dei bambini in alcuni specifici domini.

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Figlicidio e fattori evolutivi di rischio: un contributo empirico

Barone Lavinia1, Bramante Alessandra2

1Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento, Università degli Studi di Pavia

2Centro Psiche Donna, A.O. Fatebenefratelli e Oftalmico, Milano

INTRODUZIONE Secondo dati epidemiologici il responsabile dell’uccisione di un minore è la figura di accudimento principale nella metà dei casi (Flynn et al., 2013). Obiettivo dello studio è individuare i fattori di rischio del figlicidio, desumibili dalla storia di sviluppo della madre analizzata tramite l’intervista semi-strutturata sull’attaccamento Adult Attachment Interview. METODO Tre gruppi di madri hanno partecipato allo studio: normative (n=61); con diagnosi psichiatrica (n=37); figlicide (n=23). L’intervista Adult Attachment Interview è stata valutata da codificatori indipendenti e in cieco secondo due sistemi di codifica: Main et al., 2002 e Lyons-Ruth et al., 2005. Diagnosi psichiatrica (SCID – I), livello socio-economico, presenza di traumi nell’infanzia, sono stati inoltre rilevati. Il peso additivo delle variabili indipendenti nel predire l’appartenenza al gruppo è stata indagata con modelli multinomiali VGLM confrontati tramite BIC. RISULTATI Nel gruppo di madri figlicide prevalgono rappresentazioni delle relazioni di attaccamento corrispondenti al pattern Insicuro-Preoccupato (52%, 3-vie), Irrisolto/CC (61%, 4-vie) e Ostile/Impotente (65%). In particolare l’analisi congiunta delle variabili nel confronto tra modelli multinomiali ha individuato un fattore di rischio importante nell’attaccamento Ostile/Impotente che, a parità di diagnosi psichiatrica e status socio-economico, è risultato in grado di predire l’appartenenza al gruppo figlicidio vs. gruppo normativo e con diagnosi psichiatrica (BIC=106 vs. BIC=110 quando l’attaccamento Ostile/Impotente è stato inserito come variabile esplicativa oltre la diagnosi). CONCLUSIONI La trasmissione intergenerazionale di una traumaticità non risolta nella prospettiva dell’attaccamento, e operazionalizzabile come stato della mente Ostile/Impotente in base a quanto emerge dalla storia di sviluppo delle madri, rappresenta un fattore di rischio importante nei casi di figlicidio.

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Attaccamento materno e infantile in un gruppo di madri adolescenti e i loro bambini: risultati di un intervento preventivo

Riva Crugnola Cristina1, Ierardi Elena1

1Dipartimento di Psicologia, Università degli Studi di Milano-Bicocca

INTRODUZIONE Le madri adolescenti, rispetto alle madri adulte, presentano più spesso modelli di attaccamento insicuro e i loro bambini sviluppano frequentemente un attaccamento insicuro (Flaherty & Sadler, 2005). Obiettivi dello studio sono: a) valutare l’attaccamento in un gruppo di madri adolescenti all’inizio di un intervento di prevenzione basato sul video-feedback e sull’educazione alle tappe di sviluppo condotto nel primo anno di vita (Riva Crugnola et al., 2013); b) valutare l’attaccamento dei bambini alle loro madri a 14 mesi, alla fine dell’intervento. METODO I partecipanti sono 24 diadi madri adolescenti-bambini appartenenti al gruppo con intervento e 16 diadi madri adolescenti-bambini costituenti il gruppo di controllo. L’attaccamento delle madri è stato valutato a 3 mesi con l’AAI (George et al., 1985) e quello dei bambini alle madri con la SSP (Ainsworth et al., 1978) a 14 mesi. A 3 e 6 mesi del bambino, sono state codificate le interazioni diadiche con il Care-Index (Crittenden, 1998). RISULTATI Sia nel gruppo con intervento sia nel gruppo di controllo, il 60% delle madri adolescenti ha un modello di attaccamento insicuro, percentuale simile alla distribuzione delle popolazioni cliniche e a rischio. Le analisi con GLMM indicano che le madri adolescenti del gruppo con intervento, rispetto a quelle del gruppo di controllo, migliorano lo stile Sensibile e diminuiscono quello Controllante dai 3 ai 6 mesi e i loro bambini aumentano lo stile Cooperativo rispetto a quelli del gruppo di controllo. A 14 mesi, il 63% dei bambini che hanno completato l’intervento mostrano un attaccamento sicuro, con distribuzione simile a quella della popolazione normale, rispetto ai bambini del gruppo di controllo valutati a 14 mesi che mostrano invece un attaccamento insicuro. CONCLUSIONI I risultati evidenziano l’efficacia dell’intervento nel promuovere l’attaccamento sicuro nei bambini, spezzando la trasmissione intergenerazionale dell’attaccamento insicuro da madri a figli.

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Simposio 15 Sviluppo cognitivo e funzioni di base in età prescolare e scolare in bambini con grave e moderata prematurita’ Proponenti: Sansavini Alessandra, Aureli Tiziana Discussant: Costabile Angela Abstract La nascita pretermine è caratterizzata da molteplici vincoli atipici che possono avere effetti su diversi aspetti dello sviluppo neuropsicologico (Sansavini, Guarini & Caselli, 2011). Deficit cognitivi e comportamentali si possono riscontrare anche nei bambini pretermine senza danni neurologici, caratterizzati da grave (età gestazionale – EG- < 32 settimane) e moderata (EG 32-34 settimane) prematurità. Questi deficit diventano più evidenti dall’età prescolare all’età scolare negli apprendimenti e nelle competenze cognitive complesse (Aarnoudse-Moens et al., 2009; Johnson et al., 2011). Attualmente è discusso in letteratura se questi deficit siano generalizzati a più competenze o compromettano maggiormente alcuni processi specifici. L’obiettivo del simposio è presentare quattro studi sullo sviluppo di funzioni di base e di specifici processi cognitivi, al fine di comprendere quali siano maggiormente compromessi e come si modifichino in funzione della fase evolutiva e dei fattori di rischio associati. Il primo studio evidenzia differenze nelle traiettorie cognitive dai 2 ai 3 anni tra bambini moderatamente pretermine e nati a termine, e mostra che nei bambini pretermine lo sviluppo cognitivo si associa a 2 anni al livello di immaturità neonatale, mentre a 3 anni a più fattori, quali la durata dell’ospedalizzazione e le difficoltà comportamentali. Il secondo studio indaga lo sviluppo delle funzioni esecutive tra i 3 e i 4 anni, mediante prove di attenzione selettiva, memoria di lavoro e inibizione, mostrando una minore capacità di memoria di lavoro a 3 anni in bambini gravemente e moderatamente pretermine rispetto ai nati a termine e discutendo la possibilità di un recupero ad età successive. Il terzo studio indaga, tramite un questionario compilato dai genitori, i processi di attenzione a 5 anni, mostrando difficoltà di attenzione più elevate nei bambini gravemente pretermine che in quelli moderatamente pretermine e nati a termine. Infine, il quarto studio indaga le competenze numeriche di base, mettendo in luce difficoltà in bambini gravemente e moderatamente pretermine nelle prove di conoscenza numerica e di confronto di numeri arabi alla fine dell’età prescolare, con un recupero a 8 anni nell’accuratezza ma non nella velocità che permane più ridotta anche dopo due anni di scolarizzazione. Gli studi nel loro insieme evidenziano l’importanza di analizzare le traiettorie evolutive di specifiche competenze cognitive con l’uso di molteplici strumenti, sperimentali, testistici e osservativi, e suggeriscono l’attivazione di potenziamenti mirati a tali competenze a partire dall’età prescolare.

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Traiettorie di sviluppo neuropsicologico in bambini di età prescolare nati moderatamente pretermine

Ionio Chiara1, Riboni Elisa2, Mascheroni Eleonora1, Dallatomasina Chiara2, Bonanomi Andrea3

Natali Sora Maria Grazia2, Falautano Monica2, Poloniato Antonella4, Barera Graziano4, Comi Giancarlo2

1Dipartimento di Psicologia, CRIdee, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano 2Dipartimento di Neurologia, Servizio di Psicologia, IRCCS S. Raffaele, Milano

3Dipartimento di Scienze Statistiche, Università Cattolica, Milano 4Dipartimento Materno-Infantile, UO Neonatologia, IRCCS S. Raffaele, Milano

INTRODUZIONE Nonostante la presenza di ricerche sulle difficoltà della nascita prematura, i risultati sugli esiti evolutivi sono eterogenei (Aarnoudse-Moens et al., 2012; Kerstjens et al., 2012). Ciò potrebbe essere spiegato da aspetti biologici e ambientali, ma anche metodologici. Tra questi l’uso dell’età cronologica (UCA) o corretta (CA) (Romeo et al., 2012). Gli obiettivi di questo lavoro sono: confrontare lo sviluppo neuropsicologico di bambini pretermine a basso rischio con quello di nati a termine a 24 e a 36 mesi e indagare l’utilità della CA e della UCA nel follow-up dei pretermine. METODO Il campione è composto da 104 bambini (55 pretermine; EG media=32.01; peso medio=1610.20). Gli strumenti utilizzati (previo consenso) sono le Bayley-III (Bayley, 2006) e la CBCL 1½-5 (Achenbach & Rescorla, 2000). RISULTATI Le analisi preliminari (t-test, ANOVA e correlazioni) sembrano evidenziare: un minor livello di performance dei pretermine nelle scale cognitiva e del linguaggio a 24 (t = 5.79, p < .001; t = 3.32, p < .001) e a 36 (t = 1.98, p < .05; t = 3.09, p < .01) mesi; la presenza di un ritardo nei pretermine con UCA nello sviluppo di competenze cognitive tra 24 e 36 mesi (F = 3,930, p < .05); correlazioni significative tra punteggi alle Bayley, sia per CA sia per UCA, e: a) età gestazionale (24 mesi) (ρ = .468, p < .001); b) giorni di degenza (36 mesi) (ρ = -.449, p < .01); c) presenza di tratti ansiosi/depressivi e aggressivi (36 mesi) (ρ = .479, p < .05; ρ = .514, p < .01). CONCLUSIONI I dati indicano che i bambini pretermine hanno maggiori difficoltà in particolare nello sviluppo cognitivo, anche se il gap evolutivo sembra ridursi negli anni. L’utilizzo della CA e della UCA ha evidenziato come l’uso della CA sia utile fino ai 2 anni. I risultati evidenziano come le variabili biologiche alla nascita influenzino lo sviluppo dei bambini pretermine fino ai 24 mesi, mentre le loro performance a 36 mesi appaiono influenzate da più fattori quali i tratti comportamentali del bambino e i giorni di degenza.

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Funzioni esecutive nei prematuri in età prescolare: uno studio pilota

Angelini Laura1,2, Moniga Silvia2, Primavera Adelina3, Aureli Tiziana1

1Dipartimento di Neuroscienze & Imaging, Università degli Studi “G. D’Annunzio” Chieti-Pescara 2Accademia di Neuropsicologia dello Sviluppo di Parma (ANSvi)

3UO di Neonatologia e TIN, Policlinico “SS. Annunziata” di Chieti INTRODUZIONE Le Funzioni Esecutive (EF) sono concettualizzate come un insieme di componenti quali, memoria di lavoro (WM), inibizione e shifting, regolate dal sistema attentivo (Miyake et al., 2000) che subiscono cambiamenti sostanziali, in termini di efficienza, durante il periodo prescolare (Garon et al., 2008; Jacobs et al., 2011). La letteratura sulla nascita pretermine individua nelle EF un’area particolarmente vulnerabile (Best et al., 2010; Mulder et al., 2009) che comprometterebbe la costruzione di altre abilità (ad es., apprendimenti scolastici) (Anderson et al., 2011); quindi risulta importante rilevare l’esistenza di eventuali deficit. Tuttavia in ambito clinico mancano batterie di test standardizzati capaci di esaminare le componenti delle EF in un periodo così critico per il loro sviluppo (Anderson, 2012). Lo scopo del presente lavoro è di indagare l’andamento evolutivo delle EF tra il terzo e il quinto anno di vita confrontando i bambini pretermine con i nati a termine. METODO Allo studio hanno partecipato 31 bambini (17 F) di cui 13 prematuri (30-35sg): 15 con età media di 36 mesi (7 prematuri), e 16 di 48 mesi (6 prematuri). Ai partecipanti è stato somministrato un protocollo sperimentale costituito da prove di attenzione selettiva, WM e inibizione della risposta i cui stimoli venivano presentati attraverso un computer touch screen. RISULTATI Le analisi preliminari sui punteggi ottenuti nella prova di WM a 3 anni mostrano che i bambini pretermine ricordano un numero di item significativamente minore rispetto ai controlli [M=3.0 vs M=4.44, t(14) = 3.01, p < .05]. CONCLUSIONI I risultati indicano che all’ingresso del periodo prescolare la memoria di lavoro nei prematuri è meno efficiente di quella dei nati a termine. Le analisi sui 4 anni consentiranno di esaminare se le differenze di prestazione tra i due gruppi persistono o se al contrario l’età prescolare rappresenta una fase di transizione durante la quale i prematuri recuperano i deficit di sviluppo (Rose et al., 2007).

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Processi di attenzione in bambini di età prescolare nati gravemente pretermine e moderatamente pretermine

Perricone Giovanna1, Sulliotti Giorgio2, Polizzi Concetta1, Morales M.Regina1

1Dipartimento di Psicologia, Unità di ricerca in “Psicologia Pediatrica”, Università degli Studi di Palermo, Azienda Ospedaliera “Ospedali Riuniti – Villa Sofia Cervello”, Palermo,

Progetto Ce.S.I.P.P.U.O.’ 2Unità di Neonatologia con TIN, Presidio Ospedaliero V. Cervello, A.O.

Ospedali Riuniti Villa Sofia V. Cervello INTRODUZIONE La nascita pretermine sia grave (GA<32 sett., peso alla nascita<1500g) che moderata (GA<35 sett., peso alla nascita<2500g/ >1500g), può indurre fin dai primi anni di vita compromissioni di diversi processi cognitivi (Bhutta et al., 2002; Aylward, 2005); questo sottolinea l’importanza di anticipare in età precoce i percorsi di assessment (Perricone et al., 2012). Lo studio indaga la possibile compromissione dei processi di attenzione in bambini nati pretermine di età prescolare e, in particolare, l’esistenza di differenze significative tra bambini/e nati/e gravemente pretermine, moderatamente pretermine e a termine in questi processi. METODO Sono stati coinvolti 120 bambini (Metà =5.2 anni) di cui: 25 nati gravemente pretermine (GA M = 29.4, DS = 2), con basso peso alla nascita, senza complicanze neurologiche/sensoriali o malattie genetiche; 35 nati moderatamente pretermine (GA M = 34.6, DS = 1) con basso peso alla nascita e senza complicanze; 60 nati a termine sani. E’ stata somministrata ai genitori la scala IPDAG sui processi di attenzione (Riello et al., 2005). Attraverso il calcolo della MANCOVA sono state analizzate le possibili differenze nei punteggi della scala relativa all’attenzione in funzione delle variabili nascita, sesso e peso alla nascita come covariata. E’ stato poi applicato il post-hoc test di Tukey per analizzare le differenze tra le prestazioni di ciascun gruppo rispetto agli altri due. RISULTATI I bambini pretermine in età prescolare risultano a rischio di disattenzione [F(2,119) = 2.4, p = .04, η2 = .04]; in particolare, i gravemente pretermine mostrano maggiore disattenzione rispetto ai moderatamente pretermine (Tukey HSD = p < .001). Non emergono differenze significative in funzione delle altre variabili. CONCLUSIONI I risultati orientano verso l’attivazione già in età prescolare di specifici training attentivi multidirezionali, uno dei quali è stato messo a punto e validato sul piano della sostenibilità dal gruppo di ricerca.

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Competenze numeriche nei bambini nati pretermine dall’età prescolare all’età scolare

Guarini Annalisa1, Sansavini Alessandra1, Fabbri Marco2, Alessandroni Rosina3,

Faldella Giacomo3, Karmiloff-Smith Annette4

1Dipartimento di Psicologia, Università di Bologna 2Dipartimento di Psicologia, Seconda Università di Napoli, Caserta

3 Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università di Bologna 4Birkbeck Centre for Brain and Cognitive Development, University of London, UK

INTRODUZIONE I bambini nati pretermine mostrano in età scolare numerose difficoltà negli apprendimenti matematici (Taylor et al., 2009). Tuttavia, pochissimi studi hanno analizzato se queste difficoltà siano presenti in competenze numeriche di base (Simms et al., 2013). Lo scopo dello studio è analizzare l’effetto della nascita pretermine su queste competenze nel passaggio dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria. METODO In uno studio trasversale sono stati coinvolti 140 nati pretermine (età gestazionale ≤ 33 settimane, esenti da danni cerebrali e sensoriali maggiori) e 60 nati a termine all’età di 6 e 8 anni. Per le competenze numeriche sono state somministrate prove di confronto di grandezze con dots e numeri arabi (accuratezza e tempi di reazione), e prove di conoscenza numerica (accuratezza nel conteggio, seriazione, lettura di numeri). È stato inoltre valutato lo sviluppo cognitivo. I dati sono stati analizzati con l’analisi della varianza. RISULTATI Nel confronto di grandezza con i dots, i nati pretermine sono più lenti dei controlli (p < .05), mentre non emergono differenze nell’accuratezza. Nel confronto di numeri arabi i bambini pretermine sono meno accurati dei controlli a 6 anni (p < .001), mentre a 8 anni non mostrano più difficoltà in accuratezza, ma risultano più lenti (p < .005). Nelle prove di conoscenza numerica i nati pretermine mostrano maggiori difficoltà a 6 anni (p < .01) con un recupero a 8 anni. Tutte le differenze descritte permangono controllando per lo sviluppo cognitivo. CONCLUSIONI I bambini nati pretermine mostrano numerose difficoltà nelle competenze numeriche di base a 6 anni con un recupero a 8 anni, dove permangono tuttavia alcune differenze nei tempi di reazione. Questi risultati aprono la strada a nuove riflessioni teoriche e cliniche relative all’apprendimento delle competenze matematiche e all’importanza di analizzare i cambiamenti in particolari periodi di transizione evolutiva.

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Poster    Contesti e percorsi di apprendimento e formazione

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La valutazione del potenziamento combinato delle abilità numeriche e visuo-spaziali nella scuola primaria: confronto tra differenti modalità di potenziamento

Fastame Maria Chiara¹, Mascia Maria Lidia¹, Agus Mirian¹, Melis Valentina¹, Sedda Anna Maria¹,

Penna Maria Pietronilla¹ ¹Dipartimento di Pedagogia, Psicologia, Filosofia, Facoltà di Studi Umanistici,

Università di Cagliari INTRODUZIONE Numerose ricerche evidenziano l’importanza del potenziamento delle abilità cognitive nelle difficoltà di apprendimento. Notevole è il ruolo delle abilità visuo-spaziali nello sviluppo delle abilità matematiche e l’utilità dei training visuo-spaziali nello sviluppo del concetto di numero (e.g. Praet et al., 2014). METODO Si è voluto valutare l’effetto che il training (singolo e combinato) delle abilità numeriche e/o visuo-spaziali esercita sulle abilità matematiche. Il training, svolto in modalità cartacea e/o cd-rom, si è rivolto a soggetti del II anno della scuola primaria. Questi sono stati esaminati mediante test per la valutazione delle abilità numeriche (ACMT6-11, Cornoldi et al., 2012) e visuo-spaziali (CPM, Raven, 1994), sia pre che post potenziamento. 165 bambini di 7 anni (47,3% f), suddivisi in 8 gruppi, hanno seguito per tre mesi attività di potenziamento. I training applicati sono stati: Sviluppare l’intelligenza numerica II (Lucangeli et al., 2011), Recupero in…abilità visuo spaziali (Fastame et al., 2011). L’analisi dei dati si è concentrata sul calcolo del gain tra le condizioni pre/post potenziamento per le dimensioni dell’ACMT6-11 (abilità numeriche) e del CPM (abilità visuo-spaziali); su tali valori è stata applicata la MANCOVA. RISULTATI E’ stato riscontrato un effetto significativo del fattore training per il Calcolo Scritto (F(7;148) = 2.35, p=.027, pηp2 = .11). I post hoc hanno dimostrato in particolar modo l’efficacia del potenziamento combinato matematico cd-rom e visuo-spaziale (sia cartaceo che multimediale) rispetto ai potenziamenti singoli, non combinati. CONCLUSIONI I potenziamenti combinati delle abilità numeriche e visuo-spaziali supportano le abilità matematiche (Räsänen et al., 2009). Il training in modalità cd-rom di Lucangeli appare particolarmente efficace, soprattutto quando abbinato con il cartaceo o multimediale del training visuo-spaziale di Fastame.

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La valutazione del potenziamento combinato delle abilità numeriche e visuo-spaziali nella scuola dell’infanzia: prospettive di applicazione

Mascia Maria Lidia¹, Agus Mirian¹, Fastame Maria Chiara¹, Pilloni Carmela¹,

Penna Maria Pietronilla¹ ¹Dipartimento di Pedagogia, Psicologia, Filosofia – Facoltà di Studi Umanistici,

Università di Cagliari INTRODUZIONE Vari autori ribadiscono l’utilità della combinazione dei training visuo-spaziali e numerici nello sviluppo delle abilità numeriche fin dalla prima infanzia (e.g. De Hevia, 2008). Tuttavia in ambito italiano poche ricerche indagano tale aspetto in età prescolare. METODO Si è valutato l’effetto del potenziamento matematico e/o visuo-spaziale sulle abilità matematiche, in soggetti di 5 anni. Attraverso una serie di attività in modalità ludica si è mirato a potenziare le funzioni cognitive alla base dell’apprendimento matematico. I partecipanti sono stati esaminati pre e post potenziamento, mediante strumenti standardizzati per la valutazione delle abilità numeriche (BIN, Molin et al.,2007) e visuo-spaziali (CPM, Raven,1994). 115 bambini (49% m) sono stati suddivisi in 6 gruppi, coinvolti settimanalmente per tre mesi in attività di potenziamento differenziate. Sono stati svolti i training Sviluppare l’intelligenza numerica I (Lucangeli et al., 2010) per le abilità numeriche e Conosco le forme (Lucangeli et al., 2009) per le abilità visuo-spaziali. E’ stato calcolato il gain tra le condizioni pre/post potenziamento, in rapporto a tutte le scale definite dalle BIN e dalle CPM; su tali valori è stata applicata una MANCOVA. RISULTATI E’ stato mostrato l’effetto del fattore training in relazione alle scale dell’area lessicale (F(5;103) = 3.91, p=.003, pηp2 = .16) e della sintassi (F(5;103) = 3.06, p=.013, pηp2 = .13). I confronti sottolineano come chi ha seguito il training matematico (multimediale o cartaceo) in associazione con il visuo-spaziale cartaceo consegua risultati migliori rispetto a chi ha seguito un solo training. CONCLUSIONI I training combinati si mostrano efficaci nel supportare le abilità matematiche in età prescolare (Räsänen et al., 2009). Specificatamente il training matematico appare particolarmente utile sia nella modalità cartacea che cd-rom, quando combinato con quello visuo-spaziale.

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Processi metacognitivi e di pianificazione in bambini disortografici

Filippello Pina¹, Spadaro Laura¹, Murdaca Annamaria¹, Drammis Letizia2 1Dipartimento Scienze Umane e Sociali - Università degli Studi di Messina

2Università Suor Orsola Benincasa, Napoli

INTRODUZIONE McCloskey e coll. (2008), hanno riscontrato un legame tra i deficit delle funzioni esecutive e le difficoltà nella formazione del testo scritto, la scarsa produzione, la lentezza nella scrittura e la mancanza di automaticità. Uno dei pochi contributi presenti in letteratura che ha analizzato questa relazione (Rosenblum et al., 2010) ha rilevato, attraverso delle interviste ai genitori, che i bambini con disortografia hanno maggiori difficoltà a organizzare il loro tempo e il loro spazio rispetto ai coetanei e questo ha delle conseguenze significative sulle loro performance scolastiche (McGrath et. al., 2011). Alla luce delle carenze in questo settore di indagine, questo contributo si propone un duplice obiettivo: indagare il rapporto tra le abilità di pianificazione (attraverso i test Labirinti e Torre di Londra) e i deficit di scrittura spontanea (attraverso la somministrazione delle prove di Narrazione e Descrizione della Batteria per la correttezza e la competenza ortografica) e verificare gli effetti di un training mirato allo sviluppo di tali abilità. METODO Alla prima ricerca hanno partecipato 60 bambini (M=8; Ds=0,52), 30 con diagnosi di disortografia e 30 con sviluppo tipico. Per la seconda ricerca, sono stati selezionati solo i bambini con disortografia, suddivisi in due gruppi: un gruppo al quale è stato somministrato un training sulle abilità di pianificazione ed un gruppo su cui non è stato condotto alcun intervento. Il training è stato strutturato in 10 incontri, le cui attività fanno riferimento all’ultimo livello (metacognitivo) del modello teorico di Hayes e Flower (1980): 5 incontri in cui i soggetti erano impegnati in attività di verbalizzazione delle immagini presentate (generazione e organizzazione delle idee) e 5 incontri di attività quali la trasposizione, la rilettura e la correzione. RISULTATI I risultati della prima ricerca mostrano differenze significative tra i bambini con disortografia e quelli con sviluppo tipico, sia nell’abilità di pianificazione che nella produzione spontanea del testo scritto [F(4,55)= 50,363; p<.001; np2=.786]. Inoltre, analizzando i risultati del training, i confronti pre-post dimostrano che il trattamento migliora la qualità della produzione scritta sia nelle prove di narrazione che di descrizione [F(1,28)= 44,912; p<.001]. CONCLUSIONI Di conseguenza, sarebbe opportuno strutturare interventi educativi attenti a sollecitare anche le abilità di pianificazione del testo scritto piuttosto che limitarsi a quelle legate esclusivamente allo sviluppo della scrittura strumentale.

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L’Insight problem solving in età evolutiva

Castoldi Valeria¹, Macchi Laura¹, Bagassi Maria¹

¹Dipartimento di Psicologia, Università Bicocca-Milano INTRODUZIONE Malgrado l’ampio dibattito che si è recentemente sviluppato intorno allo studio dell’insight problem solving (Ut Na Sio, Ormerod, 2009, 2013; Gilhooly, 2010, 2009; Macchi & Ball, in press), risultano ancora scarsi i contributi relativi all’età evolutiva (Davidson, Sternberg, 1984, 1998; Bermejo, Sternberg, 1996), presumibilmente anche a causa delle modeste prestazioni già riscontrate nella popolazione adulta. Le ricerche sul problem solving nel periodo evolutivo si sono focalizzate, da una parte, sul pensiero divergente (Defeyter, 2003) o sui cosiddetti move-problem dall’altra (Garber, 2002; Kaller, 2004). METODO Abbiamo, pertanto, tentato di esplorare i meccanismi di risoluzione degli insight problem nei bambini, al fine di studiare l’ipotesi secondo la quale le difficoltà di risoluzione siano connesse a fattori pragmatico-interpretativi e non necessariamente a difficoltà di tipo cognitivo. Abbiamo quindi diviso casualmente 130 bambini frequentanti le classi quinte di una scuola primaria in 3 gruppi. Al primo gruppo, abbiamo somministrato la versione originale di 5 noti problemi insight (Frederick, 2005; Dow & Mayer 2004); in seguito abbiamo effettuato due riformulazioni del testo dei problemi, per cercare di adeguarli alle risorse interpretative dei bambini, e le abbiamo proposte rispettivamente al secondo e al terzo gruppo. RISULTATI Conformemente alla nostra ipotesi, confrontando sia il gruppo di controllo con il primo gruppo sperimentale (χ2(1) 22.271, p < .001) che il gruppo di controllo con il secondo gruppo sperimentale (χ2(1) 41.707, p<.001), abbiamo trovato una percentuale significativamente maggiore di risoluzione dei problemi in entrambe le condizioni sperimentali rispetto ai controlli. CONCLUSIONI Adeguando i problemi alle competenze dei bambini, è stato così possibile riscontrare i meccanismi di ristrutturazione specifici dell’insight problem e studiare l’insight problem solving anche in età evolutiva, fornendo ulteriori spunti di riflessione per il dibattito teorico in corso.

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Il concetto di amicizia in bambini dai tre agli otto anni

Marcone Roberto¹, Caputo Antonietta¹, della Monica Ciro¹

¹Dipartimento di Psicologia, Seconda Università degli Studi di Napoli INTRODUZIONE Le competenze sociali sono una componente primaria dello sviluppo, dai primi rapporti diadici fino all’interazione con i coetanei e alla formazione di reti di amicizia (Ladd, 1999). L’amicizia è un fattore importante dello sviluppo cognitivo, emotivo, della regolazione sociale e del senso d’identità (Bornstein et al., 2010; Rose-Krasnor, 1997; Shaffer, 1996). Selman (1980) ne propone un modello stadiale. L’obiettivo del presente studio è confermare la natura multifattoriale e stadiale del concetto di amicizia in bambini prescolari e dei primi anni di scuola primaria; inoltre, verificare eventuali differenze di genere e l’influenza delle pratiche genitoriali su tale processo. METODO È stata somministrata la Friendship Interview (Bornstein, 1998) a 99 bambini dai 3 agli 8 anni (M=6.1; S.D.=1.35). L’intervista è stata codificata su 5 categorie: 1) concetto di amicizia; 2) social perspective taking; 3) comprensione delle emozioni; 4) strategie di interazione sociale; 5) aggressività. È stata somministrata una batteria di questionari sugli stili parentali a entrambi i genitori. Sono state effettuate ANOVA e analisi correlazionali per le variabili età, sesso, parentali e le 5 categorie dell’intervista. RISULTATI I risultati confermano l’incremento delle competenze al crescere dell’età. Non si rilevano differenze di genere, né l’influenza parentale. CONCLUSIONI Lo studio conferma lo sviluppo qualitativo e quantitativo previsto nel modello di Selman sottolineando la natura multifattoriale del concetto di amicizia, legato non solo alla capacità del bambino di definire “che cosa è un amico”, ma anche quali siano le strategie di interazione sociale e le competenze richiamate dalla Teoria della Mente. Gli effetti dell’influenza parentale nella fascia d’età indagata sono spuri: le competenze dichiarate dai bambini sono ancora in fieri, legate più ad aspetti istintivi che plasmati dal parenting.

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Effetti del feedback scritto sulla performance accademica nell’istruzione superiore

Sulla Francesco¹, Rollo Dolores², Harrop Alex³, Calestani Caterina¹ ¹Dipartimento di Lettere, Arti, Storia e Società, Università degli Studi di Parma;

²Dipartimento di Neuroscienze, Università degli Studi di Parma; ³School of Natural Sciences and Psychology, Liverpool John Moores University

INTRODUZIONE I feedback in forma scritta, apprezzati dagli studenti, sono l'opportunità per il docente di fornire quell’attenzione individualizzata altrimenti difficile da erogare nel contesto dell’aula universitaria (Hyland, 2013). Lo scopo di questo studio era valutare gli effetti di due tipi di feedback scritto sulla performance di studenti universitari. METODO 132 studenti del III anno di Psicologia, a partire dai risultati ad un test a risposte multiple, sono stati assegnati a due condizioni: mentre il gruppo 1 riceveva un feedback consueto, volto a sottolineare carenze ed errori e, occasionalmente, le risposte corrette; gli studenti del gruppo 2 ricevevano numerosi commenti positivi individualizzati che rimarcavano la correttezza delle loro risposte. Altri 3 test a risposta multipla e 3 a risposta aperta si sono susseguiti in maniera alternata. Mentre questi ultimi servivano a erogare i feedback (V. I.), il primo tipo di test serviva a misurare la performance (V. D.). RISULTATI la performance dei due gruppi ai test intermedi era pressoché assimilabile, con un miglioramento nel tempo, dalla prima prova all’esame. È stata trovata, però, una differenza significativa nelle prestazioni all’esame finale (t(130)=2.144, p<.05). Gli studenti che avevano ricevuto il feedback consueto hanno riportato performance migliori (M=29.16, d.s.=1.96) di quelli che avevano ricevuto commenti positivi extra (M=28.21, d.s.=3.05). CONCLUSIONI Il motivo della differenza tra i due gruppi potrebbe essere ricercato in un “effetto noncuranza”: gli studenti che avevano ricevuto solo commenti positivi durante il corso potrebbero aver sentito di possedere già un livello adeguato di competenza e che quindi non ci fosse bisogno di approfondire lo studio per l’esame finale. Gli studenti dell’altro gruppo, al contrario, potrebbero essersi sentiti meno sicuri. Ulteriori indagini andranno svolte al fine di verificare questa ipotesi

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Graduated achievement emotions drawings (GR-AED): dati preliminari su uno strumento per valutare l’intensità delle emozioni di riuscita

Bressanini Manuela¹, Raccanello Daniela¹, Bianchetti Caterina¹ ¹Dipartimento di Filosofia, Pedagogia e Psicologia, Università di Verona

INTRODUZIONE Il ruolo rivestito dalle emozioni nei contesti di riuscita è ampiamente documentato e sollecita lo sviluppo di metodologie valide e attendibili atte a valutarle con soggetti di diversa età (Linnenbrink, 2006; Pekrun & Stephens, 2012). Alla luce della teoria del controllo-valore delle emozioni di riuscita (Pekrun, 2006), questo lavoro si propone di fornire dati preliminari, con studenti universitari, sulla bontà di una prima versione di uno strumento grafico per valutare l’intensità di una gamma di emozioni (Graduated Achievement Emotions Drawings, GR-AED). L’uso di rappresentazioni grafiche permette di superare vincoli propri di strumenti con soli stimoli verbali, favorendo un accesso più diretto alla rete semantica in cui sono immagazzinate le informazioni di natura emotiva (Goeleven, De Raedt, Leyman & Verschuere, 2008). METODO I partecipanti erano 78 studenti universitari (età media = 21.36, DS = 1.28; 86%F). Il GR-AED include 60 disegni di volti relativi a 12 emozioni; la corrispondenza tra volti ed emozioni è stata verificata in lavori precedenti (Raccanello & Bianchetti, 2014; Raccanello, Bianchetti, Bianchetti, Carantani, Galazzini, Ghiro & Soldà, 2014). Per ogni emozione, si è ipotizzato che cinque diversi volti corrispondessero a diversi livelli di intensità (1 = per niente e 5 = moltissimo): ai partecipanti è stato chiesto di abbinarli alle etichette corrispondenti (0/1: abbinamento s/corretto). RISULTATI Tramite test del Chi quadrato (p < .05) è emerso che la maggior parte dei partecipanti ha abbinato correttamente i volti con i livelli di intensità ipotizzati per ognuna delle emozioni (tutti p < .001, tranne che per la tranquillità, per cui p = .024). CONCLUSIONI Pur riconoscendo alcuni limiti legati sia alla generalizzabilità sia alla natura self-report del GR-AED, si sono forniti dati preliminari sull’adeguatezza dello strumento, le cui proprietà saranno valutate ulteriormente con individui di età inferiore.

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Emozioni e memoria autobiografica: il ruolo della narrazione nel loro cambiamento

Fioretti Chiara¹, Smorti Andrea²

¹Dipartimento di Neuroscienze, Psicologia, Area del farmaco e Salute del Bambino (NEUROFARBA), Università degli Studi di Firenze

²Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia (SCIFOPSI), Università degli Studi di Firenze

INTRODUZIONE Memoria autobiografica e narrazione sono due concetti distinti anche se strettamente connessi (Smorti, 2007): attraverso la narrazione di un ricordo quest’ultimo si modifica, passando da un linguaggio “per il sé”, ad uno “per gli altri” (Vygostkij, 1987). Tuttavia, sono ancora incerte le influenze reciproche dei due costrutti ed il peso che queste hanno sulle emozioni associate ai ricordi di vita. Lo studio condotto esplora la relazione tra memoria e narrazione autobiografica indagando come le emozioni associate ai ricordi si trasformino quando questi vengono raccontati, ponendo particolare enfasi alle differenze di genere. METODO 151 studenti universitari fiorentini (78 maschi e 73 femmine) hanno preso parte ad un Memory Fluency Test, nel quale veniva chiesto loro di richiamare ricordi della loro adolescenza e selezionare per ognuno di essi una o più emozioni da una lista di undici emozioni fondamentali (Ekmann, 1999). In seguito veniva richiesto loro di selezionare uno dei ricordi elencati, narrarlo dettagliatamente e poi associarvi una o più emozioni dalla stessa lista. Le emozioni sono state analizzate sia singolarmente sia come tono emotivo. RISULTATI I risultati dello studio evidenziano che i partecipanti esprimono un numero maggiore di emozioni dopo aver narrato I ricordi piuttosto che dopo il semplice richiamo di essi nel memory Fluency Test (p<.0001). I ricordi con tono emotivo complesso aumentano significativamente rispetto a quelli solo positivi o negativi soprattutto nel campione maschile (p<.05), mentre a livello molecolare alcune emozioni, come la sorpresa, aumentano significativamente (p<.001). CONCLUSIONI La narrazione autobiografica provoca importanti cambiamenti a livello emotivo nella memoria degli eventi di vita, favorendo l’emergere di emozioni tipiche della struttura narrativa e del linguaggio “per gli altri”.

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Autostima e coping in giovani adulti. Studio sul “cambiamento” prodotto da un percorso di counseling universitario

Pecoraro Nadia¹, Carpinelli Luna¹, Mollo Monica¹, Savarese Giulia¹, Fasano Oreste¹, Iannaccone Antonio¹

¹Centro di Counseling Psicologico di Ateneo “M. Cesaro”, Università degli Studi di Salerno INTRODUZIONE La letteratura ha individuato alcuni fattori (tratti di personalità, bassa autostima, eventi stressanti) come ostacolo all’attivazione di risposte adattive, funzionali e di fronteggiamento allo stress nel giovane adulto e al mancato processo di integrazione nell’esperienza educativa univeristaria (Gore, 2008; Savarese et al., 2013).L’obiettivo del presente studio è, pertanto, verificare se un percorso di counseling psicologico possa favorire tale attivazione, incrementare l’autostima e l’autoefficacia e diminuire l’eventuale sintomatologia clinica. METODO I partecipanti sono 50 studenti universitari (F=23, M=27; età media=25 anni, DS=5,35) che hanno richiesto un percorso di counseling psicologico. Gli strumenti, utilizzati in modalità pre-post intervento psicologico, sono stati: a) scheda socio-anagrafica costruita ad hoc; b) Self-esteem scale (Rosenberg, 1965) per valutare il livello di autostima; c) Scl-90R (Derogatis,2011), per l’individuazione della presenza di sintomi psicopatologici internalizzanti ed esternalizzanti; d) Ciss (Endler & Parker, 1988), per l’identificazione dei principali stili di coping. RISULTATI Dall’analisi emerge che nel post test si sono registrati: a) un incremento del livello di autostima (p<.05); b) il potenziamento di alcune strategie di coping (manovra, distrazione e diversivo sociale) e il decremento della scala emozione (p<.001); c) la diminuzione delle scale cliniche di somatizzazione, ossessività compulsività, ipersensibilità interpersonale, depressione, ostilità, ansia fobica, psicoticismo, gli indici globali di severità (p<.05). CONCLUSIONI Un percorso di counseling psicologico può favorire nei giovani adulti il senso di autostima e di autoefficacia, attraverso l’utilizzo di strategie adattive di fronteggiamento agli stressors e la ricerca di coesione con le altre persone, fattori che determinano un positivo cambiamento anche degli indici di sintomatologia clinica.

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Effetti dell’uso dell’expressive writing sull’autoefficacia accademica

Pasca Paola¹, Smorti Andrea¹

¹Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia, Università degli Studi di Firenze

INTRODUZIONE Nonostante gli studi abbiano dimostrato tanto l’efficacia della Scrittura Espressiva (Pennebaker, 1997) quanto l’importanza dell’autoefficacia (Bandura, 1997) in ambito universitario, non vi sono studi riguardo gli effetti del richiamo di memorie autobiografiche sull’autoefficacia universitaria. Questo studio ipotizza che l’autoefficacia sia incentivata dal richiamo e dalla narrazione scritta di esperienze di gestione efficace piuttosto che di gestione inefficace delle difficoltà accademiche. METODO 51 studenti universitari sono stati suddivisi in tre gruppi omogenei (n = 17) di cui due sperimentali con tracce di scrittura diverse (si richiede di raccontare un episodio universitario affrontato con successo vs insuccesso) e un gruppo di controllo non sottoposto a sessioni di scrittura. Sono stati confrontati i punteggi su due scale di autoefficacia (ASCP; Caprara, 2001; CSEI, Solberg, et al., 1993) somministrate ai tre gruppi all’inizio e alla fine dell’esperimento. Al termine delle sessioni, è stato valutato l’umore e il modo in cui le sessioni sono state affrontate attraverso la scala LDoW (Pennebaker, Colder & Sharp, 1990). RISULTATI Emerge un aumento significativo dell’autoefficacia nel gruppo che ha scritto di un successo universitario (F = 3,5 p = .04; F = 4.38, p = .01). Il gruppo sperimentale con traccia opposta non mostra un aumento significativo nell’autoefficacia e presenta punteggi di tristezza e depressione significativamente maggiori (t = -2.46, p = .02). CONCLUSIONI Fornire agli studenti la possibilità di raccontare eventi accademici affrontati con successo, comporta un processo di ricordo autobiografico che influenza positivamente la rappresentazione di sé come persone capaci e competenti, nel presente e nel futuro (Kirk, Shutte & Hine, 2011).

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Strategie di coping e percezione dello stress accademico negli studenti universitari

Marano Assunta¹, Spagnoli Maria Paola¹, D’Amico Simonetta¹ ¹Dipartimento di Medicina clinica, Sanità pubblica, Scienze della vita e dell'ambiente,

Università degli Studi dell’Aquila

INTRODUZIONE Gli studenti universitari percepiscono la vita accademica come potenziale fonte di stress sia per l’impegno richiesto in termini di adattamento che per le pressioni e le aspettative che ne connotano il percorso (Misra & Castillo, 2004; Conner, Pope & Galloway, 2010). In tale processo le strategie di coping svolgono un ruolo complesso avendo come obiettivo quello di elevare il benessere personale, permettere elevati livelli di performance e promuovere situazioni di riuscita. Obiettivo: descrivere la relazione tra le risorse personali e le fonti di stress accademico individuando i possibili pattern strategici di fronteggiamento. METODO Il campione è costituito da 43 studenti universitari (F= 35; M= 8; età media: 21 anni, DS: 7 mesi) con valori medi alla scala Holmes-Rahe. Protocollo di valutazione: Scheda Status Socioeconomico (SES, Hollingshead, 1977); Cope (Carver & Sheier, 2004; Sica et al., 2008) questionario di valutazione delle strategie di coping; Student Stress Assessment (Marano & D’Amico, 2013) questionario di indagine delle principali fonti di stress in ambito accademico. RISULTATI Dalle analisi di varianza multivariata (MANOVA 5x5) tra le fonti di stress e le strategie di coping (cov. Genere/Età), è risultato significativo l'effetto principale della “strategia di coping” (F (4,28)= .296, p= .037), e l’effetto di interazione tra “strategia di coping” e “fonti di stress accademico” (F (4,28)= .336, p= .019): gli studenti che percepiscono l’insuccesso come ostacolo sono quelli che hanno un più basso valore di adattamento e di successo accademico di contro a studenti che percepiscono l’insuccesso come sfida. Dalle analisi di regressione emerge che il peso dell’atteggiamento improntato a una bassa strategia di evitamento caratterizzi i percorsi di maggior successo (R2=.42; β= -.779). CONCLUSIONI Le implicazioni della ricerca risultano rilevanti nel counseling universitario e nei programmi di recupero e sostegno.

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Resilienza degli insegnanti delle scuole professionali: uno studio pilota nel Canton Ticino

Sappa Viviana¹, Boldrini Elena¹, Aprea Carmela¹ ¹Istituto Universitario Federale per la Formazione Professionale EHB-IFFP-IUFFP,

Lugano, Svizzera

INTRODUZIONE All’interno dell’ampia letteratura sulla resilienza degli insegnanti emerge l’esigenza di approfondire la natura multidimensionale di tale costrutto, andando al di là della sua interpretazione come tratto individuale ed esplorando le sue specifiche articolazioni nel contesto. Adottando una prospettiva socio-cognitiva ed ecologica, nel presente studio definiamo la resilienza come un costrutto multidimensionale e socialmente costruito, esito di un’interazione dinamica tra sfide e risorse percepite, ed indaghiamo la stessa tra gli insegnanti di scuole professionali su cui si rileva una scarsità di ricerche. METODO Parte di un’indagine quali-quantitativa più ampia sulla resilienza degli insegnanti della formazione professionale in Svizzera, lo studio include interviste narrative svolte con 37 insegnanti ticinesi selezionati secondo criterio di maximum variation. Un’analisi qualitativa induttiva categoriale è stata applicata con il supporto di N-Vivo al fine di individuare: sfide professionali percepite come fonte di stress; risorse e strategie riconosciute a supporto del benessere. RISULTATI Si evidenzia un repertorio articolato di categorie di sfide (25) e risorse (28). Tra le sfide interpretabili come più specifiche dell’insegnamento in scuole professionali: il basso riconoscimento sociale a cui sono soggette le scuole professionali; la sfida didattica dell’integrazione tra apprendimento scolastico e professionale; la sfida nel supportare la motivazione professionale degli allievi. Tra le risorse: la possibilità di integrare la professione insegnante con una professione esterna alla scuola, la capacità di essere flessibili e di saper valorizzare gli allievi come futuri lavoratori e non solo come studenti. CONCLUSIONI I risultati contribuiscono allo studio della resilienza come interazione dinamica tra sfide e risorse e offrono le basi per interventi a supporto della resilienza degli insegnanti delle scuole professionali.

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Crescere in comunità: le competenze degli educatori delle comunità residenziali per minori di Aosta

Mangone Andrea¹, Cattelino Elena¹

¹Dipartimento di Scienze Umane e Sociali, Università della Valle d'Aosta

INTRODUZIONE Si tratta di una ricerca-azione per potenziare determinate competenze evolutive degli ospiti delle comunità residenziali per minori della Valle d’Aosta, con particolare attenzione ad alcuni life-skills (problem solving, gestione delle emozioni, autoefficacia, competenze comunicative). Il lavoro vede coinvolti tutti i soggetti che fanno parte del contesto della comunità, partendo dagli educatori. I primi due obiettivi del progetto sono i seguenti: 1. analisi della situazione iniziale rispetto al ruolo e alla formazione degli educatori in servizio nelle comunità per minori della Valle d’Aosta; 2. individuazione e realizzazione di percorsi di potenziamento delle competenze degli educatori. METODO Il gruppo di lavoro è costituito da 20 educatori in servizio presso due comunità per minori della città di Aosta. Abbiamo somministrato loro un’intervista semi-strutturata (Mangone & Cattelino, 2013) su scelta lavorativa, bisogni dei minori ospiti e competenze necessarie per fornire risposta e affrontare le sfide quotidiane. Abbiamo poi somministrato alcune scale per la valutazione delle competenze emotive, sociali, cognitive e degli atteggiamenti di fondo; e una scala di autoefficacia (Cattelino, 2014). RISULTATI Dalle interviste è risultato che la scelta di essere educatore trova la principale motivazione nell’interesse per il tipo di lavoro; che i minori ospiti esprimono prevalentemente bisogni che trovano risposta negli stessi educatori e nel contesto; che le competenze di problem solving e gestione delle emozioni sono quelle ritenute più utili. Le scale hanno restituito in media un’elevata percezione di autoefficacia e di soddisfazione per il proprio lavoro. CONCLUSIONI Gli educatori ritengono di svolgere il proprio lavoro con efficacia; tuttavia, esprimono il bisogno di potenziare le proprie competenze di gestione dei problemi e delle emozioni. La ricerca-intervento proseguirà quindi con la strutturazione di lavori di gruppo con gli educatori su questi temi.

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La rappresentazione mentale di luoghi e personaggi in bambini di scuola primaria

Bernardo Marcello¹, De Pascale Francesco¹ ¹Dipartimento di Lingue e Scienze dell’Educazione, Università della Calabria

INTRODUZIONE Il contributo costituisce uno studio interdisciplinare su luoghi della memoria e personaggi storici, analizzando lo sviluppo delle competenze percettive dei bambini di scuola primaria. Si valuta la presenza dei cosiddetti fattori di Bailly (Carre, 2008) che, fungendo da “filtro percettivo”, rendono il territorio percepito, diverso da soggetto a soggetto. METODO Hanno partecipato alla ricerca 83 bambini calabresi di scuola primaria. Un test di ingresso ha permesso di valutare le competenze dei bambini sul processo storico del Risorgimento e sul significato di luogo della memoria. Le verifiche finali sono state svolte attraverso il disegno di “mental maps” (Gould & White, 1993) ed un questionario di valutazione finale. RISULTATI Ogni bambino ha inserito nei disegni particolari diversi in base agli interessi emotivo-affettivi - i landmarks psicologici (Lovigi, 2011) probabilmente anche per quello che Piaget definisce egocentrismo cognitivo o per il basso livello di conoscenza ambientale spaziale. In aggiunta, la differenza di genere ha reso disuguale la rappresentazione dei personaggi. Essi sono stati disegnati dai maschi con più dettagli grafici. Le mappe più avanzate sono state disegnate, invece, da bambine, che hanno inserito i landmarks “percettivi” oggettivamente utili a fini orientativi, come i nomi delle piazze, dei monumenti e dei luoghi. CONCLUSIONI Gli allievi hanno disegnato mappe di diverse classi che passano da un sistema di riferimento egocentrico ad un sistema allocentrico, con i tratti grafici più geometrici. È stato confermato che il cognitive mapping (Downs & Stea, 1973) è un processo stadiale che evolve negli anni, condizionato anche dalla differenza di genere. Pertanto, i fattori biologici e psicologici hanno influito sulla percezione dei bambini.

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Dall’interiorità alla comunicazione – il disegno del Mandala in contesto educativo

Paese Simona¹ ¹Psicologa/Psicoterapeuta, Cosenza

INTRODUZIONE L’efficacia dei processi di insegnamento è spesso compromessa da fenomeni di disagio psichico e relazionale, l’isolamento interiore e il confitto con l’altro ne sono alcuni esempi. Si intende illustrare un metodo di lavoro in contesto educativo finalizzato all’esplorazione del sé ed all’espressione comunicativa. METODO In particolare si descrive un progetto di intervento che ha coinvolto un gruppo di 20 bambini con un’età media di 8 anni. Lo studio indaga un programma di disegno del mandala, diagramma simbolico di origine indo-tibetana, ispirato ai protocolli di “mindfulness based cognitive therapy for children” presenti in letteratura ed alla terapia espressiva di derivazione junghiana. Il programma è finalizzato a favorire il riconoscimento, l’espressione e la condivisione di emozioni e sentimenti grazie ad esercizi di consapevolezza (del respiro, del corpo, dei 5 sensi, del mondo interno e dell’interconnessione tra tutte le cose) e tecniche di disegno espressivo (su forma, colore, movimento, volume, spazio, equilibrio, livello di astrazione, simboli, narrazione). RISULTATI Il campione è stato valutato nelle dimensioni di autodirezionalità, cooperatività e autotrascendenza prima e dopo il traning della durata di dieci settimane, attraverso la somministrazione di questionari e focus group costruiti sul modello di personalità di Cloninger. Lo studio ha evidenziato un aumento significativo dei punteggi su tutte e tre le dimensioni. CONCLUSIONI Si intende affermare che le tecniche di disegno espressivo, integrate agli esercizi di consapevolezza della mindfulness, costituiscono un prezioso strumento per lo psicologo che voglia supportare i processi di apprendimento partendo dalla promozione del benessere in aula e dal sostegno al naturale processo di individuazione e integrazione del sé. Cio’ costituisce la base della relazione con se stessi e della capacità di incontro con l’altro.

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Poster

Psicopatologia dello sviluppo

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Covariazione tra disturbo d’ansia da separazione e disturbo ossessivo-compulsivo nei bambini appartenenti alla popolazione generale: uno studio gemellare

Colonna Silvia¹, Belotti Raffaella¹, Ogliari Anna²,³, Scaini Simona²,³ ¹Facoltà di Psicologia, Università Vita-Salute San Raffaele

²Unità di Psicopatologia dello Sviluppo, Università Vita-Salute San Raffaele ³Istituto Scientifico San Raffaele, Dipartimento di NeuroScienze

INTRODUZIONE Diversi studi in letteratura (Mroczkowski et al., 2011; Nestadt et al., 2001) hanno mostrato la co-occorrenza tra il Disturbo d’Ansia di Separazione (SAD) e il Disturbo Ossessivo-Compulsivo (OCD) in età infantile. METODO Il campione di riferimento è composto da 796 gemelli italiani (288 monozigoti e 508 dizigoti), età media 13+2.59 anni, appartenenti alla popolazione generale. Le variabili prese in considerazione nello studio sono state i punteggi alle scale OCD e SAD ricavate rispettivamente dalla somministrazione dei questionari CBCL (Achenbach & Rescorla, 2001) e SCARED bambino (Birmaher et al., 1999). In seguito, utilizzando il software openMX sono state condotte analisi gemellari bivariate. L’uso di metodi gemellari bivariati ha permesso di quantificare i contributi genetici e ambientali in grado di influenzare contemporaneamente punteggi elevati alla scala OCD e alla scala SAD, oltre a valutare il ruolo dei contributi genetici e ambientali nell’influenzare singolarmente le differenze individuali per OCD e SAD. RISULTATI I risultati hanno mostrato una correlazione significativa tra i punteggi della scala OCD e SAD (r=.191, p <.01). Dalle analisi gemellari è emerso che la variabile OCD è influenzata da fattori genetici additivi (29%), da fattori ambientali condivisi (22%) e da fattori ambientali unici (59%); mentre la variabile SAD è determinata da fattori genetici additivi e ambientali unici rispettivamente per il 54% e per il 46%. Le stime dei contributi alla covariazione tra SAD e OCD hanno mostrato un’evidente sovrapponibilità genetica (Ra=.38) e un contributo praticamente nullo dell’ambiente sia unico che condiviso. CONCLUSIONI I risultati emersi sembrano indicare la presenza di fattori causali di natura primariamente genetica alla base della co-occorenza tra sintomatologia ossessivo-compulsiva e di ansia da separazione.

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I disturbi esternalizzati nella popolazione in età evolutiva colpita dal terremoto dell’Aquila: un’indagine a quattro anni dall’evento

Mauri Maddalena¹, Bernardi Roberta², Caputi Marcella¹, Cofini Vincenza², Scaini Simona³,4, Ogliari Anna³,4

¹Facoltà di Psicologia, Università Vita-Salute San Raffaele ²Dipartimento di Vita, Salute e Scienze Ambientali, Università degli Studi di L’Aquila

³Unità di Psicopatologia dello Sviluppo, Università Vita-Salute San Raffaele 4Istituto Scientifico San Raffaele, Dipartimento di NeuroScienze

INTRODUZIONE Diversi studi in letteratura hanno mostrato l’emergere di sintomatologia esternalizzante a seguito di eventi stressanti o traumatici (Terranova et al., 2009; Wethington, 2008). Nel presente studio sono stati indagati sintomi di disturbi esternalizzanti nella popolazione infantile aquilana, a quattro anni dal terremoto. Tale popolazione è stata confrontata con un campione clinico afferente al servizio di Psicopatologia dello Sviluppo di un ospedale lombardo e con uno di popolazione generale. METODO Il campione aquilano è costituito da 182 soggetti (51% femmine, età media 9.88+2.52 anni); il campione di popolazione generale da 100 soggetti (52% femmine, età media 9.38+2.32 anni); il campione clinico da 141 soggetti (43% femmine, età media 10.4+2.48 anni). Ai genitori dei soggetti dello studio sono state somministrate la Child Behavior Checklist/6-18 (CBCL-Achenbach & Rescorla, 2001) e la Conners’ Rating Scale-Revised-Short Form (CPRS-R-Conners et al., 1998). Il confronto tra campioni è stato eseguito mediante analisi della varianza. RISULTATI I punteggi della popolazione aquilana sono stati paragonati a quelli della popolazione clinica e sono emerse differenze significative sia nelle sottoscale della CBCL [ADHD, F(2,392)=136.45, p<.001; Disturbo Oppositivo-Provocatorio, F(2,392)=74.01, p<.001; Disturbo della Condotta, F(2,392)=39.22, p<.001] che in quelle della CPRS-R [Oppositività, F(2,374)=30.79, p< .00; Problemi Cognitivi, F(2, 371)=95.86, p< .001; Iperattività, F(2,372)=22.66, p< .001; Indice ADHD, F(2,371)=106.43, p<.001]. I posthoc effettuati tramite il test di Tukey hanno rilevato che la popolazione aquilana mostra punteggi meno patologici rispetto a quella clinica. Il confronto con la popolazione generale ha, inoltre, mostrato che i punteggi medi riportati nei due campioni non sono significativamente differenti. CONCLUSIONI I risultati ottenuti sembrano supportare la presenza di significativi livelli di resilienza nei soggetti in età evolutiva colpiti da terremoto.

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Flessibilità cognitiva e processi di pianificazione nell’autismo e nell’ADHD

Crimi Ilaria1, Filippello Pina1, Marino Flavia1, Mafodda Antonina Viviana1, Drammis Letizia2 1Dipartimento di Scienze Umane e Sociali, Università di Messina;

2Università degli studi Suor Orsola Benincasa INTRODUZIONE In letteratura si è osservato che l’ADHD è spesso in comorbidità con il disturbo dello spettro autistico (Simonoff et al., 2008), sottotipo iperattivo-impulsivo, con significativi deficit di attenzione visiva e impulsività (Hattori et al., 2006). Lo studio di Barnard-Brak (2011) ha evidenziato che nei bambini autistici si riscontra un deficit di pianificazione e di flessibilità cognitiva e negli iperattivi una difficoltà a ignorare stimoli irrilevanti e ad inibire comportamenti inappropriati (Ozonoff & Jensen, 1999; Sergente et al., 2002; Bramham, 2009). Lo scopo della ricerca è analizzare le differenze nei tre profili psicopatologici ed, in particolare, indagare se e come la comorbilità con la sindrome iperattiva possa influenzare le performances esecutive nei bambini autistici. METODO Alla ricerca hanno partecipato 60 bambini di età compresa tra i 5 e i 10 anni, equamente suddivisi in 4 gruppi: con sviluppo tipico, con autismo ad alto funzionamento, con autismo in comorbilità con ADHD e con ADHD. Per valutare la flessibilità cognitiva dei bambini è stato somministrato il WCST (Minler, 1963) e per la capacità di pianificazione è stato usata la prova ToL (Shallice, 1982). RISULTATI L'analisi dei dati ha fatto emergere che, per quanto riguarda la capacità di pianificazione, il gruppo con ADHD ottiene prestazioni inferiori rispetto a quello con sviluppo tipico ma migliori rispetto agli autistici con e senza iperattività [F(3,56)=. 303,574, p<.001]. La stessa situazione si presenta per ciò che concerne la flessibilità cognitiva. Il gruppo degli autistici, con e senza iperattività, hanno prestazioni peggiori rispetto agli altri gruppi perché classificano sulla base di un criterio senza mai cambiare strategia [F(3,56)= 64,186, p<.001)]. CONCLUSIONI In linea generale, i risultati confermano i dati presenti in letteratura. In particolare, si è rilevato che il gruppo di bambini con ADHD e Autismo, ottiene performances peggiori rispetto a tutti gli altri gruppi.

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Selettività alimentare, disturbi gastrointestinali, BMI e stili dei genitori in bambini con disturbi dello spettro autistico

Esposito Marco¹, Dipierro Maria Teresa², Valeri Giovanni³, Vicari Stefano4, Vicari Stefano4

¹Centro di ricerca e di trattamento sull'autismo Una Breccia nel muro Nappo Raffaele, Università Sapienza di Roma & Life and Health Sciences Department Aston University

²Centro di trattamento Una Breccia nel muro ³unità di neuropsichiatria infantile, Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma

4Unità di Neuropsichiatria Infantile Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma

INTRODUZIONE Molte ricerche sono state condotte sulla selettività alimentare (SA) nei bambini con disturbi dello spettro autistico; diversi studi descrivono associazioni con disturbi gastrointestinali (DGI) e BMI. Alcuni trattamenti hanno lo scopo di aumentare la varietà della dieta attraverso l’addestramento dei genitori. Tuttavia, la ricerca è limitata riguardo alle pratiche genitoriali precedenti ai corsi di formazione; alcuni studi indicano che uno stile permissivo può aumentare comportamenti disfunzionali e il rischio di obesità. Lo scopo di questo studio è esaminare l’associazione fra SA, DGI e BMI in bambini con ASD, con specifica attenzione al ruolo svolto dallo stile genitoriale. METODO 50 bambini con ASD hanno partecipato allo studio (età: range 25-72 mesi; media 50,4; maschi: 82%). I bambini seguivano un trattamento precoce ABA con l’inclusione dei genitori. La SA è stata valutata attraverso il BAMBIC (Hendy, 2012); l’apporto alimentare, i DGI e la BMI mediante un’intervista adattata (Badalyan, 2012); infine lo stile genitoriale è stato valutato mediante il CFSQ (Hughes 2011). RISULTATI Il 62% dei bambini presenta variazioni dalla BMI tipica; il 54% rientra nella categoria sovrappeso; il 56% presenta alimentazione povera; il 64% stitichezza; il 68% durevole selettività alimentare. È stata rilevata una notevole variabilità degli stili genitoriali ed è stata stimata la relazione tra DGI, BMI e SA attraverso l’ANOVA, considerando il peso degli stili educativi. Ipotizziamo che genitori di bambini con SA associata a DGI possano adottare uno stile permissivo aumentando il rischio di sovrappeso nei bambini. CONCLUSIONI Lo studio estende la letteratura esistente valutando il ruolo dello stile genitoriale nell’educazione alimentare in associazione con la selettività, i problemi gastrointestinali e la BMI atipica. Viene valutata l’efficacia di differenti strategie per promuovere un’alimentazione salutare in bambini con ASD.

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Il ruolo dell’empatia e della teoria della mente nel giudizio morale: uno studio empirico in individui con disturbo dello spettro autistico

Fadda Roberta1

1Dipartimento di Pedagogia, Psicologia, Filosofia, Università degli studi di Cagliari

INTRODUZIONE I comportamenti non intenzionali sono spesso interpretati in termini di cause materiali, mentre gli atti intenzionali tendono ad essere interpretati in base alle credenze dell’agente sui possibili effetti negativi percepiti dagli altri (Knobe, 2005). Tuttavia, l’esistenza di una relazione lineare tra giudizio morale (GM) e Teoria della Mente (ToM) è piuttosto dibattuta, in quanto le reazioni emotive elicitate dai comportamenti moralmente connotati sembrano “distorcere” i GM formulati in relazione a tali comportamenti (Malle, 1999). Un modo per approfondire il ruolo giocato da questi fattori può essere quello di studiare il GM negli individui con Disturbo dello Spettro Autistico (Autism Spectrum Disorder - ASD), nei quali empatia e ToM sono compromesse. METODO 41 bambini con sviluppo tipico (tutti maschi; età media pari a 10 anni, DS=0.75) e 22 partecipanti con ASD con un’età mentale equivalente a 10 anni (tutti maschi; età media=15 anni, DS=3; QI medio=84, DS=10) sono stati valutati tramite una prova piagetiana di giudizio morale, una prova di ToM di secondo ordine (Perner & Wimmer, 1985) e il Cambridge Empathy Quotient Test (EQT) (Baron-Cohen et al., 2004).

RISULTATI I risultati hanno indicato punteggi inferiori nei partecipanti con ASD rispetto ai controlli nell’empatia (ASD EQT media=32.41 (DS=8.051); controlli EQT media=40.27 (DS=7.804); t=3.769; df=61; p≤0.05). Il 55% dei partecipanti con ASD ha superato le prove di ToM. Questi partecipanti non differivano dai controlli nelle prove di GM (U=135; p≥0.05). Di contro, i partecipanti con ASD che non hanno superato le prove di ToM hanno espresso in misura maggiore rispetto ai controlli GM basati sul rispetto della regola, ignorando le intenzioni delle azioni (U=85; p≤0.05). CONCLUSIONI Un pattern tipico di GM negli individui con ASD sembra associarsi con intatte abilità di ToM ma non di empatia, indicando una possibile preponderanza dei processi cognitivi rispetto a quelli affettivi.

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Efficacia di un programma di peer engagement diretto ad una coppia di bambini autistici

Di Blasi Daniela¹, Compagno Federica², Mustacchio Loredana2, Patti Simona², Lo Savio Nicola2 ¹Dipartimento di Scienze Umane e Sociali, Istituto Tolman Palermo

2Istituto Tolman Palermo

INTRODUZIONE Apprendere ad impegnarsi in interazioni cooperative con i pari gioca un ruolo cruciale nello sviluppo sociale dei bambini affetti da disturbi dello spettro autistico (Rutter, 1985). Studi recenti hanno dimostrato che i bambini autistici sviluppano abilità di peer engagement più velocemente tramite insegnamenti diretti alla diade piuttosto che al singolo (Betz et Al., 2008). La ricerca ha indagato l’efficacia di un programma finalizzato a far acquisire a bambini autistici la capacità di impegnarsi in attività con i pari. METODO Lo studio ha coinvolto due bambini autistici di sesso maschile (5 - 6 anni) con un repertorio di abilità che si attesta al terzo livello (30 e 48 mesi) del VB-MAPP Milestone Assessment (Sundberg, 2008), ad eccezione del comportamento e del gioco sociale. E’ stato utilizzato un reversal design: baseline e inversione del trattamento 8 sessioni per ciascuna fase, training 30 sessioni, per un totale complessivo di 46 sessioni in 8 settimane. RISULTATI Sono state effettuate misurazioni relative alla diade (tempo speso in un’interazione reciproca e percentuale di tempo senza interazione) e al singolo (frequenza dei comportamenti cooperativi). In entrambi i bambini si è assistito ad un incremento dei comportamenti cooperativi nella fase di trattamento (in media 74,4 % del tempo totale delle sessioni - Baseline in media 2,7%) e a un decremento del tempo trascorso senza alcuna interazione reciproca (in media 11,5 % - Baseline in media 88,5%). I risultati sono stati mantenuti nella fase di inversione sebbene con valori leggermente inferiori (Engagement in media 62,5% - Assenza d’interazione in media 25,6%). CONCLUSIONI Il programma strutturato si è dimostrato efficace nell’incrementare il peer engagement. I due bambini hanno imparato a svolgere attività cooperative in assenza sia di rinforzatori che di prompt mediati dall’adulto ed hanno generalizzato l’apprendimento ad altri giochi non direttamente coinvolti nel programma.

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Career adaptability, speranza e qualità della vita in lavoratori con disabilità intellettiva

Ginevra Maria Cristina¹, Sgaramella Teresa Maria¹, Santilli Sara¹, Ferrari Lea¹, Nota Laura¹, Soresi Salvatore¹

¹Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia applicata, Università degli Studi di Padova

INTRODUZIONE Nel quadro storico-sociale attuale, e nelle condizioni economiche che caratterizzano il mercato del lavoro, i lavoratori con disabilità sono maggiormente a rischio di esclusione dal mondo della formazione e del lavoro (Nota, Ferrari, Soresi, & Ginevra, 2014; Nota, Santilli. Ginevra, & Soresi, 2014). Basandosi sull’approccio del Life Design (Savickas et al., 2009), lo studio indaga il ruolo di due dimensioni centrali per fronteggiare con successo il mercato del lavoro attuale, l’adattabilità professionale e la speranza, sui livelli di soddisfazione di lavoratori con disabilità. Nello specifico, ci si aspettava che l’adattabilità professionale influenzasse direttamente e indirettamente, attraverso la speranza, la qualità della vita dei lavoratori. METODO Sono stati coinvolti 120 (60 uomini e 60 donne; età media=30.4, DS=8.32) lavoratori con disabilità intellettiva lieve, inseriti in contesti di lavoro competitivo (ad es. commessi, giardinieri, magazzinieri, assistenti bibliotecari). Riguardo al livello di scolarizzazione, hanno tutti assolto l’obbligo scolastico. Per valutare il livello di adattabilità professionale è stato utilizzato il Career Adapt-Abilities Scale (Soresi et al., 2012), per la speranza l’Adult Trait Hope Scale (Snyder et al., 1991) e per la qualità della vita il Satisfaction with Life Scale (Diener et al., 1985). Seguendo i suggerimenti di Kelloway (1998) sono stati testati e confrontati tre modelli: mediazione parziale, totale e non-mediazione. RISULTATI Il modello di mediazione parziale ha ottenuto gli indici di fit migliori, confermando che l’adaptability predice direttamente e indirettamente, attraverso la speranza, i livelli di soddisfazione dei lavoratori. CONCLUSIONI Lo studio sottolinea la necessità di supportare i lavoratori con disabilità intellettiva nei processi di progettazione professionale (Sgaramella, Ferrari, & Soresi, in press) mediante interventi di potenziamento dei livelli di adattabilità e speranza, che possano favorire un atteggiamento positivo nei confronti del futuro e una maggiore capacità di gestire e adattarsi alle richieste del mercato del lavoro attuale.

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Comitato Esecutivo Annamaria Ajello Sapienza Università di Roma Lavinia Barone Università di Pavia Angela Costabile Università della Calabria Antonella Marchetti Università Cattolica di Milano Paola Perucchini Università degli Studi Roma Tre Comitato Scientifico Annamaria Ajello Sapienza Università di Roma Lavinia Barone Università di Pavia Angela Costabile Università della Calabria Antonella Marchetti Università Cattolica di Milano Paola Perucchini Università degli Studi Roma Tre AnnaLisa Palermiti Università della Calabria Rocco Servidio Università della Calabria Flaviana Tenuta Università della Calabria Comitato Organizzativo

Maria Giuseppina Bartolo Francesco De Pascale Luana Fabrizio MariaRosa Persampieri

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