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X CONVEGNOX CONVEGNOX CONVEGNOX CONVEGNONAZIONALENAZIONALENAZIONALENAZIONALE

S.I.I.V.S.I.I.V.S.I.I.V.S.I.I.V.

INDAGINE SPERIMENTALE SUL LEGAMETRA CARATTERISTICHE MECCANICHE DEI

CONGLOMERATI BITUMINOSI ED ENERGIA DIFRATTURA

Arianna CostaDipartimento di Ingegneria Civile

Università di Parma– Parco Area delle Scienze 181/A – 43100 – Parma – ItalyTel: +39.0521.905907Fax: +39.0521.905924

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Antonio MonteparaDipartimento di Ingegneria Civile

Università di Parma– Parco Area delle Scienze 181/A – 43100 – Parma – ItalyTel: +39.0521.905904Fax: +39.0521.905924

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INDAGINE SPERIMENTALE SUL LEGAME TRACARATTERISTICHE MECCANICHE DEI

CONGLOMERATI BITUMINOSI ED ENERGIA DIFRATTURA

ARIANNA COSTA – Dipartimento di Ingegneria Civile – Università di ParmaANTONIO MONTEPARA – Dipartimento di Ingegneria Civile – Università di Parma

SOMMARIOLo studio della meccanica della frattura ha acquisito nel tempo sempre più importanzanei vari settori dell’ingegneria dei materiali.Nell’ambito delle pavimentazioni stradali flessibili, la meccanica della frattura è stataapplicata da molti ricercatori che si sono indirizzati principalmente sullo studio dellafessurazione nei conglomerati bituminosi in relazione alle basse temperature o comeconseguenza del fenomeno della fatica.In questo lavoro il problema della fessurazione viene affrontato in relazione alcomportamento meccanico del materiale ed è per questo motivo che un’ampia fase distudio, preliminare al problema della frattura, è stata dedicata all’analisi delcomportamento meccanico del conglomerato bituminoso.Le teorie fondamentali, che emergono da ricerche bibliografiche, affrontano il problemadella frattura nei materiali mediante considerazioni di tipo energetico e di tipotensionale.Gli studi condotti in passato da ricercatori hanno portato ad adottare, per i conglomeratibituminosi, la teoria elastica lineare e la teoria dello J-Integral, mettendo in evidenzaquelli che sono i range termici di validità delle due teorie. Il comportamento meccanicodel conglomerato, reso suscettibile alla temperatura dal bitume, passa, all’aumentaredella temperatura, da un comportamento elastico lineare ad uno spiccatamente elastoplastico. In questo studio è stata fissata la temperatura di 15° C e il problema è statoaffrontato dal punto di vista energetico. La sperimentazione è stata sviluppata attraversodue fasi consecutive che hanno portato alla determinazione dell’energia di frattura delmateriale.In un primo momento della sperimentazione sono state individuate le caratteristicheviscose del materiale mediante prove dinamiche di modulo complesso in cui è statorilevato come parametro di viscosità l’angolo di fase. Per la determinazione del modulocomplesso mediante prove di flessione è stata messa a punto una procedura di prova inanalogia con la norma francese AFNOR Pr P98 260-2. L’indagine è stata svoltamediante l’utilizzo di una macchina a controllo idraulico MTS -810.Successivamente, mediante prove statiche a rottura, eseguite in controllo diabbassamento della traversa, su provini di conglomerato bituminoso di formaprismatica, sono state individuate le curve carico deflessione del materiale allo scopo dirilevare il tension-stiffening della stessa e studiare così il comportamento meccanico delmateriale anche dopo la frattura dello stesso. In questa fase della sperimentazione è statautilizzata una macchina a controllo meccanico denominata MTS M/2.Nella fase conclusiva è stata calcolata l’energia di frattura dei vari campioni ed è statoanalizzato il modello della fessura coesiva, già applicato in passato in studi analoghi,cercando nel particolare di individuare una possibile semplificazione di tale modello.

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Procedendo in analogia con modelli sperimentati per i calcestruzzi lo studio è statoorientato alla valutazione della possibile applicazione del modello di Hillerborg anche aiconglomerati bituminosi.

ABSTRACTThe study of fracture mechanics has gained more and more importance in numeroussectors of materials engineering.In the context of flexible road pavements, fracture mechanics has been employed bymany researchers, mainly relatively to the study of cracking in bituminous mixtures dueto low temperatures or fatigue.In this paper, the problem of cracking is undertaken in relation to the mechanicalbehaviour of the material. For this reason, a long part of the study, preceding the actualcracking problem, has been devoted to the analysis of the mechanical behaviour ofbituminous mixtures.The main theories, available in the literature, analyze the problem of fracture inmaterials through either an energetic or a stress approach.The studies carried out in the past by researchers have been performed according tolinear elastic theory and J-integral theory, so as to show the temperature ranges ofvalidity for the two theories. The mechanical behaviour of mixture, made susceptible totemperature by bitumen, changes, as temperature increases, from a linear elasticbehaviour to a markedly elasto-plastic one. In this study, a reference temperature of 15°C has been taken, and the problem has been undertaken from an energetic viewpoint.The experimental investigation has been carried out in two consecutive phases whichhave allowed the determination of fracture energy of the material.In the first stage of the experimental investigation, the viscous characteristics of thematerial have been evaluated through complex modulus dynamic tests, where the phaseangle has been taken as a viscosity parameter. For determining the complex modulus inbending tests, a testing procedure has been set up in line with the AFNOR Pr P98 260-2France code. The investigation has been carried out by means of a MTS-810hydraulically-controlled actuator.Then, by means of static failure tests under displacement control on prismaticbituminous mix specimens, the load-deflection curves of the material have beendetermined in order to evaluate tension-stiffening of the material and its mechanicalbehaviour beyond fracture. During this stage, a MTS M/2 mechanically-controlledactuator has been used.During the final stage, fracture energy of the different specimens has been calculated.Moreover, the crack cohesive model, already applied in the past in similar studies, hasbeen analyzed aiming at identifying possible simplifications of the model. Analogouslyto the experimental models for concrete, the study has been oriented towards theevaluation of the effective application of Hillerborg model also to bituminous mixtures.

1. INTRODUZIONENelle pavimentazioni stradali flessibili le principali cause di degrado strutturale che

determinano un decadimento dell’intera funzionalità dell’opera risultano essere [1]:a) la fessurazione per fatica, dovuta alla natura ripetitiva dei carichi di traffico;b) la fessurazione termica, causata dalle basse temperature;c) il reflective cracking, dovuto dalla risalita fino in superficie di fessure che si

generano negli strati più profondi della sovrastruttura.

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È comprensibile quindi come lo studio della meccanica della frattura abbia acquisitonel tempo sempre più importanza anche nel settore stradale. Molti ricercatori studianoormai da anni il problema della fessurazione in relazione soprattutto alle bassetemperature [2] o come conseguenza ultima del fenomeno della fatica.[3]

Questo studio pone l’attenzione al problema della frattura nel conglomeratobituminoso in relazione soprattutto al comportamento meccanico dello stesso. Inparticolare, provato che teorie applicate ai calcestruzzi tramite prove sperimentali sucampioni prismatici, è stata fatta per il conglomerato bituminoso un’analisi della fessurae dell’andamento tensionale agli apici della stessa. I risultati hanno permesso unaformulazione della Teoria di Hillerborg per i conglomerati bituminosi.

2. CENNI DI MECCANICA DELLA FRATTURALo studio della meccanica della frattura ha individuato nella fessura l’aspetto

fondamentale da valutare nell’analisi di un processo fessurativo.

Figura 1

Tale processo può articolarsi nelle seguenti fasi [4]:a) crescita stabile o lenta. Si verifica quando un meccanismo di crescita o un

incremento lento degli sforzi agiscono su una fessura subcritica in modo da renderlacritica;

b) inizio della propagazione. Istante in cui la combinazione delle dimensioni deldifetto, dell’orientamento, dello stato di sforzo locale, della temperatura, etc.innesca l’instabilità improvvisa della fessura, che si propaga;

c) propagazione. Crescita rapida della fessura sotto l’azione dei carichi nominali;d) arresto.I difetti dei materiali vengono spesso considerati come le principali cause di innesco

delle fratture fragili questo a causa degli effetti di concentrazione delle tensioni che sihanno nelle vicinanze di imperfezioni o irregolarità.

Già nel 1898 Kirsch dimostrò, per via teorica, che la resistenza di una lastra diacciaio avente un foro, di dimensioni molto minori rispetto alla lastra stessa, risultaridotta ad un terzo rispetto a quella della lastra intatta, indipendentemente dalla formadel foro [5]. Successivamente Inglis estese le indagini ad un foro ellittico e trovò che,quando il rapporto tra i semiassi del foro tendeva all’infinito (ellisse molto eccentrica),il fattore di concentrazione degli sforzi tendeva all’infinito [5]. Tensioni esterne moltopiccole sono sufficienti per superare la resistenza a trazione del materiale all’estremitàdella fessura. Nella realtà, i solidi fessurati possono resistere anche a sollecitazioniconsiderevoli in quanto agli estremi della fessura si crea una zona plasticizzata, se purpiccola, anche nei materiali più fragili, in cui il campo tensionale è indefinito [6].

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Bisogna così valutare l’estensione della zona plastica presente agli estremi dellafessura e verificare che sia pari o inferiore a quella della fessura stessa affinché, se ilmateriale mostra un comportamento elastico lineare, si possa applicare la meccanicadella frattura elastico lineare MFEL. Contrariamente il problema viene affrontatotenendo conto del comportamento plastico del materiale e si parla così di meccanicadella frattura elasto-plastica (MFEP) [1].

Relativamente a tre diverse condizioni di spostamento del contorno della fessura sidefiniscono tre livelli cinematici principali [5]:

a) Modo I l’unica componente di spostamento non nulla, sul contorno della fessura, èquella perpendicolare alla fessura stessa.

b) Modo II l’unica componente non nulla, sul contorno della fessura, è quellaparallela alla fessura.

c) Modo III l’unica componente non nulla è quella perpendicolare al piano.La MFEL studia il comportamento del continuo in presenza di una o più fessure con

legame costitutivo del materiale assunto elastico lineare; la plasticizzazione locale oviene trascurata o viene considerata attraverso un fattore correttivo dei calcoli elastici.

All’apice della fessura si ha una particolare concentrazione di sforzi e dideformazioni che può provocarne la propagazione. Quindi per valutare la stabilità diuna fessura , si può seguire un approccio locale che tiene conto delle tensioni, o unapproccio globale di natura energetica.

L’approccio locale o tensionale, focalizza l’attenzione sulla zona circostante l’apicedella fessura, dove gli sforzi e le deformazioni sono solitamente elevati. Si calcola cosìun parametro che caratterizza lo stato di sforzo locale e lo si confronta con quellocritico, caratteristico del materiale considerato.

L’approccio energetico, fa riferimento all’intero continuo determinando unparametro legato alla variazione di energia potenziale totale per una variazioneinfinitesima delle dimensioni della fessura.

4.1. Approccio locale [[[[6]]]]Si considerino stati di sforzo e deformazione piani. Gli sforzi in un continuo con una

fessura acuta in cui una dimensione prevale sulle altre, vengono calcolati ricorrendo allateoria di Westergaard sulle funzioni di sforzo complesse.

La teoria considera una lastra sottile intagliata soggetta ad una sollecitazionebiassiale con una fessura di lunghezza 2a lungo l’asse X (Figura 1), suppone che sullefacce della fessura non vi siano sforzi applicati e conclude determinando il seguentecampo tensionale agli estremi della fessura:

σxx = B22

3sen2

sen12

cosr2

1K+

ϑ⋅ϑ−

ϑ⋅

π (1)

σyy=

ϑ⋅ϑ+

ϑ⋅

π 23sen

2sen1

2cos

r21K

(2)

τxy= 23

con2

sen2

cosr2

1K ϑ⋅

ϑ⋅

ϑ⋅

π (3)

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dove KI è il fattore d’intensità degli sforzi che caratterizza il comportamento deglisforzi all’avvicinarsi all’apice della fessura nel caso di modo I di spostamento delcontorno della fessura stessa.

Il fattore d’intensrelazione:

e risulta dipenderesemilunghezza della fe

Le informazioni suvincoli) sono consider

Il fattore K defindell’estremità della fedella fessura, nei casi p

L’esistenza della zoche gli sforzi ottenuti alla punta della fessura

4.2. Approccio energL’approccio energe

in un continuo all’ampIl primo criterio en

per i materiali vetrosiuniformemente tesa dilunghezza 2a, e glproporzionale all’ener2):

σ

X

Y

-ax

Figura 2

k

TANIA – 26/28 OTTOBRE 2000

ificazione degli sforzi può essere calcolat

KI= σ aπ

dalla tensione all’infinito ortogonale alla ssura stessa a .lla geometria e sulle condizioni al contorno

ate nel fattore K.isce in modo univoco il campo tensionassura, è pertanto lecito assumere che la proiani, avvenga allorché esso raggiunga il suo vna plastica vicino agli estremi della fessura è

in base a calcoli elastici, presentano un comp.

etico [[[[6]]]]tico pone l’attenzione sulle variazioni di energliarsi della fessura.ergetico fu proposto da Griffith, nel 1920, il l’energia elastica di deformazione We, rilas spessore unitario, quando questa venga incisi spostamenti all’infinito siano mantenutgia contenuta nel cerchio di raggio a prima de

σ

k

+

5

o con la seguente

(4)

fessura σ e dalla

esterno (carichi e

le nelle vicinanzepagazione instabilealore critico KIc. suggerita dal fatto

ortamento singolare

ia che si verificano

quale dimostrò checiata da una lastraa da una fessura dii costanti, risultall’incisione (Figura

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WaEe =

⋅ ⋅π σ2 2

(energia rilasciata) (5)

dove E è il modulo elastico del materiale.

Per creare una fessura di luW ae = 4 γ

dove γ è l’energia riferita Per il principio di conse

fessura preesistente di lungun’estensione infinitesima |Wcreare la nuova porzione di su

dW We ≥

La condizione d’instabilità

daE

2a2⋅

σ⋅⋅π

esplicitando la condizione

σ ≥2γπ

Ea

Il doppio dell’energia di sfrattura, ovvero l’energia nec

Gic= 2implica:

σ ≥

σ

Figura 3

2

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nghezza 2a è necessaria un’energia superficiale pari a :(6)

all’unità di superficie.rvazione dell’energia Griffith affermò che, affinché unahezza 2a si estenda, l’energia elastica rilasciata ine| debba risultare maggiore o uguale a quella necessaria perperficie libera:

s (7)

è perciò la seguente:

da4 ⋅γ⋅≥ (8)

rispetto alla tensione applicata si ottiene:

(9)

uperficiale libera viene usualmente denominato energia diessaria per creare un’area di frattura unitaria. γ (10)

G Ea

icπ

= a

KIcπ

(11)

σ

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L’energia di superficie libera per unità di area è generalmente una caratteristica delmateriale dipendente dalla coesione molecolare.

3. MECCANICA DELLA FRATTURA NEL CONGLOMERATO BITUMINOSONell’ambito dei conglomerati bituminosi ci sono stati studi sulla meccanica della

frattura sia a livello teorico che a livello sperimentale. Su quest’ultimo punto sono statiincontrati notevoli problemi a causa della natura eterogenea del materiale in esame [7],infatti il conglomerato bituminoso é una miscela di bitume ed aggregato lapideo acomportamento elasto-plasto-viscoso [8] in cui le discontinuità geometriche, comefessure e microcracks, o quelle meccaniche, come l’unione di materiali disomogeneicon caratteristiche comportamentali diverse, agiscono da concentratori di sforzo nelmateriale. Pertanto da una piccola frattura, in particolari condizioni, si può innescare unprocesso che conduce al collasso dell’insieme, nonostante il livello delle tensioni siaancora al disotto di quello limite ultimo previsto nei criteri di crisi puntuale [5].

Molti ricercatori hanno tentato in passato di applicare la teoria della MFEL alconglomerato bituminoso.

Un primo approccio al problema è stato quello di determinare le caratteristiche dellafrattura e della crescita delle fessure sulla base di un’analisi elastica lineare supponendoil materiale a comportamento elastico lineare. Questa teoria è stata ritenuta applicabilesolo nell’ipotesi di comportamento fragile del materiale, cioè solo nell’ipotesi ditemperature di esercizio basse. Infatti i risultati delle prove sperimentali su campioni diconglomerato bituminoso hanno dimostrato come, all’aumentare della temperatura e aldiminuire della velocità di applicazione del carico, la resistenza alla fessurazionediminuisce e agli estremi della fessura si sviluppi una zona plasticizzata. Questo effettorisulta essere progressivo dalle basse temperature fino a temperature dell’ordine di 15°Ce per frequenze di 0,1 Hz per temperature e frequenze maggiori la meccanica dellafrattura elastica lineare diventa inapplicabile [1].

Il modo di cedere dei provini passa da una frattura fragile, alle basse temperature, adun cedimento duttile alle temperature più alte. La zona plastica agli estremi della fessurapuò ostacolarne la propagazione ma ciò può essere compensato dall’aumento degliscorrimenti che accompagnano il danneggiamento. Così la caratterizzazione dellacrescita della fessura nel conglomerato bituminoso dipende dal bilancio tra l’effetto dismusso [1] dovuto alla zona plastica e l’aumento del danno dovuto allo scorrimento agliestremi della fessura.

Nel caso in cui il materiale mostri un comportamento elasto-plastico e la zonaplastica, agli estremi della fessura, non sia trascurabile esistono due diversi approcci alproblema: uno locale ed uno globale di tipo energetico detto del “J-integral “ sviluppatoda Rice nel 1968 [6].

Nell’ipotesi di elasticità non lineare J rappresenta l’energia disponibile per lapropagazione della fessura.

Nei casi bidimensionali J è stato definito da Eshelby [6] nel modo seguente:

)dsTdyW(Jc x

ui ⋅

ϑϑ−⋅= ∫ (12)

dove:Ti ϑu/ϑx e W hanno la dimensione di un’energia,

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C è una linea regolare chiusa che circonda l’apice della fessura,W è l’energia superficiale di deformazione,T è il vettore tensione sulla linea C,ds è il vettore spostamento.Analizzando le curve carico e scarico nel diagramma Carico-Deformazione, nel caso

di materiali elastico-lineari ed elastico-non lineari, si è visto che l’energia dissipata,quando la fessura si estende è rappresentata dall’area da esse sottesa [6].

Tale teoria può essere applicata in modo approssimato, anche ai problemi dimeccanica della frattura elasto-plastica purché durante la prova di rottura ciclica non siesegua uno scarico improvviso del campione [9]. La formulazione dello “J-Integral” èstata adottata nel campo dei conglomerati bituminosi ed è stato proposto come il piùgenerale criterio di frattura.

Gli studi sperimentali permettono di affermare che, per i materiali a comportamentoelasto-plastico, si ha la crescita della fessura quando lo J-integral raggiunge il suo valorecritico Jc.

Per predire la dipendenza dal tempo della dimensione e della forma delle fessure neimezzi lineari viscoelastici e isotropi Schapery [10] ipotizzò per la zona di cedimentovicino agli estremi di una fessura lo stesso modello fisico usato da Barenblatt e Dugdale[9] per materiali indipendenti dal tempo.

Schapery definì il lavoro totale necessario per rompere tutti i legami contenuti in uncampione di sezione dA essere Γ*dA nella quale la quantità Γ è stata chiamata energiadi frattura [5].

4. INDAGINE SPERIMENTALE SULLA FRATTURA NEI CONGLOMERATIBITUMINOSIPer affrontare lo studio della meccanica della frattura nel conglomerato bituminoso

sono stati messi a punto in questi anni numerosi procedure sperimentali nel tentativo diseguire l’evoluzione della fessura fino alla completa frattura dei campioni. Purtropposono stati incontrati notevoli ostacoli, soprattutto a causa delle eterogeneità presenti nelmateriale [7].

Il conglomerato, in una trattazione micromeccanica, può essere considerato come unmateriale composito dove gli aggregati rappresentano una serie di inclusioni immersi inuna matrice di base costituita da bitume e filler. Seguendo questo approccio la rispostadel materiale ad azioni meccaniche viene a dipendere dalle proprietà delle singole fasi,dalle frazioni di volume occupate dalle stesse, nonché dalle azioni mutue fra ledifferenti fasi. E’ necessario tenere conto della presenza e dell’evoluzione dei vuoti siaperché sono da considerarsi come un vero e proprio componente del materiale, siaperché nel corso del processo di carico le fratture coalescono fino ad alterare localmentele dimensioni del volume rappresentativo del materiale. In tal caso è necessarioabbandonare una trattazione continua del materiale ed inserire una discontinuità nelcampo degli spostamenti attraverso la presenza di una macrofessura [11].

La risposta del materiale ad azioni cicliche è legata alle stesse modificazioni internemicrostrutturali che si riscontrano per carico monotono. Si è visto che questo tipo disollecitazione non è la più comune che si verifica nelle pavimentazioni stradali, chesono per lo più soggette a carichi ciclici dovuti al traffico veicolare, ma è importante perporre le basi all’applicazione della meccanica della frattura al conglomerato bituminoso.

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Nel presente lavoro è stato riportato il risultato di un’indagine sperimentale basata suprove di flessione eseguite su provini prismatici, (ritenute più significative rispetto aquelle eseguite su campioni cilindrici), al fine del calcolo delle caratteristiche elasto-viscose del materiale. Il campione è stato sottoposto a prove di flessione ed è statoschematizzato come una trave su due appoggi caricata a 1/3 e 2/3 della sua luce.

Per avere un quadro completo delle caratteristiche meccaniche del materiale sonostate eseguite sul conglomerato bituminoso prove dinamiche di modulo complesso. Taleprova, essendo non distruttiva, è stata eseguita sui campioni prima delle prove statiche arottura. Come parametro di viscosità per i conglomerati è stato scelto l’angolo di fase.

La scelta di utilizzare lo schema con il carico applicato in due punti del provino èstata fatta con lo scopo di ottenere i massimi spostamenti in una zona in cui non si possamanifestare l’azione di disturbo indotta dai carichi concentrati. Sono state ritenutevalide le ipotesi della trave di De Saint Venant: trave snella con effetti locali di vincoloe di carico trascurabili. Per operare un’analisi su scala macroscopica è stato necessarioriferirsi ad un quantitativo di materiale almeno pari al volume rappresentativo dellostesso. Da qui la scelta di eseguire le prove su provini di forma parallelepipeda, delledimensioni in mm di 500 x 100 x 50. Infine la temperatura è stata fissata costante a15°C con lo scopo di mettere in luce il fenomeno viscoso che a temperature più bassediventerebbe trascurabile. L’apparecchiatura di prova utilizzata è l’MTS-M/2 per provestatiche su materiali con cella di carico da 10 kN. Il tipo di prova a cui tali campionisono stati sottoposti è il ‘’Four Point Bending Test’’ (FPBT) che prevede il seguenteschema statico di carico:

Tale schema di carico fa si che nella parte inferiore del travetto vi sia una zona lungas in cui, se si trascura il peso proprio del campione, il momento flettente è massimo eduniforme. In tale zona, e precisamente nella mezzeria del provino, è stata realizzata unasezione d’invito della fessura dalle dimensioni di 5x10 mm.

Nell’intaglio è stato posizionato un trasduttore di spostamento per seguirel’andamento dell’apertura della fessura durante la prova.

Come primo approccio alla meccanica della frattura nel conglomerato bituminoso èstato studiato il comportamento del materiale attraverso l’analisi della curva Carico-Deflessione. Per tale scopo sono state eseguite prove statiche in controllo diabbassamento della traversa alla velocità di 2 mm/min, in modo da rilevare il tension-

s

P/2 P/2

MTS632.02 L

10 mm

5 mmClip-on Gage

Model 632.02

Figura 4

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stiffening della curva Carico-Deformazione e studiare il comportamento delconglomerato anche dopo la frattura (Fig.5).

In tale curva è possibile individuare tre campi in cui le caratteristiche dideformabilità e di resistenza sono strettamente legate all’evoluzione di microfessureinterne alcune delle quali probabilmente esistenti prima dell’applicazione di carichiesterni. Il processo di carico eseguito in controllo di deformazione mette in evidenza unesteso ramo di softening post rottura del materiale e la possibilità di dissipare, da partedel materiale, una notevole quantità di energia per unità di volume.

Dalle prove si è ottenuta la seguente curva rappresentativa del legame costitutivo:

Figura 5

In seguito all’applicazione del carico esterno, e dopo un breve tratto iniziale diassestamento, si può individuare un Campo I caratterizzato da microfratture d’aderenzatra matrice ed aggregati, senza apprezzabile propagazione delle stesse. Questa primafase termina quando la relazione tra tensione e deformazione non è più lineare.

Il Campo II, caratterizzato da una non linearità della risposta del materiale procedefino al momento in cui si raggiunge il carico massimo di rottura. Le fratture iniziano adestendersi nella matrice, ma la loro propagazione è rallentata o arrestata da varimeccanismi tra i quali l’effetto d’ingranamento dovuto alla granulometria o le forzeattritive tra gli inerti.

Nel Campo III la propagazione delle fratture non è più stabile e, il legame costitutivodel materiale, presenta, una volta superato il picco tensionale, un tratto a pendenzanegativa. La pendenza di questo ramo dipende principalmente dalla disomogeneità delmateriale su scala macroscopica. Oltre il picco, le deformazioni da frattura tendono alocalizzarsi in una ristretta porzione di volume: in altre parole il processo difratturazione si concentra in un unico macrocrack visibile. In questa fase risultasignificativa la curva Carico-Apertura fessura (Fig. 6).

Carico-Deflessione

mm

kN

I

II III

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Figura 6

Dalla curva si evince come, raggiunto il picco tensionale di rottura il materiale iniziaa fessurarsi perché ha raggiunto la resistenza ultima.

Man mano che la fessura si apre, a parità di carico, lo stato tensionale dovrebbecrescere in quanto la sezione resistente diminuisce evidenziando l’irreversibilità delfenomeno e cioè che la fessura una volta innescata si propaga su tutto lo spessore dellatrave.

Contrariamente a quanto detto prima nel diagramma di Fig. 6 si vede che, una voltaapertasi la frattura, il carico diminuisce. Questo accade perché la prova è stata effettuatain controllo di spostamento cioè imponendo un gradiente deformativo e registrando icarichi che man mano che il materiale cede, diminuiscono, essendo registrati comereazione alla deformazione imposta.

Per quanto riguarda la velocità di evoluzione del fenomeno rapportata all’aperturadella fessura (Fig.7), si osserva che prima di raggiungere il picco di carico e quindil’innesco della frattura, la velocità cresce quasi linearmente nel Campo I e si sviluppa adandamento esponenziale nel Campo III. Questo fatto sottolinea ancora una volta comedurante la fase lineare (Campo I) il materiale abbia un comportamento elastico.Nell’istante successivo a quello di apertura della fessura si nota che la velocità diapertura della stessa inizia a crescere (Campo III) e, nel corrispondente campo neldiagramma Carico-Deflessione, si osserva un ramo di softening quasi verticale cheidentifica una frattura di tipo fragile.

Fra i due rami sopracitati s’individua una fase di transizione in cui l’insorgere dieventuali microcricche porta, da un andamento lineare ad uno spiccatamente curvilineo,che si protrae dopo il picco di carico.

Carico-Apertura fessura

mm

kN

IIIII

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Figura 7

Considerazioni ddurante il processo [12].

In realtà l’energlocalizzata in una zoè dissipata nel volsuperficie della fess

4.1. Calcolo dell’eneL’energia di frat

superficie unitaria dIl valore di Γ è stΓ = E0 / 2AE0 è l’energia tot

sottesa dalla curva CA è l’area creata Per calcolare l’en

polinomiale delle cufatta l’integrazione d

Un’espressione pconto del processo d

Γ = ∆E / (2ddove:

∆E è la variazionfessura ∆c;

d è la larghezza dil fattore 2 a den

creano due superfici

Apertura fessura-Tempom

m

I

II

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i tipo energetico di fratturazione, c

ia non è dissipatna che diventa in ume del campionura ed è detta ener

rgia di fratturatura Γ è stata dei frattura [3].ato determinato da

ale dissipata nel parico–Deflessione

dalla frattura.ergia di frattura drve rilevate puntuell’area sottesa daiù precisa, che hi crescita della fes ∆c)

e di energia neces

el campione;ominatore è dovu di frattura delle s

III

OBRE 2000 12

portano a valutare l’energia dissipata nel provino,ome l’area sottesa dalla curva Carico-Deflessione

a uniformemente nell’unità di volume, bensì èseguito una fessura. Quindi una parte dell’energiae che si deforma, una parte è dissipata sulla

gia di frattura.

finita come l’energia necessaria per creare una

lla semplice relazione :(13)

rocesso fessurativo che si assumeva pari all’area;

i ogni campione è stata eseguita un’interpolazionealmente per via sperimentale dopo di che è statalle curve d’interpolazione.a consentito di determinare tale energia tenendosura, è la seguente [1]:

(14)

sario a produrre un incremento di lunghezza della

to al fatto che quando una fessura si sviluppa sitesse dimensioni.

min

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Figura 8

Esistono però notevoli problemi nella determinazione dell’energia di frattura Γ con la(14), per cui, i ricercatori [12], hanno formulato due diverse definizioni di energia difrattura :

Γ1 è basata sul valore di energia dissipato dall’inizio del test fino a quando si giungealla tensione massima, assumendo che la fessura inizia a crescere immediatamente dopol’avvio del test e che il provino è completamente fessurato nel momento in cui si arrivaal carico massimo.

L’energia di frattura si calcola mediante la seguente relazione [12] :Γ1 = E1 / 2A (15)

A è l’area resistente iniziale escluso l’intaglio,E1 è la prima parte dell’area sottesa dalla curva Carico–Deformazione.Γ2 è basata sul valore di energia E2 dissipato dal momento in cui si raggiunge il

carico massimo fino a quando si ha il cedimento completo del provino, si ipotizza che lafessura inizia a crescere quando la tensione è massima e che il campione siacompletamente fessurato quando tale tensione si è annullata.

L’energia di frattura si calcola mediante la seguente relazione [12]:Γ2 = E2 / 2A (16)

dove:A è l’area resistente iniziale,E2 è la seconda parte dell’area sottesa dalla curva Carico–Deformazione.L’energia di frattura è stata infine calcolata seguendo la Raccomandazione RILEM

TC-50 [5]; tale procedura, messa appunto per i calcestruzzi, considera sia l’energianecessaria a provocare la separazione in due parti del provino che il peso proprio delcampione.

A/)PE(' 00 δ⋅+=Γ (17)E0 è l’area sottesa dalla curva Carico-Deflessione,P è il valore del carico concentrato, da applicare in prossimità dei coltelli di carico,

necessario a provocare in quel punto un momento flettente pari a quello cheprovocherebbe il peso proprio del campione, δ0 è l’abbassamento ad 1/3 e2/3 della lucedella trave all’istante della rottura finale.

E1 E2

E1+ E2= E0

Carico - Deflessione

0

0,5

1

1,5

2

2,5

0 5 10 15 20

mm

kN

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Da prove statiche di FPBT eseguite mediante MTS-M/2 su campioni realizzati contre miscele diverse sono stati determinati, applicando i 4 metodi sopracitati, i seguentivalori dell’energia di frattura Tabella 1

N° Relazione Campione 1 Campione 2 Campione 3

ΓΓΓΓ [kN/mm] (14) 3,90 10-4 7,02 10-4 7,59 10-4

ΓΓΓΓ1 [kN/mm] (15) 1,095 10-10 2,58 10-10 4,64 10-10

ΓΓΓΓ2 [kN/mm] (16) 2,80 10-10 4,44 10-10 2,88 10-10

ΓΓΓΓ’ [kN/mm] (17) 4,49 10-4 7,79 10-4 8,42 10-4

Tabella 1

Le prove statiche di rottura del materiale, che hanno consentito di determinaredall’energia dissipata l’energia di frattura, sono state precedute da prove dinamiche dimodulo complesso, eseguite mediante un sistema servoidraulico denominato MTS-810,e hanno avuto lo scopo di stimare, attraverso un valore dell’angolo di fase, la viscositàdel materiale. Per valutare il comportamento viscoso del conglomerato è stata messa apunto una prova dinamica di modulo complesso per lo schema statico del FPBT inanalogia con la norma AFNOR Pr P98 260-2. Da tale prova sono emersi i seguentivalori dell’angolo di fase ϕ per i 3 diversi campioni:

Campione 1 Campione 2 Campione 3

ϕ 17,59 13,47 8,05Tabella 2

Da un’analisi critica di tutte le grandezze rilevate sperimentalmente è emerso che alcrescere dell’angolo di fase ϕ , e quindi all’aumentare della viscosità del conglomerato,l’energia di frattura diminuisce e che tale relazione non segue una legge lineare.

4.2. Modello di applicazione della fessuraL’approccio energetico descritto in precedenza ha ipotizzato che l’energia sia

dissipata in modo uniforme nell’unità di volume, in realtà questa è dissipata in unabanda localizzata la quale diventa in seguito una fessura [5].

Per meglio caratterizzare il materiale ha assunto importanza il diagramma σ-w , cherappresenta la tensione trasmessa attraverso la fessura, in funzione dell’apertura dellafessura stessa. Tale legge di decadimento indica, naturalmente, un indebolimentodell’interazione all’aumentare della distanza w tra le facce della fessura stessa. Quandow raggiunge il valore limite wc , l’interazione si annulla totalmente e la fessura diventauna sconnessione completa che divide in due parti distinte il provino.

Durante il processo di fratturazione si ha una dissipazione di energia non solo sullasuperficie della fessura ma anche nel volume di materiale integro. L’energia dissipatanell’unità di volume è rappresentata graficamente dall’area sottesa dalla curva neldiagramma σ-δ, (con δ=deformazione), mentre l’energia dissipata sull’unità disuperficie è pari all’area sottesa dalla curva nel diagramma σ-w. Quando un provino, di

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forma parallelepipeda, viene sottoposto a flessione questo si fessura e infine si rompe indue parti, per cui l’energia dissipata dal campione è data dalla somma dell’energiadissipata nel volume del provino più quella dissipata sulla superficie della fessura.

Non potendo rilevare sperimentalmente come si propaga la lunghezza della fessuranel materiale si può procedere applicando un modello.

Per questo studio sperimentale si è applicato il modello della fessura coesiva [5].Tale modello fu inizialmente proposto da Barenblatt e fu utilizzato da Schapery per laformulazione della propria teoria sui materiali visco-elastici [9]. Il modello ipotizza chela distribuzione delle forze di coesione non è costante ma decrescente all’aumentaredell’apertura della fessura, secondo la schematizzazione in Figura 9:

Il modello ipotizza che la zona prospicente all’estremità della fessura reale siadanneggiata e microfessurata e che in essa si possa distinguere una zona di processo ozona plastica in cui avvengono fenomeni non lineari e dissipativi e tutto ciò può essereesteso al conglomerato bituminoso. Inoltre l’estremità della zona di processo si può farcoincidere con l’estremità della fessura coesiva, in cui l’apertura w si annulla e latensione di richiusura diviene pari alla resistenza a trazione.

L’andamento della curva σu -w nel modello coesivo è così ipotizzato [5]:

σu

σu X

wc

a

σu

Wu W

Fig. 10

σu

Wu WWo

Fig. 11

Figura 9

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i valori di wu e di w0 sono:wu = 5Γ/σu (18)w0 = 0,75 Γ/σu (19)

Tali relazioni consentono di calcolare l’apertura della fessura critica di ognicampione.

5. IPOTESI DI UN MODELLO PER I CONGLOMERATI BITUMINOSIIn questo studio è stato applicato il modello della fessura coesiva al conglomerato

bituminoso e, per la prima volta, si è cercato di valutare come il modello semplificato diHillergorg possa essere esteso anche al conglomerato bituminoso. Per far ciò si sonoeseguite prove di Four Point Bending Test durante le quali è stata monitorata l’aperturadella fessura allo scopo di eseguire in seguito un confronto tra i dati sperimentali cosìrilevati e i dati ottenuti dal calcolo applicando il modello sopracitato.

L’apertura della fessura è stata eseguita mediante un trasduttore di spostamento acoltello avente un range di ± 5 mm; è stato possibile rilevare l’apertura della fessurafino ad un’apertura massima di 5 mm. Dalle prove eseguite si nota che il clip gage,posizionato nella sezione d’invito della fessura, ha registrato i dati fino ad una aperturadella fessura di 5 mm (fine corsa dell’estensimetro) dopo di che la fessura ha continuatoad aprirsi senza poter essere rilevata, tutto ciò è stato confermato dai calcoli infatti,applicando il modello, si sono ottenuti valori di apertura massima della fessura superioria 5 mm. Mediante un confronto tra valori di apertura critica della fessura, che sono statirilevati sperimentalmente, e i valori calcolati mediante le relazioni del modello diHillerborg si è visto che la condizione necessaria per l’applicabilità del modello èverificata per cui in prima approssimazione il modello ipotizzato si può ritenere valido.

6. CONCLUSIONILe principali teorie sulla meccanica della frattura nei materiali affrontano il problema

sia dal punto di vista tensionale che energetico.In particolare molti ricercatori in questi anni hanno ritenuto che la teoria elastica-

lineare e la teoria dello “J-Integral” potessero essere estese o adattate per affrontare lostudio della frattura anche nel conglomerato bituminoso; a tal scopo, nel presentelavoro, sono stati evidenziati quelli che sono i range termici di validità delle due teorie.

Figura 12

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A causa della termosensibilità del conglomerato bituminoso, all’aumentare dellatemperatura, la teoria elastico lineare perde di validità e il materiale assume uncomportamento elasto-plastico. Per tale motivo, fissata la temperatura dell’intero studioa 15°C si è scelto un approccio del problema di tipo energetico. Per riuscire aquantificare tale energia si è intrapresa la via sperimentale. Questa si è sviluppataessenzialmente in due fasi.

Un’analisi della viscosità del conglomerato con misure dell’angolo di fase medianteprove dinamiche di modulo complesso.

Uno studio di tipo qualitativo dell’andamento delle curve Carico-Deflessioneottenute attraverso prove statiche eseguite in controllo di deformazione, su provini diforma prismatica in conglomerato bituminoso. L’indagine sperimentale, eseguita conl’MTS M/2 ha consentito di rilevare il tension-stiffening della curva permettendo distudiare il comportamento del materiale anche dopo la frattura dello stesso.

Dall’elaborazione dei dati rilevati sperimentalmente è stato possibile calcolare econfrontare l’energia di frattura dei campioni.

Infine si è applicato il modello della fessura coesiva, già utilizzato in passato in studianaloghi, e si è proceduto nel verificare se la semplificazione fatta da Hillerborg per ilcalcestruzzo possa essere estesa al conglomerato bituminoso. Da un confronto tra ivalori dell’apertura della fessura misurati e quelli stimati con il modello si sono fatteconsiderazioni sull’applicabilità dello stesso.

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[10] R.A. SCHAPERY, ‘’A theory of crack initiation and growth in viscoelasticmedia’’. Approximate methods of analysis

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