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    Libro bianco sul

    dialogo interculturale

    V i v e r e i n s i e m e

    i n p a r i d i g n i t

    CONSEIL

    DE L'EUROPE

    COUNCIL

    OF EUROPE

    Committee of Ministers

    Comit des Ministres

    Anno europeo del

    dialogo interculturale

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    Libro bianco

    sul dialogo interculturale

    Vivere insieme

    in pari dignit

    Lanciato dai Ministri degli Affari Esteri del Consiglio dEuropanel corso della loro 118a sessione ministeriale

    (Strasburgo, 7 maggio 2008)

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    Consiglio dEuropaF-67075 Strasbourg Cedex

    Giugno 2008www.coe.int/dialogue

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    Indice

    1. Introduzione............................................................................................7

    1.1 Il Consiglio dEuropa e il dialogo interculturale...................................91.2 Iter del Libro bianco............................................................................91.3 Problematiche principali ...................................................................101.4 Termini chiave ...................................................................................12

    2. Accettare la diversit culturale...........................................................13

    2.1 Pluralismo, tolleranza e dialogo interculturale ..................................132.2 Parit della dignit umana ................................................................14

    2.3 Norme e strumenti: il lavoro svolto dal Consiglio dEuropanegli ultimi cinquantanni ..................................................................142.4 I rischi dellassenza di dialogo..........................................................16

    3. Quadro concettuale.............................................................................17

    3.1 La nozione di dialogo interculturale ..................................................173.2 Costruire lidentit in un contesto multiculturale .............................183.3 Precedenti approcci alla diversit culturale.....................................193.4 Condizioni per il dialogo interculturale ............................................20

    3.4.1 Diritti umani, democrazia e primato del diritto............................203.4.2 Pari dignit e rispetto reciproco..................................................213.4.3 Parit fra i sessi...........................................................................223.4.4 Eliminare le barriere che impediscono il dialogo interculturale ..22

    3.5 Dimensione religiosa........................................................................23

    4. Cinque approcci dellazione politica per promuovere

    il dialogo inter-culturale ......................................................................25

    4.1 Governance democratica della diversit culturale ..........................25

    4.1.1 Una cultura politica che valorizza la diversit ............................264.1.2 Diritti delluomo e libert fondamentali .......................................264.1.3 Dalle pari opportunit al pari godimento dei diritti .....................28

    4.2 Cittadinanza democratica e partecipazione ....................................294.3 Imparare e insegnare le competenze interculturali ..........................30

    4.3.1 Settori-chiave di competenza: la cittadinanza democratica,lapprendimento delle lingue, la storia........................................30

    4.3.2 Insegnamento primario e secondario .........................................314.3.3 Insegnamento superiore e ricerca ..............................................324.3.4 Apprendimento non formale e informale ...................................33

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    4.3.5 Il ruolo degli educatori ................................................................334.3.6 Lambiente familiare....................................................................34

    4.4 Spazi per il dialogo interculturale .....................................................34

    4.5 Il dialogo interculturale nelle relazioni internazionali.........................36

    5. Raccomandazioni e orientamenti di politica generale per lazione

    futura: la responsabilit condivisa degli attori principali .................38

    5.1 Governance democratica della diversit culturale ...........................395.2 Cittadinanza democratica e partecipazione .....................................435.3 Imparare e insegnare le competenzae interculturali .........................455.4 Spazi per il dialogo interculturale......................................................495.5 Il dialogo interculturale nelle relazioni internazionali.........................51

    6. La via da seguire..................................................................................53

    Allegato 1.....................................................................................................55

    Selezione di testi ...........................................................................................55

    Allegato 2.....................................................................................................64

    Lista delle abbreviazioni................................................................................64

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    Il dialogo Elemento chiave per il futuro dellEuropa

    La gestione democratica di una diversit culturale in continua espan-sione in Europa radicata nella storia del nostro continente e amplifi-cata dalla globalizzazione diventata da qualche anno una priorit.Come rispondere alla diversit? Qual la nostra visione della societdel futuro? Si tratta di una societ in cui gli individui vivranno in comu-nit separate, caratterizzate, nella migliore delle ipotesi, dalla coesi-stenza di maggioranze e minoranze con diritti e responsabilitdiversificate, vagamente collegate fra di loro da reciproca ignoranza estereotipi? O, al contrario, pensiamo ad una societ dinamica e aperta,esente da qualsiasi forma di discriminazione e da cui tutti possono

    trarre benefici, che favorisce lintegrazione nel pieno rispetto dei dirittifondamentali di ciascuno? Il Consiglio dEuropa ritiene che il rispetto ela promozione della diversit culturale sulla base dei valori che sono ilfondamento dellOrganizzazione, siano le condizioni essenziali per losviluppo delle societ basate sulla solidariet.

    Il Libro bianco sul dialogo interculturale, qui presentato, sostiene conforza, a nome dei governi dei 47 Stati membri del Consiglio dEuropa,che lavvenire comune dipende dalla nostra capacit di tutelare e svi-luppare i diritti umani sanciti dalla Convenzione europea dei Diritti del-lUomo, quali la democrazia e il primato del diritto, e a promuovere lacomprensione reciproca. Lidea esposta che lapproccio interculturaleoffre un modello di gestione della diversit culturale aperto sul futuro,proponendo una concezione basata sulla dignit umana di ogni per-sona (e sullidea di una umanit comune e di un destino comune). Sedobbiamo costruire una identit europea, questa identit deve basarsisu valori fondamentali condivisi, sul rispetto del nostro patrimonio co-mune, sulla diversit culturale e sul rispetto della dignit di tutti.

    Il dialogo interculturale ha un ruolo importante da svolgere a tal riguardopoich ci offre, da una parte, la possibilit di prevenire le scissioni et-niche, religiose, linguistiche e culturali e, dallaltra, di progredire insiemee riconoscere le nostre diverse identit in modo costruttivo e demo-cratico, sulla base di valori universali condivisi.

    Il dialogo interculturale pu svilupparsi soltanto in presenza di condi-zioni specifiche. Il Libro bianco spiega che, per fare avanzare il dialogointerculturale, necessario adattare sotto molti aspetti la governance

    democratica della diversit culturale; rafforzare la cittadinanza demo-cratica e la partecipazione; insegnare e sviluppare le competenze in-terculturali; creare spazi riservati al dialogo interculturale o estenderequelli gi esistenti; infine, fornire al dialogo interculturale una dimen-sione internazionale.

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    Il Libro bianco si basa sui fondamenti solidi dellacquis del ConsigliodEuropa, tenendo conto dellinsieme delle informazioni raccolte du-rante la consultazione, avviata nel 2007, di numerose parti coinvolte,

    compresi i partner non europei. E dunque, sotto molti aspetti, un pro-dotto del dibattito democratico insito nello stesso dialogo interculturale.

    Il Libro bianco risponde alla necessit sempre pi impellente di preci-sare in quale misura il dialogo interculturale pu contribuire a valoriz-zare la diversit, mantenendo al tempo stesso la coesione sociale. Loscopo di fornire un quadro concettuale e una guida a chi deve adot-tare decisioni e agli esperti. Il dialogo interculturale non pu, tuttavia,essere prescritto per legge : deve restare un invito aperto a mettere in

    pratica i principi fondamentali definiti nel presente documento, ad ap-plicare, in modo flessibile, le diverse raccomandazioni qui elencate e apartecipare al dibattito odierno sulla futura organizzazione della so-ciet.

    Il Consiglio dEuropa profondamente convinto che spetta alla nostracomune responsabilit costruire una societ in cui sia possibile vivereinsieme, in pari dignit.

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    Prefazione al Libro Bianco sul Dialogo Interculturale

    On. Sandro Bondi, Ministro per i Beni e le Attivit Culturali

    Il Consiglio dEuropa si consolidato negli anni come una comunit di culturee valori costruita sul principio del rispetto dei Diritti Umani, della Democraziae del Primato del Diritto, come pure delle diversit. Fin dalladozione dellaConvenzione Culturale Europea del 1954, il dialogo tra le culture stata unadelle caratteristiche dellintegrazione europea e il mutuo rispetto e la toller-anza tra i suoi popoli sono stati alcuni dei principi cardine su cui si basato ilprocesso di coesione europea.

    LEuropa di oggi ha subito una profonda evoluzione, con il Consiglio dEuropa

    che comprende ormai 47 Stati Membri, e con lUnione Europea passata grad-ualmente da sei a ventisette Stati, dando cosi origine ad una collettivit dovele identit degli europei si fondono in una vasta piattaforma multiculturale. Inseguito agli accordi di Schengen molte frontiere sono state rimosse e i citta-dini europei sono liberi di spostarsi allinterno dei confini comunitari per stu-diare e lavorare allestero e per vivere collegialmente il nostro spazio comune.Grazie ai nuovi e vecchi flussi migratori, in molte citt risuona ormai unagrande variet di lingue e si vive, sempre pi, in una comunit di individui cul-turalmente differenti.

    Il Libro Bianco sul dialogo interculturale stato elaborato dal Consiglio dEu-ropa durante il 2008, consacrato dallUnione Europea come lAnno europeodel dialogo interculturale. Lo scopo del Libro bianco di fornire un quadroconcettuale e una guida di indirizzo a tutti coloro - istituzioni, comunit locali,societ civile, comunit religiose e degli immigrati - che dovranno confrontarsinel prossimo futuro con la governance democratica della diversit culturale.

    Il Libro Bianco risulta essere un utile strumento per promuovere la cultura deldialogo democratico, rafforzare la cittadinanza partecipativa e sviluppare una

    sensibilit interculturale che possa incoraggiare lo sviluppo di apposite com-petenze in una societ moderna che condivida i principi di una cittadinanzaattiva e che sia rispettosa del diverso. Ci con lobiettivo di giungere, un do-mani, ad una societ che, superati i concetti di assimilazione e multicultural-ismo, possa caratterizzarsi come interculturale.

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    Prefazione di

    The Right Honourable Terry Davis

    Segretario Generale del Consiglio dEuropa

    Il Libro bianco sul dialogo interculturale il risultato di lavoro intenso, deter-minazione e soprattutto dialogo. il frutto di complesse e protratte con-sultazioni con gli stati membri, le organizzazioni della societ civile, lecomunit religiose, le associazioni di migranti, le autorit locali e regionali.

    Il dialogo interculturale non un vezzo, una necessit del nostro tempo. Inun mondo sempre pi diversificato e insicuro, abbiamo bisogno di superare iconfini etnici, religiosi, linguistici e nazionali per poter garantire coesione so-

    ciale e prevenire conflitti.

    Il messaggio fondamentale del Libro bianco che il dialogo interculturale im-possibile senza un riferimento chiaro e condiviso a valori fondamentali, qualila democrazia, i diritti umani e il primato del diritto.

    Nonostante il Libro Bianco sia stato gi accolto con grande interesse, le sueconclusioni e raccomandazioni necessiteranno unapplicazione e una verificacostante, in dialogo permanente con tutti i protagonisti.

    Il dialogo interculturale un lavoro in continuo divenire, un nuovo passo sullastrada verso un modello sociale e culturale rinnovato, adatto ad unEuropa ea un mondo in rapida trasformazione.

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    1. Introduzione1.1 Il Consiglio dEuropa e il dialogo interculturale

    La promozione del dialogo interculturale contribuisce al compito fondamen-

    tale del Consiglio dEuropa: difendere e promuovere i diritti delluomo, la de-mocrazia e il primato del diritto. Il Primo Vertice dei capi di Stato e di governodegli Stati membri (1993), affermando che la diversit culturale era una carat-teristica del ricco patrimonio europeo e che la tolleranza garantiva una so-ciet aperta, ha portato allelaborazione della Convenzione-quadro per laprotezione delle minoranze nazionali (1995), alla creazione della Commissioneeuropea contro il razzismo e lintolleranza e al lancio della campagna euro-pea della giovent contro il razzismo, lantisemitismo, la xenofobia e lintolle-ranza (Tutti diversi, tutti uguali).

    Il Terzo Vertice dei capi di Stato e di governo (2005) ha identificato il dialogointer-culturale (compresa la dimensione religiosa) come mezzo per promuo-vere la presa di coscienza, la comprensione, la riconciliazione e la tolleranza,per prevenire i conflitti e per assicurare lintegrazione e la coesione sociale.Questa posizione esposta dettagliatamente nella Dichiarazione di Faro sullastrategia del Consiglio dEuropa per lo sviluppo del dialogo interculturale,adottata in seguito dai Ministri della Cultura nello stesso anno, che contenevala proposta per la stesura di un Libro bianco sul dialogo interculturale.

    1.2 Iter del Libro bianco

    Il Comitato dei Ministri, nel corso di una riunione nel maggio 2006, ha preci-sato che il Libro bianco sul dialogo interculturale doveva indicare i mezzi perpromuovere un dialogo interculturale rafforzato sia nellambito delle societeuropee che fra le societ europee stesse, nonch un dialogo fra lEuropa ele regioni vicine, fornendo al tempo stesso indicazioni in materia di strumentianalitici e metodologici e sulle norme applicabili. Il Libro bianco si rivolge ai re-sponsabili politici e amministrativi, agli educatori e ai mezzi di comunicazione,

    alle organizzazioni della societ civile, in particolare alle comunit religiose edi migranti, alle organizzazioni giovanili e ai partner sociali.

    Su decisione del Comitato dei Ministri, fra gennaio e giugno 2007 stata av-viata unattivit di consultazione di ampio respiro sul dialogo interculturale,che ha visto la partecipazione in particolare di tutti i comitati direttivi coinvolti,dei membri dellAssemblea parlamentare e del Congresso dei poteri locali eregionali, nonch di altri organi del Consiglio dEuropa, fra cui la Commissioneeuropea contro il razzismo e lintolleranza (ECRI), il Comitato europeo per i di-ritti sociali, la Task Force di Alto Livello sulla Coesione sociale e il Commis-sario per i diritti dellUomo. Sono stati inviati questionari a tutti gli Stati membri,ai membri dellAssemblea parlamentare e del Congresso, ai rappresentantidelle comunit religiose, delle comunit di migranti e delle organizzazioni nongovernative e culturali. Il Segretariato del Consiglio dEuropa ha inoltre orga-

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    nizzato manifestazioni di propria iniziativa o in collaborazione con organizza-zioni non governative di migranti, donne e giovani, con giornalisti, con orga-nizzazioni attive nel settore dei mezzi di comunicazione e con organismiinternazionali. Una prima versione del Libro bianco stata sottoposta al-

    lesame minuzioso delle parti in causa selezionate nel corso di riunioni di ri-torno di informazione1, ed stata presentata in seguito nel corso di unaconferenza regionale informale dei ministri responsabili per gli affari culturali2.

    Un grande interesse stato manifestato nel corso di questo iter. Il ConsigliodEuropa ringrazia calorosamente tutte le persone e gli organismi per la lorogenerosa partecipazione al dibattito. La consultazione ha messo in evidenzache il Consiglio dEuropa, tenuto conto dei suoi fondamenti normativi e dellavasta esperienza, era nella posizione migliore per condurre una tale iniziativa.

    Numerosi suggerimenti sono stati formulati durante questa fase in merito alcontenuto stesso del Libro bianco.

    Le pagine che seguono trovano il loro solido fondamento nellacquis del Con-siglio dEuropa, in particolare la Convenzione europea dei Diritti dellUomo edaltre norme fondamentali. Si tenuto conto delle numerose informazioni rac-colte nel corso della consultazione. Si tratta dunque, sotto molti aspetti, di unprodotto del dibattito democratico che insito nel dialogo interculturalestesso. Per facilitarne la lettura, le idee contenuto nel Libro bianco non sonoattribuite ad una o allaltra delle parti in causa, poich molte sono state pro-

    poste da pi di una organizzazione.

    Il numerosi documenti che accompagnano liter del Libro bianco possono es-sere consultati sul sito Internet del Consiglio dEuropa e nelle relative pubbli-cazioni, in particolare nelle analisi delle risposte fornite dagli Stati membri,dalle organizzazioni non governative e dalle comunit religiose ai questionarisul dialogo interculturale, nonch nelle monografie sul dialogo interculturalededicate ad alcuni problemi specifici (educazione, mezzi di comunicazione),o ad alcuni attori particolari (giovani, migranti). Altri documenti, fra cui una

    serie di Le pi frequenti domande poste e di articoli di stampa sono dispo-nibili in versione cartacea e sul sito Internet.

    1.3 Problematiche principali

    Nel corso della fase di consultazione, un concetto ricorrente stato che gliapprocci tradizionali di gestione della diversit culturale non sono pi

    adatti alle societ che presentano un livello di diversit senza precedenti e incostante sviluppo. Le risposte ai questionari inviati agli Stati membri dimo-strano in particolare come lapproccio finora privilegiato dalle politiche pub-bliche in questo campo - riassunto col termine comunitarismo si sia

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    1 Strasburgo, Stoccolma e Mosca (settembre-ottobre 2007).2 Belgrado, 8-9 novembre 2007.

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    rivelato inadeguato. Tuttavia, un ritorno allepoca in cui lassimilazione era dimoda non sembra auspicabile. Occorre invece mettere in atto una nuova stra-tegia per giungere a societ inclusive: il dialogo interculturale.

    Tuttavia, il senso dellespressione dialogo interculturale rimasto quantomeno imprecisato. Il documento di consultazione invitava le parti interpellatea proporne una definizione, invito verso il quale le parti non hanno manife-stato grande disponibilit, in particolare per il fatto che il dialogo interculturalenon una nuova regola immutabile, semplice da definire e applicabile inquanto tale a tutte le situazioni concrete. Una reticenza che ha rivelato unavera e propria incertezza rispetto al significato concreto di dialogo in-

    terculturale.

    Le parti che hanno risposto ai questionari e quelle che hanno partecipato alleconsultazioni sono comunque concordi nel riconoscere che i principi uni-versali, come quelli promossi dal Consiglio dEuropa, servono come riferi-mento morale. Tali principi offrono il quadro necessario per una cultura dellatolleranza, definendone chiaramente i limiti, in particolare per quanto riguardaqualsiasi forma di discriminazione e di intolleranza. Le tradizioni culturali, chesiano maggioritarie o minoritarie, non possono prevalere sui principi e va-lori espressi nella Convenzione europea dei Diritti dellUomo o in altri stru-menti del Consiglio dEuropa relativi a diritti civili, politici, sociali, economici eculturali.

    Le parti consultate hanno sottolineato in particolar modo che la parit fra isessi costituisce una condizione preliminare non negoziabile del dialogo in-terculturale, che deve tener conto sia dellesperienza delle donne che di quelladegli uomini. Il problema della parit stato sollevato a pi riprese: vivere in-sieme in una societ diversificata possibile solo se possiamo vivere in-

    sieme in pari dignit, un concetto che stato chiaramente enunciato daigoverni, dalle organizzazioni non governative (ONG) in generale, e dalle as-sociazioni di migranti.

    Lorganizzazione di un dialogo interculturale non dovrebbe tralasciare

    nessun ambito sociale, che si tratti di quartieri, luoghi di lavoro, del sistemaeducativo e delle relative istituzioni, della societ civile e soprattutto dei gio-vani, dei mezzi di comunicazione, del mondo artistico o dellambito politico.Si tratta di un coinvolgimento che interessa tutte le parti ONG, comunit re-ligiose, partner sociali o politici nonch i singoli individui. Tutti i livelli di go-vernance - locale, regionale, nazionale e internazionale sono coinvolti nellagestione democratica della diversit culturale.

    Infine, e pi concretamente, la consultazione ha posto laccento sul numeroelevato di buone prassi gi allattivo. opportuno adesso sintetizzarle e dif-fonderle per superare le reticenze e riprodurre le esperienze positive. Lunicoinsegnamento che possiamo trarre dalla consultazione, che la necessit deldialogo interculturale rimarr un aspetto pertinente per molti anni.

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    1.4 Termini chiave

    Il Libro bianco sul dialogo interculturale, che riprende in generale la termino-logia elaborata dal Consiglio dEuropa e da altri organismi internazionali, pre-

    senta alcuni concetti che devono essere definiti. In questo Libro bianco,

    il dialogo interculturale uno scambio di vedute aperto, rispettoso e fon-dato sulla reciproca comprensione, fra individui e gruppi che hanno originie un patrimonio etnico, culturale, religioso e linguistico differenti (vedi se-

    zione 3). Si pone in atto a tutti i livelli allinterno delle societ, fra le societeuropee e fra lEuropa e il resto del mondo;

    il comunitarismo (come lassimilazionismo) indica un approccio politicospecifico (vedi sezione 3), mentre i termini multiculturalit e diversit cultu-

    rale traducono lesistenza empirica di diverse culture e la loro capacit adinteragire in uno spazio specifico e nellambito di unorganizzazione socialedeterminata;

    la coesione sociale, come definita dal Consiglio dEuropa, indica la capacitdi una societ di garantire il benessere di tutti i suoi membri, riducendo le di-sparit al minimo e evitando le polarizzazioni. Una societ coesiva unacomunit solidale di individui liberi che perseguono questi obiettivi comunicon mezzi democratici;

    le parti in causa sono le persone e i gruppi minoritari o maggioritari coinvoltinel dialogo interculturale che svolgono un ruolo importante in questo am-

    bito, in particolare i responsabili del potere pubblico e dei parlamenti a tuttii livelli,

    le collettivit locali e regionali, le organizzazioni della societ civile, le co-munit di migranti e quelle religiose, le organizzazioni culturali e dellinfor-mazione, i giornalisti e i partner sociali;

    le autorit pubbliche comprendono il governo del paese, gli organi politici eamministrativi a livello locale, regionale e centrale. E un termine che copresia i consigli municipali e le altre collettivit locali che le persone fisiche ogiuridiche di diritto privato che svolgono mansioni pubbliche o esercitano

    un potere amministrativo; lintegrazione (integrazione sociale, inclusione) indica un processo a doppiosenso e lattitudine delle persone a vivere insieme, nel pieno rispetto delladignit individuale, del bene comune, del pluralismo e della diversit, dellanon violenza e della solidariet, nonch la loro capacit di partecipare allavita sociale, culturale, economica e politica. Il termine ricopre tutti gli aspettidello sviluppo sociale e linsieme delle politiche. Lintegrazione richiede di tu-telare i deboli e, al tempo stesso, di poter godere del diritto di essere di-versi, di creare ed innovare3. Politiche di integrazione efficaci sononecessarie affinch gli immigrati possano partecipare pienamente alla vitadel paese di accoglienza. Gli immigranti, come qualsiasi altra persona, de-vono conformarsi alle leggi e rispettare i valori fondamentali delle societ

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    3 Programma dazione adottato nel corso del Vertice mondiale per lo sviluppo sociale del 1995.

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    europee e il loro patrimonio culturale. Le strategie di integrazione devono ne-cessariamente coprire tutti i settori della societ, includere gli aspetti so-ciali, politici e culturali, rispettare la dignit degli immigrati, la loro identitdistinta, tenendone conto al momento dellelaborazione delle politiche;

    le misure positive, destinate a colmare le ineguaglianze legate allorigine raz-ziale o etnica, al sesso o ad altre caratteristiche protette di un individuo,sono volte a promuovere una parit piena ed effettiva, nonch il godimentoe lesercizio dei diritti umani in condizioni di uguaglianza.

    Non esiste una definizione giuridica ammessa a livello internazionale della no-zione di minoranza. Nel contesto del Libro bianco, questo termine vuole indi-care persone, compresi i migranti, appartenenti a gruppi meno numerosirispetto al resto della popolazione, che si caratterizzano per la loro identit, in

    particolare per letnia, la cultura, la religione o la lingua.

    2. Accettare la diversit culturale

    2.1 Pluralismo, tolleranza e dialogo interculturale

    La diversit culturale non un fenomeno nuovo. LEuropa conserva nel suotessuto sociale molteplici tracce delle migrazioni intercontinentali, dei nuoviassetti delle frontiere, del colonialismo e degli imperi multinazionali. Nel corsodegli ultimi secoli, le nostre societ basate sui principi del pluralismo politicoe della tolleranza, ci hanno permesso di convivere con la diversit, senzacreare rischi inaccettabili per la coesione sociale.

    Da qualche decennio, il processo di diversificazione culturale ha subito unac-celerazione. LEuropa ha attirato migranti e persone in cerca di asilo da tuttoil mondo nella prospettiva di una vita migliore. La globalizzazione ha com-presso lo spazio e il tempo a un livello senza precedenti. Le rivoluzioni inter-venute nel campo delle telecomunicazioni e dei mezzi di informazione, in

    seguito allemergere di nuovi servizi di comunicazione come Internet, hannofatto s che i sistemi culturali nazionali diventassero sempre pi permeabili.Inoltre, lo sviluppo dei trasporti e del turismo ha messo in contatto diretto unnumero di persone mai raggiunto nel tempo, moltiplicando cos le possibilitdi dialogo interculturale.

    In questo contesto, il pluralismo, la tolleranza e lo spirito di apertura hanno as-sunto unimportanza come mai prima4. La Corte europea dei Diritti dellUomoha riconosciuto che il pluralismo si basa sul riconoscimento e il rispetto au-tentici della diversit e della dinamica delle tradizioni culturali, delle identit et-niche e culturali, delle convinzioni religiose, delle idee e concezioni artistiche,

    13

    4 In merito allimportanza del pluralismo, della tolleranza e dellapertura di spirito nelle societ democratiche, ve-dere per esempio Handyside/Regni Unito, sentenza del 7 dicembre 1976, serie A, n 24, para. 49..

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    letterarie e socio-economiche e che uninterazione armoniosa fra individuie gruppi con identit differenti essenziale al fine della coesione sociale5.

    Il pluralismo, la tolleranza e lo spirito di apertura possono tuttavia non essere

    sufficienti: necessario adottare misure proattive, strutturate e ampiamentecondivise, in grado di gestire la diversit culturale. Il dialogo interculturale uno strumento essenziale, senza il quale sar difficile conservare la libert eil benessere di tutte le persone che vivono nel nostro continente.

    2.2 Parit della dignit umana

    La diversit non contribuisce solamente alla vitalit culturale, ma pu anchefavorire il miglioramento delle prestazioni sociali ed economiche. Infatti, la di-

    versit, la creativit e linnovazione creano un cerchio virtuoso, mentre leineguaglianze possono rafforzarsi reciprocamente, generando conflitti che mi-nacciano la dignit umana e il benessere sociale. Qual allora lelemento chepotrebbe servire da legante fra i popoli che vivono nel nostro continente?

    I valori democratici raccomandati dal Consiglio dEuropa sono universali e,per loro natura intrinseca, non possono dirsi specificatamente europei. Tutta-via, a seguito degli eventi vissuti nel XX secolo la negazione di umanit - ,lEuropa crede soprattutto nel valore basilare della dignit umana di ogni per-sona. E cos che gli Stati-nazione hanno avviato, dopo la Seconda Guerra

    mondiale, un sistema transnazionale, sempre pi ricco, di tutela dei dirittiumani, accessibile a tutti (e non soltanto ai cittadini degli Stati). Questo cor-

    pus di diritti delluomo stabilisce che la dignit di ognuno viene al di sopra deidiritti di cui le persone godono in quanto cittadini di uno Stato particolare.

    Questo corpus di diritti umani riconosce la nostra comune umanit e lindivi-dualit specifica di ciascuno. Lassimilazione, cio lunit senza diversit, com-porterebbe una omogeneizzazione forzata e, dunque, una perdita di vitalit,mentre la diversit, se non sottoposta ai principi di umanit comune e di so-

    lidariet, rende impossibile il riconoscimento reciproco e linclusione sociale.Se dobbiamo costruire una identit comune, necessario che essa si fondi suivalori di ospitalit verso gli altri e di rispetto della pari dignit di ogni persona,valori che hanno il dialogo e la comunicazione con gli altri come elementi a lorointrinseci.

    2.3 Norme e strumenti: il lavoro svolto dal Consiglio dEuropa negli ultimi

    cinquantanni6

    Il forte consenso che esiste in Europa nei confronti di alcuni valori chiara-mente dimostrato dai diversi strumenti del Consiglio dEuropa, in particolare

    14

    5 Gorzelik e altri /Polonia(Camera Alta), sentenza n 44158/98 del 17 febbraio 2004.6 Vedere Allegato Tavola dello stato delle ratifiche degli strumenti convenzionali di base.

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    le Convenzioni e gli accordi che coinvolgono linsieme degli Stati membri o al-cuni di essi, nonch le raccomandazioni, le dichiarazioni e i pareri.

    La Convenzione europea dei Diritti dellUomo (1950) incarnava limpegno as-

    sunto dopo la guerra di rispettare la dignit umana. La giurisprudenza dellaCorte europea dei Diritti dellUomo, istituita sulla base della Convenzione, neinterpreta i principi alla luce delle condizioni attuali. Il Protocollo n 12 allaConvenzione di salvaguardia dei Diritti dellUomo e delle Libert fondamentali

    (2000) conteneva un divieto generalizzato di discriminazione. La Carta socialeeuropea (adottata nel 1961 e riveduta nel 1996), enuncia chiaramente che i di-ritti sociali che vi sono definiti devono essere applicati a tutti senza discrimi-nazione. La Dichiarazione sulla Parit delle Donne e degli Uomini (1988) haaffermato che la discriminazione basata sul sesso in qualsiasi settore costi-

    tuisce un ostacolo al riconoscimento, al godimento o allesercizio dei dirittidella persona umana e delle libert fondamentali. Il diritto dei lavoratori mi-granti ad un trattamento che non sia meno favorevole di quello di cui godonoi cittadini degli Stati membri espressamente riconosciuto dalla Convenzioneeuropea sullo status giuridico dei lavoratori migranti (1977).

    La Convenzione culturale europea (1954) riconosce nello stesso tempo sia ilpatrimonio culturale comune del nostro continente, che la necessit di unapprendimento interculturale, mentre la Convenzione europea sulla televisionetransfrontaliera (1989) sottolinea limportanza della radiodiffusione per lo svi-

    luppo della cultura e la libera formazione delle opinioni. La Convenzione-qua-dro sul valore del patrimonio culturale per la societ (2005) definisce il modoin cui la conoscenza del patrimonio culturale incoraggia la fiducia e la com-prensione.

    La promozione e la tutela della diversit in uno spirito di tolleranza sono allabase della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie (1992) e della Con-venzione-quadro per la tutela delle minoranze nazionali (1995). La Conven-

    zione-quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettivit o

    autorit territoriali (1980), la Convenzione sulla partecipazione degli stranierialla vita pubblica locale (1992) e la Carta europea sulla partecipazione dei gio-vani alla vita locale e regionale (2003, riveduta) trattano la partecipazione allavita pubblica su scala locale, argomento su cui si basa anche la Dichiarazionedi Stoccarda sullintegrazione degli stranieri (2003), elaborata dal Congressodei poteri locali e regionali. La Convenzione sul riconoscimento delle qualifi-che relative allinsegnamento superiore nella regione europea del ConsigliodEuropa e dellUNESCO (1997) esprime il divieto di tener conto dei fattoriesterni, quali le convinzioni, le opinioni o lo status dei candidati, al momentodel riconoscimento delle qualifiche.

    Prima della Dichiarazione di Faro sulla strategia del Consiglio dEuropa per losviluppo del dialogo interculturale (2005), i ministri della cultura avevano gidefinito il dialogo inter-culturale come tema di lavoro nella Dichiarazione diOpatija (2003), mentre i ministri delleducazione avevano esaminato la que-

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    stione delleducazione interculturale nella Dichiarazione di Atene (2003). I temidelleducazione ai diritti delluomo, della solidariet mondiale, della trasfor-mazione dei conflitti e della cooperazione interreligiosa erano stati trattati in viaprioritaria dai ministri europei responsabili della giovent durante la loro riu-

    nione a Budapest, nel 2005. A partire dagli anni 80, lAssemblea parlamen-tare del Consiglio dEuropa ha adottato numerose raccomandazioni erisoluzioni e tenuto dibattiti e audizioni sui diversi aspetti del dialogo intercul-turale e religioso7. Il Piano dazione adottato durante il Terzo Vertice dei Capidi Stato e di governo ha lanciato lo sviluppo di strategie di gestione e di pro-mozione della diversit culturale, garantendo nello stesso tempo la coesionedelle nostre societ e incoraggiando il dialogo interculturale, anche nella suadimensione religiosa.

    Il Consiglio dEuropa agisce anche in qualit di organizzazione intergoverna-tiva, sviluppando la sua influenza a livello internazionale tramite meccanismidi monitoraggio, programmi dazione, promozione di politiche specifiche e at-tivit di cooperazione coi suoi partner internazionali. La Commissione europeacontro il razzismo e lintolleranza (ECRI) rappresenta uno strumento impor-tante in questo ambito: assicura infatti unattivit di monitoraggio negli Statimembri dei fenomeni di razzismo e di tutte le relative forme di intolleranza edi discriminazione, elabora raccomandazioni di politica generale e collaboracon le organizzazioni della societ civile per sensibilizzare lopinione pubblica.Mantiene inoltre contatti regolari con il Segretariato del Comitato delle Na-

    zioni Unite per leliminazione della discriminazione razziale (CERD), con lUf-ficio delle istituzioni democratiche e dei diritti delluomo (BIDDH) dellOCSE econ lAgenzia dei diritti fondamentali (ADF) dellUnione europea. Il Commis-

    sario per i diritti dellUomo del Consiglio dEuropa svolge un ruolo importantenel promuovere leducazione e la sensibilizzazione ai diritti delluomo e il lororispetto. La Commissione europea per la democrazia tramite il diritto (Com-

    missione di Venezia), organo consultivo del Consiglio dEuropa sulle que-stioni costituzionali, ha svolto un ruolo preponderante in merito alladozione dicostituzioni conformi agli standard europei, esprimendosi pi volte sul tema

    dei diritti delle minoranze. Il Centro Nord-Sud divenuto un luogo impor-tante di dialogo fra le culture e un ponte fra lEuropa e le regioni vicine.

    2.4 I rischi dellassenza di dialogo

    I rischi dellassenza di dialogo devono essere pienamente valutati nel lorocomplesso. Lassenza di dialogo contribuisce a sviluppare in larga misuraunimmagine stereotipata dellaltro, instaura un clima di sfiducia reciproca, ditensione e di ansia, tratta le minoranze come capri espiatori e, pi in generale,favorisce lintolleranza e la discriminazione. La scomparsa del dialogo nellesociet e fra una societ e laltra pu, in alcuni casi, offrire un terreno favore-

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    7 I riferimenti delle raccomandazioni pertinenti dellAssemblea parlamentare sono annotati nellAllegato.

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    vole alla nascita e allo sfruttamento dellestremismo, se non addirittura delterrorismo. Il dialogo interculturale, anche a livello internazionale, dunqueindispensabile fra vicini.

    Chiudere la porta a un ambiente che presenta grandi diversit genera una si-curezza illusoria. Rinchiudersi nella tranquillit apparentemente rassicurante diuna comunit esclusiva pu condurre ad un conformismo soffocante. Las-senza di dialogo priva noi tutti di godere degli aspetti positivi delle nuove aper-ture culturali, necessarie per lo sviluppo personale e sociale in un contesto diglobalizzazione. Comunit isolate e ripiegate su loro stesse creano un climaspesso ostile allautonomia individuale e al libero esercizio dei diritti delluomoe delle libert fondamentali.

    La mancanza di dialogo non tiene conto di ci che leredit culturale e poli-tica dellEuropa ci ha insegnato. I periodi pacifici e produttivi della storia eu-ropea sono sempre stati caratterizzati da una forte volont di comunicare coni nostri vicini e di cooperare al di l delle frontiere. La mancanza di aperturaverso gli altri troppo spesso ha generato catastrofi umane. Solo il dialogo cipermette di vivere nellunit e nella diversit.

    3. Quadro concettuale

    3.1 La nozione di dialogo interculturale

    Ai fini di questo Libro bianco, il dialogo interculturale indica un processo discambio di vedute aperto e rispettoso fra persone e gruppi di origini e tradi-zioni etniche, culturali, religiose e linguistiche diverse, in uno spirito di com-prensione e di rispetto reciproci. La libert e la capacit di esprimersi, la

    volont e la facolt di ascoltare ci che gli altri dicono, ne sono elementi indi-spensabili. Il dialogo interculturale contribuisce allintegrazione politica, so-ciale, culturale ed economica, nonch alla coesione di societ culturalmentediverse. Favorisce luguaglianza, la dignit umana e la sensazione di condi-videre obiettivi comuni. Il dialogo interculturale volto a far capire meglio lediverse abitudini e visioni del mondo , a rafforzare la cooperazione e la parte-cipazione (o la libert di operare scelte), a permettere alle persone di svilup-parsi e trasformarsi e , infine, a promuovere la tolleranza e il rispetto per glialtri.

    Il dialogo interculturale pu servire a pi scopi, nel quadro dellobiettivo prin-cipale che quello di promuovere il rispetto dei diritti umani, la democrazia eil primato del diritto, ed una caratteristica essenziale delle societ inclusive,in cui nessun individuo viene emarginato o escluso. Si tratta di uno potentestrumento di mediazione e di riconciliazione : tramite un impegno essenziale

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    e costruttivo che si pone al di l delle divisioni culturali, fornisce una rispostaalle preoccupazioni di frammentazione sociale e di insicurezza, favorendo lin-tegrazione e la coesione sociale. In questo contesto, la libert di scelta e diespressione, la parit, la tolleranza e il rispetto reciproco della dignit umana

    sono i principi fondamentali. La riuscita del dialogo interculturale richiede nu-merosi comportamenti favoriti da una cultura democratica: lapertura men-tale, la volont di intraprendere il dialogo e di lasciare agli altri la possibilit diesprimere il proprio punto di vista, la capacit di risolvere i conflitti con mezzipacifici e lattitudine a riconoscere la fondatezza delle argomentazioni altrui.Inoltre, contribuisce allo sviluppo della stabilit democratica e alla lotta con-tro i pregiudizi e gli stereotipi, sia nella vita sociale che a livello politico, e fa-cilitare lo sviluppo di alleanze fra comunit culturali e religiose, aiutando cosa prevenire o attenuare i conflitti anche in situazioni post-conflittuali o di

    conflitti congelati.Non si tratta qui di portare soluzioni semplici o preconfezionate. Il dialogo in-terculturale non una panacea n la risposta a tutti gli interrogativi, la suaportata pu infatti essere limitata. Si fa spesso rimarcare giustamente che dia-logare con chi rifiuta il dialogo impossibile, anche se non per questo le so-ciet aperte e democratiche sono dispensate dallobbligo di proporrecostantemente possibilit di dialogo. Al contrario, dialogare con chi si mostrapronto al dialogo ma non condivide del tutto o in parte i nostri valori,pu essere il punto di partenza per un processo di interazione pi lungo, alla

    fine del quale possibile giungere ad unintesa in merito allimportanza e al-lattuazione concreta dei valori dei diritti delluomo, della democrazia e del pri-mato del diritto.

    3.2 Costruire lidentit in un contesto multiculturale

    La dignit umana dellindividuo alla base della societ. Tuttavia, lindividuonon in quanto tale un attore sociale omogeneo. Per definizione, la nostra

    identit non ci che ci rende simili agli altri, ma ci che ce ne distingue nelquadro della nostra individualit. Lidentit un insieme di elementi, com-plesso e sensibile ai contesti.

    La libera scelta della propria cultura fondamentale in quanto elemento co-stitutivo dei diritti umani. Ognuno pu, nello stesso momento o in diverse fasidella propria vita, scegliere di aderire a pi sistemi di riferimento culturale dif-ferenti. Sebbene, in una certa misura, ognuno di noi sia il prodotto delleredite delle proprie origini sociali, nelle democrazie moderne contemporanee tuttipossiamo arricchire la nostra identit optando in favore di unappartenenzaculturale multipla. Nessuno dovrebbe essere rinchiuso, contro la propria vo-lont, in un gruppo, una comunit, un sistema di pensiero o una visione delmondo; al contrario, tutti dovrebbero essere liberi di rinunciare a scelte delpassato e farne di nuove, se tali scelte rispettano i valori universali dei dirittiumani, della democrazia e del primato del diritto. Lapertura e la condivisione

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    reciproche sono elementi della pluriappartenenza culturale: entrambe costi-tuiscono le regole di coesistenza fra singoli e i gruppi, che sono liberi di pra-ticare le culture da loro scelte, con il solo limite del rispetto degli altri.

    Il dialogo interculturale dunque importante per gestire la pluriappartenenza cul-turale in un contesto multiculturale. E uno strumento che permette di trovaresempre un nuovo equilibrio identitario, rispondendo alle nuove aperture o espe-rienze e aggiungendo allidentit nuove dimensioni, senza per questo allonta-narsi dalle proprie radici. Il dialogo interculturale ci aiuta a evitare gli scogli dellepolitiche identitarie e a restare aperti ai bisogni delle societ moderne.

    3.3 Precedenti approcci alla diversit culturale

    Allapogeo dello Stato-nazione, allincirca fra il 1870 e il 1945, in Europalidea predominante era che tutti quelli che vivevano allinterno delle frontieredi uno Stato dovevano assimilarsi al modello di vita dominante , che servivacome base per la socializzazione delle generazioni future, in particolare tramiterituali nazionali, se non nazionalisti . Tuttavia, nel corso degli ultimi secoli, lEu-ropa ha conosciuto anche altre esperienze pi probanti, per esempio in al-cuni periodi della storia dellEuropa centrale e orientale, che ci aiutano a capirecome abbiano potuto coesistere pacificamente culture e religioni differenti inun contesto di tolleranza e di rispetto reciproci.

    In quella che diventata la parte occidentale dellEuropa divisa del dopo-guerra, lesperienza dellimmigrazione stata associata a un nuovo concettodi ordine sociale conosciuto col nome di comunitarismo. Questo modello pre-vedeva il riconoscimento politico di ci che era percepito come un sistema divalori diverso (quello delle comunit minoritarie), allo stesso titolo di quellodella maggioranza di accoglienza. Sebbene si allontanasse dal modello del-lassimilazione, il comunitarismo ne condivideva spesso la stessa concezioneschematica di una societ ferma in una opposizione fra maggioranza e mino-

    ranza, distinguendosene unicamente in quanto prevedeva la separazione dellaminoranza piuttosto che la sua assimilazione alla maggioranza.

    La Dichiarazione di Opatija (2003) ha respinto questo paradigma. Nel definirela diversit culturale, ha affermato che tale principio non pu essere appli-cato esclusivamente in termini di maggioranza o di minoranza, dato chequesto schema punta il dito contro culture e comunit, le classifica e stig-matizza in modo statico, al punto che i comportamenti sociali e gli stereotipiculturali sono associati allo status rispettivo dei differenti gruppi. Identit checoincidono per certi aspetti non sono contraddittorie, ma rappresentano in-vece un punto a favore, rivelando possibili aree di convergenza.

    Nonostante le buone intenzioni che lanimavano, il comunitarismo ormaiconsiderato da molti come la causa che ha favorito la segregazione delle co-munit e la reciproca incomprensione, e che ha contribuito allindebolimento

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    dei diritti delle persone (in particolare, quelli delle donne) nellambito delle mi-noranze, percepite come attori collettivi. Bisogna ammettere la diversit cul-turale delle societ attuali come un fatto empirico. Tuttavia, durante laconsultazione, gli Stati interpellati hanno pi volte ricordato che il comunita-

    rismo non era pi una politica con cui ci si sentiva in sintonia.

    Nessuno di questi modelli, assimilazione e comunitarismo, applicato inte-gralmente in uno Stato. I loro elementi si combinano ad alcuni aspetti del si-stema interculturale emergente, che integra i migliori principi dei due modelli,prendendo a prestito dallassimilazione la priorit rivolta allindividuo e, dalcomunitarismo, il riconoscimento della diversit culturale, per aggiungere unnuovo elemento essenziale per lintegrazione e la coesione sociale: il dialogosulla base di una pari dignit e di valori condivisi.

    3.4 Condizioni per il dialogo interculturale

    3.4.1 Diritti umani, democrazia e primato del diritto

    I valori universali sanciti dal Consiglio dEuropa sono una condizione prelimi-nare per il dialogo interculturale, che infatti impossibile senza il rispetto dellapari dignit di tutte le persone, dei diritti umani, del primato del diritto e dei

    principi democratici. Questi valori, in particolare il rispetto della libert diespressione e delle altre libert fondamentali, garantiscono un dialogo esenteda qualsiasi forza prevaricatrice e basato sulla forza delle argomentazioni piut-tosto che sullargomentazione della forza.

    Di fronte a problematiche interculturali, si invocano a volte diritti fondamentaliin concorrenza; dunque necessario trovare un giusto equilibrio. La giuri-sprudenza della Corte europea dei Diritti dellUomo e lesperienza degli orga-nismi di monitoraggio, come lECRI o il Comitato consultivo della Convenzione

    quadro per la protezione delle minoranze nazionali, dimostrano come giun-gere a questo equilibrio nella pratica.

    Le tradizioni etniche, culturali, religiose o linguistiche non possono essere ad-dotte per impedire alle persone di esercitare i diritti umani o partecipare inmodo responsabile alla vita sociale. E questo un principio che si applica inmodo particolare alla libert di non subire la discriminazione basata sul sessoo altre ragioni, ai diritti e agli interessi dei bambini e dei giovani e alla libertdi praticare o meno una religione o altra convinzione. Le violazioni dei dirittidelluomo, come i matrimoni forzati, i delitti donore o le mutilazioni geni-tali8, non possono essere giustificati in nessun caso, qualunque sia il conte-sto culturale. Parimenti, le regole di una cultura dominante, reale o

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    8 Per quanto riguarda le mutilazioni genitali inflitte alle donne, v. Collins e Akaziebie/Svezia, sentenza n 23944/05dell8 marzo 2007.

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    immaginaria, non possono essere prese come pretesto per giustificare di-scriminazioni, incitamenti allodio o una qualsiasi forma discriminatoria fon-data sulla razza, la religione, lorigine etnica o altra identit.

    La democrazia il fondamento del nostro sistema politico e i cittadini sono va-lutati anche come attori politici e non soltanto come esseri sociali, che con-tribuiscono al benessere della nazione o che ne sono i fruitori. La democraziava avanti perch aiuta le persone a identificarsi con la societ in cui vivono ga-rantendo che il potere e lattivit decisionale sono esercitati in modo legittimo.Limportanza del Consiglio dEuropa nel corso degli ultimi venti anni testimo-nia soprattutto la forza della democrazia. Il dialogo critico e costruttivo unaregola di per s profondamente democratica deve riconoscere il valore dialtri principi democratici, come il pluralismo, linclusione e la parit. E impor-

    tante che il dialogo tenga conto dello spirito della cultura democratica e deisuoi elementi costitutivi essenziali: il rispetto reciproco fra i partecipanti e lavolont di ognuno di ricercare ed accettare un terreno di intesa.

    Le regole fondamentali del primato del diritto nelle societ democratiche of-frono un quadro nellambito del quale il dialogo interculturale pu svilupparsiliberamente, poich garantiscono una netta separazione dei poteri, la certezzagiuridica e luguaglianza di tutti di fronte alla legge. Inoltre, impediscono alleautorit pubbliche di assumere decisioni arbitrarie e discriminatorie, permet-tendo alle persone i cui diritti sono violati di rivolgersi ai giudici per chiedere

    una riparazione dei danni subiti.

    3.4.2 Pari dignit e rispetto reciproco

    Il dialogo interculturale non pu fare a meno di un modo di procedere rifles-sivo, che permetta a tutti di rispecchiarsi nel punto di vista degli altri. A talescopo, necessario stabilire, sulla base dei valori del Consiglio dEuropa, unsistema democratico caratterizzato dal rispetto per lindividuo in quanto es-

    sere umano, secondo il quale lumanit governata da criteri morali identici,dal reciproco riconoscimento (in cui lo status di pari valore riconosciuto datutti), e dallimparzialit di trattamento (in cui tutte le richieste devono seguireregole condivise da tutti).

    a questo livello che lapproccio interculturale si allontana pi chiaramente daimodelli precedenti. Contrariamente allassimilazione, esso riconosce che lau-torit pubblica deve essere imparziale invece di prendere come unica regolail sistema di valori della maggioranza al fine di evitare le tensioni fra le comu-nit. Tuttavia, contrariamente al comunitarismo, questo approccio spinge in fa-vore di norme comuni ed esclude il relativismo morale. Contrariamente ai duemodelli precedenti, lapproccio interculturale riconosce il ruolo essenziale delsettore associativo della societ civile nellambito del quale, con riserva di un re-ciproco riconoscimento, il dialogo interculturale pu trovare una soluzione aquei problemi di vita quotidiana che i governi da soli non possono risolvere.

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    Luguaglianza e il rispetto reciproco sono elementi costitutivi importanti deldialogo interculturale, indispensabili per superare gli ostacoli alla sua attua-zione. Senza progressi sulla strada verso la parit, possibile che le tensionisociali si manifestino nel campo culturale, anche se i fattori che le hanno cau-

    sate hanno origine in altri contesti. In questo caso, le identit culturali pos-sono essere sfruttate come strumenti di stigmatizzazione.

    3.4.3 Parit fra i sessi

    La parit fra gli uomini e le donne una questione fondamentale nelle societin evoluzione, come stato fatto notare dalla Va Conferenza ministeriale eu-ropea sulla parit fra le donne e gli uomini (2003). Si tratta di un elemento cru-

    ciale della democrazia. La parit fra i sessi parte integrante dei diritti umani,e la discriminazione sessuale un ostacolo al godimento di tali diritti e dellelibert. Il rispetto dei diritti fondamentali della donna una premessa non ne-goziabile per qualsiasi dibattito sulla diversit culturale.

    Tuttavia, la lotta contro lineguaglianza fra i sessi non deve dar vita a stereo-tipi insidiosi. Si deve sottolineare che non giustificabile stabilire una rela-zione fra comunit minoritarie e ineguaglianza fra i sessi, come se tuttofosse perfetto nella comunit di accoglienza , mentre tutto quello che ri-guarda le minoranze o le persone che praticano altre religioni ponesse invece

    dei problemi. Se lesperienza delle donne coincide a volte da una comunit al-laltra, proprio perch nessuna comunit detiene il monopolio in materia diparit o di ineguaglianza.

    La parit fra i sessi conferisce al dialogo interculturale una dimensione posi-tiva. La complessit dellidentit individuale permette atti di solidariet chesono altrimenti inconcepibili in una visione comunitaria stereotipata. Il fattostesso che lineguaglianza fra i sessi sia una questione generale, implica chei progetti interculturali che vedono la partecipazione delle donne appartenenti

    sia alla minoranza che alla maggioranza di accoglienza, possano basarsisu esperienze condivise.

    La Strategia della coesione sociale (riveduta) del Consiglio dEuropa indicachiaramente che la parit fra gli uomini e le donne un impegno fondamen-tale, particolarmente pertinente, e invita a integrare una prospettiva di ge-nere nel campo della coesione sociale e in tutti gli aspetti del dialogointerculturale.

    3.4.4 Eliminare le barriere che ostacolano il dialogo interculturale

    Numerosi ostacoli impediscono il dialogo interculturale, alcuni dovuti alla dif-ficolt di comunicare in pi lingue, altri legati al potere e alla politica: la di-scriminazione, la povert e lo sfruttamento che toccano in modo

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    particolarmente duro i membri di gruppi svantaggiati e marginalizzati sonobarriere strutturali che impediscono il dialogo. In numerose societ europeesono inoltre presenti gruppi e organizzazioni politiche che predicano l odiodellaltro, dello straniero o di alcune identit religiose. Il razzismo, la xeno-

    fobia, lintolleranza e tutte le altre forme di discriminazione rifiutano lideastessa del dialogo e ne rappresentano un affronto permanente.

    3.5 Dimensione religiosa

    Il ricco patrimonio culturale europeo comprende una grande diversit di con-cezioni sia religiose che laiche relative allo scopo della nostra esistenza. Il cri-stianesimo, il giudaismo e lislam ciascuno col proprio sistema di

    interpretazioni hanno esercitato una influenza profonda nel nostro conti-nente. Tuttavia, in tempi lontani ma anche pi recenti, lEuropa ha conosciutoconflitti in cui la religione ha avuto un ruolo di marcatore comune.

    La libert di pensiero, di coscienza e di religione, sancita dallArticolo 9 dellaConvenzione europea dei Diritti dellUomo, un elemento fondatore di ognisociet democratica. Questa libert uno degli elementi pi essenziali in rap-porto allidentit dei credenti e alla loro concezione di vita, ma anche alliden-tit degli atei, delle persone agnostiche, scettiche o indifferenti. Garantendola,lArticolo 9 prevede che le espressioni in cui questa libert pu manifestarsi

    possano essere limitate secondo specifiche condizioni. La questione dei sim-boli religiosi nella sfera pubblica, in particolare in ambito scolastico, stataesaminata dalla Corte europea dei Diritti dellUomo9. A seguito della relativaassenza di consenso da parte degli Stati membri sulle questioni religiose, inquesto campo la Corte in genere lascia agli Stati un margine di valutazioneimportante, sebbene limitato.

    Le priorit del Consiglio dEuropa e le preoccupazioni delle comunit religiosecoincidono in buona parte: diritti umani, cittadinanza democratica, promo-

    zione dei valori, pace, dialogo, educazione e solidariet. La consultazione hainoltre messo in evidenza il consenso a riguardo della responsabilit delle co-munit religiose che devono contribuire, attraverso il dialogo interreligioso, arafforzare la comprensione fra le diverse culture.

    Il ruolo strategico delle comunit religiose in materia di dialogo comportaun impegno da intraprendere in questo settore fra le comunit stesse e le au-torit pubbliche. Il Consiglio dEuropa si gi attivato in questo senso at-traverso diverse iniziative dellAssemblea parlamentare e con i seminari delCommissario per i Diritti dellUomo che, a partire dal 2000, ha coinvolto irappresentanti delle comunit religiose con lo scopo di coinvolgerli nelle at-

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    9 Vedere, per esempio, Kurtulms/Turchia, sentenza n 65500/01 del 24 gennaio 2006; Leyla Sahin/Turchia, sen-tenza del 10 novembre 2005 (Camera alta); Dahlab/Svizzera, sentenza del 15 febbraio 2001.

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    tivit condotte dal Consiglio dEuropa nel campo dei diritti umani. La praticareligiosa una componente della vita contemporanea; a questo titolo, nonpu n deve essere esclusa dalla sfera di interesse dellautorit pubblica,anche se lo Stato deve conservare il ruolo di garante neutro e imparziale

    della pratica di diverse religioni, fedi e credenze10. La Dichiarazione delforum del Volga (2006)11 invitava il Consiglio dEuropa a intraprendere undialogo aperto, trasparente e regolare con le organizzazioni religiose, ri-conoscendo allo stesso tempo che questo approccio doveva basarsi su va-lori e principi universali. Il processo avviato a questo fine potrebbe riprendereil modello della tavola rotonda adottato in diversi Stati membri per favorireil dialogo con le comunit religiose. La Dichiarazione di San Martino (2007)12

    sulla dimensione religiosa del dialogo interculturale, afferma che le religionipossono elevare e arricchire il dialogo. Il contesto del dialogo corrisponde

    allambizione condivisa di proteggere la dignit di ogni essere umano attra-verso la promozione dei diritti delluomo, inclusa la parit fra donne e uomini,di rafforzare la coesione sociale e di favorire la comprensione e il rispettoreciproci. Nella Dichiarazione di San Martino, i rappresentanti delle comunitreligiose e della societ civile presenti hanno accolto con favore linteressedimostrato dal Consiglio dEuropa in questo settore, notando che il Consi-glio dEuropa resterebbe in una posizione neutrale nei confronti delle reli-gioni, difendendo al tempo stesso la libert di pensiero, di coscienza e direligione, i diritti e i doveri di tutti i cittadini e lautonomia rispettiva delloStato e delle religioni. Hanno inoltre considerato la necessit di avviare ta-

    vole di discussione in grado di esaminare limpatto della pratica religiosasugli altri settori della politica pubblica, come la salute e leducazione, senzadiscriminazione e nel rispetto dei diritti dei non credenti. Questi ultimi hannolo stesso diritto di dare il loro contributo ai dibattiti sui fondamenti moralidella societ, a fianco dei rappresentanti religiosi, e di partecipare a dibat-titi relativi al dialogo interculturale.

    L8 aprile 2008, il Consiglio dEuropa ha organizzato, a titolo sperimentale, unincontro sulla dimensione religiosa del dialogo interculturale centrato sul tema

    Linsegnamento di fatti religiosi e relativi alle convinzioni. Uno strumento diconoscenza dei fatti religiosi e relativi alle convinzioni nellambito scolastico;un contributo alleducazione alla cittadinanza democratica, ai diritti delluomoe al dialogo interculturale. Hanno preso parte a questo incontro gli Stati mem-bri e gli Stati osservatori del Consiglio dEuropa, nonch i partner istituzionalidellOrganizzazione, la Commissione europea, rappresentanti di religioni tra-dizionalmente presenti in Europa e di altre convinzioni, rappresentanti diOING/ONG, esperti e rappresentanti degli organi di informazione. Un eventoinnovativo e sperimentale, il cui principale obiettivo era di promuovere e raf-

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    10 Vedere, per esempio, Leyla Sahin/Turchia, sentenza n 44774/98 del 10 novembre 2005, par. 107.11 Documento finale della Conferenza internazionale Dialogo delle culture e cooperazione interconfessionale

    (Forum del Volga), Nijni Novgorod/Federazione russa, 7-9 settembre 2006 (disponibile sul sito:www.coe.int/dialogue).

    12 Dichiarazione finale della Conferenza europea su La dimensione religiosa del dialogo interculturale, Saint-Martin, 23-24 aprile 2007 (disponibile su: www.coe.int/dialogue).

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    forzare i valori fondamentali del Consiglio dEuropa, cio il rispetto dei dirittiumani, la promozione della democrazia e il primato del diritto, contribuendocos a favorire il rispetto e la conoscenza, la tolleranza e la comprensione re-ciproci nellambito della comunit europea. Sono stati associati a questo

    obiettivo anche rappresentanti di religioni e diversi attori della societ civile,fra cui i rappresentanti di altre fedi religiose, che hanno cos partecipato ad undialogo aperto e trasparente su un tema centrato su questi valori. Lo scoponon era di intraprendere un dibattito teologico, n di stabilire il quadro per undialogo interconfessionale.

    Oltre che fra le autorit pubbliche e le comunit religiose, un aspetto questoche dovrebbe essere incoraggiato, il dialogo deve anche svilupparsi nellam-bito delle stesse comunit religiose (dialogo interreligioso). Il Consiglio dEu-

    ropa ha spesso riconosciuto limportanza del dialogo interreligioso (che nonrientra direttamente nella sua competenza) nel quadro del dialogo intercultu-rale, incoraggiando le comunit religiose a promuovere attivamente i dirittiumani, la democrazia e il primato del diritto in unEuropa multiculturale. In am-bito sociale, il dialogo interreligioso pu contribuire anche a rafforzare il con-senso nei riguardi di soluzioni di problemi sociali. Il Consiglio dEuropasostiene la necessit di un dialogo nelle comunit religiose e le correnti dipensiero filosofiche (dialogo interreligioso e interno ad una convinzione), ciche permette alle autorit pubbliche di comunicare con i rappresentanti au-torizzati di religioni e convinzioni che desiderano essere riconosciute in base

    al diritto nazionale.

    4. Cinque approcci dellazione politica per promuovere il dia-

    logo interculturale

    La promozione del dialogo interculturale comporta cinque dimensioni distinte,ma interdipendenti, che coinvolgono linsieme delle parti in causa: essa di-pende dalla governance democratica della diversit culturale; passa attra-verso la partecipazione e la cittadinanza democratica; richiede lacquisizionedi competenze culturali; necessita spazi di dialogo aperti; infine, deve esserecondotta su scala internazionale. Le cinque dimensioni citate sono state og-getto di iniziative di successo13.

    4.1 Governance democratica della diversit culturale

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    13 Linsieme degli esempi di buona prassi raccolti durante le consultazioni sar pubblicato su Internet :www.coe.int/dialogue

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    4.1.1 Una cultura politica che valorizza la diversit

    I valori comuni della democrazia, dei diritti umani e delle libert fondamentali,del primato del diritto, del pluralismo, della tolleranza, della non discrimina-

    zione e del rispetto reciproco, sono le pietre angolari di una cultura politica chevalorizzi la diversit.

    Una cultura della diversit pu svilupparsi solo se la democrazia concilia lanorma della maggioranza e i diritti delle persone appartenenti alle minoranze.Imporre la volont della maggioranza alle minoranze senza garantire la prote-zione effettiva dei diritti di tutti, incompatibile con i principi iscritti nel patri-monio costituzionale comune dei paesi europei. Una societ europea decisaa combinare unit e diversit non pu essere una societ in cui il vincitore

    prende tutto, ma deve cercare di diffondere valori di uguaglianza e di rispettoreciproco nella sfera politica. La democrazia non comporta semplicementeche il punto di vista della maggioranza prevalga sempre: si deve trovare unequilibrio che garantisca un trattamento equo ed adeguato delle persone cheappartengono a minoranze e che eviti qualsiasi abuso di posizione domi-nante14.

    Lelaborazione di una politica favorevole al pluralismo culturale un compitoimpegnativo e richiede un sistema educativo che favorisca lo sviluppo delle at-titudini alla riflessione critica e allinnovazione, nonch spazi in cui le persone

    possano partecipare ed esprimersi. Gli agenti preposti al mantenimento del-lordine, i responsabili politici, gli insegnanti ed altri gruppi professionali, non-ch i leader della societ civile, devono essere formati in modo tale da potersvolgere il proprio compito allinterno di comunit culturalmente diverse. Lacultura deve essere dinamica e caratterizzata dalla sperimentazione. I mezzidi informazione sono invitati a diffondere notizie obiettive e idee nuove, e a ri-mettere in discussione gli stereotipi. E essenziale la presenza di numeroseiniziative e attori impegnati che richiedano lintervento di una societ civileforte.

    4.1.2 Diritti delluomo e libert fondamentali

    I diritti umani stabiliscono un quadro essenziale per la pratica del dialogo in-terculturale. Il diritto alla libert di pensiero e di espressione, alla libert di re-ligione, di riunione e di associazione, nonch al rispetto della vita privata efamiliare, sono fra le disposizioni pi importanti della Convenzione europeadei Diritti dellUomo. I diritti enunciati devono poter essere esercitati senza

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    14 Cfr. Leyla Sahin/Turchia, sentenza n 44774/98 del 10 novembre 2005, par. 108. Cfr. anche Articolo 6 dellaConvenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali, che obbliga le parti contraenti a promuo-vere uno spirito di tolleranza e il dialogo interculturale, e di adottare misure efficaci per favorire il rispetto ela comprensione reciproci, nonch la cooperazione fra tutte le persone che vivono sul proprio territorio, indi-pendentemente dalla loro identit etnica, culturale, linguistica o religiosa, in particolare nel campo delledu-cazione della cultura e dei mezzi di informazione.

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    nessuna forma di discriminazione. Il Protocollo n 12 alla Convenzione con-tiene una clausola generale di non discriminazione. In aggiunta ai diritti civilie politici, vi sono i diritti socio-economici garantiti dalla Carta sociale euro-pea, che tratta numerose questioni relative in particolare a persone apparte-

    nenti a gruppi sociali svantaggiati (accesso al lavoro, educazione, protezionesociale, salute e alloggio)15, nonch i diritti culturali definiti in pi carte e con-venzioni, come il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e cul-turali (1966).

    La libert di espressione garantita dallart. 10, paragrafo 1 della Convenzioneeuropea dei Diritti dellUomo una condizione sine qua non per la partecipa-zione al dialogo interculturale. Lesercizio di questa libert, che include obbli-ghi e responsabilit, pu essere limitato secondo condizioni specifiche definite

    allarticolo 10, paragrafo 2 della Convenzione stessa. Da alcuni anni, il molti-plicarsi di discorsi di odio costituisce un tema preoccupante per la Corteeuropea dei Diritti dellUomo la quale ha definito nella giurisprudenza, caso percaso, il limite al di l del quale il diritto alla libert di espressione non pu piessere esercitato.

    Alcune forme di espressione sono gratuitamente insultanti, diffamatorie o in-giuriose al punto di rappresentare una minaccia per lesistenza stessa di unacultura della tolleranza, e rischiano non solo di pregiudicare in modo inam-missibile la dignit dei membri delle minoranze, ma anche di esporli a intimi-

    dazioni e minacce. Lincitamento allodio fondato sullintolleranza non compatibile con il rispetto dei diritti e libert fondamentali garantiti dalla Con-venzione e dalla giurisprudenza della Corte.

    Tuttavia la Corte europea dei Diritti dellUomo ha fissato limiti elevati perquanto riguarda le restrizioni alla libert di espressione, definendo opportunoproteggere anche opinioni che offendono, indignano o disturbano16, ci chelascia una certa libert, per esempio, per criticare la religione di altri (in quantosistema di idee al quale si pu scegliere di aderire). La Corte tiene conto del-

    limpatto e del contesto nel quale le opinioni sono state espresse, stabilendoin particolare se rappresentano un contributo a un dibattito pubblico plurali-sta su temi di interesse generale.

    Nel settore dei mezzi di informazione, la tutela della libert di espressione unprincipio fondamentale, anche se i giornalisti non sono esenti da obblighi e re-sponsabilit specifiche: se da una parte sono liberi di esprimere le proprie opi-nioni, anche valutazioni di un certo peso, in merito a temi di pubblico interesse,al tempo stesso per devono raccogliere e diffondere informazioni obiettive.

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    15 Il Comitato europeo per i diritti sociali, che incaricato di esaminare i rapporti nazionali e decidere se la si-tuazione nei paesi coinvolti conforme alla Carta sociale europea, ha richiesto pi volte ai paesi di rivolgereuna particolare attenzione alla situazione dei lavoratori stranieri, degli immigranti e delle minoranze nazio-nali; cf. Carta sociale europea, Comitato europeo per i diritti sociali : Conclusioni XVIII-1, Volume 1 Stra-sburgo 2006, pag. 59, 102,212,261,293.

    16 Handyside/Regno Unito, sentenza del 7 dicembre 1976, serie A, n 24, par. 49.

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    Bisogna sensibilizzare i professionisti del settore sulla necessit di un dialogoe di una cooperazione interculturali che oltrepassino le barriere etniche, cul-turali, religiose e linguistiche, per promuovere una cultura di tolleranza e di re-ciproca comprensione, tenendo comunque sempre presente il loro ruolo, che

    di informare il pubblico.

    4.1.3 Dalle pari opportunit al pari godimento dei diritti

    Il modello sociale europeo richiamato nella Strategia per la coesione sociale(riveduta), tende a garantire una vera e propria pari opportunit. Coloro i qualihanno pi necessit di vedere i propri diritti tutelati, sono spesso quelli chesono meno in grado di farli valere. Per questa ragione necessario che la tu-

    tela giuridica dei diritti sia accompagnata da misure di politica sociale ben de-finite che, nella pratica, assicurino a tutti laccesso ai propri diritti. La Cartasociale europea e la Convenzione europea sullo status giuridico dei lavoratorimigranti prevedono, per esempio, limpegno da parte degli Stati parti a ga-rantire ai lavoratori migranti e alle loro famiglie che si trovano legalmente nelloro territorio, un trattamento non meno favorevole di quello previsto per i pro-pri cittadini in diversi contesti economici e sociali.

    Indipendentemente dal principio della non discriminazione, gli Stati sonoanche incoraggiati a adottare misure positive con lo scopo di eliminare le ine-

    guaglianze legate alla discriminazione di cui sono oggetto i membri di gruppisociali svantaggiati. Nella sfera pubblica, le autorit statali devono applicarerigorosamente il divieto di discriminazione, che sancisce la neutralit delloStato nelle questioni culturali e religiose. Tuttavia la parit formale non sem-pre sufficiente e la promozione della parit effettiva pu richiedere, se neces-sario, ladozione di misure specifiche coerenti con il principio di nondiscriminazione. In alcuni casi, lassenza di un trattamento differenziato ne-cessario per correggere una ineguaglianza pu risolversi, senza una giustifi-cazione obiettiva e ragionevole, in un atto discriminatorio17.

    Pu risultare necessario, entro certi limiti, adottare misure pratiche per tenerconto della diversit18. Tali misure di accomodamento non devono pregiudi-care i diritti altrui, n comportare difficolt organizzative sproporzionate o ge-nerare costi eccessivi.

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    17 D.H. e altri/Repubblica ceca, sentenza del 13 novembre 2007 (CameraAlta): La Corte ha anche riconosciutoche una misura o politica generale con effetti sproporzionalmente pregiudizievoli nei confronti di un gruppo spe-cifico pu essere considerata discriminatoria, sebbene non riguardi specificatamente tale gruppoe che una

    discriminazione potenzialmente contraria alla Convenzione pu risultare da una situazione de facto (paragrafo175).18 Vedere Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali (1995) articolo 4, paragrafi 2 e 3, non-

    ch i paragrafi corrispondenti del rapporto esplicativo. D.H. e altri/Repubblica ceca, sentenza del 13 novem-bre 2007 (Camera Alta). Il Comitato europeo per i Diritti sociali ha affermato che la differenza in una societdemocratica deve nonsolo essere considerata in maniera positiva, ma anche essere tenuta in considerazionecon discernimento per garantire una parit vera ed effettiva (Autism France/Francia, reclamo n 13/2002, de-cisione sul fondo del 4 novembre 2003, paragrafo 52).

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    4.2 Cittadinanza democratica e partecipazione

    La cittadinanza, nel senso pi ampio del termine, indica un diritto e anche unaresponsabilit di partecipazione, insieme agli altri, alla vita sociale ed econo-

    mica e agli affari pubblici19 della comunit. un elemento essenziale per ildialogo interculturale, poich ci invita a considerare gli altri non in modo ste-reotipato in quanto altro ma come concittadini e nostri simili. Facilitarelaccesso alla cittadinanza richiede ladozione di misure regolamentari, legi-slative ed educative. La cittadinanza favorisce la partecipazione civica e con-tribuisce cos alla valorizzazione dellapporto dei nuovi arrivati, checonsolidano a loro volta la coesione sociale.

    La partecipazione attiva di tutti i residenti alla vita pubblica della comunit lo-

    cale contribuisce allarricchimento della comunit stessa e favorisce linte-grazione. Il diritto riconosciuto agli stranieri che risiedono legalmente in uncomune o una regione di partecipare alle elezioni locali e regionali uno stru-mento di promozione della partecipazione.

    Nel quadro della Convenzione europea sulla nazionalit (1977), gli Stati fir-matari si impegnano a prevedere una possibilit di naturalizzare le personeche risiedono legalmente e abitualmente nel loro territorio, stabilendo una du-rata di residenza massima di dieci anni prima di poter presentare la richiesta.A tale scopo, non necessario che la naturalizzazione comporti la rinuncia

    alla nazionalit di origine. Il diritto dei minori stranieri di acquisire la naziona-lit del paese di nascita e di residenza potrebbe favorire ancora pi incisiva-mente la loro integrazione.

    Il Comitato dei Ministri ha manifestato la sua preoccupazione di fronte al cre-scente disimpegno politico e civico, alla mancanza di fiducia nelle istituzionidemocratiche e agli atti di razzismo e xenofobia sempre pi numerosi. I segnalisembrano tuttavia diminuire in Europa. Gli alti livelli di fiducia sociale e di im-pegno nellambito delle organizzazioni della societ civile, osservati in alcuni

    Stati membri, si accompagnano ad un sistema di governance democratica,caratterizzato da una autorit pubblica imparziale basata sul primato del di-ritto, che favorisce la partecipazione. Contribuendo alla fiducia sociale e in-coraggiando la partecipazione dei membri delle minoranze altrimentimarginalizzate, il dialogo interculturale pu avvicinare lidea di democrazia aicittadini.

    Le autorit locali e regionali svolgono un ruolo decisivo a riguardo. La Con-venzione del Consiglio dEuropa sulla partecipazione degli stranieri alla vitapubblica locale insiste sulla necessit di rafforzare la partecipazione. E ne-cessario evitare la tentazione di indicare come unici interlocutori i responsa-bili maschili delle minoranze della prima generazione di migranti, e tener conto

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    19 Vedere Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali (1995) articolo 15.

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    delle diversit e dei rapporti sociali esistenti in seno alle minoranze, coinvol-gendo soprattutto i giovani.

    4.3 Imparare e insegnare le competenze interculturali

    Le competenze necessarie per il dialogo interculturale non sono automatiche: necessario acquisirle, praticarle e alimentarle nel corso di tutta la vita. Leautorit pubbliche, i professionisti del settore dellinsegnamento, le organiz-zazioni della societ civile, le comunit religiose, i mezzi di informazione e tuttigli altri operatori del settore educativo, che lavorano in tutti i contesti istitu-zionali e a tutti i livelli, svolgono un ruolo decisivo nel perseguire gli obiettivi ei valori fondamentali difesi dal Consiglio dEuropa, nonch nel rafforzare il dia-

    logo interculturale. Le cooperazioni interistituzionali sono determinanti, in par-ticolare con lUunione europea, lUnesco, lOrganizzazione araba perleducazione, la cultura e le scienze (Alecso) e altri partner attivi in questocampo.

    4.3.1 Settori chiave di competenza: la cittadinanza democratica, lap-

    prendimento delle lingue, la storia.

    Leducazione alla cittadinanza democratica essenziale sia per il funziona-

    mento di una societ libera, tollerante, giusta, aperta e inclusiva, sia per lacoesione sociale, la comprensione reciproca, la solidariet, il dialogo inter-culturale e religioso, la parit fra donne e uomini. Essa comprende tutte le at-tivit educative formali, non formali o informali, compreso linsegnamentoprofessionale, la famiglia e le comunit di riferimento, che permettono allepersone di agire come cittadini attivi e responsabili, rispettosi degli altri. Ledu-cazione alla cittadinanza democratica include, fra laltro, leducazione civica,storica, politica e dei diritti umani, nonch lattenzione al contesto mondialedelle societ e al patrimonio culturale. Favorisce gli approcci pluridisciplinari

    e combina insieme lacquisizione di conoscenze, competenze e comporta-menti, in particolare la capacit critica e la disposizione allautocritica neces-sarie per vivere in un contesto di societ culturalmente diverse.

    La lingua spesso un ostacolo alle conversazioni interculturali. Lapproccio in-terculturale riconosce il valore delle lingue in uso presso le minoranze, ma ri-tiene necessario che i loro membri imparino la lingue predominante dello Statoin cui vivono per poter diventare in questo modo cittadini a pieno titolo. Que-sto principio conforme alla Carta europea delle lingue regionali o minorita-rie, che afferma come le lingue meno parlate debbano essere tutelate dalrischio di una eventuale estinzione, non solo in quanto contribuiscono alla ric-chezza culturale dellEuropa, ma anche perch il loro uso un diritto inalie-nabile. Riconosce il valore del multilinguismo e insiste sul fatto che lasalvaguardia delle lingue minoritarie di un paese non deve essere attuata adiscapito delle lingue ufficiali e della necessit di impararle. Lapprendimento

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    delle lingue aiuta gli allievi a non crearsi unimmagine stereotipata della diver-sit, a sviluppare la loro curiosit e lapertura verso gli altri, a scoprire nuoveculture, giungendo cos a capire quanto arricchenti siano gli scambi con per-sone aventi identit sociale e cultura diverse.

    La raccomandazione del Comitato dei Ministri sullinsegnamento della storianel XXImo secolo (2001)20 sottolinea la necessit di sviluppare presso gli allievila capacit intellettuale di analisi e interpretazione delle informazioni in modocritico e responsabile attraverso il dialogo, la ricerca di fatti storici e un dibat-tito aperto fondato su una visione pluralista, in particolare per quanto riguardale questioni controverse e sensibili. Linsegnamento della storia contribuiscea prevenire la ripetizione o la negazione dellOlocausto, dei genocidi e di altricrimini contro lumanit, delle epurazioni etniche e delle violazioni massicce

    dei diritti umani, a rimarginare le ferite del passato e a promuovere valori fon-damentali particolarmente importanti per il Consiglio dEuropa : si tratta di unfattore decisivo di riconciliazione, riconoscimento, comprensione e fiducia re-ciproca fra i popoli. Linsegnamento della storia in unEuropa democratica do-vrebbe avere un posto strategico sia per la formazione di un cittadinoresponsabile e attivo che per lo sviluppo del rispetto di qualsiasi genere di di-versit, rispetto fondato su una comprensione dellidentit nazione e su prin-cipi di tolleranza. Linsegnamento della storia non pu essere uno strumentodi manipolazione ideologica, di propaganda o di promozione di valori ultra-nazionalisti, xenofobi, razzisti o antisemiti e intolleranti. Le ricerche storiche e

    la storia insegnata a scuola non possono in alcun modo, e indipendentementedalle intenzioni, essere compatibili con i valori fondamentali e lo Statuto delConsiglio dEuropa se permettono o divulgano rappresentazioni erronee dellastoria. Linsegnamento della storia dovrebbe comprendere leliminazione dipregiudizi e stereotipi, evidenziando nei programmi le reciproche influenzepositive fra i diversi paesi, religioni e scuole di pensiero nellambito dello svi-luppo storico europeo, nonch lo studio critico delle false rappresentazionistoriche risultanti da negazione di una evidenza storica, da falsificazione, daomissione, da ignoranza o da recupero ideologico.

    4.3.2 Insegnamento primario e secondario

    In unEuropa multiculturale, leducazione non solo prepara i giovani al mer-cato del lavoro ma favorisce il loro sviluppo personale, arricchendoli di unavasta gamma di conoscenze. Le scuole sono veicoli importanti per prepa-rare i giovani alla vita di cittadini attivi. Devono, da una parte, guidarli e aiu-tarli ad acquisire gli strumenti e a sviluppare le attitudini necessarie pervivere nella societ, sotto tutti i punti di vista, proponendo loro strategie chepermettano di acquisire tali strumenti, e, dallaltra parte, aiutarli a capire e agestire i valori sui quali si basa la democrazia, introducendo il rispetto dei di-

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    20 Raccomandazione Rec(2001)15

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    ritti umani come base per affrontare la diversit, stimolando cosi aperturaverso le altre culture.

    Nel programma di studi, tutte le materie presentano una dimensione inter-

    culturale. La storia, le lingue, linsegnamento di fatti religiosi e relativi a con-vinzioni sono forse fra le materie pi coinvolte21. Linsegnamento di fattireligiosi e relativi a convinzioni in un contesto interculturale, permette di dif-fondere conoscenze su tutte le religioni e convinzioni e sulla loro storia, of-frendo cos agli alunni la possibilit di capire e di evitare i pregiudizi. Questoapproccio stato adottato dallAssemblea parlamentare del Consiglio dEu-ropa, dalla Corte europea dei Diritti dellUomo e dallECRI22. Nel 2007, i Mi-nistri europei per leducazione hanno sottolineato limportanza di misure voltea migliorare la comprensione reciproca fra le comunit culturali e/o religiose

    tramite linsegnamento scolastico, in virt di principi condivisi in materia dietica e cittadinanza democratica. Qualunque sia il sistema di insegnamentoreligioso in atto, la scuola deve comunque tener conto delle religioni e con-vinzioni diverse23.

    4.3.3 Insegnamento superiore e ricerca

    Gli istituti di insegnamento superiore hanno un ruolo importante nel rafforzareil dialogo interculturale, tramite i loro programmi di insegnamento, come luo-

    ghi in cui il dialogo interculturale messo in pratica. Come affermato dal Co-mitato direttivo dellInsegnamento superiore e della Ricerca, luniversit sidefinisce in modo pi compiuto attraverso la sua universalit cio attraversolimpegno ad aprire la mente e ad aprirsi sul mondo basata sui valori eredi-tati dallIlluminismo. Luniversit dunque in una posizione favorevole per for-mare intellettuali interculturali in grado di svolgere un ruolo attivo nella sferapubblica.

    Questo processo si deve basare sulla ricerca universitaria dellapprendimento

    interculturale, per tener conto dell imparare a vivere insieme e della diver-sit culturale in tutte le attivit educative.

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    20 Il Comitato consultivo della Convenzione-quadro per la tutela delle minoranze nazionali ha sottolineato in unrecente Commentario sulleducazione ai sensi della Convenzione-quadro per la tutela delle minoranze lin-guistiche (adottata nel marzo 2006), che si deve tener conto delle disposizioni relative alleducazione in tuttii progetti e attivit in materia di educazione interculturale che tendono a facilitare la comprensione reciproca,i contatti e gli scambi fra gruppi diversi allinterno di una societ.

    21

    Raccomandazione 1720 dellAssemblea parlamentare sulleducazione e la religione (2005); Kjeldsen,BuskMadsen e Pedersen/Danimarca, 5095/71; 5920/72; 5926/72, 7 dicembre 1976, para. 53; Folger e latri/Nor-vegia(Camera Alta), sentenza n 15472/02 del 29 giugno 2007, para. 84; raccomandazione di politica gene-rale n 10 dellECRI sulla lotta contro il razzismo e la discriminazione razziale nelleducazione scolastica eattraverso di essa, 2006 para. II.2.b.

    22 Dichiarazione finale della 22ma sessione della Conferenza permanente dei ministri europei dellEducazione,Istanbul, Turchia, 4-5 maggio 2007 (Costruire unEuropa pi umana e pi inclusiva: contributo delle politicheeducative).

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    4.3.4 Apprendimento non formale e informale

    Un ruolo altrettanto importante riguarda lapprendimento non formale al difuori delle scuole e universit, in particolare nellambito di attivit giovanili e in

    tutte le forme di servizio civico e di volontariato. Il Consiglio dEuropa ha in-coraggiato gli Stati membri a promuovere leducazione non formale e ad in-coraggiare limpegno e il contributo dei giovani nei confronti dei valori basilaridel dialogo interculturale.

    Le organizzazioni giovanili, le associazioni sportive e le comunit religiosesono in una posizione particolarmente favorevole per promuovere il dialogo in-terculturale in un contesto di educazione non formale. Oltre alla famiglia, lascuola e il posto di lavoro, i gruppi giovanili e i centri comunitari contribui-

    scono a costruire la coesione sociale. Grazie alla grande variet di programmi,alla natura aperta e libera delle loro attivit e allimpegno dei loro membri, que-ste organizzazioni riescono spesso con maggiore successo a creare una par-tecipazione attiva da parte di persone provenienti da minoranze e ad offrirereali possibilit di dialogo. Organizzazioni della societ civile e non governa-tive attive sono una componente indispensabile delle democrazie pluraliste,favoriscono una partecipazione viva alle cose pubbliche e una cittadinanzademocratica responsabile, nel rispetto dei diritti umani e della parit fra donnee uomini. Per questo motivo si potrebbe prevedere di dare alle organizzazionidi migranti la possibilit e i fondi necessari per sviluppare servizi di volonta-

    riato a favore dei membri delle mino