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Il ruolo del Poeta Fabrizio Selmi Mento Dell'Aiuto

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Il ruolo del PoetaFabrizioSelmiMento

Dell'Aiuto

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Il ruolo del poeta

"“ To’, ” disse Renzo: “ è un poeta costui. Ce n’è anche qui de’ poeti: già ne nasce per tutto. N’ho una vena anch’io, e qualche volta ne dico delle curiose... ma quando le cose vanno bene".Per capire questa baggianata del povero Renzo, bisogna sapere che, presso il volgo di Milano, e del contado ancora più, poeta non significa già, come per tutti i galantuomini, un sacro ingegno, un abitator di Pindo, un allievo delle Muse; vuol dire un cervello bizzarro e un po’ balzano, che, ne’ discorsi e ne’ fatti, abbia più dell’arguto e del singolare che del ragionevole. Tanto quel guastamestieri del volgo è ardito a manomettere le parole, e a far dir loro le cose più lontane dal loro legittimo significato! Perchè, vi domando io, cosa ci ha che fare poeta con cervello balzano?"-Alessandro Manzoni, Cap XIV, Promessi sposi

Il ruolo del poeta nel corso dei secoli é sempre stata di importanza soggettiva e di diversa interpretazione, in base anche ai vari periodi storici. Questo si evince anche da l'estratto sopra citato de "I promessi sposi", nel quale Manzoni mostra ai lettori due visioni completamente opposte del poeta: la prima, quella di Renzo, che rappresenta nel singolo l'opinione della massa popolare e meno colta del '600,quella dello stesso Manzoni che esprime quella dei letterati della sua stessa estrazione sociale.Durante il nostro percorso abbiamo esaminato il periodo che va dalla seconda metá dell'800 con Baudelaire, alla contemporaneità con Alda Merini.Agli albori della società moderna, intorno al 1860,il ruolo sociale del poeta si trasforma: perde la sua funzione di guida e di riferimento che lo aveva contraddistinto per molti secoli e assume su di sè la marginalità impostagli dalla società borghese, riconoscendola come caratteristica del proprio ruolo. Baudelaire con la  sua poesia incarna a tutti gli effetti questa personalità di emarginato non compreso dalla società e privo di ogni interesse verso di essa.Agli inizi del Ventesimo secolo, caratterizzato dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale, il ruolo del poeta cambia ancora, sottolineando l'introspettivita' dei poeti che si possono quasi definire come dei "visionari", sofferenti ma privilegiati poiché riescono con le loro capacità a superare i limiti del reale. Questo per l'uomo comune non é possibile, poiché é saggio, ma incapace di innalzarsi oltre la sfera dell'ordinario.Non tutti i poeti sono però caratterizzati dalla capacità di oltrepassare la sfera del comune; molti di loro infatti si pongono numerose domande, soprattutto riguardanti la loro identità quando questa viene messa problematicamente in confronto con il mondo circostante. Sia Montale che Palazzeschi, ad esempio, scrivono riguardo a questa questione, il primo con un atteggiamento più drammatico, il secondo in maniera meno estrema con una sfumatura di caricatura. Altri ancora invece sottolineano la loro appartenenza alla medesima comunità umana delle persone "comuni", differenziandosi da queste solo per una maggiore intensità di riflessioni. Questa visione del poeta emerge dalla poesia della Guidacci che si sottopone, insieme al noi collettivo, ai "saggi.

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CHARLES BAUDELAIRE Nato a Parigi nel 1821, si distinse per il suo stile anticonformista e il suo disinteresse per la società che lo circondava. Dopo aver iniziato la sua carriera come critico si dedicò successivamente alla scrittura della raccolta di poesie “Fleurs du mal” (1857). Fu il precursore del Simbolismo, un movimento culturale sviluppatosi in Francia negli anni successivi alla sua morte (XIX secolo) che si manifestò nella letteratura con la poesia anti realistica la qual era priva di riferimenti alle problematiche sociali. Intraprese uno stile di vita all’insegna della sregolatezza che rispecchia la sua poesia, libera da ogni preoccupazione di contenuto e di intenti civili o morali. La sua visione del poeta era infatti quella di una figura superiore ai contemporanei e distaccata dagli avvenimenti considerati di grande importanza dal resto della società, quale la rivoluzione industriale. Si spense a Parigi il 31 agosto 1867.

“L'ALBATRO”Spesso, per divertirsi, uomini di equipaggio (enjambement) Acatturano degli albatri, vasti uccelli dei mari, Bche seguono, compagni indolenti di viaggio, (metafora) Ail solco della nave sopra gli abissi amari. (metonimia) B

Li hanno appena posati sopra i legni dei ponti, (enjambement) Ced ecco quei sovrani dell’azzurro, impacciati, (metafora) Dle bianche e grandi ali ora penosamente Ecome fossero remi strascinare affannati. (similitudine) D

L’alato viaggiatore com’è maldestro e fiacco, (metafora) lui prima così bello com’è ridicolo ora! C’è uno che gli afferra con una pipa il becco, c’è un altro che mima lo storpio che non vola.

Al principe dei nembi il Poeta somiglia. (similitudine) FAbita la tempesta e l’arciere ride, (metafora) Gesule sulla terra, immerso ad ostili grida, (metafora) Hl’ali da gigante nel cammino s’ impiglia. F

ANALISI E IMPRESSIONI

La poesia è suddivisa in quattro quartine. La prima strofa presenta uno schema metrico alternato (A-B-A-B), la seconda C-D-E-D; la terza strofa non presenta rime ma all’interno ha due assonanze (fiacco-becco, ora-vola). L’ultima quartina ha uno schema F-G-H-F.Per quanto riguarda le nostre impressioni abbiamo convenuto sul fatto che l’ardito paragone tra il poeta e l’albatro sia molto efficace. La contrapposizione dei termini forti “storpio”, “maldestro”, “ridicolo” e “sovrano dell’azzurro”, “principe dei nembi” rappresenta la condizione fra goffaggine e maestosità poiché è tanto elegante quando è in volo quanto goffo e maldestro sulla terra. Allo stesso modo il poeta risulta e si sente, nel confronto con la società, inadeguato poiché nel momento in cui compone si innalza nella sua dimensione ma si ritrova incapace di esprimere la sua personalità nel contesto quotidiano.

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ALDO PALAZZESCHIPseudonimo di Aldo Pietro Vincenzo Giurlani, nasce a Firenze nel 1885 e muove i suoi primi passi verso la poesia dopo il diploma in ragioneria, aderendo in un primo momento al Crepularismo, un movimento che rimpiange gli elementi tradizionalisti, non cercando uno sfogo nella ribellione, puntando invece a cercare un angolo tranquillo nel mondo. La sua poesia inizialmente infatti non rompe i collegamenti con il passato e le sue composizioni sono caratterizzate da sfumature di ironia e realismo, gusto della caricatura, della burla e dell’allegria. Successivamente si avvicina al Futurismo, corrente che basava la sua concezione estetica sul dinamismo, sulla velocità, sul culto della modernità e della tecnica. Nonostante le sue vicinanze con movimenti culturali mantenne sempre una propria originalità. Le sue opere più importanti sono L’incendiario (1910), Cuor mio (1972). Si è cimentato anche nella stesura di romanzi quali Il Codice di Perelà e La Piramide. Muore a Roma nel 1974.

“CHI SONO IO?”

Son forse un poeta?No, certo.

(anafora) Non scrive che una parola, ben strana,la penna dell’anima mia: (anafora)

«follia».Son dunque un pittore?

Neanche.(anafora) Non ha che un colore

la tavolozza dell’anima mia: (anafora)«malinconia».

Un musico, allora?Nemmeno.

(anafora) Non c’è che una notanella tastiera dell’anima mia: (anafora)

«nostalgia».Son dunque... che cosa?

Io metto una lentedavanti al mio cuore

per farlo vedere alla gente.Chi sono?

Il saltimbanco dell’anima mia. (anafora)

ANALISI E IMPRESSIONI

La poesia, composta da versi liberi tra cui settenari, novenari e endecasillabi che si alternano e versi costituiti da una sola parola o due. Ponendosi queste domande, il poeta palesa una ricerca di una concretezza che definisca in modo preciso il ruolo del poeta e il desiderio di allontanamento dalle ideologie che circondano il mondo dei poeti, spesso

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considerati come menti superiori che vivono in un mondo parallelo rispetto al nostro. La negazione dell’ideale di poeta comune crea però la necessità di trovarne un’altra. Questa ricerca non è priva di inquietudine e sofferenza, infatti il poeta inserisce parole-chiave come “nostalgia”, “follia” “malinconia”, in rima tra di loro. Nell’ultimo verso invece la poesia assume il tono tragico/comico della burla. Utilizza la figura retorica della prosopopea paragonandosi a un saltimbanco. Questa identificazione richiama la problematica della identificazione del poeta con la posizione marginale e degradata del clown. Nonostante lo stile di scrittura profondamente diverso da quello di Baudelaire ci rendiamo conto che entrambi i poeti palesano una sensazione di inadeguatezza: il primo verso la società, mentre Palazzeschi nel confronto con se stesso. Ci siamo ritrovati in un certo senso in questa poesia poiché siamo in un’età in cui è difficile definirsi e trovare noi stessi. Come il poeta, ci poniamo quindi domande a cui è difficile trovare una risposta.

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EUGENIO MONTALETra i massimi esponenti della poesia Italiana del 900 figura Eugenio Montale. Nato a Genova nel 1896, arriva ai trent’anni senza un lavoro fisso. Nel 1927 viene assunto come reattore e nel 1929 viene nominato direttore della Biblioteca del Vieusseux. In questi anni sviluppa una fitta rete di rapporti umani e culturali. Combatte inoltre la Prima Guerra Mondiale. La sua prima raccolta è “Ossi di seppia”, il cui titolo è parlante poiché richiama al destino degli ossi di seppia che, dopo aver sostenuto il mollusco, vengono trasportati inanimatamente dalla corrente e depositati come detriti sulla spiaggia. La seconda raccolta è “Le occasioni” e ne pubblicò inoltre una terza “La bufera e altro”. Muore nel 1981.

“NON CHIEDERCI LA PAROLA”Non chiederci la parola che squadri da ogni lato

l’animo nostro informe, e a lettere di fuocolo dichiari e risplenda come un croco (similitudine) (enjambement)

perduto in mezzo a un polveroso prato. (allitterazione lettera p)

Ah l’uomo che se ne va sicuro,agli altri ed a sé stesso amico,

e l’ombra sua non cura che la canicolastampa sopra uno scalcinato muro! (allitterazione lettera s)

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, (ipallage) sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. (similitudine) (allitterazione lettera s)

Codesto solo oggi possiamo dirti,ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. (metafora)

ANALISI E IMPRESSIONI

La poesia è composta da tre quartine, ha numerosi endecasillabi e doppi settenari. Le prime due strofe hanno rima incrociata, mentre la terza alternata. La parola “croco” (verso 3) indica il fiore dello zafferano, che con il suo colore acceso risalta in confronto con il “polveroso prato” (verso 4). Il termine “canicola”, al verso 7, indica il sole di mezzogiorno che disegna l’immagine di colui che passa sul muro. La poesia inizia con l’uso del pronome personale noi, che dà un’aria di solennità al componimento; fa riferimento alla generazione di poeti alla quale lo stesso autore appartiene. L’uso del plurale è insolito per Montale, che in genere esprime l’”io” poetico alla prima persona singolare. L’aggettivo sicuro, al verso 5, riferito alla tipologia d’uomo invidiata da Montale, deriva dal latino “securus”, composto dalla particella “se”, che esprime una privazione e “cura” che significa preoccupazione.

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MARGHERITA GUIDACCI

Nasce a Firenze nel 1921. Figlia unica, trascorse un'infanzia e un'adolescenza solitarie, acontatto con un mondo di adulti e di anziani senza stabilire relazioni amichevoli con i coetanei, dedicandosi soprattutto allo studio e alla lettura. Come afferma lei stessa, la necessità di scrivere si era manifestata in lei come alternativa al dolore e alla morte con cui la guerra l'aveva messa a confronto. Ha lavorato come insegnante e traduttrice di lingua inglese. Nelle sue poesie è spesso ricorrente il tema della natura con la quale ha vissuto a contatto durante la sua infanzia solitaria. Muore nel 1922.

“I SAGGI HANNO SEMPRE RAGIONE”

I saggi hanno sempre ragionee sanno tutto: come chi corre cadrà (similitudine)

(anafora) chi si protende in alto stringerà solo nuvole,(anfora) chi lecca il miele dalla lama di un coltello (allitterazione lettera l)

si taglierà la lingua.E siamo noi la vivente conferma

della loro saggezza: noi che corriamo e cadiamo,tendiamo le braccia a un amabile nullarivestito di nebbia iridata, (ossimoro)

e ora stiamo confusidavanti al loro duro tribunale

né possiamo aprir bocca a discolparci,con la lingua che sanguina

per la caccia al miele.

ANALISI E IMPRESSIONI

In questa poesia la poetessa esprime la condizione del poeta in modo completamente diverso rispetto a come fanno i poeti nelle poesie analizzate precedentemente. La Guidacci infatti si include nel pronome personale plurale “noi”, sottoponendosi ai saggi “identificati invece con il pronome “loro”. Non parla quindi direttamente del ruolo del poeta, ma lo caratterizza in modo implicito, includendolo nel “noi”, non attribuendogli caratteristiche particolari né talenti sovrannaturali. Al contrario, un poeta è la conferma del continuo cadere dell’essere umano, il quale durante la sua corsa inciampa, poiché rincorre e ricerca la vittoria più dolce, ma allo stesso tempo più crudele, poiché non c’è concesso di ottenerla, ma solo di ferirci per raggiungerla. Leggendo questa poesia siamo rimasti spiazzati dal realismo pungente che ci riporta alla realtà e ci sottopone ad una specie di giudizio superiore datoci dai “saggi”.

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ALDA MERINI

Alda Merini nasce a Milano nel 1931, diventa un simbolo della poesia italiano dell’ultimo Novecento. Nel 1950, grazie a Giacinto Spagnoletti pubblicò come prime opere due liriche contenute nell’Antologia della poesia italiana. Ha ricevuto una candidatura nel 1996 per il premio Nobel della letteratura per l’Accadèmie française. La sua vita è segnata dalla permanenza per un periodo in un istituto di recupero mentale a causa di un disturbo di bipolarismo.Il suo disturbo ha influenzato anche la sua poesia. Scrisse infatti, successivamente al ricovero “La Terra Santa” con il quale vince il Premio Librex Montale nel 1953. Muore il 1° novembre 2009.

“I POETI LAVORANO DI NOTTE”

(anafora) I poeti lavorano di notte (allitterazione lettera o)(anafora) quando il tempo non urge su di loro, (chiasmo)

(anafora) quando tace il rumore della folla (chiasmo)e termina il linciaggio delle ore.

(anafora) I poeti lavorano nel buiocome falchi notturni od usignoli

dal dolcissimo cantoe temono di offendere iddioma i poeti nel loro silenzio

fanno ben più rumoredi una dorata cupola di stelle.

ANALISI E IMPRESSIONI

La metrica è composta prevalentemente da endecasillabi e settenari. La poetessa descrive la notte come ambito temporaleideale per il poeta, il quale fa emergere la sua poesia nel momento più magico dellagiornata. La notte infatti con le sue tenebre accoglie la personalità introversa del poeta cheè quindi libero di esprimersi e di lasciarsi cullare dal rumore delle stelle, coperte di giornodalla luce e dal frastuono della quotidianità.