De leva, la guerra sulla carta pirandello allo scoppio del primo conflitto mondiale
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La guerra sulla carta: Pirandello allo scoppio del primo conflitto mondiale 1
Giovanni de Leva
Rileggendo le novel le Berecche e la guerra , Frammento di c ronaca di Marco Leccio
e Col loquii coi personaggi nell ‟ordine di pubbl icazione e non, come si è
generalmente fatto, di raccolta in volume, si vede come tra la stagione
dell ‟ interventismo e l ‟entrata dell ‟Ita l ia nel la Grande Guerra Pirandello sia
impegnato in un confronto serrato col presente , che coinvolge l ‟uomo non
meno del l ‟artista . Non solo Pirandello racconta infatti le r ipercussioni
del l ‟evento sul dibatt ito pubblico, sul confronto tra le generazioni e sul la
vita dei c ivi l i , ma interviene in prima persona sul carattere industriale e
massificante del confli tto , senza nascondersi i l dubbio sull ‟opportunità
della letteratura in un frangente così drammatico . Oltre che nei suoi fattori
di discontinuità , Pirandello guarda a l la guerra in rapporto al la Storia ,
passata – nazionale e famil iare – e futura , tra la «grande storia» del
conflit to che si sarebbe tramandato e le «storie dei piccoli» combattenti a
rischio invece d‟oblio .
All‟ indomani del l ‟apertura delle osti l ità , nei giorni in cui in Ita l ia
monta l ‟astio contro l ‟Austria e la Germania, lo scri ttore comincia col
dedicare una novella proprio ad un personaggio innamorato della cultura
tedesca: Un’al tra vi ta , prima versione di Berecche e la guerra , pubblicata nel
settembre 1914 sul la «Rassegna contemporanea» 2. Il protagonista, assiduo
frequentatore della birreria romana d‟un «buon tedescone spatriato» 3, vi è
noto per l ‟orgoglio con cui vanta l ‟origine teutonica, «tutt i i benefizi i […]
derivati al l ‟ Ital ia dalla […] alleanza con […] gl‟ imperi central i» nonché «le
virtù […] della gente germanica, che lui da tant‟anni si sforzava d‟attuare
1 Anticipo qui alcune pagine del mio libro Il racconto della Grande Guerra, di prossima pubblicazione per Carocci, Roma. 2 Cfr. S. Costa, Introduzione a Luigi Pirandello, Novelle per un anno, vol. IV, a cura di Ead., Mondadori, Milano 2011, pp. V-LXXVII. 3 L. Pirandello, Novelle per un anno, a cura di M. Costanzo, Mondadori, Milano 2007, p. 573.
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[…] in sé e nell ‟ordinamento della sua […] casa ; sopra tutto i l metodo» 4. È
così radicata la convinzione del personaggio che gl i avventori della birreria
ne hanno inciso la caricatura su un tavolo: «una scacchiera, e Berecche che
vi passeggia sopra con la gamba levata a modo dei fantaccini tedeschi»,
«per dire che […] vede i l mondo […] a scacchi, e vi cammina al la tedesca
con mosse ponderate e regolari , da onesta pedina appoggiata al re» 5.
La dichiarazione di neutral i tà del governo ital iano provoca u n
«fremito d‟ira» in Berecche, per i l presunto tradimento del la Tripl ice
Alleanza, senza contare che, secondo l ‟ immagine usata da Gaetano
Salvemini 6 all ‟ inizio di agosto , non «è tempo questo di stare affacciati al la
finestra» 7. Prima che i l personaggio finisca d‟esprimere i l suo sdegno , però,
«un coro di fierissime proteste […] lo assale da ogni parte» e nello spazio
d‟una birreria si scatena la polemica che domina la nazione. Due
«considerazioni generali» colpiscono a llora Berecche. Dalla prima prende
titolo i l racconto: «Tutto sommato», ri flette un astante, «per quanto funesti
saranno gli eventi , tremende le conseguenze, possiamo esser l ieti almeno di
questo: che c i s ia toccato in sorte d‟assistere al l ‟a lba di un‟a ltra vita» 8 .
Come aveva scri tto Giuseppe Prezzol ini sul la «Voce» al la fine di agosto , i
«r ivi mostruosi di sangue» e i «gemiti» di guerra annuncerebbero la
«generazione di un nuovo mondo europeo» 9 . Giunge a questo punto la
seconda «considerazione», l ‟ ipotesi opposta secondo cui «non vincerà
nessuno e si distruggerà tutto, ricchezze, industrie , civi ltà» 10 e l ‟Europa si
approssima a lla fine.
Sulla strada di casa, sperduta in una «traversa remota» della
Nomentana dove «ci si sta come in campagna» e l ‟unica luce è i l
«lampadino innanzi a l la Madonnina di porcellana» 11, Berecche ripensa al le
4 Ivi, p. 574. 5 Ibid. 6 Cfr. G. Salvemini, La neutralità «assoluta», in F. Golzio e A. Guerra (a cura di), La cultura italiana del ‘900 attraverso le riviste, vol. V: L’Unità, La Voce politica, Einaudi, Torino 1979, p. 417. 7 L. Pirandello, Novelle per un anno, cit., p. 575. 8 Ivi, p. 577. 9 G. Prezzolini, Facciamo la guerra, in A. Romano (a cura di), La cultura italiana del ‘900 attraverso le riviste, vol. III: La Voce (1908-1914), Einaudi, Torino 1971, p. 703. 10 L. Pirandello, Novelle per un anno, cit., p. 577. 11 Ivi, p. 579.
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considerazioni degli amici; al lora «l ‟ incubo del la distruzione generale, che
spegnerà ogni lume di sc ienza e di civi ltà nella vecchia Europa, gl i si fa su
l ‟anima più grave […] quanto più […] s‟affonda nel bujo della via» 12 . A
spaventarlo è poi l ‟ idea di restare escluso dall ‟eventuale «nuova vita» che
seguirà al conflit to. «Vincano i Francesi» o «i Tedeschi», «sia o no l ‟Ital ia
trascinata anch‟essa al la guerra, venga la miseria […] del la sconfitta o
tripudii […] la vittoria», ammette Berecche, «non ca ngerà» per questo «i l
chiuso rancore di sua moglie […]. E nessuna potenza […] potrà r idar la
luce degli occhi al la sua più piccola f igl iuola, da sei anni cieca» 13. Emerge
così l ‟ infelice situazione famil iare del personaggio, contrapposta al dramma
collettivo della guerra come lo sono la strada di campagna e la birreria di
città in cui vengono rispett ivamente evocati .
Pubblico e privato tornano a mescolarsi però quando Berecche si
rende conto che «un‟altra vita» si sta effettivamente profilando in casa sua.
La fig l ia maggiore è f idanzata con un o studente trentino, Gino Viesi , la cui
si tuazione si è fatta particolarmente diffici le . I suoi fratel l i «non han
potuto […] sottrarsi al l ‟obbligo odioso di combattere per l ‟Austria e chi sa,
[…] fors‟anche contro l ‟Ita l ia , domani . Che orrore! »; Gino invece «non s‟è
presentato al l ‟appel lo, e addio dunque Valle di Non, […] addio vecchi
genitori : disertore di guerra, domani, se preso, sarebbe im piccato o
fucilato» 14. Berecche deve riconoscere dunque che la guerra non rispar mia
affatto i l contesto familiare ma al contrario vi i rrompe, strappando in
termini manzoniani gl i individui dal loro ambiente, separando i f igl i dai
genitori e i frate l l i tra di loro. Un‟ipotesi quest‟ultima tanto più concreta
nel caso delle terre irredente, in quanto l ‟ intervento contro l ‟Austria
costr ingerebbe i sudditi i tal iani a scegl iere tra la diserzione e gli scontri
fratr icidi . Gino Viesi si dice tuttavia pronto a farsi volontario insieme a
Faustino, i l fig l io di Berecche, «i l suo unico maschio, i l suo prediletto» 15. Al
pensiero che quest ‟ultimo parta per i l fronte, i l protagonista si sente
disposto a qualunque sproposito:
12 Ibid. 13 Ivi, p. 580. 14 Ivi, p. 581. 15 Ivi, p. 582.
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ma perdio […] con tut t i i suoi cinquantatré anni suonati , con tutta quel la carnaccia che gl i s i è appesant ita addosso, andrebbe ad arruolars i anche lui , […] per non lasciare andare solo Faustino […]: s iss ignori , anche lui Berecche andrebbe, volontar io col pancione, anche…anche contro i Tedeschi , s iss ignori ! Eccola…eh, eccola subi to già, l ‟al tra vita! La guerra, col f ig l iuolo giovinetto da un lato e, dal l ‟al tro lato, l ‟a ltro f igl iuolo nuovo, al la conquista del le terre irredente. Chi sa? Forse domani… 16
Come Mauro Mortara dei Vecchi e i giovani (1913), Berecche saprebbe
vincere l ‟ impaccio dell ‟età per unirsi a l l ‟esercito . “I vecchi” s i
ritroverebbero così nella stessa battagl ia dei “giovani” , non perché ne
condividano le ragioni ma in quanto i l dramma dei padri consiste nel
sapere i figl i al fronte. Più che l ‟accesso ad un‟«al tra vita», in ogni caso,
l ‟ immagine di Berecche volontario sembra realizzare la caricatura incisa sul
tavolo della birreria , in un registro umoristico anziché comico, ossia
tragico e ridicolo insieme. Qualora vest isse davvero la divisa, Berecche
risulterebbe buffo perché appesantito dagl i anni e non certo per la vi sione
del mondo «a scacchi» da «pedina appoggiata al re», trovandosi al contrario
nella drammatica si tuazione di dover combattere contro le proprie
convinzioni e in difesa dei suoi affetti : un dilemma in cui, come si vedrà, si
dibattono tutti i personaggi pirandell iani coinvolti nel la guerra . I veri
«miracoli dell ‟al tra v i ta» avvengono comunque l ì dove si conclude la novella
nella sua prima versione, quando Berecche, imboccata la traversa di casa , si
ferma e «si scopre […] per dire qualcosa a quella Madonni na». Nel timore
che i l confli tto spenga i l lume della civiltà, anche al più quadrato e
rigoroso degli uomini non resta che rivolgersi al « lumino» d‟un tabernacolo
di campagna, per quanto tutt ‟ intorno si faccia sempre più violenta la voce
di chi invoca la guerra : «e abbaino, abbaino pure, furibondi, dietro i
cancell i , i cani» 17.
Contro i l confli tto in cui l ‟ Ita l ia rischia di precipitare , Pirandello
interviene di nuovo i l primo apri le 1915 in un‟intervista del periodico «Noi
e i l mondo» dal ti tolo inequivocabi le: «Previs ioni sul la f ine e sugl i e f f e t t i di
16 Ibid. 17 Ibid.
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questa guerra, che è la massima ca tas trof e s inora inf l i t ta al l ’umanità » 18. Agli occhi
dello scri ttore, infatti , i l confli tto ha ormai ha svela to la sua natura :
Assistevamo prima, nei serragl i , al pasto del le b elve. Assist iamo ora a un pasto p iù mostruoso: al pasto del le macchine impazzite . Io vedo cos ì questa immane guerra , sotto questa specie. Guerra d i macchine, guerra di mercato. L‟uomo che prima, poeta, deif icava i suoi sentimenti e l i adorava, buttat i v ia i sentimenti , come ingombro non solo inuti le ma anche dannoso, e divenuto saggio e industre, doveva fabbricars i di ferro , d‟acciaio le sue nuove div inità e divenir servo e schiavo di esse. 19
La ci tazione risulta tanto più significat iva considerando che l ‟u l t imo
periodo anticipa al la lettera un brano di Si gi ra… 20, la cui prima versione
compare a puntate sulla «Nuova Antologia» tra i l g iugno e l ‟agosto di
quell ‟anno. Nel romanzo, la tesi di un‟involuzione dalla civiltà della poesia
e del sentimento a quella del la “saggezza” «industre» serve a Serafino per
spiegare come la sua r iduzione a «mano che gira una manovel la » non dipenda
tanto dal lavoro di operatore cinematografico quanto da l la condizione
storica della «Macchina che meccanizza la vi ta » 21. Nell ‟ immagine del «pasto
delle macchine» seguito al «pasto delle belve» si può leggere invece una
chiara prefigurazione dell ‟episodio culminante di Si gi ra… , che così
Serafino riassume: «Ah, che dovesse toccarmi di dare in pasto anche
materialmente la vita d‟un uomo a una delle tante macchine dall ‟uomo
inventate per sua delizia, non avrei supposto» 22.
Per Pirandello, i l confli tto ha insomma realizzato su scala col lettiva
l ‟esperienza di Serafino :
Ma non basta fabbricar le , le macchine: perché agiscano e s i muovano debbono per forza ingoiars i la nostra anima, divorars i la nostra vi ta. Ed ecco, non più soltanto idealmente, ma ora anche mater ialmente, se la divorano. Sette uomini – d icono – al minuto: per i l tr ionfo dei prodott i
18 L. Pirandello, Previsioni sulla fine e sugli effetti di questa guerra, in Id., Interviste a Pirandello, a cura di I. Pupo, Rubbettino, Soveria Mannelli 2002, p. 113; cfr. G. Capecchi, Lo straniero nemico e fratello. Letteratura italiana e Grande Guerra, Clueb, Bologna 2013, pp. 16-7. 19 L. Pirandello, Previsioni sulla fine e sugli effetti di questa guerra, cit., p. 113. 20 Cfr. le note di I. Pupo alle pp. 114-5. 21 L. Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio operatore, in Id., Tutti i romanzi, a cura di M. Costanzo, Mondadori, Milano 2005, p. 523. 22 Ivi, p. 734.
6
industr ia l i d ‟una nazione diventata, non pur n ei cant ier i , anche negl i animi e negl i ordin i , metal l ica, un immenso macchinario. 23
«Idealmente», i congegni di pace «ingoiano» l ‟anim a dell ‟ individuo
fino a ridurlo al «si lenzio di cosa» 24 , come succede a Serafino;
«materialmente», le macchine di guerra «d ivorano» i corpi dei soldat i ad un
ritmo industr iale e per scopi meramente economici, secondo un tipo di
produzione che viene a coincidere con un sistema di distruzione di massa .
La scrittura del romanzo non distoglie dunque lo sguardo di Pirandello
dalla guerra, che da diretto si fa mediato, non perdendo perciò in forza
d‟analisi . Un anno dopo, quando l ‟Ital ia è ormai nel pieno del conflit to, un
giornalista della «Tribuna» riconosce perciò che Si gi ra… , a dispetto delle
apparenze e «sebbene anteriore al la guerra, ne trabocca in tutta la sua
sostanza la profetica sensazione» 25.
All‟ indomani della dichiarazione di guerra i tal iana, Pirandel lo
intensifica gli interventi narrat ivi sul conflitto: tra l ‟agosto e i l settembre
1915, pubbl ica a puntate due racconti sul le pagine dei giornali , l icenziando
lo stesso anno la raccolta L’erba del nost ro orto (1915), dove Un’alt ra v i ta
ricompare in una forma ampliata col ti tolo Berecche e la guerra .
Punto di partenza è La guerra su la carta , versione orig inale del
Frammento di c ronaca d i Marco Leccio (1919), le cui cinque parti appaiono sul
«Messaggero» dal 2 agosto 1915. Si tratta dunque d‟una «cronaca», se non
proprio d‟un diario del fronte interno sotto forma di novella ; similmente a
Berecche e la guerra , La guerra su la carta costituisce cioè una registrazione
degli immediati ri flessi del l ‟ intervento, con l ‟aggiunta per di più d‟una
precisa contestualizzazione temporale . La puntata d‟esordio s‟ int itola
infatti Il ventun lugl io , con riferimento all ‟anniversario della battag l ia di
Bezzecca nel «primo anno della nostra guerra» 26. Si tratta della simbolica
data di nascita dell a famiglia Leccio, che «dal la battaglia di Bezzecca ha
23 L. Pirandello, Previsioni sulla fine e sugli effetti di questa guerra, cit., p. 113. 24 L. Pirandello, Quaderni di Serafino Gubbio operatore, cit., p. 734. 25 L. Pirandello, Interviste a Pirandello, cit., p. 116. 26 L. Pirandello, Novelle per un anno, cit., p. 1161.
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tratto l ‟origine» 27 e perciò non manca mai di commemorarla. Come Mortara
dei Vecchi e i giovani , Marco Leccio è un reduce garibaldino, veterano della
Terza Guerra d‟Indipendenza, a cui prende parte da giovane con i l padre
Defendente e l ‟amico Casimiro, caduti entrambi «nella famosa carica al la
baionetta». In punto di morte, Casimiro gl i raccomanda la sore l la Marianna
e Leccio promette di sposarla a guerra conclusa, non immaginando che
«quattro giorni dopo […] Garibaldi sarebbe stato costretto a rispondere
all ‟ordine del La Marmora i l suo: Obbedisco» 28. Leccio tiene fede tuttavia al la
parola, la impone anzi «quasi per forza», senza preoccuparsi di
comprendere i sentimenti della ragazza: «Amore? […] Sciocchezze! Dovere.
[…]. Non aveva lui , repubblicano, seguito Garibaldi che combatteva in
nome del re d‟Ital ia? […] Là, sposare! E sposò» 29.
La contrapposizione t ra affett i e convinzioni r icorre con tutt‟al tra
durezza al l ‟entrata dell ‟Ital ia in guerra, impedendo al protagonista di
celebrare l ‟anniversario proprio «quest‟anno, […] coi nostri soldat ini g ià
quasi in vista di Trento», quando cioè «la festa avrebbe dovu to essere più
che mai solenne» 30 . Tornando a raccontare la guerra, Pirandel lo sceglie
dunque ancora un volta una prospettiva interventistica , in questo caso però
di matrice irredentis tica e quindi diametralmente opposta a quel la del
germanofilo Berecche. La festa che in qualche modo dovrebbe ratif icare la
continuità tra la campagna del ‟66 e la Prima guerra mondiale , e dunque la
giustificazione di quest ‟ul tima come quarta guerra d‟indipendenza , salta per
«due dolorosissime ragioni. Prima: i l genero signor Tr uppel, oriundo
svizzero tedesco» e non a causa di un‟eventuale ammirazione per la
Germania ma semplicemente per «i l suo cognome» 31 . Si tratta infatt i d i
«un‟anima pacifica», un «candido» interamente consa crato a l mestiere di
orologia io, che r imane perciò «come uno che caschi dalle nuvole»
al lorché nei g iorni d i torbida agonia che precedettero la d ichiarazione del la nostra guerra a l l ‟Austr ia, una grossa frotta di dimostranti s ‟avventò […]
27 Ivi, p. 1167. 28 Ibid. 29 Ivi, p. 1168. 30 Ivi, p. 1161. 31 Ibid.
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contro la sua bottega d‟orologiaio e gl i fracassò in un batter d ‟occhi o insegna, sport i , vetr ine, ogni cosa. […] Tondo tondo, b iondo biondo, i l s ignor Truppel s i buttò avanti , parando con le manine bianche grassocce, con gl i occhi pieni d i lagr ime, […] a gr idare a quei dimostranti ch‟egl i era svizzero e non tedesco […]; da p iù d i vent ic inque anni in Ital ia, e genero di un veterano gar ibald ino, reduce di Bezzecca […]. Ma s ì , a chi lo gr idò? […] I dimostranti , fatto i l danno, s ‟erano già a l lontanati da un pezzo, s icuriss imi d ‟aver compiuto un atto , se non proprio eroico, certo molto patr iott ico . 32
A poco più di due mesi dall ‟entrata in guerra del l ‟Ital ia , Pirandello
resti tuisce un‟immagine violenta del l ‟ interventismo, tanto più riprovevole
considerando l ‟ innocenza dell ‟obiettivo contro cui si scaglia. Non è però
coi dimostranti che se la prende Leccio bensì proprio «col genero per
quella – come disse – sua porcheria di cognome tedesco», che propone di
i tal ianizzare in «Truppa»; ne deriva la rottura col frate l lo del l ‟orologiaio e
l ‟ impossibi l ità di quest‟ul timo a partecipare al la festa del ventun luglio.
L‟«altra e più grave e più dolorosa ragione» 33 che impedisce la
celebrazione dell ‟anniversario emerge nella seconda puntata della novella ,
pubblicata l ‟11 agosto 1915 ed intitolata Quello che non si vede . La mattina
del 21 luglio, indossate «camicia rossa e medaglie», Marco Leccio si avvia
in caserma con l ‟ intenzione di «arruolarsi a sessantasette anni volontario
per una guerra che dev‟essere prosecuzione e compimento di quella del
1866» 34 . Si tratta dunque di real izzare i l proposito di Berecche e che
stavolta è in pieno accordo con le convinzioni del personaggio. Anche
Leccio è padre poi d‟un aspirante volontario , l ‟ul timogenito Giacomino,
insieme a l quale è stabil i to che si arruoli . Giunto a cospetto del colonnello
a capo della commissione, Leccio si lascia andare ad una «mezza concione»:
Questa guerra, s ignor colonnello, avremmo dovuto combatter la soltanto noi! Noi . Perché è la nostra guerra. Quel la che ci costr insero a troncare nel bel megl io, i l 1866! L ‟onta, i l r ibrezzo di p iù ch e trent ‟anni per un‟al leanza odiosa col nemico nostro […] hanno dovuto rodere i l freno d‟una disumana pazienza. E ora che questo freno f inalmente s ‟è rotto […] ecco come ci r itroviamo noi […], quanti s iamo di questa sciagurata generazione nostra […]. Vecch i c i r i troviamo, quasi f init i , e dobbiamo mandare avant i i nostr i f igl i […] ! Ma noi , no, s ignor colonnello ! noi , così vecchi come s iamo,
32 Ivi, pp. 1163-4. 33 Ivi, p. 1166. 34 Ivi, p. 1171.
9
dobbiamo esser messi avanti a tutt i ! come avanti a me, a Bezzecca, fu messo mio padre! I f igl i c i devono veder cadere, noi vecchi , perché cos ì l ‟odio , i l furore del la vendetta d ivampi in loro uguale a l nostro e uguagl i quel le forze che a noi vecchi mancano! 35
Il colonnello, pur «ammirato» dalla tempra del garibaldino, gl i fa
intendere che è disposto ad arruolarlo ma in nes sun caso ad inviarlo al
fronte. Leccio r if iuta categoricamente la proposta: « –Vestire per comparsa,
no, signor colonnel lo! […] star qui a scrivere sulla carta? Carta per carta,
[…] la farò a casa la guerra su la carta» 36 . Così, mentre i l figl io viene
reclutato, i l padre esce dalla caserma «con tale cupezza di misantropia
scolpita nel volto, che non poteva dipendere dalla sola disperazione di quel
disinganno» 37. S i scopre infatti che Leccio aveva perfettamente previsto i l
ri fiuto della commissione; per quanto sincero i l desiderio di «andare a
morire bene lassù», «un‟al tra ragione lo aveva spinto, che non voleva dare a
vedere nemmeno a se stesso: Giacomino» 38. È dunque la partenza del figl io
la vera «ragione» per cui sal ta la celebrazione del ventun lugl io ed è l ‟amore
d‟un padre Quello che non si vede sotto la fierezza del garibaldino. Questi
assomiglia al lora a l germanofilo Berecche molto più di quanto possa
risultare a prima vista; al di là delle opposte convinzioni pol i tiche, i due
sono ugualmente disposti ad esporsi al r idicolo pur di proteggere i loro
figl i ; di conseguenza, l ‟unico vero dramma dei “vecchi” al lo scoppio del
conflit to, qualunque senso diano alla guerra , parteggino per l ‟uno o per
l ‟altro schieramento, è i l pericolo che correranno i loro “giovani” . Dietro
l ‟apparenza comica del l ‟atteggiamento di Leccio, come già del proposito di
Berecche, s i rivela al lora i l fondo tragico proprio dell ‟umorismo: «Ora, non
soffriva per altro. A chi non lo sapeva (e non lo sapeva nessuno) poteva
parer ridicola tutta quel la disperazione per non esser stato arruolato
volontario a 67 anni» 39.
Il 17 e i l 18 agosto, nel breve intervallo tra la seconda e la terza
puntata della Guerra su la car ta , sul «Giornale di Sici l ia» compare la prima
35 Ivi, p. 1176. 36 Ivi, p. 1178. 37 Ivi, pp. 1178-9. 38 Ibid. 39 Ibid.
10
parte dei Colloquii co i personagg i , dove trova conferma la posizione di Marco
Leccio. Cambia invece quel la di Pirandello , che con l ‟entrata in guerra
dell ‟Ital ia rappresenta se stesso come un fautore dell ‟ intervento , dopo aver
raccontato in Berecche la vicenda d‟un interventista ravveduto e d avere
espresso su «Noi e i l mondo» una dura condanna del confli tto . La «mezza
concione» del garibaldino ricorre infatti quasi al la lettera nei Colloqui per
bocca del la f igura del lo scri ttore . Si tratta in questo caso dello sfogo d‟una
«cocente passione» , di cui stavolta viene premesso i l dramma privato : «Mio
figl io doveva partire in quei giorni per la frontiera. […] Lo guardavo
avvil i to e quasi mortificato» 40. Seguono gli argomenti ut i l izzati da Leccio ,
con l ‟aggravante per lo scri ttore di non avere partec ipato al Risorgimento:
«Prima i nostr i padri , e non noi! ora, i nostri figl i , e non noi!» 41.
La confessione è provocata dalla celebre visi ta del «personaggio»,
benché un avviso affisso sulla porta del lo studio dichiari « sospese […] l e
udienze» e inviti a ri t irare le domande d‟ammissione « in qualche romanzo o
novel la» coloro che, «non vergognandosi d’e sporre in un momento come ques to la
miseria dei l oro casi […] , vorranno rivol gersi ad a lt ri sc ri t tori » 42 . Il racconto
affronta dunque i l dubbio sull ‟opportunità della letteratura in un frangente
storico così angoscioso e la soluzione consiste inizialmente nel rigetto di
qualunque forma d‟ispirazione. Per contro, in quanto «creatura chiusa nel la
sua rea ltà ideale», i l «personaggio» non sa «in quale orrendo e misera ndo
scompiglio si trov i […] l ‟Europa» e non comprende perciò l ‟espressione « in
un momento come questo». Lo scri ttore gli sbatte in ogni caso la porta in faccia
per correre a leggere sui giornali «se finalmente la dichiarazione di guerra
era avvenuta […]. Nulla! ancora nulla! E fremevo» 43: non è tempo dunque
di letteratura ma di cronaca, né la situazione del figl io impedisce a l lo
scrittore d‟attendere con impazienza l ‟entrata dell ‟Ital ia in guerra. A questo
punto i l personaggio s‟ intrufola però nello studio e si ferma ad ammirare i l
paesaggio primaverile al la finestra , da cui r icava gli argomenti per smontare
i l furore del l ‟ interventista. Il suo errore consisterebbe nel credere
40 Ivi, p. 1143. 41 Ibid. 42 Ivi, p. 1138. 43 Ibid.
11
che tutto, per i l fatto del la guerra , debba cambiare . Che vuole che cambi? Che contano i fatt i? […] Passano. […] La v i ta resta , con gl i s tess i bisogni , con le stesse pass ioni , per gl i s tess i is t int i […] : ost inazione bruta e quas i cieca , che fa pena. […] Un catacl isma, una catastrofe , guerre , terremoti la scacciano da un punto; v i r i torna poco dopo uguale, come se nul la fosse stato. 44
Che la guerra non cambi nul la di sostanzia le, consistendo in un «fatto»
«enorme» eppure insignificante r ispetto a l passaggio delle stagioni o al la
forza «animalesca» della vi ta, sono tutte tesi esposte ad aprile da Renato
Serra nel suo Esame di cos c i enza di un let te rato 45 , da cui Pirandel lo sembra
riprendere anche singole espressioni. Diversa è però la conclusione del
personaggio: se, come sostenuto da Serra, la guerra non incide
necessariamente sul corso del la Storia, «c iò che realmente importa è
qualche cosa d‟infinitamente più piccolo o d‟ infinitamente più grande: un
pianto, un riso, a cui lei , o se non lei qualche altro, avrà saputo dar vita
fuori del tempo» 46 . Una volta r iconosciuto i l peso relativo della guerra,
bisogna insomma tornare al la letteratura , per superare nel la creazione
artistica la «passione d‟oggi» e «la real tà transitoria».
Rimasto solo, lo scri ttore r icade tuttavia nella «cocente passione» di
cui è preda ogniqualvolta pensi al figl io. Gradualmente però lo studio si
popola di spettri : «ombre nel l ‟ombra, che seguivano commiseranti la mia
ansia , […] da cui forse eran nate o cominciavano ora a nascere» 47 . A
differenza del primo, i personaggi che adesso visi tano lo scrittore non
contrastano ma compatiscono la sua «ansia» né lo invitano a superare la sua
«passione», di cui sono anzi i l prodotto. Cambia di conseguenza
l ‟atteggiamento nei loro confronti : «Con chi potevo io veramente
comunicare , se non con loro, in un momento come quel lo? E […] mi forzai
a discernerle a una a una, quelle ombre nate dalla mia passione, per
mettermi a parlare […] con esse» 48. La conclusione della novel la ne ribalta
44 Ivi, p. 1141. 45 Cfr. R. Serra, Esame di coscienza di un letterato, a cura di M. Biondi e R. Greggi, con un saggio critico di E. Raimondi, Il Ponte Vecchio, Cesena 2001, p. 98. 46 L. Pirandello, Novelle per un anno, cit., p. 1143. 47 Ivi, p. 1144. 48 Ibid.
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dunque l ‟assunto iniz iale: è proprio «in un momento come questo» che uno
scrittore non ha al tra scelta se no n rivolgersi al le forme d‟ispirazione
derivate dal dramma collettivo e individuale. L‟intento, però, stando a c iò
che Pirandello andava pubblicando, non consiste affatto nel superare la
«realtà transitoria» e la «passione d‟oggi» ma al contrario nel raccon tare
l ‟una e nell ‟esprimere l ‟altra attraverso i personaggi e le loro vicende. Un
procedimento seguìto al lo scoppio del conflit to con la prima versione di
Berecche e la guerra , confermato al momento dell ‟ intervento con La guerra su
la carta e infine chiari to nei suoi aspett i biografici con i metaletterari
Col loquii coi personaggi .
Sul «Messaggero» del 22 agosto La guerra su la carta entra intanto nel
vivo con la puntata La baionetta . Nello studio tappezzato di ricordi del
Risorgimento, sotto i l «vecchio sch ioppettone d‟ordinanza» 49 , Leccio ha
al lestito le carte geografiche dei principali fronti del confli tto , per seguirne
l ‟andamento con l ‟a iuto di apposite bandierine. Non manca ovviamente la
mappa del Trentino, che consiste anzi in «una plast ica in ri l ievo di
cartapesta colorata» così real istica che a «uno che ci sia stato e conosca i
luoghi come Marco Leccio» può sembrare di «poterci vivere in mezzo» 50. I l
garibaldino vi «passa su nottate intere», figurandosi con apprensione gli
scontri «nei passi più diffici l i , in mezzo alla neve, sui ghiacciai» , proprio
dove si trova i l fig l io maggiore , capitano d‟artig l ieria .
Osservando sulle mappe le evoluzioni degli eserciti , cresce invece lo
sdegno del protagonista per i l concetto della «strategia moderna», per cui
hanno avuto l ‟ardire di dirgli «che a petto di questa guerra tutte le al tre
combattute finora […], non parl iamo delle battaglie garibaldine, […]
diventano cose da ridere» 51. A riprova gli è stato fatto presente i l numero di
caduti : «tutt i quanti i combatt imenti degli eserciti regolari e dei volontari i
nel periodo del nostro risorgimento, sommati insieme» non avrebbero
provocato tanti «morti e feri ti» «quanto in questa guerra ne danno certe
49 Ivi, p. 1180. 50 Ibid. 51 Ivi, p. 1186.
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scaramucce giornaliere» 52. Leccio se la prende con i l suo antico attendente ,
Tiral l i , cui attribuisce i l ruolo di «difensore della strategia moderna» per
rinfacciargli i l discorso in termini ribaltat i : non sono i «pochi morti» e i
«pochi ferit i» di ieri a sminuire l ‟ importanza del le Guerre d‟Indipendenza
bensì « i tanti morti d‟oggi , i tanti feriti d‟oggi , a milioni» a dimostrare
l ‟ insensatezza del confli tto in atto. «Non vedi che sono l ‟effetto di questa
macchina stupida e mostruosa del la tua strategia moderna, che mangia vite,
strazia carni, e non conclude nulla?» 53.
- La strategia, imbeci l l i ! L‟arte di far durare un secolo una battagl ia, che prima con l ‟ impeto dei soldat i e i l genio dei capitani s i r iso lveva in quattro e quattr ‟otto […]! Gl i studi tecnic i , i l mater iale bel l ico , s i dice così? […] v‟empite la bocca, mortaj da 305 e 420, fuci l i a t iro rapido, mitragl iatr ic i , dir igibi l i , aeroplani , granate a mano, «shrapnells» , gas asf iss ianti , bombe incendiar ie , trattor i meccanici , tanks, tr incee scavate a macchina, bl indate , mine terrestr i , fogate, ret icolat i , f i l i d i ferro, caval l i d i fr is ia, bocche di lupo, proiettor i , razzi e bombe i l luminanti , […] e la guerra dov‟è? nessuno la vede! Prima gl i uomini combattevano in p iedi , come Dio l i aveva messi ! Nossignori , adesso, non basta in ginocchio , pancia a terra , come le serpi e r intanati , ch i sappia res istervi ; noi , no, i nostr i no, per la Madonna! balzano in piedi , irrompono, s i avventano a petto , bajonetta in canna, «Savoja!» . Questo c i vuole! Altro che i tuoi meccanici e i tuoi farmacist i ! 54
Nello scagliarsi contro la strategia, Lecc io ottiene un quadro
impressionante della guerra in corso, dove emergono in primo luogo i
profondi mutamenti avvenuti nello spazio d‟una generazione. Non contano
più l ‟«impeto» o i l «genio», che ai tempi del garibaldino decidevano in
modo fulmineo l ‟esito d‟una battagl ia, ma la tecnica e i l «materiale», con la
conseguenza di un‟infin i ta dilatazione del la durata dei combattimenti . È
tuttavia la moltiplicazione di armi e mezzi a costi tuire i l discrimine
principale tra la Grande Guerra e quelle del passato. La profusione del
«materiale bell ico» è tale da seppel l i re paradossalmente lo stesso confl itto,
che scompare quale scontro tra uomini e diventa una gara d‟accumulazione
di strumenti di morte. Neppure i soldati hanno modo di vedere la guerra ,
costrett i come sono a combattere in posizioni indegne e innaturali . Giunto
52 Ibid. 53 Ibid. 54 Ivi, pp. 1187-88.
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a questo punto, però, Leccio si ribella al quadro che lui stesso sta
tracciando; identificandosi nei mil i tari ita l iani, attribuisce loro un tipo di
combattimento in contrasto con le condizioni che ha appena descritto e
simile invece al le campagne di cui è reduce. In un ultimo impeto di rabbia
urla di sapere cosa c i vorrebbe a finir la una volta per tutte e , afferrato i l
«trofeo della parete», «cava dallo schioppettone d‟ordinanza la bajonetta
[…] e fa l ‟a tto di cacciarla nella pancia a Tiral l i . – Va‟ a dirlo a Joffre, va‟ a
dirlo a French, va‟ a dirlo a Cadorna! questa ci vorrebbe!» 55.
Il maggiore rammarico del garibaldino , stando alla puntata del 6
settembre, I l l eone e l ’agnel lo , resta tuttavia quel lo di non trovarsi al fianco
di Giacomino. Sulla tradotta che porta i l f igl io al fronte, Leccio scorge un
«volontario in divisa da fantaccino, […] più vecchio di lui , con la barba
bianca e le antiche medaglie al petto» 56 e come al solito si sfoga sul povero
Tiral l i :
non t i vergogni leggendo ogni sera sui giornal i quant i giovani muojono a vent‟anni, lassù, e quanti vecchi a sessanta , a settanta, f ino a settantasei anni partono volontar i i […]? […] Hai v isto […] quel vecchio sul treno? […] pensa come va a mori re quel vecchio […] ! con un gr ido in gola: «Viva l ’ I tal ia, f i g l iuo l i ! Avant i s empre ! » . Capisci? Come Lavezzari ! La morte del leone! Sul l ‟alba, l ‟assal to: tutta la l inea, un balzo e s ‟avventa al la baionetta : Savo ja ! Innanzi a tutt i , lui , Lavezzari , che ha g iurato di morire lassù! Corre, giunge f ino a l l ‟u lt ima tr incea nemica! r i t to in piedi lassù, s i sbottona la giubba e mostra la sua camicia rossa per mor ire così , da gar ibaldino! 57
Tra i casi di “vecchi e giovani” volontari che nei primi giorni della
guerra ital iana vengono riportati dai giornali , Pirandello ci ta non a caso la
figura storica di Giuseppe Giulio Lavezzari . Coetaneo di Marco Leccio,
anch‟egli garibaldino decorato al valore e reduce di Bezzecca, al l ‟entrata
dell ‟Ital ia in guerra Lavezzari si presenta a l l ‟uffic io reclutamento in camicia
rossa e medaglie al petto; a differenza del personaggio di Pirandello, supera
la visi ta, viene arruolato e inviato sul Podgora, dove i l 15 lugl io 1915,
mentre guida i compagni al l ‟assalto, trova la morte proprio com e descri tto
da Leccio: sbottonando la giubba grigioverde per mostrare ai nemici la
55 Ivi, p. 1189. 56 Ibid. 57 Ivi, pp. 1191-92.
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camicia rossa. Considerato che la prima puntata della Guerra su la carta esce
i l 2 agosto, è leci to pensare che Pirandello abbia tratto spunto proprio da
Lavezzari , i l che d imostrerebbe ancora una volta la rapidità con cui l ‟autore
reinterpreta letterariamente la «realtà transitoria» della guerra. Fuor di
dubbio è che Pirandello invita a confrontare l ‟eroica vicenda del reduce di
Bezzecca caduto sul Podgora con l ‟umoristico c aso d‟un veterano che
avrebbe desiderato combattere e morire in prima l inea ma deve
accontentarsi di fare la guerra sulla carta. Sono insomma altri i personaggi
rappresentativi del momento e diverse le prove che devono affrontare:
Leccio «non ha f inito di commemorare» i l «vecchio leone Lavezzari , che un
grido, seguito dal pianto di tre donne, g l i g iunge dall ‟attigua saletta da
pranzo» 58 . È arrivata infatti la notiz ia della morte del nipote Marchetto,
caporale di sanità. Suo padre, Giuseppe, «è come impazzito», e Leccio lo
trova «spettorato, strappato, trattenuto da tante braccia, furibondo», «in
atto di scagl iarsi» al l ‟urlo di «Assassini di mio f igl io! Via di qua!» 59; quando
tenta di r iportarlo al la ragione, Giuseppe giunge al punto di urlargli contro:
«Io la maledico, la patr ia!» 60 . A dispetto dello spettacolo straziante,
ripensando alle ultime parole del nipote, Leccio conclude più tardi tra sé :
«questa è veramente una guerra santa, se possono morirvi così ,
benedicendola, un leone come i l vecchio romagnolo Lav ezzari e un povero
agnell ino come quel suo piccolo nipote Marchetto» 61. Al fronte, l ‟ incontro
tra “vecchi” e “giovani” auspicato dal garibaldino e messo in risalto dai
giornali sembra dunque realizzarsi . In patria, invece, i primi lutti
dimostrano come il dolore d‟un genitore possa oltrepassare qualunque
capacità di elaborazione, sfociando in veri e propri raptus; la guer ra, la
patria e i l re , seppure “benedetti” in punto di morte dai f ig l i , vengono
allora senz‟al tro “maledett i” da i padri .
Al rischio che l ‟apprensione per i “giovani” faccia perdere ai “vecchi”
la fede patriottica se non addiri ttura la ragione risponde idealmente la
seconda parte dei Colloquii coi personaggi , pubblicata tra l ‟11 e i l 12
58 Ibid. 59 Ivi, p. 1195. 60 Ivi, p. 1196. 61 Ibid.
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settembre sul «Giornale di Sic i l ia». Questa volta tra le ombre nate dalla
«cocente passione» lo scri ttore scopre la madre defunta, che lo esorta ad
«esser forte […] in quest‟ansia angosciosa per i l […] figl iuolo che combatte
lassù» 62. A questo scopo, la donna r ipercorre la propria vita dall ‟ infanzia ,
che si svolge nello stesso contesto da cui prendono avvio le avventure di
Mortara dei Vecchi e i giovani : a Malta, dove i l padre ha condotto la famiglia
a causa della repressione borbonica dei moti del „48. Come il Generale
Laurentano del romanzo , l ‟uomo non regge al l ‟esi l io e in punto di morte
raccomanda a i suoi cari di votarsi a l la l iberazione del la patria . Tornati in
Sici l ia , al lo sbarco d i Garibaldi due frate l l i della donna si uniscono alle
rivolte in sostegno dei Mille ; nella battagl ia d‟Aspromonte, dove due a ltri
fratel l i si ritrovano a combattere su fronti opposti , in qualche modo si
realizza invece i l dramma degli scontri fratr icidi temuto da Berecche .
Proprio tra i reduci garibaldini la donna incontra poi i l futuro marito, che
la prende in moglie non molto dive rsamente da come fa Marco Leccio con
Marianna: «non volevo più sposare; mi toccò sposare perché lui lo volle, lui
che poteva imporsi al mio cuore con la bel la persona e più [ . . ] con l ‟animo
che voi figl iuol i gl i conoscete» 63, ossia interamente consacrato a l la patr ia.
In definitiva, la madre dello scrittore può dire di comprenderne l ‟angoscia:
la tua pena, f igl io , […] forse è la stessa che a me, donna, mi bruciò tanto […]: di non poter fare e di veder fare agl i altr i quel lo che avremmo voluto far noi e che per noi sarebbe stato niente , mentre c i par tanto e tanto c i fa soffr ire, che lo facciano gl i a ltr i…Ma ecco, […] io sono venuta […], per dirt i questo, che tu l ‟hai voluta questa guerra, contro tant i che non la volevano e lo sapevi che se poco t i sarebbe cos tato sacr if icare in essa la tua vita , tanto, troppo invece t i sarebbe costato i l solo r ischio di quel la del tuo f igl iuolo. E l ‟hai voluta. Tu paghi, dunque, di sofferenze più che se foss i andato…Ti bast i . E Dio r isparmi i l tuo f igl iuolo! 64
Lo si tuazione de llo scri ttore non è diversa dunque da quelle di
Berecche e di Leccio . Tutti e tre i personaggi , pur essendo consapevoli del
dolore a cui si esponevano e contro i l volere dei «tanti» neutra l isti , hanno
desiderato ugualmente l ‟ intervento del l ‟Ital ia e si rit rovano ad affrontare
62 Ivi, p. 1146. 63 Ivi, p. 1151. 64 Ibid.
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una battaglia nel campo degli affetti r itenuta peggiore di quel la combattuta
al fronte. Può a lleviarne parzialmente i l peso, nei casi dello scrittore e di
Marco Leccio, la consapevolezza che si tratta d‟una tappa nel processo di
costruzione che è insieme della patria e della famiglia. Dal le parole della
donna, r isulta infatti un‟unica vicenda storico -familiare, trasposta in modo
discontinuo da Pirandello in romanzi e novel le, che comincia con la
rivoluzione del ‟48 degli avi, passa attraverso la Spedizione dei Mille e
l ‟Aspromonte dei padri per ria l lacciarsi infine, sal tata una generazione, a l la
Grande Guerra dei figl i . Agli anel l i deboli di questa catena, impossibil itati
a prendere parte agli eventi perché donne o vecchi o nati nel mome nto
sbagl iato, non resta che assicurare la prosecuzione dell ‟ identità famil iare e
nazionale, in cui ris iede peraltro l ‟unica consolazione al l ‟angoscia per i
figl i . Di qui i due temi che accomunano I vec chi e i giovani , Berecche e la
guerra , La guerra su la carta e i Colloqui i i coi personaggi : la trasmissione dei
valori tra le generazioni e la contrapposiz ione, ora comica ora drammatica,
tra affetti e doveri . Perché quest‟ul tima non volga a l tragico, come succede
nel caso di Giuseppe Leccio, bisogna rammenta rsi della prima, come fanno
Marco Leccio e, a beneficio dello scri ttore , l ‟ombra di sua madre.
Sul «Messaggero» del 22 settembre si conclude La guerra su la carta ,
con un‟ultima puntata che, come la prima, porta nell ‟ intestazione un
preciso riferimento cronologico, stavolta coincidente col mese di
pubblicazione: Mosche di set tembre . L ‟apprensione di Leccio per i fig l i
raggiunge qui i l culmine e i l protagonista ri legge senza posa la lettera dal
fronte di Giacomino. I l g iovane vi annuncia la partenza per la p rima l inea,
dove un capitano «spiegherà le azioni che vi si sono svolte, quelle che vi si
svolgono, quel le che vi svolgeremo noi . Svolgere…un tema, una volta…» 65.
È dunque lo stesso volontario a ri levare i l sal to drammatico che la sua
generazione deve compiere dai banchi di scuola al le tr incee di guerra; né si
tratta di un‟osservazione del l ‟autore, in quanto le parole di Giacomino
ricalcano fedelmente la lettera ai familiari che Stefano Pirandello scrive dal
65 Ivi, p. 1200.
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fronte i l 18 agosto 66 e che, a giro di posta , i l padre Luigi inserisce nel la
puntata del 22 settembre.
A causa degli insett i del ti tolo, infine, a Leccio è negata anche la
consolazione della guerra sulla carta:
una mosca maledetta […] viene ost inatamente a posars i su la carta plast ica del Trentino, mentre lui , Dio sa con quanta pena, […] s i crea l ‟ i l lus ione della lontananza, di cui ha bisogno per veder innanzi a sé quel la carta come una viva rea ltà . Eccola là, maledetta! viene al l ‟ improvviso a rompergl i questa i l lus ione, mettendosi come niente a passeggiar e su per le vette di quel le montagne […]. Centomila volte l ‟ha cacciata e centomila volte quel la porca mosca t ignosa, tedesca, t irolese , eccola l ì daccapo! 67
Svanisce così definitivamente la speranza del protagonista di
comprendere i l corso del conflit to e di seguire la sorte dei suoi cari ,
nell ‟ impossibil i tà di rivivere in prima persona l ‟eredità garibaldina sul
fronte della Grande Guerra . Per Pirandello, come per tutti i “vecchi”
costrett i a restare in patria, non sembra esserci d‟a ltronde al ternativa al l a
guerra sulla carta , ossia sulle mappe geografiche, sui giornali o sulle lettere
dei soldat i . Una prospett iva a cui l ‟autore non reagisce come farà invece
nel finale del racconto Marco Leccio, che «sdegnato, diede un calcio a tutte
quelle carte nel suo studio, e non volle più saperne» 68. Alla carta , cioè al la
scrittura , Pirandello continua ad aff idarsi , se è vero che in quello stesso
anno riprende e sviluppa Un’alt ra vi ta per la raccolta L’erba del nost ro or to
(1915).
Le vicende del personaggio innamorato della cultura tedesca si
rial lacciano anzi direttamente a quelle di Marco Leccio, tanto che i l primo
capitolo aggiunto al racconto originale s ‟ intitolerà nella sua versione
definitiva proprio La guerra su l la carta . Nel caso di Berecche , si tratta d‟un
ricordo d‟infanzia, quando su una mappa dell ‟Europa gioca va al la guerra
franco-prussiana; i l dramma è che «come nel giuoco avrebbe fatto lui
ragazzetto di nove anni, hanno pensato sul serio di poter fare i Tedeschi ,
66 Cfr. L. Pirandello, Il figlio prigioniero. Carteggio tra Luigi e Stefano Pirandello durante la guerra 1915-1918, a cura di A. Pirandello, Mondadori, Milano 2005, pp. 51-53. 67 L. Pirandello, Novelle per un anno, cit., p. 1197. 68 Ivi, p. 1207.
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ora, dopo quarantaquattro anni di preparazion e mili tare!» 69. Il protagonista
comincia a rivedere perciò le sue antiche convinzioni, a causa del le quali
gl i viene dichiarata tuttavia La guerra in famigl ia , per riprendere i l t i tolo del
capitolo successivo. Com‟era successo a Leccio, la casa di Berecche è
sconvolta da un lutto, che colpisce stavolta i l fratel lo di Gino Viesi , i l
genero triestino. Questi sfoga i l proprio dolore su l protagonista , a cui
rinfaccia l ‟ indifferenza al l ‟ i rredentismo, proprio come gl i interventist i vist i
manifestare per le strade di Roma, più sensibil i a l le sorti de i Belgi che non
a quelle dei Trentini . Berecche viene a sapere così che tra i dimostranti c‟è
i l f igl io Faustino e sopraffatto dal la rabbia si chiude nello studio.
«La ragione fi losofica» però «riprende […] i l predominio» 70 nell ‟animo
di Berecche, che «s‟appressa al la f inestra più vicina […] e si mette a
guardare le stel le» 71 , vi s i trasferisce anzi idealmente per contemplare i l
mondo dalla prospett iva degl i «spazii senza fine». Di l ì la Terra gli appare
un «granell ino infimo» e tanto più insignificanti risultano gli uomini con le
loro «stol ide guerre». Anche a cospetto dello scorrere del tempo , «questa
guerra ch‟ora ci sembra immane e formidabile» e «r iempie d‟orrore i l
mondo intero» si rivela invece irri levante: «tra mille anni – pensa Berecche
– […] sarà in poche r ighe ristretta nella grande storia» 72 . A fronte di
quest‟ultima, i l personaggio rivendica la dignità di «tutte le piccole storie di
[…] miglia ja e migl iaja di essere oscuri , che ora scompaiono travolt i» 73. Agl i
occhi di molti tra costoro la guerra deve aver perduto ogni senso:
Quanti , fer it i non raccolt i , morenti su la neve, nel fango, s i r icompongono in attesa del la morte e […] più non sanno vedere la ragione del la ferocia che ha spezzato sul megl io, d‟un tratto, la loro giovinezza, i loro affett i , tutto per sempre […]! Nessuno saprà . Chi le sa, anche adesso, tutte le piccole , innumerevoli stor ie, una in ogni anima dei mil ioni e mil ioni d‟uomini d i fronte gl i uni agl i a ltr i per ucciders i? Anche adesso, poche r ighe nei bollet t ini degl i Stat i Maggiori : - s ’ è progredi to , s ’ è indie tr egg ia to ; t r e , quat tro mi la tra mort i , f e r i t i e s compars i . E basta . Che resterà domani dei diar ii
69 Ivi, p. 584. 70 Ivi, p. 595. 71 Ibid. 72 Ivi, p. 597. 73 Ibid.
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della guerra su per i giornal i , ove una minima parte di queste piccole innumerevol i stor ie sono appena, in brevi tratt i , accennate? 74
Anziché continuare a raccontare la guerra attraverso le notizie degli
Stati Maggiori , tragicamente sproporzionate r ispetto a l dest ino dei singoli ,
come mostrerà i l finale di Niente d i nuovo sul fronte occ identa le (1929) di E.M.
Remarque, e piuttosto che tramandare i l ricordo del conflit to secondo la
«grande storia» degl i imperi , delle nazioni e dei loro interessi , per
Pirandel lo bisognerebbe rifarsi al le «piccole storie» dei soldat i , costrett i a
misurare le ragioni del confl it to sulla propria pel le. È ciò che peraltro lo
scrittore aveva fatto inserendo la lettera dal fronte del figl io nella Guerra su
la car ta , ed è c iò che ai nostr i giorni è divenuto possibile grazie al recupero
dei diari e delle lettere dei soldati semplic i 75. Per Berecche assume in ogni
caso tutt‟al tro aspetto i l confl it to ripensato su uno sfondo universale per
spazio, tempo e protagonist i : «No: questa non è una grande guerra ; sarà un
macello grande; una grande guerra non è perché nessuna grande idea li tà la
muove […]. Questa è guerra di mercato: guerra d‟un popolo best ione […]
che ha voluto aggredire per imporre […] la sua merce» 76 . La «guerra di
macchine, guerra di mercato» condannata nell ‟ interv i sta di «Noi e i l
mondo» trova infine la principale responsabile nel la nazione tedesca ,
contro cui diventa lecito combattere . La consapevolezza dell ‟ insensata
ferocia della guerra non conduce infatti Berecche su posizioni neutral iste
ma lo spinge a cambiare schieramento, ossia ad appoggiare in segreto la
posizione di Faustino.
La situazione tuttavia precipita: i l genero e i l figl io fuggono in Francia
per unirsi al la Legione Garibaldina. La moglie di Berecche, come Giuseppe
nella Guerra su la car ta , perde letteralmente la ragione e addossa al marito la
responsabil i tà della partenza del figl io, che sarebbe scappato «per fare una
giusta vendetta dei sentimenti […] oppressi f in dall ‟ infanzia» «col metodo
tedesco» 77. Berecche ne spiega i termini ad un amico: «vuol dire frenare,
[…] soffocare, se occorre, i sentimenti n aturali , di padre, di f igl io, tutti i
74 Ibid. 75 Cfr. A. Gibelli, La guerra grande. Storie di gente comune, Laterza, Roma-Bari 2014. 76 L. Pirandello, Novelle per un anno, cit., p. 598. 77 Ivi, p. 607.
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sentimenti naturali , che non vogl iono aver legge! […] Frenare la natura che
insorge contro la ragione» 78. Quando però gli viene mostrata una lettera di
Faustino, Berecche si sc ioglie in lacrime con la moglie tra le brac cia . Il
figl io scrive da Nizza, dove dichiara di volersi arruolare non tanto in difesa
della Francia quanto piuttosto per dimostrare che « tra tanta prudenza […] c’è
pure in Ital ia… niente, un po’ di gioventù sprecata, […] che non sa fare i conti e non
sa essere accorta e prudente , un po’ di gioventù , ec co » 79 . Più che per le ragioni
dell ‟ interventismo o per l ‟ idea di destino e di formazione che Renato Serra
attribuiva al confli t to, Faust ino prende le armi per una questione
generazionale , perché “giovane” , insofferente cioè al la «disc iplina» che
caratterizza i “vecchi” ed impaziente di fare dono di sé. È tuttavia proprio
l ‟ idea della «gioventù sprecata» a portare al l ‟ul timo stadio la crisi d‟un
maturo sostenitore del metodo come Berecche.
Con l ‟ idea di arruolar si nel «Corpo guide volontari i a caval lo » 80 , i l
protagonista si presenta infatt i ad un maneggio, dove convince i l maestro
d‟equitazione a passare subito al la pratica. Si lancia al galoppo e prima di
venire sbalzato vive «una gran gioja», pensando «al la guerra, a Faustino che
si lanciava al la bajonetta contro i Tedeschi, e […] via di ga loppo con lui ,
[…] nella mischia» 81. Risale al lora in sella , strappa i l frust ino dalle mani del
maestro e si lancia di nuovo a brig l ia sciolta, «ri tuffandosi nella violenta
visione dei garibaldini al la carica , con Faustino al la testa. E più i l suo
ragazzo gli corre davanti con la camicia rossa […], e più lui frusta i l
cavallo; avanti ! […] Viva l ‟Ital ia ! […] un po‟ di gioventù sprecata!» 82. In un
«del ir io» non diverso da quel lo per cui Mauro Mortara credeva di unirsi
all ‟esercito in lotta per l ‟Unità anziché contro i Fasci dei lavoratori ,
Berecche immagina di prendere parte ad un assalto garibaldino sul fronte
della Grande Guerra : i l proposito di Marco Leccio diventa una vera e
propria al lucinazione. Come prevedibile, arriva in ogni cas o la caduta
rovinosa e Berecche si rompe la testa . Quando torna a casa con una
78 Ivi, pp. 609-10. 79 Ivi, p. 613. 80 Ivi, p. 616. 81 Ivi, p. 619. 82 Ivi, p. 620.
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fasciatura che gl i copre gli occhi , si fa condurre nello studio insieme alla
figl ia Ghetina. A Berecche sembra al lora di c ondividerne la cecità,
impossibil i tato com‟è a scorgere finanche i l lume della Madonnina su cui si
concludeva la prima versione del racconto. In una simile oscurità immagina
di sprofondare definitivamente nel caso Faustino cada in combatt imento.
All‟ idea d i sopravvivere al figl io, Berecche si stringe al petto Ghetina: « - E
di questo, figl iola mia, di tutto questo, siano rese grazie a l la Germania!» 83.
Il racconto si chiude così con l ‟espressione di riconoscenza di Berecche
al la nazione tedesca, da cui è stato in qualche modo costretto a rovesciare
le proprie posiz ioni. Convinto inizialmente del «lume della ragione» e della
civiltà , che già nella prima versione del racconto s‟era ridotto al «lumino»
d‟un tabernacolo di campagna, i l personaggio si ritrova ad un passo dalla
foll ia , sprofondato nel «bujo» dell ‟ intel letto accecato; l ‟ inizia le fede nel
«metodo» inteso come «disc iplina» del sentimento si risolve invece nel la
conclusiva capitolazione al la forza degl i affetti .
Sotto questo aspetto, Berecche non è divers o da Leccio e dallo
scrittore di Colloqui ; si tratta infatti di tre campioni d‟una generazione che
sul la base dei propri princìpi e dei valori tramandati ha auspicato
l ‟ intervento dell ‟Ital ia in guerra, per poi sperimentarvi una drammatica
inadeguatezza d‟ordine personale e culturale. Il risultato sembra proprio
quel «sentimento del contrario» con cui Pirandello definiva l ‟umorismo e di
cui si serve perciò per raccontare i l disinganno dei suoi personaggi, che è
poi lo stesso suo e di un‟intera epoca. Posti al la prova d‟un confl itto che va
assumendo forme inaspettate, si rivelano in ogni caso inuti l izzabil i tanto le
aspirazioni che gli schemi interpretativi del passato, sia che derivino dal
model lo tedesco a cui guarda Berecche, dalla tradiz ione garibaldina d i
Leccio o patr iottico l iberale dello scri ttore dei Col loquii ; neanche la
storiografia classica, fondata su categorie esclusivamente poli tiche e
concentrata sui vertici del potere , pare avere peraltro gli strumenti per
affrontare un simile evento di massa.
Risulta di conseguenza sconvolto, specialmente dal tempo del
romanzo omonimo, i l rapporto tra “ i vecchi e i giovani” , avendo perduto i
83 Ivi, p. 622.
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primi la presa sul presente, che getta invece i secondi a l la ribalta: in al tre
parole, la guerra ha fatto sal tare «l ‟ol tracotante oppressione» di cui parlava
Lando Laurentano. Guardandosi indietro al la luce del confli tto, i padri
devono riconoscere quindi che nel tentat ivo d‟inculcare i propri princìpi
hanno finito soltanto per soffocare la vital i tà dei figl i ; quest i ul tim i
individuano la loro strada proprio in un volontarismo di tipo sentimentale
prima che pol itico. Può succedere al lora che s‟ inverta la consueta
trasmissione dei valori e paradossalmente siano i “vecchi” a prendere dai
“giovani” , come nel caso dello “spreco di sé” . Al di là della foll ia di
precedere i fig l i al fronte o della vel leità di seguirne la sorte da lontano,
Pirandel lo raffigura gli uomini del la sua generazione schiacciati tra un
grande passato e un presente tumultuoso, diffici lmente decifrabile e in cui
in ogni modo non possono fare al tro che aspettare i l ri torno dei propri
cari . Camera in att esa (1916) s‟ inti tola appunto la novella che l ‟autore
pubblica qualche mese dopo: un l imbo angosciante , considerando che agli
occhi più avvertit i la guerra lasc ia ormai intravedere la sua natura
industria le, dove di s icuro non attecchiscono più gli ideali dei „vecchi‟ né
quell i dei „giovani‟ sembrano adatti a dare frutti .
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