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Facoltà di Medicina e Chirurgia XXV Ciclo Dottorato di Ricerca in “Tecnologie avanzate in Chirurgia” Studio pilota di markers di invasività nel carcinoma squamocellulare della laringe: ruolo prognostico e predittivo Candidato Marzia Ruggieri

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Facoltà di Medicina e ChirurgiaXXV Ciclo Dottorato di Ricerca in “Tecnologie avanzate in Chirurgia” Studio pilota di markers di invasività

nel carcinoma squamocellulare della

laringe: ruolo prognostico e predittivo

Candidato

Marzia Ruggieri

RELATORE TUTOR

Chiar.mo Prof. Chiar.mo Prof.

Marco de Vincentiis Antonio Greco

Anno Accademico 2012-2013

INDICE

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1 FATTORI PROGNOSTICI DEL CARCINOMA SQUAMOCELLULARE DELLA LARINGE.......................................................................................................................... 1

1.1 Identificazione dei fattori prognostici del carcinoma squamocellulare della laringe......................................................................................................... 1

1.2 Marcatori tumorali nelle neoplasie del distretto testa-collo: revisione della letteratura.................................................................................................... 6

2 LA TRANSIZIONE EPITELIO-MESENCHIMALE................................................ 12

2.1 Il fenomeno della transizione epitelio-mesenchimale................................. 12

2.2 Transizione epitelio-mesenchimale e neoplasie.......................................... 17

2.3 I marcatori oggetto di studio....................................................................... 23

3 IL NOSTRO STUDIO....................................................................................................... 31

3.1 Obiettivi dello studio.................................................................................. 31

3.2 Materiali e metodi...................................................................................... 32

3.3 Risultati...................................................................................................... 39

3.4 Discussione................................................................................................ 56

3.5 Conclusioni................................................................................................. 60

4 BIBLIOGRAFIA...............................................................................................................112

FATTORI PROGNOSTICI DEL CARCINOMA

SQUAMOCELLULARE DELLA LARINGE

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1.1 Identificazione dei fattori prognostici del carcinoma

squamocellulare della laringe

Secondo le statistiche dell’American Cancer Society [23] la sopravvivenza specifica per

malattia a 5 anni del carcinoma squamoso della laringe si attesta intorno al 65%.

Tuttavia, il dato preoccupante è che nonostante il netto progresso tecnico, tecnologico e

metodologico di cui ha beneficiato l’oncologia del distretto testa-collo negli ultimi 30 anni, la

prognosi del carcinoma squamocellulare della laringe non è sostanzialmente migliorata.

Infatti, come si evidenzia dai lavori di Jemal [23], se è vero che il cancro della laringe ha

conosciuto una riduzione del tasso di mortalità del 24,5% dal 1990 al 2004, è altrettanto vero

che questa riduzione è stata causata per lo più dalla riduzione dell’incidenza, a sua volta

derivante dal successo della prevenzione primaria, ovvero delle campagne contro il fumo di

tabacco negli Stati Uniti [23].

Questa evidenza è confermata dal dato sul tasso di sopravvivenza relativa (cioè normalizzato

per l’aspettativa di vita) del cancro della laringe che è passato dal 67% del 1977 al 64% del

2003, unico caso (insieme all’adenocarcinoma del corpo dell’utero) nel quale non si è

riscontrato, negli ultimi 30 anni, un significativo miglioramento della sopravvivenza [23].

Tutto ciò testimonia un innegabile fallimento, che però si presta a diverse chiavi di lettura;

infatti sono probabilmente molti i fattori che hanno contribuito a tale trend.

Tra tali fattori rientra verosimilmente la crescente spinta verso la preservazione d’organo (e di

funzione), intesa come l’ottimizzazione dell’outcome funzionale ed estetico da raggiungere

ovviamente senza compromettere la sopravvivenza [24].

In questo senso, anche la mancanza di una vera e propria profilassi primaria (a parte la

cessazione del fumo di sigaretta) [26] sia nei confronti delle lesioni primarie, sia per quel che

riguarda la riduzione dell’incidenza di Secondi Tumori Primitivi (SPT), influenza sicuramente

in senso negativo il dato sulla sopravvivenza, vista anche la particolare frequenza di recidiva

del carcinoma squamocellulare della laringe.

Infine, ultimo ma fondamentale fattore che ha influenzato negativamente il dato

sopravvivenza nel cancro laringeo è stato sicuramente la mancanza, oltre al parametro T e al

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parametro N, di validi fattori predittivi clinici ai fini del controllo loco-regionale e della

sopravvivenza [8].

I fattori prognostici di una neoplasia sono per definizione quei parametri (clinici, anatomo-

patologici, strumentali e biomolecolari) che, sulla base di analisi statistiche condotte su

campioni omogenei e numericamente rappresentativi, siano in grado di prevedere

l’evoluzione e la progressione tumorale, di influenzare la sopravvivenza globale e libera da

malattia, di determinare le strategie terapeutiche e dettare i tempi del follow-up.

L’esigenza di trovare dei marcatori clinici, istologici e molecolari che siano in grado di fornire

informazioni sul comportamento biologico del tumore, di predire l’evoluzione clinica della

malattia e di guidare l’eventuale scelta terapeutica da adottare è di conseguenza molto sentita

in clinica; inoltre, questa assume ulteriore importanza in virtù dell’osservazione che, ancora

oggi, pazienti affetti da tumori di pari grado e stadio clinico, sottoposti a medesimi

trattamenti, possono talora presentare un’evoluzione clinica della malattia differente.

Al momento, per quanto riguarda i carcinomi squamosi della testa e del collo, i marcatori che

permettono una migliore definizione prognostica possono essere classificati come fattori

prognostici relativi al paziente, fattori prognostici relativi al tumore, fattori prognostici

relativi alla terapia, marcatori tumorali potenziali fattori prognostici [4].

Un discorso a parte va fatto invece per i fattori sperimentali (quali sono molti dei markers

tumorali), che non sono ancora ben validati e che richiedono tecniche più complesse; per

questi ultimi si può proporne l’uso e lo studio in centri di secondo livello tecnologicamente

avanzati, soprattutto sotto il profilo delle biotecnologie.

Fattori prognostici relativi al paziente

In generale l’età, il sesso, il livello socio-economico, il mantenimento di attività lavorative a

rischio e le abitudini voluttuarie quali consumo di alcol e fumo sono sicuramente fattori di

rischio per questi tumori, ma è difficile comprendere quale sia il loro impatto reale sulla

prognosi.

Tuttavia è evidente come il permanere, a malattia insorta, di abitudini voluttuarie come il

fumo e l’alcol, o di attività lavorative a rischio (lavorazioni con catrame, idrocarburi

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aromatici, gomma, cromo, nichel, asbesto, legno, etc.), rappresenti un fattore prognostico

negativo che influenza l’insorgenza di secondi tumori e recidive.

Per quanto riguarda invece il valore prognostico dei parametri età e sesso, esistono ancora dati

contrastanti, anche se si è abbastanza concordi nel ritenerli fattori prognostici importanti nei

primi stadi di malattia, ma non così importanti nelle forme più avanzate. In questo senso, più

che al fattore età in sé, vari studi hanno dato importanza prognostica al fattore comorbidità,

dimostrando una prognosi peggiore in quei pazienti con patologie concomitanti, quali

affezioni cardiache, broncopatie croniche ed epatopatie [4].

La valenza del fattore livello socio-economico acquista probabilmente importanza solamente

intendendola, alla stregua di un fattore di rischio, come espressione nelle classi sociali meno

agiate di un uso più smoderato di fumo e alcol, nonché di una minore tendenza a richiedere

cure mediche.

Altro fattore legato al paziente con un importante valore prognostico è anche il performance

status (identificabile ad esempio con la classificazione di Karnofsky). In particolare, la perdita

di peso, dovuta all’ipoalimentazione o a fenomeni cachettici di origine neoplastica, ed un

deficit della risposta immunitaria, sembrano giocare un ruolo importante nella sopravvivenza

di questi pazienti.

Anche il deficit immunitario del paziente è associato con una prognosi peggiore, con aumento

di recidive e/o persistenza di malattia. E’ infatti oramai noto che i pazienti con carcinomi

squamocellulari del distretto testa-collo hanno un severo deficit immunitario che riguarda gli

elementi effettori delle difese contro il tumore (linfociti T citotossici, cellule NK, cellule

APC, plasmacellule, macrofagi) con conseguenti meccanismi di “enhancement tumorale”;

probabilmente, tale condizione di immunosoppressione è ascrivibile sia all’attività

immunosoppressiva del tumore, sia ai trattamenti chirurgici e terapeutici a cui il paziente è

sottoposto [27].

Infine, la presenza di complicanze post-operatorie si correla con un decorso più sfavorevole

della malattia; si può ipotizzare che il maggior impegno del sistema immunitario a

fronteggiare la complicanza flogistica possa essere causa di una “caduta”

dell’immunosorveglianza verso la neoplasia [28].

Fattori prognostici relativi al tumore

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Tra i principali fattori prognostici relativi al tumore possiamo sicuramente considerare lo

stadio di T (T stage); esistono infatti in letteratura forti evidenze che dimostrano come sia

inversamente proporzionale la correlazione tra il T stage e la prognosi [29]. Tuttavia, se da un

lato è vero che il passare dallo stadio T1 a T4 correla sicuramente con un peggioramento della

prognosi, è altrettanto vero che a volte si riscontrano particolari tumori T1, per la verità non

molto frequenti, che si accompagnano precocemente ad un importante interessamento

linfonodale (N2, N3) con conseguente netto peggioramento della prognosi. La spiegazione di

tali, rari quadri clinici può essere probabilmente spiegata con la presenza di fenomeni

molecolari prognostici molto negativi.

Chiaramente anche il coinvolgimento linfonodale, inteso come N stage, rappresenta un fattore

prognostico negativo, segno del superamento dei limiti anatomici dell’organo colpito da

neoplasia. In questo senso il numero di linfonodi colpiti (in particolare più di 3 linfonodi

metastatici al pTNM, il superamento istologico della capsula linfonodale da parte del tumore

e la rottura capsulare) è sicuramente un segno di prognosi infausta [30].

Deriva proprio da queste evidenze la grande importanza che viene ad assumere lo stadio

anatomo e istopatologico dei pezzi operatori (tumore, margini, linfonodi dello svuotamento),

da cui dipende l’accuratezza del pTNM, e che risulterà a sua volta fondamentale nella scelta

della strategia terapeutica.

Per quanto riguarda il valore prognostico del grading, i risultati in letteratura sono

discordanti; probabilmente questo deriva dal fatto che non c’è uniformità di vedute nel

definire il grado di differenziazione di un tumore.

Ulteriori marcatori prognostici relativi al tumore sono il grado di infiltrazione del tumore e il

pattern di invasione; infatti, una maggiore infiltrazione si accompagna ad un numero

maggiore di metastasi linfonodali mentre il grado di invasione della neoplasia, identificato

come fattore predittivo per metastatizzazione, è un dato moderno che dovrà in futuro entrare

necessariamente a far parte del bagaglio culturale dell’anatomo-patologo, ad integrazione

della diagnosi istologica.

Un altro fattore prognostico che tuttora è in fase di studio è la presenza di cellule

immunocompetenti in sede tumorale. Il razionale di queste ricerche si deve cercare

nell’evidenza, ormai assodata, che l’organismo reagisce contro l’insorgenza e la progressione

delle neoplasie attraverso meccanismi in cui sono coinvolte cellule immunocompetenti

effettrici (APC, linfociti T citotossici, cellule NK, ADCC) e attraverso meccanismi effettori

tumorali (anticorpi citotossici). Inoltre, è altrettanto dimostrato che le potenzialità citotossiche

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degli elementi immunocompetenti vengono, man mano che il tumore cresce, inibite da

meccanismi soppressori (citochine ad azione soppressiva, macrofagi, anticorpi bloccanti,

immunocomplessi).

Sembra rivesta un ruolo prognostico di rilievo anche il tempo di recidiva; in un recente studio

[31], è stato appunto attribuito un significato prognostico negativo del tempo di recidiva nei

confronti della sopravvivenza.

Un cenno a parte, in senso prognostico, merita l’invasione perineurale; questo parametro,

descritto per primo da Ernst nel 1905, viene considerato un fattore “di sicuro significato

prognostico”. Infatti, anche se di maggior riscontro in alcune neoplasie (melanoma, carcinoma

prostatico, carcinoma pancreatico) conosciute come tumori “neurotropici” per la tendenza a

invadere i nervi, l’invasione perineurale non raramente può osservarsi nei carcinomi della

testa e del collo. In generale, l’esame istologico viene considerato positivo quando le cellule

neoplastiche sono presenti nello spazio perineurale e nelle fibre nervose: le cellule tumorali

infatti, progredendo lungo il nervo in senso prossimale e distale, possono infiltrare e

colonizzare strutture contigue e, non raramente, distanti anche alcuni centimetri dalla sede

primitiva della lesione neoplastica. Vural [32], a tal proposito, riporta la presenza di invasione

perineurale in un nervo a 12 cm dalla sede primitiva senza interessamento dei tratti intermedi

(skip metastatis). Risulta di conseguenza palesemente evidente quanto importante sia il valore

prognostico di questo parametro.

Fattori prognostici relativi alla terapia

E’ evidente come lo stato dei margini di resezione chirurgica debba essere considerato un

importante fattore prognostico nel carcinoma squamoso della testa e del collo, essendo questo

fortemente associato con un alto rischio di recidiva loco-regionale ed una peggiore

sopravvivenza.

Altri fattori prognostici negativi legati alla terapia sono sicuramente una chirurgia scorretta o

inadeguata così come una indicazione radio- o radio-chemioterapica scorretta o con

inadeguatezza di tecnica o di dose, tutti parametri che portano ad un difettoso controllo locale

della malattia.

Sembra inoltre altamente probabile che il ritardo diagnostico, come chiaramente pure il

ritardo terapeutico siano associati con una prognosi peggiore.

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Infine, anche la resistenza alla chemio-radioterapia neoadiuvante, qualora questa venga

scelta come trattamento iniziale, deve essere assolutamente considerata come fattore

prognostico negativo.

Marcatori tumorali potenziali fattori prognostici

Il ruolo ancora incerto che i markers tumorali rivestono nella programmazione diagnostica e

terapeutica del carcinoma squamoso della laringe giustifica l’utilizzo del termine “potenziali”

che per ora viene loro attribuito. Nel prossimo paragrafo verranno passati in rassegna i più

importanti e promettenti markers sui quali si è incentrata la ricerca per quel che riguarda le

neoplasie del distretto testa-collo.

1.2 Marcatori tumorali nelle neoplasie del distretto testa-collo:

revisione della letteratura

Attualmente, per quanto riguarda il carcinoma squamocellulare della testa e del collo,

nonostante la molteplicità dei fattori prognostici clinici e istologici, sono oggettivamente

pochi quelli concretamente validati e sufficientemente sicuri in relazione al controllo loco-

regionale e alla sopravvivenza; infatti, questi si limitano sostanzialmente ai parametri clinici

“T stage” e soprattutto “N stage”. Il risultato di questa carenza di affidabili fattori prognostici

porta al fatto che a volte, tumori che sono classificati nello stesso stadio presentano un

comportamento biologico molto diverso tra loro.

D’altro canto, la migliore comprensione dei meccanismi molecolari alla base della

progressione dei tumori che ha contraddistinto gli ultimi quindici anni, ha permesso

l’individuazione di alterazioni alla base del processo di cancerogenesi. Per questo motivo, la

ricerca si è progressivamente orientata verso l’individuazione di markers tumorali (sia di tipo

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molecolare, sia di tipo sierico, sia di tipo immunoistochimico) che permettano di

caratterizzare meglio dal punto di vista biologico ogni singola neoplasia.

Tali marcatori, in aggiunta ai fattori prognostici tradizionali, potrebbero fornire al clinico

degli strumenti utili per determinare la reale situazione oncologica del singolo paziente. In

questo senso, l’idea di riuscire a definire in ciascun paziente con un tumore cervico-cefalico

un profilo di caratteristiche prognostiche di vario tipo, cliniche e biologiche, sufficientemente

validate da presupposti sperimentali, rappresenterebbe un passo avanti notevole nel tentativo

di ottimizzare l’approccio al malato oncologico. Infatti, il valutare in anticipo, con

ragionevole sicurezza, i rischi di andare incontro a recidive o ad una parziale risposta alla

terapia permetterebbe di attivare alcune accortezze diagnostiche, come un follow-up più

accurato e ravvicinato nel tempo, o di attuare procedimenti di integrazione terapeutica che

aumentino le possibilità di controllo locale e di eradicazione della “minimal residual disease”

(mrd), che è la causa principale di recidiva o di metastatizzazione. Infine, da non sottovalutare

è anche la prospettiva di poter utilizzare queste specifiche molecole come target ottimali per

lo sviluppo di nuove terapie biologiche in ambito oncologico.

Purtroppo però, per quanto concerne i marcatori tumorali finora studiati, ad oggi non esistono

ancora dati certi [33 - 45].

La lettura della bibliografia di lavori attinenti crea in realtà una serie di problemi legati a studi

fatti su pochi casi, oppure che non hanno trovato forti evidenze a sostegno; inoltre, mancando

delle metodiche standard di valutazione dei markers, le metanalisi hanno uno scarso valore e

non vi è in letteratura un adeguato numero di studi multicentrici con casistiche abbastanza

numerose. Da ciò ne deriva che molti lavori giungono a conclusioni spesso contrastanti.

E’ evidente come tutto questo sia fonte di grande confusione, e per di più rappresenta la

spiegazione del perché questi marcatori fatichino così tanto ad entrare nella pratica clinica.

2 LA TRANSIZIONE EPITELIO-MESENCHIMALE

2.1 Il fenomeno della transizione epitelio-mesenchimale

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Il fenomeno della Transizione Epitelio-Mesenchimale (o TEM o Epithelial-Mesenchimal

Transition o EMT) è stato uno dei processi molecolari maggiormente studiati negli ultimi anni

in relazione agli eventi cancerogenici di invasività e metastatizzazione (fig. 21).

In generale, essa consiste in un rapido, e spesso reversibile, cambiamento del fenotipo

cellulare epiteliale verso il fenotipo cellulare mesenchimale, che può facilitare la migrazione

cellulare, ed esistono in letteratura sempre più evidenze che suggeriscono il suo ruolo

fondamentale nei processi di modificazione architetturale delle cellule tumorali che vanno

incontro all’invasione dapprima dei tessuti circostanti la neoplasia e successivamente, tramite

la metastatizzazione, dei tessuti a distanza [47 - 58].

L’invasività è una peculiarità delle neoplasie maligne, e consiste nell’acquisita capacità delle

cellule tumorali di migrare dal sito neoplastico iniziale attraverso la matrice extracellulare nei

tessuti contigui. Tale processo, grazie alla capacità delle cellule neoplastiche di penetrare

l’endotelio vasale ed entrare nella circolazione sanguigna assume un ruolo fondamentale nello

sviluppo di metastasi a distanza, principale causa di mortalità nei tumori maligni.

E’ opportuno ricordare che le cellule epiteliali si caratterizzano per essere riscontrabili in

gruppi e per aderire tra loro tramite giunzioni cellulari laterali che permettono loro di

rimanere saldamente ancorate l’una all’altra; esse sono inoltre distintamente polarizzate

avendo un polo basale, che negli strati cellulari basali è a sua volta fermamente ancorato con

la membrana basale, e un polo apicale. Viceversa, le cellule mesenchimali si caratterizzano

per essere riscontrabili in gruppi molto meno numerosi, per avere una forma più allungata e

una polarità non definita; esse inoltre presentano giunzioni intercellulari molto deboli che

permettono loro una forte potenzialità di migrazione e invasività (Fig. 22).

E’ evidente quindi come durante processi fisiologici o para-fisiologici come l’embriogenesi,

lo sviluppo degli organi, la riparazione delle ferite e la fibrosi, questo processo di “switch

fenotipico” risulti fondamentale, anche perché avviene sotto il controllo di ben codificati

segnali cellulari ed extracellulari di feed-back positivo e negativo.

Infine, è importante specificare come nei processi fisiologici il fenomeno della TEM sia

strettamente legato al fenomeno della Transizione Mesenchimo-Epiteliale (o TME o

Mesenchymal-Epithelial Transition o MET). In breve, questo significa che le cellule che sono

andate fisiologicamente incontro a TEM, una volta raggiunti i tessuti bersaglio, vanno

incontro al processo inverso, cioè quello di TME, che permette loro di stabilizzarsi nel nuovo

tessuto, aderire tra loro e proliferare, al fine di ricreare un tessuto a fenotipo tipicamente

epiteliale [47; 49; 55].

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Il progressivo sviluppo da parte dei carcinomi di capacità dapprima localmente invasive e

successivamente metastatiche è però un processo graduale e complesso, durante il quale le

cellule tumorali attraversano numerose modificazioni molecolari, biologiche e architetturali.

Tali modificazioni della cellula tumorale si estrinsecano attraverso una graduale e dinamica

sequenza i cui eventi chiave sono: I) perdita della connessione con le cellule epiteliali

circostanti tramite la degradazione delle giunzioni intercellulari che le uniscono saldamente;

II) degradazione della membrana basale che sottende lo strato epiteliale; III) estensione di

pseudopodi che connettano la cellula neoplastica alla matrice extra-cellulare; IV) contrazione

tramite movimenti citoscheletrici per riuscire a muoversi ed effettuare la migrazione; V)

degradazione della matrice extra-cellulare per riuscire a superarla; VI) distacco da questa,

realizzando la traslocazione verso lo stroma sottostante.

Nello specifico, il passaggio fondamentale della transizione epitelio-mesenchimale consiste

nella diminuzione dell’espressione cellulare di E-caderina (che è la proteina fondamentale

nella costituzione delle giunzioni intercellulari di membrana), accompagnata dal

contemporaneo incremento dell’espressione cellulare di N-caderina (proteina tipicamente

espressa nelle cellule mesenchimali, capace di conferire loro mobilità e con azione

predominante sulla E-caderina), in modo da realizzare quello che viene definito lo “switch

delle caderine”.

A livello cellulare, il risultato finale è quindi rappresentato da una ipoespressione di E-

caderina (considerabile un affidabile marker di fenotipo epiteliale) e da una iperespressione di

N-caderina, Fibronectina e Vimentina (markers di fenotipo mesenchimale); per quanto

riguarda la β-catenina invece, sebbene essa partecipi insieme alla E-caderina alla creazione

delle giunzioni intercellulari, un suo accumulo, soprattutto a livello nucleare, può essere

considerato un marker di fenotipo mesenchimale.

L’attivazione del programma di transizione epitelio-mesenchimale è stata messa in

correlazione con un altro, importante fenomeno che pare si realizzi durante la cancerogenesi,

cioè lo sviluppo delle Cellule Staminali Tumorali (o Cancer Stem Cells o CSCs o Tumour

Initiating Cells).

Recentemente infatti, si è osservato che una piccola popolazione di cellule della massa

tumorale presenta delle caratteristiche molto particolari, che rendono tali cellule differenti

anche dalle stesse cellule neoplastiche differenziate, quali capacità di auto-rinnovamento,

pluripotenza e maggiore resistenza ai farmaci chemioterapici [48 - 50; 55; 58; 63]. Queste

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cellule sono state isolate inizialmente in pazienti con leucemia mieloide acuta, ma

successivamente sono state identificate anche in molti tumori solidi, come quelli di colon,

mammella, pancreas e cervello.

Secondo questo modello, la TEM rappresenterebbe un serbatoio di cellule de-differenziate

che alimenterebbe costantemente la popolazione di CSCs. Questa connessione indicherebbe

che la TEM potrebbe essere doppiamente pericolosa nella cancerogenesi: da un lato fornendo

alle cellule tumorali un fenotipo mesenchimale che conferisce loro motilità, invasività e

resistenza all’apoptosi, dall’altro creando cellule tumorali con un enorme potenziale di auto-

rinnovamento e quindi capaci di riprodurre autonomamente la lesione tumorale sia “in loco”,

sia a distanza.

Se questa teoria, ad oggi non ancora supportata da stabili evidenze, venisse confermata, si

troverebbe forse anche la spiegazione di molti incomprensibili fallimenti terapeutici in ambito

oncologico, come inspiegabili recidive tumorali o inaspettate resistenze ai farmaci

chemioterapici.

Figura 21 - La transizione epitelio-mesenchimale

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Figura 22 - Il fenotipo epiteliale e il fenotipo mesenchimale

2.2 Transizione epitelio-mesenchimale e neoplasie

Nella cancerogenesi, ad indurre la TEM concorrono vari stimoli, sia intrinseci che estrinseci.

Infatti sono molte le potenziali cascate metaboliche in grado di attivare il processo di

transizione epitelio-mesenchimale. Inoltre, esse sono spesso tra loro interconnesse, andando a

creare un esteso “cross-talking” molecolare, guidato da circuiti biochimici molto complessi.

E’ importante però sottolineare come ognuna di queste vie risulti in un passaggio finale

comune, che è appunto la diminuzione dell’espressione di E-caderina, molecola che

potremmo definire a tutti gli effetti il “termometro” della transizione epitelio-

mesenchimale.

Infatti, se la sua repressione è sufficiente ad indurre una completa transizione epitelio-

mesenchimale, una sua riattivazione è sufficiente ad indurre il processo inverso, cioè una

completa transizione mesenchimo-epiteliale.

Di seguito elencheremo le principali cascate metaboliche che sono in grado di condurre

all’ipoespressione di E-caderina e, conseguentemente, a TEM.

E-caderina e TGF-β

Il TGF-β è una citochina ubiquitariamente espressa che regola un gran numero di processi

cellulari tra cui proliferazione, differenziazione e produzione di matrice extra-cellulare.

In normali condizioni, il TGF-β è principalmente presente in una forma latente, che deve

essere attivata. Il ruolo di questa citochina nei processi neoplastici è però particolare; infatti,

se nelle fasi precoci della cancerizzazione presenta proprietà anti-tumorali grazie alla sua

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attività anti-proliferativa, pro-apoptotica e inibente la crescita tumorale, nelle fasi più avanzate

presenta attività pro-tumorale per la sua capacità di stimolare l’invasività, la migrazione

cellulare e di conseguenza la TEM [47; 48; 50]

A tal proposito, si è osservato che in numerose neoplasie l’espressione di TGF-β cresce

parallelamente con l’espressione di marcatori mesenchimali [51].

Tutto ciò lascia pensare che questa citochina rappresenti una delle principali molecole capaci

di indurre l’attivazione del programma di TEM.

E-caderina e complesso Wnt/β-catenina

La β-catenina è una proteina situata in tre compartimenti cellulari: a livello nucleare, a livello

citoplasmatico e a livello della membrana citoplasmatica, dove si trova legata alla E-caderina

a formare le giunzioni intercellulari. In condizioni normali, la maggiorparte di questa si trova

nella membrana citoplasmatica legata alla E-caderina.

A livello cellulare, esistono una serie di complessi enzimatici destinati alla degradazione

dell’eventuale β-catenina cellulare in eccesso, tra cui il principale è il complesso APC/GSK-

3β/axina1 il quale, fosforilando questa proteina, la avvia verso la cascata metabolica

degradativa dell’ubiquitina-proteasoma.

Le glicoproteine Wnt sono molecole segnale capaci di legarsi a specifici recettori di

membrana che, tramite questo legame, sono in grado di attivare una cascata metabolica il cui

effetto finale è il blocco del fisiologico meccanismo cellulare di degradazione della β-catenina

citoplasmatica in eccesso. Superata una certa quantità-soglia, la β-catenina in eccesso

traslocherebbe nel nucleo, andando ad attivare molti fattori di trascrizione per svariati geni, i

cui prodotti sono necessari allo sviluppo di TEM, come ad esempio quelli che codificano per

l’espressione di Vimentina e Fibronectina [47; 48; 51].

Parallelamente, la stessa cascata metabolica può essere attivata anche solo da una

ipoespressione di E-caderina, che portando ad un aumento di β-catenina citoplasmatica,

risulta comunque in una iperespressione di Vimentina e Fibronectina.

1 Mutazioni del gene APC (Adenomatous Polyposis Coli), e conseguentemente della proteina da questo prodotta, sono riscontrabili in quasi l’80% dei carcinomi del colon-retto. Queste alterazioni genetiche conducono sempre ad un accumulo intracellulare di β-catenina, che successivamente agirebbe come fattore trascrizionale per molti geni responsabili di TEM (vedi testo).

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Page 15: padis.uniroma1.itpadis.uniroma1.it/bitstream/10805/1920/1/Tesi dottorato... · Web viewDurante l’interfase, l’espressione di Ki-67 è localizzata soltanto al nucleo, ma essa si

E’ evidente come queste due vie metaboliche siano strettamente concatenate e

interdipendenti, suggerendo la possibilità di un circolo vizioso in cui i due processi si

autoalimentino a vicenda, ponendo le basi per un ulteriore aumento della quantità di β-

catenina cellulare.

La probabile concomitanza di entrambi questi fenomeni durante i processi cancerogenetici

rappresenta una delle principali vie metaboliche capaci di indurre TEM [47; 51].

Regolazione dell’espressione di E-caderina

Mutazioni genetiche riguardanti il locus della E-caderina sono riscontrabili in pochi casi di

carcinomi solidi, mentre sono discretamente comuni (circa il 50% dei casi) in carcinomi con

estese caratteristiche diffusive come quello lobulare della mammella e quello gastrico a tipo

diffuso [50; 62].

Probabilmente, per quanto riguarda i carcinomi solidi, la causa dell’ipoespressione di E-

caderina deve essere invece ricercata in una dinamica e regolata ipermetilazione dei promotori

del rispettivo gene, che rendendolo inaccessibile a RNA e fattori di trascrizione, ne

silenzierebbe l’espressione durante la fase di TEM; successivamente, un’altrettanto regolata

demetilazione di questi promotori con conseguente riattivazione del gene, permetterebbe il

processo inverso di TME [47].

E-caderina e fattori di trascrizione

Ad oggi sono stati identificati molti fattori di trascrizione che sono in grado di inibire

l’espressione di E-caderina. Tra tutti, quelli il cui meccanismo di azione è stato meglio

delineato sono Snail, Slug, E47, Twist, ZEB-1, SIP-1, Activator Protein AP-1 e i fattori di

trascrizione appartenenti alla famiglia Ets [47 - 51].

Tutti questi fattori di trascrizione agiscono attivando cascate metaboliche talvolta simili tra

loro, talvolta differenti, ma tutti sono in grado di condurre all’effetto finale, che è

l’ipoespressione di E-caderina, passaggio necessario e sufficiente per lo sviluppo della TEM.

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Modificazioni post-trascrizionali della E-caderina

Ci sono evidenze che suggeriscono che il dinamico processo della transizione epitelio-

mesenchimale dipenda, tra le altre cose, anche dal grado di fosforilazione della E-caderina o,

comunque, del complesso E-caderina/β-catenina [47; 51]. Infatti, sembra che nelle cellule

epiteliali normali questa proteina sia mantenuta in uno stato defosforilato (quindi attivo)

grazie all’azione delle fosfatasi; viceversa, nelle cellule carcinomatose, un inappropriata

fosforilazione della E-caderina, o del suo complesso con la β-catenina, condurrebbe ad una

perdita di funzione, con conseguente diminuzione delle giunzioni intercellulari e progressiva

perdita del fenotipo epiteliale.

Un altro potenziale fenomeno di regolazione post-trascrizionale della E-caderina sarebbe

l’endocitosi di questa proteina, che portando ad una diminuzione di giunzioni intercellulari

funzionali a livello della membrana citoplasmatica, aumenterebbe la capacità migratoria della

cellula neoplastica.

E-caderina e recettori tirosin-chinasici

I fattori di crescita come EGF (Epidermal Growth Factor), FGF (Fibroblast Growth Factor),

HGF (Hepatocyte Growth Factor), IGF (Insulin-like Growth Factor), sono alcuni tra i

principali regolatori positivi di proliferazione cellulare, differenziazione e migrazione. La

risposta cellulare a questi fattori di crescita avviene tramite l’interazione con i recettori

tirosin-chinasici presenti sulla membrana citoplasmatica, che hanno la capacità di fosforilare

vari substrati.

In questo senso, è stato dimostrato come una iperespressione e/o attivazione dei recettori

tirosin-chinasici rappresenti una caratteristica del fenotipo mesenchimale [47; 50].

L’attivazione dei recettori tirosin-chinasici conseguente al loro legame con i sopracitati

ligandi, è in grado di attivare una serie di cascate metaboliche cellulari. Tra queste le

principali sono: I) la via metabolica di Ras/MAPK, la cui attivazione incontrollata rappresenta

uno dei principali esempi di attivazione di un oncogene riscontrabile nelle neoplasie umane.

Infatti, l’attivazione di questa via conduce all’attivazione di vari fattori trascrizionali (Jun e

Fos, i quali si legano e formano AP-1; Slug; fattori trascrizionali della famiglia Ets), il cui

effetto finale, tra gli altri, è una repressione della trascrizione della E-caderina; II) la via

metabolica di PI3K/Akt, il cui ruolo è fondamentale nella cancerogenesi attraverso la

promozione della sopravvivenza cellulare e l’inibizione dell’apoptosi. Inoltre, Akt è in grado

di fosforilare il GSK-3β (vedi sopra), portando ad un incremento di β-catenina cellulare, con

conseguente attivazione del processo di TEM; III) la cascata metabolica di Rho/Rac,

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Page 17: padis.uniroma1.itpadis.uniroma1.it/bitstream/10805/1920/1/Tesi dottorato... · Web viewDurante l’interfase, l’espressione di Ki-67 è localizzata soltanto al nucleo, ma essa si

coinvolta nella regolazione dell’adesività cellulare mediata dalla E-caderina, così come nella

forma e motilità cellulare. Infatti, l’equilibrio tra l’attività di queste due GTP-asi è

fondamentale per il mantenimento del fenotipo epiteliale, e l’attivazione dei recettori tirosin-

chinasici, alterando questo equilibrio e promuovendo l’espressione di N-caderina, favorisce lo

sviluppo della TEM; IV) la cascata metabolica di Src; quest’ultima è una tirosin-chinasi

cellulare coinvolta sia nei meccanismi di adesione intercellulare caderine-mediati, sia nei

meccanismi di adesione cellula-matrice integrine-mediati. L’attivazione dei recettori tirosin-

chinasici conduce all’attivazione di Src, il quale degrada i legami intercellulari caderine-

mediati (favorendo l’endocitosi della E-caderina) e potenzia i legami cellula-matrice

integrine-mediati, ponendo le basi per la transizione della cellula da un fenotipo epiteliale

verso un fenotipo mesenchimale.

E-caderina e matrice extra-cellulare (ECM)

La matrice extra-cellulare è una struttura che partecipa attivamente ai fenomeni di

proliferazione, sopravvivenza, differenziazione e migrazione delle cellule epiteliali.

Essa rappresenta quindi una barriera, ma anche un substrato per l’invasione da parte delle

cellule neoplastiche, che comunicano attivamente con essa tramite recettori di membrana,

fattori di crescita ed enzimi.

In questo senso, un ruolo fondamentale è svolto da alcune proteine degradanti la matrice

chiamate Metalloproteasi (MMP), che sono enzimi prodotti da cellule connettivali e secreti

nella matrice extra-cellulare. Esse interagiscono fortemente con le cellule epiteliali

neoplastiche degradando la membrana basale in modo da creare un percorso per le cellule

tumorali verso gli strati sottostanti, distruggendo i legami intercellulari caderine-mediati,

interferendo direttamente con il metabolismo cellulare di E-caderina e β-catenina.

D’altro canto, in condizioni normali, il distacco delle cellule epiteliali dalla matrice extra-

cellulare provoca il fenomeno della anoikis, che è una morte cellulare programmata cui vanno

incontro le cellule laddove esse perdano i contatti con la matrice extra-cellulare. Questo

fenomeno, mediato dalle integrine, ha lo scopo di impedire che cellule che abbiano perso il

contatto con la loro sede naturale vadano impropriamente ad insediarsi in altri tessuti. Le

cellule tumorali sono invece generalmente resistenti alla anoikis e possono proliferare in

assenza di ancoraggio alla matrice.

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Le Integrine sono i principali mediatori del legame tra le cellule epiteliali e la matrice extra-

cellulare, agendo analogamente a quanto fa la E-caderina per quanto riguarda i legami

intercellulari.

Queste glicoproteine sono probabilmente i recettori cellulari dei segnali positivi e negativi

provenienti dalla matrice extra-cellulare e, in quest’ottica, rappresentano i “trigger” di varie

modificazioni cellulari strettamente connesse con le cascate metaboliche sopracitate, il cui

effetto finale è la promozione del processo di TEM.

In conclusione, si può affermare che non sono soltanto cascate metaboliche intrinseche a

dominare i fenomeni di transizione epitelio-mesenchimale, dal momento che anche il

microambiente in cui le cellule sono immerse può contribuire sensibilmente alla realizzazione

di questo “switch fenotipico” [47; 50].

Conclusioni

Dalla letteratura [47 - 58] si evidenzia come alcune di queste cascate metaboliche siano

preponderanti, altre più marginali nello sviluppo di TEM. Tuttavia, tutte portano ad un effetto

finale comune, che è la diminuzione dell’espressione cellulare di E-caderina e, di

conseguenza, alla realizzazione del programma di TEM. A tal proposito, per alcune di queste

è stato dimostrato, mentre per altre sembra molto probabile, il fatto che esse siano

strettamente interconnesse tra loro in modo che ognuna sia in grado di interferire sull’altra,

creando un’articolata rete di cross-talk cellulare.

In conclusione, negli ultimi anni sono stati enormi gli sforzi che la ricerca ha fatto cercando di

delineare meglio la correlazione tra il fenomeno della transizione epitelio-mesenchimale e i

processi tumorali di invasività e metastatizzazione.

In effetti, sono stati delineati molti dei passaggi molecolari di questo complesso fenomeno di

rimodellamento cellulare, sono state chiarite molte delle cascate metaboliche che sono in

grado di attivarlo e sono state identificate molte delle molecole chiave che ne permettono la

realizzazione.

Tuttavia permangono tuttora passaggi non perfettamente chiariti e, vista la straordinaria

complessità di questo meccanismo che coinvolge trasversalmente processi fisiologici,

parafisiologici e patologici, è auspicabile che in futuro, ulteriori ricerche aiutino a colmare

queste lacune.

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A tal proposito, la completa comprensione di questo processo potrebbe portare a una

rivoluzione in ambito oncologico; infatti, se da un lato l’identificazione di markers affidabili

correlati a questo particolare fenomeno cellulare potrebbe modificare radicalmente

l’approccio diagnostico e prognostico nei confronti delle neoplasie a origine epiteliale,

dall’altro l’individuazione di molecole chiave nel processo di TEM potrebbe condurre allo

sviluppo di terapie biologiche mirate verso specifici target molecolari, proponendosi

l’ambizioso obiettivo di bloccare i processi tumorali di invasività e metastatizzazione.

2.3 I marcatori oggetto di studio

E-caderina

La E-caderina (anche chiamata uvomorulina), come spiegato sopra, è la molecola chiave nel

fenomeno della transizione epitelio-mesenchimale.

E’ una glicoproteina trans-membrana calcio-dipendente espressa nella maggior parte dei

tessuti epiteliali. E’ composta da un dominio extra-cellulare, che interagisce con gli analoghi

domini extracellulari delle cellule adiacenti, e un dominio intracellulare, che si lega a sua

volta ad un complesso proteico che comprende, tra le altre, anche β-catenina, α-catenina e γ-

catenina (Fig. 23).

E’ coinvolta nella formazione dei desmosomi, e partecipa attivamente ai fenomeni di adesione

intercellulare interagendo con altre molecole (tra cui la β-catenina) a formare le giunzioni

epiteliali. Inoltre, è fondamentale nel mantenimento dell’integrità strutturale e della polarità

cellulare delle cellule epiteliali, oltre ad avere un ruolo di rilievo nei meccanismi di

comunicazione intercellulare.

Nella gran parte delle neoplasie umane di origine epiteliale, l’espressione della E-caderina e’

inversamente proporzionale allo stadio e al grading istologico.

Per quanto riguarda le neoplasie del distretto testa-collo, in letteratura ci sono molti studi che

evidenziano il valore prognostico dell’espressione di E-caderina [49 - 77; 84]. Dai lavori di

questi autori, emergono delle evidenze che sottolineano l’importanza dell’ipoespressione di E-

caderina nei processi carcinogenetici di sdifferenziazione, invasività locale e

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metastatizzazione e che, di conseguenza, suggeriscono un ipotizzabile, futuro utilizzo di

questa molecola come potenziale marcatore tumorale di prognosi nel carcinoma

squamocellulare della laringe. Tuttavia, ad oggi questa non può che essere una previsione

futura, considerato che, prima di poter essere prese in considerazione in ambito clinico, tali

ipotesi andranno ulteriormente validate tramite studi con casistiche più ampie e metodiche più

standardizzate, nonché tramite metanalisi con criteri di inclusione più rigidi e controllati.

β-catenina

Anche la β-catenina risulta essere fondamentale nei processi di adesione intercellulare. Infatti

le Catenine sono subunità del complesso proteico cui si lega la porzione intracellulare delle

Caderine e sono essenziali nella conformazione dei desmosomi, avendo la funzione di

collegare la E-caderina e la α-catenina alla actina del citoscheletro. Anche questa molecola è

quindi indispensabile per il mantenimento dell’integrità strutturale e della polarità cellulare

delle cellule epiteliali (Fig. 23).

Sembra che questa molecola sia iperespressa nei carcinomi a cellule basali e in quelli

squamocellulari del colon-retto e che sia correlata con la loro proliferazione.

Per quanto concerne le neoplasie del distretto testa-collo, molti autori hanno cercato di trovare

una correlazione tra l’espressione di β-catenina e le caratteristiche di invasività e

metastatizzazione delle cellule tumorali, partendo dall’assunto che questa molecola, insieme

alla E-caderina, prende parte alla formazione del “complesso caderine-catenine”,

fondamentale nei processi di adesione intercellulare [65; 72; 78 - 81]. I dati a riguardo sono

molto interessanti, infatti la maggior parte degli studi riporta una progressiva diminuzione

dell’espressione di β-catenina nei carcinomi squamocellulari della testa e del collo [79 - 81].

Tali dati sono quindi in contrasto con quello che si osserva in neoplasie localizzate in altri

organi, pur confermando il ruolo chiave svolto dalla β-catenina nel complesso programma di

rimodellamento cellulare di transizione epitelio-mesenchimale.

Probabilmente la spiegazione a questa discordanza di risultati va ricercata nel complesso

metabolismo della β-catenina, grazie al quale, come detto nel capitolo precedente, la quantità

e la sottolocalizzazione cellulare di questa molecola possono modificarne radicalmente il

ruolo trasformandola da molecola fisiologicamente utile nell’adesione intercellulare a

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importante marcatore di avvenuta transizione epitelio-mesenchimale. In questo senso, sebbene

la valutazione di questa proteina come marcatore prognostico appaia molto promettente, sono

necessari ulteriori studi che facciano luce sui passaggi oscuri del suo articolato metabolismo e

che tentino di metterla in correlazione con i fattori istopatologici in serie più ampie di

pazienti.

α-catenina

Come la β-catenina, anche l’α-catenina è una subunità del complesso proteico cui si lega la

porzione intracellulare delle Caderine; anch’essa svolge quindi un ruolo fondamentale nella

formazione dei desmosomi, e quindi delle giunzioni intercellulari (fig. 23).

Le α-catenine possono essere ulteriormente suddivise in: α-1-catenina (o E-catenina), α-2-

catenina (o N-catenina) e α-3-catenina (o T-catenina).

In letteratura, gli articoli che tentano di trovare un valore prognostico all’espressione di α-

catenina nei tumori del distretto testa-collo non sono moltissimi [82 - 85] e, in aggiunta,

forniscono risultati contrastanti. Tuttavia, è riconosciuta all’unanimità la partecipazione attiva

di questa catenina nel fenomeno della transizione epitelio-mesenchimale.

Probabilmente, anche per questa molecola vale il discorso fatto per la β-catenina, cioè che una

più dettagliata conoscenza del suo complesso metabolismo, unita a studi con casistiche più

ampie, aiuteranno a far luce sulla reale utilità prognostica di questo marcatore nelle neoplasie

del distretto testa-collo.

γ-catenina

Come la β-catenina e l’α-catenina, anche la γ-catenina è una subunità del complesso proteico

cui si lega la porzione intracellulare delle Caderine; insieme alle altre due riveste quindi un

ruolo di rilievo nella formazione dei desmosomi, e quindi delle giunzioni intercellulari (Fig.

23).

Viene chiamata anche Placoglobina, e una sua mutazione è stata messa in correlazione con

alcune forme di cardiomiopatia genetica e con il pemfigo volgare.

In letteratura ci sono pochi studi sul ruolo prognostico della γ-catenina nelle neoplasie del

distretto testa-collo [85 - 87] e, anche per questa molecola, i dati risultano in contraddizione,

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pur essendo tuttavia unanime il riscontro del ruolo di rilievo che essa recita nel fenomeno

della transizione epitelio-mesenchimale.

Probabilmente, anche per questa molecola vale il discorso fatto per la β-catenina e l’α-

catenina, cioè che una maggiore conoscenza dell’articolato metabolismo cellulare del

“complesso caderine-catenine”, accompagnata da studi con casistiche più numerose,

aiuteranno a chiarire la reale utilità prognostica di questo marcatore nelle neoplasie del

distretto testa-collo.

N-caderina

La N-caderina è il corrispettivo mesenchimale della E-caderina. Essa è infatti una

glicoproteina di membrana con struttura simile a quella della E-caderina, ma che viene

espressa principalmente dai tessuti neurali e da quelli mesenchimali. Infatti, pare che la sua

iperespressione possa essere utilizzata come marker tumorale nei sarcomi.

Negli ultimi anni, il fenomeno dello “switch delle caderine”, che è uno dei passaggi

fondamentali della transizione epitelio-mesenchimale, è stato molto studiato ed esistono molti

lavori che valutano l’espressione di E-caderina e N-caderina nelle cellule maligne di neoplasie

localizzate in varie sedi.

Tuttavia, per quanto riguarda le neoplasie squamose della laringe, l’espressione di N-caderina

non è stata in letteratura ancora approfondita dettagliatamente [49; 88 - 91]. In questo senso,

tutti i lavori tentano di valutare l’affidabilità dell’espressione di N-caderina come potenziale

marcatore di fenotipo cellulare mesenchimale. Va sottolineato però che in questi studi non

sono sempre unanimi i risultati attesi nella misurazione di questo marker nelle cellule

neoplastiche, ponendo dei dubbi sulla sua affidabilità.

Probabilmente, l’estremo dinamismo che caratterizza il processo della transizione epitelio-

mesenchimale, unito alla non completa conoscenza delle coordinate spazio-temporali che

governano questo articolato meccanismo di rimodellamento cellulare, conducono nei diversi

studi ad adottare metodiche di valutazione dei markers differenti tra loro, con un rischio

considerevole di riscontrare risultati apparentemente discordanti, ma che in realtà descrivono

soltanto momenti diversi del medesimo processo. In conclusione, ulteriori studi sono

necessari per comprendere meglio tutti i passaggi del programma di TEM e per confermare

ulteriormente il potenziale ruolo della N-caderina come marcatore prognostico di invasività

locale e a distanza nei carcinomi squamocellulari della laringe.

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Vimentina

La Vimentina è un costituente del citoscheletro che fa parte della famiglia delle “proteine dei

filamenti intermedi”, e può essere utilizzata come marker di tessuti a provenienza

mesenchimale.

Dentro la cellula, essa è strettamente connessa al nucleo, al reticolo endoplasmatico e ai

mitocondri e si pensa giochi un ruolo fondamentale come supporto e ancoraggio degli

organelli del citoplasma.

Agisce inoltre nel cambio della conformazione e della struttura delle cellule, così come nel

rendere il loro citoscheletro più elastico e resistente, tramite la creazione di legami più forti

con i microtubuli e i filamenti di actina.

Quest’ultima proprietà risulta fondamentale per la migrazione delle cellule, perché senza

questa, esse risulterebbero molto più fragili.

La letteratura riguardante l’espressione di vimentina nelle neoplasie della testa e del collo

suggerisce discrete evidenze che confermano l’importanza di questa proteina nel processo di

transizione epitelio-mesenchimale, correlando l’iperespressione di questa molecola con

l’acquisizione di un fenotipo mesenchimale da parte delle cellule neoplastiche [49; 64; 70;

92]. Innegabilmente, c’è bisogno di ulteriori studi, con più pazienti e metodiche più

standardizzate, che possano trasformare in forti evidenze quello che per ora può essere

definito solamente come un trend.

Caveolina-1

Le caveole sono microdomini presenti nelle membrane biologiche caratterizzati da una

peculiare composizione lipidica. In particolare queste regioni, dette rafts lipidici, che sono

ricche in colesterolo e sfingolipidi, rappresentano delle frazioni di membrana importanti nella

generazione e modulazione dei segnali intracellulari. Inoltre, permettono l'attraversamento

delle membrane capillari a molecole specifiche (anticorpi, fattori del complemento, fattori

della coagulazione), che non sono in grado di attraversarle in altro modo (per esempio per

filtrazione o diffusione) (Fig. 24).

La Caveolina-1, che è la proteina che in misura maggiore le costituisce, è una proteina

coinvolta in una molteplicità di attività cellulari tra cui il trasporto di molecole, l’adesione

cellulare e la trasduzione del segnale intracellulare; riguardo quest’ultima funzione, essa

svolge anche un ruolo di rilievo nella trasduzione del segnale EGFR-mediata.

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In generale, il ruolo della Caveolina-1 nei processi di cancerogenesi è ancora controverso e

ampiamente dibattuto. Infatti, se da un lato pare che la sua iperespressione sia associata

all’iperespressione di α-catenina, β-catenina e γ-catenina, dall’altro è stata riscontrata una sua

forte capacità antiproliferativa, proapoptotica e, di conseguenza, inibente lo sviluppo di

cellule tumorali. Inoltre, se da un lato si è osservato che alterazioni della sua espressione sono

associate allo sviluppo di neoplasie e all’induzione del fenotipo invasivo nelle cellule

tumorali, dall’altro i dati in letteratura sono paradossali, dal momento che lo sviluppo di

alcune neoplasie è stato associato ad una sua iperespressione, mentre lo sviluppo di altre

neoplasie è stato associato ad una sua ipoespressione. Risulta quindi evidente come la

comprensione della reale funzione di questa molecola sia ancora poco chiara.

Per quanto riguarda le neoplasie del distretto testa-collo, la letteratura sulla Caveolina-1

conferma questa contraddittorietà [83; 99; 100], suggerendo tuttavia che l’attività di questa

proteina è correlata con il “complesso caderine-catenine” e quindi con i fenomeni di adesione,

migrazione, differenziazione e invasività cellulare.

In conclusione per la Caveolina-1, è bene sottolineare la assoluta necessità di ulteriori studi,

standardizzati e con casistiche ampie ed omogenee, mirati a comprendere la sua reale

funzione e soprattutto a misurarne l’espressione nelle neoplasie del distretto testa-collo.

KI-67

Il Ki-67 è una proteina nucleare che è indispensabile per la proliferazione cellulare, ed è

considerato per questo un valido marker cellulare di proliferazione.

Il suo ruolo fondamentale nei processi di proliferazione cellulare è confermato dal fatto che

esso è presente durante tutte le fasi attive del ciclo cellulare (G1, S, G2, mitosi) ma è assente

dalle cellule in fase quiescente (G0), e dall’evidenza che una sua inattivazione conduce

all’inibizione della sintesi di RNA ribosomiale. Durante l’interfase, l’espressione di Ki-67 è

localizzata soltanto al nucleo, ma essa si ridistribuisce ai cromosomi durante la mitosi, ed è

stato specificamente rilevato che sia associata alle “proteine leganti l’eterocromatina”, come

la proteina omologa cromobox-3 (cbx-3).

Il Ki-67 è un marker eccellente per determinare la frazione in crescita di una popolazione

cellulare (Ki-67 Labeling Index) e ci sono forti evidenze che questo sia un fattore prognostico

di sopravvivenza e di recidiva in molte neoplasie.

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Esistono due tipi di anticorpi che si possono usare per ricercare il Ki-67, e sono: I) l’anticorpo

originale per Ki-67; II) il MIB-1, che è un comune anticorpo monoclonale che rispetto a

quello originale presenta il non trascurabile vantaggio di poter essere usato su pezzi fissati in

formalina o inclusi in paraffina, ed è proprio per questa ragione che è il più utilizzato in

clinica per ricercare il “Ki-67 Labeling Index”.

Per quanto riguarda le neoplasie del distretto testa-collo, la letteratura che ha provato a

mettere in correlazione l’espressione cellulare del Ki-67 con fattori prognostici istopatologici

come il T stage e l’N stage è molto ampia [73; 101 - 117]. I risultati che si evidenziano da tutti

questi lavori sono però a volte contrastanti. Infatti, se da un lato è stato dimostrato che

l’espressione di Ki-67 è strettamente correlata con il grado di proliferazione cellulare,

dall’altro sono meno forti le evidenze che mettono in correlazione la sua iperespressione con i

processi neoplastici di invasività locale e a distanza.

Tuttavia, i dati in letteratura sono molto incoraggianti e, qualora fossero confermati da studi

più ampi e metanalisi più standardizzate, non sarebbe assurdo, in un futuro più o meno

prossimo, pensare alla misurazione del “Ki-67 Labeling Index” nei pezzi operatori di pazienti

con carcinoma squamocellulare della laringe come fattore in grado di indicare la prognosi,

nonché di indirizzare il paziente attraverso le numerose, possibili opzioni terapeutiche.

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Figura 23 - Il complesso Caderine-catenine e la sua funzione nella realizzazione delle giunzioni aderenti intercellulari

Figura 24 - La localizzazione sulla membrana plasmatica della Caveolina-1

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3 IL NOSTRO STUDIO

3.1 Obiettivi dello studio

Lo scopo dello studio è stato studiare markers di invasività nel carcinoma squamocellulare

della laringe valutandone il loro possibile ruolo prognostico e predittivo nell’evoluzione della

neoplasia.

Nello specifico abbiamo studiato la presenza del fenomeno di transizione epitelio-

mesenchimale nelle cellule neoplastiche di carcinoma squamocellulare della laringe attraverso

la misurazione con tecnica immunoistochimica di gran parte delle molecole che recitano un

ruolo di rilievo in questo complesso programma di rimodellamento cellulare, mettendo in

correlazione i nostri risultati con quelli che ad oggi sono gli unici marcatori prognostici

affidabili nelle neoplasie della laringe, cioè il “T stage” e l’ “N stage”, e con il “Grading” e la

“Sottosede tumorale”. Nello specifico, si tratta di uno studio pilota (teso quindi a valutare la

validità del protocollo di studio) condotto su una frazione dei circa 80 pazienti che verranno

successivamente valutati nello studio completo.

Nel capitolo precedente abbiamo descritto dettagliatamente la struttura, le funzioni e le

implicazioni in ambito oncologico dei potenziali markers indagati nel nostro studio. Di

seguito quindi, ci limiteremo ad elencare quali sono i marcatori che abbiamo deciso di

studiare :

E-caderina

β-catenina

α-catenina

γ-catenina

N-caderina

Vimentina

Caveolina-1

Ki-67

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3.2 Materiali e metodi

Dalla casistica operatoria della U.O.C. Otorinolaringoiatria “B” del Policlinico “Umberto I”,

relativa al periodo Marzo 2006 - Maggio 2011, sono stati selezionati 26 casi di pazienti

sottoposti a laringectomia (totale 14/26, subtotale 9/26, e orizzontale sovraglottica 3/26), per

neoformazione laringea con diagnosi istologica di carcinoma squamocellulare. Nessuno di

questi pazienti era stato sottoposto a trattamento radioterapico neoadiuvante.

La popolazione in studio è risultata di 21 uomini (80,8%) e 5 donne (19,2%), con età media di

68,3±8 anni (range 51 – 85 anni); tra questi 8 presentavano un’età < 65 anni (30,8%) e 18

presentavano un’età > 65 anni (69,2%) (Tabelle 5-6). La neoplasia risultava localizzata a

livello glottico in 20 casi (76,9%) e sovraglottico in 6 (23,1%). In 21 pazienti (80,8%)

l’intervento chirurgico aveva compreso anche lo svuotamento dei linfonodi laterocervicali.

Dall’esame della cartella clinica sono stati ricavati i dati clinici relativi ad età, sesso, sede

della neoformazione e tipo di intervento oltre ai dati del referto dell’anatomopatologo, relativi

a diagnosi istologica della neoplasia, stadiazione patologica della stessa secondo la

classificazione TNM e valutazione del suo grado di differenziazione (Tabelle 5-6).

I vetrini (colorati con ematossilina-eosina) relativi ai preparati istologici allestiti dopo

campionamento di ciascuna laringectomia inviata alla U.O.C. EOC12 del Servizio di

Anatomia Patologica, sono stati riesaminati al microscopio ottico, al fine di selezionare, per

ciascun caso, il blocchetto di tessuto (fissato in formalina 10% ed incluso in paraffina) più

rappresentativo della neoplasia, dal quale allestire le sezioni da utilizzare per lo studio

immunoistochimico. Tale scelta si è basata sia sulla cellularità (> 80%), sia sull’aspetto di

differenziazione.

Come controllo sono state utilizzate sezioni di mucosa laringea non neoplastica dello stesso

paziente e mucosa di 3 pazienti sottoposti a biopsia della glottide per patologia infiammatoria.

Tabella 5 - Elenco dei pazienti inclusi nello studio con relativi dati clinici

PzEtà Sesso

Sottosede

tumoraleIntervento chirurgico pTNM Stadio Grading

1 65 M Glottide Totale pT3 pN0 pMx III G2

2 57 M Glottide Subtotale secondo Labayle

pT2 pN0 pMx II G2

3 59 F GlottideSubtotale secondo

LabaylepT2 pN0 pMx II G3

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4 75 M Glottide Totale pT3 pN0 pMx III G2

5 76 M GlottideSubtotale secondo

LabaylepT3 pN0 pMx III G3

6 68 M Glottide Totale pT3 pN0 pMx III G2

7 68 M Glottide Totale pT4 pN0 pMx IVa G3

8 77 M Glottide Totale pT4 pN0 pMx IVa G2

9 67 M Glottide Totale pT2 pN1 pMx III G3

10 74 M Glottide Subtotale secondo Labayle

pT4 pN1 pMx IVa G2

11 51 M Sovraglottide Totale pT4 pN1 pMx IVa G3

12 69 M SovraglottideSubtotale secondo

LabaylepT2 pN2b pMx IVa G3

13 76 M Sovraglottide Laringectomia orizzontale sovraglottica

pT2 pN2 pMx IVa G3

14 66 F Sovraglottide Laringectomia orizzontale sovraglottica

pT3 pN2c pMx IVa G3

15 69 M Sovraglottide Laringectomia orizzontale sovraglottica

pT4a pN2c pMx IVa G3 - G4

16 61 M Glottide Totale pT4 pN2b pMx IVa G3

17 75 M Glottide Totale pT3 pN2b pMx IVa G2

18 70 M Glottide Totale pT3 pN2c pMx IVa G4

19 57 F Glottide Subtotale secondo Labayle

pT3 pN2c pMx IVa G2

20 68 M Glottide Totale pT4a pN0 pMx IVa G4

21 72 M Glottide Totale pT1a pNx pMx I G1

22 61 F Glottide Subtotale secondoMayer-Piquet

pT1a pNx pMx I G2

23 85 F Sovraglottide Subtotale secondo Labayle

pT1 pNx pMx I G2

24 62 M Glottide Subtotale secondo Labayle

pT1 pNx pMx I G2

25 81 M Glottide Totale pT4a pNx pMx IVa G3

26 66 M Glottide Totale pT3 pN2c pMx IVa G4

Tabella 6 - Tabella riassuntiva dei dati della popolazione in studio

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Età: ˂ 65 anni: 8 ˃ 65 anni: 18

Sesso: Maschi: 21 Femmine: 5

Sottosede tumorale: Sovraglottide: 6 Glottide: 20 Sottoglottide: 0

Intervento chirurgico: Totale: 14 Subtotale secondo Labayle: 8 Subtotale secondo Mayer-Piquet: 1 Laringectomia orizzontale sovraglottica: 3

T stage: T1: 4 T2: 5 T3: 9 T4: 8

N stage: N0: 9 N1: 3 N2: 9 Nx: 5

Stadio: I: 4 II: 2 III: 5 IV: 15

Grading: G1: 1 G2: 11 G3: 10 G4: 4

Studio immunoistochimico

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Lo studio dell’espressione dei sette markers coinvolti nella transizione epitelio-mesenchimale,

e dell’indice di proliferazione Ki67, è stato effettuato tramite metodiche di

immunoistochimica (IHC).

L’IHC permette infatti la visualizzazione di un antigene tissutale sfruttando il legame che

questo stabilisce con un anticorpo specifico ed utilizzando un sistema di rilevazione associato

ad un cromogeno, il quale rende visibile al microscopio l’eventuale legame antigene-

anticorpo nel suo sito di formazione.

La quantità di antigene presente è quindi direttamente proporzionale alla quantità di

cromogeno precipitato e all’intensità della reazione antigene-anticorpo visualizzata dalla

precipitazione del cromogeno. A seconda delle aree in cui il cromogeno si deposita, si può

inoltre differenziare la localizzazione dell’antigene in: nucleare, citoplasmatica e di

membrana.

Nello specifico, dal blocchetto di tessuto (incluso in paraffina) selezionato, sono state allestite

per ciascun caso 9 sezioni dello spessore di 2 micron su vetrini a carica positiva. I vetrini così

ottenuti sono stati asciugati in stufa a 37 °C per circa 1 ora. Successivamente le sezioni sono

state sparaffinate tramite passaggi successivi in xilolo (2 x 10 minuti) ed in concentrazioni

decrescenti di alcool (100-95%), fino all’immersione in acqua distillata. Dopo il blocco delle

perossidasi endogene, le sezioni sono state sottoposte al trattamento di smascheramento

antigenico per liberare l’epitopo target dai cross link derivanti dalla fissazione in formalina

(ripristino dell’attività antigenica) tramite cicli di smascheramento, con soluzione tampone

TRIS- EDTA citrato a pH 6 in forno a microonde (n° di cicli e tempo variabili a seconda

dell’anticorpo utilizzato) (Tabella 7).

Infine, le sezioni sono state lavate con PBS e incubate con il siero di bloccaggio a temperatura

ambiente per 10 minuti; successivamente sono state incubate con lo specifico anticorpo

primario.

Gli anticorpi utilizzati nello studio sono stati:

- Anticorpo anti Caveolina-1, rabbit polyclonal (N-20, sc-894, Santa Cruz Biotechnology,

Santa Cruz, CA, USA), alla diluizione di 1:50, con tempo di incubazione della reazione di

60 min a temperatura ambiente in camera umida;

- Anticorpo anti E-Caderina, rabbit polyclonal (H-108, sc-7870, Santa Cruz Biotechnology,

Santa Cruz, CA, USA) alla diluizione di 1:100, con tempo di incubazione della reazione di

60 min a temperatura ambiente in camera umida;

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- Anticorpo anti α–catenina, rabbit polyclonal (H-297 SC-7894 Santa Cruz Biotechnology,

Santa Cruz, CA, USA), alla diluizione di 1:50, con tempo di incubazione della reazione di

60 min a temperatura ambiente in camera umida;

- Anticorpo anti β–catenina, rabbit polyclonal ( H-102, sc-7199 Santa Cruz Biotechnology,

Santa Cruz, CA, USA), alla diluizione di 1:150, con tempo di incubazione della reazione

di 60 min a temperatura ambiente in camera umida;

- Anticorpo anti γ–catenina, rabbit polyclonal (H-80, sc-7900 Santa Cruz Biotechnology,

Santa Cruz, CA, USA), alla diluizione di 1:100, con tempo di incubazione della reazione

di 60 min a temperatura ambiente in camera umida;

- Anticorpo anti N-caderina, rabbit polyclonal (H-63, sc-7939 Santa Cruz Biotechnology,

Santa Cruz, CA, USA), alla diluizione di 1:50, con tempo di incubazione della reazione di

60 min a temperatura ambiente in camera umida;

- Anticorpo anti Vimentina, monoclonal mouse (anti-Vimentin clone V9, code n° M0725

Dako Cytomation) alla diluizione di 1:100, con tempo di incubazione della reazione di 60

min a temperatura ambiente in camera umida;

- Anticorpo anti Ki-67, monoclonal mouse (code n° M7240 Dako), alla diluizione di 1:50,

con tempo di incubazione della reazione di 60 min a temperatura ambiente in camera

umida.

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Tabella 7 - Protocollo utilizzato per lo studio immunistochimico per ciascun anticorpo

Anticorpi anti Caveolina-1 Anticorpo anti Caveolina-1 rabbit polyclonal (N-20, sc-894, Santa Cruz Biotechnology, Santa Cruz, CA, USA)

Smascheramento: tampone TRIS- EDTA citrato pH 6.0 in forno a microonde (1 ciclo da 5 min)

Anticorpo primario: diluizione 1:50 incubazione 60 min a temperatura ambiente

Anticorpo secondario: incubazione 15 min (UltraTek-HRP anti-rabbit, UCS Diagnostics, Rome, Italy)

Anticorpi anti E-caderina Ab anti E-Caderina rabbit polyclonal (H-108, sc-7870, Santa Cruz Biotechnology, Santa Cruz, CA, USA)

Smascheramento: tampone citrato ph 6 mediante 1 ciclo x 5 min in microonde

Anticorpo primario: 1:100 per 60 min Anticorpo secondario: incubazione 15 min (UltraTek-HRP anti-

rabbit, UCS Diagnostics, Rome, Italy)Anticorpi anti α-catenina Ab anti α–catenina rabbit polyclonal (H-297 SC-7894 Santa Cruz

Biotechnology, Santa Cruz, CA, USA) Smascheramento: tampone citrato ph 6 mediante 1 ciclo x 5 min in

microonde Anticorpo primario: 1:50 per 60 min Anticorpo secondario: incubazione 15 min (UltraTek-HRP anti-rabbit,

UCS Diagnostics, Rome, Italy)Anticorpi anti β-catenina Ab anti β–catenina rabbit polyclonal ( H-102, sc-7199 Santa Cruz

Biotechnology, Santa Cruz, CA, USA) Smascheramento: tampone citrato ph 6 mediante 1 ciclo x 5 min in

microonde Anticorpo primario: 1:150 per 60 min Anticorpo secondario: incubazione 15 min (UltraTek-HRP anti-rabbit,

UCS Diagnostics, Rome, Italy)Anticorpi anti γ-catenina Ab anti γ–catenina rabbit polyclonal (H-80, sc-7900 Santa Cruz

Biotechnology, Santa Cruz, CA, USA) Smascheramento: pH 6 in forno a microonde mediante 1 ciclo da 5

min Anticorpo primario: 1:150 per 60 min Anticorpo secondario: incubazione 15 min (UltraTek-HRP anti-

rabbit, UCS Diagnostics, Rome, Italy)Anticorpi anti N-caderina Ab anti N-caderina rabbit polyclonal (H-63, sc-7939 Santa Cruz

Biotechnology, Santa Cruz, CA, USA) Smascheramento: tampone citrato ph 6 mediante 3 cicli x 3 min in

microonde Anticorpo primario: 1:50 per 60 min Anticorpo secondario: (LSAB+System-HRP, DAKO)

Anticorpi anti Ki-67 Ab anti Ki-67 monoclonal mouse (code n° M7240 dako) Smascheramento: tampone citrato ph 6 mediante 4 cicli x 5 min in

microonde Anticorpo primario: 1:50 per 60 min Anticorpo secondario: (LSAB+System-HRP, DAKO)

Anticorpi anti Vimentina Ab anti Vimentina monoclonal mouse (anti-Vimentin clone V9, code n° M0725 Dako Cytomation)

Smascheramento: tampone citrato ph 6 mediante 3 cicli x 5 min in microonde

Anticorpo primario: 1:100 per 60 min Anticorpo secondario: (LSAB+System-HRP, DAKO)

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Dopo lavaggio in PBS, le sezioni sono state incubate con l’anticorpo secondario biotilinato

per 15 minuti a temperatura ambiente e, dopo ulteriore lavaggio in PBS, incubate con il

complesso Streptavidina-perossidasi per 15 minuti a temperatura ambiente. Dopo un ultimo

lavaggio in PBS, l’incubazione con il cromogeno 3,3’ Diaminobenzidina (DAB) ha permesso

la visualizzazione della reazione al microscopio ottico.

Le sezioni sono state infine controcolorate con ematossilina di Mayer, disidratate nella serie

ascendente degli alcoli, con successivo passaggio in xilolo ed infine montate con balsamo di

Canada per la copertura con vetrini copri-oggetto.

Il controllo negativo della reazione immunoistochimica è stato ottenuto incubando il restante

vetrino con il PBS al posto dell’anticorpo primario.

La valutazione semiquantitativa dell’espressione dei singoli marker sulle sezioni

immunocolorate è stata effettuata, in maniera indipendente, da due anatomopatologi, a cieco

circa le finalità dello studio, che hanno valutato:

- l’intensità della immunocolorazione, sull’intera sezione a 10X, avvalendosi del seguente

score: 0 = assente, 1 = lieve, 2 = moderata, 3 = intensa;

- la localizzazione della proteina, sull’intera sezione a 10X, indicata come: (I) membrana,

(II) membrana e citoplasma, (III) citoplasma, (IV) membrana, citoplasma e nucleo, (V)

citoplasma e nucleo e (VI) nucleo;

- il numero medio di cellule positive della neoplasia, in tre campi random a 20X, espresso

in percentuale ed indicato come bassa espressione (0-49%) ed alta espressione (50-

100%:).

Analisi statistica

Infine specifichiamo che l’analisi statistica dei risultati osservati tramite la valutazione

immunoistochimica è stata effettuata attraverso il test t di Student.

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3.3 Risultati

I carcinomi squamocellulari della laringe del nostro studio erano stati classificati in base alla

classificazione pTNM (Tabelle 5-6) in :

- T1 : 4 casi (15,4%); T2: 5 casi (19,2%); T3: 9 casi (34,6%); T4: 8 casi (30,8%).

- pNx : 5 casi (non era stato effetuato lo svuotamento laterocervicale) (19,2%), N0: 9 casi

(34,6%); N1: 3 casi (11,6%); N2: 9 casi (34,6%).

- pMx : in tutti i 26 casi in esame (non erano presenti metastasi a distanza all’esame clinico-

strumentale al momento dell’intervento chirurgico)

- G1 : 1 caso (3,8%); G2: 11 casi (42,3%); G3: 10 casi (38,5%); G3/4: 1 caso (3,8%); G4: 3

casi (carcinosarcomi) (11,6%).

I risultati dello studio immunoistochimico hanno evidenziato:

- Caveolina-1

o intensità di segnale : 3/26 score 0 (11,5%), 7/26 score 1 (26.9%), 9/26 score 2

(34,6%), 7/26 score 3 (27%)

o localizzazione del segnale : 5/23 membrana/citoplasma (21.7%), 15/23 citoplasma

(65,3%), 1/23 membrana/citoplasma/nucleo (4,3%), 2/23 citoplasma/nucleo

(8,7%)

o espressione : 21/23 alta espressione (91,3%), 2/23 bassa espressione (8.7%)

- E-Caderina

o intensità di segnale : 2/26 score 0 (7,7%), 8/26 score 1 (30,8%), 10/26 score 2

(38,5%), 6/26 score 3 (23%)

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o localizzazione del segnale : 15/24 membrana/citoplasma (62,5%), 8/24 citoplasma

(33,3%), 1/24 membrana/citoplasma/nucleo (4,2%)

o espressione : 19/24 alta espressione (79,2%), 5/24 bassa espressione (20,8%)

- α–catenina

o intensità di segnale : 7/26 score 0 (26,9%), 7/26 score 1 (26.9%), 8/26 score 2

(30.8%), 4/26 score 3 (15.4%)

o localizzazione del segnale : 10/19 membrana/citoplasma (52.6%), 9/19 citoplasma

(47.4%)

o espressione : 19/19 alta espressione (100%)

- β–catenina

o intensità di segnale : 4/26 score 1 (15.4%), 12/26 score 2 (46.2%), 10/26 score 3

(38.5%)

o localizzazione del segnale : 18/26 membrana/citoplasma (69.2%), 8/26 citoplasma

(30.8%)

o espressione : 26/26 alta espressione (100%)

- γ–catenina

o intensità di segnale : 7/26 score 0 (26.9%), 3/26 score 1 (11.5%), 10/26 score 2

(38.5%), 6/26 score 3 (23.1%)

o localizzazione del segnale : 2/19 membrana (10.5%), 14/19 membrana/citoplasma

(73.7%), 3/19 citoplasma (15.8%)

o espressione : 19/19 alta espressione (100%)

- N-Caderina

o intensità di segnale : 7/26 score 0 (26.9%), 9/26 score 1 (34.7%), 5/26 score 2

(19.2%), 5/26 score 3 (19.2%)

o localizzazione del segnale : 1/19 membrana (5.2%), 9/19 membrana/citoplasma

(47.4%), 4/19 citoplasma (21.1%), 3/19 membrana/citoplasma/nucleo (15.8%),

2/19 citoplasma/nucleo (10.5%)

o espressione : 17/19 alta espressione (89.5%), 2/19 bassa espressione (10.5%)

- Vimentina

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o intensità di segnale : 17/26 score 0 (65.4%), 4/26 score 1 (15.4%), 5/26 score 3

(19.2%)

o localizzazione del segnale : 1/7 membrana/citoplasma (14.3%), 6/7 citoplasma

(85.7%)

o espressione : 3/7 alta espressione (%), 4/7 bassa espressione (57.%)

Nelle Tabelle 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 possiamo vedere i risultati dell’analisi

immunoistochimica sui nostri pezzi operatori, mentre nella Tabella 17 possiamo vedere i

risultati dell’analisi immunoistochimica nella mucosa normale di controllo.

Tab. 8 - Correlazione tra l’intensità dell’immunocolorazione di E-Caderina conT-stage, N-stage, Grading, Sottosede tumorale

T1-T2 T3-T4 N0 N1-N2 G1-G2 G3-G4 Glottide Sovraglottideintensità

alta5

(56%)11

(65%)6

(67%)6

(50%)8

(67%)8

(57%)13

(65%)3

(50%)intensità

bassa4

(44%)6

(35%)3

(33%)6

(50%)4

(33%)6

(43%)7

(35%)3

(50%)

Tab. 9 - Correlazione tra l’intensità dell’immunocolorazione di N-Caderina con T-stage, N-stage, Grading, Sottosede tumorale

T1-T2 T3-T4 N0 N1-N2 G1-G2 G3-G4 Glottide Sovraglottideintensità

alta4

(44%)6

(35%)4

(44%)3

(25%)6

(50%)4

(33%)8

(40%)2

(33%)intensità

bassa5

(56%)11

(65%)5

(56%)9

(75%)6

(50%)10

(67%)12

(60%)4

(67%)

Tab. 10 - Correlazione tra l’intensità di immunocolorazione di Ki-67 con T-stage, N-stage, Grading, Sottosede tumorale

T1-T2 T3-T4 N0 N1-N2 G1-G2 G3-G4 Glottide Sovraglottideintensità

alta5

(56%)7

(41%)1

(11%)8

(67%)5

(42%)7

(50%)7

(35%)5

(83%)intensità

bassa4

(44%)10

(59%)8

(89%)4

(33%)7

(58%)7

(50%)13

(65%)1

(17%)

37

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Tab. 11 - Correlazione tra l’intensità di immunocolorazione di β-catenina con T-stage, N-stage, Grading, Sottosede tumorale

T1-T2 T3-T4 N0 N1-N2 G1-G2 G3-G4 Glottide Sovraglottideintensità

alta8

(89%)14

(82%)8

(89%)9

(75%)12

(100%)9

(64%)19

(95%)3

(50%)intensità

bassa1

(11%)3

(18%)1

(11%)3

(25%)0

(0%)5

(36%)1

(5%)3

(50%)

Tab. 12 - Correlazione tra l’intensità di immunocolorazione di γ-catenina con T-stage, N-stage, Grading, Sottosede tumorale

T1-T2 T3-T4 N0 N1-N2 G1-G2 G3-G4 Glottide Sovraglottideintensità

alta7

(78%)10

(59%)4

(44%)9

(75%)8

(67%)9

(64%)12

(60%)5

(83%)intensità

bassa2

(22%)7

(41%)5

(56%)3

(25%)4

(33%)5

(36%)8

(40%)1

(17%)

Tab. 13 - Correlazione tra l’intensità di immunocolorazione di α-catenina con T-stage, N-stage, Grading, Sottosede tumorale

T1-T2 T3-T4 N0 N1-N2 G1-G2 G3-G4 Glottide Sovraglottideintensità

alta4

(44%)8

(47%)5

(56%)3

(25%)7

(58%)5

(36%)10

(50%)2

(33%)intensità

bassa5

(56%)9

(53%)4

(44%)9

(75%)5

(42%)9

(64%)10

(50%)4

(67%)

Tab. 14 - Correlazione tra l’intensità di immunocolorazione di Caveolina-1 con T-stage, N-stage, Grading, Sottosede tumorale

T1-T2 T3-T4 N0 N1-N2 G1-G2 G3-G4 Glottide Sovraglottideintensità

alta3

(33%)13

(76%)7

(78%)7

(58%)8

(67%)9

(64%)14

(70%)3

(50%)intensità

bassa6

(67%)4

(24%)2

(22%)5

(42%)4

(33%)5

(36%)6

(30%)3

(50%)

38

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Tab. 15 - Correlazione tra l’intensità di immunocolorazione di Vimentina con T-stage, N-stage, Grading, Sottosede tumorale

T1-T2 T3-T4 N0 N1-N2 G1-G2 G3-G4 Glottide Sovraglottideintensità

alta0

(0%)5

(29%)1

(11%)2

(17%)0

(0%)3

(21%)2

(10%)1

(17%)intensità

bassa9

(100%)12

(71%)9

(89%)10

(83%)12

(100%)11

(79%)18

(90%)5

(83%)

Correlazione dei markers in studio con il parametro “T-stage”

Per quanto riguarda il parametro T-stage, è stata evidenziata una differenza statisticamente

significativa (p < 0,05), relativamente all’intensità del segnale, soltanto nella correlazione con

la Caveolina-1 (Fig. 25 e 28 A, B, C) e la Vimentina (Fig. 26 e 29 A, B, C). Tale correlazione

è apparsa direttamente proporzionale, cioè al crescere del T cresce l’intensità di

immunocolorazione di queste due proteine.

Inoltre si è riscontrata una differenza statisticamente significativa (p < 0,05), relativamente

alla localizzazione, nella correlazione con la β-catenina (Fig. 27 e 30 A, B, C). Tale

correlazione è stata osservata in relazione al parametro T, per cui al crescere di questo la

localizzazione della proteina è diventata da “di membrana e citoplasmatica” a

“citoplasmatica”.

La correlazione con l’indice di proliferazione Ki-67 non è invece risultata statisticamente

significativa (p > 0,05).

39

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pT1 - pT2 pT3 - pT40%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

67%

24%

33%

76%

Intensità bassa

Intensità alta

Figura 21 - Correlazione tra intensità di segnale di Caveolina-1 e “T-stage” (p < 0.05)

pT1 - pT2 pT3 - pT40%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

67%

24%

33%

76%

Intensità bassa

Intensità alta

Figura 22 - Correlazione tra intensità di segnale di Vimentina e “T-stage” (p < 0.05)

40

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pT1 - pT2 pT3 - pT40%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

89%

65%

11% 35%

Localizzazione di membrana e cito-plasmatica

Localizzazione citoplasmatica

Figura 23 - Correlazione tra localizzazione della β-catenina e “T-stage” (p < 0.05)

41

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A

B

CFigura 28 - Espressione dell’intensità di segnale della Caveolina-1 nella mucosa normale (A), nel gruppo pT1-

pT2 (B) e nel gruppo pT3-pT4 (C)

42

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A

B

CFigura 29 - Espressione dell’intensità di segnale della Vimentina nella mucosa normale (A), nel gruppo pT1-pT2

(B) e nel gruppo pT3-pT4 (C)

43

Page 44: padis.uniroma1.itpadis.uniroma1.it/bitstream/10805/1920/1/Tesi dottorato... · Web viewDurante l’interfase, l’espressione di Ki-67 è localizzata soltanto al nucleo, ma essa si

A

B

CFigura 30 - Espressione della localizzazione della β-catenina nella mucosa normale (A), nel gruppo pT1-pT2 (B) e

nel gruppo pT3-pT4 (C)

Correlazione dei markers in studio con il parametro “N-stage”

Per quanto riguarda il parametro “N-stage”, non è stata evidenziata una differenza

statisticamente significativa, relativamente all’intensità del segnale, nella correlazione con i

sette marker di transizione epitelio-mesenchimale in studio, pur evidenziando una

44

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correlazione quasi significativa ( 0.05 < p < 0.1) con l’intensità di immunocolorazione della

E-caderina (Fig. 31 e 33 A, B, C).

La correlazione con l’indice di proliferazione Ki-67 (Fig. 32 e 34 A, B, C) ha mostrato invece

una differenza statisticamente significativa (p < 0,05). Tale correlazione è apparsa

direttamente proporzionale, cioè al crescere dell’N cresce l’intensità di immunocolorazione

del marcatore.

pN0 pN1 - pN20%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

33%50%

67%

50%

Intensità bassa

Intensità alta

Figura 31 - Correlazione tra intensità di segnale di E-caderina e “N-stage” ( 0.05 < p < 0.1 )

pN0 pN1 - pN20%

5%

10%

15%

20%

25%

30%

9%

29% Valore medio di Ki-67

Figura 32 - Correlazione tra intensità di segnale di Ki-67 e “N-stage” (p < 0.05)

45

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A

B

CFigura 33 - Espressione dell’intensità di segnale della E-caderina nella mucosa normale (A), nel gruppo N0 (B) e

nel gruppo N1-N2 (C)

46

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A

B

CFigura 34 - Espressione dell’intensità di segnale del Ki-67 nella mucosa normale (A), nel gruppo N0 (B) e nel

gruppo N1-N2 (C)

47

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Correlazione dei markers in studio con il parametro “Grading”

Per quanto riguarda il parametro “Grading”, è stata riscontrata una differenza statisticamente

significativa (p < 0,05), relativamente all’intensità del segnale, nella correlazione con la β-

catenina (Fig. 35 e 36 A, B, C). Tale correlazione è apparsa inversamente proporzionale, cioè

al crescere del G diminuisce l’intensità di immunocolorazione di questa proteina.

Nessuna differenza statisticamente significativa (p > 0,05) si è osservata nella correlazione

con le altre cinque proteine in esame, così come per la correlazione con l’indice di

proliferazione Ki-67.

G1 - G2 G3 - G40%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

0%

36%

100%

64%

Intensità bassa

Intensità alta

Figura 35 - Correlazione tra intensità di segnale di β-catenina e “Grading” (p < 0.05)

48

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A

B

CFigura 36 - Espressione dell’intensità di segnale della β-catenina nella mucosa normale (A), nel gruppo G1-G2

(B) e nel gruppo G3-G4 (C)

49

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Correlazione dei markers in studio con il parametro “Sottosede tumorale”

Per quanto riguarda il parametro “Sottosede tumorale”, è stata riscontrata una differenza

statisticamente significativa (p < 0,05), relativamente all’intensità del segnale, nella

correlazione con la β-catenina (Fig. 37 e 39 A, B, C). Infatti le cellule neoplastiche hanno

mostrato un segnale più intenso nel gruppo di pazienti con carcinoma squamocellulare

glottico rispetto a quello che si è osservato nel gruppo di pazienti con carcinoma

squamocellulare sovraglottico.

Anche nella correlazione con l’indice di proliferazione Ki-67 (Fig. 38 e 40 A, B, C) si è

osservata una differenza statisticamente significativa (p < 0,05) relativamente all’intensità del

segnale. Infatti, si è riscontrato un segnale più intenso nel gruppo di pazienti con carcinoma

squamocellulare sovraglottico rispetto a quello che si è osservato nel gruppo di pazienti con

carcinoma squamocellulare glottico.

Neoplasie glottiche Neoplasie sovraglottiche0%

20%

40%

60%

80%

100%

5%

50%

95%

50%

Intensità bassa

Intensità alta

Figura 37 - Correlazione tra intensità di segnale di β-catenina e “Sottosede tumorale” (p < 0.05)

Neoplasie glottiche Neoplasie sovraglottiche0%

10%

20%

30%

40%

17%

36%Valore medio di Ki-67

Figura 38 - Correlazione tra intensità di segnale di Ki-67 e “Sottosede tumorale” (p < 0.05)

50

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A

B

CFigura 39 - Espressione dell’intensità di segnale della β-catenina nella mucosa normale (A), nei carcinomi

squamocellulari glottici (B) e sovraglottici (C)

51

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A

B

CFigura 40 - Espressione dell’intensità di segnale del Ki-67 nella mucosa normale (A), nei carcinomi

squamocellulari glottici (B) e sovraglottici (C)

52

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3.4 Discussione

Il carcinoma squamocellulare della laringe, uno dei più frequenti tumori della testa e del collo,

colpisce principalmente maschi adulti che abusano di tabacco ed alcool ed è caratterizzato da

una differenziazione squamocellulare.

Sebbene il carcinoma glottico in fase precoce ha una prognosi favorevole con un tasso di

sopravvivenza a 5 anni maggiore del 70%, molti tumori sovraglottici e sottoglottici non sono

diagnosticati fino a quando non si sviluppa una grave sintomatologia, per cui il tasso di

sopravvivenza a 5 anni scende drammaticamente a meno del 50%.

Tuttavia, il dato preoccupante è che nonostante il netto progresso tecnico, tecnologico e

metodologico di cui ha beneficiato l’oncologia del distretto testa-collo negli ultimi 30 anni, la

prognosi del carcinoma squamocellulare della laringe non è sostanzialmente migliorata.

Questa evidenza è confermata dal dato sul tasso di sopravvivenza relativa (cioè normalizzato

per l’aspettativa di vita) del cancro della laringe che è passato dal 67% del 1977 al 64% del

2003, unico caso (insieme all’adenocarcinoma del corpo dell’utero) nel quale non si è

riscontrato, negli ultimi 30 anni, un significativo miglioramento della sopravvivenza [23].

Attualmente, per quanto riguarda il carcinoma squamocellulare della testa e del collo,

nonostante la molteplicità dei fattori prognostici clinici e istologici, sono oggettivamente

pochi quelli concretamente validati e sufficientemente sicuri in relazione al controllo loco-

regionale e alla sopravvivenza; infatti, questi si limitano sostanzialmente ai parametri clinici

“T stage” e soprattutto “N stage”. Il risultato di questa carenza di affidabili fattori prognostici

porta al fatto che a volte, tumori che sono classificati nello stesso stadio presentano un

comportamento molto diverso tra loro.

Il riconoscimento e l’identificazione di markers tumorali associati con l’evoluzione, le

recidive e/o le metastasi potrebbero pertanto diventare elementi chiave nel predire il

comportamento biologico del tumore e nella scelta della strategia terapeutica più appropriata.

Il fenomeno della Transizione Epitelio-Mesenchimale (o TEM o Epithelial-Mesenchimal

Transition o EMT) è stato uno dei processi molecolari maggiormente studiati negli ultimi anni

in relazione agli eventi cancerogenici di invasività e metastatizzazione e in letteratura sono

numerosi i markers legati a questo fenomeno che sono stati proposti come potenziali, futuri

fattori prognostici. Tuttavia, i risultati in letteratura sono tuttora discordanti sulla reale validità

prognostica di questi markers [49 - 118].

53

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Infatti, malgrado siano molti gli studi che negli ultimi anni hanno tentato di descrivere questo

complesso programma di rimodellamento cellulare, ad oggi permangono dei passaggi non

perfettamente chiariti, e la straordinaria complessità di questo fenomeno, che coinvolge

trasversalmente processi fisiologici, para-fisiologici e patologici, deve essere ancora

completamente compresa [47 - 51; 55].

In quest’ottica, una più completa comprensione delle molteplici cascate metaboliche che

regolano il processo di TEM, potrebbe portare alla scoperta di nuovi markers, ancora più

sensibili e specifici, che permetterebbero una valutazione più accurata dell’eventuale

correlazione con i meccanismi di invasività e metastatizzazione [55].

Un’altra importante chiave di lettura è la mancanza di forti evidenze che descrivano con

precisione le coordinate spazio-temporali della TEM. Questo significa che ad oggi non è stato

accertato se ad andare incontro allo “switch fenotipico” siano tutte o soltanto parte delle

cellule della massa tumorale. Infatti, è probabile che la potenzialità metastatica venga

acquisita soltanto da una piccola parte delle cellule della massa tumorale, per di più

localizzate in aree specifiche della neoplasia, che più probabilmente sono in prossimità dei

margini [50; 55; 68]. Al contempo, è ancora da comprendere in quale preciso momento della

cancerogenesi si verifica il processo di TEM. Infatti, il grande dinamismo che

contraddistingue questo processo rende difficile la comprensione precisa delle caratteristiche

temporali della transizione [50; 55; 68].

Infine, sottolineiamo che esistono evidenze che suggeriscono che, così come nei processi

fisiologici e parafisiologici, anche nei processi neoplastici alla transizione epitelio-

mesenchimale consegue sempre una transizione mesenchimo-epiteliale, che permette alla

cellula neoplastica di stabilizzarsi nel nuovo tessuto, aderire alle altre cellule e proliferare, al

fine di ricreare un tessuto a fenotipo tipicamente epiteliale [47; 49; 55].

In questo senso molto interessante è lo studio di Armstrong [52], che valuta l’espressione di

markers epiteliali e markers mesenchimali su cellule metastatiche prelevate dal sangue di

pazienti con neoplasia metastatica in stadio avanzato. I risultati dimostrano la contemporanea

presenza nelle cellule metastatiche di caratteristiche sia epiteliali, sia mesenchimali,

avvalorando l’ipotesi di un ruolo di rilievo della TEM nei processi di metastatizzazione, pur

senza riuscire a fornire coordinate temporali precise a questo processo.

Infine, è probabile che il programma di TEM non sia un fenomeno del tipo “tutto o nulla”;

rimangono tuttora dubbi sulla possibilità che cellule neoplastiche con caratteri di invasività

locale e a distanza possano andare incontro solamente ad una parziale transizione, con

54

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espressione di caratteri fenotipici sia epiteliali sia mesenchimali, conferendo ulteriore

variabilità e dinamismo a questo articolato processo di rimodellamento architettonico delle

cellule neoplastiche.

I risultati del nostro studio, che mostrano una significativa correlazione direttamente

proporzionale tra l’intensità di immunocolorazione di Caveolina-1 e Vimentina con il

parametro “T-stage” sono in accordo con alcuni dei dati presenti in letteratura [64; 83; 100].

La nostra concomitante osservazione di una delocalizzazione statisticamente significativa

della β-catenina da una localizzazione di membrana ad una citoplasmatica parallelamente

all’aumentare del parametro “T-stage” è un risultato che conferma l’importanza del

progressivo spostamento di questa proteina dalla membrana verso il citoplasma nei processi di

invasività locale, che avvengono nella cancerogenesi delle neoplasie squamocellulari della

laringe [65; 72; 78 - 81].

In accordo con i risultati presenti in letteratura [66; 67; 69; 72; 74 - 77], l’espressione della E-

caderina è risultata essere inversamente proporzionale al parametro “N-stage”; tuttavia,

l’entità di questa diminuzione è apparsa soltanto quasi statisticamente significativa, e questo

conferma la necessità di ulteriori studi, mirati a chiarire nel dettaglio tutti i passaggi del

complesso fenomeno della transizione epitelio-mesenchimale e a valutare l’affidabilità della

misurazione di questa proteina come marker di transizione epitelio-mesenchimale.

L’intensità di immunocolorazione di β-catenina ha mostrato un andamento inversamente

proporzionale rispetto al crescere del parametro “Grading” e questo è un dato che conferma

l’importanza del ruolo di questa proteina nei meccanismi cellulari neoplastici di de-

differenziazione. Questo dato, inoltre, conferma i risultati ottenuti da alcuni studi in letteratura

[79 - 81] che mostrano un’ipoespressione della β-catenina nei carcinomi squamocellulari della

laringe con prognosi peggiore. Questa correlazione appare molto interessante, soprattutto se

paragonata a quanto accade in altre neoplasie, come ad esempio quelle del colon-retto, ove

esistono delle evidenze che una peggiore prognosi sia invece in correlazione con una

iperespressione di β-catenina.

Di grande interesse è risultata anche la forte correlazione che l’indice di proliferazione Ki-67

ha mostrato rispetto al parametro “N-stage”; infatti, l’evidenza che l’espressione di Ki-67

aumenta significativamente al crescere dell’N, ampiamente confermata dalla letteratura [73;

101; 102; 104 - 106; 110; 113 - 117], potrebbe giustificarne un suo futuro potenziale utilizzo

come fattore prognostico nel carcinoma squamocellulare della laringe.

55

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Dai nostri risultati la N-caderina non è sembrata rivelarsi un marker sensibile per la

valutazione della transizione epitelio-mesenchimale, non essendo mai risultata

differenzialmente espressa nei tumori più infiltranti, poco differenziati e con metastasi

linfonodali e tanto meno nei carcinosarcomi, dove l’elevata espressione della Vimentina

invece, confermava la positività della porzione mesenchimale del tumore.

Assolutamente da sottolineare, e peraltro in linea con alcune evidenze in letteratura come ad

esempio lo studio di Goulioumis et al. [65], sembrano invece i risultati che evidenziano una

espressione significativamente differente di β-catenina e Ki-67 nei tumori sovraglottici

rispetto a quelli glottici. Da queste evidenze si potrebbe infatti azzardare l’ipotesi che queste

due neoplasie possano rappresentare delle entità clinicamente e nosologicamente distinte,

aprendo di conseguenza un importante, possibile ulteriore filone di ricerca.

56

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3.5 Conclusioni

Nel panorama discordante dei risultati riportati finora in letteratura riguardo al riconoscimento

e l’identificazione di markers tumorali associati con le recidive e/o le metastasi nel carcinoma

squamocellulare della laringe, il nostro studio identifica il potenziale utilizzo di Caveolina-1,

β-catenina e Vimentina come markers di dedifferenziazione associata alla transizione epitelio-

mesenchimale. Il nostro studio suggerisce inoltre di associare anche la valutazione del Ki-67

nello studio istologico del carcinoma squamocellulare della laringe in quanto risultato

significativamente correlato con il parametro N-stage.

Un ampliamento della casistica risulta comunque necessario per confermare i nostri dati e per,

eventualmente, individuare altri markers (es. E-caderina) che nel nostro studio hanno

comunque mostrato una trend interessante, ancorchè non statisticamente significativo. Inoltre,

sarà di grande interesse effettuare una valutazione delle possibili correlezioni tra i markers in

studio allo scopo di individuare la loro eventuale espressione associata nei pezzi operatori di

pazienti a prognosi peggiore.

Inoltre, un altro dato interessante è stato l’aver riscontrato una notevole differenza di

espressione di β-catenina e Ki-67 tra carcinomi glottici e sovraglottici; questo potrebbe infatti

essere lo spunto per un ulteriore, possibile futuro filone di ricerca che provi a definire le

differenti sotto-localizzazioni delle neoplasie della laringe come entità biologiche distinte.

Innegabilmente sono necessari altri studi con casistiche più ampie e metanalisi con criteri più

rigidi e standardizzati ma l’idea di riuscire a delineare una batteria di markers (tra cui

sicuramente quelli di transizione epitelio-mesenchimale) che permettano di caratterizzare la

singola neoplasia nel singolo paziente appare senza dubbio un campo di studio affascinante e

promettente, che potrebbe condurre ad una rivoluzione nella gestione del malato di carcinoma

squamocellulare della laringe.

Infatti, il valutare anticipatamente nel paziente il rischio di andare incontro a recidive o di

peggiorare la sopravvivenza, permetterebbe di attivare alcune accortezze diagnostiche, come

un follow-up più accurato e ravvicinato nel tempo, o di attuare procedimenti di integrazione

terapeutica che aumentino le possibilità di controllo locale e di eradicazione della “minimal

residual disease” (mrd), che è la causa principale di recidiva o di metastatizzazione.

Infine, da non sottovalutare è anche la prospettiva di poter utilizzare queste specifiche

molecole come target molecolari per lo sviluppo di nuove terapie biologiche in ambito

57

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oncologico, da affiancare a quelle già esistenti (es. Cetuximab), con l’ambizioso fine di inibire

la crescita tumorale e la capacità invasiva locale e a distanza delle cellule neoplastiche.

Tuttavia, per ora le evidenze sono ancora troppo deboli per poter pensare di adottare nella

pratica clinica l’utilizzo di tali markers a scopo sia prognostico sia terapeutico e quindi, ad

oggi, gli unici affidabili fattori prognostici nel carcinoma squamocellulare della laringe

rimangono il “T-stage” e l’”N-stage”.

A livello terapeutico invece, rimane fondamentale la presenza delle “Unità operative

oncologiche”, in cui le varie figure professionali coinvolte nella gestione del paziente

oncologico tentano di caratterizzare la singola neoplasia nel singolo paziente, confrontandosi

e indirizzando il paziente tra le varie, possibili opzioni terapeutiche, che spaziano dalla

chirurgia, che attualmente rappresenta il cardine della gestione terapeutica del cancro della

laringe, fino alla radioterapia e alla chemioterapia.

58

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