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Analisi del testo poetico Le sezioni in cui si articolano le richieste della prova all'esame di stato sono: 1) Comprensione (o parafrasi); 2) Analisi; 3) Interpretazione (o Commento complessivo) e Approfondimenti. Le richieste dell'Analisi spesso suggeriscono una traccia per facilitare la focalizzazione di termini-chiave, espressioni significative o figure retoriche utili a rendere chiaro il testo. Le risposte devono essere giustificate da citazioni tratte dal testo di riferimento; le scelte stilistiche devono essere commentate sulla base dell'effetto o della finalità voluta dall'autore. La sezione relativa all'Interpretazione complessiva e agli Approfondimenti deve essere caratterizzata da un impianto argomentativo scaturito da precise conoscenze pluridisciplinari (filosofia, storia, arte, oltre che le letterature). In questa sezione, può essere prevista la possibilità di optare tra percorsi diversi, ricollegandosi ad altri autori o a temi generali. Parafrasi La parafrasi consiste nella “traduzione” di un testo poetico in un linguaggio semplice e il più possibile privo di figure retoriche. Ad ogni espressione del testo di partenza deve corrispondere un’espressione equivalente nel testo d’arrivo. 1. scegli se procedere seguendo la persona scelta dal poeta, o se trasformare in terza persona il testo ("il poeta immagina che...", "il poeta si rivolge a..."); 2. suddividi il testo in unità sintattiche: la divisione in versi e strofe deve scomparire;

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Analisi del testo poetico

Le sezioni in cui si articolano le richieste della prova all'esame di stato sono: 1) Comprensione (o parafrasi); 2) Analisi; 3) Interpretazione (o Commento complessivo) e Approfondimenti.

Le richieste dell'Analisi spesso suggeriscono una traccia per facilitare la focalizzazione di termini-chiave, espressioni significative o figure retoriche utili a rendere chiaro il testo. Le risposte devono essere giustificate da citazioni tratte dal testo di riferimento; le scelte stilistiche devono essere commentate sulla base dell'effetto o della finalità voluta dall'autore.

La sezione relativa all'Interpretazione complessiva e agli Approfondimenti deve essere caratterizzata da un impianto argomentativo scaturito da precise conoscenze pluridisciplinari (filosofia, storia, arte, oltre che le letterature). In questa sezione, può essere prevista la possibilità di optare tra percorsi diversi, ricollegandosi ad altri autori o a temi generali.

Parafrasi

La parafrasi consiste nella “traduzione” di un testo poetico in un linguaggio semplice e il più possibile privo di figure retoriche. Ad ogni espressione del testo di partenza deve corrispondere un’espressione equivalente nel testo d’arrivo.

1. scegli se procedere seguendo la persona scelta dal poeta, o se trasformare in terza persona il testo ("il poeta immagina che...", "il poeta si rivolge a...");

2. suddividi il testo in unità sintattiche: la divisione in versi e strofe deve scomparire;

3. riordina il testo secondo l’ordine naturale (es.: soggetto, predicato, complemento oggetto); puoi farlo rapidamente numerando a matita le parole fuori posto;

4. integra le espressioni ellittiche, inserendo tra parentesi quadre le parole mancanti o sottintese;

5. sostituisci tutte le parole o espressioni difficili, inusuali, antiquate con sinonimi;

6. prova ad eliminare tutte le figure retoriche; se così facendo il testo è troppo impoverito (ad es. cuiò succede frequentemente con testi ricchi di perifrasi), affianca tra parentesi le espressioni retoriche con una “interpretazione” precisa, anche non sintetica;

Analisi: temi o campi semantici

Ricerca dei temi

La ricerca dei campi semantici può partire, ad esempio, da categorie frequenti, come quelle legate ai sensi:

la vista: sono indicati dei colori? quali sono i colori più ricorrenti? l'ambiente descritto è più o meno illuminato/buio? ecc.

l'odorato: si indicano degli odori? ecc. l'udito: ci sono rumori/suoni? di che tipo sono? sono suoni umani/animali/artificiali? c'è assoluto

silenzio? ecc. il gusto: c'è qualcosa che viene assaporato? ecc. il tatto: si indicano delle qualità tattili? c'è qualcosa di ruvido/liscio/morbido/duro/freddo/caldo?

ecc.

Un'altra categoria importante riguarda la dimensione spaziale e temporale: tutte le parole o i gruppi di parole che rimandano allo spazio e al tempo come "qui, là, domani, nell'infanzia, nell'orto", ecc. In più, per quanto riguarda il tempo, può essere interessante vedere di che tipo sono i tempi verbali più ricorrenti: passati/presenti/futuri? condizionali? ecc.

Può essere utile evidenziare sul testo i vari elementi di un campo semantico con un colore diverso.

Associazioni create dai temi

Dopo aver individuato i campi semantici principali, bisogna imparare a distinguere tra i campi semantici interessanti e no. L'importanza di un campo semantico si capisce:

dalla frequenza con cui ricorrono i suoi elementi; dalla singolarità delle associazioni che i suoi elementi stabiliscono con altri elementi del testo

o con il testo in generale.

La singolarità delle associazioni è importante: ad es., se si associa il colore giallo a qualcosa che è naturalmente giallo, questa associazione non è rilevante; se il giallo è associato a qualcosa che di solito non è giallo, si ha un effetto di stile voluto e pieno di significato.

Significato delle associazioni

Una volta trovati i temi più interessanti, bisogna capire il significato dei campi semantici. Il risultato dipende dalla propria capacità critica, però è possibile aiutarsi con alcuni "trucchi".

Ci sono campi semantici il sui significato non è difficile da capire, perché associato immediatamente a un dato sistema di valori: ad es. il rosso è associato al sangue, al calore, alla vita, all'amore, alla passione.L'insieme del testo, poi, aiuta a circoscrivere meglio il significato esatto da scegliere tra tutta la gamma simbolica delle associazioni trovate.

Può essere interessante vedere in che rapporto stanno tra loro i vari campi semantici: causa/effetto, opposizione, complementarietà, ecc.

Analisi metrica

1. Versi piani, sdruccioli, tronchiI versi italiani si analizzano considerando l'accento tonico dell'ultima parola: il verso si dice piano, se termina con una parola piana (accento tonico sulla penultima sillaba); sdrucciolo, se termina con una parola sdrucciola (accento tonico sulla terzultima sillaba); tronco, se termina con una parola tronca (accento tonico sull’ultima sillaba). Nel contare le sillabe, occorre rispettivamente: non aggiungere né togliere nessuna sillaba per i versi piani; togliere una sillaba per i versi sdruccioli; aggiungere una sillaba per i versi tronchi.

2. Accento ritmicoL' andamento musicale dei versi è influenzato dalla successione degli accenti ritmici. Essi non riguardano tutte le parole, ma mettono in evidenza alcune sillabe in particolare, pronunciate con maggiore forza e intensità. Si determina, in questo modo, una successione ritmica di suoni e, quindi, si creano particolari effetti musicali e cadenze. Una serie di accenti ritmici molto ravvicinati tra loro crea un ritmo veloce e incalzante, adatto a dare un senso di concitazione e tensione, come in questo verso di Dante:

Volsi così colà dòve si puòte

Una serie di accenti molto distanziati tra loro, invece, crea un ritmo lento e disteso, che dà un senso di calma sospesa, come in questo verso di Giacomo Leopardi:

Dolce e chiàra è la nòtte e senza vènto

Anche la distribuzione di accenti nell'intero componimento determina effetti ritmici particolari. Così, quando tutti i versi presentano gli accenti nelle medesime posizioni, il componimento è caratterizzato da un ritmo uniforme e monotono, come nei seguenti versi di G. Carducci:

Evvìva, o fratèlli,evvìva la vìgna,il suòl ove allìgna,l' umòr che ella dà

Al contrario, la presenza di versi con accenti ritmici in posizioni diverse produce un ritmo variato, come nei seguenti versi di Ungaretti:

Dolce declìna il sòledal giòrno si distàccaun cielo tròppo chiàrodiràma solitùdine.

Non tutti gli accenti tonici sono ritmici, naturalmente: le parole tendono ad essere pronunciate in un'unica emissione, soprattutto quando esse non sono portatrici di significato fondamentale. Ad es., un accento ritmico non cadrà mai su un articolo (che in genere si appoggia, ritmicamente, sul nome che lo segue) o su un pronome personale atono (mi, ti, si), mentre potrebbe cadere su un pronome personale tonico (me, te, sé), se esso risulta essere fondamentale dal punto di vista del significato.La cesura è ogni demarcazione ritmica significativa in un verso sufficientemente lungo, di cui delimita gli emistichi. La cesura indica anche in genere la parola-chiave al centro del verso.

3. Tipi di verso e di strofa italianiI versi italiani si classificano in base al numero delle sillabe di cui sono composti. Si hanno dieci tipi di versi, di cui cinque parisillabi (2, 4, 6, 8, 10 sillabe) e cinque imparisillabi (3, 5, 7, 9, 11 sillabe). Ciascuno di essi presenta, in genere, una serie di accenti ritmici in alcune sedi fisse:

Il bisillabo ha per forza un solo accento sulla prima sillabaIl ternario ha un unico accento ritmico sulla seconda sillabaIl quaternario ha due accenti sulla prima e sulla terza sillabaIl quinario ha due accenti: uno sulla prima o seconda sillaba, l’altro sulla quarta sillabaIl senario ha due accenti ritmici: uno sulla seconda e l’altro sulla quinta sillabaIl settenario ha un accento fisso sulla sesta sillaba e l’altro mobile su una delle prime quattroL’ottonario ha gli accenti ritmici sulla terza e sulla settima sillabaIl novenario ha tre accenti ritmici che cadono sulla seconda, sulla quinta e sull’ottava sillabaIl decasillabo ha gli accenti ritmici sulla terza, sulla sesta e sulla nona sillabaL’endecasillabo è un verso di undici sillabe con accenti in posizione libera, se si esclude l’ultimo che cade sempre sulla decima sillaba; tuttavia gli schemi più usati per gli accenti principali sono: sulla sesta e sulla decima; sulla quarta, ottava e decima; sulla quarta, settima e decima. Sono detti endecasillabi a minore e a maiore quelli su cui l'accento ritmico cade rispettivamente sulla quarta e sulla sesta sillaba. Il primo è considerato più calmo e intimista, il secondo più solenne.

Esistono anche versi doppi, cioé due versi uguali, in coppia nella stessa riga, interrotti da una pausa detta cesura:

Doppio quinarioDoppio senarioDoppio settenario o martelliano o alessandrinoDoppio ottonario

I versi sono generalmente presentati in piccoli gruppi, o strofe: le più importanti sono:

Distico Strofa di due versi per lo più in rima baciata (AA, BB...) o alternata (AB, AB...).Terzina Strofa di tre versi a rima incatenata (ABA, BCB, CDC...).

Quartina Strofa di quattro versi a rima alternata (ABAB...) o incrociata (ABBA...).Sestina Strofa di sei versi con rime varie.

Ottava Strofa di otto versi endecasillabi: i primi sei sono a rima alternata (AB, AB, AB), gli ultimi due a rima baciata (CC).

4. Figure metriche.Elisione o sinalefe: fusione in una sola sillaba della vocale finale di una parola e della vocale iniziale della parola 

successiva.

…e il naufragar m’è dolce in questo mare (G. Leopardi, L’infinito, v.15);

…nel muto orto solingo (G. Carducci, Pianto antico, v.5).

 

Episinalefe: si ha quando la vocale dell'ultima sillaba di un verso si fonde con l'iniziale del verso seguente.

... pei bimbi che mamma le andava

    a prendere in cielo.

(G. Pascoli, La figlia maggiore, 7-8)

 

Iato o dialefe: la vocale finale di una parola e la vocale iniziale della parola successiva formano due sillabe distinte.

Gemmea l’aria, / il sole così chiaro (G. Pascoli, Novembre, v1)

 

Dieresi: separazione di due vocali formanti dittongo, per cui, invece di una sillaba, se ne hanno due.

…e arriso pur di visï /on leggiadre (G. Carducci, Funere mersit acerbo, v10)

Sineresi o sinizesi: sono considerate come unica sillaba due o tre vocali della medesima parola non formanti dittongo o trittongo.

…e fuggiano, e pareano un corteo nero (G. Carducci, Davanti San Guido, v.75);

…ed erra l’armonia per questa valle (G. Leopardi, Il passero solitario, v.4)

Pròstesi (o pròtesi): si ha quando si aggiunge una lettera o una sillaba in principio di parola, per eufonia.

… ispumeggiano i frantoi (G. Carducci, Faida di Comune, v.74)

Narran le istorie e cantano i poeti (G. Carducci, Mito e verità, v.1)

 

Epèntesi: si ha quando si inserisce una vocale fra due consonanti, così da formare una sillaba in più.

     Ciascun rivederà la trista tomba (Dante, Inferno, VI, v.97)                           - invece di rivedrà -

    Niun fantasima di luce (G. Carducci, In Carnia, v.61)                                   - invece di fantasma -

…di quella maramaglia, io non lo nego… (G. Giusti, Sant’Ambrogio, v.26)        - invece di marmaglia -

 

Epìtesi: consiste nell’aggiungere una sillaba alla fine di una parola.

Qui di pietà mi spoglio e di virtudi (G. Leopardi, Le ricordanze, v.41)

… eversor di cittadi il mite ramo (G. Carducci, Colloqui con gli alberi, v.4)

 

Afèresi: indica la caduta o soppressione di una sillaba o di una lettera in principio di parola.

… (am)mainaste or or la vela (G. Carducci, Faida di Comune, v.118)

… tu pria che l’erbe inaridisse il (in)verno (G. Leopardi, A Silvia, v.40)

… dell’ultimo orizzonte il (s)guardo esclude. (G. Leopardi, L’infinito, v.3)

 

Sincope: consiste nella caduta di una o più lettere all’interno di una parola.

allor che all’opre femminili intenta (G. Leopardi, A Silvia, v.10)                           - invece di opere -

… veniano a conversar (G. Carducci, Avanti! Avanti!, v.108)                           - invece di venivano -

 

Apocope: indica la caduta di una o più lettere alla fine della parola.

… lo fan d’ozi beato e di vivande (U. Foscolo, Dei Sepolcri, v.61)                      - invece di fanno -

… per lo libero ciel fan mille giri (G. Leopardi, Il passero solitario, v10)              - invece di cielo -

 

Tmesi: si tratta della divisione in due parti di una parola, delle quali la prima è posta alla fine del verso e l’altra all’inizio o nel mezzo del verso successivo.

 

… ché mi si rompono i ginocchi. Salva-

    mi dalla brama del veloce fuoco…

(G. D’Annunzio, L’oleandro, vv.239-240, Alcyone)

 

Ella prega: un lungo alito d’ave-

marie con un murmure lene...

(G. Pascoli, Sorella, vv.21-22, Myricae)

5. Enjambement e rime.

Enjambement

Significa scavalcamento. Indica il fenomeno metrico per cui la frase logica del discorso poetico non coincide con il verso, ma prosegue in quello successivo; è chiamato anche inarcatura.

Verso ipèrmetro e ipòmetro

Il verso ipèrmetro ha una sillaba in più del normale, il verso ipòmetro una di meno.L'ultima sillaba del verso ipermetro si elide con la prima sillaba del verso successivo (episinalefe), oppure viene assegnata al verso seguente, ipometro, avente una sillaba in meno.

Rima

La rima unisce due o più versi che terminano con parole identiche a partire dall’ultima vocale accentata.

Rima baciata

Due versi successivi rimano tra loro, presentando lo stesso suono (AA, BB…)

Rima alternata

Rimano i versi alterni ( ABAB, CDCD…)

Rima chiusa (o incrociata)

Il primo verso rima con il quarto e il secondo con il terzo (ABBA, CDDC…) e così via.

Rima incatenata

Il primo verso rima con il terzo, mentre il secondo rima con il primo e terzo della terzina seguente (ABA, BCB, CDC...),

Rimalmezzo (o interna)

La rima cade in fine di emistichio (a metà verso) o all’interno del verso.

Odi greggi belar, muggire arménti;

gli altri augelli contènti, a gara insieme

per lo libero ciel fan mille giri,

(G. Leopardi, Il passero solitario, vv.8-10)

 

Un poco, tra l'ansia crescente

della néra vaporiera,

l'addio della séra si sente

seguire come una preghiera,...

(G. Pascoli, In viaggio, vv.7-10)

Rima equivoca

Si ha quando la rima è formata da parole di uguale suono e di significato diverso.

Il pennato porto, ché odo

già la prima voce del cucco...

cu... cu... io rispondo a suo modo:

mi dice ch'io cucchi, e sì, cucco.

(G. Pascoli, La vite, vv.5-8)

 

Non vogliamo ricordare

vino e grano, monte e piano,

la capanna, il focolare

mamma, bimbi... Fate piano!

(G. Pascoli, L'or di notte, vv.21-24)

Assonanza

Rima imperfetta nella quale le vocali sono uguali e le consonanti diverse. Può essere

Carnevale vecchio e pàzzo   

s’è venduto il materàsso      

(G. D’Annunzio, Carnevale, vv.1-2)

Consonanza

Rima imperfetta nella quale le consonanti sono uguali e le vocali diverse. Può essere

Qual è quel cane ch'abbaiando agógna,

e si racqueta poi che 'l pasto morde,

ché solo a divorarlo intende e pùgna,...

(Dante, Inferno, VI, 28-30)

 

Leggiadro vien nell’onda della sera

un solitario palpito di stèlla:

a poco a poco una nube leggera

le chiude sorridendo la pupìlla;

(C. Rebora, Stella mia, vv.1-4)