Unical · Web viewQuesto perché l’efficienza tecnica non tiene conto della variabile dei prezzi...

24
Indice Generale Introduzione 2 1. L’efficienza economica 3 1.1 L’efficienza Statica: Produttiva 4 Allocativa 6 1.2 L’efficienza Dinamica 8 1.3 L’efficienza Informativa 10 2. Caso: confronto nel settore tessile - abbigliamento 12 Conclusioni 16 1

Transcript of Unical · Web viewQuesto perché l’efficienza tecnica non tiene conto della variabile dei prezzi...

Indice Generale

Introduzione 2

1. L’efficienza economica 3

1.1 L’efficienza Statica:

· Produttiva 4

· Allocativa 6

1.2 L’efficienza Dinamica 8

1.3 L’efficienza Informativa 10

2. Caso: confronto nel settore tessile - abbigliamento 12

Conclusioni 16

INTRODUZIONE

Nel seguente elaborato viene analizzato il concetto di efficienza. Partendo dalla definizione generale di efficienza economica esposta attraverso le varie fasi storiche, si giunge ad un’analisi completa e dettagliata delle sue varie tipologie.

Prima di tutto viene trattata l’efficienza statica che comprende la produttiva e l’allocativa. La prima misura il modo in cui i fattori vengono utilizzati nel processo produttivo, considerando il rapporto tra output e input e viceversa. Si definirà tale efficienza come la visione dei risultati interni all’azienda specificandone le varie caratteristiche e spiegando il motivo per cui qualora sorgano dei problemi nel ciclo della produzione del prodotto finale, questi renderanno l’azienda in posizione subordinata rispetto alle altre e di conseguenza in una situazione di inefficienza rispetto allo standard che la stessa dovrebbe raggiungere. L’allocativa, invece, deve permettere la massima soddisfazione dei bisogni umani attraverso la produzione di beni e servizi prodotti e scambiati nei limiti della scarsità delle risorse. In particolare si fa riferimento alla definizione elaborata da Pareto e all’equilibrio paretiano che si raggiunge sul mercato in condizione di concorrenza perfetta.

Segue poi una trattazione dell’efficienza dinamica, ovvero la capacità di un sistema economico di generare innovazione. Si pone, soprattutto, in rilievo il conflitto “Schumpeter contro Arrow”, nel quale il problema centrale è quello di stabilire se si effettuano maggiori sforzi in ricerca e sviluppo in quei settori in cui prevalgono situazioni di monopolio (come riteneva Schumpeter) oppure in quelli dove prevalgono condizioni concorrenziali (come riteneva Arrow).

Infine, da un punto di vista teorico, viene illustrata l’efficienza informativa in base alla quale un mercato è efficiente se in ogni momento i prezzi riflettono pienamente e in modo corretto tutte le informazioni disponibili. Analizzando nel dettaglio le tre fasi di efficienza studiate da Fama, viene posto in evidenza come non sia possibile realizzare extraprofitti in base alle informazioni in possesso.

Si conclude con l’analisi di un caso concreto per chiarire quanto osservato teoricamente. Il settore di riferimento è quello tessile mettendo a confronto dal punto di vista dell’efficienza Benetton con H.&M. e Zara. Da tale analisi risulta che le rivali della Benetton sono riuscite, a dispetto della crisi, ad approcciare il mercato in maniera innovativa proponendo al consumatore capi di tendenza a un prezzo prettamente inferiore.

1. L’EFFICIENZA ECONOMICA

L’efficienza rappresenta un concetto di fondamentale importanza in economia fin dai tempi della rivoluzione industriale. Nelle sue molteplici declinazioni, la condizione di efficienza può essere espressa come la capacità di generare risultati di valore minimizzando gli sprechi di risorse. Sistematicamente, può essere descritta in termini d’indicatori di produttività( benefici/costi, output/input, risultati/risorse, ricavi/costi) o in termini di costi unitari ( costi/benefici).

Si distingue dalla definizione generale di efficienza dell’impresa, il criterio di efficienza economica che può essere inteso come l’attitudine a conseguire gli obiettivi economici in senso tradizionale, cioè la remunerazione del capitale e del lavoro. Per approfondire il concetto, bisogna distinguere l’efficienza economica interna dall’efficienza economica esterna. La prima si riferisce all’attitudine dell’impresa di scegliere la migliore combinazione dei fattori di produzione di cui dispone per ottenere il massimo risultato espresso in unità fisiche. La seconda, di contro, è intesa come la capacità dell’impresa di operare convenientemente sui mercati realizzando combinazioni favorevoli tra i prezzi di acquisto dei fattori di produzione e i prezzi di vendita dei prodotti o servizi.

Il percorso storico dell’efficienza si sofferma su diversi punti cardine. Negli anni 1900-1960 si afferma il paradigma di efficienza statica, il modello di riferimento era quello dell’impresa fordista, caratteristico di una grande impresa che opera in un ambiente stabile e su grandi serie di prodotti standardizzati, dove la ricerca dell’efficienza economica, in termini di combinazioni produttive a costi medi minimi, rappresenta il comportamento strategico dominante. A questo modello d’impresa corrisponde un mercato caratterizzato da elevati livelli di staticità e omogeneità, per cui il meccanismo competitivo si basa esclusivamente nella diminuzione dei prezzi. L’efficienza statica si raggiunge, quindi, in condizione di minima complessità e varianza del processo produttivo. Il limite principale di questo paradigma è la forte rigidità del sistema produttivo, delle imprese e del mercato di massa basato sull’omogeneità dei prodotti e quindi su bisogni e consumi tendenzialmente uniformi, oltre che dal livello statico della tecnologia o comunque in lenta evoluzione.

Durante gli anni 70, le imprese si trovano ad operare in un ambiente molto turbolento, lo sviluppo dei mercati e i cambiamenti culturali inducono ad una maggiore segmentazione della domanda, a cui si aggiungo elementi di dinamicità e instabilità, emergono poi, altri fattori quali l’inflazione a due cifre, l’aumento del costo di energia e l’aumento dei ritmi di crescita della tecnologia e dell’innovazione. Le imprese, fino ad allora, caratterizzate da sistemi produttivi meccanizzati, si trovano a dover cambiare le loro strategie per affrontare i mutamenti dell’ambiente. In questo contesto il confronto competitivo dell’impresa con il mercato deve basarsi, non solo, sulla capacità di raggiungere obiettivi di massima efficienza, di ottimale combinazione dei fattori, di massimizzazione dei profitti, ma soprattutto, seguire l’evoluzione della domanda adottando politiche flessibili e strategie tecnologiche. Questo periodo è indicato come paradigma di efficienza adattiva.

Gli anni 90, continuano ad essere caratterizzati da un ambiente sempre più mutevole, e in questo contesto la risposta all’evoluzione della concorrenza, dei mercati e dei consumatori richiede lo sviluppo di strategie non tanto di difesa adattiva, ma soprattutto di politiche che considerino l’innovazione come strumento di base. Il “nuovo consumatore” è più esigente chiede contemporaneamente prezzo, qualità, immagine, servizi e innovazione di prodotto. Sul mercato, la competitività richiede strategie di differenziazione e dunque prodotti e servizi nuovi, innovativi e diversi. La flessibilità da adattiva diventa flessibilità dinamica intesa come capacità di governare la varietà e anche di produrla. L’impresa si trasforma da attore passivo del mercato ad un vero e proprio motore attivo, anzi, anticipatorio dei mutamenti, si sviluppa cosi il paradigma della velocità basato sulla time based competition: più i processi di cambiamento sono veloci, più è alta la possibilità di svolgere sul mercato un ruolo anticipatorio che definisca la domanda.

Di seguito vengono trattate dettagliatamente l’efficienza allocativa e produttiva, definite come efficienze statiche e l’efficienza adattiva e innovativa appartenenti all’efficienza dinamica. Con riferimento alle relazioni tra i prezzi e le informazioni viene esposta infine l’efficienza informativa.

1.1 L’EFFICIENZA STATICA:

· EFFICIENZA TECNICA O PRODUTTIVA (a cura di Antonio Sorrentino)

L’Efficienza Tecnica o Produttiva misura il modo in cui i fattori vengono utilizzati nel processo produttivo, si tratta di un’analisi di Efficienza “interna” all’azienda (prevalentemente tecnica), diversamente da quella dell’ efficienza allocativa che può considerarsi “esterna” (prevalentemente commerciale).Tale efficienza va a considerare la capacità dell’azienda di produrre più unità fisiche di output dato un certo ammontare di input e una certa tecnologia utilizzata o viceversa; richiede quindi che l’output prodotto per essere immesso sul mercato venga prodotto dall’azienda nel modo meno costoso possibile, considerando knowhow e tecnologia degli impianti a disposizione. Dunque possiamo dire che l’Efficienza Tecnica è definita dal rapporto tra il valore ottimale e il valore osservato e quello di output e input, distinguendola dall’Efficienza definita Economica che,invece, è data dal confronto tra il risultato osservato e il valore ottimo dell’obiettivo prefissato(es: profitto, fatturato, costi..).

Un’importante Definizione di Efficienza Tecnica è stata data da Koopmans (1951), il quale afferma che una produzione è efficiente tecnicamente se l’aumento in uno degli output richiede una riduzione di almeno un altro output o l’aumento di almeno un input. Quindi un produttore è inefficiente nel caso in cui potrebbe produrre la stessa quantità di output utilizzando almeno un input in minor quantità o se potesse usare la stessa quantità di input per produrre almeno un output in quantità maggiore.

L’Efficienza Tecnica fa riferimento alla capacità dell’impresa di:

-Minimizzare l’input a parità di output

- Massimizzare l’output a parità di input

Nel primo caso l’impresa Tecnicamente efficiente opera in un qualunque punto dell’isoquanto, ossia la curva dei punti che individuano la massima produzione ottenibile con i vari possibili mix di fattori produttivi; In presenza di più produzioni invece, l’impresa per essere efficiente (in termini di input) dovrà operare in un punto di tangenza tra due isoquanti; in tale punto infatti non è possibile produrre un’unità in più di uno dei due output attraverso una riallocazione degli inputs senza diminuire la quantità prodotta dell’altro.

Nel secondo caso l’efficienza tecnica è massima se l’impresa si trova ad operare in un punto della c.d. “frontiera produttiva” cioè il luogo dei punti che mostra le combinazioni di beni che è possibile ottenere in modo efficiente nel sistema economico considerato.

Il concetto di Efficienza Tecnica è utilizzato soprattutto per cercare la soluzione di problemi aziendali di ottimo relativo. Possiamo ipotizzare quindi che tale concetto conduce sempre ad una nozione parziale di efficienza che può assumere almeno tre diversi contenuti.

In primo luogo l'efficienza di una attrezzatura tecnica o anche di un'organizzazione d'impresa è considerata nella semplice attitudine che essa mostra a sapersi adeguare alla domanda esistente o ad essere disponibile per un dato utilizzo.

Secondariamente l'Efficienza Tecnica è giudicata in relazione al conseguimento di certi obiettivi di rendimento a seguito dell'impiego di dati mezzi.

Infine tale efficienza può voler significare che l'impresa è in grado di svolgere una particolare attività nel modo tecnicamente più razionale o, detto in altri termini, in un modo capace di consentire l'ottenimento di un dato risultato mediante l'impiego del minimo volume di fattori".

L’efficienza tecnica si misura facendo il rapporto tra output (ciò che esce dal processo produttivo) e input (ciò che è entrato nel processo produttivo).

EFFICIENZA TECNICA = OUTPUT / INPUT

Dopo aver calcolato il rapporto output/input, rimane ancora un secondo problema, che consiste nel poter giudicare se il risultato ottenuto dal rapporto è “buono o no”. Per far questo è necessario disporre di uno standard di riferimento che è cruciale per la valutazione del rapporto di efficienza,in tal caso uno dei metodi utilizzati dalle imprese è il modello Dea (Data Envelopment Analysis) usato in ricerca operativa. Questo modello è molto comodo perché non è necessaria una decisione esterna(ad esempio, parametri di legge o parametri decisi discrezionalmente dall’analista) per determinare lo standard, ma esso viene individuato automaticamente all’interno del campione ed è costituito dalla “combinazione produttiva” che impiega al meglio le risorse a disposizione.

La misura dell’efficienza tecnica che risulta dalla valutazione Dea ha, pertanto, la natura di un vero e proprio “punteggio”.

Ovviamente per poter applicare il modello Dea è condizione indispensabile che le “combinazioni produttive” del campione operino in ambiti operativi simili (per esempio, reparti di degenza all’interno di uno stesso ospedale, oppure riferiti allo stesso bacino di utenza, ecc.).

Un esempio pratico è può essere fatto considerando la valutazione delle unità operative di chirurgia nei poli ospedalieri di una data regione italiana.

Per calcolare il punteggio di efficienza si andranno a confrontare unità operative caratterizzate dalla stessa combinazione di input, considereranno ad esempio fattori di analisi come: il numero dei ricoveri effettuati in un dato periodo di tempo, il numero dei posti letto e quello dei medici.

Il metodo procederà in due fasi:

In un primo momento viene identificato lo standard di riferimento, cioè le unità operative “ideali”, che avranno quindi efficienza massima e che costituiranno la cosiddetta frontiera delle possibilità produttive, mentre le unità operative che stanno sotto tale frontiera sono quelle degli istituti ospedalieri tecnicamente inefficienti.

Nella seconda fase si va a misurare la distanza tra le unità operative inefficienti e la frontiera delle possibilità produttive. Il punteggio risultante sarà tanto più basso quanto più l’unità operativa dell’ospedale sarà inefficiente.

Potremmo così definire con tale metodo il calcolo dell’Efficienza Tecnica come:

INPUT CHE SI DOVREBBERO UTILIZZARE (standard) / INPUT EFFETTIVAMENTE UTILIZZATI

· EFFICIENZA ALLOCATIVA (a cura di Gianna Olivadese)

Il concetto di efficienza tradizionalmente adottato in ambito economico è quello elaborato dalla scuola economica neoclassica qualificabile come efficienza allocativa. Nel sistema economico, infatti, l’allocazione delle risorse è stata oggetto di particolare attenzione sin dai suoi primi sviluppi; per essere efficiente l’allocazione delle risorse deve permettere la massima soddisfazione dei bisogni umani attraverso la produzione di beni e servizi prodotti e scambiati nei limiti della scarsità delle risorse e della tecnologia esistente. Il concetto di efficienza allocativa deriva dalla definizione formata da Pareto, secondo la quale si ha efficienza allocativa o ottimo paretiano quando non è possibile alcuna riorganizzazione della produzione che migliori le condizioni di tutti. In questa situazione l’utilità di una persona può essere aumentata soltanto da una diminuzione dell’utilità di qualcun altro; ciò significa che nessun soggetto può migliorare la propria condizione senza che un’altra persona peggiori la sua.

La condizione di partenza per un mercato efficiente in senso paretiano è la concorrenza pura. Le principali caratteristiche di questo mercato sono:

· Atomismo: nessuna impresa e nessun consumatore può influenzare con il suo comportamento il prezzo o la quantità del bene presente sul mercato.

· Razionalità: i soggetti economici scelgono le proprie decisioni di acquisto e di vendita al fine di perseguire i propri interessi e per massimizzare la propria utilità dallo scambio. I produttori decidono la quantità da produrre per massimizzare il profitto e i consumatori scelgono le quantità da acquistare in base al prezzo delle stesse, al reddito disponibile e alle preferenze.

· Prodotti omogenei: tutte le imprese offrono lo stesso prodotto.

· Ordinabilità delle preferenze: gli operatori confrontano le possibili combinazioni di mercato stabilendo un ordine gerarchico delle preferenze.

· Frontiera di efficienza assunta come data: tutte le imprese utilizzano la tecnica più efficiente tra quelle disponibili.

· Assenza di barriere all’entrata e all’uscita: le risorse si spostano liberamente e velocemente da un settore all’altro.

· Perfetta simmetria informativa: gli operatori economici hanno accesso a tutte le informazioni sulle caratteristiche dei beni/servizi e del mercato in cui operano.

La concorrenza genera una condizione di equilibrio, in presenza del quale tutte le risorse vengono utilizzate al meglio, cioè le risorse produttive disponibili e per loro natura scarse, vengono utilizzate in modo da generare il massimo benessere per il sistema economico nel suo complesso, massimizzando la rendita del produttore(o surplus del produttore) che è uguale alla differenza positiva tra il prezzo ricevuto dal produttore e il suo costo di produzione; e la rendita del consumatore(o surplus del consumatore) cioè la differenza tra quanto il singolo consumatore sarebbe disposto a pagare per un bene e quanto paga effettivamente. Possiamo affermare, quindi, che l’efficienza allocativa corrisponde alla massimizzazione del surplus totale(surplus del produttore più surplus del consumatore) che graficamente è rappresentato dall’area compresa tra le curve di domanda e di offerta fino al punto di equilibrio. Quando il mercato raggiunge tale equilibrio il prezzo stabilisce quali consumatori e quali produttori entrano a far parte di questo mercato, infatti i compratori che attribuiscono al bene un valore superiore al prezzo decidono di acquistare il bene mentre coloro che gli attribuiscono un valore inferiore no. Analogamente i produttori i cui costi sono inferiori al prezzo decidono di vendere il bene mentre quelli che hanno costi superiori decidono di non farlo. Un mercato orientato in modo pareto-efficiente implica altri due aspetti fondamentali: l’efficienza della produzione e nello scambio. La prima consiste nella produzione da parte delle imprese del volume massimo di beni possibile; la seconda analizza la distribuzione di due beni tra due individui. Lo scambio tra i due soggetti avviene sempre a condizione che nessuno dei due risulti danneggiato dallo scambio ( principio scatola di Edgeworth) e che almeno uno risulti avvantaggiato( questo dipenderà dai gusti dei due individui).

Inefficienti sono invece le altre strutture di mercato, in particolare il monopolio, dove i livelli di produzione sono inferiori a quelli ottimali. La massimizzazione del profitto non porta più alla massimizzazione dell’output e a prezzi uguali ai costi marginali, come nella concorrenza perfetta, ma ad un aumento dei prezzi e a una diminuzione dell’output.

Tuttavia, anche, il concetto di equilibrio paretiano e di concorrenza perfetta presenta dei limiti. Il primo è la natura statica dell’efficienza allocativa che elimina gli aspetti dinamici del processo concorrenziale, molto importanti per quei settori in cui la tecnologia evolve velocemente. Un secondo limite è l’assenza di ogni tipo di grado di differenziazione tra prodotti similari che, invece, costituisce un fattore di benessere per la società. Un ulteriore problema, peraltro difficilmente risolvibile, è quello della valutazione delle preferenze, il criterio paretiano, come visto precedentemente, ne consente solo una valutazione ordinale e non ammette alcun meccanismo idoneo a indurre le parti a risolvere o a valutare la loro intensità, ossia le loro preferenze cardinali. Vi è infine l’aspetto del trattamento e della trasmissione dell’informazioni, secondo la teoria neoclassica tutti i soggetti sono perfettamente informati e l’acquisizione e la trasmissione dell’informazioni non implica nessun costo, di conseguenza, non si tiene conto né del ruolo dell’informazione né dei possibili comportamenti strategici degli operatori economici, resi, invece, possibili dall’esistenza di asimmetrie informative.

L’efficienza allocativa e l’efficienza produttiva hanno entrambe natura statica, ma la prima presuppone che l’impresa operi in condizione di efficienza tecnica, ossia che essa sia in grado di raggiungere gli obiettivi produttivi con la migliore combinazione di fattori a disposizione. Quindi, è possibile ipotizzare il caso di un’impresa tecnicamente efficiente e non allocativamente efficiente, ma non è possibile supporre il viceversa. Questo perché l’efficienza tecnica non tiene conto della variabile dei prezzi che viene introdotta solo in un momento successivo, infatti, solo una volta verificata la condizione di efficienza tecnica si può raggiungere un efficienza di tipo allocativo nell’utilizzo dei fattori produttivi attraverso l’immissione dei prezzi.

1.2 L’EFFICIENZA DINAMICA ( A cura di Mario Vita)

L’efficienza dinamica, ovvero la capacità di un sistema economico di generare innovazioni, si è rivelata immensamente più importante dell'efficienza statica allocativa. L’efficienza dinamica dipende dalla struttura economica intesa come: la dimensione del sistema, l’apertura internazionale, la composizione settoriale e regionale, la tecnologia, l’innovatività dei prodotti, barriere all’entrata e all’uscita, la dimensione e l’organizzazione delle imprese, l’integrazione tra imprese, il capitale fisico e umano.

La concezione dinamica dell’efficienza attua una distinzione fra:

1. Efficienza Adattiva: riguarda la capacità di apprendimento.

2. Efficienza Innovativa: riguarda la capacità di introdurre innovazioni.

Affinchè un mercato si trovi in una situazione efficiente in senso dinamico esso dovrà soddisfare un nuovo requisito: la capacità di innovare. Schumpeter individua cinque casi di sviluppo endogeno che portano ad una maggior efficienza del sistema produzione di un nuovo bene: introduzione di un nuovo metodo di produzione; apertura di un nuovo mercato; nuova fonte di approvvigionamento; riorganizzazione dell’industria. Diventa altresì endogena la variabile del capitale umano, ossia le abilità fisiche e psichiche dei lavoratori. In un’ottica di lungo periodo, infatti, gli individui così come le imprese possono avere convenienza ad investire per incrementare queste abilità, benchè inizialmente tale investimento non apporti alcun beneficio. Si tratta tipicamente delle attività di formazione e coinvolgimento dei lavoratori, le quali comportano un costo nel breve periodo, ma i cui effetti, nel lungo periodo consisteranno in una maggiore produttività del lavoro, una maggiore innovazione e una migliore qualità dei prodotti. In termini di efficienza dinamica, la concorrenza, agendo in un contesto dinamico ed incerto svolge un continuo ruolo di selezione delle imprese, influenzando la loro capacità di minimizzare i costi e di innovare i prodotti e i processi produttivi. Imprese di grandi dimensioni possono infatti generare una maggiore innovazione sia di processo che di prodotto; inoltre la prospettiva di conseguire un potere di mercato e di poter praticare un prezzo di monopolio incentiva l’impresa a innovare in quanto tale potere consentirebbe all’impresa di beneficiare dei frutti degli sforzi innovativi facendo affidamento sulla rendita monopolistica una volta adottata l’innovazione. Il passaggio dal monopolio alla perfetta concorrenza non comporta per forza benefìci per tutte le generazioni, presenti e future, ma al contrario solo la generazione presente ne sarà sicuramente beneficiata, in quanto il monopolio consente una più grande crescita dell’economia. In altre parole, la concorrenza perfetta consente che le generazioni presenti stiano meglio rispetto al caso in cui vi è il monopolio, ma le generazioni future potrebbero stare peggio, in quanto l’assenza di margini sui costi marginali impedirebbe la copertura delle spese di ricerca e sviluppo, non stimolando l’innovazione e il miglioramento del livello qualitativo dei beni e dei servizi, limitando così la crescita dell’efficienza nel tempo. Di conseguenza la crescita economica associata a regimi di oligopolio e monopolio potrebbe essere più forte rispetto alla crescita associata a situazioni di concorrenza perfetta. Alla base del processo di crescita vi è, nella visione schumpeteriana, l’innovazione, che, per definizione, richiede investimenti rischiosi da parte delle imprese. Il finanziamento degli investimenti in ricerca è costoso e gli intermediari finanziari sono piuttosto restii a finanziare progetti il cui rendimento atteso è soggetto a grande rischio. Per questo motivo, il principale canale di finanziamento degli investimenti in ricerca è l’autofinanziamento. Ora, poiché le imprese in monopolio conseguono profitti più elevati rispetto al caso della perfetta concorrenza, è ragionevole ritenere che possano impiegare risorse maggiori per finanziare la ricerca, e generino quindi maggiori scoperte e maggiori innovazioni, con ciò garantendo una crescita più veloce. Ma soprattutto, ad avviso di Schumpeter, è proprio la ambizione di potere costruire un monopolio e di godere delle rendite monopolistiche che spinge le imprese a fare ricerca. Se le imprese sapessero che le rendite monopolistiche sono brevi e di entità limitata, non intraprenderebbero gli sforzi in ricerca e sviluppo e non si innescherebbe il processo di crescita. La presenza di monopoli, perciò, è benefica per la crescita di lungo periodo, sia perché spinge le imprese a investire in ricerca, sia perché consente alle imprese di potere contare su adeguate risorse. Alle idee di Schumpeter si è soliti contrapporre l’opposta visione di Arrow,che, in un celebre scritto del 1962, contestò l’idea che i monopoli possano essere efficienti in senso dinamico e cercò di argomentare che la concorrenza non solo garantisce l’efficienza statica, ma garantisce anche un tasso di crescita economica più elevato rispetto a quello associato a situazioni di monopolio. L’idea di base di Arrow può essere sintetizzata in due semplici proposizioni: chi gode di rendite monopolistiche, non ha incentivo a compiere ricerca e sviluppo (e quindi non genera crescita); inoltre, i monopoli sono tipicamente associati a situazioni nelle quali le informazioni sulla tecnologia sono protette da brevetti e quindi circolano in modo difficoltoso, rallentando il processo di crescita che invece si basa sulla possibilità di usare, conoscere e migliorare le tecnologie delle imprese presenti. Queste contrastanti posizioni hanno dato vita ad un lungo dibattito (noto come il conflitto “Schumpeter contro Arrow”), nel quale il problema centrale è divenuto quello di stabilire se si effettuino maggiori sforzi in ricerca e sviluppo (cioè si investa di più) in quei settori in cui prevalgono situazioni di monopolio (come riteneva Schumpeter) oppure in quelli dove prevalgono condizioni concorrenziali (come riteneva Arrow). Possiamo concludere affermando che il monopolio di sicuro produce un’allocazione inefficiente in senso allocativo (o statico), mentre è questione aperta se esso sia efficiente o inefficiente in senso dinamico. L’obiettivo della politica della concorrenza, in un’ottica di efficienza dinamica, è, quindi, quello di assicurare la piena e libera partecipazione di ogni agente economico, senza tuttavia impedire la formazione di monopoli e oligopoli laddove essi consentano, nel tempo, il raggiungimento di livelli di efficienza tecnologica superiori a quelli raggiungibili in condizioni di piena concorrenza. Questi aspetti dinamici assumono un peso rilevante se non preponderante nelle valutazioni aventi ad oggetto settori nei quali il tasso di innovazione tecnologica è particolarmente elevato. In termini quantitativi, gli incrementi di efficienza dinamica sono dati da un aumento del tasso annuale di crescita della produttività. Anch’essa deve essere definita ampiamente includendovi anche i costi che i consumatori sostengono per la selezione, la scelta e il trasporto dei prodotti.

1.3 EFFICIENZA INFORMATIVA (a cura di Rossana Rossi)

La prima definizione di efficienza informativa è stata data nel 1970 da Eugene Fama, il quale afferma: «A market in which prices always “fully reflect” available information is called “efficient”». Ossia un mercato è efficiente in senso informativo se in ogni momento i prezzi riflettono pienamente e in modo corretto tutte le informazioni disponibili. In un mercato efficiente, quindi, poiché dai prezzi si desumono tutte le informazioni disponibili, di fatto il prezzo risulta diventare l’unica informazione rilevante per l’acquirente, in quanto incorpora le aspettative di rendimento futuro. Pertanto,diremo che un mercato efficiente è un mercato in equilibrio, ovvero un mercato in cui non è possibile lucrare in maniera sistematica sovra-profitti sulla base delle informazioni in possesso, dato che viene eliminata ogni opportunità di arbitraggio. Questa situazione non è realistica, ma sembrerebbe piuttosto un’utopia, di conseguenza sono state proposte, dallo stesso Fama, tre misure del grado di efficienza di un mercato in base al tipo di informazione che viene trasmessa, e sono:

1) Efficienza Informativa Debole

2) Efficienza Informativa Semi-Forte

3) Efficienza Informativa Forte

Si dice che un mercato è efficiente in forma debole se i prezzi che vi si formano incorporano tutte le informazioni riguardanti i prezzi passati, quindi, poiché sono noti a tutti, è impossibile realizzare extraprofitti sulla base di questi.

Più in particolare in questa circostanza l’insieme delle informazioni disponibili è costituito dalle serie storiche dei prezzi, che rappresenta il tipo più semplice di informazione che si può acquisire (per esempio in un mercato azionario tale informazione si ricava da: tassi di rendimento, volumi di scambio, azionisti principali, ecc.). In base a tale ipotesi lo studio delle performance passate non è di alcun aiuto per prevederne le evoluzioni future. Spesso l’efficienza in forma debole viene rappresentata matematicamente dalla seguente formula [Ross, Westerfield e Jaffe, 1996]:

Pt = Pt-1 + Rendimento atteso + Errore casuale

Il prezzo di oggi è pari alla somma dell’ultimo prezzo osservato, del rendimento atteso e da una componente casuale che si verifica nell’intervallo di tempo in questione.

Quando i prezzi seguono questa formula si parla di andamento casuale o meglio ancora “random walk”; con questo termine si vuole indicare il fatto che i prezzi non siano correlati temporalmente tra loro. Tuttavia se si suppone che gli andamenti futuri dei prezzi non possano essere previsti sulla base dei movimenti passati, l’analisi tecnica risulta inutilizzabile.

Un mercato è efficiente in forma semi-forte, invece, se i prezzi riflettono,oltre alle informazioni passate, anche tutte le informazioni pubbliche. Diventa quindi impossibile realizzare extraprofitti sulla base di queste.

Se ad es. consideriamo un mercato finanziario questo è efficiente in forma semi-forte se le informazioni disponibili comprendono anche quelle divulgate al pubblico in occasione delle redazioni del bilancio o di prospetti economici infrannuali oppure al verificarsi di operazioni di finanza straordinaria. Quindi, pur conoscendo tutti questi dati, l’acquirente non può raggiungere sistematicamente un extra-profitto dato che le risorse informative sono le medesime per tutti.L’efficienza in forma semi-forte implica quella debole, cioè richiede non solo che i prezzi incorporino l’informazione storica, ma anche quella disponibile al pubblico.

Infine l’efficienza in forma forte fa riferimento, a quei mercati in cui i prezzi incorporano, oltre alle informazioni sui prezzi passati e le informazioni pubbliche, anche le informazioni privilegiate, private e quindi tutta l’informazione rilevante per l’azienda. Ne consegue che in questo caso nessuno può realizzare extraprofitti in base a qualsiasi tipo di informazione.

In realtà è difficile provare l’efficienza forte, in quanto i prezzi dovrebbero reagire già quando l’informazione si diffonde tra gli insiders e prima ancora che divenga pubblica. Se questo accade, neanche gli insiders hanno la possibilità di ottenere extraprofitti. Nonostante un simile caso sia difficile da dimostrare, a differenza degli altri due,si potrebbe comunque ragionevolmente sostenere l’efficienza in forma forte poiché altri meccanismi intervengono a evitare che gli insiders si arricchiscano di guadagni anomali.

Dunque un mercato è efficiente quando i prezzi rispecchiano l’informazione, la quale dovrà essere la medesima per tutti coloro i quali entrano in relazione con l’impresa, cioè nessun soggetto deve essere maggiormente informato rispetto agli altri. Attraverso tecniche statistiche, in particolare con il calcolo stocastico, è stato più volte e in più modi dimostrato che qualsiasi grado di efficienza del mercato non avvantaggia in alcun modo gli operatori. Ciò è dovuto al fatto che i prezzi si muovono secondo un percorso casuale la cui funzione di distribuzione ha media zero, inoltre tale movimento ha la caratteristica di non essere stazionario in covarianza e dunque, in ogni istante il prezzo atteso per l'istante successivo coincide con il prezzo attuale. In altre parole il mercato è un "fair game" e l'unico motivo per cui qualcuno vince è lo stesso per cui qualcuno vince alla lotteria, per mera casualità; quand'anche il mercato fosse efficiente solo in forma debole sarebbe ancora un fair game, ecco perché, almeno da un punto di vista statistico, non ha senso distinguere tra le varie forme di efficienza del mercato.

Nonostante ciò,Fama ha il merito di aver colto che in condizioni di incertezza il raggiungimento dell’efficienza e dell’equilibrio concorrenziale dipendono in modo determinante dal ruolo dell’informazione nel processo di formazione dei prezzi. Egli, però, ipotizza un contesto statico in cui è difficile distinguere le fasi di produzione e diffusione delle informazioni rilevanti, dalle decisioni degli investitori e dalla reazione sul mercato. In un mercato dinamico come quello reale i meccanismi attraverso cui l’informazione viene diffusa al mercato sono essenziali ai fini delle decisioni degli investitori. Non bisogna dimenticare poi che nel mondo reale gli individui investono risorse anche economiche per la ricerca di tali informazioni: è quindi l’esistenza stessa di asimmetrie informative ad essere incoerente con l’efficienza informativa del mercato.

Vorrei concludere questo paragrafo traslando le informazioni teoriche al periodo di crisi finanziaria che, a partire dal 2007, ha travolto l’economia nazionale, crisi che ha messo in luce il ruolo fondamentale della comunicazione esterna d’impresa e soprattutto l’importanza dell’informazione per il corretto funzionamento dei mercati. Infatti la disponibilità di informazioni corrette, complete e tempestive avvantaggia sia gli acquirenti che le società stesse, eliminando così facendo le asimmetrie informative presenti sul mercato. Intendendo per asimmetrie informative la condizione per cui un soggetto riesce a sfruttare un set di informazioni più ampio,possibilmente, ma non necessariamente, migliore di quello posseduto dalla controparte.

2.CASO:CONFRONTO DI EFFICIENZA NEL TESSILE-ABBIGLIAMENTO

Nel sistema moda l’Italia ha sempre avuto il primato, però, nell’ultimo decennio, a causa della crisi nazionale, si è verificata una perdita di egemonia. Alla crisi si aggiunge la crescente pressione competitiva portata dai paesi in via di sviluppo, Cina in primis, che, sfruttando un costo della manodopera irrisorio e forti investimenti pubblici, hanno saputo approfittare della liberalizzazione del mercato mondiale del tessile/abbigliamento, incrementando in maniera davvero considerevole le esportazioni verso i paesi occidentali. In generale possiamo asserire che il successo della filiera sta in un atteggiamento collaborativo, trasparente, in grado di condividere tutte le principali scelte di gestione, dunque è necessario che vi sia efficienza informativa, oltre che velocità di risposta al mercato, qualità del servizio al cliente e vantaggi di costo ossia efficienza statica.

Nel nostro lavoro vogliamo occuparci del gruppo Benetton ponendolo a confronto con altri due competitor di successo a livello internazionale, il gruppo Inditex (analizzando in particolare Zara), e H&M, grandi retailer che hanno saputo approcciare il mercato in maniera innovativa, proponendo al consumatore capi di tendenza costantemente rinnovati, ad un prezzo limitato, al fine di garantire visite ripetute e incentivare così l’acquisto di impulso.

Zara è un marchio spagnolo, di proprietà del Gruppo Inditex, di cui rappresenta il brand principale con circa il 65% delle vendite, pari a circa 8,9 miliardi di euro alla chiusura di bilancio 2011. A differenza di Benetton, che si inserisce in una fascia di mercato medio/alta sia in riferimento alla qualità che al prezzo, Zara propone, a prezzi particolarmente contenuti, prodotti di abbigliamento femminile e maschile ad alta tendenza, nonostante una qualità mediamente inferiore. Nell’attuale contesto competitivo, il Gruppo Inditex rappresenta la vera eccellenza del settore in termini di fatturato e di crescita annua. A questo si aggiungono una serie di aspetti legati al comportamento dell’azienda, universalmente riconosciuta e ammirata per la trasparenza comunicativa, le iniziative legate al corporate social responsability e ai diritti dei lavoratori, che alimentano ulteriormente la visibilità e la notorietà del marchio. I mercati in cui opera il gruppo, sono i medesimi di Benetton; si inserisce così tra i competitor diretti, nonostante vi sia una leggera diversità nelle fasce di prezzo che caratterizzano i prodotti commercializzati dalle due aziende.

Zara è riuscita ad essere molto efficiente da un punto di vista informativo in quanto ha la capacità di presentare in negozio una grande varietà di modelli, garantendo al contempo un rinnovo continuo per stare al passo con i gusti del consumatore grazie al fatto che i designer lavorano in collaborazione con gli operatori del commerciale e questi ultimi, a loro volta, con il personale dei negozi, garantendo un rimodellamento continuo in ragione dell’informazione ricevuta dal mercato.

Zara dunque è efficiente, come appena visto,da un punto di vista informativo ma riesce ad avere anche efficienza statica e dinamica concentrandosi sia nella riduzione del costo della manodopera, delocalizzando la produzione in paesi in cui le spese sono particolarmente bassi, sia nella creazione di valore aggiunto per il cliente, dimostrando che non esistono settori maturi o saturi, sui quali non è possibile portare innovazione, ma solamente management maturi, che di fatto non sono capaci di introdurre cambiamenti ed evoluzioni. Inditex è l'unica azienda ad essere integrata verticalmente dalla progettazione della collezione alla gestione dei punti vendita, dal momento che Gap, H&M e Next progettano e posseggono una rete distributiva ma non una struttura produttiva, mentre Benetton progetta e fabbrica ma non è proprietaria dei negozi.

Oltre a Zara, un altro leader indiscusso a livello internazionale, è il gruppo svedese H&M che, con un'unica insegna, ha raggiunto un fatturato pari a 14,3 miliardi di euro alla chiusura di bilancio 2011. Il focus del gruppo è quello di perseguire uno sviluppo costante e continuo, soprattutto nel numero di negozi e nei mercati seguiti, con conseguente aumento delle vendite, cercando di poter crescere in maniera equilibrata, mantenendo un’alta redditività e facendo leva sull’autofinanziamento. La caratteristica principale del produttore di abbigliamento svedese è senza dubbio l’economicità del prodotto, che spesso rappresenta lo stimolo principale all’acquisto, anche senza una reale e concreta necessità, possibile grazie a una delocalizzazione produttiva in paesi caratterizzati da manodopera a basso costo, dal forte potere contrattuale nei confronti dei fornitori e ad un sistema logistico molto efficiente.

Il fatturato di Benetton del 2011 non è lontanamente confrontabile con quello dei concorrenti, superiore di circa sette volte rispetto a quello dell’azienda di Ponzano; H&M e Zara hanno viaggiato su binari diversi, lontani e irraggiungibili. È come se avessero scelto una strada nuova, sconosciuta a Benetton, ma incredibilmente proficua. Vediamo graficamente quanto asserito:

Fatturato 2011

Necessario a questo punto osservare l’evoluzione che in questi quindici anni ha portato Inditex ad incrementare il suo fatturato del 1498% e H&M del 729%, di fronte ad una Benetton che è rimasta

pressoché stabile. Si osservi il seguente grafico:

Fatturato a confronto

In questo caso il confronto diventa molto eloquente, poiché emerge come, di fronte a tassi di crescita del fatturato che superano il 20% annuo sia per Inditex che per H&M, Benetton presenti un trend costante, se non addirittura variazioni percentuali negative che arrivano a sfiorare il -10%, nel passaggio fra il 2003 e il 2004.

Dunque da questa breve analisi emerge che nel mercato odierno per essere efficienti è necessario presentare prodotti di qualità a prezzi accessibili e riuscire a creare modelli sempre innovativi, in ragione delle evoluzioni moda e delle tendenze; ciò implica che vi debba essere il giusto mix tra efficienza statica e dinamica. In quanto il consumatore, anche in questo settore, appare molto sensibile alle variazioni di prezzo, soprattutto in ottica di prodotti ad alta qualità percepita ed elevato contenuto moda. Benetton presenta prezzi mediamente superiori dei competitor, compensati da una maggiore qualità. Il mercato attuale sembra tuttavia premiare un’offerta basata su un assortimento molto ampio, su un elevato contenuto moda e sulla capacità di rinnovare continuamente le collezioni, il tutto gestito a prezzi contenuti, a discapito della qualità reale. Concludendo l’obiettivo di Benetton per raggiungere efficienza e competitività dovrà essere quello di adeguarsi ai prezzi della concorrenza, pur dovendo ridurre in questo modo i margini di profitto.

CONCLUSIONI

Dalla precedente trattazione è emerso quanto il concetto di efficienza, nelle sue varie declinazioni, sia di fondamentale importanza, sia nell’ambito esterno del mercato che in quello interno dell’impresa.

Dal confronto tra l’efficienza statica e dinamica emerge che, diverse forme di mercato, implicano diversi livelli delle due efficienze. Nel mercato caratterizzato da concorrenza perfetta assume primaria importanza la statica in quanto si raggiunge la massima efficienza allocativa e produttiva possibile; mentre per quei settori in cui la tecnologia evolve rapidamente l’efficienza statica ricopre un ruolo secondario rispetto alla dinamica. Nel caso di monopolio vi è inefficienza dal punto di vista statico, mentre è questione aperta se esso sia efficiente o inefficiente in senso dinamico.

Inoltre emerge come la disponibilità di informazioni corrette e uguali per tutti riesca a ridurre le asimmetrie informative in maniera tale che nessuno ottenga extraprofitti e vi sia il corretto funzionamento del mercato. Ciò è possibile però in un contesto statico in cui è difficile distinguere le fasi di produzione e diffusione delle informazioni rilevanti, dalle decisioni degli investitori e dalla reazione sul mercato. Invece in un contesto dinamico, come quello reale, ciò costituisce un’utopia in quanto i meccanismi attraverso cui l’informazione viene diffusa al mercato sono essenziali ai fini delle decisioni degli investitori e bisogna notare che alcune persone investono delle risorse, anche economiche, per la ricerca d informazioni aggiuntive.

13