WAVe11 numero 5

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W.A.VE. Workshop di progettazione architettonica dell'università Iuav di Venezia

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CONFERENZA BINATARAsCOvsky/ElAsTICOspAPujatti e Rascovsky a confRonto

Di AlbertA MenegAlDonon bisogna lasciarsi ingannare dall’aspetto di Ana rascovsky. Dietro il vestitino rosa floreale e i codini si nascondono una grandissima passione e altrettanta forza. insieme a Stefano Pujatti è protagonista della conferenza binata di giovedì 30 giugno. Due personalità interessanti e, come non esita a sottolineare giancarlo Carnevale sin dall’inizio, due progettisti giovani che hanno sempre anteposto la curiosità intellettuale e la volontà di crescita al successo personale.la parola ad Ana rascovsky. Parla in spagnolo, lasciando alla sua lingua d’origine tutta la forza comunicativa di cui è capace. Presenta una serie di lavori, suoi e con Supersudaca, uno degli studi di cui si compone il suo collettivo internazionale, con sedi in America latina ed europa. il loro lavoro è guidato da un’ideologia comune: l’architettura come ricerca destinata non sono solo ai “ricchi”. la maggior parte dell’architettura mondiale è costruita infatti senza architetto, e Ana rascovsky ama lavorare non solo su incarico ma anche proponendo in prima persona temi d’intervento.Sostenitrice dell’“architettura diretta”, vuole “fare ciò che si ritiene giusto”, partendo dall’analisi di realtà spesso difficili da controllare e comprendere nella loro totalità, come quelle di buenos Aires.tra progetti contro sfrenati (incontinenti!) fuorilegge, che trasformano i muri cittadini in orinatoi e linee gialle sull’asfalto che riescono miracolosamente a ordinare la confusione del mercato popolare, si riesce a comprendere il vero significato di rinnovamento urbano. Uso intensivo dello spazio esterno e attenzione alle realtà disagiate. Una ricetta per la vera riqualificazione, che si esprime anche attraverso la facciata di un edificio a ridosso delle rotaie, talmente ben progettata che il commercialista che abita nella casa di fronte dice di sentirsi più felice da quando davanti ai suoi occhi non vede più una cortina di muratura, bensì una parete verde. Questa è vera urban regeneration.Una mandria da governare (o lasciare libera?). Una similitudine animale per definire la concezione che ha Stefano Pujatti di progetto: un unicum, composto però da singole unità che a volte scappano, a volte tornano gravide di nuove idee.Parlare di urban regeneration implica, per l’architetto, guardare al mondo intero e a quanto, troppo, è stato costruito. Una critica, neanche velata, all’atteggiamento di Franco Purini e di altri professionisti che rischiano di trasformare il mondo in un’immensa lottizzazione, seppur assolutamente chic. la soluzione? «Costruiamo infrastrutture, scuole, spazi comuni e le lottizzazioni costruiamole sui tetti», scherza Pujatti.già il suo primo progetto può essere considerato un esempio di rigenerazione: la casa di un rottamaio arricchito, dove i container diventano portico, le lamiere muro di recinzione e dove i tappeti sono fatti di marmo e i pavimenti sono persiani.Con l’Atelier Fleuriste capiamo però che la riqualificazione a livello urbano è molto di più: la volontà di non radere al suolo nessun edificio ma di trasformarlo in pretesto di intervento. la nuova costruzione non è visibile al passante, solo una nuova facciata dichiara che in quel luogo qualcosa è accaduto.inserimento brutale, ma ponderato, di nuovi volumi; uso di materiali “poveri” e attenzione al problema economico. la rigenerazione è anche questo, unitamente alla dissoluzione del rapporto tra forma e funzione. in fondo «il progetto è come il maiale, non si butta via niente!». Anche un cimitero può diventare occasione di rigenerazione urbana, la morte non è necessariamente un evento da isolare, la struttura è collegata a un parco, c’è la volontà di comunicare una nuova idea di speranza e serenità. l’ispirazione è colta, il “giudizio universale” del beato Angelico, ma l’approccio è estremamente concreto.Memorie di gioventù tornano nel progetto di una piazza. riqualificare vuole dire anche ricucire un tessuto urbano frammentato attraverso un gesto unificatore.e infine la mandria diventa bistecca. Ci sono diversi tipi di carni e cotture, allo stesso modo ogni contesto evoca immaginari diversi, che un progetto consapevole e qualificante deve saper riconoscere e sfruttare.giancarlo Carnevale individua un tema che accomuna gli atteggiamenti dei due architetti: la capacità di sperimentare, di interpretare un fenomeno facendolo diventare architettura, senza eccedere nella preoccupazione stilistica. in effetti rascovky e Pujatti hanno diversi punti in comune. «Avevamo cercato di bere qualche bicchiere di troppo ieri sera per poi riuscire a litigare, ma non ci siamo riusciti», conferma sorridendo Pujatti. rascovsky tuttavia pare trovare un punto di disaccordo: non crede che la forma debba seguire la mano dell’architetto, è preferibile trovare una logica che segua le necessità del luogo. risponde: se la forma segue la mano, questa a sua volta segue il cervello, l’approccio progettuale non è totalmente differente. Di certo però la forma non può e non deve essere per forza collegata alla funzione, altrimenti non ci sarebbe spazio per interventi di rigenerazione, nessuna possibilità di riuso e di nuova vita.la curiosità di Carnevale per gli strumenti e le metodologie di lavoro evidenza un’altra similitudine tra i due giovani progettisti: le modifiche apportate in opera, che se per rascovsky sono frutto delle consuetudini costruttive argentine, per Pujatti sono conseguenza di una complessità progettuale, difficoltà volute perché occasione di crescita.l’augurio di Filippo bricolo per Stefano Pujatti è un invito a proseguire con lo stesso animo e con gli stessi metodi, perché c’è bisogno di progetti irrequieti, curiosi con quel po’ di “bastardaggine” che già l’architetto friulano ampiamente esprime. la speranza di Carnevale per entrambi è che continuino a essere portatori di originalità e non cedano alle lusinghe del successo personale a discapito della loro preziosa audacia progettuale.

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Di FrAnCeSCA bADin e SteFAno toniAtoW il titolo del suo Ws è “social housing, l’edificio ideale”. in che accezione va inteso il termine “ideale”?AR ideale per gli abitanti della città. Questo WS prevede una rottura con la tipologia dell’edificio veneziano. Vorremmo realizzare qualcosa di originale e inaspettato. Qualcosa che, come l’esplosione di una bomba, svecchi questa città. Cerchiamo di portare i ragazzi ad aprirsi verso orizzonti non ancora esplorati, incoraggiandoli a sperimentare senza paura di commettere errori. È necessario rompere con la tradizione, intesa come condizionamento nel progettare. Freschezza e giocosità sono le parole adatte al nostro approccio architettonico, dato che il tempo a nostra disposizione è limitato.W oltre alla riqualificazione a scala abitativa, secondo lei,

quali altri interventi possono valorizzare la zona della Giudecca?AR Credo che la densità abitativa sia il fattore chiave per riqualificare quest’ area, nata come appendice, distaccata dal resto della città. Venezia isola, infatti, ha attualmente circa settanta abitanti per ettaro, mentre la giudecca solo cinque per ettaro. Aumentando la densità, con il conseguente incremento dei servizi, si potrebbe portare nuova linfa a questo tessuto addormentato. W con quale strategia pensa di operare nell’area di progetto?AR la nostra idea è quella di realizzare un città dentro la città secondo un programma puntuale. l’obbiettivo è progettare delle abitazioni specifiche: per lo sportivo, l’artista, il fotografo, o perché no?, il musicista. in questo modo possiamo rispondere a ogni esigenza, ma soprattutto possiamo legare alla città un universo di personalità differenti con molteplici

sfaccettature. Un altro punto su cui vorrei far riflettere gli studenti è la coesistenza urbana di nuovi e insoliti modi di vivere, appartenenti a culture anche lontane, ma che riescono a trovare una loro logica nel tessuto oggetto di intervento.W i ragazzi possono attingere a qualche modello in particolare?AR Consiglio agli studenti di guardare, con occhio attento e critico, alla città giardino di george Howard.W ci può riassumere il suo workshop con tre parole?AR Visione: immaginare la città in modo nuovo, cercando di non rimanere vincolati alla tradizione costruttiva veneziana. Idee: vorrei che gli allievi fossero liberi di sperimentare e progettare in maniera innovativa. Specificità: le case devono essere pensate in relazione a chi andrà ad abitarci.

Di MiriAM PerAroinoltrandosi nella cosiddetta Isola delle Foche, il sopralluogo di Ana rascovsky inizia all’imbarcadero di giudecca Palanca. la docente, sfoggiando un simpatico vestitino a fiori, passeggia tra le calli strette dell’isola incitando gli studenti a osservare i modi di sviluppo dell’edificato. Dopo circa mezz’ora di camminata raggiungiamo l’area desiderata. l’architetto invita i giovani a osservare ciò che delinea il profilo della laguna: dai colli euganei al lido. Si sofferma ad argomentare le procedure del WS che richiede lo svolgimento di un progetto in un lasso di tempo estremamente breve: tre settimane al confronto di mesi, anni effettivi per una vera realizzazione. esorta dunque i ragazzi a vedere il laboratorio intensivo come un esercizio. Uno studente ci spiega: «Prima di venire qua abbiamo lavorato principalmente sullo studio di modelli di città differenti: dalle città-giardino, alle città-mercato fino alle città pipistrello, quelle che vivono di notte». «Potete pure distruggere tutto e costruire daccapo, non soffermatevi sulle minuzie», consiglia la docente. l’importanza del progetto sta nella logica che ogni ragazzo deve saper cogliere. l’area d’intervento, un lotto di 200 m x 200 m, sarà suddivisa in quattro parti, ognuna delle quali dovrà rispettare le regole determinate individualmente dagli studenti. gli attuali edifici in linea sono abbastanza recenti e rendono la zona passibile di interventi più “futuristici” rispetto al resto della città, dotati di un carattere reversibile e non privi di valenze utopiche, purché rimangano nell’ambito del social housing. Un approccio quindi più fantasioso rispetto alle analisi funzionali e antropologiche utilizzate da Hans Kollhoff e Pierre-Alain Croset. le spiegazioni in spagnolo vengono comprese volentieri dai ragazzi che si immergono in una riflessione profonda su ciò che poi andranno a progettare. Con un allegro saluto e un largo sorriso la professoressa si congeda lasciando libero spazio agli studenti di muoversi come e quanto vogliono.

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Di giUliA CAVAllAri e Argent lUMiW nella presentazione del suo Ws ha detto che l’area di sacca fisola ha un grande potenziale progettuale. Quali sono le ragioni di questa affermazione? DFK Sono legate ai residenti e all’esigenza di radicarli nel luogo. A Sacca Fisola mancano negozi, ristoranti, bar punti di aggregazione sociale. È differente da Venezia per l’assenza di canali, vi si arriva in battello e poi per raggiungere le mete desiderate non si può fare altro che camminare. Diversa è anche l’interazione con l’acqua. Poi è differente dal resto delle isole lagunari perché non è cresciuta storicamente, è stata creata duecento anni fa .Questo è il potenziale. Siamo liberi. liberi dagli oggetti storici che abbondano altrove.W Quale di queste azioni possono meglio realizzare l’urban regeneration? La sperimentazione di spazi e funzioni, una nuova interpretazione di qualità spaziali o la conservazione delle memorie storiche del luogo nei piani futuri? DFK non posso sceglierne solo una. Per creare una grande architettura si deve tenere conto del contesto storico, ma sarebbe anche positivo essere liberi per poter fare qualcosa di nuovo. Quando si guarda al substrato storico e non c’è modo di toccarlo, come si può essere creativi? Far interagire vecchio e nuovo può generare qualcosa di diverso e sostenibile, basandosi sul passato ma mostrando strade future.W come immagina lo spazio per una buona connessione sociale? DFK A Sacca Fisola manca totalmente la connessione sociale. Mancano finanche i posti per sedersi. Si sarebbero dovute mettere delle panchine e ne sono state inserite solo due o tre quasi casualmente. occorre trasformare questo contesto da luogo di passaggio a organismo vivente, offrire nuove possibilità ai residenti incentivando la qualità urbana. W il suo lavoro di ricerca riguarda l’analisi di nuove strategie costruttive sostenibili, in relazione alle esigenze locali e alle potenzialità dei luoghi. Quali modalità costruttive ha intenzione di adottare a sacca fisola? DFK in questo WS l’intenzione è di far aprire gli occhi allo studente riguardo a ciò che offre Venezia. Una città moderna per quanto riguarda mobilità, turismo e per la presenza di una grande scuola di architettura. Questo significa che qualcosa accade. Arrivano molti giovani, c’è un’alta qualità della vita. Allo stesso tempo ci sono duemila anni di storia della costruzione e di evoluzione della tecnica. Voglio mostrare allo studente una città viva nel cuore dell’europa. Voglio permettergli di creare qualcosa che potrebbe durare per generazioni, non qualcosa di temporaneo. Dobbiamo considerare la sostanza della città come mentore. Voglio solo che

comprendano tutto questo e che siano capaci di creare, ogni volta che hanno un’idea, qualcosa che superi il lavoro di un architetto.W Lei ha dimostrato sempre molto entusiasmo nel progettare edifici destinati a giovani e studenti, come la realizzazione della scuola elementare a Gando, costruita con la partecipazione degli abitanti del villaggio. in misura ridotta, anche il tema del suo Ws si occupa di spazi per giovani. La sua architettura è generalmente improntata alla partecipazione, come conta di riuscire a trasmettere tutto ciò ai suoi studenti?DFK Privilegiando l’abilità di “trattare” i luoghi e lo spazio, l’abilità di adattare le nuove tecnologie ai sistemi costruttivi locali e quella di pensare non solo alla costruzione fisica dei manufatti, ma a un progetto collettivo. Un’architettura vuota per me è cattiva, mentre anche solo un piccolo oggetto in grado di attrarre persone è una grande architettura. Venezia per esempio è una piccola città che attrae le persone e per questo è un grandissimo esempio. Per tale ragione mi piace, ci piace e la gente riempie le sue strade ogni giorno.W cosa spera di imparare da questa esperienza?DFK Voglio imparare molto dagli studenti, dalle discussioni sui progetti, dalle semplici idee, dal fatto che essendo all’inizio della loro carriera non sono influenzati dalle regole costruttive o dalle imposizioni burocratiche che ostacolano il libero sviluppo delle idee. Vorrei esser capace di dialogare con loro e incoraggiarli a non seguire solo gli esempi alla moda e di enormi proporzioni, ma di seguire se stessi. Voglio trarre enorme giovamento e imparare dalla loro libertà di pensiero. la loro fantasia e il loro entusiasmo mi insegneranno moltissimo.W Ho letto che lei ha studi in diversi parti del mondo, come in cina, yemen, europa, ma che tutto prende davvero senso nella sua africa. Quanta africa potremmo respirare negli elaborati finali del suo Ws?DFK Quest’anno non lo so, perché il tema è una visione, è una simulazione di come si possa intendere lo spazio dedicato ai giovani valorizzando il luogo. l’entusiasmo e la libertà di pensiero, al di là delle normative e dei vincoli, dovrebbero permettere esiti nuovi e imprevedibili. Quando non si hanno idee forti si cerca di dare vita al progetto attraverso disegni e schizzi. Al contrario, quando il progetto entra in fase esecutiva si inizia a combattere con permessi e finanziamenti, che fanno quasi perdere l’interesse a difendere la propria creazione. Vorrei trasmettere forza, motivare e incitare i miei ragazzi. Questo è ciò che ritengo davvero importante.

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Di giUliA CAVAllAriroberta Capuis, laureata all’iuav, è un giovane architetto. Collabora con il Comune di Venezia ed è stata invitata il 28 giugno da Francis Kéré per illustrare la storia dell’isola della giudecca e di Sacca Fisola, nonché il loro recente sviluppo urbano dopo gli interventi della municipalità veneziana. Partendo dalle prime rappresentazioni prospettiche di Jacopo De barbari, roberta Capuis sottolinea come, nel tempo, la periferia dell’isola sia stata sempre più abbandonata determinando un progressivo degrado della qualità della vita. nel primo novecento l’isola si trasforma completamente con l’edificazione di manufatti industriali: il Mulino Stucky, opifici tessili, la birreria Dreher, i cantieri navali e la fabbrica della Junghans. intorno al 1970 iniziano i progetti di riconversione qualitativa di queste aree, con interventi di grandi architetti come quello di gino Valle nell’area trevisan, il campo di Marte di Alvaro Siza e altri. grazie a questo processo di rigenerazione nuove potenzialità dell’isola iniziano a emergere, dando il via a una fase costruttiva-riconversiva finanziata sia dal Comune sia da imprenditori privati. tra gli interventi più recenti: la riqualificazione dell’area Junghans a opera di Cino Zucchi, l’abbattimento degli inceneritori industriali, la creazione di aree di servizio di carattere collettivo. oggi con la realizzazione di due nuovi incubatori di imprese, (l’ex CnoMV e l’ex Herion) è in atto un piano per la rigenerazione del tessuto imprenditoriale dell’isola. Costituiscono, in questo contesto, una filiera di aziende che avrà presenza sul territorio per la sua capacità di generare innovazione, valore e lavoro. i nuovi spazi ospiteranno centri congressi, sale informatiche, uffici, ristoranti, privilegiando l’uso sistemi tecnologici innovativi e sostenibili. roberta Capuis afferma che una città non può definirsi tale senza lavoro. l’amministrazione comunale peraltro sta tentando di incentivare il ritorno dei veneziani nelle proprie terre, obiettivo difficile a causa della crisi economica. il progetto innovativo dovrebbe interessare anche Sacca Fisola, considerata dai veneziani come l’isola per fare sport e mai come un’area di interesse per gli investimenti privati. l’incontro termina con una sola grande raccomandazione agli studenti: «nel vostro lavoro siate liberi, non rendetevi mai schiavi del guadagno e degli interessi dei privati, date alla gente ciò che chiede e difendete sempre la vostra libertà di idee».

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Di giUliA CAVAllAriHa coinvolto tutta la carovana di WAVe l’entusiasmo con cui Diébédo Francis Kéré ha ricevuto la notizia della vittoria del Marcus Prize per l’architettura. il premio, indetto dalla School of Architecture and Urban Planning della University of Wisconsin-Milwaukee e indirizzato al riconoscimento dei nuovi talenti mondiali di questa disciplina, ha visto il lavoro di Kéré distinguersi fra trenta candidati provenienti da tredici paesi del mondo. «Kéré è in grado di tradurre le tradizioni costruttive occidentali all’interno dei processi e dei valori locali – ha detto toshiko Mori, membro della giuria e professore alla Harvard University graduate School of Design –. il suo desiderio di creare edifici sofisticati e senza compromessi con così poche risorse è una lezione di alta potenzialità e ottimismo da condividere con gli studenti».nato nel burkina Faso nel 1965, l’architetto è primogenito del capo del villaggio di gando, lo stesso villaggio in

cui ha fondato, ancora studente, l’organizzazione “bricks for gando School” (1998), con cui ha raccolto i fondi per la costruzione della nuova scuola elementare. Per il progetto ha cercato di adattare le tecnologie costruttive allo scopo di trarre vantaggi dalla ventilazione passiva e dalle risorse locali. il risultato è pregevole perché illustra il potere dell’architettura nel cambiare una comunità. È alla technische Universität berlin che Kéré ha sviluppato le sue idee ed è in questa università che ora insegna. A berlino c’è anche la sede del suo studio, ma i suoi progetti prendono forma soprattutto in Africa e altri paesi come l’india, dove è in progetto una scuola femminile in india, la Svizzera, dove sorgerà il museo internazionale della Croce rossa, e in burkina Faso, col centro internazionale delle conferenze a ouagadougou. grazie ai suoi lavori Kéré è entrato nella storia del Marcus Prize accanto agli MVrDV di rotterdam, vincitori nel 2005, a barkow + leibinger di berlino (2007) e al cileno Alejandro Aravena (2009).

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Di FrAnCeSCA bADin e giACoMo CeCCHettoW Può darci una sua definizione di urban regeneration?IR la miglior definizione sta nel descrivere il luogo in cui ci troviamo. la zona di Santa Marta è un luogo colmo di vite imperfette (dice osservando lo spazio dal Cotonificio, ndr): gli anziani da una parte, gli studenti dall’altra che nemmeno li guardano, i turisti che vanno e vengono con le grandi navi. tutti loro hanno la possibilità di dialogare, ma non lo fanno l’architettura che si fa oggi è inadatta alla nostra società. Quelle che vediamo sono tutte architetture da copertina che richiedono l’intervento di altri professionisti per far in modo che la vita si instauri: il designer, la comunicazione, lo scenografo... perché sono tutte discipline più avanzate.W nel suo Ws indaga il rapporto tra venezia e l’oriente. come può essere rintracciata oggi questa relazione?IR È un rapporto debolissimo. Venezia intende l’oriente esclusivamente come masse di user. C’è un disinteresse collettivo per il pianeta in questa città, considerato solo come un mondo da sfruttare. l’oriente è escluso dall’arte contemporanea perché chi viene alla biennale si adegua ai modelli artistici occidentali. È un tema sofisticato per questo mondo semplificato, fatto di cibo, alloggio e milioni di fotografie al giorno.W È curiosa la scelta dei nove personaggi al centro del programma del workshop, figure legate più al mondo industriale che a quello culturale.IR Che il fondatore della toyota non sia un intellettuale è un giudizio personale. Detto questo, l’ho scelto perché agli ex magazzini frigoriferi si arriva in macchina,

è una zona ibrida e bisogna ricordarlo. io farei saltare il ponte per vedere le cose più chiaramente e trovare una nuova creatività sull’acqua e sulle barche. non credo si possa rigenerare Venezia. le città sono organismi viventi, si possono ammalare, guarire, ma Venezia è morta. la sua inattualità è totale, il suo contributo al mondo perfettamente identificabile. non credo possa trovare altre forme al di fuori dell’ammirazione e della meraviglia che si provano visitandola.W anticipa un altro tema, quello della morte. come si relaziona una città come venezia che è un grande mausoleo con il tema del Ws?IR A Venezia non ci sono mausolei moderni per personaggi che hanno creato il mondo in cui viviamo oggi. Per gli architetti è uno stimolo per interessarsi alla realtà. l’architettura deve tenere conto dei cicli vitali, dell’esistenza della morte, sia essa conclusione o inizio, in base ai punti di vista. È un argomento che deve entrare nel mondo occidentale. invito gli studenti, che chiamo concittadini, a essere aperti per capire che l’architettura è solo un derivato della vita, a essere minimamente visionari e tener conto che vi sono forme nuove, non intuitivi, ma scientifici. bisogna cercare di scoprire con il metodo dei fisici teorici. Cucire dei modelli e vedere se funzionano.W altro tema sarà il lavoro su un luogo tanto difficile come venezia…IR Chiederò agli studenti di conquistare una grande libertà di linguaggio, di liberarsi della sudditanza psicologica fortemente standardizzata. Così piena di standard che tra poco le città saranno disegnate da persone che non hanno mai studiato architettura.W tra le sue note biografiche salta all’occhio la collaborazione con Gae

aulenti per alcune scenografie. come si relaziona l’architettura con il teatro?IR inizialmente ho collaborato con molti registi, ma quando ho iniziato a fare l’architetto ho smesso di fare scenografie. Sono due mondi troppo lontani. il teatro, con la sua forma così filosofica, ha delle conseguenze immediate ma limitate alla prima teatrale. l’architettura ha conseguenze sulla vita di tutti i giorni. non c’è corrispondenza tra le due, sono cose molto diverse che hanno in comune il tema dello spazio e la sua percezione.W molti studenti sono rimasti incuriositi dall’immagine con cui si è presentato. Quanto conta il ruolo dell’immagine per un architetto?IR È sempre stato un aspetto fondamentale, basta citare gli occhiali di le Corbusier. Ma nell’architettura c’è standardizzazione anche nel mondo dell’immagine. tutti con l’abito nero nelle sue varianti, dal becchino, al prete, al cameriere di ibiza. bisogna sapersi divertire, c’è un problema di rapporto con il proprio aspetto.W Può descrivere con tre parole cosa si aspetta da questo Ws?IR non bastano tre parole. tenete le porte e le finestre aperte, perché l’iter scolastico non dà tutto e bisogna cercare altrove. la vita ha una grande complessità. lasciate che tutti possano entrare, poi se ci piacciono possono diventare nostri ospiti e amici.

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Di MiriAM PerAroDopo tante riflessioni, lo spazio reale. Francisco Spadoni ha portato i suoi ragazzi a interagire finalmente con il luogo d’intervento previsto dal WS. “Finalmente” si riferisce al fatto che il docente ha preferito affrontare il tema in maniera innovativa: «Volevo che gli studenti stendessero fin da subito un ipotetico progetto dell’area basandosi soprattutto sul loro bagaglio culturale, per poi confrontarlo con l’analisi diretta del luogo». Un approccio che ha affascinato alcuni studenti: «Affrontare il tema in questo modo ci ha permesso di rimanere in una sorta di territorio astratto. la realtà ci ha mostrato poi le problematiche effettive del contesto», ha spiegato uno di loro. gli allievi sono stati suddivisi in gruppi per temi simili emersi da una prima analisi in aula, un lavoro che li ha aiutati a osservare ciò che più li interessava. il sopralluogo è iniziato dal punto che Spadoni definisce di importanza principale: il ponte di collegamento tra Sacca Fisola e l’isola delle scoasse, o meglio, il canale sottostante. il WS di fatto tratta tre aree principali: l’isola che accumula i rifiuti, la zona sportiva di Sacca San biagio e il canale che le divide. l’architetto spinge i ragazzi a una riflessione che pone la connessione urbana al centro dei problemi, indicando come, fisicamente e visivamente, vi è una forte differenza tra l’area considerata e il resto di Venezia. Uno sguardo dal ponte, uno dall’area sportiva rivolta verso la laguna, un altro verso le architetture pubbliche, Spadoni vuole che si ragioni sui limiti che l’acqua e le infrastrutture pongono all’area. Un problema che deve essere considerato più come di origine americana che italiana: agli studenti infatti è stato dato come riferimento il maggior deposito di rifiuti del mondo, il Fresh Kills landfill a new York. lasciati liberi gli studenti sembrano molto contenti del lavoro svolto e si lanciano alla scoperta di qualsiasi elemento che possa essere utile sul tema.

ws spADONIsoPRaLLuoGo a sacca fisoLa e a sacca san biaGio URBAN CONNECTION I TRE TERRITORI DEll’ARChITETTURA

Lunedì 4 luglio 2011W.a.ve.Workshop di Architettura a Venezianumero 5Supplemento aiuav giornale dell’universitàregistro stampa n. 1391tribunale di VeneziaiSSn 2038-6257

Responsabili scientificiMassimiliano CiammaichellaMarina Montuorileonardo Sonnoli

Direzione redazione testi e immaginiMarina Montuori

Direzione blog/multimediaMassimiliano Ciammaichella

Direzione redazione graficaleonardo Sonnoli

TutorStefania CatinellaAndrea giambartolomeiAnna Saccani

CollaboratoriMonica PastoreAnna Silvestri

laboratorio interfacoltà Far/Fdanell’ambito dei workshop estivia.a. 2010-11 Far/Fda_iuav

Redazione testiFrancesca badinMaria Aurora bonomiMichele bridaeleonora Canettigiulia Cavallarielena Cazzuffigiacomo CecchettoClaudia Chimentogiordano Covaemanuele D’AntrassiCaterina epiboliMarco ludovicoArgent lumiAlberta MenegaldoMiriam PeraroConcita PiazzaAngela robusti Stefano toniatogiulia torinoCaterina VignaduzzoValentina Volpato

Redazione graficagregorio CarlettiChiara CostantiniClaudia galloSara giubelliAnna Scorretti

Illustrazione e fotografiaAlberto bassangiulia CarraroAndrea giacomettiAlessio gobbisCarlo lissaUmberto PertosaFederico Maria Pivettalaura PortesanJacopo trabuio

Blogelisa CortelazzoSara DottoAndrea gambardellaAndrea Marchesiniletizia Mion

onlinehttp://[email protected]

Tutor di coordinamento Valentina AmarilliAniel guxholliroberta ScapinSami Sinella

Coordinamento generaleesther giani

Le immagini di copertina documentanole strutture temporanee presenti nel paesaggio urbano di venezia.in questo numero foto di Umberto Pertosa.

Progetto grafico W.A.VE. 2011leonardo Sonnoli - tassinari/Vetta, con irene bacchi (identità visiva), con Monica Pastore, Anna Saccani, Anna Silvestri (quotidiano)

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AVViSiAPPUntAmEnti

AtEliER ConfEREnzE BinAtE/lECtURES auditoRium santa maRta28 giugno–8 luglio, ore 17:00

urban regeneration: esperienze a confronto Urban regeneration: comparing experiencesmoderatore chairman giancarlo Carnevale

4 luglio Spadoni/Patestos

5 luglio navarra/galantino

6 luglioSchneider/lovero

7 luglioChun/Deganello

8 luglioMazzanti/Carnevale

aPeRtuRa iscRizione esami tutti gli studenti registrati nei workshop dovran-no provvedere ad iscriversi al relativo esame tra-mite spin dal 1 all’11 luglio. Si ricorda che per l’esame del prof. navarra ci si dovrà iscrivere con il prof. Carnevale.stamPe Da lunedì 4 luglio si potranno ritirare i materiali messi a disposizione dalla facoltà per i plastici. il ritiro avverrà dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 15:00 alle 17: 00 presso la stanza accanto all’ufficio tecnico (piano terra Santa Marta, dopo le aule g e i). Si ricorda che gli studenti incaricati dovran-no venire accompagnati almeno da un tutor.seRvizi nei corridoi di ciascuna sede sono stati attrezza-ti contenitori appositi per la raccolta differenziata (carta, plastica, ecc.) e per i materiali scartati dai plastici. Utilizzateli! All’esterno di ciascuna sede è stato attrezzato un luogo apposito per even-tuali operazioni di verniciatura spray (anche per la colla!) dei modelli o parti di esso.

PuLizie nelle aule: tutto ciò che sarà lasciato per terra e su sedie sarà gettato. Usare i sacchetti neri forniti per un eccesso di rifiuti. lasciarli legati in aula per lo smaltimento. nei corridoi: tutto ciò che sarà lasciato per ter-ra, su tavoli e sedie sarà gettato. A partire dalla terza settimana a ciascun WS sarà fornito una scopa e una paletta per una pulizia autonoma dell’aula, soprattutto per il giorno della mostra finale!PLastici la Facoltà mette a disposizione dei materiali di cartoleria (fogli 100X70 cm in carton legno e carton sandwich da 1/2/3 mm). A partire da mercoledì 6 luglio, ciascun docen-te e/o relativi collaboratori potranno far ritirare presso la stanza dell’organizzazione i materiali. Scambi di materiali potranno avvenire solo se concordati tra i laboratori e coordinati dagli inte-ressati. Si ricorda che questo contributo è inte-so per la mostra finale.

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piano primoL1 rotaL2 Kollhoffm1 Deganellom2 Correttin1 Agency Schneidern2 Ficarellio1 Spadonio2 Mazzanti

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piano terra0.1-0.3 rossetti0.2-0.4 Kéré0.5-0.7 narne0.8-0.10 latini

piano primo1.1-1.3 bricolo1.2-1.4 Supersudaca Rascovsky1.5-1.6 redazione Wave e blog1.7-1.9 elasticospa Pujatti1.8 Mutschlechner

piano secondo2.2 okada2.3 navarra2.4 Kelly/borghini2.5 De Architekten Cie Medic + Puljiz

WS CroSet Social housing. Un immenso appartamento collettivocotonificio santa maRta auLa c05 luglio, ore 11:00giorgio Macola e Sergio PascoloConferenza: progetti recenti di residenzea basso costo in Italia, Germania, Cina

WS FiCArelli e roSSettiVinigo: architettura contemporanea alpinaauditoRium santa maRta05 luglio, ore 14:00eva HornoConferenza: costruire in montagna

WS CHUn/De MAtteiSresidenzializzare spazi dimenticaticotonificio santa maRta auLa a206 luglio, ore 9:30 Davide longhi e Chun Jinyoung Conferenza: New town e housing in Corea

CoMUne Di griSignAno Di ZoCCo

accesso bibLioteca dPa eccezionaLmente aPeRta a tutti i PaRteciPanti dei WoRksHoPl’accesso alla biblioteca (ii piano Dpa, Santa Marta) è consentito, nei limiti delle postazioni disponibili per ragioni di sicurezza, a tutti i par-tecipanti del WS: docenti iuav, docenti esterni, collaboratori e studenti. Si potranno consultare volumi e periodici ed effettuare riproduzioni nel rispetto della normativa vigente in materia di di-ritto d’autore. gli studenti possono accedere a gruppi di 5 (max 10) per volta. la capienza della biblioteca è di 30 posti e occorre consentire la frequentazione all’utenza regolare. il prestito sarà concesso ai soli docenti iuav o loro delegati, per uno o più giorni. tutti i volumi pre-stati devono essere caricati a nome di un do-cente iuav. in biblioteca il personale fornirà i mo-duli per la richiesta di accesso e per la delega al prestito. Per altri chiarimenti rivolgersi alla dott.ssa Carla Pezzin (biblioteca Dpa, orario ufficio, telefono 041 2571008).