Volontari per lo Sviluppo

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SOLIDALI OLTRE LA CRISI Identikit della coperazione che resiste V p S Alberto volontario dell’anno Scuola: educare alla guerra Epopea saharawi Consumismo demodè Poste Italiane S.p.A. - Sped. in abb. post. DL. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 1 CNS/CBPA/TORINO - Novembre-dicembre 2010 - anno XXVII - foto: Nino Leto Volontari per lo sviluppo La rivista di chi abita il mondo

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La rivista di chi abita il mondo

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SOLIDALI OLTRE LA CRISIIdentikit della coperazione che resiste VpS

Alberto volontario dell’anno Scuola: educare alla guerra Epopea saharawi Consumismo demodè Po

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Società civile e diritto al ciboÈ stata un’esperienza significativa, sedere accanto ai delegati governativi e partecipare attivamente

agli emendamenti dei testi negoziali insieme ai contadini di Via Campesina e ai tanti rappresentanti

di società civile, con la possibilità di prendere la parola esattamente come gli Stati e gli altri parteci-

panti della plenaria. La prima riunione del nuovo Comitato sicurezza alimentare all’indomani della

sua riforma, approvata l’ottobre scorso, si è conclusa con un esito positivo.

Il nuovo Comitato sicurezza alimentare che sostituisce il precedente, sia nel mandato sia nel

modus operandi, è forse la sfida più grande che la società civile ha davanti per le politiche legate al

diritto al cibo. È infatti il luogo che dovrà “coordinare le politiche nazionali, regionali e globali, dove

tutti gli attori coinvolti dovranno confrontarsi e coordinare le loro azioni coerentemente con le Linee

guida volontarie sul diritto al cibo”.

Il comitato è innovativo per la sua composizione, in quanto alla società civile viene riconosciuto un

ruolo di primo piano in qualità di partecipante insieme agli Stati, alle istituzioni finanziarie, al setto-

re privato e alle agenzie Onu romane. Con un riconoscimento delle diverse responsabilità, in quanto

solo agli Stati è riconosciuto il potere di voto, poiché per precisa scelta politica le organizzazioni

della società civile si sono rifiutate di sgravare gli Stati di questa loro responsabilità. Il Comitato, che

si riunisce in plenaria una volta l’anno, continua però a lavorare grazie al “Bureau” composto dagli

Stati, e all’advisory group che riunisce i rappresentanti delle categorie summenzionate, tale da

garantire continuità ai lavori. Una nuova architettura completata con l’High level panel of expert,

composto da accademici ed esperti, in cui siede anche una rappresentante della società civile sele-

zionata sulla base delle competenze.

In meno di un anno, le organizzazioni di società civile hanno lavorato per “autorganizzarsi”, stabilen-

do criteri che permettessero la partecipazione delle categorie più vulnerabili e spesso silenziose

per mancanza di strumenti. I contadini, i pastori, i pescatori, i senza terra, i poveri delle città, i lavo-

ratori agricoli, donne, giovani, consumatori, comunità indigene, ong. Praticamente chi nella maggior

parte dei paesi il cibo lo produce sfamando le proprie comunità, ma vede ogni giorno il suo diritto

a produrre minacciato o già leso dai grandi poteri economici delle multinazionali, dei predatori di

terre, dei latifondi.

La prima plenaria di questa nuova struttura si è conclusa con successo. Sulla questione del diritto

all’accesso alla terra sono state riconosciute prioritarie le linee guida volontarie in corso di elabora-

zione nell’ambito della Fao rispetto a quelle elaborate dalla Banca mondiale, e la decisione di avvia-

re un negoziato intergovernativo con la partecipazione delle organizzazioni sociali da concludere

entro ottobre 2011.

Spetta ai governi la responsabilità politica di rendere questo Comitato il nuovo organo di gover-

nance delle politiche alimentari globali. Ma anche noi ong e organizzazioni di società civile abbiamo

la responsabilità di non far calare l’attenzione su questo processo, di continuare a lavorare assidua-

mente e di mandare un messaggio chiaro e forte: il futuro dipenderà dal reale coinvolgimento

nelle decisioni di chi ogni giorno subisce e lotta per la sovranità alimentare di tutti.

editoriale di Sergio Marelli - Segretario Generale Focsiv

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IN PRIMO PIANO8 EDUCARE ALLA CHIUSURACorsi paramilitari per le scuole superiori

VOCI DAL SUD16 MEDIA ABORIGENILa voce dei “primi abitanti” d’Australia

19 ALLEVATORI SI DIVENTACongo, il reinserimento degli ex soldati

COOPERAZIONE37 IL RAGAZZO CHE AMAVA HAITIAlberto Acquistapace, Premio del Volontariato 2010

41 UN SMS SALVERA’ IL MONDOLa telefonia mobile per la democrazia nei pvs

IL PERSONAGGIO45 LA”MAMA“ CHE PORTA LA PACELeymah Gbowe, leader delle “donne in bianco”

PERCORSI PIONIERI51 CONSUMISMO DEMODE’A lezione d’ecologia dal professor Assadourian

PERCORSI EDUCATIVI54 DIVERSAMENTE FAVOLELe nuove fiabe per bambini che parlano di handicap

VpSn.07/2010

Reportage e notizie daicinque continenti,

progetti di solidarietà,proposte di turismo

alternativo, consumocritico e molto altro

volontariperlosviluppo.it

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Rubriche6 @ Volontari13 Da non perdere14 Mondo news28 Volontari cercasi40 Osservatorio cooperazione48 Altroturismo50 Attivati56 Multimedia57 Il mondo in pellicola58 Multimedia60 Cose buone dal mondo62 L’esperto risponde

Così muore la cooperazione

VpSLarivistadichiabitailmondo

L’ultima finanziaria di Tremonti si abbatte come una mannaia sui fondi per l’aiuto ai paesiin via di sviluppo. La manovra d’inizio estate aveva già tagliato circa 20 milioni, ora lalegge di bilancio 2011 elaborata al Ministero affari esteri (Mae) ha proposto un’ulterioreriduzione di 10 milioni. Rispetto al 2010 il bilancio complessivo del Mae si contrae di 185milioni di euro; e il 79% dei tagli è stato fatto ricadere sulla cooperazione allo sviluppo. Ilfatto è avvenuto a poche settimane dall’Assemblea generale Onu in cui le grandi potenzeoccidentali (Italia inclusa) hanno confermato gli impegni per il raggiungimento degliObiettivi del Millennio. «Per le spese militari ci sono 3 miliardi di euro l’anno, per la coo-perazione allo sviluppo meno di 100 milioni» dichiara Sergio Marelli, segretario generaleFocsiv. Si potrebbero infatti mantenere inalterati gli stanziamenti per la cooperazione, sesi riducessero le spese militari del 5-10%.Le scelte del governo non appaiono dunque frutto di esigenze di bilancio, ma di una preci-sa volontà politica.

Reportage

Dossier

22 BOOMERANG SAHARAWI

29 SOLIDALI “MADE IN CRISI”

Gli investimenti in Sahara occidentale affossano il Marocco

Gli italiani secondo il Barometro della solidarietà internazionale

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Luke: “Ciao a tutti volevo sapere se per l’adunata del 19/6 bisogna venire con la divisa o vestiti normalmente”.Marina: “Confermo: bisogna presentarsi in divisa. Arrivando prima potete cambiarvi all’interno. Ciao. Omnes vulnerant,ultima necat”. Lo scambio di battute è preso dal forum sul sito www.trainingday.it, sottotitolo: “giovani a scuola di valori”.Uno strano sito sul quale si racconta di campi “para militari” per giovani studenti interessati, gestiti dall’associazione stu-dentesca Anci (Associazione nazionale cadetti d’Italia). La prima cosa che viene in mente visitandolo è ma cosa centra lascuola con tutto questo?Per capirlo basta leggere la circolare di novembre 2009 dell’Istituto Manzoni di Suzzara (Mn), una delle 38 scuole coinvoltenel progetto “Allenati per la vita”. Il Training Day è un’attività sportiva-formativa inserita dall’Ufficio Scolastico Regionaletra le varie attività sportive della Lombardia e l’Anci è un’organizzazione giovanile studentesca, alla quale possono iscriver-si studenti maschi e femmine che frequentano le classi del triennio”.

Più corsi paramilitari, meno servizio civileSi tratta dell’introduzione di autentici corsi ‘paramilitari’ all’interno dei programmi scolastici dei licei della Lombardia.Un’intesa giunta alla sua quarta edizione (il ministro La Russa si è affrettato a sottolineare come ad approvarla per laprima volta sia stato il precedente governo di centrosinistra) per proporre una serie di corsi teorico-pratici (validi anchecome crediti formativi) nell’ambito dell’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione, che vanno da una serie di disciplineolimpioniche, come la canoa o la corsa a ostacoli, fino al tiro con l’arco e con la pistola ad aria compressa. A oggi sonostati coinvolti oltre 800 studenti, 140 istruttori militari in congedo, 27 docenti, 38 scuole secondarie superiori. Le lezioni sitengono presso le sedi dell’ Unuci (Unione nazionale ufficiali in congedo d’Italia) e del Cme (Comando militare esercito)Lombardia. Il Ministero dell’istruzione in una nota ufficiale informa di come “Allenati per la vita” sia: “un’attività sportiva complessa earticolata […] a cui aderiscono esclusivamente ragazzi e ragazze volontari, nell’ambito dell’insegnamento di Cittadinanza eCostituzione”. Mentre sul periodico “Unuci - Rivista di cultura militare” si legge: “Un’occasione per dare ai ragazzi un’espe-rienza ricca di valori, di impegno e di tradizioni. Il bullismo e l’aggressività possono essere sconfitti con la lealtà della com-petizione ginnico-sportiva, il cameratismo, il rispetto delle regole e la solidarietà”.La notizia, partita dalle pagine del settimanale Famiglia Cristiana, ha suscitato un polverone con tanto di interrogazioniparlamentari, che hanno spinto il ministro La Russa a precisare che, pur avendo condiviso e quindi rinnovato l’iniziativa,probabilmente la sopprimerà il prossimo anno per concentrare le risorse su un’altra iniziativa a cui tiene molto: la cosid-detta “mini-naja”, rivolta sempre a studenti, ma questa volta maggiorenni e desiderosi di provare per tre settimane cosasignifica vivere in una caserma dell’esercito. Lo stanziamento approvato per accogliere i giovani nelle caserme italianeammonta a 19,8 milioni di euro, di cui 6,5 da spendere quest’anno, 5,8 riservati all’anno prossimo e 7,5 previsti per il 2012.Tutto questo a fronte dei consistenti tagli al fondo per il Servizio civile nazionale. Secondo l’assessore alle politiche socialidella Regione Emilia Romagna, Teresa Marzocchi, che ha visto ridursi ulteriormente di ben 300 unità i giovani in serviziocivile nella sua regione, «non c’ è assoluta volontà da parte del governo di sostenere quest’ esperienza. Per capirlo basta

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Educare alla chiusuraDi Maurizio Dematteis e Antonio Martelli

Corsi paramilitari offerti ai ragazzi delle scuole superiori, “mini naja” per avvicinare igiovani alle forze armate e promozione della “paura del diverso”. Il mondo della coopera-zione internazionale e dell’interculturalità, già colpito al cuore da pesanti tagli economi-ci, oggi si trova ad affrontare un altro problema: “un’operazione culturale” opposta allacittadinanza globale.

In primo piano

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Il corso “Allenati per la vita” coinvolge 800 ragazzi, 140 istruttori militari in congedo, 27docenti in 38 scuole secondarie superiori della Regione Lombardia. Propone agli studenti disci-pline come: cultura militare, difesa nucleare, batteriologica e chimica, armi e tiro.

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dare uno sguardo alle risorse destinate al Fondo nazionale per il servizio civile, che sono state ulteriormente ridotte». Si èpassati infatti dai 266 milioni di euro per il 2008 ai 211,4 del 2009, ridotti a 170,2 milioni circa per il 2010, con la previsio-ne di un ulteriore calo a 125,6 milioni nei prossimi due anni.

Risposte (mancate) e commenti (negativi)Una tendenza preoccupante per quanti cercano di proporre una visione del “mondo globalizzato” non solo dal punto divista economico, ma anche dal punto di vista dei popoli. Sarà un caso che la promozione di corsi paramilitari vada di paripasso con la riduzione delle risorse per il servizio civile e per la cooperazione internazionale (- 45% dei fondi dedicati allacooperazione italiana allo sviluppo nella Finanziaria del 2011). Oppure è in atto una pericolosa “riforma culturale” da partedell’attuale governo nel nostro paese?Abbiamo cercato di chiedere spiegazioni alle realtà interessate: provveditorati allo studio della Provincia di Milano eMantova e Regione Lombardia. Ma purtroppo nessuno ha voluto rilasciarci dichiarazioni riguardo al progetto “Allenati perla vita”. Ed è strano, che se uno promuove e sostiene un’iniziativa, poi non voglia spiegarne le ragioni. Viceversa molti i commenti provenienti dai professionisti dell’educazione alla pace e dell’interculturalità. Secondo GiovanniSalio, scienziato del Centro Sereno Regis, da anni impegnato nella promozione della cultura della pace «Queste ultime ini-ziative sono particolarmente gravi, perché in un contesto sociale con forme di violenza interpersonale diffusa un addestra-mento di questo genere non fa che prospettare un’inclinazione in più nei giovani». «Non pensavo saremmo mai arrivati alla proposta di corsi di formazione paramilitari nelle scuole spiega Piera Gioda,

Non pensavo saremmo arrivati alla proposta di corsi di formazione paramilitari nellescuole: un’operazione culturale opposta alla visione dell’educazione interculturale

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11In primo piano

esperta di educazione alla mondialità e presidente Cisv. «C’è un’operazione culturale in atto opposta alla nostra visione dieducazione all’interculturalità e alla cittadinanza globale. E pensare che con l’Associazione italiana ong non riusciamonemmeno a farci ricevere dal Ministero dell’istruzione. Mentre con il governo precedente stavamo per firmare un protocol-lo d’intesa per inserire nelle indicazioni nazionali i temi dell’intercultura e della cittadinanza globale».

Valvola di sfogo pericolosa per soggetti fragiliDaniele Novara, fondatore del Centro psicopedagogico per la Pace e la gestione dei conflitti, dice: «Premesso che si trattachiaramente di una iniziativa a sfondo ideologico, ossia che ha la pretesa di indottrinare rispetto alla bontà delle armi edell’esercito, è sicuramente un progetto che agisce sull’immaginario maschile, in questo momento molto in crisi». Eaggiunge: «Nella fase delicatissima dell’adolescenza, soggetti fragili e con scarsa autostima, magari vessati da madri chehanno distrutto la loro mascolinità, possono trovare una catarsi nel mito ‘fallico’ rappresentato dalle armi». Secondo il pro-fessor Novara, il progetto ‘Allenati per la vita’, «fortunatamente non vuole educare a un uso improprio delle armi, ma lavo-ra sul concetto di sicurezza. Che d’altronde è il leit motiv, il cavallo di troia per tutto quello che attiene l’ideologia militaree il programma politico della destra italiana degli ultimi anni. In una fase molto delicata della evoluzione di una persona,insomma, c’è il rischio di fare dei danni. «E’ facile promettere la sicurezza in un contesto di fragilità emotiva della popolazione e soprattutto dei bambini che noncrescono più come dovrebbero, sempre controllati, repressi in quasi tutte le esperienze. E’ importante dare un’educazione

In apertura: cadetti militari ad un corso di formazione. Pagina a fianco: allievi di una classe posano con i volontari dell’Unuci, campo di addestra-

mento paramilitare e il Ministro della difesa Ignazio La Russa. Sotto: il ministro dell’Istruzione Mariastella Gemini e una squadriglia di “foft air” in

azione. Nella pagina seguente: ancora campi di addestramento paramilitari e studenti di scuole medie superiori.

Allenati per la vitaIl testo di seguito è tratto dalla presentazione del corso proposto agli alunnidelle scuole di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Milano,Monza e Brianza, Pavia e Varese. “Il progetto Incontri Esercito Scuola costituisce una delle iniziative del pro-tocollo “Allenarsi per la vita” siglato a Milano il 5 ottobre 2009 dal dirigen-te scolastico Regione Lombardia dott. Giuseppe Colosso e dal comandantemilitare Esercito Lombardia. generale Camillo De Milato. Tale iniziativa èsupportata dalla sinergia tra il Ministero della pubblica struzione e ilMinistero della difesa che viene sempre di più sospinta dal ministro Geminie dal ministro La Russa”.“Lo scopo del progetto è di far vivere ai giovani delle scuole superiori esperienze disport e giochi di squadra, ma anche introdurre corsi specifici e prove tecnico/pra-tiche, per avvicinare la realtà scolastica alle Forze Armate, ai Corpi dello Stato ealla Protezione Civile e Gruppi Volontari di Soccorso. Vivere questo momento comestimolo per toccare con mano i valori della lealtà, dello spirito di corpo e di squa-dra, oltre ad acquisire senso di responsabilità e rispetto delle regole e dei princi-pali valori della vita”. “Il programma è costituito da sei incontri addestrativi, così suddivisi: culturamilitare, topografia e orientamento, diritto costituzionale, difesa nucleare, batte-riologica e chimica, trasmissioni, armi e tiro, primo soccorso, mezzi dell’esercito,superamento ostacoli, sopravvivenza in ambienti ostili”.

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forte, abituando i ragazzi ai conflitti ma senza la violenza. E’ infatti un errore confondere litigio con violenza».

Fiducia nelle agenzie di formazioneIl mondo dell’associazionismo e della società civile è in allarme. I corsi “paramilitari” all’interno dei programmi scolasticihanno suscitato un vivace dibattito anche in rete, dove sono nati numerosi blog e forum di discussione. La polemica èarrivata fino in Parlamento, attraverso interpellanze del Pd e dei radicali. «E’ possibile che queste scelte si svuotino da sé»continua Giovanni Salio. «Perché non ci sono più risorse economiche. Ma a parte “Allenati per la vita”, le cose che influi-scono negativamente nel campo dell’intercultura sono ben altre. Sono i respingimenti, una politica leghista che fomenta lapaura del diverso. Le proposte del ministro Gelmini di ridurre la presenza degli alunni immigrati nelle scuole, tutte soluzio-ni non funzionali a modelli di convivenza».Per fortuna, ne convengono anche gli addetti ai lavori, non mancano le spinte in senso opposto. Sostenute da volontari oda piccoli finanziamenti da parte degli enti locali.«Le ronde insegnano» spiega Piera Gioda «C’è stato tanto dibattito poi la questione si è sgonfiata da sola. Non so quantopossano attecchire queste proposte dei militari nelle scuole. In Italia c’è poca vicinanza tra società ed esercito. Inoltrequando gli insegnanti fanno bene il loro mestiere, quando cercano di aprire le porte della scuola al mondo, questa è ingrado di offrire ai ragazzi visioni plurime, è in grado di creare coscienze critiche. Sempre che, e questo è il vero pericolo,non si tenda ad “appaltare” a singoli soggetti esterni lo svolgimento di parte del curriculum scolastico».

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L’uso delle armi e il concetto di sicurezza agiscono sull’immaginario maschile, nellafase delicata dell’adolescenza, soprattutto in soggetti fragili con scarsa autostima

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Nonviolenza inpraticaLa Scuola di educazio-ne alla pace e allamondialità dellaCaritas di Roma propo-ne, a partire da genna-io 2011, un percorso diformazione su temati-che legate alla nonvio-lenza, ai rapporti Nord-Sud del mondo e aidiritti umani. Il ciclocomprende 12 incontrie si svolgerà presso ilSeminario RomanoMaggiore. Ogni labora-torio prevede una parteintroduttiva ai proble-mi trattati, un momen-to di approfondimentoe confronto, la proposi-zione di alcuni stru-menti concreti di lavo-ro. Info: www.caritasro-ma.it

Mostra Agri-Culture(s)Resterà aperta fino al9 gennaio la mostra“Agri-Culture(s).Quando l’agricolturasmaschera la cultu-ra”, che si svolge incontemporanea nellecittà di Roma, alMuseo “LuigiPigorini”, e di Binche,in Belgio. La mostraillustra la maniera incui le comunità ruralidi alcune aree margi-nali del Senegal, delMarocco edell’Ecuador riesconoa trasformare il lororapporto con l’ambien-te e il patrimonio cul-turale. A cura di Acrae Oxfam Italia.Info: Museo Pigorini,06/54952269

Counseling inter-culturaleIl Centro Shinui propo-ne a Bergamo, dagennaio 2011, il corso“Counseling e terapieinterculturali”: desti-nato a operatori deisettori psico-sociale,sanitario, educativo,assistenziale e legalecon esperienza dilavoro in ambito inter-culturale. Sarannoaffrontati, tra gli altri,i temi: aspetti psicolo-gici dei processimigratori e differenzedi genere, dirittiumani, variabili cultu-rali della psico-dia-gnosi.Info: www.shinui.it

Mondi lontani,mondi viciniIl Centro interculturaledi Torino, insieme aMuseo nazionale delcinema, Fieri e altripartner propone la 18ªedizione di “Mondilontani, mondi vicini”(fino a febbraio 2011).La rassegna, attraver-so film di registi ita-liani e stranieri, offrel’opportunità peresplorare ambiti intel-lettuali, creativi e arti-stici, affrontando temidi educazione intercul-turale. Tra le prossimeproiezioni: il 13 gen-naio, cortometraggio“Salaam AleykumCopenhagen” di SasoNiskac, seguito da“Soul kitchen” di FatihAkin. Info: www.comu-ne.torino.it/intercultura

Si svolgerà dal 16 al30 dicembre, traAbbasanta e Norbello(Or), il primoSardinianSustainability FilmFestival, un concorsocinematografico inter-nazionale sulla soste-nibilità, aperto a operedi qualsiasi duratache trattino il tematanto della sostenibili-tà ambientale quantodella sostenibilitàsociale. Durante lamanifestazione sonoprevisti incontri colla-terali sui temi del con-corso. Info: www.mar-raiafura.com

Da non perdere a cura di Elena Poletti

Cucina e letture dal mondoCucimondo ripropone a Roma, fino a giugno 2011, “Incontrarsi a tavola”: un ciclo diserate dedicate alla cucina di tutto il mondo. Gli insegnanti non sono cuochi profes-sionisti ma semplici amanti della cucina felici di condividere esperienze e abitudini.Al termine di ogni serata si assaggiano i piatti preparati e si ricevono dispense conricette, approfondimenti storico-culturali, indirizzi utili per la spesa. I contributi deipartecipanti sosterranno il centro Mater Misericordiae di Bukavu (Rd Congo). Info: www.associazionecucimondo.org

Cinema & sostenibilità

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BOOMERANG SAHARAWIdi Sara Wukaf e Sofia Mirar Foto: Sonia Droli

Reportage

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Strade, porti e aeroporti, elettricità, industrie, siti estrattivi, il sistema di purificazione dell’acqua delmare… L’occupazione marocchina ha investito molto in Sahara Occidentale, ma questo si sta rivelandoun boomerang. E i saharawi che abitano nella zona vivono aspettando un referendum da trent’anni.

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Entro il 2020 il sole del Sahara Occidentale regalerà elettricità al Marocco: è quanto esposto ad Addis

Abeba in occasione del VII Forum per lo Sviluppo dell’Africa, nell’ottobre scorso. Per lo sviluppo del solare il

governo marocchino pianifica la realizzazione di centrali termonucleari nei pressi di Laayoune, Boudjour,

Tarfaya, Ain Beni Makhtar e Ouarzazate. Tre di queste città sono nel Sahara Occidentale, dove già adesso le

pale degli impianti eolici caratterizzano, in diversi punti, il paesaggio. E se il vento non basta, il sole certo

non manca nel deserto.

TERRA DI NESSUNOAttraversando da nord a sud il Sahara Occidentale i controlli, per gli stranieri, non finiscono mai. L’autobus

si ferma ogni cento chilometri, i poliziotti vengono dritti verso di noi. Ci chiedono il passaporto, quasi sem-

pre ci fanno scendere, come se ogni volta si passasse un confine fantasma.

A Dakhla, città nel sud vicina alla Mauritania, conosciamo Ali. É un saharawi e ha da pochi mesi una casa.

Dalla vita nelle tende è passato a quella nel cemento, regalato dallo Stato, che sovvenziona anche farina,

olio, zucchero, assicurazione medica. La casa di Ali non è finita; poche lo sono in realtà: la città sembra un

gran cantiere grigio. Ma il pavimento è ricoperto di tappeti colorati, la cucina è attrezzata, c’è l’acqua

(desalinizzata) corrente. O meglio, c’è salvo il martedì e il venerdì. Per fare il tè invece non c’è problema: si

usa l’acqua piovana.

Gli abitanti saharawi del Sahara Occidentale sono in perenne attesa. Rachid, che viaggia con noi, ce lo con-

ferma. La storia infinita del referendum per l’indipendenza - mai celebrato - ha messo molti di loro in uno

stato di torpore, ne ha guidati altri verso le alte sfere marocchine, infine di alcuni ha esacerbato gli animi

fino a creare fenomeni di violenza. Alcuni hanno parenti rifugiati in Algeria e in Mauritania: a est del muro

che dal 1975 spacca in due la sabbia, costruito dal Marocco. Rachid in passato ha provato a raggiungere i

suoi passando dalla Mauritania, ma le autorità del Polisario gli avrebbero trattenuto il passaporto fino al

suo rientro. Su nessuno dei due fronti c’è buona accoglienza per chi oltrepassa il confine e vuole tornare

indietro. Nella terra di nessuno, non ci si fida di nessuno.

RICCHEZZE BOOMERANGIl precedente sovrano del Marocco Hassane II usava il bastone, reprimendo ogni forma di dissenso interno.

Suo figlio, Mohammed VI, ha scelto la carota per conquistare gli abitanti del Sahara. Ha delegato a

un’agenzia per lo sviluppo, l’Agence du Sud, lo sviluppo della regione. Secondo Telquel, settimanale pro-

gressista marocchino, questa agenzia ha rivoluzionato il territorio. La rete stradale, i porti e gli aeroporti, la

rete elettrica, le industrie, i siti estrattivi, il sistema di purificazione dell’acqua del mare, le città in cemento

armato: l’Agence du Sud ha fatto vivere il deserto a beneficio dell’idea della “grande nazione marocchina”.

Secondo le stime di Telquel, dal 1975 Rabat ha impegnato immense risorse nel Sahara. Somme da capogi-

ro investite nelle infrastrutture, nelle spese militari, civili, nelle attività di diplomazia internazionale. Sempre

secondo Telquel poi il Marocco perderebbe ogni anno 3 punti percentuali del proprio Pil nazionale per

sostenere lo sviluppo delle regioni meridionali, e le ricchezze del sottosuolo sahariano si sono rivelate un

clamoroso boomerang. Non potendo contare sul petrolio, presente ma non economicamente valido, il

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La storia infinita del referendum ha reso apatici molti saharawi, ne ha guidati alcuniverso le alte sfere marocchine, di altri ha esacerbato gli animi spingendoli alla violenza

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25Reportage

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Marocco sfrutta le risorse ittiche (con l’appoggio di trattati firmati con l’Europa), l’energia solare e i fosfati,

che sono anche ricchi di uranio. In effetti con la miniera di Bou Craa, nel sud, unita alle miniere del nord, il

Marocco copre l’85% della produzione totale e diventa il principale fornitore di fosfati al mondo. Esiste un

parere Onu contrario alla strategia marocchina perché le potenze occupanti dovrebbero sfruttare le risor-

se di un territorio conteso esclusivamente in favore delle popolazioni locali. Ma su questo punto non si

trova accordo e intanto le risorse continuano a essere sfruttate. Magro beneficio, secondo Telquel, per una

occupazione che sta costando al Marocco il suo stesso sviluppo.

CAPRO ESPIATORIOUn anziano professore di arabo incontrato in autobus, racconta: «Mi hanno detto di venire qui, che avrei

avuto molto più denaro». I professori, i poliziotti, i funzionari, sono quasi tutti del nord: hanno contribuito

alla “marocchinizzazione” della zona. Anche il nostro tassista, a Dakhla, è del nord e lo dice subito: «Perché

sono venuto qui? Per soldi».

Il Sahara Occidentale è, tra l’altro, esentasse. Questa politica ha attratto alcuni investitori stranieri, che

hanno realizzato serre di pomodori e altre verdure destinate all’export. Nel deserto si coltivano pomodori

esentasse.

Se i giornali marocchini più audaci - come Telquel e pochi altri - esprimono a volte perplessità sugli aspetti

economici della presenza nel Sahara, la sua legittimità non viene invece mai messa in discussione. Le altre

pubblicazioni nazionali, poi, invocano ogni giorno l’unità del Marocco e quotidianamente accusano

Polisario e Algeria.

A Laayoune i militari sono ovunque. I vari corpi di polizia e l’esercito fanno ormai parte del paesaggio,

come le loro camionette, con finestrini coperti di fitte inferriate. Perché? «La gente gli tirava le pietre» è la

risposta di Rachid.

Luciano Ardesi, presidente dell’Ansps - Associazione nazionale di solidarietà con il popolo Saharawi - legge

l’invasione del Sahara in chiave strumentale all’uscita da una grave crisi politica che colpì il Marocco tra il

1970 e il 1972. Per ben due volte si era ipotizzato il colpo di Stato. Hassane II seppe ricreare l’unità nazio-

nale attorno a un obiettivo esterno: la conquista delle province meridionali. «Credo che la soluzione del

Sahara sia nel Marocco stesso: nel momento in cui le forze democratiche marocchine riusciranno a ritro-

vare i propri spazi di libertà saranno le prime a disfarsi di questo peso, che è il Sahara Occidentale».

Sulla risoluzione del conflitto non sembra avere molta influenza, invece, la Minurso, la missione Onu che

ha visto progressivamente contrarre i suoi compiti. Uno dei suoi impegni attuali è lo sminamento. La regio-

ne è una delle più minate del mondo, ordigni messi da entrambe le parti durante la guerra, tra il 1976 e il

1991, e forse addirittura ereditate in parte dalla colonizzazione spagnola. In sede Onu, da 3 anni, è in

discussione l’ennesima proposta di conciliazione, quella del piano d’autonomia presentato dal Marocco a

cui si contrappone una proposta di indipendenza del Polisario. Chissà invece cosa vuole la gente, tra le

case grigie e i parenti dall’altra parte del Muro.

Che nazionalità vorresti? chiediamo ad Ali. «Francese». Come, non saharawi? «Io non voglio la bandiera

rossa. Prima di tutto, questo».

27Reportage

Secondo il settimanale progressista Telquel, il Marocco perderebbe ogni anno 3punti percentuali del Pil nazionale per sostenere lo sviluppo delle regioni meridio-

Alcune immagini dal

Sahara occidentale,

dove il popolo saharawi

attende da 30 anni un

referendum per

l’indipendenza

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AAA volontari cercasi

InformarVI il servizio informativo di Volontari nel mondo – FOCSIV, gestisce la ricerca di risorse umane per attività dicooperazione internazionale attraverso un’apposita Banca Dati Volontari Internazionali. Ad essa è collegato il Servizio Selezionedei candidati Volontari Internazionali della Federazione. Info: tel. 06/6876706 - www.focsiv.it

Codice: 500/10CAPO PROGETTOVIETNAMDove: VietnamDurata: 1 annoRuolo: promozione del-l’inclusione sociale edei diritti umani dellepersone disabili. Requisiti: laurea infisioterapia, esperien-za di coordinamentoprogetti cooperazionenei pvs, buona cono-scenza dell’inglese.Preferenziale: prece-dente esperienza nel-l’area Asia e Pacifico.Contratto: cooperante Info: tel. 06/6876706E-mail:[email protected]

Codice: 501/10CAPO PROGETTO Dove: Ecuador Durata: 1 anno proro-gabileRuolo: monitoraggioattività di progetto,coordinamento équipelocale, attività diagno-stico-cliniche, socio-riabilitative e di presain carico di personedisabili, collaborazione

nelle attività dell’offi-cina ortopedica.Requisiti: laurea inscienze riabilitative(pref. fisioterapia),buona conoscenzadello spagnolo, espe-rienza formativa,capacità di training onthe job. Preferenziale:esperienza in progettidi cooperazione, espe-rienza lavorativa inItalia di almeno 3anni.Contratto: privato Info: tel. 06/6876706E-mail:[email protected]

Codice: 515/10COORDINATORESEDEDove: Sud SudanDurata: 1 anno rinno-vabileRuolo: gestione deirapporti istituzionalicon le autorità locali, idonatori e le agenzieinternazionali, coordi-namento dei progettiin corso e della logisti-ca della sede, consoli-damento della presen-za dell’ong nel paesetramite l’identificazio-ne di nuove opportuni-tà progettuali e relati-ve missioni di fattibili-tà.Requisiti: esperienzadi coordinamento pro-getti di cooperazionenei pvs, esperienza nel

settore idro-geologicoo dell’ingegneriaambientale/idraulica enella logistica, cono-scenze di base nel set-tore della perforazioneidrica, ottima cono-scenza dell’inglese.Preferenziale: prece-dente esperienza dilavoro in Sud Sudan.Contratto: privatoInfo: tel. 06/6876706E-mail:[email protected]

Codice: 516/10COORDINATOREPROGETTODove: UgandaDurata: 1 anno rinno-vabileRuolo: coordinamentodelle attività del pro-getto e delle risorseumane, realizzazionedi un bollettino perio-dico informativo epubblicazione finaledella ricerca, ammini-strazione del budget egestione della rendi-contazione ammini-strativa.Requisiti: esperienzadi coordinamento pro-getti di cooperazionenei pvs, conoscenzetecniche di veterinaria,ottima conoscenzadell’inglese.Preferenziale: prece-dente esperienza dilavoro in Uganda.Contratto: privato

Info: tel. 06/6876706E-mail:[email protected]

Codice: 517/10COORDINATOREPROGETTODove: HaitiDurata: 1 anno rinno-vabileRuolo: coordinamentodelle attività del pro-getto su sicurezza ali-mentare e produzioneagricola, coordina-mento risorse umane,gestione amministrati-va, redazione di rap-porti tecnici, gestionerapporti con le istitu-zioni, identificazione dinuove opportunità pro-gettuali e relativi studidi fattibilità.Requisiti: esperienzadi coordinamento pro-getti di cooperazionenei pvs, competenzae/o esperienza nei set-tori: sicurezza alimen-tare e agronomia,agro-forestazione, for-mazione professionale.Ottima conoscenza delfrancese.Preferenziale: prece-dente esperienza dilavoro in AmericaLatina.Contratto: privatoInfo: tel. 06/6876706E-mail:[email protected]

In Italia:ASAL cerca: RESPONSABILEBANCA DATIDove: RomaDurata: 2 mesi Disponibilità: dicembre Requisiti: diploma,competenza informati-ca, capacità di lavorosistematico e in équi-pe.Info: tel. 06/3235389E-mail: [email protected]

EDUCATOREDove: RomaDurata: 6 mesiDisponibilità: dicembre Requisiti: diploma,esperienza nel settoredell’animazione/edu-cazione.Info: tel. 06/3235389E-mail: [email protected]

ESPERTO COMU-NICAZIONEDove: RomaDurata: 2 mesi Disponibilità: febbraio Requisiti: diploma,competenza informati-ca, capacità linguisti-che. Preferenziale:conoscenza dell’ingle-se e dello spagnolo.Info: tel. 06/3235389E-mail: [email protected]

Nel caso di ricer-che con un codicedi riferimento ènecessario, invian-do la tua candidatu-ra, specificare nel-l’oggetto del mes-saggio il codice!

Page 19: Volontari per lo Sviluppo

di Damiano Sabuzi Giuliani e Valentina Brogna

Solidali “made in crisi” Dossier

Page 20: Volontari per lo Sviluppo

Secondo gli italiani intervistati ne il “Barometro della solidarietà internazionale” sarebbero tre leurgenze mondiali più pressanti: disoccupazione, fame e pace nel mondo

Page 21: Volontari per lo Sviluppo

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Un popolo solidale e sostenitore degli aiuti allo sviluppo nonostante la crisi economica. È l’immagine che emerge dalla

nuova edizione del “Barometro della solidarietà internazionale degli italiani”, l‘indagine promossa da Focsiv, in collabora-

zione con il Centro Interdipartimentale di ricerca e servizi sui diritti della persona e dei popoli dell’Università di Padova e

condotta da Doxa, arrivata alla sua quarta edizione. Vi si evidenziano le tendenze della società italiana nel campo della

cooperazione e della solidarietà internazionale, al fine di reindirizzare le politiche degli Stati per il raggiungimento degli

Obiettivi di sviluppo del millennio.

«Anche in questa edizione gli italiani dimostrano di essere molto attenti alle tematiche degli aiuti allo sviluppo e sempre

propensi a esprimere in modo concreto la propria solidarietà verso le emergenze umanitarie internazionali e le situazioni

di povertà dei paesi in via di sviluppo. Tutto ciò nonostante la forte crisi economico-finanziaria internazionale che ha col-

pito anche l’Italia. Negli ultimi mesi, infatti, è rimasta costante la propensione a donare: il 44% della popolazione adulta

ha effettuato una donazione a favore di una causa di solidarietà», dice Sergio Marelli, segretario generale Focsiv.

Più democrazia, meno povertàIn particolare, per gli italiani, sono tre le urgenze mondiali attualmente più pressanti: la disoccupazione, la fame e la pace

nel mondo. Il primo degli Obiettivi inseriti nel 2000 nella Dichiarazione del Millennio - dimezzare la fame e la povertà

estrema entro il 2015 - resta dunque di primaria importanza.

Quanto agli aiuti ai paesi poveri, come già emerso nel 2007, il 62% degli intervistati afferma che questi devono essere

aumentati e per il 55% occorre farlo attraverso una riduzione delle spese militari. Come sottolinea il sociologo Valerio

Belotti, direttore della ricerca, «permane una forte consapevolezza delle difficoltà che sta attraversando il pianeta e in par-

ticolar modo i paesi meno ricchi. Proprio questa consapevolezza fa registrare una delle più significative modifiche negli

orientamenti degli italiani rilevati nella presente edizione del Barometro: l’importanza del lavoro come volano per il con-

trasto alla povertà e lo sviluppo della pace». Cresce inoltre l’opinione che per uscire dalla spirale della povertà non basta

contrastare lo storico e sistematico rapporto di sfruttamento tra paesi ricchi e poveri, ma occorre allo stesso tempo soste-

nere i livelli di democrazia e di partecipazione dei cittadini alla vita politica e sociale interna ai paesi in via di sviluppo. In

questa prospettiva gli aiuti allo sviluppo non vanno affatto diminuiti, anzi, si consolida però sempre più l’idea che il loro

utilizzo vada monitorato, reso più efficiente e non più preda della corruzione.

Il lavoro crea paceUno dei primi messaggi che gli italiani lasciano in consegna a questa edizione del Barometro è dunque la necessità del

lavoro per poter affrontare in modo credibile le varie questioni di diseguaglianza sociale e di pace. Tra le tredici possibili

urgenze proposte agli intervistati, la disoccupazione è ritenuta la prima emergenza, che riguarda ormai tutti i paesi e che

deve pertanto essere affrontata a livello internazionale (vedi grafico nella pagina seguente).

Tra le altre questioni ritenute di grande rilievo sulla scena internazionale, vi sono la fame e l’annosa problematica della

pace nel mondo. «Obiettivi che tuttavia sembrano preoccupare un numero sempre inferiore di italiani» spiega Belotti.

«Secondo gli intervistati, tali obiettivi non possono essere raggiunti senza avere la sicurezza del lavoro. Da notare inoltre

come l’emergenza terrorismo, che nel 2001 era considerata dalla metà del campione come l’urgenza più pressante (assie-

Dossier

Solidali “made in crisi”L’importanza del lavoro per combattere la povertà e favorire la pace: questa la principale novi-tà negli orientamenti degli italiani secondo l’ultima edizione del “Barometro della solidarietàinternazionale”. L’indagine promossa da Focsiv e condotta da Doxa mostra una popolazionegenerosa nel donare nonostante la crisi ma pronta a chiedere conto a politica e istituzioni.

Page 22: Volontari per lo Sviluppo

me alla pace), si ridimensioni nell’ultima rilevazione, non certo perché tale problema sia stato

superato».

L’opinione che gli italiani hanno circa le cause della povertà non è cambiata nel tempo: anche

quest’anno essi ribadiscono in maggioranza che la più importante ragione di debolezza dei paesi

poveri è lo sfruttamento da parte dei paesi più ricchi. Non l’unica, ma la più influente. Si man-

tiene dunque un giudizio fortemente critico sui rapporti economici internazionali. Per metà della

popolazione, inoltre, sono i sistemi politici corrotti e autoritari a mantenere le popolazioni nella

condizione di sottosviluppo. Ben l’89% degli intervistati non ha dubbi: la cancellazione del debi-

to estero è la strada maestra per uscire da questa situazione. Aumentano però coloro che riten-

gono necessarie alcune condizionalità a questa riduzione, quali l’impegno dei paesi indebitati a

procedere a un risanamento economico. Cresce la consapevolezza che gli aiuti dati a paesi con

governi corrotti e non intenzionati a gestirli in modo trasparente non servano a far uscire le loro

popolazioni dalla povertà. Cosa fare dunque di questi aiuti? Gli italiani sono sempre più pragma-

tici a riguardo: essi ritengono in maggioranza che si debbano utilizzare meglio, indipendente-

mente dalla necessità di un loro aumento (vedi grafico nella pagina seguente).

Le risorse da dedicare agli aiuti internazionali si potrebbero ricavare, a detta del 55% degli ita-

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Il 62% degli intervistati ritiene che gli aiuti ai paesi poveri debbano essere aumentati;e per il 55% di loro occorre farlo attraverso una riduzione delle spese militari

Le prime tredici grandi urgenze mondiali.

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Disoccupazione

Pace nel mondo

Violenza e sfruttamento bambini

Cattive condizioni sanitarie

Sviluppo paesi poveri

Disponibilità energia

Analfabetismo

T

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33Dossier

liani, da una riduzione delle spese militari. Questa percentuale è però diminuita nel corso delle rile-

vazioni. Un quarto ritiene invece che andrebbero aumentate le donazioni pubbliche, mentre l’ipo-

tesi delle tasse di scopo attrae ancora una percentuale piuttosto bassa della popolazione solo

il19% (vedi grafico in basso).

Ong più affidabili dell’Onu Al campione di intervistati è stato anche chiesto di indicare quali organismi e istituzioni debbano

avere la responsabilità della gestione degli aiuti internazionali. A detta degli italiani è l’Onu il sog-

getto su cui maggiormente ricade questa prerogativa (ben 72%). Un onere che essi attribuiscono

anche ai paesi più ricchi riuniti nel G8 (51%). Le ong assumono rilevanza per ben il 45% della

popolazione, a pari merito con l’Unione europea.

Riconoscere e attribuire compiti di responsabilità ai diversi organismi non significa però necessa-

riamente avere “fiducia” nella loro capacità di assolverli. La fiducia degli italiani ricade in questo

senso proprio sulle ong (ben il 73%), prima ancora che sull’Onu e sull’Ue. Alle associazioni di aiuto

umanitario sono riconosciute capacità e affidabilità almeno pari, se non superiori, a quelle regi-

strate dalle grandi istituzioni. Oggi ancor più di ieri. Un richiamo a un sempre maggiore coinvolgi-

mento delle ong nella gestione degli aiuti, che dovrebbe far riflettere le istituzioni nazionali pre-

poste all’allocazione delle risorse per la cooperazione internazionale (vedi grafico nella pagina

seguente).

Che dire, allora, della propensione dei cittadini stessi a donare e partecipare ad attività di volon-

tariato? La disposizione alle donazioni è rimasta pressoché immutata, nonostante l’avvento della

Giudizio sull’adeguatezza degli aiuti ai Paesi più poveri.

Come reperire maggiori risorse per gli aiuti.

Page 24: Volontari per lo Sviluppo

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crisi economica. Nei dodici mesi precedenti l’intervista è stato il 44% a esprimere questa forma

individuale di solidarietà. Circa un terzo di chi dona, inoltre, lo fa in modo continuativo e regola-

re. Rispetto al 2007 diminuiscono però coloro che privilegiano in modo esclusivo i problemi inter-

nazionali: la metà dei donatori rivolge oggi la sua attenzione indifferentemente al territorio italia-

no e internazionale.

Effetti mediaticiIl quantitativo più ingente delle donazioni è rivolto anche quest’anno al settore medico, sia nel-

l’ambito della ricerca che in quello dell’aiuto ai malati. Le calamità naturali, in Italia come all’este-

ro, rivestono il secondo e il terzo posto nelle donazioni: non poteva essere diversamente, visto il

periodo in cui è stata effettuata la rilevazione, cioè a ridosso dei gravi sismi che hanno colpito

l’Abruzzo, poi Haiti e il Cile. Diminuiscono invece le offerte per problematiche quali la lotta contro

la fame nel mondo e l’aiuto ai paesi poveri, la povertà in Italia, le adozioni a distanza, l’aiuto alle

vittime di guerre e del terrorismo. «Pare che gli italiani si mobilitino soprattutto in occasione di

gravi tragedie nazionali o internazionali, verso settori che hanno una notevole visibilità mediatica

(come quello della ricerca medica), molto meno su temi forse più generali e sui quali sicuramente

Cresce l’idea che per uscire dalla spirale della povertà si debba sostenere la demo-crazia e la partecipazione dei cittadini alla vita politica nei paesi in via di sviluppo

Page 25: Volontari per lo Sviluppo

la mobilitazione della popolazione viene meno sollecitata, come ad esempio le adozioni a distan-

za, i diritti umani ecc.», sintetizza Belotti.

Sebbene la propensione alle donazioni in soldi e in oggetti non sia affatto venuta meno nel corso

degli ultimi mesi, è diminuita invece la disponibilità a essere coinvolti in prima persona in qualche

forma di partecipazione solidaristica. Si attesta solo al 5% della popolazione la percentuale di

quanti sono concretamente impegnati in un’attività solidaristica in campo sociale o umanitario.

Una tendenza, questa, che caratterizza i dati raccolti nell’intero decennio e che pone domande su

come intercettare e stimolare nuove disponibilità e interessi.

Galassia immigrazioneIl Barometro 2010 ha voluto infine vagliare l’opinione che gli italiani hanno sulla presenza degli

immigrati nel paese. I dati mostrano una maggioranza piuttosto critica sulle capacità dell’Italia di

accogliere numeri consistenti di immigrati: l’83% del campione infatti ritiene che questi siano già

oggi troppi per le possibilità economiche e sociali di assorbimento. Una percentuale in lieve

aumento rispetto agli anni precedenti (vedi grafico sotto).

Un’altra idea che si fa strada nella società (78%) è quella secondo cui si possa ridurre l’immigra-

zione dalle aree più povere del mondo solo aiutando economicamente i paesi da cui provengono

gli immigrati. Nonostante tali considerazioni ispirate a un forte contenimento dei flussi migratori,

emerge una buona parte di italiani che riconosce il contributo degli immigrati quale risorsa eco-

nomica funzionale allo sviluppo dell’Italia (56%). Diversi dubbi e perplessità attraversano dunque

35Dossier

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Ong e Assoc.volontariato

Onu

Unione Europea

Chiese e missionari

G8

Governo italiano

Imprese

Enti locali

Sindacati

2007 2010

Livello di fiducia verso organizzazioni e istituzioni che aiutano i paesi più poveri.

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Non possiamo più

accoglierli

Accogliere immigrati

significa aiutare

sviluppo loro Paesi

Riduzione flussi solo

aiutando loro Paesi

Immigrati come

risorsa per Italia

1999 2001 2007 2010

Opinioni sui flussi migratori che interessano l’Italia.

Page 26: Volontari per lo Sviluppo

la società rispetto alla questione migratoria, ma anche opinioni positive che accolgono la presen-

za immigrata come strumento di sviluppo nostrano. «Non si tratta di posizioni contraddittorie, ma

di ambivalenze che tendono a riflettere la complessità del fenomeno e le parziali sovrapposizioni

di opinioni solo apparentemente tra loro alternative» sottolinea Belotti.

«Il Barometro presenta lo spaccato di una popolazione preoccupata per le sorti dell’umanità, ma

anche coraggiosa e pronta fare la sua parte chiedendo responsabilità alla politica e alle istituzio-

ni, anche oggi, nonostante le difficoltà imposte dalla crisi economica in corso» sottolinea Marelli.

«Una popolazione convinta, come noi, che per uscire dalla crisi non esistono scorciatoie: solo uno

sviluppo sostenibile ed equamente distribuito tra i ricchi e i poveri di oggi potrà garantire domani

la prosperità di tutti».

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Per l’83% degli italiani gli immigrati sono troppi per le possibilità d’assorbimento delnostro paese; ma il 56% riconosce il loro contributo allo sviluppo economico