Volo leggero di Maria laura Filisetti

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La Narrativa di Harmakis07

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Tipografia: Universal Book

I fatti e le opinioni riportate in questo libro impegnano esclusivamente gli Autori.

Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale.

Possono essere pubblicati nell’Opera varie informazioni, comunque di pubblico dominio, salvo dove diversamente specificato.

ISBN 978-88-98301-14-0

Finito di stampare Marzo 2015

© Impaginazione ed elaborazione grafica: Sara Barbagli

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PREFAZIONE

“La mente, abbracciando il cuore, si libra in…un mare d’Amore”. Se ci fermassimo alla superficie delle cose, il nostro non sarebbe vivere. Invece, protagonisti del nostro destino (homo faber fortunae suae), consapevoli del nostro pensare e del nostro agire, calati in una quotidianità che si interroga sempre sul Senso, dimentichi di dubbi e paure, e, per questo, ebbri di speranza e gioia, possiamo essere veramente felici. Solo se muniti di un solido bagaglio di idee, che diventano concetti e valori, non peregrini ma veri, reali e concreti, solo se scegliamo il Bene e l’Amore, che diventano Coerenza, Dirittura, Spessore, solo se ci facciamo carico della Solidarietà e della Reciprocità, nella forma dell’Aiuto e dell’Assistenza, solo se comprendiamo e accettiamo l’Imperfezione, nostra e altrui, mutuata dal Perdono e dall’Accettazione, solo se accarezziamo la vita con un linguaggio di parole e gesti gentile e attento, espressi dalla Cordialità e dalla Apertura, solo se realizziamo il tentativo d’Amare, allora e solo allora, potremo dire di essere calati nel nostro oggi in pienezza e profondità. La via delle Beatitudini, però, non è né facile né automatica. Comporta impegno e fatica ma garantisce un ritorno immediato nel suo farsi. Nel momento esatto in cui ci assumiamo il ruolo di Amanti, siamo colpiti da un sentimento di serenità e gioia, pace e benessere che qualificano la nostra vita, in rosa. Come per effetto boomerang o domino, siamo investiti, pure noi, dall’Amore. Prima di amare, però, dobbiamo essere mossi dalla convinzione della nostra scelta, di adesione al Bene, al Bianco, alla Luce. Dobbiamo costruirci il nostro Macarismo. Parlare, sentire, leggere, ovvero interrogandoci sul perché e per come, dei fatti, tenendoci informati, tenendo in tensione

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il nostro pensiero, cercando di intus legere la vita, mettendo in discussione anche le nostre opinioni, o convinzioni, pure le più radicate, frammentando persino il nostro Io, non solo in sillogismi referenziali ma in pratiche ed esperienze emozionali, accettando prospettive magari lontane e diverse dalle nostre, aprendoci alle domande di Significato, transitanti in un tradere ricco e complesso, vogliono dire essere vivi. Con i miei quaranta racconti, vorrei portare palesemente avanti il progetto della comunicazione delle mie idee, “scrivo per comunicare”, e della curiosa sollecitazione, al lettore, degli interrogativi su di sé e su gli altri.Nel tentativo di procurare una piacevole lettura, solleticando un gentile estetismo, mi piacerebbe far riflettere e pensare. Conscia di non possedere la Verità, ma di far amare la Verità. Con l’intento di indurre pensieri, orientati alla ricerca e scoperta del Bello. Dipingendo, attraverso immagini che parlano di Natura e Fantasia, il ritratto di una vita anelante la vita. “Per realizzare i nostri sogni, dobbiamo essere svegli.E solo chi non smette di sognare si trasforma in un vincitore”. Il mio sogno è quello di produrre la calligrafia della mente e del cuore, scrivendo pagine che lasceranno tracce e semi. Tracciando le vie verso la Riflessione e l’Introspezione.Buona lettura!

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Il leone che amava… una farfalla.

Amenità volava presta e lesta, di fiore in fiore. Savana, fulgore dell’estate. Lo zenit abbraccia invisibile le nuvole, stringendo-le a tal punto da dissolverle. Il cielo è più che terso, l’azzurro rimbomba nella piastra luminosa e sgombra, creando un lago cheto d’alabastro celeste. Il caldo amplifica lo sguardo e, dalla terra, folate di afa inceneriscono l’atmosfera. Con passo felpato e mite, caracolla, imperioso e nobile, il re.Ruggisce piano, soffuso e lentamente. La criniera immobile e scolpita dall’aria ferma. Il suo sguardo intenerisce e domina le femmine e costringe tutte le altre creature a un regime di suddi-tanza. Gli altri animali ne fuggono persino l’ombra perché san-no che il suo riflesso per loro rappresenta un pericolo. Per dirla tutta e in breve, non sono i maschi di quella specie a esercitare l’atavica arte della caccia ma la loro snella prestanza è simbolo di regale dominio.Il capo branco, il maschio dominante, è Alpha 1. Quel nome glielo ha fornito il ranger più giovane e più innamorato degli abitanti di quella landa calda e desolata. Alpha 1 si diletta, com-piaciuto, ogni giorno delle attenzioni feline delle sue consorti, che se lo contendono a suon di guaiti e scodinzolamenti potenti e seducenti. Alpha 1 è un esemplare forte e felice.Un giorno, dopo la retata famelica delle mogli, che gli avevano procurato cibo a iosa, decide di adottare, come giacilio per la consueta pennichella, l’erba falciata dai raminghi contadini, che imbiondisce per diventare fieno. S’assopisce, emettendo flebili latrati, grattandosi il mento con gli artigli spuntati in quanto retrattili. Abbassa le palpebre e s’addormenta. Il suo sonno dura qualche ora e poi, come se fosse attratto da qualche forza naturale e an-cestrale, apre lentamente gli occhi e solleva lo sguardo. E così…

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s’incanta rapito da due ali che svolazzano, eleganti e raffinate, nei mulinelli del respiro affannato, o affannoso, del cielo.Piccoli puntini rossastri decorano uno sfondo dorato e ciclamino, allungandosi in punte sottili ma bombate. Due piccole antenne vibrano all’unisono cantando il volo allegro e felice, che segna una sorta di articolato battito dell’aria. Spostandosi di stelo in fiore, selvatico e raro, la farfalla disegna pensieri di libera libertà e gioiosa gioia di… vivere.Abbeverandosi alle violenze della densa e fissa “catena alimen-tare”, legata alla “legge del più forte”, che infila nei meandri della quotidianità la “selezione della specie”, quella farfalla rap-presenta una sorta di pacifico ordigno, che sconquassa il ritmo poco ameno e, sopra tutto, duro della vita dei leoni.Alpha 1 è quasi ipnotizzato. Il nome di quell’essere, piccolo ed elegante, è Amenità. L’epiteto-appellativo è dono della fata della savana. Amore l’ha scelta regina della sua specie. È incontro, pertanto, poetico e rarefatto, tra un re e una regina. Di fronte a quel mastodontico ammasso di nervi e potenza, sfavilla l’inerme farfalla ma… è lei la più forte. E mentre friniscono grilli e cicale, aumenta il muto concerto, concento e ridda di idee. Aplha 1, ba-sito e sedotto, non riesce a staccare lo sguardo. E, piano pianino, dimentica il sangue e la fame. Vorrebbe, così, cibarsi solo di pa-glia e bellezza. Rapito da un’improbabile e impossibile unione.Mentre un piccolo rantolo stravolge e fa sussultare quel corpo, temuto e osannato.L’incontro, però, genera un figlio. “Nasce, poiché, pensiero di pace e amicizia. Sollazzo del volo, più mite ed adunco di gentili svolazzi, si unisce a rombante sussulto di forza e coraggio. E s’alza, così, cristallino e colorato, dei colori dell’iride, ruggito che vola fra i versi comuni… mentre, l’insetto gentile si carica di potenti pensieri, che sfidano le ambasce presunte delle tattiche dei predatori. Il leone vola e la farfalla ruggisce!”.

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Epopea di un provvido tête-à-tête.Ognuno, fors’anche il peggio efferato, nasconde un animo buo-no e ispirato. Siamo fatti di terra e di cielo.Siamo fatti della stessa materia dei sogni. E con il peso della nostra testimonianza, vivendo, impegnati, il nostro ruolo nella vita, lanciando imput alla riflessione, toccando le corde dell’al-tro, creiamo implemento di tenero sentire. Possiamo convertire, esercitando anche la correzione fraterna.Amenità è resa più feconda e incisiva dal rude e rustico Aplha. Amenità, parlando un idioma, fatto di raffinata mitezza, ingen-tilisce il più forte e potente. Amenità può, più di Alpha. E gli trasforma la vita.

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Una pratolina che fa… Primavera.

Una pratolina occhieggiava in un campo di primule. Il piccolo stelo delicato si piegava ossequioso al vento, mentre la corolla palpitava un saluto al sole. I petali, talmente bianchi da sembrare iridescenti, racchiudevano il centro del piccolo fiore.Piangeva, sola, una lacrima di dolore. Le primule, belle del loro giallo intenso, forti di fare gruppo, disprezzavano la piccola cre-atura, quasi fuori luogo. Si beffeggiavano dell’umiltà della sua tenuta, dando enfasi al loro regale manto.La margheritina non sapeva di essere al pari segno di Primavera. Non sapeva, nemmeno, il perché e il come si era trovata lì. Non poteva muoversi, e, invece, avrebbe voluto abbandonare quel luogo. Cadde la prima pioggia su quel prato di nuovi fiorellini. E tutti furono copiosamente abbracciati dal cielo. Spuntò l’aurora al mattino, mentre s’infiltrava frescura cristallina. Si fece mez-zogiorno mentre tutti i fiori si alimentavano di un’impalpabile linfa. E, alla fine arrivò anche la notte, quando le pianticelle si assopirono di un fatato silenzio. Gufò allora un predatore, facen-do tremare le creature del bosco. La margherita trattenne il fiato, finché, pure lei, finì nelle braccia di Morfeo. L’indomani rico-minciò la patetica routine. Non c’era tregua al rovinoso dileggio. Ma Rita, si chiamava così il piccolo fiore, raggomitolata fra le limpide foglioline, piano pianino cominciò a sentirsi felice.Non riusciva a mettere a fuoco tutte le sue sensazioni, però per-cepiva la gioia del suo essere viva e coccolata da madre Natura. La fata più bella soleva percorrere i vasti campi, irrorando di gioia genuina erbe e colori. E i colori appartenevano ai fiori. Par-lando il linguaggio dell’Amore, la Silfide come accorta e tenera madre, beava di luce e candore tutti gli esseri viventi. Passava, correndo, invisibile, cantando muta, Spirito leggiadro ed elegan-te. Ma lasciava, ovunque, tracce amorevoli e belle.

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L’intuizione di essere parte di un armonioso tutto trovò eco nel-le attenzioni d’amore. L’anelito all’universale attaccamento alla vita era avvalorato dalla presenza di un’Essenza.La gioia era motivata. E, sapeva, potendo, sarebbe stata anche soccorsa da quell’ombra… di luce. Un giorno di avanzato aprile, giunse rumorosamente nel prato un omone, pieno di borse e ba-gagli. Si dispose attento, all’ombra di un pino mentre ordinava tela e pennelli.Lo sconosciuto era un famoso pittore che dipingeva paesaggi e ritraeva particolari naturalistici. Camminò lungo il perimetro del campo e alla fine si sdraiò fischiettando un gaio motivo. Cercava di concentrarsi, per trovare l’agognata ispirazione. Improvvisa-mente il suo volto si illuminò di un caldo sorriso.Lentamente si avvicinò al piccolo pendio dove, quasi, si na-scondeva la pratolina. Armatosi degli arnesi della sua ricercata professione, decise di ritrarre Rita, che, oramai, aveva trascorso tutto il suo effimero tempo. Colorò di un bel verde lo sfondo, tinteggiò di un azzurro intensissimo il cielo e, quasi, fotografò la solitaria margheritina, che di fatto, spiccava tra l’anonimo, per lui, e imperante giallo prepotente. Non rivelo il nome dell’artista ma, davvero, era un pittore assai noto.Impiegò tutto il giorno e parte dell’imbrunire, fino a che ci fu luce, a toccare con delicatissime pennellate l’umile e solitario soggetto. Alla fine ne uscì, veramente, un piccolo capolavoro. Il quadro comparve in una personale dell’artista e, in breve, si trasformò in una quotatissima opera.Ora Rita è perita ma di lei permane un ricordo dolcissimo. Il pit-tore ha saputo coglierne la malinconia, mescolata a un trepidan-te piccolo sentimento di amore. È più importante fare gruppo, chiudendosi a tutte le diversità e novità o vivere, anche soli, con coraggio e dedizione alla vita, senza nuocere e, solo, amando?Occorre essere veri, leali, sinceri, e sopra tutto umili, magari

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anche facendo parte di un insieme, sperimentando solidarietà e condivisione. È vero, infatti, poiché non siamo soli e siamo avo-cati alla socialità ma, davvero, è anche necessario stare bene da sé. Solo trovando un equilibrio interiore, e diventando forti nella nostra solitudine, possiamo ottimizzare e perfezionare il nostro essere con e per gli altri.Rita è Alter Ego di ognuno di noi. Rita ha lasciato un segno e ricordo indelebile di sé. Rita non è scomparsa: vive ancora oggi su quella tela che, adesso, Carla sfoggia preziosamente nel suo salotto. Ha acquistato quel dipinto a un’asta e, lo sottolineo, a un prezzo non comune e… raro.

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Bianca, la Pace…

Quando penso al sentimento, mi sovviene idea di pace e bene.Perché quotidianamente scelgo di sceglierti, progetto, poco ina-ne e invece profondo, d’Amore. Vi ho aderito da tempo imme-more, sin dall’età della fanciullezza. Quando, durante un rito, provai e sperimentai la Gioia.Mi pervade una solarità accesa e contagiosa che vorrei comuni-care attenta. Indosso la bianca e dorata panoplia della dolcezza, un elmo in testa no adunco e, sfrondata da orpelli che divengono cimeli di guerra, i guanti della leggerezza piumati di parole in-tense e lievi, schinieri di reciprocità e solidarietà, uno scudo che inneggia alla pace, una lancia che non punge ma accarezza.Perché la mia guerra è davvero la pace. La vera battaglia, che an-che io ho vinto da anni, è, ritengo, interiore. Quando si fronteg-giano fameliche idee di Male che, katabasi, si possono rivelare in una concreta onticità nella forma dell’attacco e forti, sicure e belle idee di Bene. Ma, personalmente, non ho mai dubitato del mio schierarmi deciso e congruo dalla parte, appunto, del Bene, del Bianco, dell’Amore.Il mio impegno, il mio lavoro, è la pace. Giova adoperarsi per costruire un mondo di felice serenità, reciproca tolleranza e co-piosa abbondanza. Costa, e per questo, vale. Sarebbe più facile e immediato rispondere a male con male. Ma anche da sciocchi. Perché male è distruzione e dolore.Presuppone uno sforzo maggiore, fatto anche di confronto schietto, leale, e mediato da relazioni di diplomatica accettazio-ne, la pace. Ma questo progetto non delude e porta frutti quasi immediati di benessere, miglioramento, ricchezza, floridità.L’opzione fondamentale, lo dicono i teologi, è la scelta tra Bene e Male.Ma l’essenza, totalizzante, proficua, produttiva, felice, bella è il

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Bene che produce la Pace. <<Bianca è la colomba di Valentina, una ragazzina solitaria e molto introversa. L’esemplare femmina è bello, altero e buono. Essa è dotata di un piumaggio talmente candido da sembrare sempre nuovo. Tuba ritmicamente allo stesso orario. Quando si sveglia, lambita dalla frescura del mattino, all’ora di pranzo pri-ma di beccare il morbido pane della sua padrona, e la sera quan-do raggiunge il dorato trespolo della sua non-gabbia. Dimora nel salotto della giovinetta, svolazzando lieta di libro in libro, nella sede preferita, e deputata ad accoglierla, della libreria. Scriven-do così, con le sue penne, la storia del volo planare senza ten-sione né problemi di sorta, pascendosi degli sguardi amorevoli della sua padrona.Essa basta a se stessa, e così diventa di utilità agli altri. Apprez-zandosi da sé, costruisce la felicità di Valentina. Sentendosi in pace e provando sentimenti di sereno vitalismo, traduce il suo messaggio e il suo incarico d’Amore con i suoi volteggi artistici, il suo canto musicale, il suo zampettare contento.Si ama e, quindi, ama. Ma si ama anche perché amata.Stamattina ha lasciato il suo rifugio dorato per raggiungere con un volo sicuro e curioso la riva del lago. Lì la costa è disseminata di alberi di fico e diverse piante da frutto che offrono merende naturali. Lì lo sciabordio delle chete acque offre ristoro a molti altri piumati come, per esempio, i nobili cigni. Lì il sole arpeggia sulle corde del riverbero che fa abbronzare in fretta e intensa-mente. Lì, e proprio lì, Bianca ha trovato una piccola dimora alternativa. Sotto il loggiato di una casa colonica, di antica tra-dizione e nobile fattura, che risale al Quattrocento, impera una rigogliosa fontana che spruzza tutto il cortile. Essa è ombreg-giata da un ulivo secolare, con i frondosi rami che abbracciano terra e cielo, il verde intenso delle bacche copiose, le radici che ricamano il porfido della pavimentazione. Bianca elegge a casa-

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vacanza il ramo più alto e ricurvo. Bianca vi prende dimora, impossessandosi della poco vertiginosa altura, chiocciando il ri-chiamo della sua specie e apre la serratura della nuova magione simbolicamente graffiando il legno con le sue zampette, aspor-tando poi un piccolo rametto. Quindi prende il volo e fa ritorno nella casa di Valentina.Ha esplorato un nuovo mondo e siccome l’ha trovato bello e gaio e lo vuole condividere con la sua padrona. Così, giunta nell’amato salotto, depone ai piedi della giovinetta, il piccolo e ricco rametto d’ulivo. Valentina percepisce il gesto della mes-saggera d’Amore e intuisce che oltre il porticato e la cancellata della sua abitazione c’è un mondo nuovo, un altro mondo da amare e apprezzare. L’omaggio della sua compagna di letture le fa intuire qualcosa di bello e puro. Il regalo la incuriosisce e, così progetta di uscire e partire alla volta del nuovo e, lo ripeto, bello. Decide di superare le sue ritrosie, la sua timidezza, la sua chiu-sura e partire con l’idea di farsi nuovi amici e vedere paesaggi aperti e differenti. Parte con la sua amata Bianca, nel bianco accecante baluginio del sole. Il lago l’attende>>.Essere amici comporta beneficio per tutti. Le dimostrazioni d’af-fetto cesellano pace e benessere. La gentilezza dei modi, la raf-finatezza dei sentimenti, l’apertura dell’atteggiamento causano e producono bene. Ebbene, il nuovo e la diversità non devono spaventare. L’inedito va accettato con curiosa benevolenza e in-tensità. Sono proprio la lontananza o la diversità che fanno la differenza e arricchiscono. Accompagnare un amico nella cono-scenza delle novità equivale a una sorta di particolare “mater-nità”, di cui ognuno di noi si può rivestire. Questo processo va applicato con graduale generosità e tenerezza.Ognuno di noi può diventare strumento di Pace. Ognuno di noi, amando, costruisce la Pace. Usciamo dal nostro orticello e ap-prodiamo nel… giardino del mondo.

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La Guerriera del Niente.

Non ho armi, sono indifesa. Di più: non percuoto niente. C’è solo un tamburellare, quello del mio cuore, che pulsa, che batte. “Tuum, tam, tuum”, non c’è mai sincope. E c’è la sincope delle mie emozioni.Balugina raggio, solare, nell’aere. Colpisce la mente che, enfati-ca, accoglie le idee di tenero bello. La luce toccava il mio volto, di primo mattino. Quando nell’occhio c’era solo puro stupore. Filtrava dal pertugio della finestra e arrivava alle coltri leggere e lambiva il mio animo. Osservavo compita il profilo del mio compagno che, nobile, rimaneva ancora assopito. Le ciglia lun-ghe e belle, l’abbozzo di un sorriso, la presta dolcezza, sempre pronta a dirimere improbabili contese, quelle dei miei pensieri.Stupisce sempre il mio cuore, di fronte all’altezza del suo sen-tire. Traspare la forma di forza e coraggio, traspare spessore di uomo, traspare riparo dal male.Può un abbraccio rafforzare l’impegno, celiare lo sforzo, addol-cire la meta? Può un sospiro-respiro intonare la nenia del Mai che fu Niente, assordante rumore di quiete, elegia dell’Amore di Tutto? Non possiedo Niente, ho una sola cosa: l’Amore.E così la mia povertà diventa la mia ricchezza. Lontana da pro-getti di gloria, la vanagloria, avulsa da contesti di ricco bagaglio di soldi e gioielli, primizia dell’Essere senziente, coltivo immani simposi di pace, di bene, di bello. Vorrei indossare cara pano-plia di luce soffusa, imbracciare spade di fiori, cantare “alalà” di dolcezze e ristori. Guerriera di Niente, che combatte il pacifico proelium dell’Amore.Circoncisa nella mente e nel cuore, porto i segni del mio sentire, declinato sempre sulle note di Bianco, del Bene, che è più pre-zioso dell’oro. Le cupe polle verderame dei miei occhi, dilatano ancor più la vista, se leggo nell’animo del mio compagno. Intel-

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ligere, intus legere… vi vedo la calma e il furore d’azione. Vi vedo virgulto di sapido sapore, vi vedo… l’Amore.Riflette smagato pensiero di aiuto voluto, gratuito e… reciproco. Lo sponsale gamein dell’uomo e la donna, s’appoggia sul dono di sé e… dell’altro. Promessa ad altezza di volto. Face to face, vis-à-vis. Quando io divento te, e tu, me. Non ho niente. Ma possiedo nelle mie mani l’impegno di uno sforzo fattivo e piano, che costruisce sentimento. Lo scelgo, Lui, Paolo, ogni giorno.E scelgo di farlo star bene, innaffiando con fresche correnti le radici del nostro Eden, che da perduto, ritrovo presso di me. È un altro, piccolo, Paradiso. Scoprire che qualcuno, sempre, ti aspetta. E trasforma il tuo Niente in un “Sì” che unisce, sollazza, ristora, e, sempre, lambisce le vette di dolcezza e tenerezza.Paolo è il nome del mio dio d’Amore.Nel cuore, lasciai un piccolo seme. Il seme dell’obbligo umano a trasferire, ovunque e comunque, legami di gentilezza, cortesia e nobiltà. Filtrate dallo scudo del sorriso, che sminuisce e attuti-sce gli strali dei nemici, che sono tali, solo perché non ti e mi… conoscono. Se gli uomini potessero cogliere almeno barlume di essenza, non ci sarebbero più guerre o conflitti.Perché, Imago Dei, ciascuno di noi anela solo al bene e alla pace. La povera ricca. E, poi così, ricca di giorni e carezze, dispenso, a mia volta, pensieri di candidi panieri, forgiati con il grano della speranza e della gioia, per alimentare gli indigenti dei sentimenti. E, miracolo! Si dipana, a partire dalla luce che mi ha toccata all’alba e si è riflessa nel volto di Paolo, una corrente fluida e bella, che colpisce anche altri inermi d’amore, e cementifica rid-de di idee che approdano alla… Pace. Ho visto nel puro, abboz-zato, sorriso il mondo del Niente, No Male, No Guerre, che è Tutto, d’Amore inebriante.Guerriera del Niente, approdo al Senso, che è Tutto.

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Univoca strada che, salda e pulita, conduce al Bene più sommo che è Cielo, Aldilà, il vero Paradiso. E viaggio, occhio nell’oc-chio adesso perchè… Paolo mi guarda, verso gaia e felice desti-nazione. Oltre le cime dei monti, e oltre le nubi, sotto le stelle, dentro la neve, candida, soffice, e piana. La tiepida neve, primo gradino dell’ascesa verso l’alto.Aspettami, Paradiso!

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Euro 15,00

Scrivo per comunicare, trasferendo sulla carta i miei viaggi siderali fra i concetti, le idee e le immagini. Scrivo per indagare i valori, gli ideali, i miti, quasi sempre naturalistici, cercando spunti nell’asse di Fantasia, Natura, Spirito e Umanesimo. Scrivo per procurare una piacevole espe-rienza di lettura, che concilia svago e riflessione, bellezza e materia. Di più, il mio estetismo si fonda proprio sull’antico “bello e buono”, recu-perando lo spessore della gentilezza, dell’armonia, dell’ equilibrio, della forma. E’ morale, o etico, solo ciò che non lede e trascende, che rasserena e rende felici. Ed è perseguendo l’idea dell’Amore, transitante nelle ma-trici di Amicizia, Eros e Agape, che si può realizzare la nostra Felicità, terrena, prima e anzi tutto.

Laura Maria Filisetti, nata nel 1973, diplomata in teologia, appassionata di Lingue Antiche, e dedita ad attività di volontariato, scrive questa raccolta di racconti, trovando prettamente ispirazione nel mondo della Natura.Decide, qui, di cimentarsi nella prosa, prediligendo la soluzione del racconto breve, facendo

seguito alla pubblicazione di tre sillogi di poesie: dopo aver indagato il proprio intimo nella forma della reminiscenza, in Lungo le brume ovvero Autunno, esaltato la figura della Vergine, in Tu che hai atteso, e cantato di fantastiche e magiche vicende, in La fontana segreta. Pensieri fantastici in libertà.