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Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana Fascicolo 78 cornagia – cosséta Centro di dialettologia e di etnografia Bellinzona 2011

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Vocabolario dei dialettidella Svizzera italiana

Fascicolo 78cornagia – cosséta

Centro di dialettologia e di etnografia Bellinzona 2011

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Centro di dialettologia e di etnografiaviale Stefano Franscini 30aCH–6500 Bellinzonatelefono+41 91 814 14 50fax+41 91 814 14 [email protected]

DirezioneFranco LuràRedazioneGiovanna CeccarelliMario FrasaJohannes GalfettiMonica Gianettoni GrassiMichele MorettiLidia NembriniDario PetriniLaura Sofia

Pubblicato a cura della Repubblica e Cantone Ticinocon il sostegno finanziariodell’Accademia svizzera di scienze morali e sociali

In copertinaColtelli da macellaio con l’acciaino per affilarli(Collezione etnografica dello Stato; fot. R. Pellegrini).

PrestampaTaianaStampaTipografia Cavalli, Tenero

Fr. 19.–

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385CORNAGIA CORNAGIA

Gamb.), cornasgia (Caviano, Maggia, Rivera, Sonvi-co), curna¥a (Breg.), curnage (Robasacco), curna¥¥a(Soglio), curnaia (Indemini), curnascia (Viganello),curnasgia (Linescio, Bondo).

1. Designa in genere le due specie più cono-sciute, la cornacchia nera (Corvus corone L.) e lacornacchia grigia (Corvus cornix L.) [1], la primacomune e frequente in tutta la Svizzera, dallapianura fino in alta montagna, dalla campagnafino nei centri cittadini, la seconda meno diffusae presente soprattutto a sud delle Alpi, nel Val-lese e nelle vallate meridionali dei Grigioni. InTicino la cornacchia nera è largamente rimpiaz-zata, nel Sottoceneri, da quella grigia, la cui fre-quenza decresce man mano che si sale verso levalli superiori; nelle zone di contatto le due spe-cie si accoppiano sovente tra loro, originando ibri-di dall’abito di colore misto; vivono e nidificanoper lo più in coppie ai margini dei boschi e inprossimità delle colture intensive, ricche di ri-sorse alimentari, ma dopo la cova e durante l’in-verno si riuniscono in folti stuoli.

¬ credenza antica, già presente in epoca ro-mana, che le cornacchie e i corvi portino disgra-zie, maltempo o siano indizio di un inverno pre-maturo [2]: la cornagia che fa quá quá la dis cheol brütt témp l’è sciá, la cornacchia che gracchia(che fa qua qua) preannuncia che il brutto tem-po è prossimo (Gandria), s’as sént lan curnagia,al témp as cambia, pal pl® al végn la néiv, se siodono le cornacchie, il tempo cambierà, per lo piùverrà la neve (SopraP. [3]). Questa correlazionetra l’uccello e la stagione invernale emerge conparticolare efficacia nel detto o sgéra i cornacc(Malc. [4]), u gèla l curnacc (Isone), gelano le cor-nacchie, che allude a un freddo intenso e che so-litamente si usa per canzonare una persona fred-dolosa; cfr., fuori della Svizzera italiana, quatévsú bén de nòcc, fènc, perché al géla la cornage, co-pritevi bene di notte, bambini, perché (con que-sto freddo) congela persino la cornacchia (Villa diChiavenna); v. anche ≠ corbatt (par. 1.1.).

2. Ad Aurigeno, corvo.

3. A Linescio designa pure il cervo volante.

4. Paragoni e traslati4.1. Noiusa cumè na curnascia, noiosa come

una cornacchia (Viganello); – le par ne curnagia,assomiglia a una cornacchia: di persona petu-lante, dalla voce stridula, sgradevole, che non ta-ce mai (Sementina); – vusg da cornagia, voce dacornacchia: stridula, sgradevole (Bondo).

4.2. A Locarno, persona ciarliera, che parla

sventatamente; – a Brione Verzasca, persona fal-sa, bigotta, maligna.

5. In sintagmi indicanti piante e micetiA S. Maria, papa cornaggia, pappa (della) cor-

nacchia: sorbo degli uccellatori. – A Scareglia,pètt cornagia, peto (di) cornacchia: vescia, fungodei gasteromiceti.

6. Giochi(¬ta che) smagia, pizza curnagia! (Poschiavo

[5]), varda che smagia, pizza cornagia! (Pollegio),(guarda) che macchia, becca cornacchia!: formu-la che accompagna e designa un comunissimogiochetto infantile consistente nell’indicare aqualcuno una macchia immaginaria sul petto etoccargli di scatto la punta del naso con il dito,non appena costui abbassa il capo per guardare.

7. ToponimiAl nome della cornacchia è stato ricondotto

Cornagia, nome di un prato (S. Domenica [6]).

8. Derivaticcuurrnnaassggèèee v. 1. Gracchiare (Linescio). – 2. Stril-

lare, fare fracasso (Linescio).

Come l’it. cornacchia, dal lat. tardo CORNºCULA,per il class. CORNÎCULA ‘cornacchietta’ [7]. – Il dettocitato al par. 1. ha un diretto riscontro nel mil. gelà icornacc ‘essere i maggiori stridori o geloni; essere unfreddo che pela’, dove tuttavia il Cherub. assegna al-la voce il valore di ‘ghiacciuolo, … pezzetto di ghiac-cio pendente dalle gronde de’ tetti, da’ canali e simi-li’ [8]. – L’accezione al par. 3., per la quale v. anchecornagiún ‘cervo volante’ (Villa di Chiavenna, Mat.VSI), si spiegherà forse a partire dai significati di‘persona ciarliera’ e ‘persona falsa, maligna’ (par. 4.2.): analoghe concezioni dell’animale come ‘pettegolo’e ‘maligno’ si possono cogliere dietro a scibèga ‘don-na pettegola’, da cui per facile trasl. ‘cinciallegra’, maanche ‘cervo volante’ (Malc.) [9], e al friul. puartalé-taris al diaul ‘cervo volante’, letteralm. ‘portalettereal diavolo’ [10]. – Per il n.l. Cornagia (S. Domenica) alpar. 7. cfr. Cornacchia, nome di una località di S. Da-niele Po (prov. di Cremona) [11].

B i b l.: AIS 3.502, CHERUB. 1.344, MONTI 56.[1] FATIO-STUDER, Oiseaux 300,310, FATIO, Verté-

brés 2.1.762, STUDER-VON BURG 2,3, BRANCA 420-422.[2] HDA 5.362,365. [3] MAURIZIO, Clavenna 9.160. [4]Cfr. CHERUB.-FARÉ 29. [5] Cfr. GODENZI-CRAMERI 334.[6] RN 1.521, 2.107. [7] REW 2238, DEI 2.1113, DE-LI2 398. [8] CHERUB. 1.344, Giunte 63. [9] LSI 4.696.[10] BECCARIA, Nomi 194. [11] OLIVIERI, Topon.lomb.2195, BOSELLI, Topon. 110.

Galfetti

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386CORNAIA CORN∆E

cornaia ≠ cornaa

CCOORRNNAARRAA (kornára) Voce senza significatospecifico ricorrente in cantilene infantili con cuisi procede alla conta prima di un gioco o si ac-compagna un gioco.

V a r.: cornara, curnara; cornár (Moghegno).

Ara belara, tu sèi cornara, de l’òr del fin, delcomparín, trapassa bidón dela mazzòla, chèst l’èdént e chèst l’è fòra (Grono), ara belara, discésacornara, da l’òr dal Pin, dal cónt Marín, trí pes-sitt e na mazzòra, vün da dént e vün da fòra (Man-no [1]); per altre var. v. ≠ ara, bambara, bebara,belara, cónt [2].

Dietro alla voce, che nelle molte var. della cantile-na raccolte nella SvIt. ha in genere subito poche alte-razioni (come discórsa dinara a Sonogno, dirèta ≠ ca-para a Personico, Lüzzía ≠ canara a Poschiavo), siritienechestia il cognome Cornaro, declinato al femm.(cfr. ad es. il doc. «Domenica Toschina», 1664, riferitoa una Toschini di Soazza [3]). Una diffusa interpre-tazione vuole infatti che la cantilena, irradiatasi daMilano in tutta l’Italia sett. [4], si riallacci in qualchemodo alla figura storica di Tommaso Marino (Genova1475 - Milano 1572) (≠ cónt): ricordato anche in Tic.per la sua ricchezza nell’espress. végh ra bursa daTomás Marín ‘avere la borsa di Tommaso Marino: de-nari in grande quantità’ (Bedano [5]), gli fu attribui-ta l’uccisione della sposa, non menzionata per nomedal Latuada nel 1738 [6], ma identificata da altri intale Ara Cornaro, gentildonna veneziana [7]. Questopersonaggio sembra però frutto della fantasia (e allasua fortuna avrà molto giovato il testo di «Ara: novel-la storica» che il letterato Defendente Sacchi raccolsenel 1836 nel volume «Novelle e racconti», una versio-ne del quale figurerebbe già in un almanacco del 1832[8]): stando alle fonti storiche, Tommaso si unì in ma-trimonio con Bettina Doria, mentre il delitto fu com-messo da suo figlio Nicolò, che nel 1564 uccise per ge-losia la moglie spagnola, Luisa de Lugo Herrera [9].

B i b l.: CHERUB. 1.344.[1] ESI 85.174. [2] V. anche TODOROVIπ STRÄHL

156.554-159.569. [3] RN 3.599. [4] TODOROVIπ STRÄHL

194. [5] PELLANDINI, SchwVk. 4.18; cfr. LSI 1.405. [6]S. Latuada, Descrizione di Milano, Milano 1737-1738,vol. 5, pag. 440. [7] VISCONTI, Lombardi 27-28, MARA-GLIANO, Trad.pop. 352h, 621 n. 4, LURATI, FS 65.12-13. [8] V. CHERUB. 1.31. [9] EncIt. 22.352, DBI 70.534.

Petrini

CCOORRNNAASS¬¬LLAA (kornaÔkla) s.f. 1. Arbusto si-mile al corniolo (Brione Verz. [1], Gerra Verz.). –

2. Specie di arbusto dai rami flessibili, adatti perla fabbricazione di cesti (Grancia). – 3. Luogo ric-co di cornioli (Rovio).

V a r.: cornasèla (Brione Verz., Gerra Verz., Rovio),curnasèla (Rovio).

Nelle vigne dei verzaschesi i rami di cornasè-la, arbusto dal legno piuttosto resistente, veni-vano legati ai pali dei filari affinché le viti vi sipotessero arrampicare [2].

Var. femm. di cornaséll. Vi è il sospetto che nel si-gnificato 3. si sia in realtà di fronte a un toponimo: lacorrisp. locale per il VSI può essersi infatti confusacon Cornasèla, che a Rovio designa un bosco scosce-so con rocce [3].

B i b l.: [1] LURATI-PINANA 203. [2] SCATTINI, Vite4,30. [3] Mat. VSI e RTT.

Petrini

CCOORRNNAASSÉÉLLLL (kornaÔsl) s.m. 1. Arbusto simi-le al corniolo (Gerra Verz.). – 2. Specie di arbu-sto dai rami flessibili, adatti per la fabbricazionedi cesti (Lugano).

V a r.: cornaséll (Gerra Verz.), curnasèll (Lugano).

Apparentemente senza riscontri nei dial. moderni(non se ne trovano per es. nel ricco repertorio del Pen-zig [1]), corrisponde alla forma CORNICELLUM, deriv.del lat. CÅRNUS ‘corniolo’, che affiora in documenti delprimo medioevo spogliati dal Bertoldi [2]. Per l’iden-tificazionedell’arbustogiova forse ricordare che un’al-tra cornacea, la sanguinella, si usa (ad es. nel Biell.)per intrecciare panieri e canestri [3].

B i b l.: [1] PENZIG, Flora 2. [2] PEDROTTI-BERTOLDI

108. [3] SELLA, Flora 54.Petrini

cornata ≠ còrn

CCOORRNN∆∆EE (kornf) s.m. Pianta e frutto del cor-niolo, Cornus mas L.

V a r.: corné (Sonvico), cornée (Losone), cornèe (In-tragna, Brissago, Locarno), cornéi (Chironico), curnè(Isone), curnèe (Minusio, Cugnasco), curnéi (Chironi-co).

Con un pezzo di tronco di corniolo lavorato,munito di due cerchi di ferro alle estremità e im-manicato, si ricavano mazze per spaccare la le-gna con i cunei (Sonvico); – con il frutto si fa undecotto per guarire dalla diarrea (Brissago) e siprepara la consèrva da cornèe, conserva di cor-

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387CORN∆E CORNIÒLA

niole (Locarno), dalle proprietà astringenti; i cor-né i fa slargá i vénn e molificá sossénn, le cornio-le fanno allargare le vene e mollificare molto: so-no rinfrescanti (Sonvico).

Dal lat. CÅRNUS ‘corniolo’ con il suff. -ºRIUS che in-dica determinati alberi, cespugli e arbusti [1], comegli it. cornaio (XVI sec.), roman. cornaro, a.eng. cor-naer ‘corniolo’, bellun. cornèr ‘legno di corniolo’ (Val-le di Zoldo) [2]; tuttavia, se tale derivazione è sicuranel caso della var. di Sonvico, per le altre località [3]il term. può anche risalire a forme di pl., al pari dicornái, curnái ‘corniolo’ di Palagnedra e di Loco di-scussi in ≠ cornaa: le var. di Intragna (fraz. Golino),Brissago, Losone, Locarno, Cugnasco seguono infat-ti fedelmente gli sviluppi di *PAGINALES > pagnée, -èe‘cinghie della gerla’ [4], quella di Chironico è paral-lela a scusséi, pl. di scussá ‘grembiule’, quelle di Iso-ne e di Minusio sono anche interpretabili come origi-nari pl. metafonetici [5], e possono essere in tal casoannoverate tutte fra i continuatori del ben più diffu-so *CORNALE. – A una base con -ºRIUS paiono riman-dare i vari toponimi Cornarèd, bosco, «Cornaredo» inun doc. del 1655 (Mergoscia), Curnarée, bosco sco-sceso (Arogno), bosco in pendio (Brusino Arsizio), lo-calità in zona Maslán (Castel S. Pietro), doc. «de Cor-naredo» (Lugano 1351) ecc. [6]; anche in questo caso,tuttavia, dato che in tutte le località citate si è veri-ficato il passaggio -L- > -r-, non va esclusa una deri-vazione da *CORNALE, proposta a suo tempo da Gual-zata (nonostante le forme doc. tic. «Cornaledo» da luievocate non sembrino reperibili [7]): a *CORNALE sifanno infatti risalire i n.l. Cornaleto in prov. di Cre-mona e, secondo un’interpretazione recente, Corna-redo presso Milano [8]. – Direttamente a CÅRNUS con-ºRIUS, -ºRIA, indicatori in questo caso di un luogo do-ve la pianta cresce in una certa quantità [9], potreb-bero infine rimandare i toponimi Curné, Curnè, val-letta (Novaggio), Val curnée, valle boscosa (Arzo) eCurnáira, zona di prati (Olivone) [10]. – Per il dettodi Sonvico sulle proprietà delle corniole cfr. il giudi-zio di Rovio a l’è un vin che mulífica, che pürífica, cheslarga i vénn, che fa pissá sussénn ‘è un vino che mol-lifica, che purifica, che allarga le vene, che fa piscia-re molto’: secondo la corrisp. di questo comune per ilVSI, tali qualità si sogliono attribuire a molte bevan-de (birra, gazzosa, caffè ecc.) e anche a diversi ortag-gi e frutti (rape, pesche ecc.).

B i b l.: [1] ROHLFS, GrIt. 3.1072. [2] DEI 2.1113,PENZIG, Flora 1.138, DRG 4.139, CROATTO 242. [3] Cfr.Tab. 6. [4] V. SGANZINI, ID 2.130, cfr. LSI 3.683-684s.v. pagnaa. [5] Cfr. KELLER, ALug. 35. [6] Mat. VSI eRTT, MONDADA, Mergoscia 61, DELUCCHI, Luoghi 143,LURATI, Nomi di luogo 66, BRENTANI, CDT 2.145 n. 3;v. ancora RASCH¬R, VRom. 49-50.493 n. 22, GILI-VAS-SERE, Lugano 39-40,80. [7] GUALZATA, Bell. e Loc. 25.

[8] OLIVIERI, Topon.lomb.2 195, Diz.topon. 230. [9]ROHLFS, GrIt. 3.1072,1073. [10] Mat. VSI e RTT, ZE-LI, Mendrisiotto 239.

Petrini

cornèla ≠ còrn, còrnacornéll ≠ còrna

CCÒÒRRNNEERR (kärner) s.m. Calcio d’angolo nelgioco del calcio.

V a r.: còrner; cornèr (Loc.).

Entra nella locuzione salvass in còrner, sal-varsi in modo fortunoso, cavarsela in extremis.

¬ l’ingl. corner ‘angolo; calcio d’angolo’ [1]. Si trat-ta di uno dei numerosi anglicismi della terminologiacalcistica, alcuni dei quali ormai in disuso, come af‘centrocampista’, bècch ‘terzino’, fotball nell’accezio-ne di ‘pallone usato nel gioco del calcio’, altri, qualiènz ‘fallo di mano’, ofsáit ‘fuorigioco’, pénalti ‘calcio dirigore’ tuttora vitali. La voce in questione rientra inquesta seconda serie, grazie anche al fatto di esseredi uso corrente pure in it. [2].

B i b l.: [1] Cfr. ZAMBONI, Elem.stran. 1.116. [2] DEI2.1114, DELI2 398.

Gianettoni Grassi

cornéra, -nerín, cornéta, -nétt, -nèvru, còrni ≠ còrn

CCOORRNNIIGGII (korní“i) n.l. Cornigi (Preonzo).

Il toponimo, che designa un bosco situato suuna sporgenza montana, entra nella locuzionemenèe a l’albi da Cornigi a béu, condurre all’ab-beveratoio di Cornigi: lanciarsi in un’impresadifficile; anche, corteggiare senza successo unaragazza [1].

All’origine della locuz. vi sarà probabilmente unaneddoto o una particolare situazione di cui non si èvenuti tuttavia a conoscenza.

B i b l.: [1] RTT Preonzo 98.Galfetti

cornín ≠ còrn

CCOORRNNIIÒÒLLAA (korn-äla) s.f. 1. Lumaca, luma-cone (Brissago, Castel S. Pietro). – 2. Essere fan-tastico evocato come spauracchio (Pura).

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388CORNIÒLA CORNŒS

V a r.: corgnòla (Brissago), corgnòra (Brissago, Pu-ra), corniòla, corniòra (Brissago), curniöla (Castel S.Pietro).

Dal lat. CORNEÅLUS ‘corneo; a foggia di corno’ [1],riferito alle corna quale attributo dell’animale e, ve-rosimilm., dell’essere fantastico. Forme m. della vocesono diffuse nei dial. valsug., vic., pad. col significatodi ‘chiocciola’ [2].

B i b l.: [1] SALVIONI-FARÉ, Postille 2235b. [2] Cfr.AIS 3.459, PRATI, Etim.ven. 49.

Gianettoni Grassi

CCOORRNNŒŒSS1 (kornys) s.f. e m. Cornice.V a r.: s.f. cornís, curnís; cornísg (Chironico, VMa.,

Soazza, Landarenca, S. Domenica, Bondo), curnísg(Cavagnago, Chironico, Peccia, Gordevio, Breg.); – s.m. cornís (Leontica), curnís (Olivone).

1. Cornice, telaio1.1. Di quadri e simili: a ò crompò ono bèlle

cornísg per ol spécc, ho comperato una bella cor-nice per lo specchio (Landarenca), cornís a bi-sabòsa, cornice di forma irregolare, a linea ser-pentina (S. Abbondio), curnísg uperada, cornicedecorata, lavorata, intagliata (Peccia), var püs-sée la curnís che l quadru, vale più la cornice cheil quadro: detto di dipinto di nessun valore arti-stico (Viganello), e in senso figurato, var pissèi lacurnís che il quadro, valgono di più gli elementiaccessori che non l’oggetto principale (Verscio).

1.2. A Campo VMa., armatura del telaio da ri-camo. – Qui anche la locuzione unii in cornís, uni-re a quartabuono, ad angolo retto: modo di com-mettere due pezzi di legno dopo averli tagliatiobliquamente (Brissago).

1.3. A Brione Verz., incorniciatura di calce in-torno alle finestre negli edifici di pietra, che sicrede impedisca ai topi di entrare [1].

1.4. A Chironico, regolo, bordo rialzato del de-schetto del calzolaio.

1.5. Per similitudine, cornicetta, staffa dellafibbia (Chironico, Avegno, S. Domenica). – AdAvegno cornísg ad dint, ardiglione della fibbia.

1.6. In senso figurato, ciò che delimita, circon-da, abbellisce, valorizza: i strapiumb ... dal Ge-nerús ... favan da curnís, gli strapiombi del Mon-te Generoso facevano da cornice (Mendrisio [2]),cavii béi négri e rizz ... i fava da cornís al bèll coz-zín, capelli corvini e ricci facevano da cornice al-la bella testolina (Melide [3]), in mèzz al tavul ...a gh’éva un piatt e gh’éva dént quaicòss ...: tré tèstda gatt e inturnu, par curnís, un cuín bianch, vünnégar e vün gris, in mezzo al tavolo c’era un piat-

to e c’era dentro qualcosa: tre teste di gatto e in-torno, per cornice, un codino bianco, uno nero euno grigio (Lugano [4]); – per traslato, ad Au-ressio, fronzoli, aggiunte per lo più inveritierefatte a un racconto.

2. Altri significati2.1. Cornicione di un edificio (generalm.). – Ri-

ferito a parti di edifici: curnís da l’üss (Gresso), ...ad l’indaa d zurint (Someo), frontone della porta.

2.2. A Palagnedra, architrave del caminetto.2.3. Fregio, motivo ornamentale, elemento de-

corativo lungo i bordi di una superficie, di un oggetto: mòbil cun curnís, mobili ornati (Roba-sacco), la cornísg dlu lümari, il bordo lavoratodell’armadio (Cavergno).

2.4. Sponderuola per cornici (Olivone, Giorni-co, Chironico, Moghegno, Russo, Vergeletto, Asta-no, Moes., Brusio); con ugual significato, a S. An-tonio, curnís dópia.

2.5. Nell’aspo girevole a doppia crociera, cia-scuna delle gretole trasversali che collegano ibracci delle due crociere alla loro estremità (Mer-goscia, Brione Verz., Caviano, Balerna e simil-mente, fuori della Svizzera italiana, a Suna): iquatar curnís, le quattro gretole (Balerna).

2.6. A Bironico, scanalatura. 2.7. A S. Domenica, incastro in cui entra la

nottola della sega a mano.

3. Derivaticcoorrnniissééee s.m. Sponderuola per cornici e moda-

nature (Carasso).ccoorrnniissééttaa (Intragna, Torricella-Taverne), cur-

niséta (Riva S. Vitale) s.f. 1. Staffa della fibbia. –2. Regolo, bordo rialzato del deschetto del calzo-laio (Riva S. Vitale).

ccoorrnniissóónn, curnisón, curnisún; cornisóm (Cam-poVMa.) s.m. 1. Cornicione.– 2. Architrave(Cam-po VMa.). – 3. Frontone (Locarno, Lamone, Gan-dria).

ccuurrnniissèèoo agg. Ornato, decorato: di mobile, cor-nice (Cavergno).

iinnccoorrnniissáá, incornisaa, incurnisá, incurnisaa;encurnisaa (Lumino), incornisè (Giornico), incur-nisè (Ludiano), incurnisèe (Olivone) v. 1. Incor-niciare. – 2. Accapitellare, rinforzare il dorso diun volume rilegato (Giornico).

1. Qui anche la locuzione di diffusione gene-rale da incornisá nel senso di ‘bello, mirabile’.

ssccoorrnniissáá v. Scorniciare, lavorare a cornice(Soazza).

It. cornice, di etimo controverso [5]. – I deriv. cor-nisón e incornisá, nel significato 1., e scornisá sonoprestiti recenti dall’it.

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389CORNŒS CORNŒS

B i b l.: CHERUB. 1.345, Giunte 63.[1] SCATTINI, Costruzioni. [2] BUSTELLI, Fiaa 84. [3]

POCOBELLI, Tilipp 58. [4] GUZZONI, Ciciaràd 27. [5]REW 2247, SALVIONI-FARÉ, Postille 2247, DEI 2.1114, DELI2 398, PRATI, VEI 323, OLIVIERI, Diz.et.it.207-208, DE MAURO-MANCINI 484, DEG 325, DVT 294,DESF 2.492,562.

Galfetti

CCOORRNNŒŒSS2 (kornys) s.m. Condotto per acqua oliquidi di scolo.

V a r.: cornís (Leontica, Chironico, Rossura, Dalpe,Gerra Gamb., Certara, Cimadera, Stabio, Poschia-vo), cornísg (Soglio), curnís (Gudo, Bellinzona, Lumi-no, Malvaglia, Leontica, Prugiasco, Ponto Valentino,Quinto, Airolo, Gresso, Brione Verz., Corticiasca, Vi-ganello, Poschiavo), curnísc (Bedretto [1]), curnísg(SottoP.).

1. Condotto, tubo1.1. A Poschiavo il termine designa il tubo di

una condotta idrica, in particolare quello di le-gno, ricavato da un tronco forato longitudinal-mente, in uso nel passato, ma anche la cannella,il doccione di una fontana: i curnís da l’aquar∑l,i tubi del condotto dell’acquaio, témp magri, dasirón e da mónghi ili burnís ... e da l’aqua dalcurnís, tempi magri, in cui vi era solo siero di lat-te e rape cotte nella brace e l’acqua del doccionedella fontana [2].

1.2. Nella Sottoporta indica invece una roggia,un canaletto di irrigazione, un «piccolo acquedot-to, tagliato nella terra, qualche volta anche mu-rato» [3]: fè s® (Castasegna), scavè (Soglio) cur-nísg, scavare rogge per l’irrigazione, zapa da cur-nísg, tipo di zappa appositamente utilizzata perquesto scopo [4]; qui anche il detto lascè andèl’èqua pal sé curnísg, lasciare andare l’acqua peril suo canale: lasciare che le cose facciano il pro-prio corso (Soglio). – Nella stessa regione, il ter-mine designa un piccolo corso d’acqua, un ruscel-lo, un rigagnolo naturale [5] e, a Soglio, anche latraccia d’umidità o il solco lasciati da un rivolod’acqua sul terreno. – L’appellativo è attestatoanche nella toponomastica: Cornísg della Plazzae Cornísg sura, ruscelli (Soglio [6]).

1.3. In Ticino, scolatoio, canale, canaletto discolo che consente lo smaltimento di acque e di li-quami (Lumino, Chironico, Rossura, Quinto, Cer-tara): u i va fè quicòss ..., scrostrè tücc i m®u, fèidré un curnís, fèi s® un campanín, occorre farequalcosa, scrostare i muri, farle attorno un ca-nale di drenaggio, farle un campanile: ad unachiesetta in disfacimento (Quinto); – in partico-lare fogna, cloaca (Bellinzona, Chironico, Dalpe),

accezione attestata soprattutto nel sintagmaratt da/ di cornís, topo di fogna/ delle chiaviche(Gudo, Rossura, Gresso, Gerra Gamb., Viganel-lo, Stabio).

2. Altri significati2.1. Zanella, canale nel pavimento della stal-

la che raccoglie il colaticcio (Prugiasco, Dalpe,Brione Verz., Corticiasca [7], Cimadera).

2.2. Varco scavato nella soglia della stalla perpermettere la fuoriuscita del colaticcio convo-gliato dalla zanella (circ. Airolo). – Qui anche lalocuzione tiró fò du curnís, malconcio, debole, ma-laticcio (Airolo).

2.3. Corridoio al centro della stalla tra le po-ste delle vacche (Malvaglia, circ. Castro).

2.4. Ad Airolo, intestino: la sarüda la raséntafò l curnís, il siero di latte risciacqua l’intestino:ha proprietà lassative [8].

3. Derivaticcuurrnniissaaddaa s.f. Condotta idrica (Poschiavo [9]).ccuurrnniissggèè v. Incanalare l’acqua in una roggia

(Castasegna, Soglio).

Etimologia discussa. Per Meyer-Lübke, ma non so-lo, è voce etimologicamente connessa con l’it. cornice,che egli riconduce alla base gr. koronís, -ída ‘piccolacorona’ (< gr. korTne ‘cornacchia’ ma anche ‘cosa o og-getto qualsiasi ricurvi’), da cui poi il senso di ‘cornice’,per la curvatura che ricorda il becco della cornacchia[10]. La proposta è avversata per ragioni fonetichedall’Alessio, il quale, seguito da altri, propende piùsemplicemente per una discendenza diretta dal lat.CORNÎCE(M) ‘cornacchia’, ammettendo un’analoga, maindipendente, trafila semantica [11]. Altrimenti ilLurati, che sposa l’ipotesi salvioniana di un lat. *CU-NIX, -ÎCIS, retroformato da CUNÎCULUS ‘coniglio; con-dotto sotterraneo’, e il Prati, che ricollega il trent. cor-nicio ‘condotto coperto’ al lat. CUNÎCULUS, in entrambii casi postulando l’epentesi di una r inorganica [12]. –Va inoltre qui considerato il doc. «Jacobus teneatur ...facere ... cornixium» (Bellinzona 1463 [13]), il qualerimanda, per la «i», a var. come l’a.lomb. «cornigio»[14] che rifletterà un’uscita in -ÎCULUM; tali attesta-zioni non valgono tuttavia a spiegare la forma cornís.

B i b l.: AIS 3.431 P. 45 Leg., 5.855,856 P. 58, 6.1176 P. 73, CHERUB. 1.345, MONTI 57, App. 28.

[1] LURATI, Bedretto 162. [2] BASSI, Poesie 27. [3]GUARNERIO, RcILomb. 43.375. [4] Cfr. AIS 7.1429Leg. P. 45. [5] Cfr. AIS 3.431 Leg. P. 45. [6] RN 1.475,2.109. [7] AIS 6.1176 P. 73. [8] BEFFA 104. [9] AIS5.856 P. 58. [10] REW 2247, FEW 2.1121, OLIVIERI,Diz.et.it. 207-208, COROMINAS-PASCUAL 2.198. [11]REW 2247, FEW 2.1121, DEI 2.1114 e 1115 s.v. cor-nigio, DELI2 398, OLIVIERI, Diz.et.it. 207-208, DE

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390CORNŒS CORNITT

MAURO-MANCINI 484, COROMINAS-PASCUAL 2.198, DEG325, DVT 294, BRACCHI, BSAV 10.45-46, DESF 2.492,562. [12] SALVIONI, R 43.390 n. 2, Scritti 4.1094n. 2, LURATI, Bedretto 162, PRATI, Etim.ven. 49, REW2397. [13] Trascr. G. Chiesi, cfr. CHIESI, Provv. 654.[14] DEI 2.1115, v. inoltre BOSSHARD, ALomb. 147.

Galfetti

CCOORRNNIISSAA (korníÔa) s.f. Cornice.V a r.:cornisa(Leontica,Lavertezzo,Sonogno, Asta-

no), curnisa (Calpiogna, Grancia).

Ha unicamente il valore di ‘telaio che inqua-dra dipinti, specchi, fotografie, ecc.’: um spécc corcornisa indorada, uno specchio con la cornice do-rata (Lavertezzo [1]). – Fuori della Svizzera ita-liana, in Val Vigezzo, curnisa ad la pòrta, fron-tone della porta (S. Maria Maggiore).

Var. di ≠ cornís1, in linea con altri femm. uscentiper -ís, che presentano un’analoga oscillazione meta-plastica: cfr. bornís/ bornisa ‘cenere calda, cinigia’,narís/ narisa ‘narice’, pernís/ pernisa ‘pernice’, ra-dís/ radisa ‘radice’, valís/ valisa ‘valigia’ [2].

B i b l.: [1] SCAMARA, Nonno 190. [2] LSI 1.404-405,3.557,834, 4.227, 5.704.

Galfetti

cornisée ≠ cornís1

corniséll ≠ còrncorniséta, -són ≠ cornís1

CCOORRNNIITTTT (kornít) s.m.pl. Cornetti.V a r.: cornitt, curnitt; chernitt (Carasso, Preonzo),

cornétt (SottoP., Poschiavo), cörnitt (circ. Faido, Mi-nusio, Gamb.), ≤örnitt (Menzonio), curnita (Linescio).

1. Appendici, escrescenze sul capo1.1. Corna della lumaca (Verscio).1.2. Antenne delle farfalle (Carasso, CentoV.,

Minusio, Gamb., Breno, Arogno, Soazza).1.3. Corna del diavolo: l’è méi pregá ul Signúr

di puaritt, che quéll di sciuri al gh’a i curnitt, èmeglio pregare il Signore dei poveretti, che quel-lo dei ricchi ha le corna (Mendr.); inoltre, comeesclamazione, o Signúr di puaritt!, con l’aggiun-ta che quéll di sciuri al gh’a s® i curnitt! (Men-drisio); per un’altra versione della rima, cfr. ≠còrn 13.3.

2. Sottili trecce che, partendo dalla sommitàdella treccia principale sulla nuca, circondano il

capo fino alla fronte (Tic., Soazza); lo stesso tipodi acconciatura viene pure detto covazz a cornitt(Vira-Mezzovico), quazz a curnitt (S. Antonio),trecce a cornetti.

3. Fagiolini, varietà di fagioli dai baccelli tene-ri e commestibili: un bèll tónd da curnitt in in-salata o rustíd cun una bèla féta da pulénta, émbèll e fai disná, un bel piatto di fagiolini in insa-lata o arrostiti con una bella fetta di polenta, ab-biamo bell’e fatto pranzo (Grancia), i cornitt i èla carna di pòri, i fagiolini sono la carne dei po-veri (Carasso). – I curnitt i sa sémina par san March o par santa Crus, i fagiolini si seminanoa S. Marco (25 aprile) o per la festa dell’Inven-zione della S. Croce (3 maggio) (Melide), per sanGutard e s dév mètt i curnitt alt, per S. Gottardo(4 maggio) si devono seminare i fagioli rampi-canti (Montecarasso). – La sagra di S. Giorgio edei Morti, che si tiene in luglio a Morbio Inferio-re, è detta di curnitt, dei fagiolini, dalla pietanzache si era soliti consumare in quell’occasione [1]:ala sagra da san Giórg, a Mórbi Sótt, sa mangiala pita cui curnitt, alla sagra di S. Giorgio, a Mor-bio Inferiore, si mangia la gallina con i cornetti(Mendr.). – Cornitt di sciuri, fagiolini dei ricchi:varietà di fagiolini piccoli, dal baccello screziatoverde e viola e molto ricurvo (Losone). Fuori del-la Svizzera italiana, a Vanzone, curnétt dul pa-pa, cornetti del papa, fagioli romani: varietà difagioli. – Cornitt infiraa, cornetti legati in unacorona e appesi per essere essiccati (Pazzallo).

4. Altri significati4.1. Cinghie di cuoio con cui si fissa il giogo al-

le corna dei bovini (Stabio [2]).4.2. Estremità incurvate dei pattini della slit-

ta (Brissago).4.3. Tipo di panino composto da due segmenti

allungati sovrapposti (Rovana, Maggia, Intra-gna, Locarno, Vairano, Coldrerio).

4.4. Pannocchie (Preonzo).4.5. Tipo di pasta da minestra (Giornico).4.6. Nome dato alle campane più piccole del-

la cappella che sorge sulla collina di Masciado-ne, situata in territorio di Cauco e che domina ilvillaggio di S. Domenica, cui si attribuiva la fa-coltà di impedire alle streghe di provocare lagrandine: «giücca!» «a pòss pci®» «a t digh ch’uto gi®ccaga!» «a pòss miga perché u sóna ul Su-sanón da Santa Domènga e i Cornitt de Ma-sciadón», «getta (la grandine)!» «non posso più»«ti dico di gettare!» «non posso perché suonano ilSusannone di S. Domenica e i Cornetti di Ma-sciadone»: dialogo immaginario tra due streghe(S. Domenica).

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391CORNITT CORNÒCC

5. Locuzioni5.1. Fá i cornitt, fare le corna: mostrare il pu-

gno con l’indice e il mignolo sollevati, in segno discherno o di minaccia (Linescio, Sigirino, Rovio).

5.2. Fai i curnitt, fargli le corna (Gordevio),fagh mangiá i curnitt, fargli mangiare i fagiolini(Arogno): essere infedele al coniuge, commettereadulterio. – Mangiá (i) cornitt, essere tradito dalproprio coniuge (Tic.), a quéll lí ga pias i curnitt,a quello piacciono i cornetti: sopporta i tradi-menti della moglie (Mendrisio).

6. Compostimmaaiiaaccoorrnniitttt s.m. Individuo ghiotto di fagioli-

ni, che ne mangia molti (Carasso).

Pl. di ≠ cornétt o di cornín, entrambi derivati di ≠ còrn, che non è possibile attribuire con certezzaall’una o all’altra voce, a parte alcuni casi per cui èattestato anche il sing. (ad es., per il significato 3.,cornétt a Carasso e Arosio, curnígn a Peccia). – Per ilsignificato di ‘antenne della farfalla’ al par. 1.2. cfr., conaltrosuff., l’ossol.curnacc ‘antenna, proboscidedel-la farfalla’ (Vanzone, Mat. VSI).

B i b l.: AIS 7.1380 Leg., CHERUB. 1.345, Giunte 63,5.48, ANGIOL. 242, MONTI 56.

[1] MONDADA, Sagrati 63. [2] MÖRGELI, Joch 68.

Gianettoni Grassi

CCOORRNNÒÒCCCC (kornä:) s.m. 1. Pannocchia. – 2.Pezzo di pane, panino. – 3. Angolo di un locale,cantuccio, luogo appartato.

V a r.: cornócc (Dalpe, Verz.), cornòcc (Gudo, circ.Locarno, Minusio, Brione s. Minusio, Verz., GerraGamb.), cornöcc (Rossura, Gordola, Verz.), cornucc(Cugnasco, Frasco), cranòcc (Ludiano), curnócc (So-nogno), curnòcc (Sementina, Montecarasso, Bedretto,Minusio, Lavertezzo), curnöcc (Rossura, Calpiogna),curn™cc (Quinto), curnucc (Contra, Brione Verz.).

1. Pannocchia (Sementina, Montecarasso, circ.Locarno): quand a catom i cornòcc a i pòrtom ingranée e pöö a ciamom i amís a sfoiá, a levágh iföi: a ga n lassum dó o trè per cornòcc e pöö a s fadi bag che i sa métt süla lòbia sóra i stangh perfagh ciapá al sóo e finí de secá, quando racco-gliamo le pannocchie, le portiamo nel granaio epoi chiamiamo gli amici per togliere le foglie: nelasciamo due o tre per pannocchia e poi si fannodei mazzi che si mettono sulle stanghe del balla-toio perché finiscano di seccare al sole (Solduno).A Gerra Gamb., il termine indica la parte dellapannocchia cui restano attaccati i cartocci; a Gu-do, la pannocchia avvolta dalle glume.

2. A Minusio, pezzo di pane di frumento, so-stituito in tempi più recenti da un piccolo panegeneralmente a forma di cornetto, che viene be-nedetto e distribuito in occasione della festa diS. Quirico (16 luglio), in ossequio a un antico la-scito testamentario: naa a tòo el cornòcc da sanQuidi, andare a prendere il pane di S. Quirico,distribuito dopo la funzione religiosa celebratala sera della vigilia della festa patronale [1].

3. Angolo, cantuccio: in um curnócc, in un an-golo (Sonogno [2]), u cornócc ded la pigna, la nic-chia accanto alla stufa (Dalpe), cornöcc der scén-dra, luogo dove si mette in serbo la cenere (BrioneVerz.); spazio tra il letto e la parete (circ. Quin-to). –Spazioangusto, buio: um curnöcc, uno stam-bugio (Calpiogna), el cornucc de sótt er scara, ilsottoscala (Frasco).–Luogo riparato dal vento: l’afacc s∑ ra cá in un cranòcc, ha costruito la casa inangolo riparato (Ludiano [3]).

4. Locuzioni, modi di direCornócc der av, cantuccio del nonno: angolo

più scuro del focolare (Sonogno). – I fa passaatücc i cornücc, girano tutti gli angoli appartati:raccolgono tutti i pettegolezzi (Sonogno [4]).

5. ToponimiCurnòcc, parte dell’abitato di Madrano (Airo-

lo [5]), el Cornóg, zona delimitata su tre lati darocce (Gerra Verz. [6]).

6. Derivaticcoorrnnòòcciiaa (Loc.), scurnògio (Sobrio, Cavagnago)

s.f. 1. Pannocchia (Loc. [7]). – 2. Nicchia (Cava-gnago). – 3. Angolo buio, cantuccio (Sobrio).

2. La scurnògio ded la pigne, … du lécc, la nic-chia accanto alla stufa, tra il letto e la parete.

iinnccoorrnnooggiiòònn agg. Rannicchiato (Brione s. Mi-nusio).

iinnccuurrnnööcciiaassss v. Rannicchiarsi (Calpiogna).ssccoorrnnooggiiaaaa (Lavertezzo, Sonogno), scarnusgè

(Ludiano), scornagiá (circ. Giornico), scornogèe(Lodrino, Gerra Verz.), scurnagè (Airolo), scur-nagiá (Sobrio), scurnugè (Bedretto) v. 1. Condur-re in un luogo appartato (Sonogno). – 2. Appar-tarsi (Lavertezzo, Gerra Verz.). – 3. Curiosare,spiare (Lodrino, Ludiano, Sobrio, circ. Airolo). –4. Frugare, rovistare, cercare dappertutto (circ.Giornico).

ssccoorrnnooggiióónn (Lodrino), scurnagión (Sobrio) s.m.Individuo curioso, spione.

7. Compostittiirraaccoorrnnööcccc (Rossura), tiracurnöcc (Calpio-

gna) s.m. Individuo riservato, taciturno.

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392CORNÒCC CORØINA

Dal lat. *CORNˆCULUM ‘cornetto, piccolo corno’ [8](le var. con -∑- si incontrano anche in altri continua-tori dial. di termini in -ˆCULUM [9]) o deriv. di ≠ còrn.La var. di Ludiano risente forse dell’influsso di crénanella sua accezione di ‘cantuccio’. – Per il significatoal par. 1. cfr. i lucch., pis. cornocchio ‘tutolo’ [10].

B i b l.: AIS 5.875, MONTI 57.[1] Cfr. BIANCONI, Spondell 62, MONDADA, Memo-

rie 462, Patr. di Minusio, Stereo MC-HC 991/Vicari.[2] AIS 5.875 P. 42. [3] GALFETTI, Gloss.ms. [4] LURA-TI-PINANA 203. [5] BEFFA 104. [6] ANL Gerra Valle 75.[7] SALVIONI-FARÉ, Postille 2239. [8] DEI 2.1116 s.v.cornocchio, REW 2239, SALVIONI-FARÉ, Postille 2239.[9] ROHLFS, GrIt. 1.68. [10] BATTAGLIA 3.792, AIS 7.1464 P. 520.

Gianettoni Grassi

cornòcia ≠ cornòcccornón, -nósa, -n® ≠ còrn

CCOORRNNUUCCAABBRRIIAACCCCHH (kornukabr-ák) s.m.Cervo volante (Tremona, Stabio).

Voce isolata, non confermata da inchieste recenti.– A Tremona il term. si trova attestato accanto al sin.cornucabriöö, a Stabio a cornucavariöö ‘id.’; nel casodella voce qui considerata, il suff. -öö è stato presu-mibilm. sostituito da -ACCO, di valore diminutivo [1],per cui v. anche il sin. ≠ carliacch a Caslano.

B i b l.: [1] ROHLFS, GrIt. 3.1048.Ceccarelli

cornucabriöö ≠ cavriöö1

cornuta ≠ còrn

CCOORRÍÍBBII (korGbi) s.m. Rigovernatura.V a r.: coróbi (Menzonio), cróbi (circ. Faido, circ.

Quinto, circ. Airolo), cröbi (circ. Faido).

1. In Leventina indica propriamente l’acquausata per il lavaggio delle stoviglie e compren-dente i resti del cibo, conservata e fatta cuocerecon l’aggiunta di farine o altri scarti alimentariper venir somministrata ai maiali: la mè mam las’é scutèda cur na padèla ded cróbi, purèta, lacridèva dal mal, la s’é spelèda tüta, la mia mam-ma si è scottata con una padella di beverone, po-veretta, urlava dal dolore, si è spellata tutta(Airolo [1]); bogión da cróbi, mastello in cui siconserva il siero di latte con cui si nutrono imaialini (Dalpe).

Come traslato passa a significare ‘vino, caffè

cattivo’ (Lev.), ‘pietanza malriuscita, immangia-bile’ (Airolo) e, ancora ad Airolo, ‘mascalzone,furfante’: maladétu cróbi da vügn!, maledetto fa-rabutto! [2].

2. Paragoni, modi di direL’é gröss cume un vasséll da cróbi, è grosso co-

me una botte in cui si versa la rigovernatura(Dalpe). – A Menzonio compare nel detto el sangwl’è mía coróbi, il sangue non è acquetta: i legamidi parentela non possono venire ignorati.

Var. masch. di ≠ colóbia. L’attestazione di Men-zonio, se non è da ritenere forma femm. e quindi daascrivere a ≠ colóbia (cfr. il lavizz. stanzi var. di stan-zia ‘stanza’), avrà qualche collegamento con ≠ aqua-röbi ‘liquido acquoso, bevanda annacquata, scadente,siero che cola da una ferita’.

B i b l.: [1] BEFFA, Na storia 65. [2] BEFFA 96.

Moretti

corobiín ≠ colóbia

CCOORRØØIINNAA (kor¥-na) s.f. 1. Capitagna (Ble.). –2. Mucchio di sassi e spini (S. Vittore [1]).

V a r.: chir∑ina (Ponto Valentino), coréina (Olivo-ne), corógna (S. Vittore), cor∑ina (Leontica, Prugia-sco, Castro), curéina (Olivone), curögna (Semione),cur∑ina (Leontica, Prugiasco, Aquila, Campo Ble.),cur™ina (Ludiano). – D o c.: «pezza una di Campo, concoroina prativa in Capo» (Aquila 1673 [2]).

1. Striscia di terreno erboso che delimita imargini di un campo coltivato, separandolo daaltri coltivi attigui [3]: si¥è ra cur™ina, falciaregli argini erbosi del campo (Ludiano), i curénn,pezzi di terreno alle estremità dei campi, suffi-cientemente grandi per girarvi l’aratro con il bue(Olivone).

2. A S. Vittore, designa in particolare il cu-mulo lineare formato con i sassi che venivanoestratti dal terreno durante i lavori di bonifica edi ripulitura e ammonticchiati all’interno o aimargini dei coltivi. Sulla corógna potevano cre-scere spontaneamente spini, arbusti e altrepiante. – All’appellativo si connette il toponimodoc. «Ruol fuori la Corogna» (1821 [4]).

3. ToponimiCuréina, bordo di un campo fra un piano e un

pendio (Olivone), Cur∑ina alta, orlo di un prato(Campo Ble.), Curögna, orlo prativo sopra i bo-

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393CORØINA CORÓNA

schi (Semione), Curögna d Tancii, orlo prativo ecampi (Semione), ai quali si affiancheranno Cü-r∑ign da Gurdâsch, pendio boscato con un po’ diprato (Castro) e Corógna/ Corugna, zona di pra-ti con costruzioni recenti (Arbedo-Castione) [5].

Etimo incerto. Secondo Gualzata, con il blen. curö-gna ‘margine non arato di un campo’, che egli fa risa-lire a una base *CORfiNIU(M), deriv. di CORfiNA ‘coro-na’, si correlano i toponimi Chirögna, antico villaggiosovrastante il paese di Cugnasco, e Corognola, fraz.di Vira Gamb. [6]. Sorprendono tuttavia, al riguardo,le forme in -,n-, con anticipazione dell’elemento pa-latale, dato che in Ble. -NJ- si riflette sempre e ovun-que in -ñ-; nella fattispecie, il nesso avrebbe seguitola stessa evoluzione documentata in varie parlaterom., in Breg. e nel Posch. [7], oltre che in un’areacompresa fra le valli di Sole e di Non, la Val Camo-nica e le sponde del Garda [8]. Si consideri inoltre chel’esito ludianese con ™ presuppone Å e resta da spie-gare la comparsa di é nella var. di Olivone, localitàdove la delabializzazione di ∑ è sconosciuta. Vistal’occorrenza in Ble. di coppie come sas∑ina ‘susina’(Aquila, Campo Ble.), accanto a suséina (Olivone),mar∑ina ‘amarena’ (Leontica), a lato di maréina (Le-ontica, Prugiasco), si potrebbe suggerire come basealternativa di partenza una forma dim. *CORRI(G)ÎNA

di CORRÈGIA, nel senso di ‘striscia di terra che separa’(cfr. il lat. mediev. CORRIGIUM ‘striscia di terra, in par-ticolare tra le acque’ [9], CORRIGIA ‘specie di argine diacque paludose’ [10]), secondo una trafila *coreína >coréina (per ritrazione dell’accento [11]), con succes-siva dissimilazione di éi in ∑i. – Le informazioni re-lative al significato 2. sono state raccolte nel corso diuna recente inchiesta.

Bibl.: MONTI 386.[1] RN 2.109, cfr. TAMÒ, S.Vittore 68. [2] RPT 11.

20. [3] Cfr. DEMARIA, Curiosità 38, BUCHMANN 46,BAER2 114. [4] RN 2.109. [5] Mat. RTT, ANL Arbedo-Castione 30. [6] GUALZATA, Topografia 90-91, REW2247a. [7] EICHENHOFER 455, PRADER-SCHUCANY, RH60.50, MICHAEL, Posch. 32, SALVIONI, Posch. 509,Scritti 1.275, STAMPA, Bergell 120-121. [8] ETTMAYER,Lomb.-Lad. 363-366, par. 39-40. [9] DVT 292. [10]BOSELLI, Topon. 110. [11] Cfr. SALVIONI, RcILomb.47.595, Scritti 4.167.

Galfetti

corolè ≠ córa

CCOORRÓÓNNAA (korGna) s.f. Corona.V a r.: coróna, curóna, curuna; carugna (Stampa),

caruna (Comologno, SottoP.), carun’a (SopraP.), corò-na (Bellinzona), coróne (Gerra Gamb., Breno, Brag-

gio), coróno (Claro, Chironico, Bironico, Landarenca),coruna (Moghegno), cróna (Intragna, Verz., Mesocco),curòna (Isone, Bellinzona), curóne (Medeglia, Roba-sacco), curóno (Chironico).

1. Ornamento del capo 1.1. Ornamento del capo formato da fiori e /o

fronde intrecciate, diadema: quand che fam unebéle féste, i tusái i vann vestíd in verginéle e sulatéste e méten sú une curóno ded ròs, quando fac-ciamo una bella festa (di paese), le ragazze si ve-stono di bianco e sulla testa mettono una coronadi rose (Chironico), quéll dí la matán la vann ve-stida a bgianch col vél sula tèsta e la coroninabgianca, quel giorno (della prima comunione) lebambine vanno vestite di bianco col velo sul ca-po e la coroncina bianca (Soazza). A Villa, fra-zione di Bedretto, era usanza portare una coro-na o un velo bianchi in occasione del funerale diun bambino o di un giovane [1]. – Corona regaleo nobiliare, copricapo che simboleggia il potere:curuna de rè, d’imperatúr, corona reale, impe-riale (Sementina), … d’òr, tiara (Crana), rè sén-za curóna, re spodestato (Stabio), pèrd la curu-na, essere destituito, detronizzato (Russo).

1.2. Simbolo di vittoria, onorificenza: curunadal tiro, corona del tiro: menzione che si ottienesuperando un determinato punteggio nel tiro albersaglio (Castasegna), faa la curóna (Losone),ciapaa (Sementina)/ purtá véa (Auressio) la cu-runa, conquistare, riportare la corona: vincere,quand che um tós u sbaia e disum «u meriteréssbè le curóno», quando un ragazzo commette uno

Fig. 89. Statuine in vetro di Murano raffiguranti i ReMagi (Collezione etnografica dello Stato; fot. R. Pel-legrini).

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394CORÓNA CORÓNA

sbaglio, diciamo che dovrebbe meritare la coro-na: in senso ironico (Chironico).

1.3. A Mendrisio, gallone, distintivo di gradomilitare, raffigurante una ghirlanda, che adornail copricapo degli ufficiali di massimo rango: i ca-gnóni cun s® curónn e spaghéti sül capèll, i ca-porioni con su corone e strisce (alla lettera: spa-ghetti) sul cappello [2].

2. Per analogia2.1. A Viganello, fascia, giro di capelli attorno

a una zona calva o alla tonsura dei frati.2.2. Ghirlanda di fiori o di fronde intrecciati

posta sul feretro o sulla tomba in omaggio al de-funto (generalm.): coróna da mòrte, corona fune-bre (Cimadera), dré dal caruzzón cun un quaifiuu e na curóna vöréum piang, ma pudéum mía,dietro il carro funebre con qualche fiore e una co-rona volevamo piangere, ma non ci riuscivamo(Bellinzona [3]), la diséva sémpra: «quan ch’a mò-ria, mía curònn ad fiú, ma na sélva ad curònn rusèria», diceva sempre: «quando morirò, nientecorone di fiori, ma corone di rosario in grandequantità» (Ludiano).

2.3. Anello, cercine di paglia su cui si appog-gia la caldaia (Largario, Vairano): i faséva s® nacuróna da braga dr’órs, fabbricavano un anellodi licopodio (Largario).

2.4. Anello, cappello di nubi o di nebbia che co-pre una montagna (Lodrino, Poschiavo): quandla scima dal Camoghè la métt s® in gir la corónadala nébia, cata sciá l’ombrèla, quando la vettadel Camoghè si ricopre di un cappello di nebbia,prendi l’ombrello (Lodrino [4]), cura ca l Varunaal gh’a s® la curuna, al Curnasèll al capèll, las-sa la falsc e ciapa l restèll, quando il Varuna è co-perto da un anello di nebbia, e il Curnasèll da uncappello (di nubi), deponi la falce e prendi il ra-strello (Poschiavo [5]): smetti di falciare e affret-tati a raccogliere il fieno, perché a breve verrà apiovere.

2.5. Alone lunare, solare (Chironico, Verscio,Gandria): nel pronostico meteorologico quand laluna la fa coróna, la nèu la sa montóna, quandola luna è attorniata da un’aureola, la neve si am-mucchia: cadrà in abbondanza (Verscio); simil-mente nel detto le lunu le s maridi, l’a sgiá lecuróno in téste, la luna si sposa, ha già la coronain testa: è circondata da un alone (Chironico).

3. Insieme di cose o persone disposte a cerchio,che attorniano

3.1. Ne curuna de muntágn, una giogaia dimontagne (Sementina), la sóa geséta … e quèllbèll campsantín cavézz … e la coróna in gir di ca-pelétt, la sua chiesetta e quel bel cimiterino tut-to ordinato e la cerchia di cappelle attorno (Me-lide [6]), la név la fa curóna, la neve fa cerchio: ècaduta tutta in giro (Auressio), téi piantaa acoróna in dal sagraa, tigli piantati a corona sulsagrato (Brusino Arsizio [7]).

3.2. Una curóna d sgint, una cerchia di perso-ne (Linescio), on pá con ona bèla coróna ded fiöi,un padre con una bella schiera di figli (Giornico),la coróna di parént, il parentado, la cerchia deiparenti (Giubiasco [8]).

4. Contorno, parte, elemento che circonda, or-latura, bordatura

4.1. Coróna ded ghisa, corona di ghisa: partedel lampione a gas (Giornico). – Cfr., fuori dellaSvizzera italiana, curuna, staffa della fibbia (Vil-la di Chiavenna).

4.2. Scalzo, superficie convessa tra le due ba-si di una forma di formaggio (Calpiogna, Osco),di una moneta (Osco).

4.3. A Chironico, capitagna, striscia di terrenoerboso all’estremità del campo; cfr. i doc. «in cam-po de Camp<edello> <…> cum corona sua» (Ira-gna 1210-1258 ca.), «peziam unam terre campi

Fig. 90. Corona funebre interamente in ferro colora-to (Collezione etnografica dello Stato; fot. R. Pelle-grini).

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395CORÓNA CORÓNA

cum suis choronis» (Prato Lev. 1463) [9]. – A Cal-piogna, margine dentellato della foglia. – A Po-schiavo, bordo di un tessuto. – Cfr. fuori dellaSvizzera italiana, curuna, contorno, bordo dellabocca della gerla (Vogogna), curuna dal ròcol, su-perficie anulare che delimita il boschetto del roc-colo, al limite della quale sono tese le reti da uc-cellagione (Villa di Chiavenna), coróna, giro dellabrescianella, tipo di paretaio (Malnate), cfr. ≠bressanèla.

4.4. Smussatura praticata alle estremità di untronco per facilitarne lo scorrimento ed evitareche si scheggi quando viene fatto scendere a val-le o durante le operazioni di trasporto (Mesolc.,Brusio [10]): fagh la coróna, smussare, arroton-dare i bordi alla base del tronco (Mesolc. [11]).

4.5. A Poschiavo, rilievo sul fusto della chiave.4.6. Bottone dello scalpello, risalto che impe-

disce al codolo di penetrare nel manico (S. Anto-nio, Montecarasso, Campo VMa.).

4.7. In un’accezione più recente, cordolo di cal-cestruzzo armato che consolida i muri di un edi-ficio (generalm.).

4.8. Cerchio di bollicine che si forma in super-ficie agitando l’acquavite (SopraC., Mendrisio):grapa ch’a fa er coróna, grappa che fa la corona:di buona qualità (Brione Verz.). – A Isone, alonelasciato sulle pareti del bicchiere dal vino a for-te gradazione alcolica.

4.9. Parte superiore dello zoccolo di una bestiada soma (Stabio), radice dell’unghia (Calpiogna).

4.10. Riferito a organismi vegetali4.10.1. A S. Domenica, alburno, strato più

esterno del legno.4.10.2. Inforcatura, punto in cui si dipartono i

rami di un albero (Faido, Peccia, Magadino, Sot-toC., S. Maria, S. Domenica, SopraP., Poschia-vo): ra curóna ra sa véd bén in di murón, l’infor-catura è ben visibile nei gelsi (Grancia), pianta adó, tré curónn, pianta a due, tre ordini di rami(Grancia). – A Poschiavo vale anche ‘chioma, in-sieme dei rami di una conifera’ [12].

4.10.3. Corolla del fiore (Campo VMa., Viga-nello, Roveredo Grig.).

4.10.4. A Cavigliano, anello, colletto del fungo.4.10.5. A Sigirino, i radis da coróna, insieme

delle radici principali della pianta. – Mazzo diradici superficiali della vite o del granoturco(Grancia, Rovio, Stabio): taiá ra prima curóna,tagliare la prima corona (Grancia), taiá i curónndala radís, tagliare le corone della radice (Ro-vio): tagliare alla vite le radici superficiali, to-gliere quelle a fior di terra, segunda curóna, fa-scio di radici che la pianta di granoturcosviluppa al di sopra del livello del terreno (Sta-bio [13]).

4.10.6. Ultimo fascio di fibre che tengono iltronco attaccato al pedale dell’albero (Poschiavo).

5. Filza, serie di oggetti uniti, legati insieme5.1. Coróna d’ai, resta di bulbi d’aglio (Tic.), …

da figh, di fichi secchi (Poschiavo), … da castégn,di castagne (Stabio), una coróna da pan, una co-rona di pane: formata da più micche attaccate in-sieme (Sigirino), gl’énn domá corónen, sono solocorone: si dice dei ricci di castagne quando sonopiccoli e attaccati a gruppi di quattro o cinque(Soazza). – Fuori della Svizzera italiana, a Creal-la, nell’Ossolano, al curunn, infiorescenze del ca-stagno, del salice e del nocciolo.

5.2. Corona del rosario: la mè zía l’é nacia inpelegrinacc ala Madòna da Rè … e la m’a portòuuna bèla cróna, mia zia è andata in pellegrinag-gio alla Madonna di Re (in Val Vigezzo) e mi haportato una bella corona del rosario (Mesocco[14]), la andava sémpre intórne cora coróna darrosari in di tasca, andava sempre in giro con lacorona del rosario in tasca (Cimadera [15]), pre-gava i vécc in gir al fogoraa con la coróna in man,pregavano i vecchi attorno al caminetto con la co-

Fig. 91. Corona del rosario con grani in legno (Colle-zione etnografica dello Stato; fot. R. Pellegrini).

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396CORÓNA CORÓNA

rona in mano (Melide [16]), fá passá la curóna,sgranare il rosario (Viganello), tu gh’as la sché-na ch’al par la curuna dal rusari, hai la schienache pare la corona del rosario: di persona magracui si possono contare le vertebre (Poschiavo), ipar corónn e medaitt, sembrano corone e meda-gliette: di certi frutti infilati insieme (Rovio). –Per estensione, il rosario stesso, la terza partedell’intero rosario: biassaa le curuna, biascicarela corona: recitare il rosario (Sementina), mí ma-ma vésgia la m’a insegnòu a dí sú la cróna, mianonna mi ha insegnato a recitare il rosario (Me-socco [17]), la mí ava la sére la disg sèmper lacoróno, mia nonna la sera recita sempre il rosa-rio (Landarenca). – A Vezio, coronín di mòrt, ro-sario recitato passando davanti al cimitero [18];cfr. fuori della Svizzera italiana, a Vanzone (inValle Anzasca), curuna da vív, … da mürt, ro-sario in cui si recita rispettivamente un gloria oun requiem dopo ogni decina. – In senso figurato:una coruna d’impropéri, una filza di improperi(Moghegno), al gh’a dii dré una coróna da bestém,gli ha lanciato una serie di ingiurie (Balerna), nacoróna ad colinn, un seguito di colline (Gordevio).

6. Parti del corpo umano6.1. Corona del dente (generalm.).6.2. A Robasacco curóne du öcc, iride.

7. Tipo di ingranaggio, rotella, ruota dentata(generalm.). – Fuori della Svizzera italiana, inValle Anzasca, curuna, girellino, rotella dentatain cui si fissano le stecche dell’ombrello (Vanzo-ne).

8. Punto, linea dove il fondale del lago si ina-bissa (Brissago, Muralto, Minusio, Vairano, circ.Carona, Ceresio): va pée mía lá dóve el fa coróna!,non andare là dove (il lago) si inabissa! (Brissa-go), stá föra dala coróna, pescare fuori dal mar-gine, al largo (circ. Ceresio [19]).

9. Cornicione (Breg.).

10. Cengia, ripiano fra rocce a picco, passag-gio impervio su uno strapiombo, ciglio di un bur-rone (Isone, Camorino, VMa., Comologno, Verz.):chèll lèrasg süi ültim corói di èlp gl’è borsciói,quei larici sulle ultime (= più alte) cenge degli al-pi sono nodosi e contorti (Cavergno). – A Mesoc-co, parete rocciosa, dirupo, scoglio: el camóss l’écrudòu sgiú da una cróna e i a piú podú trovall,il camoscio è precipitato da un dirupo e non sonopiù riusciti a trovarlo [20], su l’ér dela cróna, sulciglio della rupe, la barca, che l’éra daprèssa alariva, l’a dacc un cólp cónter una cróna, la barca,

che era vicino alla riva, è andata a sbattere con-tro uno scoglio. – A Indemini, riparo sotto unaroccia sporgente [21]. – Fuori della Svizzera ita-liana, a Vanzone, curuna, cima rotonda di unamontagna.

11. Mensola, ripiano, scaffale, palchetto (Chi-ronico, VMa., Ons., Intragna, Cal., Breg.): curó-na, palchetto portabagagli sul treno (CampoVMa.), i corói da credénza, i ripiani della cre-denza da cucina (Menzonio), sünt üna carunaqualci scüdèla e sdun da lén, sopra una mensolaqualche scodella e qualche cucchiaio di legno (Vi-cosoprano [22]). In particolare, asse, ripiano sucui sono poste a maturare le forme di formaggio(Chironico, Intragna, Brione Verz., Landarenca,Braggio, Breg.): lan caruna dal casgi∑l, le assidel formaggio (Breg. [23]), quand l’è quagiò, o s’eltrüsge e o s tö s® ol formacc int ol garòtt, o s prémbèn e dòpu un dí o s’el sale e s’el métt süla corónein cantina a madürá, quando (il latte) è cagliato,lo si rimesta, si estrae il formaggio (e lo si mette)dentro il mastello forato, lo si preme accurata-mente e dopo un giorno lo si sala e lo si pone sul-la mensola in cantina a maturare (Braggio). –Architrave, ripiano, mensola del camino (Chiro-nico, VMa., Ons., Bondo). – Per estensione, piat-taia, scaffale pensile su cui si tengono o si espon-gono le stoviglie (Lodrino, S. Domenica, Breg. e,fuori della Svizzera italiana, Bormio). – A Chiro-nico, specie di armadio ad angolo. – A Soglio, ra-strelliera usata dal calzolaio per appendervi lescarpe e le forme.

12. Altri significati12.1. A S. Domenica, guancialetto di protezio-

ne da applicare al ginocchio del cavallo.12.2. A Osco, dorso del pane [24]. – A Poschia-

vo, volta del forno [25].

13. Modi di dire, locuzioni13.1. A t’ò mía tú sgiú la curóna!, non ti ho tol-

to la corona! (Cavigliano), a t’ò mía levòo la coró-na da tèsta!, non ti ho levato la corona dalla te-sta! (Brissago): si dice a persona permalosa chesi offende per un nonnulla, nel senso di ‘non ti homica fatto un torto!’.

13.2. Galina cula crèsta a curóna, gallina conla cresta a corona: dentata, seghettata (S. Anto-nio). – Riotín dela coróna, regolo, uccello dei pas-seriformi (Arogno).

13.3. Vée s® er coróna de sant Antòni, avere lacorona di S. Antonio: essere calvo (Verz.). – L’è ulmés che a tütt i altri al fa coróna: l’è ul més de sòonomastigh, è il mese che a tutti gli altri fa ono-re: è il mese del suo onomastico (Bedigliora [26]).

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397CORÓNA CORÓNA

13.4. A coróna, tipo di innesto realizzato inse-rendo due o più marze tra la corteccia e il legnodella pianta (Tic.). – Tignii i piant a curóna, tene-re le piante a corona (Cavigliano), pudá (Aures-sio), scalvá (Viganello) a curóna, potare a corona:sistema di potatura consistente nel pareggiare irami in modo che formino una sorta di corona altronco. – Taiè i radisitt a coróna, tagliare le radi-ci rasoterra (Giornico).

13.5. Coróna di més, corona dei mesi: primidodici giorni di gennaio, da cui si traggono pro-nostici meteorologici per i mesi dell’anno: il tem-po che fa ogni singolo giorno corrisponde a quel-lo del corrispondente mese (Pazzallo).

13.6. A Vico Morcote, coróna du rosari, coronadel rosario: varietà di vitigno.

13.7. Fè dí s® la coróna, far recitare la corona:fare patire la fame, in particolare al bestiame(Dalpe). – Disfilá la curóna, sgranare il rosario:vuotare il sacco, dire senza riserve tutto ciò chesi sa e si pensa sul conto di qualcuno (Auressio);– o m tróna i urècc, quaid®gn i m fa drè la curó-na, mi fischiano le orecchie, qualcuno mi starà recitando il rosario: starà malignando sul mioconto (Campo VMa.), menágh adré la curóna,sparlare, criticare (Viganello), sfilá la curóna dalrusari (Arogno), sfirá la coróna (Gandria), sgra-nare la corona (del rosario): proferire una serie diingiurie, di maldicenze, di rimproveri, in facia lafa un gran cerín, p∑ dadré di spall la ta dis adréla coróna dal rosari, in faccia fa grandi moine esorrisi, poi alle spalle ti dice ogni sorta di catti-verie (Brusino Arsizio); dí s® ra curóna ara sòmanéra, recitare il rosario alla propria maniera:bestemmiare (Semione); – sentí la curóna dal ru-sari (Melide), sentí la coróna (Giornico), sentirela corona del rosario: subire una lunga ramanzi-na, le m’a dicc ne cróna, mi ha detto una corona:non smetteva più di rimproverarmi (Sonogno[27]). – Dii la coróna di rètt, recitare la corona deitopi: inveire, bestemmiare (Losone), l’è dré a dís® la curuna di rètt, sta recitando la corona deitopi: di persona che mormora, sparla o bestem-mia (Russo), prima guai a lassass sintí da tí a dímaa dra maièstra, adèss tu gh disat drè ra curó-na di ratt, prima non sopportavi che si sparlassedella maestra, adesso le reciti la corona dei topi:gliene dici di tutti i colori (Grancia).

13.8. Vardaa s® pala cróna di mòtt, guardaresulla mensola delle forme di formaggio: esserestrabico (Intragna).

13.9. A Minusio, vèss a coróna, essere profon-do: dell’acqua del lago o del fiume, quando la suaaltezza è tale che non è più possibile scorgere ilfondo: gh’è quaid®n ch’a m tégn d’öcc …, al védimai … ma l sénti dapartütt, se l’aqua l’è a coró-

na e se l sentée l’è brütt, c’è qualcuno che mi tie-ne d’occhio, non lo vedo mai ma lo sento dapper-tutto, se l’acqua è profonda e se il sentiero è brut-to [28]. – Sempre a Minusio, a spigol da coróna,nel punto, sul limite in cui il fondale comincia adinabissarsi, a mòta da coróna, sul pendio dove ilfondale sprofonda: riferiti ai luoghi dove vienesolitamente calato il tramaglio, tipo di rete dapesca [29].

14. Sentenze, proverbi14.1. La dòna (Torricella-Taverne)/ una fém-

na (Losone) bóna la var una coróna, una bravamoglie vale una corona: vale una fortuna, è im-pagabile.

14.2. Qui ch’a s marida i s métt sú na curónada peniténza, chi si sposa si pone una corona dipenitenza (Ons. [30]); – luntán di müll, dadr∑ dis’ciöpp, luntán di can e da chi ca va cun la curu-na in man, (stai) lontano dai muli, dietro ai fuci-li, alla larga dai cani e da coloro che girano con lacorona del rosario in mano (Poschiavo); – guar-das d’óm cula vus da dòna e da dònn cunt in manla curóna, guardati dagli uomini con la voce da

Fig. 92. Madonna con corona, seconda metà del XVI

sec., chiesa di San Maurizio a Osco (fot. UBC).

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398CORÓNA CORÓNA

donna e dalle donne con in mano la corona: pro-verbio che gioca sul significato ambivalente di‘corona del rosario’ e di ‘potere, autorità’ (Vacal-lo). – V. inoltre al par. 2.

15. Indovinelli, conte,ninnenanne, filastrocche15.1. In un indovinello che ha come soluzione

la nespola: nu l’è ní rè ní regina, al pòrta la ca-runa e l’a cinch grópp ént al véntar, non è re néregina, porta la corona e ha cinque nodi nel ven-tre (Bondo), cfr. fuori della Svizzera italiana, inValle Anzasca, ul munèspar ul gh’a s∑ la curunada rè, il frutto del nespolo porta la corona reale(Vanzone); – in un altro indovinello, raccolto pro-babilmente nella Capriasca, che ha come solu-zione la chioccia: dòna Rebèca la mangia míacafè, la pòrta ra coróna, regina l’è mía; la gh’atanti fiöö, l’è sénza óm, indüvina chi che la sará?,donna Rebecca non mangia caffè, porta la corona,regina non è; ha tanti figli, è senza marito, indo-vina chi sarà? [31].

15.2. La bissa, la bissa, la végn da Róma,quand che sóna la curóna, la curóna la végn daRè, quand ch’u batt i vintatrè, un, dui, trí, ti tó-cat sémpra tí, la biscia, la biscia, viene da Roma,quando suona la corona, la corona vien da Rè,quando batton le ventitré, uno, due, tre, toccasempre a te (Dalpe [32]); – Ana Pina, la gata fu-lina, l’é andáita a Róma a rumpí la curuna, cu-runa dal rè, fin ca l suna li vintitré, mòrum mò-rum pecatòrum, quésto déntrum e quésto fòrum,Anna Pina, la gatta fulina, è andata a Roma, arompere la corona, corona del re, fin che suonanle ventitré, morum morum peccatorum, questodentro, questo fuori (Brusio [33]), v. qui anche ≠ana1.

15.3. All’inizio di una ninna nanna: e la végiala végn da méssa …, e la gh’a la curóna in man,e la vecchia torna da messa e ha la corona in ma-no (Brusino Arsizio [34]).

15.4. In una filastrocca, forse di Campestro, ri-volta al sole: sorín vén, al te spécia or cavaliér, or… cavaliér de Róma che l’a pèrs ra coróna, coró-na d’òr, d’òr e d’argént, che cósta cincént, piccolosole vieni, ti aspetta il cavaliere, il cavaliere diRoma che ha perso la corona, corona d’oro, d’oroe d’argento che costa cinquecento [35]; – din e dòne danza, … passa ra banda cora coróna bianca,bianca ra stèla, tí morósa bèla … pèsta ra saa cormanigh dar cügiaa, din e don e danza, passa labanda con la corona bianca, bianca la stella, tumorosa bella, pesta il sale col manico del cuc-chiaio: filastrocca che si recita facendo saltellareritmicamente sulle ginocchia un bambino (Mon-tagnola [36]); – trénta, quaranta, tütt ul mund ucanta, u canta ul gall, u rispund la galina, la ma-

dama Tumasina la végn ala finèstra cun trécurónn in tèsta, trenta, quaranta, tutto il mondocanta, canta il gallo, risponde la gallina, la si-gnora Tommasina viene alla finestra con tre co-rone in testa (Rivera).

16. Toponimi, antroponimi16.1. L’appellativo ha ampie attestazioni nel-

la toponomastica (specialmente in Vallemaggia,nel Locarnese e nel Moesano), dove emerge nel-le più disparate forme (anche come alterato e de-rivato) e formazioni sintagmatiche, riferito acenge, sporgenze dirupate, passaggi angusti trarocce o su pareti rocciose, rupi, precipizi, zoneimpervie, ma anche a radure, prati, pascoli, op-pure riferito a una o diverse elevazioni dispostepiù o meno circolarmente: i Corónn/ i Coronèi,zone rocciose e boschive (S. Antonino), i Curu-nèll, striscia di rocce (Aquila), i Corói, larga fa-scia ripida e dirupata caratterizzata da piccolispiazzi erbosi (Fusio), la Coronéta, piccolo ripia-no con larici sul pendio scosceso dei Corói (Fu-sio), la Coróna di camóss, terrazzo scosceso deli-mitato da altissimi dirupi (Broglio), la Coróna da

Fig. 93. L’insegna dell’antico Albergo della Corona oLocanda dell’Angelo, nel vecchio nucleo di Giubiasco(fot. R. Pellegrini).

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399CORÓNA CORÓNA

Zün≤a, lungo passaggio trasversale sul versantedi una frana molto estesa, denominata al Ganóm(Broglio), Coróna di cristiani (= ‘degli imprope-ri’), passaggio difficile nella zona dell’alpe Caz-zana (Cavergno), la Coróna, piccolo monte condue edifici (Maggia), in Corói, monte a 1000 m diquota al confine con il territorio comunale di Gor-devio (Maggia), la Coróna da Soliva, ripido boscoche circonda il monte omonimo (Giumaglio), i Co-ronásc, zona boscosa (Moghegno), zona impervia(Tegna), i Coronscéll, pianori in montagna (Ave-gno), la Coróna, monte in una radura all’internodi un pendio boschivo (Cavigliano), la Coronina,prato pianeggiante (Rasa), Coruníd, zona prati-va sopra il paese (Palagnedra), la Coróna di Pinz,serie di punte rocciose sulla cresta dove si con-giungono il versante del Lago Maggiore e quellodelle Centovalli (Ronco s. Ascona), Coróna strén-cia, cresta a picco (Brione Verz.), Croniscèll, cre-ste prive di vegetazione (Corippo), er Cróna zóra/de dént, piccolo monte a 1250 m di quota (GerraVerz.), Cròna Masnéra, rocce, rupi (Lostallo),Inanz Cróna, bosco e pascolo (Soazza), Corónanalta, … bassa, boschi (S. Domenica), Mónt de Co-róna, maggengo (Rossa), Coronèlla, prato (Brag-gio) [37].

16.2. Corona risulta come nome di battesimoimposto a una bambina a Camorino, nella se-conda metà dell’Ottocento, forse in riferimentoalla corona del rosario [38]. – A Minusio è atte-stato dall’Ottocento il cognome Coronetti [39].

17. Derivaticcoorroonnaatttt, curunatt s.m. Chi fabbrica o vende

rosari.ccoorroonnèèee v. Cercinare, asportare un anello di

corteccia alla base del tronco allo scopo di far sec-care la pianta (Gerra Verz.).

ccoorroonníínn (Locarno, Caviano), cronígn (Verz.)s.m. 1. Ruota dentata (Locarno). – 2. Piccola cen-gia montana (Verz.). – 3. Avviatura del lavoro amaglia (Caviano). – 4. Tipo di lavorazione in cuisi alternano due maglie a diritto e due a rovescio(Caviano).

1. Di recente attestazione, ruota con un minornumero di denti (32 invece dei 44 usuali) che siapplica al posto di quella ordinaria sui ciclomo-tori per aumentarne la velocità e potenziarne leprestazioni.

2. Entra nella locuz. sporpaa cronitt, spoglia-re cenge: falciare fieno selvatico (Sonogno [40]).

ccoorroonnóónn s.m. Baciapile, bigotto, bacchettone(Certara).

ccoorroonnòòtttt s.m. Architrave, ripiano, mensola delcamino (S. Domenica).

ccrroonnèèttaa s.f. Vano, nicchia nel muro (Sonogno).

iinnccoorroonnáá, incoronaa, incuruná, incurunaa; co-ronaa (Menzonio, Roveredo Grig.), curoná (Ron-co s. Ascona), curunaa (Palagnedra), incoronè(Lev., Bondo), incoronèe (Gerra Gamb.), incoruná(S. Abbondio), incronaa (Lavertezzo), incuroná(Viganello), incuronaa (Cavigliano), incurunè(Ludiano, Castasegna), incurunèe (Olivone, Brio-ne Verz.) v. 1. Incoronare. – 2. Esaltare, magnifi-care, rendere merito (Ronco s. Ascona). – 3. Or-nare, abbellire (Menzonio).

1. In una filastrocca, parzialmente in lingua:va lá, va lá Pepín, che tücc i ta vör bén, ti gh’è ladòna bèla …, se fósse una regina la saréss inco-ronada, ma l’è una contadina, la vaga al camp alavoraa, suvvia, suvvia Peppino, che tutti ti vo-glion bene, hai la moglie bella, se fosse una regi-na sarebbe incoronata, ma è una contadina, va-da al campo a lavorare (Locarno [41]); in unasorta di indovinello: «cuma sa ga ciama a quéllfrütt s® in dal praa, tütt da róss incurunaa?»«cornaa», «come si chiama quel frutto sul prato,tutto di rosso incoronato?» «corniolo» (Viganello).– In senso fig.: da vign i mött i è curunèi, i collisono coronati di vigne (Palagnedra [42]). – Entrainoltre nelle locuzioni: reatín incurunaa, regolo,uccello dei passeriformi (Viganello) e, fuori dellaSvizzera italiana, a Vanzone, sí in asi incurunó,essere un asino incoronato: di persona ricca, al-tezzosa ma ignorante.

2. L’umiltá la scónd i virtú e la curóna la per-sóna, l’umiltà nasconde le virtù ed esalta la per-sona.

3. Coronass ed virt®, abbellirsi di virtù.iinnccoorroonnaaaa (Rovio), coronaa (Viganello), coronò

(Gerra Gamb.) 1. agg. Con la cresta dentata, se-ghettata, frastagliata: di gallina (Gerra Gamb.).– 2. agg. In gran numero, in grande quantità: difrutti o fiori su una pianta (Rovio). – 3. s.m. Re-gnante, sovrano.

2. I gh’è s® incoronaa, (i frutti) sono su (sullapianta) inghirlandati: copiosi, in gran numero.

iinnccoorroonnaassss v. Incrodarsi, rimanere intrappo-lato su una cengia, bloccato in montagna (La-vertezzo).

iinnccoorroonnaazzzziióónn, incurunazzión, incurunazziún;incoronazzióm (Lavizz.), incoronazziún (Leonti-ca), incoronazziunn (Bondo), incuronazzión (Ca-vigliano, Viganello), incurunazzióm (Linescio,Brione Verz.) s.f. Incoronazione.

IInnccuurruunnèèddaa s.f. Incoronazione di Gesù, che siricorda il venerdì (Olivone).

In una scherzosa filastrocca che canzona l’in-veterata indolenza della figura antonomasticadel fannullone Carlinín, che adduce i più dispa-rati pretesti pur di non lavorare e starsene inpanciolle: lünedí l’è lirúm lorám, martedí l’è sant

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400CORÓNA CORÓSS

Gregòri, mercoledí l’è sant Rafaèll, giovedí l’èquèst e quèll, venerdí l’è l’Incurunèda, sabat l’è raracumandèda per la dumíniga, lunedì lemmelemme, martedì è san Gregorio, mercoledì è sanRaffaele, giovedì è questo e quello, venerdì è l’In-coronazione, sabato è la raccomandata (= la festi-vità prescritta, consigliata come necessaria) perla domenica [43].

20. Compostippoorrttaaccoorróónnnn s.m. Persona incaricata di porta-

re le corone di fiori durante il funerale (Giornico).

Dal lat. CORfiNA ‘corona; ghirlanda’ e in alcuni ca-si dall’it. corona [44]; nel significato 5.2., dal lat. ec-clesiastico. – Per i significati di Poschiavo ai par. 4.5.e 12.2. cfr. rispettivamente il mil. corònna ‘nome diquell’orletto rilevato che vedesi in alcune chiavi, cheperciò diciamo Ciav a coronna’ e il vallone couronne‘voûte supérieure du four’ [45]. L’accezione di ‘botto-ne dello scalpello, risalto che impedisce al codolo dipenetrare nel manico’ (par. 4.6.) è attestata dai Mat.VSI anche fuori della SvIt., a Malnate, Cernobbio e aBormio. – I deriv. incoroná, incoronazzión corrispon-dono all’it. incoronare, incoronazione. I Mat. VSI re-gistrano inoltre, fuori della SvIt., il deriv. incuru-namént ‘incoronazione’ (Villa di Chiavenna).

B i b l.: AIS 4.793, 801 Leg., CHERUB. 1.346, 5.48.[1] ASV, Komm. 2.485. [2] BUSTELLI, Fiaa 94. [3]

SELLE, Quatar pensee 21. [4] AMBROSINI, Storia 76.[5] GODENZI-CRAMERI 292. [6] POCOBELLI, Ghirlanda82. [7] ROSSI, Cantonetto 54-55.80. [8] MARIOTTI, Poe-sie 43. [9] MDT 2.16, 1.2237. [10] TOGNINA, Posch.312. [11]BINDA,QMMoes. 23,66. [12] TOGNINA, Posch.305. [13] MOMBELLI, Terminol.agric. 51. [14] LAM-PIETTI BARELLA 74. [15] KELLER, ALug. 113. [16] PO-COBELLI, Ghirlanda 88. [17] LAMPIETTI BARELLA 156.[18] RTT Vezio 42. [19] ORTELLI TARONI, Ceresio 163.[20] LAMPIETTI BARELLA 74. [21] AIS 3.424a P. 70. [22]DECURTINS 11.37. [23] SCHAAD, Bergell 124. [24] DOR-SCHNER, Brot 110. [25] DORSCHNER, Brot 82. [26] LO-RENZETTI SCHIRA ms. [27] LURATI-PINANA 208. [28]BIANCONI, Ofell 4,49, Güst 76,277. [29] MARTINONI, FS70.90. [30] BORIOLI, SchwAV 23.76. [31] KELLER,SchwAV 28.106. [32] Cfr. TODOROVIπ STRÄHL 154. [33]SCOPACASA, Zicoria 271, cfr. TODOROVIπ STRÄHL 155.[34] TODOROVIπ STRÄHL 57. [35] KELLER, SchwAV 28.213. [36] SPIESS, FS 58-59.20. [37] Mat. RTT, RTT Fu-sio 104, Broglio 218, MARTINI, Pro VMa. 1976.139 n.5, RTT Maggia 99,143,152, Moghegno 106, Avegno93, Ronco s. Ascona 140, ANL Giumaglio 105, Tegna30, Cavigliano 20, RN 2.109, RN 1.485,489,514,521,524; v. inoltre GUALZATA, Topografia 90, Alpi Tic. 1.92-93, 3.50. [38] MARGNETTI, Onom. 53, Parr. Camo-rino 163. [39] Nomi di famiglia3 1.371, MONDADA, Me-morie 355; cfr. CAFFARELLI-MARCATO 1.520. [40] LU-

RATI-PINANA 208. [41] Cfr. KELLER, SchwAV 28.214.[42] KELLER, SopraC. 63.35. [43] PALLY, Argomenti1981.7-8.34. [44] REW 2245, SALVIONI-FARÉ, Postille2245, FEW 2.1208, DEI 2.1118, DELI2 399-400, DEG325-326. [45] CHERUB. 5.48, FEW 2.1210.

Galfetti

coronatt, -nèe, -nín, -nón, -nòtt ≠ corónacoròo ≠ cör

CCOORRÓÓSSSS (korGs) s.m. 1. Codirosso, Phoeni-curus phoenicurus. – 2. Codirosso spazzaca-mino, Phoenicurus ochruros (Lugano). – 3.Tordo sassello, Turdus iliacus (Sonvico).

V a r.: caróssal (Breg.), caròssal, caròssol (Soglio),colóssor (Casaccia), colòssor (Sonvico, Lugano), coróss(Riva S. Vitale), coróssel (Casaccia), coróssor (Minu-sio), curóssul (Poschiavo).

Derivaticcoorroossssééttaa s.f. Codirosso (Sonvico). ccoorroossssiinnaa s.f. 1. Codirosso (Cal.). – 2. Codi-

rosso spazzacamino (Tic., Cal.). ccoorróóssssoollaa(SottoC.), colóssera (Mendrisio), co-

lóssora (Torricella-Taverne, Malc. [1], Mendr.),coróssula (Mendr.), culòssora (Agno), culòssu-la (Mendr. [2]), culóssura, culòssura (SottoC.),culòsura (Lug.), curóssula (Mendr.) s.f. Codi-rosso.

Locuzioni: colóssera négra (Mendrisio),colóssora négra (Mendr.), culóssura scüra(VMuggio), codirosso spazzacamino.

ccoorroossssoollééttaa s.f. Codirosso (SottoC.).ccoorroossssoolléétttt, corosselétt nella locuz.s. – né-

gro, codirosso spazzacamino (Tic.).ccoorroossssoollóónn (Ceresio, Stabio); colosserón,

colosserún; colossorón (Malc., Sonvico), colos-sorún (Mendr.), corossolóm (Mergoscia), coros-sulón, corossulún (Tic., Mesolc.), culossurón(Viganello,Grancia,Stabio), culussurón (Gran-cia, VMuggio), cürossolón (Poschiavo), curos-sulún (Balerna), curussulún (Mendr. [3]), cü-russulún (Robasacco) s.m. 1. Codirossone,Monticola saxatilis. – 2. Tordo sassello (Sonvi-co).

1. Locuzioni: colossorón de montagna, codi-rosso (Malc. [4]).

ccoorroossssóónn s.m. Codirossone (Torricella-Ta-verne [5]).

I termini si presentano come il frutto di una so-vrapposizione fra cò róss e covaróssa; foneticamenteinfatti presentano var. con co- e non con cova- (o coa-,

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401CORÓSS CÙRP

cua-) ma semanticamente indicano per la maggiorparte uccelli con la coda rossa; fa eccezione il tordosassello, che presenta un piumaggio di color castanoacceso sui fianchi e sotto le ali. Considerando ancheche buona parte di essi sono di genere femm., è pre-feribile ipotizzare un’antica riduzione in protonia dicoa- (da cóva ‘coda’) > co-, per cui v. i lomb. cogitór <COADIUTfiREM [6], posch. in coción, var. di in cuación‘accovacciato’. Le voci qui considerate sarebbero per-tanto delle var., non più trasparenti, di covaróss(a)‘codirosso’ (per cui v. cóva). – Nelle forme cürossolón(Poschiavo), cürussulún (Robasacco), che designanoentrambe il codirossone, può esserci stato l’influssodi cüü róss (alla lettera ‘culo rosso’) indicante il codi-rosso.

B i b l.: AIS 3.491; FATIO, Vertébrés 2.1.368,371,FATIO-STUDER, Oiseaux 7-8.1380, 9.1407,1408,1509,SALVADORI, Uccelli 86,92,93, GIGLIOLI, Avifauna 133,164,165, STUDER-VON BURG, Uccelli svizz. 117,119,120, LARDELLI, Uccelli 108,110,118.

[1] Cfr. ROSSI, Malc. 289, CHERUB.-FARÉ 29. [2] V.anche BRENNI-LURATI 14. [3] Cfr. BRENNI-LURATI 14.[4] CHERUB.-FARÉ 29. [5] I nostri uccelli 2.87 n. 1. [6]SALVIONI-FARÉ, Postille 2004b.

Sofia

corosséta, -ina, coróssola, -rossoléta, -étt, -ón ≠ co-róss

corossón ≠ cò, corósscorossulón ≠ cò

CCÙÙRRPP (k>rp) s.m. Corpo.V a r.: còrp; chérp (Sobrio), córp (Biasca, Prugia-

sco, circ. Olivone, Minusio, Mugena, Villa Lug., Ro-vio, Mendr.), cörp (Anzonico), córpe (Sonvico, VillaLug.), còrpe (circ. Tesserete, VColla).

1. Corpo, parte organica, materiale dell'uo-mo, degli animali

1.1. I è dü trí dí ch’a gh’ò r còrp tütt pién dadulór, è da due o tre giorni che ho il corpo tut-to dolorante (Grancia), sa strapazzè al còrp,strapazzarsi il corpo: affaticarsi oltre ogni misura (Castasegna), còrp sagn, robüst, corposano, robusto (Gordevio), corpásc malsagomò,corpo brutto e mal sagomato (Villa Lug.), cor-púsc da navóta, corpicino esile (Losone), bèllfá, tí ca tu gh’é r còrp fòrt, ma mí ca gh r’ò dé-bul cumè na cana a pòss miga purtá cèrti pés,è facile per te che hai un corpo sano e robusto,ma io che l’ho debole come una canna non pos-so portare certi pesi (Grancia), da còrp l’è míamaa, ma da fascia l’è gnanca un zicch bèla, dicorpo non è male, ma di viso non è neanche un

po’ bella (Lugano); – corporatura, costituzio-ne, statura: ur sò còrpe l’è magro, la sua cor-poratura è snella (Campestro), bassa da còrp,bassa di statura (Lugano), un còrp tancu nalatta, un corpo come una pertica: un corpo cheraggiunge un’altezza di tutto riguardo (Bondo[1]). – Per estensione, con l’uscita enfatica -o,vale ‘individuo, persona’: a Carasso còrpo san,persona sana e coraggiosa; a Olivone l’è uncòrpo, è una persona robusta, resistente, infa-ticabile.

1.2. Di animali: ar gh’a n bèll còrp stu ca-vall, ha una bella corporatura questo cavallo(Grancia); al còrp dala galina l’é ovál e schi-sciú, il tronco della gallina è ovale e comestretto (Poschiavo).

1.3. Corpo di Cristo: a S. Domenica, il gio-vedì santo si usava mangiare ul còrp dol Si-gnór, il corpo del Signore: durante l’offertorioil sacerdote benediceva una certa quantità dipane e di vino, che i fedeli mangiavano e beve-vano in chiesa; – ad Ascona giovedí del Còrp,giorno e festa del Corpus Domini; v. anche al-la voce Còrpus Dòmini.

2. Spoglie umane, cadavere2.1. Fagh l’anatomía a m còrp, eseguire l’au-

topsia su di un cadavere (Roveredo Grig.), le-vaa el còrp, levare il corpo: portar via il cada-vere nell’imminenza del funerale (Losone),sepelí un còrp, sotterrare un defunto (S. Ab-bondio); in forma diminutiva corpín, corpicinodi bambino defunto (Certara).

2.2. Còrp sant, corpo santo: salma di un san-to venerata come una reliquia (Tic., Mesolc.,Brusio); al fig., fuori della Svizzera italiana,persona ottusa (Vanzone). – In caso di siccitào di epidemie, le reliquie dei santi venivanoportate in processione [2]; quest’usanza ha da-to origine a svariate credenze: can ch’a s mòvi còrp sènt a végn fòra l sóo, quando si muovo-no i corpi santi esce il sole (Gordevio), ... u végn fòra el só o u tempèsta, esce il sole oppu-re grandina (S. Abbondio), quand a s mòu icòrp sant al timp u s chèmbia, quando si muo-vono i corpi santi il tempo cambia (CampoVMa.), e a motti di sapore scherz.: i còrp santi s möv da ráiru!, i corpi santi si muovono ra-ramente! (Grancia), quènd ch’o s möv i còrpsènt o sücéd sémpro quaicòss da straordinari,quando si muovono i corpi santi succede sem-pre qualcosa di straordinario (Gerra Gamb.);all’apparizione di una persona insolita o che simuove di rado si commenta: a l sò an≤a mí ch’afiòca! A s mòu i còrp sant!, ora capisco perchénevica! ¬ perché si muovono i corpi santi!

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402CÙRP CÙRP

(Campo VMa.); a Stabio l’esclamazione riguar-da piuttosto qualcuno che non si vedeva datempo; a Mergoscia, invece, una persona che faqualcosa di straordinario.

3. Altri significati3.1. Tronco, busto, pancia, ventre: maa da

còrp, mal di ventre (Losone); in una preghieraraccolta a Signora vale ‘grembo, matrice’: o mècar fi∑, per sti növ més che l’ò portá nel còrpe, avedéll a fá sta simil mòrte!, oh caro il mio figlio,per questi nove mesi che l’ho portato in grem-bo, vederlo fare una morte simile! [3]; – a Chi-ronico, ventriglio degli uccelli. – V. anche alpar. 4.3.

3.2. Vita, corpino dell'abito femminile, co-pribusto: al còrp dal vistí, la vita dell’abito dadonna (Brusio), còrp ch’a va dré bén ala vita,corpino che segue bene la vita (Viganello),còrp strécc impicaa, copribusto strettissimo(Rovio); v. inoltre, fuori della Svizzera italia-na, giüstá l còrp, accomodare il corpino (Val-solda). – A Gordevio fascetta, busto. – V. an-che i deriv. corpetín, corpétt.

3.3. Elemento principale, centrale, più gros-so di un oggetto: còrp dal canderée, fusto delcandelabro (Riva S. Vitale); a Calpiogna e Dal-pe, ventre della bottiglia; el còrp dala cafetére,il corpo della caffettiera (Gerra Gamb.); a Ri-va S. Vitale ul còrp dal tòrc, il corpo del tor-chio; – a Giornico, vomere dell’aratro. – A Sta-bio, dorso del libro.

3.4. Portata di un corso d'acqua (VMa., Loc.,SottoC., Soglio): un bèll còrp d’aqua, un’ab-bondante massa d’acqua (Grancia).

3.5. Consistenza, forza, vigore: vin che gh’atantu córp, vino pieno, vigoroso (Rovio), cussavött mai ch’a ciapa còrp stu vin chí ch’a r gh’an grad püssée che r’aqua!, cosa vuoi mai cheprenda forza questo vino, che ha un grado piùdell’acqua! (Montagnola), pèsta da còrp, pastaspessa, ben amalgamata (Bondo), ra gh’a pòchcòrp sta carta: ta chí ch’a ra lassa passá r’incòs-tru dr’altra part, ha ben poca consistenza que-sta carta: non vedi che lascia passare l’inchio-stro dall’altra parte? (Grancia), tinta ch’a gh’acòrp, tinta accesa, vivace (Giornico); st’istád tuvedaré mò se sta pianta ra ciapará du còrp sí onò, quest’estate vedrai se questa pianta pren-derà forza sì o no (Grancia).

3.6. Alburno, strato più esterno del legno(Torricella-Taverne).

3.7. Complesso, insieme, unità, totalità: uncòrp ad possassión, un insieme di possedi-menti (Gordevio), un … de cá, de terén, uncomplesso di case, di terreni (Rivera), nu gh’è

da dí, r’è n bèll còrp da campagna, non c’è chedire, è una bella estensione di campagna(Grancia); còrpe sól, podere unito, raccolto (Ci-madera); qui anche tutt in un córpe, tutto in uncorpo: tutt’insieme in un’estensione unica diterreno (Sonvico).

3.8. Gruppo, insieme di persone: ci ca tégncula Francia è riguardaa tancu fèr part dalcòrp di riformaa, chi sta con la Francia è guar-dato come facesse parte del corpo dei Rifor-mati (Vicosoprano [4]); un bèll còrp da m®si-ca, una bella formazione musicale (Sigirino);còrp di istrütór, corpo degli istruttori (Intra-gna), còrp di bersagliér, corpo dei bersaglieri(Sigirino), coronéll de còrp d’armada, colon-nello di corpo d’armata (Leontica).

3.9. Funerale (Montecarasso, Olivone, Lev.,Loc., Viganello, Stabio, Pedrinate e, fuori del-la Svizzera italiana, Viggiù, Crealla): ná acòrp, andare, partecipare a un funerale (Mon-tecarasso, Olivone, Lev.), andá dré a còrp, ac-compagnare un defunto al cimitero (Pedrina-te); cfr., negli statuti di Minusio del 1313, ildoc. «statutum est … quod quilibet vicinus …debeat ire ad corpus» [5]; – sonè da còrp, suo-nare a morto (circ. Faido); v. inoltre, fuori del-la Svizzera italiana, a Viggiù, i ségn dal còrp,i rintocchi che chiamano i fedeli a partecipareal rito funebre, ul past da còrp, il banchetto fu-nebre; – compare inoltre nel detto: a nòzz e acòrp o s cognóss i parént pi® fòrt, in occasionedi nozze e funerali si conoscono i parenti piùstretti (Gerra Gamb.).

3.10. Bara, feretro (Aquila, Grono, Poschia-vo).

4. Sintagmi, locuzioni, modi di dire4.1. Unito a preposizioni4.1.1. A/ in còrp, nella sua interezza, nella

sua totalità, tutto assieme (generalm.); in bloc-co, a stima, senza misurare (generalm.): daavèe in còrp, cedere in massa, in blocco (CampoVMa.), vind al negòzzi n còrp, vendere il ne-gozio completo, in blocco (Gordevio), t∑ tütt incòrp, comprare tutto in blocco (Rossura), ciapáu lavór a còrp, prendere il lavoro in blocco (Au-ressio), stimá lu fén a còrp, stimare il fieno inblocco, senza misurare (Isone), tí tu vö crumpáa còrp e mí nvéci a vöi vénd a misüra, tu vuoicomprare in blocco ed io invece voglio venderea misura: detto in particolare di fondi (Gran-cia); – a Losone tucc in còrp, tutti insieme, co-ralmente.

4.1.2. In còrp, addosso: gh’i in còrp na granvöia da balá, ho addosso una gran voglia diballare (Brusio), ar m’a mit®d in còrp una fre-

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403CÙRP CÙRP

nesía cur cüntám s® quéla storiascia…, mi hamesso addosso un’inquietudine col raccontar-mi quella brutta storia… (Montagnola), avéirabia in còrp, essere arrabbiati, irritati (Cal-piogna), u vusgia cun tütt al fièd ch’u i a incòrp, urla con tutto il fiato che ha in corpo (Li-nescio); in uso figurato: végh in còrp ur diavul,avere in corpo il diavolo: essere bizzoso, scor-butico, intrattabile (Grancia); per estensione,véigh in còrp, avere in mente, in progetto (Oli-vone), cfr. 4.3.; – in senso figurato, accollato,sulle spalle, a carico: a m sunt pöö liberád daquéll fastidi e gh l’ò pi® in còrp, mi sono poi li-berato da quel fastidio sicché non ce l’ho piùche mi grava addosso (Sigirino), tössla in còrpcon pacénza, sopportare pazientemente (Lo-carno), ar s’è töi in còrp una bèla peniténza cunquéla dòna lí, s’è fatto carico di una vera pe-nitenza con quella donna (Grancia); restá incòrp, non riuscire a smerciare, a vendere (Cer-tara, Rossura); v. anche al par. 4.3.

4.1.3. A Claro, Malvaglia e Leontica véss incòrp vale ‘essere morto ma non ancora sepol-to’: l’è amò in còrp, non l’hanno ancora sepolto(Leontica).

4.2. In espressioni coordinate4.2.1. A còrp a còrp, faccia a faccia, di fron-

te (Torricella-Taverne).4.2.2. (In) ánima e (in) còrp/ (in) còrp e áni-

ma, in persona (Faido, Sigirino, Grancia, Aro-gno): a sónt mí, pròpi mí in còrp e ánoma, a vé-dat miga?, sono io, proprio io in persona, nonvedi? (Arogno [6]), l’è nacc in ánima e in còrp,è andato in anima e corpo: è scomparso nelnulla (Roveredo Grig.); in senso traslato, tut-to, interamente, completamente, in blocco (ge-neralm.): bütass ánima e còrp, buttarsi animae corpo: lanciarsi a capofitto in un’impresa,impegnarsi a fondo (generalm.), a ma sóm daiánima e còrp a stüdiá r francés, mi son messodi buona lena a studiare il francese (Grancia);vind in ánima e in còrp la butéia, venderein blocco la bottega (Campo VMa.); l’è lüü inánima e n córp, è lui in anima e in corpo: gli assomiglia in tutto e per tutto, in modo sor-prendente (Rovio). – Danass l'ánima e l còrp,dannarsi l’anima e il corpo: impegnarsi a fon-do (generalm.); disperarsi (generalm.); arrab-biarsi (Lev., Moghegno, Rovio); ta ma fétt mar-cí l'ánima e l córp, mi fai marcire l’anima e il corpo: mi fai davvero arrabbiare (Rovio). – Végh piú nè ánima nè còrp, non aver più néanima né corpo: essere uno scapestrato, un vi-zioso (Losone). – ånima e còrp (Carasso, Meli-de)/ tütt còrp e ánima (Rossura), in armonia, inamicizia, in perfetta unione. – Véss un còrp e

un’ánima (sóla), essere in perfetta armonia,volersi bene (generalm.): düi còrp e n’ánimasóla l’è paradís in tèra, due corpi e un’animasola è il Paradiso in terra (Cavergno); fuori del-la Svizzera italiana, a Villa di Chiavenna, inndüü còrp e n cör sul, sono due corpi e un cuoresolo. – Come formula di ringraziamento per unfavore ricevuto: grazzia tant pal còrp e l’áni-ma di t∑ pòuri mört, grazie tante per il corpoe l’anima dei tuoi poveri morti (Calpiogna, v.anche ≠ ánima, VSI 1.180).

4.3. Locuzioni verbaliAndá da(l) còrp, andare di corpo, defecare

(generalm.): stantaa naa da còrp, soffrire distitichezza (Locarno), te vé miga del còrp? Favedée la léngua: l’è bianca, te sé infesciò, nonvai di corpo? Fa’ vedere la lingua: è bianca, se-gno che sei costipato (Roveredo Grig. [7]), t∑sgió da ná da còrp, assumere un purgante (Li-gornetto [8]); scherz., come formula di com-miato: ciau Pédru, tégnat s® e cérca da ná bénda còrp, ciao Pietro, stammi bene e cerca di an-dar bene di corpo (Savosa [8]). – A Luganoandá f∑ in còrp, andar fuori in corpo: smettereil pastrano invernale [10]. – Cacè in còrp, cac-ciare in corpo: dare a intendere (Castasegna).– Métt in còrp, mettere in corpo: mangiare, be-re (Dalpe, Cavergno, Cavigliano, Losone, Son-vico): töss in córpe tanta ròba, tirarsi in corpotanta roba: mangiare a sazietà, satollarsi (Son-vico). – Dubiá r còrp, piegare il corpo: impe-gnarsi nel lavoro, faticare (Grancia). – Lassáin còrp, lasciare in corpo: troncare, lasciare insospeso, interrompere (Minusio, Soglio, Po-schiavo). – Mövas da còrp, muoversi di corpo:defecare, evacuare (Stabio), avere la diarrea(Giornico). – Pansaa pal còrp, pensare per ilcorpo: occuparsi degli aspetti materiali dellavita (Peccia). – A Brusio al pòrta bén al sé còrp,porta bene il proprio corpo: ha un atteggia-mento composto. – Restaa in còrp, restare incorpo: di medicina che non produce effetto al-cuno (Cavigliano); in uso fig., rastè in còrp,non andare a buon fine (Soglio). – Sladiná urcòrp, sciogliere il corpo: procurare defecazioniregolari (Grancia). – Ròba ch’a staa in còrp, ro-ba che rimane in corpo: alimento sostanzioso,nutriente (Losone). – Mangiá che u tégn còrp,cibo che tiene corpo: che dà forza, nutriente (S.Abbondio). – Al pò piú tegniss in córpe daracontentézza, non sta più nella pelle per la grangioia (Sonvico). – In senso figurato tigní in còrp,tenere in corpo: non riuscire a smerciare, avendere (Rossura). – U n gh’a minga in còrp,non ne ha in corpo: di vagabondo che non havoglia di lavorare, scansafatiche (Olivone).

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4.4. In unione con aggettiviDür da còrp, duro di corpo: stitico (Cami-

gnolo, Arogno, Roveredo Grig., Stampa). – Vèssladín de còrp, andar di corpo (Camignolo); vèssda còrp tròpp sladinád, andar di corpo in mo-do troppo scorrevole: avere la dissenteria(Grancia). – Còrp mòrt, corpo morto: individuostupido, inetto (Soglio); a Gandria còrp com-pòst da òss e pèll, corpo composto di ossa e pel-le: persona stupida; – in locuz.avv.: a còrp mòrt,a corpo morto: con impeto, con abnegazione(Gordevio, circ. Taverne, Stabio): bütass int acòrp mört, buttarsi dentro a corpo morto: lanciarsi a capofitto in un’impresa, lavorarecon alacrità, col massimo impegno (Gordevio),dagh a còrp mòrt, svolgere un lavoro con impe-gno e dedizione (Bironico); a còrp perd®, a cor-po perso: con impeto, con abnegazione (Gamb.).– Seraa da còrp, chiuso di corpo: stitico (S. An-tonio, Menzonio, Linescio, Ons., Soazza, Po-schiavo e, fuori della Svizzera italiana, Villa diChiavenna); strécc/ strengiüü da còrp, strettodi corpo: stitico (Cavergno, Linescio, Auressio,Palagnedra, circ. Taverne, Rovio, Soglio); ava-ro (Auressio). – A formare una locuz.v.: fá ncórp sól, fare un corpo solo: mettere tutto in-sieme (Rovio).

4.5. In unione con sostantiviCòrp sénz'ánima, corpo senz’anima: indivi-

duo stupido, inetto (generalm.), persona fiac-ca, abulica (Viganello); a Rovio vale anche ‘ca-sa disabitata’, ‘scuola o chiesa chiusa’. – Còrpd'assá, sala, asse delle ruote del carro (Me-solc.). – Còrp da guardia, locale di guardia del-la caserma (Tic.).

4.6. In unione con altri sostantivi concorre,in qualità di specificante, a formare altre lo-cuzioni

Aviamént da còrp, diarrea (Arbedo-Castio-ne [11], Claro, Minusio, Gerra Gamb., Rove-redo Grig.): a si mighi che col bév in la róisgioó ciapò al viimént da còrp?, non sapete che colbere l’acqua del ruscello mi son buscato la dis-senteria? (Claro); rilass da còrp, diarrea, dis-senteria (Grancia). – Seramént de còrp, stiti-chezza (Leontica). – Végh al benefizzi dal còrp,avere il beneficio del corpo: defecare in modonaturale e con facilità (generalm.).

5. Detti, sentenze, proverbi5.1. Quand che vun al gh’a r córpe san l’è n

sciór, quando uno ha un corpo sano è un si-gnore (Villa Lug.); se l còrp u sta bégn in≤al’ánima la patísc mía, se sta bene il corpo,l’anima non patisce (Gordevio), par faa staabén l’ánima bisögna mantegnii bén u còrp, per

far star bene l’anima bisogna nutrire il corpo(Palagnedra). – Pènn sécch gud® cun cór cun-tént pel còrp l’é üna buntá, ma ròst gud® cuncór melént al còrp bénn mai nu fa, (un tozzo di)pane secco gustato con animo sereno per il cor-po è un toccasana, per contro un arrosto godu-to con malanimo per il corpo non è mai giove-vole (Bondo [12]). – L’è ròba da dagh l’ánimaa Díu, ul còrp ala tèra e ul strasc ala massèra,è roba da dare l’anima a Dio, il corpo alla ter-ra e lo straccio alla massaia: detto quando si ètroppo malconci per vivere (Castel S. Pietro);r’ánima a Día, or córp ara téra e ra ròba a chila va, l’anima a Dio, il corpo alla terra e la so-stanza a chi va (Mugena). – Gnanca par quéstchí al córp l’a da patí, nonostante la disgraziail corpo non deve patire (Rovio).

5.2. Sía da paia sía da fégn, basta che il còrpu sía piégn, sia di paglia sia di fieno, basta cheil corpo sia pieno: la cosa più importante non èla qualità o il gusto del cibo, bensì una certaquantità (Verscio). – Còrp piégn u vòo ripòs,corpo sazio vuol riposo (Intragna). – Sètt uncòrp e vòtt un pòrch, sette (ore) un corpo e ottoun porco (Moghegno), sètt ur un pòrch e sés uncòrp, sette (ore) un porco e sei un corpo (Cab-bio): sono le ore di riposo necessarie per ritem-prarsi; v. anche al par. 6.1. – Mört el còrp, mörtel pòrch, morto il corpo, morto il porco: tutto fi-nisce con la vita (Gerra Gamb.). – Trómba dac®, sanitá da còrp, tromba di culo, sanità dicorpo: la flatulenza è salutare (Biasca [13]),con la variante trómba da cül, sanitá da còrp,sa gh’éssi miga sta trómba saròi giá mòrt, …,se non avessi questa tromba sarei già morto(Poschiavo [14]). – Fòo ad só bóca, sgi® in sécòrp, fuori dalla propria bocca, giù nel propriocorpo: la maldicenza torna sempre a pro-prio danno (Biasca [15]). – Quand ul còrp al safrüsta, l'ánima la sa giüsta, quando il corpoinizia a logorarsi, l'anima migliora: quandonon è più possibile soddisfare i richiami car-nali, si comincia a pensare alle cose dello spi-rito (Mendr.).

6. Filastrocche, rime, preghiere6.1. Un’óra um gâll, dó ór um cavâll, … sètt

ór um lavurant, vótt ór ògni córp, növ ór umpultrón, dés ór um purcón, …, un’ora un gallo,due ore un cavallo, sette ore un lavoratore, ot-to ore ogni corpo, nove ore uno scansafatiche,dieci ore un porcone: sono le ore di sonno ne-cessarie ad ognuna di queste categorie (Aqui-la [16]), … san Dionís l’è mòrt e gh’è nissún dafagh el còrp, sól che i anger e la Madòna in ge-nugión con i man in orazzión; chi la sa e chi la

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dis andará in Paradís …, S. Dionigi è morto enon c’è nessuno a fargli il funerale, soltanto gliangeli e la Madonna in ginocchio, con le maniin orazione; chi la conosce e chi la recita andràin Paradiso (Brissago); a Brusino Arsizio, condiversa chiusa, questa filastrocca funge daninna nanna [17]; v. anche al par. 6.2. – In unafilastrocca recitata ai bambini per insegnar lo-ro i giorni della settimana [18]: lünedí l’è nas-süü Giovanín, martedí gh’ann daa el tetín,mercoldí l’ann faa stá in pée, giovedí gh’anndaa miée, venerdí el s’è malaa, sabat l’è mórt e doméniga gh’ann faa el còrp, lunedì è natoGiovannino, martedì gli han dato la tetta,mercoledì l’han fatto stare in piedi, giovedì glihan dato moglie, venerdì si è ammalato, saba-to è morto e domenica gli han fatto il funera-le (Morbio Inf.).

6.2. A m racomandi in man al Signór, alaMadóno santíssime del rusari benedétt, tucc isant del Paradís, ch’a m guèrnan, ch’a m sal-van, ch’a m parciuran, ch'a m diféndan de tucci catív còss de stu mónd, primi de chi de l'áni-ma e anci in grèzzie de chi dul còrp, mi racco-mando in mano al Signore, alla Madonna san-tissima del rosario benedetto, tutti i santi delParadiso, che mi governino, che mi salvino,che mi proteggano, che mi difendano da tuttele cose cattive di questo mondo, in primo luo-go da quelle dell’anima e anche in aggiunta daquelle del corpo (Chironico [19]); in preghiererecitate dai bambini al momento di coricarsi:Ines Ines, bütet gi®, varda in cél che gh'è Ge-s®, ama ama chi ti ama, lassa el mónd che t'in-gana, pénsa bégn che ti gh'è da morii e che eltò còrp u gh'a da marscii, Ines Ines, còricati,guarda in cielo che c’è Gesù, ama ama chi tiama, lascia il mondo che t’inganna, pensa be-ne che devi morire e che il tuo corpo devemarcire (Cugnasco), o Madòna santa Clara,imprestém ra vòssa santa scara, par naa im Pa-radís, a truvaa san Dionís, san Dionís l’è bèll emòrt, gh’è niss®n a sonaa da còrp; dumá l Si-gnúr a predicaa e ra Madòna in genögión, o chebèla orazzión! …, oh Madonna S. Clara, presta-temi la vostra santa scala per andare in Para-diso a trovare S. Dionigi, S. Dionigi è bell’emorto, non c’è nessuno a fargli il funerale; sol-tanto il Signore a predicare e la Madonna in gi-nocchio, oh che bella orazione! (Bedano [20]).

7. Derivaticcöörrppaaddüürraa s.f. Corporatura, costituzione fi-

sica, complessione (Giornico).ccoorrppáásscc s.m. Corpo (Gorduno, Losone).Spreg., i s fa tucc par mantegnii el corpásc,

si fa ogni sorta di fatica per mantenere il cor-paccio: per campare (Losone), o s ha hin tròpppal corpásc!, si fa fin troppo per questo corpac-cio! (Gorduno).

ccoorrppeettíínn s.m. Vitino, copribusto, camicettada donna (Bodio, Cimadera, Gandria).

ccoorrppéétttt, corpètt, curpétt, curpètt s.m. 1. Ma-glia indossata a contatto con la pelle. – 2. Sot-tovita, corpetto, camicetta, sottoveste. – 3. Pan-ciotto, giubbetto (Olivone, circ. Maggia, Loc.,Ligornetto).

2. Adèss al corpètt i a gh ciama camisèta,adesso il corpetto ha preso il nome di camicet-ta (Roveredo Grig.); corpétt di müdand, tipo dicorpetto per bambino, a cui si assicuravano lemutande (Rovio). A Cavergno il corpètt, lavo-rato con ricami variopinti, specie quello per ladomenica, fungeva da reggiseno. – In un giocodi parole basato sull’omofonia tra l’ofelée ‘pa-sticciere, offelliere’ e lòff, e lée? ‘loffe, e lei?’ etra curpitt ‘corpetti’ e cur pitt ‘correre peti’: «mífu l’ofelée», «mí fu curpitt», «io faccio il pastic-ciere», «io faccio corpetti» (Comano).

3. Poteva essere con o senza maniche, di co-tone, lana o flanella: butonass al curpètt, ab-bottonarsi il corpetto (Aurigeno). In una sen-tenza: se u fa cald d’invèrn e sótt Natál, moléemía la franèla e al curpétt, se fa caldo d’inver-no e sotto Natale, non mollate la flanella e ilgiubboncino: perché il freddo non tarderà (Mi-nusio).

ccoorrppoorraaddüürraa, corporadura, curpuradüra;corporad®r (Isone), corporadure (Breno), cor-poradüre (Gerra Gamb.), corporadürö (Bironi-co),corporaduru (Chironico), corporatüra (Bro-glio), corpuradura (Cavigliano), corpuradüra(Gudo, Grancia), curpurad®r (Isone), curpura-dura (Crana), curpüradüra (Linescio), curpu-radüre (Medeglia, Robasacco), curpuratüra(Peccia), curpuratüre (Robasacco), curpuredü-ra (Montecarasso), curpuredüre (Sementina)s.f. Corporatura, costituzione fisica, comples-sione.

ccoorrppoorrááll, curpurál; corporèl (Bondo), cor-purál (Auressio, Cavigliano, Grancia, Stabio),curpürál (Campo VMa.) agg. e s.m. 1. Corpo-rale. – 2. Tela bianca che viene distesa sull'al-tare durante le celebrazioni (Losone, Gran-cia). – 3. Paramento del sacerdote (Certara,Poschiavo).

ccoorrppoorr®®dd (Giornico,Calpiogna), corporú (Ca-rasso), corpor® (Cavergno), corpul® (Castase-gna), curpurúd (Chironico); – corporáo (Caver-gno), corporòo (Gordevio), curpuráo (Linescio)agg. 1. Corpulento, grande, robusto. – 2. Cor-poso, gagliardo: di vino (Linescio).

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406CÙRP CÙRPO S¬TIM

ccoorrppüüüü, curpüü agg. Corpulento, grande,robusto (Stabio).

iinnccoorrppoorráá, incorporaa, incurpurá, incurpu-raa; corporaa (Brissago); – incurpurí (Robasac-co, Grancia, Mendrisio) v. 1. Incorporare, amal-gamare (Cavigliano, Brissago, Sonvico, Rovio).– 2. Assegnare a un corpo militare. – 3. For-marsi: del callo della vite (Robasacco, Grancia).

1. Corporaa co l’aqua, mescolare ben bene lafarina con l’acqua (Brissago); – a Caviglianoincurpuraa l’aria, incorporare l’aria: assuefar-si al clima; – come pronom. intr., incurpurass,incarnirsi, penetrare, conficcarsi nella carne(Mendrisio).

3. Come rifl., el s’incurpuriss, si forma: delcallo della vite (Robasacco).

iinnccoorrppoorraazzzziióónn s.f. Assegnazione a un corpomilitare (Gandria).

V. anche ≠ carpüssòn, còrpo, còrpo sètim

8. ToponimiSass di chérp, selva castanile (S. Vittore

[21]).

Lat. CÅRPUS ‘corpo’ [22]. – I deriv. corpétt, corpo-radüra, corporál, incorporá sono un adattamento de-gli equivalenti it.; corporál è stato veicolato dal lin-guaggio eccl. (come agg., nel senso di ‘pertinente alcorpo umano’, compare per la prima volta nel Canti-co delle creature di San Francesco) [23]. Il deriv.corpüü ‘corpulento’ è anche del mil. oltre che dell’it.letter. [24]. Fuori della SvIt. si registra il deriv. cor-purá ‘corposo: di vino’ (Vogogna). – Nel senso di ‘grem-bo, matrice’ (3.1.) è anche dell’it. antico [25]. – Il sen-so di ‘funerale’ (3.9.) si spiega da quello di ‘cadavere’[26]; è assai frequente nei doc. tic. dei sec. XIV-XV (cfr.,dagli stat. di Intragna del 1469: «quilibet vicinus deIntragnia … debeat ire ad corpus cujusque deffonti etdeffonte» [27]), compare già in Bonvesin («Li poverital corpo sí prenden a venir, La pluran e la planzeno»[28]) come nell’it. ant. [29]. All’epoca delle inchiesteper il VSI (condotte attorno agli anni 1914-1924), ilcorrisp. di Viganello notava che «solo i più vecchi usa-no ancora la parola còrp per funerale», quello diCrealla, in Val Cannobina, scriveva che è termine«poco usato»; anche nell’AIS, le cui indagini sono coe-ve a quelle condotte per il VSI, la voce è poco rappre-sentata [30]. – Per la filastrocca di Aquila (6.1.) cfr.,nei dial. b.bellun. (Vittorio Veneto), sète un còrpo e òtoun pòrco, a indicare le ore di sonno necessarie per ri-temprarsi [31]; la filastrocca raccolta a Morbio Inf.(6.1.) trova un riscontro diretto nel mil. [32].

B i b l.: AIS 1.87, 4.791, CHERUB. 1.346, Giunte 63,5.48, ANGIOL. 243, MONTI 57,386, App. 28.

[1] PICENONI, Alm.Grig. 1930.90. [2] Cfr. TISSOT

83. [3] PELLANDINI, Trad.pop. 7. [4] Stria 19.18. [5]Stat.Minusio 669. [6] COMETTA, Streghe 21. [7] CAT-TANEO, AMC 1977.91. [8] LURÀ, Dial.mendr. 40. [9]FOLETTI, Campagna lug. 171. [10] LURATI-BOLLA, Co-stume 12. [11] PELLANDINI, BSSI 18.31. [12] PICENO-NI, Alm.Grig. 1938.103. [13] MAGGINETTI-LURATI 229,v. inoltre BOGGIONE-MASSOBRIO 222.V.2.9.25, 229.V.3.3.1.19-19.I. [14] GODENZI-CRAMERI 163. [15] MAGGI-NETTI-LURATI 57. [16] RODESINO, Semin.dial. [17] TO-DOROVIπ STRÄHL 56. [18] Cfr. GAROBBIO, Milano 210,v. anche SVAMPA, Morosa 357. [19] DOSI 4.176. [20]PELLANDINI, Trad.pop. 5-6. [21] TAMÒ, S.Vittore 125,v. anche RN 2.109. [22] REW 2248, SALVIONI-FARÉ,Postille 2248, DEI 2.1120, DELI2 400. [23] DEI 2.1120, 3.1995, DELI2 400,757, v. anche DEG 326, DVT295. [24] CHERUB. 1.348, BATTAGLIA 3.813. [25] BATTA-GLIA 3.804. [26] Cfr. SALVIONI, GSLI 8.419. [27] Stat.Intragna 224. [28] BONVESIN 251.374, v. anche 380.[29] BATTAGLIA 3.804, v. inoltre MARRI, Gloss. Bonve-sin 75. [30] Cfr. AIS 4.791 P. 139, Leg. P. 243. [31] ZA-NETTE 149. [32] Cfr. CHERUB. 2.402 s.v. lunedì.

Ceccarelli

cörpadüra, corpásc, -petín, -pétt, corporadüra, -porál, -por®d ≠ còrp

CCÙÙRRPPOO SS¬¬TTIIMM (kärpo sktim) locuz.s. Fu-nerale celebrato da sette sacerdoti.

V a r.: còrp e sètim (Grancia), còrpo sètim (Pura),còrpu sètim (Rovio).

Fünerál in còrpo sètim, funerale alla pre-senza di sette sacerdoti (Pura); sa r turnassviv! Lasságh tanta ròba e gnanca fagh còrp esètim, se tornasse in vita! Lasciar loro tantaeredità e non fargli neppure il funerale consette preti (Grancia); sempre a Grancia, r’alassád lá r còrp e sètim, ha lasciato disposto(sul testamento) il funerale con sette preti.Fuori della Svizzera italiana, lagá còrp e sè-tim, disporre affinché avvenga una distribu-zione (ad es. di sale) dopo il funerale (Pagno-na).

Da ≠ còrp nel senso di ‘funerale’ (3.9.). – Si trat-ta in particolare del mil. fà corp e settim «fare le ese-quie e l’officio da morto a un tratto» e, in senso trasl.,‘condurre nel medesimo tempo due faccende’ [1]; col-pisce pertanto lo spostamento dal term. temporale al-la quantità di celebranti, su cui concordano gli infor-matori delle tre località ticinesi. Nel senso proprio,nei dial. it. sett. (ad es. piem. e pav.) gli corrispondela voce set(t)ima ‘ufficio funebre che si celebra dopo

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407CÙRPO S¬TIM CÙRPUS DÙMINI

sette giorni dalla morte’ ovvero ‘settenario, il settimogiorno dalla morte’ [2], v. anche l’it. ant. (XIV e XV sec.,in documenti) settima ‘messa di suffragio celebratasette giorni dopo la morte’ (termine liturgico deriva-to dal lat. IN DIE SEPTIMA) [3].

B i b l.: CHERUB. 1.346, Giunte 63, 5.48.[1] CHERUB., Giunte 63, v. inoltre CHERUB. 1.227

s.v. Carlée, 347. [2] TONETTI 279, SANT’ALBINO 1044;MARAGLIANO, Diz. 593, VIDARI 359. [3] BATTAGLIA 18.823, DEI 5.3470; v. inoltre TOMM.-BELL. 4.1.846.

Ceccarelli

CCÙÙRRPPUUSS DDÙÙMMIINNII (kärpus dämini) locuz.s.Giorno e festa del Corpus Domini.

V a r.: Còrpis Dòmin, Còrpis Dòmini, Còrpus Dò-min, Còrpüs Dòmin, Còrpus Dòmini; Còrpis Dòmen(Sonvico), Còrpus (Linescio), Còrpusc Dòmin (Brusi-no Arsizio), Còrpus Dòmen (Auressio, Caviano, Son-vico), Còrpus Dòmine (Crana, Mergoscia), Còrpüs Dò-mine (Malvaglia), Còrpüs Dòmini (Osco, S. Abbondio,Caviano), Còrpus Dòminis (Stabio), Còrpus Dòmino(Chironico), Curpes Dòmen (Loco).

1. Giorno e festa del Corpus Domini1.1. ModalitàUl dí del Còrpus Dòmino u s fa le prucessión

intórno ele gése cul Santissim e ul balduchínche u l pòrto quatro cunfratèli vestíd in róss ebiènc, il giorno del Corpus Domini si fa la pro-cessione attorno alla chiesa con il SantissimoSacramento e il baldacchino portato da quat-tro confratelli vestiti di rosso e di bianco (Chi-ronico).

Nell’imminenza della festa si abbelliva ilpercorso lungo il quale si snodava la solenneprocessione: stando a un’usanza viva almenofino al 1960, i fedeli esponevano alle finestre eai balconi tovaglie e lenzuoli ricamati, drappicolorati o arabescati, tappeti, stendardi e ga-gliardetti: gh’éra una grand fèsta par ul Còr-pus Dòminis: dai finèstri distendévan i béilenzöö da véro lin, cun in mèzz i fiuu e favan ialtár e a dèstra e a sinistra vas da vérd e fiuu;l’éra un baldüchín tütt fiuraa e sendinèll in tü-ti i cuntrád dal paés in dóve a passava la pru-cessión, con la m®sica e ul secrista che al favadal grand suná legría, e al dopudisná la m®si-

Fig. 94. Processione del Corpus Domini ad Arzo, 1940 ca. In primo piano, le Figlie di Maria con il velo bian-co in capo; le consorelle del Santissimo Sacramento avanzano invece dietro la croce e i due candelabri (da PIF-FARETTI, Briciole 93).

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ca la tegnéva ul cuncèrt in piazza, c’era unagran festa per il Corpus Domini: dalle finestrestendevano i bei lenzuoli di vero lino, con inmezzo i fiori e allestivano gli altari e a destrae a sinistra c’erano vasi con piante e fiori; eraun baldacchino tutto fiorato e festoni di stoffain tutte le contrade del paese dove passava laprocessione, con la musica e il sagrestano chefaceva del gran suonare (le campane) a festa,e nel pomeriggio la banda teneva un concertoin piazza (Stabio).

In alcune località, come a Gnosca e Faido, lasera della vigilia gli uomini preparavano, aimargini della strada principale e a distanza diotto o nove metri l’una dall’altra, le buche incui conficcare i tronchi (solitamente di betul-la), che avevano avuto cura di andare a pren-dere nel bosco; la mattina seguente le donne si-stemavano le lenzuola, cosicché in breve tempola strada si trovava immersa in una penombradi grande suggestione; sui drappi, al centro,venivano appuntati cuscinetti ricamati, sciar-pe azzurre, immagini religiose o piccoli mazzidi mughetti [1]; a Preonzo i mazzi di fiori (ro-se delle Alpi o barbe di capra) venivano inve-ce fissati sulla sommità dei pali [2]. Inoltre,frasche intrecciate e nastri colorati incorni-ciavano gli ingressi delle case. A Tesserete, ca-poluogo della Capriasca, il percorso era suddi-viso in tratte, assegnate tradizionalmente aivari villaggi della Pieve per le decorazioni dicarattere devoto: ognid®n i gh’ava quii tantilenz∑ da dagh, ognid®n i gh’ava r sò tòcch daguarní, ògni país i gh’ava r sò tòcch; tirava ifir, tacava s® sti lenz∑, sta esposizzión; tücc ifrazzión i dovéva ná, i dovéva partecipá araprocessión, ognuno aveva quel quantitativo dilenzuola da mettere a disposizione, ognunoaveva il proprio pezzo da addobbare, ogni pae-se aveva la propria tratta; tendevano i fili, ap-pendevano questi lenzuoli, questa esposizio-ne; tutte le frazioni dovevano partecipare allaprocessione (Sala Capr. [3]).

In ogni contrada le donne allestivano un al-tare infiorato, sul quale il parroco di volta involta deponeva l’ostensorio per la benedizioneeucaristica: per el Còrpus Dòmini i parava tücci strad cun lenzöö e tavulín; ògni famiglia lametéva a dispusizziún quaicòss: na tuvaia ri-camada a man, tapée che sa druvava dumáquèll dí lí, un crucifiss, per la festa del CorpusDomini addobbavano tutte le strade con len-zuoli e altarini; ogni famiglia metteva a di-sposizione qualcosa: una tovaglia ricamata amano, tappeti che si usavano solo per quell’oc-casione, un crocifisso (Camorino); v. anche il

doc. «il giorno del Corpus Domini auanti mes-sa con il Santissimo Sacramento, baldochino,lumi, si parte di chiesa et si passa per la pia-za cantando Te laudamus con il Verbum su-pernum et Pange lingua. Alla casa del signorcavagliero Pellanda si pogia detto SantissimoSacramento sopra l’altare adobato con orna-menti et si dice l’oratione del Sacramento, in-censando» (Biasca 1604 [4]). A Roveredo Grig.,inoltre, nel corso della solenne processione ilcelebrante si fermava sul Ponte di Valle a be-nedire il fiume Moesa e il villaggio [5]; anchea Suna, sulle sponde italiane del Verbano, ilparroco, giunto in prossimità della riva del la-go, benediceva le acque.

A Brione s. Minusio erano le donne ad apri-re la processione, seguite dai bambini recanticesti ricolmi di petali di rosa da spargere lun-go il cammino; quindi veniva il parroco, ac-compagnato da uno o più concelebranti e daimembri della locale confraternita [6]; a Faidoil solenne corteo si apriva con la banda musi-cale, seguita dai membri della giunta munici-pale, dal giudice, dal clero e dai fedeli; cosìcomposta, la processione entrava in chiesa perla funzione, per poi uscirne secondo un ordinediverso: in testa i ragazzi con abito bianco emantelletta azzurra, seguiti dai confratelli conle mantelle rosse, le ragazze velate di bianco,le comunicande vestite come spose, i bambinipiù piccoli vestiti da angioletti; poi venivano iCappuccini del vicino convento, il parroco coni ministranti, le autorità, gli uomini, infine ledonne [7]; altrove, come ad es. a Soazza e aBrusino Arsizio, erano le bambine ad accom-

Fig. 95. Un bambino nei panni del San Giovannino(Lugano, 1921, ASTi, Bellinzona, Fondo fotograficoCh. Schiefer).

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pagnare il parroco con l’ostensorio: andavumin processiún dal Còrpus Dòmini con tütt stigran vél bianch perchè la «guardia d’onore» iéva i tosanèll, con s® un vél bianch, partecipa-vamo alla processione del Corpus Domini conquesti grandi veli bianchi perché la guardiad’onore erano le bambine, che indossavano unvelo bianco (Brusino Arsizio). Talvolta a un ra-gazzino veniva affidato il ruolo di San Giovan-nino o di San Luigi Gonzaga [8].

Alla processione intervenivano, soprattuttoin qualità di spettatori, anche numerose per-sone provenienti dai villaggi vicini: i faséve altriduo pal Còrpus Dòmin, … a gniséve l con-fessúr apòsto; dòpo i faséve dó méss: uno alamatín ai sètt e méze e un’ai déis; ma la pres-sessión i la fasév’ai tré dopomisdí; … a n gni-séve tanti da Crèe, da Gnósco, da Prosii, da Mó-lon, pisséi par vidéi la biancherí che l Signór,facevano il triduo per il Corpus Domini, veni-va un confessore apposta; poi facevano duemesse: una alle sette di mattina e una alle die-ci; ma la processione la facevano alle tre del pomeriggio; ne venivano tanti da Claro, daGnosca, da Prosito, da Moleno, per vedere labiancheria più che il Signore (Preonzo [9]), asanta Pulònia sa ndava in prucessiún cun lam®sica, da matina bunura, a pè fin a Culdré;qui da Culdré, par ricumpénsa, i vegnévan cunla prucessión al nòst Còrpus Dòmini, per san-ta Apollonia (9 febbraio) si andava in proces-sione con la banda, la mattina presto, a piedifino a Coldrerio; quelli di Coldrerio, in cambio,venivano (poi) con la processione al nostroCorpus Domini (Stabio).

In alcune località, come a Minusio, Brione s.Minusio, Lugano e Ligornetto, lungo il percor-so venivano allestiti dei quadri viventi ovverorappresentazioni di episodi tratti dall’Antico odal Nuovo Testamento (come ad es. il sacrificiodi Isacco, l’Annunciazione, l’Orazione nell’ortoo l’Ultima cena), i quali venivano ospitati den-tro capanne di frasche o all’interno di scenariallestiti all’imbocco di una via laterale o sulportone di un cortile [10].

Oggi, con l’aumento del traffico stradale eper ragioni legate alle riforme attuate in se-guito al Concilio Vaticano II, la processione silimita tutt’al più a un unico giro attorno allachiesa; in alcune località (come ad es. a Faido,Intragna, Ascona, Massagno, Lugano, Morco-te, Mendrisio e Ligornetto) si è mantenuto vi-vo l’uso di seguire un tragitto relativamentearticolato; qua e là si sono anche ripristinatigli addobbi devozionali lungo le vie: a Brè parul Còrpus Dòmini i dònn i métt föra colann eghirland da frasch e fióo interzaa che l’è n spe-tacol a vedéi, a Brè per il Corpus Domini ledonne appendono collane e ghirlande di fra-sche e fiori intrecciati che sono un vero spet-tacolo a vedersi (Brè). A Bellinzona, nel 2007,la processione del Corpus Domini è tornata invigore dopo più di trent’anni: il solenne corteoprende avvio dopo la messa celebrata nellachiesa della Collegiata, giunge attraverso viaCamminata alla chiesa di San Rocco, si tra-sferisce in piazza Teatro, infine raggiunge dinuovo la Collegiata per la benedizione finale[11].

A Lugano, dopo la messa serale presiedutadal vescovo nella cattedrale di S. Lorenzo, i fe-deli si incamminano in direzione della chiesadella Madonna degli Angioli. La particolare ri-levanza della celebrazione che si tiene a Lu-gano era già riconosciuta in passato: in alcunivillaggi della campagna luganese il CorpusDomini veniva celebrato la domenica imme-diatamente seguente, in quanto i parroci deivillaggi circonvicini erano soliti recarsi allafunzione che si teneva, il giovedì, nella catte-drale di S. Lorenzo; questa consuetudine sem-bra aver dato origine alla denominazione, inuso presso i luganesi, di Còrpus Dòmini divilán, Corpus Domini dei villani (Savosa [12]);v. anche al par. 4.2.

1.2. Notizie collaterali1.2.1. In alcune località del Mendrisiotto la

solennità del Corpus Domini veniva celebratain piena estate: a Novazzano i festeggiamentiavevano luogo la terza domenica di luglio, adArzo si svolsero (fino al 1953) l’ultima dome-

Fig. 96. Brione s. Minusio, 1945: quadro vivente conGiuseppe, Maria e il Bambin Gesù, lungo il percorsodella processione (da MARCOLLO, Brione 348).

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nica di luglio, in concomitanza con la festivitàdei santi patroni Nazario e Celso [13]; lo spo-stamento delle celebrazioni era stato dettatonon tanto dall’assenza degli emigranti, che sa-rebbero stati comunque lontani da casa, quan-to piuttosto dall’enorme mole di lavoro richie-sta dalla bachicoltura [14].

1.2.2. Alle funzioni religiose si affiancanomomenti di convivialità: a Preonzo è attestatol’uso di preparare la torta di pane, che si con-suma in famiglia [15]; ad Arzo, dopo i vespriera consuetudine recarsi alla Fontanella (no-me di una sorgente) per una merenda in com-pagnia e per godere della frescura del bosco[16]. – A Mendrisio, fino a non molto tempo fa,nel giorno del Corpus Domini venivano espo-ste sul muro della chiesa dei Cappuccini le tar-ghe commemorative dei benefattori che ave-vano contribuito all’edificazione dell’Ospedaledella Beata Vergine.

1.2.3. Al di là delle caratteristiche legate almomento festivo, il giorno del Corpus Dominiha conosciuto in passato anche altre valenze:

in Bregaglia, nel XV sec., era uno dei terminientro i quali i fittavoli dovevano versare de-terminati tributi in natura [17].

2. Altri momenti festiviLe cerimonie di culto legate all’adorazione

dell’ostia consacrata si estendono anche all’ot-tavo giorno dopo il Corpus Domini; a Peccia,l’utava dal Còrpis Dòmin, l’ottava del CorpusDomini, si celebrava la seconda domenica do-po la festa; a Leontica, al rito eucaristico si ac-compagnava una processione attorno alla chie-sa parrocchiale. Questa celebrazione ha persodefinitivamente di intensità attorno agli anniSettanta del Novecento: par l’utava dal Còr-pus Dòmini a Lügán sa faséva ammò una pru-cessiún, la sira, che la nava vía dala catedrál,p∑ in vía Regazzóni, sa passava gió in vía Ber-taccio e p∑ quéll tuchetín da vía Catedrál e sarivava ammò in san Lurénz, per l’ottava delCorpus Domini si faceva una processione, lasera, partendo dalla cattedrale, poi si proce-deva lungo via Regazzoni, si passava giù lun-go la via Bertaccio e poi su lungo quel pezzet-to di via Cattedrale per poi ritornare in SanLorenzo (= in cattedrale) (Breganzona).

3. Altri significati3.1. A Balerna la denominazione vale anche

‘decorazione a festoni, a ghirlande’.3.2. A Carasso còrpis dòmin, giglio rosso,

Lilium bulbiferum L.

4. Paragoni, locuzioni, detti scherzosi4.1. Lungh cumè la fünzión dal Còrpus Dò-

min, lungo come la funzione del Corpus Domi-ni: di orazione, conferenza o cerimonia lunga(Viganello); parée el Còrpus Dòmini, parere ilCorpus Domini: di un’esposizione sovrabbon-dante di panni (Roveredo Grig. [18]). – Fá nCòrpis Dòmini, esporre molta biancheria (Ro-vio).

4.2. Nei dintorni di Lugano e di Bellinzonasi registra un proverbiale scambio di battutefra una signora di città e una contadina. Alladomanda della signora: quand l’è ul CòrpusDòmin di vilán?, quand’è il Corpus Domini deivillani (= contadini, villici)?, la villanella pron-tamente e sagacemente risponde: düü dí dòpuda quéll di rüfiann, due giorni dopo quello del-le ruffiane (Viganello); in una variante parti-colarmente mordace raccolta a Caslano: quanche l'è l Còrpus Dòmini di vilán?, quand’è ilCorpus Domini dei villici?, l'è trii dí dòpu chélldi pütann, è tre giorni dopo quello delle put-tane.

Fig. 97. Tesserete, 1913: la processione del CorpusDomini lascia l’abitato, addobbato a festa, per ad-dentrarsi in un tratto di campagna (Archivio Audio-visivo di Capriasca e Valcolla; fot. E. Besomi).

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5. LeggendeSi narra che all’origine della sorgente della

Peschèra di Stabio vi sia un episodio avvenutodurante la processione del Corpus Domini:mentre i fedeli seguivano l'ostensorio in devo-to raccoglimento, alcuni giovani sostavanosghignazzando sull’uscio di un'osteria; per pu-nire la loro strafottenza il Signore li castigò, fa-cendoli sprofondare in una voragine [19].

¬ il lat. eccl. CÅRPUS DÅMINI ‘corpo del Signore’ [20].– Per il significato di ‘giglio rosso’ (3.2.) cfr. il sin. val-tell. (di Samòlaco) còrpisc-dòmini, che si basa sul pe-riodo di fioritura (da metà giugno in avanti) [21]. –Stando alle fonti consultate, l’origine delle battute ri-portate al par. 4.2. si spiegherebbe con l’uso che ave-vano i parroci di campagna di recarsi alle funzioni chesi tenevano, con gran pompa, rispettivamente nellacattedrale di S. Lorenzo a Lugano e nella chiesa Col-legiata di Bellinzona, riservandosi di officiare nel lo-ro villaggio qualche giorno più tardi, ovvero la dome-nica successiva [22].

B i b l.: CHERUB. 1.348, ANGIOL. 243, AIS 4.779 Leg.P. 93.

[1] CALGARI, SvIt. 131.28, CALGARI, Alm.Lev. 1965.75, DSI 5.33.9-11. [2] DSI 5.33.12-13. [3] ArchivioAudiovisivo di Capriasca e Val Colla. [4] MDT 2.275.[5] PRONZINI, Rorè 43. [6] MARCOLLO, Brione 349. [7]CALGARI, SvIt. 131.29. [8] BIANCONI, SchwVk. 40.16.[9] DSI 5.33. [10] BIANCONI, SchwVk. 40.16,18, MAR-COLLO, Brione 349, BORDONI, Arciconfraternita 235,BERNASCONI, Cont. 137. [11] Cfr. GdP 1.6.2010, 4.6.2010. [12] FOLETTI, Storia 142. [13] ZERIATTI, Bricio-le 137, PIFFARETTI, Pagliuzze 93. [14] PIFFARETTI, Pa-gliuzze 93. [15] GALLINO, Dialett 12. [16] PIFFARETTI,Pagliuzze 77. [17] BM 1937.187-188. [18] GIUDICET-TI, Bondì 60. [19] GdP 18.2.1982; v. anche CLEIS, Leg-gende2 38-40. [20] DEI 2.1120, DELI2 400, v. inoltreDEG 302. [21] SCUFFI 190. [22] V. FOLETTI, Storia142, PELLANDINI, Trad.pop. 115.

Ceccarelli

corpüü ≠ còrp

CCÍÍRRSS (kJrs) s.m. Corso.V a r.: córs, curs; còrs (circ. Malvaglia), córse (circ.

Sonvico), córz (Biasca, Lev., Verz., Gamb., Riva S. Vi-tale, Mesocco, Castasegna, Stampa), cúars (Isone),curz (Gudo, Mendr.), scurs (Campo VMa.).

1. Flusso, movimento1.1. Ul curs da l'aqua, lo scorrimento del-

l'acqua (Viganello), lu córs dala fiüm, dlu rí, il

corso del fiume, del ruscello (Cavergno); – ulcurs di nivul, il movimento delle nubi (Lug.[1]), segónd al córs dal vént ... sa sintía súaspüzza, secondo il movimento del vento si sen-tiva la sua puzza (Poschiavo [2]).

1.2. In Calanca, diarrea.

2. Viale, canale, solco2.1. Ul curs principál, la via principale (Ba-

lerna), incöö in citá i è tücc in fèsta, gh'è f∑ ibandér sü tütt ul curs, oggi in città sono tuttiin festa, ci sono le bandiere lungo tutto il cor-so (Lugano [3]).

2.2. A Sonogno, gora del mulino.2.3. A Cavagnago, solco nel terreno vangato

col badile in cui si seminavano le patate [4]; –a Cavigliano, al pl., strisce, segni che riman-gono sui cereali dopo la trebbiatura.

3. Fila, ordine3.1. Curs, file di chicchi nella spiga (Brusio

[5]).3.2. Serie di covoni di paglia stesi sull'aia

per la trebbiatura (Cavigliano, Brusio [6]); – fi-la formata da un certo numero di covoni dispo-sti per essiccare sulla traversa dell'appositaintelaiatura (Malvaglia,Campello,Osco, Quin-to [7]): per mètt s® un órdan d paia ... s matévasètt c∑u par córs, per mettere un ordine (sud-divisione verticale) di segale, si mettevano set-te covoni per fila: sulla rascana (Malvaglia [8]).

3.3. Córs da piòd, fila di lastre di pietra percoprire il tetto (Pollegio [9]), mür fècc a córs,muro fatto a file regolari di sassi (Cavergno),faa la pèia a scürs, fare la catasta della carbo-naia a ordini alterni: mettendo i legni una vol-ta in un senso, una volta nell'altro (CampoVMa.).

4. Strato, elemento, spazio in una serie4.1. Strato di argilla nella cava (Riva S. Vi-

tale). – Córs ad sabia, banco di sabbia nel fiu-me (Gordevio).

4.2. Córs de carn, strato di carne (Soazza).4.3. Curs du légn, anelli di crescita della

pianta (Gordevio). 4.4. Porzione di fieno tagliata dal mucchio in

orizzontale (Breg. [10]), el córz zorevía de sto fégn l'é ordenari, l'é b® tröpp mar®, lo stratosuperiore di questo fieno è scadente, è statofalciato quando era troppo maturo (Sonogno[11]).

4.5. Ul prim, ul segónd córs, il primo, il se-condo corso: lo strato superiore e inferiore del-la rete da pesca (circ. Carona, Ceresio [12]).

4.6. Córs da légn, correntini, assicelle (Cam-

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po VMa.). – Asse intermedia del fasciame del-la barca (circ. Carona, Ceresio [13]).

4.7. Spazio fra i travetti che sostengono le fi-le di assicelle del canniccio nel seccatoio per lecastagne (Castasegna); – spazio fra i pali oriz-zontali della pergola (Biasca); – al córz ad vi-gna, interfilare, spazio di terreno compreso fradue filari di vite (Personico).

5. Serie di lezioniL'a facc un córse de filosofía, ha frequenta-

to un corso di filosofia (Sonvico), al córz de rè-cluta el mè nód l'a ciapòu i botonitt, alla scuo-la reclute mio nipote ha ricevuto i distintivi dibuon tiratore (Mesocco [14]), el córse de tir, ilcorso di tiro: esercitazione militare che si svol-ge una volta all’anno (Cimadera), córs de ripe-tizziún, corso di ripetizione: da svolgere ognianno dopo la scuola reclute (Leontica).

6. Svolgimento, decorsoI vó fá r s∑ córse, (le cose) faranno il loro cor-

so, procederanno con la loro regolarità (Sonvi-co), al maa o fa al s∑ córs, il male fa il suo cor-so (Maggia), r'a nscí patíd in dru córs dramaratíia, ha così sofferto nel corso della ma-lattia (Grancia); – en al córs dala satmana, nel-l'arco della settimana (SopraP.).

7. Validità, circolazione di una valutaSti sòld i va miga, i è fòra de curz, questi sol-

di non valgono, sono fuori corso (Gudo), la pre-ghiéra l'é na munéda chi gh'a córs anca in cél,la preghiera è una moneta che ha corso anchein cielo (Poschiavo [15]); – quotazione, prezzo:ul córs dal cambiu, il corso del cambio (Riva S.Vitale), al curs dal dí, il corso di cambio delgiorno (Soglio).

8. Altri significati8.1. A Castel S. Pietro, giro, mandata: dagh

s® anmò un curs, fai ancora un giro: con la cor-da per avvolgere meglio.

8.2. A Leontica, strofa di una canzone, di unsalmo, di un’esecuzione musicale con le cam-pane.

8.3. A Poschiavo, al pl., mestruazioni.

9. Locuzioni, modi di dire9.1. In córs, in elaborazione, in via di com-

pimento: l'è n córse de stampa, è in corso distampa (Sonvico); – a Brissago, liber in córs, li-bro in commercio.

9.2. A Mendrisio, da metá curz, di metà cor-so: di indumento di qualità media, a inn calzúnda metá curz, da métt s® inscí, né dal dirlauu

né dala fèsta, sono pantaloni andanti da met-tere così, né per i giorni di lavoro, né della fe-sta.

9.3. A Mendrisio, l'è föra curs, è fuori corso:di persona con il collo lungo, con riferimento auna moneta raffigurante un regnante della di-nastia Borbone di Napoli detta ul franch cuntul còll lungh, il franco con il collo lungo [16].

10. Derivaticcoorrssáá (circ. Carona, Ceresio), corzèe (Gerra

Verz.) v. 1. Mettere in fila, disporre a strati(Gerra Verz.). – 2. Formare una sacca: della re-te da pesca (circ. Carona, Ceresio).

2. Fá corsá i ré, prendere con le mani i duecapi della rete da pesca per formare una sacca[17].

ccuurrsséétttt (circ.Carona, Ceresio), cursètt (Cam-po VMa.) s.m. 1. Nella locuz.s. spundaròla a –,incorsatoio, attrezzo del falegname (CampoVMa.). – 2. Asse del fasciame della barca postoimmediatamente sopra il fondo (circ. Carona,Ceresio [18]).

ccuurrssúú (Brusio), incorzò (Osco), incurzáo (Pec-cia) agg. Ben pieno: di spiga.

iinnccuurrssáá (Viganello, Poschiavo), incorzè (O-sco, Dalpe), incurzaa (Peccia), incurzè (Quinto,circ. Airolo), incurzèe (Brione Verz.) v. 1. Farpassare le bovine a una a una attraverso unpassaggio difficile (Bedretto).–2.Avviare, inco-minciare (Airolo). – 3. Rifl., avviarsi, dirigersi,instradarsi (Airolo); avviarsi di corsa (Quinto).– 4. Consegnare, dare in custodia, affibbiare,rifilare (Quinto). – 5. Incorsare, far passare i fi-li dell'ordito nelle maglie del liccio, allicciare(Osco, Dalpe, Peccia, Brione Verz., Viganello,Poschiavo).

3. Fig., ti sé mal incurzó, sei avviato su unacattiva strada: stai conducendo una vita mo-ralmente pericolosa (Airolo [19]).

11. Compostimmaalliinnccoorrzzòò agg. Quasi vuoto, fallace: di spi-

ga (Osco).

Dal lat. CˆRSU(M) ‘corso, corsa' [20]. – La denomi-nazione eufem. córz ‘mestruazioni' (par. 8.3.) ricorreanche nel torin., mil., nel dial. di Grosio (in riferi-mento agli animali), Trepalle, fraz. di Livigno, Ca-stelfondo (Trentino), nel lad. dolom. e nel friul. [21];andrà intesa nel senso di ‘evento che ricorre', cfr. init. il sinonimo ciclo [22]. – Nel deriv. incursá la formaincurzè impiegata al rifl. nel senso di ‘avviarsi di cor-sa' (par. 10.) risulta semanticamente influenzata dacórsa [23]; – nel senso di ‘allicciare' il termine ricorrenell'it. incorsare e nel rom. incurzer [24]. – Ai deriv.

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413CÍRS CÍRSA

si aggiunge anche la forma doc. corsiva ‘corrente: divaluta’ (cfr., per il significato, il par. 7.): «prometiamo... di aver ... riceputo la sopra suma de fiorini ondecimile in aquivi corsiva valuta» (Soazza 1747 [25]).

B i b l.: CHERUB. 1.349, Giunte 64, 5.48, ANGIOL.243, MONTI, App. 28.

[1] ORTELLI TARONI, Ceresio 17. [2] BASSI, Poesie87. [3] BASSI, Forbisad 17. [4] ROSSELLI, FS 72.39,46n.38. [5]TOGNINA,Posch.150. [6] TOGNINA, Posch. 153.[7] HUBER, RH 19.53 n. 1. [8] DOSI 1.122, cfr. DOSI 4.73-80. [9] Cfr. BIANCONI, Costruzioni 28 e fig. 45. [10]SCHAAD, Breg. 78, cfr. 53-54 n. 3. [11] LURATI-PINANA

204. [12] ORTELLI TARONI, Ceresio 163. [13] ORTELLI

TARONI, Ceresio 163, cfr. 85 fig. [14] LAMPIETTI BA-RELLA 37. [15] GODENZI-CRAMERI 54. [16] GAROBBIO,AAA 77.156. [17] ORTELLI TARONI, Ceresio 163. [18]ORTELLI TARONI, Ceresio 85 fig. [19] BEFFA 156. [20]DEI 2.1125, DELI2 402, REW 2417. [21] ALI 2.139 P.50,210,217, CHERUB. 1.349, DEG 302, CANCLINI, Na-scita 27, PIRONA 80, DESF 2.495. [22] Cfr. DEG 302.[23] Cfr. BATTAGLIA 7.750, FEW 2.2.1578. [24] BATTA-GLIA 7.750, DRG 8.594; cfr. DEI 3.1996. [25] SANTI,QGI 47.220, cfr. 209.

Sofia

corsá ≠ córs

CCÍÍRRSSAA (kGrsa) s.f. Corsa.V a r.: córsa, córza, cursa, curza; córse (Gerra

Gamb., Breno, Braggio), córso (Claro, Chironico, Lan-darenca), córze (Gerra Gamb.), cúarsa (Isone), curse(Medeglia, Robasacco), curso (Bironico), scórsa (Leon-tica, Olivone, Brissago, Sonvico, Gandria, circ. Caro-na, Stampa, Poschiavo), scórse (Breno), scórza (Polle-gio, Loc., Breg.), scórze (Gerra Gamb.), scursa (Gudo,Gravesano, Davesco-Soragno, Lugano), scurza (Line-scio, Brione Verz., Lugano, Pedrinate).

1. Corsa1.1. Andatura veloceA i ò facc ne cúarsa ch'a um manca bèla l

fiad, ho fatto una corsa che mi manca quasi ilfiato (Isone), ti t regòrdi i nòst scórz, i nòstarbéi gir?, ti ricordi le nostre corse, i nostri bei gi-ri? (Minusio [1]), pala gran vöia da vidé cumèl'è faia la citá la töaréss s® la curza, per la granvoglia di vedere com'è fatta la città si mette-rebbe a correre (Mendrisio [2]), bégna che tuvaga a pass de córsa, devi procedere a passo dicorsa (Villa Lug.); – alter.: al trampigna nervós... al mè gall! Na scorzéta e l ga métt dòss isciamp a una galina, scalpita nervoso il miogallo! Una corsetta e mette addosso le zampe auna gallina (Minusio [3]).

1.2. Gara di velocitàLa curza la partiva dala stazziún ... In tütt

düü gir, che la vuréva dí un trii chilòmetri, lacorsa (campestre) partiva dalla stazione. Intutto erano due giri, che voleva dire circa trechilometri (Mendrisio [4]), córsa di biciclétt,gara di biciclette (Stabio), scórsa di barch, re-gata (Grancia). – Córsa in di sè≤≤, corsa nei sac-chi (Peccia): gioco infantile organizzato duran-te il carnevale o le feste di paese; a Osco, allafine degli anni Trenta del Novecento rappre-sentava una novità introdotta dagli emigran-ti [5], a Comano, ur San Bernard l'è la fèstadar paés! ... Ur giögh di butégli, che i fa daná,l'è vün di püssé vécc; püssée növ l'è ur tir dracòrda e ra cursa ai sacch, S. Bernardo è la fe-sta del paese! Il gioco delle bottiglie che li fadannare è uno dei più vecchi; più nuovi sono iltiro alla corda e la corsa con i sacchi [6]; – aStabio, per carnevale, si faceva anche un tipodi gioco detto la córsa di öv, corsa delle uova.

1.3. Per indicare tipi, varietà di animali: en-guire da scórze (Gerra Gamb.), inguila da cór-sa (Gandria, Stabio), varietà di anguilla di co-lore nerastro, che risale i fiumi [7]; – can dacórsa, cane da corsa (Stabio), ≤égn da córsa, le-vriero (Menzonio); – cavall da córsa, cavallo dacorsa (Morcote), sa t'éssat da vedé che córsach’a gh'a r cavall dru sciór Iacum, se vedessicome corre il cavallo del signor Giacomo (Gran-cia); al par un cavall da cursa, sembra un ca-vallo da corsa: è sempre in attività (Mendrisio[8]).

2. Capatina, visita breve, frettolosaA sóm nacc na cúarsa a Lügán, sono anda-

to una corsa a Lugano: vi ho fatto una capati-na (Isone), Giuvanín, guarda, fa na scursa at∑ l pan, Giovannino, guarda, fa’ una scappa-ta a prendere il pane (Lugano [9]); – in sensoeufemistico, scherzoso: gh'u da ná vía na cur-sa, devo andare via un breve momento: devoandare al gabinetto (Castel S. Pietro).

3. Viaggio, percorso di un mezzo di traspor-to pubblico

Cura córsa di dés a s riva a Lucarn vèrsmezdí, con la corsa (del treno) delle dieci si ar-riva a Locarno verso mezzogiorno (Grancia),pérde ra córsa, perdere il treno (Sonvico), a i òciapò la cúarsa, ho preso il treno (Isone).

4. Locuzioni4.1. In unione con una preposizione. – A sóm

vegnüda gi® fign al país um pò a córsa e um pòa burlón a ciamaa aiütt, sono scesa fino al pae-

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414CÍRSA CÍRSA

se un po' di corsa un po' rotoloni a chiamareaiuto (Fusio), a tuta córsa, a grande velocità(Sonvico); – u i éa dumá um piscian santéi, ≤eu s tochéva nè sgi® ala córza par podé stè m péi,c'era solo un piccolo sentiero, che ci toccava andare giù di corsa per poter stare in piedi (Ai-rolo [10]); fig. ul mistéi a r'ò imparóu e ul maz-zulár sgi® lí u m ciaparèss ara cursa, il me-stiere l'ho imparato e il macellaio laggiù miassumerebbe immediatamente (Leontica [11]);– i è rivaa sciá, da scursa, i dònn dala fábrica,sono arrivate, di corsa, le donne della fabbrica(Lugano [12]), de gran scórse, a grande velocità(Breno); – lan lévra s'énn méssa in cursa vèrsün légh, le lepri si sono messe a correre versoun lago (Bondo [13]), a can in cursa i ghe datücc pesciád, al cane in corsa danno tutti pe-date: quando qualcuno è malvisto, tutti si ac-caniscono contro di lui (S. Antonio). – Trèr escórsa (Stampa), tirágh ala córsa (RoveredoGrig.), tirá da córsa (Poschiavo), sparare allapreda quando è in movimento: modo di caccia-re; la cascia di léuri, par nè bégn a i va véi unbón can par fai ní fò da sótt i bósch, e par ciapáiin córza l'é mía iscí facil, la caccia alle lepri,perché funzioni bisogna avere un buon caneper farle uscire dai cespugli, e per prenderle incorsa non è così facile (Rossura).

4.2. In unione con un verbo. – A Lodrino cia-pèe in córsa, prendere in corsa: maltrattare,mandare via: la m ciapava sémpro in córsa,parchè oramái a gh faséom domá masprésgi, ci trattava sempre in malo modo, perché ormaile facevamo sempre dispetti. – A Breno lénsgara scórse, leggere a colpo d'occhio. – Varé unacórsa, non valere nulla (Gandria).

4.3. In unione con un sostantivo. – Fèe tütcósa scórze da ciöpi, fare ogni cosa a corsa di chep-pie: lemme lemme, lentamente (Gerra Gamb.).– A córsa d'öcc, a corsa d’occhio: rapidamente(Stabio). – Naa cor córsa di paracár, andarecon la corsa dei paracarri: a piedi (Sonogno). – Facc a pass da córza, fatto a passo di corsa:di faccenda svolta in modo affrettato, sbrigati-vo (Calpiogna). – In forma di alter.: na spandae na scursèta, una spanna e una corsetta: unadiscreta distanza da percorrere (Gudo); Pas-quéta, na spanda e na scurséta, per l’Epifania,(il giorno si allunga di) una spanna e una cor-setta: la durata del giorno aumenta di qualcheminuto (Bell.).

4.4. In unione con un aggettivo. – Ala primacórsa, a volta di corriere, subito dopo aver ri-cevuto una lettera (Soazza). – Rivaa cu l'últi-ma córsa, arrivare con l'ultima corsa: arrivarein ritardo, per ultimo (Cavigliano).

5. Derivaticcóórrssii (Sonogno), córzi (Lavertezzo), scórzi

(Losone) nella locuz.avv. ai –, di corsa, in fret-ta.

ssccoorrzzaaddaa s.f. Sgambata, lunga camminata(Bodio).

Negli statuti della valle Capriasca del 1358,nel senso di ‘visita': «consules qui erunt pertempora teneantur facere scorzatam super co-munantiam dicte plebis» [14].

Da córs part. pass. di cór ‘correre' [15] (come daipart. arizotonici cor®d, coríd si sono formati corüda,corida ‘corsa') o direttamente da un lat. CˆRSA [16]. –Il tipo scórsa ‘corsa, rincorsa' riaffiora in vari dial. it.del nord [17]; nel senso di ‘visita breve' è ancora piùdiffuso ed è anche dell'it. [18]. L’ interpretazione delvaltell. scursa ‘rincorsa' come deverb. di scursá ‘scac-ciare' dal lat. tardo EXCURSºRE ‘scorrere fuori' (forma-tosi sul part. pass. di EXCˆRRERE ‘uscir fuori corren-do') [19] risulta difficilmente applicabile ai dial. dellaSvIt. dal momento che il sostantivo compare in quasitutto il territorio mentre scursá ‘scacciare' è solo delPosch. (in generale anche negli altri dial. it. il so-stantivo sembra più diffuso del verbo). Interessanted’altra parte l’ipotesi di una funzione intensiva di s-,postulata per l'abr. |còrzeta ‘rincorsa' per il quale èstata proposta una derivazione dalla prima pers.pres. indic. del lat. CURSITºRE ‘correre qua e là' (intens.di CURSºRE, a sua volta intensivo di CˆRRERE) [20];cfr., per la SvIt., spassegiada, spassegiá var. di pas-segiada ‘passeggiata', passegiá ‘passeggiare'. – Sullacórsa di öv (par. 2.) non si hanno informazioni detta-gliate; essa ricorda tuttavia il gioco della corsa dei ca-merieri, di cui si ha testimonianza per il carnevale diLugano, i cui partecipanti dovevano affrontare unpercorso a ostacoli con un vassoio in mano senza farcadere ciò che vi era collocato sopra; è possibile che,similmente, nella corsa di Stabio i concorrenti doves-sero muoversi sorreggendo in qualche modo delle uo-va senza romperle, per es. con un cucchiaio tenuto inbocca.

B i b l.: AIS 8.1604, CHERUB. 1.350, 4.166, Giunte64, ANGIOL. 243,738, MONTI 257, App. 28.

[1] BIANCONI, Garbiröö 6. [2] BUSTELLI, Alura 16.[3] BIANCONI, Paesin 28. [4] BUSTELLI, Fiaa 77. [5]ASV, Komm. 1.1063. [6] Ur Sgarbelée 1994. [7] V. OR-TELLI TARONI, Ceresio 154, cfr. 163. [8] GAROBBIO,AAA 85.215. [9] REGAZZONI, Scpazzacà 99. [10] DOSI3.154. [11] BERETTA, Nügra 102. [12] REZZONICO, Ant.Cantonetto 131. [13] PICENONI, QGI 13.268. [14] FA-RINA, AST 24.253. [15] DEI 2.1124, BATTAGLIA 3.847.[16] DRG 4.529, HR 1.225, DVT 295. [17] V. CHERUB.4.166, LONGA 235, BRANCHI-BERTI 301, POLA-TOZZI

189, DVT 1078, TIRAB. 1187, ARRIVABENE 2.188, AZ-ZOLINI 341, PRATI, Valsug. 161, PIRONA 80,369, MALA-

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415CÍRSA CORS∆TT

SPINA 4.78, MORRI 684. [18] V. BATTAGLIA 18.248. [19]DVT 1078, cfr. SALVIONI-FARÉ, Postille 2993, TAGLIA-VINI, Comelico 213, V. anche STAMPA, Bergell 85,153.[20] GIAMMARCO, DAM 4.1937, LEA 577, GEORGES2

690.Sofia

córsa ≠ cór

CCOORRSS∆∆ (korss) s.m. 1. Corsetto, busto(Leontica). – 2. Sorta di camicia, sciolta o lega-ta in vita, portata dalle donne come indumen-to da camera o da notte (Bodio, Gresso, Pura,Gandria, Riva S. Vitale).

V a r.: corsé (Leontica, Pura, Riva S. Vitale), corsè(Bodio, Gandria), cursé (Gresso).

Dall’it. corsè, di origine fr., attestato sia nel sen-so di ‘corsetto’ che in quello, molto vicino al signifi-cato 2., di «specie di farsettino larghetto, accollato,con maniche lunghe, e che non arriva oltre i lombi;le donne in letto usano vestirne la vita sopra la ca-micia, specialmente nell’inverno» [1]. Per quanto ri-guarda il significato di ‘corsetto, busto’, il corrispon-dente di Leontica specifica che in paese tale capod’abbigliamento era noto ma non in uso. Cfr. anchecorsétli, corsétt.

B i b l.: [1] BATTAGLIA 3.848, CARENA 1.73, cfr. DEI2.1125, DELI2 403 s.v. corsetto, FEW 2.2.1213, 1219n. 11, TLF 6.240.

Sofia

corseghéta ≠ còrsiga

CCOORRSS∆∆TTLLII (korsstli) s.m. 1. Corsetto (Lev.);– reggiseno (Pollegio). – 2. Corpetto, copribu-sto (Rossura); – giacchetta corta (Osco).

V a r.: corsédli (Osco), corsétli (Pollegio, Rossura),corzétli (Lev.).

Dal ted. Korsett ‘corsetto’, di origine fr. [1], con ilsuffisso diminutivo sv.ted. -li (non risulta registratoun vocabolo sv.ted. a cui la voce dial. possa risalire di-rettamente, nella forma e nel significato [2]). – Ilterm. risulta già attestato nell’inventario di un corre-do settecentesco di Giornico [3]. – La var. corzétli, lo-calizzata genericamente Lev. in mancanza di indica-zioni più precise, è riportata dal Salvioni, il quale, asua volta, la cita da un manoscritto non meglio iden-tificato di Stefano Franscini [4].

B i b l.: [1] PFEIFER 2.915. [2] V. SchwId. 3.484, 6.830, ZELI, Elem.stran. 2.177 n. 8. [3] ZELI, Elem.

stran. 2.177 n. 8. [4] SALVIONI, BSSI 25.96 n. 4, Scrit-ti 1.707 n. 4.

Sofia

CCOORRSS∆∆TTTT (korsst) s.m. 1. Corpetto. – 2.Corsetto. – 3. Indumento da camera o da not-te.

V a r.: corsétt, corsètt, cursétt, cursètt; corzétt (Ro-vio, Soazza), corzètt (Gerra Gamb.), curzétt (Rovio,circ. Balerna, Mesocco).

1. Corpetto, copribusto, giacchetta corta cono senza maniche del costume tradizionale fem-minile: corzétt da pann, da pel®zz, corpetto dipanno, di tessuto a peli (Rovio), a compraróo... on corsétt da vel® bèll vérd, comprerò un cor-petto di velluto bello verde (Arogno [1]), ve-giamént li fémni li portavan al cursétt, antica-mente le donne portavano il corpetto (Brusio).Nelle annotazioni dei corrispondenti del VSI ein altre fonti si trovano alcune descrizioni ditale capo: corpetto corto che si usava finoall’inizio dell’Ottocento, confezionato con stof-fa già usata, con o senza maniche, portato d’in-verno sopra il busto e allacciato alla vita conuna cintura (Rovio), giacchetta con le maniche(Brissago), molto corta, di cotone, simile a unbolero (Olivone [2]), di cotone, senza maniche,portata d’estate (Gerra Gamb.), camicetta ade-rente alla vita, senza maniche (Caneggio). –Può anche indicare la parte superiore di unabito unita a quella inferiore: curzétt, indu-mento che cinge la vita attaccato alla gonna(Pedrinate), vestii cur corsétt, gonna attaccataalla camicetta (Astano). – Fuori della Svizze-ra italiana, a Cernobbio, il cursétt cul cuín,corsetto col codino, terminava con una puntasul davanti e sul dietro.

2. Corsetto, busto (Leontica, Giornico, Men-zonio,Gordevio,GerraGamb., Mesocco); a Gor-devio indica in particolare un piccolo busto conmolti ornamenti e bottoni che le donne porta-vano per sostenere il seno; a Mesocco, curzéttróss, busto portato dalle donne fino alla secon-da metà dell’Ottocento, di colore rosso, aderen-te alla vita e spiovente sulle anche.

3. Sorta di camicia, sciolta o legata in vita,portata dalle donne come indumento da came-ra o da notte (Tic., Roveredo Grig.).

4. Nel senso di ‘corsaletto, corazza’ figuranell’inventario del castello di Mesocco: «corse-ti 3. corpo 1 de coraza» (1503 [3]).

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416CORS∆TT CÓRT

5. Derivaticcoorrzzeettèèrree s.f. Donna che confeziona, vende

busti (Gerra Gamb.).

It. corsetto, di origine fr. [4]. – La corrisp. di Roviosegnala che corzétt è voce antica rispetto a corpétt. –Cfr. ≠ corsé, corsétli.

B i b l.: CHERUB. 1.350, MONTI 57, App. 28.[1] COMETTA, Streghe 309. [2] BOLLA, Aspetti 23.

[3] BSSI 11.245. [4] DEI 2.1125, DELI2 403.

Sofia

córsi ≠ córsa

CCÒÒRRSSIIGGAA (kärsiga) s.f. Varietà di uva e re-lativo vino.

V a r.: còrseca (Sonvico), còrsega (Isone, Lug.), còr-seghe (Breno), còrsica (Giubiasco, Carasso, Giornico,Dalpe, Locarno, Sonogno, Lug., Riva S. Vitale, Sta-bio), còrsiga (Lug.), còrsighe (Bironico).

1. Denominazione tipica ticinese, e d’areasoprattutto sottocenerina, dell’uva Isabella,varietà più comunemente conosciuta sotto ilnome di (üga) ≠ (a)mericana. Tra i vitigni diorigine americana fu uno dei primi ad essereintrodotto e coltivato nel corso della secondametà dell’Ottocento, all’epoca della comparsadelle malattie crittogamiche, in virtù della suamaggior refrattarietà all’oidio, e per la suaadattabilità a climi e terreni di differente na-tura. Un trattato di viticoltura del 1886 lomenziona già tra «le viti … forastiere … da an-ni nel Cantone coltivate» [1].

2. Derivaticcoorrsseegghhééttaa (Cureglia), cursaghéta (Rovio)

s.f. Vino di uva Isabella.ccòòrrssiigghh s.m. (Vernate) e locuz.s. in vin –

(Sonvico) Vino di uva Isabella.ccoorrssiigghhíínn (Bedano, Gravesano, Magliaso),

corsaghín (Rovio), corseghín (Isone, Aranno,Breno, Vernate, Cimo, circ. Tesserete), corze-ghín (circ. Tesserete), cursaghín (Rovio) s.m. 1. Vino di uva Isabella. – 2. Vino scadente, leg-gero (Vernate, circ. Tesserete).

Denominazione attestata, sia nella forma sostan-tivale (ra còrsiga) che nei sintagmi üga còrsiga o ügade Còrsiga, principalmente dai materiali raccolti nel-le inchieste originali per il VSI (risalenti agli inizi delNovecento) e da alcuni trattati di viticoltura editi neidecenni a cavallo fra i sec. XIX e XX [2]; sporadici ri-

scontri emergono tuttavia anche in studi posteriori[3] e in repertori lessicali di recente pubblicazione.L’appellativo, che un’inchiesta svolta da E. Ghirlan-da sulla terminologia vitivinicola nei dial. della SvIt.segnalava ancora come vitale nel 1946, appare ormaicaduto totalmente in oblio, in concomitanza con ilprogressivo abbandono della coltivazione delle vitiamericane e l’introduzione di vitigni più pregiati, in particolare di Merlot, tanto da risultare pressochésconosciuto ai più, persino a persone competenti inmateria. – I Mat. VSI registrano la sporadica diffusio-ne del termine anche al di fuori della SvIt., in parti-colare nelle località di Vogogna, nell’Ossolano, e diLoggio-Valsolda, nel Comasco. – Dal n.l. Corsica [4],con significato vitivinicolo, forse per allusione al luo-go di provenienza delle prime importazioni di vitigniamericani.

B i b l.: [1] VEGEZZI, Viticolt. 14. [2] VEGEZZI, Viti-colt. 14, TAMARO, Viticolt. 3, VERDA, Vins 8, FANTUZ-ZI, Vite 13, Manuale agr. 1.405. [3] GHIRLANDA 12, BO-RELLI, Cadro 139, SOLCI-SCOPAZZINI, Vite 77. [4] DI1.587 n. 6.

Galfetti

còrsigh, corsighín ≠ còrsiga

CCÓÓRRTT1 (kJrt) s.f. Corte. V a r.: córt, curt; cór≤ (Moghegno), còrt (Ludiano),

córte (circ. Tesserete, circ. Sonvico), cúart (Isone).

1. Corte, spiazzo, piazzale1.1. Spiazzo in prossimità delle abitazioni o

di edifici utilitari, talvolta chiuso dagli stessio da recinzioni, adibito a vari scopi: al sabotsant, la mama la scersciava sémpro l pér delacórt con no scialèscia, il sabato santo, la mam-ma cingeva sempre il tronco del pero della cor-te con un ramo di salice: per propiziare unbuon raccolto (Roveredo Grig. [1]); aia (Mede-glia, Mendr.), impedegá la curt, pulire e pre-parare il cortile per la trebbiatura, stenden-dovi uno strato di sterco bovino per renderlouniforme e livellato (Stabio [2]); – spazio de-stinato agli animali: córt di galinn, area at-torno al pollaio, dove razzolano le galline (S. Abbondio, Torricella-Taverne, Rovio), racórt dro pérsc, il cortile del maiale (Biasca),curt, spiazzo destinato a polli e conigli (Se-mentina), córt, ovile (Menzonio); a Linescio, lacurt, il porticato annesso alla stalla; a Lugano,stalla [3]. – Im mèzz ara córte, in mezzo allapiazza (Corticiasca [4]), quii pòri stremii dafiöö adèss i gh’a una curt par respirá, quei po-veri ragazzi gracili adesso hanno un cortile in

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417CÓRT CÓRT

cui respirare (Bellinzona). – A Crana, curt, vi-colo.

1.2. Latrina nel cortile della casa [5]: naaala curt, recarsi alla latrina (Gordevio); a Vai-rano, córt, mucchio di strame posto sul retrodella casa, su cui si gettavano le feci da una fi-nestra o da un ballatoio soprastanti. – Er córt(Gerra Verz.), la curt (Osco [6]), spiazzo, fossanel cortile della casa in cui si raccolgono i ri-fiuti, va a svuidè ul portar®s in dra còrt, vai avuotare la pattumiera nella fossa (Ludiano),tòo fòra la córt, vuotare la fossa scavata nelcortile in cui vengono gettate le immondizie(Cavergno). – Letamaio, concimaia [7]: la córtdala grassa, spiazzo dove si depone il letame(Pianezzo), la curt dal ladám, letamaio pressola stalla, talvoltachiuso damuri su tre lati (Ca-stasegna), la córt del técc, la corte della stalla,dove si ammucchia il letame (Roveredo Grig.),la grasscia mo la metéva in córt, la cösgéva e p∑la vignivi pròpi fini da podé spándala, il leta-me lo mettevamo nella corte, fermentava e poidiventava bello minuto da poter essere sparsosui prati (Landarenca). – Fuori della Svizzeraitaliana, a Crealla, ratún del curt, pantegana,ratto delle chiaviche.

1.3. Spazio interno al pianterreno delle casecoloniche, generalmente adibito a ripostiglio(Poschiavo), ampio corridoio selciato o lastri-cato, situato all’ingresso di un edificio (Casta-segna), androne (Arbedo-Castione).

2. Complesso di edifici abitativi e utilitaricostruiti attorno ad un cortile [8]: la curt, l’abi-tazione del massaro (Stabio [9]), i giuvinòtt,vèrs la metá dal més, andavan in gir da nòcc afá s® i turtón süi purtón di curt, dóve che savé-van che lí in famiglia gh’éra i tusann mignamaridaa, i giovanotti, verso la metà del mese(di gennaio), andavano in giro di notte a dipin-gere cerchi di scherno sui portoni delle cortidelle famiglie in cui sapevano esserci ragazzenon sposate (Stabio).

3. Reggia, palazzo reale: al pastorèll l’è nailá a soná ala córt, il pastorello andò a suona-re al palazzo del re (Rovio [10]); in senso iro-nico, l’è la córt del rè, è una reggia: detto di unacasa grande e lussuosa (Brissago). – Comples-so di persone che fanno capo al sovrano: la córtl’a fai trii dí da fèsta, la corte fece festa per tregiorni (Rovio [11]).

4. Locuzioni e modi di direFá la córt, corteggiare (generalm.), fè ona

córt sénza pòssa, fare una corte assidua (Gior-

nico), sa fa la curt ala mam par végh la tusa,si corteggia la mamma per avere la figlia (Gra-vesano [12]); faa la córt a una ròba, desidera-re, cercare di ottenere qualcosa (Intragna). –Ná a córt, accompagnare un bambino al bat-tesimo (Chironico). – L’è curt bandida, c’è ab-bondanza di tutto (Giubiasco); a curt bandida,smodatamente: e pöö gió a curt bandida a spénde spand, e poi via, a spendere e spandere a pie-ne mani (Morbio Sup.).

5. Proverbi e sentenzeSgi® l rè, sgi® la córt, decaduto il re, sparisce

anche la corte: la scomparsa del capofamigliaporta al declino della casa (Personico). – L’uspe-daa al fa lüsí la curt, l’ospedale fa risplenderela corte: detto quando chi è in difficoltà aiutachi non ne avrebbe bisogno (Balerna).

6. ToponimiLi Curt, frazione di Poschiavo; – a Córt, cor-

te situata al centro del paese (Indemini), laCórt dal tórn, spazio erboso tra le abitazioni(Lodano), la Córt ded Sant’Ana, cortile comu-ne a case e stalle appartenenti a diverse fami-glie, le quali avevano il diritto di tenervi un le-tamaio (Giornico), er Curt der Braghète, cortenelle vicinanze dell’ex casa comunale (Monte-carasso), ra Córt di Parín, gruppo di edifici cheforma un piccolo nucleo (Pura), la Curt di Giur-gitt, gruppo di case attorno a un cortile (Cara-bietta), la Curt d’åvara, corte situata nella fra-zione di Avra (Castel S. Pietro), la Curt diBòda,masseriaora demolita (Balerna), ra Cur-piata, cortile pianeggiante (Origlio) [13], Scur-sura e Scursótt, denominazione dei due nucleivecchi (Breganzona).

7. Derivaticcoorrttaavvrroo (Carasso, Gorduno, Gnosca, Verz.,

Caviano, S. Abbondio), cortáo (Maggia, Cavi-gliano), cortáoru (Losone), cortáu (Cavergno,circ. Maggia, Terre Ped.), cörtáu (Moghegno),cortául (Tegna, Palagnedra), cortáura (Semio-ne, Ludiano), cortáuro (Preonzo, Lodrino, Pol-legio, Losone, Lavertezzo, Brione Verz.), corta-vru (Minusio, Brione Verz.), curtáu (Aurigeno,Gordevio, Avegno, Verscio, Cavigliano), cur-tául (Comologno, Melezza), curtáuru (Semen-tina, Losone, Lavertezzo), curtavru (Sementi-na, Montecarasso, Losone, Minusio), curtavul(Ons.) s.m. 1. Corte, cortile, spiazzo (circ. Tici-no, Lodrino, Pollegio, Cavergno, circ. Maggia,Loc.); piccolo spazio esterno al grotto, parzial-mente chiuso da un muro, con il tavolo e le pan-chine di pietra (Semione, Ludiano). – 2. Grup-

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418CÓRT CÓRT

po di case racchiuse in un perimetro murato(Cavergno).

1. Cfr. i doc. «de cortauro uno» (Locarno 1537[14]), «sotto il chiosso, o sia cortauro di quellid’Ambrosio» (Brione s. Minusio 1577 [15]).

2. ¬ fiancheggiato da mura alte talvolta piùdi 2 metri, e vi si accede attraverso lu portóm,il portone; nói dlu cortáu, noi vicini di casa. –Come toponimo: al Cortáuro, vecchio agglo-merato nell’abitato di Dun, con prati e vigneticircostanti, così chiamato per la presenza diun edificio merlato che alcune fonti identifica-no come l’antica sede di una castalderia (Cla-ro [16]).

ccoorrtteeffiizzzzii s.m. Corte, andito di un'abitazio-ne (Buseno).

Cfr. i doc. «de ipsa domo et curtefficio et vi-nea» (Bellinzona 1244), «terras et curtes et cur-tificia» (Iragna 1270), «tictos, curtes, curtifitiaet rescanas» (Airolo 1360) [17].

ccoorrttíínn (Leontica, Pura, Vernate, Corticiasca,Insone, Melide, Brusino Arsizio, Muggio, So-praP.), cortén (Marolta), cortígn (Verscio), cor-tinn (Bondo), curtégn (Semione, Ludiano, Pon-to Valentino), curtígn (Prugiasco, Verscio),curtín (Bellinzona, Ble., Magliaso, Montagno-la, circ. Pregassona, Melide, Besazio, Stabio,Chiasso,Stampa),curtinn (SottoP.) s.m.1. Cor-te, cortile. – 2. Terreno, prato, frutteto recin-tato (Ble., Breg.). – 3. Terreno di proprietà pa-triziale usufruito da privati (circ. Castro).

3. Cortín, terreno patriziale su cui si inse-dia un vigneto di proprietà privata (Leontica),curtégn, proprietà comune divisa tra patriziche vi possono falciare il fieno una volta all’an-no (Ponto Valentino).

ccoorrttiinnii (Landarenca), curtina (Grancia) s.f.1. Corte, cortile (Grancia). – 2. Piccolo edificioa fianco della stalla (Landarenca); stalla dellecapre (Landarenca).

ccoorrttíísscc s.m. 1. Cortile (Mesocco). – 2. Prato,terreno scarsamente coltivato (Mesocco).

ccoorrttíívv (Camignolo, Sonvico, Villa Lug., Mor-cote, Mesolc.), curtíu (Campo VMa.), curtív(Robasacco, Arbedo-Castione, Grancia) s.m. 1.Corte, cortile. – 2. Recinto annesso al porcile,porcile (Robasacco, Lostallo).

ccuurrtteessééllll s.m. Piccolo recinto annesso alporcile (Breno).

Dal lat. COHÅRTE(M) ‘cortile; folla, corteo’ attraver-so il lat. mediev. CURTIS [18], con specializzazioni se-mantiche diverse a seconda delle aree geografiche[19]; i significati al par. 3., così come le locuz. e i prov.che vi si riferiscono (par. 4. e 5.), derivano invece di-rettam. dall’it. – A Varzo, nell’Ossolano, i Mat. VSI do-

cumentano córt nel significato di ‘piccola porzione diterreno ai piedi dei castagni, dove si pone del letameper concimare la pianta’. – Per il significato ‘latrina’Bianconi attesta a Minusio un masch. al curt [20],non confermato da altre fonti. – La toponomastica (v.par. 6.)attestapurenumerosialter. ederiv., come Cor-tinèla (Quinto), i Cortinèll (Airolo), prati [21], Cor-sgèla, terrazzo prativo in parte cintato (Broglio),Curtéia, nome dial. della fraz. di Corteglia (Castel S.Pietro), Curtív, piccolo nucleo di vecchie case sopra illago (Castagnola), ecc. [22]. – Nel deriv. cortavro (par.7.) si ravvisa il suff. -ºBILIS [23], mentre cortefizzi sisarà formato per analogia con termini come il lat. AE-DIFÎCIUM ‘edificio’ e sim.

B i b l.: CHERUB. 1.350, Giunte 64, ANGIOL. 243.[1] CATTANEO, AMC 1974.68. [2] MOMBELLI, Ter-

minol.agric. 44. [3] CHERUB., Collez.dial.lug. [4] AIS4.819 P. 73. [5] Cfr. AIS 5.871 P. 52. [6] AIS 6.1178Leg. P. 31. [7] Cfr. AIS 6.1178 Leg. [8] Cfr. SOLDINI,Corti 11, GSCHWEND, Casa rur. 2.265, AERT Mendr.341. [9] MOMBELLI, Terminol.agric. 30. [10] CARLONI

GROPPI, Bella infinita 194. [11] CARLONI GROPPI, Bel-la infinita 164. [12] PASSARDI 96. [13] TOGNINA, Posch.25, ANL Indemini 62, Lodano 33, RTT Giornico 94,Montecarasso 60, Pura 75, ANL Carabietta 13, RTTBalerna 69, LURATI, Nomi di luogo 67, RTT Origlio 42.[14] AST 10.79. [15] MARCOLLO, Brione 439. [16] ANLClaro 18. [17] BRENTANI, S.Pietro 1.169, MDT 2.38,1.333. [18] REW 2032, DEI 2.1125-1126, DELI2 403.[19] FEW 2.849, DVT 295. [20] BIANCONI, Costruzio-ni 54. [21] Mat. RTT. [22] GUALZATA, Bell. e Loc. 34-35, Aspetti 55-56, RTT Broglio 193, LURATI, Nomi diluogo 67, Mat. RTT. [23] Cfr. DIGIOVINAZZO 120.

Gianettoni Grassi

CCÓÓRRTT2 (kJrt) s.m. e f. 1. Pascolo montano.– 2. Prato.

V a r.: s.m. córt (Carasso, Preonzo, Claro, Chironi-co, Osco, Dalpe, VMa., Loc., Rivera, Breno, Moes.),curt (Gudo, Sementina, Lodrino, Osco, Cavergno, Li-nescio, Ons., Cugnasco, Brione Verz., Torricella-Ta-verne); – s.f. córt (Roveredo Grig., Soazza, Mesocco),córte (Cimadera), cúart (Isone), curt (circ. Giubiasco,Olivone, SottoP.).

1. Pascolo dell’alpeggio, in particolare pra-to grasso in prossimità di stalle e cascine, tal-volta chiuso da un muro di cinta, dove vengo-no radunati gli animali per la mungitura: lacurt, prato nei pressi della cascina dell’alpeg-gio, che accoglie il bestiame durante la notte(Olivone [1]), ol córt di cáura, il pascolo desti-nato alle capre (Cauco), spande¥aa le grassain di cürt, concimare i pascoli montani (Se-

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419CÓRT CORTAA

mentina) [2]; – per estensione, complesso diedifici e pascoli che costituiscono le varie sta-zioni in cui si suddivide un alpeggio: el curt defund, … de mézz, … de scima (Gudo), la córt dabass, de mèzz, da scima (Roveredo Grig.), lastazione inferiore dell’alpeggio, la stazione in-termedia, la stazione superiore, prim, secónd,tèrz córt, primo, secondo, terzo alpeggio (Men-zonio), ra córte dr’alpe, la stazione dell’alpeg-gio (Cimadera), müdè curt, spostarsi su un’al-tra stazione dell’alpeggio (Osco [3]), cambièecórt per contratimp, cambiare alpeggio a cau-sa del maltempo (Cavergno). – A Comologno,al curt, cascina in cui sverna il bestiame.

2. Al córt, prato (Vergeletto [4]), córt con intpiant, prato con alberi (Verscio), córt succ, pra-to asciutto (Auressio), dá l’aqua in di cürt, ir-rigare i prati (Vergeletto [5]), a füria da ba-lesgiá stu curt i l’a descudegóo, a furia dicalpestare quel prato ne hanno rovinato la co-tica erbosa (Comologno [6]).

3. Locuzioni e modi di dire3.1. Fégn da curt, fieno di primo taglio (Ver-

geletto), funsg di curt, funghi dei prati (Aures-sio), grii di curt, grillo campestre (Cavigliano);una giurnada de córt, superficie di prato che sitaglia in un giorno (Loco).

3.2. Con uso scherz., ná ala curt da sciüma,salire alla stazione superiore dell’alpeggio: an-dare a letto (S. Antonio).

4. ToponimiLa voce ricorre molto frequentemente in to-

ponimi: al Córt, grande pascolo a circa 1600 mdi quota (Maggia), i Córte, ripari in pietra do-ve il bestiame viene radunato per la mungi-tura e durante la notte (Sonvico), al Cór, zonadi prato attorno agli edifici dell’alpeggio diForcaríd (Claro), ul Curt de sura, ul Curt desótt de Malatèra, stazione superiore e inferio-re dell’alpeggio di Malatèra (Rivera), el Curtde fund, vasta zona di pascoli, vigneti e abita-zioni al limite dell’abitato (Montecarasso), elBelcurt, vasto monte con parecchi edifici, chesi estende parzialmente sul territorio del co-mune di Carasso (Montecarasso), al Curmai®,alpeggio (Comologno),Curtn∑u, alpeggio (Cra-na), Córt név, pascolo montano (Lostallo),Cruvécc, alpeggio (Gorduno), in fónd el Córt,pascolo montano (Rossa), lu Córt dala Bóla,pascolo umido (Fusio); – in forme alterate, iCortitt, zona prativa in prossimità di un mon-te (Moghegno), il Cortásc, monte abbandona-to con edifici diroccati (Cavigliano) [7].

5. Derivaticcuurrggèèllaa s.f. Prato situato in prossimità del-

le cascine dell'alpeggio, dove la mandria tra-scorre la notte (Isone).

ccuurrttíínn s.m. Porzione di pascolo situato at-torno alle cascine dell'alpe e concimato abbon-dantemente (Malvaglia).

Come ≠ córt1, con specializzazione semantica,spesso distinta anche attraverso il mutamento di ge-nere. – Il deriv. curgèla riflette un CURT-ICELLA, comeil n.l Corsgèla di Broglio ricordato nella spiegazionedi ≠ córt1.

B i b l.: AIS 6.1183 Leg., 1192a.[1] AIS 6.1192 Leg. P. 22. [2] Cfr. AIS 6. 1074a P.

50. [3] AIS 6.1192a P. 31. [4] AIS 7.1415 P. 51. [5] AIS7.1425 P. 51. [6] Cultura pop. 188. [7] RTT Maggia139, Sonvico 141, ANL Claro 72, Rivera 34, RTT Mon-tecarasso 57,133, Onsernone 79, RN 1.183,489,524,GUALZATA, Bell. e Loc. 35, RTT Fusio 2.57, Moghegno115, ANL Cavigliano 23.

Gianettoni Grassi

CCOORRTTAAAA (kort2) v. Fare affluire il latte nel-le mammelle.

V a r.: cortaa (Cavigliano, Lavertezzo), curtá (Co-mologno), curtèe (Brione Verz.).

Riferito all’animale, la còrta, prepara, fascendere il latte nelle mammelle: della vacca(Lavertezzo); – per estensione, come atto pre-paratorio alla mungitura, cortaa (Lavertezzo),fèe curtèe (Brione Verz.), accarezzare, picchiet-tare, massaggiare le mammelle delle bovineper farvi affluire il latte. – Rifl.: cortass sciá,tornare, ricomparire: del latte della puerpera(Cavigliano), curtass, raccogliersi, concentrar-si in un luogo, formare una pozzanghera: del-l'acqua (Comologno). – In senso fig., a Laver-tezzo, cercare di estorcere un'informazione,una confessione [1].

Di primo acchito verrebbe da pensare a un conti-nuatore del lat. COARTºRE ‘restringere, stringere, com-primere’ [2], ma l’ipotesi appare improponibile sia amotivo del fatto che non risulta che la base abbia avu-to discendenti per tradizione popolare nelle lingue ro-manze, sia per l’eccezionalità del riflesso co- < coa- ri-spetto al regolare sviluppo in cua-, qua-, per cui cfr.quacc < COºGULU(M) ‘caglio’, i soprac. quazza perco(v)azza ‘treccia di capelli’, tic. quarciá(a) per co(v)er-ciá, quatá(a) per co(v)etá ‘coperchiare, chiudere, co-prire’ (v. tuttavia il caso di COADIUTfiRE(M) > ven. co-gitór, lomb. cugitúr ‘coadiutore’ [3]). Più plausibilesembra essere invece una derivazione da un lat. *COL-

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420CORTAA CORT¬LA

TUS (per il class. COLL¶CTUS, part.pass. di COLLÈGERE

‘raccogliere, riunire, radunare, concentrare; cogliere’[4]), donde anche gli it. còlto, (il) ricolto, (la) raccolta[5]. Per la rotacizzazione di L + cons. cfr. i verz. por-tróm ‘poltrone’, bellinz. artèzza ‘altezza’ (S. Antonio),lug. bartigá ‘dondolare, andare in altalena’ (≠ bal-tigá).

B i b l.: [1] SCAMARA 84. [2] GEORGES2 461, DEI2.990, DELI2 351. [3] SALVIONI-FARÉ, Postille 2004b.[4] GEORGES2 477, REW 2048. [5] Cfr. QUARESIMA 122s.v. còute.

Galfetti

cortalina ≠ cortèllcortavro, cortefizzi ≠ córt1

CCOORRTT¬¬LLAA (kortkla) s.f. Coltella.V a r.: cortèla, curtèla; cortéla (Leontica, Rossura,

Osco), cortèle (Gerra Gamb., Fescoggia, Breno), curté-la (Ludiano, Calpiogna, Osco, Stampa), curtèle (Roba-sacco, Cavagnago). – D o c.: «cortele 2 picole» (Mesoc-co 1503 [1]).

1. Indica in genere un coltello da cucina alama lunga, usato soprattutto per affettare sa-lumietagliarelacarne. – Il terminedesigna pu-re il marrancio, lo squartatoio (Giornico, Ger-ra Gamb.) e il coltello usato dal calzolaio perritagliare le suole (Tic.).

2. Altri strumenti 2.1. Coltello a petto dello zoccolaio (Meride).2.2. Cortéla a dò mân, coltella a due mani:

utensile a forma di mezzaluna con la parte ta-gliente verso l’interno, usato in particolare percostruire le gerle (Leontica).

2.3. Mezzaluna per triturare erbe e verdu-re (Breno).

2.4. Tagliapasta (Pura, Grancia).2.5. Attrezzo per conficcare la stoppa nelle

commessure fra le doghe (Palagnedra).2.6. Cortèla da zocorín, strumento dello zoc-

colaio (Pura).

3. Lama, parte tagliente di un utensile3.1. Lama del coltello (Ludiano, Leontica,

Cavagnago, Osco, Dalpe, Cugnasco, Verz. [2]).3.2. Coltro dell'aratro (Ligornetto).3.3. Il termine, probabilmente con il signifi-

cato di ‘lama della sega’, compare in due scrit-ti mesolcinesi tardosettecenteschi: in un do-cumento in cui si mette all’incanto l’affitto diuna segheria si specifica che il conduttore do-vrà «far comodare la cortella, essendo questa

della Comunità» (Soazza 1786 [3]); in un elen-co di beni lasciati in eredità, sono menzionateinsieme ad altri attrezzi «due cortelle da rasi-ga poche buone» (Soazza 1792 [4]).

4. Fitonimi4.1. Piantaggine, Plantago lanceolata (Ca-

morino, Carasso, Lumino, Gerra Verz., Stabio,circ. Balerna, circ. Mesocco). Tale erba era con-siderata ottima come foraggio (Soazza): i cur-tèll i ga pias ai cunili, le piantaggini piaccionoai conigli (Camorino). Si riteneva inoltre cheavesse proprietà terapeutiche e veniva impie-gata per fermare il sangue, curare le ferite dataglio, le piaghe, i lividi (Carasso, Soazza, Ba-lerna): l’èrba curtèla la sa doprava quand chesa taiava un did, la piantaggine si usava quan-do ci si tagliava un dito (Balerna).

4.2. Pl., iris, giaggiolo, Iris germanica (Bre-no).

4.3. Fagiolo giovane rampicante (BrioneVerz., Gerra Verz.); – al pl., varietà di fagiolorampicante largo e piatto (Lavertezzo [5]).

4.4. Pl., baccelli dei fagioli (Vairano).4.5. A Giubiasco, un bun fén da curtéll, pién

da curtéll, un buon fieno di/ pieno di foglie.

5. ToponimiPrá curtèla, prato (Novazzano [6]).

6. Derivaticcoorrtteelliinnaa s.f. 1. Coltello usato dal calzolaio

per ritagliare le suole (Palagnedra). – 2. Spe-cie di erba molto tagliente (Balerna). – 3. Bac-cello giovane del fagiolo (Gerra Verz.).

2. Tale erba veniva seminata sui bordi deigiardini.

Corrispondente femm. di cortèll; il cambiamento digenere ha funzione aumentativa [7]. – Le denomina-zioni dei fitonimi ai par. 4.1., 4.2., che hanno un pa-rallelo nel femm. pl. berg. cortèle [8] (v. anche cortèllpar. 4.3., 9. deriv. cortelásc, cortelín), si spiegano perla forma della foglia; per la prima varietà cfr. l’it. lan-ciola ‘piccola lancia’ e ‘piantaggine’ [9]; per la secon-da v. le varie denominazioni dial. del fiore riconduci-bili al tipo spada e l’it. giaggiolo < lat. GLADIÅLU(M)‘piccola spada’ [10]. – I significati di ‘fagiolo’, ‘baccel-lo’ (par. 4.3., 4.4., 6.) saranno invece motivati dallaforma del baccello del legume; cfr. il tosc. fagiolo asciabola ‘fagiolo di Lima’ (Phaseolus lunatus) [11].

B i b l.: CHERUB. 1.351, ANGIOL. 243.[1] BSSI 11.246. [2] Cfr. AIS 5.980 P. 42. [3] QM-

Moes. 1.8,14 n. 13. [4] Divisione ereditaria, trascr. C.Santi. [5] SCAMARA 84. [6] Mat. RTT. [7] Cfr. KAHA-NE, RoPh. 2.138. [8] CAFFI, Flora 34. [9] BATTAGLIA

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421CORT¬LA CORT¬LL

8.741, DEI 3.2161, cfr. PENZIG, Flora 1.361. [10] DESF,Flora 2.436, PENZIG, Flora 1.246-247, DEI 3.1082,DELI2 656, cfr. ARom. 6.280-284, REW 2381, FEW2.1500-1502, DEG 326. [11] PENZIG, Flora 1.345.

Sofia

cortelá, -lada, -lásc, -lée, -lètt, -lín ≠ cortèllcortelina ≠ cortèlacortelinada ≠ cortèll

CCOORRTT¬¬LLLL (kortkl) s.m. Coltello.V a r.: cortéll, cortèll, curtéll, curtèll; cortill (Leon-

tica, circ. Olivone), cultèll (Besazio, Poschiavo), cur-≤éll, curtiéll (Ons.), curtill (circ. Castro, Aquila, Oli-vone), curtöèll (Iragna), curtöll (Arbedo-Castione). –D o c.: «corteli» (Mesocco 1503 [1]).

1. Coltello1.1. Cortèll güzz, coltello appuntito (Rovio),

... dara mòra, affilato (Bogno), stu cortéll l’èpién de dénc, questo coltello è pieno di tacche:ha il filo rovinato (Camignolo), l’è da molaa stocortéll, l’è bólz, è da affilare questo coltello, èottuso (Roveredo Grig. [2]), o dònn, gh’è chí ulmuléta, a gh’i curtéi e fórbis da fá mulá?, ohdonne, c’è l’arrotino, avete coltelli e forbici dafare affilare? (Mendrisio).

Curtiéll a lama fissa (Gresso), cortéll cola la-ma férma (Brissago), curtéll a lama drizza(Malvaglia), coltello a lama fissa, con la lamaferma, a lama dritta: a lama fissa; – curtèll chisa sara (Poschiavo), ... a seramanigh (Lugano),... da tasca (Moghegno), coltello che si chiude,a serramanico, da tasca: a lama mobile; i è ve-gnii al curtèll, sono venuti al coltello: hanno fi-nito la lite usando il coltello (Viganello), ciapalin dr’óngia, ur curtèll, sa tu vö vèrdal sénza fa-diga, prendilo per l’incavo (della lama), il col-tello, se vuoi aprirlo senza fatica (Grancia); –cortéll a una lama, coltello a una lama (Dalpe),... dóbg, coltello doppio: a due lame (S. Domeni-ca), ... a dú fir, a due fili (Sonvico): a due tagli.

Curtéll dala guadina, coltello da fodero:grande coltello a lama fissa che si conserva inun astuccio di legno o, più raramente, di cuoio,impiegato in particolare per dissanguare glianimali e rifinire gli zoccoli (Isone), i zòcri i éstacc facc fòro col cortéll da guedini, gli zoccolisono stati foggiati con il coltello da fodero (Cla-ro); a Soglio il curtéll da guina si portava in unfodero cucito a una tasca dei pantaloni, da cuifuoriusciva il manico. – Cortill de Fiorénza, col-tello di Firenze: a lama mobile, con la punta

molto affilata e con un piede all’estremità delmanico con funzione di appoggio (Leontica). –Fuori della Svizzera italiana, in valle Canno-bina, curtéll du pá, coltello del padre: il piùgrande dei coltelli comuni (Crealla).

Curtéll da ≤á, coltello da cucina (Tegna), cor-téll da távole, da tavola (Fescoggia), quand i fa-sèva la schérpia, ... i gh contava int magari dóforchétt, un cortéll, una chigèe, quando faceva-no il corredo, vi elencavano magari due for-chette, un coltello, un cucchiaio (Verscio [3]),cfr. in un inventario di beni: «cinque cortelli ditavola compresi due altri per la maza» (Giu-maglio XVIII sec. [4]); – curtéll da pan, coltelloda pane: lungo e largo, per tagliare l’impastoe raschiare la madia (Calpiogna), ... dala pas-ta, per dividere la pasta in porzioni da cui ri-cavare ciambelle (Poschiavo [5]).

Cortill da cacia, da mazza, da mazzolár,coltello per la caccia, la macellazione, da ma-cellaio: a lama fissa piuttosto lunga, usato perscannare o squartare gli animali (Leontica), ogh pciantava sübit ol cortéll in la gólo e lamamma con on cadín la ciapava ol sáungw ...Dòpo ol Tòni o limava bén ol cortéll e o gh na-sgéve drè a raságh ví quai pél che i ère amò re-stè, gli metteva subito un coltello alla gola e lamamma con un catino raccoglieva il sangue.Poi (dopo averlo spelato) Toni affilava bene ilcoltello e gli rasava qualche pelo che era anco-ra rimasto (Landarenca [6]). – Cortéll da sa-naa, coltello per castrare (Brissago), ur curtèllpar saná a r’è miga n curtèll fai apòsta, ma r’ada taiá cumè n resóo, il coltello per castrarenon è un coltello fatto apposta, ma deve ta-gliare come un rasoio (Grancia).

Cortéll d’inést, coltello da innesto (Claro), òfai murá r curtèll par insidí, ho fatto affilare il

Fig. 98. Coltelli da macellaio con l’acciaino per affi-larli (Collezione etnografica dello Stato; fot. R. Pelle-grini).

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coltello per innestare (Grancia). – Curtèll dapulí i zòcur, coltello per levigare gli zoccoli (Pe-drinate). – Curtèll da banch, coltello del ban-co del calzolaio (Cabbio), cortéll da corám, pertagliare il cuoio da cui ricavare le suole (Bo-dio). – Curtèll da scarná, coltello per scarnarele pelli nelle concerie (Mendrisio), ... da smüss,per smussare le estremità delle cinghie da cu-cire insieme (Riva S. Vitale [7]).

1.2. Il coltello faceva un tempo parte inte-grante dell’equipaggiamento maschile: nelleannotazioni tardosettecentesche di Schinz silegge infatti che i contadini della Svizzera ita-liana «sono sempre armati di stiletti, ovverocoltelli a lama fissa, infilati in fodere, che por-tano nascosti nelle tasche dei calzoni» [8]; l’ap-partenenza del coltello al costume maschile el’uso di portarlo sempre con sé sono indiretta-mente testimoniati da varie fonti: nella descri-zione di un ricercato calanchino del 1803, peresempio, accanto a vari capi d’abbigliamento,è menzionato anche «un cortello longo con fo-dra col manico d’osso» [9]; nella scena di unatragicommedia della seconda metà dell’Otto-cento leggiamo che gli avventori di un’osteriaper mangiare pane e ricotta i tönn i sée curtéis® dala gaiòfa e i s serviscian, estraggono i pro-pri coltelli dalla tasca e si servono (Breg. [10]).

1.3. Il porto e l’uso di alcune armi biancheera regolamentato dagli statuti comunali [11];più volte menzionato un grosso coltello che gliuomini usavano tenere sul fianco, appeso allacintura [12]: «statutum est, quod nulla perso-na de brixago nec aliunde portet ... arma veti-ta, videlicet falzonum, spatam, cutellum de ga-rono [= da coscia]» (Brissago 1289-1335 [13]),«statutum est quod si aliquis vicinus ... ex-traheret ensem seu cutelum agalono, cortel-lessam, dagam vel aliquem gladium vetitum aguadina, seu a fodro, causa volendi ludere persolatium unius ... solvat pro bano soldos vigin-ti tert» (Biasca 1434 [14]).

1.4. Sul comportamento da tenere in rela-zione ai coltelli sono attestate alcune usanze ecredenze. Ampiamente diffusa la consuetudi-ne di non regalare coltelli o di contraccambia-re un loro eventuale dono con una monetina:regalaa cortéi e panétt l’èra n’ofésa dri pénsg,regalare coltelli e fazzoletti era una delle peg-giori offese che si potessero fare (Biasca [15]).Altre credenze sanzionano certi usi del coltel-lo nel contesto del pasto e del taglio del pane:si diceva che el pòrta disgrazzia incrosaa for-chèta e cortéll sol piatt, porta sfortuna incro-ciare forchetta e coltello sul piatto (RoveredoGrig. [16]), i vécc i dis da faa na crós sol pan

prima de taiall e da miga pientaa el cortéll intel pan perchè e s fa penaa i anim del purgatò-ri, i vecchi dicono di fare una croce sul paneprima di tagliarlo e di non conficcarvi il col-tello perché in tal modo si farebbero penare leanime del purgatorio (S. Vittore [17]).

1.5. I coltelli compaiono in alcuni giochid’abilità per ragazzi: el giögh dal cortéll, il gio-co del coltello (Losone) consiste nel riuscire aconficcare un coltello nel terreno verticalmen-te lanciandolo con modalità varie [18]: i fiòi igiügáa a mama, i saltáa ra gòrda ..., i fiéi i lan-táa l cilío, i giügáa al cortéll, al rodèsim, lebambine giocavano a fare la mamma, saltava-no la corda, i ragazzi lanciavano la lippa, gio-cavanoal coltello,almulino (Biasca [19]); un’al-tra variante del gioco consiste nel tenere ilcoltello con la mano destra e farlo passare frale dita aperte della sinistra appoggiata sul pra-to [20].

1.6. Il termine figura anche nella designa-zione di una ricorrenza religiosa: con la Madò-na di curtéi, la Madonna dei coltelli, si indica

Fig. 99. Una fase del gioco del coltello: a turno i gio-catori devono cercare di conficcare il temperino nelterreno verticalmente, lanciandolo con modalità va-rie (Comano; Ur Sgarbelée 1994).

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il giorno e la festa della Madonna del Carme-lo che si festeggia a Villa, frazione di Coldre-rio, il 16 luglio (Mendrisio); cfr. VSI 4.111-113.

2. Altri strumenti2.1. Cortéll (Faido), curtèll da bagatt (Pedri-

nate), ... da calzolár (Castasegna), trincetto dacalzolaio: lama d’acciaio affilata da una parte,usata per tagliare il cuoio, al cortéll per taiá alcorám l’è sénza manigh, tütt d’azzál, bén mo-rád, il coltello per tagliare il cuoio è senza ma-nico, tutto d’acciaio, ben affilato (Solduno).

2.2. Curtèll dala pulénta, coltello della po-lenta (Stabio), ... par taiaa ul levaa dra pulén-ta, per tagliare la massa della polenta (Grave-sano [21]): interamente di legno; curtéll dasflurè, coltello di legno per staccare la pannadalle pareti del recipiente, prima di toglierlacon la spannatoia e usarla per la produzionedel burro (Bondo [22]); curtéll, coltello di legnoper tagliare la pasta fresca di formaggio depo-sitatasi sul fondo della caldaia, secondo il nu-mero di forme che se ne vogliono ricavare(Quinto).

2.3. Curtéll de düü mani¥ (Montecarasso),cortéll a dó mèi (Osco), coltello a due manici, a due mani: coltello a petto, arnese per inta-gliare il legno costituito da una lama con duepiccoli manici alle estremità; cfr. nell’inventa-rio dei beni lasciati a una vedova dal marito:«unus cutelus a duabus manibus» (RoveredoGrig. 1487 [23]); in riferimento all’artigianoche ne fa uso e agli oggetti per i quali è impie-gato è detto anche curtèll da zucurín (Pedri-nate), ... da cadregatt (Cabbio), cortéll da dòva(S. Domenica), coltello dello zoccolaio, del seg-giolaio, da doga; – a Poschiavo il curtèll da dúaman è usato dai boscaioli per scortecciare tron-chi giovani [24]; a Lumino tale arnese è chia-

mato curtéll mericán, coltello americano. –Curtèll stòrt (Lugano), cortèll a stòrt (Bellinzo-na), coltello (a) storto: tipo di coltelloa petto conle impugnature rivolte in direzioni opposte,usato per levigare grossolanamente le doghe.

2.4. Curtéll a mezelüne, mezzaluna (Roba-sacco); fuori della Svizzera italiana, lo stessoutensile è detto curtèll cròcc (Bormio).

2.5. Cortéll da pizzòchen (Mesocco), curtèlldra pasta (Agno), coltello da pizzoccheri, dellapasta: tagliapasta; cortéll da ramondè, coltel-lo per rifinire: utensile del pasticciere per re-cidere i lembi delle paste (Giornico).

2.6. Curtèll (Soazza [25]), curtéll de raspá lesisti (Chironico), coltello per raschiare la ma-dia: radimadia.

2.7. Cortéll de vedriatt, spatola stretta delvetraio (Roveredo Grig.).

2.8. Curtèll da gass (Lugano), cortèll da gass(Locarno), ferro, attrezzo usato per conficcarela stoppa nelle commessure fra le doghe (Lo-carno) o le assi del fasciame della barca (Lu-gano).

2.9. Cortéll de zòcri, coltello degli zoccoli: ar-nese di forma arrotondata a manico fisso (Ira-gna).

2.10. Cortéll (Astano), curtéll da taiaa i vi-nèsc (Brontallo), sorta di mannaia per tagliareil pane delle vinacce torchiate.

3. Lama, parte tagliente di un utensileCurtéll da dú curtéll, coltello a due lame

(Cugnasco), curtégl (Poschiavo), curtéi dela fòr-basg (Soglio), lame della forbice; – curtéll dapióne, lama della pialla (Robasacco); – curtèll(Cabbio), curtéll der arò (Montecarasso), col-tro, lama d’acciaio davanti al vomere dell’ara-tro [26]; – curtèll, lama della macchina per ma-cinare la carne per gli insaccati (Stabio [27]).

Fig. 100. Trincetti da calzolaio (Collezione etnografi-ca dello Stato; fot. R. Pellegrini).

Fig. 101. Coltelli a due manici (Collezione etnografi-ca dello Stato; fot. R. Pellegrini).

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4. Altri significati4.1. Curtéi, stecche verticali appuntite all’e-

stremità inferiore poste nella parte superioree più larga della gerla (SottoP.).

4.2. A Cugnasco, i curtéll, i denti.4.3. A Lumino, al pl., cortéi, iris, giaggiolo,

Iris germanica [28].

5. Paragoni, locuzioni, modi di dire5.1. Cortèll comé quèll ch’a taiá vía r’orègia

a san Marche, coltello come quello che ha ta-gliato l’orecchio a S. Marco (in realtà Malco):vecchio, molto usato, poco tagliente (Bogno).

5.2.1. Föia facia a cortéll, foglia fatta a col-tello: di forma allungata, ovale (Sonvico). – A/da/ in/ par cortèll, posto sul fianco, di lato, ditraverso, in verticale: métt i madón in pée o acortéll, mettere i mattoni in piedi o in costa(Brissago), quarciá de quadréi metüü per cor-téi, copriredimattonidispostidi traverso (Gan-dria); passá in curtèll, passare in coltello: ditraverso, girandosi sul fianco (Rovio), dormígnin curtèll, dormire su un fianco (Brione s. Mi-nusio).

5.2.2. Ti é fècc balaa i cortéll, hai fatto bal-lare i coltelli: hai dato botte (Sonogno). – Fá fò-ro i rasói cul curtéll, far valere le proprie ra-gioni col coltello: con la prepotenza, con modisgarbati (Chironico). – Adéss l’a moraa ul cur-tèll, adesso ha affilato il coltello: ha incomin-ciato a malignare, a sparlare (Viganello). – Par-lass coi cortéi, parlarsi con i coltelli: essere incattivi rapporti, non andare d’accordo (Maga-dino). – Sentiss pientaa dént i curtéi, sentirsitrafiggere dai coltelli: avere fitte dolorose (Lo-sone). – Servíd a curtèll, serviti a coltello: mol-to bene (Viganello). – Gh’éva na nébia da taiácol cortèll, c’era una nebbia da tagliare col col-tello: fitta (Brusino Arsizio), vin ch’a s pò taiácur curtèll, vino che si può tagliare col coltello:corposo (Grancia), da taièe cul curtéll, da ta-gliare col coltello: di caffè carico, forte (BrioneVerz.). – Töll mía f∑ cul curtèll, non toglierlo colcoltello: per invitare chi toglie il pesce dalla re-te a non usare modi rozzi, maldestri (circ. Ca-rona, Ceresio [29]).

5.2.3. I è cóme cavra e cortéll, sono come ca-pra e coltello: ostili (Brissago). – U n’a fècc dacòsta e da curtéll, ne ha fatte di costa e di la-ma: ne ha fatte d’ogni sorta, di cotte e di crude(Airolo [30]). – Mangiá pan e curtèll, mangia-re pane e coltello: pane senza companatico(Stabio); viv de pan e cortéll, vivere con pochimezzi (Brissago); anche in alcune rime: pan enós mangè di spós, pan e curtéll mangè da ≤én,pane e noci mangiare da sposi, pane e coltello

mangiare da cane (Quinto), l’é gnè un grèi bélla fè pan e curtéll, non è per niente bello man-giare pane e coltello (Quinto); – pagn e cortéi,pane e coltelli: di persone in discordia (Biasca[31]), mangèe pèn e cortéll, essere in discordia,in disaccordo (Gerra Gamb.). – I è cóme spad ecortill, sono come spade e coltelli: sempre in di-scordia, in rissa (Leontica); i éva tütt cüü e ca-misa e incöö i è a spada e curtéll e i pò pi® slü-miss, erano amici per la pelle e adesso sono aiferri corti e non possono più sopportarsi (Ca-morino). – Trovass tra spada e curtéll, trovarsitra spada e coltello: tra due pericoli (Brione s.Minusio).

5.2.4. Vèss cul curtéll ala góla, essere col col-tello alla gola: forzato, costretto (Cavergno),métom pé miga r cortèll ara góra, non metter-mi poi il coltello alla gola: a un creditore per invitarlo a non esigere la restituzione del de-naro in breve tempo (Villa Lug.); la diffusa lo-cuzione assume in alcune località particolarisfumature di significato: faa i ròpp col cortéllala góla, fare le cose sotto la pressione di unascadenza imminente (Intragna), vèss sémprocol cortéll ala góla, sentirsi costantemente mi-nacciati da un pericolo incombente (RoveredoGrig. [32]); – cun ul curtèll ala góla, sorveglia-to, tenuto d’occhio (Balerna). – Vée lu curtéllpala lama, avere il coltello per la lama: tro-varsi in una situazione sfavorevole (Peccia). –Végh al cortèll in man, trovarsi in una posizio-ne favorevole, di forza, di vantaggio (gene-ralm.). – El cortéll pel manigh a gh l’ò mí, ilcoltello dalla parte del manico ce l’ho io: sonoin una situazione di vantaggio (Brissago); inalcune località la locuzione è anche usata nelsenso di ‘avere ragione’: a gh’ò ur cortéll parmanegh, ho ragione (Aranno). – Quéll curtèll algh’a un bèll manigh, quel coltello ha un bel manico: quella persona ha tanta ambizione(Agno). – Piantán el curtéll in der mi≤a, infig-gere il coltello nel pane: dividere un patrimo-nio (Brione s. Minusio). – Taiòu sgiú col curtélldi pizzòchen, tagliato col tagliapasta: sempli-ce, alla buona, bonaccione (Mesocco).

5.2.5. Véss sótt, a fil de cortéll, essere sotto,a filo di coltello: essere in lite, in profondo di-saccordo (Grono). – A fir da cortéll, a filo di col-tello: con precisione (Carasso). – I s tularéss sü-la fór≤adal curtéll, si prenderebbero sulla forcadel coltello: sono nemici acerrimi, si odiano(Campo VMa.). – Guèr da curtèll, guerre di col-tello: civili o religiose (Viganello). – U m parèvach’a nèss süla pónta di curtéi, mi sembrava dicamminare sulla punta dei coltelli: malamen-te (Campo VMa.). – Véigh na séid da curtill,

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avere una sete da coltello: avere fame, appeti-to (Olivone).

5.3.1. Stu curtèll al taia püssé dala còsta chedal firétt, questo coltello taglia di più dalla co-sta che dal filo (Rovio), el mè cortéll el tagliagnanch la mascarpa frésca, il mio coltello nontaglia neanche la ricotta fresca (Soazza), stocortéll o taia mè mí, questo coltello taglia comeme (Osogna): non taglia; – l’è un curtèll che ltaia quéll ch’al véd e l lassa stá quéll ch’al tó-ca, è un coltello che taglia quel che vede e lasciastare quello che tocca (Viganello), stu curtéll utaia quéll ch’u vi e u lassa quéll ch’u tròva, que-sto coltello taglia quel che vede e lascia quelche trova (Isone): non taglia; anche come indo-vinello: al taia quéll ca l vé, al lascia stè quéllca l tóca: el curtéll ca taia pòch, taglia quelloche vede, lascia stare quello che tocca: il col-tello che taglia poco (Breg. [33]).

5.3.2. Végh la panza che e s pò molágh súcortéi, avere la pancia su cui si possono affila-re i coltelli: gonfia (Roveredo Grig.).

6. Sentenze, proverbiFerdiéll, curtiéll, fratelli, coltelli (Gresso),

dui fradéi, dui cortéi, due fratelli, due coltelli(Palagnedra), chi i a fradéi i a curtéi, chi ha fra-telli ha coltelli (Campo VMa.), sangw de fre-déll, sangw de cortéll, sangue di fratello, san-gue di coltello (S. Abbondio), amór da fradéi,spada e curtéi, amor di fratelli, spada e coltel-li (Peccia), amúr da fradèll, amúr da curtèll,amore di fratello, amore di coltello (Campoco-logno): le sentenze sono usate per indicare lamutevolezza dell’amore fraterno, che può fa-cilmente tramutarsi in odio; a Viganello, comeriferisce il corrispondente, il detto amúr dafredèll, amúr da curtèll, è usato dalle sorelleper rimproverare ai fratelli mancanza di affet-to nei loro confronti; ad Aquila amór da fradill,amór da curtill, amór da sróo, amór da rasóo,amore di fratello, amore di coltello, amore disorella,amoredi rasoio [34], a Loco ferdiéll cur-tiéll, pariént turmiént, fratelli coltelli, parentitormenti [35]. – Quand che o s pò miga ≤apèe lcortéll pal mènigh, convégn miga ≤apall pal fir,quando non si può prendere il coltello per ilmanico, non conviene prenderlo per il filo: èinutile addurre ragioni che non si è in grado disostenere (Iragna). – Fign ch’a pudii, tegnii alcurtéll in magn, s’a vorii mía restaa sinza untöcch da pagn, fin che potete, tenete il coltelloin mano, se non volete restare senza un tozzodi pane (Minusio [36]). – Sgiögh de cortéll,sgiögh miga béll, gioco di coltello, gioco pocobello (Iragna). – Chi mazza cul curtèll, dal cur-

tèll rèsta mazzaa, chi uccide col coltello, dal col-tello resta ucciso (Viganello) e, adattato da unproverbio italiano simile, chi de curtéll feriss,de curtéll periss, chi di coltello ferisce, di col-tello perisce (Isone): chi danneggia gli altri de-ve aspettarsi una reazione analoga. – Anca ulschèrz püssée che bèll föra da témp l’è un culpda curtèll, anche lo scherzo più che bello al mo-mentosbagliato è un colpo di coltello: è un’azio-ne sgradita (Vacallo). – Al curtèll al dév maitucá la bóca, il coltello non deve mai toccare labocca:altrimentiè pericoloso (Rovio). – Al témpdala mazza nu n sa mprésta vía curtéi, nel pe-riodo della macellazione non si prestano col-telli: i favori si fanno con ponderazione (Vacal-lo).

7. Detti scherzosi, rime7.1. Al mè cortéll i i ciaman Filizz, chi che o

vò dorall i ann da paghè ol ficc, il mio coltellolo chiamano Felice, quelli che vogliono usarlodevono pagare l’affitto (Dalpe), el mè cortéll elgh’a ném Remicc, chi l tóca paga el ficc, il miocoltello ha nome Remigio, chi lo tocca paga l’af-fitto: detto ai bambini quando non si vuole da-re loro un coltello per paura che si feriscano(Soazza). – Cürta tovaie, cortéll ch’a na taia,pèn sècch, fromagèle marsce, tovaglia corta,coltello che non taglia, pane secco, formaggel-la marcia: per commentare una mensa povera(Gerra Gamb.).

7.2. Margarita tripa tripa, trí curtéi in d’unamica, trí da sciá, trí da lá, Margarita scuva lacá, Margherita trippa trippa, tre coltelli in unapagnotta, tre di qua, tre di là, Margherita sco-pa la casa (Rovio [37]). – Din dón campanón,quatro vécc in sür balcón, vüna ch’a fira, ... vü-na ch’a fa i curtéi d’argént par taiágh ra crapaar vént, din don campanone, quattro vecchie

Fig. 102. Vecchio coltello con il manico di legno (Col-lezione etnografica dello Stato; fot. R. Pellegrini).

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sul balcone, una che fila, una che fa i coltellid’argento per tagliare la testa al vento: per farballare o dondolare i bambini sulle ginocchia(Malc. [38]), chèla una, chèla dòo, chèla trè, ...trii curtéi da spezièe e la lira dlu formagèe,quella una, quella due, quella tre, tre coltellida speziale e il frangicagliata del formaggiaio:inizio di una conta (Cavergno [39]), lumèga,lumèga, buta i còrn, sedenò e végn quater caváibianch cul curtéll guzz a scavatt el carnaruzz,lumaca, lumaca, allunga le corna, sennò arri-vano quattro cavalli bianchi col coltello ap-puntito a cavarti l’esofago (Mesocco [40]). –Cun na gügia scavezzada u facc int curtèll espada, n’u vanzaa amò an pitín, ò facc int ansügürelín, da un ago senza testa ho ricavatocoltello e spada, ne ho avanzato ancora un pez-zettino, ne ho ricavato una piccola scure: ver-si di una filastrocca (Brusio). – La végia cu-china la salta in cusina, la ciapa l curtèll, lamazza l purscèll, la vecchia bacucchina (?) sal-ta in cucina, prende il coltello, ammazza ilmaiale: inizio di una filastrocca (Poschiavo[41]). – Samiói pilói da mila sòrt, trí curtéll imézz al còrp, trí da sciá, trí da lá, i diáura isaröss da cá, semionesi pilói di mille tipi, trecoltelli in mezzo al corpo, tre di qua, tre di là,i diavoli sarebbero di casa: filastrocca con cuigli abitanti di Ludiano dileggiano quelli di Se-mione (Ludiano [42]). – La ≤aura l’é nècia s®pal bós≤. E la s’é pèrza ... I é nècc s® Pédru dedfèr, cula gamba ded fèr, cul curtéll ded fèr. Ul’a mèi pudüda ciapè, la capra è andata su peril bosco. E si è persa. ¬ andato Pietro di ferro,con la gamba di ferro, con il coltello di ferro.Non è riuscito a prenderla: versi dell’epístulada Vòs≤, canzonetta leventinese (Quinto [43];≠ cavra, VSI 5.29).

8. ToponimiLa Vall Curtéll, avvallamento (Sobrio [44]).

9. Derivaticcoorrttaalliinnaa (Moghegno), curtalina (Linescio,

Russo), curtelina (Cavergno) s.f. 1. Cordone dipietre che delimita l'orto (Cavergno, Linescio);striscia di lastre sistemate sul selciato peragevolare il transito di veicoli (Russo). – 2. Pie-tra posta trasversalmente su una strada perdeviare l'acqua piovana (Moghegno).

ccoorrtteelláá, cortelaa, curtelá, curtelaa; acortelá(Caviano), acortelaa (Losone), cortalaa (Broglio,Coglio), cortalán (Brione s. Minusio), cortalè(Faido),cortelè (Giornico, Dalpe, Mesocco, Bon-do), cortelèe (Claro, Lodrino), curtalá (Gresso,Vergeletto), curtalaa (VMa., Intragna), curta-

lán (Intragna), curtalè (Ludiano, Cavagnago,Calpiogna, Osco, Castasegna, Soglio), curtalèr(SopraP.), curtelè (Chironico, Rossura), curte-lèe (Olivone), curtlaa (Cavergno, Someo), cur-tlè (Quinto, circ. Airolo), scortelá (Corticiasca,circ. Sonvico), scortelaa (Torricella-Taverne,Malc.), scurtelá (Robasacco, circ. Pregassona,Riva S. Vitale), scurtelaa (Agno) v. 1. Accoltel-lare, ferire, uccidere a colpi di coltello. – 2. Ta-gliuzzare, mescolare con l'apposito coltellol'impasto d'argilla per la produzione di lateri-zi (Malc., Riva S. Vitale) [45]. – 3. Arare con unaratro munito di coltro (Riva S. Vitale).

1. I l’a curtelò s®, l’hanno accoltellato (Ca-vigliano), scortelá s® comè un can, accoltellarecome un cane: in modo terribile (Certara).

2. Scortelaa ra mólta, tagliuzzare la maltaper raffinarla (Malc. [46]).

ccoorrtteellaaddaa, curtelada; cortalada (Biasca, Bro-glio, Coglio), cortelade (Gerra Gamb., Fescog-gia, Breno), cortelèda (Lodrino, Iragna, Giorni-co, Dalpe, Mesocco), cortelède (Claro), cortlèda(Faido), curtalada (VMa., Gresso, Vergeletto,Intragna, Minusio, Indemini), curtalèda (Mal-vaglia, Ludiano, Calpiogna, Breg.), curtalède(Cavagnago), curtelade (Medeglia, Robasacco),curtelèda (Olivone, Mesocco, Castasegna), cur-telède (Chironico), curtlada (Cavergno, Someo),curtlèda (Quinto, circ. Airolo) s.f. 1. Coltellata,colpo, ferita di coltello; – fitta, dolore improv-viso, lancinante (Villa Lug., Rovio, Stabio); –forte dispiacere, dolore morale. – 2. Cordone,serie di pietre disposte per lo più verticalmen-te l'una accanto all'altra sul terreno o su unmuro con funzione di delimitazione, rinforzo(Medeglia, Isone, Sementina, circ. Bellinzo-na, Airolo, Loc., Rivera, Breganzona, Arogno,Rovio, Mendrisio, Soazza, Castasegna, Po-schiavo); – selciato, acciottolato (Verscio, Ca-vigliano). – 3. Lastra di pietra infissa verti-calmente nel terreno ai margini dei coltivi edelle strade (Camorino), della concimaia (In-demini [47]).

1. Paragoni, modi di dire: l’è stè≤≤ cumè daghna curtalada, è stato come dargli una coltella-ta: di chi riceve una brutta notizia (Intragna),péisg ≤e na curtlèda, peggio di una coltellata:di grave offesa morale (Airolo), üna corteladaal cör, una coltellata al cuore: un vivo dispia-cere (Cimadera), na curtlèda ila s≤éna, una col-tellata nella schiena: un’offesa grave, fatta atradimento (Airolo); – s’i m véss dai na corte-lada a m vigniva miga na góta de sangue, semi avessero dato una coltellata non ne sareb-be uscita una goccia di sangue: ero pietrificatodallo spavento (Certara).

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427CORT¬LL CORT¬LL

2. Toponimi: Cortelada, Curtelada, costa bo-scosa (Gandria [48]), vént dela Cortelada, tipodi vento (Gandria); – la Cortelada do Sgérbi,tratto di un sentiero lastricato con pietre infis-se di costa per rinforzare un punto pericoloso(Avegno [49]).

ccoorrtteelláásscc, curtelásc; corlásc (circ. Tesserete,Sonvico,RoveredoGrig.),cortalásc (Broglio, Co-glio), cortelacc (Sigirino), cortelazz (Lodrino),cortlásc (Faido), curlásc (Cavergno, Mendr.,Posch.), curtaláh (Malvaglia), curtalásc (Line-scio, Cerentino, Aurigeno, Gordevio, Vergelet-to, Intragna), curtalass (Campo VMa.), curte-lacc (Breg.),curtelass (Stabio), curtlásc (Quinto,Airolo) s.m. 1. Coltellaccio, grosso coltello. – 2.Marrancio, squartatoio (Giornico, Balerna, Po-schiavo). – 3. Sorta di mannaia per tagliare ilpane delle vinacce (Viganello). – 4. Sorta digrossa roncola dalla lama larga, generalmentediritta e tronca impiegata per vari usi, quali adesempio tagliare l’erba, la paglia, il legno (circ.Tesserete, Sonvico, Mendr., Posch. [50]); cfr.Fig.103.–5.Coltellacciodiferroa forma di scia-bola usato per tagliuzzare e rimestare l'impa-sto di argilla per la produzione di laterizi(Malc. [51]). – 6. Al pl., iris, giaggiolo (Lumino).

ccoorrtteellééee (Locarno, Roveredo Grig.), curtaléi(Calpiogna) s.m. Coltellaio.

A S. Vittore, el Cortelée, soprannome di per-sona [52].

ccoorrtteellèètttt (Bellinzona),cortelétt (Lodrino), cur-telétt (Lugano) s.m. 1. Coltellino, temperino(Lodrino). – 2. Tipo di coltello a petto con le im-pugnature rivolte in direzioni opposte, usatoper levigare grossolanamente le doghe (Bellin-zona, Lugano).

2. In entrambe le località è sinonimo dicortèll (a) stòrt (v. al par. 2.3.).

ccoorrtteellíínn, curtelín; cortalígn (Broglio), corte-lígn (Loc.), curtalégn (Ludiano), curtalígn (Mo-ghegno, Vergeletto, Intragna), curtalín (Aqui-la, SopraP.), curtelégn (Auressio), curtelígn(Sementina, Peccia, Crana, Terre Ped., Cugna-sco, Brione Verz.), curtlín (Quinto, Airolo) s.m.1. Coltellino, temperino [53]. – 2. Al pl., pian-taggine, Plantago lanceolata (Posch.).

1. Filastrocca recitata dai bambini il 24 di-cembre: güzza, güzza curtalín, la dumán l’é ldí d puscín, güzza, güzza béll güzzèr, ca dumánl’é l dí d Nadèl, affila affila coltellino, domaniè il giorno del vitellino, affila affila bell’affila-re, che domani è il giorno di Natale (Vicoso-prano [54]).

ccoorrtteelliinnaaddaa (Solduno), curtelinada (Poschia-vo) s.f. 1. Coltellata, colpo, ferita di coltello (Po-schiavo). – 2. Pescaia, argine nel fiume che de-via l'acqua al mulino (Solduno).

ccoorrtteellóónn, curtelón; corlón (Personico), corta-lóm (Broglio), cortalón (Biasca), cortelóm (Cu-gnasco), curtalón (Russo, Vergeletto), curtalòn(Ludiano),curtelóm (Peccia, Brione Verz.), cur-telún (Campocologno),curtielón (Auressio), cur-tlón (Lev.) s.m. Grosso coltello.

Indica in genere il coltello usato dai macel-lai sia per uccidere gli animali che per tagliar-ne la carne: s’ann presté tücc, cola chèdra e colcorlón, par nè int a sanguè al bis’céu che l’èracordó sgi®, si sono prestati tutti, con la cádolae con un grosso coltello, per andare a dissan-guare il maiale che era precipitato (Personico[55]), stu curtalòn l’a sciá l fir cuma ra còsta,questo coltello ha il filo (grosso) come la costa:non taglia (Ludiano); – a Sonvico, cortelón dasciavatín, coltello usato dal calzolaio per rita-gliare le suole. – A Ludiano, ul Curtalòn, so-prannome di persona.

ccuurrttèèllaa (Verscio), curtéla (Calpiogna) nellalocuz.avv. a –, posto sul fianco, di lato, in ver-ticale (Verscio); affilato: di naso (Calpiogna).

10. Compostittiirraaccuurrttèèllll s.m. Individuo violento, manesco

(Cabbio).

Lat. CULTæLLU(M) ‘coltellino’, dim. di CˆLTER ‘col-tello’ [56], con dissimilazione l-l > r-l [57]. – All’origi-ne della designazione della Madonna del Carmelo co-me Madòna di curtéi ‘Madonna dei coltelli’ (par. 1.6.)potrebbero esservi fatti di sangue avvenuti durantetale festa di cui non si è riusciti a trovare traccia pre-cisa [58]. – Per il significato di ‘stecca verticale dellagerla’ (par. 4.1.) cfr., a Bormio, i s.pl. cortelina o cor-

Fig. 103. Il curlásc per tagliare la paglia: disegno ori-ginale, con glosse, del corrispondente di Cernobbio(prov. di Como) per il VSI.

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428CORT¬LL CORTESŒA

telín ‘listelli flessibili intrecciati della gerla’ (Mat.VSI). – Per ‘iris’ (par. 4.3., 9. deriv. cortelásc), ‘pian-taggine’ (par. 9. deriv. cortelín) v. ≠ cortèla. – Il mo-do di dire al par. 5.1. è una reinterpretazione dell’epi-sodio, riportato nel vangelo di Giovanni, in cui S.Pietro, al momento dell’arresto di Gesù, taglia l’orec-chio a Malco, il servo del sommo sacerdote; nel bielle-se infatti per indicare un coltello che non taglia si di-ce al à ta,a,e , urëgge a Malch ‘ha tagliato le orecchiea Malco’ [59]. – Il modo di dire di Campo VMa. ripor-tato al par. 5.2.5. risulta piuttosto oscuro; esso po-trebbe essere il frutto di una sovrapposizione con ildetto vèi süla fór≤a ‘avere sulla forca: vedere di ma-locchio, maltrattare’ raccolto nella stessa località. –La filastrocca di Brusio (par. 7.2.) riecheggia unacanzone popolare dell’Italia del nord [60]. – Al topo-nimo indicato al par. 8. si aggiunga in Prò Curtèla‘luogo caratterizzato da prati molto apprezzati’ (Ron-co s. Ascona [61]) che si ritiene sia in relazione con ilnome della famiglia Cortella, originaria di Losone, icui capostipiti furono professionalmente attivi comefabbricanti di coltelli [62]: il cognome potrebbe riflet-tere una forma f.pl. coltèlla [63]; – fra gli antroponi-mi si segnala anche Cortellezzi, registrato ad Asconanel XIX sec., riconducibile alla forma dial. cortello[64]. – Al derivato cortelásc si aggiungano il nome diluogo Curlásc che indica un maggengo, insediamentointermedio fra il piano e l’alpe (Poschiavo [65]) e, informa documentaria, il cognome Kurtlatsch (Bondo1572 [66]). – Sempre in forma doc. è anche attestatoil deriv. «cortelles(s)am» (Biasca 1434), per il quale v.pure il cognome Cutelessa (Buseno 1671) [67].

B i b l.: AIS 5.979, CHERUB. 1.350-351, Giunte 64,5.48, ANGIOL. 244, MONTI 57.

[1] BSSI 11.246. [2] RAVEGLIA 27. [3] DSI 4.47.170.[4] VMa. rustica 12. [5] TOGNINA, Posch. 180. [6] UR-ECH, QGI 57.321. [7] FONTANA, Selee 41-42. [8] SCHINZ,SvIt. 329. [9] LURATI-BOLLA, Costume 10. [10] Stria50.3. [11] V. HEUSLER, ZSR, NF 28.189, MOTTA, BSSI22.20. [12] Cfr. BIONDELLI, Studii 280, SALVIONI, BSSI19.152,163 n. 1. [13] MOTTA, BSSI 11.37. [14] MOTTA,BSSI 22.104. [15] MAGGINETTI-LURATI 46, cfr. HDA6.206. [16] CATTANEO, AMC 1975.94-95, cfr. HDA 2.199. [17] BÜCHLI, Mythol. 3.849, cfr. HDA 2.204. [18]V. ORTELLI TARONI, CdT 14.5.1992 pag. 53, BIANDA,Tempi 40, cfr. BUSTELLI, Alura 100. [19] MAGGINETTI-LURATI 104. [20] BIANDA, Tempi 40. [21] PASSARDI 97.[22] SCHAAD, Breg. 108. [23] BSSI 31.91, cfr. BSSI11.248. [24] TOGNINA, Posch. 303. [25] DORSCHNER,Brot 67. [26] Cfr. AIS 7.1437 Leg. P. 93. [27] MOMBEL-LI, Terminol.agric. 129. [28] PRONZINI 38. [29] ORTELLI

TARONI, Ceresio 164. [30] BEFFA 105. [31] MAGGINETTI-LURATI 151. [32] RAVEGLIA 54. [33] DECURTINS 11.177.[34] RODESINO, Semin.dial. [35] Voce Ons. 12.6.1. [36]MARTINONI, Proverbi ms. [37] Cfr. GODENZI-CRAMERI

307. [38] GRIGNOLA, Alm.Malc. 1980.168, TODOROVIπ

STRÄHL 78. [39] TODOROVIπ STRÄHL 154. [40] LAMPIET-TI BARELLA 56. [41] GODENZI-CRAMERI 314. [42] GAL-FETTI, Gloss.ms. [43] KELLER, SopraC. 61.270. [44]Mat. RTT, cfr. GIANDEINI 86. [45] ROSSI, Vocab.mal-cant., EBERHARDT MELI, Artigiani 223. [46] ROSSI, Vo-cab.malcant. [47] AIS 6.1178 Leg. P. 70. [48] V. ancheMat. RTT. [49] RTT Avegno 107. [50] Cfr. AIS 3.542Leg. P. 73, TOGNINA, Posch. 157 fig. 56, 208. [51] ROS-SI, Vocab.malcant., DSI 6.71 n. 15, cfr. EBERHARDT ME-LI, Artigiani 37 e n. 33, 223 s.v. sabal. [52] TAMÒ,S.Vittore 115. [53] Cfr. AIS 5.981 P. 73. [54] MORF,Volkslieder 78. [55] DOSI 4.256. [56] DEI 2.1023, DELI2 362, REW 2381, SALVIONI-FARÉ, Postille 2381.[57] V. Salvioni, BSSI 19.152, Posch. 520, SPIESS,VRom. 27.275, LURÀ 78 n. 4, cfr. DEI 2.1023. [58] Cfr.GAROBBIO, AAA 77.161. [59] SELLA, Proverbi 217, cfr.BECCARIA, Sicuterat 153-154, EncIt. 22.1. [60] SVAM-PA, Morosa2 154-157, INZAGHI, Canzoni 22-25, NIGRA,Canti Piem. 2.89, cfr. SCOPACASA, Zicoria 202, GARBA-NI MARCANTINI 20,92. [61] RTT Ronco s. Ascona 122-123. [62] LURATI, Cognomi 204, Nomi di famiglia3 1.372, RTT Ronco s. Ascona 122-123, v. anche GILARDO-NI, AST 21.110. [63] BATTAGLIA 3.328. [64] Nomi di fa-miglia3 1.372, CAFFARELLI-MARCATO 1.522. [65] RN2.121. [66] RN 3.747. [67] BSSI 22.41,104, RN 3.747.

Sofia

cortelón ≠ cortèll

CCOORRTTEESSŒŒAA (korte≈ía) s.f. Cortesia, genti-lezza, affabilità; favore, servizio.

V a r.: cortesía, curtesía; cortesí (Chironico), corte-síe (Gerra Gamb.), curtasgía (SopraP.), curtasía (Mal-vaglia, Ludiano, Russo), curteséia (Auressio), curtesí(Chironico), curtesíe (Medeglia, Sementina), curtisía(Lumino).

1. Locuzioni, modi di dire: pur≤∑gn da cur-tesía, porcherie di cortesia: smancerie, cerimo-nie eccessive (Airolo [1]). – Stüfí da curtesía,soffocare di cortesie: essere noioso (Mendrisio),stüfii de ..., essere troppo zelante, insistente(Gudo), cèrti gént bisögna stüfíi da curtesía,con certa gente occorre essere molto cerimo-niosi (Balerna); strupiaa de cortesía, risponde-re con gentilezza alle offese (Roveredo Grig.[2]). – Métar i man in curtasgía (SopraP. [3]),stá culi man in cortesía (Poschiavo), stare conle mani in mano, oziare.

2. Sentenze, proverbi: in bontá e cortesía as parla con chissessía, usando bontà e cortesiasi può parlare con chiunque (Sonvico); – la trò-

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429CORTESŒA CÒRV

pa curtesía la fa suspetá busía, l’eccessiva cor-tesia rende sospettosi (Poschiavo [4]), falsitá ecurtesía li pònn gh'èssa in dala stéssa persunastría, falsità e cortesia possono trovarsi in unapersona maligna (Poschiavo [5]).

3. A conclusione di una canzone cantata du-rante la questua della prima domenica di mag-gio, grazzie, grazzie da vòssa curtesía, la vòssabóna grazzia nüm a la pòrtum vía, grazie, gra-zie per la vostra generosità, il vostro dono noilo portiamo via (Curio [6]); – scherz. grazziedal distürbo e scüsée pala cortesía, grazie deldisturbo e scusate per la cortesia (Bell.): com-miato che inverte i termini del consueto graz-zie dala cortesía e scüsée pal distürbo.

It. cortesia [7]. – Le locuz. di SopraP. e Poschiavocitate al par 1. trovano corrispondenza nell’eng. sterculs mauns in corteschia ‘stare con le mani in grem-bo’ [8].

B i b l.: [1] BEFFA 227. [2] RAVEGLIA 206. [3] STAM-PA, Bergell 115. [4] GODENZI-CRAMERI 54. [5] GODEN-ZI-CRAMERI 54. [6] Alm.Malc. 1988.66. [7] BATTAGLIA

3.862, DELI2 403. [8] DRG 4.576.

Gianettoni Grassi

cortín, -tini, -tísc, -tív ≠ córt1

CCOORR·· (kor®) pron. Quello (Ble.).

«E da pù ch’r’ha biuu consumôu tucc cuss,r’ha facc na gran carestria in coll paîs, e corùr’ha menzòu a ess in nessistá», e dopo che ebbescialacquato tutto, vi fu una grande carestia inquel paese, e quello cominciò a trovarsi nel bi-sogno, «e coru o-gha dicc: vust fradill r’e tor-nòu», e quello gli disse: vostro fratello è torna-to [1].

Compare nella versione dial. blen. della Paraboladel Figliol Prodigo, riportata nel 1819 dallo Stalder,di cui rimane incerta la varietà (forse di Olivone).Non si registrano riscontri odierni. – Al pari dell’it.colui, e con l’atteso rotacismo di -L- rispetto al mil. co-luu (documentato nei testi del Porta [2]), dal lat. par-lato (EC)CUM ILL˘I (coniato analogicamente su C˘I,per il class. ILLI) [3].

B i b l.: [1] STALDER 410, v. inoltre ASCOLI, AGI 1.266. [2] Cfr. SALVIONI, ID 38.36, Scritti 1.361. [3] DEI2.1024, 3.2281, DELI2 362.

Galfetti

corüda ≠ cór

CCÒÒRRUUMM PPÒÒPPUULLOO (kärum päpulo) nella lo-cuz.avv. a –, pubblicamente, apertamente, confranchezza (Campo VMa.).

Riflette la locuz. lat. CfiRAM PÅPULO che significapropriamente ‘davanti al popolo’, passata nel linguag-giocomuneattraverso il canale liturgico; l’espressionecompare infatti in un passo evangelico della passionedi Cristo secondo Matteo (27,24), che si leggeva la do-menica delle Palme, ove si narra della notissima rea-zione di Pilato, il quale «accepta aqua, lavit manus co-ram populo» [1].

B i b l.: [1] DEI 2.1102, DELI2 395, BATTAGLIA

3.762.

Galfetti

CCÒÒRRVV (k>rf) s.m. Corvo.V a r.: còrv (circ. Mesocco, Cal., Breg., Poschiavo);

≤éruv, ≤èruv, ≤érv (Biasca), chérov (Preonzo, Moleno,Claro), chirov (Claro), còrav (Prugiasco), cörav (Leon-tica, Aquila), cörb, ≤örb (Comologno), còrbe (Corticia-sca, Cimadera), còrev (Leontica), còro (Lev.), còrov(Lodrino, Iragna), còru (Lev.), cöru (Malvaglia), cò-ruv (Lodrino, Chironico, circ. Airolo), córv (Bondo),cörv (Ble.), ≤™rv (Ludiano), còrve (Roveredo Capr.).

1. Come ≠ corbatt, l’appellativo designaspecie diverse di corvidi: l’a davéss crapó nabés’cia, par≤è l’é rüvó i còri, dev’essere mortauna bestia, perché sono arrivati i corvi (Ros-sura), i pasgiói … i s≤ampan ded föi, scistrói egravarói e mía ded tücc i marògn mé i còruv, igracchi si nutrono di foglie, mirtilli e mirtillirossi e non di carne morta come i corvi (Airolo[1]), i còrv i s tiran drè lan carògna, i corvi siradunano attorno alle carogne (Soglio); u girii còri, u vò fá catív témp, girano i corvi, faràbrutto tempo (Chironico), al canta i còrv, alvén brütt témp, gracchiano le cornacchie, verràbrutto tempo (Poschiavo); il corrispondenteper il VSI di Chironico segnala, tuttavia, chela calata di corvi e cornacchie sui prati dopo losfalcio è vista favorevolmente dai contadini lo-cali, perché è considerata pronostico di beltempo; – in un’esclamazione ingiuriosa: póssaspanatt i cöru!, possano divorarti i corvi! (Mal-vaglia). – In espressioni comparative, con fun-zione elativa: néiro cóme un còro, nero come uncorvo: nerissimo (Faido); fig. l’è négru püsséd’um còru, è più nero di un corvo: di personaavara, egoista (Calpiogna); véil tancu n còrv,

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430CÒRV CÒRV

vecchio come un corvo: vecchissimo (Stampa),rar comè i còrbe bianche, raro come i corvibianchi: rarissimo, introvabile (Cimadera),dür mé m còruv, coriaceo come un corvo (Airo-lo), sân cuma um cörv, sano come un corvo: sa-nissimo (Aquila). – U brüsa la ≤è di còruv!, bru-cia la casa dei corvi!: grido lanciato alla vistadi uno stormo di corvi (o cornacchie) per scac-ciarli e allontanare con essi gli indesideratieventi meteorologici che ad essi si associavano(Bedretto).

2.Per trasl., in senso scherz. o spreg., perchévestito di nero, prete, parroco: tu l sèi ca quanca gira i cörav l'è brütt sègn, lo sai che quandogirano i preti è brutto segno (Leontica [2]).

3. Modi di dire, locuzioni3.1. Véss al còrv de catív augüri (Gandria),

... de malauguri (Chironico), essere il corvo delmalaugurio, delle disgrazie, della sfortuna:essere portatore di cattive notizie, una perso-na iettatrice.

3.2. Naa a ciamaa i ≤érv, andare a chiama-re i corvi: vomitare (Biasca [3]).

3.3. Vós de còruv, voce di corvo: stridula,sgradevole (Chironico).

4. Fitonimi4.1. A motivo della forma della foglia, che ri-

chiama l’immagine della zampa dell’uccello, pèd cörv, finocchio e pulsatilla sulfurea (Olivone[4]), … da còrv, ranuncolo di prato (Brusio).

4.2. Si riferiscono invece alle abitudini ali-mentari dei corvidi le denominazioni: papa dcòrv, cioè ‘pappa di corvo’, pianta e frutto delsorbo montano (Landarenca); – sórb de cörb,sorbo degli uccellatori (Comologno [5]); – ughidi còri (= uva dei corvi), bacche, frutti del sam-buco (Sobrio); – ris còrv (= riso corvo), capsulacontenente i semi del colchico (SopraP.).

5. Sentenze, proverbi5.1. L'é nóma i cörv chi vén mai blanch, so-

no solo i corvi che non diventano mai bianchi:constatazione fatta da persone incanutite obrizzolate (Poschiavo [6]).

5.2. S’u s véd i còri a cént a cént, o ch’u fiò-co o ch’u végn u vént, se si vedono corvi a cen-tinaia, o viene a nevicare o verrà il vento(Osco), cörv a cènt a cènt, o ch’a piòv o ch’a fâbèll témp, corvi in quantità, o pioverà o faràbel tempo (Aquila [7]).

6. Toponimi, antroponimi6.1. I Vall dal chérov, avvallamenti in mon-

tagna (Claro), Sprügh di còrov, grotta usatadalle capre come riparo, frequentata anche daicorvi (Lodrino), la Vall di còri, profondo cana-lone (Giornico), al Sasc dal còru, pineta a norddell’abitato (Cavagnago), u Cógn du còru, pa-scolo (Quinto), Mött du córu, pascolo (Dalpe),la Nièda du còruv, località in prossimità delriale Soría (Airolo), ∆r dai còrv (Soazza), Böccdel còrv (Stampa),prati [8];– in formaitalianiz-zata, v. anche Pizzo/ Punta del corvo, denomi-nazioni della stessa montagna, in Valle di Ble-nio, chetrovanospiegazionenelsuocolore nero;a esse si aggiunge forse, in Valle Maggia, il no-me della vetta Cresta del coro [9].

6.2. Al pl., il termine è impiegato come so-prannome per gli abitanti di Airolo [10] e diClaro; in questo contesto va collocato l’uso deltermine che compare in uno degli articoli difondo scritti dal re di carnevale sul locale gior-nalino umoristico: a sóm sciá um chérov vécc, erintanò in dal mè bécc a casci fòro domá la tés-te par sintii indó ch’i fa féste, sono un vecchiocorvo, e rintanato nel mio buco sporgo la testasolo per sentire dove fanno festa (Claro [11]).

7. Derivaticcoorrvvaacccc s.m. Prete (Castasegna). – Cfr. ≠

corbacc.

V. inoltre corvín

8. Compostissppaavveennttaaccòòrrii s.m. 1. Spaventapasseri, spau-

racchio (Rossura, Calpiogna). – 2. Vecchio fu-cile a pietra, archibugio (Calpiogna).

Lat. CÅRVU(M) ‘corvo’ [12]; a una var. *CÅRBU(M), al-la base pure di ≠ corbatt (oltre che dei n.l. deriv. Sas-so Corbaro, promontorio su cui sorge uno dei castellidi Bellinzona, Sass Corbèe, motto, bosco (Cadenazzo)e Sass de Corbée a Villa Lug. [13]) risalgono le formecon -rb-. – La locuz. al par. 3.2. si motiva con i versiprodotti dai conati di vomito, che nella loro sgradevo-lezza richiamano alla memoria quelli dei corvi.

B i b l.: AIS 3.501,502, MONTI 57.[1] BEFFA 210. [2] BERETTA, Nügra 111. [3] STROZ-

ZI 47. [4] Cfr. BOLLA, Aspetti 57. [5] Cultura pop. 250.[6] GODENZI-CRAMERI 65. [7] RODESINO, Semin.dial.[8] Mat. RTT, RTT Giornico 134, ANL Claro 74, Ca-vagnago 45, BEFFA 92, RN 1.468,484, 2.109. [9] Alpitic. 1.92, 3.50, cfr. RTT Fusio 2.123. [10] GILARDONI,Trad.pop. 811, v. inoltre FORNI, Airolo 173, BEFFA 92.[11] RPT 1977.1.2. [12] REW 2269, SALVIONI-FARÉ,Postille 2269, DEI 2.1128, DELI2 404. [13] GUALZA-TA, Fauna 98, Mat. RTT.

Galfetti

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431CÍRVA CORVADA

CCÍÍRRVVAA (kGrva) s.f. Mucchio di sassi (Soaz-za, Mesocco).

V a r.: córba (Mesocco), córva (Soazza).

Na córva de sasc, un mucchio di sassi: for-mato dai sassi tolti nel ripulire prati e pascoli(Soazza [1]), denanz ala pòrta … gh’èra lá mgrand mucc de sass, cóma na córva, che la lastopava fin sú in scima, davanti alla porta c’eraun gran mucchio di sassi, come una córva, chela sbarrava fino in cima (Soazza [2]), va migalá dré a chéla córba, che tu te fai mórd dala bis-sen!, non avvicinarti a quel cumulo di sassi, (ri-schi) che ti fai morsicare dalle vipere! (Mesoc-co [3]), el mè próo l’è prést sciá tutt una córva,il mio prato è ormai quasi ridotto a una sassaia(Soazza [4]), córba, mucchio di sassi caduti daun muro diroccato, da un edificio in rovina(Mesocco). – A forme alter. dell’appellativo sipotranno ricondurre il toponimo doc. «ad Cor-vaziam prat. in terr. de Soazza … in terr. deMixochi» (1438), «a Coruaxia prat. in terr. deMisocho» (1541) e, molto probabilmente, Cor-bétt, nome di una vetta culminante a calotta(Mesocco) [5].

La proposta etimologica di Salvioni che riconducecórba di Mesocco all’agg. lat. CˆRVUS ‘curvo, ricurvo’non convince Schorta [6]; il ricorso a una caratteri-stica esteriore come la curvatura appare in effetti in-sufficiente: occorrerà postulare un accostamento aCÅRBIS ‘cesta’ (cfr. ≠ còrba), suggerito dall’esistenzain Francia di suoi continuatori come gorbe, gorba‘mucchio (di covoni)’ (zona del Massiccio Centrale),gorbo ‘mucchio di pietre’ (Ussel, nel Limosino), v. inol-tre kurbe"uÅ ‘mucchio di letame’ (< CORBÈCULA + -fiNE)(Bagnères, dip. Haute-Garonne), che sorgono proba-bilm. dal paragone fra il mucchio e il contenuto rove-sciato di una cesta [7].

B i b l.: [1] MANTOVANI, TCLoc. 7.65. [2] MANTOVA-NI, TCLoc. 9.23, cfr. 48 n. 89. [3] LAMPIETTI BARELLA

70. [4] Ric. SE Soazza 5. [5] RN 1.481, 2.107, Alpi me-solc. 400 e fot. a pag. 401; v. ancora RN 2.663. [6] SAL-VIONI, BSSI 24.59, RN 2.107. [7] FEW 2.1180, 1181-1182.

Petrini

corvacc ≠ còrv

CCOORRVVAADDAA (korváda) s.f. Giornata di lavo-ro comunitario cui deve prestarsi ogni fami-glia (Mesocco).

V a r.: corvada, curvada.

La consuetudine sopravvive tuttora nellalocalità mesolcinese: in primavera, fra l’inizioe la metà di aprile, il municipio fissa la gior-nata di lavoro gratuito e i compiti da portare atermine; ogni famiglia è tenuta a scegliere unsuo rappresentante che deve ripulire i dintor-ni della propria casa e collaborare con gli altriabitanti della frazione alla pulizia delle stra-de, delle piazze e dei corsi d’acqua (rogge e ru-scelli); nei lavori vengono talora coinvolte an-che le scuole [1]. La mancata partecipazione diuna famiglia comporta una multa: guarda cheala corvada végn un sovrastant a té sgiú el con-tròll de chi che gh’è e de cui che manca, guar-da che alla giornata di lavoro comunitario vie-ne un municipale a controllare chi è presentee chi manca [2].

Attestata a Mesocco anche da altre fonti novecen-tesche [3], la voce sembra isolata nel panorama deidial. it. sett. (fatta l’eccezione del tipo corvée raccoltoin alcuni punti fr.-prov. del Piemonte e in località aessi vicine [4]).

Non deriverà direttam. dal lat. tardo (OPERA) COR-ROGATA ‘opera alla quale si è pregati di prendere par-te’, alla base del fr. corvée [5], nonostante che a esten-dere l’area di diffusione dei suoi continuatori versooriente, dove emergono piuttosto quelli di RÅGITA [6],sembrino invitare alcune tracce nella SvIt. indivi-duate da Lurati dietro ai toponimi Cardada (Loc.),Cardèd (Ble., Verz.), Cardonedo (Lev.) e al verbo doc.breg. «crodare» (XVI sec.) ‘imporre una prestazione avantaggio della comunità’ [7]. Anche perché la vocenon pare attestata in doc. antichi di Mesocco [8] e ne-gli Ordini del 1750 della confinante località di Soaz-za ricorre il diffuso sin. «laurerio comune» [9] (≠ co-m®n 1.1.2.), è preferibile ritenerla una resa del fr.corvée nel senso specifico di ‘travaux réglementairesque se partagent à tour de rôle les membres d’une col-lectivité municipale (ou une communeauté libre)pour les besoins de cette dernière’ [10] o dei suoi pre-stiti it. corvè ‘comandata, lavoro per il comune’ [11],mil. dell’Ottocento corvée «comandata; … soprassel-lo di lavorar pel comune» [12]. Più precisamente, rap-presenterà un caso di adattamento analogo all’it. dilivello colto corvata [13], nel quale può avere svoltoun ruolo la conoscenza del fr. acquisita dai mesocco-ni con l’emigrazione [14].

B i b l.: [1] Comunic. di L. Corfu. [2] LAMPIETTI BA-RELLA 71. [3] AIS 4.818 Leg. P. 44, ASV, Komm. 1.534,Mat. CAMASTRAL, SANTI, QGI 44.280 n. 18. [4] Cfr. AIS4.818 Leg. P. 121-124,140. [5] REW 2255, FEW 2.1227; v. anche NIERMEYER 1.363,364. [6] V. JUD, ZSG4.434-436. [7] LURATI, Dial. e it.reg. 94-96, Lomb. eTic. 14. [8] Comunic. di L. Corfu. [9] SANTI, QGI44.270. [10] TLF 6.246. [11] PRATI, VEI 328. [12] CHE-

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432CORVADA CÖS

RUB. 1.352. [13] BATTAGLIA 3.868, DELI2 404. [14] Cfr.SPIESS, Elem.stran. 2.172, v. inoltre LAMPIETTI BAREL-LA, QGI 49.49,61, SANTI, QGI 49.101-103 n. 43,48,52.

Petrini

CCOORRVVÉÉ (korvs) s.f. Servizio di fatica impo-sto a turno ai soldati.

V a r.: corvé, corvée, curvé.

In generale, nella locuz. vèss de corvé, es-sere di cucina (Sonvico), véss da corvé, essereobbligato alla pulitura della caserma (Giorni-co); – recentemente assume qua e là il sensodi ‘compito ingrato’: l’a fai na gran corvé, quélllí, ha portato a termine un incarico partico-larmente faticoso e noioso, quello (Mendri-sio).

Ha riscontri in diversi diz. dial. dell’Italia sett. [1],generalm. dipendenti dalla ricezione in Italia del si-gnificato militare del fr. corvée, sorto in Francia solonel 1835 [2]; l’estensione a indicare «lepidamente …ogni commissione od ufficio ingrato» (Panzini) è an-che dell’it. [3]. – Cfr. ≠ corvada.

B i b l.: [1] SERAZZI-CARLONE 121, OGLINO 54, BEL-LETTI, Diz. 1.463, MALASPINA 1.491, MESCHIERI 197,CROATTO 244. [2] DEI 2.1128, BATTAGLIA 3.868, FEW2.1227, HOPE, Lexical Borrowing 2.486. [3] Cfr. COR-TELAZZO, LN 5.58; v. anche ARRIGHI 157.

Petrini

CCOORRVVŒŒNN (korvíÆ) nella locuz.s. spin –, spi-nocervino, Rhamnus cathartica L. (Tic. [1]).

¬ presente, ma non abbondante, in tutte leregioni del cantone, specialmente in zone sas-sose, fino a 1100 m di altezza. Dalle bacche edalla corteccia si ricava uno sciroppo dalle pro-prietà purgative [2].

Alla luce del tipo cervino, diffuso ampiamente neidial. it. [3], il dato tic. documentato da Franzoni nel1890 appare piuttosto sospetto, tanto da far pensa-re a un errore di trascrizione, che Chenevard e Pen-zig hanno a loro volta riportato; una derivazione dallat. CORVÎNUS ‘che è del corvo’, a motivo del colore ne-ro delle sue bacche [4], non è tuttavia impossibile:cfr. il sin. böscior negher, alla lettera ‘cespuglio spi-noso nero’ registrato dallo Chenevard nel 1910 [5].

B i b l.: [1] FRANZONI, Piante 61; v. anche PENZIG,Flora 1.404. [2] FRANZONI, Piante 61, CHENEVARD, Ca-talogue 325. [3] PENZIG, Flora 1.404. [4] REW 2268a,

DEI 2.1128, DELI2 404. [5] CHENEVARD, Catalogue325.

Galfetti

corzetère ≠ corsétt

CCÖÖSS (k©s) v. Cuocere.V a r.: ≤és, ≤ésg (Biasca), chés (Carasso, Gorduno,

Lumino, Claro, Mergoscia, Villa Lug., Mesolc.), chésg(Soazza), chéus (Preonzo, Personico, Bodio), chéusg(Cavagnago, Anzonico), chiéusg (Anzonico [1]), chí-usg (Sobrio), ciòs, ciösg (Chironico), cögiar (SottoP.),c∑isgiar (Vicosoprano), còs (VMa., Loc.), cös (Tic., Me-socco, Brusio), ≤ös (Ludiano, Marolta, circ. Airolo), cò-sa (Poschiavo), còsg (VMa., Intragna, Mergoscia), cösg(Iragna, Cavagnago, Avegno, Cal., Castasegna, Bon-do), cösger (Bondo, Soglio), cösgiar (Breg.), cöus (Lo-drino, Giornico), cöüs (Giornico), c™üs (Pollegio), cöusg, cöüsg (Lodrino), cúas, c®es (Isone), cüs (Leon-tica).

1. In funzione transitiva (e intransitiva, seretto dal verbo fá ‘fare’)

1.1. Cuocere, bollire, cucinare alimenti: itirévan vía la crama di ültim past e p∑ faséanla tórta d pan e la ≤öséan ila pigna, scremava-no la panna dal latte delle ultime mungiture epoi preparavano la torta di pane e la cuoceva-no nella stufa di sasso (Airolo [2]), còsg al da-mangiaa, cuocere il pranzo (Broglio), faa còs ilbiduu, fondere il burro per conservarlo (Cavi-gliano): il corrispondente di Brissago annotache durante la fusione, per eliminare le impu-rità in esso contenute, si usava aggiungere del-le cipolle o pezzi di pane; ul sú d setémbra u cösun öu, il sole settembrino cuoce un uovo: tan-to è caldo (Olivone); – fè cös la ≤èrn, cuocere lacarne (Quinto), mí l gniff a i fagh c®es in rubrunz, a végnei püssè bun, io le patate le fac-cio cuocere nella marmitta, riescono più buo-ne (Isone), ò facc cös un pair∑u ad ball e vur-tígh pal pörh, ho fatto bollire un paiolo dipatate e ortiche per il maiale (Malvaglia [3]).

1.2. Per similitudine: fare bollire in acqua oaltro liquido: còsg lu fía, sottoporre a bolliturail filaticcio di canapa (Cavergno, cfr. VSI 3.442), faa còsg la büiada, bollire il bucato (Pec-cia), int ono gran caldére om fasgéve cösg lascéndre, in una gran caldaia facevamo bollirela cenere: per preparare il ranno (Braggio); –trasformare, preparare mediante l’azione delfuoco, del calore: còsg la calscina, cuocere lacalce, calcinare (Cavergno), fá cös la purcela-na, cuocere la porcellana (Viganello), còsg lu

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433CÖS CÖS

légn, fare essiccare il legname da opera col fuo-co (Cavergno), v. inoltre il doc. «il tempo perfar chossere la tentura» (Soazza 1721 [4]); nelComasco, cös al cafè, tostare il caffè (Cernob-bio). – Per estensione, faa còs i pèll, sottopor-re le pelli a ripetuti bagni nella concia (Pala-gnedra).

1.3. In senso traslato1.3.1. Far seccare, inaridire, bruciare, con

particolare riferimento all’azione del gelo, del-la brina (Sigirino, Grancia): ra prüina r’a faicös i gèm, la i a fai crudá, la brina ha bruciatole gemme, le ha fatte cadere (Grancia). – Sóoche còs i scervéi, sole che crogiola le cervella:che è particolarmente cocente (Brissago).

1.3.2. A Isone, annichilire qualcuno redar-guendolo o rinfacciandogli qualcosa.

1.3.3. Come pronom. intr., preoccuparsi, af-fannarsi,affliggersi, crucciarsi (Vairano, Gran-cia, Rovio): u s còs, si cruccia (Vairano), cösatmiga parchè r tò óm ar ciapa ra cióca da tantin tant!, non affliggerti se tuo marito si ubria-ca di tanto in tanto! (Grancia); cfr., fuori dellaSvizzera italiana, el se cösg de par l®, si afflig-ge da sé (Villa di Chiavenna).

2. In funzione intransitiva2.1. Ricevere cottura, subire un trattamen-

to mediante il fuoco, il calore: l'è giá m bèll pèzzche la chés l'ordiada int el brónz, è già da unbel pezzo che l’orzata sta cuocendo nella mar-mitta (Roveredo Grig. [5]), èi cus®d bégn le cas-tégn?, sono cotte bene le castagne? (Isone),cóm’al stanta a chés sto poiatt!, come stenta acuocere questa carbonaia! (Villa Lug.).

2.2. Bollire (Chironico [6], Landarenca, Au-gio, Poschiavo): sül fögh o s métt lá un caldir∑abastansa grand pién d’accu a cösg, sul fuocosi pone un paiolo colmo d’acqua a bollire (Au-gio), l’accu dala polénte la cösg, l’acqua per lapolenta bolle (Landarenca).

2.3. In senso figurato2.3.1. In relazione agli effetti di un surri-

scaldamento: tira fòra qui snubú che i ta cös ipée!, togli quegli stivali che ti cuociono i pie-di!: per la sudorazione (Camorino), el capita-va che una quaivüna la lassava el balött a re-gata da sú e ga cuséva el scervéll, capitava chequalcuna lasciava il bambino sotto la sferzadel sole e gli crogiolava il cervello (Camorino),sa s ciapéva r’èqua tröpa buiénta, l’éra fècilch’a gh cuséva ul péir adöss, u gniva vía pi®,se si usava l’acqua troppo bollente, era facileche gli cuocessero le setole addosso, non veni-vano più via: nello spelare il maiale ucciso(Olivone [7]).

2.3.2. Fermentare: detto in particolare delfieno, del letame (Lev., Mergoscia, Landaren-ca, S. Domenica, Breg., Poschiavo): u i va mèidurmí ilu fégn ≤’u ≤öss, non bisogna mai dor-mire nel fieno che sta fermentando (Airolo [8]),in córt la cösgéve e p∑ la vignivi pròpi fini dapodé spándala, nella concimaia il letame fer-mentava frantumandosi finemente, così da poterlo spandere sui prati (Landarenca); perestensione, a Personico e Mergoscia, anchedell’uva, delle vinacce: a còsgela er tina?, bolleil tino? (Mergoscia).

2.3.3. Avere un’eruzione, un’infiammazionecutanea (Palagnedra, Losone, Gamb., Arogno,Rovio, Cabbio): cös sótt i brèsc, avere un arros-samento sotto le braccia (Palagnedra), quandche i fiöö i cusévan in di vargh, ciapavum unlégn da nisciöla vécc che végn f∑ ul cairöö, al pi-cavum e quéla pulverina lí ga la metévum s®,quando i bambini avevano la sudamina all'in-guine, prendevamo un vecchio bastone di noc-ciolo dal quale usciva la tarlatura, lo batteva-moeapplicavamoloro quella polverina (Cabbio[9]); – a Vairano u s còs, si cuoce: detto in par-ticolare della pelle dei bambini o degli amma-lati, quando si infiamma per il contatto conti-nuo con il sudore o l’urina.

2.3.4. Scottare, essere cocente: el fégh elchés, il fuoco scotta (Soazza), incöö ul suu u cös,oggi il sole scotta, è particolarmente cocente(Gravesano). – Come pronom. intr., a Soazza,el s’a chesgiú, si è scottato, ustionato.

2.3.5. Sudare, patire il caldo (generalm.):chí inscí sa cös, qui si muore dal caldo (Bellin-zona), l’è n cald ca s cösg, fa un caldo che si cuo-ce: eccessivo (Castasegna), che calóri! Se ghfóss miga n pò de vént dént per dént, am che-saría, che calura! Se non spirasse di tanto intanto un po’ di vento, cuoceremmo (RoveredoGrig. [10]).

2.3.6. Con riferimento ai sentimenti2.3.6.1. A Viganello fá cös, suscitare compas-

sione.2.3.6.2. A Chiasso, procurare dispiacere, ro-

dere, tormentare: ma cös in fund queicòss datrist, qualcosa di triste mi rode nell’intimo [11].

2.3.6.3. Soffrire, consumarsi per la rabbia(Grancia, Soazza): el chés dala rabgia, si rodedalla rabbia (Soazza), sa vött mai ch’a faga cunquéla béstia d’un óm? Cös e tasé!, che vuoi maiche faccia con quella bestia di marito? Soffriree tacere! (Grancia); – a Melide, bramare, strug-gersi, spasimare: mí cöséva per vedéll on pòoda prèss, da tocall, da carezzall, quéll crispín,io bramavo vederlo da vicino, toccarlo, carez-zarlo, quel ventaglio [12].

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434CÖS CÍSA

2.3.6.4. A Sonvico, seccare, scocciare: al cös,è importuno.

3. Locuzioni, modi di dire3.1. A Peccia còsg sciá, maturare veloce-

mente per il gran calore. – U gh cós adré, ne èinfatuato, innamorato cotto (S. Abbondio), eanalogamente cösas dré, desiderare ardente-mente, struggersi, spasimare (Grancia).

3.2. Dür da cös, spietato, insensibile (Fai-do); stupido, ottuso, ignorante (Olivone, Ros-sura).

3.3. A l pòdi mi¥a ≤és (Biasca [13]), a pòssmía ≤ösgial (Ludiano [14]), non lo posso soffri-re, non riesco a sopportarlo.

3.4. Cös al cör, cuocere il cuore (Rovio), cò-ses el dedént, cuocersi le viscere (Brissago), cò-ses el fidegh, cuocersi il fegato: preoccuparsi,affannarsi, affliggersi, consumarsi dalla rab-bia, dal dispiacere (Brione Verz.); – cös ur cör,importunare, infastidire, affliggere (Grancia).

3.5. Laghémla chés ént el bréd de cá sóa, la-sciamola cuocere nel brodo di casa sua: lascia-mola perdere, non preoccupiamoci di lei (Lu-mino [15]); – lassla ciös!, lascia perdere, nonprendertela! (Chironico).

3.6. Véghen vüna a möi e l'altra a còs, aver-ne una a mollo e l’altra a cuocere: essere sem-pre malaticcio (Brione Verz.).

3.7. A fall ≤és a végn mi¥a fò da dagh a mpérsc, a farlo cuocere non ne esce abbastanzada dar da mangiare a un maiale: di persona in-sulsa, ignorante (Biasca [16]).

4. Derivaticcöössuuddaa (Sonvico), chesüdü (Gorduno), cösü-

de (Fescoggia) s.f. Cottura.ssccööss1 (Olivone, Verz.), schés (Carasso, Gor-

duno, Lumino, Mesolc.), scòs (S. Antonio, Gu-do, Broglio, Cavergno, Campo VMa., Loc.), s≤ös(Airolo), scòsg (Gordevio), scúas, sc®es (Isone)v. 1. Frizzare, prudere, bruciare. – 2. Avere gu-sto forte, acido (Mesocco). – 3. Dispiacere, ro-dere, pesare, infastidire, tormentare (Isone). –4. Avere un’eruzione, un’infiammazione cuta-nea (Gorduno, Campo VMa., Gordevio, Loc.). –5. Cuocere, surriscaldarsi, sudare: specialmen-te dei piedi, per mancanza di traspirazione (Ai-rolo, Roveredo Grig.). – 6. Provare rimorso (So-nogno). – 7. Nella locuz.v. (miga) podé schés,(non) poter soffrire, (non) riuscire a sopportare,vedere di buon occhio (Mesocco).

3. La gh scúas, gli rode, gli dà fastidio.4. U scòs, si dice di chi ha la pelle infiam-

mata, arrossata. – Ad Auressio e Caviglianoanche al riflessivo.

5. I am schés i pée, mi scottano i piedi (Ro-veredo Grig. [17]).

ssccööss2 v. Scuocere (Mendr.). ssccöössaamméénnttee s.m. Bruciore, infiammazione

(Sonvico).ssccooss®® (Intragna, Gerra Gamb.), scosgi® (Gor-

devio), scosú (Brissago), scusú (Loco), scus®(Campo VMa., Comologno), scüs® (Comologno)1. agg. Arrossato, infiammato (Comologno, Ger-ra Gamb.). – 2. s.m. Arrossamento della pelle.

1. Quéll pinígn l’è tütt scus®, i l lassa tröppila pissa, quel bambino ha il sedere tutto ar-rossato, lo lasciano troppo nella sua orina (Co-mologno [18]).

ssccuussaaddüürraa s.f. Arrossamento della pelle(Campo VMa.).

Dal lat. tardo COCæRE per il class. COQUæRE ‘cuoce-re’ [19]. – Per il significato 3.3. e il n. 7. del deriv. scös1

(< EX-COQUæRE), cfr. gli usi analoghi dei v. digerí ‘di-gerire’, ingolá ‘ingoiare, inghiottire’, tassá ‘mastica-re’ che, in espressioni negative, possono assumereanalogam. il senso di ‘non soffrire, non tollerare’; –scös2 sembra un italianismo recente.

B i b l.: AIS 5.952,997, CHERUB. 1.301-302, MONTI,App. 26.

[1] DORSCHNER, Brot 102. [2] DOSI 3.139.31. [3]Voce di Blenio 1995.3.13. [4] QGI 48.308. [5] RAVE-GLIA 31. [6] AIS 5.953 P. 32. [7] DOSI 3.135. [8] BEF-FA 92. [9] LURATI, VRom. 27.247 n. 53. [10] DSI, discoZLDI 2. [11] FONTANA, Ura 15. [12] POCOBELLI, Tilipp77. [13] MAGGINETTI-LURATI 75. [14] GALFETTI, Gloss.ms. [15] PRONZINI, Quadritt 39. [16] MAGGINETTI-LU-RATI 75. [17] CATTANEO, AMC 1974.65. [18] Culturapop. 245-246. [19] REW 2212, SALVIONI-FARÉ, Postil-le 2212, FEW 2.1162, DEI 2.1191, DELI2 424, DVT247.

Galfetti

CCÍÍSSAA (kGÔa) s.f. Scoiattolo.V a r.: cógia (Campo VMa.), cós (Biasca, Leontica,

Lev., VMa., Ons., Intragna, Brissago, Losone), cósa(Semione, circ. Olivone, Personico, Anzonico, Mergo-scia, Verz.), còsa (Verscio), cósg (Chironico, Broglio,Coglio, Moghegno, Intragna), cósgera (Lodrino), có-sgia (Iragna, Maggia, Aurigeno), cósgio (Chironico),cóus (Giornico), cóusa (circ. Giornico), cóusgia (Sobrio,Cavagnago), cus (Claro, Osogna, Ludiano, Corzoneso,Prugiasco, Bedretto, Linescio, Gresso, Comologno,Astano, Pura), cüs (Rovana, Indemini, Miglieglia, Be-digliora, Bruzella), cusa (Carasso, Lumino, Crescia-no, Ons., Palagnedra, Lavertezzo, Brione Verz., Ro-veredo Capr., Bidogno, Sonvico, Cadro, Mesolc.), cüsa(Bell.,Lodrino,Maggia,Minusio,BrioneVerz., Gamb.,SottoC.), ≤üsa (Montecarasso), cuse (Breno, Lopagno),

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435CÍSA CÍSA

cüse (Gerra Gamb.), ≤üse (Sementina), cüsg (Caver-gno), cusgia (Soazza), cüsgia (Corticiasca, Cal.), cü-sgiü (Landarenca), cusu (Claro), cüsü (Gorduno), gü-gia (Bondo), güsa (Posch.), güsg (Stampa), güsgia(SottoP.).

1. I cós i fa só niada s® pai braór¥ dri fòu,gli scoiattoli nidificano sulle biforcazioni deifaggi (Biasca [1]), la cógia la i a la cóva sém-pru im péi, lo scoiattolo ha la coda sempre rit-ta (Campo VMa.), e alóra, t'é facc cascia? Sí, nacusa, e allora, hai fatto preda? Sì, uno scoiat-tolo (Roveredo Grig.), cul traverzè el bósch u vist una cusa che la saltava da un ram a l'al-ter cun un burzacón in bóca, attraversando ilbosco ho visto uno scoiattolo che saltava da unramo all'altro con una pigna in bocca (Mesoc-co), la gügia cun la sé cúa lónga la salta daplènta a plènta, lo scoiattolo con la sua codalunga salta da pianta a pianta (Bondo [2]); va-chinn maiád di cós, strobili rosi dagli scoiatto-li (Leontica), castégn raghignéi dai ratt, daigir, dai cóus, castagne rosicchiate dai topi, daighiri, dagli scoiattoli (Bodio), a sgira tröpp ma-ierí, la cüs la m'a maièo tütt i nüs, ci sono ingiro troppi roditori, lo scoiattolo mi ha man-giato tutte le noci (Linescio).

Lo scoiattolo comune è animale boschivoben diffuso in tutta l'area forestale, dove è pre-sente nella forma rossa e nella forma scura,quasi nera: ra cüsa róssa, ra cüsa négra (Mi-glieglia); tale diversità cromatica non riflettedifferenze specifiche ma pare determinata davari fattori legati al clima, all'altitudine, allacopertura vegetale, all'alimentazione oltre chea caratterizzazioni di natura genetica. Osser-vazioni recenti sembrano comunque indicareche la forma scura vada attualmente espan-dendosi a scapito di quella rossa. Quantunqueanimale protetto, lo scoiattolo era soprattuttoin passato fatto oggetto di caccia per la preli-batezza delle sue carni e per la pregiata pellic-cia; con la sua coda a Rovio i ragazzi solevanoornarsi il cappello.

Quae là, come a Sobrio, Verscio, Canobbio eComano, il termine può indicare anche il ghiro.

2. Alle caratteristiche fisiche dell'animale,alla sua mobilità e rapidità, oltre che a sue pre-sunte particolarità caratteriali, fanno riferi-mento numerosi paragoni: Diégo ... l'ée pròpimé na cósg: l'éve máiru e p∑ svélt, Diego eraproprio come uno scoiattolo, era magro e velo-ce (Chironico [3]), l'è um vedéll comè na cusa,è un vitello come uno scoiattolo: piccolo, ma-gro (Brione Verz.), a r séva miga ch'a r'è stai

marád, e quand r'ò vist grass cumè na cüsa...,non sapevo che fosse stato malato, e quandol'ho visto grasso come uno scoiattolo...: ma-grissimo (Grancia); l'è una cós, è snello (Au-ressio); misóm auzz cóm ene cósa, muso aguz-zo come uno scoiattolo (Mergoscia), müsonscéllda cüsa, musetto da scoiattolo (Rovio), dénc decusa, denti aguzzi (Soazza); – el va in pciantach'el par una cusa, sale sugli alberi come unoscoiattolo (Soazza), la se rampiga sula pésgiadal fégn e la va sú, svèlta cóm una cusa, si ar-rampica sul mucchio di fieno e sale, rapida co-me uno scoiattolo (Mesocco [4]), svèltru mintèuna cüsg, svelto come uno scoiattolo (Caver-gno), u s l'é frichèda mé na cós, se l'è svignatacome uno scoiattolo (Calpiogna); – cüriós mintèuna cüsg, curioso come uno scoiattolo (Caver-gno), la svulazza cula cúa in aria mé na cós,svolazza con la coda ritta come uno scoiattolo:di ragazza che si pavoneggia (Calpiogna).

3. ToponimiDa considerare probabilmente qui, in forma

derivata, il nome locale Cüserèra, bosco (S. Ab-bondio [5]).

4. Derivaticcüüssèèllaa s.f. Scoiattolo (Gandria).ccüüssééttaa (Locarno, Gandria, Grancia, Arogno,

circ. Riva S. Vitale, Balerna), crusèta (CampoVMa.), crusgèta (Peccia), cüréta (Stabio), cusé-ta (Locarno), cusèta (Carasso), cüsèta (Caver-gno, Minusio) s.f. Scoiattolo.

ccüüsséétttt s.m. Scoiattolo (Locarno).

La voce, con alcuni deriv., è diffusa in un'area checomprende tutte le Alpi lomb. e, attraversando l'E-milia occidentale, si spinge fino a Lucca [6]. Origineincerta: all'ipotesi del Salvioni, ripresa dal Guarne-rio e riportata dalla prima ed. del REW [7], che ipo-tizza un *kFsja o *kFtja eventualmente influenzati daaltre parole, si oppone quella del Bertoni [8], che nesuggerisce una di ragione onomatopeica motivata dalverso dell'animale, poi accreditata anche dalla terzaed. del REW. Una sintesi tra le due ipotesi (voce pre-lat. sorta per imitazione del verso emesso dall'ani-male) è poi stata più recentemente proposta da Brac-chi [9]. – V. anche il masch. güsg.

B i b l.: AIS 3.442, MONTI 62.[1] MAGGINETTI-LURATI 98. [2] PICENONI, QGI 14.

207. [3] DOSI 4.185. [4] DSI, disco ZLDI 2. [5] GUAL-ZATA, Fauna 98. [6] BERTONI, AR 1.201, AIS 3.442. [7]SALVIONI, AGI 16.447, GUARNERIO, App.breg. 41.398,REW 4744. [8] BERTONI, AR 1.202. [9] DEG 438, DVT493.

Moretti

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436CÙSA BISCÒSA COSACCH

CCÙÙSSAA BBIISSCCÒÒSSAA (käÔa bi}käÔa) locuz.s. In-dovinello (Bedigliora).

Chésta chí l'è par chi ch'è bón a indovinaasta còsa biscòsa, questa (noce) è per chi è ca-pace di sciogliere questo indovinello [1].

Formazione affine a còssa/ cossina cosséta (v. cos-séta), con duplicazione di parola e inserzione del pre-fisso bis- (a indicare qualcosa di più lontano, v. biscu-gino, bisnonno, bisdrucciolo [2], così come lo è lasoluzione negli indovinelli che va ricercata al di là delsenso letterale), analoga al piem. cosa bescosa ‘unacerta cosa…Modo usato da chi vuol mostrare miste-riosità nel rispondere o nell’accennare checchessia,specialm. coi fanciulli’, e ai novar. (Galliate) scósa-bi-scósa, bust. (s)có(s)si e biscós(s)i, berg. cóssa-biscóssao cóssa-bescóssa ‘indovinello’ [3].

B i b l.: [1] ALBERTI, Paul e Ghita 85. [2] ROHLFS,GrIt. 3.1006. [3] SANT’ALBINO 422, BELLETTI, Diz. 3.195, AZIMONTI 27, GIAVINI 3.49, TIRAB. 392.

Galfetti

CCOOSSAACCCCHH (koÔák) s.m. Piombo munito diun’ancoretta di tre grossi ami e ricoperto dicarta stagnola (circ. Carona, Ceresio [1]).

Il cosacch viene calato in acqua e fatto sob-balzare energicamente affinché il pesce vengaattirato dal suo luccichio e vi rimanga infilza-to [2]; sia nel Ceresio che nel Verbano il suouso è proibito, se non entro precise concessio-ni [3]. – Secondo inchieste recenti il termine,tuttora in uso, designa un oggetto metallicocromato o dorato, lungo circa otto centimetri elargo due, con una o due grosse ancoretteall’estremità, impiegato soprattutto nella pe-sca del pesce persico.

La voce ricorre anche nella regione del Lario e delGarda bresciano (a Pescarenico insieme al sinonimomazzapès, a Lecco accanto al v. cusacá ‘pescare con ilcusacch’) e designa oggetti simili: il cusàch in uso sullago di Annone, per esempio, è formato da un piombosimile a un piccolo pesce con un’ancoretta sulla boc-ca, viene sostenuto direttamente con la lenza e si usaper uncinare pesci di medie dimensioni; il coÓàco usa-to sul Garda invece è costituito da due piccole pira-midi di ottone unite per la base a cui è assicurataun’ancoretta, viene lanciato in acqua con una cannacorta e rigida e mosso a strappi affinché le prede sia-no attirate dalla sua brillantezza e rimangano infil-zate in varie parti del corpo; si usa per persici, luccio, più raramente, cavedani [4]. – Bracchi, commen-

tando un tipo di cusacch con il piombo a forma di pic-colo pesce, propone la derivazione mediante il suff. -acch da CÅSSUS ‘verme, larva’, nella cui evoluzione visono oscillazioni che potrebbero giustificare la pre-senza della sibilante sonora [5]. Nonostante in alcu-ne descrizioni della pesca con questo tipo di oggetto,fra cui quelle relative alla SvIt., sembri che la predanon venga attirata con un’esca posticcia ma con deibagliori, l’ipotesi di una derivazione da CÅSSUS risul-ta comunque interessante; si può infatti supporre chele versioni dell’oggetto senza esca siano posteriori osecondarie rispetto a quelle con il piombo a forma dipiccolo pesce che avrebbero dato nome all’oggetto.

B i b l.: [1] ORTELLI TARONI, Ceresio 163, cfr. 37. [2]Cfr. FAVA, Pesca 62, PIROVANO, Pescatori 144-145,MASSERA 47. [3] B.U. 15.10.2008. [4] BIELLA 352,MASSERA 47, PIROVANO, Pescatori 144-145, 193 n.113, FAVA, Pesca 62, cfr. RICORDI, Pesca 95. [5] BRAC-CHI, Clavenna 37.225, cfr. REW 2278, SALVIONI-FARÉ,Postille 2278.

Sofia

Fig. 104. Vari tipi di cosacch di metallo cromato o do-rato, impiegati dai pescatori del Ceresio (Museo del-la pesca, Caslano; fot. R. Pellegrini).

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437COSCÉ COSC∆NZA

CCOOSSCCÉÉ (ko}s) v. Coricarsi, dormire (Preon-zo).

Attestato solo nel sintagma nèe a coscé, an-dare a dormire [1].

Prestito dal fr. coucher ‘coricare, mettere a letto’[2] (la Francia è stata infatti, insieme all’Olanda, unadelle mete degli emigranti di Preonzo [3]); – il termi-ne trova riscontri in area orient., nel rom. ir a cusché‘andare a dormire’, che si ritiene sia stato introdottoda rimpatriati da regioni francofone [4], e nel cam. acucé/ cuscé ‘a dormire’ [5].

B i b l.: [1]GALLINO, Dialett 18. [2] TLF 6.284, FEW2.905,907. [3] RTT Preonzo 15. [4] DRG 4.595. [5]GOLDANIGA 1.282.

Sofia

CCOOSSCC∆∆NNZZAA (ko}snza) s.f. Coscienza.V a r.: coscénza, cuscénza; coscénsa (Lumino, Son-

vico), coscènza (Biasca), coscénze (Chironico, GerraGamb., Bironico, Breno), coscènze (Landarenca), co-sciénza (Aquila), coscinza (Leontica, Maggia, Minu-sio), coscinzi (Cavergno), cossénza (Soazza), cossiénza(Certara), cuscénsa (Lumino), cuscénse (Medeglia,Robasacco), cuscénze (Medeglia, Robasacco, Sementi-na, Montecarasso, Chironico), cuscíensa (Isone), cu-scinza (Verscio, Minusio, Brione s. Minusio), cuscinzi(Cavergno), cuscinzia (Cavigliano), cussénza (Malva-glia).

1. Coscienza, sensibilità morale1.1. Coscénza quiéta (Rovio), ... in pas (Bo-

dio), ... delicada (Gandria), ... néta (Sonogno),coscienza quieta, in pace, sensibile, pulita: in-tegra; vèss lingér da coscènza, essere leggerodi coscienza: ritenere di essersi comportato be-ne, non avere nulla da rimproverarsi (Biasca[1]); – coscénza che tira e mòla (Rovio), cu-scénza ch’a va e végn (Torricella-Taverne), co-scénza da t∑ e da métt (Giornico), cuscénza lar-ga (Pedrinate), coscienza che tira e molla, cheva e viene, da mettere e togliere, larga: volu-bile; – cuscénza spurca (Russo), ... smagiada(Montecarasso), ... con s® l pél (Bondo), co-scénza fodrada (Rovio), ... da marcant (Caras-so), ... da morinée (Villa Lug.), ... d’òst (Maga-dino), cuscénza da magnán (Calpiogna), ... diavucatt (Peccia), ... ala Tirpiz (Calpiogna), co-scienza sporca, macchiata, con il pelo, fodera-ta, da mercanti, mugnai, osti, avvocati, allaTirpitz: corrotta; u gh’a da vèe la cuscénza nè-gra cuma el tabár del diáulo, deve avere la co-scienza nera come il tabarro del diavolo (Gu-do), a füria da fann ar gh’a ra cuscénza tütt a

tòcch, a furia di compiere azioni malvagie ha lacoscienza a pezzi (Grancia); – nu véir cuscén-za, non avere coscienza: essere senza scrupoli(Stampa), dú l’étt la coscinzi?, dove hai la co-scienza? (Cavergno), «chèll, sí, ≤’u l’a la cuscén-za» «u pò bè véila, ≤’u l’a mèi durèda», «quello,sì, che ce l’ha la coscienza» «certo che ce l’ha,visto che non l’ha mai usata» (Airolo [2]).

L’é afari da cuscénza, è questione di co-scienza (Brusio), quést r’è n cas da cuscénza,va dru prèvad a fall decíd, questo è un caso dicoscienza, va dal prete a farlo risolvere (Gran-cia); – l’é un débat ded coscénza (Dalpe), l’è unòbligh da coscénza (Losone), è un debito/ unobbligo di coscienza: un dovere morale, dalquale non ci si può esimere; – o n’a pöö min¥atant scrüpol de coscénza alcé a robaa, chèllin¥ò, non si fa poi tanti scrupoli di coscienzaneanche a rubare, quello lì (Sonogno); – fè naròba cuntar cuscénza, fare una cosa contro coscienza: in modo contrario ai propri princi-pi morali (Bondo); – supedá ra cuscénza, cal-pestare la coscienza (Grancia), o nò, o nò! Pü-tòst ch’um fagia sénza basélga, cu da véndarla cuscénza, oh no, oh no! Piuttosto si facciasenza chiesa, che vendere la coscienza (Stam-pa [3]); – coscénza che róda, coscienza che ro-de: che logora (Rovio), ma sénti a rimòrd la cu-scénza da miga avé fait la caritá a quéla pòravégia, sento rimordermi la coscienza per nonaver fatto la carità a quella povera vecchia(Brusio); – da cand ch’a r’ó büda fècia a i ó básent® el rimòrs der coscénza, ma l’é b® tròpptard, da quando l’ho fatta ho ben sentito il ri-morso della coscienza, ma è stato troppo tar-di (Sonogno).

1.2. Con riferimento alla pratica religiosa,fè l’esám da coscénza, fare l’esame di coscien-za: richiamare alla memoria i peccati com-messi per prepararsi alla confessione (Faido),sta tént a fá bén r’esám da cuscénza se tu vöcunfessatt bén, sta attento a fare bene l’esamedi coscienza se vuoi confessarti bene (Gran-cia), el pò faa l’esám da coscénza, può farel’esame di coscienza: di chi è in pericolo di mor-te (Carasso).

1.3. A Mendrisio con cuscénza dal Burèla,coscienza del Borella, si indicava uno dei varibeni inesistenti o sporchi messi all’incanto inaste pubbliche umoristiche durante il carne-vale locale; cfr. ≠ argenteri, bianchería, v.inoltre carnevaa, VSI 4.142.

2. Coscienziosità, rettitudineBögna fá li ròbi cun cuscénza, bisogna fare

le cose con onestà (Brusio), quand sa fa i ròpp

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438COSC∆NZA COSC∆NZA

cun cuscénza a s dòrm tranquill, quando si fan-no le cose con lealtà si dorme tranquilli (Lu-diano), al lavura sénza coscénza, lavora senzasenso di responsabilità (Sigirino), ch’i digaquéll ch’i n’a vöia, ma per mí l’è n óm de cu-scíensa, che dicano quello che vogliono, ma perme è un uomo di coscienza: sensibile, corretto(Isone).

3. Esclamazioni3.1. Che cuscénza!, che coscienza!: di chi ha

compiuto un’azione malvagia (Montecarasso,Rovio).

3.2. In coscénza! (Brusio), ... méa! (Sonvico),... du Signór! (Bodio), ... benedéta! (Losone), incuscénza da chér! (Loco), ... buna! (Bondo), incussénza dr’ánima méa! (Malvaglia), in co-scienza!, in coscienza mia!, del Signore!, bene-detta!, di cuore!, buona!, dell’anima mia!, sülamía cuscénza, sulla mia coscienza (Balerna):esclamazioni con cui si garantisce l’attendibi-lità delle proprie affermazioni, si assicura lapropria buona fede e moralità, si formula ungiuramento; al di¥ pròpi in coscénza, l’é pròpivéra!, lo dico proprio in coscienza, è proprio ve-ro! (Sonogno), in coscénza, a pöss mía fall, incoscienza, non posso farlo (Maggia).

4. ParagoniVégh ra cuscénza cumè n gili, avere la co-

scienza come un giglio: pulita (Grancia), véghla coscénza cóme al vin di negozziant, avere lacoscienza come il vino dei negozianti: sporca(Giornico); – spórch cumè la tó cuscénza, spor-co come la tua coscienza: sudicio (Cavigliano),iron. l’è néta cumè ra coscénza d’un murnée, èpulita come la coscienza di un mugnaio: di co-sa sporca (Magliaso).

5. Locuzioni, modi di dire5.1. Ficiá ra cuscénza, affittare la coscien-

za: agire senza scrupoli (Grancia). – Al lassisüla vòssa coscénza, lo lascio sulla vostra co-scienza: delego a voi la responsabilità (Bodio),sa ti vée mía dámai, fa pur cum ti vée, maragòrdat che i t rèsta sula tó cuscénza, se nonvuoi darmeli, fa pure come vuoi, ma ricordatiche restano sulla tua coscienza (Cavigliano). –Végh quaicòss sola coscénza, avere qualcosasulla coscienza: sentirsi colpevole (Osogna), elghe n’a paricc sula cossénza, ne ha parecchiesulla coscienza: è responsabile di molte male-fatte (Soazza), a m par pròpi da végh negótt su-ra coscénza, mi sembra proprio di non avernulla sulla coscienza: di non avere niente darimproverarmi (Villa Lug.).

5.2. Végh la coscénza tachèda a n ciòd, ave-re la coscienza appesa a un chiodo: essere di-sonesto (Osogna). – Véi la cuscénza sótt i péi,avere la coscienza sotto i piedi: essere senzascrupoli (Calpiogna), l’a er coscénza sótt ar sö-ra di scarp, ha la coscienza sotto la suola del-le scarpe (Brione Verz.); al gh’a ra coscénza altravèrse, ha la coscienza di traverso: è senzaritegno (Certara).

5.3. Métt un póo na man ara coscénza, met-ti un po’ una mano alla coscienza: abbi un po’di compassione, di considerazione (Villa Lug.),mètt una man ara cussénza e una ara bórsa,mettere una mano alla coscienza e una allaborsa:esserecompassionevolee generoso (Mal-vaglia); – mètt una man ara coscénza, restitu-ire il maltolto, risarcire (Certara), mètt manala coscénza, pagare il dovuto (Roveredo Grig.).

5.4. Sentiss batt la cuscénze (Sementina),sentiss un rimòrs da cuscénza (Olivone), sentiivöid la coscénza (Brione Verz.), sentirsi batte-re la coscienza/ sentire un rimorso di coscien-za/ la coscienza vuota: essere affamato; mí um righigna quasi ra coscénza, mi rode quasi lacoscienza: incomincio ad avvertire un certolanguorino (Bedigliora [4]), gh’ò sciá lingér la coscénza, ho la coscienza leggera: ho fame(Soazza).

6. Proverbi, sentenzeDe coscénza e n’è comè on grèn de formentón

in tutt el mónd, di coscienza ce n’è quanto unchicco di granoturco in tutto il mondo (Brissa-go [5]), ra cussénza l’è cume un gran ad méi,mitá a gh r’a ul papa e mitá a gh r’am nói, lacoscienza è come un grano di miglio, metà cel’ha il papa e metà ce l’abbiamo noi (Malva-glia). – La cuscénza al dí d’incöö l’è in dalacredénza, la coscienza al giorno d’oggi è nellacredenza: chiusa in un mobile (Viganello). –La cuscénza l’è cumè la ghéta, chi ga n’a e chiga n’a miga (Brusio), ra cuscénza r’è cumè ragalítiga, quaid®n i ra sént, quaid®n nò (Gran-cia), la coscienza è come il solletico, chi ce l’hae chi no/ qualcuno la sente, qualcuno no. – Lacuscénza l’è cumè un cudée, chi la métt dananze chi dadré, la coscienza è come un portacote,chi la mette davanti e chi dietro: per alcunicomportarsi bene è importante, per altri no(Morbio Sup.). – La cuscénza, par tanti, l’è unamòla ch’a va e ch’a végn, la coscienza, per tan-ti, è una molla che va e che viene (Viganello),la cuscénza l’è faia a tira e mòla, la sa scürtae la sa slunga cume sa vör, la coscienza è fat-ta a tira e molla, si accorcia e si allunga comesi vuole (Stabio), ra cuscénza r’è cumè na calzé-

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439COSC∆NZA COSINA

ta, ra sa slarga e ra sa stréng cumá s vö, la co-scienza è come una calzetta, si allarga e sistringe come si vuole (Grancia). – La coscénzal’è comè la tripa, la végn da tücc i part (Cavia-no), ra coscénza l’è cóme ra tripa, la sa sént intüta ra vita (Pura), la coscienza è come la trip-pa, viene da tutte le parti/ la si sente tutta lavita. – Chi gh’a cuscénza néta fa vita quiéta, chiha la coscienza pulita fa vita tranquilla (Po-schiavo [6]). – Ün sasc ca ròdla nu fa müfa, cu-scénza slèta la fa füfa, un sasso che rotola nonfa muschio, coscienza cattiva fa mondiglia: lo-gora (Bondo [7]). – Dala tròpa indülgénza alcréss i sénza cuscénza, dalla troppa indulgen-za crescono i senza coscienza (Poschiavo [8]). –Lingua ingiüriósa, coscinzi tignósa, lingua in-giuriosa, coscienzatignosa: misera (Cavergno).– Avant a Dío cuscénza püra, avant ala géntcumè ca i énn, davanti a Dio coscienza pura,davanti alla gente, come essi sono (Brusio [9]).– Er cuscénza i ¥ l’a in buca dumá i balòss, lacoscienza ce l’hanno in bocca solo i traditori:chi parla molto di coscienza non ne ha (Mon-tecarasso). – I marchènc ded cuscénza, ded laròba di áutri i énan mèi sénza, i negozianti dicoscienza, della roba degli altri non sono maisenza (Calpiogna). – A coscénsa e dané l’è catívsavé, a coscienza e soldi è un cattivo sapere(Sonvico), bórsa a cussénza l’è un catív giüdi-chè, borsa e coscienza è un cattivo giudicare(Malvaglia): quando sono coinvolti i soldi e lacoscienzanonè facile giudicare. – Tücc a gh’annla coscénza e niss®n a gh l’ann istéssa, tuttihanno la coscienza e nessuno ce l’ha uguale(Giornico).

7. Derivaticcoosscceennzziióóss, cuscenziós, cuscenziús; coscen-

siós (Sonvico), coscenzós (Roveredo Grig.), co-scianziós (Gordevio), cuscensiúas (Isone), cu-scianziós (Ludiano), cussanziós (Malvaglia)agg. Coscienzioso, scrupoloso.

Dall’it. coscienza [10]. – In cuscénza ala Tirpiz ‘co-scienza sporca’ (par. 1.1.) il riferimento andrà ad Al-fred von Tirpitz (1849-1930) [11], la cui cattiva famapotrebbe essere dovuta al fatto che era grande am-miraglio delle forze navali tedesche durante l’affon-damento del transatlantico britannico Lusitania(1915). – Il Burèla citato al par. 1.3. corrispondereb-be, secondo un’informatrice del VSI, a Salvatore Bo-rella, nato fra il XVIII e il XIX sec., membro di una fa-miglia di notai attivi in politica a vari livelli [12]. –Le locuz. che significano ‘avere fame’ (par. 5.4.) tro-vano riscontri in area nord occid. it. e in Francia, v.a Vogogna sentígh ná sgi® la cuscénza ‘sentire andar

giù la coscienza: avere fame’, a Suna vègh sgi® la cu-scénsa ‘avere giù la coscienza: id.’, a Vanzone santísgaratá la cuscénza ‘sentir prudere la coscienza: id.’(Mat. VSI), a Galliate a ruîa la cuscénza ‘rode la co-scienza: si ha appetito’ [13], nei vogher. avègh ra cu-sjénsa lónga ‘avere la coscienza lunga: essere ancoradigiuno’, piem. aveje la cossienssa longa ‘avere fame,appetito’ [14], nel fr. pop. e gerg. se mettre (un ali-ment) sur la conscience ‘mettersi (un alimento) sullacoscienza: mangiare qualcosa’, se coller un cataplas-me sur la conscience ‘appiccicarsi un cataplasma sul-la coscienza: mangiare molto’ [15]. Per l’accostamen-to antitetico e irriverente fra qualcosa di spirituale enobile, quale la sensibilità morale, con qualcosa di fi-siologico e prosaico, quale la fame cfr., in area franco-prov., conscience scherz. ‘sedere’ [16].

B i b l.: CHERUB. 1.325, Giunte 60, 5.45, ANGIOL.244.

[1] MAGGINETTI-LURATI 122. [2] BEFFA 105. [3]Stria 66.24. [4] ALBERTI, Paul e Ghita 15. [5] Cfr. BO-RIOLI, SchwAV 23.71. [6] GODENZI-CRAMERI 49, cfr.PASSARDI 97, PICENONI, Alm.Grig. 1938.101. [7] PICE-NONI, QGI 14.210. [8] GODENZI-CRAMERI 55. [9] ZALA

in TRIACCA, Brusio 194. [10] DEI 2.1129, DELI2 405,SALVIONI-FARÉ, Postille 2155a. [11] EncIt. 33.923.[12] Cfr. MEDICI, St.Mendr. 1.555, DSS 2.521. [13]BELLETTI, Diz. 1.463. [14] MARAGLIANO, Diz. 175,SANT’ALBINO 423. [15] TLF 5.1370, cfr. FEW 2.1059.[16] GPSR 4.246.

Sofia

coscenziós ≠ coscénza

CCOOSSIINNAA (koŒna) s.f. Cucina.V a r.: cosgina (S. Domenica), cosina (Personico,

Dalpe, Mergoscia, Rossa), cosini (Gorduno, Claro), cu-gina (Bondo), cusgina (Peccia, SottoP.), cusgin'a (Vi-cosoprano), cusgine (Cavagnago), cusgini (Chironico),cusginna (Soglio), cusina (Isone, Lev., Posch.), cusini(Chironico), cuvina (Fusio). – D o c.: «nella cogina difuoco, … mettere una ferriata, nella cogina su la fe-nestra fatta sopra l’aguarolo» (Vicosoprano 1592 [1]).

1. Locale dove si preparano e si cucinano levivande

1.1. U s’é rótt u tübu e la cusina l’éva un lèisól, si è rotto un tubo e la cucina era tutta unlago (Airolo [2]). – Un tempo, e soprattutto inquelle case che erano sprovviste di un locale disoggiorno riscaldato (stüva), la cucina costi-tuiva nel contesto della vita famigliare il prin-cipale vano dell’abitazione, non solo perché visi preparavano e vi si cuocevano i cibi e vi siconsumavano i pasti, ma anche perché, essen-

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440COSINA COSINA

dovi ubicato il focolare (al quale venne poi adaffiancarsi, verso la fine del XIX sec., la cucinaeconomica), era il locale più riscaldato: essaera luogo privilegiato di ritrovo per tutta la fa-miglia, in essa si cercava riparo dalle intem-perie e dal freddo durante le giornate di brut-to tempo, le donne vi sbrigavano le abitualiincombenze domestiche (stirare, cucire, ram-mendare, filare), inoltre vi si svolgevano altreattività straordinarie connesse con quella pri-maria agropastorale (dalla produzione di bur-ro e di altri prodotti latticini, all’intreccio dicesti, a piccole riparazioni di arnesi ecc.).

La sua ubicazione poteva variare a secondadella tipologia abitativa (v. ≠ cá1). In generenegli edifici a sviluppo verticale, tanto quelli inmuratura quanto quelli del tipo «Blockbau»,contraddistinti cioè da una costruzione con pa-reti di tronchi squadrati di conifera poggiantesu uno zoccolo di pietra, la cucina era situataal pianterreno; in particolare nelle abitazioniBlockbau, tipiche della fascia alpina, com-prendente le valli di Rovana e Lavizzara nel-l’alta valle Maggia, l’alta e media Leventina, lavalle di Blenio con le sue convalli di Malvagliae Pontirone, la Calanca interna, l’alta Mesolci-na, oltreché la Bregaglia e la valle di Poschia-vo (ma limitatamente agli insediamenti tem-poranei superiori), la cucina era racchiusaall’interno dello zoccolo in pietra, spesso par-zialmente interrata, essendo le case edificatesu declivi con facciata di frontone rivolta a val-le. In altri insediamenti, per contro, dove que-sto tipo di casa in pietra e legno conobbe unosviluppo in orizzontale, come ad es. in Leven-tina, la cucina era dislocata al livello superio-re, mentre nello zoccolo sottostante trovavanoposto la cantina, la legnaia o uno stallino peril bestiame minuto; in questa tipologia leven-tinese la cucina era posta sul retro dell’abita-zione, era in parte o totalmente in muratura,aveva un accesso laterale dall’esterno, e comu-nicava direttamente sul davanti, verso valle,con la stanza di soggiorno, interamente trava-ta e riscaldata per mezzo di una stufa in sas-so (pigna), che veniva alimentata per lo piùproprio dalla cucina attraverso una bocca di accensione situata accanto al focolare: e dlégn u n vaséa, tra la pigna e l föi, parché èrumul föi in cusina, ul fügarè, e la pigna da scaudè,la pigna d sass, in stüva, e di legna se ne con-sumava, tra la pigna e il focolare, perché ave-vamo il fuoco in cucina, il focolare, e la pignaper scaldare, la pigna di sasso, nel soggiorno(Campello [3]). Di tipo diverso sono invece leabitazioni tradizionali rurali nella Bregaglia e

nel Poschiavino. In Bregaglia prevale un tipodi casa detto «a sala», caratterizzato da un an-drone al pianterreno, la córt (suddiviso talorain locali a volta, con cantine laterali), da cui siaccede, tramite una scala interna, al corridoiodel primo piano, che immette nella cucina enel soggiorno e talvolta anche in altri vani. Lacasa poschiavina si presenta come un com-plesso plurifunzionale, costituito da due stabi-li adiacenti: uno ad uso abitativo (≠ civíl), euno ad uso agricolo (rüstigh), comprendentestalla e fienile; i due edifici possono raggrup-parsi sotto un unico tetto (a padiglione oppu-re ognuno essere coperto da uno spiovente), ogiustapporsi con tetti diversi: a í inta dala pòr-ta da cá sa rivéva dricc in cusina. Dala cusinaal gh'èra na pòrta che sgéa in stala. Daspér da-la peltréra da cusina al gh'èra na pòrta chi géain na saléta, cun un taul lungh e i scagnintórn. Sa sa féa tant da lassá vèrt la pòrta dacusina al rivévan int li galini a squitá gió da-partütt, entrando dalla porta di casa si arri-vava dritti in cucina. Dalla cucina si accedevaattraverso una porta direttamente nella stal-la. Accanto alla scansia della cucina una por-ta dava accesso a una saletta, arredata con untavolo lungo con degli sgabelli intorno. Se percaso si lasciava aperta la porta della cucinaentravano le galline a sporcare dappertutto(Poschiavo). – Per ulteriori dati storici, de-scrittivi e informazioni intorno alle migliorieche hanno segnato la trasformazione della cu-cina nel corso del tempo, v. ≠ cá2.

1.2. A Fusio, in opposizione a cá da föi (pro-priamente ‘casa da fuoco’), termine col qualeveniva indicata la cucina vera e propria, si-tuata al pianterreno, cuvina designava in sen-so più ristretto una ‘cucina supplementare allestita all'estremità della loggia del piano su-periore della casa, quando questa veniva sud-divisa per essere occupata da due famiglie’ [4].

1.3. A Rossura indica pure la parte della ca-scina dove si lavora il latte.

1.4. Alterati: cusinín dala lissiva, stanzinodove si fa il bucato (Poschiavo [5]).

2. Fornello, apparecchio per cuocere i cibi(generalm.): cosgina econòmich (S. Domeni-ca), cusgina ecunòmica (Peccia), cucina econo-mica.

3. Arte, modo di preparare i cibi: invéce dafè la cusina stábila in cassina, i giráum conum piscian cauder∑u …, p∑ i faséum unamanéstra o queicòss iscí, invece di preparare ipasti stabilmente in cascina, giravamo con un

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441COSINA COSMÉTIGH

piccolo paiolo, facevamo una minestra o qual-cosa d’altro (Dalpe [6]); – v. anche i par. 5.1. e5.2.

4. Locuzioni4.1. A Bedretto, rasantè i cusinn, risciac-

quare le cucine: raccogliere le novità, i pette-golezzi, chiacchierare, spettegolare. – A Po-schiavo, tiní cá e cusina, tenere casa e cucina:accudire alla casa.

4.2. In senso ironico, capurèl da cusgina, ca-porale di cucina: lavapiatti, sguattero (Soglio).– A Calpiogna, furmía di cusinn, formica dellecucine: specie di formica piccola e nera che in-festa le abitazioni. – A Poschiavo, avé portá víala ciav da cusina, aver portato via la chiave dicucina: essere sporco in viso.

5. Proverbi, sentenze, filastrocche5.1. Grassa cugina ména ela rüina (Bondo

[7]), grassacusina, povertá visina/ magra bur-sa (Brusio), cucina grassa mena alla rovina/povertà vicina/ borsa magra: chi spende trop-po nel mangiare finisce per impoverirsi.

5.2. Quili chi pòrtan capelín, casaváica ecrinulina gli énn miga sémpri buni da fòrbas,lóza e cusina, quelle che portano cappellini,bluse e crinolina, non sempre sono brave conle forbici, lo strofinaccio e in cucina: nel cuci-re, nei lavori domestici e nel cucinare (Po-schiavo [8]).

5.3. In una filastrocca: la végia cuchina lasalta in cusina, la ciapa l curtèll, la mazza lpurcèll, an na mangia na fléta, la dis ca l’é sé-ca, an na mangia un bocón, la dis ca l’é bón, lavecchia bacucchina (?) entra in cucina, prendeun coltello, ammazza il porcello, ne mangiauna fetta, dice che è secca, ne mangia un boc-cone, dice che è buono (Poschiavo [9]).

Lat. tardo COCÎNA per il class. COQUÎNA ‘cucina’[10], che trova invece un riflesso nella var. cuvina diFusio [11]; il termine convive con i sin. cá (da fögh)(≠ cá2, e fig. 30) e il più recente cüsina < it. cucina.– A Brusio compare il n.l. Cusinasci, pascolo [12]. –V. ancora cusiná e i suoi deriv.

B i b l.: AIS 5.942.[1] BIANCONI, Breg. 40-41. [2] BEFFA 280. [3] DO-

SI 4.118. [4] SALVIONI, R 39.455, Scritti 4.1053. [5]PARAVICINI 11. [6] DOSI 3.285. [7] PICENONI, Alm.Grig. 1938.101. [8] GODENZI-CRAMERI 92. [9] GODEN-ZI-CRAMERI 314. [10] SALVIONI, R 39.455, Scritti 4.1053; v. inoltre REW 2213, DEI 2.1183. [11] REW2213, DEI 2.1183. [12] RN 1.458, 2.107.

Galfetti

CCÒÒSSMMAA (kä¿ma) agg.f. Curiosa (BrioneVerz.).

Dato rilevato e registrato unicamente dal Kellercome agg. femm. [1], di cui non è più stato possibileottenere una conferma. – Apparentemente privo diriscontri al di fuori del Loc., il term. è da avvicinarsia cüsmetii ‘curiosare, andare in cerca di pettegolezzi’(Lavertezzo [2]) e a cusmígn ‘birichino, birbante’ (Co-mologno [3]). Il fatto che nel primier. emerga ndar decùsma ‘andar in giro frettolosamente, cercando, in-dagando’, accanto a ndar de usma ‘indagare, andarcercando notizie, indizi’ [4], rende suggestivo un col-legamento con o-/ üsmá ‘annusare, fiutare; curiosa-re, investigare, frugare, impicciarsi, accertare’ [5].Non va tuttavia esclusa una deriv. dal n.pr. Cosima,cfr. il sic. luciana ‘pettegola’ [6].

B i b l.: [1] KELLER, Beitr. 169. [2] SCAMARA 94. [3]Cultura pop. 184. [4] TISSOT 88,298. [5] LSI 3.659. [6]MIGLIORINI, Nome proprio 273.

Galfetti

CCOOSSMMååRR (ko¿m2r) s.m. Cruccio, preoccu-pazione, assillo (Mendrisio).

Dal fr. cauchemar ‘incubo’ e anche ‘ciò che provo-ca afflizione, tormento’ [1].

B i b l.: [1] TLF 5.314, FEW 2.64.

Sofia

CCOOSSMMÉÉTTIIGGHH (ko¿mstik) s.m. Cosmetico.Var.: cosmétigh, cosmètigh, cusmétigh, cusmè-

tigh; cosmètegh (Sonvico), cüsmétigh (Comologno), gusmétigh (Stabio), güsmètigh (Campocologno), üsmé-tigh (Brione Verz.).

I gh’a miga assée da mangiá, ma i gh’a idané pai cusmétigh!, non hanno abbastanza damangiare, ma hanno soldi per i cosmetici!(Grancia); era soprattutto diffuso, al sing.,nell’accezione di ‘unguento, pomata usati perungere baffi e capelli’: üsmétigh da ónsg ibarbís, ceretta o pomata per ungere e disten-dere i baffi (Brione Verz.), al spüzza da güs-mètigh, puzza di pomata per baffi e capelli(Campocologno).

It. cosmetico [1]; la var. di Brione Verz. sorgedall’incontro con üsmèe ‘annusare, fiutare’, üsma‘odore, traccia olfattiva’ [2]; in quella di Campocolo-gno potrebbe riaffacciarsi la sinestesia che per il lat.GˆSTUS ‘gusto’ ha portato al senso di ‘odore’, notatafra i suoi continuatori di area fr. [3].

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442COSMÉTIGH COSP¬TT

B i b l.: [1] BATTAGLIA 3.886; cfr. REW (1a ed.) 2277,SALVIONI-FARÉ, Postille 2277. [2] LSI 3.659. [3] FEW4.342 e n. 2.

Petrini

CCÒÒSSOO (käÔo) s.m. Coso.V a r.:cós (Sonvico),còs (Mosogno,Cavigliano, Gan-

dria),còso (Tic.),còss (Peccia, Gresso, Cavigliano, Ger-ra Gamb.), còsu (Tic.).

1. Denominazione generica di un oggettoqualsiasi di cui al momento non si sa indivi-duare o non si conosce il nome specifico o chenon si riesce a identificare con precisione: damsciá um pò chèll còss!, passami un po’ quel co-so! (Cavigliano), il còs par scaldaa i péi, il cosoper scaldare i piedi: lo scaldapiedi (Caviglia-no). – Fig., persona con caratteristiche singo-lari o di cui non si vuole dire o di cui sfugge ilnome: tu sée giá un bèll còso, sei proprio un ti-po particolare (Viganello); – in senso spregia-tivo, cattivo soggetto (Mosogno, Caviano, Son-vico, Viganello): l’è n cós ca te n digh negótt, èun tipaccio, di cui non ti dico nulla: preferisconon parlarne (Sonvico), chi l’è quéll brütt cò-so?, chi è quel brutto individuo? (Caviano), l’èn còso da tocá cola möia foghénta, è un sog-getto da prendere con le molle da fuoco: datrattare con estrema cautela, attenzione, dif-fidenza (Caviano).

2. Derivaticcuussssííggnn s.m. Bambino (Cavigliano).

It. coso ‘qualsiasi oggetto o individuo, di cui nonsi ricordi o non si voglia dire il nome’ [1].

B i b l.: [1] DEI 2.1132, DELI2 404.

Galfetti

CCÍÍSSPP (kG}p) s.m.pl. Grosse scarpe (Po-schiavo).

Scarpe di taglia grossolana, pesanti e defor-mi.

Il termine ricorre in una vasta area che si esten-de dalle Alpi retiche alle Dolomiti e alla Romagna,con riscontri isolati nelle regioni circostanti dell’En-gadina e dell’alta Valtellina [1]. – Una derivazionedal lat. tardo CˆSPUS ‘sandalo di legno’, generalmen-te accettata poiché semanticamente più verosimile, èstata messa in dubbio da J. Jud e W. von Wartburg,che preferirono vedervi un continuatore diretto del

lat. CˆSPIS ‘punta’ [2]; più recentemente, G. Alessio hasuggerito la possibilità di una derivazione di CˆSPUS

da CˆSPIS [3]. B i b l.: MONTI 57.[1] MUSSAFIA, Nordit.Md. 147, AIS 8.1569; DRG

4.537 s.v. cuosp, LONGA 114, STAMPA, Lessico 188,DEG 303. [2] REW 2426, SALVIONI-FARÉ, Postille2426, DEI 2.1132 s.v. cóspo, PRATI, VEI 330 s.v. co-spi; JUD, VRom. 8.91, FEW 2.1595 n. 5. [3] ALESSIO,Lexicon 140.

Frasa

cospetón ≠ cospètt

CCOOSSPP¬¬TTTT (ko}pkt) s.m. e inter. Cospetto.V a r.: cospètt (Gandria), cuspéto (Castasegna), cus-

pétt (Vicosoprano), cuspètu (Stabio).

1. Presenza, vista: o, sacran spòglia da ünóm stimaa! el vòss cuspétt ié facc ün giü-ramént, o sacre spoglie di un uomo stimato, invostra presenza faccio un giuramento (Vicoso-prano [1]).

2. Termine usato come esclamazione, peresprimere meraviglia o ira (Gandria, Stabio,Castasegna).

3. Derivaticcoossppeettóónn (Gandria, Poschiavo), cuspedón

(Poschiavo), cuspetón (Cavigliano, Stabio, Po-schiavo) inter. e s.m. 1. Esclamazione d’ira(Gandria, Stabio). – 2. Persona coraggiosa, in-dividuo aitante (Cavigliano). – 3. Sardella, pe-sce conservato in salamoia (Poschiavo).

ccuussppeettáá v. Meravigliarsi con dispetto (Po-schiavo).

It. cospetto [2]. Il predominante uso interiettivo di-scende verosimilm. dalla formula ‘(al) cospetto (diDio)’, e le estensioni vocaliche finali ne rivelano la na-tura tabuata [3]. – Il deriv. verb. cuspetá è ricavatodirettam. dall’inter., analogam. al tipo cospettare dif-fuso nei dial. it. sett. nel senso di ‘imprecare, be-stemmiare’, spesso attinente ad ambiti prossimi allamalavita e alla delinquenza [4]; vi si può ascrivereanche il doc. «osti, bettolarij, giuocatori, criticosi,ignoranti, incivili, mangioni, ubbriagoni, bravazzi,cospettoni, ed altri, che si puotrebbero onorare checoll’ignominioso titolo di canaglia» (Mairengo 1755[5]). Il significato di ‘sardina sotto sale’ del deriv. cos-petón è di importazione veneta, modellato sulla poli-semia di saraca ‘salacca’ e ‘bestemmia’ [6].

B i b l.: MONTI 57,386, CHERUB. 1.352.

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443COSP¬TT CÒSSA

[1] MAURIZIO, Tell 54. [2] BATTAGLIA 3.890, DEI2.1132, DELI2 406. [3] DEI 2.1132, PETROLINI, Tabù35. [4] SANT’ALBINO 423, DVT 298, EWD 2.288, PIRO-NA 81, BOERIO 159, Vocab.regg. 229, CORONEDI BERTI

393; PEREGO, Homini 221. [5] LEGOBBE, AST 3.586. [6]PRATI, Etim.ven. 50, DEG 328.

Frasa

CCÙÙSSSS (käs) s.m. 1. Larva di insetto. – 2. Bol-la, pustola.

V a r.: còsc (Breg.), còss (Auressio, Poschiavo), cöss(Prugiasco, Olivone).

1. Designa in genere la larva del maggiolino(Bondo, Stampa [1], Poschiavo [2]), i còsc dlanfilamura ruinan la códga dal tarénn, le larvedei maggiolini rovinano la cotica erbosa delterreno (Bondo [3]), e la larva dell'estro bovino(Olivone, Bondo, Poschiavo [4]); – ad Auressiopassa a indicare un coleottero dannoso per i ce-reali, il punteruolo del grano.

2. Bolla, tumore, lacerazione sulla pelle deldorso dei bovini, provocati dalle larve di pa-rassiti (Prugiasco, Olivone, Breg. [5]); – a Po-schiavo, pustola.

Lat. CÅSSUS ‘larva, tarlo del legno’ [6]. I significa-ti di ‘larva del maggiolino’ e di ‘larva dell’estro bovi-no’ ritornano nella vicina Valtellina e nelle parlaterom. [7]; in queste ultime affiorano pure le accezionidi ‘comedone, pustoletta, foruncoletto (dell’essereumano)’, prossime a quella di ‘pustola’ al par. 2., e di‘pupa, crisalide di bruchi ecc.’, che richiama il sensodi ‘crisalide’ [8] indicato da Salvioni per Poschiavo [9]ma non confermato da inchieste recenti. Sempre aPoschiavo, un’annotazione isolata dei Mat. Olgiatiattesterebbe il significato di ‘maggiolino’, mentre lealtre fonti registrano, per lo stadio adulto dell’inset-to, il term. cügazza [10].

B i b l.: MONTI 51.[1] V. anche AIS 3.471 Leg. P. 46. [2] Cfr. MONTI

51, MICHAEL, Posch. 82. [3] PICENONI, QGI 13.183. [4]Cfr. MONTI 51. [5] V. anche SCHAAD, Breg. 96. [6]REW 2278, FEW 2.1245. [7] DEG 302, DRG 4.153-154. [8] DRG 4.153-154. [9] SALVIONI, Posch. 607,Scritti 1.310. [10] Cfr. SALVIONI, Posch. 511, Scritti1.277, AIS 3.471 P. 58.

Petrini

CCÖÖSSSS (k¥s) s.m. e agg. Individuo magro,rattrappito, incurvato, ingobbito, cascante.

V a r.: cösc (Lavertezzo), cöss (Davesco-Soragno),scòss (S. Vittore), scöss (Torricella-Taverne, Arosio,Breno, Cimo, Melide).

Schéna scössa, schiena curva (Cimo), l’èscöss, dicesi di persona o animale tutto rat-trappito, incurvato (Melide); ná cöss, cammi-nare con le spalle ricurve (Davesco-Soragno).

Origine incerta. Per il significato può forse essereaccostato a ≠ carcöss, term. rilevato a Lodrino con ilsignificato di ‘carcassa, scheletro di bestia; individuomalconcio; rottame, ferrovecchio’. Forse da *EXCÅSSU

‘scosso’, deriv. di *EXCÅTæRE ‘scuotere’ (> lomb. scöd‘scuotere, scrollare; bacchiare’) [1], in base a una tra-fila semantica del tipo ‘scosso’ > ‘provato (fisicamen-te), abbattuto’ > ‘incurvato’; cfr., nei dial. fr., écou ‘ab-battuto, spossato’, khcou ‘sfinito’ (< lat. EXCˆSSU

‘scosso’) [2]. – La var. di Lavertezzo, raccolta in un re-cente dizionario [3], sorge forse da un incontro con ilsost., anche verz., crüsc ‘persona o bestia sparuta,deforme, rattrappita, misera’.

B i b l.: [1] REW 2998, SALVIONI-FARÉ, Postille2998. [2] FEW 3.287. [3] SCAMARA 84.

Ceccarelli

cossá ≠ còssa1

CCÒÒSSSSAA1 (käsa) s.f. Cosa.V a r.: cóssa, còssa; cósse (Medeglia), còsse (Fe-

scoggia, Breno), còsso (Sementina, Claro, Bironico,Landarenca), cóussa (Ble., Soazza), cussa (Semione,Ludiano), cüssa (Brione s. Minusio).

1. Usato talvolta nel significato generico di‘cosa, fatto, evento’: savé una còssa cumè l’u-maría, sapere una cosa come l’avemaria: a me-nadito (Crana), in veritá vui m’ii comandòutanti còss, ma farò l tutt, in verità voi mi ave-te assegnato molte cose, ma farò tutto quanto(Bodio [1]), chi ch’a vorèva mai naa a pensaauna còssa compagna, chi avrebbe mai pensatouna cosa simile (Losone), ch’a m diféndan detutt i catív còss de stu mónd, che mi difendanoda tutte le cattive cose di questo mondo: in unapreghiera popolare (Chironico [2]). – In sensofigurato: ün grèi di chéla còssa, un pizzico dibuon senso, moderazione (Dalpe), véi un pò dichéla còssa, avere un po’ di quella cosa: di tat-to, di delicatezza (Faido). – Usi esclamativi: l’èna gran còssa!, è una gran cosa! (Isone), pòu-ra vègia, còssa stría … a sentii st’orénda vusgdala bóca dlu s∑ tós!, povera vecchia, che cosa

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444CÒSSA CÒSSA

orribile sentire quest’orrenda voce dalla boccadi suo figlio! (Cavergno [3]); cossissima com-pagna!, gran cosa! (Cavergno). – All’abitudinedi sostituire còssa a un termine specifico cherisulta sconosciuto o evanescente nel ricordo,si riconnette il motto la còssa la m’è saltadasüla còssa e me l’a cossada tüta, la gatta mi èsalita in grembo sul grembiule e me l’ha spor-cato tutto, che gli abitanti di Caviano usereb-bero per canzonare quelli della frazione diScaiano.

2. Al plurale2.1. Còss del fórn, arnesi per il forno (Verz.

[4]), còss dal pagn, lenzuoli, drappi usati per co-prire i pani durante la lievitazione (Sonogno).

2.2. I còss, gli abiti nuziali (Brione Verz.); –le suppellettili, specialmente quelle destinateai novelli sposi (Verz.): i va a töö s® i còss, van-no a comperare le suppellettili per la casa.

2.3. Giocattoli, cose, oggetti usati per gio-care (Dalpe, Peccia, Roveredo Grig.): di nòstcòss e gh’è gnanch piú restò seménza: dei no-stri giocattoli non è rimasta neppure la se-menza: non è rimasto più nulla (RoveredoGrig. [5]); cfr. al par. 4.1.

2.4.Faccende, lavori domestici (Gerra Verz.,Sonogno, S. Domenica): faa i còss de cá, svol-gere le faccende domestiche (Sonogno [6]), fá icòss, rigovernare le stoviglie (S. Domenica).

3. Altri significati3.1. Situazione, condizione, faccenda (Ble.,

Airolo, Cavigliano, Bironico, Vira-Mezzovico,Sonvico): ti fâ uréigia da marcant in ògni cóus-sa e in ògni cant, fai orecchio da mercante inogni situazione e in ogni luogo (Aquila [7]); vedi inoltre le espressioni: bruta còssa a vèsspòuri, brutta cosa essere poveri (Cavigliano),mara cussa ní vécc, brutta cosa invecchiare (Semione), mala còsso vèss dònn, triste condi-zione essere donne: specialmente se rimastesole in casa (Bironico).

3.2. Interesse, passione, fervore, entusia-smo, impegno, piacere, partecipazione emoti-va (Tic., Mesolc.): l’éva la còssa di bèll vacch,aveva la passione per le belle vacche (Airolo[8]), vée na còssa, essere pieni di entusiasmo(Peccia), la lavóra con no còssa, ch’aría maicredú, lavora con uno zelo, che non avrei maipensato (Roveredo Grig. [9]), vardaa cun unatraménta còssa, scrutare con intensità parti-colare: di chi guarda in cagnesco (Cavergno),dii con na còssa, dire con passione, a cuoreaperto (Lavertezzo [10]), parlá cont na còssa,parlare con foga (Rovio).

3.3. Desiderio, voglia, avidità, voluttà, pre-mura (Tic., Mesolc.): u gh’éva na cussa da rivècá, da mía créd, aveva una voglia, una premu-ra di arrivare a casa, da non credere (Ludiano),a gh’éve pròpi cóssa da domandaa sta ròbe, ma-ma, avevo proprio voglia di domandare questacosa, mamma (Miglieglia [11]), u gh’a na còssada mangiá cazzöla, ha una brama di mangia-re cazzöla (= pietanza a base di verdure e car-ne di maiale) (Balerna), pensaa con còssa, va-gheggiare (Menzonio).

3.4. Attaccamento, affezione (Lumino, Oso-gna, Lodrino, Biasca, Ludiano, Pollegio, Airo-lo, Sessa, Morbio Inf., Roveredo Grig.): o gh’ana gra còssa per sé lavór, è molto attaccato alsuo lavoro (Biasca [12]), l’a piünda còssa paltécc ≤e pala ≤è, gli importa più la stalla che lacasa (Airolo [13]).

3.5. Ansia, agitazione, preoccupazione, pe-na, affanno (Lumino, Malvaglia, Ludiano, Le-ontica, Pollegio, Peccia, Cavergno, Brione s.Minusio, Minusio, Bedigliora, Pregassona, Lu-gano, Mendrisio, Chiasso, Roveredo Grig., Me-socco, Landarenca): u gh’a na grè cussa parquall fènt, ch’u sa pi∑ quá fè, ha una grandepreoccupazione per quel bambino, che non sapiù che fare (Ludiano), u gh’éva na còssa davorée sémpra véss ur prim, aveva una smaniadi voler essere sempre il primo (Bedigliora), da-la gran còssa i a gnanch sarò omn écc in tutt lanòcc, dalla grande agitazione non hanno chiu-so occhio per tutta la notte (Roveredo Grig.).

3.6. Commozione, pena, impressione, com-passione, emozione (Verz., Bidogno, Arogno):al piangéva anca l® dala gran còssa, piangevapure lui dalla grande emozione (Arogno [14]);faa/ mètt còssa, fare, muovere a compassione,impietosire, impressionare (Verz.): o v podí ne-má imaginaa quant ch’o m’a fécc còssa a tro-vall in om stat inscí!, potete appunto immagi-narvi quanto mi ha fatto impressione trovarloin uno stato simile! (Sonogno);– vée còssa, com-muoversi (Verz.).

3.7. Festa, dimostrazione di gioia e allegria(Ble., Cama, Castasegna): «r’ha ciamôu vungd’igl famai, e o-gha d’mandôu cuss i-era sticuss», ha chiamato uno dei servitori e gli hachiesto che cosa fossero questi festeggiamenti(Ble. [15]), i m’a facc sú (na) còssa, mi hannofatto (una) festa: mi hanno accolto con grandecalore, simpatia (Cama), cur ca m vè al fa nagrann còssa, quando mi vede fa una gran festa:ha un atteggiamento cerimonioso, complimen-toso (Castasegna).

3.8. Causa (Leontica, Airolo [16]); colpa (Le-ontica [17]).

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445CÒSSA CÒSSA

3.9. Ad Airolo, in senso elativo, na còssa,proprio, oltremodo: i sévum na còssa ciapéi,eravamo molto presi, occupati, i vasévi na còs-sa bégn, andavo proprio benone, l’é bè na còssain vòga da stè isséma sénza véss maridéi, è giàuna strana abitudine, quella di convivere sen-za essere sposati [18]. – Gran còssa, alquanto,molto (Cugnasco).

4. Locuzioni4.1. Faa i còss, giocherellare, baloccarsi,

trastullarsi (Peccia), mí, quand gh’ò vacanza,e vai sémper a fá i còss dala mè cumpagna,quando ho vacanza, io vado sempre dalla miacompagna a giocare (Mesocco [19]). – L’è mörtbègn, o i a fècc tütt i sò còss, è morto bene, hafatto tutte le sue cose: si è confessato e ha ri-cevuto il viatico (Maggia).

4.2. Véss tüta còssa, essere intimi, avererapporti strettissimi (Airolo [20]).

5. Derivaticcoossssáá (Caviano, Vira Gamb.), cossèe (Gerra

Gamb.) v. Cosare.Sostituisce un verbo di cui sul momento non

ci si ricorda: cossá i pagn, pulire e sistemare ivestiti negli armadi (Vira Gamb.); – in sensoscherz. e allusivo, a sóm nace par cossèe, ò míapod® cossèe parchè l’éva sgiá cossò, sono anda-ta per rubare (fieno di bosco), ma non ho potu-to rubarlo perché era già stato rubato (GerraGamb.), cfr. anche al par. 1.

ccoossssoollééttaa s.f. Indovinello (Cimo).ccoossssóónnnnii s.m.pl. 1. Avvenimenti (Sonogno).

– 2. Preoccupazioni (Lavertezzo).1. I è cossónni a sentila a ≤untái s®, o par

che sanza lée o sarüss nóo in có l mónd, a sen-tirla raccontare quelle grandi cose sembra chesenza di lei il mondo sarebbe andato a catafa-scio [21].

ccoossssoorriinnaa s.f. Nonnulla, bazzecola, cosa, og-getto di infimo valore (Lumino [22]).

V. inoltre cosséta

6. Composticcoossssooqquuééee, cossquée pron. Chissà cosa (Lu-

mino).ggnniiccòòssssaa pron. Ogni cosa, tutto (Isole).ttüüttccòòssss (Tic., Moes.), tötcuss (Semione, Lu-

diano), tüccós (Ligornetto), tücós (Sementina,Cavergno,Comologno, Mendrisio, Morbio Inf.),tücòs (Mendr.), tücòss (Cavergno, Balerna),tüncòs, tüncòss (Sonogno), tüsscòss (Cimade-ra), tutcós (Villa Lug.), tütcós (Medeglia, Roba-sacco, Grumo, Comologno, Intragna, Arosio,

circ. Sessa, circ. Ceresio), tütcòs (Gorduno,Peccia, Menzonio, Rivera, circ. Stabio), tütcòsc(Menzonio, Cavergno), tutcóss (Sonvico), tut-còss (Tic., Moes.), tütcóss (Malvaglia, Cal.), tut-còssa (Auressio, Loco), tütcóus (Leontica, circ.Olivone), tütcuss (Semione) pron. Tutto, ognicosa.

Da nuvèll tütcós è bèll, ogni cosa è bella finche è nuova (Rovio), tütcòss végn a tai, fin i uncda pelá l’ai, tutto viene a proposito, persino leunghie per sbucciare l’aglio: tutto può essereutile, anche quelle cose a cui si dà meno im-portanza (Chiasso).

V. inoltre quaicòss

Lat. CAUSA(M) ‘causa’, sostituitosi, attraverso ilsenso di ‘affare’, a R¶S ‘cosa’ [23]; nel senso genericodi ‘cosa’ ha subito la concorrenza di ròba. – Il deriva-to cossoléta ‘indovinello’ si allineerà, come formazio-ne, con i tipi ≠ còsa biscòsa e còssa cosséta, pro-babilm. a seguito dell’ellissi del primo elemento. – Ilcomposto cossoquée, cit. al par. 6., è una creazione au-toctona che muoverà dalle var. locali (non)soquée delben più diffuso nonsoché ‘non so che, alcunché, qual-cosa’ (v. VSI 5.144), attraverso l’incrocio con còssa.

B i b l.: CHERUB. 1.352-353, Giunte 64, 5.48, MON-TI, App. 29.

[1] ZUCCAGNI ORLANDINI 80. [2] DOSI 4.177. [3]MAGISTRINI, Testi 73 e n. 124. [4] BINDA SCATTINI, FS70.30. [5] CATTANEO, AMC 1976.86. [6] LURATI-PINA-NA 204. [7] RODESINO, Semin.dial. [8] BEFFA 92. [9]RAVEGLIA 55. [10] SCAMARA 85. [11] DSI 6.47.1. [12]MAGGINETTI-LURATI 79. [13] BEFFA 92. [14] KELLER,BLug. 226. [15] STALDER 410. [16] DEMARIA, Curiosità10, BEFFA 92. [17] DEMARIA, Curiosità 10. [18] BEFFA

92. [19] Cfr. AIS 4.740 Leg. P. 44. [20] BEFFA 92. [21]LURATI-PINANA 204. [22] PRONZINI 38. [23] REW 1781,DEI 2.1129, DELI2 404-405, FEW 2.541.

Galfetti

CCÒÒSSSSAA2 (käsa) pron. Cosa, che.V a r.: cósa, còsa, cóssa, còssa, cusa, cussa; cass

(Cauco), cassa (SopraP.), còscia (Peccia), cosè (S. An-tonino, SottoC.), cóse (Claro, Dalpe, Verscio, Cimade-ra, Roveredo Grig.), còse (Colla), cossá (Carona), cos-sé (Cimadera), cossè (Bell., Personico, SottoC.), cósse(Dalpe, Melide, Roveredo Grig.), cósso (Gorduno), cu-sé (Mendrisio), cusè (Bell., SottoC., Brusio), cussá(Grancia), cussé (Rovio, Mendrisio), cussè (Bell., Ros-sura, SottoC.).

1. Pronome interrogativo1.1. In frasi interrogative dirette: cósa o fó-

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446CÒSSA CÒSSA

ta sto canaia?, cosa combina questo bambino?(Osogna), minín, cussè te fè n dal mè giardín?,micino, cosa fai nel mio giardino? (Arbedo-Ca-stione [1]); – con posposizione del pronome do-po il verbo in funzione enfatica: ta sé còsa? Falá um polentín!, sai cosa? Prepara una polen-ta! (Bellinzona [2]), séri drè dí cusè?, che cosastavo dicendo? (Riva S. Vitale). – In frasi in-terrogative indirette: nu savéir cassa fèr, nonsapere cosa fare (Stampa), a sóm vegn® a vadécusa a gh'è da növ, sono venuto a vedere se cisono novità (Leontica [3]), la mí pòvre mam …,la séve mighe cusè pensá, la mia povera mam-ma non sapeva cosa pensare (S. Antonio [4]).– Comunissima, in proclisia, è l’apocope da-vanti sia a vocale che a consonante: cus a n sòmí dai véss afari?, cosa ne so io delle vostre fac-cende? (Cavigliano), còss te vé fagh, el mónd l'èfacc iscí, cosa vuoi farci, il mondo è fatto così(Roveredo Grig. [5]); o s sa mèi cóss o pò sücéd,non si sa mai cosa può capitare (Gorduno). – Ilpronome può essere rafforzato da che, secondol’abitudine dialettale, talora in combinazionecon altri moduli aggiuntivi; si hanno così le va-rianti intensive: còsa ch’a gh’è?, cosa c’è? (Ro-veredo Grig.), mò cusè che gh’u da fann?, ades-so che me ne faccio? (Bruzella [6]), parlá sénzasavé còss l’è ch’es dis, parlare senza saperequello che si dice: a casaccio (Soazza). – Fre-quenti sono le espressioni rafforzative idioma-tiche del tipo: cusa diaul a gh’è?, cosa diavoloc’è?: che succede? (Bellinzona), cussé diánzan?,che diamine: espressione che esprime sorpre-sa o piacere nel rivedere un conoscente (Rovio[7]), cóse trón te fé sú ilé?, cosa diavolo (alla let-tera, tuono) fai lassù? (Roveredo Grig. [8]), cu-sa cristo ti sé dré faa?, cosa diamine (alla let-tera, Cristo) stai facendo? (Locarno), cassa maia ié da fèr?, cosa mai devo fare? (Vicosoprano[9]); di carattere più innovativo sono le espres-sioni che utilizzano ≠ cazz ‘cazzo’, sul modellodell’italiano popolare.

1.2. Spesso nel Sottoceneri le forme afereti-che sa, sé, sè sostituiscono la forma piena: alu-ra, sa gh’è da növ?, allora, che novità ci sono?(Novazzano), parchè, s'i gh'a fai?, perché, cosale hanno fatto? (Brusino Arsizio), sa ch’a tu vö?,cosa vuoi? (Lugano [10]); i ndava trovaa na tó-sa … i séva mía sé che dii, andavano a trovareuna ragazza e non sapevano cosa dire (Sessa[11]); la sostituzione non è tuttavia ammessaquando l’interrogativo è preceduto da una pre-posizione: cun cussè pulivet?, con cosa pulivi?(Bedigliora [12]), da cusè l’è ch’a l’è mórt?, dicosa è morto? (Gravesano [13]), ma par cosèch’i tacò lit ammò?, ma per cosa avete litigato

ancora? (Curio [14]), chissá a cossè che l'è ch'elpénsa or regió?, chissà a cosa sta pensando ilbabbo? (Cagiallo [15]).

1.3. Nel Sottoceneri si osserva inoltre la ri-presa pleonastica del pronome interrogativo,dopo il verbo, in funzione rafforzativa o en-fatica [16]: sa r vör dí cossè?, cosa vuol dire?(Vaglio [17]), ma sé disat cussè? Tí ta büsciat!,ma cosa dici? Tu stai vaneggiando! (Mendrisio[18]), cusa spérat cusè?, cosa speri? (Bruzella[19]). Il rafforzamento può avvenire anchequando il pronome è unito a una preposizione:ma sa ghétt pagüra da cossè?, ma di cosa haipaura? (Melide), la Rüssia sa l’è famósa parcossè?, la Russia è famosa per che cosa? (Agno[20]), s’al cur par cusè?, perché corre? (Men-drisio).

1.4. Ad Augio e Rossa, il pronome interro-gativo si armonizza con il pronome personaleproclitico soggetto seguente, assimilandosi adesso [21]: cóss to fa?, cosa fai? (Augio), cóss’odirá ol mè spós s'o m tròva pci®?, cosa dirà miomarito se non mi trova più? (Rossa); ma, cass’afagh?, cosa faccio? (Augio), cass’ai da dav in ri-compénsa?, cosa devo darvi di ricompensa?(Rossa), chèss l'è ch’a v’a facc chésta póura mi-ser?, cosa vi ha fatto questa povera diavola?(Rossa), chiss’i ga i öss dalla tò schèna ch'i facracch?, cos’hanno le ossa della tua schienache scricchiolano? (Rossa); a Cauco, per con-tro, si è generalizzato l’uso della forma cass:cass to vò?, cosa vuoi?, se fodéss da daffel, casso n farésse?, se ve lo dessi, cosa ne fareste?

2. Sensi diversi2.1. Quanto: cusa ciapavat a l’óra?, quanto

prendevi all’ora? (Lodrino [22]), còss to ciamade quéla vaca?, quanto vuoi per quella vacca?(Biasca), cuss’u gh metév'a nè víe?, quanto tem-po impiegava ad andare via? (Cavagnago [23]),mí sò p∑ mía cóss l’éva la lunghézza d’un spazz,io non so poi quanto fosse la lunghezza di unospazz (Quinto [24]), o magnán, sè ch’a ma fiipagá a stagná stu padelín?, o magnano, quan-to mi fate pagare per stagnare questo pentoli-no? (Comano [25]); dèss chissá còsa a n sentaròdala mé Lüisa, adesso chissà quante ne sentiròdalla mia Luisa (Agno [26]).

2.2. Come, in unione con ≠ ciamá ‘chiama-re’: cussa tu t ciamat tí?, come ti chiami? (Cal-piogna), cuss i gh ciama?, come li chiamano?(Pianezzo).

2.3. Perché: cussa tégnet i man dedré?, per-ché tieni le mani dietro la schiena? (Villa Lug.),cóss tu sté lí a ciapátala?, perché te la prenditanto? (Bellinzona), cussá vött intrigatan tí, a

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447CÒSSA CÒSSA

m pias a mí e basta!, perché vuoi impicciarte-ne, piace a me e basta! (Grancia); cóss to véttfidatt da quéll póuro tèbli ch’o ≤apísc niènt?,perché vai a fidarti di quel povero imbecilleche non capisce niente? (Biasca [27]); – unitoad una preposizione: ur pá l’è gnüd föra pardomandágh par cussè ch’al fava inscí, il padreuscì per domandargli perché si comportassecosì (Bioggio [28]). – Tale senso può essereespresso anche attraverso una costruzione pe-rifrastica: cuss t’é fai che ta gh’a la facia sgüm-fia?, cosa hai fatto che (= perché) hai la facciagonfia? (Lodrino [29]).

3. Usi diversi3.1. Come esclamativo: còssa smòrbi sto pi-

véll!, quanto è focoso questo sbarbatello! (Pol-legio), o antapi≤≤, còss ch'o mò da vidèe!, acci-denti, cosa devo ancora vedere! (Biasca [30]),e vidéi cuss l’éa fiucó, un tòcch név!, e vederequanto era nevicato, una caterva di neve! (Ai-rolo [31]), cussè che l’a sufrii quéla póra dòna!,quanto ha sofferto quella povera donna! (Men-drisio [32]), cassa fa fèr disperazziún!, cosa fafare la disperazione! (Vicosoprano [33]).

3.2. Con valore dimostrativo: ch’i faga cóss’ivóu, facciano quello che vogliono (Lodrino [34]).

3.3. Come intercalare, in funzione fatica: lamía mam la nava a Lügán a vénd, e cussè. P∑la nava s® a Melíd … a sapá, e cussè, mia mam-ma andava a Lugano a vendere, nevvero. Poisi recava a Melide a zappare, nevvero (Brusi-no Arsizio), par santa Liberata a mazzavum unquai pulastru che l’éva gròss, e cusè, per la fe-stività di Santa Liberata ammazzavamo unqualche pollo di quelli grossi, nevvero (Sagno).

3.4. Con valore conclusivo: quéla lí l’è naiaf∑ na vòlta cun vün, e p∑ ancamò na vòlta, e p∑ta l sée, e cus’è cusè nu è, a l’è naia a finí maa,quella è uscita una volta con uno, e poi ancorauna volta, e sai, e cos’è cosa non è (= alla fin fi-ne, cosa sia poi successo), è finita male (Ba-lerna).

3.5. In funzione sostantivale: l’a spusaa undutúr Bianchi, l’éra anca lüü un cusè, ha spo-sato un dottor Bianchi, era anche lui un coso:un membro della nobiltà, di cui non si conosceperò il titolo esatto (Mendrisio).

4. Come locuzione pronominale indefinita4.1. In combinazione con ≠ chissá: u pèissa

chissá cussè, pensa chissà cosa (Rossura), dassd’inténd da savée chissá còscia, darsi arie di sa-pere chissà cosa: di persona saccente (Peccia).

4.2. A Muggio, correlato a tanto, nel sensodi ‘tutto quanto’: stu fiöö … l’é scapaa in d’un

país luntán, indóva … l’a finii par mangiá fö-ra sè tant al gh’éva, questo figlio, fuggì in unpaese lontano, dove finì per dissipare tuttoquanto possedeva [35].

4.3. Preceduto da o ‘o’, con valore approssi-mativo, riferito a qualcosa che non si vuoleprecisare ulteriormente: dòpo un cèrtu témp,se l’è pé un’óra, un’óra e mèza o còss, e riva elpá, dopo un certo tempo, sarà stata un’ora,un’ora e mezza all’incirca, arriva il padre (Me-socco [36]).

5. Rime scherzoseQuando un ragazzo chiede inopportuna-

mente còsa? può sentirsi ribattere da un com-pagno mèrda ròsa!, merda rosa! (Ascona), mèr-da ròsa, in bóca túa la ripòsa, in bóca mía lafioriss, in bóca túa la marsciss!, … in bocca tuariposa, in bocca mia fiorisce, in bocca tua mar-cisce! (Comano).

Lat. CAUSA ‘causa’, usato già dal IV sec. come sin. diR¶S ‘cosa, oggetto’ [37], con sviluppo fon. regolare nel-le var. che presentano -ss- (cfr. PAUSA > pòssa ‘sosta,fermata’), mentre quelle con -s- sonora risentonodell’influsso dell’it. In Blenio il pron. interrogativo èespresso di preferenza dai continuatori del lat. QUID

[38], invece che da còsa, per cui v. ≠ ché1. – Le var.arizotoniche in -é, -è riflettono nella voc. finale la for-ma verbale EST [39], piuttosto che la cong. ET [40] (cfr.≠ cóma1); quelle rizotoniche con uscita -e, del tipo cò-,cós(s)e, comuni anche al mil. [41], rappresentano in-vece, secondo Salvioni, un loro ulteriore sviluppo inproclisia [42]; l’esito cossá che emerge in un passo del-la Parabola del Figliol Prodigo raccolta da Keller aCarona (par domandágh cossá al voréva dii tütt istufrecass), al quale si affianca cussá nella grafia del cor-risp. di Grancia per il VSI, è spiegato dallo stesso Kel-ler mediante sovrapposizione di còs(s)a su co-, cussè[43]; rimane tuttavia il dubbio che la desinenza -ápossa essere invece il risultato di un’agglutinazionedel pron. proclitico seguente a o al. – V. ancora ≠ cò-sa biscòsa e il comp. cossansoiamí; cfr. ≠ còssa1.

B i b l.: AIS 6.1113, CHERUB. 1.352, 5.48.[1] PELLANDINI, Trad.pop. 33. [2] KELLER, BLug.

274. [3] BERETTA, Nügra 67. [4] PINI, Morobbia 150.[5] DSI, disco ZLDI 2. [6] BOSSI, Pas 22. [7] ASV,Komm. 1.28. [8] RAVEGLIA 222. [9] MAURIZIO, Trentaminüt 12. [10] CATENA 1.9. [11] DSI 6.82.85. [12] DSI6.67.62. [13] PASSARDI 97. [14] DSI 6.61.65. [15] SAVI,Terra tic. 1982.6.37. [16] LURÀ 147-148. [17] QUADRI,Scherpa 55. [18] BUSTELLI, Alura 51. [19] BOSSI, Pas43. [20] GRIGNOLA, Brava gent 34. [21] Cfr. URECH,Contr. 35. [22] DSI 5.28.119. [23] DOSI 4.209. [24]DOSI 3.198. [25] Ric. SE, Comano 24. [26] GRIGNOLA,Brava gent 2. [27] MAGGINETTI-LURATI 219. [28] KEL-

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448CÒSSA COSSÉTA

LER, ALug. 124. [29] AIS 2.114 P. 53. [30] MAGGINET-TI-LURATI 45. [31] DOSI 3.192. [32] LURÀ, Dial.mendr.39. [33] DECURTINS 11.167. [34] AIS 6.1661 P. 53, cfr.6.1662 P. 53. [35] KELLER, Mendr. 245. [36] DSI, di-sco ZLDI 2. [37] REW 1781, DEI 2.1129, DELI2 404-405, FEW 2.541. [38] Cfr. DOSI 1.134 n. 17. [39] SAL-VIONI, AGI 9.255 n. 4, AGI 266-267 n. 4, ID 3.217,RcILomb. 42.679, Scritti 1.80 n. 4, 3.654-655 n. 4, 4.192,732. [40] DVT 297. [41] CHERUB. 1.352. [42] SAL-VIONI, RcILomb. 42.679, Scritti 4.732. [43] KELLER,BLug. 253, Mendr. 245 n. 3.

Galfetti

CCÖÖSSSSAA (k¥sa) s.f., SS≥≥ÖÖSSSS (}≤¥s) s.m. Buc-cia, mallo, guscio.

V a r.: s.f. cössa (Rossura, Calpiogna), s'ciössö, s≤∑is-sö, s≤ösciö (Chironico), scòssa (Rossura), s≤òsso, s≤ös-sö (Chironico); – s.m. s≤éss (Biasca), s≤öss (Chironico).

1. Buccia, baccello (Rossura): fas∑i culascòssa téndra, fagioli con il baccello tenero.

2. Mallo della noce: nósg col s≤éss, noci colmallo (Biasca), ... sénze le s≤össö, senza mallo(Chironico), cula cössa crapèda fòra, con ilmallo screpolato (Calpiogna), man spórch dacössa, mani sudice di mallo (Rossura). – A Chi-ronico ha anche il significato di ‘cupola foglia-cea della nocciola’ e di ‘guscio’.

3. Derivaticcöössssóónn s.m. Mallo della noce (Rossura).ssccoossssaaaa (Biasca), scössè (Calpiogna) v. Smal-

lare le noci.

Il termine si affianca ad alcune voci di area lad.,alto-ven. e friul. di difficile attribuzione etimologica,fra le quali si segnalano i tipi cóse, cósul ‘baccello’ (en-trambi maschili e con sibilante sonora) [1]; per que-ste forme sono state proposte varie basi, fra cui, peresempio, *EXCUTICºRE ‘sbucciare’ e *CÅCILA, da CÅ-

CHLEA ‘chiocciola; guscio della chiocciola’, nessunadelle quali risulta però pienamente convincente perspiegare i termini di area lev. e biasch. qui trattati [2];neanche la base *COCEA, formatasi da CÅCHLEA, pre-supposta dal fr. cosse ‘baccello’, è foneticamente plau-sibile poiché non dà ragione dell’esito -ss-, cfr. per es.PÈCEA > péscia ‘abete’ [3]. Non sarà d’altra parte daescludere un legame con un altro gruppo di voci del-la stessa regione quali i lad. scüscia s.f. ‘guscio, buc-cia’, friul. scùsse s.f. ‘buccia’, scùs s.m. ‘guscio dell’uo-vo; guscio di noci, nocciole, arachidi’ (con la sibilantepalatale o dentale sorda), attribuite alla stessa fami-glia dell’it. guscio [4].

B i b l.: AIS 7.1301.

[1] EWD 2.286-287, DESF 2.502, NUOVO PIRONA2

191. [2] TAGLIAVINI, Livinall. 175-176, PELLEGRINI, Cefastu? 58.100-103, DESF 2.502, EWD 2.287, v. ancheREW 2011. [3] FEW 2.826-827, REW 6479. [4] EWD6.171-172, NUOVO PIRONA2 997, cfr. AIS 6.1133, 7.1296,1379, PELLEGRINI, Ce fastu? 58.100-103.

Sofia

CCOOSSSSAANNSSOOIIAAMMŒŒ (kosanso-amí) s.m. 1.Nonsoché. – 2. Criterio, ritegno, giudizio, di-scernimento (Arbedo-Castione, circ. Taverne,Melide, Rovio, Mendr.).

V a r.: consoiemí (Melide), cosansoiamí (Giubiasco,Camignolo), cosansoiemí (Roveredo Grig.), cossan-soiamí (Rovio), cossassoiamí (Biasca), cossonsoiamí(Lumino [1], circ. Taverne), cosunsoiamí, cunsoiamí,cusansoiamí (Melide), cussansoiamí (Savosa, Coma-no, Mendrisio), cussassoiamí (Airolo), cussensoemí(Arbedo-Castione), cussensoiamí (Rovio), cussunsoia-mí (Mendr.), cusunsoiamí (Mendrisio), cusussoiamí(Stabio, Mendrisio).

1. Nell’indicare cosa, caratteristica o sensa-zione particolare, indistinta, indefinibile: ugh’a un cosansoiamí in dai öcc ch’u m regòrdaul s∑ pá, ha qualcosa nello sguardo che mi ram-menta suo padre (Camignolo), vin che l gh’a uncèrtu güst da cussensoiamí, vino che ha un sa-pore di non so cosa: indefinibile (Rovio), a m’èvigníd om cèrto cosansoiemí, che, se a m sètamiga, a cròda, mi è venuto un malessere inde-finito, che, se non mi metto a sedere, casco aterra (Roveredo Grig.).

2. Vègh um pòo da cussensoemí, avere un po-co di senno, di giudizio (Arbedo-Castione [2]), iévan lí, prunt, cu na gran vöia da t∑ n gir, sén-za n puu da cusunsoiamí, erano lì, pronti, conuna gran voglia di beffeggiare, senza un mini-mo di ritegno (Mendrisio [3]).

Composto di còssa1 ‘cosa’ + a n ‘ne’ + sòia ‘so’ [4] +mí ‘io’.

B i b l.: [1] PRONZINI 38. [2] PELLANDINI, Arbedo-Ca-stione 57. [3] BUSTELLI, Alura 95. [4] Cfr. SALVIONI,Fon.Mil. 142, v. inoltre AGI 9.228 n. 2, LURÀ 159.

Galfetti

CCOOSSSSÉÉTTAA (kossta) in còssa –, e in cossi-n(a) –, locuz.s. Indovinello.

V a r.: còsa coséta (Cresciano, Leontica, Soazza),còssa coséta (Mugena), cóssa cosséta (Sonvico), còssa

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AGGIORNAMENTO BIBLIOGRAFICO

B.U. = Bollettino ufficiale delle leggi e degliatti esecutivi della Repubblica e Cantonedel Ticino

BIASETTO = A. Biasetto, Dizionario tesino: dia-lèto e dèrgo de Castèl Tasin. Rovereto 1996

BIONDELLI, Studii = B. Biondelli, Studii lin-guistici. Milano 1856

BOSELLI, Topon. = P. Boselli, Dizionario ditoponomastica bergamasca e cremonese.Firenze 1990

CAFFARELLI-MARCATO = E. Caffarelli - C. Mar-cato, I cognomi d’Italia: dizionario storicoed etimologico. 2 vol. Torino 2008

CLEIS, Leggende2 = L. Cleis Vela - F. CleisZoppi, Leggende di Stabio. Zurigo 1992

DBI = Dizionario biografico degli Italiani. Ro-ma 1960-

ETTMAYER, Lomb.-Lad. = K. von Ettmayer,Lombardisch-Ladinisches aus Südtirol. RF13.231-672

FAVA, Pesca = D. Fava - B. Festa - A. Foglio (acura di), Pesca e pescatori del Garda bre-sciano. Brescia 1996

INZAGHI, Canzoni = L. Inzaghi, Canzoni popo-lari milanesi. Milano 1991

LURATI, Lomb. e Tic. = O. Lurati, InLombardia e in Ticino: storia dei nomi diluogo. Milano 2004

PARAVICINI = F. Paravicini, Dialetto di Po-schiavo: raccolta di termini e definizionidialettali. Poschiavo s.d. (ma 2004?)

PEREGO, Homini = N. Perego, Homini de malavita. Oggiono 2001

SCATTINI, Vite = A. Scattini, Lavori della vitedei nostri vecchi verzaschesi: manoscritto(1994) depositato in copia al CDE

SOLCI-SCOPAZZINI, Vite = G. Solci - M. Scopaz-zini, La vite in Ticino. Lugano 1993

TCLoc. 9 = Biblioteca Comunale Soazza,Testimonianze di cultura locale. 9: P.Mantovani, El folétt dala còta vérda.Soazza 2010

VEGEZZI, Viticolt. = P. Vegezzi, Viticoltura edenologia. s.l. 1981

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