Vite consacrate. Gli archivi delle organizzazioni religiose femminili

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CENTRO STUDI INTERREGIONALE SUGLI ARCHIVI ECCLESIASTICI VITE CONSACRATE. GLI ARCHIVI DELLE ORGANIZZAZIONI RELIGIOSE FEMMINILI ATTI DEI CONVEGNI di Spezzano (20 settembre 2006) e di Ravenna (28 settembre 2006) a cura di Enrico Angiolini mucchi editore Sezione ANAI Emilia Romagna Comune di Fiorano Modenese Assessorato alle Politiche Culturali Soprintendenza Archivistica per l’Emilia Romagna

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Centro studi interregionale sugli arChivi eCClesiastiCi

vite consacrate. gli archividelle organizzazioni

religiose femminiliatti dei convegni

di spezzano (20 settembre 2006)e di ravenna (28 settembre 2006)

a cura di enrico angiolini

mucchi editore

sezioneanaiemilia romagna

Comune di Fiorano Modeneseassessorato alle

Politiche Culturali

soprintendenzaarchivistica

per l’emilia romagna

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ISBN 978-88-7000-479-3

Centro studi interregionale sugli archivi ecclesiasticiFiorano modenese

Comitato scientifico:Enrico Angiolini, Gianna Dotti Messori, Euride Fregni, Nina Maria Liverani,

Maria Parente, Giuseppe Rabotti, Gilberto Zacchè

Segreteria:Alessandra Alberici

Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nel limite del 15% di ciascun volume o fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dall’accordo stipulato tra SIAE, AIE, SNS e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000.Le riproduzioni per uso differente da quello personale potranno avvenire solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da-gli aventi diritto o dall’editore.

© Enrico Mucchi Editore s.r.l.Via Emilia Est, 1527 - 41100 [email protected] all’AIE e all’USPI

Pubblicato in Modena nel Settembre 2007

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Presentazione

Con la presente pubblicazione, che riunisce gli atti dei convegni del 2006, inizia l’undicesimo anno di attività del Centro studi interregionale su-gli archivi ecclesiastici. Le giornate di studio, tenutesi a Fiorano (al Castello di Spezzano il 20 settembre) e a Ravenna (presso il Dipartimento di Archeo-logia dell’Università di Bologna - Sede di Ravenna il 28 settembre) sono sta-te accompagnate dai «festeggiamenti» per un evento di singolare importan-za: il decennale di attività del Centro studi, con la presentazione del decimo volume della collana. L’aver raggiunto tale traguardo è stato, per tutti quan-ti hanno dedicato tempo e risorse a questa iniziativa culturale, motivo di in-dubbia soddisfazione.

E il mio ricordo, ancora molto ben vivo e nitido, è corso a quel ormai lontano settembre 1996, allorché con Euride Fregni, allora presidente della Sezione ANAI Emilia Romagna, e Maria Parente, ambedue funzionarie del-la Soprintendenza Archivistica per l’Emilia Romagna, insieme alla sottoscrit-ta, allora assessore ai Servizi e Beni Culturali del Comune di Fiorano Mode-nese, si pensò di costituire questo centro. «Altro grande risultato, di cui come presidente sono molto orgogliosa», scriveva Euride Fregni nell’introduzione al primo volume della collana, uscito nel settembre 1997, «è stato l’aver dato vita insieme all’Assessorato alla cultura del Comune di Fiorano ad un Centro Studi sugli Archivi Parrocchiali, che ha tra le sue finalità quella di organizzare un incontro annuale su tematiche specifiche, di volta in volta individuate, ma che sia soprattutto occasione di incontro e di scambio informativo per gli stu-diosi e gli operatori del settore. Questo volume, che raccoglie i contributi dei due incontri in cui è maturata l’idea dell’istituzione del Centro, e che esce ap-punto sotto l’intestazione del nuovo Centro, dovrebbe essere, nelle nostre in-tenzioni, solo il primo di una lunga collana in cui raccogliere anno dopo anno i frutti dei prossimi incontri».

E così è stato. Il Centro studi si è evoluto e nel 2002, in considerazione dei notevoli risultati scientifici conseguiti, veniva resa ufficiale anche la va-riazione dell’intitolazione quale Centro studi interregionale sugli archivi ec-clesiastici, che già negli anni precedenti aveva ampliato il proprio campo d’indagine dagli archivi parrocchiali a tutte le varie tipologie di archivi eccle-siastici, con conseguente arricchimento dei programmi di studio e con pro-spettive di sviluppo dell’attività ben oltre le iniziali aspettative. E per que-sto è doveroso ringraziare, in primis, l’Amministrazione comunale di Fiora-no Modenese, nella persona dell’attuale assessore Maria Paola Bonilauri, che ha messo a disposizione del Centro studi risorse finanziarie e umane, e l’Uf-ficio Cultura, nella persona di Alessandra Alberici, per la sempre puntuale ed esemplare organizzazione dei convegni; un ringraziamento particolare si ri-

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volge alla Soprintendente Archivistica per l’Emilia Romagna, Euride Fregni, per il costante appoggio e supporto culturale e organizzativo offerto a tutti gli studiosi, ricercatori e soci ANAI che hanno collaborato con noi, ma soprattut-to al gruppo di studio, o meglio, alla Commissione che, in seno all’ANAI e di concerto con la Soprintendenza Archivistica, opera per la valorizzazione (nel senso più lato del termine) degli archivi ecclesiastici e questo in modo del tut-to disinteressato (puro e semplice «volontariato»). Quindi vorrei ringraziare Gilberto Zacchè, Presidente della Sezione regionale dell’ANAI, Maria Paren-te, Enrico Angiolini, che per undici anni ha curato la pubblicazione degli atti, Nina Liverani, Giuseppe Rabotti e, con lui, tutta la Società di Studi Ravenna-ti, che da diversi anni lavora con noi per l’attività del Centro studi. Ma un ca-loroso e sentito ringraziamento va anche a tutte le diocesi ed arcidiocesi del-l’Emilia Romagna che, con il loro patrocinio e il loro avvallo, sono state un indispensabile ausilio nella prosecuzione della nostra attività. Rivolgo infine, un ringraziamento all’Arcivescovo di Ravenna-Cervia Monsignor Giuseppe Verrucchi e a Monsignor Adriano Tollari, delegato arcivescovile per i beni culturali dell’arcidiocesi di Modena-Nonantola, sempre disponibili e presen-ti ad ogni nostro convegno.

Le giornate di studio del convegno del 2006, delle quali vengono ora edi-ti gli atti, sono state dedicate alle organizzazioni religiose femminili, prose-guendo il tema avviato l’anno scorso sugli archivi degli enti monastici e con-ventuali. Fin dall’inizio eravamo coscienti che ci stavamo addentrando in un argomento non facile, trattandosi di un mondo innanzitutto estremamente va-riegato, il più delle volte quasi inesplorato dal punto di vista archivistico, e del quale non si aveva un’esatta fotografia di quanto si avrebbe potuto rileva-re; ma si trattava anche di un mondo non sempre aperto a siffatto tipo di ri-chieste, e non sempre sensibile o cosciente del proprio patrimonio documen-tario. Le «sorprese», comunque, nei due anni di lavoro su questa tipologia ar-chivistica, sono state notevoli, se pensiamo che, allorché si parla di ordini e corporazioni religiose, il pensiero corre alle famose soppressioni napoleoni-che e del 1866 e al conseguente incameramento di quegli archivi negli Archi-vi di Stato. Si riteneva, quindi, che la documentazione esistente e conserva-ta nei monasteri o conventi sopravvissuti datasse a partire solo dalla fine del-l’Ottocento; invece tantissimi e preziosi, per le ricerche non solo sulla storia della vita e del pensiero religioso ma sui tanti aspetti della società del tempo, sono gli archivi conservati presso questi enti, che datano il più delle volte a partire dalla loro antica fondazione.

È stato veramente difficile, ma alla fine i risultati sperati si sono avuti, anche se siamo coscienti che il panorama offerto non è certamente esaustivo. «I contributi presentati», come ha sottolineato Giuseppe Rabotti, «hanno ri-velato una realtà varia e frastagliata, relativa ora ad archivi importanti ora ad

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altri minori e sin qui sconosciuti, spesso frammentari, la cui illustrazione sto-rica e l’inventariazione archivistica presentano difficoltà non sempre risolte sotto un esauriente profilo tecnico. Ma questo fa parte degli ostacoli emergen-ti nel lavoro di reperimento di fonti complesse come gli archivi, ricchi di for-me e di aspetti sempre nuovi ed inediti, la cui conoscenza è conseguita solo tramite un processo di avvicendamento, che ha tempi e modi di appropriazio-ne graduali».

Il tema proposto dal Centro studi ha inoltre sollecitato il confronto con altre realtà in Italia che stanno operando in questa direzione e che ci hanno contattato: dall’Archivio Storico Diocesano di Cagliari in Sardegna, alla Bi-blioteca Apostolica Vaticana, all’Istituto Teologico di Assisi, alla suore fran-cescane di questa famosa città, all’Istituto Storico Lucchese. Dall’Associa-zione Archivistica Ecclesiastica, poi, nella persona del suo Presidente, Mon-signor Salvatore Palese, ci sono pervenuti gli incoraggiamenti a continuare su questa strada: «Appena ricevuta la notizia dell’XI Convegno di studi sugli archivi delle organizzazioni religiose femminili del prossimo settembre», ha scritto al Centro monsignor Palese nell’agosto 2006, «mi preme esprimerLe le più vive congratulazioni per l’iniziativa e i più fervidi auguri per il suo mi-gliore risultato. È davvero ammirevole la continuità dell’impegno nella risco-perta di tanti archivi ecclesiastici. La memoria ravvivata di tante vite consa-crate agli ideali evangelici illuminerà sulle radici cristiane della gente di co-deste province e contribuirà a definire storicamente la loro identità cultura-le e religiosa».

La sessione fioranese del convegno si è poi conclusa con la visita al Mo-nastero della Visitazione di Santa Maria di Modena, grazie alla squisita dispo-nibilità e accoglienza della madre superiora suor Maria Daniela Campanale, che colgo l’occasione per ringraziare. Infine voglio rivolgere ancora un rin-graziamento a Gino Badini, Direttore dell’Archivio di Stato di Reggio Emi-lia, a Gilberto Zacchè, a Giuseppe Rabotti, quale Presidente della Società di Studi Ravennati e a Mario Fanti, Soprintendente dell’Archivio arcivescovile di Bologna, per aver presieduto le varie sessioni del convegno.

Gianna Dotti MessoriResponsabile della Commissione sugli archivi ecclesiastici

della Sezione ANAI Emilia Romagna

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Centro studi interregionale sugli arChivi eCClesiastiCi

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religiose femminiliatti della giornata di studidi spezzano (20 settembre 2006)e di ravenna (28 settembre 2006)

a cura di enrico angiolini

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Gian Paolo Bustreo

Gli archivi degli Ordini mendicanti fra Medioevo ed età moderna.Considerazioni d’insieme e spunti comparativi

Premessa 1

Prima  di  tutto,  voglio  ringraziare  gli  organizzatori  del  convegno  per l’onore che mi è stato assegnato di inaugurare il convegno su Gli archivi del-le organizzazioni religiose femminili,  convegno che porta  a  compimento  il progetto – iniziato lo scorso anno – di indagare lo svolgimento complessivo della pratica archivistica così come la concepì e la mise in pratica il clero re-golare in Italia fra Medioevo e età contemporanea. Non si tratta, a ben vede-re, di un onore trascurabile, considerati il rilievo e la portata di tale scelta, sia in assoluto, sia, come fra poco si approfondirà, in relazione allo studio dell’ar-chivistica degli Ordini monastici e mendicanti.

Ci sono anche altri motivi per soffermarsi a celebrare  l’evento e  l’an-niversario, visto che il Centro studi interregionale sugli archivi ecclesiasti-ci – formato dal comune di Fiorano Modenese, dalla Soprintendenza Archi-vistica emiliano-romagnola e dall’Associazione nazionale archivistica italia-na nella sua articolazione pure emiliano-romagnola –, organizzatore di que-sto convegno, ha celebrato i suoi primi dieci anni di attività con un’iniziativa di grande rilievo di cui abbiamo tra le mani, fresco di stampa, proprio il pri-mo dei due volumi che ne costituiscono l’esito editoriale e che raccoglie degli atti del decimo convegno dello scorso anno 2. L’una e l’altra evenienza meri-tano, allora, qualche considerazione. Beninteso, non è certo mio compito od obiettivo tracciare bilanci; questo va ben al di là delle mie competenze e dei miei compiti: tuttavia, sia lecito esprimere la mia considerazione per proposte come questa che coniugano capacità di continuità, organizzazione di un pro-getto culturale rilevante, abilità nel suscitare un progressivo e allargato inte-

1  Il testo riproduce quasi del tutto fedelmente la relazione letta in occasione del convegno. L’apparato delle note è stato volutamente contenuto per non appesantire il  testo. Desidero ringraziare Francesca Cavazzana Romanelli per i preziosi consigli e per il materiale che mi ha messo a disposizione con pronta e prolungata gentilezza.2  Cum  tamquam veri. Gli archivi conventuali degli Ordini maschili, Atti  dei  convegni di Spezzano (16 settembre 2005) e di Ravenna (30 settembre 2005), a cura di E. anGiolini, Mo-dena 2006 (Atti dei convegni del Centro studi interregionale sugli archivi ecclesiastici, 10).

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resse calamitando risorse e «pubblico», sensibilità nell’intessere fecondi rap-porti con il territorio e le sue rappresentanze, curiosità verso esperienze stori-che e di ricerca originali e di primaria rilevanza. 

1. Gli archivi dei mendicanti, un tema recente

Entro adesso nel merito del mio discorso, consapevole che il titolo della relazione necessita di qualche chiarimento preliminare. Credo sia indispensa-bile innanzitutto delineare un inquadramento storiografico e quindi spiegare la specificazione «mendicanti» che ho usato a proposito di archivi.

La ricostruzione del passato scrittorio degli Ordini religiosi, perlomeno fino a questi ultimi anni, ha considerato solo gli archivi dei benedettini, per motivi che peraltro sono comprensibilissimi. I monaci e  le monache infatti nascono con il Medioevo e ne contrassegnano un periodo molto ricco di tra-sformazioni che in parte contribuirono ad innescare. Due fra tutte: la salva-guardia, la riproduzione e la diffusione del patrimonio culturale che ora chia-miamo classico e l’impulso decisivo all’agrarizzazione del suolo tramite un lungo e articolato sforzo che culminò nell’organizzazione di grandiose pro-prietà fondiarie ben condotte di cui i loro archivi, per restare in tema, raccon-tano adeguatamente. 

E i Mendicanti, invece? Gli archivi dei frati pauperes sono viceversa un tema molto più recente e meno conosciuto ma che, con tutto ciò, non offre grandi elementi di novità rispetto all’archivistica monastica; anzi, si potrebbe dire che gli archivi mendicanti mostrano le stesse caratteristiche degli archi-vi monastici, solo con meno ricchezza e sistematicità, ovvero con meno va-rietà e organicità. Mi si obietterà che così viene meno il motivo fondamentale della mia scelta. Io credo tuttavia che valga la pena di saggiare la possibilità di approfondire un tema che non esiterei a definire indispensabile per la pie-na comprensione della vicenda storica complessiva dei Mendicanti, vicenda entro la quale la loro attitudine documentaria va collocata. Non si tratta solo di questo, però: la ritrosia all’indagine dei giacimenti archivistici degli Ordini apparsi nel Duecento ha sofferto in passato anche di pastoie di natura teorica che si sono riflesse poi in determinate impostazioni storiografiche. La poten-za del carisma iniziale dei fondatori e la dirompente energia delle opzioni dei loro successori, infatti, hanno messo in sordina tutti gli altri temi. Di conse-guenza, in una prospettiva non accogliente la dimensione documentata del fe-nomeno, la storiografia dei e sui Mendicanti si è sforzata per lo più nel tempo di misurare il grado di adesione degli Ordini e dei conventi, perlomeno quelli analizzati, a quel carisma originario e a quelle opzioni fondanti che tanta pre-sa ebbero sul mondo urbano e finanche ecclesiastico, tanto da condizionarne

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in parte la fisionomia. È certo, questa, una lettura molto schematica; ciò non-dimeno, non occorre certo essere degli specialisti di storia dei Mendicanti per sapere che i temi estranei alla spiritualità e allo sviluppo delle idealità origi-nali hanno avuto fino ad ora attenzione molto marginale. Non sarà difficile comprendere allora come siano stati finora trascurati aspetti altrettanto impor-tanti per la storicizzazione degli Ordini; ad esempio e senza pretese di com-pletezza, ma con un occhio rivolto al focus del mio intervento, le conseguen-ze del loro insediamento in termini di economia di scambio – spirituale non meno che materiale –, gli effetti della loro presenza patrimoniale sul merca-to locale e altre varie questioni, non ultima quella dei loro archivi che di que-sti aspetti economici sono, appunto, diretta e funzionale derivazione. Un’ul-tima precisazione: ho dato alla parte iniziale del mio discorso una collocazio-ne temporale alle spalle, per così dire, del periodo scelto dal convegno dello scorso anno e di quello odierno, una collocazione che mi permette di leggere la vicenda complessiva degli archivi mendicanti su un piano diacronico, evo-lutivo. Se, da una parte, questa scelta vincola a un procedimento espositivo piuttosto rigido, per un altro verso offre alcuni vantaggi nella definizione del-la storia e della geografia del fenomeno qui preso in considerazione.

Vengo ora a definire con maggiore precisione qual è l’obiettivo della mia relazione.  Il  traguardo massimo  sarebbe di  stabilire un’archivistica mendi-cante, ovvero di mettere a fuoco le principali caratteristiche storiche degli ar-chivi degli Ordini mendicanti dai loro inizi e sino all’età moderna. L’obietti-vo minimo, cercare di identificare alcuni dei tratti distintivi della cultura ar-chivistica mendicante nell’età considerata. Ho detto Mendicanti e quindi in-tendo i cinque Ordini che superarono il vaglio del secondo Concilio di Lione del 1274, i Predicatori, i Minori, gli Eremiti di sant’Agostino, i Servi di Maria e i frati del Carmelo e i loro secondi rami femminili. Peraltro, le precisazioni non finiscono qui: credo infatti sia importante dire che quando si dice archivi dei Mendicanti non è possibile parlare di un fenomeno organico, bensì si deve fare attenzione alle specificità di ciascuno di essi, anche se per forza di cose bisognerà quasi unicamente soffermarsi sull’accostamento fra Predicatori e Minori, le istituzioni più importanti, che produssero di più a livello di docu-mentazione organizzata e che di conseguenza sono stati i più esaminati dal-l’esile storiografia disponibile, come si rileverà anche dalle esemplificazioni che ho incentrato soprattutto sulla situazione trevigiana, ricca di documenta-zione, di studi e di strumenti di consultazione e che, in ragione di questo pro-filo, può essere assunta anche come termine di confronto per altre realtà.

Per iniziare, bisogna comprendersi su che cosa si intenda per archivi de-gli Ordini mendicanti. Si  tratta dell’organizzazione, variabile nel corso del tempo, compiuta da parte di frati o esterni, in luoghi deputati al bisogno op-pure no, di tutta la documentazione a qualsiasi titolo ricevuta ossia autonoma-

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mente prodotta, redatta su qualsiasi tipo di supporto materiale, relativa a tutti gli aspetti della vita del convento ovvero ad esso del tutto estranea, ma in ogni caso materialmente conservata nel deposito delle sue carte. Si tratta, in un’ot-tica più storica, delle scritture nate nell’incontro fra i conventi e i loro interlo-cutori (o rivali) e di tutto ciò che la presenza dei mendicanti nella società me-dievale ha generato in termini di produzione documentaria.

2. La formazione degli archivi

Gli  archivi, dunque. Che cosa  sappiamo degli  archivi dei Mendicanti, siano essi maschili, femminili o del terz’ordine? Non molto in realtà. Il ba-gaglio storiografico, fatto di iniziative delimitate, sparpagliate, di valore as-sai diverso, non consente una prospettiva comparativa 3. Nella quasi genera-lità, gli studi sugli archivi sono in realtà quasi sempre delle cornici costruite attorno al contenuto scrittorio – soprattutto quando si tratta di ricchi corpora di pergamene risalenti ai primi secoli della storia mendicante e perciò bullae e privilegia – piuttosto che strumenti per studiare in modo più completo la sto-ria di una comunità nella misura in cui è stata ente produttore di documenta-zione. Queste operazioni, che talvolta hanno preceduto o seguito vere e pro-prie eversioni dagli esiti irreparabili, sono state legittimate da una particolare concezione storica che trattava l’archivio alla stregua di un thesaurum e che vedeva in primo luogo nella pergamena il supporto materiale da valorizzare e conservare, un supporto che trascendeva perciò il significato storico del con-tenuto. Come si comprenderà, dunque, questo pensiero astorico non permette di comprendere le ragioni pratiche che indussero le comunità religiose a pen-sare un’attività scrittoria e ad organizzare una sistemazione per i prodotti. 

Torniamo così al focus del mio intervento. Perché i Mendicanti organiz-zarono degli archivi all’interno dei loro conventi? E quando? 

Cominciamo con il rispondere alla seconda domanda. Bisogna dire su-bito che non ci sono molte notizie a riguardo: prima della metà del Trecen-to 4 mancano del tutto notizie di un luogo specificamente destinato alla con-

3  A dire il vero, in Italia soprattutto, qualche passo in avanti è stato fatto, sia in termini di sin-goli archivi che di quadro generale. Qualche esempio trascelto dalla bibliografia disponibile: a. Piazza, I frati e il convento di San Francesco di Pinerolo (1248-1400), Pinerolo 1��3, pp. 46-51; su un piano più generale: a. Bartoli lanGeli, n. D’acunto, I documenti degli Ordi-ni mendicanti, in Libro, scrittura, documento della civiltà monastica e conventuale nel bas-so medioevo (secoli xiii-xv), a cura di G. avarucci, r. M. Borraccini verDucci e G. Borri, Spoleto 1���, pp. 381-415. 4  A Vicenza, i privilegi e le indulgenze organizzate in codice negli «ultimi decenni del xiv secolo», erano conservati in deposito del convento, come stabilisce: F. loMastro toGnato, I

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centrazione delle chartae. Fino a quel momento, il sito deputato era di soli-to  la  sacrestia 5. Con  l’andare del  tempo e  il moltiplicarsi delle necessità e delle relazioni le comunità si videro costrette ad approntare dei loci charta-rum 6 ove ordinare le scritture che andavano accumulando e che si riferivano in modo pressoché unico,  è  opportuno  anticiparlo,  all’ambito  economico 7, precisazione che ci porta a rispondere alla prima domanda. Le fraterne reli-giose organizzarono i propri archivi quando divennero anche produttori e non solo ricettori di documentazione. Quando avvenne questo? I frati iniziarono a produrre documentazione a partire dal secondo o terzo decennio del Trecen-to. In precedenza, si limitavano a ricevere documentazione prodotta da altri od ospitavano le registrazioni dei notai locali 8. Queste ultime, in particola-re, erano l’originario esito materiale dei contatti fra pauperes e le società cit-tadine e sono alla base della successiva produzione interna al convento. Gli instrumenta notarili, in primis i testamenti �, infatti, permettono di conosce-re le primissime mosse delle fraterne religiose mentre si accostavano al dina-mico mondo delle città 10, ovvero rendono chiaro i legami che si venivano in-tessendo, donazioni e lasciti che obbligarono i frati e le monache a gestire pa-

Monumenta reliquiarum di S. Corona di Vicenza, Padova 1��2 (Fonti per la storia della ter-raferma veneta, 6), pp. XVI e 44. 5  Silvestro Nessi, introducendo l’Inventario e regesti dell’archivio del sacro convento d’As-sisi, Padova 1��1 (Fonti e studi francescani, 3), traccia alle pp. X-XI una sommaria storia dell’archivio conventuale datandone l’inizio al 1335 (p. X) e collocandolo nella sacrestia. 6  Francesco d’Assisi. Documenti e archivi – Codici e biblioteche – Miniature, Catalogo della mostra di Perugia per l’VIII centenario della nascita di Francesco d’Assisi, a cura di A. Bar-toli lanGeli e c. cutini, Milano 1�82, pp. 47-58.7  a. Bartoli lanGeli, G. P. Bustreo, I documenti di contenuto economico negli archivi con-ventuali dei Minori e dei Predicatori nel XIII e XIV secolo, in L’economia dei conventi dei frati Minori e Predicatori fino alla metà del Trecento, Atti del XXXI convegno internaziona-le della Società internazionale di studi francescani (Assisi, �-11 ottobre 2003), Spoleto 2004, pp. 126-12�. 8  a. Bartoli lanGeli, Le carte duecentesche del sacro convento di Assisi (Istrumenti, 1168-1300), in collaborazione con M. i. Bossa e l. FuMi, Padova 1��7 (Fonti e studi francescani, 5), pp. XXXIII-XXXVII. Inoltre, Francesco d’Assisi..., cit., pp. 15-18 e 25-30. �  a. Bartoli lanGeli, Nota introduttiva, in Nolens intestatus decedere. Il testamento come fonte della storia religiosa e sociale, Atti dell’incontro di studio (Perugia, 3 maggio 1�83), Perugia 1�85, pp. ix-xvii; c. cenci, Le Costituzioni come fonti per studiare l’evoluzione della storia dei frati Minori. I francescani esecutori di testamenti nei secoli xiii-xiv, «An-tonianum», 75 (2000), pp. 365-372.10  D. ranDo, Minori e minoritismo nella società e nelle istituzioni, in eaD., Religione e poli-tica nella Marca. Studi su Treviso e il suo territorio nei secoli xi-xv, i, Verona 1��6, p. 137; 

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trimoni fondiari e immobiliari che proprio nel Trecento conobbero i maggiori e spesso spettacolari incrementi. Questi sviluppi, di conseguenza, vincolaro-no i religiosi a conservare la certificazione dei possessi non meno che la do-cumentazione che testimoniava lo sfruttamento del patrimonio. 

Prima di giungere a delle prime, provvisorie, conclusioni, proviamo a ri-capitolare quanto si è finora esposto: verso la metà del Trecento, non dovun-que e non nello stesso tempo – non sembri un’ovvietà ricordare che si propo-ne un «modello» –, le comunità religiose che si rifacevano all’universo della mendicanza erano stabilmente insediate nelle città, nelle quasi città e nei bor-ghi più importanti del territorio della penisola, e però con una maggiore predi-lezione verso il centro nord. Avevano instaurato con le società cittadine e so-prattutto con la parte economicamente più vivace di esse profondi legami di natura spirituale che producevano ciò nondimeno frutti materiali tali da ren-dere i frati e le monache dei proprietari, dei proprietari che però si dimostraro-no tutt’altro che impreparati. A questo proposito, dobbiamo tenere conto che buona parte dei frati e delle monache provenivano dalle fila dello strato più dinamico e colto che animava le città e che di conseguenza essi non doveva-no essere a digiuno di documentazione e di economia, di scritture e di scam-bi. Le comunità religiose risultarono infatti del tutto a loro agio nel contatto con le forme codificate dell’instrumentum notarile. Ben presto, in aggiunta, esse non si limitarono a restare destinatarie dei prodotti scrittori provenienti dall’esterno ma cominciarono a divenire committenti e, contestualmente, pro-duttrici di scritture. Finiva così l’archivio di relazione, cioè l’archivio che ac-catastava le cose ricevute in un ordine indefinito e in un luogo non specifico e cominciava l’archivio di produzione, le cui destinazione e disposizione di-vennero oggetti di riflessione e di progressivi assetti 11. 

Questo è, a mio parere, un passaggio fondamentale, sia dal punto di vista archivistico sia tout court dal punto di vista della storia dei Mendicanti. Pro-vo ad azzardare una definizione che renda la portata del cambiamento: la radi-ce storica degli archivi dei pauperes italiani nel Medioevo è nel rapporto sim-biotico che si era creato fra singole comunità e società urbane. I frati divenne-ro proprietari e dovettero pertanto gestire i cespiti della loro sussistenza; do-vettero  inoltre dimostrare al  laicato devoto che utilizzavano effettivamente terre, case e soldi avuti in beneficenza per la salvezza dell’anima dei donatori

A. riGon, Frati Minori e società locali, in Francesco d’Assisi e il primo secolo di storia fran-cescana, Torino 1��7, pp. 260-262. 11 Qualche riflessione sugli attuali orientamenti in: F. cavazzana roManelli, Sistemi infor-matici archivistici. Quale messa in forma della memoria documentaria?, «Scrinia. Rivista di archivistica, paleografia, diplomatica e scienze storiche», ii, 2/3 (2005), pp. 1�-34.

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con messe e preghiere e, si tratta di un elemento non trascurabile 12, dovette-ro inoltre dare prova alle autorità laiche e religiose di come amministrare pro-ficuamente beni e denari. Apro a questo proposito una breve parentesi: il nes-so così creatosi fra religiosi e laici, rafforzato per di più da annuali contribu-zioni e appoggi di origine istituzionale, produsse i suoi effetti, nel senso che i conventi cittadini divennero fra l’altro anche fattori di coagulo dell’identità civica, quasi incapsulati nel repertorio costituente l’honor e il decus urbani 13, tanto che le magistrature si sentivano in dovere di vigilare sulla sufficienza dei mezzi di sussistenza e sulla correttezza delle pratiche gestionali, una reci-procità che generò a sua volta documentazione. 

Riprendiamo però il filo principale del nostro ragionamento. Se è vero cioè che gli archivi nacquero e si svilupparono quando le comunità divennero proprietarie in conseguenza di un pronunciato o meno radicamento nell’am-biente cittadino, ne deriva allora che le comunità più ricche diedero vita agli archivi maggiori – fatta eccezione forse per gli archivi «fondativi», Assisi per i Minori e Bologna per i Predicatori, che fanno storia a sé – quanto a quantità e qualità dell’archivio. Seconda conseguenza: sia per il primo periodo degli accumuli di chartae, sia dalla metà del XIV secolo in poi, le scelte dei frati 14 in ordine alla conservazione di materiale da destinare all’archivio si indiriz-zarono soprattutto verso il materiale di natura eminentemente giuridica costi-

12  Anche dalle autorità centrali degli Ordini provenivano indicazioni che andavano nel sen-so del controllo e della gestione documentale: la provincia domenicana di Lombardia previ-de sin dal 1259 la scrittura di documenti atti a certificare i movimenti patrimoniali dei con-venti, in: t. KaePPeli, Acta capitulorum provinciae Lombardiae (1254-1293) et Lombardiae inferioris (1309-1312), «Archivum fratrum Praedicatorum», xi (1�41), p. 141.13  Certo, non tutte le preoccupazioni dei comuni nei confronti dei conventi erano di questo segno, ma è indubbio che la maggioranza dei casi vide i poteri urbani schierati a fianco dei frati. Alcuni esempi: loMastro toGnato, I Monumenta reliquiarum di S. Corona di Vicen-za..., cit., pp. vii-ix; a. riGon, Vescovi e Ordini religiosi a Padova nel primo Duecento, in Storia e cultura a Padova nell’età di S. Antonio, Padova 1�85, pp. 144-145; v. KouDelKa, La fondazione del convento domenicano di Como (1233-1240), «Archivum fratrum Praedi-catorum», xxxvi (1�66), pp. 3�5-427. Per la particolare situazione veneziana: F. sorelli, Gli Ordini mendicanti, in Storia di Venezia. L’età del comune, vol. ii, a cura di G. cracco e G. ortalli, Roma 1995, pp. 915-922. Quasi superfluo ribadire che l’altro grande pilastro che sostenne l’espansione delle religiones novae fu il cosiddetto «ceto mercantile», come pro-vano ad esempio per Lucca: V. tirelli e M. tirelli carli, Le pergamene del convento di S. Francesco in Lucca (secc. xii-xix), Roma 1��3 (Pubblicazioni degli Archivi di Stato, Fon-ti, xv), pp. xxiv-xxxv.14  Per un piccolo catalogo delle tipologie documentarie conservate in pergamene si vedano le schede in: Francesco d’Assisi. Documenti e archivi..., cit., p. 73.

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tuente il basamento spirituale e materiale della loro esistenza 15 e quindi ver-so i prodotti originati dalla gestione e dallo sfruttamento dei patrimoni. Ma la realtà degli archivi risponde a questi profili? In effetti la ricerca archivistica conforta queste supposizioni e permette una scansione del contenuto degli ar-chivi che proverò ad organizzare in un elenco cronologico al fine di fornire in modo tridimensionale l’involucro storico degli archivi mendicanti.

3. La struttura degli archivi

Quali furono i risultati della prima stagione di produzione documentaria dei Mendicanti? Senza pretese di accuratezza, propongo ora una classificazio-ne piuttosto larga delle categorie documentarie stratificate in successione nel corso dei secoli che vanno dal Trecento al Settecento.

In un primo momento i conventi riversarono le carte sciolte degli instru-menta in codici pergamenacei che la storiografia ci ha insegnato a chiama-re cartulari, mutuandone forme e modelli dai precedenti esempi di produzio-ne comunale che in modo altrettanto convenzionale vengono definiti libri iu-rium 16, ovvero la raccolta degli atti concernenti la sfera dei diritti patrimo-niali ed economici del comune medievale. All’interno dei cartulari conven-tuali, il primato apparteneva ai pezzi provenienti dalle gerarchie ecclesiasti-che 17. Di seguito si collazionarono e si raccolsero gli atti recanti i diritti di proprietà e quei diritti che col passare del tempo correvano il rischio di essere messi  in discussione 18:  testamenti contenenti  trasferimenti di possesso, do-nazioni, acquisti, permute, atti di volontà recanti lasciti perpetui e altro anco-ra. In questo settore i cenobi femminili – e qui entro en passant nell’aspetto più specifico del convegno – si dimostrarono, in modo simile ai loro prede-cessori benedettini, molto più precoci e accorti dei confratelli dai quali rice-

15  Ibidem, pp. 36-37 e 47-58.16  D. Puncuh, Cartulari monastici e conventuali: confronti e osservazioni per un censimen-to, in Libro, scrittura, documento..., cit., pp. 347-348.17  E destinate a costituire il Bullarium del convento; per un caso ben delineato si veda: c. carBonetti venDittelli, Le carte del convento domenicano di Tivoli conservate nell’archi-vio della provincia romana dell’Ordine (secoli xiii-xviii), «Archivum fratrum Praedicato-rum», lviii (1�88), pp. 87-103 e: Piazza, I frati e il convento di San Francesco di Pinero-lo..., cit., pp. 46-51.18  Le rimanenti erano conservate sciolte e conobbero nel prosieguo del tempo la più spettaco-lare pluralità di vicende e di tregende, tuttavia sufficientemente note; per l’analisi di un’area specifica si veda: F. cavazzana roManelli, Archivi monastici e illuminismo: catastici e ordi-namenti settecenteschi in area veneziana, «Studi veneziani», n. s., xx (1��0), pp. 133-162. 

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vevano peraltro sostegno finanziario e gestionale, del resto in modo analogo a quanto faceva il laicato urbano. Tali precocità ed accortezza derivavano da una maggiore instabilità economica e giurisdizionale che rendeva i monasteri femminili più permeabili di fronte alle pretese dei poteri cittadini 1�, ma non-dimeno di fronte ai potentes laici. Questa tendenza fu comune e diffusa, come la veloce disamina che mi accingo a proporre permetterà di cogliere. Il mona-stero domenicano milanese di Santa Maria della Vittoria 20 e quello salerni-tano di Sant’Anna di Nocera 21, del medesimo ordine, già nel corso del XIII secolo provvidero a travasare in un cartulario pratico e funzionale tutti i tito-li che garantivano loro la proprietà dei beni provenienti dai laici sensibili al messaggio delle monache. Ancora più lampante l’esempio delle domenicane di San Paolo di Treviso 22. Su commissione della badessa Beatrice da Castel-barco, un notaio ricopiò nell’ultimo decennio del Duecento in un registro 23 tutti i documenti recanti notizie dei beni del monastero. In realtà dire «rico-piò» non è esatto. Si trattava dell’audace rielaborazione dei documenti nota-rili al fine di creare una scheda per ciascun bene, organizzata per la gestione e quasi senza legami con gli instrumenta di origine. Spicca clamorosamente, ad esempio, l’assenza dell’autentica del notaio che era l’unico segno inconte-stabile ai fini della determinazione della proprietà in caso di controversie le-gali. Le monache organizzarono il registro mettendo in successione i loro fon-di con le estensioni, le costruzioni, i nomi dei lavoratori e quanto dovevano di canone annuale. Quello che sembra rilevante in questa singolare operazione è la libertà di fronte all’instrumentum, la volontà di saggiare le opportunità di 

1�  Si veda ad esempio il caso delle monache clarisse, già benedettine, di Sant’Angelo Ma-gno nel Piceno e delle persecuzioni che ebbero a soffrire da parte del comune di Ascoli in: A. riGon, Conflitti tra comuni e Ordini mendicanti sulle realtà economiche, in L’economia dei conventi..., cit., pp. 347-348; per un altro caso, sempre riguardante un monastero femmi-nile anche se non mendicante: G. caGnin, Storie di mulini, storia della città. Per una cono-scenza della società trevigiana nel Medioevo, «Atti e memorie dell’Ateneo di Treviso», n. 16 (1��8-1���), pp. 115-123.20  c. anFossi, Una tradizione di imprenditrici. Umiliate e domenicane a S. Maria della Vitto-ria (secoli xiii-xix), «Archivio storico lombardo», cxxi (1��5), pp. 103-104 e 106-116.21  G. ruGGiero, Il monastero di Sant’Anna di Nocera, «Memorie domenicane», 20 (1�8�), pp. 67-76.22  Bartoli lanGeli, Bustreo, I documenti di contenuto economico..., cit., p. 131; G. P. Bu-streo, Scritture di conventi, scritture di città. La documentazione economica dei mendicanti trevigiani fra Tre e Quattrocento (in corso di pubblicazione). 23  BiBlioteca coMunale Di treviso, manoscritto 1128. Presenti inoltre copie di contratti di locazione di beni fondiari del convento dal 1312 al 1327; infine, un inventario aggiornato dei beni del 1354 col quale si conclude la prima parte del codice composito.

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una gestione del patrimonio più attenta e ad un tempo più efficace, la consa-pevolezza del ruolo di proprietarie esibito dalle monache mendicanti.

La  seconda  ondata  di  documentazione  prodotta  nei  conventi  a  partire dalla seconda metà del XIV secolo consiste in registri pensati e prodotti per servire ruoli particolari dell’organigramma conventuale, ma comunque per-tinenti la sfera economica 24. Queste cariche, le declino al maschile, sono il procuratore, il sindaco o sindico, il bursario, il sacrista (le cui funzioni posso-no essere facilmente intuite dai nomi); questi frati avevano il compito di ge-stire la sfera economica e finanziaria del convento e perciò producevano do-cumentazione che serviva come base per la rendicontazione nei confronti del-la comunità così come di appoggio per i frati che avrebbero rivestito la cari-ca in seguito. Si trattava, a ben vedere, e questa è un’altra novità, di registri pensati per essere continuati, senza limiti di tempo. Ad ogni carica corrispon-deva, insomma, una nuova scrittura che collegava le entrate e le uscite – or-ganizzate in ordine quotidiano – relative ad una delle dimensioni economiche del convento o, nel caso di conventi con una organizzazione di gestione più li-mitata, a quasi tutto il volume economico e finanziario delle comunità.

In questo settore i conventi maschili ebbero il predominio sia in termi-ni cronologici sia in termini quantitativi. Il motivo risiede essenzialmente nel fatto che le comunità femminili, oltre ad avere patrimoni minori già definiti e quindi gestiti per tempo, non avevano ancora sufficiente peso specifico per af-francarsi del tutto dall’aiuto o dalla tutela dei confratelli o dei laici. 

Verso la fine del Trecento e con una diffusione evidente in tutta la Peni-sola all’aprirsi del Quattrocento, fanno la loro apparizione altri tipi di fasci-coli, quelli che sono stati chiamati «registri di gestione e contabilità» 25. Di che si tratta? Al pari delle scritture adesso considerate alle quali si affianca-rono, erano serie documentarie, del pari distribuite fra collettività maschili e femminili, predisposte per il controllo minuzioso e tendenzialmente totale dei flussi monetari in entrata e uscita. Nel corso del tempo, inoltre, si moltiplica-rono, vista la complessità crescente dell’economia dei conventi, secondo una progressione che teneva conto delle necessità delle numerose comunità, delle spese relative all’inizio e alla continuazione di grandiosi cantieri edilizi, del-le richieste da parte del fisco, della gestione di patrimoni fondiari estesi anche un migliaio di ettari, dell’ospitalità verso i forestieri, dei contributi all’Ordi-ne di appartenenza 26. In che cosa invece si differenziavano rispetto alla pro-

24  Bartoli lanGeli, Bustreo, I documenti di contenuto economico..., cit., pp. 137-13�. 25  Ibidem, pp. 137 e 13�-142.26  Per l’analisi di una situazione cittadina. e. orlanDo, Civiltà monastica e archivi: la docu-mentazione a registro dei monasteri e conventi trevigiani fra Tre e Quattrocento, «Rassegna degli Archivi di Stato», lxi (2001), 1-2-3, pp. 12�-164.

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duzione precedente? Come si sarà  intuito, queste serie non erano legate ad incarichi personali quanto invece a settori o ad aspetti delle attività materiali o spirituali del convento che avevano rilevanza economica e monetaria e, di conseguenza, archivistica. Ecco quindi, in un breve elenco che non tiene con-to della fioritura, anche terminologica, delle apparizioni: i libri del granaio, i registri della caneva (magazzino, cantina) o del frumento ricevuto, delle spe-se edilizie, i campioni, le vacchette dei prestiti piuttosto che delle messe cele-brate, gli inventari degli ex-voto depositati presso le tante chiese dei conventi che richiamavano fedeli pur non rivestendo funzioni di parrocchia, quanto in-vece un ruolo che adesso definiremmo di santuario urbano 27. 

All’aprirsi del Cinquecento si osserva un rinnovato attivismo degli Ordini mendicanti, a causa del diminuito favore dei laici che appuntano altrove – leg-gasi le comunità degli Osservanti nate dai medesimi Ordini mendicanti con in-tenti restauratori e le «nuove» congregazioni fondate da preti secolari che me-glio intercettavano i bisogni della società di allora – la loro attenzione benefi-ca, con la conseguenza del lento ma inesorabile inaridirsi delle fonti che ave-vano permesso loro di fiorire. A questo quadro bisogna aggiungere l’aumen-to dei controlli esterni e una difficoltà propria dei Mendicanti, ovvero la fatica ad interpretare e assecondare le trasformazioni del settore agrario – soprattut-to in termini di concentrazione della proprietà e di razionalizzazione della ge-stione – che determinò scarsi investimenti e che per un altro verso li rese de-boli di fronte al mercato della terra. Le conseguenze documentarie ed archi-vistiche furono di natura diversa ma in gran parte riconducibili alla volontà di affidare ai vincula scripturae una volta di più la tutela di diritti e proprietà ora maggiormente in pericolo 28. È questa che fiorisce poi nel Seicento la stagione dei Libri aurei, spesso iniziative splendide e sfarzose dal punto di vista «edi-toriale», oltre che molto complesse dal punto di vista della struttura, visto che non di rado si proponevano addirittura la collazione e la trascrizione di tutte le pergamene possedute dal convento. Sintetizzando, si può dire che si trattò di imprese fondamentali, non sembri ovvio sottolinearlo, poiché presupponevano da parte dei frati una coscienza archivistica non solo selettiva, ma anche orga-nica e congrua al loro ruolo economico. In ragione di questo, tali iniziative ci permettono di avere una panoramica completa del profilo economico dei con-venti e, infine, ci consentono più banalmente di renderci conto della consisten-

27  Per un’analisi incentrata su un solo convento, quello dei Predicatori di Treviso, si rinvia a: G. P. Bustreo, L’archivio di San Nicolò: note in margine, in I frati Predicatori nel Duecen-to, «Quaderni di storia religiosa», iii (1��6), pp. 135-158.28  Per un quadro d’insieme cittadino ben delineato anche nelle sue premesse cinque-secente-sche: cavazzana roManelli, Archivi monastici e illuminismo..., cit., pp. 133-162.

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za del giacimento documentario conventuale all’epoca della redazione delle sillogi, delle acquisizioni posteriori e dell’ammontare delle perdite. 

Il Settecento porta novità fondamentali per i ricoveri delle carte di frati e monache pauperes. Scende in campo una nuova generazione di priori, guar-diani e superiori che formati in una temperie culturale affatto nuova e vivace – quella, per capirci, che riconduciamo all’influenza illuminista ed erudita – e sensibili alla legislazione dei propri Ordini 2�, nonché incalzati da una recen-te e finalmente efficace serie di disposizioni pontificie 30, mettono le mani su-gli archivi e ne sconvolgono gli apparati creando allo scopo anche nuovi stru-menti di repertoriazione e di consultazione. È anche l’epoca dei colti notai che dietro mandato di questi personaggi redigono imponenti inventari di do-cumenti, danno vita a smisurate e talora sontuose epitomi di documenti, scri-vono enormi cronache storiche degli enti, compilano sintesi degli innumere-voli scontri che le comunità dovettero sostenere nel corso dei secoli per difen-dere i loro diritti – puntellate da estratti documentali –, censiscono e «carto-grafano» i beni dei religiosi e così via 31. Al di là della denominazione di tali prodotti, che però assumono quasi sempre carattere compilativo e riepilogati-vo ovvero di palinsesto o ancora ordinatorio quando sono Catastici e di con-trollo economico globale quando invece assumono il nome di Campione, ciò che vorrei rilevare adesso è che si trattò anche della più imponente e diffusa opera di riconfigurazione degli archivi, una conformazione per la prima volta pensata in base a criteri archivistici provenienti anche dall’esterno e non più solo dagli «edificatori» originari dell’archivio. Era, insomma, l’inizio dell’ar-chivio per così dire «astratto» e la fine dell’archivio aderente all’ente organiz-zatore, specchio esatto dell’organigramma conventuale e delle sue attività.

4. Conclusioni

È opportuno mettere fine a queste breve disamina all’altezza di questo secolo, giacché nel prosieguo di tempo, come è ben noto, intervennero altre 

2�  Tale legislazione, per la verità, era presente e puntuale sin dagli esordi duecenteschi; sul versante storiografico manca una disamina della legislazione degli Ordini mendicanti in riferi-mento ai temi della produzione documentaria e della conservazione archivistica; accenni spar-si in: Bartoli lanGeli, Bustreo, I documenti di contenuto economico..., cit., pp. 11�-150.30  Si veda la raccolta: Enchiridion archivorum ecclesiasticorum. Documenta potiora de ar-chiviis ecclesiasticis a concilio Tridentino usque ad nostros dies, Città del Vaticano 1�66.31  F. cavazzana roManelli, «Distribuire le scritture e metterle a nicchio». Controversie ar-chivistiche ed erudizione ecclesiastica a Treviso nel secolo xviii, in Amicitiae causae. Scritti in memoria di mons. Luigi Pesce, a cura di P. Pecorari, Treviso 2001, pp. 257-284.

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e ben più eversive evoluzioni, quelle napoleoniche per intenderci. Passo ora alle riflessioni conclusive che mi sembrano sortire da quanto ho detto finora.

Dal punto di vista documentario e archivistico, richiamandomi all’obiet-tivo iniziale e come avevo anticipato, credo di poter affermare che i Mendi-canti nel corso della loro storia medievale e moderna non abbiano espresso una cultura documentaria e archivistica peculiare e originale: tutt’altro. Essi furono soprattutto grandi debitori della cultura scrittoria del ceto mercanti-le urbano medievale. Quali furono, allora, le caratteristiche dell’archivistica mendicante? Procedo con un elenco: 

in primo luogo una concezione puramente strumentale della produzione scrittoria e della sua organizzazione;la completa adesione ai modelli produttivi e organizzativi del mondo ur-bano di riferimento e, in particolare, al gruppo sociale dei mercanti, dei commercianti e degli artigiani; una notevole capacità di  rielaborare  l’insieme documentario e archivi-stico di partenza per necessità di adattamento ambientale, economico ed archivistico;una disposizione fisica del materiale che prevedeva il primato per l’ar-chivio di relazione (documenti delle gerarchie ecclesiastiche e dell’Ordi-ne, instrumenta notarili) e quindi per i prodotti dei redattori interni (car-tulari, registri...).Sul versante dell’archivistica compresa nella storia degli Ordini, invece, 

storia alla quale ho tentato di rifarmi continuamente per dimostrare la neces-sità di una visione «olistica» delle loro vicende, non c’è dubbio che la propen-sione alla scrittura da parte degli Mendicanti fu indotta dall’insorgente one-re di proprietari e di elementi attivi nell’economia urbana e non solo. Credo, insomma, che la parabola storica – anche, ovviamente, nelle sue declinazio-ni economiche e quindi archivistiche – dei Mendicanti dal Medioevo sino al Settecento sia la storia di una funzione sociale, ovvero quella di «fornitori» di servizi spirituali in cambio dei mezzi di sussistenza, una simbiosi che fu de-cisiva per il successo dei Mendicanti stessi, almeno fino all’avvento delle Os-servanze. Si trattò, insomma, per il periodo preso in considerazione, della per così dire remunerazione della virtù, una remunerazione sempre meglio cer-tificata che fu stornata altrove quando cambiarono i punti di riferimento del-le società locali, sancendo così l’inizio di quel lunghissimo crepuscolo socia-le, economico, archivistico, dei conventi e degli Ordini che si completerà fra Sette e Ottocento e culminerà con le soppressioni napoleoniche. Ma questa è un’altra storia e alcune parti di essa, alcune premesse ed alcuni esiti, sono nei titoli delle prossime relazioni che ora ci accingiamo a leggere.

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Giuseppe Rabotti

Gli archivi ecclesiastici nei convegni di studio annuali diFiorano Modenese e di Ravenna. Dopo un decennio 1

Sembra utile cogliere l’occasione della dilazione della stampa del volu-me di «Ravenna Studi e Ricerche» del 2005 per delineare l’attività nel conclu-so decennio del «Centro studi interregionale sugli archivi ecclesiastici» costi-tuito a Fiorano Modenese nel 1996, al quale la Società di Studi Ravennati ha contribuito assiduamente, cooperando con l’organizzazione a Ravenna, ogni anno (salva la parentesi del 1997 e 1998), di una giornata di studi archivistici del Centro medesimo dedicati specificamente agli archivi ecclesiastici.

I convegni avevano avuto origine a Fiorano Modenese in concomitanza all’effettuato censimento degli archivi parrocchiali della provincia di Modena e alla pubblicazione dei dati del rilevamento 2. Il convegno del 1996 ebbe su-bito una doppia sede di svolgimento e di verifica, Fiorano Modenese appun-to e Ravenna, qui con la collaborazione anche della Curia diocesana, prestata dall’arcivescovo monsignor Luigi Amaducci.

Il Centro, promosso dall’Associazione Nazionale Archivistica Italiana (ANAI) - Sezione Emilia Romagna, organizzato dall’Assessorato ai Servizi e Beni Culturali del Comune di Fiorano Modenese – e con il patrocinio del-la Soprintendenza Archivistica dell’Emilia Romagna –, con base territoria-le regionale e con la denominazione «Centro studi sugli archivi parrocchia-li», oltre ad articolarsi in due sedi, site in due ben definite regioni storiche, nel giro di pochi anni ha attirato l’attenzione e la collaborazione di studiosi di altre regioni e ha quindi assunto, anche nella sua intitolazione, l’assetto di un «Centro studi interregionale sugli archivi ecclesiastici», per corrispondere alle istanze rapidamente affermatesi di ampliare l’indagine a un settore di ar-chivi che in Italia corrisponde ad una gamma di istituzioni regolari, secolari e laiche quanto mai variata.

Ogni convegno ha trovato una sollecita forma di pubblicità nel volume dei suoi atti che sono sempre stati stampati entro l’anno successivo. Così è stato del 10° volume della serie, ultimo frutto di un percorso decennale che si

* Si ripropone qui il testo edito anche in: «Ravenna Studi e Ricerche», XII (2005), pp. 299-304.2  Gli archivi parrocchiali della provincia di Modena. Censimento, a cura di F. baldelli, Mo-dena 1994 (Centro di documentazione per la storia contemporanea, Fonti e documenti, 1).

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è via via espanso per quanto riguarda le tipologie istituzionali [archivi parroc-chiali (nn. 1-3); dei santuari (n. 4); dei capitoli cattedrali (n. 5); delle chiese collegiate (n. 6); delle diocesi aggregate, decentrate e soppresse (n. 7); dei Se-minari (n. 8)]; e che ha visto ad ogni convegno l’aggregazione di collaboratori di altre regioni. Sono stati anche affrontati argomenti al di fuori della temati-ca consueta, ma che sono risultati parimenti conseguenti, come nel convegno del 2004 dedicato ai nuovi problemi derivanti dalla digitalizzazione dei docu-menti d’archivio e massimamente delle pergamene (n. 9).

Così, sempre nell’ambito degli interventi straordinari, nel volume de-gli atti del 2005 compare la relazione di Francesca D’Agnelli e di Assunta di Sante, dell’Ufficio Nazionale per i Beni Culturali Ecclesiastici, sul progetto elaborato presso la Conferenza Episcopale Italiana per gli archivi ecclesia-stici, intorno ad un importantissimo programma informatico per il censimen-to degli archivi diocesani (siglato CEIAr). Il programma ha obbiettivi di va-lorizzazione non solo culturale, ma di approfondimento pastorale e tematico. Nell’intervento, ricco di contenuti e di novità, è altresì configurato il progetto ECUMENE, in corso di studio, che si prefigge di realizzare i mezzi tecnolo-gici per la fruizione integrata dei contributi conoscitivi su uno stesso sogget-to provenienti dai diversi settori disciplinari – e quindi dai relativi program-mi informatici per Archivi, Biblioteche, Beni storici e artistici, Beni architet-tonici.

Il tema del convegno del 2005 è stato diverso, com’è consuetudine, da quello degli anni precedenti 3, e reca elementi di novità perché gli archivi presi in esame sono tuttora conservati presso gli enti che li hanno prodotti o, comunque, non si annoverano tra quelli concentrati negli Archivi di Stato a seguito delle soppressioni del 1798 e del 1866: sono quindi in gran parte poco o nulla conosciuti, essendo spesso i loro riferimenti contenuti in pubblicazio-ni specializzate non facilmente accessibili.

Senza ripercorrere minutamente questo 10° volume (così come potrà far-lo il lettore secondo le sue proprie curiosità culturali), va notato che la totali-tà dei contributi pubblicati concerne gli archivi dell’ordine francescano, sal-va l’eccezione dell’archivio dell’abbazia benedettina imolese di Santa Maria in Regola. Di questa ha trattato Andrea Ferri, ponendo in evidenza la non co-mune recente vicenda della sua valorizzazione. L’archivio, trasferito in due riprese nel 1927 e nel 1945 a Roma presso la Congregazione di Propaganda Fide, negli anni dal 1974 al 1981 è stato microfilmato integralmente e quindi, grazie alle copie fotografiche raccolte in Imola, riordinato e ne è stato redatto

3 Cum tamquam veri. Gli  archivi  conventuali  degli  ordini maschili, Atti dei convegni di Spezzano (16 settembre 2005) e di Ravenna (30 settembre 2005), a cura di E. anGiolini, Mo-dena 2006 (Centro studi interregionale sugli archivi ecclesiastici, 10).

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l’inventario, che Ferri riporta e che segue lo schema elaborato prima del 1927 sugli originali dal padre Serafino Gaddoni. Siamo di fronte ad un importante recupero: è stato infatti restituito agli studiosi, sul luogo di produzione, que-sto importante archivio, nel quale si trovano, tra l’altro, pergamene dal seco-lo XI; è stato riordinato ed inventariato; sono stati onorati la memoria e i me-riti di quell’insigne studioso che fu padre Gaddoni.

Per gli archivi dell’Ordine Francescano sono da segnalare i lavori su due fondamentali fondi archivistici per la storia dell’ordine, di Andrea Maiarelli e Cristina Roccaforte. Il professor Maiarelli espone (con una appendice di Ti-ziana Nandesi) i complessi problemi sorti nell’ambito del riordinamento de-gli archivi della Provincia Serafica di San Francesco d’Assisi e della basili-ca di Santa Maria degli Angeli (o della Porziuncola). Di Cristina Roccafor-te possiamo gustare un elaborato intervento sull’archivio del Sacro Conven-to di Assisi, studiato sia sotto l’aspetto storico-istituzionale sia sotto il profi-lo storico-archivistico, bene documentati con un ricco apparato di fonti e bi-bliografico. La Roccaforte opportunamente riprende la definizione di Barto-li Langeli dell’archivio di Assisi quale «archivio di città», in quanto nella sa-crestia del Sacro Convento di Assisi nel Medio Evo erano depositati atti del Comune. Era infatti prassi diffusa da parte delle Comunità il deposito di sal-vaguardia presso i Frati Minori dei documenti più importanti, come si trova ad esempio, attestato in Romagna per Faenza, e come risulta stabilito in vari statuti cittadini.

Sugli archivi dei conventi emiliano-romagnoli, va posto in evidenza il cospicuo fenomeno della loro concentrazione effettuato in epoca moderna a Bologna, nell’archivio della Provincia di Cristo Re dei Frati Minori Osser-vanti e Riformati (contributo di Riccardo Pedrini), e a Bologna e a Parma per gli archivi provinciali dei Frati Minori Cappuccini (contributo di Andrea Maggioli). Il primo raccoglie ben 42 archivi storici di conventi soppressi di tutta l’Emilia-Romagna, nel secondo si è operato nello stesso senso, anche se è da lamentare la scomparsa dell’archivio storico provinciale di Bologna nel corso del secolo XIX a seguito delle soppressioni.

Su archivi di singoli conventi vertono invece le comunicazioni di Bruno Monfardini (Villa Verrucchio, Cesena e Imola), di Gianna Dotti Messori (San Cataldo di Modena, e della Santissima Annunziata di Parma), e di Alfonso Garuti (San Nicolò di Carpi). Da questo contesto emergono alcune considera-zioni che meritano di essere prese in esame.

La prima è l’ampiezza delle notizie storico-istituzionali sui conventi con-tenute nelle relazioni, e sulla storia dei singoli archivi attraverso i secoli (con dati su riordinamenti, inventari, disposizioni di carattere normativo).

Eccezionale è poi l’interesse che suscita il fenomeno delle concentrazio-ni, sulle quali riferiscono Pedrini e Maggioli, che ha determinato il salvatag-

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gio di gran numero di archivi, altrimenti destinati alla dispersione, specie nel caso dei conventi soppressi. Risulta peraltro che non sempre tali archivi ci siano pervenuti nella loro unità, ché molti sono stati gli smembramenti: talo-ra uno stesso archivio è finito in parte nei superfondi delle Corporazioni Re-ligiose Soppresse formatisi negli Archivi di Stato, in parte è stato concentra-to a Bologna o a Parma, in parte è rimasto in loco.

Altri fatti significativi sono la commistione che si riscontra tra archivi e biblioteche, tra documenti tout court e manoscritti di carattere dottrinario, re-ligioso, letterario etc., e la diversa cura che è stata spesa nel tempo per le due entità, geneticamente ben separate: si veda, ad esempio, l’imbarazzante in-ventario del materiale giacente presso la Biblioteca Comunale di Carpi. È un fenomeno noto e diffuso che si manifesta in modi diversi: dal semplice «ap-poggio» dell’archivio ad una istituzione bibliotecaria, per assicurarne la con-servazione, all’incuria cronica della quale troppo spesso nel corso dei secoli XVIII-XIX le vecchie carte d’archivio sono state oggetto, e che ancora oggi è palese nella presenza di fondi non ordinati e/o privi di inventario; alla sus-sistenza di solide raccolte bibliotecarie sorte e sviluppatesi accanto agli Studi di Teologia e Filosofia presso i conventi maggiori (ancora Bologna e Parma) con forti motivazioni di carattere pedagogico-religioso.

Nel contributo di padre Berardo Rossi, Gli archivi conventuali dei Fra-ti Minori nell’Emilia-Romagna, è messa in evidenza l’importanza della for-mazione dei complessi librari per la diffusione dell’istruzione e della cultu-ra nella lotta contro l’eresia, per la predicazione, per la stessa diffusione del-l’Ordine e per la condotta delle scuole per i giovani novizi. È ricordata la nor-mativa delle Costituzioni generali per le biblioteche (1827) e per gli archivi (1897), attenzione che in seguito, nelle più recenti Costituzioni, è rimasta di-sattesa, con gravi conseguenze per gli archivi, specialmente i periferici, più soggetti a dispersioni.

Un ulteriore fenomeno che appare rilevante è la presenza in molti archi-vi, e in biblioteche, di documenti provenienti da altri conventi: possono esse-re solo pezzi estravaganti, ma si tratta talora di veri archivi aggregati. Presen-ze fin qui sconosciute per lo più, che rappresentano per l’archivista e per lo studioso inattese scoperte e recuperi culturali e istituzionali.

Ci troviamo di fronte a nuove conoscenze di aspetto problematico, in quanto segnali di quanto ancora lo stato materiale e la storia degli archivi deb-bano essere indagati, per accertarne lo stato delle sistemazioni, delle consi-stenze, della possibilità sopravveniente di conoscere le loro strutture. In que-sta prospettiva si pone lo studio di padre Maggioli. Nell’esaminare gli archi-vi dei Cappuccini, egli concentra dapprima la sua attenzione sulla serie dei cosiddetti Campioni, veri libri delle memorie di ogni convento, fonti prima-rie delle vicende storiche e degli stati patrimoniali, e sulla prassi consolidata

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della presenza di questa tipologia documentaria in tutti gli archivi dell’Ordi-ne, redatta secondo un uniforme schema in «capitoli». Passa quindi a descri-vere lo schema di ordinamento dei vecchi archivi dei Cappuccini, e dei titola-ri degli archivi provinciali di Bologna e Parma. Un ampio paragrafo è infine dedicato a esporre il contenuto di quanto ci è pervenuto dell’archivio dei pa-dri Cappuccini di Ravenna, conservato anche questo a Bologna.

L’11° convegno svoltosi al castello di Spezzano (MO) e a Ravenna il 16 e il 30 settembre 2006 ha presentato una serie di studi sugli archivi delle co-munità religiose femminili. Per il 12° convegno del 2007 il tema previsto sarà quello degli archivi diocesani: non sono stati sin qui trattati nell’ambito del Centro e, a circa un decennio dalla pubblicazione della Guida degli archivi diocesani d’Italia, curata dalla Associazione Archivistica Ecclesiastica, è ap-parso interessante proporli.

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AnnA RivA – ElEnA StEndARdi

Per un censimento degli archivi delle congregazionireligiose femminili di Piacenza. Primi risultati 1

Quando all’inizio della primavera del 2006, nel corso di un incontro presso l’Archivio di Stato di Piacenza, Gilberto Zacché ha presentato il tema scelto per il convegno, è sembrato naturale individuare come punto di parten-za l’esame dell’archivio delle Dame Orsoline di Piacenza, uno fra gli enti re-ligiosi di maggior prestigio della città.

Fin dai primi passi, però, è andata emergendo in modo evidente la pre-senza di altri enti ugualmente radicati nel territorio e significativi per la vita non solo religiosa di Piacenza; l’indagine è stata così estesa e si è dato avvio ad un primo censimento degli archivi delle congregazioni femminili attive, con lo scopo di dar conto di una realtà ancora poco studiata.

Nella città di Piacenza sono stati, dunque, individuati otto monasteri tut-tora presenti, comprendenti sia istituti di antica fondazione sia comunità di più recente istituzione. Non si sono, invece, presi in esame i monasteri sop-pressi o non più esistenti, la cui documentazione è perlopiù conservata nel-l’Archivio di Stato di Parma e in alcuni fondi dell’Archivio di Stato di Pia-cenza, che comprendono però materiale in gran parte non riordinato e di dif-ficile consultazione 2.

I monasteri contattati sono stati i seguenti:

� Un sentito ringraziamento va a tutte le suore che con entusiasmo hanno collaborato con noi: madre Elisabetta Simoni, delle Suore Orsoline di Maria Immacolata, suor Bruna Bidol-lo e suor Giuliana Bosini delle Suore Scalabriniane di San Carlo Borromeo, suor Prisca Ma-ria delle Suore Carmelitane di Santa Teresa. Grazie alla disponibilità della superiora genera-le è stato possibile effettuare un sopralluogo presso l’archivio della casa generale dell’ordine a Roma di cui si dà conto nell’Appendice II.2 Si tratta, in particolare, della documentazione raccolta nella serie Culto dell’Archivio Sto-rico del Comune di Piacenza, e nell’Archivio Storico degli Ospizi Civili; anche l’esame dei numerosi fondi familiari conservati in Archivio di Stato potrebbe offrire interessanti spunti di ricerca. Si pensi, a questo proposito, ai documenti di tipo amministrativo relativi alla costi-tuzione delle doti per l’entrata in convento o alle raccolte poetiche dedicate alle monacazio-ni delle giovani appartenenti alle migliori famiglie cittadine.

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Figlie di Gesù Buon Pastore: l’istituto del Buon Pastore viene fondato a Piacenza nel �869 su progetto di Giulia Colbert marchesa di Barolo, per l’assistenza e l’attività di prevenzione nei confronti delle giovani perico-lanti e per il recupero di quelle pericolate; non si tratta solo di offrire un sussidio economico o un lavoro alle giovani in difficoltà, ma si mira alla loro completa riabilitazione tentando fra l’altro una forma più efficace di convivenza familiare. A Piacenza infatti le suore e le «figlie», come ven-gono chiamate le ragazze, vivono sotto lo stesso tetto formando una co-munità. La prima sede è in via San Nazzaro, poi in una casa in via Cam-pagna e dal �952 nel palazzo in via Mazzini.Suore orsoline di Maria Immacolata: il monastero è fondato dalla bea-ta Brigida Morello nel �649 e ha sede in via Roma, in Palazzo Landi. Vi sono annessi anche la scuola elementare, la scuola media e il liceo lin-guistico parificati.Suore missionarie scalabriniane: ordine istituito dal beato Giovanni Bat-tista Scalabrini; il monastero piacentino è aperto nel �936 e trova sede nell’ex convento di San Savino. Oggi è casa madre della Provincia ita-liana.Monache benedettine di San Raimondo: monastero di antica tradizione a Piacenza; nel 1414 chiesa e monastero sono affidati alle monache ci-stercensi, fino alle soppressioni napoleoniche, quando le monache sono costrette a rifugiarsi nelle proprie famiglie o in case di privati. Nel �827 madre Teresa Maruffi, monaca benedettina del convento di Santa Maria della Neve di Piacenza, compra gli edifici, li restaura e li riapre, affian-cando anche una casa di educazione per ragazze e postulanti. Nel �835 la comunità viene eretta e aggregata alla congregazione benedettina cas-sinese. Oggi è monastero di clausura e centro liturgico diocesano.Figlie di Maria Santissima dell’Orto (Gianelline): congregazione fonda-ta nel �829 a Chiavari allo scopo di provvedere valide maestre ed educa-trici per le orfanelle della città; fondatore è sant’Antonio Maria Gianel-li insieme a madre Caterina Podestà, co-fondatrice e prima superiora ge-nerale dell’Istituto. Nel giro di pochi anni le Gianelline assumono molti impegni, come la direzione degli ospedali di Chiavari, La Spezia e Ven-timiglia, l’apertura di un educandato per le ragazze povere, la rieducazio-ne di ragazze di malcostume e alcuni asili in diverse città, anche all’este-ro. La casa piacentina è aperta nel �90�; oggi le Gianelline gestiscono la scuola materna e un servizio di accoglienza per minori in difficoltà, con doposcuola e mensa 3.

3 Si tratta delle Comunità educative «il Gabbiano» e «L’Arcobaleno».

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Figlie di Sant’Anna: congregazione fondata a Piacenza nel �866 da Rosa Gattorno e dal co-fondatore padre Giovanni Battista Tornatore, per l’as-sistenza gratuita degli infermi a domicilio giorno e notte e la cura delle giovani pericolanti. Già sul finire del 1867 molte giovani chiedono di en-trare nel nuovo Istituto e arrivano richieste per l’apertura di nuove case, che nel �872 sono già sei. Oggi le Figlie di Sant’Anna sono presenti an-che in America Latina, Africa, Asia e Australia. La fondatrice è stata pro-clamata beata il 9 aprile del 2000.Suore della provvidenza per l’Infanzia abbandonata (Monsignor Tor-ta): congregazione fondata da monsignor Francesco Torta nel �92� sotto il patrocinio di san Giuseppe per offrire assistenza specializzata presso i vari enti caritativi da lui fondati e, in particolare, per la cura dell’infan-zia abbandonata. Le costituzioni della congregazione sono approvate nel �927, mentre nel �934 vicino al sacello di Santa Maria della Bomba, fat-to erigere dallo stesso monsignor Torta, si dà avvio alla costruzione del-la Casa madre per le suore e dell’Istituto per le bambine.Suore carmelitane di Santa Teresa: monastero di clausura fondato nel �673; il primissimo monastero è posto nella parrocchia di Santo Stefano e intitolato al Santissimo Nome di Maria, ma si rivela quasi subito troppo piccolo e insano, per cui si avviano i lavori per una nuova sede. Il nuovo convento, intitolato a San Giuseppe e Santa Teresa in parrocchia di San-t’Anna, si trova sullo Stradone Farnese e le monache vi si trasferiscono nel �690. I danni subiti durante la seconda Guerra mondiale, a seguito della caduta di un aereo nel �943, portano alla perdita di buona parte della documentazione e, soprattutto, rendono necessaria la costruzione di una nuova sede, quella attuale, dove le monache si trasferiscono nel �964.Per quanto concerne le modalità di approccio ai diversi enti, ad una prima

lettera informativa sono seguite alcune telefonate; alla fine, hanno aderito al-l’iniziativa tre istituti, mentre i restanti sono stati successivamente sollecitati a compilare la scheda in vista degli atti, purtroppo senza riscontro. Resta, infatti, da superare una sorta di diffidenza rilevata nei confronti dell’iniziativa, sentita, forse, più come un’ispezione che come una semplice ricognizione.

La scheda elaborata per il rilevamento dei dati, molto semplice e, proba-bilmente, suscettibile di perfezionamenti, si presenta divisa in tre aree; nel-la prima area, dedicata all’ente, si raccolgono i dati generali dell’istituto, il nome del referente per l’archivio e alcune indicazioni sommarie sulla storia dell’Ordine e del monastero, con particolare riferimento alle vicende che po-trebbero aver riguardato anche la documentazione, come ad esempio trasferi-menti o eventi calamitosi.

La seconda area riguarda in modo più dettagliato l’archivio di cui si rile-vano l’esatta ubicazione, la consistenza in metri lineari e gli estremi cronologi-

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ci della documentazione. In questa parte della scheda si raccolgono anche noti-zie sulla organizzazione delle carte, con osservazioni sulla partizione della do-cumentazione e sull’individuazione di eventuali serie originali, ma anche sulla presenza di archivi aggregati, relativi ad esempio alle carte della fondatrice o di altri personaggi importanti per l’ente in esame; si rileva infine l’esistenza o meno di strumenti di corredo, quali inventari, repertori o anche semplici elen-chi della documentazione e si segnalano le condizioni di consultabilità.

L’ultima area permette di raccogliere nelle note i dati relativi alla presen-za o meno all’interno del convento di biblioteche, centri di documentazione o piccole raccolte di oggetti appartenuti al fondatore o a personaggi impor-tanti per la storia dell’ordine o del monastero. Completano infine questa area l’eventuale bibliografia relativa all’ente, alla sua storia e ai personaggi più ri-levanti, la data di compilazione e i nomi degli schedatori.

Da un primo bilancio dei dati raccolti emergono con molta chiarezza al-cune considerazioni. La prima riguarda le figure, nello specifico le suore, che nei diversi enti gestiscono con cura e passione il patrimonio documentario loro affidato e che hanno collaborato con noi con grande entusiasmo e dispo-nibilità; si tratta di persone con solida formazione e molto competenti, che non solo mostrano un profondo interesse per la storia dell’Ordine cui appar-tengono o per le vicende del loro monastero, ma che sono anche propense ad utilizzare strumenti informatici che consentano una gestione più funzionale dell’archivio corrente o ad affrontare in modo corretto i difficili problemi re-lativi allo scarto della documentazione 4.

Una seconda osservazione riguarda la ricchezza del patrimonio docu-mentario, che può ben essere intuita anche solo scorrendo le indicazioni sul dorso dei faldoni. I monasteri di più antica fondazione, così come quelli più recenti, intrecciano le loro vicende con la storia di Piacenza e operano in modo attivo in città. Si può solo immaginare il contributo che, a titolo di esempio, la documentazione di questi enti potrebbe offrire in merito alla sto-ria della beneficenza e dell’assistenza in città, ma anche, più in generale, alla storia della società piacentina.

Infine un’ultima considerazione riguarda le biblioteche presenti nei mo-nasteri; sono piccole biblioteche, destinate alle suore e alla loro formazione, ordinate e spesso catalogate. Esse raccolgono fondi bibliografici interessanti, in cui a volte sono confluite donazioni di biblioteche private, come nel caso

4 In occasione del sopralluogo presso il monastero di clausura delle Suore Carmelitane si è, a questo proposito, instaurata una collaborazione «professionale»: in particolare ci è sta-to chiesto di fornire materiali per la tenuta dell’archivio e una tabella con gli obblighi di leg-ge per la tenuta di alcune tipologie documentarie (fatture fornitori, bollette delle utenze, di-chiarazioni dei redditi, ecc.).

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della biblioteca dell’ingegnere Ettore Martini donata alle Suore Scalabrinia-ne. All’interesse dei libri, in rapporto anche alla loro destinazione, si aggiun-ge in questi casi la stimolante possibilità di disporre di uno spaccato sugli in-teressi e i gusti culturali di una persona e, in parte, di un’epoca.

Alla luce di quanto esposto in queste poche righe, non si può concludere se non augurandosi che l’indagine avviata possa essere al più presto comple-tata; nella prima appendice diamo conto dei dati raccolti con le schede per i tre monasteri che hanno aderito, mentre nella seconda proponiamo il titolario dell’archivio della Casa generale romana delle Suore missionarie di San Car-lo Borromeo Scalabriniane. La speranza è che il rilevamento si possa esten-dere a tutte le realtà individuate a Piacenza.

Appendice ISchede

Scheda n. 1

1. Denominazione ente Suore Orsoline di Maria ImmacolataIndirizzo Via Roma 42, PiacenzaTelefono 0523 338020Referente archivio Suor Elisabetta Maria Simoni, archivista diplomata alla Scuola Vaticana di paleografia, diplomatica e archivistica

Storia dell’enteIl �7 febbraio del �649, per volere della duchessa Margherita de’ Medi-

ci Farnese, vedova di Odoardo Farnese, apre a Piacenza una Casa di Orsoline per l’educazione delle giovani. L’attenzione della nobildonna per queste reli-giose è motivata dalla preoccupazione del suo casato per l’educazione delle ragazze della nobiltà e della borghesia benestante, completamente trascurate dalle famiglie e dalla società.

La nuova Congregazione nasce sotto la direzione di Brigida Morello, poi Brigida di Gesù, beatificata da papa Giovanni Paolo II il 13 marzo 1998. Ini-zialmente la fondatrice non vuole essere eletta priora, ma accetta di ricopri-re il ruolo di economa e di soprintendente delle cose spirituali; straordinaria la sua dedizione all’educazione e alla formazione delle giovani, come emer-ge dalla lettura di diciotto lettere indirizzate ad una ex educanda, Maria Cri-stiana Malaspina, rinvenute nella Biblioteca dell’Università di Genova, che documentano la capacità della Morello di essere guida anche nei più delica-ti problemi familiari.

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Fra le prime suore della comunità piacentina si ricordano Laura Masi, Brigida Veronica Arcelli Chiapponi, Laura Medici, Lucia Morando, Barba-ra Maria Anguissola 5. A differenza delle Orsoline di Parma, le suore di Pia-cenza, nate solo settant’anni dopo nel medesimo contesto storico, ammettono tra di loro non solo fanciulle patrizie, ma anche ragazze di famiglie distinte, dette «cittadine» nel linguaggio dell’epoca. Piacenza del resto è vivace cen-tro di scambi commerciali e punto di incontro di gente di provenienza diver-sa, come conferma anche il fatto che la stessa Brigida Morello appartiene a una nutrita colonia di genovesi, presente da tempo in città.

Fra i momenti più difficili vissuti dalla comunità vi è il maggio 1866, quando per un ordine di sgombro le monache sono costrette a lasciare il con-vento e sono ospitate presso le madri del Sacro Cuore in San Girolamo, oggi Buon Pastore. L’allontanamento ha fortunatamente durata breve; già l’anno successivo infatti le monache possono tornare nel «Casone», come viene af-fettuosamente chiamato il convento, grazie all’interessamento di persone in-fluenti che si rivolgono direttamente a Bettino Ricasoli a favore della Con-gregazione.

Nel �879 le celebrazioni per il secondo centenario della morte sono te-nute a Piacenza dal vescovo Scalabrini, che nel �883 porterà a Roma la vita di Brigida di Gesù per poter procedere ai processi canonici in ordine alla bea-tificazione.

Fino al �882 l’Istituto è tutto nella sola Casa di Sant’Orsola di Piacenza; poi viene aperta la prima Casa «filiale» in Borgo San Donnino, oggi Fidenza. Nel �9�0, in occasione del terzo centenario della nascita della Morello, viene inaugurata la sede di Rapallo, città natale della Beata. Venti anni più tardi è la volta di Roma, poi, nel �934, della prima casa in India, nello stato del Kera-la, missione oggi fiorente nel Nord, Centro e Sud dell’India e aperta alle mol-teplici necessità della gente in campo educativo, socio-pastorale e medico-sa-nitario. Nel �957 le Orsoline arrivano nel Veneto, poi in Sardegna. È il �967 quando aprono a Borno, nella diocesi bresciana, una casa per le vacanze esti-ve e invernali. Attualmente le Orsoline operano in Italia, in Brasile e soprat-tutto in India, dove hanno avviato importanti attività nel settore sanitario ed in quello socio-educativo; a Piacenza hanno la casa madre, che è anche casa pro-vinciale, in via Roma e gestiscono una scuola elementare e media e, ad esau-rimento, un liceo linguistico.

2. Sede dell’archivio L’archivio storico amministrativo del monastero è con-servato in locale al primo piano del convento in un armadio, e la documenta-zione è raccolta in cartelle numerate progressivamente che riportano sul dor-

5 Fra il �649 e il �679 sono registrate in convento 9� educande e 42 orsoline.

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so indicazione del contenuto e degli anni. La documentazione relativa alla fondatrice è invece conservata presso l’ufficio di madre Elisabetta Simoni, che si occupa della pubblicazione delle carte della beata Brigida.Consistenza 32 metri lineari complessiviEstremi cronologicidella documentazione �649-...; con atti dal �565

Storia della documentazioneFin dalla fondazione la documentazione comprende oltre all’archivio

amministrativo del monastero, gli atti che riguardano la vita e le opere della fondatrice Brigida Morello. Nel �866, quando la casa viene requisita e asse-gnata ad uso militare, l’archivio viene messo in salvo presso persone amiche e solo l’anno successivo, con la restituzione dell’edificio alle suore, la docu-mentazione torna nella propria sede.

Gli atti della fondatrice vengono sistemati da madre Teresa Filomena Ca-sati in occasione del secondo anniversario della morte della Morello (�879); vengono organizzati i diari spirituali, le lettere, la regola e sono raccolte in fa-scicoli le carte sciolte; Brigida infatti scriveva su foglietti volanti che chiama-va «cartucce» e che, poi, affidava al padre. Successivamente questa documen-tazione è stata custodita e studiata da madre Imelda Bianchedi e, in tempi più recenti, da madre Elisabetta Maria Simoni.

L’archivio del monastero è stato diviso da quello della fondatrice solo a partire dalla metà del secolo scorso, quando la priora in carica ha raccolto tut-te le carte antiche riguardanti la vita e l’amministrazione dell’Istituto e ne ha iniziato il riordino.

Serie originarieSulla base delle indicazioni riportate sul dorso dei faldoni, si possono in-

dividuare alcune serie come quella dei mandati, delle eredità e degli affitti. Molto interessante è anche la serie relativa ai possedimenti che riguarda nume-rosi poderi del territorio piacentino come si può rilevare dai titoli dei faldoni: «Albiano e luoghi annessi. S. Savino. Cà bosco»; «Possessioni in S. Giorgio»; «Permute e acquisti»; «Carte diverse riguardanti Maria Luigia e i beni resti-tuiti. 1818»; «Occupazione del collegio e restituzione 1866-1867»; «Tempio grande e Tempio piccolo». Altre serie sono: liste saldate, giornali delle spese, vacchette delle messe e documenti relativi alla scuola professionale.

Accanto poi all’archivio della fondatrice beata Brigida Morello vi è an-che un altro archivio aggregato, relativo ai diversi istituti scolastici ammini-strati e gestiti dalle Suore orsoline; fin dall’inizio è prevista l’istruzione delle monache, che devono imparare a leggere e scrivere, oltre che ricevere qual-che nozione di musica e ricamo. Viene istituito anche un educandato per le

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fanciulle a partire dai sei anni fino ai venticinque; nel 1808 è aperta anche una scuola esterna gratuita per famiglie povere o famiglie nobili decadute, che, dopo la soppressione, sarà riaperta nel �878 sotto l’amministrazione del-l’Opera della Santa Infanzia. In seguito, la scuola sarà organizzata secondo le direttive ministeriali, prevedendo l’insegnamento elementare e complemen-tare, poi l’avviamento professionale. Dal �930 viene trasformato in istituto magistrale e successivamente liceo magistrale e liceo linguistico. Attualmen-te la documentazione è stata depositata presso le scuole statali di pertinenza.

Strumenti di corredoRepertorio degli strumenti esistenti nell’archivio del collegio di S. Orso-

la, redatto nel �724 e rilegato nell’Ottocento da madre Teresa Filomena Ca-sati

Inventario, redatto intorno al �960 da suor Giuseppa Luisa Sozzi che ha così completato il lavoro di riordino delle consorelle precedenti; l’inventario riguarda la documentazione dell’archivio storico e riporta anche indicazio-ni topografiche sulla collocazione del materiale sui ripiani dell’armadio del-la stanza dell’archivio.

Consultabilità L’archivio non è consultabile

3. Note È presente una biblioteca con testi antichi, in alcuni dei quali sono presenti annotazioni autografe della fondatrice; sono presenti cataloghi anti-chi a registro, mentre in tempi più recenti i libri sono stati raccolti per forma-to.

Nei locali del convento è allestita una significativa esposizione di ogget-ti appartenuti alla beata Brigida Morello, beatificata da Giovanni Paolo II il �5 marzo �998.

BibliografiaI. BiAnchEdi, Un’anima sposa all’amor crocifisso: vita della Madre Brigida

di Gesù fondatrice delle dame orsoline di Piacenza: 1610-1679, Piacen-za �925

I. BiAnchEdi, La serva di Dio Madre Brigida di Gesù: fondatrice delle religio-se Orsoline di Maria Immacolata di Piacenza, Piacenza �955

E. M. Simoni, Storia breve di Brigida Morello detta Brigida di Gesù, Piacen-za �976

E. M. Simoni Breve sintesi della storia dell’istituto fondato dalla venerabile Brigida Morello, Piacenza �979

E. M. Simoni, Una bimba fatta così. Brigida Morello, Piacenza �983

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E. M. Simoni, Quando missione è stile di vita: profilo della venerabile madre Brigida Morello Brigida di Gesù donna di preghiera educatrice missio-naria e dell’Istituto da lei fondato le Orsoline di Maria immacolata di Piacenza attraverso i secoli, Piacenza �984

Brigida Morello (1610-1679), del Capitanato di Rapallo (Genova), Madre e fondatrice del Collegio di Sant’Orsola di Piacenza (Orsoline di Maria Immacolata) 1649: storia in stampe, immagini e breve racconto, a cura del Comune di Rapallo, Piacenza �989

G. PAPA, Imelda Bianchedi: orsolina di Piacenza a cento anni dalla nascita, Piacenza, ottobre 1990, S. n. t. �99�

Brigida Morello di Gesù (1610-1679) beata: miscellanea, a cura della Con-gregazione delle Suore Orsoline di Maria Immacolata di Piacenza, Po-stulazione, Roma �997

A. moRAndo, Vita della Venerabile Serva di Dio, La Madre Brigida di Gesù, Eletta con singolare Provvidenza di Dio, per Fondatrice Madre e Mae-stra della Casa di S. Orsola, eretta in Piacenza l’anno 1649, trasposizio-ne in lingua corrente e annotazioni al testo di E. M. Simoni, Roma 2000

B. moREllo, Diario spirituale 1642-1648, a cura di G. mongini, trascrizione del manoscritto di M. cAtto, trasposizione in italiano corrente di suor E. M. Simoni, Piacenza 2005

Schedatore A. Riva - E. StendardiData compilazione Luglio 2006

Scheda n. 2

1. Denominazione ente Suore carmelitane di Santa TeresaIndirizzo Via Spinazzi 36, PiacenzaTelefono 0523 6�4832 Fax 0523 57�746Referente archivio Sorelle bibliotecarie (suor Prisca)

Storia dell’ente Nella seconda metà del Seicento l’iniziativa di far sorgere un Carmelo a

Piacenza trova i suoi promotori nel ceto aristocratico piacentino, frutto della fioritura spirituale alimentata dal Concilio di Trento. La contessa Vittoria Ma-rocca Anguissola Scotti, e in modo particolare Caterina Tedeschi Landi, de-stinano parte dei loro beni per la costruzione del monastero delle Carmelita-ne. Sostenitrice della fondazione è la Duchessa Margherita de’ Medici, la cui figlia Maria Caterina, monaca a Parma con il nome di suor Teresa Margheri-ta dell’Incarnazione, era morta nel �689 in concetto di santità. Margherita ot-

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tiene da papa Clemente X un Breve in data �0 dicembre �670 con cui si au-torizza il vescovo di Piacenza, monsignor Giuseppe Zandemaria, ad erigere il nuovo Carmelo sotto la Regola di Santa Teresa e la direzione dei frati del-l’Ordine, che sono in città dal �627.

Lo storico Cristoforo Poggiali ricorda con queste parole la fondazione del primo monastero nel Tomo XII delle sue Memorie storiche della città di Piacenza: «Appartiene all’anno �673 l’introduzione e lo stabilimento del-le Carmelitane Scalze in Piacenza, la fondazione cioè di un chiostro di sacre vergini, che, dello spirito eredi, del fervore, e della pietà dell’immortal loro Istitutrice Santa Teresa di Gesù, sono tuttavia lo specchio, il decoro, e dirà an-che la tutela e il sostegno della nostra città» 6.

La mattina del �9 marzo �673, infatti, partono dal Carmelo di Parma per giungere in serata a Piacenza tre Carmelitane Scalze del monastero di Mode-na; si tratta di madre Anna dell’Ascensione, madre Vittoria di Santa Teresa del-la famiglia Bottigella di Pavia e madre Francesca del Santissimo Sacramento degli Scotti di Piacenza. Al loro arrivo, dato che la sede stabilita non è ancora pronta, le monache sono ospitate per alcuni giorni presso le Dame Orsoline, ac-colte con grande cordialità dalla fondatrice, Madre Brigida di Gesù,. Da qui, lei in persona e con gran pompa di dame, cavalieri ed ecclesiastici, il giorno 23 le accompagnò al monastero, posto nell’allora parrocchia di Santo Stefano 7.

La fondatrice e prima priora del monastero è madre Anna dell’Ascen-sione, al secolo contessa Ippolita Francesca Chiozzi, cremonese, entrata nel maggio �627 nel monastero di Cremona e negli anni successivi molto attiva come maestra delle novizie e priora a Parma, a Modena e infine a Piacenza dove muore il �8 luglio �680; le sue ceneri si trovano dal �974 nella sala del capitolo del monastero di via Spinazzi.

Il primo monastero, intitolato al Santissimo Nome di Maria, comprende una piccola chiesa e due piccole casette, secondo le caratteristiche tipiche dei primi carmeli teresiani; ben presto però si rivela insufficiente ad accogliere le numerose fanciulle che chiedono di entrare. Si rende dunque necessaria la co-struzione di un secondo monastero sullo Stradone Farnese, i cui lavori sono avviati il 2 luglio �684, sotto la direzione del capomastro e ingegnere piacen-tino Paolo Cerri, e proseguono per circa due decenni, finché l’11 settembre �690 la comunità può trasferirsi nel nuovo convento. La chiesa sarà invece terminata nel �70� e dedicata ai santi Giuseppe e Teresa.

Nella sede dello Stradone Farnese la comunità vive per circa 270 anni; nel �8�0 il governo napoleonico sopprime tutti i monasteri femminili della

6 C. PoggiAli, Memorie storiche della città di Piacenza, Piacenza, �757-�766, �2 voll. (rist. anast.: Piacenza �980), vol. XII, pp. 90 e segg.7 Ibidem.

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città e, quindi, anche la clausura, mantenendo aperti solo due monasteri a Par-ma e due a Piacenza, tra i quali il monastero teresiano. Vengono qui accolte le monache Agostiniane e Benedettine, mentre le Teresiane devono lasciare l’abito di carmelitane e sono secolarizzate. Nel �822 Maria Luigia permette alle monache di riprendere l’abito e di accogliere nel monastero altre giovani, ma impone l’apertura di una scuola esterna nei locali della foresteria a favore di ragazze povere, che verrà chiusa nel �868. Le due grandi guerre non rispar-miano prove di ogni genere alle suore, dal dover ospitare le truppe, adibendo la chiesa a magazzino, durante la prima guerra mondiale, fino alla distruzione di una parte del monastero il 28 aprile �943, quando un aereo tedesco partito dalla base di San Damiano si schianta proprio sullo Stradone Farnese.

Nel �962 iniziano i lavori per la costruzione dell’attuale monastero in zona San Lazzaro Alberoni, su progetto dell’ingegnere Cesare Schiaffonati e indicazioni della priora madre Maria Metilde della Croce. La nuova sede è inaugurata il 22 aprile �964.

2. Sede dell’archivio L’archivio ha sede in un locale al primo piano del convento e la documentazione è collocata in due armadiConsistenza 20 metri lineariEstremi cronologicidella documentazione �673-...

Storia della documentazioneUna parte consistente della documentazione è andata distrutta nell’apri-

le del �943 per l’incendio avvenuto in seguito alla caduta di un aereo sullo stradone Farnese, dove aveva sede il convento prima del trasferimento in via Spinazzi.

Serie originarieLa documentazione, che non è stato naturalmente possibile vedere per-

ché conservata nella zona di clausura, è organizzata rispecchiando la vita del monastero e delle suore; sono presenti quindi alcune serie che riguardano pro-prio l’ingresso delle monache e la loro vita nella comunità:

Cronistoria giornaliera tenuta dalle consorelle: è annuale e il primo vo-lume, che riguarda gli anni dal �673 al �980, è stato ricostruito, per la parte che riguarda le vicende più antiche, sulla base dell’opera del Pog-giali;Atti capitolari;Libro delle professioni: ad esempio si conserva un «Libro dove si notano le professioni delle religiose», relativo agli anni dal 1674 al 1918;

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Libri delle messe;Libro dei necrologi: dal 1680 fino ad oggi viene registrata la storia delle singole monache in forma di racconto (ad esempio «Libro delle defunte e dell’ordine della nostra provincia», 1841-1950);«Mappe e disegni»: contiene mappe e disegni anche del vecchio mona-stero sullo Stradone.Vengono anche conservate alcune fotografie relative al monastero sullo

Stradone Farnese.

Strumenti di corredoRepertorio generale di tutti i documenti che si trovano in archivio del

Monastero dei santi Giuseppe e Teresa. 1791, libro indice dove sono regi-strati per cartelle tutti i documenti (cartelle, volume, numero); contiene anche l’elenco delle proprietà costituite dalle doti e dalle donazioni.

Istruzioni per l’archivio, tabella ottocentesca con indicazioni sulla tenu-ta dell’archivio.

Elenco delle scritture, libri e registri di amministrazione [...], sorta di in-ventario dei beni mobili e dei documenti redatto nella seconda metà dell’Ot-tocento.

Elenco documenti (�949), elenco redatto dopo l’incendio in cui sono re-gistrati i documenti superstiti, diviso in «documenti storico religiosi» e «do-cumenti amministrativi»; è vistato durante le visite canoniche ogni tre anni dal padre provinciale.

Consultabilità Non è consultabile

3. Note È presente una biblioteca con qualche testo antico, che comprende te-sti di spiritualità e carmelitani; il materiale bibliografico è in fase di cataloga-zione informatica.

BibliografiaCulla di mistici e di vescovi, «La Madonna di Concesa», periodico a cura dei

Padri Carmelitani di Concesa, Trezzo d’Adda, giugno-agosto �968, pp. �2-�3.

La munificenza dei duchi Farnese, «La Madonna di Concesa», periodico a cura dei Padri Carmelitani di Concesa, Trezzo d’Adda, giugno-agosto �968, pp. 32-33.

Schedatore A. Riva - E. StendardiData della compilazione Luglio 2006

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Scheda n. 3

1. Denominazione ente Provincia italiana delle suore missionarie di San Carlo Borromeo scalabrinianeIndirizzo Piazzetta San Savino 29, PiacenzaTelefono 0523 3�7426Referente archivio Suor Giuliana Bosini E-mail: [email protected]

Storia dell’enteIl 25 ottobre �895 monsignor Giovanni Battista Scalabrini accoglie nel

palazzo vescovile di Piacenza le prime quattro suore missionarie di San Car-lo scalabriniane, che inizialmente prendono il nome di «Ancelle degli orfani e dei derelitti all’estero». Negli intenti del fondatore, coadiuvato da padre Giu-seppe Marchetti, la missione dell’Ordine consiste nell’assistenza agli emi-granti dal momento della partenza dai maggiori porti d’Italia, fino alle desti-nazioni finali.

Dopo l’iniziale aggregazione alle Suore Apostole del Sacro Cuore di San Paolo del Brasile, nel �907 la Congregazione fondata da Scalabrini diventa autonoma e prende il definitivo nome di Congregazione delle Suore missio-narie di San Carlo Borromeo Scalabriniane. È a partire dagli anni Trenta che inizia a delinearsi il progetto di riportare le suore in Italia, secondo le parole dello stesso Scalabrini: «Andate fiduciose, figliole, vi manderò poi altre con-sorelle, e voi ritornerete per formarvi e consolidarvi nello spirito religioso».

L’8 dicembre �936 madre Lucia Gorlin giunge dal Brasile con altre due sorelle per aprire il Noviziato a Piacenza e le suore si stabiliscono nella sede dell’ex convento di San Savino di proprietà dell’ingegnere piacentino Ettore Martini, figura destinata a svolgere un importante ruolo a sostegno della Con-gregazione, mettendo largamente a servizio dell’ordine le sue capacità pro-fessionali.

Negli anni immediatamente successivi vengono aperte case in Italia - Roma nel �938, Bassano del Grappa (VI) nel �939, Ponte dell’Olio (PC) nel �945, Presina (PD) nel �950 - ma anche all’estero, come: Hayange (Francia) nel �947, Lucerna (Svizzera) nel �950, Maastricht (Paesi Bassi) nel �95�, fino all’Albania nel 1994. La casa madre di Piacenza coordina la Provincia di San Giuseppe, che comprende tutta l’Europa.

Attualmente il servizio evangelico e missionario delle Suore scalabrinia-ne evidenzia la crescente vitalità dell’Istituto e la presenza femminile del cari-sma scalabriniano fra i migranti e i rifugiati, concretizzandosi soprattutto nel-l’educazione cristiana, nella pastorale della salute e nella pastorale sociale, in 25 paesi di quattro continenti.

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2. Sede dell’archivio L’archivio è situato in due locali al primo piano del conventoConsistenza 50,5 metri lineari + due schedari Si rileva la presenza di stampe e rilievi del convento e dell’abbazia di San Savino (�903, �996), appesi sulle paretiEstremi cronologicidella documentazione �936-...

Organizzazione della documentazioneLa documentazione è raccolta in cartelle collocate in un armadio e vie-

ne divisa in archivio morto e archivio corrente. Le cartelle delle suore della Provincia di San Giuseppe (viventi, defunte, che non hanno preso i voti) sono raccolte negli schedari e costantemente aggiornate; è in corso l’informatizza-zione dei dati attraverso il data base ALBA.

Serie originarieLa documentazione è organizzata per materie, in base alla tipologia de-

gli atti e le diverse serie sono individuate tramite lettere alfabetiche latine: A, B, C e D.

A - Atti relativi alla fondazione, documentazione storica della Provin-cia di San Giuseppe (III provincia dell’Ordine comprendente Piacenza, l’Ita-lia e l’Europa);

B - Rapporti con i superiori e le istituzioni, con le altre province dell’Or-dine, con le novizie; contiene anche materiale relativo alla formazione e gli atti relativi ai capitoli (ad esempio la busta B2� contiene la corrispondenza della superiora provinciale con i governi delle altre province);

C - Corrispondenza con le case dell’Ordine sparse nel mondo (ad esem-pio: C.I. contiene la corrispondenza con le comunità della Provincia di San Giuseppe e ad ogni comunità è assegnato un numero progressivo; C.I.57 è la busta dedicata alla comunità di Hayange-Serenange, comunità aperta nel �947 in Francia fra le famiglie dei minatori; C.I.83 è dedicata alla comuni-tà di Fontenay-Tresigny nella banlieue di Parigi, aperta nel �954 e chiusa nel �994, come ospizio per le emigranti italiane senza famiglia; C.III. contiene la documentazione di convegni e corsi; C.IX. contiene documentazione relativa all’attività del Centro congressi);

D - Corrispondenza con le autorità ecclesiastiche (Santa Sede, vescovi), memorie e testimonianze delle consorelle, iniziative diverse (centenario del-la Congregazione).

Si può individuare poi la serie delle cronache della Casa di Piacenza (dal �936) che comprende i diari stilati giornalmente dalla Madre Superiora, oltre

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alle serie riguardanti i registri di protocollo e la contabilità, quest’ultima con-servata a parte.

Sono raccolte in archivio anche le pubblicazioni e le relazioni su capitoli, incontri di formazione e incontri di studio, le tesi delle suore, mentre nel Cen-tro di studi e documenti delle migrazioni (cEdomiS) sono depositate le tesi dedicate all’Ordine. Infine si conservano anche gli importanti documenti re-lativi alla causa di beatificazione di Giovanni Battista Scalabrini e al ricono-scimento del miracolo di guarigione di una suora (�987-�997).

Strumenti di corredo Nessuno; è probabile che esista una tabella di classificazione

Consultabilità L’archivio non è organizzato per la consultazione

3. Note Il convento conserva la biblioteca e alcuni oggetti personali donati dalla famiglia dell’ingegnor Ettore Martini (divisa ufficiale, libreria, poltro-na); è allestita anche una piccola esposizione di oggetti appartenuti al vesco-vo Giovanni Battista Scalabrini, raccolti e donati dal suo assistente personale. È in fase di allestimento anche una piccola esposizione di oggetti e fotografie riguardanti madre Lucia Gorlin, fondatrice della casa piacentina.

Inoltre il CEDOMIS, Centro di documentazione missionaria, dispone di una biblioteca di oltre 2.000 volumi sulle migrazioni moderne e contempora-nee e sulla storia e la cultura dei diversi paesi del mondo con accesso ai mate-riali attraverso un programma di ricerca per parole chiave e possibilità di con-sultazione on line sul sito: <www.cedomis-scalabriniane.org>.

BibliografiaCostituzioni delle suore missionarie di San Carlo Borromeo (scalabriniane),

Roma [�948?] F. molinARi, Sulla strada della fede e della speranza, Borgonovo Val Tido-

ne �978Costituzioni delle suore missionarie di San Carlo Borromeo (scalabriniane),

Roma �977 FRAncESconi m., G. B. Scalabrini vescovo di Piacenza e degli immigrati,

Roma �985L’ingegnere Ettore Martini (1870-1960): un galantuomo fra due secoli, a

cura di don F. molinARi e delle Suore Scalabriniane, Piacenza �986A. BiAnchin, Una vita che non muore: Madre Lucia Gorlin 1879-1958, Bor-

gonovo Val Tidone �992A. BiAnchin, Per le vie del mondo: il carisma scalabriniano sulla strada del-

la fede e della speranza, Borgonovo Val Tidone �995

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Un finese nel mondo: nel centenario della Suore Scalabriniane, a cura di F. monti e E. oRSEnigo, Borgonovo Val Tidone �995

Giovanni Battista Scalabrini 1839-1905, Roma 2005Suore missionarie di San Carlo Borromeo scalabriniane: centodieci anni a

servizio dei migranti e dei rifugiati 1895-2005, Roma 2006G. coRRAo, Lucia Gorlin, Piacenza 2006

Schedatore A. Riva - E. StendardiData compilazione Luglio 2006

Appendice II

L’archivio generale della Congregazione delle Suore Missionariedi San Carlo Borromeo Scalabriniane 8

Nel �96� l’archivio generale della congregazione arrivò dal Brasile, dove era conservato presso l’orfanotrofio Cristoforo Colombo a San Paolo. In quel-l’anno, infatti, la casa generalizia venne trasferita da San Paolo del Brasile ad Acilia nei pressi di Roma. Poco più di dieci anni dopo gli spazi si rivelarono già insufficienti per la documentazione.

Un nuovo trasferimento venne effettuato nel �982 con l’apertura della casa generalizia in via Monte del Gallo, 68 a Roma, dove si trova tuttora. Ori-ginariamente l’archivio era sistemato al III piano, dal �997 la documentazio-ne si trova nella sede attuale, al piano terra della casa generalizia, in locali ri-strutturati ad hoc. Fino al �975 la responsabile dell’archivio era la segretaria generale che cambiava ogni sei anni; in seguito venne nominata una archivi-sta, una suora diplomata alla Scuola Vaticana. Nel 2000 suor Ivone Scopel, archivista generale, ha redatto una guida all’archivio 9 dalla quale si pubblica di seguito il titolario dell’archivio storico �0:

8 Grazie alla disponibilità della madre generale, suor Maria de Rosário Onzi, il 24 e 25 ago-sto 2006 è stato possibile visitare l’archivio generale della congregazione. Un sentito ringra-ziamento va anche a suor Ivone Scopel, archivista generale, che si occupa tuttora della ge-stione dell’archivio.9 Edizione orientativa ed organizzativa dell’archivio generale della Congregazione delle suore missionarie di San Carlo Borromeo scalabriniane, Roma 2000.�0 La documentazione passa in archivio storico ogni sei anni, quando termina il governo del-la madre generale.

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1. gEnERAlE�.�. Fondatore�.2. Co-Fondatore�.3. Co-Fondatrice�.4. Storia dell’istituto�.5. Governi generali�.6. Capitoli generali�.7. Assemblee generali�.8. Animazione generale: formazione e apostolato (Incontri e progetti congregazionali)�.9. Centri congregazionali di studi e di pastorale dei migranti�.�0. Comunicazione�.��. Documentazione riservata�.�2. Libri degli atti �.�3. Scritti e pubblicazioni delle sorelle�.�4. Celebrazioni del Giubileo della Congregazione: Cinquantenario e Centenario�.�5. Album e messaggi�.�6. Fototeca�.�7. Audiovisivi�.�8. Amministrazione e economia

2. PRovinciAlE2.�. Governi provinciali2.2. Capitoli provinciali2.3. Assemblee provinciali2.4. Formazione2.5. Apostolato2.6. Centri di studi e di pastorale dei migranti 2.7. Storia delle province2.8. Celebrazioni del Giubileo delle province

3. Comunità

3.�. Storia delle singole comunità3.2. Comunità aperte3.3. Comunità chiuse3.4. Celebrazioni del Giubileo delle comunità

4. PERSonAlE

4.�. Sorelle della congregazione4.2. Sorelle attive4.3. Sorelle defunte4.4. Sorelle uscite

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Monsignor Guido AGosti

Monasteri femminili nella Diocesi di Reggio Emilia

Premessa

L’argomento di questo studio è assai vasto; per questo mi limiterò ad esporre una sintesi delle ricerche fatte sui molti monasteri che esistevano in Diocesi prima del periodo napoleonico, come attestano le 96 grosse filze di documenti religiosi, discretamente ordinate negli anni Settanta del secolo XIX, conservate nell’Archivio Vescovile.

Nel 1783 vi erano a Reggio-città 3 monasteri di Benedettine, 4 di France-scane, 2 di Domenicane, 2 di Carmelitane, 2 di Agostiniane, 3 di altre comu-nità ed un’altra ventina nel resto della Diocesi. A causa delle soppressioni, sia ducali che napoleoniche, molta documentazione di tipo patrimoniale ed eco-nomico è custodita negli Archivi di Stato di Reggio Emilia, Modena e Mila-no. Una relazione più ampia, ma priva delle note archivistiche, è stata pubbli-cata sul «Bollettino Storico Reggiano», n. 133.

A - I monasteri benedettini

Le monache benedettine avevano in città i monasteri di San Tommaso, San Raffaele e Santa Maria Maddalena. Solo per il terzo si conosce l’origi-ne, per gli altri due si hanno solo pochissimi documenti risalenti ai secoli bui dell’Alto Medio Evo.

Monastero di San Tommaso

Il primo documento in cui si fa menzione di questo cenobio è il lascito della regina Cunegonda, vedova di Bernardo, re d’Italia – o meglio di Longo-bardia –, nipote di Carlo Magno. Nell’anno 835 la regina fondò a Parma un monastero dedicato a sant’Alessandro, dotandolo con i beni di altri due ceno-bi preesistenti: San Bartolomeo di Parma e San Tommaso di Reggio. La pree-sistenza di questi due conventi è stata oggetto di varie ricerche sulla loro ori-gine e dotazione patrimoniale. Anzitutto dovevano essere pervenuti alla re-gina dall’eredità del marito, morto nell’818, ed è opinione di vari studiosi

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che fossero sorti già da vari decenni. Infatti gli inventari delle proprietà che ci sono giunti potrebbero essere copie di documenti dell’VIII secolo, quindi l’origine dei due monasteri risalirebbe al periodo precarolingio. Dal testo del-la donazione risulta che la regina ne conservava la proprietà anche per i suoi eredi e ciò giustificava l’azione del tardo pronipote Maginfredo, il quale nel 948 pretendeva di rientrare in possesso di San Tommaso per poterne sfrutta-re i beni di cui era dotato.

La dipendenza del nostro monastero dal Sant’Alessandro di Parma ebbe breve durata, poiché le scorrerie degli Ungari dell’899 distrussero, insieme con la cattedrale, anche il cenobio, arrivando persino ad uccidere il vescovo Azzo. Forse alcune monache riuscirono a salvarsi rifugiandosi in una proprie-tà presso la «basilica» dei Santi Vito e Modesto (ora Buco del Signore) ove più di cent’anni dopo nel 1015, per impulso del vescovo Tenzone, si ricostituì provvisoriamente la comunità monacale. Dodici anni dopo la badessa Liuza ottenne dallo stesso vescovo il permesso di riutilizzare la chiesa di San Tom-maso, già in fase di restauro, e ricostruire il monastero, ciò avvenne nel trien-nio 1028-1030. Alla primitiva dotazione vescovile di quattro «mansi» nella zona di Scanzano, ora Buco del Signore, si aggiunsero varie donazioni di pri-vati e dei vescovi Sigifredo II, Conone, Gandolfo ed Alberio, formando un patrimonio assai vistoso come risulta dall’inventario prediale del 1295.

La storia di questo istituto si concluse nel «secolo dei lumi» con la sop-pressione voluta dal duca Rinaldo III il 3 maggio 1783. Il 21 maggio le 44 monache furono trasferite a Santa Eufemia di Modena, i beni aggregati alle opere pie e con essi anche l’archivio che custodiva più di 600 pergamene. Di-sgraziatamente verso il 1875 un disonesto impiegato ne sottrasse una ottanti-na tra quelle anteriori al 1200 e le vendette ad un antiquario di Firenze. Solo una quarantina sono state ricuperate e con le altre si trovano all’Archivio di Stato di Reggio Emilia. Il vasto fabbricato fu aggregato al convento del Cor-pus Domini, poi dal 1798 adibito a carcere, tribunale, stazione della posta fino ai nostri giorni 1.

Monastero di San Raffaele

Assai incerta è l’origine del monastero di San Raffaele. Se nel 1030 c’era già in città un monastero benedettino, come mai all’inizio del XII seco-1 Dall’Inventario in Archivio Vescovile: «San Tommaso, monastero di monache in Reggio. Copia dei privilegi concessi alla Abbadessa e alle monache nel 1225, vestizioni, professioni e cariche dal 1541 al 1635 filza n. 66, dal 1636 al 1668 f. n. 67, dal 1669 al 1702 f. n. 68 con mappe della nuova fabbrica, dal 1703 al 1740 f. n. 69, dal 1741 al 1783 con le costituzioni a stampa del 1770 f. n. 70».

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lo (anno 1100) ne sorse un altro a 200 metri o poco più di distanza? Non può trattarsi di una figliazione perché alla ricchezza del primo si oppone la pover-tà del secondo. Il Saccani nel suo Schedario ha registrato il nome delle pri-me badesse: Ermengarda dal 1100 al 1124, Agnesia dal 1126 al 1159, Matil-da dal 1161 al 1165.

La prima dotazione fu fatta probabilmente dal vescovo Bonseniore (1098-1118) con beni dell’eredità di Everardo di Antisica e di altri ricevuti dall’episcopio nel 1058, poiché a tale data risale la prima pergamena del suo archivio (ora presso l’Archivio di Stato di Reggio Emilia). Come a San Tom-maso, anche a San Raffaele fu assegnata in gestione una parrocchia, quella di San Vitale, la cui chiesa nel 1443 fu venduta alla Confraternita di San Girola-mo. Nel secolo XV il numero delle monache era molto scarso e per interessa-mento del vescovo Bonfrancesco Arlotti (1477-1508) vi furono trasferite altre benedettine distaccate dal monastero di Sant’Antonio di Ferrara.

La cosa non diede buoni frutti: vent’anni dopo scoppiò una lite furibonda tra la badessa ferrarese Eufrosia Signorelli, parente dei Bebbi di Leguigno, e la ricca figlia degli Scaioli. Le due famiglie, invece di calmare le parenti pre-sero parte, e ne nacque una faida che insanguinò la città per oltre vent’anni. Fin dall’inizio (1505) il Senato reggiano cercò di separare le contendenti: tra-sferendo la ferrarese e le sue seguaci, sostenute dai Benedettini di San Pro-spero, prima in un locale presso Santo Stefano, poi costruendo un nuovo mo-nastero nella canonica di Santa Maria Maddalena. Rimasero a San Raffaele le partigiane della Scaioli, sostenute dai Domenicani.

Passarono quasi tre secoli poi il 3 aprile 1783 il duca Ercole III obbligò le monache della Maddalena a tornare al San Raffaele e ne demolì il conven-to per adibire quello spazio a piazza del Mercato, ora Piazza Fontanesi. Quin-dici anni dopo i giacobini reggiani soppressero anche il San Raffaele e riman-darono le monache alle loro famiglie; furono demoliti chiesa e parte del mo-nastero e il rimanente adattato a case popolari.

Nel 1776, prima della riunione con le Maddalene, al San Raffaele vi era-no 31 professe e 15 converse, badessa era Vittoria Coronata dei conti Gabriet-ti 2.

2 Dall’Inventario c. s.: «San Raffaele, monastero di monache in Reggio. Esami, vestizioni, professioni e atti diversi dal 1500 al 1630 f. n. 59, dal 1631 al 1650 f. n. 60, dal 1651 al 1680 f. n. 61, dal 1681 al 1720 f. n. 62, dal 1721 al 1757 con processo manoscritto per causa civile col Consorzio della vicinia (parrocchia) di San Raffaele f. n. 63, dal 1758 al 1797 e stampa-ti sulla causa di cui sopra f. n. 64, Inoltre vedi San Raffaele, chiesa già parrocchiale in Reg-gio, ora soppressa (nel 1769) e demolita (dopo il 1798). Atti diversi relativi alla medesima ed al monastero che ne aveva la cura e giurisdizione vedi nella sezione “Parrocchie” f. n. 43, ivi sono anche gli Stati delle Anime, libri dei Morti e Matrimoni».

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Monastero di Santa Maria Maddalena

Questo terzo monastero benedettino si è formato, come si è detto, dal-la scissione del San Raffaele e cominciò a funzionare nella nuova sede dal 1515: così risulta dagli atti della Curia vescovile. La chiesa a cui si appoggiò era della più antiche del centro cittadino, risaliva forse al XII secolo poiché se ne conosce il rettore dal 1207. Era stata ricostruita dal 1445 al 1458, e dopo il 1505 la casa canonica fu ampliata e adattata a monastero da Pietro Ancini. Il patrimonio del monastero fu arricchito nel 1598 da Dionisio e Alfonso Bon-zagni che eressero un beneficio legato alla cappella della Samtissima Trinità della chiesa conventuale.

I rapporti del monastero con i superiori ecclesiastici non furono sempre esemplari: nel 1530 i benedettini dovettero rinunciare alla direzione spiritua-le, nel 1535 il vescovo Ugo Rangone diede un nuovo assetto alle regole della comunità. Ritornati i Benedettini si stabilì una eccessiva familiarità, pertan-to il 22 settembre del 1607 il vescovo Claudio Rangone fece un’improvvisa ispezione e ne mandò il rapporto a Roma. Nel 1620 una bolla del papa Paolo V sottrasse di nuovo la direzione ai Benedettini e l’affidò al vescovo. Ancora nel 1721 le monache si ribellarono al vescovo ed ai superiori e furono sospe-se dai sacramenti per ben due mesi!

Nell’anno 1779, quattro anni prima della soppressione, alla Maddalena vi erano 35 monache che il 23 marzo 1783 furono inviate al San Raffaele 3.

B - I conventi femminili dei Francescani

All’inizio del XIII secolo, provenienti da Bologna, vennero a predica-re nella nostra città sia i Francescani che i Domenicani. Sembra che i primi a raggiungere Reggio siano stati i Frati Minori, poiché nel 1218 Guido da Ca-nossa, assunto come pretore a Bologna, offrì ai frati il colle boscoso di Mon-tefalcone (Quattro Castella) per stabilirvi un eremitaggio. Il nostro storico Saccani ipotizza una chiamata a Reggio intorno al 1220 voluta dal padovano Nicolò Maltraversi, vescovo dal 1211 al 1243. Infatti già nel 1222, prima del grande terremoto, un frate Giovanni da Carpineti era entrato nell’ordine dei Minori (come riporta Salimbene). Quasi coetanea, ma un po’ più documenta-

3 Dall’Inventario c. s.: «Santa Maria Maddalena, monastero di monache in Reggio. Libro di memorie, cartolario di entrate e spese, permessi di vestizioni e professioni dal 1515 al 1660 f. n. 42, dal 1661 al 1700 f. n. 43, dal 1701 al 1750 con libro di accettazioni dal 1720 al 1770 f. n. 44, dal 1751 al 1787 con libro di messe celebrate dal 1766 al 1781 e giornale di entrate e spese 1783-1784 con soppressione del 1783 f. n. 45».

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ta, è la venuta dei Frati Predicatori, i quali furono visitati in Reggio dal loro fondatore san Domenico alla metà di luglio del 1221, poche settimane prima della sua morte, avvenuta a Bologna il successivo 6 agosto.

Lo stabilirsi in città degli uni e degli altri determinò la formazione di gruppi di «devote» che poi si raccolsero nei conventi di Santa Chiara nel 1256 e del Corpus Domini dopo il 1264 4.

Convento di Santa Chiara, detto poi di Sant’Antonio

Dalle cronache modenesi risulta come primo convento emiliano quello di Parma, sorto certamente fra il 1225 e il 1227. Qui si rifugiò alla vigilia del-le nozze, la «nobile donzella» Giovanna degli Adelardi, «mossa dalle predi-che di fra Gherardo Boccabadati». Anche il convento di Reggio è una filiazio-ne di quello di Parma.

4 Per studi e ricerche sui conventi femminili francescani si consiglia la Guida alla documen-tazione francescana in Emilia-Romagna, a cura di G. BAdini, Padova 1999 (Fonti e Studi Francescani, IX). Nell’Introduzione di tale opera, a pag. XVII, viene ricordata l’origine dei conventi di Clarisse di Reggio Emilia: Santa Chiara prima del 1256, Santa Maria della Mi-sericordia dal 1519, Santa Chiara di Correggio dal 1711 e il Santissimo Crocifisso di Gua-stalla dal 1643.Qui si segnalano alcune collocazioni e i fondi archivistici elencati nella suddetta Guida. Nelle pp. 217-221 sono presentati i documenti delle Clarisse ed altre monache di Reggio:1°: Archivio di stAto di MilAno, Sezione Culto, Conventi, Comuni, cass. 1970, n. 2, Fasci-colo: Soppressione dei conventi femminili nel territorio di Reggio Emilia; cc. non numm., 1798 dicembre 17.2°: Archivio di stAto di ModenA, Sezione Carte delle Soppressioni, n. 2275; Mazzo: Miscel-lanea, Inserti: fascc. 6 non numm., dal 1594 luglio 10 al 1798 giugno 8: Rapporti con il go-verno di Modena e Reggio, Elenchi di monache.3°: Archivio di stAto di ModenA, Sezione Carte delle Soppressioni, n. 2276; Mazzo: Rogiti, Inserti: fascc. e cc. non numm. dal 1605 febbraio 16 al 1793 dicembre 17.Poi, sempre in Archivio di stAto di ModenA, Sezione Carte delle Soppressioni: mazzi, libri, re-gistri amministrativi numerati dal 4° al 16°; in Sezione Giurisdizione Sovrana ed Ecclesiastica per soppressioni e traslocazioni: mazzi 17°, 18°, 19°; in Sezione napoleonica: I.G.B.C.A.E: serie 64, nn. 2462, 2504, 2523, 2530 corrispondenti ai mazzi: 20°, 21°, 22°, 23°.In Archivio di stAto di reGGio eMiliA, Sezione Carte delle Soppressioni e Opere pie, Maz-zi e fascc. 24°, 25°, 26°, 27°, 28°; Sezione Turri, fascc. 29°, 30°; Sezione Bocconi, fasc. 31°. Seguono nella p. 221 le carte di Santa Chiara di Sassuolo, e nelle pp. 301-307 carte degli al-tri conventi francescani di Reggio Emilia (Da gentile comunicazione dei Professori F. Ance-schi e A. Fresta).

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Prima badessa fu suor Caracosa de Adam, già vedova e sorella del noto cronista fra Salimbene da Parma, la quale nel 1256 ottenne dai Francescani il loro convento, quando essi si trasferirono nel palazzo «imperiale», ora sede dei Civici Musei. Il primo locale francescano era al margine della città, stretto fra le mura e la Cittadella; per questo in tempo di guerra e di lotte civili spesso le suore dovettero abbandonare il convento e rifugiarsi in locali provvisoria-mente concessi da altre monache. Così nel 1320 erano ospitate dalle Benedet-tine di San Tommaso, e nel 1453 dalle Domenicane di San Pietro Martire.

Il cardinal Cervini, vescovo di Reggio (1540-1544), inviò il gesuita pa-dre Pascasio Broet a Santa Chiara perché riformasse e riconducesse le mo-nache all’osservanza delle regole. Esse però rifiutarono, specialmente il voto di povertà poiché «tutte tenevano in proprio denari, possessioni o bestiame», e pertanto il riformatore negò loro la Comunione finché non si persuasero a porre ogni cosa in comune.

Frattanto gli Anziani della città procurarono un locale nuovo per la co-munità, ottenendo il priorato di Sant’Antonio Abate nel 1545, che, opportu-namente adattato, fu occupato dalle Clarisse il 30 ottobre 1548 (ora è caserma dei Finanzieri). Neppure il trasloco persuase le monache a cambiar vita, per-ciò il cardinal protettore Rodolfo dei Pio di Carpi chiese ai Gesuiti un nuovo intervento per la riforma. Uno degli scandali più evidenti era la «visita» non autorizzata ai conventi, nonostante che già dagli anni Quaranta fosse commi-nata la scomunica ai visitatori non autorizzati. Un altro tentativo di riforma di Santa Chiara fu compiuto da san Carlo Borromeo nel periodo 1563-1572, quando assunse l’incarico di Protettore dei Frati Minori.

Dopo il Concilio di Trento i vescovi ebbero maggiore autorità anche sui conventi, che diressero coi migliori sacerdoti secolari. Il 1° maggio 1783, per ordine ducale, Santa Chiara dovette ospitare le Terziarie Francescane del convento dell’Ascensione (dette le Convertite) a cause della soppressione del loro cenobio. Il 20 giugno 1798, per ordine dei giacobini, dovettero ospitare anche le Cappuccine, finché nel 1810 si ebbe la soppressione napoleonica 5.

5 Dall’Inventario in Archivio Vescovile c. s.: «Santa Chiara, convento delle Clarisse di San-t’Antonio Abate di Reggio. Atti di vestizione, professione, esami, nomine e cariche dal 1532 al 1660 f. n. 13, dal 1661 al 1720 f. n. 14, dal 1721 al 1796 e convenzione col priorato di San-t’Antonio Abate f. n. 15». Vi erano poi conventi di Clarisse anche a Correggio, a Sassuolo e a Mirandola (San Lodovico). Dall’Inventario c. s.: «Convento di Santa Chiara di Sassuolo. Regole, licenze di vestizioni e di professioni, nomine di superiore dal 1601 al 1650 f. n. l6, dal 1651 al 1720 f. n. 17, dal 1721 al 1760 f. n. 18, dal 1761 al 1797 f. n. 19. Altri atti relativi ad esso monastero sono nel-la filza della parrocchia di San Giorgio di Sassuolo, con rogiti di censi f. n. 158».

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Terziarie francescane o suore del «guasto»

Il 10 gennaio 1290 i Reggiani, stanchi di lotte civili, si diedero a Obiz-zo d’Este, già signore di Ferrara e di Modena. A questo tiranno, venuto come pacificatore, succedette nel 1292 il figlio Azzo, ancor più malvagio del padre, il quale per assicurarsi il dominio della città costruì nel 1298, vicino alla por-ta di San Pietro, un castello munito di torri e fossati. Ciò nonostante Reggio si ribellò, il 27 gennaio 1307 riuscì a cacciare dalla città Azzo e i suoi seguaci e, in poco più di cinque giorni, i cittadini distrussero il castello e alla spiana-ta rimase il nome di «Guasto», che perdura tuttora in una stradetta trasversa-le di Via San Martino (si cfr. il Balletti).

In quel luogo viveva una comunità di pie donne, che seguivano la rego-la del Terzo Ordine francescano, ma senza clausura. Avevano assunto come protettrice santa Elisabetta d’Ungheria, ma volgarmente venivano chiamate «beghine» come nelle Fiandre o, come dal 1244 in Toscana, «pinzochere» dal colore bruno dell’abito, nomi che assunsero poi un significato dispregiativo come anche quello dei Terziari detti «frati del parolo» (paiolo), da cui esse di-pendevano.

Nel 1516 queste religiose erano rimaste solo in otto e il convento fu sci-olto: quattro accettarono la regola delle Clarisse Osservanti (dette Zoccolanti) e le altre ricevettero una dote dal Comune per rientrare in famiglia 6.

Santa Maria della Misericordia

L’ordine francescano ha subito nei secoli passati una serie di divisioni tra rigoristi e moderati: la più incisiva fu quella fra i Conventuali e gli Osservan-ti. La divisione si verificò anche a Reggio e forse fu dovuta a san Bernardi-no da Siena, venuto a predicare nel 1427 per quaranta giorni consecutivi (!), come è documentato nel libro delle Provvigioni del Comune.

Lo storiografo Gaetano Rocca ricorda fra Bernardino Sassi, che nel 1518 fece una grande predicazione e questua per la ricostruzione della basilica di

Dall’Inventario c. s.: «Convento di Santa Chiara di Correggio. Atti sulla erezione del mona-stero e sulle Terziarie di San Francesco, esami, permessi di vestizioni e di professioni dall’an-no 1712 al 1760 f. n. 11, dal 1761 a1 1797 f. n.12».Dall’Inventario c. s.: «Convento di San Lodovico di Mirandola. Monastero di monache Cla-risse, esami, vestizioni, professioni e cariche dal 1657 al 1685 f. n. 37, dal 1686 al 1705 f. n. 38, dal 1706 al 1740 f. n.39,dal 1741 a1 1770 f. n. 40, dal 1771 al 1796 f. n. 41».6 Dall’Inventario c. s.: «Convento delle Terziarie di San Francesco di Reggio. Regole ed al-cune carte senza data esterna f. n. 71»

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San Pietro di Roma: «avendo esso raccolto una somma ingente, ottenne dal papa Leone X di trattenerne una parte per costruire la chiesa della Misericor-dia nel luogo ove avevano una casa le Terziarie francescane, dette come in Toscana Pinzochere». Lo scopo era di erigere un convento del loro ordine. Liquidarono quattro delle Terziarie con cento scudi del Pubblico e convinsero le altre a farsi Clarisse Osservanti. In breve chiesa e convento furono adattati e il 19 marzo 1519 fecero venire undici suore dal convento del Corpus Domi-ni di Cremona. Per parecchi anni vissero di lavoretti e di questua, poiché non avevano clausura, finché nel 1662 Gerolamo Resti le dotò e poi le fece eredi di tutto il suo patrimonio.

Nel 1779 nel convento vi erano 35 suore e 15 converse, ma anche questo fu soppresso il 21 maggio 1783. Le religiose avrebbero dovuto andare a Mi-randola, esse però chiesero ed ottennero di unirsi alle Clarisse di Carpi, ove restarono fino al 1797 7.

Convento della Ascensione o del Rifugio

Fu istituito dalla Comunità come casa per le «convertite», dopo un qua-resimale del 1549. Queste si raccolsero in una casa privata il 26 dicembre 1557 nella vicinia di San Raffaele e adottarono come regola quella delle Ter-ziarie francescane. Nel 1604 ampliarono la casa e costruirono una chiesetta dedicata alla Ascensione di Nostro Signore, nell’angolo di Via Fontanelli (ex Via di Pontelevone) e Via San Martino. Nel 1760 ampliarono il loro locale ac-quistando dal Pubblico la Pia Casa degli Orfani presso la chiesa di San Marti-no adiacente alla loro. Erano 36 le suore (24 professe e 12 converse) quando il 1° maggio 1783 ricevettero l’ordine di sgombero e il 18 luglio si trasferirono nel convento vuoto della Misericordia, già delle Clarisse Osservanti. Un al-tro trasloco dovettero subire nell’ottobre del 1786: ridotte di numero, venne-ro concentrate nell’Ospitale degli Esposti. Il Balletti afferma che questo con-vento era privo di opere d’arte e fu ridotto a case private 8.

7 Dall’Inventario c. s.: «Convento di Santa Maria della Misericordia di Reggio, monaste-ro di Clarisse Osservanti (dette Zoccolanti). Atti diversi, licenze di vestizioni, esami, profes-sioni e nomine dall’anno 1519 al 1680 f. n. 46, dal 1681 al 1730 f. n. 47, dal 1731 al 1797 f. n. 48».8 Dall’Inventario c. s.: «Convento dell’Ascensione di Reggio, monache francescane dette “le convertite”. Atti diversi, nomine, licenze, esami, accettazioni dall’anno 1549 al 1670 f. n. l, dal 1671 al 1720 f. n. 2, dal 1721 al 1782 f. n. 3, poi furono soppresse dal governo estense».

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Convento delle Cappuccine di Reggio

L’ordine dei Frati Minori Cappuccini ebbe principio nell’anno 1528 per opera del marchigiano padre Matteo da Bascio, già Minore Osservante, per la evangelizzazione dei più poveri. I Cappuccini vennero a Reggio dopo una supplica fatta al Comune il 28 novembre 1571; ottenuto un orto da Orazio Malaguzzi presso Porta Santa Croce, vi costruirono chiesa e convento, ove entrarono il 6 gennaio 1574. L’esempio fu contagioso e, quasi spontanea-mente, sorse la comunità femminile. Animatrice ne fu Lucia Ferrari, che poi fondò conventi anche a Guastalla e a Parma. Si è conservata una preziosa let-tera del 16 dicembre 1636 di padre Giovanni Battista d’Este (già duca Alfon-so III) al vicario vescovile per ringraziarlo di avergli comunicato il permesso di vestire madre Lucia Ferrari, «della quale ha sentito molto gusto». La comu-nità come prima abitazione ebbe una casa vicina al convento dei Cappucci-ni, poi nel 1704 acquistò un locale in fondo alla Via dell’Abate, adiacente alla chiesa della Misericordia. Solo nel 1772 le Cappuccine poterono erigere una chiesa propria dedicandola alla Beata Vergine della Consolazione.

Nel 1789, dopo la soppressione dei Canonici Lateranensi del 13 giug-no 1783 per decreto del Sovrano, traslocarono nel convento delle Grazie con l’ordine di far scuola alle ragazze povere ed ospitare vedove e malmaritate. La loro odissea non era finita: il 20 giugno 1798 il governo rivoluzionario le obbligò a sloggiare e ad unirsi alle Clarisse nel monastero di Sant’Antonio, finché nel 1810 il governo napoleonico soppresse tutti i conventi 9.

C - Le monache Domenicane: origine e sviluppo

Convento del Corpus Domini

Secondo un antico cronista domenicano, riportato dall’Affarosi e seguito dallo storico Balletti, i Frati Predicatori si stabilirono a Reggio verso il 1220 e furono così bene accolti che tutti i cittadini si impegnarono nella costruzione della loro chiesa dedicata dapprima a Gesù, poi a san Domenico. Stessa dedi-

9 Dall’Inventario c. s.: «Convento delle Cappuccine di Reggio. Costituzioni, rogiti, doman-de per vestizioni e professioni, carteggio ed atti diversi dall’anno 1640 al 1796 f. n. 5, atti re-lativi a fabbriche, conteggi e ricevute mazzo senza data esterna f. n. 6. Nello stesso inventa-rio nell’Aggiunta alla lettera M f. n. 96».Dall’Inventario c. s.: «Convento delle Cappuccine di Correggio. Atti sull’erezione del nuo-vo convento, inventari, vestizioni, professioni dall’anno 1824 in avanti f. n. 4. Tuttora esi-stente».

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cazione ebbe anche il loro convento, mentre quello femminile, sorto qualche tempo dopo, venne intitolato al «Corpus Domini». Poiché la festa del Corpus Domini fu istituita da Urbano IV nel 1264, è a tale data o a pochi anni prima che si costituì in Reggio la confraternita delle suore domenicane che edificò la chiesa di San Pietro Martire, ora inglobata nel Palazzo della Prefettura. La trasformazione delle confraternite femminili in Secondo Ordine Domenicano avvenne dopo il 1285, con la regola redatta dal Maestro Generale dei Predi-catori Muñoz di Zamora.

Nel secolo XIV si perdettero tante memorie, tuttavia è documentata la presenza di suore domenicane di San Pietro Martire nel 1430, le quali, essen-do ridotte a poche, cedettero il convento alle agostiniane Canonichesse Lat-eranensi, trasferendosi nel vicino ambiente di San Lorenzo. Successivamente si spostarono a San Cosmo finché l’abate Filippo Zoboli, nel 1466, volle dar loro una dignitosa residenza più vicina alla chiesa di San Domenico. Ottenuto – a fatica – parte dell’orto ed alcune casette del monastero di San Tommaso, nel 1476 fece costruire dall’architetto Casotti il nuovo convento del Corpus Domini, ove le Domenicane si stabilirono nel 1489. Dell’edificio, poi ridotto a carcere, resta il muro di cinta ornato da un fregio in cotto con una bella fila di calici.

Le cronache non registrano fatti particolari riguardanti questo conven-to fino al 1779 quando il Governo estense, in previsione delle soppressioni, volle conoscere il numero e i nomi delle suore residenti sia al Corpus Domi-ni di Reggio che nei conventi domenicani dello stesso nome: quello di Cor-reggio, esistente già da prima del 1549, e l’altro di Castelnovo di Sotto, con documenti dal 1657. A Reggio, secondo il Fantuzzi che ne trascrisse anche i nomi, vi erano 32 monache e 17 converse nel 1780, con madre priora suor Teresa Maioli.

Avvenuta la soppressione del monastero benedettino di San Tommaso, il 7 giugno 1783 il priore di San Domenico fu autorizzato a prendere possesso del locale per unirlo al Corpus Domini. Ivi furono sistemate le domenicane di Correggio, trasferite a Reggio dal 12 aprile, e quelle del Santa Caterina, qui traslocate dopo il 7 giugno dello stesso anno. Più tardi, in data imprecisata del 1797, si aggiunsero anche quelle di Castelnovo di Sotto. Nel 1798 si ebbe poi la soppressione finale per opera del governo repubblicano giacobino, che adibì i locali a tribunale, carcere e stazione con alloggio della posta 10.

10 Dall’Inventario c. s.: «Convento del Corpus Domini di Reggio. Esami, licenze di vestizio-ne e di professione, cariche ed altri atti dal 1563 al 1650 f. n. 26, dal 1651 al 1690 f. n. 27, dal 1691 al 1740 f. n. 28, dal 1741 a1 1796 f. n., 29».Dall’Inventario c. s.: «Convento del Corpus Domini di Correggio. Licenze di vestizione e di professione, cariche, educande ed altri atti dal 1549 al 1650 f. n. 21, dal 1651 al 1680 f. n. 22,

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Convento di Santa Caterina da Siena

Fu eretto dalla nobildonna Giulia Corradi, vedova del conte Claudio Fontanelli. Nel 1611, dopo la morte del figlio Vincenzo, prese l’abito del Terz’Ordine di san Domenico ed indusse alcune giovani nobili sue paren-ti ad unirsi a lei trasformando la propria casa in convento. Questa casa, posta nell’angolo di Via San Filippo con Via Zeffirino Jodi, fu poi donata dalla Cor-radi ai Padri dell’Oratorio, o Filippini. Il nuovo convento fu benedetto il 26 settembre 1626 dal vescovo Paolo Coccapani (1624-1650), che ne approvò la regola stabilendo la clausura; la direzione spirituale fu affidata ai Domenicani e la amministrazione sottoposta a due canonici e a due laici, scelti dal vesco-vo pro tempore.

Nel 1778 la comunità comprendeva 39 suore: 27 professe e 12 converse, ma il 15 maggio 1783 il governo ducale decretò la soppressione del convento, e le suore dopo il 7 giugno dovettero trasferirsi al Corpus Domini - San Tom-maso. Convento e chiesa furono parzialmente demoliti nel 1807 e trasforma-ti in case civili 11.

D - Gli Agostiniani a Reggio Emilia

Dopo i «frati mendicanti» approdarono in Diocesi anche gli Agostini-ani, con due ordini: Canonici ed Eremiti. Avevano regole diverse, ma ambe-due ispirate alle norme di vita prescritte nel V secolo da sant’Agostino ai suoi chierici di Ippona.

Canonichesse Agostiniane Lateranensi

I cronisti reggiani non hanno registrato l’origine della comunità agostini-ana femminile che, probabilmente, ebbe inizio nel secolo XIV per ispirazione dei Canonici Regolari di Santo Spirito, poi trasferitisi a San Marco nel 1440.

dal 1681 al 1705 f. n. 23, dal 1706 al 1746 f. n. 24, dal 1747 al 1782 f. n. 25. Dal 1783 aggre-gate al Corpus Domini di Reggio».Dall’Inventario c. s.: «Convento del Corpus Domini di Castelnovo di Sotto. Libro per le edu-cande, vestizioni, professioni e funerali, ed un altro per le congregazioni, atti diversi e carteg-gio dal 1657 al 1797 f. n. 20». 11 Dall’Inventario c. s.: «Convento di Santa Caterina da Siena di Reggio. Recapiti sull’ere-zione del monastero, esami, licenze di vestire l’abito, professioni e cariche dal 1617 al 1700 f. n. 9, dal 1701 al 1782 f. n. 10».

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Solamente il Panciroli ricorda che nel 1453 «le suore Agostiniane, le quali, atteso la loro moltitudine, abitavano angustamente presso il portico di San Lorenzo, mutarono il convento con le monache di San Pietro Martire, ch’erano poche». Da questa comunità in seguito sciamarono due gruppi di suore per dare origine ad altri conventi. Nel 1491 un gruppo si ritirò nella ca-nonica di Sant’Ilario, adiacente al convento degli Eremitani, e diede origine al monastero agostiniano osservante, ossia di stretta clausura.

Per molto tempo le Canonichesse vissero sotto la direzione spirituale dei vescovi reggiani, passarono poi sotto l’abate pro tempore dei Canonici Lat-eranensi di Santa Maria delle Grazie: da qui furono dette «Lateranensi». Nel 1783, un mese prima della soppressione dei Lateranensi, il Duca obbligò il 13 maggio le Canonichesse a sgomberare il convento e ad unirsi alle Agos-tiniane di Sant’Ilario. Le differenze di regole ed usanze resero impossibile la convivenza delle due comunità, per cui dopo cinque anni di suppliche le Ca-nonichesse ottennero di trasferirsi nel 1789 nel locale della Misericordia da cui erano state espulse le Clarisse osservanti (le Zoccolantesse) e mandate a Carpi. Nel 1773 al San Pietro Martire risiedevano 22 suore e 15 converse: non sappiamo quante si sistemarono alla Misericordia, ma anche da questo con-vento furono cacciate dai giacobini il 28 giugno 1798 e costrette a tornare alle loro famiglie. L’ampio locale di San Pietro martire fu subito adattato dal 1784 a Palazzo del Governatore, ora serve alla Prefettura e all’Amministrazione Provinciale 12.

Monastero di Sant’Ilario

Nel 1491 il vescovo Bonfrancesco Arlotti, dietro istanza del rettore Paolo Caselli, eresse nella canonica di Sant’Ilario un monastero per le suore agos-tiniane che provenivano dal convento di San Pietro Martire. Erano chiamate «Suore di San Paolo», probabilmente perché, staccatesi dalle Canonichesse, avevano trovato una prima accoglienza presso la chiesa di San Paolo. Il pos-sesso della chiesa e del convento di Sant’Ilario alle suore venne confermato dalla bolla di papa Innocenzo VIII del 1492. Con un breve di papa Giulio II nel 1507 le monache furono sottoposte per la direzione spirituale ai Frati Er-emitani del vicino convento di Sant’Agostino.

12 Dall’Inventario c. s.: «Monastero di San Pietro Martire delle Canonichesse Lateranensi. Accettazioni, vestizioni, professioni ed altri atti dal 1539 al 1650 f. n. 55, dal 1651 al 1680 f. n. 56, dal 1681 al 1730 f. n. 57, dal 1731 al 1783 f. n. 58. Nota: soppresse nel 1783 passa-rono nel monastero di Sant’Ilario e nel 1789 a quello della Misericordia, vedi dopo tali epo-che i monasteri suddetti».

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All’inizio del XVIII secolo il Sant’Ilario ospitava 50 suore professe e 18 converse, le quali per ampliare il convento acquistarono la chiesa ed i fabbri-cati di San Leonardo, presso Porta Castello. Nel 1783, per ordine ducale, le Agostiniane dovettero ospitare le 36 Canonichesse qui traslate dal San Pietro Martire, poi, partite quelle per sistemarsi nel locale della Misericordia, il 20 giugno 1798 ricoverarono le Carmelitane «Bianche» espulse dal loro conven-to di Via Campomarzio per l’improvviso arrivo di tremila (!) soldati france-si. Infine il 3 novembre dello stesso anno 1798 i giacobini reggiani soppresse-ro anche il Sant’Ilario, che restò chiuso fino alla fine del periodo napoleonico. Solamente nell’agosto del 1816 le suore rientrarono in possesso del loro con-vento che riprese a vivere ospitando anche un educandato femminile.

Nel 1885 trovarono ospitalità al Sant’Ilario anche le Suore Mantellate dei Servi di Maria, che poi si trasferirono a Montecchio al Santuario della Madon-na dell’Olmo. Oppresse dalle leggi eversive del 1866 e dall’amministrazione anticlericale del Comune, le suore Agostiniane, rimaste solo in dieci, abban-donarono il monastero nel 1901 e si ritirarono come ospiti a Montecchio ove la comunità si spense 13.

E - Suore dell’ordine Carmelitano

Le Carmelitane Bianche della beata Giovanna Scopelli

Il primo convento di Carmelitane è sorto in Reggio per iniziativa d’una giovane devota, Giovanna Scopelli, nata in città nel 1439 da una famiglia modesta ma benestante. Decima fra dodici fratelli, di cui solo sei raggiunsero la maturità, la Scopelli fin dall’infanzia sentì una forte vocazione per la vita religiosa. Il padre Simone e vari parenti esercitavano il mestiere di macellai (beccai), e ciò consentiva loro una discreta agiatezza, come risulta da rogiti per acquisti di case e dal testamento col quale il genitore fece lasciti di cento

13 Dall’Inventario c. s.: «Monastero di Sant’Ilario in Reggio, delle monache Agostiniane Os-servanti. Esami, licenze di vestizione, di professione, cariche ed atti diversi dal 1544 al 1650 f. n. 30, dal 1651 al 1680 f. n. 31, dal 1681 al 1730 f. n. 32, dal 1731 al 1760 contiene due re-gistri di capitoli per le educande, vestizioni, professioni e morti (dal 1641 al 1779) f. n. 33, lo stesso dal 1761 al 1770 con copia manoscritta e varie copie a stampa delle costituzioni del 1769 f. n. 34, lo stesso dal 1771 al 1796 con memoria sulla soppressione del convento nel-la sera del 27 ottobre 1798 f. n. 35, Costituzioni del 1816 dopo la riapertura del monastero, atti sulla contestazione del Mei, certificati diversi, esami, permessi di vestizioni, professione e cariche f. n. 36, Soppressione italica (1866?). Per i rapporti fra le Agostiniane e le Mantel-late (Serve di Maria) nel 1826 vedi f. n. 89».

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lire, cifra allora notevole, per ciascuna delle quattro figlie. L’essere cresciu-ta in una casa di commercianti diede alla giovane una notevole esperienza di vita economica, che l’aiutò nella fondazione del convento, senza però distrar-la dalla sua vocazione. Aveva scelto come direttori spirituali i Carmelitani «Mantovani»: essi la sostennero nel suo proposito accogliendola nel loro or-dine dapprima come terziaria, ossia «mantellata» con voti semplici, continu-ando però a vivere in famiglia. Alla morte dei genitori rinunciò all’eredità in favore delle sue sorelle e si ritirò in preghiera e penitenza presso un’amica che condivideva il suo ideale. Successivamente, tra il 1480 e il 1484, fu accolta dalla vedova Isabetta de’ Castelli, che desiderava farsi monaca insieme con le sue due figlie. Nel 1485, con l’aiuto dell’abate e vescovo Filippo Zoboli, ac-quistò dagli Umiliati la chiesetta di San Bernardo con canonica e orto posta in Via Campomarzio (area ora occupata dalla Palazzina Terrachini). Qui si sta-bilirono le cinque monache, le quali, portando un mantello bianco sul saio e scapolare marrone, vennero chiamate le «Bianche», o «Albe».

La chiesetta venne ricostruita e fu intitolata a Santa Maria del Popolo. Ben presto la comunità raggiunse il numero di 22 religiose, a cui nel 1487 il capitolo della congregazione assegnò come confessore padre Giacomo da Palazzolo, e nel 1490 padre Angelo da Chiavari. Cinque anni dopo l’erezione del convento, la priora e fondatrice morì in odore di santità il 9 luglio 1491, assistita dal vescovo Bonfrancesco Arlotti. Il fiorire di grazie e prodigi, dopo la morte della Scopelli, indussero il vescovo ad intraprendere il processo per la sua beatificazione e il 1° dicembre 1492 ne autorizzò il culto, dichiarando-la beata. Dopo il decreto di papa Urbano VIII del 1625 circa il culto dei santi e beati non confermati dalla Santa Sede, l’ordine carmelitano iniziò un nuovo processo che si concluse favorevolmente il 29 settembre 1771.

Il governo giacobino cacciò le suore Bianche dal loro convento il 20 gi-ugno 1798 per accasermarvi truppe francesi, poi vendette il complesso ai Bo-lognini che demolirono la chiesa e adattarono il resto ad abitazioni private. La spoglia della beata fu portata in Cattedrale, ove si venera tuttora nella Cappel-la Rangone. Le monache Bianche furono ospitate dalle Agostiniane di Sant’ Ilario fino alla totale soppressione degli istituti religiosi del 1810 14.

14 Dall’Inventario c. s.: «Convento delle Monache di Santa Maria del Popolo (conosciute come «le Bianche»), già esistenti in Reggio. Carte delle accettazioni, vestizioni, professioni e cariche dal 1553 al 1630 f. n. 49, dal 1631 al 1690 f. n. 50, Libro delle congregazioni dal 1619 al 1679 f. n. 51, carte dal 1691 al 1720 f. n. 52, dal 1761 al 1796 con libro di entrate e spese dal 1652 al 1693 con altro portante acquisti, censi, fabbriche dal 1657 al 1729 f. n. 54».

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Le Carmelitane Scalze

Dopo l’insediamento a Reggio dei Carmelitani Scalzi nel 1685 la duches-sa Laura Martinozzi volle fondare anche un monastero femminile dello stesso ordine, che venne costruito nei pressi della Cittadella con una chiesa dedica-ta allo Sposalizio della Beata Vergine. Fu dotato dalla fondatrice con beni che davano una rendita di 4.000 scudi romani, come prescritto dalla Sacra Con-gregazione dei Religiosi. Il 26 maggio 1689 due cortei di carrozze ducali par-tirono da Modena e da Piacenza portando dai conventi delle due città alcune suore «professe» e quattro «novizie» di nobili famiglie per dar vita alla nuova comunità. Questo monastero fu favorito anche dalla duchessa Carlotta Aglae, moglie di Francesco III, che morì a Parigi il 19 gennaio 1761. Per sua volo-ntà dalla salma furono estratti i precordi e portati a Reggio nella chiesa delle «Scalze», da qui nel 1783 trasferiti al monastero del Corpus Domini.

Il 15 marzo 1783 anche le Scalze furono costrette a lasciare il loro con-vento e si unirono al Carmelo di Modena. Il loro locale fu assegnato al «Con-servatorio delle putte», o Zitelle della Immacolata Concezione. Queste re-ligiose insegnavano gratuitamente alle ragazze povere e la loro scuola nel 1910 fu resa comunale per le Scuole Elementari. Queste scuole per decen-ni vennero chiamate «della Concezione». Ora l’antico edificio, di cui rimane uno scalone settecentesco, è sede dell’Istituto d’Arte «Gaetano Chierici» 15.

Bibliografia

Per il carattere divulgativo di questo lavoro si indicano le pubblicazioni e gli scritti più utilizzati nella compilazione.

AGosti G. e BorziAni BondAvAlli G., Beata Giovanna Scopelli, Reggio Emil-ia 2006.

BAlletti A., Storia di Reggio nell’Emilia, Reggio Emilia 1925 (rist. anast., Roma 1968).

d’AMAto A., L’Ordine dei Predicatori, Roma 1983.id., I Domenicani a Bologna, Bologna 1988.Enciclopedia Cattolica, voll. 1-12, Città del Vaticano 1949, alle voci.iriArte L., Storia del francescanesimo, Napoli 1982.lindner C., La riforma del Monastero di Santa Chiara in Reggio Emilia da

S. Ignazio a S. Carlo Borromeo, «Atti e memorie della Deputazione di

15 Dall’Inventario c. s.: «Monastero di Santa Teresa delle Carmelitane Scalze in Reggio. Li-cenze per vestizioni, professioni, facoltà, nomine delle priore dal 1689 al 1783 f. n. 7».

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storia patria per le antiche provincie modenesi», s. IX, vol. II (1962), pp. 96-114.

Monducci E. e nironi V., Arte e storia nelle chiese reggiane scomparse, Reg-gio Emilia 1976.

PiGnAGnoli W. e zAGni A., San Bernardino da Siena a Reggio, Carpi e Guastalla, Brescia 1980.

roccA G., Storie di Reggio, estratto di P. FontAnesi, ms. presso la Biblioteca Municipale «A. Panizzi».

id., Diari Sacri, Reggio 1825-1829.roMBAldi O., Hospitale Sanctae Mariae Novae, Reggio Emilia 1965.id., Saggi sui monasteri di San Prospero, San Tommaso, San Raffaele.sAccAni G., I vescovi di Reggio: cronotassi, Reggio Emilia 1902.id., Opuscoli francescani, Reggio Emilia, 1921 e 1927.id., Schedario, ms.: Sezioni Franciscalia, Monasteri e Conventi.sAliMBene dA PArMA, Cronaca, traduzione di B. Rossi, Bologna 1987.scurAni P., Le chiese di Reggio Emilia, voll. 1-5, ms. presso l’Archivio Vesco-

vile di Reggio Emilia.id., La chiesa di Sant’Agostino di Reggio Emilia, Reggio Emilia 1922.tincAni A., Il monastero di San Tommaso di Reggio, Reggio Emilia 2002.

Ringrazio la signora professoressa Ester Ficarelli Agosti e l’amico Ar-naldo Tincani per l’aiuto e i consigli dati.

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Enrico Angiolini

L’archivio del monastero di Santa Chiara di Carpi

La storia spirituale, culturale e materiale del monastero delle Clarisse di Santa Chiara di Carpi, fondato da Camilla Pio († 1504), è stata oggetto, nei tempi più recenti, di un ampio ventaglio di studi, con la biografia della fondatri-ce curata da Mariafiamma Faberi, Camilla Pio contemplativa in azione 1, e con i due fondamentali volumi di Saggi 2 e di Fonti 3 su Le Clarisse in Carpi, edi-ti a cura di Gabriella Zarri e di Anna Maria Ori. Qui si ricorderà soltanto come, dopo che Camilla Pio, esponente di rilievo della famiglia principesca di Carpi, ne promosse la costruzione dal 1490-1491, vi entrò come professa a sessanta anni di età nel 1500 e ne costituì il patrimonio con i suoi cospicui beni, questo monastero diventò un importante centro spirituale e caritativo come pure una delle sedi predilette dalle famiglie nobili modenesi – compresi gli Estensi – per avviare alla monacazione le loro figlie. Pur avendo subito ben due soppressio-ni, quella rivoluzionaria del 1798 e quella postunitaria del 1866, le Clarisse di Carpi riuscirono sempre tenacemente a rifondare il loro monastero e a salva-guardare la maggior parte del loro patrimonio librario e documentario.

Infatti l’archivio delle Clarisse di Carpi è un esempio manifesto di come non ci si debba appiattire sull’opinione che le soppressioni giurisdizionaliste, rivoluzionario-napoleoniche ed eversive postunitarie degli enti religiosi ab-biano condotto senza eccezioni all’indemaniazione di tutte le carte e le per-gamene possedute dalle confraternite e dalle case di regolari: le lacune nel-l’azione dei nuovi governi e la possibilità di trovare ospitalità e connivenza all’occultamento delle documentazioni presso il clero secolare e i privati han-no consentito che molto rimanesse in mani ecclesiastiche e potesse ritornare alle case regolari quando, in seguito, vennero ripristinate.

Se sicuramente anche presso il monastero di Santa Chiara di Carpi la se-dimentazione della documentazione fu interrotta dall’indemaniazione di una parte della carte, che ora si conservano presso l’Archivio di Stato di Mode-na 4, ciò non di meno l’archivio nel suo complesso è rimasto un cospicuo in-

1 M. FAbEri, Camilla Pio contemplativa in azione, Perugia 2001.2 Le Clarisse in Carpi. Cinque secoli di storia (XVI-XX). Volume primo. Saggi, a cura di G. ZArri, Reggio Emilia 2003.3 Le Clarisse in Carpi. Cinque secoli di storia (XVI-XX). Volume secondo. Fonti, a cura di A. M. ori, Reggio Emilia 2003.4 Cfr. Guida generale degli Archivi di Stato italiani, II, Roma 1983, p. 1071.

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sieme che nel corso dell’anno 2006, grazie al finanziamento riconosciuto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali alla Soprintendenza Archivistica per l’Emilia Romagna, è stato oggetto – ad opera di chi scrive – di inventaria-zione analitica condotta sulla base dei correnti standard internazionali di de-scrizione archivistica 5. Va da sé che in tale occasione l’intervento si è limi-tato all’archivio propriamente storico, con esclusione della documentazione costituente l’archivio «corrente» del monastero nel termine cronologico più esteso, cioè del settantennio dall’oggi. Grazie poi all’impegno scientifico del-l’Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali della Regione Emilia-Ro-magna, che ha promosso la catalogazione della ricca biblioteca posseduta dal monastero affidandola all’esperta cura di Zita Zanardi, è stato possibile giun-gere alla pubblicazione congiunta del catalogo della biblioteca e dell’inventa-rio dell’archivio conservati pressi il monastero, corredata anche di saggi stori-ci di Anna Maria Ori e di Gabriella Zarri, nonché dell’edizione dei documen-ti più rilevanti a cura di Simona Busani 6.

La consistenza e la struttura dell’archivio, descritta analiticamente nel-l’inventario in questione, è risultata essere la seguente 7:

Archivio storico del monastero di Santa Chiara di Carpi1443 ottobre 11 - 2005 aprile 16...bb. 5 (con pergg. 29), vol. 1, regg. 15, fascc. 8, pari a 2 m. l.

Costituzioni e regolamenti, 1637 - 1954 e s. d., vol. 1, reg. 1, fascc. 2Documenti membranacei, 1443 ottobre 11 - 1579 dicembre 19, pergg. 27 in bb. 2 Documenti cartacei, 1460 novembre 28 - 1866 agosto 5, fascc. 90, con pergg. 2, in b. 1 Miscellanea d’amministrazione, 1748 - 1868, b. 1Lettere delle monache, 1609 novembre 27 - 1840 e s. d., b. 1Indulgenze, privilegi e facoltà, 1612 ottobre 21 - 1874 marzo 12, fasc. 1Cataloghi delle reliquie, S. d. [ma post 1798 novembre 12], fasc. 1Vestizioni, professioni e morti, 1684 febbraio 13 - 2005 aprile 16..., regg. 6Approvazioni di vestizioni e professioni, 1819 dicembre 9 - 1966 agosto 12, regg. 2Memoriali, 1546 dicembre 28 - 2000, b. 1, regg. 6, fascc. 4

5 Per cui cfr. ora: ISAD(G): General International Standard Archival Description. Second Edition, «Rassegna degli Archivi di Stato», a. LXIII - n. 1 (gen./apr. 2003), pp. 59-190.6 Il monastero di Santa Chiara in Carpi. Le carte e i libri, a cura di E. Angiolini e Z. ZAnAr-di, Bologna 2007 (Istituto per i Beni Artisti Culturali e Naturali della Regione Emilia-Roma-gna, Soprintendenza per i beni librari e documentari, Emilia Romagna Biblioteche Archivi, 64).7 E. Angiolini, L’archivio storico e il suo inventario, in Il monastero di Santa Chiara in Car-pi..., cit., pp. 21-47.

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Particolare rilevanza hanno qui naturalmente le serie delle Costituzioni e regolamenti, contenenti le fonti normative generali e particolari definite nel corso del tempo per regolare la vita comune delle monache, come anche i Do-cumenti membranacei e i Documenti cartacei, il caratteristico thesaurus dei documenti di memoria e di garanzia per i diritti ed i privilegi del monastero, per la gestione dei suoi beni immobili e per le donazioni testamentarie ed i la-sciti pii compiuti a suo favore; ma soprattutto i Memoriali, già definiti il vero «cuore» spirituale dell’archivio 8, in cui si trovano i «Campioni» che traman-dano gli eventi più significativi della vita della comunità monastica delle Cla-risse carpigiane.

Dopo di ciò, rimaneva da dar conto di quella «quota» dell’archivio di Santa Chiara di Carpi che, indemaniato insieme ai beni mobili e immobili del monastero all’atto della prima soppressione, quella rivoluzionaria compiu-ta nel 1798, è poi appunto confluito a far parte dell’odierno fondo delle Sop-pressioni napoleoniche presso l’Archivio di Stato di Modena 9; l’inventario analitico di questi documenti sarà oggetto a breve termine di pubblicazione in separata sede sempre ad opera di chi scrive 10. Tali carte, che sono una ma-nifesta espressione dei criteri di «selezione» della documentazione propri dei funzionari del Demanio del nuovo potere statale, interessati a tenere in vista soprattutto la delimitazione e la gestione del patrimonio immobiliare dei beni che venivamo indemaniati, sono perciò principalmente costituite da rogiti an-cora riconoscibili come estratti dalle «Filze di istrumenti» con segnature alfa-betiche di cui tanta parte si reperisce ancora nell’archivio tuttora conservato a Carpi, e a cui si possono riconnettere attraverso affascinanti – per quanto for-zatamente virtuali – riordini.

L’archivio del monastero di Santa Chiara di Carpi, nelle sue diverse sedi e consistenze, è quindi tuttora una delle più alte testimonianze della continui-tà di fede e di devozione delle monache di Santa Chiara di Carpi, che con pie-na consapevolezza si applicano alla difesa e alla valorizzazione di questo pa-trimonio: a tutte le Sorelle Clarisse carpigiane vanno perciò i più sentiti rin-graziamenti.

8 Ibidem, p. 41.9 Archivio di StAto di ModEnA, Corporazioni religiose, Soppressioni napoleoniche, Santa Chiara di Carpi, 2111-2126 (filze 7 - con regg. 9 e fascc. 308, contenenti pergg. 21 -, regg. 9). Cfr.: Guida generale degli Archivi di Stato italiani..., cit., p. 1071.10 E. Angiolini, Le carte del monastero di Santa Chiara di Carpi nel fondo delle Soppressio-ni napoleoniche presso l’Archivio di Stato di Modena, «Pagani e Cristiani. Forme ed attesta-zioni di religiosità del mondo antico in Emilia», vol. VI (2007), in corso di stampa.

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Mariagiulia Sandonà

Gli inventari di soppressione dei beni mobili di Santa Chiara in Carpiin epoche napoleonica e sabauda 1

Le soppressioni degli ordini religiosi

Nel lungo excursus storico della vita del monastero di Santa Chiara in Carpi si apre un capitolo doloroso: quello delle soppressioni degli ordini reli-giosi. È stato possibile esaminare attraverso i documenti alcune delle conse-guenze di tale fenomeno repressivo sul piano delle trasformazioni e della rior-ganizzazione della comunità monastica. In particolare, sono stati studiati gli Inventari dei beni mobili delle soppressioni napoleonica e sabauda conserva-ti nell’archivio del monastero.

È noto che nel corso di tutto il Settecento gli interventi a danno della Chiesa cattolica furono più di uno ad opera dei sovrani e dei loro governi, in-tenzionati a smantellare i secolari privilegi di cui ancora godeva: dal diritto di asilo, al foro ecclesiastico, alle esenzioni fiscali. Il colpo più duro venne inflit-to dal governo napoleonico, con il quale si arrivò alla generale soppressione degli ordini religiosi, delle parrocchie, delle confraternite in genere.

Nei domini estensi, i provvedimenti antimonastici furono adottati già da Francesco III (1737-1780), tra i quali il divieto imposto alla costruzione di edifici di culto, cappelle e oratori, con l’ordine di rimozione delle immagi-ni sacre e votive dalle pubbliche strade, affidati all’azione di controllo della Giunta di Giurisdizione Sovrana, già «Congregazione degli affari ecclesiasti-ci e misti». Volta alla difesa della potestà sovrana contro le invadenze eccle-siastiche, la Giunta di Giurisdizione sovrana agiva in qualità di organo di con-trollo con pieni poteri sul clero regolare e secolare (Tabella 1).

Questo atteggiamento di chiaro spessore anticlericale viene ripreso da Ercole III (1780-1796), con la regolamentazione delle processioni e delle ro-gazioni, il divieto del suono delle campane, la soppressione di alcune festivi-tà solenni. Le conseguenze di queste misure repressive non tardarono a mani-festarsi in tutto lo Stato estense. Tragici furono gli esiti a danno di numerose

* Relativamente alla tematica del presente intervento, rimando alla pubblicazione che in al-cuni passaggi citerò quasi integralmente: M. Sandonà, Dalle soppressioni alla ricostituzione dell’ordine (secc. XVIII-XIX), in Le Clarisse in Carpi. Cinque secoli di storia XVI-XX. Volu-me primo. Saggi, a cura di G. Zarri, Reggio Emilia 2003, pp. 393-430.

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comunità monastiche il cui destino fu generalmente quello di passare al cle-ro secolare e dedicarsi alla cura pastorale o all’insegnamento. Non mancaro-no casi di abbandono e altrettanto gravi furono le conseguenze per l’intera co-munità civile, che dovette affrontare l’emergenza dei frequenti affollamenti di poveri e assistiti a seguito della chiusura degli istituiti religiosi.

Nell’Ottocento, la Restaurazione estense dimostrò grande disponibilità nei confronti degli enti ecclesiastici. Francesco IV fautore della ripristina-zione del monastero di Santa Chiara viene celebrato come «sagace nocchie-ro che dopo la procella rimette sollecito le antenne spezzate, le vele infran-te e tutto ricompone il percosso naviglio» 2. Spinto, probabilmente, più dal-la volontà di riconquistarsi la benevolenza dei sudditi che da dichiarati inten-ti religiosi, il duca dà prova della sua generosità anche nei confronti del mo-nastero carpigiano.

Successive nuove leggi di soppressione del 1855 nel Regno Sardo, estese a tutta la penisola tra il 1866 e il 1873, inflissero un colpo durissimo agli isti-tuti, monasteri e congregazioni (25.000 enti ecclesiastici distribuiti sul suo-lo nazionale), che subirono così la terza o la quarta soppressione in meno di un secolo.

Le conseguenze sul piano delle trasformazioni e della riorganizzazio-ne del monastero di Santa Chiara, unitamente alle numerose spoliazioni degli edifici sacri e dei patrimoni ecclesiastici cittadini all’arrivo dei francesi a Car-pi nel maggio del 1796, sono narrate dallo storico carpigiano Giuseppe Sal-tini. La legge napoleonica concedeva ai consacrati di restare nei conventi pa-gando un regolare affitto. Nel capoluogo di ogni Dipartimento saranno desti-nati uno o due conventi rimasti vuoti, dove le monache secolarizzate poterono trovare alloggio a condizione che non avessero alcuna forma di corporazione, «né clausura, parlatori, rote o grate e vi vivano come una famiglia» 3.

Il 2 novembre 1798 fu soppressa la comunità religiosa di Santa Chia-ra che annoverava 18 monache dell’Ordine dei «Servi di Maria» provenien-ti dal locale monastero di San Sebastiano avvenuta il 30 giugno 1798 e altre provenienti dal monastero della «Misericordia» di Reggio Emilia, soppresso il 12 giugno 1783. Oltre alla perdita di un enorme patrimonio fondiario e im-mobiliare, ve ne era uno mobiliare rappresentato dalle opere d’arte, dagli ar-redi sacri, dal patrimonio librario, come risulta dagli Inventari di soppressio-ne, la fonte principale per comprendere il mutamento degli aspetti della vita comunitaria (Tabella 2).

2 archivio Storico coMunale di carpi (= ASCC), Archivio Guaitoli, b. 1 9/6, cc. 23-27. Al-locuzione recitata da Monsignore Canonico Bonaventura Bernardi, Carpi, 4 ottobre 1817. 3 ASCC, Stampe, 1797, Estratto de’ Registri del Direttorio Esecutivo. Seduta del 27 Prati-le Anno VI.

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Al momento della ricostituzione dell’ordine, nel 1817, sono presenti 22 monache provenienti da ben 8 ordini religiosi e fu prioritaria l’accettazione della Regola, primo fra tutti il capitolo dell’osservanza della clausura, che as-sicurava un ruolo protettivo e garantiva una funzione cautelativa, seguita dal-la regolamentazione della vita comunitaria documentata nelle serie dei «Re-golamenti», «Capitoli», «Ufficiature» conservati nell’archivio del monaste-ro.

Francesco Benincasa, primo vescovo della diocesi di Carpi, trovò con-veniente imporre la Regola e l’abito di Santa Chiara a tutte le monache, «pur concedendo a ciascuna nell’interno del proprio cuore, anche sotto l’abito di santa Chiara di venerare la loro particolare Fondatrice e Madre. Poverette, ciascuna ama la propria madre e i consigli di quella, piuttosto che quella e quelli di un’altra!» 4.

Quello che seguì alla ripristinazione dell’ordine fu un lungo periodo di assestamento, caratterizzato dall’impegno della chiesa nel contrastare il pro-gressivo processo di secolarizzazione della società, rappresentato dal ruolo educativo tradizionalmente vantato e dalle manifestazioni della devozione popolare. È noto che le leggi di soppressione napoleoniche esentavano le isti-tuzioni religiose che svolgevano un servizio utile alla società, esercitando una spinta a favore dell’impegno sociale esterno delle religiose.

Si è riflettuto sul probabile ruolo educativo svolto dalle Clarisse a Carpi. Ad oggi, manca una documentazione attestante l’istituzione e la conduzione di un educandato nel monastero di Santa Chiara, inteso come luogo separa-to dalla clausura. All’esame della Sacra Congregazione è pervenuta la richie-sta avanzata dal monastero di Santa Chiara di Carpi nel 1742 di accettare ca-pitolarmene con votazione segreta le educande, nel pieno rispetto della Re-gola. Tra gli spazi censiti nel 1797 si menziona una «prima camera dell’Edu-candato» e nel successivo Inventario del 1866 si attesta la presenza di un tea-tro, che fu ad uso delle educande all’interno del monastero. È documentata la permanenza delle contessine Maria e Maddalena Bonasi in qualità di educan-de nel monastero carpigiano, dal 1784 al 1796. Resta difficile, tuttavia, distin-guere nella fattispecie tra educanda e professa «senza voto di castità, obbligo

4 archivio del MonaStero di Santa chiara carpi (= AMSCC), b. 8, fasc. 1/3 (vecchia se-gnatura; ora: AMSCC, Memoriali, 10, per cui cfr.: E. angiolini, L’archivio storico e il suo inventario, in Il monastero di Santa Chiara in Carpi. Le carte e i libri, a cura di E. angioli-ni e Z. Zanardi, Bologna 2007 (Istituto per i Beni Artisti Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna, Soprintendenza per i beni librari e documentari, Emilia Romagna Biblio-teche Archivi, 64), pp. 21-47, a p. 43): E. MuZZioli, Brevi notizie storiche riguardanti la co-munità delle Monache Clarisse di Carpi, 17 gennaio 1952 (ds. dall’originale di suor Ancil-la D’Altan).

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di clausura, e perfetta obbedienza, né distinzione di vestito». È probabile che alcune di queste giovani educande fossero piuttosto serventi accettanda gra-tis, come imponeva l’autorità civile in un decreto del 3 ottobre 1782 5.

Gli inventari di soppressione

L’Inventario del Mobilare del Convento di Santa Chiara di Carpi del 1797 fu redatto nell’arco di otto giornate, dal 19 al 27 ottobre, circa un anno prima della soppressione del monastero avvenuta il 12 novembre 1798. Il do-cumento manoscritto si presenta rilegato a registro cartaceo, di carte 45 scritte recto e verso, senza indicazioni di pagine, vergato da un’unica mano a inchio-stro nero, in una grafia nitida molto accurata, armoniosa e regolare 6.

Rispondente a ragioni prevalentemente patrimoniali ed amministrative, l’Inventario riporta tutte le registrazioni accompagnate dalla nota di apertura e chiusura degli estensori, il notaio Giulio Cesare Ferrari, assistito da Giusep-pe Meloni e dal canonico Bernardino Papotti.

È ipotizzabile che il documento fungesse da atto preparatorio alla com-pilazione dell’Inventario Generale del soppresso Monastero di Santa Chiara in Carpi del 1798 e registra, unitamente ai beni mobili presenti nel monastero prima delle spoliazioni francesi, l’elenco dei documenti conservati nell’archi-vio del monastero al momento della sua compilazione (dal n. 1638 al n. 1757, pp. 130-189); alla carta 191v, Epilogo de’ Beni Stabili di sta soppressa corpo-razione, un elenco delle possessioni escluse le rendite degli immobili 7.

5 archivio di Stato di Modena (= aSMo), Archivio napoleonico, Corporazioni soppresse, n. 2118: Santa Chiara di Carpi, Dozena per le educande (1782-1798).6 Per una trascrizione degli inventari si rimanda alla citata pubblicazione: Inventari di sop-pressione, Trascrizione di M. Sandonà, in Le Clarisse in Carpi. Cinque secoli di storia XVI-XX. Volume secondo. Fonti, a cura di A. M. ori, Reggio Emilia 2003, pp. 169-236. aMScc, b. 3, fasc. 3, n. 30 (vecchia segnatura; ora: AMSCC, Documenti cartacei, 77, per cui cfr.: an-giolini, L’archivio storico e il suo inventario..., cit., p. 37): Copia dell’Inventario del Mobila-re rag[ion]e del Convento di S. Chiara di Carpi, ms., s. i. pp., 19 ottobre 1797.7 aSMo, Archivio napoleonico, Corporazioni soppresse, n. 2126: Inventario Generale del soppresso Monastero di Santa Chiara in Carpi, 1798. «Questo giorno 27 Frimale anno VII Repubblicano [...] si è dato principio all’Inventario di S. Chiara di Carpi coll’incominciare dalla descrizione dei fondi stabili per poscia passare a quella dei Mobili allorché sarà evacua-to il Monastero». Il documento ha la consistenza di pp. 1-191, scritte su recto e verso, di cui 3 bianche, per un totale di 1757 voci, suddivise in XXV paragrafi; si presenta nel formato re-gistro rilegato in cartone, ed è vergato dalla stessa mano in inchiostro chiaro leggibile.

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Non compaiono descritti i beni privati delle monache, i generi alimenta-ri ed i capi di bestiame. Sulle possessioni del monastero così come sono state descritte nelle Stime Nuove dell’estimo degli ecclesiastici del 1751, rimando al saggio di Dora Anna Barelli pubblicato all’interno della già ricordata ope-ra su Le Clarisse in Carpi 8.

Di particolare interesse sono le descrizioni degli arredi sacri e degli og-getti di culto, per i quali si indicano le rappresentazioni e dedicazioni, la fat-tura, i materiali, la stima ed il valore, accompagnati dalla voce «antico» 9. Il censimento del vasto patrimonio mobiliare, unitamente a quello documenta-rio e librario, 122 titoli di libri di argomento sacro e agiografico presenti in più tomi per un totale di 186 unità, testimonia la ricchezza e il prestigio che ha ricevuto nei secoli il monastero di Santa Chiara di Carpi, e rende ancor più evidenti le perdite subite. Molti lavori di arricchimento dell’arredamento, del-la chiesa esterna e del monastero risultano corrisposti direttamente da alcune monache benefattrici, che vi fanno fronte con denari propri (Tabella 3).

Il documento funziona, anche, da inventario topografico dell’intero com-plesso monastico, utile per la ricostruzione storico-urbanistica, oltre che co-noscitiva, del monastero prima delle trasformazioni. La mancanza di preci-si elementi documentari non permette, ad oggi, di recuperare con certezza la consistenza originaria del monastero al momento della sua costruzione, che pur è identificabile nelle parti strutturali, ma che porta i segni di vistosi am-pliamenti, adattamenti, demolizioni succedutesi nel tempo, fino ai più recen-ti interventi.

L’aumento della popolazione monastica, a partire dagli inizi del secolo XVII, determinò la necessità di provvedere alle prime definitive trasforma-zioni al nucleo originario, con la chiesa interna dotata di un nuovo coro, strut-tura di primaria importanza per le liturgie comunitarie, tuttora conservato nel-la sua originaria integrità, e le trasformazioni dell’area adibita ad appartamen-to della principessa suor Angela Caterina d’Este. Sono ancora oggi visibili i segni dell’abbellimento dell’edificio, oltre all’ampliamento, verso Nord, dei giardini e orti di pertinenza della clausura 10.

8 Una fonte indiretta: le possessioni delle monache di Santa Chiara di Carpi nelle Stime Nuove dei beni Ecclesiastici del 1751, a cura di D. A. Barelli, in Le Clarisse in Carpi. Cin-que secoli di storia XVI-XX. Volume secondo..., cit., pp. 129-167.9 aScc, 1798. Dal 1° maggio al 9 giugno, n. 383. l’Inventario degli Argenti di ragione del Monastero di S. Chiara.10 aSMo, Mappario Estense, Fabbriche, nn. 17-18. 17: Pianta del convento delle monache (di S. Chiara) di Carpi. Pianta del piano terreno e del primo piano, e pianta del terzo e quarto piano di una parte del fabbricato. S. a, s. d. (ma sec. XVII); 18: Fabrica per la signora prin-

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Il piano terra risulta quasi tutto destinato alle necessità della vita quo-tidiana, e il lungo elenco dei beni censiti all’interno delle singole pertinen-ze conferma un utilizzo degli spazi estremamente articolato: Orto grande, Ufficio delle Portinare, Camera dei Serventi, Camera della Rota, Noviziato, Claustro superiore, Scaldatorio, Fienile, Stalla, Torre. Sono descritti gli ar-redi relativi ai luoghi adibiti alle mansioni d’uso quotidiano, come: Lavatoio, Camera del Pane, Camera del Forno, Camera della Dispensa, Cantine, Cu-cina della Canevara, Tinazzara, Fassinara, Distilatojo, Bugadara, Granaio, Spezieria, Magazzeno dei Legnami; così come i beni necessari allo svolgi-mento della vita spirituale, gli arredi sacri e le suppellettili presenti in: Sagri-stie, Camerino del Confessionario, Camera detta della Madonna, Cappella dell’Orto detta della Beata Vergine di San Luca, Oratorio detto della Croce, Altare di Santa Chiara, Altare della Madonna del Rosario, dove si annovera la presenza di numerose opere d’arte descritte da Alfonso Garuti 11.

Sul chiostro originario, fulcro e centro della vita comunitaria, insisto-no gli spazi utilizzati per la vita collettiva: Chiesa interna o coro, Refettorio, Parlatori, Sala capitolare, Prima camera dell’Educandato; sul piano del log-giato superiore sono i Dormitori, l’Infermeria, i Laboratori.

Unitamente alle singole partizioni presenti nel monastero, sono censi-te le proprietà adiacenti: l’Appartamento dell’Abbadessa, la Casa annessa al Convento, la Casa del Servente, la Casa dell’Ortolano e la lontana possessio-ne detta la Cassina 12.

Analogamente alla varietà dei luoghi, compaiono descritte tipologie di oggetti rappresentativi dei vari momenti della vita all’interno del monastero; dalle masserizie agli attrezzi da lavoro, dagli arredi sacri e oggetti di culto ai libri di devozione. Alcuni esempi dell’attrezzatura, in dotazione al monaste-ro, oggi scomparsa, colpiscono il lettore per la loro curiosità: una cassetta per le vipere, censita nella Spezieria, numerosi vetri e boccaline di terra cotta ad uso di distillare, una macchina [...] con ruota che serve per radere il pane,

cipessa Monica in S. Chiara de Carppe. Pianta del pian terreno, del primo, del secondo pia-no. S. a, s. d. (sec. XVI, ma XVII). 11 a. garuti, Lo sviluppo architettonico e le vicende artistiche del monastero, in Le Clarisse in Carpi. Cinque secoli di storia XVI-XX. Volume primo..., cit., pp. 95-149.12 Sulla proprietà della Cassina si veda il saggio di D. A. Barelli, I beni immobili e la pro-prietà fondiaria fino alla soppressione, in Le Clarisse in Carpi. Cinque secoli di storia XVI-XX. Volume primo..., cit., pp. 355-389. A testimonianza dell’enorme patrimonio fondiario di proprietà del monastero, si veda: Epilogo de’ beni stabili di q[ues]ta sopressa Corporazione, in: ASMo, Archivio napoleonico, Corporazioni soppresse, n. 2126; Inventario Generale del soppresso Monastero di Santa Chiara in Carpi, 1798, p. 191.

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una mulinella da filar la lana, una macchina con grande ruota per tirar su i sacchi nel granaio, il crivello da passare la China.

Le leggi di soppressione degli ordini religiosi del 1866 imposero un nuo-vo Inventario di tutti i beni mobili e degli oggetti diversi di ragione e pro-prietà delle Monache Clarisse di Carpi al fine del loro incameramento stata-le 13. Non più rispondenti ad un criterio topografico, i beni e gli oggetti sono raggruppati e descritti per tipologie e l’Inventario manoscritto fotografa ciò che rimane di un patrimonio mobiliare molto esiguo, la maggior parte in pre-cario stato di conservazione. Sono elencate 338 registrazioni, con l’aggiun-ta di 34 voci relative a «Ciò che trovasi attualmente nella Chiesa esterna, Sa-grestia, e Camere attigue», contro le 1757 presenti nel censimento napoleo-nico del 1798 14.

Il monastero ripristinato nel 1817 non rientrò in possesso né dei suoi beni immobili, né dell’intera area precedentemente di pertinenza, che subì pesan-ti trasformazioni nel corso del secolo XIX: ricovero per indigenti, locali sco-lastici, alloggi militari, con la cessione infine dell’immobile al Municipio di Carpi 15.

L’Avvertenza conclusiva all’Inventario descrive le condizioni di vita in cui versa la comunità ridotta nel numero e costituita, prevalentemente, da una popolazione anziana, non più in grado di garantire l’integrità delle doti mona-stiche, tanto da rendere necessaria da parte degli estensori una giustificazione relativa alla scarsità dei beni riscontrati nel documento.

L’indice delle sostanze mobili pertinenti al Monastero registra nume-rosi pezzi di biancheria da letto, da cucina, e da tavola, mobili di ogni gene-re e qualità, utensili di Cantina, Bucataja, Cucina, suddivisi per materiale di fabbricazione, in genere povero, al quale si aggiunge la quantità, la stima o il valore. Colpiscono, ad una prima lettura, le frequenti annotazioni sullo stato complessivo dei beni: pessimo, cattivo, mediocre, logoro, privo di valore, in-

13 aMScc, b. 3, fasc. 3, n. 42 (vecchia segnatura; ora: AMSCC, Documenti cartacei, 90, per cui cfr.: angiolini, L’archivio storico e il suo inventario..., cit., p. 39).14 ASMo, Archivio napoleonico, Corporazioni soppresse, n. 2126. Inventario Generale del soppresso Monastero di Santa Chiara in Carpi, 1798.15 aScc, Monastero di S. Chiara, Filza in Evidenza n. 33: «Copia autentica del notaio Ros-si Giuseppe 20 marzo 1907». L’Amministrazione del fondo per il culto a senso della Legge del 7 luglio 1866 cede al Comune di Carpi il fabbricato del soppresso Monastero delle Cla-risse in Carpi e le adiacenze redditizie annesse. Cfr. aMScc, b. 7, n. 4 (vecchia segnatura; ora: AMSCC, Memoriali, 9, per cui cfr.: angiolini, L’archivio storico e il suo inventario..., cit., p. 43): Brevi notizie storiche riguardanti la Comunità delle Monache Clarisse di Carpi, di A. d’altan, Seconda parte storica di questa nostra Comunità di Clarisse dell’anno 1935, ds., cit., pp. 1-23.

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servibile, relative non solo ai capi di biancheria da cucina, da letto e da tavo-la, ma anche al mobilio e agli arredi sacri.

Il documento prosegue con l’elenco degli Oggetti di Culto, Paramenti da Chiesa, Argenteria di Chiesa presenti nel coro, nella chiesa esterna e nel-la sagrestia, all’interno della quale compare l’indicazione di diversi quadri in tela, in carta, in legno quasi tutti senza cornice e vetro, in gran parte logori ed anche irriconoscibili perché affumicati. Il riferimento è relativo ad un in-cendio avvenuto il 3 settembre 1790 nella casa del fattore, attigua alla chiesa e alla sagrestia e annotato nel Libro e Memoriale dell’ingresso, professione e morte delle Monache di Santa Chiara.

Unitamente alla descrizione dei beni mobili, ci è pervenuta l’indicazio-ne generica di «Vari Libri ascetici, vite di Santi, e Libri di devozione usatissi-mi», purtroppo senza elementi descrittivi e quantitativi utili.

L’Inventario procede con la Distinta del Corredo che ciascheduna Cori-sta e Conversa ha portato, dopo aver esplicitato il diritto incontestabile a cia-scuna monaca corista o conversa di riprendersi il corredo qualora dovesse ab-bandonare il chiostro. Ad una lettura comparativa delle singole distinte, non compaiono differenze sostanziali, fatta eccezione per le quantità, dimezzate, e per l’esclusione della dotazione dei libri sacri dal corredo della conversa: Breviario, Diurno Francescano e Ufficio della Settimana Santa. È implicito il riferimento alla diversità dei ruoli e delle mansioni che le converse, suore di vita attiva, ricoprivano all’interno della vita comunitaria.

In entrambe le distinte sono riportare le indicazioni della biancheria e degli arredi: un Comò, un Genuflessorio, un piccolo tavolino e quattro sedie, un bacile con relativo porta bacile, un calderino di rame, uno spergolo d’ot-tone, scaldapiedi e lanternino, che ritroviamo descritti nella sezione Mobili d’ogni genere e qualità. Alle monache, sia coriste che converse, era richiesto l’occorrente per consumare i pasti: posata, d’osso ordinario, bicchiere, botti-glia, sottobottiglia.

Dalla trascrizione dei Mobili d’ogni genere e qualità, si ha la confer-ma dell’impoverimento dello stato patrimoniale del monastero, a seguito del-le numerose e ripetute spoliazioni, comune a molte delle realtà monastiche e conventuali oggi sopravvissute sul territorio.

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Tabella n. 1Distinta delle Immagini stata levate dalla vista del Popolo

ed esistenti nelle Contrade di questa Città

Descrizione delle immagini sacre e votive coperte o divelte dagli edifici e dalle pubbliche strade della città di Carpi per disposizioni emanate dal Mi-nistro di Polizia 16.

N. Descrizione del bene Ubicazione Proprietà Intervento1 Effige della B. V. del

Carmine dipinta nel muro

Angolo della muraglia dell’orto

Galasso Rossi - Conti

Turata

2 Effige della B. V. di Lo-reto dipinta nel muro

Sotto il portico di S. Francesco

Bertacchini Turata

3 Effige della B. V. di S. Luca con altri Santi di-pinti nel muro

Al capo di Borgonuovo [C.so M. Fanti]

Domenica Mazzi vedova Ferrari

Turata

4 Effige del SS. Crocefis-so dipinto in tavola

In Canteranna [V. Bren-nero]

Vellani Sebastiano Asportato in S. Chiara

5 Diverse pitture signifi-canti Santi

Sotto il portico detto de’ Borghi di S. Antonio e nelle pareti dell’Oratorio di detto Santo

Gualdi Bernardino Levati

6 Effige della B. V. Della Rosa ed altri Santi

Michelangelo Poli Levati

7 Immagine della B. V. Assunta in Cielo

Contrada Cavallina [V. A. Manuzio] e sopra la porta d’ingresso dell’abi-tazione

Antonio Lugli Levata

8 Immagine della B. V. In vicinanza della por-ta maggiore dell’Albergo de Mendicanti

Giovanni Palazzini, Custode

Levata

9 Effige della B. V. di S. Luca dipinta in muro

Contrada delle Grazie [V. G. Bruno], sotto l’abita-zione

Giuseppe Carnevali Turata

10 Effige della B. V. detta di Reggio

In faccia alla contrada di Belvedere [V. C. Batti-sti] e nel muro delle Mo-nache di S. Chiara sopra il canale

Monastero di S. Chiara

Turata

16 ASCC, 1798. Dal 10 giugno all’11 agosto, c. 549.

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11 Statuetta di S. Antonio da Padova in un nicchio

In vicinanza della porta maggiore dell’abitazione

Domenico Saltini Levata

12 Immagine della B.V. Addolorata appesa al muro

S. Pasquale dipinto

Cappella in faccia al por-tico di S. Nicolò

Parete

Turata

Dipinto con bianco

13 Effige del Crocifis-so e Santi Bernardino e Paolo

In faccia alla «Carcere comune»

Dipinto con bianco

14 Immagine della B. V. dell’Annunziata

In faccia al portico dello «Spedale»

Fratelli Tagliani Dipinto con bianco

15 Immagine di S. Barto-lomeo di marmo bianco

Fuori di «Porta Manto-va»

Levata

16 Immagine di S. Ago-stino Busto di marmo bianco

Fuori di «Porta Modena» precisamente nella fac-ciata verso la strada del Baluardo di S. Agostino [V. Aldro-vandi]

Levato

Tabella n. 2

Inventario degli argenti di ragione del Monastero di Santa Chiara

Il documento descrive il patrimonio sacro in dotazione al monastero di Santa Chiara di Carpi, prima delle spoliazioni subite.

N. Descrizione del bene con indicazione del possessore* Peso Once1 Un Calice con Patena 202 Altro parimenti con Patena 6.1/23 Altro pur con Patena 174 Turibolo con navicella 515 Ostensorio con anima di legno al piede fermata da una vite di ferro, e

due cristalli67

6 Il cosiddetto Razionale lavorato 5.1/57 Una Pisside piccola 108 Altra grande con picciolo diamante, ed una perla 39.1/89 Una Tazza dorata nel didentro 5.6/8

Due Corone in capo all’immagine della Madonna di S. Luca, ed al Bambino; asserite di ragione della * Cittadina M. Angela Teresa Tassi

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10 Un Ornato di sottile lamina traforato, e sovrapposto ad altra lamina di rame dorato, il quale serve di contorno all’Ancora portante l’Immagi-ne suddetta. Si riconosce esso di leggerissimo peso, e viene annunzia-to di proprietà di diverse * Monache viventi

11 Altro Ornato lavorato in Lamina, ed apposto al davanti d’un ostenso-rio di Legno a custodia di Reliquie

16.5/8, 10/[2]

12 Uno Spillone in petto dell’Immagine della Madonna di S. Luca con piccioli diamanti, e rubini del valore di lire cento Modenesi a Senti-mento del già Orefice Cittadino Sebastiano Vellani, come da sua uni-ta dichiarazione 16

Tabella n. 3

Elenco delle Monache Benefattrici di questoConvento dopo la Ripristinazione 17

Elenco delle 22 monache benefattrici del monastero di Santa Chiara compilato in occasione della vestizione avvenuta il 4 ottobre 1817 e successi-va ratifica dei voti il 24 marzo 1818 alla presenza di monsignor vicario gene-rale Bonaventura Bernardi e Pietro Ori confessore.

Le monache sono ordinate in base all’ordine monastico professato in ori-gine e sono annotate la provenienza e l’età anagrafica.

Monacabenefattrice Descrizione della donazione Ordine mona-

stico e localitàMadre MariaMariannaChiapelli

Apparato di damasco bianco guernito di cappetta d’oro fino, che consisteva in una pianeta, due tonicelle, e pi-viale. Offerse ancora una piccola pisside di argento che serve per dare il Santo viatico alle inferme, come può ve-dersi nel fondo del piede della medesima, che è marca-to colle Lettere iniziali del suo nome, e cognome, cioè M. M. C. Poi un Presepio col suo telaro, e finalmente una Madonna di gesso, o pietra rappresentante la Concezio-ne; offerse ancora una scatola d’argento per consacra-re l’Ostia.

Ex cappuccinadi Carpi giàex agostinianadi «S. Paolo»di Modena

17 Tratto da AMSCC, b. 11, fasc. 4 (vecchia segnatura; ora: AMSCC, Vestizioni, professioni e morti, 2, per cui cfr.: angiolini, L’archivio storico e il suo inventario, cit., p. 40): Elenco delle Monache Benefattrici di questo Convento dopo la Ripristinazione, cc. 178-179.

16 Ibidem. Dal 1° maggio al 9 giugno, dal n° 379 al n° 425. Inventario. Degli Argenti [...] n° 383.

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Madre MariaCostanzaMoreali

Paglio giallo di seta, un paglio piccolo pel finestrino del-la Comunione col fondo bianco ricamato in seta a varj colori con alcuni simboli della Passione del Signore, un Bambino di stucco in piedi col suo nicchio, ed un qua-dretto, che rappresenta la Madonna del Buon Consiglio. Fece anche riattare, e salciare per metà il Dormitorio grande 18.

Ex clarissa diSassuolo, poidi Fanano

Suor MariaLucia Cattini

Legato di tremila lire di Modena, perché fosse celebra-ta coi frutti annui con decoro la Festa della Madre San-ta Chiara, come dal suo testamento si rileva. Poi sbor-sò trenta zecchini per compimento di una dote monasti-ca ad una conversa povera.

Ex clarissadi Correggio

Madre SuorMaria LuigiaFortunataVariniEtà 80

Legato di tremila lire di Modena, perché col frutto si ce-lebrasse la Festa del Cuor di Gesù, nonché i primi ve-nerdì d’ogni mese come costa da Rogito del Signor Av-vocato Giulio Franciosi del 1819. Fece l’offerta di va-rie pianete di Damasco, e ricamate, fornite di guernizio-ne buona, come pure di tre pagli, il primo col fondo ros-so ricamato in argento, il secondo bianco ricamato in seta, ed oro, il terzo violaceo parimente ricamato in oro, come pur anche una cornice di legno inargentata, che serve d’ornamento ai pagli suddetti. Un Calice d’argen-to che col piede del medesimo, col frapporvi una raggia-ta di argento, serve d’Ostensorio, e finalmente una Pis-side pur anche d’argento, con una Chiave da Tabernaco-lo pure di Argento, con altri Arredi Sacri, e specialmente un apparato nero in terzo Amoardo guarnito di spinone di seta giallo. Queste ultime offerte erano comuni ad al-tre due Compagne, cioè la Madre Francesca Fedele Ser-ri e Suor Giuseppa Teresa Malagoli. In seguito offerse varie Portiere fatte a punto Francese.

Ex clarissa della«Misericordia»di Reggio

MadreFrancescaFedeleSerriEtà 81

Depositò 100 Zecchini per la dotazione di due Conver-se, come pure altri 16 Zecchini, e 20 Lire a compimento d’una terza Dote, come pure un Canopico giallo ricama-to con altri Arredi Sacri, che offerse unitamente alla Ma-dre Verrini, e Suor Giuseppa Malagoli. Finalmente fece la spesa di un bucato nuovo, una Tavola lunga per fare il pane, ed altre cose simili, e poco dopo due Lampade di legno inargentate. [Finalmente Instituì Erede il Conven-to di £.30.000 Modenesi]

Ex clarissa della«Misericordia»di Reggio

SuorGiuseppaTeresaMalagoli

Fece rifabbricare l’infermeria, offerse molti Arredi Sa-cri unitamente alla Madre Verrini, e Suor Francesca Fedele Serri, e specialmente un Toribolo d’argento con sua Navicella, si distinse ancora per altre spese di riat-tamento, come pure in molte Elemosine alle Monache più povere.

Ex clarissa diS. Chiara diCarpi

18 Si noti che oltre alle donazioni si provvede ai necessari lavori di ristrutturazione del mo-nastero.

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SuorCherubinaLotti e Suor VeronicaPietrolini

Pianete due violacee guarnite di spigone di seta gial-lo, una bianca, il mezzo della quale ricamata in oro, e le parti laterali ricamate di fiori di seta, e offersero ancora un Piviale di seta rigato, un Missale Francescano, vari capi di biancheria per la Chiesa, ed altre cose simili.

Ex terziarie di«S. Francesco»di Palagano

MadreGiuseppaTeresa Aldrovandi

Offerse 40 Zecchini circa per la Dote Monastica di una Conversa

Ex agostinianadi S. Paolodi Modena

Suor Adeodata Marchi 19

Fece fare la Scatola dell’Olio Santo di argento coll’in-terno dorato, e si rileva anche dal suo nome, e cognome di sotto colle Lettere S. M. A. M.

Ex clarissa diSassuolo

Suor MariaAngiolaGiovannini 20

Offerse un Paglio nuovo fatto colle proprie mani, di seta a fiamma fatto col punto francese, uno Stratto da morto, e altre cose per la Sagristia.

Ex clarissa diS. Chiaradi Carpi

Madre Maria Maddalena Ghiacci

Fece fare sei Candellieri nuovi inargentati colla sua Croce, Vasetti, e Palme, e benché la spesa delle suddet-te cose non fosse tutta sua, corrispose però in gran par-te. Offerse altre 6 Palme nuove, come pure due fiocchi di Lampade composti di tanti fiori.

Ex clarissa diS. Chiaradi Carpi

Suor MariaTeresa RattiEtà 70

Offerse un Canopeo bianco di Damasco simile all’ap-parato bianco guarnito di Cappetta d’oro bono, ed altre cose alla comunità.

Suor MariaTeresaMargheritaRaffaelie Suor MariaDomenicaZeni

Offersero alla occasione della Represtinazione varie Botti, molti capi di rame, con sei piatti di peltro, con un Cassone pieno di farina, ed altre cose. La Zeni Suor Do-menica fece del suo una Tenda fiorata, che gira d’intor-no alla Cassa della Beata Camilla.

Ex clarisse diS. Chiara

Madre SuorMariaGaetanaFontanesi

Offerse un Canopeo fiorato guarnito di Cappetta d’oro, una Lampada di ottone, che serve nella Chiesa interio-re, e fece fare la Cornice alla Madre Santa Chiara , che trovasi in coro.

Ex clarissa delMonastero diS. Chiara diReggio

Madre SuorMariaScolasticaLomeni

Offerse un Messale nuovo, della Cappetta d’oro per or-nare una Continenza ricamata, come pure varj Pizzi per la Chiesa, oltre la spesa per il riattamento di una Came-ra, ed altre cose.

Ex benedettinadi SantaConegonda diS. Prassede diMilano

Madre SuorMaria RosaMazzacani

Lasciò un Fondo di mille, e cinquecento lire incirca di Modena.

Ex cappuccinadi Carpi

Madre SuorMaria Metilde Timolini

Offerse 70 Zecchini per una Dote Monastica d’una Con-versa, come pure un Fondo di circa 50 Zecchini riser-bandosi l’usufrutto sua vita naturale durante.

Ex clarissa diS. Chiara diCorreggio21

19 Ritiratasi dal Rettore di San Martino di Correggio vivendo come in Monastero.20 [Angela Serrafina Caritosa].21 Soppresso nel giugno del 1799.

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Suor MariaMaddalenaMezzaniEtà 65

Offerse un Credito di mille lire di Modena, perché con i frutti si facesse la novena del Santo Natale.

Ex terziariadi Palagano

Suor MariaIlluminataMoruzziEtà 59

Ricamò una Continenza, un piccolo Baldacchino, ed un piccolo Paglino pel finestrino della Comunione, come pure ricamò l’usciolino del Tabernacolo, e nel 1838 ri-camò un Paglio in Seta, ed oro coll’Effiggie della San-ta Madre.

Ex mantellatadi Reggio

Suor Maria EufrosiaFerettiEtà 66

Lascia un Credito di tremila Lire di Modena riserban-dosi l’usufrutto vita naturale durante. Fece fare i Vasi di pietra a proprie spese nella Camera del Bucato.

Suor MariaCatterina Chiesi

Fece a sue spese il giuoco dell’acque per il Bucato Ex cappuccinadi Spilamberto

Madre Suor MariaSerafinaSarzenti

Offerse un Credito di 40 Zecchini, che tiene contro il Rettore di Rovereto il Signor Don Clemente Bassetti, col frutto del qual Credito ogni Anno si facesse la Festa del-la Madonna della Presentazione esponendo una Statua nel Coro col suo Baldacchino, Piedestallo, e Manto, e in tal giorno fossero celebrate sei Messe [a £. 3], e vi fosse-ro accesi varj lumi d’intorno.[Il credito dei 30 Zecchini fu lasciato non dalla Madre Sarzenti, ma dalla fu Madre Gaetana Frigieri]Un altro fondo di Zecchini 30 perché siano celebrate col frutto in Santa Chiara ogni anno 18 Messe.I suddetti Fondi, o Capitali intende di lasciarli al Nostro Convento semprecchè non si represtinasse il Convento di San Lodovico della Mirandola, che intende, e vuole, che siano retrodatati al suddetto Convento di San Lodo-vico. Inoltre offerse un Calice d’argento colla sua Pate-na, un Ostensorio parimenti d’argento colla sua custo-dia di legno, ed un Ioritolo di rame inargentato, e molti Capi di Biancherie per uso della Chiesa; ma questi Vasi sacri, e Biancherie, intende di farne una vera offerta al nostro Convento senza obbligazione di retrodarli al Mo-nistero di San Lodovico della Mirandola, ancorché ritor-nasse in piedi. Come pure i sei Candeglieri nuovi di le-gno inargentati, e quattro vasetti simili per uso di questa Nostra Infermeria.

Ex clarissa diSan Lodovicodi Mirandola

Suor Maria

ColombaCeleste Bassi.Età 86 eSuorGiovannaPozzi. Età 74

Hanno offerto un Piviale di drappo rigato, e fiorito con una Pianeta, e un piccol Paglio simile ma con guerni-zione falsa. Inoltre 6 palme nuove, 4 per l’Altare dell’In-fermeria, e due per la Madonna del Carmine in Chie-sa fuori.

Ex carmelitanedi Novellara

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Suor Maria EugEnia giglioli 1

L’archivio dell’Istituto delle Figlie della Provvidenza per leSordomute, tra memoria e profezia

«L’uomo è frutto della storia e contemporaneamente l’uomo fa storia»

(Dario FriDEl, La cultura: valore o pericolo? Inscindibilmente consumatori, costruttori e interpreti)

Premessa

Attualmente, per vicende storiche, l’Istituto e la Congregazione sono due enti con personalità giuridica distinta, con la stessa denominazione e finali-tà, per cui l’archivio è unico per quanto riguarda la conservazione dei docu-menti relativi alle origini e al percorso storico degli anni precedenti al 1976. In tale anno la Congregazione ha esteso il suo Carisma e servizio a tanti altri sordi, prima nell’America Latina poi in Asia e Africa, dando vita ad una rac-colta di altri documenti, di recente datazione, che ci permettono di ben coniu-gare memoria e profezia.

Ci presentiamo

Siamo una Congregazione religiosa di fondazione e fondatore modene-se, Don Severino Fabriani, che ha le sue origini nel 1828, con il sostegno del Sovrano modenese dell’epoca, il duca Francesco IV. La Congregazione, che gode dell’approvazione ecclesiastica ed è di Diritto Pontificio, conserva nel tempo il suo Carisma fondazionale: l’Educazione, l’Istruzione e il Servizio ai Sordi, sancito da un quarto voto, che ogni giovane, che intenda far parte della nostra famiglia religiosa, emette al momento della Professione dei tre Consi-gli Evangelici. La Congregazione, nata a Modena, come già detto, nel 1828, continua, come scelta missionaria, per le strade del mondo e precisamente: in Brasile con due comunità e scuole, una alla periferia di San Paolo, l’altra a Palmas in Tocantins; in Sri Lanka con due comunità e relative scuole, una in

1 Segretaria generale e Archivista della Congregazione delle Figlie della Provvidenza per le Sordomute: Corso Cavour, 54 - 41100 Modena. E -mail: <[email protected]>.

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Diocesi di Colombo, l’altra in Diocesi di Chilaw; in Nigeria con una comuni-tà e due scuole nell’ex Biafra - Obodo Ahiara, Diocesi di Mater Ecclesiae.

Questa scelta missionaria determina la presenza di notevole materiale ar-chivistico e pertanto si è costituito un altro archivio in rapporto a questa novi-tà, che reca in tutte le religiose gioia e speranza per un Carisma che rinverdi-sce e si espande in altri continenti, per accogliere, educare e istruire tanti sordi e donare loro la parola per inserirsi nella società, ma ancor più per compren-dere e vivere la Parola di Dio.

Sede dell’archivio

Il nostro archivio si trova presso la Casa Madre, sede di Modena, in Cor-so Cavour 54, al secondo piano della casa religiosa.

Condizioni attuali dell’archivio

Tutto il materiale archivistico venne riordinato e correttamente inventa-riato dal Reverendo Monsignor Guido Vigarani, archivista del Capitolo del-la Cattedrale, del Seminario metropolitano nonché della Curia arcivescovile di Modena.

Le varie sezioni sono distinte fra loro e il materiale in filze e faldoni è de-bitamente collocato dentro a contenitori, numerati e ordinati secondo le più recenti norme, per cui tutto il materiale risulta facilmente consultabile anche con la guida dell’inventario e delle etichette, poste sul frontespizio di ogni contenitore-cassetta.

Documenti conservati in archivio

In archivio si conserva tutta la documentazione relativa alla storia della Congregazione, ma vi si trovano anche documenti precedenti i primordi del-l’Istituzione, quando nella parte più antica dell’Istituto avevano sede i Car-melitani e i Teatini.

Elenco sommario del principale materiale documentario (dal 1828 ad oggi con precedenti dal secolo XVII)

Documenti religiosi e civili della Congregazione;Documenti riguardanti le fanciulle sordomute, accolte per l’Educazio-ne e Istruzione;

a)b)

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Documenti relativi ai Direttori e ai Sacerdoti nominati dall’Autorità dio-cesana e civile con precisi incarichi;Certificati di varia natura;Cronistoria dell’Istituzione;Lettere di diversi argomenti e destinatari;Materiale fotografico;Mappe; Trattati;Discorsi;Disegni;Corrispondenza;Elenchi;Prontuari per rappresentazioni specialmente di Storia Sacra, tanto cari al Fabriani;Miscellanea: legati, rogiti, conti, registri-protocollo, inventari e altri car-teggi.

Una sezione importante dell’archivio è dedicata alla vita, opera e nu-merosi scritti del nostro Fondatore, Don Severino Fabriani, fonte ricchissi-ma, che a coronamento di un convegno di studi e relativi Atti, in occasione del Bicentenario della sua nascita, il 16 e 17 ottobre 1992, ha fornito prezio-so materiale per la pubblicazione di un epistolario, che porta il titolo: Severi-no Fabriani - Un ecclesiastico ed educatore nella Modena della restaurazio-ne, una raccolta di eccezionale interesse, curata dal Professor Roberto Sani e dalla Dottoressa Paola Saladini, che hanno consultato vari archivi, fornendo così anche la possibilità di rinvenimento di altri originali.

Il volume di 888 pagine, edito da Città Nuova, oltre all’epistolario di 401 lettere datate e 49 non datate, presenta il Fabriani nella Chiesa e nella società modenese della restaurazione, dove viene messa in dovuta luce la sua forma-zione culturale e spirituale, la nascita dell’Istituto e la bibliografia degli scrit-ti editi e inediti e degli studi e ricerche sulla biografia e sull’opera educativa. Il volume si chiude con un interessante catalogo della biblioteca, consultato dai curatori dell’epistolario.

Come nota riassuntiva possiamo dire che la raccolta del materiale, ordi-nata e selezionata, parte dai documenti delle origini della fondazione, esten-dendosi alla biografia e agli scritti del Fondatore, alla presenza e storia di re-ligiose e alunne, ai rapporti con le autorità civili e religiose, alle valutazioni scolastiche, al personale laico che collabora nelle strutture scolastiche e non, e alle missioni.

c)

d)e)f)g)h)i)j)k)l)m)n)

o)

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E così la memoria continua con la profezia, che trova la sua origine «nel-la polvere d’archivio», ma che ogni giorno si arricchisce di una documenta-zione giovane, che conserva fedeltà alla memoria, ma si riveste di tanti colo-ri, lingue, culture e tradizioni.

Una fondazione che cresce e si espande, parla di passato, presente e fu-turo, quindi di memoria e profezia.

Un’immagine dell’archivio dell’Istituto delle Figlie della Provvidenza per le Sordomute presso la Casa Madre di Modena.

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Suor Maria Cristina Marani o.s.a.

Il monastero del «Corpus Domini» di Cento

1. Cenno storico

Il monastero del «Corpus Domini» nasce in via Saragozza a Modena nel 1537, costituito grazie al lascito di 10.000 lire modenesi di Lodovico Colom-bi e al concorso di altri cittadini modenesi. Non sappiamo chi e quante furo-no le prime monache che vi entrarono il 3 gennaio 1538 1, ma fin dall’inizio il cenobio viene indicato di Regola Agostiniana.

Crescendo il numero delle monache, anche lo spazio occupato fu pro-gressivamente ampliato giungendo a confinare con i monasteri, anch’essi agostiniani, di San Geminiano e di San Paolo. La vita scorre tranquilla per la comunità, che apre anche un educandato per signorine. Non sappiamo quan-do esattamente ciò sia avvenuto, ma così deve essere stato se in un prome-moria del 29 agosto 1794 il vescovo di Modena, monsignor Tiburzio Cortese, comunicava al ministro estense Giambattista Munarini che praticamente tutti i monasteri della diocesi avevano aperto un proprio educandato, pur ammet-tendo che spesso i programmi educativi erano ancora poco organici, o, addi-rittura, assai confusi e lacunosi 2.

La fine del 1700 vede lo scoppio della bomba napoleonica che fa sen-tire i suoi effetti su tutta l’Europa. Anche Modena viene investita dall’onda d’urto e le monache partecipano, con tutti i loro oggetti d’argento, alla col-letta cittadina per pagare il pesante riscatto imposto da Napoleone. Infatti, se non vuole vedere distrutta la città, Federico Benedetto, fratello del duca Er-cole III fuggito a Venezia dopo averlo nominato reggente, deve sborsare die-ci milioni di tornesi 3.

Vengono inoltre attuati i decreti soppressivi delle comunità religiose. Il «Corpus Domini» viene chiuso ufficialmente il 21 gennaio 1799 e le mona-

1 Le notizie riguardanti gli inizi del monastero del «Corpus Domini» fino alla soppressione napoleonica sono tratte, dove non indicato diversamente, da: G. soli, Le chiese di Modena, I, Modena 1974, pp. 331-343.2 a. BarBieri, a. leonelli, G. Montanari, Storia dell’Arcidiocesi di Modena - Nonantola, II, Modena 1997, p. 72.3 Ibidem, p. 60. Il tornese era una moneta d’argento coniata a Tours in Francia da Luigi iX nel 1266 e molto imitata in Italia e altrove.

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che, ridotte allo stato laicale, ricevono una pensione dallo Stato che incame-ra tutti i beni.

È a questo punto che la storia del «Corpus Domini» si intreccia indisso-lubilmente con quella del San Geminiano. Fondato nel 1448, incorporando forse anche le monache di un romitorio esistente in Modena fin dal 1320 4, aveva dato vita nel 1534 al monastero di San Lorenzo. Non sappiamo per quale motivo, nel 1777 le 24 religiose del San Lorenzo furono nuovamente riunite al San Geminiano.

Soppresso anch’esso nel dicembre 1798, sei monache ricevono dal go-verno imperiale il permesso di abitare in una parte dei suoi locali, pagando-ne l’affitto e figurando come secolari. Guidate da Madre Giovanna France-sca Morgani (1757-1835), vicaria del monastero di San Geminiano, sono tre Agostiniane e tre Clarisse. Queste ultime provenivano dal monastero di San-ta Chiara di Modena, la cui comunità era stata unita a quella delle Agostinia-ne nel giugno 1798. Pur con tutti i disagi immaginabili della nuova situazio-ne, esse continuano la loro vita di consacrate sostenute dall’aiuto materiale dei familiari e da quello spirituale del vescovo, monsignor Cortese, del vica-rio vescovile e del canonico della Cattedrale don Edoardo Cavani. A quest’ul-timo il vescovo, che nel frattempo viene nominato dall’autorità civile respon-sabile dell’edificio monastico 5, affida la cura anche amministrativa dello sta-bile come suo referente.

Intanto la notizia della presenza delle monache si diffonde e numerose religiose di diverse provenienze chiedono di poter far parte di questa comu-nità clandestina. Per mantenersi economicamente ed evitare di essere allonta-nate, il vicario vescovile, monsignor Zerbini consiglia alla comunità di aprire un educandato. Al parere favorevole del vescovo corrisponde l’accettazione dello Stato. Il 18 febbraio 1803 monsignor Cortese riceve il permesso scrit-to e le monache possono occupare per questa loro attività tutto lo stabile del «Corpus Domini» e parte del San Geminiano. L’educandato rimarrà in fun-zione fino al 1888.

Sconfitto definitivamente Napoleone a Waterloo, a Modena tornano gli Estensi e la città ritrova il suo volto. Il 6 ottobre 1815 il duca Francesco IV emana un decreto con il quale costituisce ufficialmente in una sola comunità i monasteri del «Corpus Domini» e di San Geminiano. Il 19 novembre le re-ligiose riprendono l’abito monastico e riaprono la chiesa al pubblico, e l’8 di-

4 arChivio del Monastero del «Corpus doMini» di Cento (Fe) (d’ora in poi: AM), Noti-zie storiche concernenti il principio e progressi dell’odierno monastero di San Geminiano di Modena estese dal signor canonico Giuseppe Antonio Lotti l’anno 1752.5 AM, Lettera indirizzata al vescovo dal Consigliere Amministrativo di Economia, del 25 no-vembre 1799.

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cembre rinnovano i voti nelle mani del vescovo. Madre Morgani, eletta Supe-riora, stila le costituzioni per la comunità, approvate da monsignor Cortese 6.

La vita della comunità riprende il proprio ritmo nell’offerta a Dio della quotidianità fatta di preghiera, lavoro, vita comune. Ma un’altra prova è al-l’orizzonte. Nel 1866, infatti, il nuovo Regno d’Italia emana la legge di sop-pressione degli ordini religiosi presenti sul territorio. Anche le monache del «Corpus Domini» vengono colpite ma, data l’età avanzata di molte, viene loro concesso l’uso di una parte del monastero, anche se sempre più ristretta e malsana. Possono comunque ospitare altre Sorelle meno fortunate: le Cap-puccine di Guastalla (RE), dal 26 aprile 1866 al 28 novembre 1872, quando si trasferiscono a Carpi (MO), e le suore Terziarie Francescane di Modena, dal 14 ottobre 1892 al 4 novembre 1899.

Intanto il Comune, avendo ottenuto i locali monastici dal Demanio regio, cerca di strappare alle monache uno spazio sempre maggiore per la scuola che ha impiantato nell’edificio, ancora oggi sede dell’Istituto Magistrale «Carlo Sigonio», finché il 28 novembre 1901 le tredici religiose del «Corpus Domi-ni» lasciano per sempre via Saragozza, ospitate dalle Domenicane di corso Belle Arti, sempre in Modena, che mettono gratuitamente a loro disposizione una parte della propria casa. Nonostante la situazione precaria i membri della comunità agostiniana aumentano e si cerca di trovare una soluzione più sod-disfacente. La Provvidenza viene in aiuto tramite un padre gesuita. Egli riferi-sce alla superiora, Madre Fedele Molinari (1857-1919), che le Serve di Maria di Galeazza stanno lasciando la casa che occupavano a Cento (FE). In breve l’affare riceve l’approvazione del vescovo e viene concluso. Il 2 agosto 1905 le Agostiniane lasciano Modena alla volta di Cento e si sistemano nell’edifi-cio al n. 60 di via Ugo Bassi.

La storia dell’ultimo secolo è costellata di vari episodi importanti. Ricor-diamo qui:

le visite alla comunità del cardinale Giacomo Della Chiesa, futuro Bene-detto XV, allora arcivescovo di Bologna, sotto la cui giurisdizione si tro-vava il monastero. Si narra che nell’ultimo incontro Madre Fedele gli ab-bia predetto il pontificato 7;

6 AM. Il testo delle costituzioni fu presentato al Vescovo e da lui approvato il 30 novembre 1815, con registrazione presso la Cancelleria vescovile modenese il 10 febbraio seguente. Il volume si articola in 47 capitoli e reca in fondo l’elenco dei nomi delle monache che sotto-scrissero l’originale: sono presenti le 17 monache coriste che rinnovarono i voti l’8 dicembre 1815 e le altre cinque che lo fecero entro quell’anno. Queste costituzioni sono state seguite dalla comunità fino al 1948.7 Nell’Archivio del Monastero si conserva una lettera autografa di papa Benedetto Xv dell’8 dicembre 1915 alla Madre Fedele Molinari con la quale concede l’Indulgenza Plenaria in oc-casione del I centenario della ricostituzione del monastero modenese.

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il passaggio dall’autorità del vescovo diocesano a quella del priore gene-rale dell’Ordine Agostiniano, avvenuto nel maggio 1948;la nascita nel 1953 della Federazione dei monasteri Agostiniani d’Ita-lia «Madre del Buon Consiglio», a cui la comunità del «Corpus Domi-ni» aderisce subito;l’Adorazione Eucaristica diurna quotidiana, solennemente iniziata il 1° ottobre 1955 e che ormai caratterizza la comunità centese;l’unione con le sei Sorelle del monastero di Sant’Agostino di Vicopela-go (LU), avvenuta il 24 giugno 1999.

2. L’Archivio

L’archivio del monastero del «Corpus Domini» di Cento ha indubbia-mente risentito delle traversie storiche vissute dalla comunità monastica, e non poteva essere altrimenti. Così quasi tutti i documenti precedenti la sop-pressione napoleonica (1799) sono assenti. Felici eccezioni sono i registri delle Vestizioni e professioni dei monasteri di San Geminiano e di San Loren-zo, alcuni libri corali del monastero di Santa Chiara, due fascicoli a caratte-re storico del monastero di San Geminiano del 1752 e 1778, alcune lettere e contratti di affitto.

Il materiale archivistico è custodito in 22 cartelle, ciascuna contrassegna-ta da una lettera dell’alfabeto (A-F; H-Z; la lettera L è doppia; mancano G, K, W, Y); una sola cartella non ha contrassegno. I documenti più recenti sono conservati in 7 nuove cartelle divise per argomento: ad es.: Federazione, Cu-ria Arcivescovile, e così via.

Inoltre nell’archivio del «Corpus Domini» è confluito, dal 1999, l’archi-vio del monastero di Sant’Agostino di Vicopelago, sorto nella città di Lucca nel 1330 sotto il titolo di San Nicolao e trasferito a Vicopelago con il nuovo nome nel 1887 in seguito alla legge di soppressione emanata dal Regno d’Ita-lia. Attualmente il materiale è ancora da riordinare; comprende documenti che vanno dal XVII al XX secolo.

inventario

reGola (1818)Regola di Sant’Agostino, coll’esposizione del canonico regolare don Ugo da San Vittore, destinato alle Novizie del monastero «Corpus Domini», fatta stampare dalla Madre Giovanna Francesca Morgani, 1818

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Costituzioni (1617-1946)Monastero di Santa Cristina di Bologna, 1826Monastero di Santa Maria Maddalena di Cento, 1769 (ms. originale, e stam-pa)Monastero del «Corpus Domini» e San Geminiano, 1815Costituzioni dell’Ordine degli Eremitani di Sant’Agostino, adattate alle mo-nache, 1946Costituzioni del monastero della Beata Vergine di Modena, 1723Costituzioni del monastero di Santa Monica di Cremona, 1617

liBri liturGiCi (1751-1967)Corale della Messa per la festa di Santa Chiara, del monastero di Santa Chia-ra, ms., Modena 1792Corale della Messa del Sabato Santo, del monastero di Santa Chiara, ms., Modena 1790Antifonario corale, del monastero di San Geminiano, ms. 1786Antifonario corale per annum, del monastero di San Geminiano, ms. 1751Messale Romano, 1841 e ss.Messale, con orazioni diverse, 1887Messale proprio della diocesi di Bologna, 1917Canone Romano, Bologna, 1941Messale proprio per la Settimana Santa, 1956Messale proprio Agostiniano, 1967

rituali (s. d. - ma anteriori al 1800, in quanto provenienti dal monastero di San Geminiano soppresso nel 1799 - e 1930)Inizio del noviziato del monastero di San Geminiano, s. d.Per la professione religiosa, s. d.Preghiere recitate dal vescovo alla consegna della Regola e delle chiavi del monastero alla Superiora eletta da parte del vescovo, del monastero di San Geminiano, in latino e in italiano, s. d., voll. 2Formula di obbedienza al Vescovo, sia presente che assente, s. d. Della visita pastorale al monastero di San Geminiano, s. d.Rituale dell’Ordine Agostiniano, 1930 e ss.

Capitoli (1901-1959)Verbali dei Capitoli della Comunità, 1901-1905 e dal 1959Verbali del Consiglio della Comunità, dal 1948

vita di CoMunità (1606-1969)Distribuzione degli uffici comunitari, 1790-1798; 1804-1902; 1908-1969

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Promemoria per la rinuncia alla carica di Superiora al termine del triennio di governo, s. d.Lista con il necessario per l’elezione della Superiora, s. d. Lista del mobilio e vestiario occorrente per entrare in monastero per le edu-cande, le postulanti e le professe, 1606 e s. d.Note di spese per le Quarantore, 1835-1861Orario durante gli esercizi spirituali, 1869

assoCiazioni (1914)Associazione del Santissimo Sacramento, istituita il 4 dicembre 1914 con l’autorizzazione rilasciata nel luglio dall’arcivescovo di Bologna cardinal Della Chiesa

vestizioni e proFessioni (1534-1999)Registro delle vestizioni e professioni del «Corpus Domini», 1815-1999, reg. 1Copia del decreto ducale inviato al vescovo di Modena con le prescrizioni per le vestizioni e professioni, 16 novembre 1821Licenze del vescovo di Modena per ingressi e vestizioni, 1818-1903Licenze per professioni religiose del vescovo di Modena, 1822-1904Licenze per ingressi, vestizioni e professioni dell’arcivescovo di Bologna, 1906-1935Circolare del Tribunale di giurisdizione di Modena per lo stabile regolamento da osservarsi nelle vestizioni e professioni di monache del monastero di San Geminiano, 1794 (in copia)Registro delle novizie, 1815-1933Registro delle vestizioni e professioni del monastero di San Lorenzo di Mo-dena, 1534-1775, reg. 1Registro degli ingressi, vestizioni e professioni in San Geminiano, 1590-1798, reg. 1Lettere inviate al duca per ottenere permesso di vestizione, 1789-1793

doti - eredità - testaMenti (1590-1883)Impegni dei genitori per doti monastiche, 1790-1844Doti monastiche, 1590 e 1773-1883Eredità ricevute, 1836 e ss. Testamenti, 1838-1882

MeMorie delle Consorelle (1769-1979)Registro delle defunte, 1817-1949Registro delle sepolte, 1840-1903Memorie storiche delle defunte, 1817-1843; 1949-1979

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Profilo biografico ed elogio funebre di Madre Giovanna Francesca Morga-ni, 15 dicembre 1835; di suor Maria Elisabetta Forni del monastero di Santa Chiara di Modena, 1769-1800; di suor Maria Giuseppa Lucchi; di suor Tere-sa Margherita Gandolfi e suor Maria Monica Gotti, 1946

eduCandato e sCuola di Carità (1803-1888)Copia delle autorizzazioni del ministro degli Affari Interni e del prefetto al vescovo per aprire un educandato nei locali del monastero di San Geminiano e «Corpus Domini», 11 gennaio-18 febbraio 1803Lettere di incoraggiamento del vescovo e assegnazione degli uffici nella co-munità, 16 maggio-18 luglio 1803Lettere del prefetto e del podestà riguardanti l’educandato, 1804-1884Estratto dell’esenzione dell’affitto annuo allo Stato per l’opera dell’educan-dato, 7 novembre 1809Indice e rubrica delle educande, s. d. Licenze arcivescovili per ingresso ed uscita delle educande, 1860-1888Stampati per il necessario all’ammissione delle educande, s. d.Regolamento della Scuola di Carità, con elenco e certificati di nascita e batte-simo delle iscritte, 1864-1868

devozioni (1732-1907)Via Crucis di Girolamo Baruffaldi, arciprete di Cento, 1732Permesso del vescovo di erigere le stazioni della Via Crucis in varie zone del monastero, 1799-1894; 1907Turni di adorazione per le Quarantore, 1820-1850

Messe (1835-1967)Sacerdoti che hanno celebrato durante le Quarantore, 1835-1846Registri delle Messe celebrate in suffragio delle monache defunte, 1839-1967, regg. 2Messe celebrate nella chiesa della Comunità, dal 1961, regg. 9

MeMorie storiChe (1646-1969)«Promemoria del ritrovamento delle reliquie del beato Giacomo da Modena ad opera delle religiose del monastero di San Geminiano il 25 febbraio 1663 e visita del vescovo che le ripone il 5 marzo successivo. Libretto in cui si tra-scrive un libro della metà del 1400 presente nell’archivio del monastero con la biografia del Beato citato e alcune note biografiche di santa Chiara da Mon-tefalco», 6 giugno 1758«Notizie storiche concernenti il principio e progressi dell’odierno monaste-ro di San Geminiano di Modena estese dal signor canonico Giuseppe Anto-nio Lotti l’anno 1752»

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«Stato del monastero di San Geminiano presentato con le notizie della fonda-zione del medesimo ed altre all’illustrissima Deputazione sopra li monaste-ri», 1778Storia del monastero del «Corpus Domini» di Modena e trasferimento a Cen-to, di suor Maria Giuseppa Lucchi, sec. XIX ex.Diari di suor Maria Giuseppa Lucchi, 1883-1903Due piccoli diari di anonimo, 1904-1928Iscrizioni delle tombe della chiesa esterna ed elenco degli Estensi sepolti nel monastero del «Corpus Domini», 1646 e 1656Copia del decreto ducale riguardo l’unione dei monasteri del «Corpus Domi-ni» e di San Geminiano, 6 ottobre 1815Memorie storiche del monastero del «Corpus Domini», 1817-1867 e 1945-1969Memorie storiche della soppressione del monastero della Visitazione «Santa Maria» di Soresina (Cremona) e biografie di alcune Sorelle defunte nel 1867-1868

CarteGGi (1700-2005)

Sommo PonteficeConcessione di Benedetto Xiv per la celebrazione dell’ottava del Corpus Do-mini, 1752Indulgenze pontificie di Clemente Xiii, Pio vi, Pio vii, Leone Xii, Gregorio Xvi, Pio iX, 1762-1893Permesso di Clemente Xiv di celebrare l’ufficio delle Cinque Piaghe di no-stro Signore alle monache di San Geminiano, 2 aprile 1774Richieste della dispensa per poter accogliere in monastero religiose di altri Ordini, accordate dal Santo Padre, 1815-1818Concessione del privilegio da parte del Papa di poter ricevere la Santa Comu-nione la notte di Natale, 1816Lettera autografa del cardinal Mariano Rampolla che trasmette un assegno del Santo Padre alle monache che gli si erano rivolte per avere un aiuto trami-te il cardinale stesso, 1° luglio 1884Lettera autografa del papa Benedetto Xv alla Madre Fedele Molinari, per concessione dell’indulgenza plenaria in occasione del I centenario della rico-stituzione del monastero, 8 dicembre 1915Lettera di papa Benedetto Xv a un monsignore non identificato, con la quale comunica di voler acquistare per la Biblioteca Vaticana un manoscritto della Regola agostiniana inviatogli dalle monache di Cento, 25 marzo 1916

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Santa SedePrescrizione della Sacra Congregazione dei Riti di usare il lino o canapa per la confezione degli arredi sacri, 15 maggio 1819Circolare della Pia Opera di Propagazione della Fede di Modena, 27 settem-bre 1849Decreto della Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari circa il divieto ai Superiori dei monasteri di indurre i sudditi alla manifestazione della coscien-za e la riserva ai soli confessori di vietare di accostarsi alla Santa Comunione, 17 dicembre 1890; comunicazione del vescovo di Modena, 17 marzo 1891

VescovoIndulgenze vescovili, 1799-1844Lettera del vescovo per comunicare il divieto del Governo di mendicare nel-le chiese, 17 gennaio-6 maggio 1817 e 26 luglio 1836Il vescovo alle sorelle converse del monastero di San Geminiano, 1796Permesso del vescovo di ricevere la Santa Comunione tutti i giorni durante l’ottava del Corpus Domini, 11 giugno 1816Concessione del vescovo di ricevere la Santa Comunione quotidiana per tur-no (3 religiose estratte a sorte oppure designate dalla Superiora), 22 dicem-bre 1816Lettera del vescovo per la costruzione di un cimitero interno, 13 agosto 1830Lettera del vescovo che definisce papale e non episcopale la clausura del «Corpus Domini», riportando anche un decreto del 23 febbraio 1829 della Sa-cra Congregazione dei Vescovi e Regolari, 26 luglio 1850Decreto del vescovo in applicazione della legge civile che impedisce la sepol-tura nei monasteri, 10 ottobre 1866Nomine confessori e medici, 1821-1842Nomine confessori ordinari e straordinari, 1906-1915Conferme delle elezioni delle Superiore, 1822-1836 e 1852Lettera pastorale alla diocesi di Modena, 1838Visite pastorali e quesiti, 1891-1927Richieste al vescovo di Modena, 1901-1904Comunicazioni dell’arcivescovo di Bologna, 1912-1958Richieste di autorizzazioni all’arcivescovo, 10 dicembre 1937Lettere e licenze della Curia arcivescovile di Bologna, dal 1950

Federazione dei monasteri Agostiniani d’ItaliaLettere circolari e assemblee federali, dal 1971

Ordine Agostiniano e ProvinciaConcessione dei privilegi e indulgenze dell’Ordine di Sant’Agostino, 19 mag-gio 1856

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Permesso del priore generale dell’Ordine al confessore della comunità di dare l’assoluzione generale, 13 luglio 1867Privilegio concesso dal priore generale dell’assoluzione generale nei giorni prescritti dal calendario dell’Ordine, 13 novembre 1909Passaggio sotto la giurisdizione del priore generale dell’Ordine Agostiniano, 1945-1948Lettera del priore generale per il I centenario del monastero a Cento, 2005

Soppressione del 1866Carteggio relativo alla presa di possesso del monastero da parte del governo del Regno d’Italia e successiva cessione dello stabile al Comune di Modena, 3 dicembre 1866-1900 Carteggio col Demanio su cessione di locali e rapporti con la pubblica ammi-nistrazione, 1867 e ss.Lettera del Demanio sulla soppressione del monastero delle Salesiane di Mo-dena che vengono mandate al «Corpus Domini», copia del decreto di sop-pressione e accettazione delle Agostiniane, 26 febbraio 1873Estratto riassuntivo delle cose trovate nel monastero alla presa di possesso e contratto di vendita delle stesse dal Demanio alle monache, 14 febbraio 1898Verbale del riscontro dei mobili del monastero, 8 aprile 1897Carteggio relativo alle Cappuccine di Guastalla, ospitate al «Corpus Domini» dal 1866 al 1872, ed elenco delle medesimeCertificati di esistenza della Direzione generale del Fondo per il Culto, 1890-1897Certificati di assegnazione di pensione vitalizia, marzo 1867Dichiarazioni della Superiora dell’esistenza in vita delle pensionate, 1891, 1892, 1898Relazione dell’ingegnere Bernabei su possibili acquisti di case: «San Rocco» di Carpi e Campogalliano, 6 ottobre 1900Avviso d’asta per «San Rocco», 7 maggio 1904Trasferimento presso le monache Domenicane di Modena: accordo del 23 no-vembre 1901, elenco delle Domenicane, lettere della Madre Fedele al vesco-vo per permessi, note di spese varie per trasloco e lavori, 1901-1902Richieste del Comune di Modena di sgombero dei locali monastici, 1901-1903Lettere di suor Giulia Enrichetta Puccini, superiora del monastero di Vicope-lago (LU), 25 gennaio 1904 e 20 febbraio 1905

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MiscellaneaAttestato di partecipazione ai benefici spirituali dell’Ordine francescano fir-mato da Luca De Carlo, ministro provinciale di Bologna, 13 gennaio 1700Lettera del duca che non concede autorizzazione a tumulare in monastero le Educande decedute durante la loro permanenza, 14 marzo 1825Lettera del podestà con la quale si ribadisce che la sepoltura nei monasteri è soltanto per coloro che hanno professato i voti religiosi, 14 maggio 1830Richieste di permessi per tumulazioni al sindaco di Modena, 3 ottobre 1864, e al podestà, 26 settembre 1856. Richiesta al vescovo di autorizzazione per la tumulazione di ossa trovate durante lavori in monastero, 23 febbraio 1858Autorizzazioni alla tumulazione, dal 1839Lettere del podestà per autorizzazione a curare in monastero una monaca e una educanda colpite da vaiolo, 25 settembre e 16 ottobre 1809Comunicazioni ai sindaci e presidenti del monastero da parte del Governo estense e viceversa, 1817-1833Decreto del ministro Munarini sulle concessioni livellarie, 15 settembre 1788Richiesta di consegna di locali e affido del fabbricato al vescovo, 1799-1800Lettere del podestà e del Comune per censimenti, 1811-1881Manifesto anticolera del prefetto, 24 agosto 1884Licenze edilizie e richieste di forniture pubbliche, dal 1932Dichiarazione di personalità giuridica del monastero, dal 1964

aMMinistrazione (1833-1890)Contratti d’affitto di appartamenti e locali, 1833-1888Contratti di mezzadria su fondi rustici, 1843-1895Contratto con l’ortolano e altri dipendenti, dal 1858Relazioni di ingegneri su fondi rustici e locali, 1844-1890

liBri di aMMinistrazione (dal 1815)Conti Consuntivi annuali su fogli singoli (non consecutivi), dal 1859Conti Consuntivi triennali, 1863-1871Registri di cassa (non consecutivi), dal 1897Recapiti di spesa, 1815-1878

inventari (1817-1860)Inventari tra cui: Sacrestia 1855-1856; Biancheria consegnata da coriste e converse, 1817-1860; di vari uffici, 1840-1842

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Gianna Dotti Messori

Il Monastero della Visitazione di Santa Maria di Modenae il suo archivio: quattro secoli di storia 1

Premessa: l’Ordine della Visitazione

Il Monastero di Santa Maria di Modena appartiene all’Ordine della Vi-sitazione, fondato da san Francesco di Sales e da santa Giovanna Francesca Chantal nel XVII secolo 2. Infatti il 24 maggio 1610 san Francesco di Sales scriveva al padre Pollien: «sapendo quante giovani desiderano ritirarsi dal mondo e non possono realizzare questo loro ideale nelle famiglie religiose già fondate, [...] io apro la porta di una piccola congregazione». Il successivo 6 giugno, festa della Santissima Trinità, la madre Giovanna Francesca di Chan-tal e le sue due prime figlie entravano nella piccola casa della Galleria ad An-necy (una città della Francia sud-orientale): la Visitazione era così fondata.

Dal 1° luglio 1610 san Francesco di Sales volle che la sua piccola con-gregazione si chiamasse «Visitazione di Santa Maria» perché, egli diceva, «trovava in questo mistero mille caratteristiche spirituali, che gli offrivano una cognizione singolare dello spirito che desiderava stabilire nel suo Istitu-to» e, inoltre, «perché era un mistero nascosto: nella Chiesa non era celebra-to così solennemente come gli altri, lo fosse almeno nella nostra congrega-zione».

Lione fu la prima città di Francia che accolse le figlie di san Francesco di Sales; l’arcivescovo di quella diocesi le ricevette con gioia e ne ammirò lo

1 Colgo l’occasione per ringraziare la madre superiora del Monastero della Visitazione di Modena, suor Maria Daniela Campanale, per la squisita disponibilità e la preziosa collabo-razione.2 La storia dell’Ordine della Visitazione e del monastero di Modena, di cui si riportano in queste pagine solo alcuni cenni orientativi, è stata tratta dalle carte dell’archivio del mona-stero modenese e dalla seguente bibliografia essenziale, a cui si rimanda: suor F. Marchi, Il monastero della Visitazione di S. Maria in Modena, Modena 1981; G. soli, La Chiesa del-la Visitazione ed il Monastero delle Salesiane, in Chiese di Modena, riedizione a cura di G. Bertuzzi, Modena 1974, vol. III, pp. 381-393; c. Giovannini, L’organo di Domenico Traeri del Monastero della Visitazione di Maria a Baggiovara, Modena 2004; sito internet: <www.monasterovisitazione-baggiovara.org>; per la storia dell’Ordine, si veda anche: P. Fernan-Dez roDriGuez, Il Cuore di San Francesco di Sales nel monastero della Visitazione di Trevi-so, Treviso 2002.

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stile di vita, ma la stima che ne provava lo convinse che quella congregazio-ne meritasse di essere innalzata alla dignità di ordine religioso. E così il 2 feb-braio 1616 il santo fondatore accondiscese che la sua congregazione venisse eretta in «religione formale» sotto la Regola di sant’Agostino, con i voti so-lenni e la clausura perpetua.

Il papa Paolo V, poi, il 23 aprile 1618 approvò, con il breve Sacri Aposto-latus, la fondazione dell’Istituto della Visitazione come Ordine religioso for-male, retto dalla Regola di sant’Agostino e dalle Costituzioni nuovamente re-datte ed adattate da san Francesco di Sales quello stesso anno. Detta legisla-zione entrò in vigore con l’autorità del santo fondatore ad Annecy il 16 otto-bre 1618.

L’Ordine mantenne, quindi, il nome di Visitazione, l’appellativo tratto dal mistero della Visitazione della vergine Maria a santa Elisabetta. Il titolo si rifaceva alla scena evangelica di Maria «in visita alla cugina Elisabetta»: portando in sé il Figlio di Dio, Maria si era fatta portatrice di salvezza; quin-di come Maria, animate dal suo spirito di grazia e di lode gioiosa, le mona-che erano esortate dal loro Fondatore a portare spiritualmente ai fratelli il Cri-sto Salvatore e lasciar trasparire la gioia e la soavità di cuore che Dio dona a quanti camminano con Lui.

L’Ordine della Visitazione di Santa Maria dalla Savoia iniziò così il suo cammino nel resto della Francia seguendo il corso del Rodano, per estendersi poi dalla Francia in Europa e nel mondo. E così ritroviamo, quasi sessant’an-ni dopo, le Visitandine anche a Modena, a partire dal 1669, anno della fonda-zione del monastero. La storia di questo monastero fu, nei secoli, strettamen-te legata alla casa estense, la quale operò per ottenere la presenza di queste monache in Modena e ne fu costante protettrice, dando sempre prove di par-ticolarissima benevolenza.

La fondazione del monastero

L’istituzione di questa comunità monastica si deve soprattutto alla du-chessa Laura Martinozzi, moglie del duca Alfonso IV d’Este, la quale usò ogni mezzo a sua disposizione per estendere la devozione a san Francesco di Sales e fondare un monastero della Visitazione nella capitale del suo ducato.

Laura aveva avuto modo di conoscere le Visitandine durante il suo viag-gio in Francia, chiamata, insieme alla madre e alla sorella, nel 1652 (aveva al-lora solo 16 anni) dallo zio materno, il cardinale Mazzarino, a Parigi. Proprio durante quel viaggio, aveva sostato per ben sei mesi ad Aix in Provenza, otte-nendo dal Papa il permesso di entrare nel monastero della Visitazione di quel-la città. A soli 26 anni, ormai vedova e reggente per il figlio Francesco II, no-

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nostante il peso del governo dei suoi stati, ella si adoperò per vedere attuato il suo grande desiderio, quello di portare le Visitandine di Aix a Modena.

Ottenuti dal papa Clemente IX i brevi necessari alla fondazione del mo-nastero, la duchessa scrisse all’arcivescovo di Aix per ottenere delle Visitan-dine di quella città, in particolare la madre superiora, che aveva conosciuto a suo tempo e a cui era rimasta profondamente legata, Francesca de Monceau. Tutte le sue richieste vennero esaudite, la Madre, seppure di età avanzata ed inferma, venne a Modena nell’aprile 1669, in qualità di supranumeraria, in-sieme ad altre otto religiose, tra le quali madre Maria Margherita de Balland, che fu la prima madre superiora del monastero di Modena. Nata nel 1612, era entrata nel 1622 nel monastero di Chambery, capitale della Savoia, fondato da soli tre anni da Santa Giovanna Francesca de Chantal, per divenire, dopo molteplici esperienze in altri monasteri, nel 1663 madre superiora del mona-stero di Aix. La madre morirà nel 1707 alla veneranda età di 95 anni, e le sue spoglie tuttora riposano nel monastero modenese.

Le suore, al loro arrivo a Modena (quasi trionfale, come ci raccontano le cronache conservate nell’archivio del monastero), vennero accolte in un pri-mo tempo presso la chiesa di San Giovanni del Cantone, per poi trasferirsi (la comunità contava allora già 20 religiose) nel settembre 1672 nel nuovo mo-nastero eretto accanto al palazzo ducale (tra gli odierni Corso Cavour e Cor-so Vittorio Emanuele, su parte dei giardini ducali 3) e a questo collegato me-diante un cavalcavia (che è tuttora esistente).

La vita nel monastero

Non solo un cavalcavia univa il monastero delle Salesiane, come furono anche denominate le suore della Visitazione, alla casa estense. Le Visitandine furono sempre molto legate alla corte estense e questa in ogni tempo prediles-se le Salesiane sulle altre conventuali, come ci attestano le carte dell’epoca; tante furono le giovanette provenienti dalle famiglie nobili modenesi che ve-stirono l’abito delle Visitandine; di esse si hanno nell’archivio del monastero diverse memorie e carteggio (solo per citare alcune delle casate più importan-ti, ricordiamo Molza, Carandini, Levizzani, Calori, Rangoni, etc.).

Nel cuore della loro capitale, congiunto, come si diceva, con il palazzo ducale da un cavalcavia costruito dalla duchessa Laura allo scopo di potervi accedere direttamente dai suoi appartamenti, il monastero visse, con la casa estense, tutte le vicende di quel piccolo ducato e spesso anche quelle più stret-

3 Ancora oggi è ben distinguibile la facciata della chiesa del monastero, con le tre arcate del porticato (murato nella seconda metà dell’Ottocento) antistante l’accesso alla chiesa stessa.

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tamente familiari e personali dei suoi principi. E la storia proprio del ducato estense, della vita economica e sociale della Modena di quel tempo vengono alla ribalta attraverso le carte del monastero.

I rapporti stretti tra la casa estense e le Salesiane furono ancora più evi-denti allorché il duca Ercole III, apprezzando l’opera educativa che già da tempo veniva svolta verso le giovanette dalle monache della Visitazione, de-cise di costruire per l’Educandato un nuovo edificio, che sorse tra il 1787 e il 1790. «Lo ammobilia con larghezza», si evince dalle cronache e dalle circo-lari conservate nell’archivio del monastero, «lo fornisce di tutto il necessario e stabilisce una pensione annua per il mantenimento delle persone di servizio, per le spese di manutenzione e per le eventuali riparazioni». Non solo, ma il duca stesso fece sì che da tre monasteri della Francia fossero inviate, una per ciascuno, le religiose educatrici. Conforme al volere ducale, l’educandato di-venne il centro di formazione delle figlie delle migliori famiglie della città e raggiunse nel 1814 un massimo di 34 allieve. Infatti, fin dall’origine dell’Or-dine, i fondatori avevano ammesso qualche fanciulla accanto alle religiose; erano nate così le «Sorelline del piccolo abito» (si conservano ancora in ar-chivio immagini di queste bimbette vestite da suore visitandine), sorelline che però dovevano limitarsi al numero di tre, quattro o cinque al massimo, non essendo mai stata intenzione dei fondatori fare delle Visitandine delle suore educatrici. Su trenta o quaranta religiose, erano state solo tre o quattro quel-le che si erano dedicate alle bimbe, mentre tutta la comunità aveva continuato a seguire lo stile monastico di vita. I duchi di Modena, però, avevano capito l’importanza e il vantaggio dell’educazione salesiana delle fanciulle nobili e l’educandato raggiunse, in tal modo, il suo apice proprio con Ercole III.

Il nuovo edificio, considerato per l’epoca un «educandato-modello», di-venne meta di sopralluoghi e visite da parte di duchi e duchesse, le quali ac-compagnavano nobili dame provenienti anche da altri stati; l’Educandato, quindi, accolse giovanette di varie città italiane oltre che del ducato di Mo-dena. Oltre alle normali materie, comuni ai programmi scolastici, nell’istitu-to si insegnava, ovviamente, il francese e, a richiesta delle famiglie, la musi-ca, il disegno e il ricamo.

L’epoca delle soppressioni

Con la creazione dell’Educandato (il quale venne chiuso definitivamen-te nel 1898), il monastero visse realmente l’apice della sua esistenza; infatti si avvicinavano gli anni difficili, per tutti gli ordini religiosi, delle soppressioni, dalle quali neppure la Visitazione di Modena andò indenne.

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Nell’ottobre 1797 giunse l’ordine del «Direttorio» di Milano che fosse-ro inventariati i mobili di tutti i monasteri di Modena e nell’anno seguente il governo fece sapere alla Visitazione, con foglio stampato, che tutti i beni del-le «Corporazioni» erano stati riconosciuti di legittimo diritto della Nazione. «Cinque mesi dopo tutto era fuori di casa», come si legge nelle carte dell’ar-chivio, «dai sacri arredi e quadri di valore, al frumento e perfino agli anima-li domestici: tutto era sequestrato e venduto, comprese le terre appartenenti al monastero». La madre superiora era riuscita comunque a mettere in salvo quanto non era inventariato (e quindi anche l’archivio) e quanto fu permesso tenere come necessario per l’Educandato.

Nonostante l’ufficiale soppressione avvenuta il 31 ottobre 1798, le Visi-tandine (giunte nel 1796 al numero di 49), vestite di abiti semi-secolari, otten-nero di rimanere nel loro monastero e di accogliervi altre religiose soppres-se (pochissimi infatti erano stati gli istituti che erano riusciti a sopravvivere e molte le religiose disperse che cercavano asilo), e neppure l’Educandato ven-ne loro tolto. Poterono in tal modo rimanere unite con le loro 33 educande, svestendo l’abito religioso e trasformando totalmente il monastero in Educa-torio, che permise a loro quindi la sopravvivenza. Nonostante le vicissitudi-ni del periodo, le monache, dopo quindici anni, nel 1814 riuscirono a rivesti-re l’abito religioso e a riaprire al culto la loro chiesa esterna. Solo dopo otto giorni dal suo ritorno in Modena, il duca Francesco IV volle recarsi in visi-ta al monastero, accompagnato dall’arciduchessa sua sposa e dal fratello l’ar-ciduca Massimiliano, e in quell’occasione egli assicurò, come si legge nella cronaca del convento, alle religiose il suo interessamento e la sua protezione; infatti l’11 gennaio 1815 le Visitandine ricevettero il chirografo ducale di ri-pristino e l’assegnazione della pensione, accordata per l’Educandato a con-dizione che fossero accolte dalle religiose almeno 28-30 giovanette, affida-te alle loro cure.

Nel 1866 4, però, ritornarono le difficoltà, come per gli altri ordini reli-giosi, anche per le monache Salesiane di Modena. Prima della nuova soppres-sione, tra religiose ed educande alla Visitazione vivevano ben una settantina

4 Regio Decreto «per la soppressione degli Ordini e Corporazioni religiose», n. 3036 del 7 luglio 1866. All’art. 1: «Non sono più riconosciuti nello Stato gli Ordini, le Corporazioni e le Congregazioni religiose regolari e secolari, ed i Conservatorii e Ritiri, i quali importino vita comune ed abbiano carattere ecclesiastico. Le case e gli stabilimenti appartenenti agli Ordini, alle Corporazioni, alle Congregazioni ed ai Conservatorii e Ritiri anzidetti sono soppressi». All’art. 24: «I libri e manoscritti, i documenti scientifici, gli archivi, i monumenti, gli oggetti d’arte o preziosi per antichità che si troveranno negli edifici appartenenti alle Case religiose e agli altri enti morali colpiti da questa o da precedenti Leggi di soppressione, si devolveranno a pubbliche biblioteche od a musei nelle rispettive Provincie, mediante decreto del Ministro

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di persone! Nel maggio 1866 avvenne la prima requisizione del monastero che doveva essere destinato per le truppe militari; l’ordine di sgombero pre-vedeva che i locali fossero resi liberi nell’arco di sole 24 ore. E qui le crona-che manoscritte, conservate in archivio, ci narrano con dovizia di particolari quei momenti estremamente convulsi, l’affrettato trasloco e infine il trasferi-mento temporaneo delle suore nei locali del Seminario. Pur potendo rientra-re dopo pochi mesi nel loro monastero, il decreto di soppressione, reso uffi-ciale alle Visitandine il 12 settembre 1866, le obbligava a lasciare il convento nuovamente, ma la presenza dell’Educandato, che veniva considerato per la collettività «un’utilità sociale», ancora una volta, rallentò la chiusura del con-vento. Venne, però, alfine il temuto decreto del 16 febbraio 1873, con il qua-le veniva ordinato alla comunità religiosa lo sgombero completo del mona-stero entro 30 giorni. La scuola militare, stabilita nel Palazzo Ducale, era sta-ta dichiarata scuola centrale del Regno, ed avendo quest’ultima assoluta ne-cessità di ampliare i locali aveva ottenuto dal Ministero della guerra il mona-stero delle Visitandine. Lo sgombero in pratica iniziò solo il 16 luglio e durò quindici giorni. Le Sorelle furono ricoverate intanto nella villa dei conti Forni a Cognento e le più anziane ed inferme, con alcune Sorelle adatte a servirle, in Seminario. Subito, incominciarono le ricerche e le trattative per una nuo-va sede. Questa, acquistata all’asta per la somma di 25.000 franchi, era allo-ra situata fuori città, nell’attuale Via Carlo Sigonio: era un semplice fabbrica-to, un tempo «ricovero di mendicità» e certamente non aveva nulla a che ve-dere con il monastero costruito e perfettamente arredato dalla liberalità del-la duchessa Laura.

Mediante la caritatevole operosità del padre spirituale don Giovanni Biondini, la cui bontà per la provata famiglia religiosa superava ogni espres-sione, le Visitandine poterono occupare, alla fine dell’ottobre 1873, il nuovo locale, che si stava ampliando ed adattando a monastero. Nel 1874 fu com-pletata la costruzione delle ali del fabbricato, fu riaperta la chiesa al pubblico e venne ristabilita finalmente la clausura. Nel 1885 si iniziarono i lavori per la costruzione del nuovo altare, opere che furono completamente terminate solo nel 1890. Nel 1909, grazie al generoso contributo di più benefattori, fu collo-cata nel centro del giardino, con solenne cerimonia, la bella statua dell’Imma-colata: tutta bianca, le mani giunte, gli occhi al cielo (poi trasferita nel giardi-no del nuovo convento).

dei culti, previi gli accordi col Ministro della pubblica istruzione. I quadri, le statue, gli arredi e mobili inservienti al culto saranno conservati all’uso delle chiese ove si trovano».Per le leggi di soppressione, si veda anche: Regio Decreto «che approva il Regolamento sul-la soppressione delle Corporazioni religiose e sull’asse ecclesiastico», n. 3070 del 21 luglio 1866, e la «Legge per la liquidazione dell’asse ecclesiastico», n. 3848 del 15 agosto 1867.

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La storia recente

La Prima Guerra Mondiale, tra 1915 e 1918, portò anche alle Visitan-dine i comuni disagi, tenendole in continua apprensione nel timore di dover nuovamente cedere il monastero per le necessità belliche. Fiorì però in que-gli anni la carità fraterna: il monastero offerse il suo asilo alle Madri Canos-siane di Venezia e ad un istituto di orfanelle che vennero ad occupare i locali del già chiuso Educandato.

Negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale le difficoltà econo-miche costrinsero a riprendere la politica delle vendite: vennero alienati gli ultimi appezzamenti di terreno adiacenti al monastero, oggetti di antiquaria-to e suppellettili varie. Con il ricavato vennero costruiti appartamenti in luo-go della vecchia casa colonica: il loro affitto dava ossigeno all’economia del-la comunità religiosa.

Tuttavia i superiori (in quegli anni anche la Visitazione si era federata) decisero che era giunto il momento di trasferire la comunità in un luogo mi-gliore. Incominciarono gli incontri e le trattative. Il dottor Pietro Marazzi, grande benefattore delle Salesiane, donò 18.000 metri quadrati di terreno in Baggiovara con la precisa condizione di fabbricarvi sopra il monastero. Nel-l’estate del 1959 le Visitandine iniziarono a vuotare il vecchio convento da mobili, statue, quadri, libri e documenti, che trovarono collocazione tempora-nea in sedi diverse, mentre le Salesiane furono ospitate nella casa detta Villa Santa Maria, messa loro a disposizione da Pietro Marazzi.

Il 1° settembre 1963 le monache presero possesso del nuovo monaste-ro per continuare, in ambiente più salubre e funzionale, la loro vita contem-plativa. La comunità religiosa conta oggi undici suore stabili, che trascorro-no le giornate in meditazione e preghiera, sotto la guida della madre supe-riora suor Maria Daniela Campanale. Dal 1° dicembre 2006, presso il mona-stero (in un’ala non più ad uso delle religiose e, quindi, completamente se-parata dalla clausura) è stata istituita dalle Visitandine, la Casa d’Accoglien-za; infatti essendo il monastero situato in prossimità del nuovo polo ospeda-liero di Modena, la Casa d’Accoglienza è stata progettata per ospitare fami-liari e parenti di persone degenti, ma anche chiunque desideri fermarsi per esercizi spirituali.

Le Visitandine di Modena fondatrici di altri monasteri

Dal monastero di Modena, nel corso dei secoli, partirono diverse suore che andarono a fondare altri cenobi dello stesso Ordine. Primo, fra gli altri,

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fu il monastero della Visitazione di Massa di Valdinievole 5: il primo di quel-l’Ordine in Toscana. Costituito nel 1693, con la vestizione delle prime quat-tro ragazze, solo nel 1714, in ottemperanza alla norma in base alla quale una casa salesiana doveva ricevere due suore provenienti da altro monastero vi-sitandino (dette perciò «suore fondatrici»), avvenne la fondazione ufficiale con l’arrivo a Massa di due religiose del monastero di Modena: madre Ma-ria Vittoria Tarini e madre Maria Margherita dei marchesi Livizzani di Mode-na, alla quale venne affidata, in un primo momento, l’amministrazione della casa e poi, alla morte di madre Maria Vittoria Tarini, il compito di madre su-periora di quel convento e maestra delle novizie. Nel 1736, poi, madre Ma-ria Margherita venne chiamata a fondare il monastero della Visitazione di Pi-stoia, di cui rimase madre superiora per diversi anni e in cui morì nel 1757, all’età di 78 anni.

La madre superiora Maria Geltrude Bassoli, invece, con sei sorelle tutte del monastero della Visitazione di Modena, venne chiamata nel 1819 dall’ar-civescovo di Bologna cardinale Oppizzoni a fondare una nuova comunità re-ligiosa in quella città; il monastero bolognese venne arricchito, come già per quello modenese, dell’Educandato (il decreto di istituzione come pure il car-teggio si conservano nell’archivio della Visitazione di Modena).

Ancora il monastero di Modena fu origine di un altro a Padova; fondatri-ce fu madre Maria Ludovica dei conti Boschetti di Modena. Eletta madre su-periora a Modena nel 1832, iniziò il lavoro preparatorio per la fondazione pa-tavina e nel 1839 venne chiamata in quella città a dar vita al monastero del-la Visitazione, insieme ad altre tre consorelle del monastero modenese, suor Maria Francesca Bianchi, suor Maria Rosa Monsignani e suor Maria Eleono-ra Gollini. Per sei anni suor Maria Ludovica rivestì il ruolo di madre superio-ra nel monastero di Padova, quindi fu eletta «maestra delle novizie». Morì a Padova nel 1855, all’età di 78 anni.

La «mobilità» delle suore visitandine favorì tra l’altro, oltre al diffondersi della cultura e dello spirito religioso, anche la conoscenza e lo scambio cultura-le fra diverse entità territoriali e, a livello storico, permette oggi, seguendo i per-corsi di vita religiosa delle Salesiane, di ricostruire aspetti inediti della storia lo-cale attraverso le fonti documentarie conservate in altri monasteri dell’Ordine.

5 I. CorraDi, Il Monastero della Visitazione di Massa. Origine e sviluppo della comunità sa-lesiana e del complesso architettonico, in Memorie del chiostro. Vita monastica femminile in Valdinievole in età moderna e contemporanea, Lucca 2006, pp. 107-108 e 155-161. Si rin-grazia per questa segnalazione Vincenza Papini Franchi, direttrice della sezione «Storia e sto-rie al femminile» dell’Istituto Storico Lucchese di Buggiano Castello, la quale ha permesso il contatto e lo scambio culturale tra il centro di studi lucchese e il nostro Centro studi inter-regionale sugli archivi ecclesiastici.

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L’archivio del monastero modenese

Questa in sintesi la storia plurisecolare della Visitazione modenese, che è riuscita a sopravvivere nei secoli nonostante le soppressioni e le vicissitu-dini dei tempi. E con le Visitandine è potuto «sopravvivere» anche il loro ar-chivio 6, per mezzo del quale è possibile oggi ripercorrere la storia di queste Salesiane.

La ricchezza della documentazione conservata ha permesso di realizza-re nel 1981, a cura di suor Maria Francesca Marchi (morta nel 1989), un vo-lume dedicato non solo alla storia del monastero in quanto tale, ma alla vita delle suore che lo abitarono e del contesto storico-sociale in cui svolsero la loro azione. Ad esempio, nell’archivio del monastero, si conserva, tra le altre, una relazione minuziosa sulle vicende degli otto giorni che tennero in stato di guerra la città di Modena, assediata dagli austriaci dall’8 al 16 maggio 1849: «Per otto giorni rimbomba, a intervalli, il cannone; la comunità si rifugia nei sotterranei; palle di cannone arrivano anche contro il fabbricato, sui tetti, nel-l’orto, ma non recano alcun danno alle persone [...]. Si susseguono trattative e inviti ad arrendersi, si barricano le porte usando i banchi delle chiese, anche quelli delle Salesiane. Finalmente l’interposizione del vescovo Luigi Ferrari fa concludere la resa». O ancora è possibile ricostruire la personalità, ma an-che le vicende di Maria Beatrice d’Este, la tanto eroica e provata regina d’In-ghilterra, la quale, educata proprio dalle Visitandine di Modena, continuerà a tenere con la madre superiora Balland una fitta corrispondenza anche nel mo-mento in cui salirà sul trono d’Inghilterra: le lettere si conservano nell’archi-vio del monastero. E una fonte storica inestimabile è, come viene definito, Il libro del convento, una cronaca manoscritta che prosegue, ininterrotta, dalla fondazione ad oggi.

L’archivio data a partire dal 1613, quindi è precedente all’effettiva fon-dazione del monastero modenese; si tratta di documentazione (decreti, brevi pontifici, etc.) portati dalle suore francesi al momento del loro trasferimento da Aix in Provenza a Modena. L’archivio, che da una prima ricognizione ef-fettuata, appare costituito da circa 250 unità archivistiche (tra cartelle e regi-stri), è parzialmente ordinato, dotato di un inventario sommario (sono tre qua-derni manoscritti) e articolato sostanzialmente in cinque serie.

La prima è costituita dagli atti istitutivi e dal carteggio relativo al mona-stero; sono 24 buste, ordinate con un sistema alfanumerico, e datano dal 1613 al 1974. In questa serie si trovano i decreti di clausura e sui voti (con la di-chiarazione del 1672 di clausura del nuovo monastero da parte del vescovo

6 In archivio Di stato Di MoDena, Corporazioni religiose soppresse, dell’archivio della Vi-sitazione di Modena si conservano solo 3 filze e 3 registri (1611-1797).

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Ettore Molza), i riconoscimenti giuridici, i brevi pontifici (con il breve in per-gamena del 1668 di papa Clemente IX per la fondazione del monastero) e i decreti vescovili, le nomine dei padri spirituali e confessori, le visite e gli esa-mi canonici, le indulgenze, gli accordi con i vari ordini e istituti, le memorie delle visite dei papi Pio VII e Pio IX, i documenti sulle sorelle defunte e tut-to il carteggio inerente alle soppressioni, alle varie sedi del monastero (di cui appunto si è detto), all’educandato e alle eredità Rossi Verratti (con documen-ti e alberi genealogici della famiglia dal XVII secolo e con anche una splen-dida laurea dottorale miniata del 1686) e Pignatti Morano.

Una seconda serie, che data dal 1665 fino al 1990, è costituita da 11 bu-ste, ordinate cronologicamente; in particolare nella prima busta, si conser-va, all’anno 1665, la Memoria di un altare fatto erigere dalla duchessa [Lau-ra Martinozzi] ad Aix e, al 1669, la Storia del viaggio [durato quaranta gior-ni] delle fondatrici da Aix a Modena e la Storia della fondazione del Mona-stero di Modena.

La terza serie riunisce materiale vario, accorpato per argomento in circa 10 cartelle, relativo alla Devozione al sacro Cuore di Gesù (dal 1804), all’Im-magine della Maria Vergine Madre di Provvidenza e di Consolazione, vene-rata nella chiesa del monastero modenese (dal 1682), alle memorie relative a san Francesco di Sales (con bolle, relazioni, pastorali e circolari, dal 1665), a suor Giovanna Francesca Carandini (con decreti per la causa di beatificazio-ne, circolari, etc., dal 1717), a santa Margherita Maria Alacoque (con lettere, atti di beatificazione, canonizzazione, decreti, dal 1689) e di altre madri del-l’Ordine (dal 1669), alla casa estense (con lettere autografe, memorie, rela-zioni manoscritte e a stampa, dal 1646).

A questa documentazione, segue la serie delle Circolari, rilegate in volu-me, dal 1669 per un totale approssimativo di 170 unità archivistiche e 15 vo-lumi delle circolari di Elezioni (dal 1878).

L’ultima serie riunisce, dal 1669, i Libri dei voti, le cronache manoscrit-te del convento, i verbali delle elezioni, professioni e vestizioni, l’inventario generale della casa, i Verbali del Consiglio, il Libro del Capitolo e un libro di conti (dal 1782). Quindi si conservano oltre 300 documenti (inventariati) re-lativi alle autentiche delle sacre reliquie (dal 1665).

Presso l’archivio si trova pure una splendida raccolta di immagini su per-gamena, su cartolina, a stampa e in medagliette e una raccolta di circa 66 li-bri manoscritti, con preziose incisioni.

L’archivio è collocato in clausura, ma è possibile la consultazione, dietro richiesta alla madre superiora, nel locale destinato a parlatorio.

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1. archivio Del Monastero Della visitazione Di MoDena, serie Circolari dell’Ordine (dal 1669).

2. archivio Del Monastero Della visitazione Di MoDena,registro della serie Cronache del Monastero (dal 1669).

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3. archivio Del Monastero Della visitazione Di MoDena, particolare di uno degli armadi.

4. archivio Del Monastero Della visitazione Di MoDena,registro della serie Cronache del Monastero (dal 1669).

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5. archivio Del Monastero Della visitazione Di MoDena,due registri della serie Libri del Convento (manoscritti riccamente rilegati, dal 1669).

6. archivio Del Monastero Della visitazione Di MoDena,laurea dottorale di Filippo Nicelli (1688, in Carteggio Eredità Rossi Verratti).

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7. archivio Del Monastero Della visitazione Di MoDena,copertina della laurea dottorale di Filippo Nicelli (1688, Ibidem).

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8. archivio Del Monastero Della visitazione Di MoDena,registro della serie Libri del Convento (manoscritti riccamente rilegati, dal 1669).

9. Monastero della Visitazione di Modena, La Vergine Santissima con le educandedella Visitazione di Modena (miniatura della prima metà dell’Ottocento).

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Paulo Frederico BeBiano alunni Serra

L’archivio del monastero delle Clarisse di Santa Rosa di Viterbo

Cenni storici

L’attuale monastero di Santa Rosa dalla sua fondazione è rimasto nel suo luogo di origine. Il complesso monastico si è sviluppato lungo i secoli e il suo ampliamento è terminato nel secolo XII. La sua origine risale all’inizio del secolo XII, quando una pia signora radunò delle giovinette e gradualmente le educò alla vita monastica. Alla venuta in città dei primi compagni di san Fran-cesco le sorelle viterbesi si rivolsero a loro per avere una forma di vita, cosi adottarono quella di Chiara di Assisi, tanto da assumerne il nome dello stes-so monastero, Santa Maria in San Damiano: infatti le sorelle vennero chia-mate damianite.

Nel 1235 Gregorio IX visitò il monastero e le esentò dalla giurisdizio-ne vescovile e dal pagamento delle decime: in quest’epoca le suore erano già una ventina. Nel 1258 papa Alessandro IV, dopo una solenne liturgia in onore della piccola Rosa terziaria francescana, consegnò loro il suo corpo incorrot-to perché lo custodissero lungo i secoli, e ne stabili la festa da celebrarsi ogni anno il 4 settembre.

Alla sua ombra sbocciarono fiori dì santità e di opere caritative ma anche di fede, come l’Azione Cattolica Italiana per opera di Mario Fani; il culto del-la piccola santa si è esteso nel mondo intero e la presenza delle figlie di Chia-ra è stata continua lungo i secoli, fino ad oggi. Ben ventisette sommi pontefi-ci lo hanno visitato e hanno avuto speciale cura, compreso Paolo VI che tanto fece per il riscatto del monastero e del santuario avvenuto nel 1971.

L’inventario dell’archivio del monastero delle Clarisse di Santa Rosa da Vi-terbo

Fondo Antico

Il Fondo Antico, oltre ai registri cartacei, è anche costituito da circa 320 pergamene che vanno dal 1235 al 1288 - delle quali è in corso l’inventaria-zione. Nel 1873, con la soppressione nel Lazio delle corporazioni religiose, le pergamene più antiche, risalenti al 1204 e oltre, furono sottratte al monastero

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dal Demanio e consegnate all’Archivio di Stato di Roma: esse recentemente hanno fatto ritorno a Viterbo, presso l’Archivio di Stato. Attualmente sono in corso trattative per far sì che tornino a far un corpo unico con le restanti pre-senti presso il monastero.

Sono presenti bolle pontificie, lettere graziose, testamenti, atti notarili, cause, esenzioni del monastero dalla giurisdizione vescovile e dalle gabelle. Le pergamene che sono presso l’Archivio di Stato di Viterbo sono 48. Fra di esse la più importante è la seconda parte della bolla di papa Alessandro IV, la prima parte è conservata presso l’archivio del monastero. Delle origini si con-servano tre pergamene del papa Gregorio IX, che è il primo pontefice a visi-tare il monastero; ne seguono altre di Alessandro IV, di Innocenzo IV fino ad arrivare all’ultima di Giovanni Paolo II del 1984, bolla con la quale dichiara-va santa Rosa patrona dei fiorai del Lazio.

Lungo i secoli si sono susseguite lettere e bolle pontificie che riguardano non solo il monastero, ma tutto l’Ordine delle Clarisse, del Terzo Ordine Re-golare e delle altre istituzioni Francescane. Sono conservate anche lettere di porporati illustri della Chiesa e di altri personaggi.

Dopo questa breve premessa, che vuole colmare in parte un inventario particolareggiato di tutto il Fondo Antico, segue l’elenco dei registri cartacei e delle buste.

Numero del registro o della busta:

1 - Badessato di suor Teresa Rosa Trifogli, 1829-18322 - Badessato di suor Vittoria Felice Ceciliani, 1677-16793 - Badessato di suor Maria Lilia Savini, 1826-18294 - Badessato di suor Rosa Margherita Polidori, 1835-18385 - Badessato di suor Maria Maddalena Calabresi, 1713-17256 - Badessato di suor Innocenza Stagnari, 1790-17937 - Badessato di suor Rosa Margherita Polidori, 1841-18448 - Badessato di suor Anna Maria Caterina Veltri, 1793-17959 - Badessato di suor Felice Orsetti, 1738-174110 - Badessato di suor Efigenia Cavicchioni, 1705-170711 - Badessato di suor Giacinta Vittoria Romanelli, 1700-171212 - Badessato di suor Maria Lucida Benedetti, l644-167513 - Badessato di suor Chiara Isabella De Vecchis, 1817-182014 - Badessato di suor Maria Rosa Margherita Polidori, 1769-177115 - Badessato di suor Giacinta Vittoria Romanelli, 1709-172216 - Badessato di suor Felice Celeste Felici, 1690-169417 - Badessato di suor Rosa Margherita Polidori, 1775-177718 - Badessato di suor Eugenia Rosa Cecilia Bussi, 1737-1738

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19 - Badessato di suor Anna Maria Nuti, 1663-166520 - Badessato di suor Maria Rosa Margherita Polidori, l760-176321 - Badessato di suor Maria Maddalena Polione, 1647-164922 - Badessato di suor Maria Maddalena Polione, 1638-164023 - Badessato di suor Maria Angela Innocenti, 1654-165624 - Badessato di suor Maria Vittoria Mussi, 1671-167325 - Instrumentum C del Monastero di Santa Rosa, 170526 - Badessato di suor Maria Maddalena Polioni, 1651-165327 - Badessato di suor Teresa Costante Trifogli, 1832-183528 - Badessato di suor Aura Celeste Lozzi, 1685-168829 - Badessato di suor Maria Felice Giosin, 1649-1650 30 - Badessato di suor Maria Ifigenia Filagia Cavicchioni, l710-171231 - Badessato di suor Maria Vittoria Mussi, 1668-167032 - Badessato di suor Maria Dianora Vanni, 1641-164233 - Badessato di suor Maria Maddalena Polioni, 1630-163134 - Badessato di suor Maria Giulia Bussi, 1776-177835 - Badessato di suor Maria Aura Celeste Lozzi, 1695-169936 - Badessato di suor Maria Lilia Savini, 1823-182637 - Badessato di suor Teresa Marianna Capalti, 1787-178938 - Badessato di suor Giacinta Teresa Polidori, 1796-179839 - Badessato di suor Maria Innocenza Stagnari, 1784-178640 - Badessato di suor Anna Maria Caterina Veltri, 1781-178341 - Badessato di suor Maria Angelica Innocenti, 1666-166842 - Badessato di suor Maria Rosa, 1657-165943 - Badessato di suor Maria Orsola Rosolini, 1636-163744 - Badessato di suor Maria Maddalena Polioni, 1643-164445 - Badessato di suor Anna Caterina Angelica Bussi, 1683-168546 - Badessato di suor Maria Margherita Polidori, 1763-176547 - Camerlengato di suor Maria Lilia Savini, 1805-180748 - Badessato di suor Anna Maria Caterina Veltri, 1772-177449 - Badessato di suor Maria Vittoria Mussi, 1680-168450 - Badessato di suor Rosa, 1808-181051 - Badessato di suor Efigenia Filagia Cavicchioni, 1731-173352 - Badessato di suor Chiara Isabella De Vecchis, 1820-182353 - Badessato di suor Chiara Isabella De Vecchis, 1802-180454 - Badessato di suor Maria Maddalenna Polioni, 1634-163555 - Badessato di suor Maria Lucida Benedetti, 1674-167656 - Badessato di suor Maria Rosa Polidori, 1838-184157 - Badessato di suor Maria Rosa Margherita Polidori, 1838-184158 - Badessato di suor Maria Vittoria Mussi, 1695-169759 - Badessato di suor Brigida Celeste Scarinci, 1706-1708

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60 - Badessato di suor Chiara Francesca Rosa Nuti, 1680-169561 - Badessato di suor Caterina Guicciardi, 1645-164662 - Badessato di suor Giacinta Vittoria Romanelli, 1703-170563 - Badessato di suor Giulia Bussi, 1748-175064 - Badessato di suor Maria Innocenza Stagnari, 1778-178065 - Badessato di suor Felice Maria Orsetti, 1719-172166 - Badessato di suor Efigenia Cavicchioni, 1715-171867 - Libro dei depositi delle monache di Santa Rosa, 161268 - Camerlengato di suor Rosa Angela Moltoni, 1759-176369 - Libro delle licenze per l’ingresso al monastero degli estranei, 170170 - Instrumentum del venerabile monastero di Santa Rosa, 178471 - Spartiti di musica [all’interno anche l’Inno al papa Pio IX], 186172 - Libro del legato Canori, 186773 - Libro del ristretto dei conti e sentenze analoghe all’esercizio di ciascuna

badessa del venerabile monastero di Santa Rosa, 1862-189074 - Giornale delle spese del venerabile monastero di Santa Rosa di Viterbo,

1867-187075 - Giornale delle spese del venerabile monastero di Santa Rosa, 1851-

185776 - Giornale delle riscossioni del venerabile monastero di Santa Rosa, 185277 - Libro delle riscossioni del venerabile monastero di Santa Rosa nel ba-

dessato III di suor Marianna Geltrude Savini, 1852-186278 - Libro degli eredi di messer Giuliano Giuliani, 1622-162879 - Libro dell’educandato, 1844-188980 - Libro delle riscossioni del venerabile monastero di Santa Rosa, 1857-

186281 - Giornale delle spese del monastero di Santa Rosa, 1857-186282 - Libro del ristretto dei conti e decreti di uscite del venerabile monastero

di Santa Rosa di Viterbo, 1891-190683 - Giornale delle spese del venerabile monastero di Santa Rosa, 1844-

185184 - Libro delle riscossioni del monastero, 1862-187085 - Libro degli eredi di Pietro Magliolini, 1624-165486 - Libro di compra dei luoghi dei monti, 1624-165487 - Cabreo [con planimetrie a colori], 183988 - Libro di deposito e rinvestimenti del monastero, 1844-185889 - Libro di amministrazione del monastero, 1848-185890 - Giornale di spese del venerabile monastero di Santa Rosa, 1861-186791 - Libro di amministrazione del monastero di Santa Rosa, 186592 - Libro delle pensioni vitalizie delle suore dopo la soppressione del mo-

nastero, 1873

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93 - Sommario delle rendite del monastero di Santa Rosa di Viterbo, 1847-1848

94 - Sommario delle rendite del monastero di Santa Rosa di Viterbo, 184695 - Sommario delle rendite del venerabile monastero di Santa Rosa, 184596 - Sommario delle rendite del venerabile monastero di Santa Rosa, 1841-

185197 - Sommario delle rendite del venerabile monastero di Santa Rosa, 1848-

184998 - Libro di amministrazione del venerabile monastero di Santa Rosa,

1901-191199 - Sommario delle rendite del monastero di Santa Rosa, 1846-1870100 - Sommario delle rendite del monastero di Santa Rosa, 1847101 - Sommario delle rendite del monastero di Santa Rosa, 1874102 - Libro di acquisto e delle entrate e uscite della campagna e della vigna,

1876-1904103 - Registro mastro del venerabile monastero di Santa Rosa, 1899-1900104 - Libro delle entrate del dottor Francesco Soldati, 1700105 - Libro delle ricevute del medico del monastero, 1824106 - Inventari dei beni del monastero [con miniature], 1727107 - Memorie antiche del monastero, 1403108 - Memorie segrete del monastero [frontespizio con grande miniatura],

1612109 - Memorie della badessa suor Rosa Margherita Polidori, 1700110 - Esazioni dei beni del monastero, 1796111 - Inventario della sacrestia del monastero e santuario (chiesa monasti-

ca), 1862112 - Preparazione alla Santa Messa, 1800113 - Libro delle orazioni, 1890114 - Libro degli uffici del monastero, 1745115 - Libro delle entrate della sacrestia, 1746-1796116 - Libro dei capitoli conventuali per l’accettazione delle educande, 1853117 - Catasto del monastero, 1758118 - Libro dei capitoli conventuali, 1670119 - Libro delle entrate ed uscite, 1805-1807120 - Registro dove si annotano la professione religiosa delle suore e la loro

morte, sec. XVIII121 - Registro delle indulgenze, 1390122 - Registro dell’Instrumentum e atti notarili, 1400-1500123 - Registro delle ricevute dei professori dell’educandato, 1859124 - Registro delle ricevute dei confessori e cappellani del monastero, 1850125 - Registro della visita del cardinal Tiberio Muti, 1612

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126 - Registro delle ricevute del macellaro, 1861127 - Registro delle ricevute, 1880128 - Registro dello stato attivo di Giacomo Croce, 1804-1817129 - Particelle del Cabreo, 1786130 - Registro delle ricevute del monastero, 1869131 - Registro degli oneri delle Sante Messe, 1862-1873132 - Registro di amministrazione del monastero, 1799-1801 133 - Catasto del venerabile monastero di Santa Rosa, 1780 134 - Registro di amministrazione del monastero, 1800135 - Registro di amministrazione del monastero, 1799-1800136 - Catasto del venerabile monastero di Santa Rosa, 1780138 - Registro di amministrazione del monastero, 1800139 - Registro Instrumentum del monastero, 1551140 - Registro del badessato camerlengato di suor Maddalena Spinedi, 1557 141 - Registro di amministrazione del fondo per il culto per il monastero di

Santa Rosa, 1873 142 - Catasto del monastero di Santa Rosa, 1672 143 - Registro di amministrazione del monastero, 1748-1752 144 - Badessato di suor Barbara Rosalba Costante Pettirossi, 1734-1736 145 - Badessato di suor Angela Caterina Renzoli, 1751-1753 146 - Badessato di suor Chiara Maria Maddalena Calabresi, 1722-1724 147 - Badessato di suor Maria Agnese Celeste Delfini, 1739-1742148 - Badessato di suor Maria Giulia Bussi, 1754-1756 149 - Badessato di suor Maria Giulia Bussi, 1745-1747150 - Camerlengato di suor Gomesinda Maria Lancetta e suor Chiara Co-

lomba Polidori, 1744-1776151 - Camerlengato di suor Maria Vincenza Nelli durante il badessato di

suor Rosa Margherita Polidori, 1769-1773152 - Registro di amministrazione dell’educandato, 1752-1759153 - Registro di atti notarili e istrumenti del monastero, 1257-1400154 - Lettere e trattazioni di atti notarili del monastero, 1785-1809155 - Registro di amministrazione del Patrimonio di suor Maria Teresa Cro-

ce del fu Giacomo Croce, 1825156 - Messa miniata di santa Rosa, 1510157 - Registro delle spese per il restauro della chiesa del monastero, 1632158 - Registro del processo di santa Rosa sotto il papa Callisto III, 1457159 - Registro di atti notarili e di ricordi del notaio Honorato Ser Mattia

1598160 - Registro di amministrazione della sacrestia del monastero, 1825-1847161 - Catasto e ricordi del monastero, 1672162 - Registro delle entrate e uscite del monastero, 1624-1640

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163 - Registro delle procurazioni della campagna del monastero, 1630-1670

164 - Registro delle entrate e delle uscite del monastero, 1891-1901165 - Progetto per l’ampliamento della chiesa: architetto Federici, 1845166 - Registro Instrumentum del monastero, 1550-1560167 - Registro delle entrate e uscite del Comitato per l’ampliamento della

chiesa, 1895168 - Registro delle lettere riguardanti il processo di santa Rosa indetto dal

papa Callisto III, sec. XV169 - Registro dei ricordi dei procuratori del monastero, 1457170 - Registro degli atti notarili, sec. XIII171 - Libro dei luoghi dei monti, sec. XVII172 - Registro delle polizze di carte antiche raccolte dalla badessa suor Rosa

Vittoria, 1762173 - Registro cartaceo del processo di canonizzazione di santa Rosa ordina-

to dal papa Callisto III, 1457174 - Registro riguardante Santa Maria dell’Edera, 1588175 - Registro delle memorie storiche delle visite al monastero dei sommi

pontefici e dei personaggi regali, 1798-1804176 - Registro dei miracoli operati da santa Rosa nella città di Fabriano sot-

to il pontificato del papa Clemente XII, 1730177 - Piccolo officium liturgico in onore di santa Rosa, 1520178 - Orazioni per il triduo di santa Chiara e in preparazione alla festa del

transito di santa Rosa che si celebra ogni anno il 6 di Marzo 1800179 - Triduo in preparazione alla festa del transito di santa Rosa, 1890180 - Novena in preparazione del Santo Natale propria del monastero di

Santa Rosa, 1800181 - Triduo in preparazione alla festa del padre san Francesco, 1800182 - Officium Sanctae Rosae Virginis Viterbiensis, 1530183 - Officium Beate Rosae Virginis di suor Chiara Bencivenni [con minia-

ture], sec. XVI184 - Inventario A e B - Atti notarili di acquisto e donazioni fatte al Mona-

stero - Pergamene, fine sec. XIV185 - Officium Sanctae Rosae Virginis Viterbiensis ad uso di suor Ursula

Russolino, 1590186 - Orazioni per ben disporsi a ricevere l’olio santo, 1799187 - Vita di santa Rosa di Girolamo Vittori, 1612188 - Cabreo dei beni del monastero redatto con tutte le piante dal perito

agrimensore, sec. XVII189 - Inventario redatto al tempo della Repubblica Romana, 1810190 - Libro delle probande, 1890

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191 - Libro delle monache del monastero di Santa Rosa di Viterbo - Il loro monacato, professione e morte, 1843-1899

192 - Libro dei capitoli per le vestizione e professione, 1844-1906193 - Busta 1

Delegazione dei cardinali e vescovi per il processo di canonizzazione di santa Rosa - Bolle pontificie, 1457

194 - Busta 2Lettere di amministrazione e polizze, sec. XVIII

195 - Busta 3Ricette della spezieria del monastero, sec. XVIII

196 - Busta 4Lettere di amministrazione di Giuliano Bindi, sec. XVIIILettere di Alessandro principe Orsini e del conte Cioffi, secc. XVII-XIXLettere di Scarinci per il signor Anselmo Orsini, 1806Lettere del fratello della badessa suor Anna Maria Caterina Veltri alla medesima, 1783Lettere di Giovanni Battista Bussi al monastero, 1748, 1765, 1806

197 - Busta 5Corrispondenza con il monastero di Giuseppe Serafini, sec. XIXLettere del padre Raffaele Salini con il monastero e la sorella suora del monastero, sec. XIXCorrispondenza di suor Maria Teresa Croce riguardo al suo patrimonio lasciatele da suo padre Giacomo Croce e del suo passaggio al nostro monastero dopo la soppressione della Repubblica Romana, sec. XIXDichiarazione della badessa suor Chiara Isabella De Vecchis, sec. XIXMiscellanea di lettere, secc. XVII-XIX

198 - Busta 6Miscellanea di lettere, secc. XVI-XVIII

199 - Busta 7Miscellanea di lettere, secc. XVI-XVII e XIX

200 - Busta 8Lettere di amministrazione, secc. XVII-XVIII

201 - Busta 9Miscellanea di lettere, secc. XVI-XVIII

202 - Busta 10 Spartiti di musica proprie del monastero, sec. XIX

203 - Busta 11 Testamenti - Quietanze, secc. XVI-XVIII

204 - Busta 12Atti notarili rogati sotto i badessati di suor Ricci, suor Capalti, suor Pettirossi, suor Savini, secc. XVII-XIX

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Istrumenti, 1600Ricevute della badessa contessa suor Maria Innocenza Gentili, 1870Scritti di suor Maria Teresa CroceVisita dell’abate Damiano StellaAtto pubblico del signor BertarelliRicevute del medico Di Marco, sec. XIXLettere del signor Pinieri, sec. XVIILettere del signor Sante Starnini, sec. XVII Polizze, sec. XVII

205 - Busta 13 Lettere di amministrazione, secc. XVI-XIX

206 - Busta 14Lettere di amministrazione sec. XVII

207 - Busta 15Atti notarili, secc. XVI-XVIIILavori della cucina, 1870Lavori eseguiti nella chiesa e nel monastero, 1800Atti notarili rogati durante la Repubblica Romana, 1810Ricordi dei benefìci concessi al monastero dai sommi pontefici, cardi-nali e vescovi, secc. XIII-XVCappellania Filippo Canori, 1867Lettere, testamenti, ricognizioni dei legati delle Sante Messe, post 1870Lettera e relazione del vescovo di Sulmona Francesco Sanlazzaro e dei vescovi presenti al Concilio di Trento, 1546 Legati delle Sante Messe, post 1870Lavori eseguiti nel monastero, secc. XVIII-XIX

208 - Busta 16 Particelle del catasto del monastero di Santa Rosa, 1787-1828Particelle dell’inventario dei beni del monastero di Santa Rosa, 1653Particelle di note sull’indulgenze, benefici e altre cose particolari con-cesse al monastero di Santa Rosa dai sommi ponteficiRicordi del monastero di Santa Rosa 1500

209 - Contenitore 17Lettere riguardanti l’educandato del monastero, 1783Lettere del signor Raffaele Giovanni di Montalto della Marca, 1858Corrispondenza del monastero di Santa Rosa con il monastero di Roma e con le suore della Congregazione delle Filippine, 1863Corrispondenza del monastero con la signora Francesca Verdesi, 1862Corrispondenza del monastero con il signor Pietro Castori, 1873Corrispondenza del monastero con la madre suor Agnese della Nasci-ta di Gesù, 1636

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Supplica del monastero di Santa Rosa a sua santità il papa Benedet-to XIII perché concedesse loro l’acqua della Mazzetta, s. d. ma 1725-1730 ca.Lettere di Filippo Fantungheri di Orbetello al monastero di Santa Rosa, 1786Corrispondenza del monastero di Santa Rosa con la signora Francesca Viti, 1865Corrispondenza del monastero con il signor Pietro DumasCorrispondenza con il monastero del signor Pietro Pietrigi, 1786Corrispondenza con il monastero del signor Giuseppe Polidori, 1806Supplica di suor Maria Diomira della Santa Croce superiora del mona-stero di Santa Maria Egiziaca di Viterbo, sec. XIXCertificati rilasciati dai parroci al monastero di Santa Rosa e da esso richiesti delle aspiranti monache, 1764-1854Corrispondenza varia, secc. XVIII-XIXLicenza rilasciata dal vescovo di Viterbo per l’ingresso al monastero di Santa Rosa per visitare il corpo incorrotto della santa, alla signora Bancadori Geltrude e suo seguitoLettere di amministrazione, sec. XVIIICorrispondenza del signor Vannuzzi con il monastero di Santa Rosa, 1581-1593Corrispondenza con il monastero di Santa Rosa del signor De Sanctis, 1763-1798Corrispondenza tra il monastero di Santa Rosa e il signor Filippo Mar-tellacci, 1806Corrispondenza tra il Frate Pietro Donini di Senigallia e il monastero di Santa Rosa, 1827Corrispondenza del canonico Benedetto Rampiccia con il monastero di Santa Rosa, 1673Corrispondenza con il canonico Filippo Ambrosi di Ascoli e con suor Maria Chiara Isabella De Vecchis, 1802-1821Corrispondenza del vescovo Filippo di Montalto della Marca con suor Maria Lilia SaviniCorrispondenza tra le monache del monastero di Santa Caterina di Vi-terbo e il monastero di Santa Rosa

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Fondo Moderno

Il Fondo Moderno raccoglie in maggioranza documentazione e materiale d’archivio di vario genere che copre soprattutto i secoli XX e XXI e, in alcuni casi, i secoli precedenti. È ancora in corso l’ordinamento del Fondo Moderno: segue comunque un inventario sommario della documentazione archivisti-ca relativa al monastero e al santuario, nell’intento di dare uno sguardo il più ampio possibile sulla vita delle monache all’interno dello stesso monastero.

Numero dell’unità archivistica:

1Carteggio da e per suor Primetta - Padre D’Ostilio - Monsignor Luigi Boccadoro - Paolo Cenci - Carteggio per retrocessione monastero e san-tuario - Casa della fattora

2Rapporti con le suore Sacra Famiglia - Convenzioni e locazioni - Riconse-gna della rettoria - Abitazione del cappellano - Planimetria della parte più antica del monastero e abitata un tempo dalle suore della Sacra Famiglia - Retrocessione e consegna della rettoria da parte dello Stato Italiano

3 - Monastero di Santa Rosa:Acqua della Mazzetta - Codice fiscale monastero - Fognatura monastero e tubazione fontana - Passo carrabile - Casa di Santa Rosa - Tombe del-le suore presso il cimitero di San Lazzaro - Barbacane - Telegrammi - Case di Santa Rosa (Viterbo - Vitorchiano - Soriano) - Ostie - Tipografìe e case editrici - Riapertura antica porta San Marco - Pozzo romano e poz-zo artesiano - Riscaldamento - Nulla osta celebrazione matrimoni nella casa di Santa Rosa

4A - Casa del PellegrinoB - Convenzione per l’uso pastorale del santuario - Opuscolo per la co-struzione della chiesa 1845 con uno studio di Padre D’OstilioC - Acquisto della casa della fattoraD - Sala del Pellegrino

5 - Fatture:Tipografia Agnesotti - Acquisto detersivi - Lavastoviglie Zanussi - For-no Sala del Pellegrino - Casa di accoglienza - Autotrasportatori - Istitu-

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to di Vigilanza Privata - Telefoni e citofoni monastero - Falegname - La Nuova Tecnica - Lux Votiva

6 - Monastero di Santa Rosa:Cartelle personali suore - Contributi erogati alle suore

7 - Monastero di Santa Rosa:Registri dei verbali elezioni badessa e relative relazioni

8 - Monastero di Santa Rosa:Registri del Consiglio del monastero - Capitoli conventuali - Registro dei permessi - Registro uffici

9 - Monastero di Santa Rosa:Registri dei capitoli, delle vestizioni e delle professioni monastiche

10 - Monastero di Santa Rosa:Corrispondenza: Sorelle Minori - Mofra - O.F.S. - T.O.R. - Conferenza Francescana

11 - Album foto: Celebrazioni solenni - Liturgie - Festa di santa Rosa - Signori cardinali La Fontaine, Bracci, Micara, Piovanelli, Pompedda, Saraiva Martins

12 - Album fotografico della visita al monastero e santuario di Giovanni Pao-lo II - Incontro con i religiosi [1984]

13 - Monastero di Santa Rosa:Album di foto: convegni della Federazione di Santa Chiara d’Assisi

14 - Santuario di Santa Rosa:Album di foto: celebrazione liturgiche dei vescovi diocesani

15 - Monastero di Santa Rosa:Album di foto: ricognizioni del corpo di santa Rosa

16 - Monastero di Santa Rosa:Album di foto: ambienti del monastero

17 - Monastero di Santa Rosa:Album di foto: Azione Cattolica Italiana e incontri vari

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18 - Monastero di Santa Rosa:Album di foto: corteo storico di santa Rosa e boccioli di santa Rosa

19 - Album di foto: visite personaggi illustri e presidenti della Repubblica Ita-liana.

20 - Santuario di Santa Rosa:Album di foto: matrimoni celebrati nella nostra chiesa

21 - Monastero di Santa Rosa:Società artigiane di sartoria e maglieria: Scontrini e fatture - Ricevute di acquisto - Vidimazione bolla - Registri di carico e scarico delle fatture dei corrispettivi

22 - Monastero di Santa Rosa:Società Artigiane di maglieria e sartoria: Dichiarazione dei redditi - I.V.A. - I.N.P.S. - Numeri di codice fiscale e di partita I.V.A.

23 - Monastero di Santa Rosa:Personale del monastero

24 - Copie di documenti relativi al monastero e santuario [1926-1972] - I

25 - Copie di documenti relativi al monastero e santuario [1973-2002] - II

26 - Bollette:Telecom Italia - Sicea - Enel

27 - Bollette:Camuzzi

28 - Contratti: Telecom Italia - Camuzzi - Sicea - Enel

29 - Caldaie a metano - Parafulmini - Assicurazioni - Campioni cartoline del-la chiesa e del monastero - Impronta timbri monastero - Fiat 127 - Ape 50

30 - Abbonamenti a periodici e associazioni

31 - Fatture:Ricordini - Cera - Beni e prodotti in omaggio

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32 - Monastero di Santa Rosa:Fatture alimentari

32 - Monastero di Santa Rosa:Lavori urna contenente il corpo di santa Rosa

34 - Monastero di Santa Rosa:Provincia Romana dei Frati Minori Conventuali: Circolari del ministro provinciale - Cartelle frati / clarisse - Necrologi - Servo di Dio Padre Quirico Pignalberi - Varie

35 - Decreti Liturgici - Messa - Antifone - Inni in onore di santa Rosa - Facol-tà messa votiva - Altare e coro - Organo e Concerti

36 - Monastero di Santa Rosa:Suor Dolores: Documenti personali - I.V.A. - Redditi

37 - Monastero di Santa Rosa:Suore: Dichiarazione dei redditi - I.N.P.S. - Cassa Mutua Malattia Arti-giani, pensioni artigiani

38 - Santuario di Santa Rosa:Riscaldamento - Campane - Confessori - Cappellani - Scalinata - Loculo del vescovo Adelchi Albanesi - Via Crucis - Organo - Scala aerea Svelt - Vetri istoriati

39 - Monastero di Santa Rosa:Federazione di Santa Chiara delle monache Clarisse d’Italia: Circolari - Decreti Santa Sede

40Dichiarazione del monastero di Santa Rosa a Monumento NazionaleLegali rappresentantiCarteggio da e con il generale signor Giuseppe GrispigniRiconoscimento della personalità giuridica al monasteroRiconoscimento della personalità giuridica al santuarioIscrizione dell’ente monastero nel registro delle persone giuridiche del Tribunale di ViterboIscrizione dell’ente santuario nel registro delle persone giuridiche del Tribunale di ViterboCreazione dell’ente monastero ed estinzione dell’ente santuarioPrefettura di Viterbo: rilevazione degli enti cattolici

A.B.C.D.E.F.

G.

H.I.

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41 - Monastero di Santa Rosa:Federazione di Santa Chiara delle monache Clarisse d’Italia: Corsi - Convegni - Circolari presidente federale

42 - Santuario di Santa Rosa:Lavori di consolidamento della chiesa di Santa Rosa - Rinnovamento della copertura della cupola con lastre di piombo [1931-1935]

43 - Monastero di Santa Rosa:Legati: Palmira Maria Francesca Giannasi - Bianca Maria Pollini - Fi-dalma Taurchini - Cardinale Francesco Bracci - Luciano Corati - Maria Armani Vedova Oberziner - Anna Rosetto - Angela Guerci - Rosa Gros-si - Maria Gargana - Cesare Giustini - Angela Maria Carletti Duri - Suor Maria Gabriella Grispigni - Valtieri Duri - Anna Mognetti - Maria Luisa Mercanti Vedova Gentili - Marsilia Gatti VizzardelliRinunce a legati: Rosa Zanobbi Vedova Viale - Suor Rosa Giacinta Di Francesco

44 - Monastero di Santa Rosa:Beni Immobili - Via San Marco, Via Chiusa, Via Casa di Santa Rosa: Ac-quisti - Sfratti - Alienazioni [con visure e planimetrie]

45 - Monastero di Santa Rosa:Planimetrie varie monastero - Planimetrie catastali Visure catastali

46 - Monastero di Santa Rosa:Corrispondenza del monastero con monasteri situati nelle varie parti del mondo e con vescovi, laici e religiosi all’estero

47 - Monastero di Santa Rosa:Leggende e storia del monastero - Cronistoria

48 - Monastero di Santa Rosa:Cronistoria del monastero

49 - Monastero di Santa Rosa:Beati, Venerabili, Servi di Dio, scritti e testimonianze: Venerabile suor Maria Lilia del Santissimo Crocefisso, Venerabile Armida Barelli, Gian-domenico Lucchesi, Olga Biesta, Beata Elisabetta Canori Mora

50 - Monastero di Santa Rosa:Campi-scuola vocazionali: Programmi - Nominativi - Foto - Collaboratori

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51 - Monastero di Santa Rosa:Noviziato: Cartelle postulanti - Novizie - Professe temporanee - Relazio-ni madre maestra

52 - Monastero di Santa Rosa:Album immagini sacre antiche

53 - Monastero di Santa Rosa:Album immagine sacre antiche

54 - Monastero di Santa Rosa:Album immagini sacre secolo scorso

55 - Monastero di Santa Rosa:Album foto riguardanti il monastero

56 - Album foto circostanze varie

57 - Monastero di Santa Rosa:Album immagini di Santa Rosa del passato e del presente

58 - Album foto varie

59 - Album foto varie celebrazioni e avvenimenti

60 - Monastero di Santa Rosa:Album foto processione del cuore di santa Rosa in città

61 - Monastero di Santa Rosa:Album di cartoline e biglietti antichi

62 - Monastero di Santa Rosa:Album foto aspiranti

63 - Monastero di Santa Rosa:Album foto ambienti interni del monastero

64 - Album foto dei lavori eseguiti nel santuario e nel monastero

65 - Santuario di Santa Rosa:Foto incontro delle religiose con Giovanni Paolo II nel santuario di San-ta Rosa [1984]

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66 - Foto manifestazione varie nel santuario e nel monastero

67 - Monastero di Santa Rosa:Articoli di giornali: Pro Orantibus - Gemellaggio Suore Serve di Maria Riparatrice - Osservatore Romano - Concordato tra Stato Italiano e Chie-sa Cattolica

68 - Santuario di Santa Rosa: Matrimoni celebrati nel santuario - Nulla osta per la celebrazione dei matrimoni nel santuario - Nulla osta per la celebrazione dei battesimi nel santuario - Convenzione con il Comune di Viterbo per la custodia e la pulizia dei bagni del santuario

69Inventario fotografico santuario e monastero elaborato dalla Regia So-vrintendenza (con nota del 1983)Inventario fotografico descrittivo del santuario e della casa di Santa Rosa elaborato dalla Regia SovrintendenzaInventario fotografico descrittivo del santuario e della casa di Santa Rosa elaborato dalla Regia SovrintendenzaInventario fotografico dipinti su tela e suppellettili liturgicheInventari cartacei e fotografici ex-voto e arredi chiesa

70 - Azione Cattolica Italiana:Mario Fani - Relazioni del monastero con l’Azione Cattolica Italiana e i suoi presidenti e assistenti ecclesiastici - Tomba di Mario Fani nel san-tuario

71 - Santuario di Santa Rosa:Area presbiterale - Altare - Riscaldamento - Beni mobili - Altare ligneo coro - Confessionali - Ostensorio grande d’argento - Tabernacolo con 2 porticine - Ostensorio mariano - Statua lignea Madonna di Loreto - Qua-dro da riscattare - Pulpito in legno - Incisione presso urna - Banchi chiesa

72 - Anno Santo:Celebrazioni nel santuario dei pellegrini di passaggio e sua nomina a chiesa giubilare - Anno Santo 1933, 1950, 1975, 1983, 2000

73 - Monastero di Santa Rosa:Beato Giovanni XXIII: Benedizione autografa - Il Concilio Vaticano II e i suoi discorsi

A.

B.

C.

D.E.

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74 - Monastero di Santa Rosa:Documenti e stampati pontifici e vescovili: Encicliche - Messaggi - Istruzioni - Criteri direttivi - Costituzioni Apostoliche - Discorsi - Lette-re apostoliche - Indulgenze plenarie - Esortazioni apostoliche - Orienta-menti - Lettere pastorali - Testamenti spirituali

75 - Monastero di Santa Rosa:Corrispondenza varia: Carteggio con i sommi pontefici - Carteggio con vescovi, arcivescovi, cardinali - Carteggio con Anna Maria Vacca - Uf-ficio Diocesano per la Vita Consacrata - Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata - Questionario della Segreteria di Stato Vaticano - Con-ferenza Episcopale Italiana

76 - Monastero di Santa Rosa:Articoli di giornali, fotografie, cartoline: Papa San Pio X - Papa Paolo VI - Papa Giovanni Paolo I - Papa Giovanni Paolo II - Arcivescovo Lui-gi Bentivoglio - Cardinale Francesco Bracci

77 - Monastero di Santa Rosa:Don Alceste Grandori - Mario Fani - Cardinale Pietro La Fontaine - Ma-donna della Quercia - San Crispino da Viterbo - Azione Cattolica Italiana

78 - Monastero di Santa Rosa:750o anniversario della morte di Santa Chiara - VIII centenario della na-scita di Santa Chiara - Iniziative varie per il pellegrinaggio della reliquia della Santa nella nostra città

79 - A - 750o anniversario della nascita di santa Rosa [1983] - 750o anniver-sario della morte di santa Rosa - Bolla pontificia della proclamazione di santa Rosa a patrona dei fiorai del Lazio - Manifestazioni e celebrazioni nella città e diocesi - Processione per la città con il corpo di santa Rosa e sua ostensione nel santuario di santa Rosa

80 - B - 750o anniversario della nascita di santa Rosa [1983] - 750o anniver-sario della morte di santa Rosa - Bolla pontificia della proclamazione di santa Rosa a patrona dei fiorai del Lazio - Manifestazioni e celebrazioni nella città e diocesi - Processione per la città con il corpo di santa Rosa e sua ostensione nel santuario di santa Rosa.

81 - Monastero di Santa Rosa:Badessato [1988-1994, 1997-2000]

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82 - Monastero di Santa Rosa:Badessato [1994, 1997-2000]

83 - Documenti a stampa:Visita Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro [13 dicembre 1994]

84 - Santuario di Santa Rosa:Registri di celebrazione delle Sante Messe - Registro delle firme dei ce-lebranti

85 - Monastero di Santa Rosa [I]:Documentazione retrocessione monastero

86 - Monastero di Santa Rosa [II]:Documentazione retrocessione monastero

87 - Archivio del monastero e santuario di Santa Rosa - Rapporti con l’Archi-vio di Stato di Viterbo e Ministero dei Beni Culturali

88 - Registro delle firme dei visitatori dei vescovi e padri conciliari al tempo del Concilio Ecumenico Vaticano II

89 - Monastero di Santa Rosa:Registro delle firme dei visitatori della casa di Santa Rosa

90 - Santuario di Santa Rosa:Registri delle firme dei visitatori del santuario

91 - Santuario di Santa Rosa:Registri delle firme dei visitatori del santuario

92 - Santuario di Santa Rosa:Registri delle firme dei visitatori del santuario

93 - Monastero di Santa Rosa:Registri delle firme dei visitatori della casa di Santa Rosa

94 - Monastero di Santa Rosa:Cliché su Santa Rosa

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95 - Monastero di Santa Rosa:Autentiche dei vescovi Adelchi Albanesi, Luigi Boccadoro, Fiorino Ta-gliaferri per le reliquie di santa Rosa

96 - Stampo in metallo del particolare del volto di santa Rosa dello scultore Francesco Messina e sua documentazione - Donazione della figlia dello scultore della statua marmorea della santa al monastero

97 - Monastero di Santa Rosa:Foto di Santa Rosa - Campionario immagini e cartoline

98 - Monastero di Santa Rosa:Campioni immagini piccole di Santa Rosa - Vecchie cartoline

99 - Monastero di Santa Rosa:Teline stampate della fine del sec. XIX con l’immagine di santa Rosa

100-Monastero di Santa Rosa:Medaglie grandi e piccole in cera con immagini in bassorilievo di vario tipo - i cosiddetti Agnus Dei

101-Monastero di Santa Rosa:Velo, soggolo, cuffia e misura del corpo di santa Rosa

102-Monastero di Santa Rosa:Misura della mano e dei piedi di santa Rosa con autentiche antiche in uso delle badesse dell’epoca [1770-1890]

103-Monastero di Santa Rosa:Diapositive della vita di santa Rosa e di alcune opere pittoriche nel mon-do

104-Monastero di Santa Rosa:Autentiche per reliquie ex-abito, ex-velo di santa Rosa ad uso delle ba-desse

105-Monastero di Santa Rosa:Antiche autentiche per i cuscinetti e l’abito di santa Rosa

106-Monastero di Santa Rosa:Zucchetti dei sommi pontefici Pio XII e Giovanni Paolo II

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107-Monastero di Santa Rosa:Misura in rame delle mani e dei piedi di santa Rosa

108-Monastero di Santa Rosa:Cuscinetti e rose di santa Rosa

109-Santuario di Santa Rosa:Registri delle firme dei visitatori del santuario

110-Materiale documentario relativo alla visita di Giovanni Paolo II al mona-stero e al santuario [1984]

111-Fotocopie riguardanti documenti vari sulla chiesa e il monastero dopo il 1870 - Traduzione dal latino delle pergamene del Consiglio dei Venti-quattro e dei Quaranta fatto dal Comune di Viterbo con giuramento per la luminaria e la festa religiosa di santa Rosa [1512] - Offerta della cera al monastero in detta festa

112-Monastero di Santa Rosa:Articoli di giornali riguardanti la festa di santa Rosa, patrona della cit-tà di Viterbo

113-Monastero di Santa Rosa:Vari spartiti di musica in uso nel monastero

114-Lavori effettuati nel santuario e nel monastero.

115-Monastero di Santa Rosa:Amministrazione - Registri entrate e uscite - Matrici libretti assegni Po-ste Italiane, Ca.Ri.Vit., Banco di Brescia - Consigli sull’amministrazio-ne dei beni ecclesiastici

116-Monastero di Santa Rosa:Immagini e foto al laser su santa Rosa

117-Monastero di Santa Rosa:Autorizzazioni varie e stampati riguardanti santa Rosa

118-Monastero di Santa Rosa:Articoli di giornali e stampati relativi alla festa di santa Rosa

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119-Monastero di Santa Rosa:Festa di santa Rosa 4 Settembre: Lettere varie - Attività da svolgersi in tale circostanza - Audio cassette per la processione - Inni di santa Rosa per banda musicale

120-A - Monastero di Santa Rosa:Ricognizione del corpo di santa Rosa [1998]

120-B - Monastero di Santa Rosa:Studio effettuato sul corpo di santa Rosa durante la ricognizione del 1998 - Diapositive dell’endoscopia e radiografie - Foto e documenti vari

121-Monastero di Santa Rosa:Festa del 6 Marzo: Lettere da redigersi in tale circostanza - Festa dei boc-cioli e di tutti i bambini

122-Monastero di Santa Rosa:Attività varie ricreative e non in uso nel monastero

123-Monastero di Santa Rosa:Monografia di santa Rosa del professor Mario Signorelli [1962] - Lette-ra autografa del professor Mario Signorelli - Fotocopie di biografie anti-che della santa - Pergamene e partiture del Mistero di Santa Rosa di Al-bino Varotti

124-Monastero di Santa Rosa:Biografie di santa Rosa (in fotocopia)

125-Monastero di Santa Rosa:Biografie di santa Rosa e panegirici antichi (in fotocopia)

126-Monastero di Santa Rosa:Biografie antiche di Santa Rosa (in fotocopia)

127-Monastero di Santa Rosa:Liturgia delle ore in onore di santa Rosa - Articoli di giornale e opuscoli vari riguardanti santa Rosa - Dischi sulla vita di Santa Rosa

128-Monastero di Santa Rosa:Tavole sulla vita di santa Rosa dei signori Soffiantini, Cenci e Conti

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129-Monastero di Santa Rosa:Registri delle ricognizioni fatte sul corpo di santa Rosa [1921, 1962, 1983, 1991, 1998]

130-Monastero di Santa Rosa:Biografie antiche di santa Rosa (in fotocopia)

131-Monastero di Santa Rosa:Stralcio del diario della fondatrice delle Suore Serve di Maria Riparatri-ce - Lettera sulla visita alla santa di Silvio Pellico e della contessa di Ba-rolo

132-Monastero di Santa Rosa:Biografie antiche di santa Rosa (in fotocopia)

133-Monastero di Santa Rosa:Libro dei miracoli di santa Rosa di padre Ernesto Piacentini - Discorsi della presentazione del libro - Foto, veline e testo

134-Monastero di Santa Rosa:Minifacchini: Opuscoli e articoli di giornale

135-A - Monastero di Santa Rosa:Facchini di santa Rosa e macchina di santa Rosa: Foto, libri e francobol-li sulla macchina e sui facchini

136-Monastero di Santa Rosa:Santa Rosa patrona dei fiorai del Lazio - Documenti vari - Lettere dei flo-ricultori e fiorai

137-B - Monastero di Santa Rosa:Facchini di santa Rosa e macchina di santa Rosa: Disegno originale Volo d’Angeli di Giuseppe Zucchi - Riviste, foto e libri

138-A - Monastero di Santa Rosa:Corteo storico di santa Rosa: Registro di amministrazione - Lettere va-rie

139-A- Monastero di Santa Rosa:Boccioli di santa Rosa: Concorso - Disegni e temi

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140-B - Monastero di Santa Rosa: Boccioli di santa Rosa: Articoli di giornale - Disegni - Varie - Biografie della santa per bambini

141-C - Monastero di Santa Rosa:Boccioli di santa Rosa: Concorso scolastico - Temi, disegni e poesie [1988]

142-B - Monastero di Santa Rosa:Corteo storico: Domande contributi - Parte artistica, storica e religiosa

143-C - Monastero di Santa Rosa:Corteo storico di santa Rosa: Tavole e disegni originali dei figuranti del corto storico - Architetto Alberto Stramaccioni

144-Monastero di Santa Rosa:Origine del monastero - Relazioni - Statistiche - Cronistoria del riscat-to del monastero - Decreti - Adesione alla Federazione - Corrisponden-za con vari monasteri

145-Monastero di Santa Rosa:Regolamento interno - Registro dei verbali dei Consigli del monastero anno [1967-1978]

146-Monastero di Santa Rosa:Regola - Costituzioni - Direttorio - Statuti dell’Ordine di santa Chiara

147-Monastero di Santa Rosa:Noviziato - Regolamento - Rituali liturgici

148-Monastero di Santa Rosa:Frati Minori Conventuali: Missioni - Corrispondenza con i frati di Malta - Missione Indiana - Missioni italiane all’estero

149-Monastero di Santa Rosa:Registro dei Consigli del monastero - Capitoli Conventuali - Orario del monastero

150-Monastero di Santa Rosa:Federazione Italiana Santa Chiara d’Assisi: Necrologi - Federazione

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151-Monastero di Santa Rosa:Legati - Lasciti

152-Monastero di Santa Rosa: Ordine delle Clarisse: Statistica Generale - Album Clarisse - Manuale di preghiere - Stampa

153-Monastero di Santa Rosa:San Massimiliano Kolbe: Materiale riguardante il santo - Padri Conven-tuali - Basilica di San Francesco alla Rocca in Viterbo

154-Santuario di Santa Rosa:Restauri eseguiti nel santuario - Foto dei lavori e degli affreschi - Restau-ro della cupola del santuario e di tutti gli affreschi [1996-1997]

155-Monastero di Santa Rosa:Federazione di Santa Chiara d’Assisi: Circolari con breve biografia del-le sorelle defunte della Federazione

156-Monastero di Santa Rosa:Federazione di Santa Chiara d’Assisi: Foto delle suore in varie manife-stazioni

157-Monastero di Santa Rosa:Federazione di Santa Chiara d’Assisi: Statistica Generale - Statuti Fe-derali - Atti e convegni - Cenni storici dei monasteri - Direttorio [1969-1971]

158-A - Monastero di Santa Rosa:Cartelle delle sorelle defunte del monastero - Circolari - Cenni biogra-fici

158-B - Monastero di Santa Rosa:Cartelle delle sorelle defunte del monastero - Circolari - Cenni biografi-ci - Piccoli scritti personali

159-Monastero di Santa Rosa:Assistente religioso e delegato della Federazione e dell’Ordine - Corri-spondenza - Circolari

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160-Monastero di Santa Rosa:Frati Minori Conventuali: Corrispondenza - Circolari della Curia Gene-rale - Curia Provinciale - Convento di Viterbo - Stampa francescana

161-Monastero di Santa Rosa:Federazione di Santa Chiara d’Assisi: Noviziato - Cartelle personali del-le novizie - Orari - Programmi formativi e giornalieri - Rituali - Vestizio-ne - Professione religiosa - Corrispondenza con i superiori e con i mona-steri di origine delle Novizie - Relazioni madre maestra

162-Monastero di Santa Rosa:Federazione di Santa Chiara d’Assisi: Corsi di Formazioni - Convegni - Assemblea Federale

163-A - Monastero di Santa Rosa:Suor Maria Immacolata Virdis - Diario

163-B - Monastero di Santa Rosa:Suor Maria Immacolata Virdis - Lettere - Altri scritti - Piccola biografia

164-Monastero di Santa Rosa:Progetto e lavoro nuova cucina [2002]

165-Monastero di Santa Rosa:Registro delle entrate e delle uscite del monastero [1998-2000]

166-Monastero di Santa Rosa:Progetto e lavori casa di accoglienza [1995]

167-Monastero di Santa Rosa:Registro delle entrate ed uscite del monastero [1957-1958]

168-Monastero di Santa Rosa:Amministrazione - Registro del badessato di suor Maria Innocenza Fer-ri [1923]

169-Monastero di Santa Rosa:Registro di amministrazione del monastero, entrate e uscite [1962]

170-Santuario di Santa Rosa:Registro delle celebrazioni delle Sante Messe [1954]

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171-Monastero di Santa Rosa:Registro di amministrazione del monastero, entrate e uscite [1956-1957]

172-Monastero di Santa Rosa:Registro di amministrazione del monastero entrate e uscite [1960-1962]

173-Monastero di Santa Rosa:Registro di amministrazione del monastero, entrate e uscite [l974-1978]

174-Monastero di Santa Rosa:Registro di amministrazione del monastero, entrate e uscite [1958-1960]

175-Monastero di Santa Rosa:Registro di amministrazione del monastero, entrate e uscite [1978-1986]

176-Monastero di Santa Rosa:Registro di amministrazione del monastero, entrate e uscite [1970-1974]

177-Monastero di Santa Rosa:Registro di amministrazione del monastero, entrate e uscite [1966-1970]

178-Monastero di Santa Rosa:Registro di amministrazione del monastero, entrate e uscite [1962-1966]

179-Monastero di Santa Rosa:Registro di amministrazione del monastero, entrate e uscite [1984-1994]

180-Monastero di Santa Rosa:Registro di amministrazione del monastero, entrate e uscite [1995-1997]

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Appendice

Inventario delle pergamene del monastero delle Clarisse di Santa Rosadi Viterbo, attualmente ospitate presso l’Archivio di Stato di Viterbo

Pergamene n. 52 (1204 agosto 21 - 1452 marzo 12)

Numero della pergamena:

1 - 1204 agosto 21, Viterbo - mm. 133 x 349Alcune donne vendono due pezzi di terra al prete di Sant’Angelo in Spatha, in località Mura Materna, per 42 libbre di denari senesi.

2 - 1255 agosto 11, Anagni - mm. 647 x 744Papa Alessandro IV prende sotto la sua protezione il monastero di Santa Ma-ria (Santa Rosa).

3 - 1259 marzo 27, Viterbo - mm. 203 x 327Letizia e Pisana, e altri, cedono alla madre, a titolo di restituzione della di lei dote, la metà di un campo in località Valle di Castiglione.

4 - 1278 gennaio 9, Viterbo - mm. 185 x 508Giordano vende a Pietro un pezzo di terra in località Celleno.

5/A - 1285 marzo 21, Viterbo - mm. 197 x 376Pietro di Vico, d’intesa con fra’ Angelo da Rieti OFM, vende a Mattarozzo di Giovanni da Viterbo terreni confiscati a Burgundione eretico.

5/B - 1289 ottobre 17, Viterbo - mm. 167 x 435Mattarozzo di Giovanni da Viterbo vende a Gerardo di Giovanni di Oriente terreni confiscati a Burgundione.

6/A - 1287 giugno 11, Viterbo - mm. 260 x 574Ponzardo de’ Pulci, podestà di Viterbo, d’intesa con altri (due frati minori in-quisitori), vende beni di Guldetto di Pietro.

6/B - 1288 maggio 27, Viterbo - mm. 300 x 360Pietro del fu Angelo della Valle vende ad altri i beni dell’eretico Guldetto.

7 - 1295 aprile 6, Viterbo - mm. 375 x 667Vendita di un campo in Pian del Salice (Rivo Merlo). Nomina di un procura-tore e di un nuntius.

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8 - 1295 giugno 16, Viterbo - mm. 96 x 319Protesta per la mancata vendita di un fondo in località Riona.

9 - 1296 febbraio 21, Viterbo - mm. 249 x 531Vendita di una casa in località San Biagio.

10 /A - 1296 marzo 6, Viterbo - mm. 287 x 611Vendita di beni immobili ereditali posseduti in comunione pro indiviso.

10/B - (s. d., ma post 1296 marzo 6), Viterbo - mm. 192 x 541Vendita di beni immobili in comunione pro indiviso con il precedente.

11 - 1296 ottobre 6, Viterbo - mm. 143 x 484Due fratelli e un terzo costituiscono proprietario di immobili fra’ Simone [Of-freducci], già vescovo di Assisi.

12 - [1296] dicembre 11, Viterbo - mm. 162 x 240Un affittuario deposita il rispettivo canone di una vigna presso il notaio, per-ché il proprietario rifiuta di riceverlo.

13 - 1298 ottobre 9, Viterbo - mm. 293 x 420Si riceve denaro per dote.

14 - 1299 febbraio 18, Viterbo - mm. 357 x 524 Vendita di un terreno.

15 - 1299 marzo 23, Viterbo - mm. 209 x 549 Vendita di una vigna.

16 - 1307 agosto 1, Viterbo - mm. 189 x 283Conferimento di una casa in località Orto Sant’Angelo.

17 - 1316 settembre 20, Viterbo - mm. 313 x 818Testamento di Benencasa, detto anche Casella (con lasciti in denari paparini, suppellettili, immobili).

18/A - 1317 maggio 2 - 1317 maggio 25, Viterbo - mm. 170 x 865Istanza contro terzi per ricevere pagamento di affitto e restituzione di casa.Procedimento penale relativo.

18/B - 1317 maggio 4, Viterbo - mm. 170 x 560Contestazione di un’istanza per il possesso di una casa.

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18/C - 1317 maggio 30, Viterbo - mm. 160 x 281Esposizione dei fatti dell’istanza precedente.

19 - 1319 luglio 14, Viterbo - mm. 331 x 700 Vendita di una vigna.

20 - 1328 febbraio 19, Viterbo - mm. 276 x 614Vendita di un pezzo di terra in località Montegiberto.

21 - 1328 maggio 4, Viterbo - mm. 215 x 495 Ricevuta di dote.

22 - 1329 dicembre 24, Viterbo - mm. 202 x 287Divisione di beni immobili fra tre fratelli.

23 - 1333 aprile 25, Viterbo - mm. 267 x 527Vendita di un terreno in località Campolungo.

24 - 1334 giugno 1 - 1334 giugno 7, Viterbo - mm. 135 x 556Ingiunzione del console di Viterbo di restituire quattro scodelle di grano (mi-sura di Montefiascone), dieci mediali e mezzo (misura di Viterbo) e otto sol-di in denari paparini.Autorizzazione per atti esecutivi e su beni per mancato pagamento.

25 - 1339 marzo 13, Viterbo - mm. 414 x 627 Divisione di beni fra eredi.

26/I - 1344 maggio 14, Viterbo - mm. 157 x 667Ingiunzione di tre giorni per presentare ragioni in causa per beni di un mino-re.

26/II - 1344 maggio 21, Viterbo - mm. 160 x 556Presentazione di eccezioni.

26/III - 1344 maggio 26, Viterbo - mm. 170 x 655 Sono respinte.

27 - 1344 giugno 23, Viterbo - mm. 400 x 625 Vendita di una casa in Viterbo.

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28 - 1345 novembre 22, Avignone - mm. 435 x 317Il cardinale Bertrando de Deaux, per ordine di Clemente VI, dispensa le Cla-risse di Santa Rosa dal pagamento delle decime e delle contribuzioni per i le-gati e nunzi apostolici, fino a quando non avrà esaminato i privilegi in base ai quali esse hanno fatto tale richiesta.

29 - 1346 marzo 12, Viterbo - mm. 193 x 528Concessione in soccida di un bovino per tre anni (dietro pagamento).

30 - 1348 agosto 6, Viterbo - mm. 180 x 319Testamento contenente lascito al vescovo di Viterbo e ad altro erede.

31 - 1360 dicembre 19, Viterbo - mm. 160 x 767Vendita di un terreno con nomina di un procuratore.

32 - 1369 giugno 12, Viterbo - mm. 175 x 493Ricorso in appello alla Santa Sede contro sentenza del vescovo di Viterbo.

33 - 1378 febbraio 24, Viterbo - mm. 174 x 757Dote al futuro marito.

34/A - 1388 gennaio 28 - 1388 gennaio 29 - 1388 gennaio 31, Viterbo - mm. 218 x 700Autorizzazione ad una vedova di vendita all’asta per conto di minore.Acquisto di un terreno.Riferimento sempre allo stesso acquisto.

34/B - 1388 febbraio 1, Viterbo - mm. 233 x 660 La stessa vende un terreno del minore.

35 - 1388 novembre 4, Viterbo - mm. 234 x 698Vendita per conto di parenti di un pezzo di terra in Pian delle Sterpaglie.

36 - 1392 gennaio 5, Viterbo - mm. 212 x 491Testamento di una vedova con lasciti vari (in fiorini, denari, paparini, beni im-mobili).

37 - 1403 novembre 19 - mm. 249 x 606 Vendita di casa in San Luca.

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38 - 1406 ottobre 15, Roma - mm. 395 x 436Inhibitio extra curiam emessa in causa tra un prete da una parte e priore e ca-pitolo di Sant’Angelo in Spatha dall’altra.

39 - 1429 agosto 17, Viterbo - mm. 260 x 434Testamento di vedova con lascito ad altra donna e al vescovo di Viterbo.

40 - 1452 marzo 12, Viterbo - mm. 396 x 490Vendita di casa in Santa Maria in Poggio e suo trasferimento ad altro da par-te del nuovo proprietario.

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Centro studi interregionale sugli arChivi eCClesiastiCi

vite consacrate. gli archividelle organizzazioni

religiose femminiliatti della giornata di studidi ravenna (28 settembre 2006)

e di ravenna (28 settembre 2006)

a cura di enrico angiolini

mucchi editore

sezioneanaiemilia romagna

Comune di Fiorano Modeneseassessorato alle

Politiche Culturali

soprintendenzaarchivistica

per l’emilia romagna

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Claudia Baldini

Gli archivi delle comunità religiose femminili delleDiocesi di Ravenna e Faenza-Modigliana

Ringrazio per l’invito rivoltomi a parlare in questa sede di un argomen-to tanto interessante qual è il contenuto degli archivi delle comunità religiose femminili: si tratta infatti di un mondo di storia, di curiosità anche tenere, di drammi, di santità il più delle volte nascosta.

Dico subito che sugli archivi di molti monasteri regnerà ancora il silen-zio, il mistero, dal momento che le monache hanno timore che notizie riserva-te vengano portate all’esterno della loro comunità. Chiamate ed educate al si-lenzio e alla separazione dal mondo, esse ritengono che il più assoluto riserbo sia doveroso, indipendentemente dall’interesse storico del loro patrimonio.

Di fatto, in molti archivi, non c’è separazione fra le notizie storiche, per così dire istituzionali, del singolo monastero e le notizie riguardanti le perso-ne delle monache e le loro vicende personali, per cui si vogliono tutelare dal-l’esposizione al pubblico le vicende interne. Negli stessi necrologi che nor-malmente vengono diffusi nell’Ordine alla morte delle religiose, la loro storia viene epurata e ridotta ai dati fondamentali, a meno che non si tratti di perso-ne morte in concetto di santità, per le quali possa ritenersi possibile l’apertu-ra di un processo canonico.

Poiché in genere le monache non sono in grado di ordinare i loro archi-vi, e non desiderano affidarli a mani esterne, il problema resta spesso insolu-to. Alcuni archivi sono stati esaminati e parzialmente ordinati da un religioso del medesimo ordine che, con autorità, se ne è assunto il compito.

Ricordiamo che gran parte del materiale è andato disperso nelle varie soppressioni degli Ordini Religiosi, e, nel migliore dei casi, si ritrova, muti-lo, presso gli Archivi di Stato.

Archivio del monastero delle Monache Clarisse Cappuccine di Ravenna

È un archivio di tutto rispetto, ma non accessibile. Per ammissione delle stesse monache, esso contiene documenti manoscritti dalla fondazione (seco-lo XVII) in poi, salvati dalle dispersioni; essi rivestono una particolare impor-tanza: nelle notizie del monastero che si attingono dalle carte giacenti presso l’Archivio di Stato e l’Archivio Storico Arcivescovile di Ravenna non si tro-

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vano i cognomi delle monache ma solo i nomi religiosi, per cui non si risale alle famiglie d’origine.

I documenti conservati in monastero concernono la fondazione, avvenu-ta nel 1675, per opera di Giulia Pascoli, professa con il nome di suor Chia-ra, nella casa materna di via Cattaneo (allora detta Degli Stregoni, e poi Del-le Cappuccine Vecchie). Il chiostro, soppresso nel 1810, venne poi ricostitui-to nel 1823 presso la chiesa di Sant’Apollinare in Veclo, per il lavoro di suor Teresa Miani.

Archivio del monastero di Santo Stefano delle Monache Carmelitane di Ra-venna

Le monache possiedono documenti risalenti all’erezione del convento (intitolato a santa Maria Maddalena de’ Pazzi), fondato nel secolo XVII, a monastero di clausura papale, avvenuta nel secolo XIX: le Carmelitane si tro-vavano allora nel monastero di Santo Stefano degli Ulivi, già appartenuto alle Domenicane, sito in Piazza Mameli. In seguito alle successive traversie legi-slative, le Carmelitane vennero sloggiate e, nel ricostituire la comunità in via Guaccimanni, portarono seco il titolo di Santo Stefano. L’archivio non è or-dinato e contiene documenti che la comunità considera strettamente privati, per cui non è accessibile.

Archivio dell’Istituto Tavelli, convento di Ravenna della Congregazione del-le Vergini di san Giuseppe

Anche questo convento ha subito le conseguenze delle soppressioni, per cui molti documenti sono andati dispersi. Sorto in via Mazzini, angolo via Cerchio, nella casa della fondatrice, suor Andreana Tavella, l’Istituto venne trasferito nei Chiostri Francescani e successivamente nel Palazzo Lovatelli, sua odierna sede. Sorto come istituto di preghiera e ritiro, il convento fu con-figurato come Congregazione dalla madre Serafina Cardoni, che, dopo le vi-cende napoleoniche, accettò l’Educandato e ricevette dall’Arcivescovo mon-signor Codronchi, nel 1821, il convento «già francescano nella Parrocchia di S. Maria Maddalena in S. Francesco, in prima s. Pietro Maggiore» (cfr. arChivio StoriCo arCiveSCovile di ravenna, Sacra Visita n. 34, carpetta 3). Pare che il convento sia in possesso solo di una brevissima storia dell’Istitu-to, scritta da un sacerdote alla fine del secolo XIX.

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Archivio dell’Istituto delle Suore Serve di Maria Addolorata «G. Ghiselli»

Monsignor Giorgio Ghiselli, insieme a Margherita Zamara e ad alcune giovani, volle fondare un’istituzione per l’istruzione religiosa delle ragazze povere; le giovani si fecero religiose assumendo il nome di Figlie dell’Addo-lorata. Sorto nel 1852 come Educandato per fanciulle non agiate, ed elevato a scuola privata esterna femminile per l’istruzione elementare e l’insegnamento dei lavori muliebri nel 1860, Margherita Zamara di Domenico, nata nel 1823 e morta nel 1880, ne fu superiora a vita. Pochi i documenti conservati.

Archivio del monastero di San Giovanni Battista delle Clarisse Cappuccine in Bagnacavallo

Il monastero, sorto nel secolo XVIII, ebbe presto notorietà come luogo di educazione (termine con cui si indicava uno stato di incertezza sulla destina-zione delle giovani che vi erano messe, con possibilità di monacazione); lì fu posta «in educazione» a soli quattro anni Allegra, figlia del poeta Byron, che presto vi morì senza più rivedere alcun parente.

Nato con il titolo di San Gerolamo, il monastero ebbe varie vicissitudini con le soppressioni napoleoniche e con le leggi Siccardi: nel tentativo di far-lo sopravvivere, le monache si diedero sia a compiti educativi e di istruzione, sia a servizi ospedalieri. Infine, la comunità si sdoppiò, e si ebbero così il mo-nastero di San Girolamo e il monastero di San Giovanni Battista, eretto negli edifici del soppresso monastero Camaldolese maschile. Il monastero di San Girolamo, contando un numero esiguo di monache venne accorpato al mona-stero dell’Immacolata Concezione di Brescia, che conserva alcuni importanti documenti. Del monastero di San Giovanni Battista si conoscono le vicende della fondazione, a opera di suor Marianna del Sacro Cuore (al secolo Fran-cesca Cavalli) e della rifondazione, dopo le soppressioni, a opera di suor Ma-rianna Fabbri.

L’archivio è una miniera, esplorata nel 1935 dal frate minore cappuccino padre Luigi da Gatteo, che ha riassunto le notizie essenziali in una pubblica-zione dal titolo: Un’oasi nel deserto (Faenza 1935).

L’archivio del monastero contiene:12 buste di documenti manoscritti;Libri di vestizioni e monacazioni;Biografie delle monache defunte;Registri di capitoli.

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Archivio del monastero di Santa Chiara delle Clarisse Francescane in Faen-za

L’archivio conteneva in passato 8 pergamene, citate dal Tonduzzi nel se-colo XVII, e libri di memorie, citati dall’agiografo faentino Magnani; erano anche presenti bolle e brevi pontifici importanti, citati dal padre Minore con-ventuale Sbaraglia nella seconda metà del secolo XVIII (cfr. Bullarium Fran-ciscanum, 1149; II 9). Le preziose carte andarono perdute, dopo che furono consegnate all’abate G. B. Tondini.

L’archivio contiene:Libri delle vestizioni, professioni e morti delle religiose;Libri d’amministrazione, dal secolo XVII; Applausi poetici per monacazioni, del secolo XVIII.Le pergamene date all’abate Tondini vennero da lui elencate, ma non fu-

rono restituite: parte di quelle copiate dallo stesso, pare con diverse inesattez-ze, sono alla Biblioteca Comunale di Faenza; alcune si trovano all’Archivio di Stato di Roma. Libri sequestrati nel 1805 sono consultabili presso l’Archi-vio di Stato di Faenza.

Le notizie più rilevanti della storia del monastero sono raccolte nel libro: Memorie storiche del Convento e del Collegio di S. Chiara di Faenza (Fran-cesco Lanzoni, a cura di Carlo Mazzotti, Bologna 1939).

Archivio del monastero di Santa Umiltà delle Monache Benedettine Vallom-brosane in Faenza

Questo antico monastero, fondato da santa Umiltà nel medioevo, ha un archivio esiguo, a motivo delle tante traversie subite dal secolo XVI in poi, con relativi trasferimenti. Non ci sono i documenti relativi ai secoli XIV e XV. Altre perdite si ebbero con le soppressioni.

Restano: 2 libri di Ricordanze («A», dal 1562 al 1695; «C» dal 1756 al 1797);Vari libri di Memorie relative al secolo XIX;10 volumi di Miscellanea; Il Libro delle Educande; Il libro delle monache defunte.L’archivio è stato esaminato nel 1937-1938 da Piero Zama e da Bruno

Nediani, come si vede dal volume: Il monastero e l’educandato di S. Umil-tà di Faenza (1266-1938) (Faenza 1938). Otto libri dell’amministrazione del monastero si trovano presso la Sezione di Archivio di Stato di Faenza.

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Archivio del monastero di San Maglorio delle Monache Benedettine Camal-dolesi in Faenza

È presente nell’archivio di questo antico monastero, la cui sede origina-ria nel centro della città è stata abbandonata e distrutta, qualche antica perga-mena in parte non decifrata e vi sono anche pregiate cinquecentine. Diversi fondi relativi a San Maglorio si trovano alla Sezione di Archivio di Stato di Faenza; i Regesti sono raccolti nelle «Carte Rossini» della Biblioteca Comu-nale di Faenza, e sono citati da B. Calati e A. Savioli in: Il Monastero camal-dolese di S. Maglorio in Faenza (Faenza 1989).

Archivio del monastero di Santa Caterina delle Monache Camaldolesi in Faenza

L’archivio è completo, dalla fondazione, avvenuta in Forlì nel secolo XVI, al trasferimento forzato a Faenza nel 1862, prima in via Cavour, poi in San Maglorio. In seguito ai provvedimenti governativi degli anni 1881 e 1888, la comunità attraversò pesanti difficoltà e si stabilì poi in via Bondiolo.

Risultano presenti:5 buste di documenti con centinaia di fascicoli; Libri delle Vestizioni;Libri delle monache defunte;Memorie.L’archivio è stato visto da Carlo Mazzotti nel 1960, che ha citato alcuni

documenti nel volume: Il Monastero di S. Caterina a Forlì e a Faenza - Me-morie storiche (Faenza 1963).

Archivio del monastero della Santissima Trinità delle Monache Domenicane in Castelbolognese

L’archivio non è accessibile: contiene carte relative alla fondazione e alla vita della comunità dall’anno 1613.

Archivio del monastero di Santa Maria Maddalena delle Monache Agostinia-ne in Modigliana

L’archivio contiene un’interessante documentazione dalla fondazione, avvenuta nel 1548, ai nostri giorni, in cui notizie riservate sono mescolate a

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quelle più generali della storia del monastero. Le carte originali non sono sta-te ordinate.

Purtroppo, ho potuto comunicarvi dei contenitori con scarse indicazio-ni dei contenuti, per i motivi che ho esposto all’inizio, per cui la brevità era inevitabile.

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MariafiaMMa faberi o.s.c. – M. Giovanna cereti o.s.c.

L’archivio del monastero delle Clarisse in San Biagio di Forlì

1. Le Clarisse a Forlì

In questo fazzoletto di terra, compreso tra la piazzetta San Biagio, ora denominata Don Pietro Garbin, e la rumorosa circonvallazione, vivono da centoquindici anni le Sorelle Povere di santa Chiara: più di un secolo di vita clariana incastonato nella plurisecolare e molteplice presenza francescana a Forlì. Il monastero infatti è costituito dall’accorpamento, non poco disagevo-le e forzato, dei resti del distrutto convento di San Girolamo, dove per seco-li hanno vissuto i Frati Minori. Qui le Clarisse approdarono nel 1892, dopo instabili soggiorni in altri luoghi e dopo che, in nome della libertà, i gover-ni napoleonico prima e sabaudo poi le avevano cacciate dai loro antichi mo-nasteri di Santa Chiara e della Ripa, occupati militarmente. Romanticamente, le chiamavano le «sepolte vive», ma la loro presenza orante e discreta ha se-guito lo sviluppo della città e delle generazioni forlivesi fin dai tempi di santa Chiara cioè fin dall’inizio dello sviluppo dell’Ordine Francescano nella Chie-sa nel secolo XIII. La nascita delle Clarisse a Forlì avviene mentre è ancora in vita santa Chiara, non molti anni dopo il loro sorgere in Assisi, presso San Damiano.

Il primo monastero clariano a Forlì è il monastero di Santa Chiara

Le memorie più antiche delle Clarisse di Forlì sono in alcune pergamene dell’archivio della Cattedrale. La prima è del 26 dicembre 1256: le suore di San Damiano, capitolarmente unite in numero di 40, vendono alcuni beni al-l’ospedale di Santa Croce. L’altra è del 27 giugno 1257: il papa Alessandro IV esorta il Capitolo di Forlì a non impedire che le suore di San Damiano passi-no da Paderno (nel rione di San Pietro) al luogo detto Gualdo (presso San Bia-gio) dove rimase per molti secoli il Monastero di Santa Chiara.

Santa Chiara compatrona della città di Forlì

Del periodo successivo si ha una notizia importante: Il Novacula, nella sua cronaca, narra che

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«nell’anno 1483 alli 11 di agosto, vigilia di S. Chiara, la città, ad un’ora di notte venne scossa orribilmente dal terremoto [...]. Siccome le scos-se continuarono per un mese circa, i cittadini, considerando che il terre-moto era cominciato la vigilia di S. Chiara, invocarono la santa per es-sere liberati dal flagello, e risolsero di andare ogni anno in processione il dì della festa nella chiesa del monastero, dove si sarebbe cantata so-lennemente la Messa» 1.

Da quel momento, santa Chiara fu eletta compatrona della città di Forlì insieme a san Mercuriale.

Il monastero presso San Biagio fu soppresso nel 1810 e non fu più ripri-stinato. Nel 1484 era sorto a Forlì un altro monastero, di Santa Maria della Ripa o della Torre, in cui erano riuniti tre gruppi di suore del Terz’Ordine:

«Dovette tal monastero la sua erezione alla serva di Dio suor Margheri-ta Tramorti Aliotti, che impiegò in quel grandioso lavoro il suo ricco pa-trimonio, e a Pino Ordelaffi, che con munificenza adoperò le pingui ere-dità della madre e della sua seconda moglie, lasciategli appositamente per la fabbrica di un monastero» 2.

Poiché queste suore desideravano passare al Secondo Ordine, chiesero di fare venire alcune Clarisse dal monastero di Ferrara, che le aiutassero a segui-re la regola di santa Chiara:

«La grazia fu ottenuta probabilmente anche perché era ancora in vita o era morta da poco tempo donna Leonarda dei principi Ordelaffi, signo-ri di Forlì (la quale era abbadessa nel monastero del Corpo di Cristo nel 1456 quando S. Caterina di Bologna fu ricercata dai magistrati di quel-la città...). Dieci furono le religiose inviate a Forlì e giuntevi circa il 22 marzo 1484» 3.

1 archivio del Monastero delle clarisse in san biaGio di forlì, Un secolo di vita della Co-munità delle Religiose Clarisse di Forlì, p. 6. Altre notizie per gli anni 1348, 1390, 1401, 1412, 1427, 1460, 1472 e 1709 sono reperibili tramite lo Schedario Zaccaria, conservato presso l’Archivio di Stato di Forlì, ai nn.: 6176, 6261, 6313-6315, 6345-6346.2 archivio del Monastero delle clarisse in san biaGio di forlì, Un secolo di vita della Co-munità delle Religiose Clarisse di Forlì, p. 9.3 Ibidem, p. 10.

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Suor Serafina Scanelli, clarissa di rilievo

Dopo alcuni secoli molto fiorenti, come in tutti gli altri monasteri, la situazione cominciò a diventare critica, in seguito alle monacazioni forza-te. Una nuova svolta fu data dalla serva di Dio suor Angela Serafina Scanel-li (1712-1730):

«Anima ardente di zelo per la gloria di Dio, si adoperò per la riforma del monastero, e l’avrebbe compiuta se il demonio, permettendo Iddio per santificarla nelle contrarietà, non le avesse mosso le più aspre guer-re. Ma quello che non poté fare con l’azione lo fece con la virtù; poi-ché dopo la sua morte immatura, commosso dalla sua ammirabile vita, il monastero cambiò molto d’aspetto» 4.

Con la soppressione napoleonica anche queste monache, che avevano mantenuto il nome di Francescane della Ripa per distinguersi dal già esisten-te monastero di Clarisse, dovettero lasciare il monastero e quasi tutte si riuni-rono in San Domenico, con altre monache di Ordini diversi, nel 1824:

«questa importante notizia ce la fornisce mons. Bratti il quale, pochi mesi dopo la riapertura di S. Domenico, nella relazione della sua visita a Roma, fatta il 19 luglio 1824, ecco come si esprime riguardo alle no-stre suore: “Esiste poi un terzo che appena può dirsi monastero, poiché solo da 3 mesi - compiuti i restauri - le monache hanno cominciato ad entrarvi. Sono poi queste pervenute da diversi istituti e anche da diver-se diocesi. Tuttavia fra loro vivono in pace e la maggior parte sono per abbracciare la stessa regola [...] e la regola da professarsi sarà quella di S. Chiara, a norma delle Costituzioni di Urbano IV”» 5.

Papa Pio IX visita il monastero

Le difficoltà che le monache dovettero sostenere negli anni successivi, a causa di questa promiscuità, non furono poche, ma furono superate anche e sopratutto con l’aiuto dei superiori. Un avvenimento degno di nota, nel 1857, fu la visita del papa Pio IX. Ecco come una monaca, suor Matilde Mengoz-zi, descrive la visita:

4 Ibidem, p. 13. 5 Ibidem, pp. 26-27.

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«Sua Santità si prese da Palazzo per venire da noi appositamente, a suo-no di banda. Degnossi dunque la Sua Beatitudine entrare in questo nostro convento delle Clarisse in S. Domenico, e sull’ingresso trovò la porta della clausura spalancata e le suore tutte inginocchiate a due ali [...]» 6.

Cacciate dal monastero di San Domenico in ventiquattro ore

Dopo questo avvenimento lieto, nel 1860 se ne registra uno molto più doloroso: la cacciata dal monastero di San Domenico. Le forze militari del Regno d’Italia, appena costituitosi con l’annessione dei territori dello Stato pontificio, requisirono l’edificio per trasformarlo in caserma:

«l’improvvisa disgrazia, il dolore della partenza, la preoccupazione di dover sgombrare in ventiquattro ore il vastissimo locale, erano cause più che sufficienti a produrre nelle monache il più grande smarrimen-to, eppure, con la forza che viene dall’alto, quelle deboli creature det-tero prova di coraggio e sangue freddo. Invece di perdersi in lamenti, accettarono il colpo dalle mani di Dio, si misero attivamente al lavoro dello sgombero con l’aiuto di operai e facchini chiamati in fretta; ma se il loro dolore fu coraggioso non fu, per questo, meno intenso. Ignoria-mo l’ora della partenza: con certezza sappiamo solamente che partiro-no il 18 marzo 1860, nelle vetture inviate dai nobili della città che com-passionavano il caso pietoso. La sera erano tutte nel conventino dei Ro-miti, ristretto in pochi ambienti [...], lontano per sempre dal loro ama-to monastero» 7.

Pellegrine accompagnate dalla «Madonna della Ripa»

Da questo momento iniziarono una vera e propria peregrinazione per la città. Una nota importante in questo triste momento è l’avere sperimentato quanto era forte il legame che le univa alla Madonna, rappresentata su un af-fresco murale proveniente dal già citato Monastero della Ripa:

«in questo affrettato sgombero non riuscirono a far togliere l’affresco della Madonna della Ripa, e quando più tardi cercarono di riaverlo, non c’era più, e nessuno sapeva o voleva dire chi l’avesse tolto» 8.

6 Ibidem, p. 57. 7 Ibidem, p. 66. 8 Ibidem, p. 83.

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Ma per singolare prodigio attribuito dalle Clarisse alla Vergine l’affresco fu fortunosamente ritrovato e ridonato alle Sorelle:

«le suore ne aspettavano piene di consolazione l’arrivo, genuflesse pres-so il portone del monastero, e l’accolsero con lacrime di tenerezza, be-nedicendo e ringraziando Maria del suo pegno d’amore e di protezione [...]. L’immagine della Vergine rimase a custodia delle sue figlie e fu il loro rifugio e il loro conforto in quegli anni di prova» 9.

Ospitate dalle suore del Buon Pastore...

Cacciate da San Domenico, dapprima le Clarisse furono ospitate per vo-lontà del vescovo monsignor Pier Paolo Trucchi nell’edificio in via Monsi-gnani, già sede da qualche anno delle suore del Buon Pastore, accanto alle quali dimorarono; l’edificio era ristretto e malsano, la sistemazione precaria e poco idonea, quasi certamente anche la convivenza con una congregazione di vita attiva non facile:

«il repentino passaggio da S. Domenico a questo tetro luogo, dovette parere in principio, alle nostre suore, un brutto sogno, fu invece l’ini-zio di quella dolorosa Via Crucis che doveva terminare solo nel 1892. Esse rimasero la prima volta, quasi diciannove anni, e furono tutti anni di dolore. Quanto patissero così ristrette e sacrificate in un luogo tanto malsano, lo dimostra il fatto che in questo periodo morirono circa tren-ta suore, nella maggior parte giovanissime» 10.

...poi a Faliceto

Poi esse trovarono posto nel locale demaniale presso Faliceto, un tempo occupato dalle suore Terziarie Francescane e intitolato a santa Elisabetta:

«il nuovo monastero, posto in via Camaldolesi, era un piccolo locale senza alcuna bellezza, ma il suo aspetto quieto ed umile dette alle pie religiose l’idea di Nazareth, e perciò lo dedicarono alla Sacra Famiglia [...]. In questo piccolo convento le Clarisse rimasero appena otto anni, e neppure questi furono privi di pene. Le suore continuavano a mori-

9 Ibidem, p. 84. 10 Ibidem, p. 82.

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re con frequenza, sebbene un po’ meno che al Buon Pastore; le giovani che entravano erano poche» 11.

Quindi esse furono di nuovo costrette a tornare al Buon Pastore:

«Sembrava che la Comunità dovesse disfarsi, e tutti lo pensavano: nelle medesime proposte del Vescovo (che naturalmente agiva in buona fede, secondo il concetto che s’era formato), esse comprendevano le sue in-tenzioni di dividerle per sempre [...] oppure unirle alla comunità del Buon Pastore [...]. Se avessero voluto seguire la natura, parecchie suore avrebbero preferito la prima proposta, ma per l’amore che si portavano tra loro, sacrificarono i particolari sentimenti al bene comune» 12.

Nell’attuale convento di San Girolamo in San Biagio

Finalmente, dopo molta sofferenza, per interessamento del vescovo Do-menico Svampa, nel 1892 esse poterono trovare stabile dimora presso l’an-tico convento di San Girolamo dei Frati Minori Osservanti, ora detto di San Biagio. Qui aveva tenuto una delle sue prediche san Bernardino da Siena, qui avevano predicato pure fra Giacomo da Bologna e san Giovanni da Capestra-no, e queste memorie parlavano al cuore delle Clarisse:

«se il monastero non è bello, se è povero, se bisogna assoggettarsi a qualche mortificazione abitandolo, le Clarisse sono contente per la sicu-rezza che così com’è esso piace di più al loro Padre poverello del regale convento della Ripa e di quello sontuoso di San Domenico. Lo amano molto poi, perché è stato amorosamente preparato per loro dalla Prov-videnza del buon Dio ed è stato acquistato a prezzo di dolore da tante loro virtuose consorelle» 13.

La bomba del 10 dicembre 1944

Da questo momento cominciò per la Comunità un cammino sereno, in-terrotto però dai momenti tragici delle due guerre mondiali; la prima non por-tò disagi molto forti, mentre la seconda ebbe delle conseguenze piuttosto gra-

11 Ibidem, p. 94. 12 Ibidem, p. 97. 13 Ibidem, p. 101.

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vi, in quanto il monastero subì pesanti danni a conseguenza dello spostamen-to d’aria causato dalla bomba caduta sulla chiesa di San Biagio completamen-te devastata:

«questa sera, 10 dicembre 1944, alle 4,30, dopo qualche secondo di se-gnale della contro-aerea, tre apparecchi nemici, sorvolando la città a bassissima quota, hanno lanciato in diversi punti della città tre bombe ad aria compressa. Una è caduta sulla chiesa di S. Girolamo in S. Bia-gio, distruggendola completamente e trascinando nella rovina la cano-nica, il loggiato e locali annessi e tutta l’ala del convento rivolta ad est ed adiacente alla chiesa che per lo spostamento ha ricevuto il peso del-la chiesa in rovina [...]. Quanta desolazione e quanto spavento! La no-stra casa è tutto uno squarcio e una ferita» 14.

Successivamente vennero ricostruite, nell’arco di parecchi anni e a prez-zo di grandi sacrifici, le parti del monastero andate distrutte, Anche la chie-sa di San Biagio fu ricostruita, con una struttura diversa, negli anni del dopo-guerra.

L’aiuto della Federazione

Negli anni Settanta la Comunità dovette affrontare una nuova prova: in pochi anni vide morire parecchie Sorelle, senza un adeguato incremento di nuove vocazioni. Si rivolse perciò per chiedere aiuto alla Federazione dei Monasteri delle Clarisse (le Federazioni fra i monasteri di clausura erano da poco istituite per esprimere una piena comunione tra i monasteri); ed essa, sti-molata anche dall’intervento premuroso del vescovo di Forlì, monsignor Gio-vanni Proni, chiese la disponibilità di almeno due Sorelle degli altri monaste-ri federati. Così il 29 giugno 1980 madre Assunta Mauri, presidente della Fe-derazione Veneto-Emilia Romagna, proveniente dal monastero di Fanano, e suor Alessandra Tolomio, del monastero di Contarina - Porto Viro, si unirono alle Sorelle. Contestualmente giunsero a maturazione due forti desideri del-la comunità:

il passaggio dalla giurisdizione del Vescovo a quella dei Frati Minori, per poter esprimere con più autenticità il carisma francescano. La Sacra Congregazione, in data 24 maggio 1980, approvava tale passaggio.la comunità, che dalla fondazione aveva sempre professato la regola di Urbano IV, chiese alla Santa Sede di poter professare la regola di santa

14 Dal libro delle Cronache del monastero, anno 1944, 10 dicembre.

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Chiara, approvata da Innocenzo IV, che concede di non possedere nulla nemmeno in comune. La Santa Sede, con documento datato il 28 aprile 1981, accettò la richiesta.Di grande impulso e beneficio per una rinnovata vitalità di tutta la comu-

nità si è rivelata anche l’esecuzione di numerosi lavori di ristrutturazione del-lo stabile, che tuttora stanno proseguendo, con lentezza per la mancanza di fondi, ma con fiduciosa speranza.

2. L’archivio storico del monastero

Come si evince da questi cenni storici, il monastero delle Clarisse in San Biagio di Forlì ha, nel suo assetto e nella sua sede attuale, una storia relativa-mente recente, e questo non manca di riflettersi sulla consistenza del suo ar-chivio.

Non è in possesso del monastero alcuna documentazione diretta rela-tiva ai secoli precedenti la soppressione napoleonica: né per quanto riguar-da il monastero delle Clarisse «nel luogo detto Gualdo presso S. Biagio», né per quanto riguarda il monastero di Santa Maria della Ripa delle Francesca-ne, e neppure per il convento di San Girolamo in San Biagio, dei frati Mino-ri Osservanti. Si ipotizza la possibilità di intraprendere ricerche in proposito presso l’Archivio di Stato e presso l’Archivio Vescovile, per integrare le in-formazioni esistenti desunte dalla documentazione della Provincia Minoriti-ca e dalle cronache degli storici forlivesi Novacula, Calletti, Baccarini, Brat-ti, Bagattoni.

I documenti cominciano con il secondo decennio del 1800. La dispersio-ne vissuta nel corso del XIX secolo e soprattutto i diversi traslochi - di cui al-meno due forzati e realizzati in tempi assai rapidi - rendono certamente ra-gione della frammentarietà della documentazione conservata. Lo stimolo del presente convegno ha fornito l’occasione di intraprendere un lavoro di rico-gnizione e di riordino che era da lungo tempo auspicato ma, come facilmente accade in comunità piccole, era stato finora procrastinato.

L’archivio si presentava in discrete condizioni di conservazione: i docu-menti, contenuti in nove raccoglitori (quasi certamente della metà del 1800), erano custoditi nell’armadio dell’archivio, al riparo dall’umidità e dalla pol-vere. La sovrapposizione di etichette e scritte sul dorso dei medesimi già la-sciava intuire, tuttavia, una situazione di notevole disordine. L’indice esisten-te non permetteva più di conoscere il contenuto, per la non corrispondenza del materiale elencato nei fascicoli con i fascicoli esistenti, il che rendeva pratica-mente impossibile la fruizione dei documenti. Non c’era ormai più distinzio-ne tra archivio storico e archivio corrente.

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Alcuni faldoni erano fermi ad una opera di inventariazione risalente pro-babilmente agli anni Cinquanta del secolo scorso, testimoniata dall’uso, al loro interno, di fascicoli con titolo manoscritto e contenuto omogeneo, che aveva però escluso gran parte dei documenti relativi al periodo precedente l’arrivo nella sede attuale (1892), relegandoli nel primo faldone sotto il tito-lo generico di «Memorie storiche», senza ordine apparente. Aveva inoltre pri-vilegiato la documentazione istituzionale (rescritti, relazioni di visita, etc.) ri-spetto a quella amministrativa e contabile, e alle testimonianze interne della vita della comunità, conservate in numero decisamente scarso.

Diversi fascicoli avevano poi continuato a ricevere documenti fino alla soglia degli anni Ottanta, senza tuttavia che il materiale aggiunto fosse sem-pre omogeneo con la denominazione originaria del fascicolo. Gli ultimi fal-doni contenevano materiale assai vario, degli anni Cinquanta - Settanta, ac-cumulato in modo confuso, spesso presente in numerose copie e scarsamen-te significativo.

Data l’esiguità del tempo a disposizione si è pertanto deciso in primo luogo di operare la distinzione fra «archivio storico», comprendente la docu-mentazione fino all’anno 1940 incluso, di cui si è avviata la ricognizione, e «archivio di deposito-corrente», al cui riordino si provvederà in un momen-to successivo.

All’interno dell’archivio storico si è poi scelto di operare una ulteriore distinzione in due sezioni, corrispondenti a due periodi ben identificabili e di-stinti nella storia del monastero:

la Sezione I, per la quale si è mantenuto il titolo «Memorie Storiche» presente sul primo faldone del vecchio archivio, che raccoglie il mate-riale relativo al periodo precedente l’arrivo delle Clarisse nella sede at-tuale nel 1892;la Sezione II, che sotto la denominazione «Il monastero delle Clarisse in San Biagio» raccoglie il materiale relativo agli anni 1892-1940.Per quanto concerne l’archivio di deposito-corrente, alla cui organizza-

zione e inventariazione - come si è detto - si potrà provvedere solo in un se-condo tempo, si può forse già ipotizzare la possibile ulteriore periodizzazio-ne:

1941-1980, anno del passaggio dalla giurisdizione dell’Ordinario a quel-la del Ministro Provinciale dei Frati Minori, data che ha segnato una nuo-va significativa svolta nella vita della fraternità clariana portandola alla sua attuale configurazione giuridica;dal 1981 ad oggi.Si fornisce di seguito una breve rassegna del tipo di documenti presen-

ti in ciascuna delle sezioni già esaminate e delle scelte fatte in ordine alla sua catalogazione, insieme ad alcuni spunti di riflessione che ne sono scaturiti.

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3. Sezione I: «Memorie Storiche»

L’esame dei documenti «miscellanei» relativi al XIX secolo è stata l’ope-razione che ha suscitato maggiore interesse, pur essendo quella che ha richie-sto un tempo più lungo.

La discontinuità che le soppressioni ottocentesche hanno portato nella storia e nella vita quotidiana di congregazioni religiose, conventi e monasteri, rende a tutt’oggi poco accessibile la storia di quei decenni, a meno che qual-cuno dall’interno ne abbia curato la ricostruzione nei primi decenni del XX secolo. Questo è avvenuto nel nostro caso solo parzialmente, con il decisivo contributo di monsignor Bagattoni e di monsignor Adamo Pasini, Vicario del-la diocesi, che hanno sollecitato e sostenuto la conservazione della memoria delle «peripezie» del secolo precedente, anche attraverso la parallela consul-tazione dell’Archivio Vescovile e la trascrizione-traduzione di numerosi atti.

Importante è la cronaca Un secolo di vita della Comunità delle Religio-se Clarisse di Forlì. Si tratta di un testo di circa 150 pagine dattiloscritte ri-legate in quaderno, presente in copia unica nell’archivio del monastero. Non è datato né reca l’indicazione dell’autore, ma il fatto che la narrazione giun-ga fino alle celebrazioni centenarie del 1924 fa ragionevolmente supporre che sia stato compilato in quell’occasione, utilizzando materiale preso dalle Cro-nache del Monastero, con la collaborazione del Vicario della diocesi monsi-gnor Adamo Pasini e di altri storici dei Frati Minori e del clero diocesano.

Le annotazioni sul margine alto di numerosi documenti, nonché il tenta-tivo di raccoglierne alcuni puntandoli insieme, rivelavano inequivocabilmen-te che era stata anche realizzata una qualche forma di riordinamento. Purtrop-po i successivi numerosi (e forse talora maldestri) rimaneggiamenti hanno reso impossibile ricostruirlo, anche solo in modo congetturale.

I documenti di questa prima sezione sono pertanto stati schedati foglio per foglio. Dopo aver provveduto alla schedatura dei documenti si è optato per un ordinamento differenziato. Le prime sei posizioni, indicate con le let-tere da A ad F, riuniscono documenti eterogenei, del tipo più vario, e costitui-scono una Miscellanea ordinata cronologicamente:

nella posizione A sono stati raccolti alcuni appunti sulla presenza delle Clarisse e dei Minori Osservanti a Forlì: sono presumibilmente testi com-pilati all’inizio del XX secolo, ma sono stati collocati qui perché riguarda-no la storia dei secoli che hanno preceduto la soppressione napoleonica;nella posizione B e C sono raccolti i documenti relativi alla comunità che si riunì nel 1824 nel monastero di San Francesco in Santa Maria già delle Domenicane (detto comunemente «di S. Domenico»), rimanendovi per 36 anni, fino al 1860 (rispettivamente: in B le carte dal 1823 al 1840; in C le carte dal 1841 allo «sfratto» del 1860). La varietà delle denomina-

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zioni con cui il monastero e le monache in esso accolte vengono indicati testimonia - in modo più eloquente di tante parole - la faticosa ricerca di una fisionomia precisa per questa comunità che era derivata dalla riunio-ne di suore provenienti da vari monasteri e osservanze diverse. Tuttavia esistono degli indicatori che il periodo del San Domenico fu anche epo-ca di assestamento in un luogo preciso, che via via veniva plasmandosi in modo più funzionale alle esigenze della vita che in esso si svolgeva (si vedano le note di spese di vari artigiani per lavori di ristrutturazione ese-guiti anche in muratura). E fu pure epoca di incremento della comunità con l’ingresso di numerose vocazioni (si vedano i moduli stampati indi-canti la composizione del corredo e l’ammontare della dote richiesta per educande, coriste e converse). Stretti appaiono i rapporti con l’Ordinario e la Curia Vescovile, regolari le visite pastorali;nella posizione D sono stati collocati i documenti relativi al primo perio-do trascorso al Buon Pastore, dopo la requisizione dell’edificio del San Domenico per scopi militari operata dal Governo nel 1860. La documen-tazione è scarsa e, da un certo punto in poi, rivela la situazione venutasi a creare a seguito della soppressione del 1866: le monache non sono più in-dicate come tali, ma con il loro nome civile; le ricevute dell’affitto pagato per i locali occupati alludono alla situazione logistica precaria; le ricevute di «pensione» dicono quale fosse la fonte di sostentamento della comuni-tà, che conobbe in questi anni una cospicua riduzione di numero;nella posizione E sono riunite le carte relative al periodo 1878-1886, in cui le monache restanti si trasferirono nel locale demaniale di Faliceto, già monastero di Santa Elisabetta, e poi al periodo 1886-1891, in cui fe-cero ritorno al Buon Pastore. Non occorre altro indicatore che l’assenza pressoché totale di documenti e la tipologia dei pochissimi esistenti (ad esempio: nota di spese per trasloco, richiesta di proroga per lo sfratto da Faliceto, elenco degli oggetti lasciati in consegna al parroco di Ravaldi-no, etc.) per comprendere quanto debba essere stata ridotta al minimo e vicina ad interrompersi per sempre la vita della comunità;nella posizione F sono riunite alcune carte degli anni 1891-1892 che te-stimoniano i preliminari, le trattative e la realizzazione dell’acquisto del complesso di San Girolamo, già convento dei Minori Osservanti, che da circa mezzo secolo era stato venduto dal Demanio e adibito a privata abi-tazione.Seguono poi tre serie di documenti omogenei relativi a tutto il periodo

1824-1891:le relazioni delle visite pastorali realizzate dai vescovi;i rescritti di dispense chieste e ottenute per diverse circostanze;alcune carte relative a pratiche di pietà e indulgenze.

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4. Sezione II: Il monastero delle Clarisse in San Biagio, 1892-1940

Per questa sezione si è scelto di mantenere almeno nelle sue grandi linee la catalogazione realizzata negli anni Cinquanta. Pertanto non si è proceduto alla schedatura foglio per foglio (che potrà forse realizzarsi in seguito, qualo-ra si decidesse di procedere alla informatizzazione dell’archivio) ma solo fa-scicolo per fascicolo, con l’indicazione del numero di carte contenute; l’ordi-ne cronologico è stato conservato o, in molti casi, ripristinato all’interno del-le singole posizioni:

nella posizione «Abbadesse» sono conservati due tipi di carte: le confer-me delle nomine ad opera dell’Ordinario, con le eventuali dispense per età o numero di anni di professione da parte della Sacra Congregazione; e i resoconti di gestione, annuali o triennali di tutte le abbadesse del pe-riodo in oggetto. Una lettura attenta di queste ultime darebbe interessan-ti informazioni sugli orientamenti e gli intenti perseguiti da chi aveva in quegli anni la responsabilità del governo del monastero e anche di quel-la che, con termine certo più recente, potrebbe essere definita «animazio-ne della fraternità»;nella posizione «Clausura» sono conservati i permessi e le autorizzazio-ni in merito, rilevanti soprattutto trattandosi di un edificio non pensato come monastero, cosa che ha richiesto continui adattamenti;nella posizione «Confessori» sono riunite le nomine dei confessori or-dinari e straordinari, funzione che ha visto avvicendarsi in queste fun-zioni, nel periodo considerato, i rappresentanti più significativi del cle-ro forlivese;la posizione «Dispense» ha contenuto omogeneo con l’analoga serie pre-sente nella sezione I; lo stesso vale per le posizioni «Opere di pietà e In-dulgenze» e «Relazioni S. Visita», per le quali è stata mantenuta la stes-sa denominazione;la posizione «Liturgia e culto divino» raccoglie materiali eterogenei ri-guardanti la celebrazione dell’Ufficio e permessi relativi alla custodia del Santissimo Sacramento;la posizione «Rapporti con il parroco di S. Biagio» raccoglie un carteg-gio relativo ad un contenzioso sorto negli anni 1908-1909 per la tutela della separazione e la sicurezza sul lungo confine che il monastero ha in comune con l’adiacente chiesa parrocchiale;la posizione «Amministrazione» raccoglie la peraltro esigua documenta-zione di tipo contabile, in particolare quella relativa alla vendita di alcu-ne proprietà e all’acquisizione dell’orto attiguo;la posizione «Lavori» riunisce in alcuni fascicoli le carte riguardanti la-vori di ristrutturazione e ammodernamento di alcuni locali del monaste-ro, particolarmente l’infermeria e il noviziato;

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la posizione «Legati e vitalizi» contiene fascicoli relativi ad alcuni lega-ti e alle loro modificazioni successive;la posizione «Corrispondenza» raccoglie corrispondenza varia; di parti-colare interesse quella con alcuni missionari dei Frati Minori, che testi-monia una apertura alla dimensione missionaria, alla quale si partecipa-va anche con un supporto concreto;la posizione «Elenchi» raccoglie una serie abbastanza completa degli elenchi delle Ufficiali (indicanti gli incarichi assegnati a ciascuna sorel-la in sede di capitolo) e alcuni elenchi dei membri della comunità in anni diversi.Il periodo 1892-1940 si rivela, attraverso le carte che ha prodotto, por-

tatore di una sostanziale (e chissà quanto sospirata!) stabilità nella vita delle Clarisse del monastero in San Biagio; e se a tratti non mancarono difficoltà di ordine economico (testimoniate ad esempio dalla richiesta di autorizzazione a vendere qualche oggetto di valore), tuttavia si può dire che i documenti rive-lano una comunità costituita e stabile, retta per periodi significativi da alcune abbadesse, in dialogo costante e fecondo con il Vescovo e la Chiesa forlivese (si veda per esempio il contenuto e soprattutto il tono degli scambi epistola-ri con monsignor Raimondo Jaffei per tutto il corso del suo lungo episcopato, 1895-1932). Una comunità capace di intraprendere la ristrutturazione di parti significative dello stabile (si pensi alla fabbrica del noviziato), in risposta al-l’aumento del numero delle sorelle.

Di lì a poco, con il coinvolgimento del monastero nel bombardamento della chiesa di San Biagio, si sarebbe inaugurato un nuovo periodo di trava-glio e dolorosa precarietà di cui ancora sentiamo le conseguenze.

Indice dell’Archivio storico

Sezione I. «Memorie Storiche»

Faldone 1:A. Notizie storicheB. Il monastero in San Domenico, 1823-1840C. Il monastero in San Domenico, 1841-1860

Faldone 2:D. Al Buon Pastore, 1860-1878E. A Faliceto, 1878-1886, e ritorno al Buon Pastore, 1886-1891F. Acquisto del San Girolamo, 1891-1892

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Serie:Relazioni di S. Visita fino al 1891Dispense fino al 1891Opere di pietà e indulgenze fino al 1891

Sezione II. Il monastero delle Clarisse in San Biagio, 1892-1940

Faldone 3:Abbadesse Conferme e dispensa per età Resoconti di gestioneClausuraConfessoriDispense Sulla dote ed età Per digiuno d’Avvento Per la Messa della notte di NataleLiturgia e Culto divino Custodia del Santissimo Sacramento Ufficio Messa dello Spirito Santo nell’elezione dell’AbbadessaOpere di pietà e indulgenzeRapporti col parroco di San BiagioRelazioni S. Visita

Faldone 4:AmministrazioneLavoriLegati e VitaliziCorrispondenzaElenchi

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Claudio Riva

Gli archivi dei monasteri femminili cesenati

Al momento delle soppressioni francesi, a Cesena vi erano sei comuni-tà religiose femminili: due benedettine (Spirito Santo e San Biagio), una be-nedettina camaldolese (Santa Caterina), una di clarisse (Santa Chiara), una di clarisse collettine (Santa Maria delle Grazie) e una di clarisse cappuccine (Corpus Domini) 1.

1 Sui monasteri e conventi femminili cesenati si vedano i seguenti manoscritti: C. A. andRei-ni, Cesena sacra dove trattasi dell’origine di tutte le sue chiese di città, che della diocesi. Opera ricavata da manoscritti dell’illustrissimo e reverendissimo monsignore vescovo di Ce-sena Francesco de conti Aguselli così anche da altri monumenti antichi, ms., inizi sec. XIX (BiBlioteCa Comunale di Cesena, ms. 164.33), IV, pp. 3-4 e 17-74 (Spirito Santo), pp. 79-115 (San Biagio), pp. 123-166 (Santa Caterina), pp. 170-203 (Santa Chiara), pp. 204-258 (Corpus Domini), pp. 259-290 (Santa Maria delle Grazie); D. noRi, Descrizione di tutte le parrocchie della diocesi di Cesena, delli monasteri, de’ conventi, delli conservatori, degli ospitali, e de’ luoghi pii, ms., 1814 (BiBlioteCa Comunale di Cesena, ms. 164.68.A), pp. 417-420 (Spirito Santo), pp. 421-422 (San Biagio), pp. 423-424 (Santa Caterina), pp. 425-426 (Santa Chiara), pp. 427-428 (Corpus Domini), pp. 429-431 (Santa Maria delle Grazie); G. uRtolleR, Memo-rie sugli antichi monasteri di Cesena, supplemento a Storia delle parrocchie di Cesena, ms., sec. XIX (aRChivio dioCesano di Cesena, Cancelleria contemporanea, b. 318), pp. 26-28 (San Biagio), pp. 28-32 (Spirito Santo), pp. 8-12 e 32-33 (Santa Caterina), pp. 34-35 (San-ta Chiara), pp. 35-35bis (Santa Maria delle Grazie), pp. 35bis-37 (Corpus Domini); F. ZaR-letti, Monumenti cesenati in cui si parla dei conventi di questa città, ms., sec. XIX (BiBlio-teCa Comunale di FoRlì, ms. IV/24), cc. 607r-620v (Spirito Santo), cc. 621r-632r (San Bia-gio), cc. 633r-641r (Santa Caterina), cc. 648r-658v (Santa Chiara), cc. 659r-668v (Corpus Domini), cc. 669r-674v (Santa Maria delle Grazie); G. sassi, Ecclesiografia cesenate, ovve-ro descrizione delle chiese della città e diocesi di Cesena con documenti, e molte altre noti-zie particolari risguardanti la cattedrale, il suo capitolo, i suoi privilegi ed altro, le parroc-chie con la serie dei parrochi ed altro ad esse risguardante, ms., sec. XIX (BiBlioteCa Co-munale di Cesena, ms. 164.70.8), pp. 136-137 (Corpus Domini), pp. 199-204 (Spirito Santo); nonché, con indicazioni di pagine successivamente e opportunamente citate all’occorrenza, la seguente bibliografia: Non del mondo ma per il mondo. Gli istituti di vita consacrata nel-la Chiesa di Cesena-Sarsina, a cura di F. Bassi e B. monFaRdini, Cesena 1992; G. L. maset-ti Zannini, Gli ordini religiosi femminili (secc. XIII-XX), in Storia della Chiesa di Cesena, a cura di M. mengoZZi, I/1, Cesena 1998, pp. 309-377; C. Riva, Malatesta Novello e i monaste-

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Di tutte queste 2 solo due sono state ricostituite: una di benedettine (Spi-rito Santo) e una di clarisse cappuccine (Corpus Domini). Nuovamente sop-presse dallo Stato liberale, sono sopravvissute e rifiorite alla fine dell’Otto-cento. Vediamone in breve le vicende.

Monastero dello Spirito Santo

Le origini del monastero dello Spirito Santo risalgono alla fine del Tre-cento. Ubicato in contrada Talamello (oggi via Strinati e via Dandini, dove nel muro è ancora visibile la traccia d’una monofora dell’antica chiesa), gra-dualmente si allarga fino a estendersi alla contrada San Severo (oggi via Isei e via Tiberti), grazie all’acquisto di edifici confinanti e al lascito di Romolo Gennari. Dal 1692 al 1695 è costruita, su progetto dell’architetto Pier Mattia Angeloni, oblato filippino, la nuova chiesa dalla parte della contrada San Se-vero (oggi via Isei).

Spogliata dei suoi beni dai rivoluzionari francesi (1797), la comunità re-ligiosa è dapprima forzatamente accorpata a quella dell’altro monastero be-nedettino di San Biagio e poi soppressa. Disperse in case private, le singole monache sono ridotte a vivere con modeste pensioni e con la carità dei fede-li. Nel contempo la chiesa è profanata a magazzino di fieno e granaglia pri-ma e a fabbrica di nitro poi, mentre il monastero viene adibito a caserma e ad abitazioni private.

Caduto Napoleone, don Giuliano Mami, vicario capitolare di Cesena, supplica il Segretario di Stato, cardinale Enrico Consalvi (5 novembre 1815) di restituire il monastero al suo primitivo stato dal momento che il comples-so era rimasto di proprietà pubblica e che il ripristino, pur comportando spe-se, non sarebbe costato una follia.

Nel monastero, riaperto nel 1823 grazie anche ad un sostanzioso contri-buto del papa cesenate Pio VII, vanno ad abitare 49 monache superstiti dei monasteri cesenati (13 dello Spirito Santo, 16 di San Biagio, 20 di Santa Cate-

ri femminili cesenati, in Malatesta Novello nell’Italia delle Signorie. Fonti e interpretazio-ni, a cura di M. mengoZZi e C. Riva, Cesena 2005 (Società di Studi Romagnoli, Saggi e re-pertori, 32), pp. 249-267.2 Si fa presente che si conservano presso la seZione di aRChivio di stato di Cesena (= asCe), Fondo Corporazioni Religiose Soppresse (= CRS), gli archivi prenapoleonici di: Spirito San-to (bb. 988-1173), San Biagio (bb. 1363-1440), Santa Caterina (bb. 1174-1362), Santa Chia-ra (bb. 899-987), Santa Maria delle Grazie (bb. 1441-1506). L’archivio prenapoleonico del Corpus Domini è conservato presso il monastero stesso, ad eccezione di un registro deposi-tato presso asCe, CRS, b. 1507, Legati (1809-1810).

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rina) e 5 del monastero delle Sante Barbara e Caterina di Santarcangelo. Oltre all’attività contemplativa, le monache, sebbene di clausura, aprono pure un educandato femminile, «dove buon numero di giovanette profittano assaissi-mo sotto ogni rispetto». Nel 1839-1840 si procede alla ristrutturazione e al-l’ampliamento dell’edificio su progetto dell’architetto Mauro Pasini.

Nel 1865 il monastero viene nuovamente soppresso. Mentre il sottopre-fetto ne reclama i locali per adibirli a ricovero di mendicità (come poi avver-rà), le autorità civili propongono il trasferimento delle suore in Toscana, in un altro monastero dello stesso ordine. Dal canto loro le suore, per guadagnare tempo, impugnano il decreto, anche se contro ogni speranza, davanti al Tri-bunale di Forlì.

Requisiti i locali e nuovamente profanata a granaio la chiesa, le mona-che riparano in alcune abitazioni private fino a quando, verso il 1870, un pio sacerdote, don Pacifico Casanova, e alcuni benefattori vengono in loro aiu-to con la donazione di alcune case, site in via Isei e prontamente adattate per un minimo di vita comune. Sebbene propri, i nuovi locali non sono però suf-ficienti per le occorrenze d’una comunità religiosa. Anche se molto lentamen-te, le monache riescono tuttavia ad acquisire, nel corso degli anni successivi grazie alla generosità del marchese monsignor Ghino Ghini, altri fabbricati confinanti fino ad edificare nel 1916-1917 una nuova, anche se piccola, chie-sa sempre in onore dello Spirito Santo.

Reso quasi inabitabile, e costosissimo il suo adeguamento alle nuove norme abitative, le monache intraprendono nel 1989 la costruzione di un nuo-vo monastero, fuori del centro urbano, in via Celincordia 185, dove poi si tra-sferiscono il 28 settembre 1992 3.

3 Ibidem, b. 1076, Monastero dello Spirito Santo, Fondazione del nostro monastero del-lo Spirito Santo della città di Cesena, ms., secc. XVII-XVIII; Apertura di una nuova chie-sa, «Il Corriere Cesenate», 27 ottobre 1917; Non del mondo..., cit., pp. 45-48; G. L. masetti Zannini, Soppressioni e sopravvivenza di Benedettine in Romagna, in Il monachesimo italia-no dalle riforme illuministiche all’Unità nazionale (1768-1870), Cesena 1992 (Italia Bene-dettina, n. XI), pp. 77-117, alle pp. 101-104; G. Conti, Una storia perduta. Il monastero del-lo Spirito Santo a Cesena, «La Piê», LXI (1992), pp. 12-16; Le Benedettine nel nuovo mona-stero, «Corriere Cesenate», 3 ottobre 1992; Le monache benedettine sono liete di annuncia-re la solenne dedicazione della chiesa del loro monastero in onore dello Spirito Santo, Ibi-dem, 21 novembre 1992; masetti Zannini, Gli ordini religiosi..., cit., passim; Riva, Malate-sta Novello..., cit., pp. 253-254.

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L’archivio data dalla riapertura del monastero dopo la soppressione na-poleonica. Costituito da registri e cartelle è privo di inventario. Si prospetta di farlo a breve. Da una prima ricognizione si segnalano:

Discorsi sopra la regola di San Benedetto fatti alle monache benedettine di Cesena dall’Eminentissimo e Reverendissimo Signor Cardinale Denof loro vescovo l’anno 1696, ms., 1736Forma induendi et velandi novitias moniales ordinis Sancti Benedicti, Cesena, Eredi Biasini, 1790Memorie tratte dai documenti esistenti nella cancelleria vescovile e da alcuni cronisti di Cesena sulla esistenza delle monache benedettine di Cesena ab antico e loro monastero, ms. senza data [ma sec. XIX]Dotazione pontificia (1824), 1 fascicoloDecreti pontifici e vescovili (secc. XIX-XX), fogli scioltiRescritti vescovili per la vestizione delle probande (1825-1863), fogli sciolti Vestizione, professione e morte (1825-1966), 2 regg.Sedute capitolari (1839-1959), 1 reg.Distribuzione degli uffizi (1851-1971), 1 reg. Regolamento per la vita perfetta comune, ms., 1853Spese e esatti (1823-1833), 4 regg.Rendiconto (1833-1865), 12 regg.Coloni e stalle (1850-1863), 1 reg.Regolamento per l’educandato di Santa Scolastica diretto dalle RR. MM. Benedettine del venerabile monastero dello Spirito Santo in Cesena, ms., senza dataRescritti vescovili per l’ammissione delle educande (1826-1865), fogli scioltiElenco delle zitelle educande o probande (1827-1863), 1 mazzoGiornale delle signore educande (1850-1854), 1 reg.Conto delle signore educande (1861-1865), 1 reg. Documenti che riguardano la soppressione del monastero anno 1865, fogli scioltiResoconto classificato (1880-1890), 1 reg.Resoconto mensile (1880-1890), 1 reg. Resoconto (1895-1905), 1 reg.Eredità Vagnoni (1895-1936), 2 regg.Carteggio (sec. XX), fogli sciolti Posizione delle monache (sec. XX), fogli sciolti Professioni semplici, solenni e ricorrenze giubilari (1924-2004), fogli e pergamene sciolte

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Necrologi (1933-2003), 1 reg.Verbali del consiglio (1960-1978), 1 reg.Libro delle cronache (1961-1977), 2 regg.Carteggio amministrativo (sec. XX), fogli scioltiPosizione patrimoniale delle monache (1900-1936), 1 reg.Stato patrimoniale delle monache (1909-1928), 1 reg.Spesi e incassi (1905-1912), 1 reg.Podere San Giorgio (1915-1917), 1 reg.Podere San Vittore (1937-1945), 1 reg.Mastri (1932-1941), 10 regg. Patrimonio del monastero (1938-1939), 1 reg.Patrimonio dotale delle monache (1938-1939), 1 reg.Giornale (1958-1983), 9 regg.Stato economico (1973-1981), 2 regg.

Monastero del Corpus Domini

Con bolla del 23 novembre 1615 papa Paolo V autorizza la costruzio-ne d’un monastero per clarisse cappuccine in Cesena, sotto l’intitolazione del Corpus Domini. Il 29 settembre 1616, alla presenza di popolo, clero e reli-giosi, viene dal vescovo di Cesena, cardinale Michelangelo Tonti, piantata la croce di legno e benedetta la prima pietra in contrada Strada Fuori (oggi cor-so Comandini). Per tale opera aveva fatto dono di casa, terreno e denaro il no-bile Lelio Locatelli «piissimo cavaliere».

A lavori ultimati le cappuccine fanno il loro ingresso solenne il 13 di-cembre 1620. Per l’avvio e la formazione della comunità religiosa vengo-no a Cesena quattro cappuccine di Perugia. Nel 1675 due religiose di Cese-na si portano a Ravenna per l’apertura di un nuovo monastero di cappuccine in quella città.

Il 13 aprile 1681 è consacrata la chiesa dal vescovo di Cesena, cardinale Vincenzo Maria Orsini. Nel 1728 un incendio distrugge parte del monastero. Durante la permanenza delle truppe spagnole in Cesena (1742) le suore cap-puccine vengono beneficate dai generali Pacheco e Silva, che sostengono no-tevoli spese per il monastero e per la chiesa.

Dopo la confisca dei beni (1797), viene decisa dai rivoluzionari france-si anche la soppressione del monastero: «Nella mattina delli 10 luglio 1810 giorno di martedì tre ore dopo la mezzanotte per il decreto dell’imperato-re francese, per aver soppresso il convento, abbandonarono le cappuccine il loro chiostro e vestite da secolare andarono ogn’una di esse alla casa de’ loro parenti». Alla pari degli altri casi, alle monache viene concessa una pensio-

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ne con il divieto di vivere in più di tre nello stesso luogo. Lo stabile passa alla Congregazione di Carità che adibisce il monastero a ospizio per orfane e pe-ricolanti e la chiesa a cappella interna.

Con il ripristino dello Stato Pontificio (1814) il vescovo di Cesena, car-dinale Francesco Saverio Castiglioni, si adopera per la riapertura del mona-stero, che avviene però solo nel 1824 con il suo successore, monsignor Anto-nio Maria Cadolini, che scorpora dal patrimonio della Congregazione di Ca-rità il vecchio stabile.

Con la nuova soppressione del 1866 avviene ancora una volta la disper-sione della comunità religiosa. Nel 1885 le suore cappuccine vengono ospita-te da una pia signora fino al maggio 1891 quando, «con tutta allegrezza loro e consolazione», possono ritornare alla loro antica sede grazie all’acquisto fat-tone da alcuni benefattori.

Divenuto il vecchio monastero ormai fatiscente e non più consono alle nuove esigenze abitative, ne viene costruito, fra il 1965 e il 1966, uno nuovo in via Clarisse 205, davanti al Cimitero urbano, dove le cappuccine si trasfe-riscono il 22 dicembre 1966 4.

L’archivio data dalla fondazione del monastero. Costituito da registri, fa-scicoli e mazzi, è conservato e raccolto in cassetti numerati da 1 a 30 5. Dopo la seconda guerra mondiale è stata intrapreso il lavoro di ricognizione, inven-tariazione e catalogazione 6, rimasto purtroppo interrotto verso il 1975. Il la-voro è stato ripreso nel 2006.

In questa sede ci si limita a riportare i titoli dei principali cassetti con la segnalazione delle fonti più antiche e più significative.

Cassetto 1 - MEMORIE STORICHE

Paolo v, Bolla di erezione di un monastero di Cappuccine in Cesena, 23 novembre 1615Registro senza titolo, ms., sec. XVII, contenente: Bolla di erezione, 23 novembre 1615 (cc. 1r-7v); Impegno dell’Ospedale del Santissimo Cro-cifisso per il mantenimento delle monache cappuccine, 26 giugno 1615

4 Terminato il primo lotto del nuovo monastero delle Cappuccine, «La Voce. Corriere Cese-nate», 25 dicembre 1966; Nuovo convento delle Cappuccine, Ibidem, 8 gennaio 1967; Non del mondo..., cit., pp. 49-52; masetti Zannini, Gli ordini religiosi..., cit., passim.5 I registri e i principali documenti sono censiti in: Guida alla documentazione francescana in Emilia Romagna, I, Romagna, Padova 1989 (Fonti e Studi Francescani, II), pp. 282-285. 6 Archivio. Indice cassetti, dattiloscritto, senza data.

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(cc. 8r-10r); Impegno del cav. Lelio Locatelli per il mantenimento delle monache cappuccine, 26 giugno 1615 (cc. 10r-11r)M. A. veRoli, Memoria della fondazione del monastero delle reverende monache cappuccine della città di Cesena et dell’ingresso delle prime fatto in esso et di tutto quello che in esso è successo dal anno 1616 sino all’anno 1624, ms., sec. XVIIMemorie del monastero delle cappuccine di Cesena (1620-1810), ms., secc. XVII-XIXC. Casali, Fabbrica delle celle fatta dagli ufficiali spagnoli (1744), ms., 1744F. M. toni da lugo, Libro delle memorie spettanti al convento delle cap-puccine di Cesena (1620-1793), ms., sec. XIX (pp. 1-51), aggiunte 1838, 1857 (pp. 52-55)id., Libro della morte, e sepoltura di persone secolari, massime della nobil casa Fantaguzzi sepolte in questa chiesa delle reverende monache cappuccine di Cesena (1698-1801), ms., sec. XIX (pp. 1-14), aggiunte 1808, 1809, 1825, 1843 (pp. 15-20)id., Libro dei donativi fatti sì dalle religiose come da benefattori al con-vento delle cappuccine di Cesena (1646-1792), ms., sec. XIX (pp. 1-15), aggiunte 1808, 1824, 1826, 1853, 1857 (pp. 16-17)Dotazione pontificia, 28 luglio 1824Raccolta di notizie storiche desunte da vari cronisti, 7 fascc. ms., sec. XIXRaccolta di contributi apparsi in più pubblicazioni, 3 opuscoli a stampa, 1 opuscolo dattiloscritto, sec. XX Cronistoria del monastero delle cappuccine di Cesena (1614-1890), dat-tiloscritto, 1952-1956Cronistoria del monastero delle cappuccine di Cesena (1890-1956), dat-tiloscritto, 1952-1956Lettera da Montecampo (1944), ms., 1944Promemoria Montecampo (1944), ms., 1972, aggiunta dattiloscritta, 1974Memoria periodo bellico (19 luglio - 4 novembre 1944), dattiloscritto, 1974Cronaca del noviziato (1957-1958), 1 reg. Cronaca (1957-....), 4 regg. A. daltRi, Breve storia del Monastero delle Cappuccine di Cesena (1614-1890), dattiloscritto, 1962id., Breve storia del Monastero delle Cappuccine di Cesena (1890-1971), dattiloscritto, 1971[Fonti per la storia del monastero], dattiloscritto, 1971, contenente: M. A. veRoli, Memoria della fondazione del monastero delle reverende mo-

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nache cappuccine della città di Cesena et dell’ingresso delle prime fat-to in esso et di tutto quello che in esso è successo dal anno 1616 sino al-l’anno 1624 (pp. 1-31); C. Casali, Fabbrica delle celle fatta dagli uffi-ciali spagnoli (1744) (pp. 1-31); Memoria istorica sull’immagine di Ma-ria Santissima del Santo Amore che si venera nella chiesa delle reveren-de madri cappuccine di Cesena (pp. 1-24)Indice analitico degli avvenimenti più salienti del monastero delle mona-che clarisse cappuccine di Cesena dall’anno 1614 al 1984, dattiloscrit-to, sec. XXA. daltRi, Notizie delle Clarisse Cappuccine di Cesena estratte dalla cronaca del Monastero (1890-1971), dattiloscritto, 1971

Cassetto 2 - SANTA SEDE, CURIA DELL’ORDINE , VESCOVO, AUTORI-TÀ CIVILI, ecc.

Decreti e rescritti della Sacra Congregazione dei Religiosi (1741-sec. XX), 23 fascc. Sacre visite pastorali (1694-sec. XX), 7 fascc. Atti vescovili: confessore ordinario e straordinario, sindaco apostolico, delegato vescovile, ecc. (1880-....), carte sciolteDisposizioni vescovili (1924-....), carte sciolte Carteggio Curia generale, Curia provinciale, Assistente generale (1934-....), carte sciolte Altare privilegiato (1742-1851), 7 carte Erezione della Via Crucis (1745-sec. XX), 11 carte Indulgenze e privilegi (1634-sec. XX), 27 carte Iscrizioni e adesioni a confraternite e compagnie devozionali (1754-sec. XX), carte sciolteAutentiche di reliquie (1865-sec. XX), 12 carteAutentica di Maria Bambina di Mercatello (1953,1956), 2 carte Licenze vescovili (secc. XIX-XX), carte sciolte

Cassetto 3 - INGRESSO, VESTIZIONE, PROFESSIONE, ecc.

F. M. toni da Lugo, Libro dell’ingresso e vestizione delle religiose cap-puccine di Cesena (1620-1826), ms., sec. XIX (pp. 1-23), aggiunte 1828-1977 (pp. 23-78)id., Professioni delle religiose (1622-1827), ms., secc. XIX (pp. 1-20), aggiunte 1829-1982 (pp. 21-68) id., Libro dell’elezione della badessa (1649-1802), ms., sec. XIX (pp. 1-25), aggiunte 1805-1990 (pp. 25-71)

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Ingresso in postulato e noviziato (1890-....), 1 reg. Professione semplice e professione solenne (1902-....), con allegato: Pro-fessione semplice di diverse monache fatta a Ferrara nella casa sede della Federazione (1958-1962), 1 reg.Capitoli: ingresso in religione, ammissione al postulato, noviziato, pro-fessione semplice e solenne (1953-....), 1 reg. Esame canonico novizie cappuccine (1957-1967), 1 reg. Nuovi uffici (1809-1937), carte sciolteElezione badessa e consiglio, nuovi uffici (1939-....), carte sciolteDiscretorio (1954-....), 8 fascc.Delibere capitolari (1954-....), 1 reg.Pratiche per incardinare le sei sorelle di Mondaino nella comunità di Cesena (9 marzo 1970), carte sciolte Capitoli (1986-....), 5 fascc. Anagrafe monache clarisse cappuccine dalla fondazione, dattiloscritto, secc. XX-XXI

Cassetto 4 - DOCUMENTI CIVILI

Carteggio (sec. XX), carte sciolte

Cassetto 5 - STATO FINANZIARIO, BENEFATTORI, INVENTARI

Donativi di benefattori e lavori delle monache (1882-2004), ms., secc. XX-XXIInventari: Reliquie (1865), ms., 1865 Oggetti esistenti nel monastero (1954, 1964), 2 dattiloscritti Corredo di qualche monaca (1955-1963), ms., 1963 Quadri (1964), dattiloscritto, 1964; allegato: Carteggio (1964-....), carte sciolte Mobili (1969, 1986, 2007), 3 dattiloscritti Reliquie (2006), dattiloscritto, allegato apparato fotografico

Cassetto 6 - BEATA VERGINE DEL SANTO AMORE

Memoria istorica sull’immagine di Maria Santissima, che si venera nel monastero delle reverende madri cappuccine di Cesena: intitolata da prima la Mamma Santa della Fondazione, ed oggi detta - Madre del Santo Amore, ms., sec. XIXCarteggio (secc. XVIII-XX), carte sciolte

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Iconografie (secc. XIX-XX), stampe sciolte con allegati (cliché, negati-vi, ecc.)Inventario ex voto (1958), ms., 1958

Cassetto 7 - NECROLOGI

F. M. toni da Lugo, Morte e sepoltura delle religiose (1625-1800), ms., sec. XIX (pp. 1-55), aggiunte 1803-1984 (pp. 55-179) Necrologio (1986-....), 1 reg.Necrologi delle sorelle defunte nei singoli mesi, 12 dattiloscritti, secc. XX-XXI Indice delle monache defunte nei singoli semestri, 2 dattiloscritti, secc. XX-XXI Necrologi delle ultime sorelle di Mondaino (1940-1967), ms., 1967Indice alfabetico per cognome, dattiloscritto, secc. XX-XXIIndice alfabetico per nome, dattiloscritto, secc. XX-XXIIndice analitico, dattiloscritto, secc. XX-XXI

Cassetto 8 - MISCELLANEA DI MEMORIE STORICHE

Carteggio (1616-....), bb. 8

Cassetto 9 - DOCUMENTI PERSONALI, CERTIFICATI, TESTIMONIALI, TESTAMENTI, ecc.

Monache defunte o dimesse, b. 1Monache viventi, b. 1

Cassetto 11 - FEDERAZIONE MONASTERI CAPPUCCINE

Carteggio (1955-....), bb. 9

Cassetto 12 - SUOR VERONICA FARNÉ

Corrispondenza e documenti raccolti dalla comunità (sec. XIX), carte sciolteMemorie di suor Veronica Farné di Castel San Pietro dell’Emilia, morta in concetto di santità nel monastero delle monache cappuccine di Cese-na (copiate da un manoscritto dell’Archivio dei padri cappuccini di Bo-logna, scritto forse nel 1895), ms., senza data Memorie di suor Veronica e famiglia Farné e pratiche fatte per scrivere brevi cenni biografici, dattiloscritto, 1958

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[A. daltRi], Brevi cenni biografici di suor Veronica Farné morta in con-cetto di santità nel monastero del Corpus Domini delle clarisse cappuc-cine di Cesena l’anno 1884, dattiloscritto, 1958

Cartella 13 - REGOLA, COSTITUZIONI, COSTUMANZE

Constitutioni delle monache del secondo ordine di S. Francesco e della prima regola di S. Chiara sotto l’institutione, et reformatione della beata Colletta […] ad uso delle monache cappuccine di Ravenna, Roma 1693, allegato [Aggiunte per le cappuccine di Cesena], ms., fine sec. XVIIICostituzioni da osservarsi inviolabilmente dalle reverende madri cap-puccine di Cesena, ordinate nella nuova fondazione delle celle (1744), ms., sec. XVIII Forma vestiendi et velandi novitias moniales ac eligendi abbatissas, ms., sec. XVIII Decreti sinodali per le monache, ms., sec, XVIIIAggiunte fatte ai decreti […] dal vescovo Aguselli, ms., 1780 Orazioni che si dicono in coro e in chiesa, ms., 1831Orazioni che si dicono in coro e in chiesa, ms., 1862

Cassetto 14 - LEGATI

Ricevute di legati a favore del monastero (1733-1858), 4 regg. Legati a favore del monastero (1749-1808), 1 reg. Legati di messe (1824-1884), 2 regg. Cappellania Buccioli (1825-1899), 1 reg. (con allegati) Legato Baronio (1880-1932), 1 reg. (con allegati)Legato Gobbi (1881-1924), 2 regg.Legati messe (1924-....), 4 regg. Legato Bisarnesi (1957-1960), 1 reg. Legato Montanari (1961-1973), 1 reg. Legato Baracchini (1963-1967),1 reg. Legato Tesei (1966-1979), 1 reg. Carteggio amministrazione legati (secc. XIX-XX), carte e fascc. sciolti

Cassetto 15 - AMMINISTRAZIONE

Chirografo del cardinale Ippolito Aldobrandini per il sale da assegnar-si alle cappuccine (1626), ms., sec. XVIIIIntroito ed esito (1824-1836), 1 reg. Entrate (1837-1888), 1 reg.

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Spese (1837-1888), 1 reg. Amministrazione (1852-1914), 3 regg. Beni madre Sassi: conti colonici, inventario, amministrazione (1911-1932), 2 regg.Beni madre Fesani: amministrazione (1941-1950), 1 reg. Amministrazione (1942-....), 8 regg. Amministrazione prima nota (1975-....), 3 regg.

Cassetto 16 - FABBRICA VECCHIO MONASTERO

Carteggio (1887-1965), carte e fascc. sciolti

Cassetto 17 - FOTOGRAFIE

Fotografie vecchio monastero (1882-1965), bb. n. n.Fotografie nuovo monastero (1965-....), bb. n. n.Fotografie comunità (sec. XX), bb. n. n.

Cassetto 18 - CENTENARI DI SANTA CHIARA

Carteggio (1953), carte e fascc. scioltiCarteggio (1993), carte e fascc. scioltiCarteggio (2003), carte e fascc. sciolti

Cassetto 19 - DEVOZIONE, CULTO

Carteggio (sec. XX), carte e fascc. sciolti

Cassetto 20 - PIANTE, DISEGNI, PLANIMETRIE

Vecchio monastero (1773-1953), b. 1Nuovo monastero (1965-....), b. 1

Cassetto 21 - FABBRICA NUOVO MONASTERO

Carteggio (1965-....), carte e fascc. sciolti

Cassetto 22 - CARTEGGIO VARIO, MISCELLANEA

Carteggio (sec. XX), bb. n. n.

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Gian Lodovico Masetti Zannini

Archivi di monasteri femminili di Rimini

A Rimini più che in altre città di Romagna le soppressioni di monasteri femminili tra la fine del Settecento ed il primo decennio del secolo seguente ebbero conseguenze assai gravi 1. Si pensi che di tali comunità religiose esi-stenti ormai da secoli nessuna venne ripristinata né durante la Restaurazio-ne, ed anche in seguito, fino ai giorni nostri quando, nell’antica chiesa di San Bernardino e nel convento già dei Frati Minori Francescani, le Clarisse rinno-varono con quello stesso spirito l’antica tradizione claustrale 2. Nemmeno gli edifici, escluso quello di Santa Chiara, sono rimasti in piedi; gli altri durante la dominazione francese, o dopo l’annessione del 1859, furono abbattuti op-pure convertiti in altri usi, come caserme, o finalmente distrutti dai bombar-damenti nella Seconda Guerra Mondiale.

Ben poco di quanto riguarda la vita claustrale si è conservato negli archi-vi e, salvo alcuni documenti, la maggior parte di quel che rimane riguarda gli ultimi decenni del Settecento ed il primo dell’Ottocento, non peraltro che, per ragioni amministrative, i funzionari del regime occupante ne dovevano tener conto al fine di provvedere alle pensioni delle ex claustrate ed alla liquidazio-ne del patrimonio monastico. Alcune ricerche tuttavia dimostrano come sia possibile indagare con qualche frutto tra quanto rimane della documentazio-ne conservata presso l’Archivio di Stato di Rimini nella serie AB, dove affio-

1 Sulla situazione degli archivi riminesi confluiti, compresi quelli dei monasteri femminili, nella Civica Biblioteca Alessandro Gambalunga di Rimini e, dopo l’istituzione delle Sezio-ne di Archivio di Stato di Rimini con decreto ministeriale 27 marzo 1972, ma aperta al pub-blico il 1° giugno 1978, cfr.: Guida generale degli Archivi di Stato italiani, II, Roma 1983, pp. 266-278. Quanto riguarda Rimini vi fu curato da Giordano Pedrazzini. Trattarono sia de-gli archivi riminesi che della biblioteca Gambalunga: L. tonini, Storia civile e sacra rimine-se, voll. I-V, Rimini 1848-1888 (Ibidem, II, pp. 435, 622; III, pp. 379-723, passim); C. toni-ni, Storia civile e sacra riminese, vol. VI, 2, Rimini 1888, pp. 767-979; F. Bonaini, Gli archi-vi delle provincie dell’Emilia e le loro condizioni alla fine del 1860, Firenze 1861, pp. 162-165; G. MaZZatinti, Gli archivi della storia d’Italia, Rocca San Casciano 1897-1915, I, pp. 67-74; A. caMpana, Biblioteche della provincia di Forlì, in Tesori delle biblioteche d’Italia, a cura di D. Fava, Milano 1932, pp. 111-123.2 Il monastero venne fondato nel 1986 e perciò l’archivio, come ci ha gentilmente comunica-to la responsabile, suor Nella Letizia, contiene soltanto documentazione molto recente.

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rano, per i secoli precedenti al Settecento, relitti di archivi diligentemente for-mati e, con le soppressioni, vandalicamente scomposti.

Con queste premesse, tenendo presente quanto rimane soprattutto dei monasteri femminili riminesi, non possiamo ripetere quanto per altri fon-di meglio conservati aveva scritto un valente archivista, Marcello Del Piaz-zo, nel presentare la Guida generale degli Archivi di Stato italiani, nei qua-li appunto confluirono tali memorie storiche ed ecclesiastiche, con «immen-se quantità di serie di archivio che compongono il quadro del ricchissimo se-dimento documentario della storia del nostro paese» 3.

Del fondo antico delle Corporazioni religiose soppresse, per la diocesi di Rimini, rimangono nell’Archivio di Stato locale volumi e mazzi dei seguen-ti monasteri: San Sebastiano delle Canonichesse di Sant’Agostino, n° 208 dal 1417 e, con varie lacune, fino al 1799; Santa Maria degli Angeli delle Claris-se, n° 51 dal 1515 (con la stessa avvertenza) fino al 1805; Santa Chiara dello stesso ordine, n° 21 dal 1659 (come sopra) al 1805; San Matteo delle Serve di Maria, n° 48 dal 1552 (come sopra) al 1809; Sacro Cuore di Gesù, n° 20 dal 1640 (come sopra) al 1797.

Dei due monasteri che sopravvissero in diocesi e vennero abbandona-ti in questi ultimi anni (le loro carte seguirono in altre sedi le ultime mona-che), si trovano all’Archivio di Stato di Rimini n° 54 volumi e mazzi dei Santi Bernardino e Chiara di Mondaino, dalla fondazione, nel 1565, ed ancora con molte lacune fino al 1809, mentre l’altro monastero, quello di Santa Chiara di Verucchio, continuò ad esistere, solo che essendovisi concentrate le mona-che di Saludecio, abbandonò la regola di santa Chiara per seguire quella di san Benedetto. Perciò distinguiamo i due fondi archivistici: San Bartolomeo di Saludecio, con 26 volumi e mazzi dal 1668 (come sopra) al 1805, e Santa Chiara di Verucchio, con 27 volumi e mazzi dal 1586, come sopra, al 1809. Negli ultimi decenni del secolo scorso si chiusero i monasteri di Mondaino e di Verucchio, dove si conservava un libro di necrologi delle benedettine di Sa-ludecio, emigrato con le monache nel Veneto.

Se in città non rimase alcun monastero di clausura, nonostante il tentati-vo che fallì per ragioni logistiche di fondarvi quello della Visitazione poi tra-sferito in Liguria 4, vari istituti sorsero o stabilirono dimora in Rimini. Tra essi le Maestre Pie dell’Addolorata fondate dalla beata Elisabetta Renzi di Ri-

3 M. deL piaZZo, [Presentazione], in Guida generale degli Archivi di Stato italiani, I, Roma 1981, pp. XI-XII, a p. XI.4 Vedi il nostro: G. L. Masetti Zannini, «Monaca quasi per miracolo». Un carteggio di suor Maria Filippina Facchinetti visitandina in Rimini ed in Liguria, (1832-1880), «Ravennaten-sia», XVIII (2001) pp. 51-73.

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mini e le figlie della Immacolata Concezione della serva di Dio Angela Mola-ri, di cui è in corso il processo di beatificazione.

Alla nostra indagine sulla consistenza degli archivi delle varie comunità risposero soltanto i due suddetti istituti, il primo dei quali ha trasferito il suo archivio nella Casa generalizia a Roma 5, il secondo, che ha sede nel monaste-ro di Sant’Arcangelo (già delle Camaldolesi con poche carte antiche), possie-de un archivio di cui la maggior parte riguarda la fondatrice, nata a Rimini il 24 agosto 1821 e morta ivi il 21 novembre 1887. L’archivio storico comprende 5 cassette con 31 fascicoli. Altre cassette riguardano la amministrazione, l’edu-candato ed altre opere delle Figlie della Immacolata Concezione 6. Altre car-te e pergamene di monasteri di Rimini vennero estrapolate dai fondi originari e trasportate a Forlì nell’Archivio ora di Stato. Si tratta di n° 85 pergamene di San Sebastiano datate tra il 1383 ed il 1549 7. Altre pergamene provenienti da monasteri femminili si possono rintracciare tra quelle, in numero di 5.316 (dal 1015 al 1839), possedute dall’Archivio di Stato di Rimini 8.

Di provenienza monastica riminese sono i documenti che servirono al cardinale Giuseppe Garampi per la monumentale opera sulla beata Chiara de-gli Agolanti 9. La Biblioteca Gambalunga ne possiede una serie di documen-ti utilizzati per la conferma del culto, nonché una Vita della medesima, ade-spota, del secolo XVI 10. Nel Fondo Gambetti della stessa biblioteca trovia-

5 Mentre l’archivio della Congregazione, come ci venne comunicato dalla reverenda suor Zaira Buda, fu trasferito nella Casa generalizia in Roma, la documentazione relativa alla fondatrice fu pubblicata in: Ariminensis Beatificationis et Canonizationis Servae Dei Elisa-bethae Renzi fundatricis Magistrarum Piarum a Maria Virgine Perdolente († 1859) positivo super virtutibus ex officio concinnata, Roma 1985.6 L’archivio delle Figlie della Immacolata Concezione è composto in gran parte della docu-mentazione presentata alla Sacra Congregazione delle Cause dei Santi per la causa di beati-ficazione tuttora in corso, riordinato e regestato dal dottor Andrea Donati. Alla intercessione della serva di Dio, nota come «la Santa di Rimini», stigmatizzata e riconosciuta tale dal beato Pio IX, si attribuiscono molte grazie. Ne abbiamo trattato in: G. L. Masetti Zannini, La pro-va della perfezione in Angela Molari, fondatrice delle Figlie dell’Immacolata Concezione di Sant’Arcangelo - Rimini, Verucchio 1991.7 Guida generale degli Archivi di Stato italiani..., cit., II, p. 254.8 Ibidem, pp. 274-275.9 G. GaraMpi, Memorie ecclesiastiche appartenenti all’istoria e al culto della Beata Chiara di Rimini, Roma 1755; cfr. anche: Gli Agolanti e il castello di Riccione, a cura di R. copioLi, Rimini 2003, p. 555 (indice).10 G. MaZZatinti, Inventari dei manoscritti delle biblioteche d’Italia, II, Forlì 1892, p. 148, n° 67. L’inventario della Biblioteca Gambalunga fu redatto dal professor Attilio Tambellini. Si vedano anche: Documenti della Beatificazione di Chiara da Rimini, Ibidem, n° 63.

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mo la Vita di suor Ercola Rinalducci (secolo XVII) 11, mentre è rimasto negli scaffali manoscritti della biblioteca stessa il Cabreo di tutte le possessioni del monastero di San Sebastiano, ricco di notizie e di illustrazioni 12. Ma anche in collezioni librarie private non mancano documenti già appartenuti ad archi-vi monastici femminili di Rimini. A titolo di esempio citiamo quanto si con-serva presso di noi, ossia due manoscritti devozionali già appartenuti al mo-nastero di San Matteo di Rimini e, come sembra, passati poi con le ultime re-ligiose nel monastero di Sogliano, dove molto più tardi vi furono come edu-cande le sorelle di Pascoli. Il poeta dedicò, nelle Myricae una poesia a Le mo-nache di Sogliano, che così inizia:

«Dal profondo geme l’organotra ’l fumar de’ cerei lento c’è un brusio cupo di femminenella chiesa del convento» 13.

Si tratta della Novena in onore di San Pellegrino Laziosi 14 e di un al-tro adespota, che inizia con le parole «Imitari non pigeat quod celebrare de-lectat», di sant’Agostino, per analogo esercizio in onore di san Filippo Beni-zi 15. Entrambi risalgono al secolo XVIII.

11 Ibidem, p. 160, n° 10; forse di provenienza monastica riminese è il manoscritto della Vita di suor Cecilia Nobili di Nocera Umbra: Ibidem, n° 91.12 Cabreo di tutte le possidenze del venerabile monastero delle signore Canonichesse Late-ranensi di San Sebastiano di questa città di Rimino, 1793, opera di Simone Antonio Fabbri perito geometra e agrimensore di Gatteo; cfr. R. paGaneLLi, Tendenze della produzione agri-cola nel Riminese: i poderi del monastero di San Sebastiano nel secolo XVIII, tesi di laurea, Università degli Studi di Bologna, Facoltà di Economia e Commercio, a. a. 1988-1989, rel. prof. F. caZZoLa. La tesi è conservata nella Biblioteca dell’Archivio di Stato di Rimini. Ab-biamo riprodotto il frontespizio del Cabreo in: G. L. Masetti Zannini, Quel che passava il convento, «Romagna arte e storia», a. XI, n. 32 (maggio - agosto 1991), p. 35.13 G. pascoLi, Poesie, con avvertimento di A. BaLdini, Milano 1943, pp. 29-30.14 Novena in onore di San Pellegrino Laziosi dell’Ordine de’ Servi di Maria Vergine, mano-scritto di ff. 70, in BiBLioteca Masetti Zannini, BoLoGna, M. 248, acquistato a Ravenna pres-so la libreria antiquaria «Incipit nemo» il 17 luglio 1989. La segnatura del monastero di San Matteo con il n° 40 è applicata al dorso del manoscritto. Vi sono riferimenti alla vita monasti-ca femminile a ff. 13, 25, 42. Attualmente il monastero di Sogliano è sprovvisto di documenti anteriori all’ingresso delle Carmelitane (1988), come ci viene da esse comunicato.15 Il manoscritto inizia con il titolo: «Imitari non pigeat quod celebrare delectat». L’attua-le segnatura della nostra biblioteca è: M. 249, quella antica: 41; esso venne acquistato con il

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Il primo di questi manoscritti, dopo l’introduzione, propone così nove considerazioni per altrettanti giorni del pio esercizio, al fine di esercitare le coscienze alla imitazione di san Pellegrino, e di contrapporre alla virtù del Santo quei difetti che più notabilmente vi si oppongono; «onde dalla consi-derazione dell’una e degli altri ad ognuno s’apra il campo di trarne il profit-to» 16.

Nel secondo manoscritto viene meditata in otto «considerazioni» ed al-trettanti «colloqui» la vita di san Filippo Benizi e si esortano le religiose «a non sgomentarsi per essere copie troppo difformi ad un originale sì perfetto», ma invece a comportarsi come «un principiante di pittura» che, non riuscendo a copiare perfettamente l’originale propostogli, si ingegna «di trarne al vivo qualche lineamento» 17.

Entrambi i manoscritti terminano con l’esortazione a pregare per quel-l’autore «acciò insegnando agli altri impari [...] ad emendare e riformare se stesso, di cui si protesta all’estremo bisognoso» 18.

precedente e proviene dall’antico monastero di San Matteo di Rimini, e quindi da quello di Sogliano.16 Novena..., cit., f. 4r-v.17 Imitari non pigeat..., cit., f. 3r-v. Riferimento alla vita monastica femminile: Ibidem, f. 33r-v.18 Novena..., cit., f. 70r-v. Nell’Imitari non pigeat..., cit., si legge a f. 56r: «Un Pater e un Ave al Santo per chi ha scritto, acciò insegnando agli altri impari una volta ad emendare e rifor-mare se stesso, di cui si protesta all’estremo bisognoso».

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Suor AnnA ChiArA SAnulli o.S.A.

Archivio delle monache agostiniane del monastero diSan Giovanni Battista in Forlimpopoli. Inventario

Curioso è stato constatare, nel corso di questo studio, come svariati e molteplici siano stati gli spostamenti delle religiose del monastero di San Giovanni Battista nel corso dei secoli. Svariati e molteplici, sì, e probabil-mente anche travagliati se si pensa che la comunità fu costretta a tre sposta-menti significativi in poco più di un secolo!

Le prime fonti 1 che ne attestano la presenza nel territorio forlimpopole-se risalgono alla fine del secolo XIII (1292-1298). Conosciute con il titolo di «monache di San Giovanni Battista della Strada» 2, a causa della collocazio-ne geografica del monastero, nel 1330 vivono il primo spostamento entro le mura della città nel territorio della parrocchia di San Rufillo 3, cui segue nel 1360-1370 un ulteriore trasferimento a Forlì 4 nel convento di San Giovanni Battista dei maceri 5, a causa dell’invasione e della distruzione della città da parte dell’Albornoz.

1 ArChivio di StAto di Forlì (d’ora in poi: ASFo), Notaio Giovanni Bussolini di Forlì, 10 di-cembre 1298. È il primo documento che ci attesta l’esistenza delle monache di San Giovan-ni Battista in Forlimpopoli della fine del secolo XIII; si può ritenere che il monastero sia sor-to nel periodo di tempo che va dal 1292 al 1298.2 ASFo, Notaio Ruffino Vainoli di Forlì, 2 dicembre 1306. Questo documento ci fa notare che il monastero non era situato dentro, ma «presso» Forlimpopoli e viene chiamato «mona-stero di San Giovanni Battista della strada» di Forlimpopoli. Lo Schedario Zaccaria alla me-desima data e con il medesimo notaio porta il nome di monache di San Giovanni Battista di Forlì dette «della Torre».3 ASFo, Notaio Giovanni Alberti di Forlimpopoli, 13 agosto 1330. Dichiara che le monache si sono trasferite dentro la città nella parrocchia di San Rufillo ove hanno anche la loro chie-sa (attuale edificio delle scuole elementari).4 ASFo, Notaio Nicolò De Tagliaferri di Forlì, 18 aprile 1375. Attesta che le monache si sono trasferite a Forlì, ma continuano a chiamarsi di San Giovanni Battista in Forlimpopoli.5 Dai documenti dell’Archivio di Stato di Forlì pare che il trasferimento sia avvenuto nel 1370 e che l’allora abate di San Mercuriale concesse alla Comunità una casa in Forlì per fab-bricarvi una chiesa in onore di San Giovanni Battista. A tal proposito così scrive lo storico Emilio Rosetti: «Questa volta l’Albornoz entrato in Forlimpopoli, non si contentò di presi-diarla, come aveva fatto prima con Cesena e con Forlì, ma venne all’inaudita decisione di

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Dopo questi primi balzi di 30 anni in 30 anni, la comunità vive un se-colo e qualche decennio di tregua per poi rientrare nella sede di Forlimpopo-li nel 1518, ma è solo nel 1525 che le Monache ottengono il riconoscimento dell’appartenenza all’Ordine sotto la Regola di Sant’Agostino. A tale riguar-do abbiamo una conferma, anche se di cinque anni più tardi, nei regesti del-l’Archivio di Stato di Forlì:

«Breve di Clemente VII alle suore che vivono nel luogo dedicato a San Giovanni Battista di Forlimpopoli col quale conferma le grazie, i privi-legi, gli indulti ecc. concessi precedentemente dall’ordinario o dai lega-ti della Sede Apostolica, il loro modo di vivere e di vestire, ma anzi che siano considerate monache dell’Ordine di Sant’Agostino e partecipino quindi “priorissa seu magistra ac moniales et persone omnibus et singu-lis privilegiis immunitatibus concessionibus gratis favoribus indulgen-tiis et indultis aliis monasteriis et domibus eiusdem ordinis Sancti Au-gustini ecc.”» 6.

Da questo momento la comunità assume una precisa fisionomia, arrivan-do nel 1640 ad essere costituita da 59 monache coriste e 8 monache conver-se. Presenza significativa nel territorio locale sia come espressione spirituale che economica, dato che le norme ecclesiastiche del tempo prevedevano che ciascun monastero potesse accogliere nuovi membri solo in relazione alla sua possibilità di mantenimento e alle proprie rendite. Prosperità espressa anche dal fatto che tra il 1703 e il 1741 la Comunità accoglie ben 49 educande mol-te delle quali sono poi entrate a far parte della comunità.

Questa situazione di stabilità e prosperità comincia a sgretolarsi nel 1798 7, quando il Monastero viene soppresso in parte. Sette anni più tardi, precisamente il 19 agosto 1805 8, la Comunità è costretta a lasciare il proprio

spianarla. Infatti pubblicato un ordine ai cittadini di abbandonare al più presto possibile le loro case, queste nel luglio del 1360 vennero barbaramente saccheggiate, incendiate ed egua-gliate al suolo. Né fra tanta rovina furono rispettate le chiese o altro edifizio, chè tutto ven-ne distrutto, seminandosi poi fra le rovine il sale, secondo il costume dei tempi» (E. roSEtti, Forlimpopoli e dintorni. Storia e descrizione, Milano 1890).6 ASFo, Schedario Zaccaria, n° 7997, 11 febbraio 1530.7 ArChivio StoriCo ComunAlE di Forlimpopoli, Carteggio Amministrativo, 1807, VI, 21, prot. 456, ago. 28.8 Lo storico agostiniano Gavigan nel suo studio riporta la data dell’8 luglio riferendosi al trasferimento della Comunità a Roncofreddo e così si esprime: «Questo monastero trecen-tesco fu soppresso nel 1805 per - concentramento -, cioè le monache furono unite, l’8 luglio di quell’anno, alla Comunità agostiniana di San Bartolomeo in Roncofreddo» (J. GAviGAn

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Monastero per trasferirsi nella Comunità Agostiniana di San Bartolomeo in Roncofreddo:

«[...] Il capo dei sgheri, destinato alla vigilanza di tale traslocamento, intimò alle religiose nella sera del 18 agosto di esser pronte all’albeg-giar del giorno seguente alla intimata partenza. Abbassarono esse ri-verentemente il Capo alle divine disposizioni, e passando la notte nel-le giuste loro amarezze, ben presto videro spuntata l’aurora della ferale giornata dei diecinove agosto dell’anno più volte citato 1805» 9.

Sistemazione che durò ben poco, dato che nel 1810 anche la comunità delle monache di Roncofreddo venne soppressa 10 e alle religiose non rimase altra possibilità che essere riaccolte dalle proprie famiglie d’origine. Questa situazione di «esilio forzato» dall’amato chiostro e dalla vita fraterna si pro-trasse per 18 lunghi anni, e solo il 24 giugno 1828 le religiose poterono rien-trare nel monastero 11 e riprendere il velo, ma già nel 1862 il decreto di «Sop-pressione degli Ordini Religiosi nel regno d’Italia» privò le monache della proprietà del monastero, che dovettero nuovamente abbandonare nel 1910.

La sorte volle che tramite l’interessamento del signor Cristoforo Fabbri, fattore della comunità, e del signor Giuseppe Mammìni, padre dell’allora Ma-dre Clementina, il trasferimento si sia configurato in un «attraversamento di strada» 12. Con estremo coraggio, forza e affidamento alla divina provviden-

o.s.a., Le Monache Agostiniane Italiane dell’Ottocento, in Miscellanea Ordinis Sancti Augu-stini historica in honorem David Gutierrez o.s.a., II, Studia Moderna, p. 386).9 ArChivio dEl monAStEro (citato AM), F. ZAnotti, Acta Monialium S. Joannis Baptiste Fo-rumpopili, 1829, p. 24.10 GAviGAn o.s.a., Le Monache Agostiniane Italiane..., cit., II, p. 386: «Le religiose vissero qui unanimi e concordi, fino al 25 aprile 1810, allorché anche il monastero di Roncofreddo fu soppresso».11 Ibidem: «Dopo anni di attesa, le monache di Forlimpopoli poterono rientrare nel loro mo-nastero devastato, ove ripresero il velo il 24 giugno 1828. La Comunità era composta da 7 monache e 12 educande. Sotto il governo della badessa Madre Maria Nazarena Bozzoli (1849-1855) fu abbracciata la vita comune e furono scritte e approvate le costituzioni».12 Notizie più dettagliate circa le circostanze del trasferimento si trovano in una Cronaca mo-nastica (AM, dal 15 giugno 1909 al 14 febbraio 1929 e dal 5 ottobre 1940 al 13 maggio 1971, p. 1 e ss.): «In base all’art. 20 della legge del 7 luglio 1866 n° 3066, soppressione degli Or-dini Religiosi nel regno d’Italia, fu confiscato anche il nostro convento insieme a tutti i beni e i valori ivi esistenti. Alle religiose venne concessa una tenue pensione, con l’obbligo di la-sciare il convento non appena fosse deceduta l’ultima religiosa pensionata, cosa che avvenne il 15 giugno del 1909 data del transito dell’allora Madre vicaria suor Francesca Bregoli. Su-

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za le monache cominciarono il restauro del nuovo stabile, una casa fatiscente e abbandonata che nulla aveva a che fare con un monastero. Da subito, pro-lungando il lavoro anche nelle ore notturne, cercarono di raccogliere la som-ma necessaria per iniziare i lavori di costruzione della chiesa vero, solo e uni-co cuore pulsante e fonte di vita di ogni Comunità monastica e destinarono gli ambienti più belli e ariosi all’educandato. I lavori di costruzione della chiesa iniziarono nel 1918 e terminarono il 24 giugno 1923, festa di San Giovanni Battista. Ancora oggi le due sedi, quella attuale e quella originale, sono l’una di fronte all’altra nel cuore della città.

bito dopo i funerali i consiglieri comunali fecero irruzione nel convento, ispezionarono tut-ti i locali inventariando ogni cosa: mobili, quadri, oggetti di valore minacciando pene seve-re per eventuali sottrazioni, e ordinarono di liberare il convento entro 15 giorni. In attesa del-la nuova sistemazione alle religiose fu assegnato un limite di locali circoscritto a quelli più indispensabili e il resto del monastero venne adibito a scuola comunale. Vista la gravità e la precarietà della situazione in cui la Comunità era venuta a trovarsi, l’allora superiora Madre Celeste Bernardi incaricò il fattore della Comunità, il signor Cristoforo Fabbri, affinché tro-vasse un luogo in cui la Comunità potesse rifugiarsi. Il fattore chiese aiuto al signor Raffaele Righi, sindaco della città, che per timore di una reazione popolare (dato che le monache era-no molto ben volute) concesse una proroga secondo la quale la Comunità avrebbe dovuto la-sciare i locali solo dopo aver trovato un’altra sede in cui vivere. Tramite il signor Cristoforo Fabbri e il signor Giuseppe Mammìni, padre della Madre Clementina, che fece compra fitti-zia a suo nome, le monache poterono avere l’attuale stabile. I consiglieri comunali continua-rono a fare visite insistenti e minacciose alla Comunità e il 24 dicembre 1909 alle h. 15.00 en-trarono di prepotenza nel monastero e misero i sigilli alla Chiesa. Tutto quello che fu trovato dentro il monastero fu venduto all’asta pubblica a basso prezzo con l’esplicita proibizione di non vendere alle monache Agostiniane. Il 12 ottobre 1910, alle h. 3.00 di notte, l’allora par-roco di San Rufillo celebrò la Santa Messa in coro, comunicò tutte le monache, poi in devota e mesta processione le monache lasciarono le mura del loro monastero per entrare nella loro nuova casa restaurata e modificata per quanto possibile. Il giorno seguente il vescovo di Ber-tinoro monsignor Federico Polloni celebrò la Santa Messa nella cappella interna e incontrò le religiose. Da subito le religiose cercarono di raccogliere la somma necessaria per iniziare i lavori di costruzione della chiesa. Prolungarono il lavoro anche nelle ore notturne e destina-rono gli ambienti più belli e ariosi per l’educandato. I lavori iniziarono nel 1918 e terminaro-no il 24 giugno 1923, festa di San Giovanni Battista».

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Sommario dell’archivio

Costituzioni e regole, 1671-1895 p. 189 Devozioni, 1739-1930 p. 199Regolamenti, 1829-1875 p. 191 Autentiche di reliquie, 1714-1967 p. 202Rituali, 1671-1959 p. 193 Messe, 1854-1999 p. 205

Capitoli, 1828-1998 p. 194 Memorie storiche, 1640-1952 p. 205Approvazioni, 1914-1968 p. 195

Aggregazioni, 1840-1898 p. 212Associazioni, 1825-1964 p. 196Vestizioni, 1897-1904 p. 196 Carteggi, 1772-1929 p. 212Memorie consorelle, 1826-1990 p. 197

Amministrazione, 1631-1941 p. 214Sussidi liturgici, 1619-1886 p. 197

coStituzioni e regole (1671-1895)

a. In uso nel monastero di San Giovanni Battista in Forlimpopoli

«Costituzioni per le Monache Agostiniane di S. Giovanni Battista in For-limpopoli», 1854, ms. rilegato, pp. 37, suddiviso in paragrafi:

ProemioDell’Ufficio DivinoDel coroDelle processioniDell’orazione mentale e verbaleDella frequenza de SS. Sacramenti del-la Confessione e ComunioneDei suffragi pei mortiDella obbedienzaDella povertàDella castitàDella rinnovazione dei votiDel silenzio e modo di parlareDel digiuno ed astinenzaDella disciplina e della colpaDell’amore del prossimoDelle inferme e convalescentiDella clausuraDel parlatorioDel refettorioDel dormitorioDell’abito e del vestireDelle entrate

1.2.3.4.5.6.

7.8.9.10.11.12.13.14.15.16.17.18.19.20.21.22.

Dell’elezione dell’Abbadessa e della VicariaDell’ufficio dell’AbbadessaDella VicariaDelle DiscreteDella CamerlengaDella Maestra delle novizieDella portinara o ruotaraDella sacrestanaDella coristaDelle panetiereDella canevaraDelle dispensiereDelle cucinereDell’ingresso delle novizieDella professioneDelle educandeDei Ministri della chiesaDel Sindaco del monasteroDelle persone del secoloDelle penitenze e castighiConclusione

23.

24.25.26.27.28.29.30.31.32.33.34.35.36.37.38.39.40.41.42.43.

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«Comincia la Regola del gran Patriarca S. Agostino Vescovo d’Ippona e Padre Nostro», 1861, ms., rilegato, pp. 46, suddiviso in 9 capitoli non titolati.

«Regola del Patriarca S. Agostino Vescovo d’Ippona Padre e Maestro delle Religiose Claustrali che compongono il Venerabile Monastero delle Monache Agostiniane di Forlimpopoli», 1861, libretto ms., pp. 22. Il conte-nuto pare il medesimo del ms. precedente, mentre il formato si presenta più ridotto.

b. In uso in altri monasteri

Regole di S. Agostino et Costitutiones per le Sorelle Monache della Visi-tatione: e direttorio delle cose spirituali per le medesime, Torino et Forlì, per Gioseffo Selva all’Insegna di S. Antonio Abbate, 1671, pp. 284.

Regola data dal P. S. Agostino alle Monache e qui per la loro maggiore istruzione, e profitto spirituale, dal P. Maestro F. Paolo Richiedei de’ Predica-tori volgarizzata ed esposta, Brescia, per li Rizzardi, 1675, pp. 405.

Regola di Santo Agostino Vescovo e Dottore di Santa Chiesa ad uso del-le Monache, Modena, per Francesco Torri, 1745, pp. 86.

«Regula a Sancto Augustino Episcopo et Ecclesiae Doctore»; sulla co-pertina: «Rilegata per la seconda volta 15 Agosto 1799», testo bilingue lati-no-volgare, pp. 24.

Regola di Sant’Agostino ed analoghe Costituzioni ad uso delle Religio-se del Ven. Monast. Della Beata Chiara di Monte Falco, con l’aggiunta del regolamento sulla vita comune approvato dall’Emo. E Rev.mo. Mons Mario De Baroni Ancajani Arcivescovo di Spoleto, Spoleto, nella tipografia Baffo-ni, 1824, pp. 22.

Costituzioni per le Monache del Monastero di S. Cristina Vergine e Mar-tire che professano la vita comune sotto la Regola del S. P. Agostino, Bolo-gna, Tipografia Gamberini e Parmeggiani, 1826, pp. 116.

Costituzioni date alle sorelle Agostiniane in Milano sotto il titolo della Presentazione di Maria Vergine, Milano, coi tipi di Luigi di Giacomo Piro-la, 1837, pp. 224.

Regola del Santissimo Padre Agostino con le Costituzioni de’ Superio-ri apposti sotto i Capitoli conforme alla materia che in essa si tratta tradotta

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in lingua volgare al beneficio delle Monache di detto Ordine, Perugia 1614 e Fermo 1843, pp. 36.

Regola del S. Padre Agostino volgarizzata col testo originale a fronte, Roma, Tipografia Salviucci, 1845, pp. 79.

Regole e Costituzioni date da Sua Ecc. Reverendiss. Mons. Fr. Giulio Ar-rigoni Arcivescovo di Lucca alle Monache Agostiniane in S. Nicola Novello, Lucca, Tipografia Ferrara e Landi, 1851, pp. 251.

Costituzioni per le Monache Cappuccine di S. Antonio di Padova di For-limpopoli, Imola, Faenza, Siena e Lucca, Tipi dell’Immacolata Concezione della stamperia di Monsignore, 1859, pp. 16. In appendice oltre alla suddivi-sione nominativa dei capitoli, anche l’elenco di nomi delle dieci suore Cap-puccine che avevano in uso queste Costituzioni.

Regole di S. Agostino per le Monache di S. Flavia Domitilla della città di Frascati, Roma, Tipi di Bernardo Morini, 1866, pp. 105.

Compendium Costitutionum Fratrum Ordinis Predicatorum, Parisiis, apud Poussielgue Fratres Bibliopolas, 1873, pp. 253.

Regola e Costituzioni dell’Ordine Eremitano di S. Agostino adattate alle Monache dello Stesso Ordine, Roma, Tipografia della Pace di F. Cuggiani, 1895, pp. 127.

regolamenti (1829-1875)

a. Probande, Novizie, Professe

«Manuale per le Sig.re Probande e Novizie del Monastero di S. Giovan-ni Battista di Forlimpopoli, 1829». Collezione dei buoni usi e delle sante co-stumanze che si osservavano prima della soppressione e che nella maggior parte si osservano tutt’ora dalle religiose Agostiniane di Forlimpopoli dopo la loro ripristinazione accaduta il 29 giugno 1826, presentata a S. E. R.ma. mons. Chiarissimo Falconieri arcivescovo di Ravenna […] l’anno 1829, ms., pp. 52. Indice dei paragrafi:

Del Divino UffizioDella S. Comunione e pratica nell’amministrazioneDei vari esercizi di pietà che praticavansi e si praticano da questa religiosa comunità

1.2.3.

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Della orazione mentale e serotinaDei digiuni, della disciplina e della colpaDel silenzioDi altri usi santi che si praticano in questo monasteroDelle processioniDei funeraliDoveri delle religiose ConverseDoveri delle NovizieDoveri delle sig.ne EducandeDella elezione delle SuperioriDella Camera del conventoDell’Erario e del parlatorioDegli uffici o impieghi della ComunitàMetodo che osservansi in refettorioMinistri della Chiesa

b. Educande

«Regolamento per le educande di Forlimpopoli», ms., non datato, pp. 14:

Doveri religiosiDoveri di scuola e di studioDoveri comuniOrari

«Regolamento per le Signore Educande del Ven. Monastero delle Ago-stiniane di S. Giovanni Battista a Forlimpopoli», ms., non datato, pp. 50, sud-diviso in quattro parti:

PrefazioneParte I, Avvertimenti e regole generali in due capitoliParte II, Disciplina in sei capitoliParte III, Studi:

a. Classe infimab. Classe mediac. Classe suprema

Parte IV, Lavori

«Regole Direttive per l’Educandato di Forlimpopoli». Direttorio da se-guire di norma per la Direttrice e le Maestre dell’Educandato di San Giovanni Battista in Forlimpopoli, ms. pp. 6, suddiviso in 10 articoli approvato dal ve-scovo di Bertinoro Sua Ecc.za mons. Camillo Ruggeri il 20 maggio 1875.

4.5.6.7.8.9.10.11.12.13.14.15.16.17.18.

1.2.3.4.

1.2.3.4.

5.

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193

rituali (1671-1959)

Ordine e modo di dar l’Habito, e Professare per le Monache che si ve-stono nel Monastero di S. Giovanni Battista della città di Forlimpopoli, For-lì, Gioseffo Selva, 1671, pp. 20, in lingua latina.

«Ordine da tenersi nella Vestizione delle Monache Converse nel Ven. Monastero di S. Giambattista in Forlimpopoli», 1828, ms., pp. 26.

«Ordine da tenersi nella Professione delle Religiose Converse del Ven. Monastero di S. Giovanni Battista in Forlimpopoli» ms., non datato, in lin-gua latina, pp. 10.

«Interrogazioni e risposte per la Vestizione delle Novizze Agostiniane di Forlimpopoli», ms., [sec. xix/1a metà], pp. 4.

«Vestizione e professione di una conversa», ms., [sec. xix/1a metà], pp. 8, in quattro capitoli:

Vestizione delle converseProfessione di una conversaVestizione di una coristaPer accettare alla professione una novizza

«Forma di vestire le Novizze dell’abito monacale ad uso delle Suore Agostiniane di Forlimpopoli», ms., [sec. xix/1a metà], in latino e in volgare, in due parti:

Forma di vestire le novizze dell’abito monacaleForma di accettare le novizze alla professione

«Forma di vestire dell’abito monacale e di accettare alla Professione le Novizze nel Monastero di S. Giovanni Battista nella città di Forlimpopoli», ms., [sec. xix/1a metà], pp. 40, presenta numerose correzioni e aggiunta di pa-gine.

«Forma di vestire le Novizze dell’abito Monacale», ms., [sec. xix/1a metà], pp. 18.

«Ordine da tenersi nella Vestizione delle Monache Converse nel Venera-bile Monastero di S. Giovanbattista in Forlimpopoli», Forlì 1903, ms. scritto da Raffaele Turchetti, in due parti:

1.2.3.4.

1.2.

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Ordine da tenersi nella vestizione, p. 1Ordine per la professione, pp. 8

«Preparazione alla Vestizione» Forlimpopoli 26 novembre 1913, Tere-sa Leontini, pp. 4.

«Monastero di S. G. Battista delle Monache Agostiniane di Forlimpopo-li. Rituale per la Vestizione. 1959», pp. 8.

«Monastero di S. G. Battista delle Monache Agostiniane di Forlimpopo-li. Ritus admissionis postulantium ad abitum, 1959», in latino, pp. 9.

«Sacre Preci per la elezione e benedizione dell’Abbadessa delle Mona-che Agostiniane dell’Ordine di Sant’Agostino nel Venerabile Monastero di San Giovanni Battista in Forlimpopoli», ms., [sec. xix/1a metà], pp. 16

capitoli (1828-1998)

«Atti dei Capitoli», carteggi:

a. Relazioni di Capitoli dal 24 giugno 1828 al 22 settembre 1865b. Per l’ammissione all’ingresso, postulandato, noviziato, professione: sotto la Madre Abbadessa suor Adeodata Ghinozzi dal 30 aprile 1829 al 4 ottobre 1844, cc. 18 sotto la Madre Abbadessa suor Teresa Casini dal 15 giugno 1833 al 9 agosto 1839, cc. 9 sotto la Madre Abbadessa suor Crocifissa Montebugnoli dal 9 giugno 1847, c. 1c. Ammissione alla Vestizione e alla Professione solenne dal 10 giugno 1830 al 29 giugno 1834, cc. 12d. Presentazione delle candidate da parte della Madre Maestra: suor Teresa Casini dal 31 agosto 1829 al 5 ottobre 1844, cc. 11 suor Adeodata Ghinozzi dal 2 dicembre 1831 al 12 settembre 1839, cc. 7e. Dichiarazioni delle candidate che venivano presentate alla comunità riunita in capitolo, cc. 5, senza dataf. Questioni Amministrative dal 9 giugno 1837 al 25 marzo 1840, cc. 2g. Relazioni di fine mandato per i Capitoli elettivi e relative rielezioni dei superiori dal 6 luglio 1852 al 29 ottobre 1877h. Atto della Solenne Professione della Conversa suor Marianna Crocifissa Gioseppa Laghi del 24 giugno 1854, e atto della solenne vestizione dell’11 giugno 1855i. Capitoli delle colpe, b.1: 1879-1895, 10 quaderni mss.:

Venerdì santo 1879 al Venerdì santo 1880Dall’Ascensione 1880 alla Vigilia dell’Epifania 1881Primo venerdì di quaresima 1880 all’Epifania 1882

1.2.

1.2.3.

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Venerdì delle ceneri - Epifania 1882Vigilia dell’Assunzione 1887 - Vigilia Pentecoste 1887Dal principio del 1892 a tutta la Quaresima 1893Vigilia dell’Ascensione del 1894 al Venerdì santo 1894Dall’Epifania del 1895 all’AscensioneAvvertimenti generali per la vestizioneMeditazioni per la Madonna del Buon Consiglio, non datato

b. 2: 1880-1930, cc. 45

«Libro dei Capitoli delle RR.e Madri Agostiniane di San Giovanni Batti-sta di Forlimpopoli dall’8 ottobre 1840 al 15 giugno 1841», vol. 1

«Libro dei Capitoli delle Probande e Novizie e di altre cose dal 1951 al 1967», reg. 1

«Registro Relazioni dei Capitoli dal 24 giugno 1968 al 4 giugno 1998», reg. 1

«Registro Relazioni del Consiglio dal 29 settembre 1969 al 2 gennaio 1992», reg. 1

approvazioni (1914-1968)

Si intende la normale assegnazione dei compiti o lavori all’interno del-la comunità che un tempo necessitava dell’approvazione del vescovo, ma che oggi è puramente vita interna della comunità.

Distribuzione degli uffici delle monache (solitamente venivano assegna-ti in occasione del capitolo elettivo dell’Abbadessa)

17 luglio 1914 [visto di approvazione del vescovo Federico Polloni, 19 luglio 1914]20 luglio 1917 [visto di approvazione del vescovo Federico Polloni, 28 luglio 1917]20 luglio 1923 [visto di approvazione del vescovo Federico Polloni, 26 luglio 1923]1926 [visto di approvazione del vescovo Antonio Scarante]1929 [visto di approvazione del vescovo Antonio Scarante, 3 ottobre 1929]1° gennaio 1936 [visto di approvazione del vescovo Francesco Gardini, 3 gennaio 1936]3 agosto 1937 [visto di approvazione del vescovo Francesco Gardini, 12 agosto 1937]20 maggio 1944 [visto di approvazione del vescovo Francesco Gardini, 21 maggio 1944]1° giugno 1947 [visto di approvazione del vescovo Francesco Gardini, 3 giugno 1947]16 giugno 1951 [visto di approvazione del vescovo Mario Bondini, 18 giugno 1951]24 luglio 1953 [visto di approvazione del vescovo Mario Bondini, 7 agosto 1953]21 settembre 1956 [visto di approvazione del vescovo Mario Bondini, 2 ottobre 1956]

4.5.6.7.8.9.10.

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10 marzo 1960 [visto di approvazione del vescovo Giuseppe Bonacini, 19 marzo 1960]28 ottobre1961 [visto di approvazione del vescovo Giuseppe Bonacini, 7 novembre 1961]28 dicembre 1964 [visto di approvazione del vescovo Giuseppe Bonacini, 6 gennaio 1965]1968 [visto di approvazione del vescovo Giuseppe Bonacini, 24 giugno 1968]

aSSociazioni (1825-1964)

Si indicano le tappe del cammino di un’aspirante monaca (dunque non sono associazioni esterne del tipo di un terzo ordine).

«Libro primo delle sig.ne Probande, Educande e Superiore dal 1825 al-l’anno 1903», con elenchi riguardanti:

Probande CoristeProbande ConverseSig.ne EducandeMadri Abbadesse e VicarieServienti

«Libro secondo delle Signore Probande e Superiori dal 1947 fino al 1964»

veStizioni (1897-1904)

«Documenti di vestizioni e professioni di varie religiose», 1897-1904, carteggi:

25 giugno 1897, prende l’abito delle corali Anna Casoli, nata a Tolentino il 26 Luglio 1865.26 luglio 1898, ammissione alla professione religiosa, Enrichetta Gaiba, nata a Bologna e

suor Chiara del Sacro Cuore.10 dicembre 1901, ammissione alla vestizione religiosa, Maria Piolanti, nata a Predappio,

battezzata il 20 settembre 1883.18 dicembre 1902, ammissione alla professione religiosa, suor Maria Rita Luisa Teresa Pio-

lanti, al secolo Maria.17 luglio 1903, ammissione tra le monache corali per Luisa, e tra le monache converse per

Giovanna Luisa Rossi, nata il 4 gennaio 1880, e Giovanna Osioli, nata il 17 luglio 1882, entrambe di Forlì.

12 ottobre 1904, ammissione alla professione religiosa, Innocenza Liverani, nata a Forlimpo-poli il 27 marzo 1881, e Concetta Mamini, nata al Ronco il 7 dicembre 1884.

1.2.3.4.5.

Page 197: Vite consacrate. Gli archivi delle organizzazioni religiose femminili

197

memorie conSorelle (1826-1990)

«Libro terzo Narrazioni funebri ossia libro delle Religiose Defonte», elenchi dei decessi dal 1826 al 1956:

Religiose ProfesseReligiose ConverseSig.re Educande

«Memorie delle Consorelle defunte»

1838-1841, vol 11940-1990, vol. 1

«Monache defunte»,1851-1925, carteggi riguardanti alcune monache vissute nel monastero:

suor Giuseppa De Contarini, al secolo Elvira, nata a Milano il 31 marzo 1851suor Giuseppa Concas, al secolo Antonietta, nata ad Arbus in Sardegna il 16 febbraio 1902 e

morta il 1° agosto 1939suor Imelde Bandini, al secolo Maria, nata a Marradi il 4 luglio 1905suor Maria Francesca Piras, al secolo Elisabetta, nata a Guspini il 15 marzo 1906suor Margherita Lotti, al secolo Palma, nata a Pennabilli il 16 marzo 1913suor Michelina Concas, al secolo Doloretta, nata a Nuragus in Sardegna, il 18 novembre

1920suor Paola Portolani, al secolo Mafalda, nata a Montevecchio, il 12 giugno 1925

SuSSidi liturgici (1619-1886)

1. Salteri:Psalterium Romanum dispositum per hebdomadam ad normam Breviarii, ex decreto Sacr. Concilij Tridentini restituti, 1619, scritto in due colori: rosso per i titoli, la lettera maiuscola dei capoversi e delle antifone, le didascalie e i te-tragrammi, e nero per i neumi e i testi delle antifone, dei salmi, dei canoni e delle orazioni. In latino con gli accenti tonali per facilitare il canto e la lettu-ra, vol. 1Psalterium Romanum, dispositum per hebdomadam ad formam Breviarii Ro-mani, 1627, vol. 1Psalterium, Breviarii Romani, cum ordinario Divini Officii, 1912, vol. 1

2. Messali:Missale Romanum ex decreto Sacrosancti Concilii Tridentini, Venetiis 1765, vol. 1

1.2.3.

Page 198: Vite consacrate. Gli archivi delle organizzazioni religiose femminili

198

Messale Romano, latino-italiano, Torino 1936, pp. 2089Oratio Dominicalis, Padova 1942, pp. 440Messale festivo, Vicenza 1955, pp. 446Messale Romano quotidiano, latino-italiano, Roma 1962, pp. 552

3. Breviari:Breviarium Augustinianum ad usum Fratrum & Monialium Ordinis Eremita-rum Sancti Augustini, quattro tomi:1. 17512. manca la copertina, ma nella catalogazione è scritto: anno 19633. manca la copertina, ma nella catalogazione è scritto: anno 1241 (?)4. 1732Breviarium Augustinianum ad usum Fratrum & Monialium Ordinis Eremita-rum Sancti Augustini, quattro tomi:1. Pars Hiemalis, manca la copertina, ma nella catalogazione è scritto: anno 17622. Pars Aestiva, 17623. Pars Hiemalis, 17624. Pars Aestiva, 1762Breviarium Augustinianum ad usum Fratrum & Monialium Ordinis Eremita-rum Sancti Augustini, due tomi:1. Pars Hiemalis, 17442. Pars Aestiva, 1744Breviarium ad usum Fratrum & Monialium Ordinis Eremitarum Sancti Au-gustini, tre volumi:1. Pars Aestiva, 17772. Pars Autumnalis, 17773. Pars Verna, 1777Breviarium ad usum Fratrum et Monialium Ordinis Eremitarum Sancti Au-gustini, quattro volumi:1. Hiemalis, 18282. Aestiva, 18283. Autumnalis, 18284. Verna, 1828Breviarium ad usum Fratrum et Monialium Ordinis Eremitarum Sancti Au-gustini, quattro volumi:1. Hiemalis, 18492. Aestiva, 18493. Autumnalis, 18494. Verna, 1849

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199

Breviarium ad usum Fratrum et Monialium Ordinis Eremitarum Sancti Au-gustini, quattro volumi:1. Hiemalis, 18862. Aestiva, 18863. Autumnalis, 18864. Verna, 1886

4. Officia Hebdomadae:Officium Hebdomadae Sanctae, secundum missale et Breviarium Romanum, 1766, vol. 1Officium Hebdomadae Sanctae, secundum missale et Breviarium Romanum, 1777, vol. 1Officium Hebdomadae Sanctae, 1888, vol. 1

5. Officia propria et variationes:Officia propria Sanctorum Canonicorum Regularium, 1751 vol. 1Officia propria Sanctorum Foroliviensium, 1785, vol. 1Officia Sanctorum Ecclesiae Anconitanae propria, 1861, vol. 1

6. Officia Propria Ordinis Eremitarum S. Augustini:Officia Propria Sanctorum ad usum totius Ordinis PP. Eremitarum, S. Augu-stini, 1805, vol. 1

7. Officium Beatae Mariae Virginis et fidelium defunctorum:Officium Beatae Mariae Virginis S. PII V. Pont. Max. iussu editum, Clemen-tiis VIII et Urbani VIII, 1869, vol. 1

8. Ufficio della Settimana SantaUffizio della Settimana Santa, 1797Uffizio della Settimana Santa e della Ottava di Pasqua, 1858Uffizio della Settimana Santa e della Ottava di Pasqua, 1862Uffizio della Settimana Santa e della Ottava di Pasqua, 1872Ufficio della Settimana Santa e della Ottava di Pasqua, 1876Uffizio della Settimana Santa e della Ottava di Pasqua, 1892

devozioni (1739-1930)

1. A Sant’Agostino

Novena in preparazione alla festa di sant’Agostino Vescovo d’Ippona e Dottore Massimo di Santa Chiesa, Faenza, Benedetti Stampatore, 1768, pp. 55

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Novena Sacra per apparecchio alla festa del gran Dottore della Chiesa Sant’Agostino Vescovo d’Ippona dedicata alle molto reverende Madri Cano-nichesse Lateranensi, Verona, nella stamperia Morini, 1776, pp. 96

Sacra novena da premettersi alla festa del glorioso Padre Agostino of-fertagli da un suo divoto, Lugo, presso Giovanni Melandri, 1807, pp. 37

Novene e meditazioni che contengono in ristretto e con ordine la vita del gran Dottore Santo Agostino con alcuni esercizi di divozione per la sua nove-na, Parma, Tipografia Rossetti, 1853, pp. 168

«Litanie Sancti Patris Nostri Augustini», ms., [sec. xix/1a metà], pp. 4

«Litanie del N. S. P. Agostino», [sec. xx in.], pp. 4

Novena ad onore del nostro Santo Padre Agostino, ristampa di una edi-zione del 1746, in Curia Archiep. Mediolani, 1911, pp. 35

Triduo in onore di S. Agostino Vescovo d’Ippona e Dottore massimo di S. Chiesa, [Firenze], Libreria Editrice Fiorentina, 1930, pp. 23

2. A Santi dell’Ordine Agostiniano

Novo settenario in onore di S. Niccola da Tolentino dell’Ordine Agosti-niano, Forlì, 1739, pp. 72

Il sacro settenario del glorioso S. Nicola da Tolentino protettore di S. Chiesa del sacro Ordine Agostiniano, Rimino, 1792, pp. 50

Esercizio di divozione in onore della beata Chiara Vergine di Montefal-co dell’Ordine Eremitano di Sant’Agostino, Fuligno, Tipografia Campitelli, 1835, pp. 29

3. Alla Beata Vergine Maria

Novena in preparazione alla festa della B.V. del popolo protettrice della città di Forlimpopoli, Forlì, presso Luigi Bordandini, 1839, pp. 40

«Novene in onore della Beata Vergine del Buon Consiglio la di cui festa si celebra il 26 aprile per uso delle RR. Madri Agostiniane del ven. monaste-ro di S. Giovanni Battista di Forlimpopoli, 1861», ms., pp. 36

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«Novena in preparazione alla Festa dell’Assunzione di Maria Vergine del P. Giuseppe Navarra della canzone dell’Oratorio di San Filippo Neri», ms., pp. 6

Corona di Dodici Novene per prepararsi divotamente alle feste della B. Vergine Maria disposte secondo l’ordine ecclesiastico, Milano, da Giocondo Messaggi Tipografo-Librajo, [sec. xix ex.], pp. 80

4. A San Giovanni Battista

Apparecchio di nove giorni alla festa della natività del gloriosissimo S. Giovanni Battista protettore principale della città e diocesi di Cesena, Cese-na 1828, pp. 101

«Pro Sancto Ioanne Baptista», foglietto ms. non datato

5. A San Rufillo

Esercizio divoto da praticarsi in apparecchio alla festa del glorioso S. Rufillo primo vescovo e protettore di Forlimpopoli, Forlì, dalla stamperia Ca-sali, 1821, pp. 24

Esercizio divoto in apparecchio alla festa del glorioso S. Rufillo primo vescovo e protettore di Forlimpopoli da praticarsi nella Chiesa Abbaziale e Collegiata Insigne a detto Santo, Forlì, per Antonio Barbiani, non datato, sul-la prima pagina si legge «Sr Alma Regina della Torre, 1856», ma sia per il tipo di carta che per il modo della stampa sembrerebbe più antico

Novena in preparazione alla festa del glorioso San Rofillo primo vesco-vo e protettore di Forlimpopoli, Forlì, dai tipi Bordandini, 1857, pp. 26

6. Varie

Novena del Santo Natale colle meditazioni per tutti i giorni dell’Avvento fino all’ottava dell’Epifania, Bassano 1769, pp. 344

Divote preci che si recitano nella chiesa di San Giovanni Battista dalle RR. Monache Agostiniane di Forlimpopoli, ms., non datato, con la notazione musicale gregoriana per le parti del canto, pp. 66. Tali devozioni riguardano:

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Il SS. SacramentoLitanie Lauretane alla B. V. Maria Orazioni varie a:

Vergine Maria San Giovanni Battista Santo Padre Agostino Alla Santa Madre Monica San Nicola da Tolentino San Tommaso da Villanova Per i defonti Per la pace Per la Chiesa Per il Papa Contro le tempeste

Orazioni alla B. V. del Buon Consiglio nel dì della sua festaNovena del Santo NataleOratio de SS. SacramentoLodi contro le bestemmieFormulario per il rinnovo dei voti

«Sermoni per il Santo Natale composti dal padre Pellegrino Pazzaglia servita nel 1863», ms., pp. 42

«Oratione pro una, et pro pluribus defunctis Ordinis nostri, in anniversa-rio recitanda», foglietto ms., non datato

«Novena di meditazioni del Sacro Cuore di Gesù», quaderno ms., [sec. xx in.], pp. 62

autentiche di reliquie (1714-1967)

b. 1. 1714-1799

14 Agosto 1714 (?): B. Veronica de Binasco (agostiniana)17 Giugno 1733: (?)16 Gennaio 1749: Ignatium a Parma ordinis minorum, S. Francisci Capucinorum Lectorem 30 Giugno 1751: S. Bonaventura22 Gennaio 1757: S. Josephi sponsi B.me Virginis Marie20 Marzo 1758: S. Augustini1° Marzo 1759: S. Francisci confessoris20 Settembre 1759: Ss. Stephani, Lini martiris, Marceli pape martiris6 Settembre 1761: Sancti Nicolai a Tolentino (agostiniano)8 Febbraio 1766: S. Nicolai de Tolentino

1.2.3.

4.5.6.7.8.

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203

19 Giugno 1766: S. Therese Virginis Carmelitanae17 Marzo 1771: S. Catharine virginis et martiris18 Marzo 1772: S. Nicolai de Tolentino confessoris15 Gennaio 1773: sacram reliquiam ex sacratissimo Ligno Crucis N.S.J.18 Giugno 1779: S. Emidii e S. Seraphini18 Ottobre 1780: S. Francisci Salesij Episcopi, S. Francisci de Paula ordinis Minorum funda-

toris, S. Francisco Maria Brittinorij9 Ottobre 1783: ex sacratissimo Ligno SS.me Crucis domini nostri Jesu Christi, S. Anne ma-

tris B. Virginis Marie, S. Francisci de Paula10 Agosto 1785: B. Clarae Agolantis fundatricis monasterii S. Mariae Angelorum3 Dicembre 1787: S. Peregrini Latiosi10 Agosto 1787: S. Antonii Patavii10 Marzo 1788: S. Mariae Maddalenae de Pazzi virginis13 Aprile 1790: (?) 4 Giugno 1792: particulam ex sacro Ligno Crucis N.S. Jesu Christi9 Febbraio 1793: S. Mariae Magdalenae Penitentis, S. Francisci Xaverii, S. Leonardi,

S.Catharinae Virginis20 Giugno 1793: Sanctae Margaritae Cortonensis penitentis9 Luglio 1793: Sancti Augustini episcopi et doctoris11 Settembre 1794: Sancti Francisci da Paula, S. Vincenti Ferrerii, S. Mariae Magdalenae de

Pazzi, S. Francisci Assisiatis, S. Camilli de Lellis26 Settembre 1795: B. Gregorii Celli confessorum Ord. Eremitarum S. Augustini18 Agosto 1796: S. Andree Avellini, S. Ignatii Lojole confessoris, S. Clara a Monte Falco30 Giugno 1799: S. Francisci de Paula confessoris

b. 2. 1804-1967

15 Settembre 1804: S. Augustini episcopi Ecclesie doctoris, S. Aloysii Gonzagae, S. Igna-tii Loyola, S. Francisci Xaverii, S. Francisci Assisis, S. Andrea Avellini, S. Paschali Baylon, B. Clarae a Monte Falco Ord. S. Augustini

16 Settembre 1804: S. Thome a Villanova episcopi confessoris (Ord. S. Augustini)1° Febbraio 1807: B. Francisci de Hieronyme13 Giugno 1807: B. Veronica Juliani Ord. Min. Cappuccinorum15 Novembre 1807: SS. Apostolorum Petri et Pauli, S. Ioannis Ap. et Evang., SS. Apostolo-

rum Andrea, Iacobi Maioris, Iacobi minoris, Philippi, Bartholomei, Simonis, Thaddei, Thome, ac Matthei.

1° Febbraio 1808: S. Joseph Sp. B.M.V.16 Novembre 1808: S. Luca Evangelista30 Aprile 1814 : S. Andreae Apostoli, S. Francisci Salesii episcopi, S. Francisci Assisinatis,

S. Francisci de Paula, S. Francisci Xaveri, S. Ioannis a Capistrano, S. Aloysii Gonzaga, SS. Mariae Magdalenae penitentis, Valeriani martiris Forolivi patroni, Luci v. martiris, Appollonia v.m., Barbara v.m., S. Mariae Magdalenae de Pazzis, S. Nicolai a Tolenti-no, B. Gregorii Celli a Verucchio Ord. Er. S. Aug., B. Ioannis Bono Ord. Er. S. Aug., b. Ritae a Cassiae Ord. S. Augustini, b. Clarae a Monte Falco Ord. S. Augustini, S. Caro-li Borromei Card., S. Ubaldi episcopi, S. Margarita a Cortona.

13 Aprile 1815: S. Ioannis Baptista precursoris Dei, S. Francisci Assisis, beati Iacobi Salon-tonii confessoris Ord. Predicatorum

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12 Aprile 1818: S. Alessi confessoris13 Marzo 1818: particulas ligno Crucis N.S.J.C., B.mae Virginis Mariae, S. Joseph sponsi

B.V. Mariae, Petri ap., Paoli ap., Thome, Ruphilli [...], S. Philippi Neri, b. Francisci de Hieronymo

16 Febbraio 1824: B.mae Virg. Mariae, S. Aghatae virg. mart., S. Antonii Patavini conf. O.Min.

13 Febbraio1827: (?)13 Dicembre 1828: SS.um martyrum Pii, Probae, Agapitae, Niconis13 Dicembre 1828: SS.um martyrum Tranquillae, Crescentii, Valentini, Abani et Vincentii13 Dicembre 1828: S. Thome de Villanova13 Dicembre 1828: SS.um martyrum Luciani, Celestini, Alexandri, Iustini, et Clarae13 Dicembre 1828: SS.um martyrum Desiderii, Liberatae, Maximi, Emerentiane, Innocen-

tii, Natalis29 Maggio 1830: B.mae Virginis Mariae, S. Joseph sponsi eiusdem, S. Aloysi Gonzagae22 Agosto 1831: Beatae Veronicae de Julianis29 Novembre 1831: S. Ioannis Baptista precursoris Domini27 Marzo 1833: S. Theresiae virg.5 Maggio 1833: S. Deodati martyris, S. Aloysii Gonzagae confessoris3 Febbraio 1838: Sancti Patris Francisci Assisiensis27 Aprile 1839: S. Aloysii Gonzagae27 Aprile 1839: S. Luciae virg. mart.23 Gennaio 1843: Beatae Clarae a Monte Falco30 Maggio 1846: B.mae Virginis Mariae, S. Joannis ap. et Evang., Ss. Petri Damiani, Pascali

Baylon e Pacifici Semptedan., S. Francisci Assisien, S. Margarita da Cortona10 Aprile 1849: ?25 Maggio 1849: S. Ignatii Loyole, S. Francisci Xaverii7 Agosto 1856: SS.mae Crucis Domini Nostri Jesu Christi8 Agosto 1856: S. Antonii, S. Augustini ep., S. Ruffilli ep., S. Vicini ep., S. Aloysii Gonz.,

S. Hylarioni12 Giugno 1857: Virg. Mariae, S. Aloysii Gonzaga, S. Veronica de Juliani, S. Rosae Viter-

biensi virg.30 Marzo 1862: B Josephi Lobia (?) confessoris22 Maggio 1863: particulam ex ligno Ss.me Crucis in qua mortuus est dominus noster Jesu

Christus30 Giugno 1865: B.mae Virginis Mariae, Sancti Joseph ejus purissimi sponsi, S.tae Theresiae

virg. Carm., S.ti Augustini ep. et Eccl. doctoris, S.tae Monicae13 Ottobre 1865: B.mae Virginis Mariae, Sancti Joseph ejus purissimi Sponsi, Sancti Nicolai

a Tolentino confessoris, Sancti Aloysii Gonzaga, Sancti Rochi confessori, Sancti Tho-mae a Villanova confessoris

8 Giugno 1924: B. Teresiae a Jesu Infante virginis19 Marzo 1934: Sancti Josephi Benedicti Cottolengo5 Ottobre 1939: S. Imeldae Virginis ord. Predicatorum12 Maggio1950: Sancti Joannis Bosco sacerdotis confessoris1° Maggio 1967: S. Ruphilli

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meSSe (1854-1999)

1854-18651857-1930, «Vacchetta per i giorni di Festa»1858-1974, «Vacchetta per le Messe dei Defunti»1931-1961, «Vacchetta per i giorni di Festa e di esposizione del SS.mo Sacramento»1952-1976, «Vacchetta per segnare le Messe del defunto don Biagio»1961-19661967-19721973-19781975-1990, «Vacchetta per i giorni di Festa»1978-19891989-1999

memorie Storiche (1640-1952)

«Memorie del Venerabile Monastero delle molto RR. Monache di S. Gio-vanni Battista di questa città di Forlimpopoli, sotto la Regola di Sant’Ago-stino, fatte d’ordine della molto reverenda Madre Ippolita Genevra Salvoli-ni nel terzo suo abbatissato: 1699 da me Gioseppe Focchi sindico», tomo ma-noscritto, contiene:

1. Catalogo delle Monache: elenco delle monache presenti nel monastero nell’anno 1640, 49 coriste e 8 converse per un totale di 57 religiose:

Monache Coriste:

Briganti Lucia da Forlimpopoli, abbadessaMastri Monica da Meldola, vicariaAgnoletti Genevra da Monte VecchioAmici Angela Cristina da ForlimpopoliAmici Maria Colomba, sorella di Angela CristinaAmiconi Caterina da MeldolaAvventurati Camilla Francesca da MeldolaAvventurati Olimpia da MeldolaBandi Eufemia da ForlimpopoliBandi Marta da ForlimpopoliCandolfi Maria Cecilia da ImolaCeroni Alba da CasolaCeroni Maria Chiara, sorella di AlbaCornioli Felice da ForlimpopoliCornioli Maria Maddalena da ForlimpopoliCresci Elena da MeldolaFantini Paola Innocentia da Budrio

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Focchi Elisabetta da ForlimpopoliFranchini Anna da ForlimpopoliFranchini Gio. Battista da ForlimpopoliFrassoni Stella Maria da ForlimpopoliGaddi Maria Celeste da ForlìGardini Laura Corona da ForlimpopoliGardini Veronica Francesca, sorella di Laura CoronaGuazzarini Francesca da CerviaGuerdi Serafina da ForlimpopoliMaioli Maria Cassandra da RavennaMaioli Maria Croce sorella di Maria CassandraMaioli Maria Regina da RavennaMastri Maria Caterina da MeldolaMattarelli Beatrice da RavennaMattarelli Minerva sorella di BeatriceMerighi Massima da RavennaMerlini Giustina Innocentia da ForlìNicoli Pulcheria da DovadolaPasini Antonia Eufrosina da BolognaPignatti Giovanna da RavennaPignatti Innocentia sorella di GiovannaPortinari Anna Lucia da DovadolaRasponi Eugenia da RavennaSalaghi Barbara Camilla da ForlimpopoliSalaghi Maria Novella da ForlimpopoliSalvolini Ippolita Genevra da MeldolaSantori Maria Vittoria da RomaSantori Ortensia, sorella di Maria VittoriaSpazzoli Girolima da ForlimpopoliSperoni Cherubina da BertinoroSperoni Frebronia, sorella di CherubinaVeroli Bartolomea da Forlimpopoli

Monache Converse:

Battistini Antonia da ForlimpopoliBenassi Maria da DovadolaDonati Orsola da BolognaFranchini Dorotea da ForlimpopoliGaudenzi Maria Francesca da FaenzaMaldini Benedetta da ForlimpopoliOssi Bonaventura da ForlimpopoliPedri Agata di Forlimpopoli

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2. Catalogo delle tredici Abbadesse dal 1640 al 1757:

Briganti Lucia da Forlimpopoli 1640Salvolini Ippolita Genevra da Meldola 1699Veroli Ortensia Teresa 1700; 1701Veroli Clementia Felice da Forlimpopoli 1703; 1715Golfarelli Anna Francesca Lodovica da Forlimpopoli 1706Mazzolini Giulia Caterina Rosalinda da Forlimpopoli 1709 (rinuncia)Tantardini Maria Celeste da Ravenna 1709; 1712; 1721Tartagli Gesualda Candida Aurora da Dovadola 1724; 1730Riceputi Olimpia da Casalbuono 1733Golfarelli Antonia Caterina 1736Selvi Lavinia Veneranda da Teodorano 1739; 1741Botoli Vereconda Antonia Dorotea da Forlimpopoli 1754; 1757Mambelli Fidalma da Meldola 1757

3. Catalogo delle quarantanove Educande che sono state accolte dalle reli-giose dal 1703 al 1741, alcune di queste hanno chiesto di entrare a far parte della comunità, alcune come converse altre come novizie. In ordine cronolo-gico:

Bonoli Francesca Antonia Accazzani Girolama da ForlìTazzi Teodora da GatteoFranchini AndreaViroli Clamè, entrò in educandato il 28 settembre 1704 e si monacò il 13 aprile del 1705Baiossi Giulia Malganza da RavennaAvezzani Rosa da ForlìVoglini Alessandra da CesenaMontanari AntoniaMattetini AgneseSpazzoli Isabetta, entrò in educandato il 29settembre 1707 e prese l’abito corale senza usci-

re dal monastero il 28 settembre del 1713Sovicelli Antonia da MeldolaMignati Elisabitta Rannioli Paola da ForlìMaseri Domenica da ForlìBonoli Domenica, entrò in educandato l’11 aprile 1712 e si monacò il 14 giugno dello stes-

so annoBiffi Maria AgneseFàbij Verginia da BertinoroAssumia Caterina Teresa, entrò in educandato nel 1714 e prese l’abito religioso il 30 mag-

gio del 1719Siboni Bernardina, entrò in educandato il 6 febbraio 1715 e si monacò il 10 ottobre 1719Baratti Giovanna da ForlìBaratti Francesca da Forlì

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Zaccaroni Angiola da CesenaZaccaroni Giulia LucreziaBaldazzi Maria FrancescaBaratti Antonia da ForlìMazzolini Maria Rosalinda da Forlimpopoli, entrò in educandato l’8 gennaio del 1719 e pre-

se l’abito religioso nel 1726Bolognesi Gisulina, entrò in educandato il 3 agosto del 1719 e prese l’abito di conversa nel

1720Briganni Francesca ElisabettaGolfanulli AssuntaGaddi Giovanna di ForlìBucioli Anna, entrò in educandato il 25 aprile del 1725 e vestì l’abito di conversa il 26 apri-

le 1725Laghi Giacoma da ModiglianaGentili Giacoma, entrò in educandato nel 1726 e prese l’abito di conversa nel 1727Mambelli Laura, entrò in educandato il 23 gennaio 1732 e vestì l’abito religioso il 16 feb-

braio del 1732Baldazzi Lucia, entrò in educandato il 27 ottobre del 1726 e vestì l’abito religioso il 19 mag-

gio 1732Abbondanzi Laura da BertinoroTassinari Laura di Rocca San CascianoGentili Maria, entrò in educandato il 21 novembre 1729 e vestì l’abito religioso il 16 giu-

gno 1731Biacchi Anna, entrò in educandato l’11 maggio 1732 e vestì l’abito religioso il 28 maggio

1733Golfandi Anna DonigaSerafini Catterina da BolognaBalduzzi ElisabettaRicci Bonoli Avvinia, entrò in educandato il 7 ottobre del 1736 e vestì l’abito religioso il 6

ottobre 1737Ricci Teresa del territorio di Forlì, entrò in educandato il 22 gennaio del 1937 e vestì l’abito

religioso il 6 ottobre 1737Canussi Antonia da ForlìRighini Joma, entrò in educandato il 10 aprile del 1739 e lo stesso giorno si monacòTericolli Tania da MeldolaRozi Barbara da Bertinoro, entrò in educandato il 10 settembre del 1739 e si monacò il 23

aprile 1740Bondi Cesarina da Forlimpopoli, entrò in educandato nel 1739 e si monacò nel 1742Marchesi Cleopazza da Forlì, entrò in educandato il 24 ottobre del 1739 e si monacò il 7 giu-

gno 1740Paganelli PaolaCagliesi Paola da BolognaMarchesi Bianca da Forlì, entrò in educandato il 4 marzo del 1740 e vestì l’abito religioso il

23 ottobre 1740Vitali Lucia da Forlì

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209

4. Estimi di Forlimpopoli, Bertinoro, Forlì:

«Quasi tutti completi di dati relativi al tipo di coltura, alla misura, alla stima, etc. Riguardo al Forlimpopolese si noti che il contado, analogamente alla suddivisione dell’area urbana, era articolato in 4 Sindacati (S. Savino, Vescovo, la Villa, S. Rufillo, snodatisi in senso an-tiorario a partire dal primo, localizzato grosso modo a sud-ovest dell’abitato) che compren-devano diversi fondi entro cui trovavano collocazione i vari appezzamenti; è bene anche te-ner presente che le unità di lavoro superficiali (tornatura; pertica = 1/10 di tornatura; piede = 1/100 di tornatura; oncia =1/1000 di tornatura) avevano valori diversi nei tre territori: la tor-natura forlimpopolese equivaleva a mq 2873,63, la bertinorese a mq 2435,4225 e la forlive-se a mq 2383,45» 13.

5. Nota delle possessioni:

«Descrizione sintetica di tutte le terre elencate dettagliatamente nell’estimo, corredata di al-cuni dati sulle colture, sui coloni ed in qualche caso sulla rendita annua. In base all’ubicazio-ne i vari appezzamenti costituiscono dei raggruppamenti più o meno estesi, condotti a mez-zadria e definiti, possessioni, luoghi e loghetti, da cui si traggono in genere grano, fava, mar-zatelli 14, legumi, uva, frutta, canapa, lino, foglia di moro, fascine, oltre a carne porcina e re-galie 15; dalle vigne che sono tenute separate dalle altre terre, si ricavano, oltre che uva, an-che fascine» 16.

6. Misure e piante dei vari terreni

«Acta Monialium S. Joannis Baptiste Forumpopili ab Anno 1805 ad 1829. Storica Narrazio-ne degli avvenimenti accaduti nella soppressione e ripristinazione di questo venerabile Mo-nastero delle Religiose Agostiniane di San Giovanni Battista in Forlimpopoli che serve di preliminare al nuovo archivio di questo convento, fatta compilare dalla molto Rev.da Madre S.r Adeodata Ghinozzi ristauratrice di questa Religiosa Comunità ed attuale Abbadessa del-la medesima», ms., a cura di don Francesco Zanotti. Il volume risulta strutturato in due par-ti. La prima corrisponde a 45 facciate manoscritte, e contiene gli avvenimenti intercorsi tra il 1789 e il 1809:

Idea succinta della rivoluzione FranceseLi Francesi invadono lo Stato Pontificio, loro leggi contro li Religiosi e giusti timori dei medesimiElenco delle Religiose componenti il Ven. Monastero di S. Giovanni Battista nell’an-no 1805.

13 v. BASSEtti, Memorie storiche del monastero forlimpopolese di S. Giovanni Battista (secoli XVII-XVIII), «Forlimpopoli Documenti e Studi», IX (1998), pp. 33-68, alle pp. 39-40.14 Cereali a semina primaverile.15 A titolo esemplificativo le regalie che il mezzadro della Possessione Grande deve versa-re al convento consistono nella metà di 4 porci da coltello, 5 paia di capponi, 5 paia di galli-ne, 5 paia di galletti, 100 uova a Natale, 100 uova a Pasqua, una torta nera per la festa di San Giovanni Battista.16 BASSEtti, Memorie storiche..., cit., pp. 64-65.

1.2.

3.

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210

Coriste Converse††

††††††††††††

sr. Candida Briganti di Forlì Abbadessasr. Cecilia Paganelli di Castrocaro Vica-riasr. Rosalia Cagliepi di Bologna sr. Angela Valentini di Forlìsr. Rosalinda Balassi di Forlìsr. Vittoria Bacilotti di Forlìsr. Fedele Mazzolini di Forlimpopolisr. Anna Rosa Siboni di Forlìsr. Gesualda Ranieri di Meldolasr. Clementina Malaguti di Bolognasr. M. Anna Pianori di Brisighellasr. Angelica Benedetti di Forlìsr. Adeodata Ghinozzi di Forlimpopolisr. Cherubina Rossi di Brisighella

1.2.

3.4.5.6.7.8.9.10.11.12.13.14.

†††

††

sr. Teresa Monti di Meldolasr. Agostina Guidi di Cesenasr. Colomba Castellani di Anconasr. M. Maddalena Minghetti di Forlim-popolisr. Fidalma Minelli di Forlìsr. Antonia Maldini di Forlimpopolisr. Catterina Amici di Forlimpopolisr. Paola Godoli di Forlimpopolisr. Anna Maria Maldini di Forlimpopoli

1.2.3.4.

5.6.7.8.9.

«Trovate in questo elenco quattordici Religiose Coriste e nove Conver-se [...]. Le Religiose segnate con croce, indica la lor morte accaduta in Ron-cofreddo o nelle rispettive lor case, dopo la soppressione generale. Quelle che non hanno un tal segno; sono le preservate dalla Divina Provvidenza alla ri-pristinazione di questo Convento» 17.

Proclamazione del decreto di concentrazione: amarezze, premure dei forlimpopolesi a favore delle Monache, nuove disposizioni di Milano e pertinace ostinazione del pre-fettoPie operazioni dei forlimpopolesi dedotte dal mirabile avenimento accaduto nel 1796 nella chiesa di S. PietroPartenza e viaggio per Roncofreddo delle ReligioseRiposo accordato ai vetorali e trattamento alle ReligioseArrivo in Roncofreddo delle Religiose di ForlimpopoliAmarezze e timori incontrati nella notte del 19 agosto 1805Partenza e ritorno alla patria dei sig. ForlimpopolesiSanta emulazione nell’esercizio di virtù e morale istruzione

La seconda, consistente in 80 facciate, e comprende il ventennio com-preso tra il 1810 e il 1829:

Osservazioni preliminari alla soppressione generaleDecreto di soppressione generale ed amarezze dei religiosiAmarezze incontrate dalle nostre religiose giunte che furono in questa lor patriaSanta morte ed incorruzione del cadavere di suor Celeste MarchesiSchiavitù, mali trattamenti e prodigiosa liberazione di Pio VIILi Stati della Chiesa invasi dalle truppe Napoletane, partenzaRitorno del S. Padre, e sue occupazioni a favore dei Religiosi

17 ZAnotti, Acta Monialium..., cit., pp. 13-14.

4.

5.

6.7.8.9.10.11.

1.2.3.4.5.6.7.

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211

Disposizioni della Divina Provvidenza a favore delle ReligioseCompendio della vita del sig. arciprete GhinozziMons. Ghinozzi tutto intento per riaprire il ConventoMorte di Mons. Ghinozzi; e trame ordite dai nemiciMons. Matter sospende la visita, portasi in MeldolaIl Tesoriere pontificio ordina il proseguimento dei ristauri ed ingresso delle Religiose nel loro monasteroNuovi contrasti sulla dotazione; vestizione

«E poiché alla pagina 14 di questo mio opuscolo vi trascrissi l’elenco delle Religiose che partirono amareggiate da questo Convento, così io credo nel mio dovere d’inserir quivi la nota di quelle poche, che ebbero il contento di rientrare da dove furono villanamente scacciate» 18.

Elenco delle Religiose che rientrarono in questo Convento il 29 giugno 1826:

Coriste Conversesr. Gesualda Ranieri di Meldolasr. M. Anna Pianori di Brisighellasr. Angelica Benedetti di Forlìsr. Adeodata Ghinozzi di Forlimpopolisr. M. Teresa Capini di Cesena

1.2.3.4.5.

sr. M. Maddalena Minghettisr. Fedalma Minellisr. Paola Godolisr. Anna Maria Maldini

1.2.3.4.

«Cenni storici del monastero di San Giovanni Battista in Forlimpopoli dall’anno 1805 al 1829», quaderno ms., pp. 80. Trascrizione ad opera di suor Margherita Lotti dell’opera «Acta Monialium S. Joannis Baptiste Forumpo-pili» di don Francesco Zanotti con l’aggiunta di una «Nota particolare: bre-vi cenni biografici di sr Maria Celeste Marchesi» del 10 agosto 1875 ad ope-ra di fra Natale di Faenza.

«Cronaca dal 15 giugno 1909 al 14 febbraio 1929 e dal 5 ottobre 1940 al 13 maggio 1971», quaderno ms., pp. 128 titolato: «Storia del vecchio mona-stero tramandata dalle consorelle anziane che abbiamo conosciuto» e redatta da Suor Margherita Lotti.

AlBErto mAZZAnti, Vita di suor Maria Crocifissa Montebugnoli. Mona-ca Agostiniana nata nell’archidiocesi di Bologna il 5 novembre 1801 e mor-ta il 23 aprile 1878 nel monastero di San Giovanni Battista di Forlimpopoli, 1884, Bologna, Tipografia Pontificia Mareggiani, 1884, pp. 180

18 Ibidem, pp. 105-106.

8.9.10.11.12.13.

14.

Page 212: Vite consacrate. Gli archivi delle organizzazioni religiose femminili

212

Una viola Agostiniana fiorita per il cielo. Memorie edificanti di suor Maria Nazarena al secolo Rosa Barone monaca Agostiniana del venerabile Monastero in Forlimpopoli. (1837-1904), scritte in occasione del primo an-niversario della sua morte il 26 ottobre 1905, Castrocaro, Tipografia Moder-na, 16 ottobre 1905, pp. 18

«Cenni intorno alla vita di suor Maria Paola Rouger», ms., non datato, pp. 46, incompleto.

Brevi cenni sulla vita di suor Maria Celeste Marchesi Agostiniana (1735-1805), Forlimpopoli, Tipografia Camporesi, 21 agosto 1968. Testo realizzato in accordo con il vescovo diocesano mons. Giuseppe Bonacini in occasione della traslazione dei resti mortali di s.r Celeste nella chiesa del monastero di San Giovanni Battista in Forlimpopoli avvenuta il 28 Agosto 1968.

«Cenni biografici di suor Francesca «Agostiniana» al secolo Elisabetta Piras (1906-1952)», dattiloscritto realizzato in proprio, corredato di foto di s.r Francesca e della sua famiglia, e di fotocopie di certificati di vario genere, pp. 27, non datato, ma del sec. xx.

aggregazioni (1840-1898)

«Elenco dei confratelli e consorelle iscritti alla Confraternita della Cin-tura di M. V. Madre di Consolazione [...] presso le Monache Agostiniane di questa città di Forlimpopoli nel 1840 (fino al 1898)», elenco nominativo di 227 membri.

Sommario delle indulgenze concesse alla compagnia della cintura del-la Beata Vergine Maria di Consolazione e di S. Agostino e S. Monica ricava-te fedelmente dal breve di Clemente X, Roma 1858, pp. 63

Sommario delle indulgenze concesse alla Ven. Arciconfraternita della cintura di Maria SS. Madre di Consolazione e di S. Agostino e S. Monica ri-cavate fedelmente dal breve di Clemente X, Napoli 1888, pp. 205

carteggi (1772-1929)

1. Preghiere - Ricette - Scritti Vari, 1772-1922, b. 1

2. Richieste e permessi:

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Richieste di autorizzazione ad accettare nuove candidate con o senza dote scritte a nome della superiora dal Cancelliere Abbaziale, dal 27 agosto 1828 al 6 giugno 1838, cc. 12 mss.Permessi concessi dalla Congregazione dei Religiosi di poter accogliere educande, dal 12 novembre 1828 al 7 agosto 1880, cc. 7 mss.Richieste presso il Sommo Pontefice di far vestire o professare giovani candidate, dal 9 ottobre 1828 al 7 ottobre 1846, cc. 15 mss.Nulla Osta della Santa Sede per l’elezione dell’Abbadessa, dal 22 luglio 1843 al 1° set-tembre 1852, cc. 2 mss.

3. Contabilità:Atti di amministrazione dal 24 settembre 1829 al 17 settembre 1842Atti notarili dal 17 dicembre 1853 al 13 luglio 1858Inventario delle suppellettili ad opera di mons. Gian Battista Guerra durante la Sacra Visita Pastorale del 7 ottobre 1851 e Decreto di Sacra Visita del 25 ottobre 1852Incassi per frutti in crediti. Elenco dei debitori dei crediti e conti vari dal 1862 al 1908Incassi e spese per suor Maria Francesca Bregoli di Forlimpopoli per la vendita e spe-se di una casa posta in Cesena di sua proprietà, amministrata dal parroco d. Gregorio Vallicelli dall’anno 1887 al tutto il 30 giugno 1892. Sono 2 brogliacci, datati rispettiva-mente 1887-1892 e 1887-1912

4. Letteren. 2 di s.r Nazzarena Bozzoli, del 24 ottobre 1840 e 18 luglio 1850n. 7 di diversi, dal 4 aprile 1840 al 24 marzo 1856n. 12 al dott. Luigi Valbonesi, sindaco, dal 12 ottobre 1853 al 31 dicembre 1859n. 9 del dott. Luigi Valbonesi, sindaco, dal 7 marzo 1853 al 1° ottobre 1854n. 3 all’ avv. Ruffillo Bazzoli, dal 28 dicembre 1851 al 30 settembre 1854n. 4 a s.r Maria Teresa Serafina Dandini, dal 30 gennaio 1852 al 14 agosto 1853n. 14 di diversi, dal 20 marzo 1856 al 25 marzo 1929della sig.ra Laura Santi all’Abbadessa, dal 20 febbraio 1889 al 31 maggio 1890di don Giovanni Perzè a s.r Clementina, dal 2 novembre 1906 al 8 gennaio 1916

5. Varie (1856-1989)1. Santa Sede1856-1986 Lettere e telegrammi1962-1970 Lettere di Cardinali

2. Sacra Congregazione1874-19571874-1956 Domande e autorizzazioni per la conferma delle Superiore

3. Curia Vescovile1911-1989

4. Tumulazione suor Celeste MarchesiLettere di domanda e relative risposte da parte del Comune di Forlimpopoli, dalla Curia

ecclesiastica di Forlì e dal Ministero della Sanità di Roma in merito alla richiesta di trasporto

1.

2.

3.

4.

1.2.3.

4.5.

1.2.3.4.5.6.7.8.9.

Page 214: Vite consacrate. Gli archivi delle organizzazioni religiose femminili

214

dei resti mortali di suor Maria Celeste Marchesi in luogo diverso dal Cimitero (Richiesta con esito positivo, attualmente i suoi resti mortali sono conservati nella chiesa del monastero).

5. Municipio di Forlimpopoli, 1912:23 agosto 1863, documento del Municipio di Forlimpopoli in merito all’esposizione e tumu-

lazione dei cadaveriDeliberazione del Consiglio Comunale del 1900 settembre 27 sulla «concessione circa l’uso

temporaneo di alcuni ambienti conceduti alle suore Agostiniane nell’ex convento da esse abitato»

12 gennaio 1912, documento del Municipio di Forlimpopoli in merito all’organo della Chie-sa

8 agosto 1912, documento del municipio di Forlimpopoli in merito ai mobili e agli arredi sa-cri dell’ex Monastero Agostiniano

6. Sopraintendenza delle Belle arti di BolognaRilievi, stato di conservazione, caratteristiche generali delle tre tele relativamente del

1686 (Sant’Agostino in gloria e santi di scuola bolognese), del [1640-1649?] (Gesù Nazzare-no, di scuola Veneta), del sec. xviii (la Beata Vergine e i Santi Nicola da Tolentino, Tomma-so, Monica e Agostino di scuola forlivese) che le monache sono riuscite a salvare e a conser-vare fino ad oggi dopo la soppressione e il cambio di sede del monastero

7. ChiesaProgetto della costruzione della Chiesa, arch. Artusi GiovanniDocumenti dell’arch. Artusi Giovanni (essenzialmente conti per i lavori effettuati)«Fatture per la Chiesa» (falegname)Fatture per la ChiesaProgetto restauro Chiesa, ing. Ravaglia Luciano

amminiStrazione (1631-1941)

1. «Registro dell’attivo e del passivo»:Attivo dal 1631 al 1688 e passivo dal 1634 al 1682. Con nominativi di monache e ab-

badesse, di vescovi, padri e sacerdoti, di notai e cancellieri, di persone e personaggi di For-limpopoli; dati di case e terreni delle monache. E informazioni della cultura e/o istruzione del tempo, della situazione sociale dell’epoca, della provenienza delle monache, notizie cir-ca la morte delle monache, reg. 1

2. «Testamenti e donazioni» dall’ 8 dicembre 1794 al 1° settembre 1977

3. «Pratiche legali» dal 14 marzo 1780 al 2 settembre 1939

4. Libri di amministrazione (1827-1941):«Libro I dell’amministrazione del monastero di S. Giambattista in Forlimpopoli dal-

l’anno 1827 a tutto l’anno 1834», con sottotitolo: «Libro di amministrazione delle MM. Ago-

1.2.3.4.5.

Page 215: Vite consacrate. Gli archivi delle organizzazioni religiose femminili

215

stiniane di Forlimpopoli che per benigne disposizioni sovrane rientrarono nel loro antico mo-nastero nel dì 29 giugno dell’anno 1826»

«Vacchetta delle rev.de monache Agostiniane di Forlimpopoli alla far-macia Cortesi 1839»

«Amministrazione delle RR. Monache Agostiniane di Forlimpopoli», due voll. mss. (1835-1846; 1847-1861), con:indice iniziale strutturato in ordine alfabeticoprospetto dei fondi e dei censi che compongono il capitale del monastero«magazeno dei generi raccolti nei fondi rustici» con le entrate e uscite relative a: grano, for-

mentone, fava, canapa, lino, semolino, fagioli, ceci, uva, miglio ecc.prospetti delle stalle dei poderi, con delle compravendite dei bovi, tori, vacche, manzi, vitel-

li, maiali ecc.tabelle della «cassa dei depositi» con note mensili dei movimenti di dare e avere e un pro-

spetto annuale delle spese.

Inoltre, 8 volumi manoscritti:

1867-1872 (2) 19

1867-1908 (5)1873-1888 (3)1879-1888 (1)1889-1908 (4)1916-1925 (7)1916-1927 (6)1928-1941 (8)

«Rendite e spese della Pia Unione del Suffragio», 1907-1914, con «regi-stro degli iscritti», reg. 1

«Libro dei patrimoni delle suore dal 1938 al 1963», reg. 1

5. Mastri (1867-1888):«Mastro dell’amministrazione dei beni delle Monache Agostiniane di Forlimpopoli dal

1867 al 1872», reg. 1. Si riferisce alle pensioni delle monache Coriste e Converse.

19 Vecchia numerazione d’archivio.

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Monache Coriste:

Ferri suor CandidaAmici suor MargheritaMontebugnoli suor Maria CrocefissaMartini suor Maria LuigiaDalla Torre suor Alma ReginaGiottoli suor ColombaBerretta suor CelesteScardari suor ChiaraBarilari suor RitaDandini suor Maria TeresaMonterastrelli suor AngelicaBarone suor NazarenaBregoli suor Francesca

Monache Converse:

Ruffilli suor MaddalenaBrunelli suor GeltrudeGardelli suor GiovannaGiorgini suor VeronicaLaghi suor AngelaLaghi suor MariannaMontanari suor Anna

«Libro Mastro 1873-1888», reg. 1

6. Stati dei crediti 1827, reg. 1«Stato dei crediti fruttiferi assegnati in dotazione al ven. monastero delle Agostiniane di

S. Giovanni Battista di Forlimpopoli con atto della R.C.A. del 26 Ottobre 1827». Contiene:

A. «Dotazione al monastero delle Agostiniane di S. Giovanni Battista di Forlimpopoli. Elenco nominativo delle monache inscritte né ruoli delle pensioni a carico dello Stato, le qua-li giusta le dichiarazioni già fatte si considerano come riunite nel suddetto monastero delle Agostiniane di S. Giovanni Battista di Forlimpopoli e vengono in esso dotate alla ragione di £ 66 per ognuna». L’elenco è stato redatto nella residenza di Monte Citorio in data 26 dicem-bre 1827 dall’allora Tesoriere Generale sig. Blussaldi. Si riporta parte del prospetto:

Nome di battesimo Cognome Nome da religiosa Provenienza Se Coristao Conversa1 Maria Caterina Ranieri Geltrude Civitella Corista2 Maria Antonia Mazzolini Fabronia Forlimpopoli Corista3 Caterina Ghinozzi Deodata20 Forlimpopoli Corista4 Margherita Benedetti Angelica Forlì Corista5 Teresa Casini Maria Teresa Cesena Corista6 Angela Maria Mazzolini Fedele Forlimpopoli Corista7 Rosa Colomba Pianori Marianna Brisighella Corista8 Marianna Minghetti Maria Maddalena Forlimpopoli Conversa9 Barbara Minelli Fidalma Forlì Conversa10 Maria Antonia Maldini Anna Maria Forlimpopoli Conversa11 Maria Luigia Godoli Paola Forlimpopoli Conversa12 Francesca Castellani Colomba Ancona Conversa13 Antonia Ghiselli Geltrude Cervia Corista14 Teresa Versari Maddalena Meldola Corista15 Luigia Partisei Giacinta Meldola Corista

20 Da altri elenchi di monache sappiamo che il nome da religiosa di Caterina Ghiozzi era Adeodata e non Deodata.

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217

Il prospetto è preceduto da un ampio scritto introduttivo ed esplicativo del Tesoriere Generale che così inizia: «Volendo la santa memoria di Papa Pio VII; che non si frapponesse ulteriore ritardo alla dotazione degli Ordine Regolari dell’uno e dell’altro sesso, già prescrit-ta con la notificazione della Segreteria di Stato del 18 agosto 1817 [...] ordinò che ad ogni monastero di Religiose si assegnasse una dotazione di beni di provenienza ecclesiastica [...] per la complessiva annua rendita di £66 per ogni religiosa rientrante in monastero o conside-rata come rientrante, etc.».

B. «Dotazione al monastero delle Agostiniane di S. Giovanni Battista di Forlimpopoli. […] Crediti fruttiferi provenienti dalla R. C. A. estinguibili mediante la rassegna di una ren-dita convalidata al 5 per cento nel termine di anni 13 incominciati a decorrere dal 1° Luglio 1826»

7. Elenco nominativo delle Pensioni, Governo Pontificio, Monte Citorio, 26 dicembre 1827, reg. 1

«Dotazione al monastero delle Agostiniane di S. Giovanni Battista di Forlimpopoli. Elenco nominativo delle monache inscritte ne’ ruoli delle pensioni a carico dello Stato, le quali giusta dichiarazione già fatta si considerano come riunite nel suddetto monastero del-le Agostiniane di S. Giovanni Battista di Forlimpopoli e vengano in esso dotate alla ragione di £ 66 per ognuna».

L’elenco riporta la seguente suddivisione:Numero progressivo e Numero di riferimento allo stato generale dell’assegno fatto alla Sacra Congregazione dei Religiosi, separati da una barretta;Numero di cassa;Nome di battesimo e cognome di ciascuna monaca;Nome da religiosa;Stato (corista o conversa);Età;Patria.Il Luogo in cui trovasi inscritta la pensione è sempre Forlì, tranne che per Rosa Colom-

ba Pianori, suor Marianna (Ravenna) e Francesca Castellani, suor Colomba (Ancona). L’In-dirizzo dell’Istituto è sempre Agostiniano, tranne che per Antonia Ghiselli, suor Geltrude (Cappuccino). Il Luogo dell’attuale domicilio è sempre Forlimpopoli. L’Annua rendita di do-tazione competente al monastero per ciascuna monaca è sempre £. 66.

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.1/679 279 Maria Catterina Ranieri Geltrude Corista 49 Civitella2/701 (?) 226 Maria Antonia Mazzolini Fabronia Corista 80 Forlimpopoli3/704 262 Caterina Ghinozzi Deodata Corista 54 Forlimpopoli4/1678 40 Margherita Benedetti Angelica Corista 60 Forlì5/1762 90 Teresa Casini Maria Teresa Corista 57 Cesena6/702 209 Angela Maria Mazzolini Fedele Corista 78 Forlimpopoli7/2800 272 Rosa Colomba Pianori Marianna Corista 71 Brisighella8/705 210 Marianna Minghetti Maria Maddalena Conversa 60 Forlimpopoli9/1679 211 Barbara Minelli Fidalma Conversa 64 Forlì

1.

2.3.4.5.6.7.

Page 218: Vite consacrate. Gli archivi delle organizzazioni religiose femminili

218

40/906 212 Maria Antonia Maldini Anna Maria Conversa 52 Forlimpopoli41/703 264 Maria Luigia Godoli Paola Conversa 52 Forlimpopoli42/5 122 Francesca Castellani Colomba Conversa 73 Ancona43/688 277 Antonia Ghiselli Geltrude Corista 82 Cervia44/690 334 Teresa Versari Maddalena Corista 55 Eldola45/691 264 Luigia Partisei Giacinta Corista 62 Meldola

8. Amministrazioni varie, sec. xix, fascc. 2Conto introito esito a contantiStato del bestiame esistente all’epoca della divisione nei fondi rustici 1853Stato di introito ed esito a generi diversi 1853Stralcio dell’importo delle rendite dei beni ceduti dalla sig.ra contessa Laura al fratello [...]

Anselmo e delle spese incontrate dal giorno 1° dicembre 1853 a tutto maggio 1854.

Un’immagine di uno dei volumi dell’archivio.

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AndreA Ferri 1

L’archivio generalizio della Congregazione delle Piccole Suoredi Santa Teresa di Gesù Bambino di Imola

Cenni storici sulla congregazione

La Congregazione delle Piccole Suore di Santa Teresa di Gesù Bambino è sorta nel 1923 per l’incontro delle intuizioni carismatiche di madre Maria Zanelli (1887-1957) e di don Giuseppe Mazzanti (1879-1954) 2.

1 Vice Direttore dell’Archivio Diocesano di Imola.2 Sulla storia dei fondatori e della congregazione delle Piccole Suore di Santa Teresa di Gesù Bambino cfr.: Il novello pastore. Parrocchia di S. Maria in Regola. Numero unico in occa-sione dell’ingresso solenne in Parrocchia del Novello Abate M. R. Don Giuseppe Mazzan-ti, Imola 1928; Costituzioni della Congregazione delle Piccole Suore di S. Teresa del Bambi-no Gesù in Imola, Gravina di Puglia 1935; Rose di S. Teresa. Bollettino mensile dell’Istituto S. Teresa del bambino Gesù. - N. 1 (ago. 1936)-...; Rose di S. Teresa. Imola, 19 marzo 1954. Supplemento al N. 12 de «L’Argine» Settimanale Cattolico. Numero unico edito in occasione del Trentennio della Fondazione della Congregazione delle Piccole Suore di Santa Teresa del Bambin Gesù e delle Nozze d’Oro Sacerdotali del Rev.mo Can. Giuseppe Mazzanti Diretto-re e fondatore, Imola 1954; G. Bettelli, L’apostolo della gioventù femminile imolese, Imola 1955; Costituzioni e direttorio delle Piccole Suore di S. Teresa del B. G., Faenza 1957; Note spirituali storiche e Testamento Spirituale di Madre Maria Zanelli nel trigesimo della morte, Imola 1958; Piccole Suore di S. Teresa del Bambino Gesù. Imola-Bologna, Imola 1963; Co-stituzioni ad experimentum. 30 Settembre 1969, Imola 1969; i. CAssoli, Monsignor Arman-do Nascetti Parroco ai S. S. Giuseppe e Ignazio in Bologna e le Piccole Apostole del S. Cuo-re da lui fondate (1874-1974), Bologna 1978; V. MACCA, voce Mazzanti Giuseppe, in Dizio-nario degli istituti di perfezione, V, Roma 1978, coll. 1098-1099; Due stelle una luce: can. Giuseppe Mazzanti e Madre Maria Zanelli, Fondatori dell’Istituto «Piccole Suore di S. Tere-sa del Bambin Gesù», [a cura di madre V. MArtelli], Imola 1979 [Dattiloscritto]; W. FAlCo-ni, Il Canonico Giuseppe Mazzanti, Imola 1980; V. MACCA, voce Piccole Suore di Santa Tere-sa del Bambino Gesù, di Imola (Bologna), in Dizionario degli istituti di perfezione..., cit., VI, Roma 1982, coll. 1658-1659; Costituzioni delle Piccole Suore di S. Teresa di Gesù Bambi-no, Imola 1984; r. ABdo, L’Amore Misericordioso Nel Can. Giuseppe Mazzanti, Roma 1985 [dattiloscritto]; A. Ferri, La congregazione delle Piccole Suore di S. Teresa di Gesù Bambi-no, esercitazione presentata allo Studio teologico accademico bolognese - Sezione semina-rio regionale, a. a. 1985-1986; G. G. Pesenti, Apostoli Imolesi. Madre Maria Zanelli Cano-

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La prima, nata a Castel Guelfo da famiglia cattolica benestante e battez-zata con il nome di Antonietta, all’età di 14 anni si ridusse in fin di vita per una malattia refrattaria ad ogni cura, guarendo poi improvvisamente, dopo avere promesso di consacrarsi a Dio in caso di guarigione. Sotto la guida del parroco di Castel Guelfo don Armando Nascetti maturò la sua formazione spirituale, aggregandosi alla pia associazione parrocchiale delle Piccole Apo-stole del Sacro Cuore, fondata dallo stesso don Nascetti. Nel 1919 morirono entrambi i genitori di Antonietta, e poco dopo don Nascetti decideva di allon-tanarla dalle Piccole Apostole, riaccogliendola però poco dopo e destinando-la all’Istituto Infanzia Abbandonata di Imola, insieme a due compagne. Qui incontrò don Giuseppe Mazzanti, sacerdote dal 1904, impegnato in moltepli-ci attività pastorali e di assistenza della gioventù maschile, per la quale colla-borava con il canonico Angelo Bughetti, direttore dell’Istituto Santa Cateri-na. L’incontro tra la Zanelli e don Mazzanti fu subito di grande sintonia e sot-to la sua guida ella approfondì la spiritualità di suor Teresa di Gesù Bambi-no, che dopo breve tempo sarebbe stata canonizzata da papa Pio XI. Nel 1920 le Piccole Apostole lasciarono l’Istituto Infanzia Abbandonata per trasferirsi a Santa Caterina, in accordo con don Nascetti. Nel 1923 il sorgere di nuove tensioni con le Piccole Apostole indusse la Zanelli a distaccarsene con le due compagne Elisa Tinti e Ada Rossi. Con l’approvazione del vescovo di Imola Paolino Tribbioli il 23 febbraio 1923 fondava nella canonica di Sant’Agata di Imola l’associazione delle Pie Operaie del Bambino Gesù, con don Mazzan-ti come direttore. Il rapido accrescersi delle Pie Operaie indusse il vescovo a conferire loro il profilo giuridico di una congregazione religiosa di diritto dio-

nico Giuseppe Mazzanti. Fondatori delle Piccole Suore di Santa Teresa del Bambino Gesù, Morena 1986; C. PAttACini, L’esperienza della Congregazione delle Piccole Suore di S. Te-resa del B. G. Aspetti metodologici, tesi di diploma presentata alla Scuola di Servizio Sociale della facoltà di giurisprudenza dell’Università degli studi di Parma, a. a. 1986-1987; Semi di vita. Raccolta di pensieri dei fondatori dell’Istituto delle Piccole Suore di S. Teresa di Gesù Bambino Imola, Imola 1989; A. BAssAni, Santa Teresa. Padre Giuseppe Madre Maria. Sto-ria della Congregazione delle piccole suore di Santa Teresa del Bambino Gesù, Imola 1992; A. BAssAni, Madre Vincenza Martelli sul sentiero di S. Teresa, Imola 1996; G. MAGnAni, Pa-gine di vita di un sacerdote, l. ViVoli, Storia del palazzo Alessandretti di Imola, Imola 1997; C. PAttACini, La spiritualità carmelitana nella diocesi d’Imola. Il Conservatorio di Santa Te-resa di Castelbolognese, Imola 1998; Madre Maria Zanelli. La figlia del farmacista di Castel Guelfo, Imola 1998; Due stelle Una luce, Imola 20004; G. roCCA, voce Zanelli Antonietta, in Dizionario degli istituti di perfezione..., cit., X, Roma 2003, coll. 653-654; A. Ferri, voce Giuseppe Mazzanti, in id.-A. renzi, Sacerdos in aeternum. Il clero secolare della Diocesi di Imola defunto nel secolo XX, Imola 2006 (Pubblicazioni dell’Archivio Diocesano di Imola. Serie Documenti e Studi - V), p. 262.

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cesano, ottenendone l’affiliazione all’ordine carmelitano come terziarie. Nel 1935 mutarono la loro denominazione in quella di Piccole Suore di Santa Te-resa del Bambino Gesù, dietro suggerimento di madre Agnese Martin, sorella della giovane santa carmelitana. Dopo un breve cambio di sede presso la par-rocchia di Santa Maria in Regola, dove don Mazzanti era parroco dal 1928, nel 1938 la congregazione si stabiliva nel palazzo Alessandretti, lungo la via Emilia, dove ancora attualmente ha sede la casa generalizia. Dal 1949 la con-gregazione è di diritto pontificio. Anche dopo la morte di don Mazzanti e di madre Zanelli, avvenute rispettivamente nel 1954 e nel 1957, la congregazio-ne continuò ad accrescere il numero di religiose e le case da essa rette, diffon-dendosi in varie regioni italiane; dal 1965 sorsero case missionarie in Ame-rica Latina e l’anno successivo in Africa. Dal 1983 la congregazione ottiene i voti perpetui per le sue suore, mentre sino ad allora i voti erano tempora-nei e venivano rinnovati periodicamente. Dopo madre Maria Zanelli le supe-riore generali sono state: madre Vincenza Martelli (1958-1976), madre Maria Rosa Novello (1976-1994), madre Agnese Zaniboni (1994-2000), madre Ri-talba Sutti (2001-2007), madre Filomena Adamo, eletta nel gennaio 2007 ed attualmente in carica.

Il riordino del fondo antico dell’archivio generalizio

Il presente contributo descrive il riordino e l’inventariazione del fondo antico dell’archivio generalizio della Congregazione delle Piccole Suore di Santa Teresa di Gesù Bambino, conservato presso la casa generalizia di Imo-la, via Emilia 233, già denominata palazzo Alessandretti. Non si tratta pro-priamente dell’archivio storico, ma di una parte di esso, contenente in primo luogo carte sulla vita dei fondatori e sui primordi della congregazione, cui però sono stati aggiunti fascicoli e carte sciolte relative agli eventi principali della vita della congregazione anche in anni recenti. La documentazione sto-rica residua è ancora inserita nelle serie dell’archivio generalizio corrente. La documentazione del fondo copre un arco cronologico dal 1893 al 2006. Non sono stati rinvenuti precedenti inventari 3.

La documentazione prima del riordino era inserita in alcune decine di bu-ste, scatole e raccoglitori eterogenei, conservati in un armadio metallico del-l’archivio generalizio, posto al piano terreno della casa generalizia. Nel corso

3 Pesenti, Apostoli Imolesi..., cit., p. 15, ha pubblicato un elenco sommario di documenti ar-chivistici ed iconografici presenti nell’archivio della casa generalizia. PAttACini, La spiritua-lità carmelitana..., cit., p. 182, fornisce alcune indicazioni sull’archivio generalizio, presumi-bilmente non riferite al fondo antico.

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del tempo le superiore generali e le segretarie generali della congregazione vi hanno versato autografi e documenti relativi ai fondatori della congregazione, madre Maria Zanelli (1887-1957) e don Giuseppe Mazzanti (1879-1954), e carte relative alla vita della comunità religiosa, sorta nel 1923. Al fondo sono inoltre aggregate alcune parti di serie archivistiche: epistolario dei fondato-ri, costituzioni, cronache della congregazione (redatte da entrambi i fondato-ri), protocolli, circolari.

Poiché ogni archivio è una sorta di impronta genetica dell’ente che lo ha prodotto, l’opera di riordino ha avuto come obiettivo principale quello di in-dividuare le serie corrispondenti alla vita e all’azione dei fondatori, connesse alla genesi ed allo sviluppo della congregazione delle Piccole Suore, riaggre-gando le serie esistenti e costituendone ex novo nei casi in cui ciò si è rivela-to necessario. Il riordino del fondo ha portato così ad individuare quattro se-rie: la prima riguarda la fondatrice madre Maria Zanelli, la seconda il fonda-tore don Giuseppe Mazzanti; la costituzione della terza serie, resa necessaria per la peculiarità di parte delle carte rinvenute, che recavano scritti autografi congiunti di entrambi i fondatori, o testimonianze su entrambi rese da un sog-getto unico, rispecchia comunque la storia della congregazione, che ha visto i fondatori operare in stretta simbiosi alla guida della congregazione, pure nel rispetto degli specifici ruoli di ciascuno; la quarta serie raccoglie la documen-tazione sulla genesi e l’attività istituzionale della congregazione.

Le serie sopra descritte sono articolate nel modo seguente:

Madre Maria Zanelli (1893-2003), suddivisa nelle sottoserie: Scritti au-tografi (1893-1980), Testimonianze (1957-1999), Iconografia e Carte fa-miglie Zanelli, Nascetti, Acquaderni, Foresti (1922-2003).Don Giuseppe Mazzanti (1903-1993), suddivisa nelle sottoserie: Scrit-ti autografi (1903-1954), Effetti personali (1904-1954), Testimonianze (1908-1993), Iconografia, Carte famiglia Mazzanti (1934-1990).Carte Zanelli-Mazzanti (1937-1999), suddivisa nelle sottoserie: Scrit-ti autografi (1937-1954), Testimonianze (1937-1999), Iconografia, Esu-mazioni e traslazioni salme fondatori (1955-1993), Comitato P. Giusep-pe Mazzanti - M. Maria Zanelli (1992-1993), Corrispondenza per cau-sa beatificazione fondatori (1985-1987), Ricerche e recensioni sui fon-datori (1988-1992).Congregazione Piccole Suore di Santa Teresa di Gesù Bambino (1925-2004), suddivisa nelle sottoserie: Costituzioni e regolamenti (1925-1976), Rapporti con la Santa Sede (1925-1993), Cronache della Congregazio-ne (1923-1977), Protocolli (1959-1961), Corrispondenza (1930-2006), Contabilità (1923-1956), Circolari (1933-1980), Scritti di Piccole Suo-re (1920-1980), Personaggi (1909-2004), Iconografia, 50° della Con-

1.

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4.

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gregazione (1973), 75° della Congregazione (1998), 80° della Congre-gazione (2003), Giornate ex allieve (1980-1993), Canti e spartiti musi-cali.

Le sottoserie si suddividono complessivamente in 129 fascicoli. Ogni se-rie è contraddistinta da un numero arabo, al suo interno un secondo numero arabo indica la sottoserie, un terzo il fascicolo ed eventualmente un quarto il sottofascicolo. Ogni fascicolo è così identificato da una sequenza di tre nume-ri. I fascicoli sono stati ricondizionati in 24 buste d’archivio, contrassegnate da un numero romano progressivo.

Rimane da verificare e definire il rapporto tra le serie dell’archivio cor-rente e quelle del fondo storico, tenendo conto delle interconnessioni e solu-zioni di continuità sopra accennate. Le serie principali dell’archivio corrente sono: Capitoli/Assemblee, Verbali di consiglio, Protocollo, Circolari, Crona-che, Case chiuse, Suore defunte, Suore viventi, Libro giornale, Esercizi spiri-tuali, Manifesti.

inVentArio del Fondo AntiCo dell’ArChiVio GenerAlizio

dellA ConGreGAzione delle PiCCole suore di

sAntA teresA di Gesù BAMBino

BustA desCrizione

I 1 MADRE MARIA ZANELLI

1.1 ScRIttI AutogRAfI (1893-1980)1.1.1 Scritti autografi (1897-1922)1.1.2 Scritti autografi (1923-1930)1.1.3 Scritti autografi (1931-1940)1.1.4 Scritti autografi (1941-1950)1.1.5 Scritti autografi (1951-1957)1.1.6 Scritti autografi (s. d.)1.1.7 Effetti personali (1893-1980)

II 1 MADRE MARIA ZANELLI

1.2 tEStIMoNIANZE (1957-1999)1.2.1 Condoglianze (1957-1958)1.2.2 Funerali e anniversario (1957-1958)1.2.3 Centenario di nascita (1987)

III 1 MADRE MARIA ZANELLI

1.2 tEStIMoNIANZE (1895-1999)1.2.4 Testimonianze di consorelle (1984-1999)1.2.5 Altre testimonianze (1958-1994)1.2.6 Rapporti con Piccole Apostole del Sacro Cuore (1895-1978)1.2.7 Bozze inedite per pubblicazione (s. d.)

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BustA desCrizione

IV 1 MADRE MARIA ZANELLI

1.3 IcoNogRAfIA

1.4 cARtE fAMIgLIE ZANELLI, NAScEttI , AcquADERNI, foREStI (1922-2003)1.4.1 Famiglia Zanelli (1923-2003)1.4.2 Famiglia Nascetti (1922-1998)1.4.3 Famiglie Acquaderni e Foresti (1941-1998)

V 2 DoN gIuSEPPE MAZZANtI

2.1 ScRIttI AutogRAfI (1903-1954)2.1.1 Epistolario (1903-1940)2.1.2 Epistolario (1941-1950)2.1.3 Epistolario (1951-1954)2.1.4 Epistolario (s. d.)2.1.5 Omelie e scritti spirituali (1920-1930)2.1.6 Omelie e scritti spirituali (1931-1935)

VI 2 DoN gIuSEPPE MAZZANtI

2.1 ScRIttI AutogRAfI (1903-1954)2.1.7 Omelie e scritti spirituali (1936-1940)2.1.8 Omelie e scritti spirituali (1941-1953)2.1.9 Omelie e scritti spirituali (s. d.)2.1.10 Ricette contro vari malanni (s. d.) 2.1.11 Enigmistica e barzellette (1950)

VII 2 DoN gIuSEPPE MAZZANtI

2.2 EffEttI PERSoNALI (1904-1954)2.3 tEStIMoNIANZE (1908-1993)2.3.1 Nozze d’oro sacerdotali (1954)2.3.2 Condoglianze (1954-1955)2.3.3 Stampe e spese funerali (1954-1955)

VIII 2 DoN gIuSEPPE MAZZANtI

2.3 tEStIMoNIANZE (1908-1993)2.3.4 Centenario di nascita (1979)2.3.5 Cianografie volume (1980)

IX 2 DoN gIuSEPPE MAZZANtI

2.3 tEStIMoNIANZE (1908-1993)2.3.6 Testimonianze di Piccole Suore (1955-1993)2.3.7 Altre testimonianze (1955-1993)2.3.8 Lettere a Don Giuseppe Mazzanti (1908-1954)

X 2 DoN gIuSEPPE MAZZANtI

2.4 IcoNogRAfIA

2.4.1 Fotografie di Don Giuseppe Mazzanti2.4.2 Disegni ed elaborati grafici di Don Giuseppe Mazzanti2.5 cARtE fAMIgLIA MAZZANtI (1934-1990)

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BustA desCrizione

XI 3 cARtE ZANELLI -MAZZANtI

3.1 ScRIttI AutogRAfI (1937-1954)3.2 tEStIMoNIANZE (1937-1999)3.2.1 Testimonianze di Piccole Suore (1937-1999)3.2.2 Altre testimonianze (1986-1999)3.3 IcoNogRAfIA

3.4 ESuMAZIoNI E tRASLAZIoNI SALME foNDAtoRI (1955-1993)3.4.1 Pratiche traslazione salma di Don Giuseppe Mazzanti (1955-1958)3.4.2 Prima esumazione salme fondatori (8 gennaio 1988)3.4.3 Seconda esumazione salma Madre Maria Zanelli (28 gennaio 1990)3.4.4 Terza esumazione salme fondatori (12 marzo 1993)

XII 3 cARtE ZANELLI -MAZZANtI

3.4 ESuMAZIoNI E tRASLAZIoNI SALME foNDAtoRI (1955-1993)3.4.5 Stampe sui fondatori trasmesse alla prefettura di Bologna (s. d.) 3.4.6 Pratiche varie per la traslazione (1990-1993)3.4.7 Progetto ingegner Mario Capitò per tumulazione fondatori (1992-1993)3.4.8 Progetto scultura Enrico Manfrini per tomba fondatori (1988-1991)3.4.9 Corrispondenza in occasione della traslazione dei fondatori (1993)

XIII 3 cARtE ZANELLI -MAZZANtI

3.5 coMItAto P. gIuSEPPE MAZZANtI - M. MARIA ZANELLI (1992-1993)3.6 coRRISPoNDENZA PER cAuSA bEAtIfIcAZIoNE foNDAtoRI (1985-1987)3.7 RIcERchE E REcENSIoNI SuI foNDAtoRI (1988-1992)

XIV 4 CONGREGAZIONE PICCOLE SUORE dI SANTA TERESA dI GESù BAmBINO

4.1 coStItuZIoNI E REgoLAMENtI (1925-1976)4.1.1 Costituzioni (1925-1949)4.1.2 Regolamenti (1948-1971)4.1.3 Note pedagogiche (1942)4.1.4 Regole varie (1954-1976)4.2 RAPPoRtI coN LA SANtA SEDE (1925-1993)4.2.1 Approvazione della Congregazione (1925-1948)4.2.2 Relazioni periodiche (1945-1993)

XV 4 CONGREGAZIONE PICCOLE SUORE dI SANTA TERESA dI GESù BAmBINO

4.3 cRoNAchE DELLA coNgREgAZIoNE (1923-1977) 4.3.1 Cronaca di Madre Maria Zanelli (1923-1939)4.3.2 Cronaca di Don Giuseppe Mazzanti (1938-1954)4.3.2.1 (1938-1948)

XVI 4 CONGREGAZIONE PICCOLE SUORE dI SANTA TERESA dI GESù BAmBINO

4.3 cRoNAchE DELLA coNgREgAZIoNE (1923-1977) 4.3.2 Cronaca di Don Giuseppe Mazzanti (1938-1954)4.3.2.2 (1949-1953)4.3.2.3 (1954)4.3.3 Ricordi di guerra. Stralci di giornali (1945-1946)4.3.4 Cronaca della Pia Unione di Santa Teresa del Bambino Gesù (1924-1937)

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BustA desCrizione

XVII 4 CONGREGAZIONE PICCOLE SUORE dI SANTA TERESA dI GESù BAmBINO

4.3 cRoNAchE DELLA coNgREgAZIoNE (1923-1977) 4.3.5 Cronaca della Casa Madre (1932-1944)4.3.6 Cronaca della Casa Ospedale Montesilvano Spiaggia (Pescara) (1941-1943)4.3.7 Cronaca della Casa Madre (1946-1949)4.3.8 Cronaca della Casa di San Carlo Ferrarese (1951-1958)4.3.9 Cronaca della Casa di Torre Pedrera (1955-1962)4.3.10 Cronaca della Colonia di Cesano (1957)4.3.11 Adunanze suore professe a Casa Madre (1959-1969)4.3.12 Confraternita della Madonna del Carmine. Rubrica iscritte (1961)4.3.13 Appunti di Madre Vincenza Martelli sulla vita dell’Istituto (1923-1977)

XVIII 4 CONGREGAZIONE PICCOLE SUORE dI SANTA TERESA dI GESù BAmBINO

4.4 PRotocoLLI (1959-1961)4.4.1 Protocollo privato (1959-1961)4.5 coRRISPoNDENZA (1930-2006)4.5.1 Corrispondenza protocollata in entrata (1930-1953)4.5.2 Corrispondenza protocollata in uscita e in entrata. Protocollo privato (1937-1961)4.5.3 Copialettere per suore (1931-1937)4.5.4 Copialettere generale (1932-1934)4.5.5 Corrispondenza con la curia vescovile di Imola (1932-1959)4.5.6 Corrispondenza Madre Vincenza Martelli (1940-1980)4.5.7 Corrispondenza Madre Maria Rosa Novello (1989-2006)4.5.8 Corrispondenza varia 4.5.9 Corrispondenza carmelitana (1931-1985)

XIX 4 CONGREGAZIONE PICCOLE SUORE dI SANTA TERESA dI GESù BAmBINO

4.6 coNtAbILItà (1923-1956)4.6.1 Spese per la Casa (1923-1939)4.6.2 Divina Provvidenza (1936-1942)4.6.3 Libro giornale (1923-1956)

XX 4 CONGREGAZIONE PICCOLE SUORE dI SANTA TERESA dI GESù BAmBINO

4.7 cIRcoLARI (1933-1980)4.7.1 Circolari 1933-19404.7.2 Circolari 1941-19504.7.3 Circolari 1951-19604.7.4 Circolari 1961-19654.7.5 Circolari 1966-19704.7.6 Circolari 1971-19804.7.7 Circolari doppie e copie (1952-1967)

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BustA desCrizione

XXI 4 CONGREGAZIONE PICCOLE SUORE dI SANTA TERESA dI GESù BAmBINO

4.8 ScRIttI DI PIccoLE SuoRE (1920-1980)4.8.1 Scritti di Suor Giovanna Tinti (1920-1980)4.8.2 Scritti di Suor Martina Piersanti (1938-1954)4.8.3 Scritti di Suor Giuliana Banzi (1943-1944)4.9 PERSoNAggI (1909-2004)4.9.1 Elena Rocca (1951-1952)4.9.2 Cardinale Aurelio Sabattani (1975-1990)4.9.3 Monsignor Vincenzo Marabini (1937)4.9.4 Monsignor Luigi Figna (1942-1943)4.9.5 Suor Maria Pia Martini (Visitandina) (1957-1984)4.9.6 Don Giulio Facibeni (1926)4.9.7 Emilia Buriani (1909-1963)4.9.8 Padre Luigi Faccenda (1980-1995)4.9.9 Anacleto Margotti (1980-1984)4.9.10 Enrico Manfrini (1996-2004)

XXII 4 CONGREGAZIONE PICCOLE SUORE dI SANTA TERESA dI GESù BAmBINO

4.10 IcoNogRAfIA 4.10.1 Immagini di Santa Teresa del Bambino Gesù4.10.2 Ricordini di professioni religiose4.10.3 Immagini di Piccole Suore e alunne4.10.4 Ricordini per ricorrenze della Congregazione4.10.5 Clichès per foto dell’Oasi di Santa Teresa4.10.6 Immagini di case della Congregazione4.10.7 Immagini di ecclesiastici4.10.8 Immagini devozionali4.10.9 Immagini di ex voto

XXIII 4 CONGREGAZIONE PICCOLE SUORE dI SANTA TERESA dI GESù BAmBINO

4.11 50° DELLA coNgREgAZIoNE (1973)4.11.1 Corrispondenza 4.11.2 Stampe a cura della Congregazione4.11.3 Stampa locale4.11.4 Inni a Santa Teresa del Bambino Gesù4.11.5 Centenario di nascita di Santa Teresa del Bambino Gesù 4.12 75° DELLA coNgREgAZIoNE (1998)

XXIV 4 CONGREGAZIONE PICCOLE SUORE dI SANTA TERESA dI GESù BAmBINO

4.13 80° DELLA coNgREgAZIoNE (2003)4.14 gIoRNAtE ex ALLIEvE (1980-1993)4.15 cANtI E SPARtItI MuSIcALI

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CronoloGiA essenziAle dei FondAtori e dellA ConGreGAzione

delle PiCCole suore di sAntA teresA di Gesù BAMBino di iMolA

Cronologia dei fondatori e della congregazione Cronologia della Chiesa universale e locale 1873, gennaio 2 - Nasce ad Alençon Thérèse Martin1878, febbraio 20 - Dopo la morte di papa Pio IX è eletto papa Leone XIII

1879, giugno 3 - Nasce a Imola Giuseppe Maz-zanti1887, giugno 17 - Nasce a Castel Guelfo Anto-nietta Zanelli

1887, dicembre 28 - Thérèse Martin entra nel Carmelo di Lisieux1890, settembre 8 - Thérèse Martin pronuncia i voti ed assume il nome di Teresa di Gesù Bambi-no e del Volto Santo1897, settembre 30 - Muore suor Teresa di Gesù Bambino1901, aprile 2 - Muore il vescovo di Imola Lui-gi Tesorieri1901, aprile 15 - Monsignor Francesco Baldas-sarri è nominato vescovo di Imola1903, agosto 4 - è eletto papa Pio X

1904, febbraio 27 - Don Giuseppe Mazzanti è or-dinato sacerdote1907, giugno 7 - Antonietta Zanelli entra tra le Piccole Apostole del Sacro Cuore, fondate a Ca-stel Guelfo da don Armando Nascetti

1913, aprile 9 - Monsignor Paolino Tribbioli è nominato vescovo di Imola

1913, maggio - Don Giuseppe Mazzanti è nomi-nato vice cancelliere vescovile

1914, settembre 3 - è eletto papa Benedetto XV1919 - Antonietta Zanelli è allontanata dalle Pic-cole Apostole e poi riammessa1920, febbraio 20 - Antonietta Zanelli assume la direzione dell’Istituto Infanzia abbandonata di Imola. Conosce don Giuseppe Mazzanti, vice as-sistente del circolo Silvio Pellico

1922, febbraio 6 - è eletto papa Pio XI1923, aprile 29 - Beatificazione di suor Teresa di Gesù Bambino

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Cronologia dei fondatori e della congregazione Cronologia della Chiesa universale e locale 1923, novembre 2 - Antonietta Zanelli e cinque compagne professano i voti nella chiesa di San-t’Agata di Imola nella comunità delle Pie Operaie del Bambin Gesù, da esse fondata, e di cui è diret-tore don Giuseppe Mazzanti

1925, maggio 17 - Santificazione di suor Teresa di Gesù Bambino

1925, settembre 30 - Don Mazzanti consegna alle Pie Operaie le prime Norme di vita1927, giugno 2 - Le Pie Operaie del Bambin Gesù prendono il nome di Congregazione delle Pie Operaie di Santa Teresa del Bambino Gesù. Anto-nietta Zanelli prende il nome di suor Maria1927, giugno 5 - Apertura della casa di Toscanel-la1928, maggio 6 - Apertura della casa di Ponte Santo1928, giugno 28 - Don Giuseppe Mazzanti è no-minato parroco di Santa Maria in Regola di Imo-la1931, ottobre - Le Pie Operaie prestano servizio all’asilo infantile e alla scuola di lavoro a Vado di Monzuno (BO)1932, giugno 6-7 - La congregazione si trasferi-sce dalla parrocchia di Sant’Agata alla sede di via Cosimo Morelli1932, settembre - Le Pie Operaie prestano ser-vizio all’asilo infantile e alla scuola di lavoro a San Carlo Ferrarese (FE) e a Bruscoli di Firen-zuola (FI)1933, settembre - Le Pie Operaie prestano servi-zio all’asilo infantile e nelle opere parrocchiali di Gherghenzano (MO)1933, ottobre - Le Pie Operaie prestano servizio all’asilo infantile e alla scuola di lavoro a Recova-to di Castelfranco Emilia (MO)1935, luglio - Le Pie Operaie prestano servizio al-l’asilo infantile e alla scuola di lavoro a Piancal-doli di Firenzuola (FI), a Poggiorenatico (FE) e a Scapezzano (AN) e in seguito al seminario arcive-scovile di Ferrara

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Cronologia dei fondatori e della congregazione Cronologia della Chiesa universale e locale 1935, novembre 28 - Madre Agnese Martin, prio-ra del Carmelo di Lisieux suggerisce il nome di Piccole Suore di Santa Teresa del Bambino Gesù per la congregazione1935, dicembre 23 - Il vescovo di Imola Paolino Tribbioli approva per un triennio le costituzioni della congregazione1936, maggio 4 - Il preposito generale dei carme-litani scalzi Guglielmo di Sant’Alberto aggrega la congregazione all’ordine carmelitano1937, giugno - Don Giuseppe Mazzanti è nomi-nato canonico prebendato della cattedrale1938, ottobre 16 - La sede della congregazione passa nella sede attuale di via Emilia, nell’ex pa-lazzo Alessandretti

1939, marzo 2 - è eletto papa Pio XII1939, settembre 26 - I capitolo generale della congregazione. Madre Maria Zanelli è eletta su-periora generale1940 - La congregazione inizia la sua attività a Cesano1941 - La congregazione inizia la sua attività al-l’ospedale militare di Montesilvano Spiaggia, provincia di Pescara1946, ottobre 2 - II capitolo generale ordinario. Madre Maria Zanelli è rieletta superiora generale

1947, dicembre 20 - Monsignor Benigno Carrara è nominato vescovo coadiutore cum iure succes-sionis di Imola

1948 - La congregazione riceve le sue terze co-stituzioni e il direttorio spirituale redatti dai fon-datori1949, dicembre 16 - La congregazione diviene di diritto pontificio1950, ottobre - La congregazione inizia la sua at-tività alla scuola materna Madonna del Carmine della Casa del Fanciullo1951, ottobre 1 - La congregazione ottiene la per-sonalità giuridica civile1952, ottobre 1 - III capitolo generale ordinario. Madre Maria Zanelli è rieletta superiora generale

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Cronologia dei fondatori e della congregazione Cronologia della Chiesa universale e locale 1954, dicembre 24 - Muore il canonico Giusep-pe Mazzanti1955, febbraio 14 - Inaugurazione dell’Oasi di Santa Teresa1955 - La congregazione inizia la sua attività a Torre Pedrera

1956, maggio 12 - Muore il vescovo di Imola Paolino Tribbioli

1957, dicembre 15 - Muore Madre Maria Zanelli1958, febbraio 9 - IV capitolo generale straordi-nario. Madre Vincenza Martelli è eletta superio-ra generale

1958, ottobre 28 - è eletto papa Giovanni XXIII1959 - La congregazione inizia la sua attività nel-la scuola materna e parrocchia di Santo Spirito di Imola1960 - La congregazione inizia la sua attività a Regoledo di Cosio (SO) e a Oniferi (NU)1961 - La congregazione inizia la sua attività a Monticelli di Monselice (PD)1962 - Sorge la villa Madre Maria Zanelli a Pian-caldoli

1962, ottobre 11 - Apertura del Concilio Vatica-no II1963, giugno 21 - è eletto papa Paolo VI

1963 - Sorge la villa Padre Giuseppe Mazzanti a Pinarella di Cervia1964 - La congregazione inizia la sua attività a Orani (NU) e a Quartu Sant’Elena (CA)1964, settembre 12 - V capitolo generale ordina-rio. Madre Vincenza Martelli è rieletta superiora generale1965 - La congregazione inizia la sua attività alla clinica ostetrica Santa Giovanna di Ciampino1965, novembre - La congregazione avvia la sua attività missionaria in Brasile (São Bernardo do Campo, stato di San Paolo; nel 1966 a Mauà

1967, aprile 22 - Monsignor Aldo Gobbi è nomi-nato vescovo ausiliare di Imola

1967 - La congregazione inizia la sua attività alla scuola materna e nido Culla Arnaboldi a Lugano (CH)

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Cronologia dei fondatori e della congregazione Cronologia della Chiesa universale e locale 1967, febbraio - La congregazione avvia la sua attività missionaria in Kenia (Kiirua, diocesi di Meru)1969, settembre 12 - VI capitolo generale specia-le per la revisione delle costituzioni

1969, novembre 4 - Monsignor Aldo Gobbi è no-minato amministratore apostolico sede plena del-la diocesi di Imola

1970, settembre 12 - VII capitolo generale ordi-nario. Madre Vincenza Martelli è rieletta superio-ra generale. Quarte costituzioni ad experimentum1972 - La congregazione inizia la sua attività a San Gioacchino di Roma, presso i padri redento-risti e presso l’istituto Santa Maria Goretti di Imo-la

1974, marzo 12 - Monsignor Luigi Dardani è no-minato vescovo di Imola

1976, settembre 4 - VIII capitolo generale ordi-nario. Madre Maria Rosa Novello è eletta supe-riora generale1977 - Attività missionaria a Kanyakine, in Ke-nia

1978, agosto 26 - è eletto papa Giovanni Paolo I1978, ottobre 16 - è eletto papa Giovanni Pao-lo II

1982, settembre 1 - IX capitolo generale ordina-rio. Madre Maria Rosa Novello è rieletta superio-ra generale. Sorge la casa famiglia Santa Teresa

1983 - Introduzione della professione perpetua nella congregazione1984 - Approvazione definitiva delle nuove costi-tuzioni. Apertura di una casa a Palermo. Ricono-scimento canonico del gruppo Amici Insieme1988, luglio 12 - X capitolo generale ordinario. Madre Maria Rosa Novello è rieletta superiora generale

1989, luglio 19 - Monsignor Giuseppe Fabiani è nominato vescovo di Imola

1991 - La congregazione inizia la sua attività a Nogales, in Messico

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Cronologia dei fondatori e della congregazione Cronologia della Chiesa universale e locale 1992, febbraio 8 - Apertura della casa di forma-zione religiosa a Nairobi, in Kenya1993, marzo 19 - Le spoglie dei fondatori sono traslate nella cappella della casa generalizia1994, luglio 20 - XI capitolo generale ordinario. Madre Agnese Zaniboni è eletta superiora gene-rale1995 - Apre la casa di accoglienza Madre Vincen-za Martelli2001, gennaio 2 - XII capitolo generale ordinario. Madre Ritalba Sutti è eletta superiora generale

2002, ottobre 18 - Monsignor Tommaso Ghirelli è nominato vescovo di Imola2005, aprile 19 - è eletto papa Benedetto XVI

2007, gennaio 2 - XIII capitolo generale ordina-rio. Madre Filomena Adamo è eletta superiora ge-nerale

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Federica Giovannini

Le pergamene del monastero di Santa Maria Maddalenadi Sant’Agata Feltria: un patrimonio da salvare 1

Nella notte del 31 luglio 1951 un grave incendio scoppiò nel coro del monastero di Santa Maria Maddalena di Sant’Agata Feltria; il fuoco, divam-pato velocemente, senza per fortuna provocare vittime fra le Sorelle Clarisse, causò invece danni ingenti alla chiesa, provocando inoltre la distruzione di ar-redi e suppellettili sacri e, purtroppo, anche di opere artistiche ivi conservate, alcune delle quali di un certo pregio artistico, come il crocifisso ligneo opera di scuola giottesca 2. Il furioso incendio, che colpì così duramente questo an-tico luogo di preghiera, non toccò minimamente una piccola scatola costruita in legno comune, di fattura quadrangolare, chiusa da un coperchio dello stes-so materiale e tuttora custodita all’interno del monastero santagatese; si trat-ta di un piccolo ma prezioso scrigno, all’interno del quale sono state conser-vate per secoli le 142 pergamene che costituiscono il ricco archivio delle So-relle Povere di Santa Chiara in Sant’Agata Feltria.

Il monastero di Santa Maria Maddalena di Sant’Agata Feltria è un’istitu-zione antica e prestigiosa, la cui storia si intreccia con quella del borgo fere-trano e del territorio circostante. La comunità clariana che vive in Sant’Agata Feltria è oggi tornata ad essere particolarmente fiorente; nel volgere di pochi anni infatti essa ha modificato il proprio volto, grazie all’ingresso nel mona-stero di numerose giovani provenienti da diverse zone d’Italia, le quali han-no scelto di consacrare la loro vita nella pienezza del Signore; ciò è avvenu-to dopo anni durante i quali le vocazioni si erano interrotte, tanto che per un quarto di secolo non si è avuto nessun nuovo ingresso nel monastero; al mo-

1 Ritengo opportuno rivolgere un ringraziamento alla comunità clariana di Sant’Agata Fel-tria, ricordando in particolare la madre badessa suor Chiara Elisabetta, la madre vicaria suor Maria Letizia e suor Chiara Giovanna, che si occupa della conservazione del fondo archivi-stico, nonché tutte le monache che hanno permesso mi occupassi del loro prezioso archivio aprendo le porte della loro comunità e «tollerando» la mia presenza quasi giornaliera nel mo-nastero. Ringrazio inoltre il signor Manlio Flenghi, da tempo impegnato perché a questo fon-do potesse essere data la meritata notorietà.2 Attribuito a Francesco da Rimini. Cfr. A. Marchi, Il Trecento riminese a Sant’Agata Fel-tria, in Templari, miniere e pittori nella storia antica di Sant’Agata, Rimini 1995 (Collana di Studi Storici Santagatesi, Atti del 1° Convegno), p. 97.

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mento invece la comunità è costituita da sedici sorelle di cui una novizia e tre professe temporanee 3. Nell’edificio in cui ancora oggi dimorano le Sorelle Clarisse giunsero nel Cinquecento quale diretta filiazione di due antichi ce-nobi edificati nel corso del XIII secolo nel territorio feretrano, e precisamen-te il monastero di Sant’Antimo e quello di San Vincenzo 4. Il primo monaste-ro in ordine di fondazione 5, il monastero di Sant’Antimo, prese il nome del-la località nel quale venne fondato, ed era ubicato presso il fiume Senatello fra i castelli di Pereto, Fragheto e Caioletto, borghi ancora oggi facenti parte del territorio santagatese. Per meglio seguire gli sviluppi della storia di questo primo cenobio femminile rivolgiamo la nostra attenzione alle chartae conser-vate presso l’archivio del monastero, ed oggetto di questa trattazione, le qua-li attestano con sicurezza l’esistenza del monastero di Sant’Antimo dall’anno 1225 6. La carta n° 6 viene infatti rogata da «Johannes Bobienus tabellio in

3 Notizie tratte da un articolo apparso sul giornale: «La Rocca», 3 (2006), pp. 11-12, scritto dalle monache Clarisse del monastero di Santa Maria Maddalena di Sant’Agata Feltria.4 L’edificio che accoglie la comunità clariana si trova posizionato nella zona alta del paese, verso nord, lungo quella che un tempo era la via di accesso al borgo, accanto alla chiesa in-titolata a Santa Maria Maddalena, della quale le monache iniziarono a prendersi cura fin dal loro trasferimento; e proprio dal nome della chiesetta deriva con tutta probabilità la nuova de-nominazione data al monastero delle Clarisse. La bella ed antica struttura in cui ancora oggi dimorano le suore clarisse, risalente al 1300, comprende un ampio fabbricato di forma ret-tangolare, con apertura in uno dei lati lunghi a formare il chiostro del monastero; oggi uno dei bracci più corti, che costituiva il monastero vero e proprio, rimasto disabitato per un lun-go periodo a seguito dell’inagibilità della struttura, è stato completamente risanato e restau-rato, ed adibito a foresteria. L’antica chiesetta, di origine romanica, risalente al 1100, è stata più volte rimaneggiata nel corso dei secoli, fino ad assumere l’aspetto di un «timido» baroc-co. Danneggiata dal furioso incendio scoppiato nella notte del 31 luglio 1951, che ne ha cau-sato un’ulteriore modifica architettonica, e pur depauperata di alcune delle importanti ope-re che custodiva, conserva ancora un bel coro ligneo, nonché splendide bifore della primige-nia chiesa romanica.5 Probabilmente appartenente all’ordine delle Damianite: si cfr. la relativa bolla.6 G. MaFFei, Storia del convento delle Clarisse di Sant’Agata Feltria, in Da Solona a San-t’Agata. Antologia di storia santagatese, a cura di G. dall’ara, Rimini 1991, p. 33. La tra-dizione vuole che il monastero di Sant’Agata Feltria sia stato fondato, così attesterebbe una pergamena conservata presso l’Archivio Vescovile di Pennabilli, nel 1218 da santa Agnese, sorella di Chiara, nella località di Sant’Antimo dove, probabilmente, Agnese sostò durante il viaggio che la portò a fondare il monastero di Monticelli in Firenze. Accogliendo quanto det-to dalla tradizione, la fraternità feretrana sarebbe così stata fondata a distanza di soli sei anni da quella di San Damiano in Assisi. Del resto questa tradizione si accorda perfettamente con le peregrinazioni compiute da santa Agnese, volte a fondare nuovi monasteri in vari luoghi

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intrata de convento» 7; mentre del 1257 è la charta (perg. n° 18) in cui il mo-nastero di Sant’Antimo appare per la prima volta come uno degli attori del-l’atto notarile. Precisamente il «presbiter Venture procurator monasteri Sanc-ti Antimi» riceve dal «dominus Guido de Billis unam petiam terre aratorie»; altre due carte, che portano rispettivamente i numeri 29 e 39, risultano parti-colarmente interessanti. La prima, del 1263 (perg. n° 29), redatta «in oratorio monasterii Sancti Antimi», alla presenza di Al[...] 8 figlio del presbitero Ven-tura procuratore del monastero, riporta una vendita da parte del dominus Rol-lando «de Monte Rotondo» e di Imuldina a favore del monastero e, precisa-mente, della badessa «Aghata» che partecipa all’atto a nome dell’intero ca-pitolo e convento. E ancora la perg. n° 39 del 1270. Questa contiene un dop-pio atto 9: il primo stipulato «in ecclesia monasterii Sancti Antimi», presen-ti «domino Rigone archidiacono Sassenensi, domino Guidone canonico Fe-retrano», «Ranulfo familiare dicti monasterii» e «sorore Mansuete», indica-ta col titolo di vice badessa del monastero di Sant’Antimo dell’ordine di san-ta Chiara della diocesi feretrana, la quale con il consenso di tutte le sorelle - e qui segue la lista di tutte le monache - conferma al presbitero Ventura il suo mandato di procuratore e sindaco del monastero, e gli dà incarico di continua-re un’azione di rivalsa nei confronti di Rainerio di Ugerio di Monte Aurio-lo, riguardo il pagamento della dote «domine Nicholutie et Orabele» 10, dote del valore di 350 lire ravennati ed anconetane e di 70 casse di grano, secon-do quanto stabilito nell’instrumento rogato dal notaio «Ugututio» 11. Il secon-do documento, stipulato «in castro Masse, in palatio Ugerii» il giorno succes-sivo alla presenza degli stessi testimoni, «domino Rigone arcidiacono Sassi-

d’Italia nonché con l’opera evangelizzatrice del padre san Francesco, che nel corso di un suo viaggio passò per le terre del Montefeltro, vi sostò e qui ricevette in dono la Verna. Ricordo però che l’Archivio Vescovile di Pennabilli non è stato ancora ordinato, perciò non ho potu-to compiervi alcun tipo di ricerca, e non ho così trovato riscontro a quanto scritto da Giusep-pina Maffei.7 Questo è un atto di compravendita, stipulato tra il presbitero «Belon de Capramozza» e «Aldegunda con Ugo de Capramozza», al quale vengono ceduti appezzamenti di terreno e al-tri beni presso il patronato di Sant’Antimo al prezzo di 50 lire ravennati.8 Parte del nome è coperto da una macchia di umidità.9 Il fondo archivistico è composto di ventuno pergamene, contenenti atti doppi. Non tutti gli atti all’interno della stessa pergamena sono collegati per argomento, anzi alcuni sono redatti a diversi anni di distanza l’uno dall’altro. Nella maggior parte dei casi, ciò che li accomuna è la presenza dei medesimi contraenti.10 Troveremo le due sorelle nel monastero nel 1300 e 1312: perg. senza num. e perg. n° 91.11 L’atto rogato dal notaio «Ugututio» a cui fa riferimento la perg. n° 39 non è presente nel fondo archivistico delle Clarisse di Sant’Agata Feltria.

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nensi, domino Rainerio olim domini Rigoni de dicta Massa Nichela de Per-disceto, Avvoltone filio Guidonis de Monte Aureolo», attesta l’obbligo rivol-to a Rainerio di Monte Auriolo del pagamento della suddetta dote, ricono-scendo valido l’instrumento rogato dal notaio «Ugututio»; mentre nello stes-so atto viene specificato, da parte del presbitero Ventura, l’uso che si farà del denaro concesso: una parte di esso sarà utilizzato per l’acquisto di un terre-no, una parte per il pagamento di undici tornature e infine una parte per il pa-gamento «magistrorum qui laboraverunt in edificabile domorum et ecclesie dicti monasterii».

Tutti gli atti citati dimostrano la vitalità e la prosperità del cenobio di Sant’Antimo, e sebbene non conosciamo con certezza l’anno della sua fonda-zione e quello della sua soppressione, prendendo come certe le date che ap-paiono sul documento più antico, quello del 1225, e sull’ultimo documento in cui il monastero viene citato, nell’anno 1331 (perg. n° 115, secondo atto), è possibile ricostruire approssimativamente l’arco di tempo in cui questa pri-ma comunità clariana è esistita, per l’esattezza si tratta di centosei anni. La carta giacente presso l’archivio delle Clarisse santagatesi, e indicata con il n° 13, attesta per l’anno 1249, «aput Sancti Vincentii, ante ecclesiam», l’esisten-za nel territorio santagatese di un secondo monastero appartenente all’ordine di Santa Chiara; questo venne edificato non solo a pochi chilometri di distan-za dal primo, e precisamente presso il castello di Rocca Pratiffi, ma anche ad appena due decenni dalla probabile fondazione del primo (ventiquattro anni, accettando come data il 1225, perg. n° 6). Invece la perg. n° 33 del 1266, con-tenente un testamento, corrisponde alla carta in cui per la prima volta appaio-no citati assieme i due monasteri. In questo atto «Boninsegna quondam Stivi-vi de Monte Vecclo» donava, tramite Zanello converso, un appezzamento di terreno ai due monasteri, a quello di San Vincenzo e a quello di Sant’Antimo. Il monastero di San Vincenzo, in poco tempo, considerato anche l’alto nume-ro di atti che lo riguardano conservati nel fondo, dovette assumere un ruolo di maggior importanza rispetto al monastero di Sant’Antimo. La pergamena n° 43, datata 9 agosto 1275, riporta la solenne consacrazione della chiesa de-dicata a san Vincenzo martire ad opera di Giovanni vescovo feretrano, Enri-co vescovo di Sarsina, nonché alla presenza di tre arcivescovi e ventisette al-tri vescovi. Dunque, sul finire del XIII secolo, è perfettamente attestata l’esi-stenza nel territorio santagatese di ben due monasteri appartenenti all’ordine di santa Chiara. A questo punto è obbligo domandarsi se il secondo monaste-ro in ordine di fondazione, cioè il monastero di San Vincenzo, sia una germi-nazione di quello di Sant’Antimo, oppure un nuovo nucleo a sé stante, fonda-to forse per volontà della nobiltà locale come luogo di preghiera, nonché di educazione delle proprie figlie, considerando la presenza nell’archivio di atti in cui sono citati vari signori del luogo, i quali evidentemente dovevano ave-

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re frequenti rapporti con il monastero, e considerando anche la presenza nel claustro di giovani provenienti da nobili famiglie del territorio (vedi perg. n° 39). Ma non va neppure dimenticata la tesi sostenuta fino ad oggi da storici che si sono occupati delle vicende che coinvolsero le due comunità religio-se nel corso degli anni 12, secondo la quale si rese necessaria la costruzione di un nuovo monastero per porre rimedio alle condizioni di pericolo e di pre-carietà in cui vivevano le sorelle nel chiostro di Sant’Antimo, un luogo isola-to nella zona bassa del torrente Senatello, rispetto all’altura digradante dove sorgeva San Vincenzo. Sta di fatto che per tutto il XIII secolo e per parte del XIV 13 i due monasteri sono progrediti in piena autonomia e allo stesso tempo con una certa coordinazione e comunanza di interessi, attestate negli atti dal-la presenza di uno stesso «procurator» dei loro beni (vedi perg. n° 33). L’ul-tima carta contenente notizia del monastero di Sant’Antimo, e oggi giacen-te presso l’archivio delle monache Clarisse, è, come sopra riportato, datata al 1331 (perg. n° 115); si può dunque indicare con ragionevole certezza la metà del XIV secolo come periodo in cui le monache abbandonarono la sede pri-mitiva del monastero di Sant’Antimo per unirsi definitivamente alle consorel-le di San Vincenzo. Dalle carte in possesso della comunità odierna di Clarisse risulta evidente che l’unione delle due comunità favorì la prosperità del mo-nastero così costituito, sia grazie all’aumento del numero di sorelle (al 1300 sono presenti ventisei monache, vedi perg. senza numerazione), sia grazie

12 L. doMinici, Sant’Agata Feltria illustrata, Novafeltria 1959. Il Dominici nel suo testo so-stiene che già nel 1271 si registra l’appello delle monache di Sant’Antimo al papa, in rispo-sta al termine loro assegnato per lasciare il convento ed unirsi così alle consorelle del mona-stero di San Vincenzo, particolare che porta a chiedersi se il monastero di San Vincenzo fos-se destinato ad assorbire quello di Sant’Antimo con tutti i suoi beni e possedimenti: su que-sto punto sia lo Zucchi-Travagli (Rerum Feretranarum Scriptores, Annali del Montefeltro) che il Dominici fanno riferimento all’esistenza di un documento giacente presso l’archivio delle Clarisse, costituito da un atto stipulato presso la chiesa di San Pietro in Messa in data 20 maggio 13[...] (le ultime cifre della data non erano più leggibili a causa della corrosione del supporto) il quale si riferirebbe al trasferimento definitivo delle monache dal monastero di Sant’Antimo a quello di San Vincenzo, documento che io non ho trovato tra quelli oggi lì conservati. Nel documento suddetto si parlerebbe della «necessità dopo circa un secolo di di-mora nel monastero di Sant’Antimo, da parte delle monache, di lasciare quel luogo, sia per l’aria insalubre sia per i danni che soffrivano dai ladroni e dalle scorrerie degli armati in tem-po di guerra e di civili discordie. Di maniera che, per non venire in continui timori e angustie, lasciarono il monastero e andarono ad unirsi alle consorelle del convento di San Vincenzo, a cui passarono i beni del monastero soppresso».13 Gli atti inerenti questi due secoli costituiscono il corpus più numeroso dei documenti con-servati presso l’archivio del monastero di Santa Maria Maddalena di Sant’Agata Feltria.

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alla quantità dei beni incamerati. L’ultimo documento contenente notizie del monastero di San Vincenzo, conservato presso l’archivio delle Clarisse, è la charta n° 130, datata al 1409; sono dunque trascorsi centosessant’anni tra il primo atto (perg. n° 13, 1249) in cui è comparso il nome del monastero e l’ul-timo nel quale si fa menzione di esso (perg. n° 130, 1409).

Non sappiamo con certezza quando sia avvenuto il passaggio da San Vincenzo a Sant’Agata 14, e non conosciamo neppure i motivi che hanno por-tato le Clarisse a lasciare questo secondo «insediamento», per spostarsi nel borgo feretrano; si può ipotizzare che si sia ripetuto a distanza di circa un se-colo, un secolo e mezzo, quello che già era accaduto fra i monasteri di San-t’Antimo e di San Vincenzo; così come San Vincenzo era stato prima fonda-to ed aveva poi ricevuto le consorelle dal monastero di Sant’Antimo, la stessa cosa si ripeteva tra il monastero di San Vincenzo e quello di Sant’Agata. Mol-to probabilmente, ancora una volta, su questa scelta dovevano aver influito le ragioni di un tempo: la ricerca di una maggiore sicurezza per le suore; la vo-lontà di trovare un rifugio dalle scorrerie all’interno delle mura di un borgo. Comunque, la scelta diede inizio ad un nuovo periodo, particolarmente frut-tuoso della vita e dell’attività delle Sorelle Povere di Santa Chiara nel terri-torio feretrano.

14 Al fine di poter tracciare con più sicurezza le vicende delle monache clarisse nel borgo san-tagatese, è opportuno volgere l’attenzione ad alcuni documenti conservati presso l’archivio di Stato di PeSaro, Archivio Notarile di Sant’Agata Feltria, e precisamente ad un istrumento compilato in data 26 novembre 1506, rogato da Giacomo Agatoni, dove nel protocollo si leg-ge: «rogato, letto e pubblicato nella chiesa del borgo di Sant’Agata, vicino al monastero del-le Clarisse», ed il testo ci dice che: «Giovanni del castello di Ugrigno si costituisce debitore ad Elisabetta di Pietro di Simone di Sant’Agata Feltria, degnissima badessa delle monache di Santa Chiara di Sant’Agata e di San Vincenzo di Rocca Pratiffi»; quindi un secondo atto notarile, anche questo rogato dal notaio Giovanni Agatoni, «fatto e letto nella chiesa di San Francesco, vicino al monastero delle monache di Santa Chiara, 30 maggio 1510». La prima residenza delle monache Clarisse nel borgo feretrano era costituita da un fabbricato posto al-l’interno del paese in un luogo pianeggiante detto «il Campo», presso la chiesa di San Fran-cesco. A seguito di un evento infausto, la «terribile rupina» (così viene chiamata nelle crona-che del tempo), ovvero la frana che il 25 marzo del 1561 si staccò dal Monte Ercole, posto proprio sopra il paese, che investì e trascinò via con sé buona parte dell’abitato di Sant’Aga-ta nonché «il monastero delle Suore Clarisse, l’Ospizio dei P.P. Conventuali, [...] il Turrito, l’antico municipio, splendido edificio costruito per volere di Federico da Montefeltro», la co-munità clariana si trasferì in un fabbricato di proprietà dei marchesi Fregoso, signori di San-t’Agata dal 1506 al 1660, e da loro donato alla comunità monastica (cfr.: F. dall’ara, San-t’Agata Feltria, Arezzo 1979, pp. 24 e 67).

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Descrizione del fondo

Le pergamene del monastero di Santa Maria Maddalena di Sant’Agata Feltria sono conservate da secoli nei locali dell’omonimo monastero. Utiliz-zando le date presenti negli atti, si è portati a supporre un passaggio dell’inte-ro fondo da un monastero all’altro, ovvero da quello di Sant’Antimo a quel-lo di San Vincenzo fino al monastero di Sant’Agata Feltria 15, seguendo esso stesso il percorso compiuto dalle monache.

Le pergamene conservate presso il monastero predetto sono in totale 142, e sono oggi depositate in due casse di legno comune. Ad un primo esame queste si presentavano tutte poste all’interno di una cassa di legno della misu-ra di 22 cm di altezza per 22,5 cm di larghezza e 24,5 cm di lunghezza, chiu-sa da un coperchio, anch’esso in legno, della misura di 3 cm di altezza per 25 cm di lunghezza. Lungo i quattro lati della scatola e sul coperchio sono anco-ra oggi visibili le tracce di colore scuro lasciate dai sigilli in ceralacca che do-vevano chiudere il contenitore; sul coperchio della scatola vi sono poi le trac-ce di altri quattro sigilli, purtroppo quasi completamente cancellati; essi sem-brerebbero posti lì quasi a scopo decorativo. Le pergamene erano disposte al-l’interno della scatola in rotoli di due, tre o quattro fino a formare sei chartae inserite l’una all’interno dell’altra. Sulla sommità dei rotoli si trovavano pie-gate in tre parti quattro pergamene di più ampie dimensioni rispetto alle al-tre, (corrispondenti ad una bolla papale, a pergg. indicate sul verso dalle let-tere «m», «l», «h», e da una perg. senza numerazione risalente al 1300) 16. Le chartae riportano sul verso una numerazione tracciata con penna stilografica in numeri arabi; tale numerazione va dalla perg. n° 1 alla n° 133. Quest’ulti-ma è eseguita seguendo quanto più possibile un criterio cronologico. Cinque delle suddette 142 pergamene sono prive di numerazione, mentre quattro ri-portano come indicazione appunto lettere dell’alfabeto latino: «a», «l», «m», ed «h». Sul verso accanto alla numerazione, sempre tracciata con penna sti-lografica è poi presente la datazione del documento e la sigla «D. D.», oppu-

15 doMinici, Sant’Agata Feltria illustrata..., cit., sostiene vi sia stato un ulteriore passaggio nel cammino di trasferimento delle monache dal monastero di Sant’Antimo a quello di San Vincenzo, e infine a Sant’Agata Feltria nella sede del monastero all’interno delle mura citta-dine, passaggio avvenuto attorno al XV secolo. Egli infatti ritiene che le suore abbiano sog-giornato per un certo periodo in un edificio posto presso la pieve di San Pietro in Messa, dove le sorelle povere di santa Chiara trovarono asilo dopo che, a causa di danni alla struttura del loro monastero, furono costrette ad allontanarsi da questo.16 Le pergg. «l» e «m» corrispondono a due litterae gratiosae del pontefice Clemente XI. Cfr. T. Frenz, I documenti pontifici nel medioevo e nell’età moderna, 2° ed. italiana a cura di S. PaGano, Città del Vaticano 1998.

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re la firma per esteso «D. Donati» 17; infine sulle carte vi è impresso il tim-bro del monastero, posizionato su due diverse zone del verso, solitamente nel-la zona inferiore e in quella superiore, spesso accanto alle note tergali. Il fon-do si presenta composto di fogli singoli, scritti sul lato carne a piena pagina; in numerose chartae è visibile la rigatura tracciata a secco, mentre un paio di chartae presentano la rigatura ad inchiostro. La pergamena utilizzata per la stesura di numerosi atti sembra essere ricavata dalle zone in prossimità delle zampe degli animali, ciò è reso evidente dalla presenza della forma «a coda» e da un formato spesso irregolare. In massima parte quest’ultimo risulta ret-tangolare con la scrittura lungo il lato breve; le dimensioni delle pergamene poi variano a seconda dei secoli a cui appartengono, sono minori per i seco-li XII-XIII, aumentano nel secolo XIV 18. Sono poi presenti difetti tipici del-la lavorazione, quali una raschiatura non perfetta della pelle, tanto che in al-cune pergamene sono ancora visibili peli dell’animale, fori circolari, spessore irregolare, al punto che in alcuni tratti l’inchiostro traspare sul verso. Il loro stato di conservazione non è ottimale, soprattutto se si considera gli sposta-menti che devono aver subito nel corso degli anni; sono inoltre presenti i di-fetti dovuti al tempo, quali erosione lungo i margini, che hanno causato ampie cadute del supporto, fori, alcuni dei quali posizionati in zone centrali del do-cumento che hanno causato perdite di varie righe di testo; macchie di umidi-tà, inchiostro evanito, e piccoli grumi di polvere che si sono rappresi sul sup-porto, nonché alcune cuciture realizzate con spago per riparare a strappi pre-gressi alla scrittura. Vi sono poi alcune chartae che presentano pesanti danni causati dai parassiti e dall’umidità; il testo di alcune di esse è oggi di diffici-le lettura, mentre un gruppo alquanto corposo di queste presenta una caduta molto ampia del supporto e naturalmente del testo, purtroppo perso per sem-pre. L’aspetto dell’inchiostro, così come il colore del supporto, variano mol-to da pergamena a pergamena; in alcuni casi il primo appare molto diluito e di colore marrone-nocciola, mentre il colore del secondo è più brunito nelle

17 Negli anni 1946-1948, don Luigi Donati, sacerdote della diocesi feretrana, si è dedicato alla stesura dei regesti delle pergamene delle Suore Clarisse numerando le carte, datandole e lasciando sul retro la sua stessa firma. Dalla testimonianza dello stesso don Donati risultereb-be che almeno tre-quattro pergamene siano state nel corso degli anni sottratte dall’archivio delle monache; il sacerdote riferiva di aver appreso in via indiretta della loro presenza presso una bottega antiquaria. A sostegno di questa sua testimonianza vi è il fatto che tali carte sem-bra riportassero tutte il timbro del monastero delle Clarisse di Sant’Agata Feltria.18 Media delle misure delle pergamene (altezza per larghezza, con misure date in mm e sud-divise per secoli): secolo XII, max. 235 x 90 e min. 172 x 90; secolo XIII, max. 963 x 241 e min. 105 x 76; secolo XIV, max. 925 x 540 e min. 175 x 115; secolo XV, 288 x 232; secolo XVII, 374 x 580; secolo XVIII, 362 x 480.

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pergamene più antiche (XIII secolo), schiarendosi poi in quelle del XIV. In-fine in una delle pergamene di più grandi dimensioni, da me indicata come la «pergamena dei Trinitari» 19, è ancora perfettamente conservato il sigillo. Quest’ultimo fa parte della categoria dei sigilli detti pendenti 20 ed è custodi-to all’interno di una teca metallica, a sua volta legata alla pergamena a doppio filo, uno dei quali di colore rosso, l’altro dorato. Il materiale di cui il sigillo è composto è costituito da cera colorata di rosso, e le sue dimensioni sono: 53 mm di larghezza per 60 mm di lunghezza per 15 mm di altezza. Analizzando l’aspetto della figura impressa, il sigillo risulta appartenere al tipo araldico (è infatti presente uno stemma), mentre la scritta che si svolge in senso orario in-torno alla figura, sul bordo del sigillo, a partire dall’alto, reca il titolo del per-sonaggio a cui il sigillo appartiene: «Sigillus Patris Generalis Ordinis Sanc-tissimae Trinitatis Redemptionis Captivorum». Si tratta di un ordine fondato nel 1194 nell’eremo di Cerfroid da San Giovanni da Matha, nato nel periodo

19 Ho utilizzato questo titolo facente riferimento al contenuto del documento, in quanto tale pergamena risulta essere una delle cinque prive di numerazione; era pertanto necessario, al fine di poterla rintracciare, indicarla in modo chiaro e facilmente riconoscibile. L’ordine dei Trinitari, o «Fratres ordinis Sanctae Trinitatis et redemptionis captivorum» (Ordine della Santissima Trinità e redenzione degli schiavi), è appunto un ordine fondato nel 1194 nell’ere-mo di Cerfroid, vicino Parigi, da san Giovanni da Matha, che riceve l’approvazione apostoli-ca nel 1198. «Nasce come istituzione inerme che si dedica al servizio della redenzione nella fede dei fratelli che soffrono il giogo della schiavitù. San Giovanni da Matha, durante un pe-riodo di studi compiuto presso la città di Marsiglia, compì l’esperienza che avrebbe poi cam-biato la sua vita; recandosi al porto, poteva vedere gli schiavi musulmani che i crociati invia-vano in Francia come bottino di guerra, e la gente che godeva nel vedere “questi maledetti” che sarebbero passati poi sotto i colpi delle torture dei carcerieri “cristiani”. Dopo l’appro-vazione apostolica ottenuta da papa Innocenzo III, l’ordine comincia a diffondersi, dapprima in tutta la Francia, quindi oltre i suo confini, operando in maniera pacifica, disarmata, povera anche nei Luoghi Santi, liberando prigionieri (captivi) cristiani e musulmani». Oggi, l’ordine è diffuso in varie regioni del mondo e si prende cura, secondo la vocazione cristiana, dei più deboli, di coloro che si trovano in difficoltà e in particolar modo dei detenuti, adoperandosi perché le loro condizioni di vita possano sempre più migliorare. I Trinitari sono costituiti in varie famiglie che si dedicano sia alla vita contemplativa sia naturalmente all’attività socia-le. Notizie tratte dai siti ufficiali dell’Ordine: <http://www.trinitari.it>; <http://trinitaridema-tha.it>. Ultima consultazione dei siti in data 20 febbraio 2007.20 A. PrateSi, Genesi e forme del documento medievale, Roma 19872, p. 71: «si dicono pen-denti quando sono uniti al foglio, solitamente alla parte inferiore rinforzata ripiegandone il lembo (plica), mediante lacci di seta o canapa o lino (ed è questo l’unico modo di apposizio-ne del sigillo di metallo) o anche con striscioline di pergamena o di carta».

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delle crociate allo scopo di occuparsi della liberazione dei prigionieri cristia-ni caduti in mani nemiche.

Sul dorso delle pergamene sono visibili sia annotazioni che segnature ar-chivistiche; quest’ultime possono essere suddivise in tre gruppi:

il primo gruppo è formato dalla numerazione progressiva eseguita sul fondo da don Donati negli anni Quaranta ultimi scorsi. La numerazio-ne è tracciata in numeri arabi (sono escluse da questa 4 pergamene che presentano come numerazione lettere dell’alfabeto latino, e precisamen-te le lettere: «a», «l», «m», «h»; e cinque pergamene che risultano prive di qualsiasi numerazione); il secondo gruppo è costituito dalla indicazione cronologica, anche in questo caso eseguita ad opera di don Donati; le date presenti sul verso dei documenti sono infatti tracciate con la medesima calligrafia e con il me-desimo strumento scrittorio utilizzato per eseguire la numerazione; il terzo gruppo, infine, è costituito dai timbri ovali di proprietà del mo-nastero di Santa Maria Maddalena di Sant’Agata Feltria, recanti la dici-tura «Pax et Bonum».In quasi tutte le chartae costituenti il fondo suddetto sono presenti anno-

tazioni tergali che si suddividono in: note contemporanee alla stesura del documento, nelle quali è spesso pos-sibile riconoscere la stessa mano del recto. In massima parte indicano il contenuto del documento o recano riferimenti di carattere geografico, se-gnalando l’ubicazione dei fondi, o il luogo in cui l’atto è rogato, oppure riportano i nomi delle persone che partecipano all’atto. Sono utilizzate frequentemente, formule fisse che riportano la dicitura «Charta [...]» poi accompagnata da un toponimo, come ad es.: «Charta de Campo Maio», perg. n° 29; «Charta clisura de Canalino», perg. n° 104; «Charta domi-narum sororum monasterii Sancti Antimi», perg. n° 109; «Instrumentum monasteri Sancti Antimi», perg. n° 39; oppure semplicemente è indicato il nome del monastero a cui l’atto fa riferimento: «Sancti Antimi», perg. n° 92; o ancora sono indicati i nomi dei contraenti, o attori degli atti: «Cicchi e Lippi de Caiole», perg. n° 129; «Instrumentum Nardi et Gui-doni», perg. n° 128; note più tarde rispetto alla stesura del documento, le quali si distinguono per la differente mano e il differente inchiostro con cui sono state traccia-te, rispetto a quelli che compaiono sul recto; appare spesso evidente che questa seconda mano coincide con la scrittura di uno dei notai che han-no rogato atti successivi (vedi perg. n° 71). Tali annotazioni posteriori ri-guardano sempre il contenuto del documento e i nomi dei contraenti de-gli atti. Si riporta come esempio le seguenti diciture: «Charta de Frase-neto», ed «Instrumentum monasteri Sancti Vincenti [...] et fratre Bruno»,

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perg. n° 115; in particolare queste due note compaiono sul verso dello stesso documento, ma sono di due periodi differenti, scritte da due mani diverse, con diverso inchiostro. Ancora la perg. n° 114 con le seguenti annotazioni: «Carta de fratre Bruno» e «Chartha Bastardi cum Bentivo-glo suo suocero». Si potrebbe ipotizzare che questi interventi siano ten-tativi di «riordinamento» dell’archivio, per rendere più facile e veloce l’accesso alle carte, dunque con finalità pratiche; un’ipotesi che però si scontra con il numero molto alto di pergamene che non presentano alcu-na nota, circostanza che riguarda ben ottantatre pergamene sul totale di centoquarantadue;note di mano di don Donati: esse sono annotazioni attribuibili con sicu-rezza a don Donati, infatti sia la calligrafia che lo strumento scrittorio ri-sultano essere gli stessi utilizzati per eseguire la numerazione e la da-tazione 21. Queste ultime annotazioni riguardano pochi documenti 22, e per lo più riprendono le indicazioni geografiche o i nomi espressi nelle note più antiche. In alcune di esse l’autore riporta ed emenda errori di da-tazione, soprattutto di calcolo dell’indizione, o nomi di pontefici sbaglia-ti dagli scriptores. Fra le più interessanti riporto quelle presenti in perg. n° 80, in cui don Donati inserisce una lunga nota, volta ad emendare tali errori di calcolo e al termine di questa riporta per esteso e ben leggibile la sua firma: «Ora si chiama =Campo Focone=; 31 dicembre 1307, com-pra del terreno creduto =campo focone=, alla Rocca», e in perg. n° 118: «4 luglio 1333, compra di un terreno alla Rocca Pratiffa»; e soprattut-to le annotazioni e correzioni da lui firmate in perg. n° 23: «9 settembre 1259. Non è il 9 ma il 22 settembre, perché è “die IX exeunte septem-bris”», «10 marzo 1260. Non è il 10, ma il 21 marzo per la ragione det-ta sopra. D. Donati». Infine, per completare questo breve sunto riguardante le note presenti sul

verso degli atti che costituiscono il fondo delle monache Clarisse, si riporta-no due particolari esempi di annotazioni. Il primo si trova sul verso della per-gamena indicata con la lettera «l». Sul retro di questa carta, oltre a varie scrit-te non più leggibili, sono presenti due serie di numeri incolonnati, probabil-mente a formare dei conti, e seguiti dalla dicitura: «Veture che vengono da M. Benedetto»; queste annotazioni sono posteriori allo scritto presente sul recto (essendo tracciate con un pennino ed un inchiostro differente) ed in realtà fan-no piuttosto pensare all’utilizzo di questa pergamena in un secondo momento

21 Sempre alla mano di don Donati appartengono sottolineature del testo dei documenti in corrispondenza di nomi propri o toponimi. Probabilmente questi dovevano rivestire una cer-ta importanza per le sue ricerche storiche.22 Circa sette pergamene.

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come se si trattasse di un foglio per appunti. Il secondo esempio è preso dal-la pergamena n° 118, e riguarda un foglietto di carta quadrettato, puntato con uno spillo alla parte inferiore del recto del documento. In matita colorata e in scrittura moderna è annotato quanto segue: «Pergamena che contiene docu-mento sulla famiglia del S. Padre, il Papa Pio XII Pacelli. Trovato dall’Ill.mo Conte Del[.]alra [...] ottobre 1951» 23.

Notizie sugli atti

Il corpus del fondo è costituito in alta percentuale da documenti privati; infatti, su 142 chartae è possibile distinguere solo quattro documenti pubbli-ci, tre dei quali sono documenti pontifici; si tratta di una bolla di papa Boni-facio VIII contenete concessioni a favore del monastero (1298), e di due litte-rae gratiosae di papa Clemente XI (1703 e 1714) 24; quindi la pergamena det-ta «dei Trinitari» (1659). Gli altri atti sono costituiti da varie tipologie di con-tratti 25, a cui vanno aggiunti alcuni testamenti 26, un arbitrato (perg. n° 98), un contratto matrimoniale (perg. n° 114, secondo atto), una pergamena conte-nente la dedicazione della chiesa di San Vincenzo, una missiva e carte con al-tro contenuto. La scrittura utilizzata per il maggior numero di documenti è una minuscola notarile cancelleresca del XIII secolo con influenze gotiche, mentre per un numero minore di essi è utilizzata una minuscola notarile della prima metà del XII secolo. Questi atti possono poi essere ulteriormente di-stinti, individuando gli attori (autori o destinatari) degli atti stessi. Vi sono in-fatti alcuni documenti, in cui gli attori che vi figurano risultano essere le mo-

23 In realtà il documento a cui è appuntato questo foglietto contiene un atto di vendita rogato il giorno 3 luglio 1336, nella rocca di San Leo, nelle stanze del «dominus», alla presenza del canonico feretrano Tomaso, di Ranuzolo di Petrella e dello stesso notaio che ha rogato l’atto, Guido di Petrella. I contraenti risultano essere i «nobiles viri Ninus et Francischus, nati olim nobilis civi Guidonis de Petrella [...]», i quali «dederunt, vendiderunt et tradiderunt Fusti con-verso et procuratori sororum monasterii Sancti Vincentii [...] petiam unam terre prative» per il prezzo di 17 lire ravennati e anconetane. Non sono riuscita a trovare notizie su questo con-te, di cui purtroppo non si riesce a leggere il nome per esteso, che avrebbe dunque consultato il fondo e secondo le sue note trovato una notizia così particolare proprio fra queste carte.24 Entrambe contengono concessioni a favore di due chiese non direttamente collegate al monastero di Sant’Agata; le pergamene infatti si riferiscono alla chiesa della Madonna di Saiano (perg. «l»), e alla chiesa di Santa Mustiola (perg. n. «m»).25 Compravendite, enfiteusi, permute e un livello.26 In numero di nove, fra cui il testamento della badessa del monastero di San Vincenzo, «do-mina Honestina»: pergg. n° 41-42, 55, 64, 67, 69, 75, 92, 102.

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nache dei due monasteri (come le pergg. n° 29, 62, 76, 88, 91, 96, 105, 115-116 e due delle pergamene senza numerazione, la 1 e la 3) 27, o meglio i loro procuratori o sindaci (pergg. n° 18, 21-22, 33, 39, 48, 63, 80, 86, 104, 112, 118, 124, 130 ecc.) 28; vi sono poi contratti di vendita o permute fra privati in cui il monastero non compare come contraente, sebbene spesso i fondi ogget-to di questi atti risultano essere ubicati in zone di pertinenza del monastero (pergg. n° 72, 81, 83, 87, 120) 29. Infine un numero elevato di documenti fa-centi parte del fondo non risulta avere alcun apparente legame con i due ce-nobi 30; in particolare due fra questi, le carte n° 1 e n° 2, appartengono al XII secolo, periodo durante il quale i due monasteri non erano ancora stati fonda-ti. Probabilmente la loro presenza nel fondo è data dal fatto che al momento della donazione di un bene o del suo passaggio di proprietà si verificava an-che il passaggio del documento che attestava tale proprietà, e ciò senza biso-gno di doversi recare ex novo dal notaio a redigere un secondo atto. In prati-ca il documento seguiva nel passaggio di proprietà del bene. Pertanto la pro-prietà dei beni di cui si parla nei documenti può essere così passata al mona-stero e tutti gli atti relativi ad essi sono stati conservati nell’archivio della co-

27 Perg. n. 29: «dominus Rollandus de Monte Rotundo et domina Imuldina [...] vendiderunt, tradiderunt, dederunt [...] religiose et oneste domine sorori Agathe abbatisse monasterii San-cti Antimi [...]»; perg. n°. 48: «dominus Timideus de la Putrella Tibertorum [...] dedit, ven-didit et tradidit [...] sorori Mansuete filie condam domini Guidonis de Billis et nunc abatis-se monasterii Sancti Vincentii, et sorori Onestine filie condam domini Guidonis de la Petrel-la [...]»; perg. n° 76: «Blarutius de castro Pratiffi [...] dedit, tradidit, permutavit [...] religio-se domine sorori Filippe abbatisse monasterii Santi Vincentii [...]»; perg. n° 96: «nobilis, re-ligiosa et onesta domina soror Pacifica abbatissa monasterii Sancti Vincentii, de coscientia et voluntate capituli et conventus dicti monasterii, dedit, tradidit et permutavit, iure directi do-minii et plene proprietatis Cicco calzolario [...]».28 Perg. n° 21: «Zanellus, scindicus et procurator monasterii Sancti Antimi [...]»; perg. n° 33: «presbitero Martino procuratori monasterii Sancti Vincentii, scindico procuratori domine Agate abbatisse [...]»; perg. n° 63: «Amato de castro Pratis, comitatus Bobii, qui nunc mora-tur in Mercatale Casaldilci, procuratori, amministratori et gestori dominarum sororis Barba-re, sororis Filippe et sororis Catterine de loco Sancti Vincentii de Pratiffi [...]»; perg. n° 86: «presbitero Bencivenne, capellano et scindico monasterii Sancti Vincentii [...]».29 Perg. n° 81: «duas petias terre [...] in fundo de Ceretis, latere cappella Sancti Vincentii, la-tere iura monasterii Sancti Vincentii [...]»; perg. n° 83: «petiam unam terre [...] a quarto late-re iura monasterii Sancti Vincentii [...]»; perg. n° 87: «ad tribus lateribus iura ecchlesie mo-nasterii Sancti Vincentii [...]».30 Pergg. n° 10, 12, 15, 23, 25, 32, 37, 42, 46, 117, 125, 127 e molte altre.

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munità 31. Molto interessanti sono poi gli atti che hanno per oggetto testa-menti; anche in questo caso è possibile compiere una distinzione fra atti che presentano un legame con i monasteri e atti che sono privi di tale legame.

31 Circa la presenza di questi atti all’interno del corpus archivistico del monastero clariano, si può anche ipotizzare che l’archivio del monastero fosse stato concepito come una sorta di luogo di deposito, cioè come un insieme di documenti il cui contenuto risulta essere estraneo alla funzionalità del monastero ma lì depositati da privati per la loro conservazione e tutela, a sottolineare l’importanza rivestita da queste carte e soprattutto la considerazione data a que-sti luoghi di clausura. Ciò può essere ritenuto probabile se si considera la presenza, quali at-tori di un alto numero di atti giacenti nel fondo, di signori della zona in cui si trovano i due monasteri: cfr. perg. n° 8: «domina Giborga olim uxor domini Guilelmino de Poti»; perg. n° 9: «[Ego] Ugo de Capramoçça [...] do et cedo tibi Guido Uberti [...]»; perg. n° 18: «dominus Guido de Billis, dedit et concessit [...] presbitero Venture de monasterio Sancti Antimi [...]»; perg. n° 57: «vir nobilis Rainerius vocatus Lancia, filius condam Albrigi de Monterotondo»; perg. n° 88: «nobilis vir Nerius, filius olim Lupi de castro Yllicis»; perg. n° 126: «Ribaldus comes, filius condam Rainaldi comitis de Carpegno, et reverendus vir Guidus, archipresbiter et filius condam Nerii comitis, fratris condam dicti Rainaldi»; perg. n° 128: «nobilis vir Lo-duicus, filius condam nobilis viri Sgareglini de Petragutula, de provintia Montis Feretri, et nobilis domina domina Cia, filia condam dicti Sgareglini»; e soprattutto il fatto che numero-se sono le giovani appartenenti a nobili famiglie del contado di cui si ha testimonianza (cfr. perg. n° 48: «dominus Timideus de la Putrella Tibertorum de comitatu feretrano, dedit, ven-didit, tradidit sorori Mansuete filie condam Guidonis de Billis et abbatisse monasterii Sanc-ti Vincentii, et sorori Onestine filie condam domini Guidonis de la Petrella [...]»; perg. n° 63: «soror Barbara filia domine Gualgrade de Pratiffi, soror Filippa filia condam nobilis viri Ray-nerii de Casaldilcio et soror Cattarina filia condam Fortobelli de Sancta Agatha») che decise-ro di prendere i voti in uno dei due monasteri, particolare da cui si può forse dedurre che esi-stessero stretti legami fra queste due realtà. Sempre analizzando il tema della pertinenza del-le chartae con il fondo in cui sono conservate, è interessante notare la presenza di documenti nei quali compaiono importanti luoghi di culto del territorio santagatese oggi non più esisten-ti, come il convento di Cerafosso, che compare citato nella perg. n° 109, assieme al suo guar-diano, «Rainirolo de Burgo guardiani de Cerafusti», e nella perg. indicata con la lettera «a»: «Cecco de Carafosti»; mentre nella perg. n° 102 «Fuschus olim Migloris de Pratiffe» stabili-sce nel suo testamento di lasciare cento soldi per la sua sepoltura, da dividersi fra «presbiteri, capelani Sancti Vincenti et fratres de Cerafuste»; in più lascia al monastero di San Vincenzo «unam petiam terre» e dispone a favore del «locum fratum minorun de Cerafusti» un lascito di 20 soldi ravennati; nella perg. n° 41, la quale contiene un testamento, viene lasciato «pan-num de lana fratribus de Cerafossi pro tunicis»; e ancora nella perg. n° 62 compare come te-stimone nella stipula di un atto «fratre Iacomo de Billis de ordine Minorum, guardiano loci fratrum de Cerafosti». A. Bartoli lanGeli, Le carte duecentesche del sacro convento di As-sisi (Instrumenti, 1168-1300), Padova 1997.

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Esempi validi a conferma di questa seconda circostanza sono le pergg. n° 41, 69 e 75; nei predetti documenti i testatori lasciano offerte e donazioni a varie chiese e cappelle della zona, non però ai due monasteri 32, i quali vengono ci-tati solo se confinanti con gli appezzamenti di terreno dei quali è prevista la vendita o concessione. Al contrario, nelle pergg. n° 55, 64, 92 e 102 i beni dei testatori vengono lasciati a uno dei due monasteri o ad entrambi: «Jacobutius condam Ugoli de Casaleclo» lascia 10 soldi «monasterio Sancti Antimi» e 5 soldi «monasterio Sancti Vincenti» (n° 64); oppure l’atto n° 92, in cui il testa-tore chiede di essere seppellito «apud ecclesiam conventi Sancti Antimi»; mentre i due atti, più interessanti sono le pergg. n° 42 e 67. La prima perga-mena corrisponde al testamento di suor Onestina («Honestina», o «Aunesti-na», o «soror Aunistina filia condam Guidonis de Pedrella»), la quale dispo-ne di lasciare al monastero di San Vincenzo dell’ordine di santa Chiara, nel quale ha preso i voti, il suo patrimonio di 250 lire ravennati e anconetane, il quale deriva dalla dote offertale dal padre al momento del suo ingresso nel convento 33; al contrario, nella pergamena n° 67, «Ubertinus condam Leti de Peratiffi» nomina eredi universali dei suoi beni il nipote «Ranirolus condam Urpitini de Pereto et Imigla» sua figlia, ora monaca nel monastero di San Vin-cenzo. Egli dona quindi al monastero, e precisamente nelle mani di suor One-stina badessa del monastero, una quinta parte di tutte le sue terre poste oltre il fiume Marecchia, nonché una quinta parte dei beni, tra cui un mulino, che possiede nel contado del castello di Pratiffi. Questo atto viene compiuto «aput ecchlesiam Sancti Vincentii», alla presenza di vari testimoni, fra i quali il no-taio «Ugututio de Sancta Aghata» e Guadagno «de Cassaldilci»; entrambi i notai sono presenti quali firmatari in diversi documenti che costituiscono il fondo archivistico del monastero di Sant’Agata Feltria. A questo proposito è interessante soffermarsi sulle sottoscrizioni tracciate dai notai: risulta eviden-te che quasi tutti i notai dei documenti appartenenti ai secoli XIII–XIV si fir-mano oltre che con il proprio nome anche con quello del luogo di provenien-za, accompagnato dal permesso loro assegnato da un’autorità superiore. Un esempio è dato dalle seguenti sottoscrizioni: «Ego Ventura de Caiole imperia-li auctoritate notarius», «Iohannes de Pratiffi inperiali auctoritate notarius»,

32 Perg. n° 69: «Ranuçolus Rubeorum de Scaulino» lascia offerte pro «ecchlesie Sancte Ma-rie in Scaulino, plebi Sancte Mustie, ecchlesie Sancte Marie Maddalene de Seriole, Sancti Angeli, cella de Sovanne».33 Molto interessante anche la nota tergale. Sebbene vi sia stata la caduta di una parte del te-sto, è possibile ancora leggervi un riferimento al suo contenuto: «testamenti Honestine ab-batisse Sancti Vincenti [...]», nonché la firma del notaio che ha aggiunto questa nota: «Gra-tianus notarius»; quest’ultimo non corrisponde a nessuno dei notai che hanno rogato gli atti presenti in questo fondo.

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«Ego Nardus filius condam Jhoannis de castro Sancte Agate, imperiali aucto-ritate notarius» 34. Un altro elemento molto interessante che riguarda le sotto-scrizioni notarili, è la presenza del personale e distinguibile segno notarile tracciato in quasi tutte le pergamene che costituiscono il fondo archivistico 35. Generalmente tale segno è posto al di sotto della sottoscrizione vera e propria, a chiusura dell’atto, e assume varie forme, mentre in alcune pergamene si tro-va ad inizio del testo, nella posizione solitamente occupata dalla invocatio simbolica 36, la quale è presente in quasi tutte le pergamene ed è costituita da un signum crucis, apre il protocollo seguita dall’invocatio verbale ed è espres-sa in genere dall’utilizzo delle classiche formule: «In nomine Domini» (pergg. n° 1, 5, 13-16, 18-19, 21-22, 36, 38); «In nomine Sancte ed individue Trinita-tis» (pergg. n° 3, 6, 9); «In Dei nomine» (pergg. n° 15, 17, 25, 32-33, 35, 37, 39, 68); «In nomine Dei eterni Domini» (perg. n° 8); «In nomine Dei nostri Ihesu Christi» (perg. n° 24); «In Christi nomine» (pergg. n° 43, 47, 110, 124); «In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti» (pergg. n° 64, 62) 37. Sempre nel protocollo trovano posto quattro delle sei publicationes presenti di norma in un documento notarile 38, a cominciare dalla datatio cronica. Lo schema al quale si rifanno i notai per quest’ultima è in generale costituito dai seguenti elementi: anno 39, indizione, nome del pontefice, nome dell’imperatore, gior-

34 Pergg. n°. 18, 30 e 120.35 Assente nelle pergamene n°. 1 e 2.36 Le pergg. n° 5, 7, 15, 17, 19, 24, 32, 35, 37-38, 40-41, 50, 52, 64, 66, 68, 72, al posto del-l’invocazione simbolica, presentano un segno notarile. Le pergg. n° 8, 11, 21, 26, 28, 34, 45, 48, 51, 57-58, 61-63, 65, 67, 70-71, 73, 75, 77, 80, 82-83, 86-90, 93, 95, 97-128 e 130, non-ché le pergg. prive di num. 1 e 3, non presentano alcuna invocazione simbolica. La perg. n° 49 e la seconda pergamena priva di numerazione presentano un segno particolare non iden-tificabile.37 Diversità degli incipit per i seguenti documenti: pergg. senza num. 2, 3, bolla, perg, dei Trinitari e alcuni testamenti.38 G. taMBa, Una corporazione per il potere. Il notariato a Bologna in età comunale, Bolo-gna 1998, pp. 62-66.39 Viene utilizzato lo stile della Natività in ventuno pergamene, mentre in una soltanto è uti-lizzato lo stile dell’incarnazione. Cfr.: PrateSi, Genesi e forme del documento medievale..., cit., pp. 126-127: «lo stile della Natività fissa il principio dell’anno al 25 dicembre, quindi in anticipo di sette giorni rispetto allo stile moderno e segnando il millesimo una unità in più dal 25 al 31 dicembre. Lo stile dell’Incarnazione pone l’inizio dell’anno al momento in cui Cri-sto sarebbe stato concepito, cioè al 25 marzo: vennero poi utilizzati due computi diversi, il pi-sano, che anticipa di nove mesi rispetto alla natività, per cui segna nel millesimo un’unità in più, nei confronti del computo moderno, dal 25 marzo al 31 dicembre; il fiorentino, che ritar-da di tre mesi rispetto alla natività e di un anno intero rispetto al computo pisano, per cui se-

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no e mese. Questo schema generale può però subire delle variazioni o omis-sioni; infatti, oltre al venir meno da un certo periodo in poi il nome dell’im-peratore, in alcune pergamene può mancare anche il nome del papa (perg. n° 6) 40, oppure il computo dell’indizione (pergg. n° 68, 87), o ancora ci può es-sere uno spostamento nell’ordine degli elementi che costituiscono la datazio-ne stessa 41. La quarta publicatio, la datatio topica, in massima parte segue nel protocollo quella cronica, ed è formulata in generale da indicazioni di luo-go ben precise; viene infatti riportato sia il «luogo generale» (città, comune), sia il «luogo speciale» (chiesa, parrocchia, monastero); ad esempio: «in por-ticu Iohannis» (perg. n° 6); «acta in foro Billi» (pergg. n° 12, 19, 25, 27, 31, 38); «apud Sanctum Vincentium de Pratiffi, ante ecchlesiam» (perg. n° 13); «prope monasterium Sancti Antimi», «in oratorio monasterii Sancti Antimi» (perg. n° 29); «in domo Grifolini Grufolino filius olim Uberti de Pratiffi» (perg. n° 30); «in castrum Pratiffi, ante domum Martinelli de Laplene» (perg. n° 37); «actum in ecclesia monasterii Sancti Antimi» (perg. n° 39); «coaduna-tis [...] omnibus sororibus monasterii Sancti Vincentii, iurisdictionis comunis Sancte Agate, in capitulo dicti loci ad sonum campanelle» (perg. senza num. 3); «ante portam castri Sancte Agathe» (perg. n° 49); «in sacristia maioris ec-chlesie civitatis Sancti Leonis» (perg. n° 81); «in ecchlesia monasterii Sancti Vincentii ante gratam ferream» (perg. n° 91); «apud monasterium sororum Sancti Vincentii ordinis Sancte Clare, Feretrane diocesis, ante cratem» (perg. n° 96); «in platea ante domum heredum Raneroli de Burgo Fontanelle» (perg. n° 104); mentre in alcuni casi trova posto alla fine del documento 42. Indico

gna nel millesimo, in confronto con lo stile moderno, un’unità in meno dal 1° gennaio al 24 marzo». In realtà il nome del pontefice e quello dell’imperatore non sono publicationes, ma negli atti in cui sono presenti trovano posto nel protocollo all’interno della datazione.40 Nel protocollo, come accade per l’imperatore, anche per il papa si possono trovare formu-le quali: perg. n° 37: «sede Romana vacante et nullo imperatore regnante»; perg. n° 38: «nul-lo papa existente»; perg. n° 40: «sede apostolica et imperio vacantibus»; perg. n° 41: «papa nomine ignorante et nullo imperatore existente».41 Ad es. perg. n° 6: anno, giorno, mese, indizione; pergg. n° 9 e 11: anno, giorno, mese, in-dizione, papato, impero; pergg. n° 24, 80: anno, papato, indizione, giorno, mese. Infine vi sono alcune pergamene che spostano la datazione cronica, tutta o in parte, alla fine dell’atto: pergg. n° 4, 41, 64, 69, 95, 110.42 Cfr. pergg. n° 7-8 e 14-15: «actum in viridario plebis Sancti Petri in Missa»; pergg. n° 42, 45, 53, 57, 63, 65 e 70: «actum in mercatis de Cassaldilcio, in domo dictorum emptorum»; pergg. n° 71, 75, 82 e 85: «actum iusta cellam del Pereto»; pergg. n° 86, 88-90 e 92: «actum in domo famiglie monasterii Sancti Antimi»; perg. n° 97: «actum in foro Casaldilci, in orto dicti Bacchi»; pergg. n° 98-100: «actum in Villis Rofellis, in domo heredum olim Rainiroli olim Deutesalvi»; pergg. n° 102-103 e 107: «actum in domo mei Guadagni notarius»; pergg.

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di seguito tre casi particolari: il primo, evidente in tre atti, e precisamente nel-le pergg. n° 4, 41 e 95, nel quale parte della datatio cronica (giorno e mese) trova posto accanto alla topica a fine documento 43; il secondo (pergg. n° 64, 69, 110), in cui datatio cronica e topica si trovano entrambe a fine documen-to, e il terzo (perg. n° 11), in cui la datatio topica trova posto nel protocollo, mentre quella cronica si trova alla fine dell’atto. Infine la quinta publicatio, la notitia testium, trova sempre posto nell’escatocollo. L’analisi della forma, così come quella del contenuto degli atti giacenti presso l’archivio delle mo-nache Clarisse, permette di evidenziare con maggior forza la particolarità di questo fondo archivistico, ovvero il fatto che esso riunisca in sé documenti di proprietà di ben tre monasteri, due dei quali operanti nello stesso periodo e al-l’interno di una ristretta area geografica. È interessante quindi riportare l’at-tenzione sul contenuto degli atti giacenti nell’archivio delle Sorelle Clarisse, per analizzarne alcuni particolarmente utili per ricostruire la storia di questi antichi cenobi femminili. Si tratta di sette pergamene 44 che, a partire dall’an-no 1263 e fino all’anno 1320, contengono liste con i nomi delle monache co-stituenti il capitolo dei due monasteri. Al primo atto (perg. n° 29), datato 1263 e stipulato «in oratorio monasterii Sancti Antimi» alla presenza di testimoni, partecipa suor Agata in qualità di badessa del monastero; nell’atto (perg. n° 33) successivo di tre anni, datato 1266, si fa riferimento al converso Zanello, quale curatore dei beni dei due monasteri, di Sant’Antimo e San Vincenzo. Proseguendo poi nell’analisi dei documenti, l’atto (perg. n° 39) datato 1270 presenta una richiesta da parte di suor Mansueta, vice badessa del monastero di Sant’Antimo, al presbitero Ventura perché si occupi della riscossione della dote spettante a due sorelle che hanno vestito il velo nel monastero predetto, suor «Nicholutia» e suor «Orabele», dote in realtà mai versata dalla famiglia al monastero; confrontando quanto sopra riportato con il contenuto di altri

n° 108-109 e 114-117: «actum in claustro quod est iuxta ecchlesiam monasterii Sancti Vin-centii»; perg. n° 118: «actum in civitate Sancti Leonis in rocha ipsius, in camera domini»; pergg. n° 119 e 124: «actum in via publica prope arcam monasterii Sancti Vincentii»; pergg. n° 125-126: «actum in domo Ribaldi et Guidi de Gataria comitum de Carpegno, sita in gero-ne Bassci»; pergg. n° 128 e 130, perg. num. «a», bolla, perg. detta «dei Trinitari», perg. sen-za num. 1 e 3: taMBa, Una corporazione per il potere..., cit., p. 65.43 Ibidem, p. 66: «le publicationes venivano poste all’inizio e al termine del documento [...]. La maggioranza [dei notai] poneva le prime tre e una parte della quarta, ossia il «luogo ge-nerale» all’inizio del documento, e le altre restanti, vale a dire il «luogo speciale» accompa-gnato spesso da un richiamo parziale della indicazione cronologica [...], testimoni e comple-tio al termine del documento. E quest’ultima fu la prassi che finì per prevalere, almeno in li-nea generale».44 Pergg. n° 29, 33, 39, 76, 91, 98 e 105.

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due atti, il primo (perg. n° 76) 45 rogato nel 1300 e il secondo (perg. n° 91) 46 nel 1312, risulta che le due sorelle a queste date (1300 e 1312) facciano parte del capitolo del monastero di San Vincenzo, presieduto nel primo atto da suor Filippa, nel secondo da suor Pacifica, e non più di quello del monastero di Sant’Antimo dove avevano preso i voti. Nel 1312 va però ricordato che il mo-nastero di Sant’Antimo non era ancora stato soppresso (1328 circa), e a que-sto proposito risulta particolarmente interessante l’atto (perg. n° 98) rogato in data 1312, il quale contiene un arbitrato promosso da suor «Johanna» bades-sa del monastero di Sant’Antimo e dall’intero capitolo formato da quattordi-ci monache 47, nei confronti del presbitero «Pero», rettore della chiesa di San Marino di Caiole 48. Ciò può forse far ipotizzare un primo passaggio di mo-

45 Perg. n° 76: «religiose domine sorori Filippe abbatisse monasterii Sancti Vincentii [...] so-rore Pacifica, sorore Nicolutia, sorore Barbara, sorore Heugenis, sorore Clara, sorore Ysa-beta, sorore Agnese, sorore Humili, sorore Iohanna, sorore Devota, sorore Bartolina, sorore Aluminata, sorore Agata, sorore Beatici, sorore Tomasina, sorore Margarita, sorore Mansue-ta, sorore Albanutia, sorore Anilina, sorore Francisca, sorore Catarina, sorore Iacoma, soro-re Maria, sorore Simoneta».46 Perg. n° 91: «religiosa domina soror Pacifica abbatissa dominarum sororum monasterii Sancti Vincentii ordinis Sancte Clare [...] sorore Honestina, sorore Catarina, sorore Alumina-ta, sorore Tomasina, sorore Mansueta, sorore Albanutia, sorore Angela, sorore Agata, sorore Ugenia, sorore Humile, sorore Ahnesia, sorore Orabile, sorore Clara, sorore Agnesina, soro-re Bartholina, sorore Devota, sorore Phia, sorore Barbara, sorore Margarita, sorore Iacomina, sorore Francisca, sorore Iacoma, sorore Ellena, sorore Paula, sorore Maria, sorore Philippa, sorore Beatrice, sorore Ymigla, sorore Lucia, sorore Nicolutia».47 Perg. n° 98: «Iohanna abbatissa dicti monasterii, soror Francissca, soror Rufina, soror Lu-cia, soror Lisabetta, soror Benedicta, soror Agnes, soror Catarina de Aretio, soror Catarina de Casaldilcio, soror Catarina de Sancta Agatha, soror Pacifica, soror Clara, soror Antonia, soror Cecilia, soror Cristina». La stessa badessa, «soror Iohanna», si troverà ancora citata in un atto (perg. n° 111) del 1327, il quale risulta essere precedente di un solo anno rispetto all’ultimo documento (perg. n° 113) che contiene informazioni sul monastero di Sant’Antimo.48 Le due parti si contendevano la proprietà di un appezzamento di terreno lasciato in ere-dità, secondo le monache, da un certo Nicola Salimbene di Villa Monte Rotondo al mona-stero; a sostegno di quanto detto portavano un instrumento (atto non più presente nell’odier-no archivio). La medesima proprietà veniva nel contempo reclamata dal rettore della chiesa di San Marino in Caiole, il quale la richiedeva a favore della chiesa stessa e a favore del suo converso, in quanto fratello del sopraccitato Nicola Salimbene. Le persone chiamate a risol-vere l’arbitrato, tra le quali figura lo stesso notaio incaricato di redigere il documento, vale a dire il notaio Guadagno di Casteldelci, preso atto dei documenti presentati dalle sorelle di Sant’Antimo, nonché facendo propri i suggerimenti dati loro dal vescovo feretrano, decise-ro a favore delle monache.

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nache da un cenobio all’altro, sebbene il primo dei due monasteri fondati, quello di Sant’Antimo, non fosse stato ancora soppresso 49. In realtà ognuno dei documenti conservati nell’archivio delle monache Clarisse di Sant’Agata Feltria offre ulteriori spunti di ricerca e accresce interesse per nuove scoperte riguardanti la storia e le vicende del monastero santagatese e non solo; infat-ti quasi ogni documento ci conduce all’interno di altri luoghi di culto (chiese e cappelle del territorio) o di vita contemplativa di cui il territorio feretrano è stato ed è ancora oggi così ricco.

È mia intenzione, a conclusione di questo intervento dedicato all’archi-vio del monastero di Santa Maria Maddalena, esporre alcuni dei quesiti che si sono prospettati nel procedere nel lavoro di trascrizione e di revisione di que-ste carte. Il primo punto su cui sarebbe interessante indagare riguarda la com-pletezza ed integrità del fondo archivistico in questione. Utilizzando i riferi-menti ad atti notarili citati in varie opere che trattano di storia locale 50, si de-sume l’esistenza di pergamene «denunciate» come appartenenti al fondo san-tagatese ma oggi non più presenti in esso; e ancora, la lettura degli atti costi-tuenti il fondo archivistico fa emergere in alcuni casi la possibilità dell’esi-stenza di altri documenti ad essi collegati per argomento trattato, e dai qua-li le carte che sono giunte sino a noi dipendono. Ad esempio la perg. n° 39, nella quale si ricorda l’esistenza di un contratto precedente, a firma del no-taio «Ugutuzio» nel quale si garantiva il pagamento della dote alle due sorelle «Nicholutia» e «Orabele» che prendevano il velo nel monastero di Sant’An-timo: tale documento non fa più parte del fondo suddetto; e ancora la perg. n° 98, contenente un arbitrato fra le monache di Sant’Antimo e il rettore del-la chiesa di San Marino di Caiole: anche in questo caso viene ricordata l’esi-stenza di un testo scritto, probabilmente un atto contenente testamento, del quale non si ha notizia nel fondo archivistico odierno. Gli esempi sopra citati portano con sé una seconda questione sulla quale è lecito interrogarsi: le pos-sibili e probabili manomissioni subite dall’archivio clariano santagatese. Re-

49 Quanto riportato darebbe conferma al documento del 1271 citato nell’opera del doMinici, Sant’Agata Feltria illustrata..., cit. (cfr. supra nota 11). L’atto di cui fa menzione il Domini-ci conterrebbe l’appello delle monache di Sant’Antimo al papa, in risposta al termine loro as-segnato per lasciare il convento ed unirsi così alle consorelle del monastero di San Vincen-zo; ma il condizionale è d’obbligo non avendo avuto occasione di visionare tale documento, e di accertarne così l’esistenza.50 A. M. zucchi-travaGli, Rerum Feretranarum Scriptores, Annali del Montefeltro; doMini-ci, Sant’Agata Feltria illustrata..., cit.; P. BeniGno da Sant’aGata Feltria o.F.M., S. Agata Feltria e la Madonna dei Cappuccini, a cura di E. liverani, Rimini 2000 (Collana di Studi Storici Santagatesi); MaFFei, Storia del convento delle Clarisse di Sant’Agata Feltria..., cit.

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lativamente a tale ipotesi partiamo da quanto riferito da don Donati circa la presenza di pergamene provenienti dal monastero di Santa Maria Maddalena presso una bottega antiquaria, pergamene che sembra riportassero il timbro del monastero stesso. A questo si può aggiungere l’ampia lacuna temporale, per quanto riguarda la documentazione conservata presso il convento, che ri-guarda i secoli XV-XVI, periodo questo, di grande importanza per la storia e sviluppo della comunità clariana ormai completamente inurbata nel borgo di Sant’Agata. Ricordo infatti che a questo periodo risale la presenza nel mona-stero santagatese di tre giovani appartenenti alla famiglia Fregoso delle qua-li abbiamo notizie grazie a documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Pesaro, e precisamente un atto del notaio Francesco Maffei, corrisponden-te ad una sorta di interrogatorio compiuto da un sacerdote inviato dal vescovo feretrano, volto ad accertare la genuinità della loro vocazione e dunque ten-dente ad escludere qualsiasi sopruso compiuto nei confronti delle tre giova-ni dalla loro famiglia 51. Ad ulteriore sostegno della ipotesi di manomissione del fondo, non necessariamente fraudolenta, è utile richiamare in causa la pre-senza di atti, denunciati in alcune opere di storia locale, riguardanti i due pri-mi cenobi delle monache clarisse di Sant’Antimo e San Vincenzo e conserva-ti nell’archivio vescovile di Pennabilli 52. Questo tema porta direttamente al-l’ultima questione: il problema delle consultazioni compiute sul fondo. Si è certi dell’intervento compiuto sulle carte da don Donati, avendo egli lascia-to ampie tracce di questo tramite la numerazione e datazione delle pergame-ne, mentre dalle testimonianze delle monache più anziane veniamo a cono-

51 archivio di Stato di PeSaro, Archivio Notarile di Sant’Agata Feltria, notaio n° 18, Fran-cesco Maffei, vol. III. Riporto alcuni dati particolarmente interessanti che appaiono sui do-cumenti citati. Le tre giovani sorelle Pansifilia Fregoso, Olimpia Fregoso e Vittoria Fregoso entrarono in monastero accompagnate da una serva proveniente dalla famiglia di Giovanni Mattei di Rocca Pratiffi; presero i nomi rispettivamente di suor Renata, suor Cristiana e suor Virginia, la servetta di suor Leandra. Nel 1605 venne versata da parte della famiglia la prima rata della loro dote; al 1609 fu fissato il saldo; infatti il 28 marzo 1609 il reverendo incarica-to del vescovo sottopose le tre monache ad un attento interrogatorio, riportato per intero nei documenti citati. Informazioni su gentile concessione del signor Manlio Flenghi e delle mo-nache del Monastero Santa Maria Maddalena di Sant’Agata Feltria.52 A. M. zucchi-travaGli, Rerum Feretranarum Scriptores, Annali del Montefeltro; doMini-ci, Sant’Agata Feltria illustrata..., cit.; i quali riportano la trascrizione parziale di documenti un tempo appartenenti all’archivio delle Clarisse ma da loro trovati giacenti presso l’Archi-vio Vescovile di Pennabilli. Notizie queste che non posso confermare, in quanto l’archivio non è stato ancora riordinato, e non può essere consultato (cfr. supra nota 5).

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scenza di consultazioni compiute da altri sacerdoti 53 che si sono interessati a queste antiche carte negli anni Sessanta-Settanta del secolo scorso; ricordo poi la nota appuntata alla perg. n° 118 che riporta la data del 1951, consulta-zione questa ad opera di un certo conte del quale purtroppo non si hanno ul-teriori informazioni. Tali ricerche sottolineano il costante interesse prodotto da questo fondo pergamenaceo, ricordando infatti che anche nei secoli passa-ti si ha testimonianza di una certa continuità nell’opera di consultazione e tra-scrizione, evidente nei testi di alcuni cultori di storia locale, e ciò a partire al-meno dal 1700.

Desidero aggiungere ancora una nota volta a spiegare la seconda parte del titolo: «Le pergamene del monastero di Santa Maria Maddalena: un patri-monio da salvare». Tornando a quanto accennato riguardo lo stato di conser-vazione delle pergamene costituenti il fondo delle Sorelle Clarisse, va sotto-lineato con forza che esse necessitano in grande maggioranza di un immedia-to intervento di restauro che possa arrestare lo stato di erosione, evidente in modo particolare per alcune di esse, nonché permettere una migliore conser-vazione dell’intero fondo in appositi contenitori al fine di sottrarle ad agenti che possano accelerare il loro degrado o aumentare la precarietà del loro sta-to. A tal fine le Clarisse di Sant’Agata Feltria si sono già rivolte ad un labora-torio di restauro i cui operatori sono pronti ad intervenire sul fondo. L’ultimo e fondamentale passo che resta da compiere è la raccolta di fondi che possa permettere la realizzazione di questo urgente intervento di restauro e conser-vazione, così da riportare in piena luce un patrimonio storico e culturale che neppure vari secoli di oblio sono riusciti a far scomparire.

53 Si ricorda in particolare l’interesse nei confronti dell’archivio santagatese di un parroco di una località della zona, e di un altro sacerdote, professore presso l’Università di Perugia.

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1. Perg. n° 6, dell’anno 1225.

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2. Perg. n° 13, dell’anno 1249.

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3. Perg. n° 43 dell’anno 1275: la consacrazione della chiesa di San Vincenzo.

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4. Perg. n° 35 dell’anno 1267: sul verso, un esempio di notetergali e di segnature archivistiche.

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5. La bolla papale del 1300 contenente concessioni a favore delle monache.

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6. Perg. n° 2 dell’anno 1190.

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7. Perg. n° 63 dell’anno 1290: un esempio di signum tabellionis.

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8. Perg. n° 21 dell’anno 1258: un’immagine del documentoche presenta gravi danni.

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9. Perg. n° 63 dell’anno 1290: un altro documento con gravi danniper lacerazioni del supporto.

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10. Perg. n° 19 dell’anno 1258: un documento con gravissimi danni.

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11. Perg. n° 54 dell’anno 1280: un altro documento con gravi danni per macchie.

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Suor Lucia NespoLi – cristiNa roccaforte

Dalle Terziarie del Giglio all’Istituto Suore Francescane Missionariedi Assisi: un percorso storico archivistico dall’Assisi del ’700 ad oggi 1

Profilo storico ed istituzionale 2

L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi nasce nella cit-tà serafica nel 1702, per opera di padre Giuseppe Antonio Marcheselli, fra-te minore conventuale e suor Angela Maria del Giglio, terziaria francesca-na. Padre Marcheselli nasce a Casalmaggiore, in provincia di Cremona, nel febbraio del 1676 e muore in Assisi il 16 maggio 1742 3. Suor Angela Ma-ria del Giglio nasce a Vicenza il 7 febbraio 1658 e muore in Assisi il 2 no-vembre 1736 4.

Il padre Marcheselli, dopo aver terminato il curriculum studiorum nel-la sua provincia bolognese, partecipa al concorso dei Collegi dell’Ordine ed è trasferito in Assisi al Collegio delle Stimmate del Sacro Convento 5; arriva 

1 La relazione è divisa in due parti: la prima è stata redatta da suor Lucia Nespoli, francesca-na missionaria di Assisi, la seconda dalla dottoressa Cristina Roccaforte.2  A cura di suor Lucia NespoLi. 3 Per le notizie dettagliate sulla famiglia cfr. L. Bertazzo, P. Giuseppe Antonio Marcheselli OFMConv (1676-1742) Fondatore dell’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di As-sisi, Tesi di laurea, presso la Pontificia Universitas Gregoriana, Facultas Historiae Ecclesia-sticae, a.a. 1996-1997, pp. 49-52 (estr. in: Storia Ecclesiastica, Padova 2000).4 Cfr. L. NespoLi, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi. Un approccio storico-critico e teologico, Roma 2005, pp. 23-29 e 115. 5 Alcune memorie su padre Marcheselli ci sono state trasmesse da uno storico casalese, l’abate Giovanni Romani, ricevute, come egli annota, direttamente da persone che l’avevano conosciuto. G. RomaNi, Storia di Casalmaggiore, tt. 10, Casalmaggiore 1830 [Rist. anastati-ca, voll. I-IV, Cremona 1985]. Prendo le notizie dalla ristampa anastatica. Egli traccia un bre-ve profilo del Marcheselli ritagliandolo da uno storico locale, il Porcelli, frate servita «ch’eb-be frequenti occasioni di conversare con questo illustre di lui concittadino» (Ibidem, p. 422). Infatti Giovanni Angelo Porcelli nasce a Casalmaggiore nel 1695 ed entra tra i frati Servi di Maria, predicando in vari pulpiti d’Italia; nel 1720 è a Roma nello stesso periodo in cui vi si trova il Marcheselli e sicuramente i due hanno avuto modo di conoscersi. BiBLioteca comu-NaLe, Fondo Manoscritti Porcelli, Virorum illustrium Casalis Maioris Syllabus, eorumque meritorum compendium, ms. MSL, Por (Colloc. XX-H-16). Altre notizie il Romani le ricava

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in Assisi il 1° settembre 1701 6. Suor Angela del Giglio si trasferisce in Assi-si nel 1689, presso alcune nobildonne 7 secondo la tradizione e, nel 1697 fa la professione di terziaria francescana nel gruppo dei terziari della Basilica di San Francesco 8.

Al padre Marcheselli è affidata la predicazione nella Basilica di San Francesco nell’Avvento del 1701 9 ed in quest’occasione conosce la terzia-

da alcune lettere inviategli dal pronipote di Giuseppe Antonio Marcheselli, padre Agostino Marcheselli, che viveva in Assisi ed aveva contatto con le Terziarie del Giglio; egli scrive su padre Marcheselli fin dal 1795 ed afferma: «Vengo assicurato che nel corrente anno 1795 vi-vea tuttora in quel conservatorio una casalasca col nome di Eulalia Tamacoldi di religiose vir-tù fornita» (Ibidem, p. 424) ed annota anche che il papà è farmacista (Ibidem, p. 430), un’at-tività che si è tramandata alla famiglia fino a tempi recenti, attestata da alcune fotografie che riportavano il palazzotto con issata l’insegna: “La Farmacia Marcheselli”» (Cfr. L. Berardi-Ni, Dalle rive del Po ad Assisi. Biografia del Servo di Dio p. Giuseppe Antonio Marcheselli, Padova 1966, pp. 16-17).6  archivio deL sacro coNveNto (= ascoNv), Serie di registri 26/99 alla data 7 settembre: in questo giorno è notata la celebrazione della sua prima messa in Assisi all’altare di San Fran-cesco.7  archivio deLL’istituto deLLe suore fraNcescaNe missioNarie di assisi (=ASFMA), Cen-ni Storici 1833. Si tratta di un libretto che raccoglie tradizioni orali trasmesse all’interno del-l’Istituto, f. 2r. Nella mia tesi propongo l’ipotesi che la fondatrice sia venuta in Assisi tramite conoscenze tra il papà farmacista e lo speziale d’Assisi e che sia stata ospitata probabilmen-te dalla famiglia Sperelli, con cui la del Giglio ha frequenti contatti, soprattutto con la nobil donna Leoparda Sperelli, prima benefattrice della «Pia Casa»: cfr. NespoLi, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit., pp. 27-28.8 Cfr. ascoNv, Registro 112, f. 26v.9 In Assisi il padre Marcheselli s’inserirà sempre di più nella vita interna del Sacro Conven-to, divenendo una figura di spicco della comunità ed assumendo ruoli di un certo rilievo sia all’interno dell’Ordine sia nella piccola diocesi di Assisi: nel 1703 è baccalaureus conven-tus (cfr. ascoNv, Miscellanea 5) ed è inserito nell’organico come maestro; nel 1704 è lector dogmatum; cfr. archivio deLLa curia geNeraLe deLL’ordiNe dei frati miNori coNveNtuaLi (= ofmcoNv) di roma (=AGO), Regesta Ordinis Fratrum Minorum Conventualium (= RO) 61, ff. 14v-15r, che comporta l’obbligo dell’insegnamento annuale, attraverso cui è a con-tatto con due figure di frati santi, san Francesco Antonio Fasani (cfr. San Francesco Antonio Fasani ofm conv.: tra storia apostolato dottrina, a cura di F. Costa, Padova 1989) ed il bea-to Antonio Lucci (cfr. A. Pompei, Il beato Antonio Lucci dei Frati Minori Conventuali Vesco-vo di Bovino «Padre dei poveri» 1682-1752, Padova 1989). I due frati sono presenti in Assi-si tra il 1704-1705, come studenti di teologia nel corso istituzionale, e tra il 1706-1707 come collegiali del Collegio delle Stimmate; completano il triennio con l’incarico di lettore di filo-sofia, il Fasani nello studio di Lucera, il Lucci in quello d’Agnone (cfr. Bertazzo, P. Giusep-

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ria, alla quale chiede collaborazione per dare un volto diverso al Terz’Ordine Francescano, con la fondazione di una nuova comunità di terziarie «in mag-gior numero adunate», in modo da rinvigorire l’Ordine stesso 10.

Da quest’incontro provvidenziale nasce l’Istituto delle Suore Francesca-ne Missionarie d’Assisi 11. Suor Angela del Giglio, accolta la proposta, affit-

pe Antonio Marcheselli..., cit., p. 143). Nel 1707 Marcheselli diviene lettore morale, incarico che esercita fino al 1718 e che comporta un continuo aggiornamento sui problemi di morale per sacerdoti e confessori (cfr. ascoNv, Serie di registri 26/102-107, agli anni). Nel 1718 di-viene definitore perpetuo della Provincia umbra di San Francesco (cfr. AGO, RO 65, f. 1v, 16 luglio 1718). Dal 1711 al 1713 è maestro dei novizi laici (cfr. ascoNv, Miscellanea 5). Nel 1721 è curatus della Chiesa parrocchiale di Santa Margherita, affidata alle cure pastorali del-la comunità del Sacro Convento (cfr. ascoNv, Serie di registri 26/108), nei mesi di giugno e luglio. Nel 1719 è cancelliere del Sacro Convento, incarico che consisteva nella cura del-l’Archivio conventuale (cfr. ascoNv, Registri 166, f. 123v) ed in questa veste, forse, ha potu-to coltivare la sua passione storica (cfr. Inventario e regesti dell’Archivio del Sacro Conven-to d’Assisi, a cura di S. Nessi, Padova 1991 (Fonti e Studi Francescani, III; Inventari - 2), pp. XXIV-XXVII). L’attività, però, cui il Fondatore dedica la maggior parte delle sue risorse è appunto la predicazione, non distaccandosi dalle consuetudini di questo secolo; a questo pro-posito ricordo, in particolare, tra le figure di spicco di questo stesso secolo che si sono dedi-cate a questa particolare missione, sant’Alfonso Maria de’ Liguori, che ha saputo accogliere quanto di buono era presente nella cultura del suo secolo e rifiutare quanto incompatibile con l’antropologia cristiana, con l’invenzione di nuove forme di annuncio evangelico attraverso le cappelle serotine (cfr. A. PaNzetta, S. Alfonso e il suo tempo, «Rivista di scienze religio-se», anno XVI, n. 2 (2002), pp. 431-444) ed il beato Vincenzo Romano, parroco della Basi-lica di Santa Croce in Torre del Greco (Napoli), che con il desiderio di annunciare il Vange-lo apre una scuola gratuita in casa propria; istituisce la predicazione agli angoli delle strade, la nota sciabica (dal nome della rete che usavano i pescatori dell’epoca), si dedica alla cura pastorale della popolazione abbandonata delle campagne e prende a cuore l’assistenza mate-riale e spirituale dei più poveri, in particolare dei pescatori di corallo (cfr. M. Sasso, Vincen-zo Romano, il Vangelo della carità, Torino 1995).10 Proprio in questo periodo il Terz’Ordine si stava riorganizzando: cfr. R. PazzeLLi, Il Ter-z’Ordine Regolare di S. Francesco attraverso i secoli, Roma 1958; nel cap. X l’autore tratta L’Ordine nel Settecento, pp. 253-284.11 Sorprende che la del Giglio, quarantatreenne, si affidi al consiglio del venticinquenne Marcheselli, lasciandosi guidare nella ricerca più precisa della volontà di Dio nella sua vita. Un incontro «provvidenziale», intreccio di progettualità e di idealità, tra due persone aman-ti di Dio che, all’interno del mondo variegato della storia di questo periodo, cercano di dare una risposta, attraverso una propria strada, alle esigenze della società e della Chiesa del loro tempo.

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ta una casa in via San Giacomo n. 5 e dà inizio alla nuova fondazione 12, alla quale il padre Marcheselli prescrive la Regola di Niccolò IV, la prima scritta per i terziari francescani secolari 13, cui aggiunge delle spiegazioni su come vivere la stessa Regola da terziarie che vivono in comunità. Nascono così le Istruzioni, alla stesura delle quali il Marcheselli dedicherà – a più riprese – circa venti anni 14.

12 Difatti la comunità di suor Angela è sempre presentata come facente parte del Terz’Ordine della Basilica di San Francesco. Cfr. archivio deLLa cattedraLe di saN rufiNo (= ASR), A. TiNi, Appunti storici città, vol. I, pp. 325-327; a p. 325: «Nell’anno 1689 venne in Assisi una certa giovane di nome Maria-Angela, figlia di un tal Angelo del Giglio ed Elisabetta Cattel-lani di Vicenza, addetta al Terz’Ordine secolare di S. Francesco». Le Terziarie del Giglio, fin dagli inizi, hanno fatto la Vestizione e la Professione nel gruppo dei terziari della Basilica di San Francesco come è attestato dal relativo registro conservato nell’Archivio del Sacro Con-vento (ascoNv, Registri 112); una consuetudine che si protrarrà fino al 1814, come fa fede un registro conservato nell’ASFMA, Libro in cui si noteranno tutte le vestizioni e Professio-ni dei Fratelli e Sorelle del Terz’Ordine di s. Francesco, esistente in questa Sagra Basilica. Comincia dell’anno 1727 di Giugno: Al tempo del Custodiato del M. R. P. M.ro Carlo Mari-ni da Ma[lta] nel primo anno del suo governo. Questo registro, bruciato al margine esterno (e per questo molte parole non si possono più leggere), è utilizzato nei due sensi: in uno c’è l’incipit che abbiamo riportato, di mano del padre Marcheselli; l’altro incipit: Libro in cui si noteranno tutte le Vestizi[oni] de’ Fratelli e Sorelle del Terz’Ordine esiste[nte] in questa Sa-gra Basilica: comincia dall’Anno 1727 al tempo del custodiato del M.R.P. M.ro Carlo Ma-rini da Malta nel primo Anno del suo Governo, di mano del Tomeucci, termina proprio nel 1814 con la vestizione di un certo Domenico Bazzoffi di Assisi, di anni 25, il 25 settembre 1814, nella chiesuola delle Religiose Terziarie del Giglio; è riportata inoltre la Vestizione e Professione di una certa Chiara Guiducci rispettivamente il 24 dicembre 1838 ed il 7 gennaio 1840, sepolta il 26 settembre 1852 nella tomba delle terziarie, Ibidem, c. 37 (56v). Non ab-biamo trovato altri registri della stessa serie, per cui non ci è stato possibile verificare se que-sta consuetudine sia continuata anche dopo questa data. Secondo alcune tradizioni orali sap-piamo che le suore hanno sempre mantenuto contatti con il gruppo delle terziarie della Basi-lica di San Francesco.13  La «Supra montem» di Nicolò IV (1289): genesi e diffusione di una Regola, a cura di R. PazzeLLi, L. TemperiNi, Atti del 5° convegno di Studi Francescani (Ascoli Piceno, 26-27 otto-bre 1987), Roma 1988; in particolare i contributi di M. D’ALatri, Genesi della Regola di Ni-colò IV: aspetti storici, Ibidem, pp. 93-107.14 Si conservano in tre manoscritti, due autografi del Marcheselli ed un terzo probabilmente trascritto da un copista del Sacro Convento. Il primo, incompleto, risale con ogni probabili-tà al 1712 e porta il titolo: Istruzioni secondo la mente del Padre S. Francesco espressa nella Regola del 3. Ordine dal medesimo istituita; è il primo manoscritto conservato nell’archivio dell’Istituto, ma sicuramente ce n’era uno precedente, che non è giunto fino a noi. Il Marche-

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La spiritualità dell’Istituto si fonda dunque su quella del Terz’Ordine Francescano Secolare e le prime suore sono delle semplici terziarie che vivo-no in comunità 15, esperienza che, nel secolo XVIII, anticipa quella degli isti-tuti di vita apostolica che si avrà nel XIX secolo.

Essendo delle semplici terziarie, suor Angela e le prime compagne non emettono i tre voti di castità, obbedienza e povertà, ma semplicemente quello di castità e perseveranza nella Casa 16.

selli infatti, all’inizio di questo testo, afferma che, dopo aver presentato un direttorio alcuni anni prima, si accinge a rinnovarlo, visto che le terziarie lo hanno osservato nei minimi par-ticolari. Il secondo manoscritto, intitolato Istruzioni di perfezione sopra la Regola del 3. Or-dine del gran Patriarca S. Francesco, è l’unico datato dallo stesso Marcheselli ed al termi-ne si legge: «1730. Finito dopo due anni nell’ottava del S. Padre 11 ottobre». Il terzo mano-scritto porta il titolo: Regola del Padre san Francesco per il Terz’Ordine spiegata dal Padre Maestro Giuseppe Antonio Marcheselli Minor Conventuale. Con molte sante istruzioni alle Terziarie collegialmente adunate nella Congregazione del Giglio della Città di Assisi, e mol-to utili per le Terziarie del medesimo Ordine, che vivono congregate in qualunque parte del Mondo; la stesura del testo sembra opera di un professionista, forse di un copista del Sacro Convento, in quanto la strutturazione sembra essere quella di un testo a stampa (infatti non ci sono differenze sostanziali tra questo manoscritto ed il testo stampato postumo a Venezia nel 1759, con il titolo: La Regola del Terz’Ordine di S. Francesco spiegata dal Padre Maestro Giuseppe Antonio Marcheselli Minor Conventuale, e proposta alle Terziarie di esso Ordine. Opera postuma dedicata ai Religiosissimi Padri del sagro Convento d’Assisi. Coll’aggiunta in fine delle Verità di Nostra Santa Fede, brevemente dal medesimo Autore dichiarate).15 Il Fondatore ha cercato di non mettere le Terziarie nella condizione di osservare la Bol-la Circa Pastoralis, del 29 maggio 1566, con cui il papa Pio V obbliga anche le terziarie alla clausura: «3. Anche le donne che si dicono Terziarie, o della Penitenza, di qualsiasi Ordi-ne, e vivono in Congregazione, se hanno emesso un voto solenne, sono anch’esse tenute alla clausura; se non lo avessero emesso, i loro ordinari le esortino ad emetterlo e, dopo il voto, si sottomettano alla clausura, se poi rifiutano e si trovano che alcune vivono scandalosamen-te, siano punite in modo severissimo. 4. A quelle poi che volessero vivere senza emissione della professione e senza clausura, proibiamo in perpetuo di poter ricevere alcuna candidata al loro Ordine o Congregazione. Che se ne avessero ricevute o ammesse alcune contro que-sto decreto, annulliamo e irritiamo quelle professioni o recezioni»: cfr. Bullarium, Diploma-tum et Privilegiorum Sanctorum Romanorum Pontificum taurinensis editio, VII, 1862, pp. 447-452; cfr. R. PazzeLLi, Le suore francescane. Lineamenti di storia e spiritualità, Padova 1989, pp. 95-96.16 Cfr. ASFMA, Regola del Padre san Francesco..., cit., pp. 3-4: «vi sono moltissime Case di vergini, che convivono col solo voto di castità, e altre col voto di castità e perseveranza, come fanno tante congregazioni, che fioriscono anche in Roma, come quella di Torre de Specchi; quella di Santa Rufina, l’altra de Sette Dolori. Così in Cremona la congregazione detta: le Fi-

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glie di Maria. In Milano la compagnia di Sant’Anna, e quella di Sant’Orsola, ed altre mol-te… Ora voi dovete essere una congregazione di queste, sotto la Regola di san Francesco, detta del Terz’Ordine, confermata da Niccolò IV, e autenticata da tanti santi e beati, che sot-to di essa si sono perfezionati». Negli altri due manoscritti non si trova l’elenco delle congre-gazioni che troviamo qui. Tutte le Congregazioni nominate non hanno voti pubblici, ma solo quelli di castità e perseveranza e sono dedite all’educazione delle ragazze. Meraviglia che tra le istituzioni indicate manchi un riferimento alle Maestre Pie fondate da santa Rosa Ve-nerini, cui si riferisce la Fondatrice, il cui primo regolamento, sotto il titolo di Relazione de-gli esercizi che si praticano in Viterbo..., fu stampato nel 1714 e ristampato in maniera iden-tica nel 1718. Cfr. G. Rocca, Maestre Pie Venerini, in Dizionario degli Istituti di Perfezio-ne (= DIP) V (1978), coll. 835-840. Forse l’istituzione era troppo giovane e non dava credi-to? Non era considerata ancora una Congregazione religiosa? Non è nominata per concor-renza? Sta di fatto che nel nostro elenco non è nominata. Ripercorriamo brevemente le espe-rienze di alcune di queste istituzioni. Le Oblate del Monastero di Tor de’ Specchi, conosciu-te come «Oblate di santa Francesca Romana», furono fondate da santa Francesca Romana il 25 marzo 1433 nella casetta di Tor de’ Specchi nel rione Campitelli, con lo specifico impegno di preghiera, di sacrificio e di opere per la diocesi di Roma e per il Vescovo di Roma. Santa Francesca voleva che la sua congregazione, pur essendo monastica, contemperasse contem-plazione ed apostolato, e per averne l’approvazione dovette rinunciare ai voti pubblici, per i quali occorreva la clausura. Approvate il 14 luglio 1433, furono riconosciute come congrega-zione il 21 dicembre 1958, quando poterono esprimere la loro appartenenza alla Chiesa con il legame giuridico dei voti (Cfr. M. B. RivaLdi, Oblate del Monastero di Tor de’ Specchi, in DIP, VI (1980), coll. 585-586). Le Oblate Agostiniane di Santa Maria dei Sette dolori devo-no la loro origine alla duchessa Savelli Farnese che, non avendo prole, fece voto di fondare un monastero nella terra di Làtera (Viterbo), feudo del marito. Ostacolata nel suo intento, riu-scì a fondare un monastero a Roma, ai piedi del Gianicolo (nella attuale via Garibaldi, al n° 27), per consiglio di una sua parente, santa Giacinta Marescotti: il suo scopo era di dar modo alle giovani di famiglia nobile, ma di salute non troppo robusta, di condurre una vita religiosa osservando una regola mitigata. La duchessa stessa preparò le Costituzioni che sottopose al-l’esame del padre Francesco Quinigi, Superiore Generale dei Chierici Regolari della Madre di Dio. Il papa Alessandro VII approvò le costituzioni e il nuovo Istituto il 16 giugno 1663. Clemente IX, il 6 ottobre 1667, confermò l’approvazione delle Costituzioni che, dopo alcune revisioni, furono approvate definitivamente da Clemente X il 28 marzo 1671 (Cfr. G. Rocca, Oblate Agostiniane di Santa Maria dei Sette dolori, in DIP, VI (1980) col. 560). La Compa-gnia di Sant’Orsola, figlie di sant’Angela Merici, inizia ufficialmente a Brescia nel 1535; ca-nonicamente eretta dall’Ordinario locale nel 1536, fu approvata da Paolo III con la Bolla Re-gimini Universalis Ecclesiae del 9 giugno 1544 ed è tra le prime forme di vita consacrata nel mondo riconosciute dalla Chiesa. Dalla Compagnia originaria derivarono le Orsoline viven-ti nel mondo, senza abito distintivo, le Orsoline congregate o collegiali e le Orsoline viventi in monasteri con stretta clausura. Attività di tutte, però, secondo l’ispirazione della fondatri-

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La spiritualità terziaria è fondata su due pilastri principali 17:la vita penitenziale o di conversione continua,le opere di misericordia corporali e spirituali.La madre Angela del Giglio aggiunge poi una concretizzazione delle

opere di misericordia, dedicandosi all’educazione delle fanciulle e fondando la prima scuola sorta in Assisi per l’educazione delle donne 18.

ce, era la catechesi e l’educazione della gioventù (cfr. G. Rocca, Compagnia di sant’Orsola, Figlie di sant’Angela Merici, in DIP, II (1975), col. 1362). Interessantissima è l’esperienza di Lucia Perotti, fondatrice del Collegio della Beata Vergine di Cremona, fondato nel 1610. Dopo aver sposato Giuseppe Somenzi ed aver avuto una figlia, Isabella, in poco tempo ella perde la figlia ed il marito ed è costretta a rientrare nella casa paterna. Nel 1602 arriva a Cre-mona fra Bartolomeo Cambi da Salustìo, Zoccolante Riformato, e Lucia rimane molto im-pressionata dalle sue prediche; pensa di farsi Cappuccina ed espone i suoi propositi al gesuita padre Giovanni Mellino. Questi aveva fondato in Arona un Collegio di Vergini con lo scopo di educare cristianamente le ragazze e suggerisce alla Perotti di fare altrettanto per Cremona. Questa idea si consolida ed il 6 maggio 1610 Lucia Perotti si ritira in una piccola casa pres-so la chiesa di Sant’Omobono, ottenuta dai signori Reina, con le prime compagne, le tre so-relle Reina, Costanza, Teodora ed Ottavia. Padre Mellino l’aiuterà nella stesura delle prime regole nel 1618; il collegio è approvato dal Vescovo di Cremona, monsignor Giovanni Batti-sta Brivio, il 2 febbraio 1612. Fatta richiesta a Roma perché il Collegio sia riconosciuto dal-la Santa Sede, la risposta è affermativa purché sia posta in vigore la clausura; Lucia Perotti vede però nella clausura la preclusione al particolare apostolato del Collegio e rinuncia al ri-conoscimento pontificio, accettando di rimanere sotto la giurisdizione del Vescovo di Cremo-na. Lo scopo del Collegio è di attendere alla propria perfezione ed all’educazione di fanciulle «massimamente nobili, istruendole nello spirito, e nelle virtù cristiane, e negli ornamenti no-bili del leggere, scrivere, cucire e buone creanze» (Ordini e Regole del Collegio delle Vergi-ni della Beata Vergine, Palazzo Episcopale di Cremona 2 febbraio 1612). Per le notizie intor-no al Collegio cfr. G. LoNgoNi, Madre Lucia Perotti e il Collegio della Beata Vergine di Cre-mona, Cremona 1992, pp. 17-19.17 Per le notizie circa la spiritualità dell’Istituto alle sue origini: cfr. NespoLi, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit., pp. 510-542.18 Cfr. Ibidem, pp. 100-115. Le ricerche hanno permesso di delineare meglio la cooperazio-ne tra i due Fondatori nella fondazione della «Pia Casa»: la funzione di suor Angela del Gi-glio di voler rispondere alle esigenze dei tempi con un progetto educativo-formativo e quel-la di padre Giuseppe Antonio Marcheselli di dare a tale idea l’ispirazione francescana, capa-ce di far superare la contingenza del concreto per una dimensione spirituale molto più ampia, che è stata in grado di far arrivare fino ad oggi questa istituzione assisana. Ambedue svolgo-no un ruolo di reciproca complementarietà; suor Angela, anche se si affida totalmente al Mar-cheselli, non è una pura esecutrice, ma ha un suo ben preciso progetto che porta avanti, an-che quando il Fondatore non sembra essere d’accordo. Ciò emerge chiaramente nella lettera

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Il Carisma dell’Istituto può essere riassunto in queste espressioni 19:

che il padre Marcheselli invia da Roma il 15 dicembre 1723. Il Marcheselli vorrebbe mettere ai Monti di Pietà la dote portata dalla giovane Scolastica, mentre la del Giglio vuole compra-re un’altra casa per ampliare la scuola: «Quanto poi ai 200 scudi di Scolastica non so che mi dire. Adesso hanno un scasiglione [sic!] di casa, se comprano l’altra ne avranno due di sca-siglioni. Mi rimetto al parere e consiglio di monsignore. Dico bene che mi parerebbe meglio rinvestirgli in due luoghi di Monti non vacabili. Fruttano poco, ma è frutto certo e sicuro, né s’ha da combattere coi contadini, come si fa quando si prende terreno, né s’ha da combattere coi debitori, come si fa ne’ censi. Onde per me stimerei bene che quei ducento di Scolastica con quei cento del Monte si facessero due luoghi e mezzo. Fruttarebbono scudi sette e mezzo in circa l’anno. Si raccomandi al Signore, e faccia come meglio pare a lei, e a monsignore». ASFMA, Lettera del padre maestro Marcheselli sopra la lite [notazione del padre Tomeuc-ci] alla molto reverenda madre padrona colendissima la madre sor Angela del Giglio, Assi-si, da Roma, in data 15 dicembre 1723. Suor Angela ha la preoccupazione di avere altri loca-li per mettere in esecuzione il suo progetto di creare una scuola con locali diversi da quelli in cui vivono le terziarie; una scuola per le «zitelle» nobili o civili di Assisi. Il Marcheselli stes-so, nella prima stesura delle Istruzioni per spiegare la Regola di Niccolò IV alle terziarie di suor Angela, ci fa sapere che il progetto educativo è rivolto alle zitelle nobili o civili di Assi-si (cfr. Ibidem, Istruzioni secondo la mente del Padre S. Francesco espressa nella Regola del 3. Ordine dal medesimo istituita, p. 141) ma anche per quelle fanciulle che, non potendo per-mettersi una retta, di sera ritornano nelle proprie case. Si tratta di un progetto che ha dei pre-cedenti in altri Istituti che portano avanti nuove forme di intervento sociale scolastico e che in quegli anni hanno avuto un vero potenziamento da parte dell’autorità civile ed ecclesiasti-ca. Alcuni di questi sono menzionati anche nella terza stesura delle Istruzioni del Fondato-re come già abbiamo detto. La del Giglio sembra voler acquistare altri locali per avere uno spazio adeguato per le fanciulle che frequentano la scuola, per accogliere anche quelle pove-re che non hanno la possibilità di pagare una retta e per dare loro un luogo separato da quello dove vivono le terziarie, sull’esempio delle scuole portate avanti da santa Rosa Venerini, che per l’istruzione usa locali diversi da quelli dove vivono le maestre.19 Siamo coscienti che un carisma non si possa definire in poche espressioni e che indagare su un fondatore implica qualcosa di più che un semplice studio su dei testi o su una storia. Si tratta veramente di entrare in una particolare esperienza dello Spirito che non è facile decifra-re con i soli strumenti scientifici e che va ben al di là del vissuto di una singola persona. Come afferma Antonio Romano: «Non ci troviamo davanti a un testo individuale, bensì ci trovia-mo davanti alla lettura di un particolare dono dello Spirito in una persona, siamo di fronte a un’esperienza dello Spirito che, nella sua interrelazione con altre persone, crea una storia di legami interpersonali sull’onda di una stessa esperienza e uno stesso spirito» (A. romaNo, I fondatori profezia della storia. La figura e il carisma dei fondatori nella riflessione teologi-ca contemporanea, Milano 1989, pp. 182-183). Delineare l’itinerario spirituale di un fonda-tore è sempre un cammino delicato. Solo lo Spirito può mediare la distanza di 300 anni che

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«terziarie francescane» 20,«in maggior numero adunate» 21,«con un servizio precipuo all’educazione della donna» 22. I termini «terziarie francescane» implicano due esigenze insite nella loro

essenza:

ci separa dall’inizio della nostra fondazione. Però siamo sicure che lo Spirito che 300 anni fa ha parlato al cuore di padre Marcheselli e di madre Angela è lo stesso che vibra oggi nel cuo-re delle loro figlie spirituali, che vogliono continuare la loro stessa esperienza: «se i fondato-ri sono uomini dello Spirito, docili alla sua azione creativa, noi siamo chiamati ad essere in ascolto dello Spirito che ha parlato in loro e che continua a parlare in noi, anche attraverso gli avvenimenti e gli uomini e donne del nostro tempo» (F. ciardi, In ascolto dello Spirito. Er-meneutica del carisma dei fondatori, Roma 1996, p. 8). Cfr. ancora: id., I fondatori uomini dello Spirito. Per una teologia del carisma di fondatore, Roma 1982.20 «Le congregate specialmente si consagravano a Dio con voti, ed altre no. Il medesimo an-tichissimo modo, che si tenea allora, si tiene adesso, mentre che oltre tanti monisteri di ver-gini, che si consagrano a Gesù Cristo con voti solenni, e con perpetua clausura, vi sono mol-tissime case di vergini che vivono col solo voto di castità, ed altre col solo voto di castità, e di perseveranza... Or voi esser dovete una congregazione di questa sorta sotto la Regola del padre san Francesco, detta del 3° Ordine, confermata da Nicolò IV, e autenticata da tanti san-ti, e beati, che sotto di essa si sono perfezionati. Né già esser dovete qualche nuova congre-gazione, ma quella medesima, che sin del mille trecento tre fu fondata nella Chiesa, ove ri-posa il padre san Francesco. Tanto che, siccome alcune delle sorelle di detto 3° Ordine, vi-vono nelle proprie case, o sole, o in poco numero adunate; così voi viver dovete in maggior numero con fine di osservar la Regola, non in qualunque modo, ma con quella perfezione, che desidera il santo Padre... Non v’è stata intenzione di far un monistero, né un conservato-rio di fanciulle, perché non pericolino; ma di rinovare la congregazione del 3° Ordine a mo-dello di quell’altissimo disegno, che ebbe il santo Padre, allorché istituillo, che fu di far tan-ti santi, e sante colla perfetta osservanza della Regola»: ASFMA, Istruzioni secondo la men-te..., cit., pp. 1-3 e 19.21 Cfr. Ibidem, p. 3: «così voi viver dovete in maggior numero con fine di osservar la Rego-la».22 Suor Angela, in una lettera indirizzata a papa Clemente XI con cui chiede che il som-mo pontefice intervenga per l’acquisto della prima casa (riportata integralmente in: NespoLi, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit., pp. 96-97), afferma di aver introdotto in Assisi una «scolla per le zitelle con molto profitto, ed esemplarità, sotto la dire-zione dell’oratrice [...] procedendosi secondo le regole delle altre scuole di Roma, e di Mon-tefiascone», con un chiaro riferimento alle scuole della Venerini: Ibidem, Alla santità di no-stro signore papa Clemente XI. Al Cardinale Albani secondo la mente per suor Angela del Giglio terziaria veneta, maestra delle zittelle in Assisi.

1.2.3.

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l’aspetto della conversione-penitenza 23,le opere di misericordia corporali e spirituali, che potremmo considerare sotto l’aspetto di essere inserite tra la gente.Il primo aspetto della conversione-penitenza, implica: Intensa vita spirituale, che si attua in preghiera-silenzio-deserto, Eucari-stia, devozione a Maria, fiducia nella Provvidenza, misericordia 24, Minorità, che si attua nella vita di povertà, e nel particolare legame con i frati minori conventuali 25.Il secondo aspetto, quello di essere inserite tra la gente, implica:Lavoro inteso come condivisione della vita dei poveri 26,Condivisione del carisma con i laici, in quanto le nostre prime suore era-no inserite a pieno titolo con il gruppo dei terziari della Basilica di San Francesco 27,Accoglienza e legame con la città d’Assisi 28,

23 Suor Stella Seo, nella sua tesi di licenza, dedica un intero paragrafo all’argomento: K. seo, Il progetto di santità della «piccola adunanza» di padre Giuseppe Antonio Marcheselli, dis-sertazione per la licenza, Pontificia Università Lateranense Claretianum, Istituto di Teologia della vita consacrata, a.a. 1997-1998, pp. 85-99.24 Cfr. NespoLi, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit., pp. 499-506.25 Cfr. Ibidem, pp. 526-531.26 Cfr. Ibidem, pp. 531-532.27 Cfr. Ibidem, pp. 605-608.28 Fin dagli inizi della fondazione le terziarie hanno un forte legame con la cittadinanza as-sisana; questo si evidenzia soprattutto nei momenti di difficoltà, come ad esempio nella sop-pressione degli Ordini religiosi decretata da Napoleone: cfr. Ibidem, p. 219. La superiora del-la Casa, suor Marianna Fedele Guerrini, conserva con cura un foglio dove sono ricordate le pie persone di Assisi che «ànno contribuito colle elemosine all’indigenze della Pia Congre-gazione del Giglio di Assisi, per aver memoria di loro, nelle communi, e private orazioni per gratitudine del bene ricevuto», seguono i nomi delle persone. Cfr. ASFMA, carta sciolta non inventariata, non datata il cui incipit: Elenco delle Pie Persone che ànno contribuito colle elemosine all’indigenze della Pia Congregazione del Giglio. I nomi delle persone sono: la si-gnora Anna Connestabile, la signora contessa Eleonora Bonaini, la signora marchesa Eleono-ra Rossi, la signora Chiara Canali, donna Costante Margherita degl’Oddi, donna Maria Ter-delinda Patrizi, la signora contessa Lavinia Boncambi, la signora contessa Margherita de-gl’Oddi, la signora Orsola Guerra, il signor Cesare Meniconi, una religiosa incognita, il padre Gian’Antonio, la signora contessa Livia Oddi, il signor don Carlo Bordoni, la signora Anna Rossetti, la signora Teresa Meniconi, il signor Giuseppe Rosa, la signora Anna Baldella, il si-gnor conte Giulio Cesarei Mer, la signora contessa Caterina Oddi, la signora Teresa Aggravi, il signor arciprete Ranieri, la badessa di San Francesco Delel Don, la signora contessa Fran-cesca Ranieri, donna Altomira Postio, raggiungendo la somma di 20.05 scudi.

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Attenzione alle esigenze del tempo in cui si vive, alla società ed alla Chiesa,Promozione umana, missionarietà,Audacia nell’intraprendere iniziative 29.I termini «in maggior numero adunate» sono riferiti alla fraternità che,

per noi, è fondamentale e non un optional che può esserci o no; il Fondatore, nei suoi scritti, si è infatti soffermato molto a considerare la vita fraterna, sot-tolineando uno stile di vita fraterna 30 che implica:

Carità tra le sorelle,Dialogo-ascolto-comunicazione,Perdono, che sottintende saper ammonire, usare misericordia e generosi-tà nell’intraprendere iniziative,Uno stile che implica semplicità, letizia, gioia, trasparenza nelle relazio-ni, amicizia.Il terzo ambito del nucleo del nostro carisma fa riferimento all’aspetto

educativo d’istruzione delle fanciulle, il che implica 31:Attenzione all’aspetto scolastico,Attenzione all’ambiente educativo,Attenzione alla donna, soprattutto nella sua emarginazione, sociale ed intellettuale,Studio come promozione della donna all’interno dell’Istituto, non con ri-ferimento a titoli accademici, ma come modalità d’essere presenza atti-va all’interno dell’Istituto,Preparazione adeguata ai vari ambiti educativi, senza tralasciarne nes-suno.All’inizio l’Istituto era denominato «Pia Casa» 32 ed era una comunità di 

terziarie, facendo parte della comunità dei terziari della Basilica di San Fran-cesco; come tale esso non ha avuto nessuna approvazione da parte dell’auto-

29 Nella mia tesi varie volte ricordo l’audacia con cui le terziarie del Giglio hanno affrontato le situazioni drammatiche in cui si sono trovate, soprattutto durante le due soppressioni de-gli Ordini religiosi decretate da Napoleone e dallo stato italiano: cfr. NespoLi, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit., pp. 199-312.30 Cfr. Ibidem, pp. 522-526; cfr. anche seo, Il progetto di santità della «piccola adunanza»..., cit., pp. 110-120.31 Cfr. NespoLi, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi...., cit., pp. 615-622.32 Tra tutte le denominazioni che abbiamo trovato sia negli scritti del Fondatore che in quel-li del Comune e dell’Archivio Vescovile di Assisi e in altri documenti conservati nell’Archi-vio dell’Istituto, questa è quella più usata, con cui agli inizi è caratterizzata la comunità di suor Angela veneziana.

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rità religiosa, come si evidenzia bene nella controversia che la Casa ha avu-to con monsignor Ottavio dei Conti Ringhieri 33, vescovo d’Assisi, che nel 1740 chiedeva «con quale autorità dei suoi predecessori e sua fossero vesti-te le terziarie» 34.

A tal proposito abbiamo una lettera del padre Marcheselli a monsignor Ringhieri che spiega con chiarezza come le terziarie «del Giglio» siano par-te integrante del gruppo dei terziari della Basilica di San Francesco e, come tali, restino sotto la giurisdizione del padre Visitatore dei Frati Minori Con-ventuali, sottolineando che, proprio per questo motivo, i vescovi preceden-ti hanno ritenuto opportuno di non dare nessuna approvazione ufficiale alla «Pia Casa» 35.

Varie vicende hanno funestato la vita delle terziarie del Giglio nel cor-so dei secoli:

Una carestia, alla fine del ’700, costringe le terziarie a chiedere prestiti in denaro ai Frati Minori Conventuali del Sacro Convento 36 e ad alienare alcuni oggetti per la propria sopravvivenza 37. Esse sono materialmente aiutate da un prelato napoletano, don Camillo di Costanzo, ospite al Sa-cro Convento, il quale non permette però che si vestano altre giovani 38.

33 Per la controversia con monsignor Ringhieri e il problema giuridico dell’approvazione dell’Istituto: cfr. NespoLi, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit., pp. 132-148.34 Cfr. archivio deLLa curia vescoviLe di assisi (= AVA), AS-4, fasc. 170, la copia in: ASF-MA, Terziarie del Giglio. Monsignor Ringhieri. 3. 35 Cfr. ASFMA, Lettera responsiva a monsignor Ringhieri sopra la vestizione delle Terzia-rie del Giglio. Una copia, unico documento settecentesco, si trova in: AGO, Serie 17.a Suore francescane di Assisi, b. 1: Lettera responsiva all’istanza di Monsignor Ringhieri, che in ter-mini di sei giorni saper voleva con quale autorità de’ suoi predecessori e sua fossero vesti-te le Terziarie del Giglio. 1740, 19 settembre. Una copia della lettera si trova anche in: AVA, AS-4, fasc. 170-171, con le aggiunte dei riferimenti precisi ai vari documenti che il Marche-selli cita.36 Per la questione: cfr. NespoLi, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit., pp. 152-153.37  Ibidem, p. 154.38  Ibidem, pp. 155-157. Nelle sue memorie suor Marianna Fedele Guerrini ricorda il prelato napoletano: «Alli 18 di decembre del 1793 monsignor di Costanzo fece la traslazione di mol-te reliquie di santi, trasportandole dal suo altare esistente nel sagro convento e collocandole nell’arca dell’altare di questa Chiesa dedicata alla presentazione di Maria santissima [...]» – aggiungendo in un altro foglio – «Nel 1793 fu eletta Superiora suor Angela Margherita Ap-piani di Perugia; in tal tempo si trovò questa povera Congregazione cosi agravata da debiti

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La soppressione degli Ordini religiosi, decretata da Napoleone Bonapar-te, costringe le terziarie a rinunciare all’abito religioso ed alla proprietà delle loro case. La «Casa» non è però soppressa grazie alla scuola, con-siderata di pubblica utilità 39.Nel 1822 il ministro generale dei Frati Minori Conventuali rivede le Istruzioni del Fondatore: introduce i tre voti religiosi ed ottiene da papa Pio VII, per la «Pia Casa», il titolo di Monastero «per suo maggior de-coro» 40.La soppressione degli Ordini religiosi decretata dallo Stato Italiano nel 1860 con regio decreto di Napoleone Pepoli, commissario straordinario della regione Umbria, dà la possibilità alle suore di continuare la propria vita religiosa e la direzione della scuola fino a quando non si riducano a tre individui riconosciuti tali dallo Stato, il che avviene nel 1884 41. Nel marzo di quest’anno le terziarie sono intimate di lasciare la casa di fon-

e mancante di tutto, che era al punto di disciogliersi, ma il misericordiosissimo Iddio suscitò monsignor di Costanzo, prelato napoletano, e le fece tutto il bene sì per provederle il necessa-rio sostentamento che per il consumo della Chiesa, ma questo prelato, credendo certo che do-vesse chiudersi il luogo pio stante l’estrema povertà, pensò di soccorrere quelle che vi erano e non permisse che vestissero alcuna per quante giovani si presentassero: il che era di non poca afflizzione [sic!] alle religiose»: ASFMA, Sul principiar dello scorso secolo..., cit., p. 5.39  Ibidem, pp. 199-224.40  Ibidem, pp. 224-231. Riporto la lettera del ministro generale padre Giuseppe Maria De Bo-nis al papa Pio VII: «Beatissimo Padre, Fra Giuseppe Maria de Bonis Ministro Generale de Minori Conventuali umilmente rappresenta alla Santità Vostra, che è oramai un Secolo, che fu fondato nella città di Assisi un Luogo pio di religiose del terz’Ordine di S. Francesco, che osservano perfettamente la vita comune, e premessa la prova, e l’anno del Noviziato, che fan-no le giovani, vengono ammesse alla religiosa professione, ma con voti semplici. Non han-no rigorosa clausura, ma oltre la vita regolare, che menano, sono anche di molto vantaggio al prossimo per l’educazione, che danno alle Zitelle, che vi si portano a convivere, con una di-scretissima dozzena. Essendo perciò le suddette religiose immediatamente soggette al Gene-rale pro tempore de Conventuali (che, stante la lontananza, vi destina con sua patente un re-ligioso di quel Sacro Convento per assisterle nelle loro occorrenze, in qualità di Commissa-rio), perciò, qualora alla clemenza delle Santità Vostra cosi piacesse, bramerebbe l’Oratore che per consolazione delle religiose, e per maggiore decoro dello stesso luogo pio detto del Giglio avesse il titolo di Monastero»: AGO, Busta XXXIV 1, Suore Francescane Missiona-rie del «Giglio», B.41 Per la questione della soppressione italiana: cfr. NespoLi, L’Istituto delle Suore Francesca-ne Missionarie di Assisi..., cit., pp. 254-275.

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dazione e di ritirarsi nel monastero di Santa Chiara 42. Il Comune ha sta-bilito infatti di affidare lo stabile alla Congregazione di Carità con il fine di instaurare in esso un orfanotrofio maschile (per le clausole di una do-nazione fatta dal nobile assisano Sermattei). Suor Veronica di Gesù Cro-cifisso, superiora della Casa, non accoglie però l’offerta di ritirarsi con le sue suore nel monastero di Santa Chiara – perché esse non sono mona-che di clausura e non vogliono esserlo – e chiede una proroga per conti-nuare l’anno scolastico già iniziato e per poter trovare una sistemazione adeguata sia per le terziarie sia per le giovani in educazione. Lo sgom-bro avviene comunque nel marzo del 1887, anno in cui le terziarie sono costrette a lasciare la casa di fondazione ed a trasferirsi in alcune case in via Superga (poi Principe di Napoli ed oggi via San Francesco) che nel frattempo avevano comperato e che costituiranno la nostra attuale Casa Madre 43.Nel 1902 la «Pia Casa» si apre alle missioni per opera del ministro gene-rale dei Frati Minori Conventuali, padre Lorenzo Caratelli, che chiede a suor Maddalena Martini, nuova superiora della Casa, di aprire una scuo-la per le ragazze a Kara-agatch 44. La Casa si trasforma in un vero Istitu-

42 Infatti il 20 marzo 1884 il Ricevitore dell’Ufficio del Registro di Assisi invia una lette-ra perentoria a suor Veronica imponendo di lasciare entro un mese il fabbricato: «Per ordine del Ministro di Grazia, Giustizia e Culti debbo ordinare a tutte le persone religiose o secola-ri, che abusivamente abitano in codesto Ex Monastero, mentre non appartenevano al mede-simo al momento della soppressione, di sgombrare dal locale del Chiostro entro un mese da oggi, senza speranza d’ulteriore dilazione, diffidandole che trascorso il 20 aprile senza che abbiano operato lo sgombro, sarò costretto ad operare il detto sgombro a mezzo della coer-cizione. Voglia V. S. darmi cenno di ricevuta della presente»: ASFMA, carta sciolta inventa-riata, Ordine di sgombro, Ufficio del Registro di Assisi, n. 334 c. VII, s. 2. Oggetto: sgombro dal Chiostro delle persone abusivamente coabitanti, indirizzata a R.ma Madre Superiora del-l’Ex Monastero del Giglio, Assisi, 1884 marzo 20. 43 Per la questione della perdita della casa di fondazione in via San Giacomo: cfr. NespoLi, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit., pp. 275-297.44 La lettera è del 16 febbraio 1902: «…io nella speranza di ottenere i necessari permessi dal-la S. Congregazione di Propaganda Fide sono venuto alla determinazione (non senza qual-che timore per l’orizzonte politico sui Balcani poco rassicurante) di fare, mediante cotesto P. Custode, a Lei, Rev.ma Madre, e a tutte coteste nostre Suore del Giglio la proposta seguente: Di recarsi cioè alcune di esse (due o tre oltre qualche conversa) nella detta Missione di Co-stantinopoli, e precisamente in Cara-agatch, nuovo centro di seimila cristiani, di cui ben sei-cento cattolici, presso la ferroViaria stazione di Adrianopoli, per fondarvi una piccola Casa con una piccola adiacente Cappella pubblica di esse Suore, distante circa 300 passi dalla no-stra Chiesa parrocchiale, allo scopo di tenervi un asilo diurno di bambini e bambine, e l’inse-gnamento, per le fanciulle, della nostra lingua italiana, senza però omettere quello della fran-

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to religioso con più case e con un ordinamento adeguato 45.Nel 1903 si ha il primo capitolo generale in cui è eletta superiora genera-le la madre Martini che, recandosi in missione, lascia ad Assisi una Pre-sidente per guidare la comunità assisana 46.

cese e tedesca. Ma per queste due lingue straniere non sarà difficile potersi, pel momento, va-lere dell’opera di Signore secolari»: AGO, Busta XXXIV 1 bis, Suore Francescane Missiona-rie «del Giglio», lettera del padre Caratelli alla Superiora del Giglio in data: Roma, SS. XII Apostoli, 1902 16 febbraio (Si tratta di una minuta della lettera cui il padre Caratelli, di pro-prio pugno aggiunge delle correzioni). Copia della lettera si trova in AVA, Busta del Giglio, dove è inserito un «N.B.» in cui la madre Martini afferma di avere eseguito quanto richie-sto dal ministro generale e che, nel Capitolo, non c’è stato bisogno di nessuna urna, perché l’opinione è da ciascuna esposta con tanta franchezza e si trova tanta spontanea adesione, che si decide che ognuna, in fondo all’Atto, oltre al proprio nome possa mettere tutto quello che vuole. L’accettazione è compiuta da tutte, salvo talune suore anziane che esprimono tornare loro impossibile il recarsi in missione per l’età avanzata. La maggior parte dei documenti di questo secolo provengono dall’Archivio della Curia Generale dei Frati Minori Conventuali; dobbiamo però avvertire che, dopo il generalato del padre Caratelli, i documenti inerenti al-l’Istituto del Giglio sono stati semplicemente conservati e non adeguatamente inventariati. Difatti si trovano sotto la denominazione «Suore del Giglio», senza specificare di quale ar-gomento si tratti, e molte volte è riportata solo la dicitura «Lettere» e l’anno in cui sono sta-te ricevute. Questo ci ha costretto a leggere tutti i documenti per renderci conto di quale ar-gomento si trattava, impegnandoci per lungo tempo; molte volte la documentazione risulta lacunosa, forse perché alcune sono state inviate senza conservare una minuta o non sempre correttamente conservate. Alcune lettere sono protocollate ed altre no, per cui ci scusiamo se la citazione risente di queste lacune. 45 Il 16 aprile il padre Generale invia un’ulteriore lettera alla madre Martini, in cui presenta il progetto di riorganizzazione del monastero: da una sola casa esistente in Assisi si passa ad avere un’altra casa in Adrianopoli e si spera che ve ne siano altre sia in Oriente sia in Ame-rica, per cui c’è bisogno di un organismo più ampio, «quello cioè proprio di una nascente Congregazione, composta da più case religiose del medesimo Istituto»: AGO, Busta XXXIV 1 bis..., cit., allegato G (minuta), lettera del padre Caratelli alla Superiora del Giglio, in data: Roma, SS. XII Apostoli, 1902 aprile 16; copia della lettera si trova in AVA, Busta del Giglio, inventariata come documento N. 3.46 Dopo la lettera del padre Caratelli, le suore si radunano in capitolo e sono chiamate a vota-re le suore che dovranno prendere il governo della Casa e quelle che dovranno recarsi in mis-sione. Il 9 maggio 1902 il padre generale invia a tutte le sorelle del Giglio l’esito della loro votazione: su 14 schede spedite cinque rimettono la nomina delle cinque suore al definitorio generale, «le nove residue, relativamente alla Superiora della Congregazione, sono distribui-te così: una per Suor Angelica, una per Suora Paolina, una per Suora Ludovica. Le altre sei sono: tre per Suora Maria Caterina Nardocci e tre per Suor Maria Maddalena Martini. Il De-finitorio adunque si è trovato a scegliere tra le due ultime. E siccome Suora Caterina per una certa sua età non potrebbe andare all’estero o altrove a grandi viaggi, come per le nuove fon-

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Nel 1911, per alcune questioni sorte all’interno della comunità assisana, la Sacra Congregazione dei Religiosi decide di affidare il governo del-l’Istituto al ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori Conventua-li 47.Nel 1919 c’è una nuova apertura missionaria in Romania, per richiesta del padre Ulderico Cipolloni 48.

dazioni si esige dalla nuova Madre Superiora; perciò il Definitorio ha creduto bene di nomi-nare Suora Maria Maddalena Martini Superiora della Congregazione, e per Suora Presiden-te del Giglio ha nominato Suor Maria Caterina Nardocci. Tanto più il Definitorio ha credu-to bene di porre quest’ultima, come più accetta a presiedere il Giglio, in quanto che ha inol-tre avuti quattro voti, cioè i più, per questo ufficio, oltre due voti per essere Vicaria. Per Suo-ra Vicaria del Giglio dal Definitorio è stata nominata Suor Maria Angelica Rinaldi, la quale dopo le due suddette ebbe maggiori voti; cioè due per Presidente e tre per Vicaria del Giglio, oltre uno per Superiora della Congregazione. Per la Presidente di Adrianopoli i voti sono estremamente divisi, posto che quelli dati alla Martini cessano pel fatto della elezione della medesima a Madre Superiora. Quindi il Definitorio ha creduto bene nominare da sé la detta Presidente, e l’ha nominata nella Suora Maria Teresa Ajelli; per Vicaria di Adrianopoli il De-finitorio ha nominata la Suora Maria Lodovica Bindangoli, la quale per siffatto ufficio ebbe il maggior numero di voti, cioè quattro»: Busta del Giglio..., cit., documento inventariato come N. 5, lettera in data: Roma, SS. XII Apostoli, 1902 maggio 9. Per tutta la questione: cfr. Ne-spoLi, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit., pp. 336-344.47  L’apertura missionaria, come prevedeva già il padre Caratelli, porta uno scompiglio nella vita delle suore della comunità di Assisi che si sentono forse depauperate della loro identità e un po’ anche confuse di fronte alle novità prospettate dal padre generale che, nel frattem-po, sono messe in esecuzione a volte senza conoscerne bene le modalità, come accade in ogni istituzione nuova, in cui gli inizi comportano dei tentativi non sempre ben riusciti. La ma-dre Martini, spinta dall’entusiasmo dell’apertura missionaria, vuole imporre un quarto voto, quello di recarsi in missione ad un cenno dei Superiori, ma la norma non è accolta da tutte le altre suore. Per questo e per altre questioni interne la presidente della Casa di Assisi ricorre alla Sacra Congregazione dei Religiosi che affida la questione al ministro generale dei Fra-ti Minori Conventuali e decreta che l’Istituto sia sotto la giurisdizione del detto ministro. Per tutta la questione: cfr. Ibidem, pp. 348-379.48 La richiesta è fatta dal padre Ulderico Cipolloni, con il permesso del padre generale, pa-dre Tavani, per la direzione di due orfanotrofi, uno ad Halauceşti e l’altro ad Huşi, fondati per opera del detto frate minore conventuale durante la prima guerra mondiale poiché, nella pri-mavera del 1917, compare tra popolazione il tifo esantematico che miete molte vittime - so-prattutto tra le donne - e molti bambini restano orfani. Abbiamo trovato le notizie sull’inizio degli orfanotrofi in una memoria scritta da padre Anton Demēter, in ASFMA, Piccola storia delle Suore Francescane Missionarie di Assisi di Romania, 1916-1948; 1937-1991. Le me-morie sono in un quaderno manoscritto (con le pagine non numerate); nell’ultima pagina c’è l’annotazione: «Redatto oggi 13 novembre 1991 in Barticeşti da p. Anton Demēter». Questo padre ci fa sapere che già nel 1908 i frati minori conventuali volevano portare alcune suore

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Nel 1924 il padre Tavani, ministro generale, decide di nominare una su-periora generale nella persona di suor Imelde Paregger, che guiderà l’Isti-tuto fino alla sua morte avvenuta nel 1945, anche se sempre sottoposta alla guida del ministro generale 49.Nel 1934, per proposta della Sacra Congregazione dei Religiosi, sono approntate le nuove costituzioni dell’Istituto che sono approvate dalla Santa Sede il 30 luglio: è la prima approvazione ufficiale dell’Istituto con la denominazione Istituto delle Suore Francescane Missionarie del

francescane perché iniziassero delle opere di carità in loco, soprattutto nella Moldavia, dove c’erano tante giovani desiderose di essere religiose, ma che non volevano lasciare la loro ter-ra. Difatti fino ad allora se entravano in un Istituto venivano portate via dalla loro patria. Per questo il padre Ulderico Cipolloni, superiore provinciale dei Frati Minori Conventuali di Ro-mania, comincia nel 1914 a raccogliere soldi per fondare ad Halauceşti un ospedale ed un or-fanotrofio, su proposta del parroco padre Francisc Matas. Viene chiamata una suora polacca, suor Elena Jerlifaj, che si trovava nel paese a causa degli avvenimenti politici. Dopo la guer-ra si aprono le frontiere e suor Elena ritorna nella sua patria ed occorrono delle religiose che prendano la direzione degli orfanotrofi e la cura della candidate alla vita religiosa. Il padre Ci-polloni fa allora la proposta alle suore del Giglio nell’autunno del 1919 e sono inviate quat-tro suore: suor Maria Ludovica Bindangoli, suor Maria Pia Appetito, suor Maria Antonietta Galli, suor Maria Rita Lilla. La Bindangoli è inviata come Superiora ad Huşi, mentre la Gal-li è Superiora ad Halauceşti, quest’ultima lavora tutti i tipi di fiori artificiali, con i quali orna tutti gli altari delle chiese della Moldavia: cfr. Ibidem, Piccola storia delle Suore Francesca-ne Missionarie di Assisi di Romania..., cit.49 Il 19 febbraio 1924 il padre Domenico Maria Tavani, desideroso dell’incremento dell’Isti-tuto (che ha ormai sei case: due in Italia, Assisi e Loreto; due in Romania; due in Oriente), vuole che le suore, unite ed in pieno accordo, possano governarsi con una direzione propria. Per questo, con tre mesi di anticipo, ordina che nelle singole case siano fatte preghiere spe-ciali prima di procedere all’elezione della Superiora Generale e di quattro Assistenti: «In que-sto, 19 febbraio giunge una lettera circolare (che verrà conservata in Archivio) con la nomi-na a Superiora Generale: suor Maria Imelde Paregger, Superiora a Dédéagatch, 1ª Assistente: suor M. Bonaventura Fiumi, Superiora in Assisi, 2ª Assistente: suor M. Lodovica Bindangoli, Superiora a Huşi, 3ª Assistente: suor Edwige Venanzi, Superiora a Loreto; 4ª Assistente: suor Gunegonda Politi. Tutte rimarranno in carica un intero sessennio. Alle nuove elette il Rev.mo P. Generale, invia la Serafica Benedizione»: Ibidem, Registro Memorie Istituto, Verbali deli-berazioni dal 1882- 1953, p. 100. Non si tratta di una vera e propria elezione, ma semplice-mente di una nomina fatta dal ministro generale dei Frati Minori Conventuali, in modo che le suore possano iniziare ad avere un governo proprio, rispondente anche alle Costituzioni che sono state approvate per un esperimento ad triennium. La madre Paregger, tuttavia, continua-mente si riferisce al ministro generale per qualsiasi evento della famiglia religiosa; ne fanno fede le tante lettere inviate sia al ministro generale, sia al procuratore generale e fedelmente custodite nell’Archivio della Curia Generale dei Frati Minori Conventuali.

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Giglio, dal cognome della Fondatrice 50. Nel 1950, per proposta di pa-dre Vittorio Costantini, ministro generale dei Frati Minori Conventuali, l’Istituto si apre ad altre realtà missionarie in Australia, Giappone, Zam-bia, Brasile, Stati Uniti, Croazia, affiancando i frati nel servizio che svol-gono in questi paesi. L’istituto si avvia ad assumere l’aspetto internazio-nale che lo caratterizza fino ad oggi 51.Nel 1977 suor Enrica Dandolo, superiora generale, chiede ed ottiene dal cardinale Eduardo Pironio, Prefetto della Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari, di poter cambiare la denominazione dell’Istituto as-sumendone l’attuale di Suore Francescane Missionarie d’Assisi 52.

50 Il decreto di approvazione n. 4862/34 A.74 afferma che il papa Pio XI «nell’udienza con-cessa al Rev.mo Segretario della S. Congregazione dei Religiosi il giorno 30 luglio 1934, be-nignamente si degnò approvare e confermare in forma definitiva le dette Costituzioni, la cui copia autentica si conserva nell’Archivio della stessa S. Congregazione, come in forza del presente decreto tali Costituzioni vengono definitivamente approvate e confermate»: AGO, Suore del Giglio 1934-1935, copia del decreto in data: Roma, 1934 luglio 30; copia si trova in ASFMA, Cartella Riconoscimento giuridico, procure originali.51 In questo periodo ci sono altre aperture anche in Italia: a Teramo, a Monselice, ad Anco-na, a Capodacqua (Foligno), a Buso Sarzano (Rovigo), a Palombella (Ancona), ad Assisi (Nido Francescano per le ragazze orfane), a Bagnoregio, a Longiano, a Rogliano in Calabria, a Roma (collegio San Giacomo), a Faenza, a Subbiano (Arezzo), a Porto d’Ascoli, a Porti-ci (Napoli) per l’assistenza ai Frati Minori Conventuali, a Roma per una clinica chirurgica, a Roma alla Vigna e all’EUR per l’assistenza ai Frati Minori Conventuali, a Padova per l’orfa-notrofio maschile. Si ha poi la «fusione» con quattro suore dell’Istituto Suore Adoratrici della Croce, dimoranti ad Ottaviano: per tutta la questione cfr. NespoLi, L’Istituto delle Suore Fran-cescane Missionarie di Assisi..., cit., pp. 439-443. Il padre Costantini, nel 1956, scrive una lettera circolare a tutti i ministri provinciali ed ai commissari generali in cui chiede esplicita-mente di curare l’Istituto del Giglio, inviare vocazioni e fare in modo che, dove sono i frati, vi siano anche le suore del Giglio: AGO, Busta LI, Suore del Giglio 1957 «Lettere», lettera del padre Costantini a tutti iministri provinciali e commissari generali (n. prot. 318/57, circo-lari del padre Generale) in data: Sydney, 1956 novembre 1 (in latino). La prima apertura mis-sionaria è in Australia, le suore sono presenti dal 16 agosto 1957 fino al luglio 1978 (notizie attinte dalla memoria di suor Silvana Bavetta: cfr. ASFMA, Memoria Australia, carte sciolte non inventariate). Per la chiusura della missione australiana cfr. Ibidem, Registro dei Verbali delle Convocazioni del Consiglio Generale dal gennaio 1974 all’11 novembre 1984, in data: Assisi, 1978 luglio 17, verbale n. 60, pp. 134-135. Per le varie aperture nel mondo: cfr. Ne-spoLi, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit., pp. 446-469. 52 Cfr. ASFMA, Cartella Riconoscimento giuridico, procure originali..., cit., lettera della su-periora generale al cardinale Pironio in data: Assisi, 1977 settembre 30, prot. n. 118/77; e cfr. Ibidem, Decreto della Congregazione, carta sciolta in data: Roma, 1977 ottobre 21, prot. n. 42608/73, decreto prot. n. 145/77.

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Nel 1980 si ha un’altra apertura missionaria, in Korea del Sud, per pro-posta dei Frati Minori Conventuali della provincia patavina 53; seguono poi quella delle Filippine nel 1996, per proposta dei Frati Minori Con-ventuali della provincia napoletana 54 e quella della Russia nel 2000, per proposta dei Frati Minori Conventuali della provincia polacca 55.L’Istituto è adesso suddiviso in province, viceprovince, delegazioni (ge-

nerali e provinciale):Province: Brasile 56, Croazia 57, Italia 58, Korea (questa provincia si è

aperta da poco alla realtà della Cina e dell’Indonesia), Zambia 59 (questa pro-

53 Per l’apertura in Corea: cfr. Ibidem, Registro dei Verbali delle Convocazioni del Consiglio Generale dal gennaio 1974 all’11 novembre 1984, in data: Assisi, 1979 gennaio 29, verba-le n. 66, pp. 146-147; verbale n. 67, del 19 marzo 1979, p. 148; verbale n. 68, in data: Assisi, 1979 maggio 6, p. 152; Ibidem, Missione in Corea, dattiloscritto redatto dalle suore coreane per una futura storia dell’Istituto, Seoul 1998. Ibidem, decreto erezione della provincia corea-na, in data: Assisi, 2001 ottobre 20, prot. 40 bis/01.54 Cfr. Ibidem, Registro dei Verbali delle Convocazioni del Consiglio Generale dal novembre 1994 al giugno 2003, non numerato, verbale n. 225, in data: Assisi, 1994 novembre 18; inol-tre: Ibidem, Storia della missione delle Filippine, dattiloscritto redatto dalle suore delle Filip-pine per una futura storia dell’Istituto, Manila: 1998 marzo 31.55 Cfr. Ibidem, Registro dei Verbali delle Convocazioni del Consiglio Generale dal novem-bre 1994 al giugno 2003..., cit., verbale 287 in data: Assisi, 2000 novembre 22. Cfr. Ibidem, verbale 289, in data: Assisi, 2001 gennaio 19; cfr. Ibidem, verbale 296, in data: Assisi, 2001 agosto 24; cfr. Ibidem, verbale 306, in data: Assisi, 2002 agosto 7; cfr. Ibidem, verbale 310, in data: Assisi, 2002 novembre 3; cfr. Ibidem, verbale 311, in data: Assisi, 2003 febbraio 6; cfr. Ibidem, verbale 312, in data: Assisi, 2003 marzo 22; verbale 313 in data: Assisi, 2003 giu-gno 9 e 20; cfr. Ibidem, lettera della madre generale all’arcivescovo di Mosca, in data Assi-si: 2003 giugno 24, prot. n. 31/03. 56 Il Brasile è eretto a provincia durante il capitolo generale del 1995: cfr. Ibidem, Decreto di erezione della provincia brasiliana, in data: Assisi, 1995 luglio 13, prot. 66/95.57 La provincia croata ha una storia particolare perché nasce per intervento di un frate mino-re conventuale, padre Pijo Polonio, che accoglie una giovane, Slavica Caharija, che sente il desiderio di consacrarsi al Signore; non potendo però, per la situazione politica, trasferirsi in Italia, è affidata al padre Mariano Zugaj, che cura la sua formazione religiosa e le fa conosce-re le Costituzioni del nostro Istituto: cfr. Ibidem, La storia della fondazione della comunità delle Suore Francescane Missionarie del Giglio, in Croazia, dattiloscritto redatto dalle suo-re croate per una futura storia delle missioni dell’Istituto, Zagabria 1998. È eretta a provin-cia nel capitolo generale del 1989: cfr. Ibidem, decreto di erezione della Provincia Croata, in data: Assisi settembre 2, prot. 102/89. 58 L’Italia è eretta a provincia nel capitolo generale del 1989: cfr. Ibidem, decreto erezione della Provincia Italiana, in data: Assisi, 1989 agosto 2, prot. 96/89. 59 Lo Zambia è eretto a provincia durante il capitolo generale del 1989: cfr. Ibidem, decreto di erezione della provincia zambiana, in data: Assisi, 1989 settembre 2, prot. 101/89.

12.

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vincia ha aperto la delegazione provinciale del Kenya).Viceprovince 60: Giappone (le suore giapponesi da poco hanno preso

contatto con alcune giovani vietnamite), Romania (le suore di questa provin-cia da poco hanno aperto una casa nella repubblica di Moldova in Russia), Stati Uniti.

Delegazioni generali delle Filippine e della Russia.Delegazione provinciale del Kenya 61.Durante tre secoli di storia, l’Istituto delle Suore Francescane Missiona-

rie d’Assisi ha subito molte trasformazioni: c’è stato un cammino lento e fa-ticoso che, iniziato con l’istituzione della «Pia Casa» (una piccola esperienza di poche terziarie dedite all’educazione delle fanciulle e con l’intento di vi-vere in modo perfetto gli ideali del Terz’Ordine francescano) ha portato, un po’ alla volta, all’attuale configurazione della stessa in Istituto Internaziona-le. Le difficoltà, come abbiamo cercato di narrare, sono state innumerevoli sia all’interno della comunità, sia all’esterno, dovute sia al vescovo locale, sia a mutate condizioni sociali e politiche. Figure di religiose mai conosciute pri-ma sono emerse nel corso della storia poiché hanno saputo accogliere il seme gettato dal padre Marcheselli e dalla madre Angela del Giglio, hanno saputo custodirlo e farlo fruttificare. Esse sono religiose che hanno saputo accogliere ed interpretare, secondo le esigenze dei tempi, il progetto della Fondatrice di creare una nuova realtà all’interno del Terz’Ordine francescano, dedita in par-ticolare all’educazione della donna. E non possiamo qui non ricordare l’ope-ra di suor Angelina Pani, che amplia i servizi delle terziarie a beneficio di fa-miglie bisognose d’Assisi e con fermezza difende la paternità dei Frati Mi-nori Conventuali rispetto alle stesse terziarie 62; suor Eulalia Tamacoldi, che conserva le memorie della «Pia Casa» per l’edificazione delle future suore 63; 

60 Cfr. Costituzioni delle Suore Francescane Missionarie di Assisi, art. 186 § 2: «La vice-provincia che, per l’assenza di uno o più requisiti non può essere eretta in provincia, è un or-ganismo equiparato alla provincia, a norma delle Costituzioni. Quanto è detto della provin-cia e del suo governo si applica anche alla viceprovincia e al suo governo, salvo norme di-verse»: p. 135.61 La missione keniota nasce su richiesta del padre Lanfranco Serrini che, nella qualità di ministro generale dei Frati Minori Conventuali, fa la proposta alla madre Dandolo, superio-ra generale, e al suo consiglio di aprire una comunità in Kenya. Proposta che la madre gene-rale fa alle suore dello Zambia: cfr. NespoLi, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit., p. 463.62 Cfr. Ibidem, pp. 132-147.63 Cfr. Ibidem, pp. 148-154.

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suor Appiani 64 e suor Guerrini 65 che, con tenacia, superano le grandi diffi-coltà economiche in cui si trova la Casa nel periodo napoleonico; suor Vero-nica di Gesù Crocifisso 66 che, con un’audacia sorprendente e con un’umiltà profonda, conduce la Casa lungo i difficili sentieri createsi con la soppressio-ne degli Ordini religiosi decretata dallo Stato italiano; suor Maddalena Marti-ni 67 che, con entusiasmo, accoglie la proposta di una prima apertura missio-naria da parte del ministro generale dei Frati Minori Conventuali, padre Lo-renzo Caratelli, e porta avanti con tenacia questa nuova configurazione, no-nostante ingiurie e difficoltà d’ogni genere; suor Imelde Paregger 68 che dà solidità alla «Pia Casa», portandola ad essere un Istituto religioso; suor Cleo-fe D’Aristotile 69 che, con l’aiuto del ministro generale dei Frati Minori Con-ventuali padre Vittorio Costantini, inizia la configurazione della Casa in Isti-tuto Internazionale.

La storia della «Pia Casa» continuamente si intreccia con quella dei Fra-ti Minori Conventuali che, durante tre secoli di vita, non hanno mai cessato di curare la «pianticella» del padre Marcheselli e, anche grazie alla loro opera, la «Pia Casa» è riuscita a superare periodi di grandi crisi interne ed esterne. Una storia che non è conosciuta appieno! Sembrava quasi che l’Istituto non aves-se una storia da raccontare; questa storia invece esiste e va approfondita ulte-riormente per cogliere le sfumature che caratterizzano le religiose come Suo-re Francescane Missionarie di Assisi, in modo tale da poter essere significati-ve nell’attuale società.

Alcune considerazioni sull’Archivio Storico 70

L’Archivio Storico delle Suore Francescane Missionarie di Assisi 71 – già del Giglio – è fisicamente conservato in alcuni armadi nella casa madre di Assisi, in via San Francesco: si tratta di un complesso documentario sostan-zialmente intatto, che raccoglie la documentazione di tre secoli di storia del-l’Istituto, dalla fondazione ai nostri giorni; una delle peculiarità di questo fon-do, infatti, è che i suoi documenti sono stati prodotti, acquisiti e conservati

64 Cfr. Ibidem, pp. 155-156.65 Cfr. Ibidem, pp. 211-223.66 Cfr. Ibidem, pp. 240-311.67 Cfr. Ibidem, pp. 324-394.68 Cfr. Ibidem, pp. 395-427.69 Cfr. Ibidem, pp. 435-469.70  A cura di cristiNa roccaforte.71  archivio storico deLLe suore fraNcescaNe missioNarie di assisi (= ASFMA).

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sempre presso lo stesso ente 72, a differenza di numerosi archivi di altri Istitu-ti, dispersi o incamerati a seguito delle vicende napoleoniche e delle soppres-sioni dello Stato italiano. 

Nell’archivio sono conservate circa 850 «unità» – comprendenti fascico-li e carte sciolte («raccolti» in 31 buste), una decina di vacchette di legati ed una ventina di registri – già schedate singolarmente con criteri che potrem-mo definire bibliografici piuttosto che archivistici 73. Recentemente è poi sta-to scoperto – o meglio riscoperto – un «archivio morto», che deve ancora es-sere esaminato 74. I documenti datano dalla fine del XVII secolo. La caratte-ristica della «continuità» nella produzione e conservazione, peculiare di que-sto archivio, non è stata finora opportunamente valorizzata né salvaguardata: l’archivio non è mai stato considerato nella sua complessità, né esiste un luo-go ad esso destinato ed adeguato alla conservazione; mutuando le parole di padre Luciano Bertazzo, che questo archivio ben conosce per le ricerche spe-cifiche sul fondatore che vi ha condotto, esso raccoglie «carte “religiosamen-te” conservate solo perché legate alla storia delle origini» 75.

E l’approccio a questi documenti è stato infatti finora quasi esclusiva-mente incentrato sui contenuti delle singole unità; finalizzato cioè alla rico-struzione storica ed erudita delle origini e delle vicende dell’Istituto 76, a pre-

72 L’archivio dell’Istituto ha subito un solo trasferimento dalla casa di fondazione in via San Giacomo n. 5 all’attuale Casa Madre in via San Francesco n. 13. Cfr. NespoLi, L’Istituto del-le Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit., pp. 275-297. 73 L’archivio non è mai stato riordinato né inventariato secondo adeguati criteri scientifici. Dal 1998 vi sono stati alcuni tentativi di schedatura, al fine di avere almeno un censimento approssimativo dei documenti conservati, da parte di padre Luciano Bertazzo OFMConv, e, successivamente, da suor Lucia Nespoli e suor Maria Terezija Caharija. I documenti sono sta-ti suddivisi considerando la fattispecie estrinseca, distinguendo cioè tra «carte sciolte» e ge-nerici «registri». Le «carte sciolte» sono poi state spesso schedate singolarmente, descriven-done minuziosamente i contenuti, e successivamente «raccolte», per argomento, in 31 buste: da questa operazione di schedatura risulta, appunto, la considerevole consistenza quantitativa - del tutto «sproporzionata» per un archivio di questo tipo - di circa 850 «unità». 74 Non siamo in grado di fornire alcun dato quantitativo né qualitativo su questo giacimento documentario, conservato all’interno di un armadio, che le suore definiscono «archivio mor-to» e che non abbiamo avuto la possibilità di analizzare.75 L. Bertazzo, I fondatori e la piccola adunanza, in Raccontando la tenerezza di Dio, Atti del Convegno di Spiritualità (Assisi, 15-18 maggio 2003), Assisi 2004, p. 55.76 Tra i numerosi studi specifici condotti sull’Istituto e sui fondatori ricordiamo: g. aBate OFMConv, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie del Giglio in Assisi, Assisi 1929; L. BerardiNi OFMConv, Dalle rive del Po ad Assisi. Biografia del Servo di Dio p. Giu-seppe Antonio Marcheselli, Padova 1966; g. odoardi OFMConv, Del Giglio Angela Ma-

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scindere da ogni tentativo di comprensione delle dinamiche che articolano i singoli documenti in complesso di documenti, legati fra loro reciprocamente da un vincolo originario 77. 

La stessa suor Lucia Nespoli rimarca questa tendenza nella introduzio-ne alla sua tesi di dottorato, quando afferma: «La presenza di tanti documenti ancora ripiegati e legati con un filo di cotone o di spago e che nessuno aveva mai preso in mano, il rendersi conto della loro preziosità, della storia che po-tevano raccontare, ci ha spinto ad approfondirne il contenuto» per «intessere una storia documentata dell’Istituto» 78.

Padre Luciano Bertazzo aveva notato, analizzando i primi documenti, che «la mens di questo fondo archivistico fu il Marcheselli stesso. Sua è la scrittura di molti registri, con la sola sottoscrizione di suor Angela del Giglio, segno di una preoccupazione di tenere la “memoria” della vita della casa, a scanso di equivoci e malintesi futuri, ma anche perché la preoccupazione di una chiarezza e limpidità economica, verificabile nei registri, costituiva un fondamento del modo con cui veniva vissuta la povertà nell’Ordine Fran-cescano Conventuale» 79. L’archivio delle Suore Francescane Missionarie è sorto quindi – come tutti gli archivi – in modo spontaneo, ma in un certo sen-so anche «pianificato» dal fondatore, che diede precise istruzioni per regola-

ria, in DIP, III (1976), coll. 423-425; g. odoardi OFMConv, Marcheselli Giuseppe Anto-nio, in DIP, V (1978), coll. 898-900; g. zaccaria ofmConv, Notizie per la biografia della serva di Dio Angela Maria del Giglio, in Ricerche di archivio. Assisi. Pagine sparse, Assisi 1972; L. Bertazzo, P. Giuseppe Antonio Marcheselli..., cit.; L. Bertazzo, Il p. Giuseppe An-tonio Marcheselli (1676-1742). Un francescano conventuale nell’Assisi del ’700 cofondato-re del «Conservatorio del Giglio», «Il Santo. Rivista francescana di Storia Dottrina Arte», 39 (1999), pp. 243-395; seo, Il progetto di santità della «piccola adunanza» di padre Giuseppe Antonio Marcheselli..., cit.; a. zugNo, La formazione nell’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi dalle origini ad oggi, tesi di licenza presso la Pontificia Università La-teranense, Istituto di Teologia della Vita Consacrata, Claretianum, Roma 2000; g. de roma, Assisi. Incontri che si fanno storia, Padova 2001; NespoLi, L’Istituto delle Suore Francesca-ne Missionarie di Assisi..., cit. I manoscritti del fondatore conservati presso l’Istituto, alcuni registri e numerose carte sono poi stati integralmente trascritti per fini di ricerca.77 Al contrario, queste dinamiche sono state non di rado «alterate» poiché, utilizzando i docu-menti con finalità puramente culturali e mancando qualsiasi tipo di ordinamento e di mezzo di corredo, essi sono spesso stati estrapolati arbitrariamente dai fascicoli originari e ri-classi-ficati per questo fine esclusivo. Mi sembra superfluo rimandare, in questa sede, a riferimenti bibliografici sull’ordinamento secondo il metodo storico. 78  NespoLi, L’Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Assisi..., cit., p. 7.79  Bertazzo, P. Giuseppe Antonio Marcheselli..., cit., p. 204, nota 110.

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re la vita della nuova comunità di Terziarie francescane guidate da suor An-gela Maria del Giglio.

Giuseppe Antonio Marcheselli, come ha spiegato suor Lucia Nespoli, ar-rivò ad Assisi nel 1701 80 e al Sacro Convento di San Francesco egli ricoprì, tra le varie cariche pro tempore, proprio quella di cancelliere ed archivista 81. Un parallelismo con l’organizzazione del Sacro Convento è quindi d’obbligo, specialmente considerando proprio come nel Seicento e soprattutto nel Set-tecento si precisassero le normative per una migliore conduzione ed ammi-nistrazione di quell’ente e per una corretta gestione e conservazione dell’ar-chivio, che avrebbe assunto quell’impianto seriale che ancora oggi gli è pro-prio 82. E l’impianto seriale del Sacro Convento è il modello cui si riferisce il Marcheselli quando pianifica la creazione e la gestione dei documenti del-la pia Casa del Giglio.

Il fondatore ha lasciato nella Casa madre alcune Istruzioni, giunte in quattro diverse edizioni 83, per spiegare e contestualizzare storicamente la Regola del Terz’Ordine istituito da san Francesco, e per l’avvio ed il buon funzionamento della nascente Congregazione. Queste istruzioni, come con-fermato più volte dal Marcheselli stesso e dai successivi visitatori del Ter-

80 Vale la pena, per «captatio benevolentiae», ricordare in questa sede che il fondatore del-la «pia Casa» del Giglio proveniva dalla «custodia parmense» della «Provincia bolognese» e che condusse i suoi studi proprio a Ravenna, nel convento di San Francesco, dove sicura-mente dimorò dal 1694 al 1699 e dove fu ordinato sacerdote dall’arcivescovo Raimondo Fer-retti il 13 giugno 1699. archivio di stato di raveNNa, Corporazioni soppresse 1850, c. 52r; archivio deLLa curia arcivescoviLe di raveNNa, Ordinationes 1692-1721, c. 56v; cfr. Ber-tazzo, P. Giuseppe Antonio Marcheselli..., cit., pp. 110-112.81 Si veda, in questo testo, la nota 9. Numerose tracce rimangono a testimoniare, tra i docu-menti dell’Archivio Storico del Sacro Convento di Assisi a lui coevi, l’attività del Marche-selli come cancelliere ed archivista. Cfr. Bertazzo, P. Giuseppe Antonio Marcheselli..., cit., p. 146; Inventario e regesti dell’Archivio del Sacro Convento d’Assisi.., cit., pp. XXIV-XXV.82 Cfr. almeno: Inventario e regesti dell’Archivio del Sacro Convento d’Assisi..., cit., pp. VII-LI; s. Nessi, La Basilica di S. Francesco in Assisi e la sua documentazione storica, Assisi 1982 (Il miracolo di Assisi. Collana storico-artistica della basilica e del sacro convento di S. Francesco - Assisi, 5); g. zaNotti, Assisi. La Biblioteca del Sacro Convento, Assisi 1990 (Il miracolo di Assisi. Collana storico-artistica della basilica e del sacro convento di S. France-sco - Assisi, 8), pp. 163-175. Mi permetto inoltre di rimandare ad un mio precedente interven-to sull’argomento: c. roccaforte, L’archivio del Sacro Convento di San Francesco in Assi-si: legislazione ed evidenze documentarie, in Cum tamquam veri. Gli archivi conventuali de-gli ordini maschili, Atti dei convegni di Spezzano (16 settembre 2005) e di Ravenna (30 set-tembre 2005), a cura di E. aNgioLiNi, Modena 2006, pp. 85-103. 83 Cfr., in questo testo, la nota 14.

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z’Ordine, hanno il valore di vere e proprie Costituzioni 84. In esse il frate spe-cifica esattamente le modalità di accettazione delle fanciulle, i ruoli e la divi-sione dei compiti di ogni terziaria 85, l’organizzazione economica della Casa.

84 Il valore di costituzioni è esplicitato, ad esempio, nell’introduzione alle Istruzioni del 1730, in cui il Marcheselli afferma: «Or voi dovete essere una congregazione di queste sotto la Regola del Padre san Francesco, detta del 3° Ordine, confermata da Nicolò IV, e autentica-ta da tanti santi e beati, che sotto di essa si sono perfezionati. E perché le regole fatte dai san-ti insegnano la strada della salute, ma per lo più non danno il modo di caminar questa strada, siccome a tutte le regole vi sono state aggiunte le costituzioni, a questa vostra vi ho aggiunte le presenti istruzioni, fatte a tenore del vostro desiderio di farvi sante, le quali vi serviranno, come se appunto fossero costituzioni, se bene per sé medesime altro vigore non avranno, se non quanto gliene darete voi coll’accettarle, e coll’osservarle, come spero». asfma, Istru-zioni di perfezione sopra la Regola del 3° Ordine..., cit., p. 3.85 Il Marcheselli spiega dettagliatamente la divisioni dei ruoli all’interno della Casa, indican-do le funzioni spettanti ad ogni membro della comunità ed assegnando ad ogni «ufficio» il compito di redigere (o ricevere) determinati documenti. Così, ad esempio, nelle Istruzioni del 1713, egli delinea la figura della superiora; della vicaria (cui spetta «tener una chiave della cassetta, ove staranno i danari; scrivere il danaro, che vi si porrà, e che si leverà; registrare tutto quello che si spende», p. 153) ; dell’assistente alle cose spirituali; delle dodici consultri-ci o discrete (cui spetta il compito, tra gli altri, di «accettar le giovani, che verranno per vestir-si», p. 156); della sopraintendente; della maestra delle educande; della maestra delle novizie; della sagristana; delle ammonitrici; dell’ebdomadaria; della  leggitrice; delle  intuonatrici; della svegliatrice; dell’economa (la quale «avrà la cura di tutte le provisioni, che si faranno di grano, vino ed altri frutti venuti o dai lavori, o per carità, o per compera» e «scriverà tutto quello, che le sarà consegnato, e così scriverà tutto quello, che le uscirà dalle mani», p. 167); della scrivana; della depositaria («II. A lei tocchi di far l’inventario di tutte le biancherie, ve-sti, e di quanto mai porteranno le giovani, che verranno per star sempre in Casa. Sottoscrive-ranno detto inventario la giovane venuta, la superiora, e la detta depositaria. III. Vi sarà pure l’inventario di quanto sarà a lei consegnato di lenzuola, vesti, tovaglie, salviette per rendere conto a tempo opportuno. IV. Così questa officiale noterà quello, che sarà pattuito di darsi per gli alimenti dell’educande. Scriverà l’anno, il giorno, in cui son venute le giovani sì educan-de, che quelle venute per vestirsi, di che qualità e parentela elle sieno. Così noterà i nomi de’ loro padri, e madri», p. 168); della cuciniera («finita la settimana, quella che esce consegne-rà a chi entra tutti i mobili della cucina secondo l’inventario, che dovrà stare alla porta della cucina», p. 170); della portinaia; dell’infermiera; delle serventi; dell’appuntatrice («noterà quelle, che o non verranno al coro, o saranno negligenti in venire a tempo», p. 172); dell’or-tolana; della galliniera; delle scopatrici. ASFMA, Istruzioni secondo la mente, cit., pp. 149-174. Nelle Istruzioni del 1730 si aggiunge la figura della dispensiera («sarà suo ufizio il tener in custodia olio, cacio, carne salata, e cose simili, e distribuirle secondo l’ordine della carità. Darà sempre il solito a tutte le cuciniere. Segnerà tutto quello che verrà in sue mani, e quello

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Egli raccomanda la redazione di Inventari dei beni e degli oggetti, ordina la scrupolosa conservazione degli istrumenti notarili, e predispone la compila-zione di numerosi registri.

Nelle Istruzioni del 1730 Marcheselli dichiara esplicitamente: «I. Vi sia luogo appartato per i libri che si scriveranno dalle uffiziali. In questo luogo si terranno anche tutte le scritture, che riguardano gli interessi della casa; tut-te le fedi di battesimo, le attestazioni del buon costume che dovransi portare le figliuole, come si è detto. E si procurerà di legar dette carte a modo di libri, perché non si perdino. II. Oltre i detti libri delle uffiziali, vi sarà anche un li-bro in cui si noteranno tutte quelle, che in questa Casa moriranno, le loro vir-tù e bontà per esempio delle future. Un libro in cui dai notai si noteranno tut-ti gli istrumenti che si faranno; un altro libro, in cui si segneranno tutti i sta-bili che possederà la Casa, coi suoi termini, e confini; così vi si descriveranno i censi, i luoghi dei monti. [...] IV. Di tutti i libri vi sia la lista, o inventario; e ogni anno la superiora vegga, se nulla vi manca» 86.

In un’altra redazione delle istruzioni egli aggiunge: «II. I libri da conser-varsi saranno: il libro delle giovanette, che vengono in Casa o per starvi sem-pre, o per educazione, e si noterà il giorno, e l’anno che son venute, il nome de loro padri, e madri; il loro stato, e qualità. [...] III. In questo luogo pure si ter-ranno tutti gli altri libri dell’economa, della scrivana, della dispensiera, e tut-ti gli altri che riguardano gli interessi della casa. Sarà luogo chiuso, e la chia-ve starà sempre appresso la superiora» 87. 

Lo stesso fondatore compilerà di suo pugno le pagine iniziali della mag-gior parte dei primi registri, spiegando nel dettaglio le modalità di compila-zione per l’impianto delle successive serie. Costituisce un chiaro modello, ad esempio, il Libro di robba, e denari delle sorelle vestite, registro in cui, per esplicita volontà e per mano del Marcheselli stesso, «si noteranno dall’eco-noma tutte le robbe e danari che porteranno le giovani che vengono per star in casa, cominciando dal 1702, al tempo della madre suor Angela del Giglio, madre della casa» 88. 

Un altro modello è costituito ancora dal citato Libro delle defunte, inizia-to nel 1709, in cui – specifica il Marcheselli – «si noteranno le sorelle defonte in questa Casa della congregazione del Giglio. Si noterà l’anno, il giorno del mese, il nome della defonta, i parenti, cioè di chi fu figlia, di qual paese, in

che si consumerà, in quella forma che si è detta dell’economa»): asfma, Istruzioni di per-fezione sopra la Regola del 3° Ordine..., cit., pp. 137-158, a p. 154.86  asfma, Istruzioni di perfezione sopra la Regola del 3° Ordine..., cit., pp. 165-166.87 ASFMA, Regola del Padre san Francesco..., cit., pp. 267-268.88 ASFMA, Libro di robba e denari delle sorelle vestite, p. 1.

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qual chiesa fu sepolta o in qual sepolcro, il ricevimento dei santissimi sagra-menti, e le virtù in breve, se le ebbe. Comincia del 1709 e termina...» 89. 

Una direttiva specifica impartita dal fondatore alle Terziarie riguarda poi i lavori manuali 90 – sartoria, ricamo, cucito – cui tutte le suore erano tenute a dedicarsi per il proprio sostentamento, e per i quali erano ben conosciute dal-la cittadinanza di Assisi: compito della scrivana era – secondo le istruzioni – quello di «segnar tutti i lavori che verranno di fuori. Segnerà il giorno, l’an-no, il mese, la roba che si è lavorata, la veste che si è fatta, acciò non succe-da, come è succeduto, che il debitore neghi quel che si è fatto, per non ricor-darsi. Segnerà pure il denaro, o roba, che si riceverà a buon conto, o per com-pita mercede. E nel margine del libro si dirà “pagato” coll’aggiungere “roba”, o pure “danaro”» 91.

Il nuovo istituto si riconosceva e si è sempre distinto nel tessuto socia-le della città di Assisi per la sua funzione educativa 92. La del Giglio perseguì – come abbiamo visto – la sua missione particolare di creare una nuova real-tà educativa in Assisi, una «scolla per le zitelle» per usare le parole della sua supplica autografa indirizzata a Clemente XI nel 1716 93.

Molti documenti, di entrambi i fondatori, testimoniano, per questa prima fase, le varie, travagliate vicende dell’acquisto della prima casa e della scuo-la, riferendosi alle istituzioni-modello cui quest’ultima si ispirava e le carat-teristiche progettuali che la scuola avrebbe dovuto avere. Si tratta soprattutto di lettere, per lo più carte sciolte spesso estrapolate nel corso degli anni dal-le pratiche originarie e successivamente riunite in fascicoli distinti per mate-ria 94. Non è stato però conservato alcun documento – se si eccettua un picco-

89 ASFMA, Libro delle defunte del Giglio dal 1709 fino all’anno 1861, p. 1. Il successivo Libro II° delle defunte religiose del monastero del Giglio in Assisi, contenente necrologi dal 1863 al 1946, conserva sostanzialmente l’impostazione data dal Marcheselli nel 1709. 90 Si veda ad esempio il capo II del titolo XIII delle Istruzioni del 1730, interamente dedica-to ai lavori manuali. Cfr. asfma, Istruzioni di perfezione sopra la Regola del 3° Ordine..., cit., pp. 162-164.91 ASFMA, Istruzioni secondo la mente..., cit., pp. 167-168. 92 Questa realtà ha caratterizzato l’Istituto fino al 1950, data in cui si è chiusa l’ultima scuo-la gestita dalle suore in Assisi.93 ASFMA, Alla santità di nostro signore papa Clemente XI..., cit.94 Dopo la morte del padre Marcheselli, la cura della comunità del Giglio fu affidata prima al padre Ubaldo Tebaldi OFMConv (dal 1747 al 1748), conterraneo del Marcheselli (che fu, insieme al padre Lipsin, uno tra i più noti e solerti archivisti del Sacro Convento) e quindi al padre Antonio Maria Tomeucci d’Anagni OFMConv, Visitatore del Terz’Ordine, che si occu-perà del «Giglio» per circa venti anni (dal 1751 al 1778). La tenuta dell’archivio doveva già costituire un problema per le suore; il Tomeucci ne tenta un riordinamento riunendo le carte

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lo registro del 1819 95 – che rimanga a testimoniare direttamente dell’attività istituzionale della scuola 96. 

Nel terzo decennio del Settecento la Casa raggiunse una certa stabilità e si precisò meglio l’identità della comunità del Giglio, cui venne riconosciu-ta una certa autonomia rispetto alle altre aggregate al Terz’Ordine dei Fran-

sciolte in fascicoli, attribuendo ad essi un «argomento» ed un numero di corda (ad es. «No-tizie sopra la lite della casa. 8°») ed aggiungendo dei regesti sul verso dei documenti ritenuti più importanti. Di sua mano sono inoltre numerose altre segnature archivistiche, poste su fa-scicoli e registri (ad es. Libro degli Ordini. Scansia II, n° IV). Si desiderano però i mezzi di corredo coevi a questo tentativo di riordino. La mano del Tomeucci è poi riconoscibile, ad in-tegrare quella del Marcheselli, sulla maggior parte dei registri conservati. Nel Libro dei Bo-nificamenti si legge poi che suor Eulalia Tamacoldi da Casalmaggiore proprio in questo pe-riodo, in collaborazione con il Tomeucci: «Aprile e maggio 1761. […] 4. Fece copiare nel li-bro tutti gl’istromenti stipolati fino dal principio che fu fondato questo conservatorio, venen-do a questo mese di maggio 1761, e tuttavia si copieranno in tempo futuro nel libro nuovo re-centemente comprato a tal effetto, e ciò per la necessaria notizia che dee aversi degl’interes-si più rilevanti di casa» (c. 22r) e ancora: «Giugno 1761. 6. In questo mese fu fatto il nuovo archivio per conservarvi tutti li nostri libri manoscritti, li libri dell’introito e dell’esito, le co-pie dell’istromenti, li requisiti delle figliuole che si vestono, ed altre scritture appartenenti al buon regolamento in questa nostra casa» (c. 22v). ASFMA, Libro nel quale si noteranno tutti i bonificamenti che si faranno a favore della casa e della Congregazione. Comincia dell’an-no 1723, 16 novembre al tempo del governo della madre suor Angela del Giglio, fondatrice di detta casa, e Congregazione (anche questo registro è impostato per mano del Marchesel-li). Simbolo di questa solerte «sinergia» di intenti del padre Marcheselli, del padre Tebaldi e del padre Tomeucci nella cura del conservatorio del Giglio è il manoscritto: Ventisette discor-setti, pronunciati sia in occasione di alcune speciali festività che per le funzioni domenica-li, indirizzati alle Terziarie, conservato nella BiBLioteca deL sacro coNveNto di saN fraN-cesco iN assisi. Fondo moderno, ms. 202: autografo del padre Marcheselli, esso è stato com-pletato - dopo la sua morte - dal padre Ubaldo Tebaldi, il quale aggiunge di suo pugno l’ulti-mo Discorsetto, datato 19 novembre 1747, preceduto dalla nota «tutti i precedenti discorsetti sono del padre Giuseppe Antonio Marcheselli, e scritti di suo proprio carattere. Ita est. Frater Ubaldus Tebaldi archivista, et Tertii Ordinis visitator». Di mano di Antonio Maria Tomeucci è invece l’Indice, inserito posteriormente sul foglio di guardia, distribuito su due colonne. 95 ASFMA, Convittrici ed educande. 1819. 96 Nella Biblioteca del Sacro Convento di San Francesco in Assisi abbiamo recentemente ri-trovato un Compendio della Regola del Terz’Ordine di S. Francesco e delle Costituzioni ad essa relative pubblicate per ordine del rev.mo p. maestro Giuseppe Antonio Marcheselli Mi-nore Conventuale per le Terziarie del venerabile monastero del Giglio in Assisi, Assisi 1886, all’interno del quale è contenuto un Regolamento per le educande del Monastero del Giglio in Assisi ed un Orario per le alunne del Collegio del Giglio in Assisi (pp. 60-68).

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cescani Conventuali. Un parziale statuto autonomo venne loro riconosciuto, come abbiamo visto, nel 1734, quando il custode del Sacro Convento Giam-battista Preti da Copertino emanò per il Giglio un regolamento, accettato e sottoscritto da tutte le Terziarie, che rappresenta il primo atto del processo di istituzionalizzazione della congregazione 97.

Il Libro degli Ordini dei Superiori, simmetrico all’omonima serie con-servata nell’Archivio del Sacro Convento, inizia per mano del Marcheselli proprio in questa occasione e registrerà, nel corso degli anni e fino al 1983, l’evoluzione delle vicende istituzionali e legislative della pia Casa fino alla trasformazione in attuale Istituto delle Suore Francescane Missionarie di As-sisi 98. In esso, a tenore delle Costituzioni Urbane, i padri conventuali succe-duti al Marcheselli (soprattutto padri visitatori del Terz’Ordine, ma anche cu-stodi del Sacro Convento e ministri generali) e talvolta alcuni vescovi han-no più volte ribadito i contenuti delle Istruzioni-Costituzioni del fondatore 99 ed hanno lasciato nuove istruzioni per la conduzione e l’amministrazione del-l’ente, tra le quali norme precise sulla produzione e la conservazione dei do-cumenti.

Oggi, mentre la curia generale rimane in Assisi, numerose comunità sono state aperte in tutto il mondo.

Mi piace allora chiudere questo intervento con le parole del vicario ge-nerale padre Gaetano Stano che, durante la visita del 25 maggio 1965, lascia-va scritto nel Libro degli Ordini: «L’Archivio Generale sia sempre tenuto in buon ordine e la documentazione, anche riguardo al passato, venga opportu-namente integrata, ove vi fossero delle lacune» 100. 

97 ASFMA, Libro delli Ordini che si osservano dalle suore Terziarie dette del Giglio. Nume-ro 1, pp. 1-1098 ASFMA, Libro delli Ordini..., cit. All’interno, sul foglio di guardia, si legge: «Libro degli Ordini de Superiori fatto nel 1734, 15 aprile, sotto il governo del M. R. P. Giambattista Preti da Copertino, custode del Sacro Convento di S. Francesco; fatto in occasione, che chiuse la visita cominciata adì 1 aprile di detto anno e che lasciò gl’infrascritte ordinazioni, da noi ac-cettate e sottoscritte». 99 Così ad esempio il custode del Sacro Convento frate Giuseppantonio Petrina che, nella visita del 18 aprile 1759, lascerà scritto: «Si mantengano in esercizio le sante Istruzioni, la-sciate come Costituzioni dal fondatore di detto Conservatorio padre maestro Giuseppe Mar-cheselli di beata memoria» (p. 32); o ancora il padre Antonio Maria Tomeucci che, in veste di «Visitatore di tutto il Terz’Ordine de’ Minori Conventuali di San Francesco d’Assisi», il 7 maggio 1764 osserva che «nel collegio delle sorelle nostre Terziarie del Giglio [...] vi fiori-sce l’adempimento delle particolari loro Costituzioni lasciate dalla fedele memoria del padre maestro Giuseppe Marcheselli fondatore» (p. 37). ASFMA, Libro delli Ordini..., cit. 100  Ibidem, p. 142.

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E più tardi, a chiudere lo stesso registro nel 1983, il padre Basilio Heiser, allargando metaforicamente oltre quelli geografici anche gli orizzonti «archi-vistici» dell’Istituto, auspicava la formazione di piccoli archivi presso ogni comunità, dove conservare accuratamente anche i documenti delle nuove fon-dazioni 101.

101  Ibidem, p. 158.

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ASFMA, Istruzioni di perfezione sopra la Regola del 3° Ordine del gran Patriarca S. Fran-cesco (1730, autografo del padre Giuseppe Antonio Marcheselli).

ASFMA, Libro di robba, e denari delle sorelle vestite (frontespizio autografo del padre Giu-seppe Antonio Marcheselli, con aggiunte postume del padre Antonio Maria Tomeucci).

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ASFMA, Libro delle defunte del Giglio dal 1709 fino all’anno 1861 (frontespizio autografo del padre Giuseppe Antonio Marcheselli).

ASFMA, Libro dei lavori fatti alli signori Mazzichi; Lavori fatti alli signori Sermattei; Pa-gamenti dei signori Mazzichi; Pagamenti dei signori Sermattei.

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ASFMA, «All’illustrissimo signore il signor abbate Alessandro Borgia governatore di Assisi»; «Alla santità di nostro signore papa Clemente XI» (Lettere autografe di suor Angela del Gi-glio; il regesto e la segnatura archivistica sono di mano del padre Antonio Maria Tomeucci).

ASFMA, Libro delli Ordini che si osservano dalle Suore Terziarie dette del Giglio. N. 1 (au-tografo del padre Giuseppe Antonio Marcheselli).

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Luigi CaCCiagLia

L’archivio del monastero dell’Incarnazione dettodelle «Barberine» (1639-1907)

L’archivio del monastero dell’Incarnazione alla Biblioteca Vaticana

Le carte del monastero dell’Incarnazione giunsero alla Biblioteca Vatica-na nel 1907. Dopo più di trent’anni passati in regime di soppressione, le suo-re dell’Incarnazione (dette le «Barberine»), prima di lasciare Roma per anda-re definitivamente a risiedere nel monastero carmelitano di Santa Maria de-gli Angeli di Firenze (oggi di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi), andarono in udienza da Pio X, accompagnate dal cardinale protettore Casali Del Drago, dal visitatore del monastero padre Simone Bernardini, ex priore generale dei Carmelitani, e dal principe Enrico Barberini, e depositarono in Vaticano tutti i documenti dell’archivio del monastero perché fosse unito ai documenti del-l’archivio della famiglia Barberini 1.

Il monastero delle Barberine, che si trovava in via Pia (oggi via XX Set-tembre) era stato espropriato dal Governo Italiano nel 1871, insieme al con-tiguo monastero di Santa Teresa, per costruire il Ministero della Guerra (oggi Ministero della Difesa). Le suore di Santa Teresa passarono in un primo mo-mento al monastero di Regina Coeli, le Barberine in quello di Santa Puden-ziana, dove rimasero fino al trasferimento a Firenze. Il principe Barberini pro-mosse subito una causa contro il governo, rivendicando il monastero come proprietà privata della famiglia Barberini, che lo aveva costruito e dotato, mentre le monache erano soltanto beneficiarie. Ma la sentenza, emessa il 27 settembre 1871, non riconobbe valide le ragioni del principe e delle mona-che 2.

1 Firenze, arChivio deL monastero deLLe CarmeLitane di Careggi (oggi monastero di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, ex monastero di Santa Maria degli Angeli), Ricordi dal 1846 al 1908, pp. 136 e 139; cfr. s. Possanzini, Le Barberine. Monastero carmelitano dell’Incarna-zione del verbo divino in Roma (1639-1907), Roma 1990, pp. 226-227.2 BiBLioteCa aPostoLiCa vatiCana (d’ora in poi: BAV), Arch. Barb., Indice II, 1813, Alcu-ne scritture stampate e sentenza nella causa relativa all’espropriazione del monastero del-le Barberine.

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I volumi, i registri e le filze furono collocati nella Biblioteca Vaticana in coda all’Archivio Barberini, fra i materiali da ordinare e inventariare. Solo re-centemente sono stati ordinati e inventariati da chi scrive 3.

Le principali serie archivistiche

Questo l’elenco sommario dei volumi, delle filze, dei registri e delle serie archivistiche che compongono l’archivio (in totale 200 unità archivistiche):

Memorie (Cronache) del monastero: I: «Relatione della fondazione del venerabile monastero della SS. Incarnatione di Roma alle Quattro Fontane in strada Pia; dei superiori che l’hanno governato, religiose in esso vestite, mor-te di quelle, et altro notabile. Raccolta dai manoscritti che si conservano in detto Monastero e descritta dalla Rev.da Madre S.or Anna Geltruda della SS. Incarnazione. Revista e fatta copiare dal P. Gio. Giacomo, Agostiniano Scal-zo, Visitatore l’anno 1697 [1639-1718]»; II: «1706-1781»;

Lettere delle fondatrici, 1629-1667: raccolta di lettere e varie scritture delle fondatrici (suor Innocenza [Camilla Barberini, 1598-1666] e suor Maria Grazia [Clarice Barberini, 1606-1665]);

3 Due registri e una busta dell’archivio si conservano all’arChivio di stato di roma (d’ora in poi: asroma), Corporazioni religiose femminili, Carmelitane «Barberine»; altre 24 bu-ste nel monastero di Santa Maria Maddalena de’Pazzi di Careggi (Firenze): si tratta per lo più di copie di lettere e documenti del monastero all’epoca della fondazione. Copia della pri-ma parte degli annali del monastero si trova nell’arChivio generaLe dei CarmeLitani (d’ora in poi AGC), II CO II 11, Narrazione ossia informazione della Fondazione del Ven. Mona-stero dell’Incarnazione del Verbo Divino di Roma dell’Ordine Carmelitano seguita l’anno MDCXXXIX con varie notizie al medesimo spettanti, ff. 29-44. Si tratta di un manoscritto contenente le relazioni delle fondazioni di diversi conventi carmelitani. Il racconto della fon-dazione del monastero dell’Incarnazione si inizia dall’anno 1639 (trasferimento delle mona-che da Firenze a Roma) e termina al 1645 (dopo la morte di Urbano VIII, di quella immedia-tamente seguita di Costanza Magalotti e il completamento della fabbrica del monastero). Di-verse citazioni dall’archivio (con segnatura provvisoria) in: L. Fiorani, Monache e monaste-ri romani nell’età del quietismo, «Ricerche per la storia religiosa di Roma», I (1977), pp. 63-111. La storia del convento, dalla sua fondazione alla soppressione, è stata ampiamente de-scritta, sulla scorta di un’accurata ricerca documentaria, da: Possanzini, Le Barberine..., cit. Va notato che questo autore, al tempo della pubblicazione del suo libro, non ha potuto vede-re i documenti dell’archivio dell’Incarnazione, allora non consultabile.

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Educande, 1700-1760: domande per l’ammissione delle ragazze all’istru-zione nel monastero; Novizie, 1640-1768: licenze per le prove delle novizie; Vestizioni, 1640-1762; Professioni solenni, 1641-1743; Nomine Barberini, 1640-1770 (in virtù dello Juspatronato sul monastero il principe Barberini ave-va diritto a nominare 18 monache); Confessori e predicatori, 1660-1768;

Licenze, diversi volumi per gli anni 1680-1800 («rolli»: permessi accor-dati dal cardinale protettore o dal vicegerente o dal vicario a persone esterne per le visite e altre varie necessità delle monache in deroga alla clausura);

Brevi, patenti, chirografi, I: 1630-1642, II: 1643-1765, III: 1639-1705;

Istrumenti diversi, I: «1626-1662», II: «1663-1746»;

Costituzioni (il regolamento del monastero, approvato dal capitolo e dal-le autorità);

«Originale del Rituale del Venerabile Monastero della Ss.ma Incarna-zione del Verbo Divino, detto Le Barberine, di Roma. Impresso colla licenza del rev.mo p.re m.ro del Sag. palazzo, dopo essere stato detto Rituale rivisto, et approvato da Monsig. Pier Santi M.ro di Cerimonie di N.ro S.re. 1742», esemplare manoscritto, ff. sciolti, pp. 1-216 n.a., cm 21,5x16;

Rituale del Ven. Monastero della SS.ma Incarnazione del Verbo Divino in Roma, e degl’altri monasteri del suo Instituto Diviso in tre Parti. Prima parte: Riti appartenenti al Divino Officio, e Messa. Seconda Parte: Proces-sionale Annuo. Terza Parte: Diversi Statuti Religiosi, In Roma, per Girolamo Mainardi, 1742, pp. 288, cm 19x13;

Inventari (vari elenchi degli arredi: sagrestia, mobili quadri);

Autentiche di reliquie (certificati);

Cappella Pamphilj: obbligo della messa quotidiana perpetua secondo l’intenzione di suor Maria Maddalena, al secolo principessa Pamphilj;

Filiazioni (documenti sul monastero di Vetralla e di Monterotondo);

Libri d’istrumenti (contratti e compravendite varie), 1639-1800;

Posizioni legali (varie cause che le religiose ebbero per controversie di debiti, confini ed eredità);

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Posizioni diverse (vari volumi di interessi diversi);

Dichiarazione della Priora del Monastero della SS.ma Incarnazione di aver ricevuto il Publicetur del Rituale dal signor Girolamo Mainardi stampa-tore camerale, agosto 1742;

Libro delle congregazioni, 1650-1658;

Decreti e risoluzioni prese nelle visite e congregazioni, 1658-1700;

Lettere delle fondatrici, 1629-1667;Lettere e biglietti, dal 1640 al 1767;

Rubricellone dell’archivio;

ComputisteriaSono presenti al completo tutte le filze e i registri delle serie contabili del

monastero, dalla fondazione all’estinzione (1638-1870): Giornali, Dispensa, Entrata-Uscita, Registri dei mandati, Rincontro con i banchi, Giustificazioni (conti e ricevute), Libri mastri.

Le «Cronache» del monastero

«Relatione della Fondazione del Venerabile Monastero della SS: Incar-natione di Roma alle quattro Fontane in Strada Pia: De’ Superiori, che l’hanno governato: Religiose in esso vestite; Morte di quelle: Et altro notabile. RACCOLTA DA’ MANOSCRITTI, che si conservano in det-to Monastero; E descritta dalla Rev.da Madre S:or ANNA GERTRUDA della SS: Incarnazione. Revista, e fatta copiare DAL P. GIO: GIACO-MO Agostiniano Scalzo, VISITATORE, l’anno 1697».

In questo manoscritto 4 sono state registrate dalle stesse monache gli avvenimenti più salienti della vita del monastero (le domande di ammissio-ne delle novizie, le professioni, le morti, persino alcuni «miracoli») e natu-ralmente la storia della sua fondazione. Prima di iniziare in forma annalisti-ca l’esposizione degli avvenimenti del convento un’ampia premessa del pa-dre confessore toglie ogni dubbio, se ce ne fossero stati, sugli scopi pareneti-ci dello scritto:

4 BAV, Archivio del monastero dell’ Incarnazione.

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«Provocant exemplo. Imitari non pigeat quod celebrare delectat. Inspi-ce et fac secundum exemplarium (Exodi 25). Haec est via, ambulate in ea; ut non declinetis ad desteram, neque ad sinistram (Isaiae c. 39). Ae-mulamini charismata meliora (I Cor. 12). Sanctorum vita ceteris norma vivendi est (S. Amb.).

Molto Reverende Madri.Il buono ha due qualità, una contraria all’altra, con una ruba e tira a’ se gl’affetti altrui, e con l’altra si diffonde in beneficiare li suoi affettio-nati: così segue nell’ordine della natura, e della gratia. In quello vedia-mo che li fiori col bello de colori, e grato odore loro tirano a’ se l’api, ed esse danno alle medesime un suavissimo pascolo di ruggiada; ed in questo della gratia le virtù sono la calamita che con incanto celeste ti-rano gli animi nobili (come rubandoli à loro stessi) alla contemplazio-ne del loro bello, e insieme li arricchiscono di tale tesoro che basta per comprare il cielo. Tanto essendo per verità e tanto conoscendo i cuo-ri santamente interessati hanno per costume di lasciarsi attrahere dalle altrui virtuose attioni, e però non perdono di vista gl’esercitij di santi-tà praticati da altri per fornirne se stessi con l’immitatione, e de’ mol-ti che leggiamo che così fecero basterà insinuare due (citati dal Rodri-guez, parte prima, trat. primo cap. 13): il primo sia quel grande abbate de romiti nella Tebaide S. Antonio, et il secondo S. Bernardo abbate de monaci in Chiaravalle, quali per loro principale studio questa attentio-ne hebbero di cogliere da CiasCuno iL migLiore e con questa diligenza unirono in se stessi quell’ottimo di religiose virtù che già mai à bastanza potrà lodarsi. Quello che si vede praticare da altri dà più efficaci stimoli e maggiori impulsi al ben operare, che non fà la persuasione con molte ragioni, attesa la facilità con che ci lusinga più l’essempio che le paro-le, così anche disse e ci lasciò scritto Seneca: longum esse iter per prae-cepta, breve atque efficax per exempla. Con un tale fine prego le RR. vostre a rimirare nelli seguenti fogli li fiori delle virtù germogliati nel recinto di questo monastero, giardino del nostro celeste sposo, e rico-noscendo in esso la celeste manna ne andiate come api ingegnose suc-ciando l’ottimo miele delle virtù religiose che vi hanno fabbricato con li loro essempi le nostre sorelle già ad altra vita passate, dove ci aspet-tano per goderne in loro compagnia se le imiterete. Api di tale buon gu-sto et artificio desidero quante sono al presente e quante saranno ne fu-turi anni in questo sacro monastero, acciò possa conservarsi in Prato di delizie al nostro Celeste sposo, di piacere alli Angeli, e d’ammiratione alli huomini. Loro dunque qual api delitiandosi e nutrendosi nei virtuo-si fiori delle antecedenti madri e sorelle, con stimolo d’imitare ationi di

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sante, faranno proprie l’angeliche prerogative di quelle, e resteranno al-l’essempio de posteri fiorita pompa di gratia e manteneranno il mona-stero nell’amenità, in cui da quella Grande e Venerabile Madre d’eter-na memoria degna, dico sr. Innocenza Barberini, fondatrice fu piantato, e munito di sante e belle leggi, come sono le nostre costitutioni, e delle altre già trapassate con buona cultura nell’osservanza mantenuto; il che per l’intima cognitione che ho del comune, e particolare spero così sarà, ed anco più, che non dico in restituirgli questi fogli, non in altro miglio-rati che nel carattere e nell’ordine, quali come cosa tutta di loro propria doveranno tenere ben cari, amare, custodire, et in essi specchiarsi, del che non dubito per la bontà delle RR. Vostre, alle quali faccio humilis-sima riverenza et alle orationi loro mi raccomando.In S. Nicola 1697, maggio.Delle RR. vostre servitore in X.to riverentissimo, et obbl.moFra Gio: Giacomo da S.Ag.no Ag.ano Scalzo».

Cominciano così le cronache (Annali, Libro delle memorie) del convento dell’Incarnazione in Roma, dall’anno 1639, quando cioè fu fondato il mona-stero da Urbano VIII, e continuano fino al 1870, anno in cui il convento ven-ne abbattuto dal governo italiano per costruire il Ministero della Guerra.

Il monastero di Santa Maria degli Angeli in Firenze e la famiglia Barberini

L’anno 1454 due o tre donne pie 5, allo scopo di vivere lo spirito del Car-melo, si raccolsero in una casa in fondo alla piazza del Carmine a Firenze. La piccola comunità aumentò presto di numero, tanto da dover ampliare la casa e costruire una cappella. Intorno al 1480 il priore generale concede alle mo-nache lo scapolare, abito dell’Ordine Carmelitano, legandole alla vita clau-strale, e pochi anni dopo ottengono le prime Costituzioni, derivandole da un altro Carmelo fiorentino. E con queste Costituzioni undici religiose rinnova-no la professione dei voti. Nel 1520 viene consacrata la chiesa e il monastero di Santa Maria degli Angeli.

Negli anni successivi numerose giovani «di prima nobiltà» entreranno a Santa Maria degli Angeli, tanto che quando farà il suo ingresso Lucrezia de’ Pazzi, la futura santa Maria Maddalena, le monache saranno un’ottantina 6.

5 Sul fenomeno del «bizzoccaggio» e delle «pinzochere», immediatamente precedente alle nuove fondazioni monastiche femminili cfr.: r. guarnieri, Pinzochere, in Dizionario degli Istituti di Perfezione, VI, Roma 1980, coll. 1721-1749.6 Possanzini, Le Barberine..., cit., p. 13.

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Pochi anni dopo la morte della santa entrarono le due sorelle Camilla e Clari-ce della nobile famiglia Barberini, che in religione presero il nome di suor In-nocenza e di suor Maria Grazia 7. Questa famiglia aumentò nobiltà e ricchez-za specialmente dopo l’elezione a Sommo Pontefice (6 agosto 1623) di Urba-no VIII, che riversò sui suoi parenti un cumulo di benefici nell’intento di far ascendere la famiglia alla più alta opulenza. Poco dopo l’elezione creò cardi-nale il nipote Francesco, che aveva 26 anni; l’anno dopo toccò al fratello del papa, Antonio («cardinale di Sant’Onofrio»), e nel 1628 l’altro nipote Anto-nio (in seguito anche camerlengo e prefetto della Segnatura); infine creò car-dinali altri due nipoti, figli di suoi cugini, Lorenzo Magalotti e Francesco Ma-chiavelli. Il terzo nipote, Taddeo, lasciato laico per la continuazione della fa-miglia, divenne principe di Palestrina e s’imparentò con la famiglia Colonna. Tutte le maggiori abbazie caddero nelle prebende cardinalizie dei due giova-ni porporati Francesco e Antonio, e quando Urbano VIII passò da questa vita (1644), la famiglia Barberini era straordinariamente ricca 8.

Oggetto delle premure del papa furono anche le nipoti suor Innocenza e suor Maria Grazia. I loro monasteri furono beneficiati dalla generosità dei Barberini, prima quello di Santa Maria degli Angeli in San Frediano e a Bor-go Pinti in Firenze, e poi quello dell’Incarnazione del Verbo Divino in strada Pia a Roma, voluto espressamente dal papa. Queste donazioni, dobbiamo os-servare, non furono solo il frutto della generosità e delle premure del papa e dei fratelli verso suor Innocenza e suor Maria Grazia ma anche la decisa vo-lontà di voler cautelare il patrimonio appartenente al maggiorasco e destina-to alla discendenza della famiglia da ogni possibile pretesa delle suddette so-relle 9.

7 BAV, Arch. Barb. 8 La famiglia Barberini era di origine toscana e proveniva da Barberino di Val d’Elsa, abi-tava a Firenze e commerciava in lana e tessuti. Verso il 1540 la famiglia si trasferì ad Anco-na, dove continuò il commercio dei tessuti e si arricchì. Nella seconda metà del Cinquecen-to Francesco Barberini fu il primo laureato e il primo ecclesiastico della famiglia, poi elet-to prelato e protonotario. Lo zio Francesco fece arrivare a Roma il nipote Maffeo Barberini, poi Urbano VIII; con la morte dello zio, Maffeo fece spostare stabilmente a Roma da Firen-ze la famiglia Barberini. Le tappe dell’ascesa economica e sociale della famiglia sono lega-te alla carriera di Maffeo, che nel frattempo aveva sostituito i tre tafani dello stemma con le api. Cfr.: P. PeCChiai, I Barberini, «Archivi. Archivi d’Italia e rassegna internazionale degli archivi», 1959 (Quaderno doppio, 5); g. Lutz, voce Urbano VIII, in Enciclopedia dei Papi, III, pp. 298-321; L. von Pastor, Storia dei papi dalla fine del medio evo, trad. di A. merCati e P. CenCi, voll. XXI, Roma 1911-1954, vol. XIII, pp. 263-264.9 Bav, Arch. Barb., Indice II, 1707, Instrumentum declarationis factae per em:mum domn. Cardinalem Franciscum Barberinum quod elemosina per ipsum facta ven. monasterio San-

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Il monastero di Santa Maria degli Angeli in Firenze pare che non si tro-vasse in un luogo felice, ragion per cui il papa e il cardinal Francesco nel 1628 fecero trasferire le monache al convento di Cestello alla porta Pinti, in Firen-ze, abitato dai padri cistercensi 10. Le trattative non furono facili ma alla fine i monaci dovettero arrendersi alla volontà del papa 11.

Dopo appena dieci anni del trasferimento delle monache da Borgo San Frediano al monastero dei cistercensi in Borgo Pinti, nel 1639, il papa Barbe-rini fece venire a Roma le due nipoti suor Innocenza e suor Maria Grazia, in-sieme ad altre monache, per fondare un monastero di Carmelitane, a cui sarà dato il titolo dell’Incarnazione del Verbo Divino, ma che il popolo chiamerà delle «Barberine» per la famiglia che lo aveva costruito.

Le cronache 12 del monastero descrivono con ricchezza di particolari la fondazione:

«1639. La gloriosa e santa memoria di Urbano VIII, creato Sommo Pontefice li 6 agosto 1623, havendo due sue nipote figlie del Sig.re D. Carlo Barberini suo fr.llo e della Sig.ra D. Costanza Magalotti Barbe-rini, e queste monache nell’osserv.mo Monastero di S. Maria degli An-

ctae Mariae Angelorum Florentiae fuit per omni et toto eo quod pretendere possent in bonis maternis et eius sororis, et cum conditione quod quandocumque in eius familia fuerint femi-nae et quem monacham voluerint moniales eas gratis recipere debeant, rogato 29 maii 1628 per acta Fonthia. Sull’istituto della primogenitura e sulle sue connotazioni sociologiche cfr.: m. PiCCiaLuti, L’immortalità dei beni. Fedecommessi e primogeniture a Roma nei secoli XVII e XVIII, Roma 1999 (Ius nostrum, 24).10 BAV, Arch. Barb., Indice II, 1717, Breve Urbani VIII confirmatorium permutationis mona-sterii S. Mariae Angelorum Florentiae cum monasterio de Cestello nuncupato monachorum Cistercensium ac omnium inde secutorum, 5 sept. 1633; Ibidem, 1719, Breve commutationis monasterii monialium Beatae Mariae Angelorum cum monasterio de Cestello nuncupato in civitate Florentiae, die 6 Decembris 1636; Possanzini, Le Barberine..., cit., pp. 19-23.11 BAV, Arch. Barb., Indice II, 1713, Stato della permuta del monastero del Borgo San Fre-diano con quello di Cestello, 1632; Ibidem, 1717, Breve Urbani VIII, Confirmatorium per-mutationis monasterii S. Marie Angelorum cum monasterio de Cestello nuncupato monacho-rum Cistercensium, ac omnium inde secutorum, 5 Septembris 1633; Possanzini, Le Barberi-ne..., cit., pp. 19-23.12 Relatione della Fondazione del Venerabile Monastero della SS: Incarnatione di Roma alle quattro Fontane in Strada Pia: De’ Superiori, che l’hanno governato: Religiose in esso ve-stite; Morte di quelle: Et altro notabile. RACCOLTA DA’ MANOSCRITTI, che si conserva-no in detto Monastero; E descritta dalla Rev.da Madre S:or ANNA GERTRUDA della SS: In-carnazione. Revista, e fatta copiare DAL P. GIO: GIACOMO Agostiniano Scalzo, VISITA-TORE, l’anno 1697.

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geli, carmelitane della prima osservanza mitigata, nella città di Fioren-za, determinò nell’anno decimosesto del suo pontificato edificargli un monastero in Roma, acciò ivi introducessero il loro santo istituto sotto la regola carmelitana et immitatione della S.ta M.re Maria Maddalena de Pazzi già monaca in detto monastero di Firenze, ove si venera il suo santo et incorrotto Corpo.Sua Santità spedì un breve diretto all’illustrissimo monsignore Passio-nei suo nuntio in Fiorenza, nel quale gli dava ordine che cavasse dal loro monastero e conducesse a Roma le due madri sue nepoti, dando fa-coltà ad esse di eleggersi sette altre monache coriste, et una conversa.Alli 4 Marzo l’ill.mo nuntio essequì l’ordine di S.a S.tà e si missero in viaggio la Rev.da M.re S.r Innocenza, la M.re S.r M.a Gratia Barberi-ni, la M.re S.r Maria Grazia Pazzi Priora in S.ta Maria degli Angeli e Priora per la nuova fondatione (questa M.re era nipote carnale di S. M.a Maddalena, che gli fu anche maestra nel tempo del novitiato) la S.r M.a Franc.ca del Giccando. La quale fu similmente discepola nel novitiato della S.ta madre, S.r Maria Puccini, S.r Catarina Eletta Lanzi, S.r Te-resa Rasponi, nepote cugina delle madri Barberini, S.r Maria Minima Strozzi, S.r Maria Arcangela Pazzi, nepote della madre Priora, novitia non professa, e S.r Fede conversa.Giunte in Roma li 14 Marzo furono introdotte nella casa in Strada Pia aggiustata ad uso di monastero con tutte le suppellettili sì per il culto divino, come per uso delle dieci religiose, a spese di Sua Santità, tut-to però con somma religiosità, parsimonia e semplicità, conforme l’uso del monastero di dove venivano.Furono incontrate dalli tre S.ri cardinali Barberini, dal Sig.r prencipe Prefetto, Sig.ra D. Costanza M.re, Sig.ra D. Anna Colonna cognata del-le madri barberine, con tutti li altri SS.ri Cavalieri, e Dame parenti.Il giorno seguente in carrozze ben chiuse furono menate a S. Pietro a bagiare il piede di S. Santità, dal quale benignamente accolte, trattenu-te e regalate di Santa Indulgenza e gratia; di più passarono al monastero di Sant’Egidio, ove entrate diedero l’abbraccio di pace alle madri Suor Hippolita Maria Teresa di Giesù e suor Chiara Maria della Passione, so-relle della signora donna Anna Colonna Barberini, et a tutte le religio-se, et ad hora competente ritornarono al loro monastero, di dove non ne uscirono più, benché la clausura non vi fosse messa sino quando fu po-sta la prima pietra della nuova chiesa, che fu alli 16 luglio 1644, come si dirà a carta [...]. [...] e a dì 21 maggio 1639 spedì Sua Santità il breve della donatione fatta dall’ecc.mo principe D. Taddeo Barberini, nepote di Sua Santità e Prefetto di Roma, di scudi 20 mila per le dieci religiose venute a fon-

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dare, e con altri scudi 15 assegnati dal medesimo sig. principe D. Tad-deo l’anno 1640 fanno la somma di scudi 35 mila moneta per tanto ci sia dote per 17 monache coriste da nominarsi in perpetuo da chi succe-derà nel principato, et all’hora ne furono scomprati tanti luoghi di mon-te che fruttarono scudi 83 per monaca e di detta donatione se ne fa men-tione nel suddetto breve, e nell’altro dell’eretione del monastero 13, che fu spedito il dì prima apposta, con il nome della chiesa e monastero del-la Ss.ma Incarnatione; quali brevi si conservano nel monastero.A primo settembre fu eletto e stabilito per fattore m. Gio. Batt.ta Ri-gaccioli; a 23 settembre per breve di Sua Santità fu profanata la chiesa compra dalli padri dello Scole Pie.A primo ottobre fu costituito per padre spirituale e confessore di questo monastero il padre Geronimo Barberi fiorentino canonico di S. Maria in via Lata; continuò tal carica sino alla morte che fu li 4 agosto 1655.A dì 10 Dicembre monsignor Gio. Battista Altieri vescovo di Camerino, vicegerente del cardinal Ginetti vicario di N.ro Signore consegnò per ordine di Sua Santità alle sue nepoti, la m.re suor Innocenza e m.re suor Maria Grazia Barberini, il tesoro de santi corpi Clemente, et Exuperan-tia martiri, quali furono adornati e riposti in cassette d’ebano [...].1640. A dì primo Genaro per ordine del regnante Pontefice monsignor Vicegerente Altieri consegnò alle due madri fondatrici le vesti dei santi martiri Vittorino e Sinforiano, cavate dal cimitero di S. Callisto [...].A dì [...] Aprile doppo tredici mesi e molte istanze delle religiose di S. Maria degli Angeli in Fiorenza che richiedevano la loro madre Priora, con le solite licenze et accompagnamenti tornarono al loro primo mona-stero la madre Maria Gratia Pazzi, suor Maria Puccini, suor Maria Mi-nima Strozzi, suor Maria Arcangela novitia, e suor Fede conversa 14.A dì 27 Maggio fu eletta per madre Priora la r.da madre Innocenza Bar-berini; ricevè di commissione di S. S.tà li voti l’e.mo Sig. Card.le Fran-cesco, vicecancelliere, et in nome suo confirmata la detta, distribuì gli altri offitii tra le 4 religiose, cioè alla madre del Giocondo appoggiò il carico di quanto appartiene alla madre sottoposta, ma senza il titolo; la sartaria, lana e l’accompagnare li secolari alla madre suor Maria Gratia; la sagrestia, la porta e maestra delle zitelle prese per converse; alla ma-dre suor Caterina Eletta l’infermeria, la spetiaria, la dispenza, il refetto-

13 Cfr. BAV, Arch. Barb., Indice II, 1765, Chirografo di Urbano VIII di donatione di venti-mila scudi fatta dal principe Taddeo Barberini [...] con dichiarazione di pesi, vincoli e riser-ve anche di giuspatronato laicale [...].14 AGC, II CO II 11, Narrazione ossia informazione..., ff. 32r-v (Possanzini, Le Barberine..., cit., pp. 42-43).

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rio e porta; alla madre suor Maria Teresa la sagrestia, porta, ascoltatri-ce e accompagnatrice 15.In quest’anno l’ecc.ma signora d. Costanza 16 madre delle sorelle Bar-berini ottenne breve spedito li 13 settembre di vivere in questo mona-stero in abito secolare, benché di virtù religiosissima; menò seco una sua pronipote di anni cinque, chiamata sig.ra Costanza Quarasati, fio-rentina, e due damigelle, et una per servitij bassi: allora non essendovi clausura pur elle non usciva che di rado a bagiare il piede a S. S.tà e da signori figliuoli in casi urgenti, aiutando di portinara, mettendo le mani a tutto, obediente alla madre Priora, e riverente alle religiose, che incon-trandole si fermava e voleva che quelle pasassero, dicendo: a voi con-viene che sete vergini spose di Giesù, et io no, ma sono una carogna.A dì 10 Genaro Sua Santità costituì Protettore il suo fratello sig. cardi-nale Antonio S. Onofrio Capuccino, benché il Breve uscisse l’anno se-guente, 1641, X Genaro 17.A dì detto fu dato Prelato al monastero mons.r Gio: Battista Scanaroli, vescovo di Sidonia, quale dal principio della fondazione sopraintendé alle compre, spese che si fecero, et il casino ove fecero la prima entra-ta le madri che vennero da Firenze era habitato da detto Prelato, quale era in proprietà dell’em.mo cardinale Francesco Barberini Vicecancel-liere fu poi donato da S. E. alla Casa Barberini per servitio delle donne di detta Casa che bramassero vivere retirate in clausura in habito seco-lare fuora de strepiti del mondo [...].

15 AGC, II CO II 11, f. 34v (Possanzini, Le Barberine..., cit., p.44).16 Costanza Magalotti era figlia di Vincenzo Magalotti e di Clarice Capponi, proveniva da un’antica famiglia di mercanti fiorentini. Si sposò diciannovenne con Carlo Barberini (fratel-lo di Urbano VIII) ed ebbe 7 figli: Francesco (1596, morto a pochi mesi), Francesco (1597, che divenne il Cardinal Nepote noto come «il cardinale Barberino»), Camilla (1598, mona-ca), Maria (1599, maritata), Taddeo (1603, principe di Palestrina), Clarice (1606, monaca), Antonio (1608, cardinale). Delle figlie soltanto Maria si sposò a diciannove anni nel 1618 con il nobile bolognese Tolomeo Duglioli. Camilla e Clarice divennero suore, sull’esempio delle prozie Barbadori, sorelle della nonna: suor Lucrezia e suor Aurelia in Santa Felicita. Cfr. PeC-Chiai, I Barberini, «Archivi. Archivi d’Italia e rassegna internazionale degli archivi», serie II, anni XI-XII (1949), fascicolo I, pp. 11-41, e altre preziose informazioni nella: Vita di donna Costanza Magalotti, scritta da P. Francesco Leonardi della Congregazione della Madre di Dio, nel convento di S. Maria in Campitelli il 12 febbraio 1655, dedicata alle madri Barbe-rine suor Innocenza e suor Maria Grazia sue figlie, in: BAV, Barb. lat., 4842.17 Cfr. anche BAV, Arch. Barb., Indice II, 1772, Il cardinale di S. Onofrio nominato Protetto-re del Monastero dell’Incarnazione (Possanzini, Le Barberine..., cit., p. 46).

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1640. Adì 9 Luglio entrò a prova per prima monaca corista la sig.ra Anna Maria Fani [di anni 16], figlia del sig.r Fabio Fani e della sig.ra Vittoria della Riccia.A dì 15 detto le quattro madri fondatrici cambiarono li cognomi del se-colo, e la madre suor Maria Innocenza in cambio di Barberini pigliò il cognome della Ss.ma Incarnatione, la madre suor Maria Gratia del Ss.mo Sacramento, la madre suor Maria Francesca della Croce, la ma-dre suor Maria Teresa della Madre di Dio.A dì 8 Dicembre presero l’abito di sorelle converse Felice Severini e Innocenza Antonini da Camerino dopo un anno di prova. La prima si chiamò suor Angela Felice di S. Brigida, l’altra suor Obedientia di S. Ignatio, e la funzione la fece il padre confessore.A dì 14 detto venne a prova per monaca corista la sig.na Plautilla, figlia del Sig.r Mutio Contrera spagnolo, e della si.ra Cornelia De Magistris.Adì 17 vennero a prova [...].1641. In quest’anno il Sig. Card.le Francesco Barberini Vice Cancel-liere comprò il sito per fabricare di pianta il monastero, e il PP. Urbano VIII venne a visitare la nepote et a vedere il sito comprato dal cardinale Vicecancelliere e diede ordine che presto su li fondamenti, si alzasse e compisse la fabrica a spese sue, et a tale effetto diede all’hora venticin-quemila scudi, et il disegno fu opera del si.r Luigi Arrigucci» 18.

In realtà il monastero in parte fu costruito sul terreno di proprietà della fa-miglia Barberini, ma una parte del terreno fu acquistato dai padri delle Scuole Pie e fu abbattuto l’edificio del loro noviziato 19. La costruzione del monaste-ro procedeva alacremente e il nuovo edificio sarebbe stato abitato dalle mo-nache da lì a pochi anni. Per la chiesa era stata gettata già la prima pietra, be-nedetta dal cardinal Francesco. Tutto era dovuto all’interessamento e alla mu-nificenza del papa 20; egli però morì il 29 luglio 1644 e non poté vedere finita un’opera che gli stava tanto a cuore. Ma nemmeno la morte del papa rallen-tò i lavori se non per il periodo di lutto. Il primo maggio 1645 «essendosi fi-nita di accomodare quella parte di fabbrica e resa abitabile, la sera [...] andor-no processionalmente tutte le monache, con candele accese in mano, cantan-do salmi e inni, a prendere il possesso prima nel coro e doppo per li dormito-

18 Memorie, p. 9 = AGC, II CO II 11, Memorie della fondazione, f. 37r; Possanzini, Le Bar-berine..., cit., p. 47.19 BAV, Arch. Barb., Indice II, 1749, Compre fatte dalli Padri delle Scuole Pie alle Quattro Fontane per suo Noviziato, oggi Monastero delle Barberine.20 Il monastero fu visitato dal papa Urbano VIII, zio delle due sorelle fondatrici, con una cer-ta frequenza.

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ri; et andando ciascuna alla cella della santa obbedienza assegnata, s’inginoc-chiava sulla soglia della porta, domandandola alla Madre Priora per amore di Dio insieme con l’uso di tutto quello che vi era» 21.

I monasteri a Roma nel Seicento

Numerosi gli spunti che provengono da queste carte. Negli ultimi decen-ni, peraltro, è fiorita un’abbondante letteratura che ha approfondito ed ana-lizzato l’universo monacale sia nel suo insieme sia in alcuni aspetti partico-lari 22. Non è possibile se non dare appena un rapido sguardo ad alcuni pun-ti salienti.

Il numero medio 23 calcolato, sulle Listae status animarum Almae Ur-bis Romae, è di 2.500 monache a Roma nel corso del XVII secolo, circa cin-que monache ogni cento abitanti di sesso femminile, la metà se riferito alla popolazione di entrambi i sessi. Intorno al 1650 nell’area compresa tra i rio-ni Trevi, Colonna e Campo Marzio si raccoglievano case religiose per un to-tale di 960 monache. Qui erano collocati i monasteri più fiorenti o di più am-pie dimensioni, come quello delle clarisse di San Silvestro o delle benedet-tine di Santa Maria in Campo Marzio, che costituivano punti di riferimento nella vita sociale circostante, o per l’educazione alle fanciulle che vi era im-partita, o per via di personalità del patriziato che vi si erano monacate, o per

21 BAV, Arch. Barb. Indice II 1749, f. 38r. La via Pia, in cui sorge il monastero delle Barbe-rine, rimane la strada privilegiata della zona: lungo il suo tracciato, nel corso del XVII seco-lo, sorgono la chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane con il convento dei Trinitari, la chie-setta di San Cajo (poi anch’essa demolita per far posto al Ministero della Guerra, unitamente alle chiese di Santa Teresa e dell’Incarnazione con l’annesso convento). Tra la metà del XVII secolo e la metà del XVIII gli interventi più rilevanti gravano sempre sull’asse della via Pia: la chiesa di Sant’Andrea al Quirinale, sotto il pontificato di Alessandro VII (1655-1667), ad opera di Gian Lorenzo Bernini, il palazzo della Consulta, terminato nel 1739, su progetto di Ferdinando Fuga, il quale realizzerà anche la cosiddetta «Manica Lunga» quale sistemazione del palazzo del Quirinale nella parte prospiciente la via Pia, sotto il pontificato di Clemente XII (1730-1740). Fra il Seicento e il Settecento tutte le aree intorno alle Terme, non impegna-te da edifici, mutano il loro carattere agricolo in quello di parchi o giardini annessi alle ville o a conventi. Tale situazione è facilmente riscontrabile dalle documentazioni cartografiche del-l’epoca, ed in particolar modo da quella di Giovan Battista Nolli del 1748.22 Si veda la rassegna di g. zarri - F. medioLi - P. vismara ChiaPPa, De monialibus, «Rivi-sta di storia e letteratura religiosa», 33 (1997), pp. 643-715.23 Gli anni 1635-1672 sono censiti in: BAV, Barb. lat., 5075, 5076, 5077; i successivi anni del secolo in: BAV, Chigi P.VI.8; cfr.: Fiorani, Monache..., cit., pp. 66-68.

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i molteplici legami di natura economica che essi intrattenevano con i ceti so-ciali più elevati. Altri grossi concentramenti di fabbriche erano attestati lungo le vie buie e malfamate della Suburra, dove erano presenti ben 16 monaste-ri femminili, con un totale di 662 religiose. Nel rione Pigna le monache era-no 396, in Trastevere 295, 76 in Parione, 159 in Sant’Eustachio, 190 in Cam-pitelli, 17 in Borgo. In Trastevere nuove comunità in ascesa come le carme-litane di Sant’Egidio e di Regina Coeli o le benedettine di Santa Cecilia fan-no salire il contingente monastico di quel frammento di città quasi spopolato a 340 elementi. Sicché tutta la città era stretta in una fitta rete di case religio-se, che incidevano fortemente non solo sull’aspetto esteriore dei quartieri ma anche sulla vita sociale e sui rapporti umani.

Tutto il Seicento romano è un terreno fecondo di nuove esperienze di vita comune 24. Il secolo barocco fu contrassegnato da una fase di grande efferve-scenza e di espansione notevole delle fondazioni monastiche 25. Tra queste, sebbene nella realtà romana fosse ben rappresentata quasi tutta la gamma re-golare, spiccavano – costituendo più della metà dei circa quaranta monasteri – le Domenicane, le Clarisse, le Francescane, le Carmelitane 26. Queste ulti-me in particolare si ponevano, sull’onda delle traduzioni degli scritti teresia-ni a partire dal 1599 27, come una delle più pregnanti novità del mondo mo-nacale secentesco 28.

24 Ibidem.25 Ibidem, pp. 68 e segg. 26 Per due liste composte nel 1660 e nel 1719, ripartite per competenza vicariale, regola-re e di protettorato cardinalizio, e pressoché esaustive, cfr. rispettivamente: arChivio segre-to vatiCano (d’ora in poi: ASV), Misc., Arm. VII, 37, ff. 469-470 (citato anche da Fiorani, Monache..., cit., p. 72. nota 22); e n. a. Cuggiò, Della giurisdittione e prerogative del Vica-rio di Roma, in arChivio storiCo deL viCariato di roma, Atti della Segreteria, tomo LIV, ff. 385, 393.27 La Vita apparve in traduzione a Roma nel 1599 e le Lettere nel 1660; cfr.: E. marChetti, Le lettere di Teresa di Gesù. Prime traduzioni ed edizioni italiane, in Per lettera. La scrittu-ra epistolare femminile tra archivio e tipografia. Secoli XV-XVII, a cura di G. zarri, Roma 1999, pp. 263-284. 28 San Giuseppe a Capo le Case, primo dei sei monasteri d’ispirazione teresiana, era sta-to fondato nel 1598 dall’oratoriano spagnolo Francisco de Soto; nel 1610 fu la volta di San-t’Egidio del monte Carmelo; nel 1627 di Santa Teresa alle Quattro Fontane; del 1637 del mo-nastero del Corpus Domini delle «Ginnasie», dal nome del loro fondatore e protettore, il car-dinale Domenico Ginnasi, nunzio apostolico in Spagna durante il pontificato di Clemente VIII; nel 1639 fu eretto l’esclusivissimo monastero della Santissima Incarnazione, detto del-le «Barberine»; nel 1654 il monastero di Regina Coeli e infine nel 1668 quello della Conce-zione delle «Viperesche», dal nome della loro fondatrice Livia Vipereschi.

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A voler appena accennare alle più significative delle nuove fondazioni femminili, il quadro si fa subito assai gremito e articolato. Emerge tra tutte il monastero carmelitano di Regina Coeli eretto nel 1654 dalle sorelle Anna 29 e Vittoria Colonna (in religione Chiara della Passione) 30, segno materiale del-la grande espansione della mistica teresiana sul tessuto devozionale romano; un’altra casa carmelitana era già stata eretta nel 1627 da Caterina Cesi alle Quattro Fontane, intitolata a santa Teresa 31; nel 1641 viene fondato il mona-stero della Concezione al rione Monti 32, che fa perno su un’altra grande mo-naca del Seicento, Francesca Farnese 33; nel 1652 l’istituto delle agostiniane

29 Anna Colonna (1603-1647), figlia del connestabile Filippo Colonna e Lucrezia Tomacelli, sposa nel 1627 Taddeo Barberini, primo principe di Palestrina.30 Chiara della Passione (1610-1675) rappresenta il radicamento sul terreno devozionale femminile dell’esperienza carmelitana. Dopo l’influsso delle opere di Teresa e di Giovanni della Croce, a Roma fu determinante la diffusione dell’esperienza religiosa di Maddalena de’ Pazzi cui contribuì da un lato il processo di beatificazione della Congregazione dei Riti e dal-l’altro la divulgazione del suo pensiero per opera del padre Virgilio Cepari, che fu il suo con-fessore. È opera sua la prima biografia pubblicata a Roma nel 1669 dalle Carmelitane della Santissima Incarnazione. Chiara aveva trovato il suo primo approdo monastico in Sant’Egi-dio, dove rimase fino al 1654, quando la grande fabbrica di Regina Coeli poté accogliere lei e un piccolo drappello di monache. La descrizione del suo passaggio da Sant’Egidio a Re-gina Coeli è un pezzo che ci porta nel più fastoso barocco: «Giovedì sera [16 maggio 1654] l’em. card. Antonio e Carlo Barberini, assieme al sig. card. Colonna e tutti li signori Colon-nesi che sono hora in Roma, et altri signori e dame col seguito di 30 carrozze accompagnaro-no dal monastero di S. Egidio delle carmelitane scalze in Trastevere a quello fatto fabbricare a sue spese dalla principessa donna Anna Barberini, sotto il titolo della Regina del Cielo alla Lungara, la madre suor Chiara Maria, sorella minore di detto em. Colonna [...]» (BiBLioteCa Corsiniana, ms. 1753, c. 139).31 Abbondantissima documentazione in: ASV, Misc., Arm. VII, 37, ff. 90-463.32 Descrizione del convento in: a. niCoLetti, Vita della venerabile madre suor Francesca Farnese detta di Gesù Maria dell’Ordine di Santa Chiara [...], In Roma, appresso G. Dra-gondelli 1660, pp. 310 e segg.; O. montenovesi, Il monastero della Concezione ai Monti, «Archivi», pp. 313-341.33 Sulla vicenda, umana e spirituale, della inquieta damigella destinata alla brillante vita di corte e invece poi approdata alla disciplina conventuale e alle protezioni cardinalizie cfr.: s. andretta, La venerabile superbia. Ortodossia e trasgressione nella vita di suor Francesca Farnese (1593-1651), Torino 1994. Le ragioni che alimentano la pietà della clarissa France-sca Farnese (morta a 40 anni nel 1649) si ricollegano a un francescanesimo rivissuto nella po-vertà e nel distacco dalle cose create. La costante preoccupazione della Farnese fu di tradur-re nella concretezza della vita, sua e delle sue monache, la convinzione che la riforma della vita monastica femminile doveva passare per la restaurazione di valori originali della tradi-

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dei Sette Dolori, eretto alle pendici del Gianicolo da Camilla Savelli 34 con l’intervento del Borromini che vi lascia, incompiuta, una delle sue opere più alte; la lucchese Anna Moroni fonda il convento del Bambin Gesù nel 1661 35 per le fanciulle povere; nel 1668 sono trapiantate a Roma le suore dell’An-nunciazione, fondate a Genova da Maria Vittoria Strata Fornari e guidate dal gesuita Bernardino Zanoni: aprono un convento sull’Esquilino 36 con l’ap-poggio finanziario degli Orsini e regolano la loro vita ascetico-devozionale sulla spiritualità ignaziana 37. Le Orsoline aprono una casa in Trastevere nel

zione francescana: la povertà e l’assimilazione al Cristo sofferente. Per perseguire i suoi in-tenti di riforma fu fondamentale la sua intesa con i Barberini, non solo nel legame con i con-fessori di San Lorenzo in Damaso e con il rapporto con Costanza Magalotti Barberini e le no-bildonne romane orbitanti intorno a lei, ma anche direttamente con la stessa corte pontificia. Tra la Farnese e il cardinale Francesco Barberini si stabilirono rapporti intensi, in funzione di una reciproca commistione di ambizioni: il rigorismo della Farnese da una parte e la stra-tegia barberiniana di fondazione e riforma dei monasteri femminili. Ad opera del cardinale Barberini furono approvate dalla Sacra Congregazione dei vescovi (1638) le nuove costitu-zioni del monastero della Santissima Concezione di Albano, scritte dalla Farnese, e simulta-neamente il cardinale veniva investito della protezione dei monasteri farnesiani (BAV, Arch. Barb., Indice I, 775, Brevi del 1° aprile e 24 luglio 1638 per la protezione dei monasteri far-nesiani da parte del cardinal Francesco Barberini). Con l’appoggio del cardinale, la Farnese riformò il monastero di Santa Maria degli Angeli a Palestrina (feudo dei Barberini) e realiz-zò il suo ultimo progetto, e il suggello della sua vita: edificare un monastero a Roma, a due passi da dove era stata richiusa negli anni della sua adolescenza: il monastero della Santissi-ma Concezione ai Monti.34 Sul convento e la sua fondatrice cfr.: M. Bosi, La serva di Dio Camilla Virginia Savelli Farnese, fondatrice del monastero e della chiesa delle Oblate di S. Maria de’ Sette Dolori, Roma 1953. L’ascesi praticata nel convento era stata impostata con grande moderazione «in modo che - si legge nelle Costituzioni - possa divertire né deboli, né inferme di accolarvisi per attendere alla perfettione» (Ibidem, p. 68, n. 1). Pochi anni dopo la sua fondazione l’isti-tuto è popolato da 43 coriste, 10 coadiutrici, 10 converse. Altre dieci ragazze avevano inol-trato richiesta di entrare in monastero (Ibidem, p. 61).35 Cfr. G. vasi, Delle magnificenze di Roma antica e moderna [...], In Roma, nella stamperia del Chracas presso San Marco al Corso, 1747-1761, p. 40.36 ASV, Misc., Arm. VII, 36, ff. 78-79. Il loro trapianto a Roma fu consentito dietro particolari condizioni, fra cui accogliere non meno di 12 e non più di 30 coriste e 7 converse, con la sog-gezione al cardinale Vicario, che doveva fissare la dote delle monacande (Ibidem, ff. 80-80v). A. erBa, sub voce, in Dizionario degli Istituti di perfezione, I, Roma [...], coll. 668-670.37 La loro regola, si legge in un documento dell’ASV, cit., f. 79, «moderata nell’asprezza del vivere con eccellenza nella perfetta communità, nella puntualità dell’osservanza, nell’intiero

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1602 (Sante Rufina e Seconda) e una presso San Carlo al Corso in strada Vit-toria nel 1668.

Questi semplici dati non hanno la pretesa di esaurire il quadro dei nuo-vi insediamenti secenteschi a Roma, ma sono sufficienti a rendere conto del-la grande ricettività del contesto sociale in cui si esprimono. Nessun dubbio che i monasteri del Seicento a Roma, al di là del fatto religioso, costituiscono anche un fatto sociale. Essi certamente vengono incontro a esigenze di natu-ra religiosa e devozionale, ma raccolgono pure i disordinati problemi di tut-ta una società. «È la città che ha bisogno di queste “isole”, che le sollecita e le provoca, perché vi possa depositare i suoi profondi squilibri sociali e tro-vare in esse un’estrema riserva alla soluzione dei problemi che quegli stes-si squilibri provocavano e rendevano insostenibili ai più umili» 38. Premes-sa strutturale dello sviluppo delle fondazioni dei monasteri femminili a Roma e in generale in Italia, è senza dubbio, come è stato notato, l’incremento de-mografico e il generale aumento delle doti matrimoniali che si verifica in di-verse città italiane già a partire dal secolo precedente. La concezione patriar-cale della famiglia con la trasmissione dei beni patrimoniali al primogenito e l’esclusione dall’eredità delle figlie dotate è propria delle grandi famiglie de-tentrici di possessi fondiari. Il diritto alla dote, la cui consistenza è computa-ta in base alla condizione patrimoniale della famiglia, si trasforma in elemen-to discriminante fra i membri della stessa famiglia: alcune donne sono desti-nate al matrimonio e altre al convento 39. La politica familiare tende ad assi-curare ad una sola delle figlie un buon matrimonio e l’uso di versare una dote al monastero al momento della professione non è tale da far recedere le fami-glie: l’entità della dote monastica infatti è di gran lunga inferiore a quella ma-trimoniale 40.

La memoria «costruita»: le «vite esemplari» fra pietà e disciplinamento re-ligioso

Riportiamo, tra le tante, la biografia di una monaca dalle cronache del monastero:

staccamento dal mondo». Molte carte amministrative del monastero si trovano in: asroma, Corporazioni femminili, buste 5306-5326.38 Fiorani, Monache..., cit., p. 70.39 g. zarri, Monasteri femminili e città (secoli XV-XVIII), in Storia d’Italia. Annali 9: La Chiesa e il potere politico, a cura di G. ChittoLini e G. miCCoLi, Torino 1986, pp. 363-366.40 Ibidem, p. 367.

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«Adì 3 agosto 1642 – passò a miglior vita la v. madre sor Maria France-sca del Giocondo, venuta in compagnia con le fondatrici Barberine. Fu figlia del q.m Amadio del Giocondo e della sig.a Lucretia Martelli nel Giocondo. Nacque l’anno 1572 adì 7 luglio. Nel battesimo fu chiama-ta Ginevra, hebbe due fratelli e sei sorelle. Tre furono religiose e tre ac-casate. La Ginevra fu la prima e la più amata. La tenne sempre la sig.a Honesta Federici, nonna paterna. Questa signora né il padre non vole-vano in conto alcuno si monacasse; accadde che una sua cugina di casa Gondi doveva prendere l’abito in Santa Maria dell’Angeli; con tale oc-casione la Ginevra entrò per assistere al vestiario; con che gli si accreb-be il desiderio di monacarsi, confirmandosi nella santa vocatione che sempre aveva avuto; tanto che, ritornata in casa, disse apertamente vo-lersi fare religiosa in Santa Maria dell’Angioli. Suo padre faceva il sor-do, ma ella tanto disse, tanto pregò, che si contentò il padre che entras-se per dieci giorni a prova in Santa Maria dell’Angioli; ma con questo che non dicesse di volersi monacare; partito il padre, voltossi alla zi-tella che la serviva e disse: “lo dirò ben io alle madri, e poi se mio pa-dre vorrà che esca, m’ha da promettere di lasciarmi fare monaca, ovve-ro non uscirò”.Terminati li dieci giorni, furono tali li prighi che fece al padre, che egli – come timorato di Dio – conoscendo essere vera vocatione quella del-la figlia, gli diede la licenza tanto bramata; e per essere sopranumera-ria, ottenne licenza che fosse accettata e si potesse monacare adì 4 de 1586.Avanti la Ginevra s’accettasse, la nostra santa madre stando in estasi, vidde la detta fanciulla con due altre, che Dio l’haveva destinate ad ae-terno per religiose nel suo monastero, e per piante fruttifere, e che una era la Ginevra e tutte, a guisa di lucente stelle, dovevano risplendere nella santa Povertà e Semplicità.Adì 28 agosto, giorno del glorioso s. Agostino, essendo la santa in estasi vidde che il santo prendeva li nomi di tutte le monache per proteggerle, e quando giunse al nome di Ginevra (che era in monastero con altre ac-cettate) disse: “pura, humile, et imitatrice dell’Agnello Immaculato”.Altra volta la Santa Madre essendo in ratto prese un suo lavoro che non vi riluceva la semplicità religiosa, lo trinciò e gettò via, et ella restò mortificata et amaestrata.Ritrovandosi la santa in estasi predisse ad alcune religiose la loro mor-te vicina e la nostra sor Maria Francesca gli disse: “et io, Madre, mi ho a preparare à presto morire?”. Al che la santa gli rispose e disse: “quan-do io stenderò il mio dito preparati”. Così successe che alcun tempo pri-ma della sua morte essendo in choro in quest’anno per riverire e bacia-

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re il santo dito anulare già donato da papa Urbano VIII alle sue nepoti in questo monastero; nel baciare dunque ella il santo dito sentisse inte-riormente: “ho steso il mio dito, preparati”, e se bene era sempre vissu-ta santamente, com più diligenza si preparò, et alli 3 di agosto passò la sua anima al Signore; e riposò in età d’anni 70; di religione in Fiorenza 53; et in questo monastero di Roma anni due.Fu sepolta nella nostra chiesa. E preghi per noi; che Dio ci dia gratia d’imitare gl’esempi che ci ha lasciati d’humiltà, non volendo essere di-chiarata sottopriora, benché esercitasse tutto quello al che l’offitio l’ob-bligava, et essendo di sì grave età, era sì soggetta alla madre priora e ai suoi ordini che con l’esempio insegnava alle novizie l’humiltà et obe-dientia; parlava sempre di cose di Dio e delli insegnamenti uditi, et esta-si vedute della Santa Madre (Maddalena); si conosceva avere appreso il zelo che la santa haveva che si recitassero con pausa, devotione et at-tentione li divini officii; alle novizie insegnava il modo di salmeggia-re con il canto gregoriano, in cui le feste solenni si suol cantare le mes-se e vesperi solenni; lei sempre era la prima in choro, al lavoro, alle fa-tighe; e con esempio e parole accendeva tutte ad imitare il fervore del-la Santa Madre.Non vi essendo allora clausura, spesso entravano dame, ma ella quan-to più poteva fuggiva dal farsi vedere; e quando pure era necessario che vi dovesse comparire, rapiva tutte con la modesta compositione, e rag-gionamenti santi.Circa la santa povertà era tanto zelante che resettava et accomodava le sue et altrui vesti con pezze e punti, che le faceva durare molto più; e vi faceva risplendere con la povertà la semplicità e nettezza; non sta-va mai all’ozio: o lavorava o filava la capicciola o trascriveva le messe stampate di canto gregoriano, acciò per non esservene allora nel mona-stero supplissero al bisogno.Lei doppo le tre della mezzanotte chiamava le altre al mattutino, accen-deva il lume alle novitie e di subito correva al choro; et era la prima a entravi e ultima a partire; era discretissima con le novitie e con le ser-venti, e con tutte; e se vedeva alcuna afflitta e malinconica soleva dir-gli: “bambolina mia, sursum Corda”; et “in cuore tristo (cioè afflitto e malinconico) non habita Christo”.Le Costituzioni le stimava et osservava a puntino; e ne discorreva con stima tale che niuna era ardita in sua presenza mostrarne retinenza o a dirne parola in contrario; all’assistenza del SS.mo (Sacramento) stava di continuo con le mani giunte, senza partirsene sino che non si rispo-neva, eccetto l’obbedienza o charità non gliel’avessero impedito; dice-va spesso che noi religiose siamo le più felici del mondo, che basta che

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camminiamo nella discreta vita che professiamo, ma con interna virtù et esterna charità, compositione et oratione, che saremo partecipi dei me-riti dei più penitenti religiosi; e che eravamo tenute a non disordinare o a fare eccessive penitenze per mantenerci sane; e potere correre di notte e di giorno al choro, alle fatiche e obbedienze; e questo che si è detto è un abbozzo del suo santo operare et insegnare con parole e fatti.Quando morse non si trovò niente di più nella sua celletta di quello che dà la communità. Ma con la povertà vi era anche la nettezza. Fu osser-vato che essendo nel cataletto all’elevatione della messa comune, il suo volto divenne allegro e bello. Il Sig.re Iddio sia sempre lodato, e rin-graziato».

È evidente, in questa come nelle altre biografie delle monache, l’intento parenetico, la stretta analogia e la perfetta rispondenza ai contenuti della tra-dizione agiografica, in particolare a quella del Seicento 41. Viene evidenzia-ta l’appartenenza della monaca alla classe nobile (quando è di origini nobi-li). L’eventuale disprezzo della protagonista nei confronti del maggior rispet-to che le deriverebbe dall’origine nobile non fa che accrescere l’esaltazione delle sue doti di estrema umiltà: dal punto di vista strutturale la biografia spi-rituale possiede alcune caratteristiche particolari, obbedisce a stereotipi, se-condo alcuni itinerari tipo, all’interno dei quali le singole storie individuali vengono inserite. La successione cronologica degli eventi coincide infatti con l’individuazione dei momenti esistenziali più rilevanti: il tirocinio religioso sin dalla fanciullezza, il consolidarsi della vocazione e l’eventuale ingresso nel convento, l’elencazione delle virtù morali e infine la morte edificante. In tal modo la redazione delle varie biografie (a parte i puri e semplici dati ana-grafici) appiattisce completamente l’individualità dei singoli personaggi, sa-crificati e assimilati agli stereotipi di modelli esemplari.

La volontaria vocazione religiosa viene messa in evidenza, a volte anche oltre ogni limite del verosimile (quando si tratta di giovinette o addirittura di bambine). Il definitivo distacco dalla famiglia è tipico del percorso spirituale della religiosa, che attraverso questa prova deve dimostrare la propria capa-cità di allontanamento da qualsiasi tipo di affetto terreno. Il disprezzo dei le-gami terreni determina la totale dedizione a Dio la massima concentrazione nell’orazione spirituale, che conduce talvolta la protagonista a vere e proprie estasi visionarie, decisamente irrazionali, allegoriche e mistiche.

41 L. antonuCCi, Scrivere la santità. «Vite esemplari» di donne nella Roma barocca, in Sto-ria d’Italia, Annali 16: Vita civile e religiosa dal giubileo di Bonifacio VIII al giubileo di papa Wojtyla, a cura di L. Fiorani e A. ProsPeri, Torino 2000, pp. 654-676.

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Una sensibilità spirituale decisamente superiore alla norma determina al-tresì l’attribuzione delle doti di divinazione, che si manifestano nella capaci-tà di predizione del futuro e talvolta nella realizzazione di veri e propri mira-coli.

Tutte le biografie terminano descrivendo la finale tappa terrena del per-corso esemplare tracciato dalla vita delle protagoniste: la morte, che spesso sopraggiunge al termine di una dolorosa malattia. E se i tormenti delle malat-tie vengono dissimulati e sopportati con rassegnazione, anche la morte viene accettata volentieri, perché dà «principio a nuova vita».

Monache e matrone a Roma

Sin dall’inizio del XVII secolo si nota un crescente protagonismo fem-minile nei momenti più visibili e prestigiosi della vita religiosa ed ecclesiasti-ca, come l’«osservanza» nei monasteri oppure la costruzione di modelli agio-grafici, nonché nella stessa condizione laica: in entrambi i piani si segnalava l’incessante sviluppo di un decisivo matronage aristocratico che vedeva coin-volte molte «vecchie» ma soprattutto «nuove» ed emergenti famiglie romane: come gli Aldobrandini, i Borghese, i Ludovisi prima, i Barberini e i Chigi poi, che andavano sopravanzando i Colonna, gli Orsini, i Farnese 42.

Le nobildonne sono parte integrante dei momenti topici della vita reli-giosa: accompagnano le cerimonie più solenni – ingressi, vestizioni, decessi – e sostengono attivamente le economie, spesso precarie, dei monasteri. Le atti-vità verso i luoghi pii furono un tassello importante nell’ambito del sostegno assistenziale e costituirono un veicolo importante e complementare all’affer-mazione del prestigio sociale della famiglia. Tra l’aristocrazia femminile e i monasteri si stabilisce un legame assai stretto, una simbiosi e una proiezione reciproca. Per l’aristocrazia l’attenzione verso le monache e l’intrusione tra le mura claustrali significò la condivisione di un ruolo prestigioso e insieme di un contropotere familiare, di status e di genere. Inoltre disegnò un’identi-tà secolare della nobildonna cristiana, che da un lato si specchiava nella con-dizione monacale e dall’altro diveniva complementare alla ricerca della per-fezione delle altre condizioni esistenziali di figlia, sposa, madre e vedova. Per la monaca, dall’altro lato, significò una compartecipazione alle inquietudini del mondo femminile al di fuori dei «sacri recinti», che consentì, al di là dei

42 Cfr.: C. vaLone, Roman Matrons as Patrons. Various Views of the Cloister Wall, in C. A. monson, The Crannied Wall. Women, Religion and the Arts in Early Modern Europe, Michigan 1992; andretta, Potere e monache..., cit., pp. 405-407.

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consueti canali di mediazione del mondo religioso maschile, un’occasione di proiezione verso l’esterno.

Nei monasteri le nobildonne trovavano un rifugio, una casa sempre pron-ta ad accogliere e riverire. Fossero pure case rigorosamente precluse, esse rie-scono a infrangerne i divieti, a superarne i cancelli senza difficoltà. Anzi per le signore dell’aristocrazia romana era stato, per così dire, istituzionalizzato il privilegio di poter accedere all’interno dei conventi, con tanto di corteggio al seguito 43. Come se i corridoi silenziosi, gli orti e i chiostri monacali fossero chiamati ad apprestare, oltre che un contesto propizio alla meditazione delle monache, anche un salotto per nobildonne in vena di qualche originalità. An-che quando il privilegio sarà abolito almeno in un caso rimane in piedi: nel-la persona, cioè, di Cristina di Svezia, che troviamo indiscreta e loquace fre-quentatrice di monasteri romani.

Nei monasteri le nobildonne possono esercitare il potere e il fascino del madrinaggio proprio del ruolo femminile e scongiurare i rischi di una demi-nutio sociale. Vedovanza e santità sono le caratteristiche di molti luoghi pii, specialmente di quello delle Oblate di Tor de’ Specchi, fondato da santa Fran-cesca Romana, prediletto in modo speciale dalle nobildonne romane soprav-vissute al marito. Non vi è famiglia altolocata e influente in Roma che non insegua una propria politica di un’attenta cura di vecchi ma anche di recenti monasteri. Del resto il secolo barocco fu contrassegnato da una fase di gran-de effervescenza e di espansione notevole delle fondazioni monastiche 44. L’elenco delle matrone romane coinvolte (Orsini, Tomacelli, Massimi, Bor-ghese, Capizzucchi, Biondi, Lancellotti, Ludovisi, Peretti, Rondanini, Cesi, Altieri, Aldobrandini, Savelli, Cesarini, ecc.) è interminabile e pervade tut-ta la mappa della devozione pubblica e privata. La loro influenza sempre più frequentemente si innervava nell’intimo della vita stessa dei monasteri, spe-cie femminili, agendo da importante elemento di mediazione tra le comunità di religiose, la sorveglianza ecclesiastica e la città.

Negli anni centrali del Seicento si distinsero figure di grande carisma ed energia in veste di assolute protagoniste della scena romana, Olimpia Mai-dalchini Pamphilj, innanzitutto. Nel principio del pontificato di Innocenzo X

43 Le monache se ne lamentano spesso con l’autorità. In una lettera a Clemente X Altieri, scritta da alcuni monasteri romani, si sollecitano interventi «perché entrando frequentemen-te in essi, in virtù dei loro brevi apostolici, diverse dame primarie della città, e con esse intro-ducendo moltissime persone, talvolta anche d’ogni conditione e qualità sino al numero di 50 o 60 per volta, riesce non solo di gran disordine la clausura de’ medesimi tanto taccomanda-ta dal S. Concilio di Trento, ma di molta distrazione dalle cose spirituali» (ASV, Misc., Arm. VII, 37, f. 341).44 Cfr. Fiorani, Monache..., cit., pp. 68 e segg.

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Pamphilj si raccomandarono a lei i deputati del popolarissimo conservatorio-monastero di San Filippo Neri, disorientati per la morte del principale bene-fattore, per porsi sotto la sua grazia e influenza; e donna Olimpia prese tal-mente sul serio la richiesta da nominare personalmente il protettore nella per-sona del cardinale Cristoforo Vidman 45. Successivamente Cristina di Svezia, che costituì un’ingombrantissima presenza nei monasteri romani e accompa-gnò con la sua mondanità e le sue intrusioni regali tutte le insofferenze, i se-gni del disagio, gli aneliti di condivisione alla vita cittadina presenti nell’uni-verso monacale 46.

Questo universo risultò altresì marcato nel corso del Seicento in modo assai deciso dal segno barberiniano, i cui motori principali furono innanzitut-to Costanza Magalotti, l’illustre cognata di Urbano VIII, esempio di virtù «in tutti li stati di vergine, di maritata, di vedova e di monaca, et a tutti tali stati di esempio ottimo» 47 e quindi i suoi figli, i cardinali Antonio e Francesco Bar-berini. La Magalotti fu protagonista nel contribuire alla fondazione del mona-stero delle «Convertite alla Lungara», nel compiere opere sante in occasione della beatificazione di Maddalena de’ Pazzi e di santa Rita da Cascia e della canonizzazione di santa Elisabetta, nel rincorrere indefessamente ogni indi-zio di «perfettione» monacale. Fu accanto alla Farnese quando questa si recò a riformare il monastero di Palestrina. Raramente fu estranea alle imprese più rilevanti del pontefice nella sfera devozionale. Decisivo fu poi il suo appor-to quando Urbano VIII volle creare il monastero delle «Barberine», con suor Maria Grazia e suor Innocenza, sue nipoti e figlie di Costanza, che erano sta-te fatte venire espressamente con un drappello di monache dal monastero di Santa Maria degli Angeli di Firenze. Ed esse vi si accomodarono nella veste di fondatrici del monastero – perché non ci fossero dubbi sulla destinazio-ne prestigiosa – e ci vissero in compagnia di nobildonne fiorentine, genove-si, romane e napoletane. Con una partecipazione corale della famiglia, l’In-carnazione del Verbo divino venne fatto edificare vicino al palazzo Barberini e posto, con una forma mitigata, sotto la Regola carmelitana di santa Teresa. La stessa Costanza Magalotti vi morì nel 1644 dopo essersi vestita monaca in extremis. Sin dal suo esordio il monastero delle Barberine venne finanzia-

45 ASV, Misc., Arm. VII, 36, ff. 317-318. L’età delle «zitelle pericolose» si aggirava tra i sette e i diciotto anni. Erano per lo più figlie di servitori, cocchieri, garzoni, falegnami, calzettari, sarti, carrettieri, locandieri, osti, carcerati, e molte le orfane di padre. Nel 1660 poteva conta-re su 18 monache, cui erano affidate sessanta puellae (Ibidem, f. 345).46 Per nuovi scorci e per un aggiornamento bibliografico sul personaggio cfr.: L. Fiorani, Verso la nuova città. Conversione e conversionismo a Roma nel Cinque-Seicento, “Ricerche per la storia religiosa di Roma”, 10 (1998), pp. 140-155.47 Vita di donna Costanza Magalotti, in: BAV, Barb. lat., 4842, f. 2.

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to da massicce donazioni familiari. Il prefetto di Roma Taddeo Barberini fece un donativo di ventimila scudi in cambio di un «giuspatronato onorifico» 48 e nei libri contabili del cardinal Francesco Barberini l’Incarnazione «in stra-da Pia alle Quattro fontane» condivise con San Lorenzo in Damaso il primato delle sovvenzioni più munifiche 49. Questa istituzione, tributo del potere pa-pale alla città di provenienza e al modello mistico, esprimeva compiutamen-te uno spiccato esempio di monastero familiare e aristocratico: fu sempre sti-mato nell’opinione pubblica, insieme a quello delle clarisse di San Lorenzo in Panisperna, uno dei più ricchi e più ambiti per le monacazioni nobiliari 50.

48 ASV, Sec. br., 950, Diversorum, Urbanus VIII, libr. XIV, ff. 569-579.49 Nel 1639 e nel 1640 nella «fabrica» vennero impegnati rispettivamente 9.722 e 6.726 scu-di (BAV, Arch. Barb., Computisteria, 51: Libro Mastro C (1635-1640), f. 365; Ibidem, 52: Li-bro Mastro D (1641-1647), f. 87. E ancora, verso il tramonto della sua esistenza, dal 1676 al 1679, vennero elargiti 14.035 scudi, cfr.: Ibidem, 58: Libro Mastro I, f. 87. Per avere un ter-mine di paragone, mantenere una novizia in un normale monastero costava al cardinale non più di 30 scudi l’anno.50 g. PanCiroLi, Roma Sacra antica e moderna, Roma 1725, p. 160.

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IndIce

GIanna dottI MessorI Presentazione.............................................................................................. p. 3

Atti della giornata di studi di Spezzano

GIan Paolo Bustreo Gli.archivi.degli.Ordini.mendicanti.fra.Medioevo.ed.età.moderna..Considerazioni.d’insieme.e.spunti.comparativi ........................ p. 9

GIusePPe raBottI Gli.archivi.ecclesiastici.nei.convegni.di.studio.annuali.di.Fiorano.Modenese.e.di.Ravenna..Dopo.un.decennio ......................... p. 23

anna rIva - elena stendardI Per.un.censimento.degli.archivi.delle.congregazioni.religiose.femminili.di.Piacenza..Primi.risultati ....................................... p. 29

Monsignor GuIdo aGostI Monasteri.femminili.nella.Diocesi.di.Reggio.Emilia ............................... p. 47

enrIco anGIolInI L’archivio.del.monastero.di.Santa.Chiara.di.Carpi ............................... p. 63

MarIaGIulIa sandonà Gli.inventari.di.soppressione.dei.beni.mobili.di.Santa.Chiara.in.Carpi.in.epoche.napoleonica.e.sabauda ............................................. p. 67

Suor MarIa euGenIa GIGlIolI L’archivio.dell’Istituto.delle.Figlie.della.Provvidenza.per.le.Sordomute,.tra.memoria.e.profezia................................................ p. 81

Suor MarIa crIstIna MaranI o.s.a.Il monastero.del.«Corpus.Domini».di.Cento ........................................... p. 85

GIanna dottI MessorI Il.Monastero.della.Visitazione.di.Santa.Maria.di.Modena.e.il.suo.archivio:.quattro.secoli.di.storia ................................................ p. 97

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Paulo FrederIco BeBIano alunnI serra

L’archivio.del.monastero.delle.Clarisse.di.Santa.Rosa.di.Viterbo .........................................................................p. 113

Atti della giornata di studi di Ravenna

claudIa BaldInI Gli.archivi.delle.comunità.religiose.femminili.delle.Diocesi.di.Ravenna.e.Faenza.-.Modigliana .................................. p. 147

MarIaFIaMMa FaBerI o.s.c. - M. GIovanna ceretI o.s.c.L’archivio.del.monastero.delle.Clarisse.in.San.Biagio.di.Forlì ............ p. 153

claudIo rIva Gli.archivi.dei.monasteri.femminili.cesenati ......................................... p. 167

GIan lodovIco MasettI ZannInI Archivi.di.monasteri.femminili.di.Rimini ............................................... p. 179

Suor anna chIara sanullI o.s.a.Archivio.delle.monache.agostiniane.del.monasterodi.San.Giovanni.Battista.in.Forlimpopoli..Inventario ........................... p. 185

andrea FerrI L’archivio.generalizio.della.Congregazione.delle.Piccole.Suore.di.Santa.Teresa.di.Gesù.Bambino.di.Imola ............................................ p. 219

FederIca GIovannInI Le.pergamene.del.monastero.di.Santa.Maria.Maddalena.di.Sant’Agata.Feltria:.un.patrimonio.da.salvare ................................... p. 235

Suor lucIa nesPolI - crIstIna roccaForte

Dalle.Terziarie.del.Giglio.all’Istituto.Suore.Francescane.Missionarie.di.Assisi:.un.percorso.storico.archivistico.dall’Assisi.del.’700.ad.oggi ................................... p. 269

luIGI caccIaGlIa

L’archivio.del.monastero.dell’Incarnazione.detto.delle.«Barberine».(1639-1907) .............................................................. p. 303

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Atti dei Convegni del «Centro studi interregionAle sugli ArChivi eCClesiAstiCi»

1) Gli archivi parrocchiali: organizzazione, gestione, fruizione e ricerca storica,AttideiconvegnidiFioranoModenese(4settembre1996)ediRavenna(5ottobre1996),acuradie. Angiolini,Modena1997.

2) L’amministrazione archivistica e gli archivi parrocchiali,Attidelcon-vegnodiSpezzano(18settembre1997),acuradie. Angiolini,Modena1998.

3) Libri canonici e stato civile: segretazione o consultabilità? Orientamen-ti legislativi e storiografici,AttidelconvegnodiSpezzano(4settembre1998),acuradie. Angiolini,Modena1999.

4) Le vie della devozione: gli archivi dei santuari in Emilia Romagna,AttideiconvegnidiSpezzano(3settembre1999)ediRavenna(1°ottobre1999),acuradie. Angiolini,Modena2000.

5) Gli archivi capitolari dell’Emilia Romagna,AttideiconvegnidiSpez-zano(6settembre2000)ediRavenna(11ottobre2000),acuradie. An-giolini,Modena2001.

6) Gli archivi delle chiese collegiate. Problemi e prospettive,Attideicon-vegnidiSpezzano(4settembre2001)ediRavenna(5ottobre2001),acuradie. Angiolini,Modena2002.

7) Problemi di conoscenza e di integrazione: gli archivi delle diocesi ag-gregate, decentrate e soppresse,AttideiconvegnidiSpezzano(4set-tembre2002)ediRavenna(5ottobre2002),acuradie. Angiolini,Mo-dena2003.

8) Gli archivi dei Seminari,AttideiconvegnidiSpezzano(3settembre2003)ediRavenna(11ottobre2003),acuradie. Angiolini,Modena2004.

9) Le pergamene nell’era digitale,AttideiconvegnidiSpezzano(3settem-bre2004)ediRavenna(24settembre2004),acuradie. Angiolini,Mo-dena2005.

10) Cumtamquamveri. Gli archivi conventuali degli ordini maschili,AttideiconvegnidiSpezzano(16settembre2005)ediRavenna(30settem-bre2005),acuradiE.Angiolini,Modena2006.

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11) Vite consacrate. Gli archivi delle organizzazioni religiose femminili,AttideiconvegnidiSpezzano(20settembre2006)ediRavenna(28settem-bre2006),acuradiE.Angiolini,Modena2007.

Perinformazioni:

AssessoratoallePoliticheculturalidelComunediFioranoModeneseFax:0536/833431E-mail:<[email protected]>SitoInternet: http://www.fiorano.it

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Finitodistamparepresso

MucchiEditorenelSettembre2007