Vincenzo Vinciguerra: "Uomini e Topi" (parte seconda), 5 marzo 2014

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    Uomini e topi (parte seconda)(Opera, 5 marzo 2014)

    Negli scantinati del ministero degli Interni i topi abbondano, poi escono, corrono lungo le fognature della

    Nazione e, spesso, si fermano ed aprono pagine e siti internet.

    A Brescia, difatti, ne funziona una a pieno ritmo, aperta da un gruppo di persone che afferma di cercare laverit sulla strage del 28 maggio 1974, in piazza della Loggia, per poi pentirsi affidandolo alla gestione di

    due ex "Lotta continua", che sono collegati ai loro simili di destra e a quanti altri devono esibire il

    loro odio verso coloro che sono impegnati nella ricerca e nell'affermazione della verit.

    I topi bresciani, alla pari di quelli romani, non hanno argomenti da contrapporre ai nostri ma, alla pari dei

    loro colleghi, riescono solo a vomitare insulti che si ritorcono puntualmente contro di loro.

    Nella loro foga di affermare l'estraneit di Carlo Maria Maggi dalla strage del 28 maggio 1974, lo avevano

    elevato a punto di riferimento per quanto riguarda il giudizio ovviamente offensivo nei miei confronti:

    Maggi dice, Maggi afferma, Maggi conosce bene, Maggi qui e Maggi l.

    Maggi come la voce della verit, il cui giudizio faceva testo per i topi di "Lotta continua" e colleghi bresciani

    che in lui vedono l'innocente, il calunniato, il perseguitato.

    Erano pronti ad ululare di gioia per quello che ritenevano la scontata, certissima conclusione della vicendaprocessuale della strage di Brescia con il rigetto da parte della Cassazione dei ricorsi presentati dalla

    Procura generale di Brescia e dalle parti civili.

    L'urlo gli si strozzato in gola.

    Eppure, il sospetto che questa volta l'esito del processo per la strage del 28 maggio 1974 avrebbe potuto

    essere diverso dai precedenti il loro ex capo ed amico Adriano Sofri avrebbe dovuto nutrirlo perch lui la

    politica, soprattutto quella sporca, la conosce bene.

    Sofri si posto all'avanguardia negli attacchi al giornalista Paolo Cucchiarelli e, per interposta persona, al

    sottoscritto, rei di aver infranto il mito di Pietro Valpreda e di aver posto in risalto lalleanza fra neofascisti

    di servizio segreto, anarchici e pacciardiani negli anni del 1968-69 in odio al Partito comunista, ma non ha

    avvertito i suoi seguaci bresciani che conveniva essere loro pi prudenti.

    Questa volta, difatti, ad influire in positivo sulla decisione della Corte di cassazione c' la quasi certa visitadel presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a Brescia il 28 maggio 2014.

    Avrebbe mai potuto presentarsi Giorgio Napolitano in piazza della Loggia, a Brescia, per dire che non erano

    bastati quarant'anni per accertare le responsabilit degli esecutori della strage?

    Oggi, potr farlo potendo affermare che lo Stato ancora impegnato a cercare la verit.

    E' la prova - ma non serviva - che sempre stata la politica a condizionare ed a decidere l'esito dei processi

    per le stragi avvenute in Italia dal 1969 al 1974.

    Il tempo non ha attenuato le esigenze della menzogna di Stato, perch il potere sempre lo stesso.

    Cambiano gli uomini ma non la sua essenza n le sue alleanze internazionali, cos che il segreto sulle

    responsabilit politiche, non solo organizzative ed esecutive, dello stragismo deve essere mantenuto ad

    ogni costo, ed un individuo come Carlo Maria Maggi oggi sacrificabile senza violarlo.

    A prescindere da quello che sar poi l'esito del processo dinanzi alla Corte di assise di appello di Milano,l'innocenza di Carlo Maria Maggi gi negata sul piano storico ed implicitamente su quello giudiziario.

    Con buona pace di topi e toponi di ogni risma, la responsabilit del gruppo ordinovista veneto affermata

    in tre sentenze passate in giudicato relative, rispettivamente, alle stragi di piazza Fontana a Milano, di via

    Fatebenefratelli a Milano, di piazza della Loggia a Brescia.

    Capo unico e riconosciuto del gruppo ordinovista veneto stato sempre e solo Carlo Maria Maggi.

    Per topi e toponi di servizio segreto e di Lotta continua, c' qualcosa di peggio della generica affermazione

    giudiziaria delle responsabilit stragiste degli ordinovisti veneti agli ordini di Carlo Maria Maggi.

    C' il riconoscimento della partecipazione alla strage di piazza Fontana e a quella di piazza della Loggia di

    Carlo Digilio, l'armiere del gruppo ordinovista veneto, informatore della Cia e subalterno di Carlo Maria

    Maggi.

    C' anche quello relativo alla responsabilit di Marcello Soffiati, informatore dei servizi segreti militariamericani, confidente del Sisde, subalterno di Carlo Maria Maggi.

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    Ci voleva l'ipotizzata visita di Giorgio Napoletano a Brescia, il 28 maggio prossimo, per comprendere che in

    un gruppo ristretto come quello veneziano i due pi fidati subalterni nonch migliori amici di Carlo Maria

    Maggi non potevano aver preso parte a due stragi a sua insaputa?

    Ed il nome di Carlo Maria Maggi collegato alla fallita strage al Mottagrill "Cantagallo" a Casalecchio sul

    Reno del giugno del 1973 di cui si parla troppo poco, e al suo amico e collega Giancarlo Rognoni

    condannato per la strage del 7 aprile 1973, fallita per l'imperizia di Nico Azzi, sul treno "Torino-Roma".Per ironia della sorte, topi e toponi di Lotta continua hanno dimenticato che il caro collega ed amico di

    Carlo Maria Maggi, Giancarlo Rognoni aveva programmato la strage sul treno Torino Roma in modo da

    farne ricadere la colpa proprio su quelli di Lotta continua.

    La mobilitazione degli ex di Lotta continua a fianco dei neofascisti di servizio segreto in difesa dell'area

    stragista, non pu meravigliare chi sul passato di rivoluzionario di Adriano Sofri nutre legittimi dubbi.

    Qualcosa si conosce. Ad esempio che il giornale "Lotta continua" veniva stampato nella tipografia, a Roma,

    della "srl Art Press", costituita a Roma da Robert Cunningham senior con la moglie e il figlio Robert junior in

    veste di amministratore unico il 1 dicembre 1971.

    Due americani targati Central intelligence agency.

    Dall'aprile del 1972, il "rivoluzionario" Adriano Sofri ci stampa il suo giornale "antiamericano" ed

    "antisistema".Altro passato fino ad oggi inosservato.

    Il giornalista Paolo Cucchiarelli pu, difatti, consolarsi: prima di odiare lui, Adriano Sofri odiava Salvador

    Allende, il presidente socialista del Cile.

    Ce lo dicono due articoli, apparsi rispettivamente su "Lotta continua" 18 agosto 1972 e il 2 settembre 1972.

    Nel primo, intitolato "Allende spara sui proletari" si accusava il presidente cileno di aver fatto sparare sui

    lavoratori in agitazione.

    Nel secondo, intitolato "Tortura i militanti rivoluzionari" si rincara la dose scrivendo che Salvador Allende

    consente che siano sottoposti a tortura i militanti dell'estrema sinistra cilena.

    Insomma, per Adriano Sofri ed i suo i amici il presidente cileno Salvador Allende era un vero mostro che

    faceva ammazzare e torturare senza piet i proletari ed i rivoluzionari marxisti cileni.

    Da gente che stampa il proprio giornale in una tipografia della Cia, l'odio contro Salvador Allende apparecome logica conseguenza di un rapporto che sempre passato sotto silenzio.

    Un rapporto che pu essere stato instaurato da una persona che ha un nome e un volto: Umberto Federico

    D'Amato, con il quale Adriano Sofri aveva, come da lui stesso ammesso, un ottimo rapporto.

    Solo che D'Amato non era solo il responsabile del controspionaggio italiano in quegli anni, era anche il

    miglior amico della Cia in Italia grazie ai suoi rapporti, risalenti al 1944, con James Jesus Angleton, uno dei

    massimi dirigenti del servizio di spionaggio statunitense.

    Per ora ci limitiamo a prendere atto che i pi accaniti assertori della purezza anarchica e dell'innocenza di

    Pietro Valpreda, nonch di quella di Carlo Maria Maggi e colleghi , hanno avuto nel loro oscuro passato

    come punto di riferimento, sia a destra che a sinistra, Umberto Federico D'Amato e gli uomini della

    divisione Affari riservati del ministero degli Interni.

    L'inizio della storia scritto. La fine la scriveremo.

    Vincenzo Vinciguerra