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institutum romanum finlandiae Passeggiata del Gianicolo 10, 00165 Roma tel. 06 6880 1674 - fax 06 6880 2349 www.irfrome.org villa lante al gianicolo institutum romanum finlandiae

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institutum romanum finlandiae

Passeggiata del Gianicolo 10, 00165 Romatel. 06 6880 1674 - fax 06 6880 2349

www.irfrome.org

villa lante al gianicoloinstitutum romanum finlandiae

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2004

1998-1999

1975

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1974-19751972

1957-1959

1954

1965

1950

1950-1953

1946

1909

1887

18371817

1807

1795-1801

1551

1534

1518

cronologiaindice

cronologia

villa lante al gianicolo

baldassarre turini

giulio romano

casino turini

architettura

interni

vestibolo

salone

quadro di valentin de boulogne

loggia

camere laterali

famiglia lante

altri proprietari

famiglia helbig

l'attività dell'istituto

la fondazione e l'acquisto di Villa Lante

attività di ricerca dell’istituto

pubblicazioni e la biblioteca

conferenze al pubblico e amici di villa lante

referenze

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iniziano gli scavi di Lacus Iuturnae al Foro Romano

l’Istituto avvia l'attività di ricerca archeologica nella zona di Roma

2° ristrutturazione, il restauro degli stucchi e degli affreschi

con i primi corsi scientifici e il primo gruppo di lavoro l'Istituto comincia la lunga tradizione dello studio del-l'epigrafia

inaugurazione dell’Istituto

il generale Demetrio Helbigacquista la villa

l’archeologo Wolfgang Helbigaffitta la villa dalle suore del Sacro Cuore

la villa passa dalla famiglia Borghese alla Società del Sacro Cuore di Gesù

la famiglia Lante acquista la villa

fine dei lavori di costruzione

Baldassarre Turini assegna a Giulio Romano il progetto della costruzione della villa

50° anniversario dell’Istituto

3° ristrutturazione direttada Tancredi Caunchio

il restauro della loggiadiretta da Paolo Marconi

inizio degli studi sui bolli laterizi e sull'industrialaterizia romana

1° ristrutturazione direttada Adriano Prandi lo Stato finlandeseacquista la villa

Göran Stenius affittauna parte della villa

la famiglia Borghese acquista la villa dai Lante

restaurazione e ampliamentodiretti da Giuseppe Valadier

Virginio Braccio aggiungela scalinata attuale a due rampe

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villa lante al gianicolo

Villa Lante al Gianicolo è una delle ville romane meglio conserva-te del Cinquecento: insieme a Villa Madama è una preziosa testimo-nianza dei lavori della scuola di Raffaello a Roma e della «nuova era aurea» dei papa Medici. Baldassarre Turini da Pescia, da buon umani-sta, voleva che la sua villa sorgesse sul luogo che aveva ospitato quella della villa di un ricco parente del poeta romano Marziale, il cui pano-rama era stato immortalato dal poeta ed iscritto in forma abbreviata sulla parete della loggia della villa: Hinc totam licet aestimare Romam. L'architetto della Villa, Giulio Romano, volle, secondo Christoph L. Frommel, edificare un Gesamtkunstwerk anticheggiante nello spirito di Raffaello: tutti gli ambienti sono spazialmente proporzionati e pre-sentano un'organica fusione di architettura, scultura e pittura. La villa è stata restaurata dopo l'acquisto da parte dello Stato Finlandese nel 1950 da Adriano Prandi (1950–53) e da Paolo Marconi (1972, 1980). Gli affreschi e gli stucchi sono stati restaurati ultimamente negli anni 1974–75 e 1998–99 durante la ristrutturazione dell'Istituto. La villa è oggetto di interesse di numerosi storici dell'arte: oltre alla monografia di Henrik Lilius (1981) sono da menzionare gli studi del professor Frommel. Nel 2005 fu pubblicato a cura di Tancredi Carunchio e Simo Örmä un libro sulla storia della Villa dai Turini agli Helbig.

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Baldassarre turini

Baldassarre Turini, il costruttore della villa, nacque nel 1486 a Pe-scia, nella Valdinievole, da un'illustre famiglia locale con tradizioni di mecenatismo. Baldassarre studiò di legge e in giovane età venne in contatto con la famiglia Medici. Nel 1512 era al seguito del cardinale Giovanni de' Medici e lo seguì in prigionia dopo la battaglia di Raven-na. Quando il cardinale Giovanni fu eletto papa nel 1513 col nome di Leone x, Turini venne a Roma e divenne un uomo di fiducia della famiglia. Più tardi raggiunse l'importante carica di datario del papa. Leone x aveva intenzione di nominarlo cardinale, ma morì inaspetta-tamente del 1521 e la nomina non avvenne mai.

Durante il breve papato di Adriano vi, Turini dovette dimettersi dai suoi incarichi, mentre Giulio de' Medici, diventato papa Clemen-te vii, lo nominò nuntius, agente o corriere di fiducia al servizio del papato e della famiglia de' Medici. A Roma ricoprì anche la carica di magister viarum, con compito di sovrintendere all'attività edilizia nella città. Inoltre era amministratore dei palazzi delle famiglie Medici e Strozzi.

Infine, Paolo iii nominò Turini chierico di camera apostolica e se ne servì come in occasioni particolarmente importanti, come all'esempio durante la visita di Carlo v del 1536. Baldassarre Turi-ni morì nell'ottobre del 1543 e la sua salma fu deposta nella chiesa parrocchiale di S. Eustachio, vicino alla quale egli aveva acquistato un complesso di case, e poi traslata nella natia Pescia. Nel duomo di Pescia gli fu eretto un monumento sepolcrale da Raffaello da Monte-lupo. Turini fu legato ai più importanti artisti operanti a Roma nella prima metà del Cinquecento. Come testimonia Giorgio Vasari nelle sue famose Vite, egli commisionò quadri sia a Leonardo da Vinci sia a Raffaello e fu anche tra gli esecutori testamentari di quest'ultimo. Era amico intimo del giovane allievo di Raffaello, Giulio Romano, archi-tetto e pittore Giulio, infatti, fece i disegni per la sua vigna sul Giani-colo, come descrive Vasari: «Giulio intanto essendo molto dimestico di messer Baldassarri Turini da Pescia, fatto il disegno e modello, gli condusse sopra il monte Gianicolo, dove sono alcune vigne che hanno bellissima veduta, un palazzo con tanta grazia e tanto commodo, per tutti quegl'agi che si possono in un sì fatto luogo desiderare, che più non si può dire...»

Giulio romano

Giulio Pippi, detto «Romano», architetto, pittore e decoratore, nacque a Roma intorno al 1499 e si formò giovanissimo alla scuola di Raffaello. Fu tra i collaboratori di Raffaello durante i lavori di Villa Madama e probabilmente qui maturarono le riflessioni complesse che lo condurranno a una concezione molto personale dell'architettura. A Roma eseguì le sue prime opere: Palazzo Salviati sulla Via della Lunga-ra, Palazzo Maccarani e la villa di Baldassarre Turini. Già queste opere esprimono il personalissimo stile dell'architetto Giulio Romano: il dialogo tra le forme classiche e anticlassiche, tra elementi tettonici e atettonici e la libertà con cui sente le proporzioni.

Nel 1524 il marchese Federico ii Gonzaga, su raccomandazione di Baldassare Castiglione, invitò Giulio a Mantova dove rimase fino alla sua morte, avvenuta nel 1546. A Mantova realizzò il Palazzo Te, la residenza estiva dei Gonzaga, considerato dagli studiosi la prima significativa espressione del manierismo sia per la concezione archi-tettonica sia per la decorazione pittorica e scultorea. Negli ultimi anni della sua vita Giulio si dedicò all'architettura sacra: gli furono affidati la trasformazione della chiesa di S. Benedetto di Polirone e il rifaci-mento dell'interno del duomo di Mantova. Con il suo personale stile e senso estetico, con le sue «licenze» e «sproporzioni», Giulio Romano

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resta un artista isolato, anche se le sue opere conobbero rapidamente la celebrità e soprattutto il Palazzo Te fu un vero modello per l'archi-tettura dell'epoca.

Casino turini

In una lettera del 1514 il datario di Leone x, Baldassarre Turini, si lamentava del gran caldo in città e della mancanza di luoghi di rifu-gio durante l'estate. Comprò perciò un terreno di circa due ettari sul Gianicolo, allora pieno di giardini e vigne e vi avviò la costruzione di un casino sul posto.

Più tardi Turini ampliò i suoi possedimenti sul Gianicolo com-prando altre vigne sia sul lato occidentale (ora sparito) sia sul lato settentrionale (sotto il monastero di Sant'Onofrio) del colle. Anche se le fonti sull'argomento sono scarse, è molto probabile che questo rifu-gio estivo di Turini sia servito come un luogo per la meditazione e la conversazione con gli amici, funzionari della corte apostolica, letterati ed artisti. L'edificio non era destinato ad uso abitativo: sappiamo che Turini possedeva diverse piccole case nel centro di Roma e sembra, da un disegno di Antonio da Sangallo il Giovane mai realizzato, che progettasse un «palazzetto» per sé in piazza Nicosia, accanto al grande Palazzo Strozzi.

I lavori di costruzione della villa erano molto probabilmente già in corso nel 1519 anche perchè Raffaello, morto nel 1520, aveva parlato a Baldassarre Castiglione della vigna del «datario». L'architetto della villa fu Giulio Romano, allievo prediletto di Raffaello e la decorazione pittorica fu eseguita da altri artisti della sua scuola: Vincenzo Tamagni da San Gimignano, Polidoro da Caravaggio e Maturino. Il papa Cle-mente vii visitò la villa nel gennaio 1525 e si può desumere, quindi, che la parte più importante dell'edificio con la decorazione pittorica doveva essere compiuta. È probabile che durante il Sacco di Roma la villa sia stata danneggiata: nel salone si è conservato il famoso graffito «A dì 6 de magio 1527 fo la presa di Roma». Nella loggia la data 1531 dovrebbe indicare la fine dei lavori di ricostruzione. Dopo la morte di Turini suo nipote Julio affittò la villa nel 1548 al cardinale Georges d'Armagnac, ambasciatore di Francia e parente della casa reale france-se. Nel 1551 tutta la proprietà passò alla famiglia Lante.

Architettura della villa

Il fabbricato, collacato in cima al colle gianicolense secondo il mo-dello delle ville medicee, ha quasi integralmente conservato il proprio aspetto originario composto da un piano seminterrato a monte, da un poderoso piano terreno, dal primo piano e dall'attico. Il volume della villa è cubico ed è coperto da un tetto a piramide. Secondo Lilius la stereometria dell'architettura è derivata dai modelli toscani. I prospet-ti delle facciate sono scanditi da due ordini architettonici sovrapposti – dorico oppure tuscanico e ionico. La trabeazione dorica è priva di fregio ma con una serie di gocce. Il contrasto tra ordini architettoni-ci è definito da Frommel «inantico» e racconta – come altri dettagli dell'architettura – dello spirito «libero» di Giulio Romano rispetto ai canoni della tradizione classico-normativa di Bramante.

Estranea alla tradizione classica è anche la struttura dell'attico con un ordine «astratto» nel quale le paraste senza capitelli e senza basi hanno solo lo scopo di dividere le pareti. Sul fronte est, rivolta verso la città, si apre una loggia affacciata sul panorama di Roma e caratte-rizzata da un motivo a serlina composta da tre fornici arcuati e da due trabeazioni con sostegni. Le quattro colonne di marmo pavonazzetto sono probabilmente antiche. Le facciate sono intonacate e le paraste in stucco romano con basi e capitelli in peperino, originariamente anche essi coperti da stucco. Secondo alcune tracce, oltre agli stucchi bianchi, si utilizzò anche lo stucco colorato, a mò di marmi colorati. Il travertino è usato soltanto per l'architrave delle colonne della loggia.

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IV

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Interni

Il piano terra rappresenta il piano nobile della villa. Il portale ori-ginale con un'edicola a frontone arcuato, visibile nell'affresco che rap-presenta ritrovamento della tomba di Numa Pompilio, è stato sostitui-to nei secoli seguenti dalla attuale scalinata a due rampe per raccordare la villa con il livello del terreno che è più basso. Ai lati del vestibolo sono collocate simmetricamente due stanze, oggi l'ufficio dell'Istituto e lo studio. Nella fascia centrale dell'ufficio si trovano il salone a nord, il vano della scala ed un'altra stanza, oggi la cancelleria dell'Ambascia-ta presso la Sante Sede, in origine senza finestra e illuminata soltanto da luce indiretta. Infine ad est si apre la loggia, larga quanto tutta la villa, a cui si accede attraverso il salone. Tipica dell'architettura manie-ristica di Giulio Romano è la posizione asimmetrica del salone rispetto all'asse principale della costruzione. Nei piani inferiori si trovavano in origine la cucina, le dispense e la stufetta con altri affreschi, descritti da Vasari ma oggi scomparsi. I piani superiori erano probabilmente adibiti ad abitazione ed anche oggi mantengono le stesse funzioni.

Vestibolo

Il vestibolo della villa è di forma rettangolare con volta a botte. La volta stuccata è decorata da cassettoni ottagonali con rosette e da cassettoni quadrati più piccoli. Le rosette sono tutte diverse tra loro e sono state sostituite, nella fila inferiore, da maschere di leoni e di satiri. I cassettoni con rosette e maschere sono d'ispirazione antica e sono un ornamento frequente nell'architettura romana del primo Cinquecen-to. Sul timpano del vestibolo fu trovata, durante i restauri, lo stemma dipinto della famiglia Borghese che allude alla visita di Paolo v alla villa nel 1608. Duecento anni più tardi, nel 1807, visitò la villa anche Pio vii che qui potè riposarsi dalle sue gravi preoccupazioni, come racconta l'iscrizione latina sulla lapide marmorea collocata sulla parete del vestibolo.

Salone

La grande volta a specchio del salone è dominata dallo stemma di Paolo v Borghese che visitò la villa – allora proprietà dei Lante, impa-rentati con i Borghese – nel 1608. Negli angoli della volta sono pre-senti altri stemmi che testimoniano la parentela delle famiglie: l'aquila nera e il drago dei Borghese sono riuniti con le tre aquile bianche dei Lante. Agli angoli della volta sono rimaste le imprese dipinte di Bal-dassarre Turini e del papa Clemente vii. Le imprese svave e semper di Leone x sono invece in stucco.

L'impresa ovale di Clemente vii, con il motto candor illesvs si trova anche nelle Stanze Vaticane e in altri edifici di Casa Medici, come a Villa Madama. Nell'impresa di Turini, con il motto altore alto it fides altivs, appare un levriero con il capo rivolto verso un leone. I due animali sono collegati da raggi di luce che dalla bocca

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VIV

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del cane si dirigono al cuore del leone. L'interpretazione dell'impresa è abbastanza chiara: il levriero è senza dubbio simbolo del Turini e appare anche nel suo stemma, conservato nel giardino della villa e nel suo monumento funebre nel Duomo di Pescia.

Il leone invece è un accenno a Leone x e a Casa Medici, come anche i due rami d'alloro sullo sfondo. Il motto tradotto liberamente «più alta l'autorità, più alta la fedeltà» sottolinea ancora una volta la fedeltà di Turini verso Leone x. I quattro grandi affreschi del salo-ne – ora a Palazzo Zuccari – rappresentano episodi relativi alla storia dell'antico Ianiculum: l'Incontro di Giano e Saturno, il Ritrovamento della tomba di Numa Pompilio, la Fuga di Clelia e la Liberazione di Clelia. Negli scomparti più piccoli vi erano altri trentadue affreschi con amorini e scene mitologiche.

Il contenuto iconografico della decorazione degli affreschi del salo-ne è, secondo Henrik Lilius, in diretto collegamento con la propagan-da di Leone x e della Casa Medici per la nuova era sorta a Roma con l'elezione di Giovanni de' Medici sul soglio papale.

L'Incontro di Giano e Saturno sul Ianiculum rappresenta, infatti, l'inizio della età aurea dell'era antica, come il pontificato di Leone x sarà l'inizio di una nuova età aurea nell'era moderna. Inoltre nell'ope-ra storica di Egidio da Viterbo – alto prelato e letterato alla corte di Leone x – Giano come fondatore della religione degli etruschi, è pa-ragonato a San Pietro, fondatore della Chiesa di Roma. Secondo lo scrittore cinquecentesco Giovanni Nanni (Annio da Viterbo) durante l'età aurea Giano era il sovrano dell'Etruria insieme a Saturno.

Oltre a Giano, un altro personaggio fondamentale nell'insieme degli affreschi è Numa Pompilio. Il secondo re di Roma era, per la tradizione, l'organizzatore della religione nella Roma antica e il primo pontifex maximus. L'allusione è di nuovo a papa Leone x e al ruolo centrale del pontefice nella vita religiosa dei romani. Gli affreschi che raccontano episodi della guerra tra il re degli etruschi Lars Porsenna

e i romani, sono anch'essi collegati con la propaganda dei Medici: la pacificazione tra etruschi e romani significa l'unione di Roma e Firen-ze sotto la protezione di Leone x. Giorgio Vasari scrive, nella seconda edizione delle sue Vite del 1568, che la decorazione pittorica della villa fu eseguita da Giulio Romano:«furono le stanze non solo adornate di stucchi, ma di pittura ancora, avendogli egli stesso dipinto alcune storie di Numa Pompilio». Secondo la ricerca più recente, gli affreschi del salone sono attribuiti ad altri artisti della cerchia di Raffaello: a Polidoro da Caravaggio e a Maturino. Al posto originario, dentro le conchiglie in stucco, si trovano i ritratti. Questi erano in diretta con-nessione iconografica con gli affreschi: sopra le finestre sono raffigurati Giano bifronte e Saturno barbuto e nell'intradosso orientale (verso la loggia) un giovane Bacco con grappoli d'uva e Arianna con un nastro che le attraversa il petto nudo. Nell'intradosso meridionale sono rap-presentati i protagonisti della guerra tra etruschi e romani: Clelia, la fanciulla romana, e Lars Porsenna, il re degli etruschi, con una bellis-sima armatura. Sopra il camino vi sono infine un altro uomo barbuto, probabilmente Numa Pompilio, e una donna adulta, identificabile forse come Vesta, il cui culto fu stabilito a Roma da Numa.

Le pareti del salone sono dipinte ad imitazione di marmi e di altre pietre preziose, simili alle incrostazioni di epoca imperiale, ad esempio nel Pantheon. Durante il restauro del 1974 questa decorazione origi-nale fu parzialmente portata in luce, mentre una parte delle pareti fu lasciata in stile neoclassico, come testimonianza dei lavori di Valadier del 1807. A questa data risalgono anche i rilievi in gesso sopra le porte. Sono repliche di rilievi di Antonio Canova e rappresentano: Socrate che difende Alcibiade alla battaglia di Potidea e Socrate che congeda la famiglia (lato ovest, accanto al quadro di Valentin); Nascita di Bacco e Morte di Adone (lato sud); Insegnare agli ignoranti; Dar da mangiare agli affamati (lato est, verso la loggia).

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Quadro di valentin de boulogne

Il grande dipinto a olio è un lavoro di Valentin de Boulogne (1591–1632), pittore francese che lavorò a lungo a Roma. Il quadro rappresenta l'Historia d'Italia: la figura femminile con la corona turrita e una lancia in mano rappresenta l'Italia e le due figure maschili – ispi-rate agli antichi simulacri delle divinità fluviali – il Tevere (con i due gemelli e la lupa di Roma) e l'Arno con la testa cinta da una corona di

faggio accanto a un leone (simbolo di Firenze). Lo stile di Valentin è quello dei caravaggeschi con un forte uso del chiaroscuro. Sappiamo che Valentin dipinse il quadro su commissione del cardinale Francesco Barberini in occasione dell'anno santo straordinario del 1628: dopo il recente restauro, le api dei Barberini su fondo scuro sono visibili nella parte superiore del dipinto. Il quadro fu acquistato da Wolfgang Helbig nel 1898 dalla collezione Sciarra.

Loggia

La loggia offre un panorama unico su Roma abbracciando la città dal Vaticano ai Colli Albani. L'ambiente è da considerare in origine sia un belvedere che una loggia rinfrescante: costruzione interna ed esterna insieme. La decorazione della volta in stucchi non mostra più la mano di Giulio Romano e viene intrapresa soltanto dopo il Sacco, nel 1531, come racconta l'iscrizione nella parete.

Probabilmente gli stucchi sono da attribuire a uno stuccatore ro-mano, forse l'aiuto di Giovanni da Udine a Villa Madama. La volta della loggia è divisa in cerchi, in ottagoni e in rettangoli. I temi sono tratti dalla mitologia antica e al centro della volta possiamo vedere le divinità del cielo: Luna, Giove e Sole. I rilievi non formano comun-que un filo narrativo come per gli affreschi del salone e delle camere laterali.

Oltre ai rilievi figurativi, le pareti laterali accolgono alcuni rilievi con l'impresa di Baldassarre Turini e i motivi medicei svave, candor illesvs e semper. Gli stucchi furono già descritti in una lettera da Girolamo Rorario, contemporaneo di Turini che aveva fatto visitare la villa a un gruppo di tedeschi senza incontrare il padrone di casa. Secondo la descrizione di Rorario gli stucchi erano bianchi e anche i restauri moderni hanno confermato che almeno le figure dei rilie-vi sono sempre state bianche. Il fondo degli stucchi cinquecenteschi, invece, era spesso colorato ma a Villa Lante non si è trovato nulla che abbia confermato che il fondo dei rilievi fosse in origine colorato.

I quattro rilievi collocati in basso sulla parete est, con i simboli delle quattro stagioni, sembrano neoclassici e sono forse da collegare al restauro di Valadier. Sulla parete meridionale vi era in origine la firma del costruttore della villa, ora sparita: bal(dassar) turinis de pis(c)ia animi causa f(ecit). Anche altri rilievi in stucco delle pareti laterali sono andati perduti, ne sono rimaste soltanto tracce sulla superficie delle pareti. Oggi è visibile invece, sopra la porta della biblioteca, l'iscrizione virgiliana hanc ianvs pater hanc satvrnvs condidit

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vrbem – probabilmente contemporanea al restauro di Valadier – per mettere ancora in rilievo l'importanza del Gianicolo nella storia di Roma. Quattro iscrizioni nella volta ricordano altre date importanti nella storia di Villa Lante: la data 1531 ricorda probabilmente l'anno della fine dei lavori di costruzione della villa, la data 1807 il restauro di Valadier. Nel 1953 furono terminati i lavori di restauro della villa e la data più recente – 1972 – sotto l'arcata meridiana, ricorda i vari restauri della villa.

Camere laterali

Le tre camere laterali, chiamate lo studio, l'ufficio e la cancelleria, sono coperte da volte a specchio. Il campo centrale delle volte presenta in ogni stanza lo stemma con le tre aquile bianche dei Lante di Mar-cello Lante, eletto cardinale da Paolo v nel 1607. Gli intradossi delle volte sono decorate con bellissimi affreschi a grottesche, conservati meglio nello studio dove le volte non furono coperte dalle suore nell' Ottocento.

In mezzo a ogni intradosso sono stati inseriti graziosi ritratti. Nell'ufficio e nella cancelleria le volte sono ulteriormente decorate da piccoli affreschi rettangolari con scene mitologiche. Le grottesche sono ornamenti simmetrici e stilizzati, composti da figure mitolo-giche, floristiche e faunistiche. Gli artisti della cerchia di Raffaello trassero l'ispirazione per le «grottesche» dalle «grotte» dei sotterranei degli edifici antichi, soprattutto dalle rovine della Domus Aurea. Tra i motivi delle «grottesche» di Villa Lante troviamo anche i simboli di Baldassarre Turini: il levriero e il leone. I piccoli affreschi negli in-tradossi dell'ufficio e della cancelleria sono stati scoperti durante il restauro degli anni 1974–75. Gli affreschi della cancelleria sono molto danneggiati e alcuni furono addirittura distrutti nel 1837, quando la villa passò alle suore.

Nell'ufficio appaiono chiaramente scene di tre famose storie d'amore mitologiche: Amore e Psiche (intradosso ovest e sud: la visita notturna di Amore nel letto di Psiche), Bacco e Arianna (intradosso

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nord con il delfino e l'elefante come attributi bacchici) e Orfeo e Eu-ridice (intradosso est). Gli affreschi della cancelleria sono di interpre-tazione più problematica: sembra che alcuni siano soltanto decorativi. Alcuni affreschi (intradossi ovest, nord e probabilmente anche est) rappresentano invece la leggenda di Giasone: accanto al ritratto di Poliziano (intradosso nord) si può riconoscere Giasone che sta arando il campo appartenente a Marte con i tori di Vulcano che aveva cattu-rato. Il Cavaliere al galoppo accanto al ritratto di Raffaello può essere identificato con l'eroe romano Marco Curzio che, per salvare la patria, si era gettato in un abisso terribile nel mezzo del Foro Romano. Nei ritratti dello studio è palese l'ispirazione da opere di Raffaello: con qualche semplificazione sono raffigurate La Velata e La Gravida della Galleria Pitti (sopra la finestra verso nord) e la Fornarina della Galleria Barberini (nella parete verso il salone). Un altro ritratto ricorda una delle Sibille adagiate nell'arco di Santa Maria della Pace. I ritratti fem-minili dell'ufficio presentano la stessa componente raffaellesca, anche se i modelli sono meno evidenti; da notare sopratutto il bellissimo ritratto del medaglione dell'intradosso nord (verso il vestibolo) che è stato ripreso dal ritratto di Lucrezia Tornabuoni di Domenico Ghir-landaio nella Cappella Tornabuoni nella chiesa di S. Maria Novella a Firenze.

I ritratti della cancelleria rappresentano invece uomini famosi secondo la tradizione fiorentina: Petrarca, Angelo Poliziano – poeta della corte medicea – Dante e infine lo stesso Raffaello, copiato dal cosiddetto «doppio ritratto» del Louvre. Il programma figurativo delle camere laterali sembra essere tratto dalla Amorosa Visione del Boccac-cio anche se le scene non corrispondono esattamente alle descrizioni narrative del poeta. Nella sua opera il Boccaccio narra la visione di un giovane poeta, guidato da una fanciulla nel castello immaginario dell'arte. In questo castello il poeta descrive delle figure femminili pia-centi e sorridenti, dei ritratti di filosofi e poeti e delle scene mitologi-che molto simili a quelle delle camere laterali.

Famiglia lante

I Lante erano in origine mercanti pisani. A Roma uno dei mem-bri della famiglia, Gerardo Lante comprò nel 1512 un vigneto sul Gianicolo e fu il figlio di Gerardo, Michele, il primo della famiglia a stabilirsi definitivamente a Roma. Egli vendette una parte del vigneto del padre a Turini che lo unì ai suoi terreni. Dopo la morte di quest'ul-timo, nel 1551 gli eredi di Michele Lante acquistarono la villa «con il suo notabile palatio». Michele Lante, tramite il matrimonio con Antonina Astalli, era imparentato con le famiglie patrizie romane. In

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XII XIII

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seguito alle nozze di Marc'Antonio, nipote di Michele, la famiglia si unì poi con la famiglia papale e ducale dei Della Rovere ed il figlio di Marc'Antonio ottenne il titolo di Duca di Bomarzo. Dal Seicento in poi troviamo membri della famiglia anche tra i dignitari ecclesiastici.

Tra i personaggi più importanti vi fu Marcello Lante, vescovo di Todi, il cui stemma è conservato nei soffitti delle stanze laterali della villa: il suo nome era fra quelli dei cardinali alla tiara pontificia in occasione del conclave del 1623. La sorella di Marcello era sposata con il fratello di Paolo v Borghese. Così i Lante erano arrivati quasi in un balzo al maggior livello della nobiltà romana. Sulle vicende della villa durante i 250 anni in cui rimase di proprietà dei Lante sappia-mo relativamente poco: i membri della famiglia avevano un palazzo nel centro di Roma, in piazza Sant'Eustachio, e non abitavano nella villa. Il giardino intorno alla villa era vasto, all'incirca nove ettari, e si estendeva dall'orto del convento di S. Onofrio alla porta di S. Pancra-zio. Una parte del vecchio giardino sparì quando Urbano vii costruì all'inizio del 1640 le mura di difesa del Gianicolo. In cambio dei ter-reni perduti la famiglia Lante ricevette la bellissima Villa di Bagnaia presso Viterbo, famosa per il suo parco e le fontane.

altri proprietari

All'inizio dell'Ottocento il patrimonio dei Lante era andato in dissesto. La famiglia vendette una parte del suo vasto patrimonio ter-ritoriale e nel 1817 anche la Villa Lante passò «per dissesti finanziari» al principe Camillo Borghese, il marito della sorella di Napoleone, Pauline. Sembra che i Borghese non avessero tanto interesse per la villa. Infatti ben presto, nel 1837, la vendettero a Madeleine Sophie Barat, la fondatrice della Congregazione delle suore del Sacro Cuore di Gesù. Nella compravendita non erano inclusi gli affreschi del salo-ne che vennero staccati dal soffitto e per decenni rimasero nei magaz-zini del Palazzo Borghese, finché nel 1891 furono venduti a Henrietta Hertz, una collezionista tedesca d'arte, e trasferiti al Palazzo Zuccari. Ancora oggi gli affreschi decorano il soffitto della sala da pranzo del Palazzo Zuccari, sede della Bibliotheca Hertziana. Madeleine Barat destinò la villa a noviziato per le giovani ragazze avviate al monacato delle suore dell'Ordine, e in tale occasione fu coperta una parte degli affreschi delle camere laterali. Quando la villa non fu più necessaria al convento, le suore l'affittarono a degli stranieri. Uno dei locatari, un pittore francese, modificò l'esterno della villa costruendo negli anni 1850 un grande atelier a ridosso del lato Sud, affiancato alla loggia;

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questa aggiunta altera l'architettura rinascimentale della villa ma è molto utile, essendo ora sede della biblioteca dell'Istituto.

Famiglia helbig

Nel 1887 il noto archeologo tedesco Wolfgang Helbig affittò la villa e qui si dedicava ai suoi studi ed al commercio d'oggetti d'arte. Con sua moglie, la principessa russa Nadine Schahawskoy, Helbig fece di Villa Lante un salotto culturale apprezzato, frequentato sia da let-terati e da musicisti, da Mommsen a Rilke, sia da nobili e si dice che la futura regina d'Italia, Elena del Montenegro, era addirittura di casa. Nel 1909 Demetrio Helbig, il figlio di Wolfgang, chimico e generale dell'aviazione militare, comprò la villa dalle suore. Il general Helbig infine affittò nel 1946 i piani superiori della villa all'incaricato d'affari di Finlandia presso la Santa Sede, il Dott. Göran Stenius. Pochi anni dopo Stenius informò la Fondazione Institutum Romanum Finlan-diae che l'anziano generale era disposto a cedere l'edificio ai finlandesi a condizioni molto favorevoli. Così la Fondazione, con i mezzi finan-ziari messi a disposizione dal fondatore della Fondazione stessa, Amos Anderson, comprò la villa nel 1950.

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Attività dell'istituto

L'Institutum Romanum Finlandiae (irf ) è un istituto umanistico di ricerca e di insegnamento. La sua attività inizia nel 1954 con sede nella villa rinascimentale al Gianicolo. Fino alla fondazione di un altro istituto ad Atene nel 1984, l'irf era l'unico istituto scientifico finlan-dese all'estero. Era naturale che il primo istituto estero finlandese ebbe luogo proprio nella città eterna: fin dal medioevo, quando la civiltà occidentale cominciò a diffondersi in Finlandia, la conoscenza della cultura classica e l'uso della lingua latina diventò parte anche della cultura finlandese. Con la fondazione della prima università finlande-se nel 1640 si diffuse ulteriormente l'uso del latino come lingua franca tra le comunità scientifiche.

Attualmente gli istituti finlandesi operanti all'estero sono sedi-ci, ma la maggior parte è di tipo culturale e la loro attività è legata piuttosto all'esportazione e agli scambi culturali. L'irf è un istituto scientifico la cui attività si concentra sulla ricerca scientifica e sull'in-segnamento. Secondo le regole della Fondazione che garantisce il mantenimento dell'Istituto, il compito dell'irf è quello di «portare la vita culturale finlandese in contatto con la cultura classica del mondo antico, di promuovere la ricerca umanistica e delle arti visive, di aiu-tare i borsisti ed i ricercatori a pianificare e realizzare i propri studi».

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Infatti l'attività di ricerca dell'Istituto si concentra soprattutto sugli studi Classici benché negli ultimi anni gli studi di medievistica abbia-no acquisito sempre più rilievo. L'Antichità e il Medioevo interessano studiosi di varie discipline: i ricercatori e gli studenti dell'Istituto sono principalmente filologi, storici, archeologi e storici dell'arte ma anche filosofi e teologi. L'irf è uno dei 34 istituti soci dell’Unione Interna-zionale degli Istituti di Archeologia, Storia e Storia dell’Arte in Roma di cui 24 sono stranieri e 10 italiani.

Alla fine del 2010, all’incirca 5500 persone hanno lavorato o stu-diato a Villa Lante. La maggior parte dei residenti lavora independen-temente sul campo scientifico o artistico utilizzando i servizi forniti dall'Istituto. Oltre alle camere, alla cucina in comune, al «parlatorio» e alla lavanderia, l'Istituto offre ai suoi residenti l'accesso alla sua biblio-teca ben fornita e ai diversi computer fornendo anche assistenza per la risoluzione di problemi pratici presso l'ufficio dell'Istituto.

Circa il 40 per cento dei residenti sono studenti; la maggior parte dei corsi tenuti nell'Istituto sono organizzati da altre organizzazzioni. Gruppi di studenti universitari vengono a Villa Lante con i loro pro-fessori affiliati a diverse tematiche per conoscere Roma e l'Italia.

Ogni anno l'Istituto organizza tre corsi tra cui il più importante è quello scientifico di 12 settimane durante il quale i ricercatori ven-gono istruiti per i progetti di ricerca. Circa ogni tre anni questo corso viene sostituito da un gruppo di lavoro scientifico il quale lavora in un progetto di ricerca sotto la guida del direttore. I partecipanti al progetto sono selezionati tra coloro che hanno frequentato il corso scientifico. Un altro corso indirizzato agli studenti è quello di intro-duzione agli studi sulle Antichità della durata di quattro settimane. Il terzo è un corso per professori liceali di storia, latino, religione o arte. Negli ultimi 30 anni 196 studenti hanno frequentato i corsi organiz-zati dall'Istituto: più di un terzo ha compiuto studi post-laurea e di dottorato. Degli ex-studenti dell'Istituto 13 sono professori universi-tari in Finlandia o all'estero.

L'Istituto svolge anche un'attività culturale attraverso numerosi concerti che si tengono nella loggia della villa. Dal 1963, a disposizio-ne di vari artisti finlandesi, c'è anche un atelier nei piani inferiori della villa, dove gli artisti lavorano normalmente un periodo di 6–12 mesi.

La Fondazione e l'acquisto di villa Lante

La Fondazione Institutum Romanum Finlandiae che sostiene l'Istituto finlandese, è stata fondata già prima della seconda guerra mondiale, nel 1938, l'anno in cui per l'Istituto fu riservato un lotto a Valle Giulia, accanto all'Istituto svedese. Il mecenate Amos Anderson sottolineò la necessità di conoscere la storia, soprattutto quella antica ed assegnò dei fondi per l'Istituto anche se la guerra e l'inflazione fe-cero seppellire il progetto per molti anni.

Subito dopo la guerra il dottor Göran Stenius, incaricato d'affari per lo Stato Finlandese presso la Santa Sede, abitò a Villa Lante e strinse amicizia con il proprietario Demetrio Helbig. Nel 1950, grazie a Stenius, Helbig vendette la villa allo Stato finlandese, il mecenate Amos Anderson donò la somma necessaria per l'acquisto e il governo e il parlamento finlandese approvarono l'acquisto. Lo Stato finlandese assegnò il diritto d'uso e il controllo della villa alla Fondazione, ma sin dall'inizio Villa Lante ha assunto anche la funzione di Ambasciata Finlandese presso la Santa Sede.

La restaurazione e la modernizzazione è stato un progetto che rese necessario un finanziamento privato notevole che però fu ampiamente rimunerato. Il primo direttore dell'Istituto, il dottor Torsten Steinby, racconta i suoi ricordi sui primi tempi dell'Istituto:«l'ambizione na-zionale fu nutrita dalla nozione che il nostro paese era il proprietario di una bellissima villa rinascimentale nella zona forse più saliente di Roma».

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na editoriale dell'Istituto, Acta Instituti Romani Finlandiae.Il primo direttore dell'Istituto, il dottor Torsten Steinby (1908–

95) si concentrò sullo sviluppo delle attività dell'Istituto per cui non dirisse un progetto di studio durante il suo mandato 1953–55.

Le iscrizioni paleocristiane del Vaticano

Il primo progetto di ricerca dell'Istituto fu iniziato da Henrik Zilliacus (1908–92), professore di lingua e letteratura greca presso l'Università di Helsinki, il quale scelse come soggetto dei suoi corsi le iscrizioni antiche, un ottimo argomento sia per gli storici che per i filologi. Inoltre l'epigrafia, era una materia adatta anche ad un istituto con meno risorse da invstire in grandi scavi archeologici. Come sog-getto del suo progetto di ricerca Zilliacus scelse le iscirizioni funerarie paleocristiane dei Musei Vaticani. Nel 1963 il suo gruppo di ricerca pubblicò il primo volume della collana il quale include oltre l'edizio-ne stessa, anche commenti sulla lingua, sui nomi, sui simboli e sugli aspetti sociali del materiale.

I graffiti del Palatino

Il professore di lingue romanze, Veikko Väänänen (1905–97), di-rettore dal 1959 al 1962, era dotato di fama mondiale per i suoi studi sul latino volgare e i graffiti pompeiani. Il gruppo di Väänänen fu am-messo a studiare i graffiti conservati sul Palatino. L'oggetto della ricer-ca era costituito dai graffiti del cosiddetto paedagogium e della Domus Tiberiana i quali danno un rara occhiata sulla quotidianità romana. La

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L'Istituto finlandese fu ufficialmente inaugurato il 29 aprile 1954. Il primo corso fu tenuto da Edwin Linkomies, professore di letteratura latina presso l'Università di Helsinki.

Il presidente del parlamento di quel periodo, K.A. Fagerholm e il primo ministro Urho Kekkonen erano in ottimi rapporti con l'Istituto e membri della delegazione della Fondazione. L'attività della Fonda-zione fu sostenuta sin dall'inizio anche dall'armatore Antti Wihuri e sua moglie. Oggi lo Stato Finlandese, tramite il Ministero dell'Istru-zione e della Cultura, sovvenziona l'Istituto per il suo regolare fun-zionamento anche se è ancora rilevante il ruolo dei donatori privati.

Attività di ricerca dell'Istituto

Progetti di ricerca dei direttori

L'idea in base all'Istituto, l'insegnamento e la ricerca della clas-sicità, era chiara sin dall'inizio e il modello era offerto dall'attività dell'Istituto scientifico svedese fondato negli anni Venti. Ogni diretto-re, il cui mandato di solito dura tre anni, è responsabile dell'annuale corso scientifico di 12 settimane. Il punto di partenza è la città Roma, la sua storia e i suoi monumenti; nello studio della classicità, ogni direttore mette in rilievo, secondo i suoi interessi di ricerca, il punto di vista archeologico, filologico, storico o quello della storia dell'ar-te. Durante l'ultimo anno del suo mandato, il direttore raccoglie un gruppo di ricerca il quale pubblica i risultati del suo lavoro nella colla-

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pubblicazione Graffiti del Palatino (1966–70) include oltre l'edizione anche analisi di storia sociale e di storia di costruzione.

I bolli laterizi di Ostia

Il professore di storia presso l'Università di Helsinki, Jaakko Suo-lahti (1918–87), si era specializzato nella storia sociale romana. Du-rante il suo mandato dal 1962 al 1965 scelse come soggetto del suo progetto di ricerca i bolli laterizi di Ostia, i quali svelano nuova in-formazione sui proprietari, sui produttori di mattoni e sulla vita eco-nomica del periodo in generale. I bolli laterizi, circa 10.000, furono copiati e commentati e successivamente pubblicati.

La romanizzazione dell'Etruria

Il successivo direttore, Patrick Bruun (1920–2007), esperto di nu-mismatica e di storia tardoantica, scelse nel 1968 come progetto la scomparsa degli etruschi a livello di lingua e di cultura. Nel 1975 uscì la pubblicazione interdisciplinaria che studia il fenomeno dal punto di vista della storia, della linguistica, della paleografia, dell'archeologia e della storia dell'arte.

Le tombe sotto il Vaticano

Nel 1968 Veikko Väänänen tornò per un anno all'Istituto. Al direttore fu affidato l'importante compito di pubblicare le iscrizioni funerarie rinvenute negli anni 1956–57 in occasione degli scavi della necropoli di età imperiale della Via Triumphalis sotto il cosiddetto Autoparco Vaticano. Più tardi i risultati degli scavi furono pubblicati sotto la direzione di Eva Margareta Steinby.

Le prime notizie sui finlandesi

Il direttore successivo, Tuomo Pekkanen (1934–), esaminò le pri-me notizie reperibili circa le tribù finlandesi durante il suo mandato 1969–72. Lo studio mirava a illustrare i vari rapporti che nei tempi più antichi correvano tra la civiltà greco-romana e i paesi dell'Europa orientale e settentrionale.

La storia di Villa Lante e le stufette rinascimentali

Henrik Lilius (1939–), archeologo e professore di storia dell'arte presso l'Università di Helsinki, condusse i lavori di restauro a Villa

Lante 1972–76 e i frutti del suo studio sull'architettura e sulla decora-zione pittorica dell'edificio furono pubblicati nel 1981. Insieme al suo gruppo di lavoro studiò la decorazione delle stufette rinascimentali in Italia. Nel 1984 i risultati della ricerca furono pubblicati nel catalogo della mostra a Castel Sant'Angelo.

Ritorno all'epigrafia

Con Heikki Solin (1938–), direttore dell'Istituto 1976–79, l'at-tenzione scientifica si concentrò nuovamente sull'epigrafia. Solin ave-va ottenuto il compito di curare la pubblicazione di un volume com-plementare al Corpus Inscriptionum Latinarum. Il suo gruppo studiò la cultura e storia del Lazio e della Campania attraverso le iscrizioni. I risultati furono pubblicati nel 1996 nel Studi storico-epigrafici sul Lazio Antico.

Lacus Iuturnae nel Foro Romano

Durante il suo mandato 1979–82, Margareta Steinby (1938–), successivamente la professoressa di archeologia romana presso l'Uni-versità di Oxford, ricevette l'incarico di dirigere gli scavi a Foro Ro-mano. In collaborazione con il Soprintendente archeologico di Roma, la scelta di Steinby cadde sul Lacus Iuturnae, una zona che non era stata studiata dopo gli scavi nel 1900. Questo era il primo progetto di scavi interamente finlandesi nel mondo mediterraneo. Il progetto era

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ampio e interdisciplinare. Gli studiosi, più di 20, che parteciparono al progetto erano archeologi, epigrafici, studiosi di storia intellettuale e sociale, di letteratura antica e di storia dell'arte.

La trasformazione culturale nel tardoantico

Veikko Litzen (1933–), professore di storia culturale presso l'Uni-versità di Turku, scelse nel 1983 di indagare la trasformazione cultu-rale avvenuta nella tarda antichità. Il programma di ricerca fu alla fine limitato al periodo 312–439. Sull'argomento sono stati pubblicati degli articoli e Veikko Litzen ha pubblicato un libro sull'argomento in finlandese.

La legislazione romana

Il professor Unto Paananen (1934–2009), filologo e storico, as-sunse la carica di direttore all'inizio del 1986. Il suo programma di ricerca si poneva l'obiettivo di studiare la legislazione della Roma re-pubblicana e particolarmente quella comiziale. Gli studi furono pub-blicati nel volume Senatus Populusque Romanus uscito nel 1993.

Le iscrizioni della necropoli dell'Isola Sacra

La filologa Anne Helttula (1942–) assunse la direzione dell'Isti-tuto nel settembre 1989. Il suo gruppo di lavoro aveva il compito di studiare e ripubblicare le iscrizioni della necropoli dell'Isola Sacra (Porto) con relativi studi sugli aspetti linguistici, onomastici e storici delle iscrizioni.

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L'attività edilizia

Margareta Steinby ritornò all'Istituto per due anni, dal 1992 fino al 1994. L'interesse di Steinby e del suo gruppo era rivolta allo studio dell'attività edilizia nella Roma repubblicana ed imperiale dal punto di vista politico-ideologici, sociali ed economici. Il gruppo lavorò a Roma e a Oxford, dove Margareta Steinby si era trasferita nell'autun-no 1994 con l'incarico di professoressa di archeologia romana.

Le donne e la ricchezza nella Roma imperiale

Päivi Setälä (1943–), direttore dell'Istituto dal 1994 al 1997, stu-diò le risorse economiche delle donne romane dal punto di vista della storia sociale ed economica. Lo scopo era quello di paragonare le ri-sorse economiche delle donne con quelle degli uomini ed esamina-re come le donne gestivano queste risorse. La pubblicazione Women, Wealth and Power uscì nel 2002. Già prima era uscito il libro Female Networks and the Public Sphere in Roman Society (1999) il quale si ba-sava su una conferenza internazionale organizzata durante il mandato di Setälä.

Acquedotti e amministrazione della fornitura acqua a Roma

Christer Bruun (1955–), professore di storia romana presso l'Uni-versità di Toronto, si concentrò sullo studio degli acquedotti dalla Roma antica fino al Seicento. A causa dei lavori di ristrutturazione a Villa Lante, Bruun non fondò un gruppo di ricerca tradizionale ma invece partecipò insieme a due suoi studenti ad una conferenza internazionale organizzato da Bruun. Il risultato fu la pubblicazio-ne Technology, Ideology, Water. From Frontinus to the Renaissance and Beyond (2003). Bruun organizzò diversi incontri internazionali sulla Repubblica romana, sui bolli laterizi di Roma e della Valle Tiburtina e su Ostia, i quali portarono a diverse pubblicazioni.

La comunicazione nel Medioevo romano

Christian Krötzl (1956–), successivamente professore di storia ge-nerale presso l'Università di Tampere, scelse come soggetto di ricerca per il suo gruppo la comunicazione e le sue caratteristiche nella Roma medievale. Il gruppo è in procinto di pubblicare una raccolta di arti-coli in cui si rifflettono le forme e gli effetti della comunicazione orale nel pieno e tardo Medioevo.

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Gli oracoli nel mondo antico

Mika Kajava (1959–), professore di lingue e cultura classiche pres-so l'Università di Turku e successivamente professore di lingua e lette-ratura greca presso l'Università di Helsinki, è stato il direttore dell'Isti-tuto dal 2003 al 2006. Il soggetto del suo progetto di ricerca sono gli oracoli e la loro consultazione degli oracoli nel periodo ellenico e romano. Alla direzione del suo gruppo gli studi hanno interessato l'at-tività degli oracoli e il loro significato per la società locale. Il gruppo sta lavorando su una co-pubblicazione.

Il diritto pubblico nella Roma repubblicana

Kaj Sandberg (1965–) è stato il direttore dell'Istituto 2006–2009. Il suo programma di ricerca si poneva l'obiettivo di studiare lo svilop-po del sistema politico nella Roma repubblicana prima delle riforme di Lucio Cornelio Silla nel primo secolo a.C.. Il progetto è ancora in corso.

L'infanzia e la religione nella Roma antica

L'autunno 2009 ha segnato l'inizio del mandato di Katariina Mustakallio (1958–). Le sue ricerche si concentrano su temi come l'infanzia, la gioventù e la socializzazione nella società Romana dall'età repubblicana al tardo antico.

Altri progetti di ricerca

Poiché all'Istituto lavorano anche altri ricercatori oltre agli studiosi del gruppo del direttore, a Villa Lante sono nati diversi lavori scienti-fici indipendenti. Dal 1965 l'Istituto dispone di una borsa di studio annuale, donata dalla Fondazione Wihuri e destinata a un giovane studioso per attività di ricerca da svolgere a Roma. La maggioranza dei borsisti sono studiosi di studi classici o del Medioevo ma ci sono borsisti che hanno studiato periodi più recenti. Dal 2007 l'Istituto consegna annualmente una borsa di studio anche per studenti di ar-chitettura. Nel 1973 fu costituito l'incarico di assistente scientifico. L'incarico fu tradizionalmente indirizzato verso i dottorandi, ma nel 2009 è diventato un incarico post-dottorale. Diverse dissertazioni de-gli assistenti sono state pubblicate nella collana editoriale dell'Istituto.

Durante gli intervalli tra i vari corsi, l'Istituto ospita numerosi stu-diosi appartenenti ai più diversi settori di ricerca: Roma può essere fonte d'ispirazione per ricerche che per il loro svolgimento necessitano

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l'uso delle biblioteche, degli archivi o dei musei romani. Oltre agli stu-diosi del settore umanistico, Villa Lante ospita architetti, conservatori di beni culturali, artisti, scrittori, musicisti e giornalisti.

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Pubblicazioni e biblioteca

La collana editoriale dell'Istituto, gli Acta Instituti Romani Fin-landiae, comprende attualmente 36 volumi, riunisce i lavori svolti dai gruppi di ricerca dell'Istituto stesso e alcune monografie, prime fra tutte le dissertazioni di dottorato dei ricercatori che hanno svolto il loro lavoro a Villa Lante. La collana contiene anche diversi atti di convegni e seminari tenuti all'Istituto.

La biblioteca dell'Istituto comprende circa 18 000 volumi ed è de-dicata in particolare all'epigrafia, all'archeologia, alla filologia classica e alla storia antica; una piccola parte della biblioteca è dedicata a libri sulla Finlandia.

Il catalogo della biblioteca è consultabile tramite il sito dell'Unio-ne Romana Biblioteche Scientifiche (urbs) www.reteurbs.org.

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referenzeReferenze fotografiche:copertina davanti l'affresco Ritrovamento della tomba di Numa Pompilii facciata della villaii la facciata nei tempi della residenza degli Helbigiii ritratto di Giulio Romano dalle Vite di Giorgio Vasariiv pianta del pianterreno, disegno di J. Krausv cassettoni con rosette del vestibolo (foto: H. Happonen)vi salone (foto: Vasari)vii l'affresco Fuga di Cleliaviii l'affresco Liberazione di Cleliaix l'Historia d'Italia di Valentin de Boulognex loggiaxi Lucrezia Tornabuoni, l’affresco dello studio (foto: H. Happonen)xii ritratto di Raffaello nella cancelleria (foto: Vasari)xiii lo stemma del vescovo Marcello Lante (foto: H. Happonen)xiv il general Demetrio Helbigxv Heikki Solin e Jaakko Suolahti (1978)xvi partecipanti del corso dei professori con direttore Henrik Zilliacus (1958)xvii il gruppo di ricerca dei bolli laterizi di Ostia: Helena Pyötsiä, Hannele Soini, Tauno Huotari, Tapio Helén e Jaakko Suolahti (1965)xviii i partecipanti del primo corso tenuto da Edwin Linkomies, Lin- komies in fondo tavola (1954)xix Katariina Mustakallio, Simo Örmä e Eero Jarva, gli scavi di Lacus Iuturnae al Foro Romano(1981)xx un'iscrizione del gruppo di ricerca di Väänänenxxi il pittore Lauri Laine nell'atelier (2010) (foto: H. Happonen) xxii il pianista Antonio Giovannini, il compositore Pedro Amaral e il maestro Flavio Colusso nella loggia (2005)copertina retro cartello di marmo sopra la porta nella loggia (foto: H. Happonen)

Testi: Villa Lante al Gianicolo – Simo Örmä L'attività dell'Istituto – Kaj Sandberg

Impaginazione & disegno: Heidi HapponenTraduzione: Simo Örmä, Heidi Happonen, Johanna Litzen

© institutum romanum finlandiae 2010

Conferenze al pubblico e amici di villa lante

Villa Lante è aperta al pubblico e visitabile in ogni giorno feriale. La cinquecentesca villa è diventata una meta turistica apprezzata: la sua architettura, posizione e storia attirano più di duemila visitatori ogni anno.

Una volta al mese l'Istituto apre le sue porte al pubblico per pre-sentare le ricerche in corso o pubblicate nei vari settori di studio. Di solito si tratta di conferenze scientifiche tenute da studiosi finlandesi o italiani; si organizzano regolarmente anche concerti, manifestazioni di cultura finlandese e piccole mostre d'arte. Dal 2002 si organizza una rassegna di musica antica & moderna denominata L'Orecchio di Giano diretta dal maestro Flavio Colusso. Spesso nei concerti si suona con il vecchio pianoforte della famiglia Helbig, un Pleyel del 1866.

Con la sua attività di ricerca umanistica e di insegnamento l'In-stitutum Romanum Finlandiae ha una missione nazionale ma anche universale. Con una sede romana la cultura finlandese ha riscattato il suo posto in Europa.

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