Vico Acitillo 124 - Ekesy · 2009. 10. 22. · abaco vuoto del corso sottratto intatto alla cometa...

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Intimità delle lontananze di Marina Pizzi Vico Acitillo 124 - Poetry Wave

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    Vico Acitillo 124 - Ekesy

    EkesyVico Acitillo 124 - Poetry Wave

    Intimità delle lontananzedi Marina Pizzi

    Vico Acitillo 124 - Poetry Wave

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    Vico Acitillo 124 - Poetry [email protected]

    [email protected]

    Napoli, 2004

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    EkesyCollezione di scritture

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    Questa foce sciabola di cenerele castagne d’autunnoperse in estate,in bocca al candore del ghiaccioti trovo in vestaglia di setapassione termalefelicissima ragione.

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    La luna Ciclope dell’infanziafasci qualcosa che mi rimangagara d’infanzia, acciuga infantequalora la fui.Gioia al candore colmo dolorela strage immane del poco più dopoquando ginestra rossa di caliceil fulcro si arrese, comune strage.

    Musicisti silenziosii fantasmi delle nuvole.

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    Scrissi su tutti gli scartiarresa da una vita per la vitacon un salto nel buio sono a dirtiquanto le doglie delle donnecredano vita gli addobbi delle morti.Il cucciolo elemosiniere ancora guardal’impronta della madrela tavola imbandita.

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    Il gerundio claustrale del tuo donoquando ti guardo amarmiquasi nonostantele stempiate movenze dell’abbraccio.Arresa da uno stemma giammai gentiliziovissi la ressa delle gerle vuote:quanto all’alunna non imparai un bel nientema regole randagie per resistere.A piedi scalzi m’infilzai lo sguardopedante elemosina di medovuta assieme all’argine del vento.

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    In un marsupio di acrobaziem’inquietai a più non posso.Tutta la giornatala giuria di asfaltocongiura.Arresa la scritta di scrivertisa la polvere di presa coscienzaoltre le strisce pedonali.Alla catena le allodole domestichespergiurano di sé in riva al sennodi sprecata cantica.

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    Gerundio di apocalisse il tuo vuotopassato per le armi appena natodal riverbero alla foce di chissà.Intruglio di comete di bisticcioquesto segugio non ebbe amorema mentore la linea di confinebadata dal comunque impoverente.Tra vezzi giocolieri di vertiginil’altalena del verbo cangiantesignificati e discendenti.L’impero di caligine ligio alle remoredi non commetter vita la bravuramaestra alla cimasa del diorama.

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    Vecchie attrazioni quando le giostregerundiavano le infanzie.Ora le funi del sipariopaventano se stesse.La forma del cielo non diverte le nuvolené le pendule gemme di ciliegioregalano amanti.Ormai le fosse gl’indici di saldoreclamanotra carezze marittime le ceneri.L’arsione delle donne innamoratetenui rimpianti comignoli resine.

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    La pertica nudantesempre un addio.Cantilene dell’acquala bisaccia della gobba di capirequali coriandoli paterni paracadute.In limine la fronda dell’ortica- sorella di elemosine -sì del patibolo potrà il rovescio:animali da rasoterra e da velieroeliche potenti le sfilze dello sciò sciòpiù felice.

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    Il discrimine mortale del mio disdireracconta di una spugna di acetouna baraonda gemellaresenza amore né pergole mimose.Tale la pece fu delle scogliereper palude le rondini disdettefinanche genuflesso il pellicanopremuroso.Non bastò la darsena, la fidataa combaciareveleni e mieli le arringhe, le inutilioltremodo molto modeste d’echi.

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    Sparuti mesi le rive conchiusesparì la gioia.Apocalisse del pozzoil calice avvelenato delle fate.Un gruppo di comici m’indicò la viapotente elemosina di crederle:per un po’ guardai per un po’ piansipoi il vilipendio del reggenteimpedì qualsiasi pendio.

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    Il mare vicino alle finestresi stempi, stemperi la morte.La tristezza abusiva delle strade(tutta gerundio la prigione ennesima)eterne al niente.Innamorati oltre amorestagni senza ranecase senza stanzevelli di elemosine soltanto.Disastri appena venature d’asmele pertiche del rasoterrasopravviventi decenze della resistenzadello scoliaste senza buon convento.

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    Di qui le fonti si dìsfano minimepiù vecchie di un canneto di dispendiol’andarsene, centrino di stasi.

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    Del viottolo la noia stipataricorda il giocattolo votivoquando i bambini fingono i regalireciproci la pace promettendosi.Con il carrello della spesa l’ultimauscita della nonna. In un trapanodi eclissi perse l’infanziaquella farfalla sotto tecaal diletto del buio.Io la nenia l’ho lapidata quandonel viaggio si ruppero i cristalli.

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    Spugna di aceto l’orizzontequando a guardarti perdo il sennoconfisco la ragione.

    Senza gerundio il dio del verdettoquale stipetto intriso di lancetteorto viola livido di morte.

    Oltre le lacrime inceda la stambergatremenda finanche sul limitrofotonfo per sempre in piena darsena.

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    Se avessi un figliosarei infeliceoltre elemosina.Rendita del dolce averti persosenza le dita né il voltoquale non fuima sillabarioal balbettarlo.

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    Acqua dolorosaA prioriGiammai più nascitaNé tatto di caritàLa scia riarsa.A caritare passasti l’inchiostroDi tutte le brume di stanzeSopportate comunque.Aghi marini le forme meduseQuando le donne di spazi corrottiIl pane azzimo bandisconoSconcerto futuro.Non basta aversi vestali di lodeO rampolli novelli sorrisiSe il tetto che passa spioventeÈ congiurante col fato del ventoCol resto del mondo opponente confisca.

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    Un quaderno stempiato quale un candoredi girasole smunto bambinello.La chioccia della nuvola sedussefinanche le cialde che ali degli angelivolsero vicine.Occhi di requie quando già chiusi- più oltre la pena del coma -colorite domeniche con Nobel.

    Canaglia la conquista di gerundiopotrà augusta la roba del fangoqualora la venia maturi le ruspebambine spietate di cieli puntuali.

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    Tu che giuri limpido soccorsoalle mancanze cliniche del tempoalle stature magiche dei giglicosì imbrunite da rendersi,scommetti ancora dal sogno la ripresaalmeno un lembo di modello buonola preistoria a venire che contental’impero delle rendite ti dia.So invece il baco della sogliala conserva analfabeta della liricala voce amica che falena brucia.

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    Risorse di sconfitte il tuo forziereincastonato in resine di eclissi.Amore stralunato vorrei baciartidall’inguine al calvario della testaquando non insieme lasceremo l’argine.Da adesso impaglio gerle di elemosinecome a sapere solo il fatto ultimocon la pensosa aureola del sonosono nel leso e mi contraggo tutta.Nemmeno più, dormire, è più possibilegiacché i tondi dei seni più profondiscendono ad eremi, mi fermano infeconda.

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    Raccolgo un luttostretto paiodi scarpe bambine.Elemosine a conclave la sua effigierimorso di un treno a vaporefattaccio di emule giostre.

    Alla staccionata quando si giocavanon ero cosciente del vanodel vano notaio altissimo nano.Issata la vela nel mazzo di fiorinessun petalo si salvò per fresco.

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    Queste strade descritte quanto un alibieredità di tufivecchie acidule darsene,senza dubbio di dolore me le staccodalla guardiola gli occhi senza dio.Invano la ginestra si barbicadentro il valore destro della ancoraprimavera, questa stagione strenuadi colori ammanicati al cielo.Ripetente nella morte ti rivedocantante la lirica che non salvané altari né valli di cometa.

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    Prese un colpo di rondine al costatoriuscì a non morire.L’eco di un boato di rantolinon ricordò la morte.

    L’augusto pavimento del tempioinutile si avvinse inutile.

    In un pastranucolo indossato per decenniaccomodò lo zonzo di non capirené la darsena né il cielo aperto.Così minore contò la sua carcassa.

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    Origine del fato il panicodove si spenga l’eremo del bello.In un coriandolo votivo ho atteso invanotutte le bravure del silenzio,le premure sfatte a forza di divieti,le corse vuote di ragazzi illesi,il perno delle primule il più fatuoavvento di primavera.L’opera omnia del padre che non ebbiimpoverì soltanto il mio alborecon remore saturnine di bastocolme, tremule ninne per amiche.Sto ancora con gli spilli in attesadi un’alta sartoriaantenna senza onta di straforo.

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    Oltre la gioia del ciliegioanche se murata andarmeneoltre la riva delle malefemminedel malcapitato occasopassato per le armi delle ripetenze.Il remigio del palmonon portò scoperte,l’alunno fruttuoso delle pagellenon confessò la penainvalsapiù di un monumento.Il segreto sofferto contaminid’infiniti l’alba maturante.

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    Non ti voglio gerarca del mio schiantofinanco del mio panico la guardia:“se fai la cattiva arriva l’uomo nero”questo il massimo panoramadi mia madre della nonna di tutti.Nomea della disdettail massimo coriandolo concessomialla gioia, apodo il dove del vastoinceneritore. E’ domani è oggiil tornito bagliore della medagliaaddirittura infissa a mo’ di antidotoalla sterpaglia. Venga banditala madre in darsena di àncora tràdita.

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    Nel sonno delle sponde il grande giubileoofferto dalla penuria del festonelistato a lutto, stato di offerta.Mansione di rigagnolo voltarsiquando da sempre la tara della saccaè stato di provincia dell’impero.

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    Nel giro di una volpe perse tuttoperfino le mollichelle pollicine;così nudo da dar forma alle girandolesi ammansì nel perno di non essere.Nel traguardo delle spoglie in cima alle spighenon raccolse il grano della vitané quell’invito in mano alle vestalidi conquistare dio.

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    Nel giorno che si stralunatrovi fortezza l’apice del vuoto,il crocevia blasfemo pur comunquesenza via di scampo.Conobbe l’acero rosso l’ulivovolitivo, l’inguine nullo del senza,il passo cattivo del ritardo.Alla cremeria della buona gestionenon ebbe il genitorené le mitiche ossa dell’eroe salvanteincontri di patemi, guardò le terrevanissime le rondini…

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    Morì tra i tulipani, quasi contentomartire dell’inguine della violata madre.A cornucopia l’anima vedettarimase vicina a nuove ali frali,eco finanche dentro la cortecciadi boschi giovani giocosi al nevischio.L’unico vaglio lo cantò morendodisconoscendo il fato il fatuo il dottosenso, dove la lucciola comica del solelo perseguì donandogli il respiro.

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    Morì in un’aurora d’estatesbadiglio o baglioreindice di resa.Seppe badare all’angolo le rondedeste di abisso.In pena sotto l’apice del fangoconsentì la resina del piantoalle bacate remore del giornoalle dispute, disposte, del ripetere.La norma del sudario non gli reseroride biglie di centro bersaglionei giochi a marsupio delle enciclopedieinsipide al dispendio delle ceneri.

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    Mio giorno intriso di corsari e santinotte del giorno nomina del ventoabaco vuoto del corso sottrattointatto alla cometa senza zattera.

    Attico in cantina viverti per padrecorto di pane tacito di verbosmesso paese singolo soltanto.

    Balìa del seme l’eremo mortalesprema da me l’ombra sia falciatadalla cicala querula di spasmogremita dalla rotta di non farcelaoltre la luce un apice di cielo.

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    Le sorti della giornata vanno a rubase appena chiuso il rovello dell’ombrat’incontro fatto a frotta di bambini.

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    L’atleta del filo spinato(maestro di ardimento)ormai beve comete annacquatein saldo palese.Dottore malato di sfide(démodé al comando di se stessodépassé al sipario festivoquasi cinerario)mostra la corda ha dotti svantaggiè sfinito nel lettoha briglie di contenzioneper adolescenti.

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    La bicicletta di Bologna ricorda gli innamoratiquelle volate in darsene di oceaniquando le teme non perdono la gioiaanche al pianto del muro da imbrattare.Ti conobbi così solo per un filmvisto quando non era più di grido,eri il ragazzo lavico di bacida rendere la vita al più morentezaino di libri da dover studiare.

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    Ironia del vuoto

    La rupe del tuo intornotra prepotenze e svaghidà lutti lungamente preparati,improvvisi fasticon le comete sórti.Da me spauri questa trivella carsica.

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    Intimità delle lontananzeconcordie addietroera l’atrio di stanza per castello…

    oramai guardo il rammendo del tuonoquale febbre limitata per scherzoso la stregua convulsa di non farcela

    ho cedimento pure se la resinaha la vocina flebile mi tienela pietra alleggerita con la cenere.

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    Infuocato di te il mio paesaggioquando la senape non basta alle uova.Un po’ poco dirà chi fa connubiocon la luna martoriata del pozzo.Appena le girandole si frenanolimpido al niente rimane lo specchio.

    Voglia l’atrio una casa nuovavagliata dalle rondini fidate!

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    In un paesotto inquinato oltre spugnaso. Augusto so solo il cane mio amicocomico coma, costa tragica,gioco filosofico, poeta filosofico.

    So la soglia di paglia del monumento.

    Mia madre lesse meno di niente,in compenso costrinse al massimola ciotola. Mio padre lesse al massimoil sisma di rincorrere le stelle,in compenso svuotò le cassedel senso della soma.Entrambi ressero, rettori, la miainfelicità: trabiccoli, resine.

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    In tutto il gran viottolo ho visto l’abacodi non credere; cerbottane e fionde,randagio il mirino dell’amore.In meno di un corsaro frettolosotesoro l’inarrivabile, vana la bile.Frotte di cose, convalescenzedi non arrivo.

    Il gatto con la rondine del sognole s’imparenti ancora, ancora vogliavoglia la luna un rimbalzo del petto.

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    Il quaderno contumace che a malapenacerchi di non bruciarecon ninnoli nuovi da far crederepalese il gerundio del felice,fu la credula staffa della giovinezzaquando il viso di tutto declinoconserva le ceneri piccine.Più vera del vero la cometa tradenteperlustra le stanze delle petulanzei denti di bambini che crescentideragliano le aurette nel dolore.

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    Il gruzzoletto per la fineintonaca il tuo volto,antipasto della maschera funebre.Così previdenti l’arringa del basto,il galateo della tromba delle scale.Sto sul tetto del grattacielo più in alto,ma il rosmarino dell’isola terrestesogna di cucinare ancora un polloper la domenica del giorno.

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    Il pianto nudo ti sarà graditoallora se le remore del fossol’asilo di un percorso alfabeticodalla bisbetica falce alla geometriail sì non mai dorrà.Malinconica la fiacca delle cosetutte accampate a muro di sudarioallorché le resine dei bacisterili sismi i petti dei morentiallo sterminio stringono.Affannato lo sguardo storpionel rantolo affollato.Il pane appena frantoti sia amantetunica di vento la clessidrache tentò tradirtifeccia di sfida.

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    Il pesciolino comunerossoè rimasto sul fondalegerundio di assassinio.Il calendario di febbraio si condensasenza speranza gaio in fondo alin fondo al salepromessa di letargo ad altro albore.Salsa di amenità il tuo bel casofinito sotto l’abaco del comacommercio di coriandoli di cencio.

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    Il mappamondo dietro la porta,attorno ben disperse le crisalidi:codici palesiindici esausti dell’illuso, l’uso.

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    Il fontanile dell’ora tramontadà nell’onta dell’ultima bestemmia.

    Ardori di sale questo scivolodi cose sbadate in preda al fuggiascoscivolo con pisolo.In meno di una rotta ho subìto il sassopicchiato sulla tempia.

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    Il commiato delle rondini che migranoha il freddo valore della darsenasedata dalla resina del vento.Seppure sotto scorta il grembo della dearimane illiberale quasi crudeledirimpettaio al vuoto.Minore del minore il gran costruttola norma nera arrenda all’evidenzaquesta cattura d’oppio e di cipressi.In menochenonsidica ho perso tuttooltre all’aureola di volere un remoabbecedario e santo.

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    I girasoli feriti in cima al rasoterrapartigiani di enigmi in resistenzastenta, quali sterpi senza pregioridotti, dotti furono allora che l’amorecresimarono molto volentieriieri concesso senza alcuna tara.L’etimo felice quale lo conobberoin tempi di modestie ben sagacioggi nero vanto del più lugubrevaglio a tradire anche le fondeaureole del pane.Eclìzia la rondine che mancacanti la lira alfabetica al fine.

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    Mangimi di mortedeserti di regolemisfatti plurimiirridenti spocchie.

    Scendo le scale di un atelier superbomangiato dalle comiche del solei gatti fatti piatti dalla fiaccale forche senza ombre delle cicale,a pochi metri il nuovo cimitero(funzionale all’anima del futuro)scodella gendarmi aguzzi di tenaglie.

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    I bambini del saltoragionano per aliquasi divinano.In un salto vannotramortiti dentrovicoli di nessunastesura.La ridda di girotondi multipliconficca nei ricordi la dinastiadi nati per gioco,quasi ne rammento la cronicamancanza di eleganza,le fandonie delle cronache quandopostume si narrano le foto.

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    Guardami le spalle voglio l’acumedelle gioiette discolequando l’alone della prima stanzaera l’idioma di marette in asole,il piglio di comete nel taschinoera il fendente d’atrio al primo baciomangiato dalle rondini abbondanti.In una rotta di dispendiomolto lo scialoforsennata enciclopedia di perditaaggiunta infinitesima, marina.

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    Fatica di grande immane il guardare,sono lenta, ma so correre.

    Conobbi un atrio di corollene volli la durata dentro un manubriodi nubile bici.Sotto gli archi degl’innamorantiinnamoratinon mi lasciarono passarené col dialetto né con la linguafata poliglotta.Le zone gli addii non hanno matematiche,molto serrate le darsenesecolari, e se ne vanno atipiche le stelle.

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    Dentro la tasca il silenzio di penaEclissi la vicina.Sul tram vicinale vissi appenaUna cornucopia di zitte pieRonde suicide quanto le rondiniOltre le puttane delle primavereSterilissime metafore.

    Lungo i viali delle fermate ti cercaiAugusta quanto primula al disuso.

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    Con la pergola rossa quasi a piangernete ne torni dal fasto dei castellidei castelli di sabbiadove la resina rinomina le madri.Intaglio di salsedine la brinanera sopra le guglie delle culle.Non basterà la foga della tagliadi ricercatoa regalarti un ninnolo divino.

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    Con la cometa nel verso voglio andarmene,in meno di un attimo ucciderele iniziali sul corredo,fatturarmi vestiti da zonzocon scintille immenseal fasto di ogni randagioper una stoviglia da favola.In meno di un candoresparire felice rorida augustaunica goccia.Dimenticata in vita così come lo fuifoderata di salepilota di quadrifoglio,a scaloni faccio lo scalatore,mi ama il toro mai giammai infilzato.

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    Ascoltato dai flutti il tuo visodisperda la fanfara del gran sale.

    Nelle calli venete le giovinezzeparvero più grembo.

    Le fughe giovanili delle letterepermisero il lume di candelanel misero martirio delle onde.Appena nella scia del dispendiovolli primizie di migliore talamo.

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    Azzardo di resina baciartiquale pagliuca in dedica di starenon nata, dimentica comunque.Così non posso che lo sterno del rantololoquace con le rondini desertiche,in pace solo in senno di fatinala pluralità di fola dell’angelo.La scienza del patema è ben retròse non capisce perché se in fondo alla stanzalo specchio si fa spettro senza un gran che.

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    Appena di rammendo sento il giornoapolide blasfemo di retata.Il cenacolo del fato attorno a iericonsumò la luna in fondo al pozzo.In un contatto di ritarditutta finta la beltàla summa degli affetti fori sterili.

    Portami per via d’inizioin un percorsoquale, chissà,di grande batticuore.

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    Annega in un cimelio il cinerariodegl’innamorati.

    Dietro le persiane le donne stannoconsumate dall’eremofoglie di sasso.

    Vedove d’echi le chitarre darsenadove il gigante ebbe metamorfosiin un arcipelago di panico.

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    Vico Acitillo 124 - Ekesy

    Marina Pizzi è nata a Roma, dove vive, il 5-5-55. Ha pubblica-to i libri di versi “Il giornale dell’esule” (Crocetti 1986), “Gliangioli patrioti” (ivi 1988), “Acquerugiole” (ivi 1990), “Darseneil respiro” (Fondazione Corrente 1993), “La devozione di stare”(Anterem 1994), “Le arsure” (LietoColle 2004), l’e-book “Lapassione della fine” (a cura di Emilio Piccolo nella collezione“Ekesy” 2004) e le plaquette “L’impresario reo” (Tam Tam 1985)e “Un cartone per la notte” (edizione fuori commercio a cura diFabrizio Mugnaini, 1998); “Le giostre del delta” (foglio fuoricommercio a cura di Elio Grasso nella collezione “Sagittario”2004). Ha vinto due premi di poesia. Suoi versi sono presenti inriviste, antologie e in alcuni siti Web di poesia e letteratura.Si sono interessati al suo lavoro, tra gli altri, P.V. Mengaldo, L.Canali, G. Gramigna. Fa parte del comitato di redazione dellarivista “Poesia”.