VI. STORIA D’ISRAELE NELLA BIBBIA - WebDiocesi · precisamente nel periodo dell’antico impero...

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VI. STORIA D’ISRAELE NELLA BIBBIA 1. Il tempo dei patriarchi La storia biblica vera e propria inizia con Abramo. E’ il primo personaggio che possiamo collocare con una certa approssimazione in un tempo, l’età del bronzo medio (2100-1550) e più precisamente nel periodo dell’antico impero Babilonese, quando regnava Hammurabi (1792- 1750), il sesto imperatore, che ci ha lasciato un celebre codice di leggi. Sono le leggi e le consuetudini che ritroviamo praticate dai Patriarchi ebrei. Abramo era nato a Ur dei Caldei, nel sud della Mesopotamia ed era il figlio primogenito di Terak; ebbe altri due fratelli: Nacor e Aran (Gn 11,27s.). Terak emigrò a Nord, fino Carran, nel Paddan-Aram, con tutta la famiglia composta da Nacor, Abramo e il nipote Lot, figlio di Aran (morto in giovane età). Qui Terak morì, lasciando ad Abramo la custodia del nipote Lot, orfano di padre (Gn 11,31-32). A Carran, Abramo ricevette la chiamata divina in questi termini: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione . Benedirò coloro che ti benediranno, e coloro che ti malediranno, maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gn 12,1-3). Siamo circa nel 1700 a.C. «Allora Abramo partì come gli aveva comandato il Signore. Prese la moglie Sarai e Lot, figlio di suo fratello e tutti i beni che avevano acquistato in Carran e si incamminarono verso la terra di Canaan», la terra dei Cananei(Gn 12,4-5). In un primo tempo fece tappa a Sichem al centro della Palestina nella regione che più tardi sarà chiamata Samaria. Qui eresse un altare per consacrarla al suo Dio, che gli fece la prima promessa riguardante proprio quella terra: «Alla tua discendenza io darò questa terra»(Gn 12,7). Poi percorse quella terra in tutta la sua lunghezza, facendo prima tappa ad Ebron, dove più tardi comprerà da Efron proprietario del posto un sepolcro per seppellirvi i suoi morti (Gn 23). Li vicino, alle Querce di Mamre, farà la sua seconda tappa e riceverà la visita di tre personaggi celesti (18,1-15) che, in cambio della cordiale ospitalità,gli annunciarono la nascita di un figlio da parte di Sara: Isacco (18,9-15). Poi Abramo dovette scendere in Egitto in seguito alla siccità che aveva bruciato tutti i pascoli di Canaan. Lì minacciò di perdere Sara chiestagli in moglie da Abimelek re di Gera. Solo l’intervento di Dio sventò l’attentato all’ultimo momento (Gn 20). Al ritorno dall’Egitto, Abramo si stabilì a Bersabea in pieno deserto del Negeb, dove trovò abbondanza di pascoli per il suo gregge che andava crescendo. Il libro della genesi narra due alleanze che Dio stabilì con il patriarca in due circostanza distinte. La prima volta quando Abramo si lamentò di essere senza figli e quindi di non avere un futuro: «Io me ne vado senza discendenza e un mio domestico sarà un mio erede»: Dio gli propose questa garanzia: «Guarda il cielo e conta le stelle, se riesci a contarle. Tale sarà la tua discendenza» (Gn 15,3-5). Qualche tempo dopo , durante uno strano sacrificio, gli garantì ancora: «Porrò la mia alleanza e ti renderò molto numeroso Diventerai padre di una moltitudine di nazioni. Non ti chiamerai più Abram, ma ti chiamerai Abramo, perché padre di una moltitudine di nazioni io ti renderò» (17,2). codice di Hammurrabi 18°sc.a:C

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VI. STORIA D’ISRAELE NELLA BIBBIA

1. Il tempo dei patriarchi La storia biblica vera e propria inizia con Abramo. E’ il primo personaggio che possiamo

collocare con una certa approssimazione in un tempo, l’età del bronzo medio (2100-1550) e più precisamente nel periodo dell’antico impero Babilonese, quando regnava Hammurabi (1792-1750), il sesto imperatore, che ci ha lasciato un celebre codice di leggi. Sono le leggi e le consuetudini che ritroviamo praticate dai Patriarchi ebrei.

Abramo era nato a Ur dei Caldei, nel sud della Mesopotamia ed era il figlio primogenito di Terak; ebbe altri due fratelli: Nacor e Aran (Gn 11,27s.). Terak emigrò a Nord, fino Carran, nel Paddan-Aram, con tutta la famiglia composta da Nacor, Abramo e il nipote Lot, figlio di Aran (morto in giovane età). Qui Terak morì, lasciando ad Abramo la custodia del nipote Lot, orfano di padre (Gn 11,31-32). A Carran, Abramo ricevette la chiamata divina in questi termini: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti

benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione . Benedirò coloro che ti benediranno, e coloro che ti malediranno, maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gn 12,1-3).

Siamo circa nel 1700 a.C.

«Allora Abramo partì come gli aveva comandato il Signore. Prese la moglie Sarai e Lot, figlio di suo fratello e tutti i beni che avevano acquistato in Carran e si incamminarono verso la terra di Canaan», la terra dei Cananei(Gn 12,4-5). In un primo tempo fece tappa a Sichem al centro della Palestina nella regione che più tardi sarà chiamata Samaria. Qui eresse un altare per consacrarla al suo Dio, che gli fece la prima promessa riguardante proprio quella terra: «Alla tua discendenza io darò questa terra»(Gn 12,7).

Poi percorse quella terra in tutta la sua lunghezza, facendo prima tappa ad Ebron, dove più tardi comprerà da Efron proprietario del posto un sepolcro per seppellirvi i suoi morti (Gn 23). Li vicino, alle Querce di Mamre, farà la sua seconda tappa e riceverà la visita di tre personaggi celesti (18,1-15) che, in cambio della cordiale ospitalità,gli annunciarono la nascita di un figlio da parte di Sara: Isacco (18,9-15). Poi Abramo dovette scendere in Egitto in seguito alla siccità che aveva bruciato tutti i pascoli di Canaan. Lì minacciò di perdere Sara chiestagli in moglie da Abimelek re di Gera. Solo l’intervento di Dio sventò l’attentato all’ultimo momento (Gn 20).

Al ritorno dall’Egitto, Abramo si stabilì a Bersabea in pieno deserto del Negeb, dove trovò abbondanza di pascoli per il suo gregge che andava crescendo. Il libro della genesi narra due alleanze che Dio stabilì con il patriarca in due circostanza distinte. La prima volta quando Abramo si lamentò di essere senza figli e quindi di non avere un futuro: «Io me ne vado senza discendenza e un mio domestico sarà un mio erede»: Dio gli propose questa garanzia: «Guarda il cielo e conta le stelle, se riesci a contarle. Tale sarà la tua discendenza» (Gn 15,3-5). Qualche tempo dopo , durante uno strano sacrificio, gli garantì ancora: «Porrò la mia alleanza e ti renderò molto numeroso Diventerai padre di una moltitudine di nazioni. Non ti chiamerai più Abram, ma ti chiamerai Abramo, perché padre di una moltitudine di nazioni io ti renderò» (17,2).

codice di Hammurrabi 18°sc.a:C

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Sorprende il fatto che Dio, in queste promesse, non parla di una nazione, i figli d’Israele,

ma di una moltitudine di nazioni e di genti, che avrebbero allargato enormemente la paternità di Abramo in dimensione universale. Già era rotto l’esclusivismo ebraico e veniva annunciata una figliolanza di Abramo oltre ogni confine di popolo e nazione. Ciò sarà vero solo con la Chiesa di Gesù Cristo. Paolo, un ebreo convertito dirà: «Figli di Abramo sono quelli che vengono dalla fede»(Gal 3,7).

Alla nascita di Isacco, ritenuto primogenito perché figlio di Sara, la moglie libera di Abramo, (a differenza di Ismaele, figlio della schiava e quindi di secondo ordine), nasce per il patriarca un tragico dilemma: dovrà sacrificare quel primogenito a Dio, come era consuetudine dei Cananei? In Canaan si praticava il sacrifico di fondazione: Il padre uccideva il primogenito maschio e lo seppelliva in una giara sotto il pavimento della casa come garanzia di protezione. Lo scrupolo dovette durare più giorni e il dolore e la fatica del cuore sono narrati in forma di dramma figurato, (era costume degli orientali), come un viaggio verso il monte di Dio, il Moria, dove più tardi sorgerà il Tempio di Salomone per i sacrifici di animali. Con qualche segno esteriore, Dio fece capire o rivelò ad Abramo che non gradiva sacrifici umani, ma solo animali. Egli è il dio della vita e non vuole la morte di nessuno. Fu una conquista epocale che ruppe la consuetudine locale barbara e fece fare all’umani un grande balzo in avanti nella civiltà.

Di Isacco sono narrati solo due episodi significativi: il matrimonio con Rebecca e la trasmissione della benedizione ereditaria a Giacobbe. Il primo episodio si inquadra nelle consuetudini dell’oriente antico, di combinare matrimoni nella cerchia della propria tribù. Perciò Abramo invia un suo servo fidato in Carran, dove era rimasto suo fratello Nacor, a chiedere in moglie per Isacco una delle sue donne. Nacor gli concesse sua nipote Rebecca figlia di Betuel, che fu condotta in Canaan per le celebrazione delle nozze. Qui lo sposalizio fu celebrato in maniera sontuosa come comandava il cerimoniale nomade (Gn 24).

La benedizione di Giacobbe fu il risultato di un inganno perpetrato dal secondogenito con la complicità di sua madre Rebecca. Esau a cui spettava la primogenitura con le conseguenti benedizioni patriarcali, fu soppiantato furbescamente da Giacobbe, che gli carpì il bene più grande che un figlio poteva ricevere in eredità dal padre: le promesse di benessere e di protezione divine per tutta la vita (Gn 27). Ecco il testo antichissimo: «Dio ti conceda rugiada dal cielo, terre grasse,frumento e mosto in abbondanza. Popoli ti servano e genti si prostrino davanti a te. Sii il signore dei tuoi fratelli e si prostrino davanti a te i figli di tua madre. Chi ti maledice sia maledetto e chi ti benedice sia benedetto» (Gn 27,28s).

Il fatto scatenò le ire e la vendetta di Esau che si vide defraudato della sua eredità più preziosa e Giacobbe dovette fuggire a Carran, in Paddan-Aram, presso il suo nonno materno Betuel. Lì sposò due figlie di Labano, suo zio: Lia e Rachele. Giacobbe rimase in casa di Labano 14 anni e si formò una sua ricca proprietà di greggi e di armenti, e una famiglia di ben dodici figli; erano questi i beni preziosi dei nomadi. Poi decise di tornare in Canaan sperando che l’ira del fratello fosse sbollita. Così fu (Gn 33, 1-16).

Giacobbe si stabilì con tutta la sua famiglia nei pressi di Sichem (Gn 33,17-20). Qui ebbe gioie dolori dai suoi figli non tutti timorati di Dio. Il loro delitto più grande fu la vendita del loro fratello Giuseppe ad una carovana di Madianiti che lo condussero come schiavo in Egitto. In quegli anni scoppiò in Canaan una delle frequenti carestie e Giacobbe fu costretto a comperare il grano in Egitto, proprio da Giuseppe suo figlio che nel frattempo aveva fatto fortuna ed era diventato Vicerè del Basso Egitto. Dopo una serie di vicende narrate puntigliosamente in Gn 37-50 (Storia di Giuseppe), Giacobbe decise di scendere in Egitto con la sua numerosa tribù che contava

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allora 70 persone. Giuseppe assegnò ai suoi fratelli la terra di Goshen, nella parte orientale del delta del Nilo, lontano dai centri abitati.

La storia dell’Esodo dall’Egitto Dal 1600 al 1200 a.C

Israele (così fu chiamato Giacobbe dopo la lotta con l’angelo in Gn. 32,29) continuò la sua vita di pastore di greggi in Egitto e la sua tribù si accrebbe fino a destare preoccupazione nelle autorità egiziane che comandarono una drastica limitazione delle nascite: tutti figli maschi dovevano essere abortiti. A quella strage scampò fortunosamente Mosè che fu accolto ed educato alla corte del faraone Ramses II (1290-1224) della 19° dinastia (Es 1-2).

Gli ebrei che fino a quel momento avevano praticato la pastorizia e l’agricoltura, furono

obbligati a confezionare mattoni cotti al sole per le numerose costruzioni di Ramses II. Era un lavoro da schiavi, pesante e stressante, al quale non erano abituati. Da qui il rifiuto e la ribellione che trovò il suo portavoce proprio in Mosè che era vissuto a corte. Egli fu minacciato di morte, dopo un attentato omicida, e dovette fuggire nel deserto del Sinai, luogo sicuro per rifugiati politici (Es 2,11-22) . La fabbricazione dei mattoni

Alla morte di Ramses II, Dio decise di intervenire per liberare dalla schiavitù il suo popolo (2,23-35). Egli apparve a Mosè sotto forma di fuoco, nella terra di Madian, dove si era formato una famiglia, e lo rimandò in Egitto (Es 3). Dopo molte difficoltà, Mosè accettò e partì alla volta dell’Egitto

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con sua moglie Sipporà, che gli aveva dato due figli (Es 4,20). Qui, con l’aiuto di suo fratello Aronne, compì tali prodigi che alla fine il Faraone Mernepta (1224-1214) e gli stessi egiziani dovettero non solo far partire gli ebrei,ma perfino cacciarli (Es 12,31-33). A mezzanotte, tra il 14 e il 15 del mese di Nisan (o Abib), tutte le tribù d’Israele lasciarono l’Egitto e si diressero verso la penisola Sinaitica (Es 12,37-42) . Quella notte fu ritenuta memorabile e denominata Pasqua, cioè «passaggio» di Dio accanto alle case degli israeliti per salvarli. Sarà celebrata fino ai giorni nostri con un rituale già allora abbozzato (Es 12,1-28. 43-51)

Il faraone si pentì presto della sua decisione e li inseguì, ma Dio con un grande miracolo fece loro attraversare il Mare dei Giunchi aprendo una strada sulle acque che si ritirarono (Es 14, 15-31). Solo allora gli ebrei poterono considerarsi liberi, perché ormai tra loro e l’Egitto c’era di mezzo il mare. Dio si prese cura di loro è fece piovere dal cielo la Manna per tutto il tempo del loro pellegrinare nel deserto fino alla terra di Canaan (Es 16). Dopo due mesi di cammino, il terzo mese dalla loro partenza, arrivarono al Monte di Dio, l’Oreb, dove Dio era apparso a Mosè.

Qui i profughi divennero vero popolo di Dio con l’Alleanza sinaitica, proposta con queste parole: « Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all'Egitto e come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatti venire fino a me. Ora, se darete ascolto alla mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me la proprietà particolare tra tutti i popoli; mia infatti è tutta la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa». L’alleanza comportò il dono della Legge, cioè i dieci comandamenti e le altre prescrizioni, un codice che doveva guidare la vita della comunità.

Gli ebrEi non furono fedeli all’Alleanza con Dio. Durante un’assenza di Mosè tornarono all’idolatria e si fecero la statua di un vitello d’oro che adorarono considerandolo il loro vero Dio (Es.32). Più tardi,ricordando quell’episodio increscioso Dio si lamenterà così: «Si fabbricarono un vitello sull’Oreb, si prostrarono a una statua di metallo; scambiarono la loro gloria con la figura di un toro che mangia erba»(Sl 106,19s). Ricevettero allora la condanna di vagare nel deserto fino a quando non fosse passata quella generazione. Così percorsero in lungo e largo la penisola sinaitica per circa quaranta anni. Nessuno degli uomini usciti dall’Egitto potè entrare nella Terra Promessa.

L’itinerario dell’Esodo

La conquista della terra 1200-1000 a.C

Nemmeno Mosè, solidale con il suo popolo peccatore, potè entrare in Canaan. Morì in Giordania sul Monte Nebo, guardando quella terra solo da lontano. Fu Giosuè, suo segretario, a guidare la traversata del fiume Giordano e a conquistare solo alcuni punti chiave, dove stabilì le dodici tribù. Ce lo racconta il libro che porta il suo nome: il Libro di Giosuè. Ogni singola tribù potè farsi largo lentamente e autonomamente nella terra assegnatale. Questa lenta e difficile conquista ci viene narrata dal Libro dei Giudici.

La conquista definitiva si ebbe solo al tempo della monarchia.

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Per completarla ci vollero circa duecento anni: dal 1200 al 1000 a.C. Intanto dal lato opposto erano entrati nella terra di Canaan i Filistei. Erano una popolazione greca scacciata dalle invasioni nord prima a Creta e poi sulle coste di Canaan, nei pressi dell’attuale striscia di Gaza. Erano i così detti popoli del Mare che tentarono di entrare in Egitto, ma furono respinti da Ramses III (1182-1152) intorno al 1175. Furono nemici e concorrenti dei giudei nella conquista di Canaan. Combatterono tante guerre con i giudici e i re di Israele. Sconfissero e uccisero Saul, primo re d’Israele (1030-1010),sui monti di Gelboe, ai margini della pianura di Esdrelon. Furono sconfitti definitivamente solo da Davide, intorno all’anno 1000 a.C. e furono inglobati nel suo regno. Dettero però il nome alla terra di Canaan che da allora si chiamerà «Palestina» (da Philistim). La distribuzione delle tribù dopo la conquista

Gli anni della monarchia 1030-587 a.C.

Samuele, ultimo dei giudici-profeti, istituì la monarchia intorno al 1030 a.C.. Fino a questa data le tribù erano indipendenti e separate; si governavano mediante l’istituzione degli anziani, cioè i capi-famiglia, o mediante un Giudice, che era una personalità di spicco, una specie di eroe locale, che Dio suscitava nei momenti di maggior pericolo per liberare la tribù dall’oppressione dei nemici.

Questo stato di frammentarietà politica e sociale, rendeva il popolo vulnerabile e creava continui pericoli. Perciò gli anziani delle tribù si riunirono e chiesero a Samuele un re alla maniera di tutti glia altri popoli vicini, facendogli questo ragionamento: « Tu ormai sei

vecchio e i tuoi figli non comminano sulle tue orme. Stabilisci quindi per noi un re che sia nostro giudice, come avviene per tutti i popoli» (1 Sam 8,5).

La proposta non piacque a Samuele, perché gli sembrò che la sua gente rifiutasse la regalità di Dio su Israele. Consultò il Signore, che lo incaricò di cercare l’uomo adatto per la situazione, ma di avvertire gli anziani circa gli oneri e i rischi che la presenza di un re comportava. Samuele incontrò fortunosamente Saul, un giovane della tribù di Beniamino, che gli sembrò adatto. Così lo presentò all’assemblea convocata a Mispa perché lo votasse. Lo scrittore sacro annota che, quando Saul comparve, fece buona impressione a tutti, perché «sopravanzava dalla spalla in su tutto il popolo». Samuele allora concluse: «Il Signore lo ha eletto, perché non c’è nessuno in mezzo al popolo come lui» (1 Sam 10,23-24). La scelta era stata fatta sul criterio della forza e della prestanza fisica. Presto si vide che il criterio era sbagliato. Alla prova dei fatti Saul si rivelò un bravo combattente, ma incapace di governare. Così Samuele, deluso, lo sostituì di nascosto con il piccolo Davide, figlio di Iesse, nativo di Betlemme e della tribù di Giuda.

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Samuele si era recato appositamente a Betlemme con la scusa di presiedere un sacrificio di ringraziamento e aveva chiamato a parteciparvi un capofamiglia del luogo: Iesse. In realtà cercava tra i figli di Iesse colui che era stato scelto da Dio a sostituire Saul nel regno. Passati in rassegna i primi sette figli, si accorse che nessuno di loro era stato scelto dal Signore. Chiese allora al capo famiglia se erano tutti lì i suoi figli; egli rispose che ne mancava uno, il più piccolo, Davide; era a pascolare il gregge nella campagna. Quando venne, Samuele ebbe la certezza che fosse lui il prescelto: «Era fulvo, con begli occhi e bello di aspetto. Disse il Signore: ″Alzati e ungilo, è lui!″ . Samuele prese il corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli, e lo Spirito del Signore irruppe su Davide da quel giorno in poi» (1 Sam 16,12-13).

Due tradizioni ci narrano della venuta provvidenziale di Davide, unto re di nascosto, alla corte di Saul: La prima dice che Saul soffriva di depressione e solo la musica riusciva a calmarlo. Si bandì un concorso e Davide lo vinse, perché era un bravo cantautore che si accompagnava con la cetra (1 Sam 16,14-23). La seconda tradizione è legata alla vittoria del picciolo Davide sul gigante filisteo, Golia. Saul lo scelse allora come suo cortigiano e ne fece un eroico combattente (1 Sam 17,31-58). La bravura e il valore di Davide e la sua intima amicizia col principe Gionata, suscitarono le gelosie di Saul, che iniziò a perseguitarlo a morte. Dovette fuggire nel deserto (1° Sam 19,11-17), dove si mise a capo di una compagnia di ventura, fino ad entrare in servizio dei principi filistei della zona di Gaza. Un paio di volte risparmiò con magnanimità la vita di Saul che lo cercava per ucciderlo (1 Sam 24 e 26), così si guadagnò l’ammirazione e la stima del popolo.

Alla morte di Saul (circa nell’anno 1000) David compose per lui e per l’amico Gionata, caduti sui monti di Gelboe, una mirabile elegia per celebrarne la memoria (2 Sam 1,17-27). Sperava di poter succedere a Saul come era stato indicato da Samuele, ma il generale Abner proclamò re Is-Baal, uno dei figli del re defunto e raccolse intorno a lui ben dieci tribù su dodici. Davide fu proclamato re dalla tribù di Giuda, la sua tribù, che si era unita a quella di Simeone e pose la sua capitale a Ebron. Presto però si creò una sua capitale conquistando Gerusalemme, che era in mano ai Gerusei, una tribù cananea (2 Sam 5,6-9), e vi si stabilì dopo essere stato proclamato re di tutto Israele (2 Sam 5,1-5). Aveva regnato 7 anni in Ebron, regnerà altri 33 anni a Gerusalemme (1000-960).

LA FAMIGLIA DI DAVIDE Mogli Figli Mikol Nessuno

Ainoam di Izreel Ammon Abigail già moglie di Nabal da Carmel Kileab

Maaca figli di Talmai di Ghesur Assalonne (+Tamar sua sorella) Agghit Adonia Abital Sefatia Egla Itram

Betsabea figlia di Ammiel Simea, Sobab e Salomone Sconosciute Ibar, Elisanna,Elifelet, Noga, Nefeg,Iafia,

Elisama,Eliada , Elifelet…. David subì molte disgrazie in famiglia: l’uccisione di Ammon, suo primogenito da parte di Assalonne, che si vendicò di lui per aver violentato sua sorella Tamar (2 Sam 13); la ribellione di Assalonne che morì combattendo contri i soldati di suo padre (2 Sam 15); la morte del primo figlio avuto da Betsabea, come punizione del suo adulterio e dell’omicidi di Uria (2 Sam 11). Nonostante tutto David ricevette da Dio per mezzo del profeta Natan la promessa di una discendenza imperitura, che è alla base delle profezie messianiche (2 Sam 7). David fu un poeta e

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compositori di canti, tanto che più tardi gli fu attribuito tutto il Salterio. In realtà, solo alcuni salmi sono suoi.

Davide fu soprattutto un re guerriero che combatté molte battaglie per la sicurezza della nazione. Sconfisse definitivamente i Filistei, secolari nemici dì Israele, e stabilì la pace in tutti i suoi confini, in modo da consegnare un regno in pace al suo successore. Proprio per questa sua caratteristica di uomo di guerra, Dio non volle che gli edificasse un Tempio in Gerusalemme, gli disse infatti: «Tu hai versato troppo sangue e hai fatto grandi guerre: per questo non costruirai una casa al mio nome, perché hai versato troppo sangue sulla terra davanti a me» (1 Cr 22,8).

Gli successe Salomone, non senza difficoltà, perche il fratello maggiore Adonia tentò fino all’ultimo momento di usurpargli il trono. Correva l’anno 960 a.C. Con la morte di Davide e con l’ascesa al trono di Salomone inizia il racconto del 1° Libro dei Re (1 Re 1). Salomone (il suo nome significa pacifico) fu un uomo saggio, grande diplomatico e uomo d’affari: Organizzò in maniera razionale lo stato creando amministrazioni e prefetture che facevano capo a lui; creò una grande rete di alleanze con i regni vicini imparentandosi con loro; favorì i commerci creandosi addirittura una flotta in Esion-Geber (Eilat) sul golfo di Aqaba; introdusse la cultura a corte e lui stesso divenne celebre per la sua sapienza. La corte di Gerusalemme fu un centro culturale: Nacquero qui i primi libri sacri della Bibbia. Fu criticato per la sua tolleranza ai culti idolatrici introdotti dalle sue numerose mogli. Ebbe un ampio harem con una moltitudine di figli,segno di potenza e di ricchezza, come era nelle consuetudini delle corti orientali.

Ciò che lo rese famoso fu però la costruzione del grande Tempio di Gerusalemme, un vero capolavoro di architettura, amore e vanto degli ebrei di tutti i tempi. Per la costruzione, Salomone impiego artisti di Tiro e fece venire legno di cedro dal Libano. Vi profuse una grande quantità di oro e di argento, che già Davide aveva accumulato per quest’opera (1 Cr 29,2-9). La festa per la consacrazione fu grandiosa e portentosa. Il tutto è descritto in più di quattro capitoli del 1° Libro dei Re (5-9). Ci vollero 7 anni di lavoro per portare a termine l’intera opera (759-752 a.C.) Il Tempio di Gerusalemme

Alla morte di Salomone (931 a.C.) gli successe suo figlio Roboamo (931-913), inetto e prepotente, che causò lo scisma delle dieci tribù del nord, che si costituirono in regno indipendente come era accaduto alla morte di Saul. Nacquero così 2 regni: quello del nord, chiamato regno d’Israele, che scelse

come suo capo Geroboamo (931-910), e il regno del sud, chiamato regno di Giuda, che rimase a Roboamo . La frattura tra i due regni si approfondì fino all’inimicizia a e alla guerra. Il regno d’Israele divenne idolatra e si costruì due santuari autonomi a Betel e a Dan dove si adorava la statua di un vitello, immagine classica dell’idolatria in tutto l’oriente (1 Re12).

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I due regni ebbero vita parallela: Nel regno d’Israele si succedettero ben 9 dinastie diverse, dal 931 al 722, quando il regno fu distrutto dagli Assiri di Sargon II; il regno di Giuda durò più a lungo, sino alla distruzione di Gerusalemme da parte dei Babilonesi di Nabucodonosor (931-587). Vi si succedettero ben 20 re tutti appartenenti alla dinastia di Davide, come aveva promesso Dio, ma quasi tutti si comportarono male agli occhi di Dio e perciò furono criticati dall’autore dei Libri dei Re . Su 20 se ne salvano solo due, che fecero ciò che è bene agli occhi di Dio: Ezechia ( 716-687) e Giosia (640-609).

Fu i tempo dei grandi profeti inviati da Dio a richiamare il popolo alla fedeltà all’alleanza: Natan e Gat alla corte di Davide, Elia ed Eliseo nel regno de nord nel periodo più critico (1 Re, 17-22; 2 Re 2-8), Amos e Osea al nord, Isaia, Michea e Geremia a Gerusalemme.

L’esilio Babilonese e il ritorno 587-63 a.C.

L’impero babilonese (606-539) con Nabucodonosor condusse due campagne contri il regno di Giuda: una prima, nel 597, si conclusa con una deportazione parziale; la seconda, nel 587, si concluse con la distruzione di Gerusalemme e la deportazione di tutte le persone valide. Gli ebrei vissero in esilio a Babilonia e furono impiegati nei lavori agricoli lungo i canali di irrigazione di quella terra. Dio inviò loro il profeta Ezechiele a sostenerli spiritualmente.

L’impero babilonese cadde ad opera dei persiani di Ciro (539-330). Solo allora fu consentito agli ebrei di tornare nella loro terra e di ricostituire la nazione giudaica: Un primo gruppo, guidato da Zorobabele tornò subito in patria nel 538 (Esd 1-2). Subito fu costruito l’altare dei sacrifici per restaurare il culto. Si ricostruirono le case in rovina e iniziò la riedificazione del Tempio. Per rimettere in piedi il secondo Tempio ci vollero 5 anni (520-515), anche se la nuova fabbrica era appena l’ombra del primo Tempio, quello di Salomone. La grande opera di ricostruzione materiale e morale del popolo fu opera di Zorobabele (538) prima, e di Esdra (458) e Nehemia (445) poi. Dio fece sorgere alcuni profeti che incoraggiarono e stimolarono i rimpatriati: Gioele, Aggeo, Zaccaria. Con l’invasione di Alessandro Magno (336-323), la Palestina entra in piena epoca ellenistica: Prima diventa una provincia al regno dei Tolomei d’Egitto (fino al 200 a.C.) poi del regno dei Seleucidi di Siria (200-142). Solo i Maccabei, con Simone (143-134), riporteranno l’indipendenza. I discendenti di Simone si chiamarono Asmonei e tennero il regno della Giudea fino alla conquista romana di Pompeo (63 a.C). Nel 36, dopo l’invasione dei Parti (40-38), il senato romano nominò re e amico dei romani Erode per il paese dei Giudei.

I tempi di Gesù e della Chiesa apostolica 0 – 100 d.C.

Gesù nacque negli ultimi anni del re Erode (36-4 a.C.). Per un errore di datazione dovuto a Dionigi il Piccolo, nel V sec., l’inizio dell’era cristiana fu fissata nell’anno 754 dalla fondazione di Roma (ab urbe còndita, a.u.c). Si è scoperto poi che Erode era morto da 4 anni, nel 750 a.u.c. I vangeli di Matteo e di Luca dicono che Gesù nacque al tempo in cui Erode era in vita vivo e vegeto (Mt 2,1; Lc 1,5). Egli, nel tentativo di eliminare il Messia, un concorrente scomodo, comandò la strage dei bambini di Betlemme dai due anni in giù.

Erode morì di cancro all’intestino nel mese di marzo. Sei mesi prima si trasferì a Gerico per passare l’inverno in un clima più temperato di quello Gerusalemme. La data deve quindi essere spostati indietro ancora, perché i Magi lo incontrarono quando era ancora Gerusalemme. I

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calcoli storici pongono oggi la nascita di Gesù tra il 747 e il 748 a.u.c. (sei o sette anni prima dell’era cristiana),

La Palestina nell’impero romano

Era stato un re crudele, abbarbicato al suo trono tirannico, proprio come ce lo descrive il Vangelo. Negli ultimi anni aveva fatto uccidere due dei suoi figli: Alessadro e Aristobulo (7 a.C), perché accusati di complotto. Venti anni prima (27 a.C.) aveva fatto uccidere sua moglie Marianne, di famiglia Asmonea, madre di Alessandro e Aristobulo, per lo stesso motivo. Da quel giorno egli era divenuto sospettoso e maniaco, tanto che sul letto di morte fece giustiziare il primogenito, Antipatro (4 a.C).

Ecco un prospetto della FAMIGLIA DI ERODE:

MOGLI FIGLI NIPOTI Doride Antipatro + 4 a.C. Mariamne l’Asmonea Alessandro e Aristobulo +7 a.C Agrippa I (37-44) e Erodiade

Agrippa II (50-94) Mariamne II Erode Boeto Maltake Archelao +6 d.C.) Erode Antipa

(4 a.C. 39 d.C)

Clepoatra Erode Filippo (4 a.C – 34 d.C.)

La nascita di Gesù è inserita nella storia dell’impero romano con l’editto di Cesare Augusto, che obbligò Marie e Giuseppa a recarsi a Betlemme, dove Gesù bambino venne alla luce e fu registrato. Dopo la parentesi della fuga in Egitto, la vita di Cristo si svolse in maniera del tutto normale a Nazareth nella bassa Galilea. Era suddito di Erode Antipa (4 a.C-39 d.C.) succeduto a suo padre come re della Galilea e della Perea. Solo dopo i trenta anni, età richiesta ai rabbini per l’abilitazione all’insegnamento, iniziò il suo itinerario di evangelizzazione, insieme al gruppo dei suoi dodici apostoli tra il 27e il 30. Intorno all’anno 30 egli fu arrestato e condannato

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dal procuratore della Giudea, Ponzio Pilato (26-36), alla morte di croce. Il terzo giorno risuscitò da morte; 40 giorni dopo salì definitivamente in cielo, da dove invio lo Spirito Santo sugli apostoli il giorno di Pentecoste.

Dall’anno 30 iniziò la predicazione degli Apostoli prima in Palestina da parte di Pietro, Stefano, Filippo ed altri (At 1-8). In un primo momento essa interessò solo ai giudei; Pietro fu il primo ad aprire la Chiesa ai pagani, battezzando Cornelio e l’intera famiglia a Cesarea marittima, ma suscitando le critiche dei giudeo convertiti di Gerusalemme (At 10-11). Con la conversione di Paolo (nel 36) , sulla via di Damasco (At 9,1-31), iniziò l’evangelizzazione sistematica anche del mondo pagano. Un concilio apostolico, convocato a Gerusalemme (nel 49) sancì finalmente la libertà di ingresso dei pagani nella chiesa con le sole condizioni della fede e del battesimo (At 15).

Paolo iniziò da Antiochia di Siria ed evangelizzo alcune regioni dell’Asia Minore e della Grecia con almeno tre viaggi, tra il 46 e il 58, narrati da Luca negli Atti degli apostoli (At 13-20).

Intanto in Giudea (Palestina) sali al trono Agrppa I, nipote di Erode (41-44) che si propose di perseguitare i capi dei cristiani per guadagnarsi il favore dei giudei. Fece uccidere di spada Giacomo, figlio di Zebedeo e fratello di Giovanni (nel 42), e fece imprigionare Pietro, subito miracolosamente liberato da un angelo (At 12). Per fortuna della Chiesa, Agrippa I morì poco dopo quasi all’improvviso nel 44 (At 12,18-23). Ecco l’elenco dei procuratori romani in Palestina: COPONIO (6-9), AMBIBULO (9-12), ANNIO RUFO (12-15), VALERIO GRATO (12-26), PONZIO PILATO (26-36), MARCELLO (36-38), MARULLO (38-41). Ci fu poi la parentesi del regno di Agrippa I (41-44) e alla sua morte tornarono i procuratori: CUSPIO VADO (44-46), TIBERIO ALESSANDRO (46-48), VENTIDIO CUMANO (48-52), ANTONIO FELICE (52-59), PORZIO FESSTO (60-61), LUCEIO ALBINO (61-64) CESSIO FLORO (64-66).

I procuratori risiedevano a Cesarea, ma per le feste salivano a Gerusalemme per vigilare sull’ordine pubblico. Non si interessarono del movimento cristiano, se non chiamati forzatamente in causa. Si deve dire che furono tolleranti, anche perché il cristianesimo dovette apparire loro come una setta del giudaismo, alla pari dei farisei, dei sadducei e degli esseni. I procuratori

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evidenziati hanno avuto un ruolo particolare nel rapporti col cristianesimo: Pilato condannò a morte Gesù dopo un processo farsa condotto dal Sinedrio su accuse inconsistenti e chiaramente false. Antonio Felice trattenne in carcere 2 anni (60-62) Paolo, rimandando continuamente il suo processo con la speranza di poter estorcere denaro ai discepoli per liberarlo. Solo il successore, Porzio Festo si accinse a processarlo seriamente, anche se era convinto della non colpevolezza dell’apostolo; il processo non ebbe luogo perché Paolo, ormai stanco della lungaggini, chiese di essere giudicato direttamente dall’Imperatore, come era suo diritto di cittadino romano. La formula ci è ripporattada Luca: «Caesarem appello!» «Caesarem appellasti, ad Caesarem ibis!» (At 25,11-12).

Il procuratore Festo, appena poté, noleggio una nave da carico in partenza per l’Italia e spedì Paolo, sotto buona scorta, a Roma. Il viaggio si concluse con un terribile naufragio, che fece incagliare la nave su una spiaggia di Malta e solo un miracolo salvò l’apostolo dalla morte. Da Malta, con mezzi di fortuna, Paolo sbarcò a Pozzuoli e proseguì a piedi fino a Roma. Il racconto di Luca si arresta qui, ma una tradizione antica ci fa sapere che il processo non ci fu; Nerone aveva altro da pensare e da fare! Così Paolo si ritrovò libero e poté coronare il suo vecchio sogno di recarsi in Spagna (Rom 15,24). Dopo qualche anno durante la persecuzione dello stesso Nerone, fu arrestato a Troade, forse nel 67, processato e decapitato a Roma sulla via Ostiense.

Era l’anno in cui incrudeliva la rivolta giudaica in Palestina e Nerone aveva designato generale Vespasiano a condurre le operazioni militari. Nel 69, dopo l’assassinio di Nerone, Vespasiano fu proclamato imperatore (69-79). Fu il figlio Tito a condurre le operazioni militari in Palestina fino alla vittoria. Tutto si concluse con la distruzione totale di Gerusalemme e la strage dei suoi abitanti (anno 70). La città santa degli ebrei non risorgerà più perché l’imperatore Elio Adriano la riedificò con criteri architettonici nuovi e la chiamò «Elia Capitolina» (nel 135). I cristiani avvertiti dai loro profeti non subirono danni, perché prima che cominciasse l’assedio della città, si trasferirono a Pella, in Transgiordania. Fecero ritorno a Gerusalemme solo dopo il 135,

Per poter inquadrare meglio gli avvenimenti in rapporto all’impero romano riporto i nomi degli imperatori coinvolti, sia pure indirettamente, nella vicenda cristiana: CesareAugusto (31 a.C.- 14 d.C.: ebbe a che fare con la nascita di Gesù mediante il censimento da lui indetto); Tiberio Cesare (14-37: nominò 3 procuratori romani tra i quali Ponzio Pilato); Caligola (37-41: nominò il procuratore Marullo e tentò di erigere la sua statua nel Tempio di Gerusalemme),.Claudio (41-54: restituì il regno dell’intera Palestina al nipote di

Erode, Agrippa I); Nerone (54-68: gli fu inviato Paolo, che fu rimandato libero senza processo; incendiò Roma nel 64 e accusò del fatto i cristiani che furono massacrati in gran numero; cercò di domare la guerra giudaica che era scoppiata durante il suo regno); Vespasiano (69-79: comandò le truppe durante l’inizio della guerra giudaica, liberando la Galilea; suo figlio Tito distrusse Gerusalemme); Tito (79-81: primo figlio di Vespasiano); Domiziano (81-96: secondo figlio di Vespasiano, grande persecutore dei cristiani alla maniera di Nerone).

La diffusione del cristianesimo al tempo degli apostoli

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«Intanto la parola di Dio cresceva e si diffondeva» nel mondo (At 12,24). «Le chiese intanto andavano fortificandosi nella fede e crescevano di numero ogni giorno» (At 16,5). «La parola

del Signore cresceva con vigore e si rafforzava» (At 19,20)