VI. Goro di Gregorio a San Gimignano · 2013. 10. 24. · VI. Goro di Gregorio a San Gimignano...

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VI. Goro di Gregorio a San Gimignano Frammenti monumentali A lungo considerato un artista in grado di dare il meglio di sé nella scultura di piccolo formato (nella Kleineplastik, come amava scrivere Enzo Carli) 1 , Go- ro di Gregorio col seguito degli studi si è rivelato sem- pre più – com’era da attendersi per un maestro di pie- tra del primo Trecento – scultore ripetutamente im- pegnato in grandiosi insiemi in nobile marmo (pri- mi fra tutti i monumenti funebri). E in tale ambito sono ancora possibili delle ulteriori, significative ac- quisizioni. Nella valutazione dell’attività di Goro di Gregorio si dovrà infatti tener conto anche di diverse altre scul- ture – oggi erratiche e frammentarie – divelte da ori- ginari contesti monumentali. La prima di queste (figg. 180, 181) è il busto di un Frate in atto di regge- re con le due mani un libro (cui è stata asportata la parte inferiore del corpo), in tutto simile ai due Fra- ticelli che appartennero al sepolcro del giurista Gu- glielmo di Ciliano 2 (figg. 105, 106). Al pari di questi, dovette essere parte anch’esso di un monumento fu- nebre provvisto di figure che, secondo un preciso ti- po iconografico, ripetevano simbolicamente nel marmo il rito delle esequie 3 . Una seconda scultura si conserva al Boston Museum of Fine Arts (fig. 182). Raffigura la Madonna annun- ciata (purtroppo priva della testa) e, quale punto di stile, è anch’essa assai prossima all’arca di san Cer- bone 4 . Con i suoi 64 centimetri di altezza, da inte- grare mentalmente con altri 12-15 della testa, è da ritenere appunto che appartenesse a un complesso monumentale: un sepolcro, anche in questo caso, o altrimenti una cappella, come quella in suffragio di Ciuccio Tarlati della cattedrale di Arezzo, commis- sionata nel 1334 a Giovanni d’Agostino (fig. 357), oppure il portale di una chiesa, sul tipo di quello di Vallepiatta del “duomo nuovo” di Siena o del porta- le di accesso alla cappella funebre di Nicolaccio Pe- troni nel chiostro della basilica senese di San Fran- cesco (il quale appunto, nei cibori angolari, presen- ta ancora l’Annunciazione) 5 (fig. 305). Dalle misure affatto comparabili, ma più salda e tur- rita nel suo colonnare volume, è una figura acefala della Galleria di Palazzo Mozzi-Bardini a Firenze 6 (figg. 183, 184). Per quanto il ricadere della veste dal braccio sinistro crei quei sinuosi episodi calligrafici, caratteristici della scultura di Goro di Gregorio, che abbondano nelle scene dell’arca massetana e nella tomba di Guglielmo di Ciliano, il saldo imporsi del corpo, percorso da pieghe lunate e da nette incisioni, si apparenta maggiormente alla più tarda Madonna “degli storpi” del Museo Regionale di Messina (fig. 163), e dunque è probabile che si tratti di un’opera più avanzata nel tempo rispetto all’Annunciata di Bo- ston, scolpita ormai nel corso degli anni trenta. Assieme alle pressoché identiche misure, comun- que, anche questa scultura dovette avere una funzio- ne e una destinazione analoghe: è probabile infatti che si tratti di un Angelo annunciante, destinato a es- sere innalzato ai lati del timpano di un portale (un fatto che sembrerebbe avvalorato anche dai danni provocati al marmo dall’esposizione all’aperto). Il lungo cartiglio che sostiene la figura, che è come pre- sentato a chi si pone dirimpetto a essa, non significa necessariamente che si tratti di un Profeta, ma piut- tosto dell’Angelo annunciante secondo l’iconografia francese, in Toscana ben rappresentata dalla meravi- gliosa Annunciazione di primo Trecento – francese, appunto – del duomo di Carrara 7 . Pure l’imposta- zione del marmo fiorentino è analoga a quella dell’Angelo di Carrara: in entrambi una delle gam- be è leggermente protesa in avanti, nell’intento di conferire alle due sculture l’apparenza di figure che incedono. Anche la drammatica Crocifissione con i dolenti in umiltà (fig. 185) che è figurata alla sommità di una grande cuspide (quanto oggi resta, verosimilmente, della zona apicale del baldacchino di un monumento funebre) mostra una tale saldezza di impostazione voluminosa, una tale dilatazione monumentale e co- sì spiccati effetti di concisione plastica (si osservi spe- cialmente la Madonna accasciata sulla sinistra, fig. 186) che il termine di raffronto più appropriato ap- pare la Madonna “degli storpi” del Museo Regionale di Messina. Dovrebbe dunque trattarsi, anche in que- sto caso, di un’opera di Goro di Gregorio realizzata nel corso degli anni trenta 8 . Gert Kreytenberg ne ha suggerito una datazione assai più antica, sul 1315- 151 179. Goro di Gregorio, Angelo reggisudario, particolare. San Gimignano, Museo d’Arte Sacra © 2005 Banca Monte dei Paschi di Siena, vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

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  • VI. Goro di Gregorio a San Gimignano

    Frammenti monumentaliA lungo considerato un artista in grado di dare ilmeglio di sé nella scultura di piccolo formato (nellaKleineplastik, come amava scrivere Enzo Carli)1, Go-ro di Gregorio col seguito degli studi si è rivelato sem-pre più – com’era da attendersi per un maestro di pie-tra del primo Trecento – scultore ripetutamente im-pegnato in grandiosi insiemi in nobile marmo (pri-mi fra tutti i monumenti funebri). E in tale ambitosono ancora possibili delle ulteriori, significative ac-quisizioni.Nella valutazione dell’attività di Goro di Gregorio sidovrà infatti tener conto anche di diverse altre scul-ture – oggi erratiche e frammentarie – divelte da ori-ginari contesti monumentali. La prima di queste(figg. 180, 181) è il busto di un Frate in atto di regge-re con le due mani un libro (cui è stata asportata laparte inferiore del corpo), in tutto simile ai due Fra-ticelli che appartennero al sepolcro del giurista Gu-glielmo di Ciliano2 (figg. 105, 106). Al pari di questi,dovette essere parte anch’esso di un monumento fu-nebre provvisto di figure che, secondo un preciso ti-po iconografico, ripetevano simbolicamente nelmarmo il rito delle esequie3.Una seconda scultura si conserva al Boston Museumof Fine Arts (fig. 182). Raffigura la Madonna annun-ciata (purtroppo priva della testa) e, quale punto distile, è anch’essa assai prossima all’arca di san Cer-bone4. Con i suoi 64 centimetri di altezza, da inte-grare mentalmente con altri 12-15 della testa, è daritenere appunto che appartenesse a un complessomonumentale: un sepolcro, anche in questo caso, oaltrimenti una cappella, come quella in suffragio diCiuccio Tarlati della cattedrale di Arezzo, commis-sionata nel 1334 a Giovanni d’Agostino (fig. 357),oppure il portale di una chiesa, sul tipo di quello diVallepiatta del “duomo nuovo” di Siena o del porta-le di accesso alla cappella funebre di Nicolaccio Pe-troni nel chiostro della basilica senese di San Fran-cesco (il quale appunto, nei cibori angolari, presen-ta ancora l’Annunciazione)5 (fig. 305).Dalle misure affatto comparabili, ma più salda e tur-rita nel suo colonnare volume, è una figura acefaladella Galleria di Palazzo Mozzi-Bardini a Firenze6

    (figg. 183, 184). Per quanto il ricadere della veste dalbraccio sinistro crei quei sinuosi episodi calligrafici,caratteristici della scultura di Goro di Gregorio, cheabbondano nelle scene dell’arca massetana e nellatomba di Guglielmo di Ciliano, il saldo imporsi delcorpo, percorso da pieghe lunate e da nette incisioni,si apparenta maggiormente alla più tarda Madonna“degli storpi” del Museo Regionale di Messina (fig.163), e dunque è probabile che si tratti di un’operapiù avanzata nel tempo rispetto all’Annunciata di Bo-ston, scolpita ormai nel corso degli anni trenta.Assieme alle pressoché identiche misure, comun-que, anche questa scultura dovette avere una funzio-ne e una destinazione analoghe: è probabile infattiche si tratti di un Angelo annunciante, destinato a es-sere innalzato ai lati del timpano di un portale (unfatto che sembrerebbe avvalorato anche dai danniprovocati al marmo dall’esposizione all’aperto). Illungo cartiglio che sostiene la figura, che è come pre-sentato a chi si pone dirimpetto a essa, non significanecessariamente che si tratti di un Profeta, ma piut-tosto dell’Angelo annunciante secondo l’iconografiafrancese, in Toscana ben rappresentata dalla meravi-gliosa Annunciazione di primo Trecento – francese,appunto – del duomo di Carrara7. Pure l’imposta-zione del marmo fiorentino è analoga a quelladell’Angelo di Carrara: in entrambi una delle gam-be è leggermente protesa in avanti, nell’intento diconferire alle due sculture l’apparenza di figure cheincedono.Anche la drammatica Crocifissione con i dolenti inumiltà (fig. 185) che è figurata alla sommità di unagrande cuspide (quanto oggi resta, verosimilmente,della zona apicale del baldacchino di un monumentofunebre) mostra una tale saldezza di impostazionevoluminosa, una tale dilatazione monumentale e co-sì spiccati effetti di concisione plastica (si osservi spe-cialmente la Madonna accasciata sulla sinistra, fig.186) che il termine di raffronto più appropriato ap-pare la Madonna “degli storpi” del Museo Regionaledi Messina. Dovrebbe dunque trattarsi, anche in que-sto caso, di un’opera di Goro di Gregorio realizzatanel corso degli anni trenta8. Gert Kreytenberg ne hasuggerito una datazione assai più antica, sul 1315-

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    179. Goro di Gregorio,Angelo reggisudario,particolare. San Gimignano,Museo d’Arte Sacra

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  • 1320, con un buon anticipo sull’arca massetana. L’i-potesi rientra in un articolato tentativo di ricostru-zione dell’attività dello scultore già a partire dall’av-vio del secolo, che però, come abbiamo già visto, tro-va dei forti ostacoli nelle fonti documentarie9.

    Identificazione di un monumento funebreIn quest’occasione, tuttavia, il mio interesse si ap-punta principalmente su un altro problema. Nel ca-pitolo IV ho inteso richiamare l’attenzione su unanotevole scultura conservata nel Museo d’Arte Sacradi San Gimignano (figg. 133, 179, 187). È un’opera digrande qualità, affascinante nell’accordo tra la flori-da, levigata pienezza del volto e la sottile sensibilitàper le variazioni del rilievo rivelata dal modellato del-la veste, che richiama veramente da vicino la Madon-na “degli storpi” di Messina (figg. 133, 134). Mi pareinfatti vi sia un’affinità assoluta tra la testa della figu-ra di San Gimignano e quella del Bambino messine-se, soprattutto per l’effetto di forte stacco tra la poli-tezza del volto e il complicato gioco, grafico e pittori-co assieme, dei riccioli dei capelli, dove un ruolo tan-to importante hanno i fori del trapano lasciati a vista.La leggera veste che ne fascia il solido corpo carnosonon ha la ricchezza di articolazioni e la complessità diquello della Madonna “degli storpi”, ma anche in que-sto caso è tutta mossa da pieghe ondulate, piccole in-cisioni, creste in rilievo, che la rendono come incre-spata; mentre quelle strane pieghe a forma di V all’al-tezza delle ascelle – lo si è già notato – sono un artifi-cio che torna identico sulla manica destra della Ma-donna. Si osservi inoltre, nell’insieme, quanto sia si-mile la loro salda struttura corporea, coronata dallatesta pateticamente reclinata su un lato, e l’espressio-ne assente, come velata di mestizia. Oppure quantoabbiano in comune quelle curiose mani, piccole emorbide, dalle dita lunghe e incurvate, che paionoquasi prive di struttura ossea. Data la piena concor-danza di stile, dovremo ammettere che pure in que-sto caso siamo di fronte a un’opera degli anni trentadi Goro di Gregorio, eseguita a ridosso degli incarichinel meridione d’Italia.Un quesito tutto particolare pone l’identificazioneiconografica del marmo sangimignanese, premessaevidentemente per la comprensione della funzione edunque dell’originaria destinazione della scultura. Èquesta una figura virile a mezzo busto, dai tratti gio-vanili, in atto di sorreggere con le due mani un lem-bo di stoffa. La comparazione con gli Angeli che, nel-la tomba del cardinal Riccardo Petroni innalzata daTino di Camaino nel duomo di Siena, ne sorreggo-no il lenzuolo del letto di morte (fig. 50) non lasciaspazio a dubbi: anche in questo caso si tratta di unAngelo reggisudario, e dunque deve essere considera-ta parte di un monumento sepolcrale perduto.Non avendo notizie riguardo alla provenienza e, a ri-gore, non potendo nemmeno affermare con sicurez-za che la scultura si trovasse ab antiquo a San Gimi-

    gnano (l’attestazione più antica della sua presenza incittà, come si è visto, non risale infatti che alla metàdell’Ottocento, quando era collocata nella collegia-ta), il discorso parrebbe doversi arrestare qui. Esisto-no tuttavia altri due frammenti, appartenenti, ri-spettivamente, al Museo d’Arte Sacra e al Museo Ci-vico di San Gimignano (figg. 188, 189, 191, 192), cheper la loro coerenza stilistica con l’Angelo reggisuda-rio debbono essere considerati parte dello stessocomplesso scultoreo. Grazie a essi è possibile arriva-re a farci un’idea meno imprecisa di questo monu-

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    182. Goro di Gregorio,Madonna annunciata.Boston, Museum of Fine Arts

    180-181. Goro di Gregorio,Fraticello con un libro.Firenze, collezione privata

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    185. Goro di Gregorio,frammento di cuspideraffigurante il Crocifissocon i dolenti in umiltà.Gallico (Siena),collezione Salini

    183-184. Goro di Gregorio,Angelo annunciante.Firenze, Galleria di Palazzo Mozzi-Bardini

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    mento funebre, realizzato, ormai possiamo essernesicuri, da Goro di Gregorio a San Gimignano. E, co-me vedremo, si può anche giungere a identificare,con grande verosimiglianza, quale fu la chiesa in cuioriginariamente il sepolcro fu eretto.L’aiuto prestato dalla tomba del cardinal Petroni perl’identificazione dell’Angelo reggisudario invita a te-nere ben presente il monumento senese anche perl’interpretazione degli altri frammenti. Anzi, auto-rizza a credere fin d’ora, considerata la rarità dellapresenza di tali Angeli nei monumenti funebri tre-centeschi, che la tomba Petroni possa esserne stata ilprototipo iconografico e strutturale (almeno la par-te superiore, quella del sarcofago e del tabernacolodi coronamento) (fig. 190).La scultura appartenente al Museo d’Arte Sacra(figg. 188, 189), acefala e decurtata in basso10, raffi-gura infatti un Santo con in mano un libro (SanGiovanni Evangelista?) che, come nel sepolcro delcardinal Petroni, doveva collocarsi a fianco dellaMadonna col Bambino, entro un tabernacolo se non,

    secondo la soluzione delle tombe napoletane di Ti-no di Camaino, su un basamento al di sopra della“camera” funeraria. Solo così può risultare chiaro ilsignificato della mano destra del Santo. All’internodi un monumento funebre, la sua funzione sarà sta-ta quella di indicare, o meglio, guidare lo sguardoverso il gruppo divino, visualizzazione dell’Incarna-zione e promessa di salvezza. È questa una sceltaiconografica ricorrente nei monumenti funebri –ossia la figurazione della Madonna col Bambino, enon del solo Cristo giudice – verso la quale è possi-bile spingesse anche la particolare devozione allaVergine, celebrata nel pensiero teologico medievalequale Mater misericordiae, soccorritrice delle animedei defunti. Essa, come nel sepolcro Petroni, in quel-lo di Gastone della Torre già in Santa Croce a Firen-ze11 o di Maria d’Ungheria e di Carlo di Calabria aNapoli, sarà stata raffigurata incoronata: è appuntoRegina coeli e, secondo un concetto teologico pre-sente anche in Alberto Magno12 e chiaro, soprattut-to, nella letteratura mariana (nel De laudibus BeataeMariae Virginis di Richard de Saint-Laurent, adesempio)13 e nello Speculum humanae salvationis, èRegina misericordiae che intercede presso il Figlio,Rex iustitiae:

    Deus enim regnum suum in duas partes divisit,unam partem sibi retinuit, alteram Mariamcommisit.Duae partes regni sui sunt Iustitia et Misericordia.Per Iustitiam minabatur nobis Deus, per Miseri-cordiam succurit nobis Maria14.

    Contrariamente a quanto avviene nel monumentoPetroni, nel programma iconografico della tomba diSan Gimignano era compreso anche Cristo (quale èpresente nei sepolcri napoletani di Maria d’Unghe-ria, di Carlo di Calabria e di Maria di Valois): lo at-testa la terza scultura che qui interessa, raffiguranteappunto il Cristo benedicente, anch’essa malaugura-tamente giuntaci acefala, che appartiene al MuseoCivico15 (figg. 191, 192). Essa evidentemente avrà tro-vato posto alla sommità della tomba al di sopra dellaMadonna, entro un polilobo aprentesi nel taberna-colo o nel timpano di coronamento, secondo lo sche-ma realizzato, ad esempio, nei sepolcri napoletani diTino di Camaino.È proprio grazie a quest’ultimo frammento che èpossibile indurre qualcosa circa l’originaria ubica-zione del complesso. Nel suo Inventario del 1928,l’allora direttore dei Musei Civici di San Gimignano,Leone Chellini, ne indica infatti la probabile prove-nienza da San Francesco16, importante convento mi-norita raso al suolo nel 1553, durante la guerra con-tro Siena, per costruire in suo luogo un bastione for-tificato, secondo la volontà del duca Cosimo I de’Medici17. Si spiegherebbe così, distrutto assai pertempo il sepolcro, il diverso stato di conservazionein cui i tre frammenti sono giunti fino a noi, segno

    187. Goro di Gregorio,Angelo reggisudario.San Gimignano,Museo d’Arte Sacra

    186. Goro di Gregorio,frammento di cuspideraffigurante il Crocifissocon i dolenti in umiltà,particolare. Gallico (Siena),collezione Salini

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    188-189. Goro di Gregorio,Santo. San Gimignano,Museo d’Arte Sacra

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    191-192. Goro di Gregorio,Cristo benedicente.San Gimignano,Museo d’Arte Sacra (in deposito dal Museo Civico)

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    1 Carli 1980, p. 23.2 Nelle sue attuali condizioni frammentarie, la scultura misura 36centimetri di altezza. Mancando poco meno della metà del cor-po, la sua altezza in origine doveva essere abbastanza prossima aquella dei Fraticelli della tomba senese (che sono alti 72 centime-tri). La scultura appartiene alla Galleria “Alessandro CampolmiAntichità” di Firenze. Secondo quanto mi è stato riferito da EzioBenappi, anche Enzo Carli ne aveva indicato in passato l’attribu-zione a Goro di Gregorio. Nel 1988 è stata esposta alla MostraInternazionale dell’Antiquariato di Milano. Presenta delle inte-grazioni nella mano destra e nella parte inferiore del libro a essaadiacente, fratture in basso e sulla guancia destra, nonché picco-le lacune nel naso e nella bocca; alla sommità della testa sono iresti di un perno di ferro ossidato.3 Su tale tipo iconografico si veda il capitolo IV (e la bibliografiaindicata alla nota 24).4 Dono di Eugene L. Garbaty, inv. n. 1946.843. Misura 64 × 23 × 14centimetri. Fu classificata come “Italy, Pisa or Siena, ca 1330” da D.Gillerman 1982, p. 150, n. 53. Ho proposto di riferirla a Goro diGregorio nell’ambito di una relazione al convegno Momenti del-la scultura fra Trecento e Quattrocento. Indagini e problemi, tenu-tosi in palazzo Salimbeni a Siena il 19 novembre 1987, poi pub-blicata nel 1990. Pressoché alla stessa conclusione è pervenutaA.F. Moskovits (in Gothic Sculpture in America 1989, p. 100, n.72), che l’ha giudicata opera della bottega di Goro sul 1330.5 Sulla cappella Tarlati del duomo di Arezzo, il portale di Valle-piatta del “duomo nuovo” e quello della cappella Petroni si ve-dano, rispettivamente, i capitoli XIII, XIV e XI.6 Inv. Bardini n. 9743. La scultura misura 65 centimetri di altez-za. È stata pubblicata recentemente, in occasione dell’esposizio-ne di parte del fondo di sculture dell’antiquario Stefano Bardi-ni, come opera fiorentina del primo Quattrocento e identificataquale Profeta (M. Scalini, in Galleria di Palazzo Mozzi-Bardini…1998, n. 17). Nel recensire la mostra, Franci (2000, p. 63, fig. 42)ne ha colto più puntualmente i caratteri trecenteschi e senesi,giudicandola opera di un artista del secondo quarto del secolo,da confrontare con sculture di Giovanni d’Agostino quali il ta-bernacolo dell’oratorio di San Bernardino a Siena.7 Middeldorf, Weinberger 1928, p. 188 (nuova ed. in Middeldorf

    1979-1981, I, pp. 27-30). Un recente riepilogo sul gruppo sta-tuario si deve ad A. Caleca, in Niveo de marmore… 1992, pp.305-307.8 La cuspide marmorea, che misura 101 × 70 centimetri, è partedella collezione Salini. Ho espresso diversi anni fa al proprieta-rio, l’architetto Simonpietro Salini, l’opinione che si trattasse diun’opera di Goro di Gregorio. La Crocifissione è stata in seguitoresa nota, quale opera dello scultore senese, da Kreytenberg1999, pp. 96-99.9 Si veda al riguardo il capitolo IV (e in particolare la nota 43).Sulla Crocifissione, e sulla tradizione iconografica entro cui si in-serisce, si veda ora anche S. Colucci, in Il Crocifisso… 2005, pp.39, 47, nota 48, con considerazioni, tra l’altro, in merito alla da-tazione che coincidono in tutto con le mie.10 Misura 42 centimetri di altezza. Presenta scheggiature e unaconsiderevole corrosione delle superfici.11 Stando alla ricostruzione di Kreytenberg 19792, pp. 49 sgg.,fig. 16.12 Alberto Magno, Sermo 32, In eodem festo Assumptionis B. Ma-riae Virginis (ed. in Alberti Magni Opera omnia, XIII, Paris 1891,p. 539).13 Cfr. Beumer 1959.14 Speculum humanae salvationis, XXXIX, 95 sgg. Per l’iconogra-fia medievale della Vergine e le sue fonti teologiche si veda lo stu-dio fondamentale di Seidel 1977, specialmente p. 76 per la Regi-na misericordiae (ed. italiana in Seidel 2003a, pp. 577-626, in par-ticolare p. 598).15 San Gimignano, Museo Civico, inv. n. XVIII-53. Misura 32 ×24 × 13 centimetri.16 Chellini 1928, p. 214, n. XVIII-53.17 Cfr. Pecori 1853, pp. 413-414.18 È presente nel ms. 106 della Biblioteca Comunale di San Gi-mignano. Si tratta di un codice miscellaneo, formato da fascico-li dei secoli XV-XIX, che fu assemblato dal canonico Ugo NomiPesciolini e donato alla biblioteca nel 1894 (cfr. Garosi 1972, pp.229-233).19 Biblioteca Comunale di San Gimignano, ms. 106, cc. 162r.-163v.20 Ivi, c. 163r.

    di differenziate vicissitudini. Se infatti l’Angelo reggi-sudario fu ricoverato in un ambiente chiuso, così cheha potuto conservare intatto il delicato modellato,tracce della policromia originaria e alcuni fram-menti di doratura sui capelli, il Cristo, almeno perun certo periodo, deve essere stato sottoposto agliagenti atmosferici, mentre la forte corrosione dellesuperfici visibile nel Santo è probabile sia il risultatodi un prolungato interramento.A un anonimo compilatore settecentesco che ha re-datto un ricco regesto della documentazione sulla

    collegiata e le altre chiese di San Gimignano18 dob-biamo anche una nota sulle Sepolture che erano nel-la chiesa antica di S. Francesco di S. Gimignano19. Nesono elencate ben quarantasette. Molte di esse eranosemplici “chiusini” o tombe terragne, ma almenoquattro si presentavano quali “sepolture di marmoalte e relevate”20. Una di esse, dunque, poteva ben es-sere il sepolcro che qui interessa, nuova tappa im-portante, come abbiamo visto, dell’attività di Gorodi Gregorio, nonché momento della fortuna icono-grafica della tomba Petroni.

    190. Tino di Camaino,monumento funebre del cardinale RiccardoPetroni († 1314),particolare. Siena, cattedrale

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