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Il Colosseo, meraviglia architettonica del mondo antico, universalmente conosciu- to come simbolo di Roma, era denomina- to dai Romani, “Amphitheatrum Flavium”, dal nome della famiglia imperiale dei Flavi che lo fece edi- ficare. La sua costruzione fu, infatti, iniziata nell’anno 72 d.C., durante il regno dell’imperatore Vespasiano e terminata, dopo solo otto anni di intenso lavoro, da suo figlio Tito nell’anno 80 d.C. L’inaugurazione fu celebrata magnificamente e sontuosamente con giochi e combattimenti che durarono 100 giorni, durante i quali furo- no uccise alcune migliaia di animali feroci. Per capire come mai, in tutto il mondo antico, non fosse stato con- cepito prima un edificio come l’anfiteatro, con simili caratteristiche planimetriche ed architettoniche, tipicamente romane, bisogna con- siderare che la passione per questa nuova forma di spettacolo, il combattimento gladiatorio con le fiere, poteva essere soddisfatta solo nel periodo della massima espansione dell’Impero Romano. Infatti, soltanto in seguito alla conquista delle nuove lontane province dell’Asia e dell’Africa è stato possibile, per le popolazioni del mondo latino, conoscere l’aspetto strano, inconsueto e terrificante delle fiere. La loro ferocia, le loro dimensioni e l’agilità dei loro movimenti stimolavano la curiosità ed affascinavano il pubblico che apprezzava sempre di più que- sto svago emozionante, specie se nel confronto con le belve erano coin- volti uomini coraggiosi. Le prime rappresentazioni collettive vennero organiz- zate nei circhi, ove le masse di spettatori, affolla- ti sugli spalti, oltre a rischiare la vita per la mancanza di qualsiasi genere di protezione, spesso non riuscivano neppure a vedere , data la distanza, a volte notevole, fra il luogo del combattimento ed i posti sulle gradinate. Infatti il “circo”, era stato concepito per le corse dei cavalli e delle bighe e per le competi- zioni atletiche, non certo per gare di lotta accentrate in aree circoscrit- te e limitate. All’inizio del I secolo a.C. la crescente passione per questi spettacoli sti- molò gli architetti romani a concepire un tipo di edificio pubblico inno- vativo. Vale la pena ricordare che il più antico anfiteatro stabile costrui- to in pietra è quello di Pompei (80 a.C.). L’ubicazione centrale del Colosseo era estremamente funzionale per il suo tempo, considerato che non esistevano mezzi di trasporto e fu resa pos- sibile, soprattutto, a seguito del disastroso incendio del 64 d.C., duran- te il regno di Nerone. Infatti la città, cresciuta a dismisura e disordina- tamente, era ancora in gran parte edificata in legno e manteneva un aspetto primitivo. L’incendio della città si espanse incontrollabile per oltre sette giorni (dal 18 al 25 luglio), devastando soprattutto la parte più antica. Quando il fuoco cessò di bruciare, grandi spazi furono disponibili proprio nel cuore di Roma e questo ha consentito agli urbanisti di ridisegnare il centro cit- tadino con criteri finalmente moderni. La responsabilità di questo immane disastro è attribuita alla volontà di Nerone che, secondo gli storici, intendeva realizzare la totale rico- struzione della capitale del suo impero. Infatti è probabile che la “Domus Aurea”, incredibile e grandiosa residenza imperiale che occupa- va tutta questa vasta zona prima che il Colosseo fosse edificato, sia stata concepita ben prima dell'incendio. Morto Nerone (68 d.C.) e salito al potere Vespasiano l’anno successivo, ha finalmente inizio una grande opera di ricostruzione che trasformerà Roma in “Caput Mundi”, la straordinaria ca- pitale del mondo antico. La “Domus Aurea” neroniana, appe- na terminata sulle pendici del Colle Oppio, viene distrutta per cancel- lare qualsiasi testimonianza del suo ideatore e, mentre si lavora inten- samente per ricostruire le abitazioni civili, in mattoni, più durature ed igieniche delle precedenti, si pianifica con grande audacia la costruzio- ne del più grande anfiteatro del mondo. Il luogo ideale ove costruirlo è l’alveo del grande lago artificiale della “Domus Aurea” (stagnum neronis) che, oltre a dare all’immenso edificio la necessaria centralità nel tessuto urbano, ne facilita l’esecuzione degli scavi per le fondamenta. L’opera fu iniziata nel 72 d.C. seguendo i piani elaborati da un geniale e sconosciuto architetto il cui progetto risponde in tutto e per tutto alle esigenze del suo impiego. Si pensi al numero degli spettatori, oltre 60.000 secondo alcuni studiosi, ai quali dovevano essere facilitati al massimo sia l’ingresso che l’uscita, assicurando la migliore visuale pos- sibile da ogni ordine di posti, anche nei piani alti, oltre a servizi igie- nici e di ristoro, indispensabili perché durante la buona stagione gli spettacoli si prolungavano per giornate intere. Inoltre, come tutti gli anfiteatri, era dotato del “Velarium”, una copertura mobile che pro- teggeva gli spettatori dai cocenti raggi del sole. Della sua esistenza non vi è alcun dubbio dato che, oltre a numerose fonti letterarie ed iscri- zioni ritrovate sui muri di Pompei che ne danno testimonianza, è visi- bile un famoso affresco dell’anfiteatro pompeiano in cui l’immagine della straordinaria attrezzatura è chiaramente enfatiz- zata. Nel corso dei secoli, con l’avvento del Cristianesimo e la progressiva decadenza dell’Impero Romano, l’attività dell’anfiteatro andò gradualmente scemando ed il glorioso monumento si ritrovò, nel Medio Evo, al centro di una metropoli spopolata ed in rovina. Cominciò così a subire continue, pesanti spoliazioni da parte dei barbari invasori e degli stessi abitanti. A seguito del disastroso terremoto che squassò Roma nel settembre del 1349, crollò una notevole parte dei muri e degli archi esterni di soste- gno; i blocchi di travertino che formavano l’ossatura primaria dell’edifi- cio furono asportati in grande quantità ed utilizzati per la ricostruzio- ne degli edifici abbattuti. Poco a poco il Colosseo, ormai completamente abbandonato, fu prima trasformato in fortezza contro le invasioni barbariche e, successiva- mente, in cava quasi inesauribile di materiali. Di fronte a tanto degrado, il Papa Sisto V pensò di abbatterlo definiti- vamente ma poi, per fortuna, preferì inserirlo nell’itinerario delle Basiliche. Il saccheggio sistematico ha avuto termine nel XVIII secolo, quando il Papa Benedetto XIV (1740-1758) decise di dedicare l’Anfiteatro Flavio alla passione di Cristo e fece erigere il crocifisso che svetta nella parte centrale dell’edificio, a lato dell’arena. A dispetto di tutti questi eventi tragici, ciò che rimane di questa mera- viglia dell’architettura romana è tale che ci permette di capire con quale spirito il venerabile Beda, vissuto nell’VIII sec.d.C., abbia pronunciato la famosa profezia “Quamdiu stabit Colyseus, stabit et Roma; quando cadet Colyseus, cadet et Roma; quando cadet Roma, cadet et mundus”, cioè “Finchè esisterà il Colosseo esisterà Roma; quando cadrà il Colosseo cadrà anche Roma; quando cadrà Roma cadrà anche il mondo”. Quale sia stata l’origine del cambiamento del nome antico “Anfiteatro Flavio” in “Colosseo” ed il preciso momento storico in cui ciò sia avve- nuto non è possibile determinare con esat- tezza. I primi documenti in nostro pos- sesso nei quali il monumento viene menzionato alter- nativamente con i due nomi o sem- plicemente con l’altisonante so- prannome “Colos- seum” risalgono all’VIII sec. d. C.. A parte la profezia del venerabile Beda, altri scritti del medesimo perio- do testimoniano l’uso di questo nome, è, quindi, ipotizzabile che già da anni fosse entrato nell’uso comune popolare. Ma da dove proviene? Le teorie elaborate dagli studiosi sono basate sull’etimologia del termine “colossus” o “xolossòs” dal greco, quindi, verosimilmente, la spiegazione può risalire alla grandiosità colossale dell’edificio oppure alla vicinanza di una statua gigantesca (alta circa 50 metri) che Nerone aveva fatto eri- gere a sua gloria e che, sopravvissuta alla distruzione della Domus Aurea, si era venuta a trovare lì accanto, trasformata in effige del Dio Sole, finendo distrutta dai barbari che misero Roma a ferro e fuoco. Il solo modello architettonico del passato a cui gli ingegneri romani potessero far riferimento era il teatro greco, nel quale la verticalizzazione dell’edificio, necessaria per raggruppare il maggior numero di spettatori in prossimità della scena, era ottenuta sfruttando il declivio naturale delle colline a cui veniva addossato. Ed è stu- pefacente la genialità con la quale i progetti- sti, consapevoli delle enormi possibilità edili- zie, acquisite nel corso dei secoli grazie alla costante evoluzione delle tecniche costruttive ( archi e volte ) e della tecnologia, favorita da rivoluzionari e pratici materiali da costruzione (i laterizi ), concepi- scono un nuovo edificio a sviluppo verticale: unendo le strutture portanti di due teatri dal lato della scena (da qui l’origine del nome “amphitheatron”), creano un nuovo edificio a tutto tondo che risponde pienamente alla necessità pratica di raggruppare una grande massa di spettatori intorno ad una arena, limitata nello spazio, ove accentrare lo svolgimento dello spettacolo. Il numero degli anfiteatri più o meno grandi edificati nelle varie pro- vince dell’Im- pero è note- vole e testi- monia quanto popolari e diffusi fossero questi spettacoli, soprattutto nel periodo che va dal I° a parte del III° sec. d.C. La forma del Colosseo in pianta è un ovale poco allungato con il rap- porto di 1,22 fra asse maggiore ed asse minore, media adottata dagli architetti romani per dare agli anfiteatri la migliore visibilità. Le dimensioni esterne sono di m. 190,25 di lunghezza per m. 157,50 di larghezza, mentre l’altezza dal piano stradale è di m. 50. Tutt’intorno al Colosseo si trova un’area lastri- cata con travertino dell’ampiezza di m.17,60, al cui limite esterno erano dislocati 160 cippi, costi- tuiti da un unico blocco di tra- vertino (m. 1,75 x 0,76 x 0,60), di cui ne sono rima- sti solo cinque nella zona Est. Il numero totale dei cippi, perfettamente allineati, è desunto dalla distanza, costante, di m. 3,40 l’uno dall’altro. Con molta probabilità costituivano il punto di ancoraggio e di manovra delle corde del Velarium, una delle più straordinarie dotazioni dell’anfiteatro. La facciata esterna dell’edificio, sopraelevata dal livello stradale da tre ampi gradini, è composta di quattro parti ben distinte che si svi- luppano con armonia l’una sull’altra. Le prime tre file di ampie arca- te, decorate sui pilastri di sostegno con mezze colonne di ordini architettonici susseguenti, dorico, ionico e corinzio, creano un incredibile senso di leggerezza, perché il vuoto prevale sul pieno. Alla sommità di ciascun arco del livello stradale sono scolpiti nel traver- tino i numeri degli ingressi, che rivelano l’esistenza di “tesserae”(biglietti), necessari per la distribuzione degli spettatori nei diversi settori di posti. La quarta parte della facciata, “l’attico”, a tutto pieno e delimitato da due cornicioni, è alleggerito da un rit- mato susseguirsi di “paraste”(pilastri spor- genti) corinzie, alternate da grandi meda- glioni di bronzo, tutti trafugati nel medio evo, e da finestroni che ser- vivano a dare luce ai passaggi interni, dietro le gradinate. Inoltre, ben visibili nella parte con- servata della facciata, la serie con- tinua e

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Il Colosseo, meraviglia architettonica delmondo antico, universalmente conosciu-to come simbolo di Roma, era denomina-to dai Romani, “Amphitheatrum

Flavium”, dal nome della famiglia imperiale dei Flavi che lo fece edi-ficare. La sua costruzione fu, infatti, iniziata nell’anno 72 d.C.,durante il regno dell’imperatore Vespasiano e terminata, dopo solootto anni di intenso lavoro, da suo figlio Tito nell’anno 80 d.C.L’inaugurazione fu celebrata magnificamente e sontuosamente congiochi e combattimenti che durarono 100 giorni, durante i quali furo-

no uccise alcune migliaia di animali feroci.Per capire come mai, in tutto il mondo antico, non fosse stato con-cepito prima un edificio come l’anfiteatro, con simili caratteristicheplanimetriche ed architettoniche, tipicamente romane, bisogna con-siderare che la passione per questa nuova forma di spettacolo, ilcombattimento gladiatorio con le fiere, potevaessere soddisfatta solo nel periodo dellamassima espansione dell’ImperoRomano. Infatti, soltanto inseguito alla conquista dellenuove lontane province dell’Asiae dell’Africa è stato possibile,per le popolazioni del mondolatino,

conoscere l’aspetto strano, inconsueto e terrificante delle fiere. La loroferocia, le loro dimensioni e l’agilità dei loro movimenti stimolavano lacuriosità ed affascinavano il pubblico che apprezzava sempre di più que-sto svago emozionante, specie se nel confronto con le belve erano coin-volti uomini coraggiosi.Le prime rappresentazionicollettive vennero organiz-zate nei circhi, ove lemasse di spettatori, affolla-ti sugli spalti, oltre a rischiarela vita per la mancanza di qualsiasi genere di protezione, spesso nonriuscivano neppure a vedere , data la distanza, a volte notevole, fra illuogo del combattimento ed i posti sulle gradinate. Infatti il “circo”, erastato concepito per le corse dei cavalli e delle bighe e per le competi-zioni atletiche, non certo per gare di lotta accentrate in aree circoscrit-te e limitate.All’inizio del I secolo a.C. la crescente passione per questi spettacoli sti-molò gli architetti romani a concepire un tipo di edificio pubblico inno-vativo. Vale la pena ricordare che il più antico anfiteatro stabile costrui-to in pietra è quello di Pompei (80 a.C.).L’ubicazione centrale del Colosseo era estremamente funzionale per il suotempo, considerato che non esistevano mezzi di trasporto e fu resa pos-sibile, soprattutto, a seguito del disastroso incendio del 64 d.C., duran-te il regno di Nerone. Infatti la città, cresciuta a dismisura e disordina-tamente, era ancora in gran parte edificata in legno e manteneva unaspetto primitivo. L’incendio della città si espanse incontrollabile per oltre sette giorni (dal18 al 25 luglio), devastando soprattutto la parte più antica. Quando ilfuoco cessò di bruciare, grandi spazi furono disponibili proprio nel cuoredi Roma e questo ha consentito agli urbanisti di ridisegnare il centro cit-tadino con criteri finalmente moderni.

La responsabilità di questo immane disastro è attribuita allavolontà di Nerone che, secondo gli storici,

intendeva realizzare la totale rico-struzione della capitaledel suo impero.Infatti è probabileche la “DomusAurea”, incredibile egrandiosa residenzaimperiale che occupa-va tutta questa vasta

zona prima che il Colosseo fosse edificato, sia stata concepita benprima dell'incendio.Morto Nerone (68 d.C.) e salito al potere Vespasiano l’anno successivo,ha finalmente inizio una grande opera di ricostruzione che trasformerà

Roma in “Caput Mundi”,la straordinaria ca-

pitale del mondoantico. La “Domus Aurea”neroniana, appe-

na terminata sulle pendici del Colle Oppio, viene distrutta per cancel-lare qualsiasi testimonianza del suo ideatore e, mentre si lavora inten-samente per ricostruire le abitazioni civili, in mattoni, più durature edigieniche delle precedenti, si pianifica con grande audacia la costruzio-ne del più grande anfiteatro del mondo. Il luogo ideale ove costruirlo è l’alveo del grande lago artificiale della“Domus Aurea” (stagnum neronis) che, oltre a dare all’immenso edificiola necessaria centralità nel tessuto urbano, ne facilita l’esecuzione degliscavi per le fondamenta.L’opera fu iniziata nel 72 d.C. seguendo i piani elaborati da un genialee sconosciuto architetto il cui progetto risponde in tutto e per tuttoalle esigenze del suo impiego. Si pensi al numero degli spettatori, oltre60.000 secondo alcuni studiosi, ai quali dovevano essere facilitati almassimo sia l’ingresso che l’uscita, assicurando la migliore visuale pos-sibile da ogni ordine di posti, anche nei piani alti, oltre a servizi igie-nici e di ristoro, indispensabili perché durante la buona stagione glispettacoli si prolungavano per giornate intere. Inoltre, come tutti glianfiteatri, era dotato del “Velarium”, una copertura mobile che pro-teggeva gli spettatori dai cocenti raggi del sole. Della sua esistenza nonvi è alcun dubbio dato che, oltre a numerose fonti letterarie ed iscri-zioni ritrovate sui muri di Pompei che ne danno testimonianza, è visi-bile un famoso affresco dell’anfiteatro pompeiano in cui l’immaginedella straordinaria attrezzatura è chiaramente enfatiz-zata.Nel corso dei secoli, con l’avvento delCristianesimo e la progressivadecadenza dell’Impero Romano,l’attività dell’anfiteatro andò

gradualmente scemando ed ilglorioso monumento si ritrovò,nel Medio Evo, al centro di unametropoli spopolata

ed in rovina. Cominciò così a subire continue, pesanti spoliazioni daparte dei barbari invasori e degli stessi abitanti.A seguito del disastroso terremoto che squassò Roma nel settembre del1349, crollò una notevole parte dei muri e degli archi esterni di soste-gno; i blocchi di travertino che formavano l’ossatura primaria dell’edifi-cio furono asportati in grande quantità ed utilizzati per la ricostruzio-ne degli edifici abbattuti.Poco a poco il Colosseo, ormai completamente abbandonato, fu primatrasformato in fortezza contro le invasioni barbariche e, successiva-mente, in cava quasi inesauribile di materiali. Di fronte a tanto degrado, il Papa Sisto V pensò di abbatterlo definiti-vamente ma poi, per fortuna, preferì inserirlo nell’itinerario delleBasiliche.Il saccheggio sistematico ha avuto termine nel XVIII secolo, quando ilPapa Benedetto XIV (1740-1758) decise di dedicare l’Anfiteatro Flavioalla passione di Cristo e fece erigere il crocifisso che svetta nella partecentrale dell’edificio, a lato dell’arena.

A dispetto di tutti questi eventi tragici, ciò che rimane di questa mera-viglia dell’architettura romana è tale che ci permette di capire con qualespirito il venerabile Beda, vissuto nell’VIII sec.d.C., abbia pronunciatola famosa profezia “Quamdiu stabit Colyseus, stabit et Roma; quandocadet Colyseus, cadet et Roma; quando cadet Roma, cadet et mundus”,cioè “Finchè esisterà il Colosseo esisterà Roma; quando cadrà ilColosseo cadrà anche Roma; quando cadrà Roma cadrà anche il mondo”.

Quale sia stata l’origine del cambiamento del nome antico “AnfiteatroFlavio” in “Colosseo” ed il preciso momento storico in cui ciò sia avve-

nuto non è possibile determinare con esat-tezza. I primi documenti in nostro pos-

sesso nei quali ilmonumento vienemenzionato alter-nativamente coni due nomi o sem-plicemente conl’altisonante so-

prannome “Colos-

seum” risalgono all’VIII sec. d. C..A parte la profezia del venerabile Beda, altri scritti del medesimo perio-do testimoniano l’uso di questo nome, è, quindi, ipotizzabile che già daanni fosse entrato nell’uso comune popolare. Ma da dove proviene? Leteorie elaborate dagli studiosi sono basate sull’etimologia del termine“colossus” o “xolossòs” dal greco, quindi, verosimilmente, la spiegazionepuò risalire alla grandiosità colossale dell’edificio oppure alla vicinanza diuna statua gigantesca (alta circa 50 metri) che Nerone aveva fatto eri-gere a sua gloria e che, sopravvissuta alla distruzione della Domus Aurea,si era venuta a trovare lì accanto, trasformata in effige del Dio Sole,finendo distrutta dai barbari che misero Roma a ferro e fuoco.

Il solo modello architettonico delpassato a cui gli ingegneri romanipotessero far riferimento era il teatrogreco, nel quale la verticalizzazione

dell’edificio, necessaria per raggruppare il maggiornumero di spettatori in prossimità della scena,era ottenuta sfruttando il declivio naturaledelle colline a cui veniva addossato. Ed è stu-pefacente la genialità con la quale i progetti-sti, consapevoli delle enormi possibilità edili-

zie, acquisite nel corso dei secoli grazie allacostante evoluzione delle tecniche costruttive ( archi e

volte ) e della tecnologia, favorita da rivoluzionari epratici materiali da costruzione (i laterizi ), concepi-scono un nuovo edificio a sviluppo verticale: unendole strutture portanti di due teatri dal lato della scena(da qui l’origine del nome “amphitheatron”), creano un

nuovo edificio a tutto tondo che risponde pienamentealla necessità pratica di raggruppare una grande massa di

spettatori intorno ad una arena, limitata nello spazio, oveaccentrare lo svolgimento dello spettacolo.

Il numero degli anfiteatri più omeno grandi edificati

nelle varie pro-vince dell’Im-pero è note-vole e testi-

monia quantopopolari e diffusi

fossero questi spettacoli,

soprattutto nel periodo che va dal I° a parte del III° sec. d.C.La forma del Colosseo in pianta è un ovale poco allungato con il rap-porto di 1,22 fra asse maggiore ed asse minore, media adottata dagliarchitetti romani per dare agli anfiteatri la migliore visibilità. Le dimensioni esterne sono di m. 190,25 di lunghezza per m. 157,50di larghezza, mentre l’altezza dal piano stradale è di m. 50.Tutt’intorno al Colosseo si trova un’area lastri-cata con travertino dell’ampiezza dim.17,60, al cui limite esternoerano dislocati 160 cippi, costi-tuiti da un unico blocco di tra-vertino (m. 1,75 x 0,76 x0,60), di cui ne sono rima-sti solo cinque nella zonaEst. Il numero totale deicippi, perfettamente allineati, èdesunto dalla distanza, costante,di m. 3,40 l’uno dall’altro. Con molta probabilità costituivano il punto di ancoraggio edi manovra delle corde del Velarium, una delle più straordinariedotazioni dell’anfiteatro.La facciata esterna dell’edificio, sopraelevata dal livello stradale datre ampi gradini, è composta di quattro parti ben distinte che si svi-luppano con armonia l’una sull’altra. Le prime tre file di ampie arca-te, decorate sui pilastri di sostegno con mezze colonne di ordiniarchitettonici susseguenti, dorico, ionico e corinzio, creano unincredibile senso di leggerezza, perché il vuoto prevale sul pieno. Allasommità di ciascun arco del livello stradale sono scolpiti nel traver-tino i numeri degli ingressi, che rivelano l’esistenza di“tesserae”(biglietti), necessari per la distribuzione degli spettatorinei diversi settori di posti. La quarta parte della facciata, “l’attico”,a tutto pieno e delimitato da due cornicioni, è alleggerito da un rit-

mato susseguirsi di “paraste”(pilastri spor-genti) corinzie, alternate da grandi meda-

glioni di bronzo, tutti trafugati nelmedio evo, e da finestroni che ser-vivano a dare luce ai passaggiinterni, dietro le gradinate. Inoltre, ben visibili nella parte con-servata della facciata, la serie con-tinua e

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ritmata di mensole corrispon-denti ai buchi quadrati delcornicione terminale. Questeindicano con certezza dove

erano inserite le 240 grossetravi di legno che sostene-vano l’impianto delVelario.

La struttura interna delColosseo è formata da sei

grossi muri concen-trici e digradanti,affondati nell’ovale di

calcestruzzo che contorna lo spaziodell’arena. Questa è l’ossatura di tutto l’edificio e può essere con-

siderata equivalente allo scheletro di cemento armato degli edificimoderni; era costituita da muri con arcate costruiti con grossi bloc-chi di travertino, posti uno sull’altro senza alcuna malta di coesione.La serie ininterrotta di arcate, che formano i muri concentrici a svi-luppo ovoidale, equilibra e scarica l’enorme peso strutturale com-plessivo di tutto l’anfiteatro sui grossi pilastri quadrangolari di tra-vertino.Nel marmo di pilastri e arcate di travertino si notano frequentemen-

te dei buchi irregolari situati al punto di unione frai blocchi. Questi sono stati praticati nel perio-do medievale allo scopo di asportare i numero-

si e preziosi perni di bronzo che erano sal-dati verticalmente ai blocchi sottostanticon una notevole quantità di piombo, cola-

to in coppe scolpite nella pietra. La tecnica diinserire questi perni quadrangolari di bronzofra i blocchi, era il più avanzato siste-

ma antisismico sviluppato dai Romani, invirtù del piombo che, colato in notevolequantità intorno alla base deiperni, esercitava un’essenzialefunzione di ammortizzatoredelle scosse.

Il resto dell’edificio è costituito da serie di archi, volte digradanti e muriintermedi, sia in mattoni che in blocchi di tufo e calcestruzzo, confor-memente alle esigenze tecniche, in collegamento con le parti di soste-gno. Tutto ciò allo scopo di creare i pendii su cui costruire le gradinatein marmo, le zone di rispetto e di transito, le scale di accesso e perdeterminare la separazione netta fra i quattro settori, dei quali l’ultimoin alto era costruito tutto in legnoper diminuire la pressione eserci-tata sul muro perimetrale ester-no. Ancora oggi, nella partemeglio conservata, si vedonochiaramente i fori quadrati oveerano inserite le travi di soste-gno.L’arena di m.79 di lunghezza em. 46 di larghezza, era contor-nata da un passaggio protettolargo m.2,50, delimitato da unaserie di travi poste verticalmen-te a sostenere una rete metalli-ca; gli insediamenti per le travisono ancora visibili al livello sot-tostante l’arena. Questa zonaprotetta serviva quasi certamen-te agli inservienti che potevanocosì ripararsi nel corso dei com-battimenti. Tutte le mura al centro, ravvicinate nello spazio, sostenevano il solidotavolato dell’arena che si poteva facilmente aprire per arieggiare la zona

sottostante.Durante le rappresentazioni, gli uomini

addetti alle manovre, a mezzo di arga-ni, pulegge, ascensori e piani inclina-ti disponibili nel sottosuolo, erano ingrado di fornire i materiali per lacostruzione degli scenari e di far

affluire le fiere nell’arena per i combat-timenti.

Dato il grandissimo interesse che i “Ludi”ebbero nel mondo romano, è naturale chemolti degli antichi scrittori latini abbiano

loro riservato una grande parte nelle opere letterarie che ci hannolasciato. Queste numerose testimonianze ci danno la possibilità di com-prendere l’origine e l’evoluzione di questi spettacoli nel corso dei seco-

li. A volte potrebbe sembrare che alcunedelle informazioni riportate siano con-traddittorie ma dobbiamo tener contodelle epoche diverse in cui vivevano gliscrittori e, quindi, le discordanze chesi possono riscontrare nei loro testisono dovute all’evoluzione nel tempodegli spettacoli.Generalmente la derivazione dei gio-chi, o celebrazioni, ha sempre avutoun substrato religioso, propiziatorio ocommemorativo, quindi il loro evolver-si nel tempo ha avuto variazioni fon-damentali, sia come significato checome svolgimento.I “Ludi” potevano essere di quattro tipie venivano indicati distintamente come“teatrali”, “circensi”, “atletici” e“venatori”. Questi ultimi, che si svolge-vano negli anfiteatri, comprendevano lelotte dei gladiatori, chiamate “munera”

e le cacce con animali feroci, le “venationes”, ed erano i piùrichiesti ed apprezzati dai romani, dopo le corse deicarri e dei cavalli nel circo.La passione per le lotte gladiatorie ha ori-gine antichissima e alcuni studiosivogliono farle risalire all’abitudinefuneraria di sacrificare vittimeumane, schiavi o prigionieri di guer-ra, sulle tombe di defunti illustri.Infatti, oltre alle descrizioni di talicerimonie nei poemi omerici, anche

la decorazione del vasellame greco e etrusco conferma tale consuetudi-ne. Con il trascorrere dei secoli questo cerimoniale, una delle più cruen-te usanze antiche, si è trasformato poco a poco in una competizioneatletica spettacolare, suscitando interesse edentusiasmo dei cittadini di ogni censo e cultura.I “ludi” potevano essere pubblici, voluti dalle

autorità di Stato per celebrare avvenimenti parti-colari, oppure organizzati da un privato, previaautorizzazione del Senato. A parte alcune giornatenei mesi invernali, i periodi più ricchi di spettacolierano primavera, estate (salvo il mese di agosto cheera dedicato alle ferie) e autunno.Le lotte con le belve erano molto cruente ed emo-zionanti perché vi erano coinvolti numerosi animalidi razze diverse che, eccitati e spaventati dal frago-re della folla, attaccavano inferociti, emettendo versiimpressionanti.Naturalmente questi spettacoli esigevano un’enormeorganizzazione e comportavano costi altissimi. Immaginiamo le diffi-coltà per catturare le fiere in Africa e in Asia, per trasportarle fino adestinazione e ripartirle nei numerosi “vivaria” dislocati nelle provincedell’Impero, attrezzati per accogliere e mantenere centinaia fraelefanti, tigri indiane, rinoceronti, ippopotami, leoni, pan-tere, giraffe, leopardi, bufali, orsi, coccodrilli, cervi, struz-zi ecc..

PER VISITARE IL COLOSSEOOrario: 9-1h prima del tramontoIngresso:e 8,00 (biglietto valido anche per il Palatino)Visite didattiche per singoli e, su prenotazione, per gruppiInformazioni e prenotazioni: tel. 0639967700Sono disponibili audioguideDalla Stazione Termini: Metro linea B – Colosseo oppure bus n. 75

Prendono il nome dalla cortaspada, il gladio, che adopera-vano nei combattimenti. La

caserma dove vivevano si chiamava “Ludus gladiatorius”.I gladiatori erano raggruppati in scuole chiamate

“Familiae” ove apprendevano le varie tecniche di lotta ecuravano la loro preparazione atletica sotto la guida diesperti maestri: i “lanistae”,veterani sopravvissuti a cento batta-glie, che insegnavano ai giovani i trucchi del mestiere e le tec-niche di combattimento.La maggior parte dei combattenti era composta da schiavi o dacondannati per reati comuni ma non mancavanouomini liberi che, rischiando la vita, cercavano diconquistare il successo con questa rischiosaprofessione che permetteva diarrivare ai vertici della notorietà.La popolarità dei campioni era

davvero enorme: il pubblico li seguivacon una passione pari a quella che oggi èrivolta ai beniamini del calcio. Nei mosaici del IIe del III secolo d.C. a lato delle figure dei gla-

diatori è scritto il soprannome di ciascuno,familiarmente attribuito dai sostenitori

per sottolineare il carattere o la fisionomia della personaoppure il suo modo di combattere (licensiosus, callimo-rius, cupido, baccibus etc.).I gladiatori si addestravano all’uso di armi diverse checomportavano differenti tecniche di assalto o di difesa.A seconda del tipo di armamento erano chiamati connomi distinti: Cetervari, Secutores, Reziari, Mirmillones,

Traces. A Roma vi erano quattro scuole: Ludus Matutinus, Ludus

Gallicus, Ludus Dacicus e Ludus Magnus, di quest’ultima sonostati ritrovati resti archeologici nei pressi del lato nord del

Colosseo.Il primo spettacolo gladiatorio di cui si ha notizia risale al 264 a. C.Nel 327 d. C. l’imperatore Costantino, convertitosi al Cristianesimo, liproibì. Da allora sopravvissero in semi-clandestinità fino al VI° secolo,epoca di Teodorico.

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