AZIENDA DI PROMOZIONE TURISTICA DI ROMA -...

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AZIENDA DI PROMOZIONE TURISTICA DI ROMAVia Parigi, 11 - 00185 Roma

COMMISSARIO STRAORDINARIO:Walter Veltroni

DIRETTORE:Guido Improta

Realizzazione a cura dell’Ufficio Editoria dell’APT di Roma

TESTI:Fiorenza RausaClaudia Vigiani

“Il Tevere” è di Antonella Pioli

FOTO:Archivio APT di Roma

Gianluca Belei per APT di RomaArchivio Ideo Srl - Roma

IN COPERTINA:

Piazza di Spagna - La Barcaccia

PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE:Ideo Srl - Roma

STAMPA:CSR - Roma

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Il Pantheon

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Introduzione pag 5

Itinerario 1:

da Villa Borghese a Piazza di Spagna pag 9

Itinerario 2:

dalle Quattro Fontane al Quirinale pag 17

Itinerario 3:

da Ponte Sisto a Piazza San Pietro pag 23

Itinerario 4:

da Ponte Palatino al Campidoglio pag 29

Itinerario 5:

da Via del Gesu a Campo dei Fiori pag 35

Itinerario 6:

da Piazza Venezia a Piazza del Popolo pag 41

Itinerario 7:

da Villa Giulia a Ponte Milvio pag 47

Il Tevere pag 53

Le Terme di Caracalla pag 56

Il Parco degli Acquedotti pag 58

Il Ponte Nomentano pag 60

Il Ninfeo di Egeria pag 61

Sommario

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Veduta aerea del Tevere

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RomaLa civiltà dell’acqua

Chiunque visiti Roma rimane colpitodai numerosi monumenti e dalleimponenti opere idrauliche che, con-nesse alla grande quantità di acquapresente nel territorio, caratterizza-no da sempre il tessuto urbano e sub-urbano della città.La nascita e lo sviluppo di Roma,che nei secoli divenne la dominatriceincontrastata del Mediterraneo, èinfatti legata alla sua felice posizio-ne geografica, a diretto contatto conil fiume Tevere, nei pressi di localitàricche di sorgenti naturali e incomunicazione con il vicino mare.Le popolazioni arcaiche che sindalla prima età del ferro si insedia-rono nell’area, fondarono i loro vil-laggi sui colli presso la riva sinistradel Tevere all’altezza dell’IsolaTiberina. Questa, facilitando l’attra-versamento del fiume, rendeva possi-bile il collegamento fra l’Etruria e laCampania. Proprio alle pendici delcolle Palatino, in seguito allo strari-pamento del fiume, si incagliò lacesta con i gemelli Romolo e Remoche nell’VIII secolo a.C., secondo laleggenda, fondarono Roma. Neisecoli successivi furono avviatiimportanti lavori che, manifestandola potenza e la ricchezza della civil-tà romana, contribuirono a determi-nare il volto della città. Molte sonole opere antiche delle quali ancoraoggi si può ammirare la magnificen-za: la bonifica e il drenaggio del ter-ritorio, l’edificazione di ponti, lamessa in opera di strutture portuali -che hanno consentito di sfruttare ilfiume come principale via di comu-nicazione commerciale, militare edeconomica -, la realizzazione diacquedotti e di fontane monumentalinonché la costruzione di impiantitermali. Questi erano quanto di piùgrandioso ed unico esistesse a Romae in tutto l’impero. Chateaubriand

all’inizio del XIX secolo ancoraannotava “Troviamo terme ad ognipasso, le terme di Nerone, di Tito, diCaracalla, di Diocleziano ecc.: quan-d’anche Roma fosse stata tre voltepiù popolosa, la decima parte di queibagni sarebbe stata sufficiente aibisogni pubblici”.Le terme, aperte indistintamente atutta la popolazione, erano degliimmensi complessi edilizi dove gliantichi amavano trascorrere moltotempo, usufruendo dei servizi igieni-co-sanitari del bagno. Ma alle termesi potevano anche consultare lebiblioteche, assistere agli spettacoli,rinfrescarsi all’ombra degli alberidel giardino e, soprattutto, intreccia-re relazioni sociali e culturali. Mainella storia di una civiltà un ritrovopubblico è stato tanto grande quantofrequentato.A partire dal VI secolo, in seguito altaglio degli acquedotti operato daigoti di Vitige, la popolazione dellacittà fu costretta a trasferirsi lungole sponde del fiume per rifornirsidell’acqua del Tevere, divenuto l’u-nica fonte di approvvigionamentoidrico. Durante il Medio Evo nac-quero così nuovi mestieri, sopravvis-

Acquedotto Romano

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suti fino al XIX secolo, legati all’ac-qua: i “vascellari”, che fabbricava-no vasi, i “barcaroli” che traghetta-vano le persone da una spondaall’altra, gli “acquarenari”, chevendevano l’acqua del fiume, purifi-cata mediante un particolare sistemadi sedimentazione, e i “mulinari”,che sfruttavano la corrente del fiumeper azionare i mulini galleggianti,costruiti lungo le rive. I romani, vivendo in simbiosi con ilfiume, subirono anche le tragicheconseguenze delle numerose pieneche devastarono interi rioni semi-nando morte e distruzione. Le inon-dazioni, che dal Medio Evo alCinquecento furono dette “diluvi”,sono documentate dal 414 a.C. fino

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al 1915. La costruzione degli arginidel Lungotevere, avviata nel 1870 econclusa solo nel 1926, pose fine aquesto terribile flagello.In epoca rinascimentale, quando ipapi vollero rinnovare e abbellire lacittà per lungo tempo abbandonataa sé stessa, furono promossi gran-diosi lavori che portarono alla rea-lizzazione di nuovi ponti, al ripristi-no degli antichi acquedotti e,soprattutto, alla creazione di fonta-ne pubbliche le quali, oltre a fornireun utile servizio alla popolazione,costituivano un elemento di notevoledecoro urbano. Fontane monumen-tali cominciarono inoltre a ornare igiardini e i cortili dei palazzi nobi-liari, aprendo la strada alle grandi

Veduta aerea delle Terme di Caracalla

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decorazioni plastiche di età barocca.Tali costruzioni ornamentali, quandosimulavano ambienti naturali comegrotte o cascate, assunsero il nomedi “ninfei”, per ricordare gli analo-ghi complessi architettonici che igreci e i romani avevano dedicato alculto delle Ninfe. Nella Roma baroc-ca, ricca di edifici sorprendente-mente scenografici, le fontane simoltiplicarono assumendo formeoriginali e dimensioni stupefacenti,come è visibile nella Fontana deiFiumi di piazza Navona e nella cele-berrima Fontana di Trevi. E numero-si sono, ancora oggi, i visitatori chegiungono nella città per ammirarequeste bellezze, seguendo idealmen-te il consiglio del poeta inglesePercy B. Shelley il quale nel XIXsecolo dichiarò che “bastano le fon-tane per giustificare un viaggio aRoma”. Questa pubblicazione è stata pensa-ta per invitare il lettore a scoprire inumerosi monumenti, noti e meno

noti, che testimoniano il continuo ecostante rapporto di Roma con l’ac-qua. I sette itinerari descrivono leopere più rappresentative tra gliacquedotti, le fontane, i ninfei, iponti e le terme visibili lungo i per-corsi suggeriti. La ricchezza dimonumenti, spesso nascosti o inac-cessibili al grande pubblico, e lanotevole estensione della cittàhanno reso necessaria una selezio-ne tra le zone più frequentate dairomani e dai turisti. Cinque brevi monografie concludo-no la pubblicazione descrivendo duearee archeologiche di eccezionaleinteresse: le Terme di Caracalla e ilParco degli Acquedotti, due sitipoco noti ma molto ricchi di storia:il Ponte Nomentano e il Ninfeo diEgeria, ed un protagonista assoluto:il Tevere, oggi tornato finalmente asvolgere la sua primaria funzione divia d’acqua e, quindi, ad inserirsipienamente nella vita pulsante diRoma.

Navigazione sul Tevere

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Fontana del Mosé al Pincio

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Itinerario 1

A distanza di un secolo dalla sua apertu-ra al pubblico, avvenuta nel 1903, Romafesteggia Villa Borghese con un riccocalendario di spettacoli, mostre, appun-tamenti sportivi ed eventi di vario gene-re. Per informazioni rivolgersi al callcenter n. 0682077304, oppure al sitowww.villaborghese.it.Villa Borghese è senz’altro la villa piùconosciuta e amata sia dai romani sia daituristi stranieri, anche grazie alla feliceubicazione nelle immediate vicinanzedel centro storico. Fu realizzata a partiredal 1606 dal cardinale ScipioneBorghese, nipote di papa Paolo V, ilquale volle fare della “vigna fuori PortaPinciana” un luogo di delizie e di svaghi,prestigiosa rappresentanza per gli illustriospiti e amici. L’incarico di realizzare lasplendida residenza suburbana venneaffidato all’architetto Flaminio Ponzio alquale subentrò, alla sua morte, GiovanniVasanzio. La villa costituisce un validoesempio del gusto barocco di conciliarearte e natura stabilendo un armonico rap-porto fra la parte architettonica e il vastogiardino, suddiviso in tre recinti. I primidue, denominati “Giardino Boschereccio”e “Giardino delle Prospettive”, prevedeva-no ripartizioni geometriche basate suassi ortogonali e infilate prospettiche,tipiche del giardino all’italiana. Il terzorecinto invece, il più vasto, aveva unavegetazione spontanea e selvaggia eveniva utilizzato come riserva di caccia.Rilievi, statue antiche e moderne, sarco-fagi e vasi erano collocati a ornare edifi-ci, a segnare punti particolari o a chiude-re prospettive. Elemento essenziale nel-l’assetto seicentesco, così come nellemodifiche apportate nei secoli XVIII eXIX, erano le fontane, realizzate in grannumero e poste come punti di riferimen-to nei percorsi delle passeggiate.L’itinerario ha inizio dall’edificio princi-pale, detto il Casino Nobile, sede della

celebre Galleria Borghese. Nel piazzaleprospiciente la facciata si trovano duepiccole fontane simmetriche, poste nellaparte terminale della balaustra che cir-conda lo spiazzo, dette Fontanelle deiMascheroni. Compiute nel Seicento sudisegno del Vasanzio, nel 1895 furonovendute, insieme a tutta la balaustra, adun collezionista americano che le trasfe-rì in Inghilterra. Le copie che le sostitui-scono, fedeli agli originali, sono compo-ste ognuna da una basamento quadran-golare che da un lato si lega alla balau-stra e negli altri tre lati è decorato da tremascheroni i quali gettano acqua in trepiccole vasche collegate fra di loro in

DA VILLA BORGHESE A PIAZZA DI SPAGNA

Fontana dei Mascheroni

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modo da assumere una forma trilobata aconchiglia. L’acqua ricade poi verso ilbasso dove viene convogliata in un pic-colo bacino incassato nel terreno. Nellaparte superiore, su di un piedistallodecorato da aquile e draghi, animali sim-bolo della famiglia Borghese, svettanodue sculture.Proseguendo lungo il viale del MuseoBorghese, si incontrano le due FontaneOscure, realizzate intorno al 1620. Posteai lati della strada, hanno una strutturasimile, sebbene quella di destra, versovia Pinciana, abbia un perimetro rotondomentre l’altra, a sinistra, ha una formaovale. In entrambe, al centro del bacinoè un elegante stelo che sorregge duetazze concentriche più piccole. Intornoalle due vasche corre un sedile in marmoe peperino, un tempo ornato da statueantiche oggi disperse. Originariamentele due fontane erano contornate da unafitta vegetazione costituita da alte siepi.L’ombra che ne derivava, alla quale sideve l’appellativo di “oscure”, rendeva iluoghi ideali per piacevoli soste e ristori

durante le passeggiate. Poco oltre l’incrocio di viale del MuseoBorghese con viale dei Cavalli Marini, sipuò ammirare la Fontana dei CavalliMarini. Essa risale al momento in cui,alla fine del XVIII secolo, il principeMarcantonio IV Borghese affidò all’ar-chitetto Antonio Asprucci la ristruttura-zione della villa e l’adeguamento algusto dell’epoca. La fontana venne dise-gnata nel 1791 dal pittore di originetrentina Cristoforo Unterpergher, impe-gnato contemporaneamente anche nelrinnovo dell’apparato decorativo delCasino principale. Posta in mezzo a unquadrivio, essa è costituita da un ampiobacino rotondo a filo del terreno deli-mitato da pilastrini, in modo da nonoccludere la visuale del paesaggio cir-costante. Al centro quattro cavallimarini, scolpiti da Luigi Salimei,sostengono una composizione con trecatini circolari concentrici da cui zam-pilla l’acqua. Simbolo di forza e divitalità, i cavalli marini, o ippocampi,hanno il corpo metà cavallo e metà

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Fontana dei Cavalli Marini

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pesce mentre le ali di cui sono dotati siriferiscono a Pegaso, il mitico cavalloalato. Continuando lungo la via dei Pupazzi eoltrepassato il Tempietto di Diana, si per-viene in via Goethe, dove è la Fontanadelle Vittorie Alate. Realizzata all’ini-zio del XX secolo, la fontana riutilizzacome vasca un sarcofago di epocaromana sul quale sono rappresentate,tra festoni di frutta e maschere, delleVittorie alate. Il mascherone da cuizampilla l’acqua, affiancato da due del-fini, è stato invece scolpito da Giacomodella Porta alla fine del Cinquecentoper ornare, insieme ad altre tre compo-sizioni analoghe, la fontana di piazzadella Rotonda prospiciente il Pantheon.Alla fine dell’Ottocento le quattromaschere vennero rimosse per esseresostituite da copie e depositate neimagazzini comunali; solo una di essevenne però successivamente reimpie-gata a Villa Borghese, dove ancora laammiriamo. Alla fine di via Goethe si può girare adestra per via Canonica dove, sulladestra, si estende il Giardino del Lago,una delle più originali e riuscite tra letrasformazioni apportate alla Villa nel

Settecento. Antonio Asprucci, con lacollaborazione del paesaggista JacobMore, realizzò un ambiente ispirato algiardino romantico inglese, in cui siprivilegia la vegetazione spontanea.Vennero eliminati i rigidi schemi sei-centeschi, con muri che chiudevano irecinti e viali prospetticamente orienta-ti, e si tracciarono sentieri sinuosi quasinascosti fra la fitta trama arborea. Per

Fontana delle Vittorie Alate

Giardino del Lago e Tempio di Esculapio

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accentuare il carattere di naturalezzadel luogo venne realizzato anche unlaghetto artificiale con le sponde irre-golari delimitate da finte rocce frasta-gliate. La peculiarità del lago è datadalla presenza del Tempio diEsculapio, piccolo edificio in stile ioni-co costruito fra il 1785 e il 1792 su pro-getto di Antonio Asprucci e CristoforoUnterpergher. Lungo la trabeazione correl’iscrizione dedicatoria in greco aEsculapio, dio della medicina. Nel timpa-no è invece raffigurato il momento in cuiil serpente sacro al dio, portato daEpidauro a Roma per far cessare una terri-bile pestilenza nel 291 a.C., sbarcòsull’Isola Tiberina. Ai lati del tempio, sufinte scogliere, sono collocate due grandistatue di Ninfe. All’edificio, che si trovasu di un isolotto, si poteva accedere sia daun ponticello posto nella parte posterioresia con una barchetta. Il laghetto, doveancora oggi è possibile noleggiare piccoleimbarcazioni a remi e fare dei romanticigiri, già nell’Ottocento era considerato una

delle maggiori attrattive della villa. Così ilpoeta Gioacchino Belli in un sonettodescrive l’atmosfera festosa del parco che,essendo aperto al pubblico, era divenutouna delle mete predilette per le scampa-gnate dei romani. “Poi ve n’annate ar lagoe ppe la villa, e da per tutto trovate chimagna, chi ggiuca a palla chi curre e chistrilla”. Poco prima del lago, in uno spiazzosulla destra, agli inizi del XX secolofurono collocate la Fontana deiMascheroni e le quattro Fontanelledei Tritoni. Sia i tritoni che lemaschere sono opere cinquecenteschedi Giacomo Della Porta, create perornare la Fontana meridionale di piaz-za Navona alla quale, nella metà delSeicento, Bernini aggiunse il celebreMoro. Nel 1874 furono tolti dalla col-locazione originaria per essere sosti-tuiti da copie e successivamente reim-piegati per ornare le fontane di VillaBorghese. Nella nuova sistemazionenon furono però poste tutte insieme,

Fontana dei Satiri o Fonte Gaia

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come erano nella bella vasca mistili-nea di piazza Navona, bensì venneroseparate. I quattro tritoni, inginocchia-ti su di una valva di conchiglia mentresuonano nella buccina, furono postiagli angoli dello spiazzo, su una sem-plice vaschetta semicircolare. Le quat-tro maschere invece vennero collocate aornare la fontana centrale, composta daun bacino dal contor-no mistilineo al cuicentro è una anticavasca di granito.Attualmente però ilcomplesso risultaprivo degli elementidecorativi di mag-gior pregio, rimossidi recente probabil-mente per sottrarliad eventuali attivandalici.Quasi di fronte,sul lato sinistro divia del Lago, èposta la piccola egraziosa Fontanadei Satiri, realiz-zata nel 1929 dalloscultore GiovanniNicolini. Detta anche Fonte Gaia o Fontana deiConigli, è composta da un basamentocilindrico su cui, alternata a quattro teste diconiglio, è riportata la seguente iscrizionein latino: fons canit vitae laudem murmuresuo (con il suo mormorio la fonte cantal’inno alla vita). Al di sopra è il raffinatis-simo gruppo scultoreo in bronzo raffigu-rante due satiri, un maschio e una femmi-na, che tengono fra le braccia il figlioletto.A sinistra del lago si scende per viaEsculapio che termina al piazzale delFiocco, dominato dalla Fontana diEsculapio o del Fiocco. La composizio-ne venne realizzata durante la terza fasedei lavori che hanno riguardato la villa,promossi dal principe Camillo Borghese

a partire dal 1824 e affidati all’architettoLuigi Canina. Nella complessa strutturasono organicamente fusi una serie di ele-menti eterogenei - architettura, scultura,rocce, vegetazione e acqua – che rendonol’insieme scenografico ma nel contempoarmonico. Nella parte più elevata, su unabase rocciosa, si eleva un arco trionfalead un fornice all’interno del quale è la sta-

tua colossale diEsculapio con iltradizionale attri-buto del serpente. Sulla sommità del-l’arco svetta un’a-quila, simbolo aral-dico dei Borghese,mentre ai lati sonodue statue. Nellaparte anteriore ècollocata una vascacircolare, sorrettada un piedistallo, alcentro della qualeschizza un altozampillo.Proseguendo perviale Fiorello LaGuardia, si volta adestra per vialedelle Magnolie che

termina presso il cavalcavia realizzatonel 1908 per congiungere Villa Borghesecon la Passeggiata del Pincio.Il luogo, uno dei preferiti dagli antichiromani per la costruzione di lussuoseville caratterizzate da splendidi giardini,venne scelto da Napoleone per la realiz-zazione di una Promenade Publique,ossia un parco dedicato al passeggio deicittadini. L’opera, a carattere sociale,rifletteva le moderne concezioni dellaFrancia post-rivoluzionaria, e non pote-va certo mancare a Roma, designatacome seconda capitale dell’Impero.Progettato dell’architetto franceseBerthault, specialista del genere, il giar-dino doveva essere denominato Jardin

Fontana dell’orologio

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du Grand César, in onore di Napoleone.Dopo il crollo dell’impero napoleonico,nel 1814, i lavori vennero comunqueproseguiti per volontà del pontefice PioVII Chiaramonti e affidati a GiuseppeValadier. Proveniendo da Villa Borghese, subito a

destra si imbocca viale dell’Orologio,che prende il nome dalla Fontanadell’Orologio. Un piccolo laghetto arti-ficiale, circondato da una cancellata diferro, ha al centro una formazione roc-ciosa ricca di vegetazione su cui si innal-za l’orologio ad acqua. Presentatoall’Esposizione Universale di Parigi del1867, l’idrocronometro – questo è il ter-mine scientifico – fu ideato e costruitodal padre domenicano GiambattistaEmbriaco. Esso è costituito da una tor-retta di legno dove nella parte superiore,su ognuno dei quattro lati, vi è un qua-drante d’orologio mentre in basso lepareti sono di vetro, in modo da mostra-re il funzionamento. Un piccolo fiottod’acqua cade alternativamente nellevaschette a destra e sinistra di un bilan-ciere che, oscillando, imprime movi-mento a tutto il meccanismo. Per potereffettuare la necessaria manutenzioneall’orologio venne realizzato un ponti-cello in legno che collega la sponda del

laghetto con il piccolo isolotto roccioso. Proseguendo in direzione del piazzaleNapoleone I si incontra la Fontana delMosè. Al centro di un’ampia vasca cir-colare nel 1868 venne collocato un grup-po scultoreo composto da una figurafemminile inchinata verso una cesta con

dentro un bambi-no. E’ raffiguratoil momento in cuiMosè, destinatoad essere uccisocome tutti i maschiebrei per ordinedel faraone, venneabbandonato nelleacque del Nilodalla madre e furitrovato dallafiglia del farao-ne, che lo feceeducare a corte.Intorno al grup-po, che è posto su

una scogliera dalla quale partono trezampilli, una fitta vegetazione compostada piante di papiro evoca l’ambientenilotico.Giunti in piazzale Napoleone I, da dovesi gode uno dei più bei panorami diRoma, si volta a sinistra per viale delBelvedere e si prosegue per vialeTrinità dei Monti finché, all’altezza diVilla Medici, si incontra la Fontana diviale Trinità dei Monti.Pur essendo molto semplice, la fontanaè una delle più eleganti e ammiratedella città. Fu voluta, intorno al 1589,dal cardinale Ferdinando de’ Mediciche affidò l’incarico all’architettoAnnibale Lippi. La fontana è costituitada una vasca ottagonale a filo del ter-reno all’interno della quale un basa-mento, ottagonale anch’esso, sorreggeun antico catino circolare di granito. Alcentro l’acqua zampilla da una palla dicannone, che ha una curiosa prove-nienza. Si dice infatti che sia stata la

Veduta aerea del Giardino del Lago

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regina Cristina di Svezia, la cui eccen-tricità non finì mai di stupire i romanidurante il suo soggiorno durato bentrentaquattro anni, ad averla sparata daCastel Sant’Angelo nel 1656. Avendoinfatti un appuntamento a Villa Medicicon il pittore Charles Errard ed essen-do ormai troppo tardi, la stravaganteregina scelse questo modo bizzarro permostrare comunque la sua presenza. L’itinerario si conclude a piazza diSpagna dove, ai piedi della celebreScalinata di Trinità dei Monti, si trovala Fontana della Barcaccia. Voluta dal pontefice Urbano VIIIBarberini, la fontana fu eretta fra il1627 e il 1629 da Pietro Bernini cheperò, probabilmente, si avvalse deipreziosi consigli del figlio GianLorenzo. I contemporanei, che defini-rono l’opera un “bel capriccio”, nonmancarono di notarne l’originalità poi-ché, per la prima volta, non venne uti-lizzata una tradizionale vasca circolareo mistilinea, bensì una barca in traver-tino. All’interno di una piscina ovale èinfatti collocata una “barcaccia”, ovverol’imbarcazione fluviale che serviva per il

trasporto delle botti di vino lungo lesponde del Tevere. Sembra che l’ideaper una fontana di tale foggia, postasotto il livello del terreno perché lapressione dell’Acqua Vergine in quelpunto è molto bassa, sia derivata dalricordo di un barcone arenato nellapiazza durante la grande alluvione del1598. Essa ha la poppa e la prua iden-tiche e presenta dei bordi molto bassi,necessari per agevolare le operazionidi carico e scarico della merce, ma chein realtà danno l’impressione che labarca stia per affondare. All’esternosono due grandi stemmi del papa, conle api simbolo della famiglia, e ai latidue finte bocche di cannone dalle qualizampillano dei getti d’acqua.All’interno invece l’acqua esce a ven-taglio da due soli, altro simbolo deiBarberini. Argutamente si notò che,mentre “le navi vengono attrezzate conmetallici strumenti da guerra e vomita-no ferro e fuoco, questa marmorea,invece, come se galleggiasse, costruitaper volere del pontefice non spandefiamme né palle ma acqua, ovvero ondedi miele, dagli alati insetti di miele”.

Fontana della Barcaccia e, sullo sfondo, Trinità dei Monti

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Fontana di Trevi

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RomaLa civiltà dell’acqua

Itinerario 2

Nel punto dove si incontrano via QuattroFontane, via del Quirinale e via XXSettembre si trovano, addossate agliangoli smussati dei palazzi, le QuattroFontane realizzate per volontà di papaSisto V, Felice Peretti, alla fine delCinquecento. Esse dovevano fungere daquinte scenografiche del nuovo quadri-vio costituitosi con l’apertura dellaStrada Felice, attuale via QuattroFontane, all’incrocio con la preesistenteStrada Pia, ora via del Quirinale. Volutadal pontefice che le diede il nome, suprogetto di Domenico Fontana, la StradaFelice collegava la basilica di SantaMaria Maggiore a Trinità dei Monti. Lapanoramica in questo incrocio è tra lepiù significative di Roma: si possonoinfatti scorgere i tre antichi obelischi,innalzati in piazza dell’Esquilino, piazzaTrinità dei Monti e piazza del Quirinale.Le fontane invece non risultano esseretra le più belle della città. Forse perchérealizzate da maestranze minori, nonsono all’altezza del progetto attribuibileallo stesso Fontana. Esse raffigurano duedivinità fluviali e due divinità femminili,rappresentate giacenti all’interno di nic-chie che, originariamente, simulavanodelle grotte. Sull’angolo del complessodi San Carlino è sito il Tevere riconosci-bile dalla lupa che si avvicina sulladestra. Sull’angolo a sinistra è invececollocato l’Arno con il leone, simbolo diFirenze. Di seguito sono raffigurate Diana,con il cane, e Giunone, con il pavone. Al civico n. 13 della vicina via delleQuattro Fontane si trova uno degliaccessi al Palazzo Barberini, sede dellaGalleria Nazionale di Arte Antica.L’imponente ed elegante edificio fucostruito nel XVII secolo, sui resti del-l’antica Villa Sforza, per la famiglia dipapa Urbano VIII. Molti architetti parte-ciparono alla sua costruzione e, tra inomi più rilevanti, si citano Carlo

Maderno, Francesco Borromini, GianLorenzo Bernini e Pietro da Cortona.Nel giardino antistante il prospetto sitrova la fontana eretta da FrancescoAzzurri nel XIX secolo, contemporanea-mente alla cancellata monumentale diaccesso alla proprietà. La cancellata, uti-lizzata come sfondo per una celebrescena del film “Vacanze Romane” conAudrey Hepburn, è caratterizzata daigrandi pilastri in travertino ornati contelamoni scolpiti da Adamo Tadolini esormontati da vasi e stemmi della fami-glia Barberini. La fontana, a forma dicandeliere, è costituita da una vasca otta-gonale sulla quale si innalza un fustosorreggente un catino circolare ornatocon tre api dello stemma barberiniano. Nella vicina piazza Barberini troneggia,al centro, la barocca Fontana delTritone. Realizzata in travertino da GianLorenzo Bernini, intorno al 1643, la fon-tana è sicuramente una delle più belledella città, soprattutto per il naturalismocon il quale l’artista ha raffigurato ilmostro marino, metà uomo e metà pesce,

DALLE QUATTRO FONTANE AL QUIRINALE

Fontana di Giunone

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seduto a cavalcioni di una valva di con-chiglia aperta. Rappresentato con pos-sente muscolatura, il tritone appare nel-l’atto di soffiare in una bùccina (conchi-glia spiraliforme) dalla quale, invece delsuono, fuoriesce il getto d’acqua che,ricadendo, riempie la vasca sottostante. Ildio marino, figlio di Nettuno e Anfitrite,veniva invocato percalmare le ondedopo una tempesta,come narrato nel Isecolo da Ovidionelle Metamorfosi:“Cessò la furia delmare e, deposto ilsuo tridente, il diodegli oceani rab-bonì le acque,chiamò l'azzurroTritone, che sporgefuori dai gorghicon le spalle incro-state di conchiglie,e gli ordinò di sof-fiare nel suo cornosonoro, perché aquel segnale rien-trassero flutti efiumi. E quelloprese la sua bùccina cava e ritorta, chedalla punta si allarga a spirale, la bùc-cina che, se le si dà fiato in mezzo almare, riempie con la sua voce le coste dalevante a ponente. Anche allora, quandotra la barba madida la portò alla boccagocciolante e, soffiando a comando,sonò la ritirata, l'udirono tutte le acquedel mare e della terraferma, e tutte,udendola, ripresero i loro confini”.La bellissima composizione plastica, e idue stemmi della famiglia Barberini,sono sorretti da quattro delfini che, conle fauci spalancate, emergono dallabassa vasca quadrilobata. La fontana,alimentata dall’Acquedotto Felice, la cuiportata fu aumentata a 60.000.000 di litriper consentire al getto di svettare molto

in alto, più di quanto si possa vedereoggi, è stata di recente dotata, grazie alcontributo dell’Italgas, di un sistema diriciclo dell’acqua che, filtrata, impedisceagli agenti esogeni di danneggiare l’ope-ra scultorea. In piazza Barberini, all’an-golo con via Veneto, si trova un’altra fon-tana costruita dalla famiglia Barberini nel

Seicento. E’ laFontana delle Apic o m m i s s i o n a t aa Gian LorenzoBernini dallo stessopapa Urbano VIII,pochi giorni dopoaver concluso lasplendida Fontanadel Tritone al cen-tro della piazza.Or ig inar iamenteessa doveva essereun semplice abbe-veratoio per caval-li, da collocare,come di consueto,accanto alla fonta-na monumentale. Realizzata nel 1644,in marmo bianco diCarrara, e addossata

a Palazzo Soderini, all’imbocco di viaSistina, la fontana fu smontata nel 1867perché di intralcio alla viabilità. Portata inuno dei depositi comunali di Testaccio, virimase sino al gennaio del 1916 quandovenne ricomposta, nell’attuale posizione,dallo scultore Adolfo Apolloni al qualefurono assegnati solo i pochi resti origi-nali sopravvissuti allo smontaggio. Lafontana fu ricostruita in travertino esenza rispettare il disegno secentesco delgeniale Bernini. La fontanella è costitui-ta oggi da una valva di conchiglia aper-ta, poggiante su scogli e formante lavasca, alimentata dall’acqua che fuorie-sce dai bocchettoni, sormontati da treapi. L’iscrizione ricorda il pontefice e,nell’ultima riga, l’anno XXI (ventunesi-

Fontana del Tritone

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mo) del suo pontificato durante il qualesi è compiuta l’opera. In realtà Bernini,assente da Roma per la conclusione deilavori e l’inaugurazione estiva della fon-tana, aveva chiesto allo scalpellino diindicare nell’epigrafe, scolpita nel mesedi giugno, l’anno XXII (ventiduesimo)di pontificato di Urbano VIII.L’anticipazione della data dell’anniver-sario che si sarebbe dovuto, in realtà,festeggiare ad agosto fu mal interpretatadai romani che vi lessero una delle tantemanie di grandezza della famiglia. Cosìnacque la pasquinata “Havendo liBarberini succhiato tutto il mondo, oravolevano succhiare anche il tempo” inallusione al fatto che molte delle loroproprietà furono realizzate sottraendo alpopolo opere pubbliche. Il nipote delpapa ordinò allora di cancellare l’ultimacifra del numero latino, sperando di cal-mare il popolo stanco di avere tutte quel-le fontane pubbliche e niente acqua nellecase. Ma le critiche continuarono e,come ci tramanda un diarista romano, lo

scalpellino “vi lasciò scrittoXXI nel che diede a dire a

molti quasi che havessefatto un augurio apapa Urbano che nonfusse per arrivareall’anno XXII”. E,infatti, contro ogniprevisione, il papamorì il 29 luglio1644, esattamente8 giorni prima cheiniziasse il suoXXII anno di pon-tificato. Da via del Tritone,

svoltando a sini-

stra all’altezza di piazza dell’Accademiadi San Luca, si giunge in via dellaPanetteria dove al numero civico 15 sipuò vedere la facciata di PalazzoAntamoro. Acquistato nel Settecentodalla nobile famiglia che gli diede ilnome, il palazzo fu realizzato nel XVIIsecolo per Paolo Strada, camerieresegreto del cardinale Giulio Rospigliosi,futuro papa Clemente IX. Di autoreignoto, l’edificio fu compiuto col denarodonato dal cardinale allo Strada che, perdimostrare la sua gratitudine, fece collo-care lo stemma Rospigliosi nella fontanadel cortile. Questa fu compiuta da GianLorenzo Bernini, intorno al 1669, a treinvasi e con due tritoni che soffiano nellebùccine dalle quali esce l’acqua che siriversa, poi, nella vasca a conchiglia sot-tostante. Due delfini, emergenti da unascogliera, sorreggono il bacino oltre ilquale si trova lo stemma della famigliaAntamoro che ha sostituito quello origi-nario dei Rospigliosi. Anche se pococonosciuta, la fontana, di gusto profon-damente barocco, con l’ambientazionenaturale riprodotta sullo sfondo e i trito-ni, virtuosamente impegnati a sorreggerelo stemma, si può considerare un’epito-me della celebre Fontana del Tritone rea-lizzata da Bernini quando era all’apice delsuccesso. Ritornati in via del Tritone e in piazzadell’Accademia di San Luca, si raggiun-ge via del Nazareno. Qui, nei pressi delcivico n. 9/a, ad un livello stradale infe-riore, si trovano i resti dell’AcquedottoVergine, l’unico, tra i più antichi, rima-sto quasi inalterato nei secoli. Costruitoai tempi dell’imperatore Augusto, l’ac-quedotto ancora oggi fornisce acqua allefontane di piazza di Trevi, piazzaNavona e piazza di Spagna, mentre ilsuo speco sotterraneo è addirittura per-corribile in barca. Le sorgenti dell’ac-quedotto, realizzato su ordine di Marco

Fontana delle Api

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Agrippa per ali-mentare le sue termein Campo Marzio, sitrovavano nell’AgroLucullano, all’ottavomiglio della viaCollatina nella zonaoggi denominataSalone. Dopo unlungo percorso sotter-raneo, il condottoaffiorava in superfi-cie nei pressi dellamoderna via DueMacelli dalla quale,mediante una serie diarcate, attraversavavia del Nazareno. Ciòche in parte si puòancora vedere riguar-da proprio la partesuperiore di tre forni-ci, in blocchi bugnatidi travertino, inqua-drati da semicolonnee sormontati dall’atti-co sul quale si leggel’iscrizione che ricorda il restauro pro-mosso dall’imperatore Claudio nel I seco-lo d.C. Da piazza dell’Accademia di SanLuca percorrendo via della Stamperiasi giunge in piazza di Trevi dove sitrova la fontana più celebre nelmondo: Fontana di Trevi realizzata,tra il 1732 e il 1762, su progetto diNicola Salvi che concepì un grandemonumento, addossato ad un palazzopreesistente e composto, oltre chedalla vasca, anche da una ricca emovimentata decorazione plastica. Inrealtà tutti gli elementi architettonicie decorativi presenti hanno la funzio-ne di inquadrare scenograficamentel’acqua che sgorga e si deposita nelgrande bacino, che rappresenta ilmare. Questo è collocato ad un livellostradale più basso poiché altrimenti,le ristrette dimensioni della piazza,

non avrebbero permesso la realizza-zione di una così imponente fontana.Essa è alimentata dall’acqua Vergine,il cui nome deriva dalla leggendariaapparizione della fanciulla che avevaindicato la fonte ad alcuni soldatiassetati. Il grande sfondo architettoni-co simula un arco trionfale romano,sopra il quale si leggono le iscrizioniche ricordano i nomi dei papi chefinanziarono la costruzione della fon-tana. A coronamento dell’attico, sor-retto da due rappresentazioni dellaFama, si trova lo stemma di ClementeXII Corsini che commissionò l’opera.Addossate alla balaustra sono quattrofigure allegoriche che alludono, pro-babilmente, alle quattro stagioni. Ibassorilievi sottostanti la cornice rap-presentano gli episodi di MarcoAgrippa che supervisiona i lavori dicostruzione dell’Acquedotto Vergine,

Fontana di Trevi

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a sinistra, e della Vergine che indica lasorgente ai soldati, a destra. In basso,al centro, domina maestosa la figuradi Oceano, personificazione dell’ac-qua, accompagnato da tritoni e ippo-campi che trainano il cocchio a formadi valva di conchiglia. Intorno a loropiscine e catini, ricolmi d’acqua chetrabocca, simulano l’ambiente natura-le. Ai lati, entro due nicchie, sono lepersonificazioni dell’Abbondanza asinistra e della Salubrità a destra.L’acqua, che con prepotenza scaturi-sce dalle rocce per depositarsi nellavasca sottostante, è la vera protagoni-sta del luogo. Il suo movimento, il cuisuono è percepibile già dalle stradelimitrofe, esalta, nonostante la vegeta-zione pietrificata di derivazione berni-niana, il continuo divenire della natu-ra, in un incessante gioco di effettidinamici. L’itinerario termina in piazza delQuirinale dove, ai lati dell’obelisco,si innalzano possenti le statue deiDioscuri. Queste provengono, moltoprobabilmente, dal vicino tempio diSerapide, eretto da Caracalla nel IIIsecolo d.C. Dopo essere state collo-cate nelle Terme costruite da

Costantino sul Quirinale nel IV seco-lo, esse diedero al colle, per la loropresenza costante nell’area, il nomedi Monte Cavallo. Più volte pesante-mente restaurati, i gruppi scultoreiche rappresentano i Dioscuri mentretrattengono per le briglie i cavalliscalpitanti, furono trasferiti da SistoV Peretti alla fine del XVI secolo, ailati di una fontana marmorea ottago-nale che faceva da sfondo alla strada,l’attuale via XX Settembre, in corri-spondenza della quale –nella parteopposta- si trovava Porta Pia.Durante il pontificato di Sisto V, sullabase dei gruppi statuari, furono inol-tre scolpite le iscrizioni che riportanoi nomi di Fidia e Prassitele, ritenutierroneamente gli artefici delle dueopere. Nel 1784 le sculture furono collocatenella posizione attuale, al centrodella piazza e ai lati dell’obelisco prove-niente dal Mausoleo di Augusto inCampo Marzio. Nel 1818 papa Pio VIIChiaramonti fece sostituire la precedentefontana con la bella conca di granito pro-veniente dal Foro Romano, dove era stataeretta nel 1593 da Giacomo della Portacome abbeveratoio. Nel XIX secolo, prima

di essere trasfe-rita al Quirinalee secondo quan-to narrato dalgrande archeo-logo RodolfoLanciani, i car-rettieri che pas-savano perCampo Vaccino“solevano attra-versare il bacinocol loro veico-lo, per rispar-miarsi la faticadi bagnare leruote, sotto icalori dell’e-state”. Fontana dei Dioscuri al Quirinale

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Fontana del Maderno a Piazza San Pietro

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Itinerario 3

Ponte Sisto è il primo fra i ponti diRoma ad essere stato costruito da unpontefice dopo quelli realizzati in etàromana. Prende il nome da papa Sisto IVDella Rovere il quale, in occasione delgiubileo del 1475, fece ristrutturare unantico ponte romano, il pons Antoninus oAurelius. Esso era stato costruito nel 147d.C. dall’imperatore Antonino Pio utiliz-zando, probabilmente, i resti del ponterealizzato da Agrippa. Più volte restaura-to nel corso dei secoli, il ponte crollòdefinitivamente durante la terribile inon-dazione del 792 assumendo il nome diPons Ruptus, o Fractus. Il nuovo ponte, edificato ex-novo a parti-re dal 1473, si presenta con una curvatu-ra a “schiena d’asino”. E’ composto daquattro ampie arcate in tufo, travertino elaterizio sorrette da tre poderosi piloni.Quello centrale è caratterizzato dal gros-so “occhialone” di deflusso, che da seco-li è utilizzato dai romani come idrometro:se il Tevere lo attraversa vuol dire che siè superato il limite di guardia. L’autoreviene tradizionalmente, ma senza alcun

fondamento, indicato in Baccio Pontelli.Malgrado alcuni lavori di consolidamen-to, il ponte mantenne la forma originariafino al 1877, anno in cui si decise di effet-tuare un ampliamento della carreggiata.Furono eliminati gli antichi parapetti evennero aggiunti due marciapiedi pensiliin ghisa. Tali strutture, che deturparonol’aspetto, sono state rimosse in seguito adun elaborato intervento di restauro che,promosso dal Comune di Roma a partiredal 1998, ha finalmente riportato il manu-fatto alla sua forma originaria rinasci-mentale.Nella testata del ponte verso Trastevere,si trova piazza Trilussa dominata dallafontana comunemente chiamata ilFontanone di Ponte Sisto.Quando venne inaugurata da papa PaoloV Borghese nel 1613, la fontana si tro-vava sulla sponda opposta del fiume,appoggiata alla facciata dell’Ospedaledei Mendicanti. Il complesso ospedalie-ro, fondato da papa Sisto V alla fine delCinquecento, era posto alla conclusionedi via Giulia, di cui costituiva il fondale.

DA PONTE SISTO A PIAZZA SAN PIETRO

Ponte Sisto

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Purtroppo la costruzione degli argini delLungotevere ha determinato la presso-ché totale distruzione dell’ospedale sisti-no. La fontana invece venne smontata e,nel 1898, ricomposta nel sito attuale,non più addossata a un edificio ma isola-ta. In tal modo si evidenziò la sua formasemplice e funzionale, il cui disegno èattribuito a Giovanni Vasanzio. Il profon-do nicchione, affiancato da due colonneappoggiate ad una muratura a bugnato,presenta nella partealta una piccolaconca da cui l’ac-qua si riversa nel-l’ampia vasca sot-tostante. In alto l’i-scrizione sovrastatadallo stemma papa-le ricorda Paolo V,il pontefice che,ripristinando l’Ac-quedotto Traiano,ha condotto l’acquain questa parte diRoma.Una piacevole pas-seggiata per i pitto-reschi vicoli diTrastevere condu-ce nella principalepiazza del rione,piazza Santa Mariain Trastevere, dove si ammira una dellefontane più antiche della città. Documentata con certezza nel 1471,essa potrebbe essere stata realizzata giàin occasione del giubileo del 1450 insostituzione, probabilmente, di una fontedi epoca medievale. Originariamenteessa era costituita da una vasca poligo-nale sovrastata da due catini circolari,ma nel corso dei secoli è stata più volterestaurata e modificata. La fontana ebbeinizialmente un funzionamento moltostentato dovuto alla carenza di un rego-lare approvvigionamento idrico. Il pro-blema venne risolto solo nel 1658, quan-do il papa Alessandro VII Chigi decise

di far alimentare la fontana con l’AcquaPaola. Per l’occasione a Gian LorenzoBernini vennero affidati nuovi lavori inseguito ai quali la vasca ottagonalevenne interamente rifatta e sopraelevata.Furono aggiunte quattro doppie conchi-glie che raccoglievano l’acqua prove-niente da quattro bocche di lupo in bron-zo riutilizzate dalla fontana preesistente.Alla fine del Seicento le conchiglie berni-niane, che evidentemente si erano dete-

riorate, furono sosti-tuite con altre dise-gnate dall’architettoCarlo Fontana. Lafontana attuale perònon è che il frutto diuna totale ricostru-zione avvenuta nel1873 quando, purrispettando l’aspet-to seicentesco, si èutilizzato il marmobardiglio grigio alposto del tradizio-nale travertino.Sulla vasca ottago-

nale quattro iscri-zioni riassumono lacomplessa storiadella fontana. In viadella Scala, prima diPorta Settimiana si

imbocca via Garibaldi, che conduce sullasommità del Gianicolo dove si erge ilcelebre “Fontanone”. Esso altro non èche la mostra, ossia la fontana monumen-tale posta al termine delle condottedell’Acquedotto Traiano Paolo.A partire dal 1608 il pontefice Paolo VBorghese, per sopperire alla mancanza di unadeguato rifornimento idrico a serviziodella zona ovest della città, promosse l’im-pegnativo restauro dell’AcquedottoTraiano. Realizzato nel 109 d.C. dall’impe-ratore Traiano, l’acquedotto si alimentavacon le sorgenti di Vicarello, presso il lago diBracciano. Seguendo un percorso totale dicirca 57 chilometri, in parte sotterraneo e in

Piazza S.Maria in Trastevere

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parte su arcate, l’acquedotto giungeva sullasommità del Gianicolo in corrispondenzadell’attuale Porta San Pancrazio.Tagliato dai goti di Vitige nel 537, l’ac-quedotto è stato più volte restaurato nelcorso del Medio Evo, ma solo con PaoloV si giunse ad un pressoché totale rifaci-mento delle antiche condutture. Il lavorofu affidato all’architetto, di provata espe-rienza nel settore idraulico, GiovanniFontana che, in collaborazione conFlaminio Ponzio, realizzò anche lamonumentale mostra dell’acquedotto sulGianicolo. La struttura architettonica delFontanone dimostra una chiara deriva-zione dalla Fontana del Mosè in PiazzaSan Bernardo, voluta da papa Sisto V nel1585, sebbene siano state corrette lesproporzioni e le goffaggini ben eviden-ti nell’opera sistina. La fontana, che siispira agli archi trionfali romani, presen-ta tre grandi arcate centrali affiancate da

altre due di dimensioni minori. Fra learcate furono collocate sei colonne pro-venienti dall’antica basilica di SanPietro, mentre il resto del materialevenne prelevato dal Foro Romano.All’interno delle arcate centrali si apro-no tre finestroni che, in origine, lascia-vano intravedere la lussureggiante vege-tazione del giardino retrostante produ-cendo un effetto assai suggestivo. Aornare il movimentato coronamento delFontanone lo scultore milanese IppolitoBuzio pose ai lati dello stemma del pon-tefice Paolo V due colossali figure diFame alate. Inaugurata nel 1612, l’operasubì una sostanziale modifica nel 1690,quando l’architetto Carlo Fontana sostituìle cinque piccole vasche poste in corri-spondenza delle singole arcate con ununico bacino che si allarga al centro. Tornati a Porta Settimiana, si prosegueper via della Lungara dove, in corrispon-

Il Fontanone del Gianicolo

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denza di largo Cristina di Svezia, si aprel’accesso all’Orto Botanico (per la visi-ta tel. 06.49917107). L’importante istituzione universitaria èospitata, dal 1883, nell’area precedente-mente occupata dai giardini storici diPalazzo Corsini, di cui restano ancoracospicue testimonianze. Esistenti fin dal-l’inizio del XVI secolo, i giardini furonoampiamente ristrutturati dall’architettoFerdinando Fuga a partire dal 1741.Nell’ambito della scenografica sistema-zione delle pendici del Gianicolo il Fugaprogettò anche la bella Fontana deiTritoni dove, all’interno di una vascaquadriloba, vi sono due tritoni in traverti-no adagiati su di una roccia dalla qualefuoriesce un alto zampillo d’acqua. Inasse con questa fontana, il Fuga avevaprogettato un viale che proseguiva versol’alto con lo scalone monumentale. Esso ècomposto da tre rampe, l’ultima dellequali nella parte centrale è arricchita dallaFontana degli 11 Zampilli. Formata dauna serie di sei tazze digradanti dalle qualizampillano undici getti d’acqua, la fonta-na si ispira a famosi esempi quali la“Fontana dei Bollori” nella Villa d'Este di

Tivoli e le “Scale d'Acqua” della VillaAldobrandini a Frascati. Continuando per via della Lungara, eoltrepassata piazza della Rovere, si incon-tra il complesso dell’Ospedale di SantoSpirito in Sassia. Fondato nell’VIII secolo, l’ospedalevenne interamente ricostruito da papaSisto IV della Rovere nel 1473. Per i reli-giosi, frati e monache che operavano nel-l’istituto, furono realizzati due distintifabbricati articolati intorno a due chiostri.Il “chiostro delle monache”, al quale sipuò accedere dai locali dell’ospedale, èornato al centro dalla graziosa Fontanadei Delfini, risalente alla seconda metàdel Cinquecento. Prende il nome da quat-tro delfini che sostengono una vasca cir-colare con mascheroni. Adiacente è il“cortile di Santa Tecla” con al centrouna fontana in travertino composta da unabella vasca mistilinea sovrastata da uncatino circolare. Connesso al complesso ospedaliero è ilPalazzo del Commendatore, costruito dal1562 come residenza del responsabile del-l’organizzazione dell’istituto. Passandoper Borgo Santo Spirito è possibile affac-

Fontana dei Tritoni

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ciarsi nel cortile dove, al centro della pare-te di fondo, si ammira una bella fontanacollocata qui nel 1677. Realizzata da papaPaolo V nel 1614 per ornare il Vaticano,venne rimossa in seguito alla costruzionedel colonnato di piazza San Pietro.L’elaborata struttura, arricchita da conchi-glie, mascheroni, grottesche e vaschettepensili, è collocata all’interno di una nic-chia decorata da sassolini policromi.Proseguendo per Borgo Santo Spirito sigiunge in piazza San Pietro dove si trova-no, nei due ampi emicicli delimitati dalcolonnato berniniano, due fontane presso-ché identiche.Nello spazio antistante l’antica basilica diSan Pietro esisteva, fin dal 1490, una fonta-na composta da due vasche circolari. Nel1614 l’architetto Carlo Maderno, incarica-to del restauro dell’opera, che da quelmomento venne alimentata con l’AcquaPaola, dette alla fontana l’aspetto attuale.Quando, a partire dal 1656, Alessandro VIIChigi incaricò Gian Lorenzo Bernini diprogettare la nuova piazza ellittica, laFontana del Maderno venne sistemata sullato destro. Solo nel 1675 fu realizzata la

seconda fontana, progettata dall’architettoCarlo Fontana sotto la direzione delBernini e collocata sul lato sinistro dellapiazza, in linea con la fontana preesistentedi cui ripete esattamente la forma. Le fontane sono composte entrambe daun’ampia vasca mistilinea dove, su di unbasamento ottagonale, è collocata unaconca circolare. La fontana di destra pre-senta nelle specchiature dell’ottagono glistemmi di papa Paolo V Borghese e riuti-lizza, come conca, l’antica vasca in gra-nito della fontana quattrocentesca.Quella di sinistra invece è caratterizzatadagli stemmi di papa Clemente XAltieri, mentre il bacino circolare vennerealizzato ex novo in travertino.Ambedue hanno al centro uno stelo conaddossate quattro volute che sostengonoil secondo catino, realizzato da un unicoblocco di granito con la superficie lavo-rata a grandi scaglie e posto con la parteconcava rivolta verso il basso. In questomodo l’acqua che fuoriesce dai settezampilli, ricadendo, si rifrange in unamoltitudine di spruzzi producendo ungradevole effetto.

Piazza S.Pietro vista dalla Cupola

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Fontana delle Tartarughe a Piazza Mattei

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Itinerario 4

L’itinerario ha inizio da Ponte Palatino,edificato nel 1886 da Angelo Vescovaliin sostituzione del vicino e mal ridottoPonte Emilio, il primo ponte in pietraeretto a Roma. Costruito nel II secoloa.C., Ponte Emilio subì nei secoli nume-rose distruzioni a causa della pressioneesercitata dal Tevere in questo tratto.Riedificato nel 1575 da papa GregorioXIII Boncompagni, del quale si puòvedere lo stemma nell’unica arcatasuperstite, il ponte fu nuovamente abbat-tuto dalla violenta alluvione del 1598 ericostruito con travature in legno.Nell’Ottocento fu aggiunta una campatain ferro che, insieme alle due superstitiarcate antiche, fu eliminata per la costru-zione del nuovo Ponte Palatino. PonteEmilio è oggi poco più che un ruderechiamato dai romani Ponte Rotto.Dal Ponte Palatino, guardando il mura-glione sinistro del Tevere, si può scorge-re lo sbocco nel fiume della CloacaMaxima. Questa è la più grande condut-tura di drenaggio e scolo, per acquebianche e nere, costruita dai Romani.

Voluta, secondo la tradizione, alla finedel VII secolo a.C. da Tarquinio Prisco,la Cloaca era, originariamente, un sem-plice canale all’aperto che aveva la fun-zione di bonificare l’area paludosa delForo Romano. Il percorso di questocomplesso fognario, restaurato nel IIIsecolo e in parte ancora oggi funzionan-te, cominciava dalla Suburra, il quartierepopolare ai piedi del colle Esquilino, e,passando sotto il Foro di Nerva e il ForoRomano, giungeva al Velabro per andarea sboccare nel Tevere, all’altezza diPonte Emilio (attuale Ponte Rotto). Losbocco mostra un arco a tutto sesto, a treghiere in peperino, inserito in un muro ablocchi di tufo di Grotta Oscura.Purtroppo non è facile vedere, invece, ilcanale che, alto e largo in media circa tremetri, scorre alla profondità di circadieci metri sotto l’attuale piano stradale.Sulla grande opera Cassiodoro scrissenel VI secolo: “quale città può compete-re con Roma in ciò che è in superficie,quando ciò che è sotterraneo è incompa-rabile?”.

DA PONTE PALATINO AL CAMPIDOGLIO

Piazza del Campidoglio

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Nello splendido scenario della vicinapiazza della Bocca della Verità, domi-nata dalla mole della chiesa e dall’ele-gante tempio rotondo dedicato aErcole Vincitore, s’innalza la Fontanadei Tritoni, progettata da CarloBizzaccheri nel 1717. La grande vascapresenta una particolare forma ottago-nale che l’architetto concepì per rende-re omaggio al papa committente dell’o-pera: Clemente XI Albani, il cui stem-ma presenta appunto, oltre i monti,anche una stella a otto punte. Bizzaccheri affidò allo scultore FilippoBai il compito di realizzare il gruppocentrale con massi in travertino cheemergono dalla vasca. Sopra questiscogli, che ricordano chiaramente quel-li berniniani della Fontana dei Fiumi inpiazza Navona, si trovano due tritonianch’essi in travertino. Rappresentatidi spalle, con le code intrecciate, i tri-toni sostengono un grande catino aforma di conchiglia di mare aperta. Ailati della tazza, ornata con linee e bordiondulati, sono due grandi stemmi delpapa Albani, del quale i “monti” araldi-ci culminano anche in alto, dove zam-pilla l’acqua. Contemporaneamente

alla fontana, Bizzaccheri progettòanche un fontanile che doveva servireper abbeverare le mandrie di bovinipresenti, all’epoca, in città. In seguitoalla realizzazione del Lungotevere,l’abbeveratoio, l’unico sopravvissuto aRoma, fu però spostato nel vicinoLungotevere Aventino dove ancora sipuò vedere. Nel Foro Boario si trovaanche il cosiddetto Tempio dellaFortuna Virile, sorto nel IV secoloa.C. nei pressi del porto fluviale diRoma, il portus Tiberinus. Dedicato aldio Portunus, protettore degli accessifluviali e dei commerci marittimi, iltempio rettangolare fu restaurato nel Isecolo a.C. assumendo l’aspetto checonserva ancora oggi. Esso si eleva sudi un podio in muratura rivestito dilastre in travertino. Le colonne ionichedell’atrio e degli angoli della cella sonodi travertino mentre le semicolonnecome il resto della struttura sono intufo delle cave dell'Aniene, con basi ecapitelli di travertino stuccato.Trasformato in chiesa già nel IX seco-

Fontana dei Tritoni

Tempio della Fortuna Virile

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lo, il tempio si con-serva quasi intattoanche se la gradina-ta antistante l’acces-so è frutto di un rifa-cimento moderno.Dal Lungotevere siraggiunge l’IsolaTiberina che, faci-litando l’attraver-samento del fiumecon passerelle oponti improvvisati,ha avuto sin dal-l’antichità un ruoloimportantissimoper lo sviluppodella città. Essa ècollegata alla rivadestra del Tevere da Ponte Cestio (46a.C.) e, alla sponda sinistra, da PonteFabricio, il più antico ponte romano (62a.C.). Le origini dell’isola, di natura vul-canica, risalgono, secondo la tradizione,al VI secolo a.C. La particolare forma,simile ad una nave, è dovuta invece allamano degli uomini che vollero ricordarel’imbarcazione dalla quale saltò, nel 293a.C., il serpente di Esculapio, dio dellamedicina. Nel punto d’approdo dell’ani-male, portato a Roma per debellare lapeste, fu, successivamente, eretto untempio dedicato al dio. Un obelisco,posto al centro dell’isola, simulava inol-tre l’albero maestro della nave, mente idue ponti disposti ai lati ricordavano dueormeggi. Dall’Isola Tiberina, attraversato PonteFabricio, si giunge in piazza di MonteSavello, dalla quale ha inizio via delPortico d’Ottavia. Da qui, percorrendovia di San’Ambrogio oppure viaReginella, si giunge in piazza Matteidove si può ammirare la Fontana delleTartarughe, una delle più amate dairomani. Essa fu compiuta, tra il 1581 e il1588, da Giacomo della Porta e TaddeoLandini che realizzò le sculture raffigu-

ranti i quattro efebi di bronzo che siergono sulle quattro conchiglie inmarmo africano. Gli efebi avrebberodovuto sorreggere altrettanti delfini cheperò non furono mai portati a compi-mento. Durante il restauro del 1658 furo-no aggiunte, forse da Gian LorenzoBernini, le tartarughe che si abbeveranonel catino superiore. Secondo una leggenda metropolitana il

Isola Tiberina

Ponte Fabricio

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duca Antonio Mattei perse al gioco tuttociò che possedeva, mandando a monte ilmatrimonio con una ricca e bella fan-ciulla. Per dimostrare ancora il suopotere, nonostante la miseria, il ducafece realizzare la fontana, in una solanotte, e la mattina seguente invitò ilfuturo suocero, con la figlia, nellacasa di Giacomo Mattei dove risiede-va. Li fece affacciare alla finestradalla quale era possibile veder bene lafontana e disse "Ecco cosa è capace difare in poche ore uno squattrinatoMattei". Seguirono naturalmente lescuse e il matri-monio. E, inmemoria di quelgiorno, il giovaneduca ordinò dimurare la finestrasulla piazza.La piccola ma ele-gante fontana è unvero gioiello di arterinascimentale cheanticipa con le suemovimentate figu-re, perfettamenteinserite nello spa-zio circostante, lagrande stagionedell’arte barocca. Da piazza Matteila passeggiata pro-segue, attraverso via dei Funari, in piazzaLovatelli e poi in piazza di Campitelli.Qui si trova una fontana tanto bella quan-to sconosciuta. Realizzata da Giacomodella Porta nel 1589, e compiuta dalloscalpellino Pompilio de Benedetti, erasituata in origine al centro della piazza.Nel 1679, in seguito all'ampliamentodella chiesa di Santa Maria inCampitelli, papa Innocenzo XI la fecespostare nella posizione attuale affin-ché le grida dei cocchieri, che vi gira-vano intorno con le carrozze, non dis-turbassero più le celebrazioni liturgi-

che. Commissionata dalle famiglieCapizzucchi, Muti, Albertoni e Ricci,che avevano i loro palazzi nella piazza,l’elegante fontana si compone di unbasamento mistilineo ottagonale in tra-vertino. Su di esso si innalza la vascavera e propria, anch’essa ottagonale,ornata da due mascheroni, con grosselabbra e orecchie d’asino, alternati aglistemmi delle famiglie nobili, del Senatoe del Popolo di Roma che finanziaronol’opera. Sopra la vasca, sorretto da unbalaustro di marmo a forma di calicecon decorazioni a festoni e volute, trova

posto un catino cir-colare al centro delquale si innalza ungetto d'acqua.Si prosegue ora versopiazza d’Aracoeli,raggiungibile cammi-nando lungo viaCapizucchi e via dellaTribuna di Tor de’Specchi. Giunti nellapiazza, a sinistra sipuò vedere, in partenascosta dalle mac-chine, la Fontanadell’Ara Coeli, com-missionata nel 1589da papa Sisto VPeretti a Giacomodella Porta. Scolpita

da Andrea Brasca, Pietro Gucci e PaceNaldini, la fontana subì numerosi restauripromossi, in particolare, da papaAlessandro VII Chigi e da Clemente XIAlbani. In seguito alla costruzione delVittoriano, e alla conseguente risistema-zione dei monumenti della piazza, sisono persi i due gradini posti alla base el’antico bacino della fontana originaria,che riprendeva la forma della vasca aquadrifoglio allungato. La fontanaattuale si presenta con una vasca mar-morea polilobata all’interno della qualesi erge un dado di travertino, ornato con

Fontana di Piazza Campitelli

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mascheroni e festoni. Su di esso poggiaun calice in travertino ornato dallo stem-ma di papa Alessandro VII. Un’altrabassa vasca sorregge i quattro goffi puttiche versano l’acqua dagli otri. Nei pressi di piazza d’Aracoeli, siinnalza la cordonata michelangiolescache conduce al Campidoglio. Allabase, in via del Teatro di Marcello, sitrovano le due Fontanelle dei Leoni.I due leoni egizi di basalto nero diNumidia, venato di rosso, provenientidal tempio di Iside e Serapide inCampo Marzio, furono donati da papaPio IV Medici al popolo romano perabbellire la scala del Campidoglio.Non essendo stati concepiti per esseredue fontane, i leoni ebbero le nuovebasi solo nel 1582 e l’acqua per ali-mentarli nel 1587. Si narra che inoccasioni straordinarie, come l’elezio-ne al soglio pontificio di papaInnocenzo X Pamphilj e papaClemente X Altieri, le fontane gettas-sero vino “l’un bianco et l’altro rosso,con gran sollazzo del popolo, il qualed’ogni sesso et età concorreva contazze e fiaschi a bevere allegramente,et altri a gara, et a forza di pugni s’a-vanzavano a farne acquisto con lapanza e con boccali”. La passeggiata si conclude nella cin-

quecentesca piazza delCampidoglio dove,alla base della doppiascalinata di PalazzoSenatorio, si trova laFontana della DeaRoma. Nella nicchiam i c h e l a n g i o l e s c a ,fiancheggiata da pila-stri, è collocata la sta-tua antica in marmobianco e porfido, pro-veniente da Cori e raf-figurante Minervaseduta. Nel progettodi sistemazione del

palazzo, Michelangelo non aveva pre-visto fontane, forse perché non erapossibile trasportare acqua correntesul colle. Fu Matteo Bartolani di Cittàdi Castello, nel 1588, a dare alla fon-tana l’aspetto attuale. La statua diMinerva fu così trasformata in quelladella dea Roma, con lancia e sfera e,per raccogliere l’acqua, si aggiunserole due vasche sovrapposte in marmobianco. Ai lati furono inserite le duestatue dei fiumi Nilo e Tigri prove-nienti dalle Terme di Costantino alQuirinale. Mentre la scultura del Nilo,a sinistra, riconoscibile dalla sfinge edalla cornucopia, rimase intatta, ilTigri, collocato a destra, fu trasforma-to in Tevere con l’aggiunta della lupae dei gemelli Romolo e Remo, fonda-tori della città.

Fontana della Dea Roma

Fontanelle dei Leoni

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Piazza Navona

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Itinerario 5

L’itinerario ha inizio in via del Gesùdove, al civico numero 62, è situatoPalazzo Muti Cesi Berardi. Edificatonel XVI secolo da Giacomo della Porta,il palazzo conserva nel cortilel’Idrocronometro, o orologio ad acqua,costruito nel 1870 dal padre domenicanoGiovanni Battista Embriaco. Nato aCeriana, vicino a Sanremo, nel 1829, ilfrate creò anche altri idrocronometricome quello monumentale del Pincioche, esposto a Parigi nel 1867, suscitò lostupore di Napoleone III. L’orologio èinserito in una suggestiva cornice com-posta da una nicchia culminante con unaconchiglia. Ai lati si trovano due cariatidiche sorreggono altrettanti busti marmorei.In basso è posta una vasca con una picco-la foca che getta l’acqua nel bacino sotto-stante.Da via del Gesù, passando per piazzadella Pigna, si arriva in via della Pignadalla quale si possono già vedere iresti delle Terme di Agrippa, conser-vati nella vicina via dell’Arco dellaCiambella.

Agrippa, genero di Augusto, fece costrui-re le terme tra il 25 e il 19 a.C., in conco-mitanza con la costruzione dell’AcquaVergine che, partendo dalle sorgenti diSalone, raggiungeva la città alimentandole terme stesse.Dell’impianto termale, il più antico aRoma, si vede oggi solo una parte del-l’ambiente a pianta circolare - origina-riamente con copertura a cupola del dia-metro di circa 25 metri - che per la suastruttura “rotonda”, ancora in piedi nelXVII secolo, diede il nome alla strada.Le terme dovevano essere decorate son-tuosamente con marmi e statue; tra essec’era il celebre Apoxyomenos in bronzodi Lisippo, opera eccelsa, nota solo attra-verso la copia marmorea conservata aiMusei Vaticani. Lungo il lato occidenta-le del complesso termale si trovava inol-tre lo Stagno di Agrippa, un laghetto arti-ficiale, simile ad una piscina, dove i fre-quentatori delle terme potevano nuotare.L’Euripus, un canale scoperto, fiancheg-giato da sedili e fornito di ponticelli perl’attraversamento, convogliava l’acquadello Stagnum verso il Tevere. Da via dell’Arco della Ciambella, passandoper via dei Cestari, si giunge in piazza dellaMinerva dove domina l’imponente e spo-glia facciata della chiesa. Su di essa sonoinserite numerose targhe alluvionali, rela-tive ai livelli raggiunti dall’acqua durantele piene del Tevere. Tra quelle visibili, se

DA VIA DEL GESÙ A CAMPO DEI FIORI

Idrocronometro

Targa alluvionale

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ne segnalano alcune tra le più significati-ve a Roma per i livelli raggiunti dal fiumein piena nel 1598 (livello di circa m. 19,56),nel 1530 (livello di circa m. 18,95) e nel1422 (livello di circa m. 17,32).La vicinissima piazza della Rotonda, cheprende il nome dalla mole delPantheon, conserva al centro una fonta-na realizzata nel 1575 per volontà dipapa Gregorio XIII Boncompagni, sudisegno di Giacomo della Porta. Lagrande vasca, inmarmo bigio afri-cano, ha una parti-colare forma qua-drata polilobata edè decorata conquattro gruppi dimascheroni e delfi-ni, realizzati nelXIX secolo ad imi-tazione di quellioriginali, scolpiti daLeonardo Sormaninel XVI secolo (oraa Villa Borghese).Restaurata nel 1711da Filippo Barigioniper papa ClementeXI Albani, la fonta-na fu arricchita conla scogliera centralesulla quale si ergel’obelisco. Esso, innalzato ad Heliopolis ai tempi diRamses II, fu portato a Roma daDomiziano che lo volle collocarenell’Iseo Campense dove fu rinvenuto nelXIV secolo.Nella vicina via di Sant’Eustachio si tro-vano alcune colonne delle Terme diNerone, le seconde costruite a Romadopo quelle di Agrippa. Dell’imponentecomplesso termale, decorato sfarzosa-mente, come ci ricorda Marziale nei suoiversi “Che cosa vi fu di peggiore diNerone? E che cosa vi fu di miglioredelle Terme di Nerone?”, non rimanequasi più nulla. Erette prima del 64 e

distrutte da un incendio nell’anno 80, leterme furono ricostruite da AlessandroSevero nel III secolo, mantenendo inal-terata la pianta che, per la prima voltanella storia dell’architettura, ebbe gliambienti principali disposti secondouno schema assiale centrale mentre ipercorsi, maschile e femminile, si svi-luppavano simmetricamente sui duelati. L’imperatore Alessandro Severo, peralimentare le nuove terme, ordinò la

costruzione dell’Ac-quedotto Alessandri-no le cui sorgenti sitrovavano presso ilpaese di Colonna, anord di Roma. Inseguito al taglio degliacquedotti da partedei goti, guidati daVitige, le terme furo-no abbandonate e suiresti, nel medioevosorse anche una chie-sa. Ciò che rimane delgrandioso impiantotermale sono le duecolonne in granito concapitelli di marmobianco, addossate alfianco destro dellaChiesa di Sant’Eu-stachio; altre duecolonne provenienti

dallo stesso complesso sono conservatenel pronao del Pantheon dove furono col-locate nel 1666, in sostituzione di quelleoriginarie gravemente danneggiate. Sem-pre pertinente alle terme neroniane sem-bra essere, infine, la splendida vasca digranito innalzata, nella vicina via degliStaderari, su un moderno bacile ottagona-le. Nella stessa strada si trova la fontanel-la rionale di Sant’Eustachio, eretta nel1927. Queste, per la vicinanza al com-plesso di Sant’Ivo alla Sapienza, untempo sede dell’università di Roma, èchiamata Fontana dei Libri e decoratacon quattro volumi e una testa di cervo.

Fontana dei Libri

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Da via degli Staderari si giunge a corsodel Rinascimento dal quale, passandoper la Corsia Agonale, si giunge in piaz-za Navona. La splendida piazza, estesasu una superficie di circa 13.000 metri, ècaratterizzata dalle tre fontane dispostelungo l’asse maggiore. Quando furonocostruite per la prima volta nel XV seco-lo, esse erano dei semplici pili che servi-vano per abbeverare gli animali e perfacilitare alcune operazioni legate all’at-tività del mercato, trasferito dalCampidoglio a piazza Navona nel 1477.Alla fine del XVI secolo, papa GregorioXIII Boncompagni, dopo aver restauratol’Acquedotto Vergine, decise di portarel’acqua nella piazza che fu dotata così difontane più grandi progettate daGiacomo della Porta. Il pilo centralerimase invece un abbeveratoio per icavalli. Le due fontane dellaportianeerano costituite, originariamente, da unsemplice bacino mistilineo in marmo“portasanta”, elevato su alcuni gradini ecircondato da una balaustra in traverti-

no che serviva perdifendere la costru-zione dagli urtidelle carrette e deicocchi. Nel XVIIsecolo alcuni inter-venti di restauromodificarono nuo-vamente le due fon-tane: la fontana,collocata di frontel’Ambasciata delBrasile fu abbellitacon la statua raffigu-rante un Tritone chelotta con un delfino.I particolari trattisomatici del mostromarino, scolpito daAntonio Mari su dise-gno di Gian LorenzoBernini, attribuironoalla fontana il nometradizionale del

“Moro”. Concludevano la decorazionequattro tritoni e altrettanti mascheroniornamentali, trasferiti nel XIX secolonel Giardino del Lago a Villa Borghese esostituiti da copie realizzate da LuigiAmici. Sul lato settentrionale della piaz-za è sita la Fontana del Nettuno, dettaoriginariamente dei Calderari per la pre-senza, nelle vicinanze, delle botteghe diartigiani che lavoravano il rame.Rimasta disadorna sino al XIX secolo,essa fu decorata con la statua di Nettunoche lotta con una piovra, opera diAntonio della Bitta, e con nereidi, putti ecavalli marini di Gregorio Zappalà. Mala fontana più celebre della piazza èquella collocata al centro. Fu compiutada Gian Lorenzo Bernini per il ponteficeInnocenzo X Pamphilj che possedeva ilpalazzo sito alla sinistra dell’imponentechiesa di Sant’Agnese. Inaugurata nel1651, la fontana raffigura i QuattroFiumi che alludono ai continenti finoallora conosciuti. Di fatto essi raffigura-no l’intero universo sul quale domina, e

Fontana del Moro

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per il quale opera, la chiesa di Roma,rappresentata dal papa. Alcuni ele-menti araldici riferibili alla famigliaPamphilj, la colomba e il ramoscellodi ulivo, sono visibili in cima all’obe-lisco, simbolo della luce solare. Difronte la chiesa si trova la statua cheraffigura il Rio de la Plata, simbolodell’America. Essa ha un braccio alza-to che, secondo la leggenda, sarebbestato scolpito da Bernini per difenderel’opera dall’imminente crollo dellachiesa, ampliata e ricostruita daBorromini, suo acerrimo rivale. Lealtre statue raffigurano il Gange, conil remo che allude alla sua navigabili-tà (Asia) e il Danubio con il cavallo inriferimento alle razze equine tra le piùpregiate in Europa. L’Africa è rappre-

sentata dal Nilo, con gli attributi dellapalma e del leone, e con il voltocoperto da un velo poiché le sorgentidel fiume erano all’epoca ancora sco-nosciute. L’obelisco di granito rosso,realizzato a Roma nel I secolo d.C., fucollocato, all’inizio del IV secolo, nelcirco di Massenzio sulla via Appia edinfine qui trasferito per celebrare leglorie del pontefice. L’itinerario prosegue in piazza Campodei Fiori che è raggiungibile percorren-do via della Cuccagna, a sud di piazzaNavona, e attraversando corso VittorioEmanuele II. Quando nel 1887 si decise di innalzarenella piazza di Campo dei Fiori unmonumento a Giordano Bruno, quibruciato come eretico il 17 gennaio

Fontana dei Fiumi

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1600, fu necessario rimuovere la fonta-na che si trovava al centro. Questa erastata eseguita da Giacomo Della Portanel 1590 su incarico di papa GregorioXIII Boncompagni. Rimontata in piaz-za della Chiesa Nuova, dove si trovatuttora, la fontana fu dotata, nel 1622,di un coperchio, che le diede la forma diuna “terrina”. Campo dè Fiori rimase senza fontana sinoal 1924, anno in cui il Comune decise difarne realizzare una nuova da collocaresul lato verso piazza della Cancelleria.

Alimentata dall’Acqua Paola, la semplicefontana in granito si compone di unavasca quadrilobata sostenuta da un piedi-stallo quadrangolare, poggiante su unavasca ovale sottostante e decorato conmaniglie e formelle in marmo.Vale la pena ricordare che nei sotterraneidel vicino Palazzo della Cancelleria siconservano i resti dell’Euripus, l’anticocanale – un tempo a cielo aperto - cheaveva lo scopo preciso di convogliareverso il Tevere le acque del lago artificia-le delle Terme di Agrippa. Grazie a scavi

recenti si è potutostabilire, non solo ilpercorso di questostraordinario manu-fatto, ma anche l’e-satta posizione delleterme che, estesenell’area compresatra via di TorreArgentina, via diSanta Chiara e viadei Cestari, eranolimitate a suddall’Hecatostylum,il portico con centocolonne eretto neipressi del Teatro diPompeo. Fontana di Via degli Staderari

Fontana deI Nettuno

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Fontana dell’Adriatico al Vittoriano

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Itinerario 6

In piazza Venezia si erge imponente il piùgrande monumento presente nel centro diRoma: il Vittoriano, costruito a partiredalla fine del XIX secolo per celebrare ilprimo re d’Italia Vittorio Emanuele II.Alla base del monumento si trovano duefontane ornamentali che, raffigurando asinistra il Mar Adriatico e a destra il marTirreno, alludono alla nuova Italia unita elibera. Entrambe realizzate nel 1911, lefontane sono collocate su di un basamen-to piramidale al quale è addossata lavasca. La Fontana dell’Adriatico èopera di Emilio Quadrelli che concepìuna figura seduta simile ad un’antica divi-nità fluviale, rivolta ad Oriente ed intentaad accarezzare il leone di San Marco aVenezia. Pietro Canonica scolpì invece laFontana del Tirreno che rappresenta unuomo stante ai cui piedi riposa la lupacapitolina.Nel cortile del vicino Palazzo di Venezia,con ingresso in piazza San Marco n. 47, sipuò vedere la Fontana di Venezia costrui-

ta, nel 1730, da Carlo Monaldi per l’amba-sciatore veneziano Barbon Morosini cherisiedeva nel palazzo. Questo fu edificatoverso la metà del Quattrocento dal cardi-nale Pietro Barbo, divenuto successiva-mente papa con il nome d Paolo II.Ceduto nel secolo successivo allaRepubblica Veneta, come sede degliambasciatori lagunari a Roma, prenderà ilnome di Palazzo di Venezia. Dopo esserepassato all’Impero asburgico, nel 1929, ilpalazzo fu scelto da Benito Mussolini pertrasferirvi la sede del governo fascista. Edal celebre balcone sulla piazza, il duceparlava alle folle. Durante i soggiornidegli ambasciatori veneziani, il palazzosubì numerose trasformazioni e alcuniinterventi di abbellimento tra i quali quel-lo che, nel 1730, concesse al giardino lafontana che ancora possiamo vedere.Essa è formata da un ampio bacino, fian-cheggiato da sedili decorati con putti sor-reggenti i simboli delle terre conquistateda Venezia (Dalmazia, Morea, Candia e

DA PIAZZA VENEZIA A PIAZZA DEL POPOLO

Vittoriano

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Cipro). Al centro, su una doppia conchi-glia sostenuta da Tritoni, si innalza ilgruppo scultoreo raffigurante loSposalizio di Venezia con il Mare. La per-sonificazione della città è riconoscibiledal leone di San Marco, sito ai suoi piedi,e dal copricapo dogale posto sulla testa. Ritornati in piazza San Marco, oltre ilgiardino, di fronte al Vittoriano, si puòammirare la Fontanella rionale dellaPigna una delle più felici sculture diPietro Lombardi. L’architetto romano sidedicò alla progettazione delle fontanellerionali dopo il 1926, anno in cui vinse ilconcorso per la realizzazione dellaFontana delle Anfore in piazzadell’Emporio. Sono otto le fontanellerionali del Lombardi che si possono vede-re sparse in città. Ciascuna di esse rappre-senta, attraverso opere scultoree, realizza-te in maniera originale e sintetica, il sim-bolo della zona a cui appartiene. Secondola tradizione, il nome del rione derivereb-be dalla grande scultura bronzea dellapigna - ora nel Cortile della Pigna inVaticano – trovata nei pressi delle Termedi Agrippa, vicino al Pantheon. In realtà èpiù probabile che esso faccia riferimentoalla Vigna (parola divenuta per corruzio-ne “pigna”) di Tedemario che si estende-

va dalla zona di Sant’Eustachio sino aquesto rione. Eseguita nel 1927 in traver-tino, la fontanella è composta dalla pignae da due corolle di tulipani stilizzati cheemergono da un vaso. La fontana, per lasua collocazione topografica, è per roma-ni e stranieri un punto di riferimento stra-tegico per gli appuntamenti.Si percorra ora via del Corso sino all’an-golo con via Lata dove, sul prospetto delsettecentesco Palazzo de Carolis, sededella Banca di Roma, è posta la Fontanadel Facchino. Questa è una delle sei “sta-tue parlanti” della città, insieme aMadama Lucrezia, Abate Luigi,Marforio, Babuino e Pasquino. Questesculture furono per secoli, depositarie disatire politiche, dette pasquinate, scrittedai romani per scherno verso i governan-ti. Il Facchino fu realizzato nel XVI seco-lo, probabilmente su disegno di Jacopodel Duca. Originariamente in via delCorso, sulla facciata di Palazzo Grifoni(distrutto per far posto a Palazzo deCarolis), la fontanella fu trasferita, nel1872, in via Lata per salvarla dagli urtidelle carrozze e nasconderla dai vandaliche ne facevano bersaglio di sassate. Essaraffigura un “facchino”, che porta tra lebraccia un barile forato dal quale escel’acqua che si deposita in una vaschettasemicircolare. Il Facchino, il cui volto ètotalmente deturpato, indossa una tipicaveste da “acquarenario” o “acquarolo”.La sua corporazione doveva avere sedenella vicina piazza del Collegio Romanodove risiedeva anche una cospicua colo-nia di “facchini” provenienti dallaValtellina. Un’antica iscrizione, un tempocollocata vicino alla fontanella e oggiscomparsa, ricordava un tale AbbondioRizzo, facchino noto per la sua smodataforza muscolare e le sue frequenti ubria-cature, che, un giorno, mentre trasportavaun barile di vino sulla spalla, e un altro sulcorpo, morì “senza volerlo”. La fontanel-la del Facchino era semipubblica, vale adire che riceveva l’alimentazione dal con-dotto pubblico dell’acqua di Trevi, men-

Fontana della Pigna

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tre la cura era di competenza dei proprie-tari del palazzo che non pagavano, però,le tasse per l’utilizzazione.Proseguendo lungo via del Corso si giun-ge in piazza Colonna dove è collocatal’elegante fontana realizzata da Giacomodella Porta alla fine del XVI secolo.Fontaniere ufficiale a Roma, l’architettogenovese fu il protagonista principaledell’arredo urbano tardo Cinquecentesco.La fontana fu realizzata per papaGregorio XIII Boncompagni al quale ini-zialmente il della Porta consegnò un pro-getto che prevedeva la collocazione nellavasca dell’antica statua di Marforio, rin-venuta nel Foro Romano presso l’Arco diSettimio Severo (ora nel Palazzo Nuovodei Musei Capitolini). Il progetto – cheprevedeva anche la sistemazione dellafontana ai piedi della colonna di MarcoAurelio - evidentemente non piacque alpapa che la fece collocare dove si trovatuttora. Spoglia di colossali elementidecorativi, la fontana conserva di origina-le solo la grande vasca ottagonale inmarmo “portasanta”, adorna di fasce eteste leonine in marmo bianco. Nel XIX

secolo furono aggiunti ai lati i piccoli grup-pi scultorei con delfini e conchiglie, operedi Achille Stocchi, e, nel XX secolo, il cati-no centrale dal quale zampilla l’acqua. Ritornati in via del Corso, si prosegue ilcammino verso via della FontanellaBorghese dove al n. 19 si trova PalazzoBorghese. Nel giardino si può ammirareuno stupendo ninfeo del XVII secolo,spesso inaccessibile al pubblico. Superatoil primo cortile, con portico e loggia a dueordini, si giunge nel giardino dove sonocollocate tre bellissime fontane barocche,appena restaurate. Addossate al muro dicinta, esse sono tutte composte da unanicchia entro la quale sono gruppi statua-ri che raffigurano al centro - partendodalla fontana a sinistra – l’Abbondanza oFlora, il Bagno di Venere e Diana. Ai latidelle nicchie si trovano coppie di efebinudi sorreggenti festoni di frutta chescendono dal timpano superiore. Questo èabbellito da una nicchia con edicola con-tenente un busto e da putti ed efebi, alter-nati a Draghi e Aquile, elementi araldicidella famiglia Borghese. La conclusionedella complessa fase decorativa del nin-feo si deve a Carlo Rainaldi che elaboròun progetto precedentemente realizzatoda Johann Paul Schor, detto GiovanniPaolo Tedesco anche se, in realtà, eraaustriaco. Dopo aver iniziato i lavori, l’ar-tista fu criticato per aver ecceduto tropponella stravagante decorazione e quindicostretto ad abbandonare il palazzo,lasciando il suo posto a Rainaldi. Le scul-ture nelle nicchie furono compiute daFrancesco Cavallini, Leonardo Reti eFilippo Carcani che rispettarono fedel-mente i canoni stilistici della sculturabarocca. Da piazza Borghese il percorso prosegueverso piazza del Porto di Ripetta chericorda nel toponimo il celebre porto,costruito nel 1704 su disegno diAlessandro Specchi e distrutto alla finedell’Ottocento per realizzare ilLungotevere. La fontana qui rimontatanel 1930 circa, dopo essere stata smonta-Fontana del Facchino

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ta alla fine del XIX secolo per facilitare ilavori di sistemazione degli argini delTevere, ricorda solo in parte l’aspetto ori-ginario della Fontana dei Navigatori,eretta nel 1704 sempre da AlessandroSpecchi vicino al Porto di Ripetta. Dallavasca ovale emerge una scogliera sopra laquale si trovano una conchiglia e due del-fini. La lanterna in ferro battuto fuaggiunta verso la metà del Settecento perfacilitare l’approdo notturno delle imbar-cazioni. Vicino alla fontana sono visibilianche due delle colonne erette sempre nel1704 sul Porto di Ripetta e qui ricompo-ste in seguito alla costruzione degli arginidel fiume. Esse ricordano i più elevatilivelli di piena raggiunti dal Tevere,accompagnati dal nome del ponteficeregnante.Sul fianco destro della vicina Chiesa diSan Rocco è invece collocato un altoidrometro, costruito nel 1821, con unascala graduata che segnala i livelli rag-giunti dall’acqua durante le numeroseinondazioni, come quella del 1598 quan-do superò i quattro metri!In piazza San Rocco si trova anche laFontanella della Botticella costruita nel1774 per volere di papa Clemente XIV

Ganganelli. Era originariamente addossa-ta alla facciata del distrutto PalazzoValdambrini che sorgeva tra le due chie-se. Ricostruita nel sito attuale, fu colloca-ta all’interno della nicchia ricavata nelpilastro di sostegno dell’arcata che fian-cheggia la chiesa di San Rocco. Essa raf-figura la testa di un facchino che versal’acqua in un bacile sostenuto da unagrande botte. La fontanella, che ricorda laFontana del Facchino in via Lata, si rife-risce anche in questo caso all’attività chesi praticava a Ripetta, di scarico e caricodi botti, spesso contenenti vino.Attraversata piazza Augusto Imperatore,si giunge in largo dei Lombardi dalquale ha inizio via della Croce. Al nume-ro civico 78/a si trova Palazzo GomezSilj, progettato nel 1678 da GiovanniAntonio De Rossi. Una visita fugace delcortile, ricco di decorazioni e scultureantiche, è sufficiente per ammirare laparticolare fontana ricavata da un sarco-fago classico ornato con scene di cacciae sormontato da una coppia di sposi diste-sa su un fianco. Tornati in via del Corso si prosegue ilcammino verso Palazzo Rondinini ilcui ingresso è al numero civico 518.L’edificio, celebre per aver a lungoconservato la Pietà Rondinini diMichelangelo, ora al Castello Sforzescodi Milano, fu edificato nel XVIII secoloincorporando il palazzetto che si erafatto costruire, all’inizio del Seicento, ilCavalier d’Arpino. Nel cortile, un tempoun vero e proprio museo all’aperto, eancora oggi ornato da ricchi repertiarcheologici, si può vedere il ninfeoaddossato alla parete di fondo. Lo feceedificare, nel 1764, il marcheseGiuseppe Rondinini, sposatosi a sessan-t’anni con la ventenne irlandeseElisabeth Kenneis, celebre per la suabellezza e per essere stata, secondo lacronaca del 1790, la prima straniera atuffarsi nel mare di Rimini dove si con-cesse una vacanza balneare lunga quin-

Fontana di Piazza Colonna

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dici giorni.Giuseppe Rondinini, grande collezioni-sta di antichità, decise di realizzare unninfeo dedicato alle tre divinità classicheBacco, Venere e Apollo. Inserite nellenicchie del ninfeo, le figure sono ricono-scibili dai loro attributi che sono perBacco la pantera, per Venere un amorinoe per Apollo la lira. Da via del Corso si giunge infine in piaz-za del Popolo dove si innalza, al centro,il magnifico obelisco egiziano realizzato,nel XIV secolo a.C., per il faraone Seti.Portato a Roma da Augusto per celebrare

la conquista dell’E-gitto, fu collocatonel Circo Massimodove rimase sino al1589 anno in cui futrasferito in piazzadel Popolo per orna-re la semplice fon-tana eretta nel1572 da Giacomodella Porta. Questa,una delle diciottofontane progettatedall’architetto dopoil restauro dell’ac-quedotto Vergine,fu rimossa nel 1823per far posto allenuove strutturedecorative dellapiazza.Fu Giuseppe Vala-dier, incaricato dapapa Leone XIIIdella Genga, di ela-borare il progetto dirisistemazione dellapiazza che prevede-va anche la colloca-zione, su alti gradi-ni, delle quattrovasche rotonde ditravertino, sormon-tate da altrettanti

leoni in stile egizio, di marmo bianco.Negli emicicli laterali della piazza,Valadier inserì inoltre due fontane congruppi scultorei, eseguiti da GiovanniCeccarini, raffiguranti, nel lato verso ilTevere, il dio Nettuno con i tritoni e,verso il Pincio, la dea Roma affiancatadalle personificazioni del Tevere e del-l’Aniene. Altre due fontane, più piccole,sono addossate ai muri laterali dellachiesa di Santa Maria del Popolo e dellaCaserma dei Carabinieri: esse sonocomposte da due sarcofagi antichi illu-stranti le immagini dei defunti.

Fontana di Piazza del Popolo

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Ponte Milvio

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Itinerario 7

Quando Giovanni Maria Ciocchi delMonte, eletto papa nel 1550 col nome diGiulio III, iniziò la costruzione dellasplendida Villa Giulia, senz’altro tennein dovuta considerazione la vicinanzadel sito con le condotte dell’AcquaVergine. Sapientemente sfruttate, esseinfatti hanno dato origine alla realizza-zione di uno dei ninfei più belli e origi-nali di epoca rinascimentale.La novità sta nel fatto che, mentre finoad allora tutte le fontane o i ninfei si tro-vavano in posizione elevata, questoinvece dovette essere costruito sfruttan-do la naturale depressione in cui si tro-vava l’acqua. I valenti architetti chiama-ti a risolvere il non facile problema furo-no Giorgio Vasari, che probabilmentechiese alcuni consigli a Michelangelo,Giacomo Vignola e Bartolomeo Ammannati.La villa, di cui il ninfeo costituisce il ful-cro, è articolata intorno a due cortili. Ilprimo, formato dall’emiciclo del casinoprincipale, è aperto in fondo da una log-gia che immette nel secondo spazio,quello del Ninfeo, definito dai contem-poranei un vero “teatro delle acque”.Esso è suddiviso in tre livelli digradanti

verso il basso. Il primo, corrispondentealla loggia, presenta ornamentazioni instile ionico mentre il secondo, al qualesi scende attraverso due rampe curvili-nee, è invece ornato in stile dorico.Originariamente le rampe erano ombreg-giate da alberi che, aumentando l’oscuri-tà, rendevano certamente più suggestivala discesa al livello più profondo, occu-pato dalla “Fontana Bassa”. Qui quattrocariatidi sorvegliano l’accesso al buiovano semicircolare dove, all’interno dinicchie, l’acqua scorreva su finte rocceper confluire nella vasca ricavata nelpavimento marmoreo. Anche grazie adun recente restauro, ancora oggi lo sce-nografico insieme, dove architettura enatura sono stati abilmente fusi, emanaun fascino indiscutibile.In un ambiente alle spalle del Ninfeo diVilla Giulia è conservato un tratto delcondotto dell’Acquedotto Vergine. L’Acquedotto Vergine fu costruito daMarco Vipsanio Agrippa nel 19 a.C.sfruttando delle sorgenti poste all’ottavomiglio della Via Collatina, nei pressi diSalone. La leggenda vuole che il nomeVergine derivi da una fanciulla che

DA VILLA GIULIA A PONTE MILVIO

Villa Giulia

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avrebbe indicato ai soldati di Agrippauna fonte presso cui dissetarsi. In realtàsembra più probabile che sia dovuto allaparticolare purezza e leggerezza delleacque, prive di calcare, che hanno per-messo una migliore conservazione dellecondotte. Infatti, caso unico fra gliacquedotti di Roma, esso ha continuato afunzionare ininterrottamente per ventisecoli anche grazie al fatto che, essendola sorgente posta ad un livello moltobasso, i condotti sono quasi esclusiva-mente sotterranei e dunque sottratti aidanni prodotti da guerre e invasioni.L’acquedotto, lungo circa 20 chilometri,seguiva un tracciato piuttosto articolato.Infatti malgrado provenisse da est, entra-va in città da nord, dopo aver percorsoun ampio arco che dalla via Prenestinatagliava trasversalmente le vie Tiburtina,Nomentana e Salaria per giungere sullaFlaminia ed entrare in città all’altezzadel Muro Torto. Alle pendici del Pinciole acque venivano convogliate in undeposito idrico da cui iniziava il traccia-

to urbano. Tale deposito, successiva-mente chiamato “Bottino”, è ancora esi-stente e dà il nome al vicolo nei pressi dipiazza di Spagna. Riguardo al trattoall’epoca considerato suburbano, esso èpiuttosto noto e in parte accessibile.Dopo aver raggiunto la massima profon-dità, circa 30-40 metri, nella zona deiParioli, esso risale gradualmente fino adarrivare, nell’area di Villa Giulia, ad unaquota di circa 5 metri inferiore rispetto alterreno circostante. E’ infatti a questolivello che si trova il tratto di condottoqui conservato, in opera reticolata, visi-tabile inoltrando una richiesta alla dire-zione del Museo Nazionale Etrusco cheha sede nella villa. (Tel. 06.3226571).Usciti da Villa Giulia ci si incamminaverso via di Villa Giulia, strada volutadal pontefice Giulio III per accedere allesue proprietà. Attualmente terminaall’incrocio con via Flaminia ma in ori-gine proseguiva fino alle sponde delTevere, dove era stato allestito un portic-ciolo ad uso del papa che poteva cosìagevolmente raggiungere la villa diretta-mente dal Vaticano, imbarcandosi aponte Sant’Angelo. All’angolo fra via di Villa Giulia e viaFlaminia il papa fece edificare una fon-tana per “pubblica commodità”. In que-sto modo cercò di compensare al tortocommesso poiché, per consentire la rea-lizzazione dello spettacolare ninfeo,venne sottratta alla popolazione unanotevole quantità di acqua Vergine. Ilprogetto della Fontana di Papa GiulioIII, oggi ancora esistente anche seampiamente alterata, è generalmenteattribuito a Bartolomeo Ammannati. Siergeva isolata ed era composta da un tri-plice prospetto in peperino ad un soloordine. L’anta centrale era occupata daun’iscrizione a ricordo del ponteficeGiulio III, mentre le due laterali eranoornate da statue. L’acqua fuoriusciva da“una gran testa antica bellissima Apolloche getta acqua in un vaso grande eIl Ninfeo di Villa Giulia

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bello di granito”. La struttura, semplicema monumentale, subì una profondamodifica quando l’architetto PirroLigorio, nel 1561, la sopraelevò e costruìalle spalle il Casino di Pio IV, oggi sededell’Ambasciata d’Italia presso la SantaSede. Attualmente essa si presenta divi-sa in due ordini. Nella parte superiore, alcentro, vi è una targa sovrastata da duefigure di vittorie alate che ricorda il car-dinale Carlo Borromeo, committentedell’edificio. Nella parte inferiore, alposto dell’iscrizione originaria di GiulioIII, una grande lapide riporta invece ilnome di Filippo Colonna, al quale il fab-bricato era pervenuto per vie ereditarie.Fu quest’ultimo a sostituire l’anticavasca di granito con un’altra vasca, men-tre al posto della testa di Apollo fu col-locato un mascherone con elementi aral-dici della famiglia Colonna.Giulio III aveva collocato, esattamentedi fronte alla fontana, anche un abbeve-ratoio per gli animali. Dopo un restauroseicentesco voluto dal cardinale

Federico Borromeo, che gli ha dato unaforma più sontuosa documentata da dise-gni dell’epoca, l’opera ha subito unaserie di manomissioni che l’hanno ridot-ta allo stato piuttosto misero in cui anco-ra oggi versa. Infatti essa è formata dauna semplice vasca rettangolare sovra-stata da una composizione, realizzata nel1932, con due semiconche che gettanoacqua in una conca centrale. A questo punto l’itinerario può prosegui-re percorrendo il lungo rettifilo della viaFlaminia, oppure si può deviare versosinistra per giungere sul Lungotevere eproseguire la passeggiata ammirando ilfiume e i poderosi muraglioni che lodelimitano.La costruzione degli argini del Lungote-vere, necessaria per risolvere definitiva-mente il problema delle continue e deva-stanti inondazioni del fiume che paraliz-zavano per settimane la vita nella città,non fu esente da critiche. In particolare,il compimento dei muraglioni e dellebanchine ha portato alla perdita di un

Fontana dI Papa Giulio III

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legame millenario tra Roma e il Tevere ealla quasi totale scomparsa di ogni atti-vità lungo il fiume. Per motivi di sicu-rezza infatti furono rimosse tutte le strut-ture galleggianti, quali mulini e costru-zioni per l’attracco dei natanti, che persecoli avevano caratterizzato le rive.Strano a credersi, considerato l’attualelivello di inquinamento, ma vi erano per-sino dei rudimentali stabilimenti balnea-ri documentati già nel Settecento ancheda Goethe, il quale ricorda che “la seraprendo un bagno nel Tevere, in certicamerini comodi e sicuri”. Eredi di que-sta secolare tradizione “fiumarola”, limi-tata però a scopi puramente ricreativi,possono oggi considerarsi i numerosi“barconi” ormeggiati lungo le sponde,dove si possono trascorrere piacevolimomenti mangiando, prendendo il sole ela sera, perché no, anche ballando. Tra lenuove attività sviluppate lungo le rive,particolare importanza assunsero già allafine dell’Ottocento i circoli sportivi dicanottaggio. Oggi questi esclusivi circo-li canottieri, di cui i più celebri sono il

“Tevere Remo”, il “Tirrenia Todaro” el’”Aniene”, vantano impianti sportivi frai più attrezzati della capitale, dislocatiprevalentemente nel tratto fra il Lungo-tevere Prati e il Lungotevere dell’AcquaAcetosa. Dopo aver percorso LungotevereFlaminio e oltrepassato il Ponte Ducad’Aosta, dal Lungotevere Thaon deRevel si può ammirare il celebre PonteMilvio.Il ponte venne costruito nel 109 a.C. dalcensore Marco Emilio Scauro al posto diuna struttura in legno già esistente nel IIIsecolo a.C.. Il nome Milvio deriverebbedalla gens Molvia o Mulvia, alla qualeforse apparteneva il costruttore del pontepiù antico. Nel Medio Evo si trova men-zionato come Molbius, Mole o Molle,termine ancora oggi presente nell’usopopolare. La sua posizione strategica, a Nord dellacittà, lo ha reso teatro di importantieventi storici, il più celebre dei quali fusicuramente la battaglia che nel 312oppose Costantino a Massenzio. Il ponte

Barcone sul Tevere

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assunse un ruolo da protagonista anchedurante le guerre gotiche, quando nel537 Vitige scelse l’area circostante perinsediarvi il proprio campo. Nel 799invece il clero, i nobili e il popolo diRoma vi si recarono per accogliere CarloMagno. La struttura originaria, comprendentesei arcate di cui quattro grandi al centroe due minori sulle testate, fu ripetuta-mente modificata poiché, soprattutto nelMedio Evo, venne accentuato il caratte-re difensivo. Furono infatti costruiti duetorrioni alle estremità e le arcate alletestate vennero sostituite con due pontimobili in legno. L’ultimo restauro, inseguito al quale il ponte ha assunto laforma attuale, fu realizzato dall’archi-tetto Luigi Valadier nel 1805.

L’occasione fu data dal rientro a Romadi papa Pio VII Chiaramonti, che avevaassistito all’incoronazione di Napoleonea Parigi. L’opera riacquistò le sei arcateoriginarie mediante la ricostruzione inmuratura delle due arcatelle laterali.Inoltre, al posto del torrione settentrio-nale, venne edificata una porta monu-mentale in stile neoclassico che riecheg-gia gli archi trionfali. Sulla testata oppo-sta il ponte è ornato da due statue raffi-guranti l'Immacolata e San GiovanniNepomuceno, protettore dai pericoli diannegamento. Dal 1951 ponte Milvio è divenuto isolapedonale e il traffico automobilistico èstato deviato sul contiguo PonteFlaminio, opera colossale progettata nel1932 dall’architetto Armando Brasini.

Ponte Flaminio

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Ponte Sant’Angelo

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Il TevereDice Tito Livio: “Non senza motivo gli dei e gli uominiscelsero questo luogo per fondare lacittà: colli oltremodo salubri, un fiumecomodo attraverso il quale trasportare iprodotti dell’interno e ricevere i riforni-menti marittimi; un luogo vicino al marequanto basta per sfruttarne le opportuni-tà ma non esposto ai pericoli delle flottestraniere per l’eccessiva vicinanza alcentro dell’Italia, adattissimo per l’incre-mento della città; la stessa grandezza diquest’ultima ne è la prova”. Il Tevere fu definito da Virgilio“Genitor Urbis”, “sacro” da Marziale,secondo Plinio il Vecchio “nato persignoreggiare sempre”, fino a diventa-re “divino” definizione che compen-diava tutte le altre.La sua corrente salvò i gemelli – Romoloe Remo - trasportandoli ai piedi della col-lina del Palatino; la collina che controlla-va il guado a valle dell’Isola Tiberina.Solo da lì era possibile raggiungere lesaline indispensabili alla sopravvivenzadelle antiche popolazioni.I romani, per molti secoli, considerarono ilfiume una frontiera, solo molto tardi la rivadestra diventò parte integrante della città.Da questa grande via di commercio e dicomunicazione che il fiume ha semprerappresentato, arrivarono a Roma anchedivinità straniere come il dio della medi-cina Esculapio. Il serpente, sacro alladivinità di Epidauro, portato a Roma perporre fine ad una drammatica pestilenza,scese dalla trireme che lo trasportava e sinascose sull’Isola Tiberina.Esculapio – dio della medicina - avevascelto la sua sede ed il tempio fu costrui-to nel 289 a.C.. A partire da quel momen-

to l’isola divenne luogo di cura; luogoideale, il dio Tevere era di per sé unagaranzia di guarigione e l’isolamento deimalati evitava pericolosi contagi al restodella popolazione. Il fiume nasce dalle viscere della terra,emana dagli dei inferi, da qui la suasacralità e la sua doppia valenza: fertilitàe rovina. Per gli antichi attraversarlo equivaleva aduna mancanza di rispetto, per questo lacostruzione di un ponte richiedeva ilfavore delle divinità, acquisibile solo conla celebrazione di solenni riti propiziato-ri. A ciò provvedeva nell’antica Roma ilpiù importante collegio sacerdotale:quello dei “Pontefici”. Ancora oggi gli antichi ponti testimonia-no la straordinaria capacità dei romani:nessuna piena del Tevere ha mai danneg-giato Ponte Elio, oggi meglio conosciutocome Ponte Sant’Angelo. Quel ponte,costruito per consentire ai romani diavvicinarsi al Mausoleo di Adriano, rap-presentò per molti secoli la via più breveper raggiungere la Basilica di San Pietroe furono proprio il ponte, il Tevere e ilMausoleo a far sì che i Papi scegliesseroil Vaticano quale loro residenza. Ancoraoggi Ponte Sant’Angelo rimane uno deipunti più suggestivi per attraversare ilfiume. In tempi più recenti e fino alla fine del-l’ottocento un altro mezzo per attraversa-re il Tevere erano le “barchette”, unasorta di servizio di trasporto pubblico chela Camera Apostolica dava in appalto aprivati, per traghettare la gente da unariva all’altra del fiume. Teatro di efferatidelitti e di gravi incidenti, prevalente-mente dovuti al sovraccarico di passeg-

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vano sul fiume, distrutti i porti, modifica-ti gli antichi ponti, scomparse le moltespiagge che offrivano ristoro ai romani,le sponde del Tevere si propongono oggicome un percorso riassuntivo dell’imma-gine della città inquadrata attraverso lalente della cultura del secondo ottocento.Il Tevere continua a riflettere una Romacapovolta, fatta di cupole, statue, tetti,ponti e di una storia millenaria.Una storia fatta di monumenti, ma anchedi uomini.Una storia di cui il fiume è stato e conti-nua ad essere testimone.Testimone dell’incontro e dello scontrodi popoli diversi, dell’alternarsi delleciviltà e degli stati.La navigazione, abbandonata da oltrecento anni, finalmente riprende, donandoal fiume nuova vita o forse permettendoa romani e stranieri di riscoprire la vitache scorre sul Tevere e riportando ilfiume a quel ruolo di personaggio centra-le che sempre ha avuto nella storia diquesta straordinaria città.

geri, furono, in più occasioni, proibitefino a scomparire alla fine dell’ottocento. Il dio Tevere fonte di commerci, la cuicorrente metteva in moto le pale deimolini, e le cui acque per secoli furonoritenute salubri e taumaturgiche tanto daessere vendute porta a porta dagliacquaioli, spesso diventava furioso. Le sue acque, invadendo i livelli più bassidella città, causavano distruzione, mortee pestilenze.La realizzazione degli argini, la piùimponente operaingegneristica eurbanistica diRoma Capitale,ha determinatouna trasformazio-ne che più di ognialtra ha compor-tato un cambia-mento radicaledell’immaginedella città.Perduta l’affasci-nante sequenza digiardini e di edifi-ci che si affaccia-

Antico ormeggio

Ponte Rotto

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Il grande complesso termale, voluto daSettimio Severo e inaugurato dal figlioCaracalla nel 216, è tra i più grandiosimai costruiti nell’antichità. L’interoedificio, che nella sua più ampia esten-sione misura circa 337 x 328 metri, èsecondo per grandezza solo a quellodelle terme di Diocleziano, edificatequasi un secolo dopo sull’area in cui ilcolle Quirinale si congiunge alViminale. Ampliate nel III secolo con ilrecinto esterno (la Porticus), compiutodagli imperatori Eliogabalo e SeveroAlessandro, le terme furono ultimatenel 253. Restaurate da Aureliano,Diocleziano e Teodorico, esse rimaseroin funzione sino al 537, anno in cui il regoto Vitige fece distruggere gli acque-dotti che alimentavano Roma. In que-sta circostanza fu tagliato anchel’Acquedotto Antoniniano, un ramospeciale dell’Acquedotto Marcio,voluto dallo stesso Caracalla perassicurare l’approvvigionamentoidrico delle terme. Le terme erano grandi complessi edi-lizi destinati sia a fornire quotidiana-mente servizi igienico sanitari, qualibagni caldi e freddi, saune, massaggied esercizi ginnici, sia a garantire lasocializzazione e il ritrovo pubblico.Le proporzioni colossali dei ruderiancora visibili a Caracalla - alcuniraggiungono i trenta metri di altezza -possono dare un’idea delle misuremonumentali degli ambienti che arri-vavano ad ospitare più di ottomilapersone al giorno. Lo splendore delledecorazioni marmoree, bronzee emusive dovevano essere straordina-rie se confrontate con alcune di quel-

le giunte sino a noi: l’Ercole e il ToroFarnese ora al Museo NazionaleArcheologico di Napoli; le vasche digranito egiziano in piazza Farnese aRoma; la colonna di granito in piaz-za Santa Trinità a Firenze e i mosaicidegli Atleti dei Musei Vaticani. Lungo il recinto esterno, dove trova-vano posto gli ambienti destinati aiservizi, si aprivano lateralmente duegrandi esedre e, sul fondo, una gradi-nata che nascondeva l’immensacisterna costituita da una duplice filadi ambienti con una capacità com-plessiva di ottantamila metri cubid’acqua. Sugli spalti era inoltre pos-sibile assistere alle gare ginniche chesi svolgevano all’interno dell’im-pianto. I due grandi ambienti rettan-golari, disposti agli angoli, dovevanoinvece ospitare le biblioteche. Lestrutture termali vere e proprie siarticolavano, simmetricamente intor-no al grande salone del corpo centra-le al quale si accedeva oltrepassandole quattro porte collocate sulla fac-ciata nord orientale (attuale ingres-so?). Superato il vestibolo di acces-so, era possibile entrare negli apody-teria (spogliatoi) e, successivamente,nelle palestre, originariamente costi-tuite da un cortile porticato sul qualesi affacciavano una serie di ambientidestinati alle attività fisiche. A que-sto punto iniziava il percorso all’in-terno del calidarium (ambienteriscaldato con vasca per abluzioni),del tepidarium (sala piccola e tempe-rata), del frigidarium (salone centra-le con ampia vasca di acqua fredda) edella natatio (piscina olimpionica

Le Terme di Caracalla

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scoperta). Altri locali minori, qualisphaeristeria (per il gioco del pallo-ne), laconicum (riscaldato con ariacalda) e sudatio (riscaldato convapore), si snodavano intorno agliambienti principali. Da un forno,costantemente alimentato, il calore sidiffondeva, attraverso tubature fittili,sotto i pavimenti e in intercapediniricavate nelle pareti delle sale. Al disotto delle terme si estendevano,come una vera rete stradale su duepiani, vasti sotterranei destinati aiservizi. Nel piano superiore erano iforni e i depositi per la legna mentre,in quello inferiore, le canalizzazioniche portavano le acque di scarico inuna grande fogna situata lungo il latosud occidentale del recinto. Su que-

sto lato, nei sotterranei dell’esedradel recinto, fu installato nel III sec.d.C. un Mitreo, il più grande traquelli conosciuti a Roma.

Viale delle Terme di Caracalla, 52

Orario:

9 - 1 ora prima del tramonto

Informazioni e prenotazioni:

Tel. 06.39967700

Si può raggiungere dalla Stazione Termini

con la Metro B - Circo Massimo

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Il magnifico Parco degli acquedotti,compreso tra via Lemonia, via delQuadraro e via A. Viviani è costituito,oltre che dalle rovine della Villa delleVignacce e del Casale di RomaVecchia, soprattutto dai resti, imponen-ti, di ben sei acquedotti Romani. Gliacquedotti Marcio, Anio Novus,Tepula, Claudio, Iulia e Felice sfrut-tando le pendenze naturali (morfologi-che) del territorio, conducevano l’ac-qua dalle sorgenti – nell’alta valledell’Aniene e sui Colli Albani - sino aRoma, dove concludevano il loro per-corso a Porta Maggiore.Le suggestive arcate che a tratti si sca-valcano tra loro, sovrapponendosi,sono ancora inserite nello spettacolarepaesaggio naturale circostante, caratte-rizzato da un vasto prato con siepi,alberi, piante erbacee, cardi e orchidee.Da via del Quadraro, voltando a destrasi raggiunge Tor Fiscale dove le arcatedell’Acquedotto Claudio, correndovicine a quelle dell’Acquedotto Felice,raggiungono la massima altezza dicirca 28 metri. L’Acquedotto Claudio,inaugurato nel 52 d.C. dall’imperatoreche gli diede il nome, ebbe l’appellati-vo di magnificentissimus per la qualitàeccellente delle sue acque. NarravaPlinio nel I secolo che “Se si conside-ra attentamente l’abbondanza delleacque che l’acquedotto fornisce allacomunità (bagni, piscine, canali, case,giardini, ville di periferia), si ricono-scerà che nulla può essere esistito dipiù grandioso al mondo”. Le sue arca-te sostengono anche la tubaturadell’Acquedotto Anio Novus (AnieneNuovo), ultimato da Claudio nel 52

d.C. Esso era il più potente degli undi-ci acquedotti antichi, in grado di porta-re 4,738 quinarie, corrispondenti a unaprovvigione di quasi 200 milioni dilitri al giorno. A Tor Fiscale, le arcatedell’Acqua Claudia si incrociano conquelle dell’Acquedotto Felice, cosìchiamato in onore di papa Sisto V(Felice Peretti) che lo realizzò alla finedel XVI secolo. Il condotto, dopo averabbandonato il suo percorso sotterra-neo, si sovrappone all’AcquedottoMarcio del quale riutilizza piloni e strut-ture. Seguendo il suo percorso si rag-giunge il complesso della Villa delleVignacce, della quale rimane ben pocodello splendore originario. La villa,costruita nel II secolo, era infatti tra lepiù belle e ricche del suburbio romano.Oggi di essa si conserva la cisternache, inizialmente, era collegataall’Acquedotto Marcio che la rifornivad’acqua. Più avanti, verso viaLemonia, si possono riconoscere anchela grande fontana absidata del ninfeo ei resti di altre cisterne d’acqua.Passando sotto le arcate dell’AcquedottoFelice si raggiunge un sentiero che con-duce al Fosso della marrana dell’acquaMariana. Questo fu realizzato, nel XIIsecolo, da papa Callisto II per portarel’acqua nel centro della città, dopo chegli acquedotti erano stati danneggiatidai barbari. Il canale attraversaval’Ager maranus, nei pressi dell’attualeMorena, e pertanto, in epoca rinasci-mentale venne, erroneamente, chiama-to “mariano”. Il nome marrana passòsuccessivamente ad indicare tutti i fossidella campagna romana. Proseguendoil cammino si raggiunge il Casale di

Il Parco degli Acquedotti

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Roma vecchia, sorto nel XIII secolo allato della via Latina. Situato tra i dueacquedotti Marcio e Claudio, aveva lafunzione di controllo dell’intera area.Verso est si può vedere un tratto, intufo, dell’Acquedotto Marcio cosìdetto perché realizzato dal pretoreQuintus Marcius Rex nel 144 a.C.,all’epoca della distruzione diCartagine. Con i suoi 90 chilometri, erauno tra i più lunghi di Roma e la suaacqua, fresca e salubre, era tra le piùamate dai Romani. Sopra l’AcquedottoMarcio corre il canale dell’AcquaTepula, condotta a Roma nel 125 a.C.,e sovrapposta all’Acquedotto Marcio,alla fine della Repubblica insiemeall’Acqua Iulia della quale non rimanequasi più nulla. Il nome dell’acqua

Tepula è legato alla temperatura, dicirca 17 gradi, raggiunta dall’acquaalle sorgenti. Vale la pena di prosegui-re la visita al parco, camminando lungoil viale alberato che costeggia, sulladestra, il fosso dell’acqua Mariana.Questo viale ripercorre, in parte, il trac-ciato dell’antica Via Latina che, par-tendo dall’omonima porta, collegavaRoma a Capua. Lungo la via, lastricatacon basolato, si possono ancora scorge-re i resti di tombe, casali e villeRomane.

Il Parco degli Acquedotti si può raggiungere

dalla Stazione Termini con la Metro A -

Giulio Agricola.

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Il Ponte NomentanoIl ponte, punto di transito sull’Anienee straordinario esempio di fortifica-zione militare, prende il nome dallavia Nomentana sulla quale è situatoall’altezza del terzo miglio. Eretto nelII secolo a.C., subì la distruzione diTotila nel 549 per essere ricostruitodopo pochi anni da Narsete. Il ponte ècostituito da una grande arcata rivesti-ta in travertino e da quattro arcateminori. Le fortificazioni furonoaggiunte nell’VIII secolo, da AdrianoI e nel, XV secolo, da Niccolò VParentucelli, del quale si può ancoravedere lo stemma sopra l’arco sul latoesterno. Nella chiave di volta sonoinseriti una testa taurina e una clavache sembrano potersi riferire adErcole, al quale probabilmente ilponte era dedicato. Luogo probabiledell’incontro tra papa Leone III eCarlo Magno nell’800, il ponte fu pro-tagonista di numerosi fatti storici disingolare rilevanza. Nel 1805 Simón

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Bolívar, dopo aver trascorso anni trala Francia e l’Italia, maturò la convin-zione di dover liberare la sua terra daiconquistatori spagnoli. Ispirato dallamagnificenza dei resti di Roma antica,pronunciò nei pressi del ponte un fati-dico giuramento con il quale promisedi non darsi pace finché non fosserostate spezzate le catene che opprime-vano la sua gente a causa del poterespagnolo. Tornato in sud America evinte numerose battaglie, rientrò aCaracas nel 1813 guadagnando il tito-lo di libertador e il conferimento deipoteri dittatoriali. Nel 1849, invece, letruppe francesi bombardarono il ponteper impedire il passaggio dei patriotiitaliani. Riparati i danni nel 1856, erifatti i merli delle torri, il ponte èoggi pedonalizzato e inserito nell’areaverde circostante.

Dalla Stazione Termini: bus 90

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Il Ninfeo di Egeria

Il Ninfeo è situato all’interno del Parcodella Caffarella, fuori di Porta SanSebastiano, ed è raggiungibile a piedidalla via Appia Pignatelli. Fu costruitonel II secolo dal nobile greco ErodeAttico all’interno della sua villa subur-bana, il Pago Triopio, che si estendevatra la via Appia Antica e il piccolo corsod’acqua Almone. La tenuta agricola delPago Triopio fu ereditata da Erode Atti-co in seguito alla morte della moglieAnnia Regilla, che, probabilmente, eglistesso uccise quando era incinta delquinto figlio. All’interno della vastaproprietà, con l’edificio principale cir-condato dal villaggio agricolo, ErodeAttico fece innalzare un tempio dedi-cato a Cerere e Faustina, successiva-mente trasformato nella Chiesa di San-t’Urbano. Nei pressi dell’Almone fuinvece eretto il ninfeo, erroneamenteritenuto, sin dall’epoca rinascimentale,la grotta di Egeria il cui culto era, inrealtà, celebrato nel bosco sacro delleCamene, nei pressi dell’attuale piazzadi Porta Capena. Secondo la tradizio-ne, nel bosco sacro delle Camene, ogni

notte, si appartavano Egeria e il reNuma Pompilio che traeva dalla ninfa,esperta delle cose umane e dei misteridivini, l’ispirazione per comporre leleggi sacre di Roma. Il Ninfeo di Ege-ria nel Pago Triopio era invece unricco ambiente, immerso nel verde delparco, arricchito di fontane e, proba-bilmente, dedicato al dio Almone. Lagrande stanza rettangolare, frequentatada Erode Attico e dai suoi ospiti duran-te le calde estati romane, presentaancora oggi una copertura a volta e, sulfondo, una nicchia all’interno dellaquale si trova una statua antica. L’ac-qua, proveniente dalla sorgente in viaAppia Pignatelli ed incanalata in tuba-ture di terracotta, sgorgava nellenumerose nicchie laterali, probabil-mente anch’esse ornate di statue. Ilninfeo era nascosto da rigogliosi ramidi edera che pendevano dall’alto. Lavolta a botte era invece rivestita di pie-tra pomice e coperta dalle fronde leg-gere della felce Capelvenere chericreava, insieme ai muschi e ai liche-ni, l’ambiente naturale della grotta.All’esterno della grotta, un portico cir-condava una vasca rettangolare, anco-ra visibile, che raccoglieva l’acquaprima che questa si gettasse nell’Al-mone. Nell’Ottocento il ninfeo fumolto frequentato dai romani e nonsolo. Nella celebre osteria, ricavataall’interno della struttura muraria,molti viaggiatori, tra i quali Goethe,amavano trascorrere lunghe ore.

Dalla Stazione Termini: Metro linea B -

Circo Massimo, poi bus 118

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Note

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Volete comunicarci con parole o immagini quali luoghi di Roma avete amato

di più o inviarci suggerimenti e curiosità? Collegatevi al sito internet

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