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EUREurtour

itinerari culturali

Alla scoperta dell’

Eurtour

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AZIENDA DI PROMOZIONE TURISTICA DI ROMAVia Parigi, 11 - 00185 Roma

Commissario Straordinario:Walter Veltroni Direttore:Guido Improta

EUR SpAVia Ciro il Grande, 16 - 00144 Roma

Presidente:Paolo CucciaAmministratore Delegato:Mauro Miccio

Realizzazione curatadall’Ufficio Editoria dell’APT di Romain collaborazione conl’Area Comunicazione e Rapporti Istituzionali di EUR SpA

Testi:Claudia Viggiani

Foto:Archivio APT di RomaEUR SpA

Stampa:Stilgrafica srl - Roma

E' vietata la riproduzione non autorizzata, parziale o totale, ditesto ed immagini.

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Eur S.p.A. è stata costituita il 15 marzo 2000 per trasformazione dell’EnteEur, istituito nel 1936 per ospitare l’Esposizione Universale di Roma del1942.La Società (Ministero delle Finanze 90%, Comune di Roma 10%) disponedi un capitale sociale di 645.248.000,00 Euro, costituito da edifici, areedestinate alla locazione, parchi ed aree edificabili.Missione principale è la valorizzazione e la gestione di questo importantepatrimonio che Eur S.p.A. persegue attraverso un’articolata offerta di servi-zi con l’obiettivo di inserire l’Eur, riconosciuto come “città storica” dalNuovo Piano Regolatore Generale, nella comunità sociale e culturalenazionale e internazionale, per la sua specifica connotazione: alta valenzastorico-architettonica degli edifici e delle aree verdi destinate all’intratteni-mento e fruibili dalla collettività.Scopo fondamentale della Società è far sì che aziende, cittadini, investitoriistituzionali e privati trovino risposte adeguate alle proprie esigenze, perincrementare il patrimonio socio-economico della città e del paese.

Eurtour. Storia, architettura, arteEur S.p.A. vuole rilanciare la vocazione del quartiere più moderno dellacittà attraverso la promozione e la gestione di iniziative culturali e turi-stiche che favoriscano la conoscenza, la fruibilità e la comunicazione delquartiere.Mettere a sistema l’Eur nel tessuto metropolitano, sviluppare la promozio-ne dell'offerta del territorio, della sua accoglienza e delle sue opportunità,questo è il ruolo che si è assunta EUR S.p.A. Attivando la giusta sinergia con gli operatori e le istituzioni del settore turi-stico, la società conta di favorire interessanti ritorni economici per le comu-nità locali e i soggetti coinvolti, ma anche, e soprattutto, di avviare unagrande operazione di immagine per la società, il territorio e la città. L’Azienda di Promozione Turistica di Roma (APT) è il partner tecnico scel-to dalla società EUR per sviluppare questa stimolante iniziativa culturaleche si chiama “EURTOUR” e che si articolerà in tre itinerari, alla scopertadelle bellezze storico-artistiche del quartiere: edifici, arredi di design, dipin-ti, mosaici e… tesori nascosti.

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COMUNE DI ROMAMUNICIPIO XII

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AZIENDADI PROMOZIONE

TURISTICA DI ROMA

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L’area destinata a diventare sede del quartiere residenzialeoggi chiamato EUR, era stata scelta fin dal 1936 quale luogodell’Esposizione Universale di Roma, programmata percelebrare nel ‘42 il ventesimo anniversario della marcia suRoma e mai realizzata a causa dello scoppio della secondaguerra mondiale.Della struttura originaria, oltre all'impianto urbanisticogenerale, studiato tra il 1937 e il 1938 dal gruppo di archi-tetti Pagano, Piacentini, Piccinato, Rossi, Vietti e, dal 1938in poi, da Piacentini con la collaborazione dell'UfficioTecnico dell'Ente Autonomo per l’Esposizione, restanoancora tracce cospicue, chiara testimonianza sia delleintenzioni iniziali dei progettisti sia dello spessore e delledimensioni dell'intera operazione. Le difficoltà e i contrasti che accompagnarono i tempi e imodi di realizzazione del nuovo quartiere espositivo apri-rono un ampio dibattito che arrivò a toccare i temi centralidell’architettura moderna. La progettazione e la costruzionedell’Esposizione Universale (denominata E 42) rappresenta-rono l’occasione per riesaminare tutto l’ampio orizzontedella cultura architettonica romana e nazionale. Le posizio-ni diverse determinarono un contrasto e offrirono il pretestoper un confronto di ipotesi rimasto vivo per decenni. Delresto il conflitto tra modernità e tradizione aveva caratteriz-zato l’ideologia architettonica del movimento fascista italia-no già dall’inizio degli anni Venti.Il quartiere, completato solo dopo le tormentate vicendedella seconda guerra mondiale, conserva alcuni degli edifi-ci più emblematici di quell’“idea di città” che l’architetturaitaliana, alle soglie degli anni Quaranta, andava definendoin opposizione alle contemporanee tendenze razionπalistee internazionaliste, altrove dominanti. L’architetto Marcello

“L'Eur è un quartiere molto congeniale a chi fadi professione il rappresentante di immagini”

Federico Fellini

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Piacentini fu il grande interprete e il grande mediatore all'in-terno dell'intera vicenda. L’idea originale dell’E42, fu quel-la di un’espansione della città di Roma verso sud, espansio-ne che avrebbe dovuto essere caratterizzata da una forteidentità urbanistica: la “fusione” tra la città esistente e ilnuovo insediamento, secondo Piacentini, doveva essere“talmente logica” da non doversi leggere come una fratturanel tessuto della capitale. Si voleva far “tornare in vigore” laconcezione tipicamente romana dell’architettura: i nuoviedifici dovevano essere imponenti e le forme auliche dove-vano esprimere e tramandare la grandezza e la forza di unpopolo, consapevole erede del suo passato. L’impianto fu caratterizzato da strade larghe dove i singoliedifici, ben distaccati tra loro, furono disposti e organizzaticon regolarità e ritmo, così da mettere in risalto le diversearchitetture. Fu creato ex novo un nucleo urbano di grande

Acropoli di SelinunteII

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respiro, organizzato secondo ipotesi monumentali e rappre-sentative derivate, da un lato, dall'urbanistica classica e,dall'altro, dalle più numerose realizzazioni contemporanee. L’ispirazione ai modelli classici è evidente nello schemaplanimetrico, ripreso dal prototipo di città pianificata già inepoca greca, etrusca e poi romana, impostato su di un siste-ma di assi principali, ortogonali tra loro, come quellodell’Acropoli di Selinunte. In particolare i progettisti dell’E42 riproposero lo schema urbanistico prescelto dai Romani:un ampio viale centrale in direzione nord-sud (cardo), attua-le via Cristoforo Colombo, è tagliato trasversalmente da stra-de secondarie (decumani) e suddivide l’area in isolati qua-drangolari. Le origini classiche ispirarono anche le architetture dei pro-pilei e delle esedre che, come sostenuto dagli architetti pro-gettisti, nel nuovo insediamento dovevano inquadrare leviste principali e condurre agli edifici di maggior rappresen-tanza. La grande piazza centrale con gli edifici dei musei(oggi piazza G. Marconi), richiamava ancora una volta, perle dimensioni e la compostezza di cui era espressione, igrandi spazi delle Agorà dei centri ellenistici, quali Assosnell’antica Grecia, e del Foro di Pompei.

Il classicismo delle architetture dell’E 42 derivò, oltre chedal mondo della Roma e della Grecia antica, anche dal mito

Agorà di Assos (attuale Turchia)

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tipicamente rinascimentale della città ideale: una città per-fetta, ordinata e razionale, costruita con riga e compasso,dalla pianta rigorosamente geometrica e dall’esemplare pre-cisione architettonica. Una città quindi tutta intellettualisti-ca e teorica, descritta accuratamente nei trattati dell'epoca,da quelli di Leon Battista Alberti, Filarete e Francesco diGiorgio Martini sino a quelli dei grandi architetti delCinquecento, compreso Leonardo da Vinci. L’ispirazioneclassica fu sostenuta dall’idea che l’Italia stesse vivendo unperiodo di nuovo “Rinascimento” della sua civiltà.Molti sono gli edifici di eccezionale significato simbolico edi notevole interesse figurativo e tipologico che ancora oggiconservano l’impianto d’ispirazione classica: il Palazzodella Civiltà Italiana, opera di Guerrini, La Padula eRomano; il Palazzo degli Uffici opera di Gaetano Minnucci;i Palazzi dei Musei, ai quali collaborarono Fariello,Muratori, Quaroni, Moretti ed altri; l'edificio delle Poste diBanfi, Belgioioso, Peressutti e Rogers; i Palazzi dell’INA edell’INPS di Muzio, Paniconi e Pediconi; il RistoranteUfficiale di Ettore Rossi; la Piazza e gli edifici delle ForzeArmate di Mario De Renzi e Gino Pollini.

La Basilica dei Santi Pietro e Paolo di Arnaldo Foschini, apianta centrale, con la grande cupola e una volumetria deri-vante dall'esperienza classica post-rinascimentale romana

Plastico dell’EUR con gli edifici delle Forze Armate in primo piano e la Basilicadei Santi Pietro e Paolo sullo sfondo

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carica di allusioni simboliche, risulta uno degli esempi piùlimpidi di architettura religiosa romana.L'edificio che però già nella mente dei progettisti dovevacomunque assumere il ruolo di simbolo e di perno figurati-vo e territoriale dell’intera esposizione fu il Palazzo dellaCiviltà Italiana. La sua monumentalità diafana con lasequenza di archi, apparentemente astratta dalla realtàsociale, rimanda alle opere realizzate da Giorgio de Chiriconel secondo decennio del Novecento. Anche se non sussi-ste nessuna testimonianza certa di una consapevole filiazio-ne architettonica dalla pittura di de Chirico, il dipintoL’enigma dell’ora, realizzato dall’artista nel 1911, proponeun’immagine ricorrente nei progetti dell’E 42: l’estremasemplicità delle forme, le particolari prospettive in cui vienepresentata la scena urbana e l’aspetto dilatato e “metafisico”dello spazio sono protagonisti indiscussi di alcuni significa-tivi edifici del quartiere espositivo.Questa architettura dipinta sembra cogliere uno spirito diclassicità senza tempo; è forma pura che però conservatutto ciò che il classico deve avere: armonia, ritmo, propor-zione, equilibrio. La struttura dechirichiana del portico, purrecando suggestioni che evocano architetture fiorentine,dallo Spedale degli Innocenti al Corridoio Vasariano, è tut-tavia ridotta all’essenziale, a forma geometrica pura, senzaalcuna decorazione superflua che ne renda identificabilel’appartenenza stilistica.Sullo sfondo prospettico del medesimo "decumano", oppo-sto al Palazzo della Civiltà, si trova il Palazzo deiRicevimenti e dei Congressi, capolavoro di Adalberto Liberae testimonianza della maturità raggiunta dall'architetturaitaliana in quegli anni. Pur affondando le ragioni negli stes-si argomenti ideali che avevano ispirato le altre costruzionidell’E 42, l’architetto trovò l'occasione per sperimentare,attraverso il gusto del dettaglio, la finezza delle scelte tec-nologiche nonché gli elementi di approfondimento teorico.Il Palazzo, realizzato in cemento armato, rappresenta la sin-tesi formale per l’E42 e si esibisce al mondo come il monu-

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mento contemporaneo da comparare a quelli storici.Libera stesso, per la sua impostazione architettonica com-pleta di nartece frontale, definisce l’edificio una “basilica,vasta come un tempio”.Le scenografiche esperienze dell'Aschieri, che avevano giàreso celebre questo architetto attraverso realizzazioni famo-se in campo cinematografico e teatrale, si fanno architettu-ra nell'edificio del Museo della Civiltà Romana e conferi-scono forza ed espressività ad un contenitore di grande per-sonalità urbana.Nell'edificio delle Poste, il gruppo milanese BBPR compo-sto dagli architetti Banfi, Belgioioso, Peressutti e Rogers, sidistacca con evidenza dalle contemporanee esperienze deiprogettisti romani, avvicinando maggiormente il proprio lin-guaggio ai metodi e alla stesura linguistica di altri giovanimaestri settentrionali.

E’ ancora l’architettoMarcello Piacentini ariannodare il filo con ilpassato, reinterpretan-do in chiave moderna,nell’impianto sceno-grafico della zona delLago, episodi dell’ar-chitettura classica deltardo Rinascimento.Ancora una volta,infatti, modelli appar-tenenti a periodi storicitanto importanti per lastoria dell’architetturaitaliana, come le ville

romane del XVII secolo quali Villa Borghese e VillaAldobrandini, vengono riletti in chiave moderna e proposticome elementi qualificanti del nuovo tessuto urbano.

Plastico dell’EUR con la Piazza Imperiale inprimo piano e il Lago sullo sfondo

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Il valore simbolico e propagandistico dell’architettura del Novecento.L’EUR sconosciuto: il Palazzo degli Uffici

Il Palazzo degli Uffici, quartier generale dell’Ente autono-mo, istituito nel 1936 con lo scopo di sovrintendere allarealizzazione dell’Esposizione Universale del 1942, fu ilprimo e di fatto l’unico edificio ad essere realizzato e com-pletato in ogni sua parte, compresi gli arredi e le decora-zioni, prima dello scoppio della seconda guerra mondiale.Progettato da Gaetano Minnucci verso la fine del 1937, l’e-dificio era già pienamente funzionante alla metà del 1939.Destinato a sorgere nei pressi dell’ingresso principaledell’Esposizione, il palazzo avrebbe dovuto avere, secondola commissione del concorso, “carattere rappresentativo eperò, entro certi limiti, monumentale”. Per esplicita volon-tà di Carlo Efisio Oppo, responsabile del progetto, il grandeedificio fu concepito in maniera estremamente funzionale,estranea quindi al linguaggio classico e senza tempo chedoveva caratterizzare l’intero quartiere. Il complesso fu articolato in due corpi di fabbrica perpen-dicolari, collegati tra di loro e rivestiti di travertino. Il fab-bricato, sito all’angolo tra via Ciro il Grande e viale dellaCiviltà Italiana, con pianta quadrata e cortile d’onore, fudestinato ad ospitare la sede del Commissariato dell’Ente epertanto messo in stretta relazione con l'area limitrofa chedoveva ospitare l'Esposizione. La facciata principale e ilpiazzale d'ingresso divennero parte integrante del vialedella Civiltà Italiana e sfondo monumentale della lungastrada proveniente dal lago artificiale (oggi vialeBeethoven). Il corpo edilizio che si sviluppa lungo via Ciro il Grande,oggi Salone delle Fontane, con accesso dal portico monu-mentale, fu destinato ad ospitare le biglietterie per il pub-blico. L'imponente volume del grande salone rettangolare adoppia altezza presenta, sul fronte principale, gigantesche

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porte finestre che dovevano garantire l’illuminazione inter-na e consentire l’accesso dei numerosi visitatori.Il Palazzo degli Uffici, costruito rispettando soluzioniedilizie diversificate, divenne presto anche un cantiereper la sperimentazione di nuove tecnologie. Oltre aimateriali all’avanguardia, furono messi a punto brevettiper la realizzazione degli impianti di servizio, in parti-colare per la centrale elettrica, la centrale termica, icongegni idraulici per le fontane, le centraline telefoni-che e la posta pneumatica. Il piano sovrastante il Salonedelle Fontane, destinato ai disegnatori dell'Ente, presen-tava un sistema di copertura a shed che, realizzata suapposito brevetto tedesco, rappresentò uno splendidoesempio di ricerca estetica nel campo dell'architetturaindustriale.Gaetano Minnucci, con grande padronanza e accuratezzaprogettuale, curò anche il design degli ambienti interni, affi-dando l'incarico per la progettazione degli arredi, e la dire-zione artistica per la loro esecuzione, agli architettiGuglielmo Ulrich e Giuseppe Gori.

Nel piazzale antistante il Salone delle Fontane, che presen-ta ancora in alto la scritta LA TERZA ROMA SI DILATERA’SOPRA ALTRI COLLI LUNGO LE RIVE DEL FIUME SACROSINO ALLE SPIAGGE DEL TIRRENO - ricordo delle musso-liniane intenzioni di espansione di Roma verso il mare - sitrova una grande fontana. Ai lati delle tre vasche rettango-lari sono collocati diciotto riquadri con mosaici in bianco enero compiuti da Gino Severini, Giovanni Guerrini eGiulio Rosso nel 1939. Ai lati della vasca centrale, Severiniraffigurò, verso il viale, Ercole e Caco, La gioventù italica eLa vittoria; verso il palazzo, Silvano, Il Tempo e Flora. Ai latidella vasca collocata a sud, Rosso eseguì, verso il viale,Bonifiche, Costruzioni e Forze Armate; verso il palazzo,Arte, Opere assistenziali e Meccanica. Ai lati della vasca anord Guerrini rappresentò, verso il viale, Enea approda allefoci del Tevere, Roma dea dei mari e La distruzione di

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Cartagine, verso il palazzo, L’Adriatico, Il Mediterraneo eIl Tirreno.Nei pressi della fontana è esposta una scultura di FaustoMelotti raffigurante un giovane nudo che regge un bastoneLa figura maschile faceva parte del gruppo scultoreo, intito-lato Si redimono i campi, eseguito dall’artista per il frontedell’edificio delle Forze Armate (oggi sede dell’Archivio diStato). Lungo via Ciro il Grande domina la scultura bronzea diItalo Griselli, raffigurante in origine il Genio del Fascismo.Modificata nel dopoguerra, con l’applicazione sulle manidi guanti da lottatore, la statua rappresenta oggi il Geniodello sport. Sulla parete a destra dell’Ingresso delCommissario, è esposto il bassorilievo in travertino realiz-zato da Publio Morbiducci nel 1939. L’artista, ispirandosialla tradizione del rilievo storico romano e in particolare aquello della colonna Traiana, illustra la storia della città diRoma attraverso le opere edilizie, dalle origini leggendariealla prima metà del XX secolo. Nel fregio sono riconoscibi-li numerosi edifici della Roma antica e moderna (Colosseo,Pantheon, Basilica di San Pietro, Campidoglio, Vittorianoecc.) e alcuni dei principali protagonisti della storia roma-na, tra i quali Romolo, Remo, l’imperatore OttavianoAugusto, Giuseppe Garibaldi e Benito Mussolini.Di fronte all’Ingresso per le Autorità, in viale della Civiltàdel Lavoro, sono esposti i gruppi marmorei con Chimerache lotta con il Minotauro e Chimera che lotta con ilCentauro realizzati da Dino Basaldella nel 1942. All’interno del Palazzo degli Uffici è esposto un grande pla-stico del quartiere realizzato in occasione delle Olimpiadidel 1960.

Al primo piano, lungo i corridoi e in alcuni ambienti, siconservano ancora rivestimenti, pavimentazioni, infissi eoggetti dell’arredamento originale - tra i quali i posaceneree la panca per il Salone del Pubblico - disegnati daGuglielmo Ulrich.

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Nella Sala delle Riunioni, dove si trovano ancora le portecon le maniglie e un tavolo disegnato da Guglielmo Ulrichper il Salone del Pubblico, è esposto il dipinto di GiorgioQuaroni rappresentante la Fondazione di Roma. Compiutaintorno al 1940, l’opera fu molto danneggiata alla fine dellaseconda guerra mondiale, quando il palazzo fu occupatodalle truppe inglesi prima e dai profughi dalmati poi. Nel1945, per proteggere il dipinto da ulteriori deterioramenti emanomissioni, fu collocato sopra di esso un pannello dilegno compensato, rimosso solo nel 1986. Il dipinto murale, a tecnica mista, in gran parte tempera,misura circa quattro metri per sette e mostra in primo pianoRomolo nell’atto di tracciare, lungo il perimetro della città,il "solco primigenio". Il mitico fondatore di Roma guidacon le mani un vomere, trainato da un bue bianco.Numerosi uomini, disposti ai lati, partecipano attentamen-te all’evento e aspettano l’ordine con il quale poter costrui-re, lungo il solco, il recinto di legno e fango che sanciscala sacralità e l’inviolabilità della città appena fondata.L’episodio avviene alla presenza di una divinità, nonmeglio identificata, forse la dea Roma, armata con scudo elancia. La scena, costruita rispettando il punto di fuga cen-trale, presenta, nell’impostazione prospettica, nella sceltacromatica, nelle figure nude, nell’albero sulla destra enelle rocce sulla sinistra, evidenti analogie con la pittura diPiero della Francesca, artista particolarmente caro aQuaroni. Nello Studio del Commissario si può ammirare la tarsiamarmorea compiuta da Francesco Coccia nel 1940 circa.L’opera è costituita da una cornice in marmo verde conintarsi bianchi, raffiguranti i profili delle architetture piùsignificative previste per l’Esposizione del 1942. Tra questesi riconoscono, oltre i celebri palazzi della Civiltà Italiana,dei Congressi e dei musei, anche il Teatro Imperiale e ilTeatro all’aperto che non furono mai realizzati. Al centrodella tarsia si trovava in origine una rappresentazione pro-spettica aerea dell’E 42, compiuta in stucco. Distrutta

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durante la guerra, la veduta è stata sostituita da una foto-grafia illustrante il plastico dell’intero piano espositivo.

Al primo livello del seminterrato dove un tempo eranoalloggiati gli impianti di servizio (centrale elettrica, centra-le termica, congegni idraulici per le fontane, centraline tele-foniche e per la posta pneumatica) sono ora conservate cin-que teste in bronzo, raffiguranti, due il re Vittorio EmanueleIII e tre il duce Benito Mussolini. Ottenute con il metododella fusione a cera perduta, esse furono realizzate perdecorare alcuni saloni del palazzo. Due di esse, in partico-lare, furono collocate sopra le mensole ancora visibili sullepareti laterali del Salone per il pubblico; entrambe indossa-no un elmo, decorato sulla fronte: quella che ritrae il re pre-senta lo stemma sabaudo, mentre quella raffigurante il duceè ornata con l’aquila imperiale. Un rifugio antiaereo, realizzato nel 1939, è ancora conser-vato, al livello del secondo piano interrato del palazzodell’Ente. Il ricovero, posizionato in maniera baricentricarispetto all’intero corpo di fabbrica dell’edificio, mantienetutte le caratteristiche specifiche dei rifugi antiaerei e, sullepareti, alcune scritte con le indicazioni dei servizi corri-spondenti ai piani superiori; occupa una superficie di 475mq ed è in cemento armato, con portelloni metallici anti-gas, realizzati dalle Officine aeronautiche Gambarotta diTorino. Il rifugio presenta muri spessi circa 20 cm, è com-pletamente indipendente dall’impianto strutturale dell’inte-ro edificio e isolato perimetralmente da un’intercapedine dicirca 125 cm. Una doppia dinamo, ancora visibile, era ingrado di attivare il sistema di ventilazione e illuminazionedegli ambienti del ricovero, destinati agli impiegati chepotevano permanervi così più giorni.All’interno del Salone delle Fontane sono provvisoriamenteesposti due pannelli, facenti parte di un ciclo pittorico rea-lizzato da Gino Severini in occasione della mostradell’Agricoltura del 1953.

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Il centro storico dell’EUR.I capolavori del quartiere metafisico

In viale della Civiltà del Lavoro, alle spalle del Palazzodegli Uffici, è situato l’edificio del Ristorante Ufficiale (vediitinerario n. 1).Il palazzo, realizzato tra il 1939 e il 1942 su progetto del-l’architetto Ettore Rossi, fu destinato ad accogliere i localiper la ristorazione di tutto il personale dell’Ente Autonomo,istituito nel 1936 con lo scopo di sovrintendere alla realiz-zazione dell’Esposizione Universale da tenersi nel 1942.Per questo motivo, in origine, la divisione interna deglispazi corrispondeva alla divisione in classi dei fruitori: alpiano terreno, un bar e due ristoranti accoglievano i visita-tori e il “personale minore”; al primo piano, un ristoranteera riservato ai funzionari dell’Ente e, al secondo piano, ungrande salone era adibito a ristorante per i dirigentidell’Ente e i commissari italiani e stranieri. Il palazzo presenta all’esterno un porticato a doppia altez-za, sorretto da esili pilastri scanalati ed è poggiato su di unbasamento digradante in accordo con il dislivello del terre-no. La struttura, in cemento armato, è ricoperta da lastre ditravertino bianco sulla base e di marmo bianco nel portica-to.Delle numerose decorazioni interne del palazzo solo alcu-ne sono rimaste visibili nel bar del piano terra: si tratta diuna pittura murale a tempera, realizzata da FrancoGentilini, e di una tarsia marmorea, opera di EugenioFegarotti. La tempera, compiuta nel 1940 per l’“antisala deicommissari”, raffigura un Carnevale romano, mentre la tar-sia marmorea policroma, sempre del 1940, riproduceNature morte e Architetture fantastiche.Sulla parete esterna del ristorante dei funzionari, al primopiano, fu messo in opera nel 1940 un mosaico in marmipolicromi compiuto da Angelo Canevari. Negli anni ’60,l’opera è stata smembrata in due parti e collocata su pan-nelli nel bar del Palazzo dei Congressi dove si trova tuttora.

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In fondo al viale della Civiltà del Lavoro si innalza impo-nente il Palazzo della Civiltà Italiana, icona architettonicadel Novecento romano e modello esemplare della monu-mentalità del quartiere. Meglio conosciuto come Palazzodella Civiltà del Lavoro o Colosseo quadrato, fu costruitotra il 1938 e il 1943 su progetto degli architetti GiovanniGuerrini, Ernesto Bruno La Padula e Mario Romano. Altocirca 50 metri, con forma simile ad un cubo, il palazzo siinnalza su di un podio, con gradinate collocate su due latiopposti, e presenta, sulle quattro facciate identiche, novearchi per ciascuno dei sei piani. Sull’attico di tutti e quattro i fronti si legge la seguente iscri-zione: UN POPOLO DI POETI DI ARTISTI DI EROI / DISANTI DI PENSATORI DI SCIENZIATI / DI NAVIGATORI DITRASMIGRATORI.Agli angoli della piattaforma superiore sono collocati, sualti basamenti, i quattro gruppi equestri raffiguranti iDioscuri, i due mitici eroi greci, figli di Zeus e Leda, realiz-zati da Publio Morbiducci e Alberto Felci.Il palazzo, vera e propria “scultura all’aperto” è decorato alpiano terreno con ventotto statue che illustrano arti emestieri: alte circa 3,40 m., sono state realizzate nel 1942da otto ditte specializzate nella lavorazione del marmo,provenienti dalle province di Lucca e Massa Carrara. Esse rappresentano, partendo dalla porta di ingresso da sini-stra in senso orario, l’Eroismo, la Musica, l’Artigianato, ilGenio politico, l’Ordine sociale, il Lavoro, l’Agricoltura, laFilosofia, il Commercio, l’Industria, l’Archeologia,l’Astronomia, la Storia, il Genio inventivo, l’Architettura, ilDiritto, il Primato della navigazione, la Scultura, laMatematica, il Genio del Teatro, la Chimica, la Stampa, laMedicina, la Geografia, la Fisica, il Genio della Poesia, laPittura e il Genio Militare.

Da viale della Civiltà del Lavoro è possibile imboccareviale Beethoven a metà del quale si apre Piazzale Asia. Quisi trova il Palazzo delle Poste, dei Telegrafi e dei Telefoni,

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realizzato tra il 1939 e il 1942 dagli architetti Gian LuigiBanfi, Lodovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti eErnesto Nathan Rogers. La struttura architettonica è costi-tuita da un corpo anteriore più basso, poggiato su un ampiopodio in peperino, e da uno posteriore, più alto, traforatodai telai di chiusura, arretrati rispetto alla maglia struttura-le. Il corpo anteriore, con struttura in muratura e spina cen-trale di pilastri in cemento armato a sostegno della coper-tura caratterizzata da grandi lucernari, ha il fronte principa-le cieco, privo di finestre, interrotto solo dalle due aperturea tutta altezza degli ingressi ai saloni dei servizi postali,telegrafici e telefonici. L’edificio posteriore, su quattropiani, presenta, all’interno, pareti mobili in legno e, all’e-sterno, una fitta orditura modulare di pilastri e travi incemento armato prefabbricato che evidenziano la distin-zione tra la struttura portante e le pareti esterne che, di voltain volta, opache o trasparenti, rispondono alle diversenecessità funzionali e alla distribuzione interna degliambienti.

Da viale Beethoven si raggiunge viale Europa che presentacome fondale, sulla zona più elevata del quartiere, laChiesa dei Santi Pietro e Paolo. Elevata alla dignità di basi-lica nel 1965, la chiesa fu realizzata dall’architetto ArnaldoFoschini, coadiuvato da Tullio Rossi, Costantino Vetriani eAlfredo Energici. Il progetto definitivo fu approvato nel set-tembre del 1938 e i lavori di costruzione ebbero inizio nel-l'aprile del 1939. Una lunga scalinata consente di raggiun-gere l’edificio che sorge al centro di una vasta piazza fian-cheggiata da due padiglioni porticati con archi a tutto sesto.Questi edifici, che avrebbero dovuto essere adibiti a sededelle mostre sull'espansione della Chiesa cattolica e sull’i-conografia dei santi Pietro e Paolo, furono successivamen-te destinati a uffici e servizi della canonica. Sulla sommitàdella scalinata sono collocate due grandi statue raffigurantii santi Pietro e Paolo, opera rispettivamente di DomenicoPonzi e di Francesco Nagni.

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I quattro bracci della croce, destinati ad ospitare gli ufficiparrocchiali, gli ingressi secondari, la sagrestia e il fontebattesimale, presentano sulle facciate esterne nicchioni ret-tangolari decorati da bassorilievi con episodi della vita disan Pietro e di san Paolo (opere di Giovanni Prini, CarloPini e Venanzio Crocetti). Il portale in bronzo del prospettoprincipale è stato eseguito dallo scultore Giovanni Prini cheha raffigurato scene della vita dei santi titolari della chiesa. La cupola emisferica, gettata in cemento armato, con undiametro di circa 32 metri, è una delle più imponenti diRoma. Con una copertura a squame di ardesia grigia, inaccordo con il sottostante corpo di fabbrica in pietra di“Chiampo paglierino di Vicenza” e in travertino romano, lacupola è sovrastata da una lanterna a copertura conica,coronata da un angelo in bronzo, opera di Carmelo Abate.All’interno, la chiesa conserva pregevoli opere di artistiquali Duilio Cambellotti che realizzò i due amboni in bron-zo decorati con episodi principali della predicazione deisanti Pietro e Paolo. Sopra l'altare maggiore, nell'abside decorata con un mosai-co di Sergio Selva che rappresenta il martirio e la glorifica-zione degli apostoli Pietro e Paolo, domina la figura diCristo trionfatore, opera del padre, lo scultore Attilio Selva.

Sullo sfondo prospettico del medesimo viale si trova il piaz-zale degli Archivi che, con gli Edifici per le Forze Armate,conclude il lungo cannocchiale ottico di uno dei tre assid'attraversamento della via Cristoforo Colombo.Il concorso, indetto nel 1938 per la progettazione dei treedifici destinati ad ospitare, in un primo momento, le ForzeArmate e, successivamente, la Mostra dell’Autarchia, delCorporativismo e della Previdenza Sociale, fu vinto ex equoda Mario de Renzi e dagli architetti milanesi Gino Pollini eLuigi Figini.L’edificio centrale, sede della Mostra del Corporativismo,previsto inizialmente come corpo “pieno”, privo di apertu-re, fu realizzato come una gabbia di pilastri e colonne,

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caratterizzata da un porticato al piano terra e da due ordinidi loggiati ai piani superiori. L’imponente scala di accessoal primo piano fu aggiunta successivamente snaturandocompletamente il prospetto frontale dell’edificio.

Lungo i lati dell’ampia piazza, simile ad un’agorà greca,sono disposti i palazzi che nel 1939 avrebbero dovuto ospi-tare la Mostra dell’Autarchia e della Previdenza Sociale: gliedifici, identici, presentano su tutti e quattro i fronti unpiano terra, decorato da una serie di bassi pilastri, e unpiano superiore, con loggiato sorretto da colonne. Tutti ipilastri e le colonne sono in travertino come le lastre cherivestono l’intera struttura. Rimasto incompiuto per gli eventi bellici, nel 1952 ilpalazzo centrale fu destinato a divenire sede dell’ArchivioCentrale dello Stato, che vi fu trasferito nel 1960.

Procedendo in via dell’Architettura si raggiunge piazza G.Agnelli su cui si affaccia il Palazzo per la Mostra dellaRomanità, oggi Museo della Civiltà Romana.Il complesso architettonico fu progettato dagli architettiPietro Aschieri, Cesare Pascoletti, Enrico Peressutti eDomenico Bernardini nel 1939. Costituito da due edificispeculari, fu destinato ad accogliere stabilmente tutti imateriali presentati in occasione della Mostra Augusteadella Romanità al Palazzo delle Esposizioni in viaNazionale a Roma, tra il 1937 e il 1938. Commissionati dalla società anonima FIAT di Torino, i duepalazzi avrebbero dovuto avere la funzione di contenitorimuseali e al tempo stesso fungere da quinte scenografichedella grande Piazza della Romanità, celebrata attraversoun’architettura monumentale, vicina ai modelli forensidella città. I lavori di costruzione degli edifici furono porta-ti a termine nel 1952, e nello stesso anno si diede l’avvioall’allestimento delle sale del Museo della Civiltà Romana,che fu aperto al pubblico nel 1955. Il complesso architettonico si articola in due poderosi corpi

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di fabbrica paralleli che presentano immense pareti cieche,unite ad una estremità da un portico a colonne di traverti-no, rialzato sopra una gradinata. Le due pareti cieche sonointerrotte, al centro, dai due enfatici ingressi monumentali,nascosti da stretti corridoi, fiancheggiati da imponenticolonne lisce in travertino.Le facciate, rivestite di blocchi in tufo scuro lavorati abugnato, sono sormontate da una cornice in travertino. Ilretro degli edifici, parte secondaria del progetto, è rifinitocon semplice intonaco.Alla staticità dello spazio esterno si contrappone uno spic-cato dinamismo dello spazio interno, articolato in unasequenza irregolare di sale di diversa struttura ed ampiez-za. La disposizione degli ambienti interni, posti in linea conl’ingresso monumentale, in particolare il vestibolo, il gran-de atrio e il salone, ricorda la disposizione degli impiantitermali della Roma imperiale. Delle opere previste per la decorazione delle sale delmuseo è giunto sino a noi solo un cartone preparatorio diun affresco per la parete di fondo del salone d’onore: com-piuto da Valerio Fraschetti, illustra le Origini di Roma.

Da piazza G. Agnelli ha inizio viale della Civiltà Romana altermine del quale si svolta in via Montaigne che conduce inpiazza J. F. Kennedy, ultima tappa dell’itinerario. Da unlato, maestoso ed elegante si erge il Palazzo deiRicevimenti e Congressi, capolavoro di Adalberto Libera.L’edificio, concepito per ospitare i “Congressi e i grandiRicevimenti Ufficiali” che si sarebbero svolti durante l’e-sposizione stessa, fu realizzato solo parzialmente tra il 1939e il 1942. Dopo l’interruzione della guerra, il palazzo fucompletato in ogni sua parte ed inaugurato nel 1954. Collocato alla fine del primo decumano ortogonale alla Viadell’Impero (oggi via Cristoforo Colombo) e in collegamen-to visivo con il Palazzo della Civiltà Italiana innalzato sullato opposto, l’edificio è tra le opere più significative delNovecento italiano. Il palazzo è costituito da due parti con-

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trapposte, con ingressi autonomi, che consentono l’accessoda un lato alla Sala dei Ricevimenti (piazza J. F. Kennedy) edall’altro alla Sala dei Congressi (via della Pittura). Il lato dell’edificio, rivolto verso il piazza Kennedy, è pre-ceduto da uno spiazzo fiancheggiato da due fontane a gra-doni. La facciata presenta quattordici colonne di granito,prive di capitello e base, che nascondono un grande atriodecorato da un affresco di Achille Funi. Il dipinto, rimastoincompiuto, raffigura La dea Roma e alcune scene mitolo-giche. L’atrio è chiuso verso l’esterno da una parete vetrataa tutta altezza, sorretta da pilastri reticolari in ferro a formadi fuso. La copertura dell'atrio è sovrastata dalla parete marmoreadel grande corpo centrale da cui aggetta una pensilina,sulla quale doveva essere posta una quadriga in bronzodello scultore Francesco Messina (mai realizzata).Un monumentale volume cubico, sormontato da una voltaa crociera, con lunette vetrate, costituisce il corpo centralee accoglie la Sala dei Ricevimenti (o Salone della Cultura).La struttura, che rappresenta la sintesi degli studi effettuatida Libera sul tema degli organismi a pianta centrale, èimpostata su un forte rigore geometrico: alto circa 40 metri,il cubo “potrebbe contenere esattamente il Pantheon”.La sala è avvolta da un doppio sistema murario contenentetre gallerie sovrapposte servite da un complesso sistema discale. Il pavimento in marmo forma una platea centraleribassata, delimitata da una fascia continua a gradoni.L’illuminazione diretta della sala è affidata alle pareti vetra-te delle grandi vele della volta.La Sala dei Congressi (o Auditorium), con una capienza di800 posti, completa la struttura del palazzo, unitamenteall’atrio posteriore, perfettamente simmetrico a quello ante-riore. In seguito ad un incendio che ha danneggiato i telaiportanti e distrutto l’arredamento, nel 1992 la sala è statarestaurata da Antonino Gallo Curcio e Paolo Portoghesi.Nell’atrio si conservano i pannelli astratti realizzati sumasonite da Gino Severini in occasione della Mostra

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dell’Agricoltura del 1953.

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Il paesaggio urbanoI parchi e le grandi piazze monumentali

Da piazzale K. Adenauer ha inizio l’itinerario che consentedi passeggiare per i parchi del quartiere, attraversando lepiazze monumentali che si aprono lungo la via CristoforoColombo.Poiché nell’intento degli organizzatori il quartieredell’Esposizione sarebbe dovuto apparire come “la piùmoderna villa di Roma”, nel piano urbanistico del 1937grande cura fu riservata alla sistemazione delle numerosearee destinate al verde. Venne istituita un’appositaCommissione, composta da architetti e tecnici con una spe-cifica formazione nel campo dei giardini, della quale fece-ro parte, tra gli altri, Alfio Susini, Maria Teresa Parpaglioloe Guido Roda.

I due Parchi di Valfiorita, il Parco del Ninfeo e il Parco delTurismo, furono tra i primi ad essere progettati nell’ambitodei lavori per la realizzazione dell’Esposizione Universaledel 1942 che non ebbe luogo a causa della seconda guerramondiale. Collocati nel settore nord dell’area espositiva, in una zonadove non erano previsti edifici in muratura, i due parchierano già perfettamente disegnati nel 1939. L’anno succes-sivo furono piantati gli alberi d’alto fusto, danneggiati gra-vemente durante il periodo bellico. A partire dal 1951Raffaele de Vico, incaricato della ristrutturazione e delcompletamento di tutte le aree verdi dell’EUR, dovetteprovvedere sia alla definizione degli elementi di arredoarchitettonico, sia alla sostituzione della maggior partedelle piante. I due parchi, separati dal viale R. Murri, sono tra le areeverdi più ricche del quartiere, sia per quanto riguarda il sot-tobosco (alloro, lauroceraso, pittosporo e lentiggine) sia pergli alberi d’alto fusto (pini, tigli, cipressi, cedri, tassi, quer-ce, magnolie, robinie ecc.). Scarsa è invece la presenza di

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piante da fiore.Lungo i viali di entrambi i giardini sono collocate alcunesteli a rilievo, compiute da diversi autori, tra i quali AraldoBellini. Le opere furono realizzate per decorare il basamen-to del Palazzo della Mostra dell’Agricoltura e Bonifiche,previsto per l’Esposizione Universale del 1942. Poiché l’e-dificio non fu mai realizzato, le steli, alcune delle quali nonterminate, rimasero abbandonate nell’area del Ministerodella Marina Mercantile e solo negli anni Sessanta furonosistemate nel parco da Raffaele de Vico.

Da piazzale Adenauer si accede al Parco del Ninfeo cheprende il nome dalla fontana, posta alle spalle del Palazzodegli Uffici: realizzata nel 1940, con forme geometricherigorosamente simmetriche, è collocata al centro di unospazio quadrato, delimitato da basse siepi e da sedili linea-ri. La vasca è costituita da un bacino circolare, circondatoda un doppia cornice in travertino.

Passeggiando lungo viale del Turismo si raggiunge viale R.Murri, oltre il quale si sviluppa il Parco del Turismo, quali-ficato dalla monumentale stele fontana di Ercole Drei raffi-gurante Il lavoro nei campi. L’opera, destinata in origine aornare l’edificio della Mostra dell’Agricoltura e Bonifiche,fu concepita ed eseguita in gran parte fra il 1940 e il 1942.Solo nel 1962, dopo la sistemazione del parco, la stelevenne conclusa e collocata nell’attuale sede. Nella partefrontale sono scolpite figure dedite allo svolgimento di atti-vità agricole (mietitura del grano, raccolta delle olive, ven-demmia, semina, mungitura, aratura) e di attività artigiana-li. Nella parte inferiore è la fontana, costituita da una gran-de vasca rettangolare alimentata da quattro bocchette inbronzo. Sul retro sono raffigurati i dodici segni zodiacali ele quattro stagioni, mentre nella parte inferiore è inciso unverso di Orazio in cui si esalta la bellezza della vita agre-ste: TU NIDUM SERVAS EGO LAUDO RURIS AMOENI /RIVOS ET MUSCO CIRCUMLITA SAXA NEMUSQUE (Ep. I).

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Ercole Drei dimostra uno stile perfettamente aderente alleprincipali istanze della scultura italiana fra le due guerre,privo di intellettualismi, pienamente figurativo, con unsenso saldo delle masse e dei volumi semplificati.

Ripercorrendo i parchi di Valfiorita, fino a vialedell’Agricoltura, si può raggiungere via Cristoforo Colomboe la grande Piazza delle Esedre, oggi piazzale delle NazioniUnite.La piazza, con i due imponenti edifici concepiti come quin-te architettoniche della Porta Imperiale, mai realizzata, fuprogettata nel 1939 per accogliere il pubblico provenienteda Roma in occasione dell’Esposizione Universale del1942. Il primo progetto urbanistico dell'Esposizione avevaprevisto una piazza con accesso a nord e un sistema distrutture porticate lungo l'asse stradale che si sarebbe con-cluso nel cuore dell’esposizione stessa, la limitrofa PiazzaImperiale (oggi piazza G. Marconi). I due palazzi, quello a est proprietà dell’Istituto Nazionaledelle Assicurazioni e quello ad ovest dell’Istituto Nazionaledella Previdenza Sociale, in un primo momento, avrebberodovuto ospitare gli spazi per le mostre e le esibizioni e, inun secondo tempo, le sedi di uffici e abitazioni private.Nel 1939 la commissione dell’Ente dell’Esposizioneapprovò il progetto presentato da Giovanni Muzio,Mario Paniconi e Giulio Pediconi. I tre architetti, ispi-randosi ai Mercati di Traiano, concepirono una piazzacon due esedre contrapposte, affacciate sulla ViaImperiale. In questo modo la Piazza delle Esedre avreb-be potuto svolgere il suo ruolo di spazio concluso, cir-coscritto, idoneo ad accogliere il pubblico provenienteda Roma. Le costruzioni furono pertanto concepite comeun blocco unico in grado di dare alla piazza un profilounitario ed omogeneo.Vero e proprio “atrio” di accesso all’area espositiva, con-cettualmente derivato dalle architetture classiche romane,la Piazza delle Esedre avrebbe dovuto avere anche un siste-

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ma di biglietterie, accessibili dai porticati. La costruzionedei due palazzi, iniziata nel 1940 e sospesa a causa deglieventi bellici, fu portata a termine solo nel dopoguerra.I due edifici, rivestiti da lastre di marmo delle Alpi Apuane,presentano entrambi un ordine di pilastri al piano terreno eun doppio ordine di colonne in marmo arabescato ai pianisuperiori. Le pareti del sottoportico sono ricoperte da lastrebugnate in marmo portasanta. Quattro bassorilievi, realizzati nel 1941, sono posti sullerispettive testate degli edifici. Sul palazzo dell’INA sono raf-figurati La conquista dei mari, opera di Oddo Aliventi, eL’impero fascista di Quirino Ruggeri; sul palazzo dell’INPS,Le repubbliche marinare di Mirko Basaldella e Roma con-tro Cartagine di Giuseppe Mazzullo. Lo schema compositi-vo dei bassorilievi risulta concepito con lo stesso principioche vuole collocata al centro la figura allegorica principa-le, rappresentata in piedi e dominante sulle altre.

Da piazzale delle Nazioni Unite si giunge facilmente inpiazza G. Marconi, un tempo Piazza Imperiale. Progettata dagli architetti Francesco Fariello, SaverioMuratori, Ludovico Quaroni e Luigi Moretti, la piazzaImperiale doveva costituire - secondo il bando di concorsodel 1937 - il nucleo centrale dell’Esposizione del 1942: erainfatti stata destinata ad ospitare, lungo i lati nord, sud ed est,il museo d’arte antica, il museo d’arte moderna, il museodelle arti e tradizioni popolari, il museo della scienza univer-sale e, lungo il lato ovest, un cinema teatro, mai realizzato. Sulla piazza l’esterno degli edifici, rivestiti in marmo diCarrara e privi di decorazioni, è costituito da un portico apilastri, sormontato da un loggiato a colonne in rocchimonolitici di cappellaccio cipollino Aprano.Nel piano dell’Esposizione universale del 1937 si decise diinnalzare al centro della piazza l’obelisco etiope di Axum,trasportato in Italia per celebrare il venticinquesimo anni-versario della marcia su Roma. Nel progetto del 1938 l’o-belisco etiope fu invece considerato inadatto al significato

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simbolico del luogo stesso e pertanto trasferito in piazza diPorta Capena, davanti al Ministero delle Colonie, oggi sededella F.A.O., dove è rimasto fino al 2003. Nel 1939 il Ministero della Cultura Popolare affidò adArturo Dazzi l’incarico di realizzare un nuovo monumento,dedicato a Guglielmo Marconi, da collocare al centro dellaPiazza Imperiale. Nel progetto dello scultore l’opera assun-se la forma di una stele, a ricordo dell’antenna della radioinventata dallo scienziato bolognese: con armatura incemento armato, essa doveva essere decorata da novanta-due pannelli ad altorilievi in marmo di Carrara, raffigurantidanze, canti e preghiere che rendessero eternamente omag-gio alla straordinaria invenzione. La guerra interruppe peròil lavoro di Dazzi che nel 1940 aveva ultimato solo i dueregistri inferiori. Terminato il conflitto mondiale, il nuovoMinistero dei Lavori Pubblici propose, per motivi economi-ci, la distruzione dell’obelisco che invece non fu abbattuto.Nel 1959 Arturo Dazzi concluse l’opera che, su un fustoalto circa 45 metri, rappresenta le Danze, GuglielmoMarconi, la Caccia, le Voci della radio, il Sabato Santo e iCanti d’amore.

Lungo il lato nord-est della piazza si trova il Palazzo delleArti e Tradizioni Popolari, progettato nel 1938 dagli archi-tetti Massimo Castellazzi, Pietro Morresi e AnnibaleVitellozzi. Esso doveva inizialmente essere sede della Mostradell’Etnografia, in grado di documentare le origini e gli svi-luppi dell’arte popolare, in quanto bisogno primordiale edessenziale della vita dell’uomo. Nel 1939 la Mostradell’Etnografia fu sostituita dalla Mostra delle Arti eTradizioni Popolari alla quale si pensò di dare una sede sta-bile dove poter sistemare in modo definitivo le collezionidell’etnologo Lamberto Loria. Il Palazzo delle Arti eTradizioni Popolari assunse così il ruolo e l’aspetto che con-serva tuttora.L’edificio, speculare a quello attualmente sede del Museo

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Preistorico ed Etnografico “Luigi Pigorini”, è costituito daun colonnato sospeso su di un porticato a pilastri. Unamonumentale quinta architettonica a colonne raccorda ledue costruzioni museali. Il prospetto esterno del palazzo, rivolto verso il viale dellaCiviltà Romana, è decorato con il mosaico realizzato daEnrico Prampolini nel 1942. L’opera, raffigurante LeCorporazioni, è collocata di fronte al mosaico che rappre-senta Arti, Mestieri e Professioni compiuto da FortunatoDepero per la parete del Museo delle Scienze. I due mosai-ci, posti sulla testata esterna degli edifici, oltre i portici, fun-gevano da raccordo decorativo tra la “città italiana dell’e-conomia corporativa” e la “città dell’arte”, simbolicamenterappresentate nei due palazzi. Il mosaico, ottenuto con tessere dai colori tenui, mostraquattro figure antropomorfe che alludono alle corporazionisindacali della Confederazione Fascista dei Lavoratori,costituitasi a Bologna nel 1922. Sul fondo di un reticologeometrico, all’interno del quale sono disegnati i simbolidelle corporazioni stesse, sono rappresentati il Credito, ilCommercio, l’Industria e l’Agricoltura. Prampolini che nel 1914 aveva aderito al movimento futu-rista, concepì una composizione quasi astratta ma di gran-de impatto comunicativo, in grado non solo di riqualificarel’area urbana caratterizzata prevalentemente da strutturearchitettoniche, ma anche di celebrare i nuovi miti colletti-vi e sociali.

L’edificio speculare a quello sede del Museo delle Arti eTradizioni Popolari è il Palazzo delle Scienze, sede delMuseo Nazionale Preistorico ed Etnografico “LuigiPigorini” e del Museo Nazionale dell’Alto Medioevo. Realizzato tra il 1938 e il 1943 su progetto degli architettiLuigi Brusa, Gino Cancellotti, Eugenio Montuori e AlfredoScalpelli, l’edificio avrebbe dovuto accogliere, perl’Esposizione Universale del 1942, la Mostra della ScienzaUniversale e, successivamente, il Museo della scienza uni-

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versale. Gli architetti che progettarono il palazzo stabilirono che ledecorazioni dovevano consistere in poche e “grandiose”opere destinate a evidenziare i punti salienti del complesso.Per questo motivo la parete esterna dell’edificio, rivoltaverso via della Civiltà Romana, fu decorata con un mosai-co in pietra policroma, vetro e smalti, raffigurante Arti,Mestieri e Professioni.L’opera di Depero, che misura metri 122x100 circa, fu rea-lizzata dalla Cooperativa Mosaicisti di Roma; essa rappre-senta monumentali figure allegoriche che si stagliano su diun fondo a riquadri con i simboli delle professioni. Unalunga iscrizione, svelata da un tendaggio arancione, ricor-da le arti, i mestieri e le professioni celebrate attraverso ilprogresso.Per l’interno del palazzo Cipriano Efisio Oppo, vicepresi-dente e responsabile delle scelte del servizio artisticodell’Esposizione del 1942, commissionò a ValerioFraschetti la decorazione delle due pareti dell’atrio dovefurono realizzate le pitture ad encausto raffiguranti Leapplicazioni tecniche della scienza e La scuola di Galileo. Alla sommità dello scalone fu collocata una grande vetratapolicroma, realizzata da Giulio Rosso nel 1942 e posta inopera solo nel 1986: composta da più di 50 pannelli, raffi-gura Elementi decorativi relativi all’astronomia.Nel salone al primo piano è visibile un grande pavimentoin marmi e pietre naturali colorate realizzato nel 1943: latarsia, opera di Mario Tozzi, raffigura Elementi decorativirelativi alla scienza.

Ritornando in via Cristoforo Colombo e percorrendolaverso sud, si raggiunge il bellissimo Parco Centrale, realiz-zato fra il 1951 e il 1962 dall’architetto Raffaele de Vico,dal 1939 consulente generale per i parchi e i giardinidell’Esposizione Universale. L’idea di una sistemazione diquesta area verde risale però al 1937, nell’ambito della pro-gettazione dell’Esposizione prevista per il 1942.

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Fulcro dell’intero piano fu la progettazione dell’area cen-trale, dove sarebbe sfociata la Via Imperiale, oggi viaCristoforo Colombo, e dove attualmente sorge il “ParcoCentrale del Lago”. Sfruttando l’esistenza di una naturaledepressione, già nel primo progetto del 1937 era stato pre-visto l’inserimento di un ampio bacino dai contorni irre-golari. Nel 1938 l’architetto Marcello Piacentini decise diregolarizzare il perimetro del lago secondo un profilorigorosamente geometrico, con l’intento di “conferirgli unaspetto più in armonia con lo spirito delle grandi villeclassiche italiane”. Ma i lavori per la realizzazione delparco furono sospesi a causa dello scoppio della guerra eripresi solo nel 1951 sotto la direzione dell’architetto deVico.L’attuale sistemazione del Parco Centrale, con gli ampigiardini che circondano il Laghetto, è frutto di un sapienteequilibrio dettato da un criterio razionale e geometrizzantealternato a soluzioni più irregolari, secondo il gusto “all’in-glese”. L’impronta di “classica rusticità”, ravvisabile nell’es-senzialità del disegno complessivo, unita all’utilizzo dimateriali rustici, definisce lo stile dell’insieme. I numerositracciati serpentinati, ai lati dei quali sono stati piantatialberi e cespugli di vario genere, confluiscono nel vialeprincipale, che costeggia in modo sinuoso il perimetro dellago. Caratterizzato dalla presenza di più di mille piante diciliegio, dono della città di Tokyo, il percorso è stato deno-minato “Passeggiata del Giappone”.Parte vitale del parco centrale è il Laghetto Artificiale, con-cluso nel 1960 in occasione delle Olimpiadi di Roma insie-me al Palazzo dello Sport, al Velodromo e alla Piscina delleRose. Lungo complessivamente circa un chilometro, largo nelpunto massimo circa 150 metri, il lago ha una forma ret-tangolare con i lati lunghi non perfettamente rettilinei madisegnati con sporgenze e rientranze che movimentano ilperimetro. I bordi sono delimitati da una finta scoglierainterrotta da piccole cascatelle che immettono acqua nel

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grande bacino. Il punto in cui esso raggiunge la massimaampiezza è quello posto esattamente in asse con la viaCristoforo Colombo la quale, giunta in prossimità del lago,si biforca e lo scavalca divisa in due ponti veicolari che siriuniscono alle spalle del Palazzo dello Sport. Il tratto cen-trale del parco, intitolato a Raffaele de Vico, si sviluppa suun ampio pendio, delimitato alle estremità da cipressi ecedri, e suddiviso al centro da una serie di vialetti rettilineiche delimitano aiuole geometriche con basse siepi di pitto-sporo. Vivace meta di attività sportive e ricreative, il lago,con una capacità di 220.000 metri cubi di acqua, costitui-sce anche un’importante riserva idrica contro il pericolo diincendi, nonché un fattore di regolazione del microclima. Nei sotterranei del parco, accessibili da viale Oceania evisitabili su richiesta, si trova la Sala Macchine, dove èinstallata la centrale di sollevamento dell’acqua.

L’itinerario non può che concludersi nel suggestivoGiardino delle Cascate, disegnato da Raffaele de Vico fra il1951 e il 1962: esso si estende fra il Laghetto e la collina,dominata dal basso cilindro del Palazzo dello Sport.L’area in cui è collocato costituiva il fondale prospetticodella Via Imperiale, oggi via Cristoforo Colombo, principa-le tracciato viario della zona dove, a partire dal 1937, sorseil complesso dell’Esposizione Universale del 1942. Lungoquest’asse era prevista una serie di piazze monumentali ilcui effetto scenografico doveva trovare coronamento nellasistemazione del grandioso fondale. Fin dai primi progetti,grande attenzione fu prestata all’assetto di quest’area, checostituiva l’elemento di maggiore spettacolarità dell’interaEsposizione. Inizialmente fu stabilito che la zona fronteg-giante la Via Imperiale fosse “sistemata con carattere di villamonumentale all’italiana, ricca di giardini, fontane scaleecc. con al centro una caduta d’acqua da un’altezza di 25metri”. Gli eventi bellici non resero però possibile l’attua-zione dell’opera. Negli anni Cinquanta Raffaele de Vicopoté finalmente dedicarsi alla sistemazione dell’area verde

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realizzando una composizione semplice ma di sicuro effet-to scenografico. Il Giardino delle Cascate fu concepito dal-l’architetto coniugando la tradizione italiana delle villerinascimentali e barocche con il carattere monumentale erustico dell’insieme, sottolineato dall’uso di materiali qualiscogliere, pietre naturali e piante lasciate crescere in formaspontanea. L’acqua proveniente dalle due grandi cascate si raccoglie inun canale centrale composto da una sequenza di seivasche, digradanti verso il lago e alimentate da due file dizampilli laterali. Alle estremità, in posizione più elevata,due serie di getti parabolici versano l’acqua in ruscellettiche, prima di confluire nel grande bacino, scorrono su unletto di rocce fra basse siepi. Il grandioso impianto, apparentemente concepito secondoi criteri di irregolarità e spontaneità tipici del gusto inglese,si dimostra in realtà fortemente ancorato al linguaggio sce-nografico barocco, celebrato soprattutto attraverso il sugge-stivo “teatro delle acque”.

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“... stupenda e misera città che mi hai fatto fareesperienza di quella vita ignota: fino a farmiscoprire ciò che, in ognuno, era il mondo...”

Pier Paolo Pasolini