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Cinema Kappadue Verona 14 ottobre 2014 - 10 febbraio 2015 I martedì del festival Ministero per i Beni e le Attività Culturali Direzione Generale per il Cinema 15

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Cinema KappadueVerona 14 ottobre 2014 - 10 febbraio 2015

I martedì del festival

Ministero per i Beni e le Attività CulturaliDirezione Generale per il Cinema

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Classici e novità, bianco e nero e colore, storie ed emo-zioni che non invecchiano mai. Al centro di tutto: il tem-

po, dimensione inafferrabile che governa ogni aspettodella vita. I martedì del festival lo celebrano, quest’anno,

con una selezione che inquadra un momento cardine nellastoria di ogni essere umano: il passaggio tra la giovinezza e

l’età adulta. Dagli adolescenti ribelli di Gioventù bruciata e Splendore nel-

l’erba ai bambini costretti a crescere prematuramente di Quelloche sapeva Maisie e Incompresa; dall’esistenza immortale dei

vampiri di Jim Jarmusch agli esperimenti in tempo reale di Boy-hood e Le cose belle.

Tempo che passa sui volti e sulle pellicole, amorevolmente restau-rate in digitale: rivoluzione che ci dicono essere un pericolo per il ci-nema ma che nulla toglie all’esperienza condivisa della sala, impre-scindibile nella sua funzione di sogno collettivo.Tempo sul quale, nella rassegna di quest’anno, vegliano tre spiritiguida. Il primo è François Truffaut, la cui sensibilità si riflette nellecorse a perdifiato di Frances Ha, nelle stanze de La gelosia e nel bam-bino che diventa uomo, inquadrato per dodici anni dalla cinepresa diRichard Linklater.Poi c’è Franco La Polla, sublime critico e studioso di cinema, scom-parso nel 2009. La sua penna ha tratteggiato con particolare amorel’opera di Truffaut (al quale è dedicato il libro più celebre: Il nuovocinema americano), di Sydney Pollack (Franco fu strumentale nell’ar-rivo del grande regista a Verona, per Schermi d’Amore) e di BillyWilder (difese Fedora dalle perplessità dei colleghi). Infine Roger Ebert, che ci ha lasciato nel 2013. L’uomo che ha tra-sformato la critica cinematografica in letteratura, unico critico ci-nematografico americano a vincere il Premio Pulitzer e le cui re-censioni abbiamo cercato e tradotto per introdurre alcuni dei

film di quest’anno. È in un punto di incontro ideale tra le sensibilità europea e

statunitense che si colloca questo programma de I martedìdel festival: in quegli splendidi dialoghi tra Truffaut e

Hitchcock, le cui intime lezioni sono distillate dal regi-sta francese ne La signora della porta accanto.

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Martedì 11 novembre ore 21.00SOLO GLI AMANTI SOPRAVVIVONO (Gran Bretagna/Germania/Grecia, 2013, 123’)di Jim Jarmusch

Martedì 18 novembreore 21.00LA GELOSIA(Francia, 2013, 77’)di Philippe Garrel

Martedì 25 novembre ore 21.00 GIOVENTÙ BRUCIATA(Usa, 1955, 111’)di Nicholas Ray

Martedì 2 dicembre ore 21.00QUELLO CHE SAPEVA MAISIE (Usa, 2013, 98’)di Scott McGehee e David Siegel

Cinema Kappadue Verona 14 ottobre 2014 - 10 febbraio 2015

I martedì del festival

Martedì 14 ottobreore 21.00 Anteprima a invitiBOYHOOD(Usa, 2014, 160’)di Richard Linklater

Martedì 21 ottobreore 21.00 LA SIGNORA DELLA PORTA ACCANTO(Francia, 1981, 106’)di François Truffaut

Martedì 28 ottobre ore 21.00NON DICO ALTRO (Usa, 2013, 93’)di Nicole Holofcener

Martedì 4 novembre ore 21.00 FRANCES HA (Usa, 2013, 86’) di Noah Baumbach

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Martedì 13 gennaio ore 21.00 SPLENDORE NELL’ERBA(Usa, 1961, 124’)di Elia Kazan

Martedì 16 dicembreore 21.00 INCOMPRESA(Italia/Francia, 2014, 103’)di Asia Argento

Martedì 3 febbraio ore 21.00 LA RAGAZZA DEL BAGNO PUBBLICO(Usa/Germania, 1970, 88’)di Jerzy Skolimowski

Martedì 27 gennaioore 21.00 FEDORA(Francia/Germania, 1978, 114’) di Billy Wilder

Martedì 20 gennaio ore 21.00 THE DEEP BLUE SEA(Gran Bretagna, 2012, 98’)di Terence Davies

Martedì 10 febbraio ore 21.00 COME ERAVAMO(Usa, 1973, 118’)di Sydney Pollack

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Martedì 9 dicembre ore 17.30 e 21.30 SONG’ E NAPULE(Italia, 2013, 114’)di Manetti Bros.

Martedì 9 dicembre ore 16.00 e 20.00LE COSE BELLE(Italia, 2013, 88’)di Agostino Ferrente e Giovanni Piperno

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BOYHOOD(Usa, 2014, 160’)

Regia e sceneggiatura: Richard Linklater, fotografia: Lee Daniel, Shane Kelly, musica: Meghan Currier, interpreti: Ellar Coltrane, Patricia Arquette, Ethan Hawke, Lorelei Linklater

Anteprima a inviti

«Radicale nell’ispirazione ma familiare nell’at-tenzione al dettaglio quotidiano, Boyhood viveal confine tra cinema classico e arte contempo-ranea, senza lasciarsi mai asservire da uno odall’altra. (…) La grande intuizione di Linklater èquella di mostrare proprio ciò che la maggiorparte dei film ignorano o evitano goffamente: ilpassaggio del tempo». Manhola Dargis, The New York Times

«Per la prima volta nella mia carriera ho dovutocedere il controllo e ammettere nella troupe unnuovo collaboratore: l’ignoto, il fato». Richard Linklater

Trentanove giorni di riprese, montati in cento-quarantanove scene, girate nell’arco di dodicianni. Dopo la “Star Wars dei film romantici”(Prima dell’alba, Prima del tramonto, BeforeMidnight) il regista Richard Linklater proseguela sua personale ricerca del tempo perduto,usando lo spirito di Truffaut come faro e fil-mando il passaggio del giovane attore Ellar

Coltrane dall’infanzia all’età adulta. Intorno alui, aiutato dall’amico Ethan Hawke, dalla figliaLorelei Linklater e da Patricia Arquette, costrui-sce, in 35 mm analogico, una saga familiare diimmensa ambizione e minimo dettaglio. Il sipa-rio si alza sul protagonista Mason all’età di seianni e cala sulla partenza per il college, attra-versando il divorzio dei genitori, le relazionidisfunzionali della madre, il primo amore e l’in-contro con la ribellione. L’ambientazione texa-na, vicina ai natali del regista, s’incasella nel-l’affascinante costellazione del cinema “sou-thern”, dove recentemente si sono mossi Ter-rence Malick con The Tree of Life e il telefilm diculto Friday Night Lights. Prima di lui solo Mi-chael Apted (con la saga documentaria Up, at-tiva da 49 anni) e Shane Meadows (This is En-gland) avevano dimostrato tanta fiducia nel fu-turo. Orso d’Argento per la migliore regia alla64a Berlinale.

Martedì14 ottobreore 21.00

Per gentile concessione di Universal Pictures International Italia

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«Truffaut è uno dei più grandi ammiratori diAlfred Hitchcock e La signora della porta ac-canto è un film profondamente hitchcockiano.I suoi reali argomenti sono la colpa, la passio-ne e le conseguenze di un peccato che partecome veniale. (…) I due amanti sono criminalima anche adulteri e bugiardi, abituati a na-scondere le proprie emozioni come truffatoriprofessionisti. Come faceva Sir Alfred, Truf-faut svolge il compito ammirevole di proporciimmagini che in superficie sono di severasemplicità mentre al di sotto di esse cova unlabirinto di passioni». Roger Ebert (1942-2013), The Chicago Sun Times

«Le nostre femme fatale sono differenti daquelle vampire dei tedeschi e degli scandinavi.Non sono cattive, bensì vulnerabili, in perico-lo. È questo fattore a mettere in moto l’azione.Ogni sguardo di Mathilde è una richiesta d’aiu-to. Il mio approccio non è: “ecco un uomo di-strutto da una donna”. Piuttosto si tratta di:“ecco due personaggi che si spingono fino infondo”. (…) Nel cinema americano, tradizional-mente, c’è un obiettivo da raggiungere. In Eu-ropa questo non è possibile, perché pensiamoche gli obiettivi siano sempre illusori». François Truffaut

Il penultimo film di Truffaut, uscito nel 1981,

racconta la passione segreta e malata tra Ber-nard (Gérard Depardieu) e Mathilde (Fanny Ar-dant). Entrambi sposati, si ritrovano dopo die-ci anni, vivendo in due ville di campagna atti-gue, fuori Grenoble. Il fuoco, inconfessabile, siriaccende in una serie di incontri clandestini inun hotel della cittadina. Il loro rapporto è, pe-rò, autodistruttivo e li trascinerà in una spiraledi bugie e voltafaccia, fino alle estreme conse-guenze. Questo è un Truffaut maturo, al piccodella sua infatuazione per le dinamiche di cop-pia più irrazionali e incontrollabili, in grado diconfezionare un ibrido tra melò e noir di quelliche colpiscono allo stomaco, senza rinunciarea una buona dose di umorismo nero. Lo aiuta-no due delle più amate star francesi: con lamole nervosa di Depardieu (diventato all’epo-ca l’alter ego maturo del regista) a fare da per-fetto contraltare alla esile bellezza della Ar-dant (con la quale il regista intratteneva un’ap-passionata relazione), sotto la quale brucia unincendio invisibile. La donna della porta ac-canto è stato nominato al premio Oscar comemiglior film in lingua non inglese ed ha vintodieci premi César. Fugò, con l’urgenza dellasua messinscena, il dubbio che Truffaut si fos-se arreso a quell’industria che tanto aveva cri-ticato da giovane.

Versione originale con sottotitoli in italiano

Martedì21 ottobre ore 21.00 LA SIGNORA DELLA PORTA ACCANTO

(La femme d’à côté, Francia, 1981, 106’)

Regia: François Truffaut, sceneggiatura: François Truffaut, Suzanne Schiffman, Jean Aurel, fotografia: William Lubtchansky, musica: Georges Delarue, interpreti: Gérard Depardieu, Fanny Ardant,Henry Garcin, Michèle Baumgartner

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François Truffaut(6 febbraio 1932 - 21 ottobre 1984)Una vita in 24 film

Les mistons, 1957 Une histoire d’eau, 1958 I quattrocento colpi, 1959

Tirate sul pianista, 1960 Jules e Jim, 1961 L'amore a vent’anni, 1962episodio Antoine e Colette

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La calda amante, 1964 Fahrenheit 451, 1966 La sposa in nero, 1967

Baci rubati, 1968 La mia droga si chiama Julie1969

Il ragazzo selvaggio, 1969

Non drammatizziamo... è soloquestione di corna, 1970

Le due inglesi, 1971 Mica scema la ragazza!, 1972

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Effetto notte, 1973 Adele H. Una storia d’amore1975

Gli anni in tasca, 1976

L’uomo che amava le donne1977

La camera verde, 1978L’amore fugge, 1979

L’ultimo metrò, 1980 La signora della porta accanto1981

Finalmente domenica!, 1983

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NON DICO ALTRO (Enough Said, Usa, 2013, 93’)

Regia e sceneggiatura: Nicole Holofcener, fotografia: Xavier Pérez Grobet,musica: Marcelo Zarvos, interpreti: James Gandolfini, Julia Louis-Dreyfus,Toni Collette, Catherine Keener

«Di battuta in battuta, di scena in scena, Non di-co altro si rivela come una delle commedie ame-ricane meglio scritte degli ultimi tempi, un rim-provero implicito a tutti quei superficiali spetta-coli di immaturità che hanno dominato il gene-re di recente. Con questo non sostengo che laregista sia troppo educata. È, anzi, spietata nel-l’osservare le vanità e ipocrisie dei suoi perso-naggi». A.O.Scott, The New York Times

«Sento gente parlare nella mia testa e scrivo.Scelgo dove vivono e come si vestono, per cer-care di renderli il più possibile reali. Penso:quella persona non direbbe mai questa cosa.Oppure non potrebbe mai permettersi di viverecosì. Non voglio vedere tutta quella falsità chetanti film ci mostrano». Nicole Holofcener

Lo spirito di Woody Allen è un totem per la regi-sta Nicole Holofcener, giunta al quinto lungome-traggio e già al timone di telefilm di culto comeSex and the City e Parks and Recreation. Perso-

naggi borghesi, amori e tradimenti fanno dasfondo anche a questo Non dico altro, col valoreaggiunto d’essere l’ultimo film che ha visto pro-tagonista il grande James Gandolfini, prima cheun infarto lo strappasse prematuramente aglischermi. Una delle interpretazioni più acclamatedel 2013 per un titolo che è entrato nella top tendel Washington Post e del New York Times. Lavicenda ruota attorno a una massaggiatrice di-vorziata (Julia Louis Dreyfus, premiata recente-mente con un Emmy per la serie televisia Veep),con figlia a carico, che s’innamora di un uomogentile, anche se goffo, pigro e sovrappeso. Sco-pre che si tratta dell’ex marito della sua nuovaamica poetessa, la quale lo descrive, in terminiriduttivi, come un amabile perdente. Nasce undilemma: chi era troppo poco per una donna,può essere abbastanza per un’altra? Cinema diparole e situazioni, finemente tratteggiato, dalleradici indiscutibilmente indipendenti, Non dicoaltro potrebbe essere un sequel ideale di Maritie mogli, quando Allen sapeva ancora graffiare.

Martedì 28 ottobreore 21.00

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FRANCES HA(Usa, 2013, 86’)

Regia: Noah Baumbach, sceneggiatura: Noah Baumbach e Greta Gerwigfotografia: Sam Levy, musica: George Drakoulias, interpreti: Greta Gerwig, Mickey Sumner, Adam Driver, Michael Esper

«La collaborazione tra l’attrice Greta Gerwig e ilregista Noah Baumbach ha creato un personag-gio le cui ordinarie preoccupazioni e capricci sirivelano interessanti in modo tipicamente new-yorchese, andando a comporre il ritratto affet-tuoso ed elegante di un’immatura metropolita.I due catturano lo spirito di una generazione inun film il cui fascino dovrebbe fare colpo ben ol-tre la fascia demografica che rappresenta». Peter Debruge, Variety

«Il modo che io e Noah abbiamo di collaborareè un po’ alla Lennon - McCartney. Entrambi sa-pevano creare canzoni ma quando lo facevanoassieme succedeva qualcosa di speciale, im-possibile da raggiungere in solitudine. Le no-stre voci diventano una sola voce ed il film unacanzone». Greta Gerwig

Frances (Greta Gerwig) ha ventisette anni, èballerina e vive a New York. Quando la miglioreamica e coinquilina Sophie la abbandona perandare e vivere a Tribeca, Frances inizia unviaggio, buffo e introspettivo, che la porta atrasferirsi una dozzina di volte, da Sacramento

a Parigi e poi di nuovo nella Grande Mela. Traamici dall’indole artistica, spettri benevoli diun passato piccolo borghese e un lavoro incer-to, dovrà decidere se la sua spensieratezza ècompatibile con i requisiti dell’età adulta.Noah Baumbach, cantore di una New York ere-de di quella di Woody Allen (da recuperare ilsuo Il calamaro e la balena), firma il suo filmpiù leggero ed elegante, senza dimenticare ledeliziose collaborazioni con Wes Anderson. Cisono il bianco e nero e le corse sui marciapiedidi Manhattan, diversi omaggi a Truffaut (tra cuile musiche di compositori legati alla NouvelleVague) e una strizzata d’occhio a Leo Carax, inquesta pellicola piccola ma irresistibile. In Gre-ta Gerwig, con la quale ha lavorato già inGreenberg, trova la protagonista (e co-autrice)perfetta: è lei la nuova musa del cinema indi-pendente, svagata, sorridente, con un pizzicodi malinconia. Impossibile non innamorarsi diFrances e di questo cinema che rifiuta i giganti-smi hollywoodiani per ritrovare il gusto dellaparola e della situazione.

Versione originale con sottotitoli in italiano

Martedì 4 novembre

ore 21.00

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SOLO GLI AMANTI SOPRAVVIVONO (Only Lovers Left Alive, Gran Bretagna/Germania/Grecia, 2013, 123’)

Regia e sceneggiatura: Jim Jarmusch, fotografia: Yorick Le Saux, musica: Jozef van Wissem, interpreti: Tom Hiddleston, Tilda Swinton, Mia Wasikowska, John Hurt

«Un’ode all’essere trendy nel corso dei secoli,un’iniezione di “cool” e un tributo giocoso al fe-ticismo artistico. (…) Questo è il miglior lavorodi Jarmusch da molti anni a questa parte, pro-babilmente da Dead Man, col quale condivideun senso di pericoloso, quieto ma inebriantepassaggio». Todd McCarthy, The Hollywood Reporter

«Uno dei temi che volevo raccontare è quellodella decadenza della nostra civiltà, della no-stra cultura. È Adam a impersonarlo, l’ho conce-pito come un vero personaggio romantico». Jim Jarmusch

Dai vicoli di Detroit, metropoli americana svuo-tata dalla crisi dell’industria automobilistica, aisuk sensuali di Tangeri, si dipana l’amore im-mortale tra Adam e Eve, vampiri del ventunesi-mo millennio. Lui è un musicista rock allergicoalle luci della ribalta, che registra dischi construmentazione vintage. Lei coltiva l’amicizia

col commediografo quadricentenario Christo-pher Marlowe (John Hurt), che le rivela il segre-to dietro alla firma di William Shakespeare.Quando la sorella di Eve (l’attrice australianaMia Wasikowska) si presenta inattesa e affama-ta alla porta di Adam il loro mondo si rovescia,costringendoli alla fuga e alla riscoperta delladimensione ferale. L’ineffabile Jarmusch torna aquel cinema visionario, di pittorica immobilità,con cui ha conquistato i circuiti indipendentidurante gli anni ‘80. Lo servono egregiamenteTom Hiddleston (Thor di Kenneth Branagh eMidnight in Paris di Woody Allen) e Tilda Swin-ton (Io sono l’amore di Luca Guadagnino eGrand Hotel Budapest di Wes Anderson), crea-ture languide, letali ma capaci di grande tene-rezza. C’è l’ennui notturno dei quadri di Hopper,ma anche la torrida dipendenza che tormentavaBorroughs ne Il pasto nudo. Premio per la mi-gliore colonna sonora al Festival di Sitges.

Versione originale con sottotitoli in italiano

Martedì 11 novembre

ore 21.00

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LA GELOSIA (La Jalousie, Francia, 2013, 77’)

Regia: Philippe Garrel, sceneggiatura: Arlette Langmann, Caroline Deruas-Garrel, Marc Cholodenko, Philippe Garrel, fotografia: Willy Kurant, musica: Jean-Louis Aubert, interpreti: Luis Garrel, Anna Mouglalis, Rebecca Convenant, Olga Milshtein

«Un melodramma in cui la preoccupazioneprincipale dei personaggi è interrogarsi sulsenso e sulla natura dell’amore è ad alto ri-schio di caduta nel patetico o addirittura nel ri-dicolo, ma stavolta Garrel riesce a toccare lecorde giuste guidando i suoi interpreti affinchécontengano l’emotività anche nei momenti piùdrammatici». Valentina D’Amico, Movieplayer

«Tutti sappiamo cos’è la gelosia, tutti l’abbia-mo provata. Anche i bambini. La piccola che nelfilm soffre sono io. Quel periodo per me è lega-to a ricordi dolorosi ma anche felici: sapevoquanto mio padre mi amasse ma mi faceva ma-le sapere che lui amava anche un’altra. Non siparla mai dell’enorme fatica che devono fare ifigli dei separati». Philippe Garrel

Philippe Garrel, superati i sessant’anni, resta ilregista indipendente e puro di sempre. Ne Lagelosia ripercorre una stagione dolorosa dellapropria storia familiare: alla fine degli anni ‘60,

infatti, il padre lasciò la madre per un’altradonna. Ecco che Garrel rimette in scena la se-parazione, spostandola al presente, facendolavorare suo figlio Louis (che esordì in TheDreamers di Bernardo Bertolucci) nel ruolo delpadre e cambiando sesso al proprio io bambi-no, che diventa una ragazzina vispa e malinco-nica (con il volto di Olga Milshtein). La madre èinterpretata da una bravissima Anna Mouglalise la sorella del padre dalla seconda figlia diGarrel, Esther. Una storia familiare, girata in fa-miglia, incorniciata in un bianco e nero che ri-manda alla Nouvelle Vague (ancora Truffaut) erisolta in 76 minuti nei quali le emozioni si ri-flettono tra biografia e finzione, perse in un la-birinto di specchi. Ma c’è una grande novità: ilcalore con cui Garrel costruisce i momenti didialogo e affetto tra padre e figlia, così umani edistanti dal freddo purismo a cui l’autore avevaabituato il pubblico dei suoi esordi.

Versione originale con sottotitoli in italiano

Martedì 18 novembre

ore 21.00

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GIOVENTÙ BRUCIATA(Rebel Without a Cause, Usa, 1955, 111’)

Regia: Nicholas Ray, sceneggiatura: Stewart Stern e Irwing Shulman, da un soggetto di Nicholas Ray, fotografia: Ernest Haller, musica: Leonard Rosenman, interpreti: James Dean, Natalie Wood, Sal Mineo, Dennis Hopper

«Gioventù bruciata fu una pellicola eccezional-mente influente, una pietra miliare nella crea-zione di un nuovo modello di giovane. PrimaMarlon Brando ne Il selvaggio (1953), poi JamesDean nel 1955, infine il successo di Elvis Presleynel ‘56: tre modelli che hanno alterato il modoin cui gli uomini erano visti nella cultura popo-lare. Potevano finalmente essere più femminili,sexy, confusi e ambigui». Roger Ebert (1942-2013), The Great Movies

«Gioventù bruciata è il film che mi ha più com-pletamente soddisfatto. E penso che rimarrà va-lido per molti anni ancora, sia come testimo-nianza che come spettacolo. Ha costituito unesempio di stretta collaborazione con tutti colo-ro che vi hanno messo mano». Nicholas Ray

Torna in versione restaurata il leggendario filmdi Nicholas Ray del 1955, arrivato nelle sale po-chi mesi dopo la morte di James Dean, che pro-prio qui, per la prima e unica volta nella sua car-riera, aveva ricevuto l’agognato “top billing”,ovvero il ruolo da protagonista, col nome in ci-

ma al cartellone. Un’opera il cui impatto nel-l’immaginario pop americano (e non solo) è an-cora da scoprire: generazioni di musicisti rock(in primis Bruce Springsteen) e artisti di ogni al-tra ascendenza si sono ispirati alla storia del li-ceale Jim (Dean) e della sua guerra contro unavita che gli nega ogni certezza, spingendolo adisprezzare il padre, succube della madre e sfi-dare i bulli della scuola, che molestano la bellavicina Judy (Natalie Wood) e l’amico Plato (SalMineo). Gioventù bruciata è un inno ai tormentiadolescenziali, quelli che ti divorano dentro maai quali non riesci a dare un nome. Pensare che,nelle intenzioni dei produttori, doveva rappre-sentare il contrario: un monito contro la derivamorale dei ragazzi americani. Non a caso il tito-lo è ispirato al libro Rebel Without a Cause: TheHypnoanalysis of a Criminal Psychopath, dellopsichiatra Robert M. Lindner.

Restauro digitaleVersione originale con sottotitoli in italiano

Martedì 25 novembre

ore 21.00

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Page 17: Verona 14 ottobre 2014 - 10 febbraio 2015 del festival 15 PROGRAMM… · INCOMPRESA (Italia/Francia, 2014, 103’) di Asia Argento Martedì 3 febbraio ore 21.00 LA RAGAZZA DEL BAGNO

QUELLO CHE SAPEVA MAISIE (What Maisie Knew, Usa, 2013, 98’)

Regia: Scott McGehee e David Siegel, sceneggiatura: CarollCartwright, Nancy Doyne, fotografia: Giles Nuttgens, musica: Nick Urata, interpreti: Julianne Moore, Alexander Skarsgard, Onata Aprile, Steve Coogan

«Il romanzo del 1897 di Henry James su unacoppia di genitori orribilmente incapace è statoagevolmente trasposto al presente e adattatoal grande schermo. Ancorato da cinque forti in-terpretazioni, questo dramma, bello e rispetto-so, tocca la stessa nota per 98 minuti; lo fa, pe-rò, con sufficiente sensibilità e varietà emotivada rendere l’esperienza commovente e per nul-la gravosa». Justin Chang, Variety

«Gli sceneggiatori hanno fatto un lavoro magni-fico, siamo stati subito attratti dalla leggerezzadel loro tocco. Da parte nostra la preoccupazio-ne era quella di raccontare una storia dal puntodi vista di un bambino: non sarebbe stato pos-sibile senza Onata, della quale ci siamo inna-morati fin dal primo giorno». Scott McGehee, David Siegel

Il cinema, soprattutto quello anglosassone, sle-gato dalle politiche cattoliche, ci ha mostrato,nella sua lunga storia, diversi genitori manche-voli. Di mostri come Susanna e Beale, però, pro-tagonisti di Quello che sapeva Maisie, non ne

avevamo mai visti. Entrambi sono personaggipubblici: lei è una cantante rock, lui uno scritto-re; hanno toccato la mezza età e sono troppoimmersi nelle proprie idiosincrasie. Non capi-scono quanto male stanno facendo alla figlia disei anni, Maisie, abbandonata a se stessa. Perfortuna, a occuparsi di lei, ci saranno gli amantidi mamma e papà: la babysitter Margo e il bari-sta Lincoln. La famiglia alternativa, nata per af-fetto e non all’interno degli “obblighi” coniuga-li, diventa un nido salvifico per tutti e tre, ama-bili perdenti alla deriva. Julianne Moore, Alexan-der Skarsgård, Steve Coogan, Johanna Vander-ham e la piccola Onata Aprile: cast perfetto perun dramma dai risvolti dolci, una delle migliorisorprese del 2013. Quello che sapeva Maisie ètanto classico nello stile quanto rischioso nelladirezione di due star come Moore e Coogan, co-raggiosissimi nell’affrontare personaggi tantoodiosi. Impossibile, al contrario, non tifare perMaisie, bimba aliena, anche troppo adorabile eper i suoi salvatori. Il gigante Skarsgård, davampiro di True Blood a eroe dell’infanzia, futu-ro Tarzan: presto sarà un divo.

Martedì 2 dicembreore 21.00

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LE COSE BELLE(Italia, 2013, 88’)

Regia e sceneggiatura: Agostino Ferrente e Giovanni Piperno, fotografia: Giovanni Piperno, musica: Canio Loguercio, interpreti: Fabio Rippa, Adele Serra, Silvana Sorbetti, Enzo Della Volpe

«Un racconto della vita degli ultimi, vivo e spon-taneo, poco attento all’estetica, che privilegian-do la dimensione umana risulta profondamentecommovente e, per certi versi, inaccettabile.Perché in fondo a Napoli bambini non lo si è maidavvero. Si può continuare ad assistere inermia dei fiori che appassiscono ancora prima disbocciare?». Rosa Maiuccaro, Fare Film

«Non ci interessava speculare cinematografica-mente sulla storia di ragazzi ormai incastratinella criminalità o di casi umani ... storie cosìnon è difficile trovarne a Napoli. Probabilmenteera quello che il nostro committente televisivosi aspettava. (…) Noi invece avevamo deciso diprovare a raccontare storie nella norma, tipiche,provenienti da famiglie di media estrazione so-ciale. Storie della porta accanto, di “normale”difficoltà economica, sociale, culturale...». Agostino Ferrente

In principio fu Intervista a mia madre, medio-metraggio documentario realizzato da Agosti-no Ferrente e Giovanni Piperno per Rai 3 nel

1999. Vi si raccontavano, tramite interviste, lesperanze di quattro giovani napoletani: Adele,Silvana, Enzo e Fabio. Ragazzi normali, svegli,appassionati di vita. Un esperimento riuscito,che non poteva finire lì. Ecco che i registi, a di-stanza di tre anni e poi di dieci, incontrano dinuovo i ragazzi per costruire un laboratorio divideomaking e un progetto di film, poi naufra-gato. Infine, tredici anni dopo la prima intervi-sta, nasce Le cose belle: documentario che ri-trova i protagonisti, oggi adulti e rivede i lorosogni aggiornati al presente. Uno spicchio di vi-ta, sulla scia di Michael Apted e del cinquan-tennale Up (già citato nella scheda di Boy-hood), che diventa specchio di una generazio-ne intera, di una nazione e di una città che nonvogliono arrendersi alle limitazioni del presen-te. Si ride e si piange, durante Le cose belle, as-sistendo alla magia del tempo che passa suivolti degli esseri umani (uno dei temi ricorrentidi questa stagione de I martedì del festival), avolte guarendoli ma più spesso ferendoli. Pre-mio per il miglior documentario al Festival diTaormina.

Martedì 9 dicembreore 16,00

Martedì 9 dicembree ore 20,00

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SONG’ E NAPULE (Italia, 2013, 114’)

Regia: Manetti Bros., sceneggiatura: Michelangelo La Neve, Giampaolo Morelli, Antonio e Marco Manetti, fotografia: Francesca Amitrano, musica: Aldo De Scalzie e Pivio,interpreti: Alessandro Roja, Giampaolo Morelli, Serena Rossi

«Non è pizza e mandolini come un tempo, manemmeno (solo) Gomorra, pistole e degrado. InSong’ e Napule, applauditissimo all’ultimo fe-stival di Roma, lo speciale frullato partenopeofatto di passioni carnali e meschinità quotidia-ne, violenza bruta e coraggio inatteso, amore escaramanzia, grande bellezza e grande bruttez-za, viene servito al meglio, sul piatto d’argentodel ritmo e dell’originalità». Alessandra Levantesi Kezich, La Stampa

«La cosa grave è che gli americani si sono presiil copyright della fantasia e noi siamo vergo-gnosamente (...) incarcerati nel realismo. È unacosa gravissima che la nostra arte cinematogra-fica sia prigioniera della storia vera. È una for-ma di colonialismo. (...) È tristissimo». Marco Manetti

Dalla cinepresa dei “fratelli terribili” del cine-ma italiano, Marco e Antonio Manetti, tra gliunici nella Penisola ad aver il coraggio di af-frontare i tanto temuti “generi” (horror: Zora laVampira, thriller: Piano 17), arriva Song’ e Na-

pule, commedia imprevedibile e fulminante, acavallo tra poliziottesco anni ‘70 e modernasensibilità pop. Il film nasce da un’idea diGiampaolo Morelli, già protagonista per i Ma-netti de L’Ispettore Coliandro. Si racconta lastoria di Paco Stillo, poliziotto da scrivania eraffinato pianista (Alessandro Roja), costrettoa infiltrarsi nella band del neo melodico LolloLOVE (Morelli), che suonerà al matrimonio del-la figlia di un boss dove è invitato anche un kil-ler, al quale il Questore Vitali (Carlo Bucciros-so) vuole mettere le manette. Gag, insegui-menti e sparatorie, in una Napoli coloratissi-ma, un po’ vera e tanto grottesca, come se unfumetto di Alan Ford fosse trasposto al cinemada Álex de la Iglesia. Un trionfo di critica per iManetti, autori spesso non compresi nel lorodesiderio di svecchiare il cinema italiano, ri-aprendolo a quei generi di cui eravamo mae-stri e che oggi, reinterpretati da Tarantino, citornano indietro come boomerang.Quattro Nastri d’Argento, due David di Donatel-lo e una possibile candidatura all’Oscar.

Martedì 9 dicembreore 17.30

Martedì 9 dicembree ore 21.30

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INCOMPRESA(Italia/Francia, 2014, 103’)

Regia: Asia Argento, sceneggiatura: Barbara Alberti, Asia Argento, fotografia: Nicola Pecorini, musica: James Marlon Magas, interpreti: Giulia Salerno, Charlotte Gainsbourg, Gabriel Garko, Gianmarco Tognazzi

«Più che leggere Incompresa come un film “achiave” è utile vederlo come erede di una lungae viva tradizione di titoli italiani sull’infanzia el’adolescenza. Come la regista stessa ci invita afare, fin dal titolo che cita non tanto il romanzodi Florence Montgomery quanto proprio il bel-l’adattamento che ne fece Luigi Comencini (eche vediamo in tv nel finale)». Emiliano Morreale, Il Sole 24 Ore

«Non sono la psicologa di me stessa, è un filmpersonale, non autobiografico, non terapeuti-co: tutta l’arte è autobiografia, diceva Fellini,ma la perla è l’autobiografia dell’ospite». Asia Argento

Asia Argento, classe 1975, figlia del maestro delbrivido Dario, attrice dall’età di nove anni, pos-siede un talento multiforme, imprevedibile. Lodimostra in questo terzo lungometraggio da

regista: Incompresa, nel quale racconta la storiadi una bambina ignorata dalla madre pianista etossicomane (Charlotte Gainsbourg), dal padreattore di serie B (Gabriel Garko) e dalla sorella-stra cattiva. Inutile negare che qualche spuntopersonale si muova sotto la superficie: la bimba(Giulia Salerno) si chiama Aria, che è il secondonome di Asia. Il film, inoltre, è ambientato neglianni ‘80, quelli in cui ad essere bambina era laregista. Nel ruolo di Donatina, sorella di Aria daparte di madre, c’è Anna Lou Castoldi, figlia diAsia. Scritto a quattro mani con Barbara Alberti,il film prende le mosse da un’immagine: unabimba sola in un parco del quartiere Prati, convicino un gatto nero e uno zainetto. Nel film diAsia, presentato a Cannes nella sezione “UnCertain Regard”, si realizzano diverse aspirazio-ni, quasi tutte originali, a partire dall’ineditoconnubio di melodramma dickensiano, umori-smo nero, spunti fumettistici e impennate pop.

Martedì 16 dicembre

ore 21.00

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SPLENDORE NELL’ ERBA (Splendor in the Grass, Usa, 1961, 124’)

Regia: Elia Kazan, sceneggiatura: William Inge, fotografia: Boris Kaufman, musica: David Amram, interpreti: Natalie Wood, Warren Beatty, Pat Hingle, Barbara Loden

«Mr. Beatty, un debuttante da tenere d’occhio,dà vita a un ragazzo amabile, solido e rispetta-bile, il cui esaurimento emotivo rappresenta ilpathos profondo del film. Se escludiamo unaparlata alla Brando e dei manierismi alla JamesDean, Beatty rivela una personalità impressio-nante. Miss Wood, da par suo, sfoggia bellezzae radiosità sufficienti per trasportarla, con forzaincontaminata, attraverso un ruolo fatto di vio-lente passioni. C’è poesia nella sua performan-ce (…). La produzione ha una fotografia a colorieccellente ed è scenograficamente superba».Bosley Crowther, The New York Times (1961)

«Nel complesso non è quello che preferisco trai miei film ma il suo ultimo rullo è, in assoluto,la cosa migliore che ho diretto: al contempo lapiù malinconica e la più felice. Quello che amodel finale è proprio la sua ambivalenza agrodol-ce, pieno di ciò che Bill (William Inge) aveva im-parato dalla sua vita: che bisogna accettare lapropria felicità limitata, perché tutta la felicitàha un limite e che aspettarsi la perfezione è unvizio nevrotico». Elia Kazan

Senza Elia Kazan non avremmo conosciuto, tra

gli altri, Marlon Brando e James Dean. Essi so-no stati lanciati dai suoi film e hanno studiatoalla sua scuola, l’Actor’s Studio, storica fucinadell’eccellenza attoriale newyorchese. Lo stes-so vale per Warren Beatty, che debutta in que-sto Splendore sull’erba, potente melodrammadel ‘61, scritto da William Inge (che vinse l’O-scar per la sceneggiatura) e diretto da Kazandieci anni dopo la testimonianza resa davantialla commissione McCarthy che lo trasformòda re Mida ad outsider della settima arte. Lapellicola è ambientata in Kansas, nel 1928.Bud (Warren Beatty) e Deannie (Natalie Wood)si conoscono al liceo e s’innamorano. Lui vieneda una famiglia di petrolieri, ha una sorella ri-belle e un futuro già scritto: frequentare Yale esposare una ragazza dell’alta società. Lei è fi-glia di una coppia puritana, che le ha inculcatoil terrore della fisicità e del peccato. Il destinoli allontanerà e poi li farà ritrovare, mentre l’A-merica sprofonda nel più grande terremotoeconomico e sociale della sua storia: la Gran-de Depressione.

Restauro digitaleVersione originale con sottotitoli in italiano

Martedì 13 gennaioore 21.00

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THE DEEP BLUE SEA(Gran Bretagna, 2012, 98’)

Regia: Terence Davies, sceneggiatura: Terence Davies da un lavoro di Terence Rattigan, fotografia: Florian Hoffmeister, musica: Samuel Barber, interpreti: Rachel Weisz, Tom Hiddleston, Ann Mitchell, Simon Russell Beale

«Nella commedia la protagonista Esther dice(per giustificare il suo tentativo di suicidio):“Quando ci si trova tra il diavolo e il profondomare azzurro, il profondo mare azzurro apparetalvolta molto invitante”. A parte la bellezza for-male di The Deep Blue Sea, in cui ogni immagi-ne è tanto carica di oggetti e vita quanto remo-ta e intrisa di oscurità, la cosa straordinaria delfilm è la sua fedeltà al testo di Rattigan e nellostesso tempo la sua radicale diversità. (…) Rap-presentando la storia di due persone che siamano l’una troppo e l’altra troppo poco, unacon passione e l’altra con un “contenuto entu-siasmo”, Davies crea una pura storia d’amore.Ormai, vorrei dire, non lo fa più nessuno. L’ulti-mo è stato Truffaut ». Franco Cordelli, Corriere della Sera

«Sono gay, vivo da solo e sono celibe da tren-t’anni. Eppure so qualcosa di matrimoni irrea-lizzati. Mia madre aveva sposato uno psicopati-co e non poteva farci niente… dove scappi condieci figli? All’epoca non c’erano strutture, nien-te… in questo film una donna di quarant’anniscopre il sesso e ne viene travolta. Decide di se-guire i suoi ormoni. Se solo l’avessi fatto an-ch’io… ma lasciamo perdere...». Terence Davies

Terence Davies torna agli anni ‘50, quelli che glihanno ispirato i capolavori Voci lontane, semprepresenti e Il lungo giorno finisce, per trasporre lacommedia teatrale di Terence Rattigan The DeepBlue Sea. Un giorno, una stanza: questa è l’intimadimensione del melodramma che ha per protago-nista Hester (la splendida e brava Rachel Weisz),moglie di un giudice della corte suprema fuggitaper stare con l’amante, l’ex pilota Freddie (TomHiddleston, nuovo divo inglese conosciuto al gran-de pubblico per Thor e The Avengers). La guerra èfinita ma le sue cicatrici sono ancora fresche, sullapsiche di Freddie e sulle strade di Londra. I pensie-ri di Hester corrono indietro: raccontando la storiain una serie di flashback. C’è la scoperta della pas-sione ma anche la paura di un futuro privo delle si-curezze economiche e sociali che prima possede-va. Nella top ten dei dieci film più belli del 2012, peril New York Times e il Los Angeles Times, The DeepBlue Sea conferma Davies tra le voci più sensibilidel cinema britannico. Figlio della Liverpool anni‘40, il regista è, assieme a John Boorman, uno deilettori più profondi della psiche popolare, a cavallotra passato e modernità.

Film inedito per l'ItaliaVersione originale con sottotitoli in italiano

Martedì 20 gennaioore 21.00

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FEDORA(Francia/Germania, 1978, 114’)

Regia: Billy Wilder, sceneggiatura: Billy Wilder e I.A.L. Diamond da un romanzo di Tom Tryon, fotografia: Gerry Fisher, musica: Miklós Rózsa, interpreti: William Holden, Marthe Keller, Hildegard Knef, Henry Fonda

«Fedora, di Billy Wilder, è un favoloso relitto,una villa antica caduta in disarmo. E se vi sem-brerà fuori moda beh… è proprio questo l’obiet-tivo di Wilder. Fedora è una memoria orgogliosaed appassionata di come i film erano una volta,una risata amara su come sono diventati. È unfilm ricco, maestoso e un po’ pazzo, esattamen-te come il regista lo voleva, riempito degli echidi una vita; nessuno potrebbe scambiarlo per ilprodotto di un giovane regista. Ha, anzi, la riso-nanza di un epitaffio». Janet Maslin, The New York Times (1979)

«È un film molto stilizzato, realizzato con gusto…potrebbe essere stato fatto nel 1952 e poinascosto. Potrebbe anche rivelarsi un grandesuccesso, chi lo sa cosa piace ai giovani di que-sti tempi?! Per Billy è una specie di ritorno allastoria di Viale del tramonto». William Holden

Il penultimo film di Billy Wilder, prima del forza-to ritiro dalle scene, lo vede riunirsi con WilliamHolden per riprendere il discorso interrotto nel

capolavoro Viale del tramonto. Anche qui cisono un’attrice che rifiuta di accettare il supera-mento del proprio mito (la tedesca MartheKeller) e un uomo, un produttore hollywoodia-no, strumentale nella messa in moto di un mec-canismo hitchcockiano, costruito su scambi d’i-dentità e morti misteriose. L’intenzione diWilder e del suo sceneggiatore, I.A.L. Diamond,è quella di aggiornare la stoccata contro la vec-chia Hollywood, la cui anima mostruosa sinasconde dietro a una finta giovinezza. La pelli-cola, girata per la maggior parte a Corfù concapitali tedeschi, fu quasi ignorata negli StatiUniti, dove Wilder, uno dei più grandi autori delmomento, era stato messo da parte perché giu-dicato troppo vecchio per realizzate un prodot-to di successo. Accolto con un certo scetticismoal Festival di Cannes nel 1978, il film è stato riva-lutato dalla critica, fino ad essere definito unodei titoli migliori della filmografia di Wilder.

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Martedì 27 gennaioore 21.00

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LA RAGAZZA DEL BAGNO PUBBLICO(Deep End, Usa/Germania, 1970, 88’)

Regia: Jerzy Skolimowski, sceneggiatura: Jerzy Skolimowski, Jerzy Gruza, Boleslaw Sulik, fotografia: Charly Steinberger, musica: Cat Stevens, The Can, interpreti: Jane Asher, John Moulder-Brown, Diana Dors, Christopher Stanford

«Il bagno pubblico, nel film, non è tanto unluogo dove lavarsi quanto una dimensionenella quale è possibile indulgere nelle pro-prie fantasie e Skolimowski, che semina sim-boli nello stesso modo in cui un giallista se-minerebbe indizi, non ha certo intenzione diignorare le possibilità offerte da questo sce-nario. Per tutto il film i blu ed i verdi delle pa-reti vengono ritinteggiati con colori caldi, so-prattutto il rosso, per riflettere la crescitadella passione e spianare la strada al climax,nel quale la psiche del regista conta quantol’azione che mette in scena. Anzi: ne è inse-parabile». Roger Greenspun, The New York Times (1971)

«Fui accompagnato al cinema mezz’ora primache finisse la proiezione, e sentii la sala reagi-re in modo stupendo: risate, applausi. Poi, dicolpo, il silenzio assoluto. Gli organizzatoridel festival (…) mostravano nervosismo. Altermine della proiezione non mi fecero saliresul palco. (…) Dopo, a cena, qualcuno mi chie-se perché avevo rovinato tutto con quel finale.(…) Gli risposi che avevo girato tutto il filmproprio per arrivare a quel finale, che per meera la cosa più importante». Jerzy Skolimowski

Il capolavoro del regista polacco Skolimowski,uscito nel 1970, viene riproposto nella splendi-da versione restaurata dal British Film Institutenel 2012. Ambientato a Londra (ma girato perlo più a Monaco, con gli esterni del quartiere aluci rosse a Soho), il film racconta il primo, con-fuso, approccio con l’erotismo di un quindicen-ne che si trova a lavorare in un bagno pubblico,dove conosce e s’innamora di una ragazza piùmatura e sessualmente disinvolta. Gli spiriti diTruffaut e Polanski vegliano su questa parabo-la notturna, a tratti dolce ed ironica, ma anchegrottesca e drammatica. Un viaggio nella psi-che e nei sensi adolescenziali, commentato dasplendide musiche originali firmate da Cat Ste-vens. Quando finalmente il produttore ingleseapprovò il progetto, al regista restava solo unmese per terminare la sceneggiatura e trovaregli attori giusti: la fretta era imposta dalla ne-cessità di girare sotto quella che si rivelò esse-re l’unica nevicata dell’anno. Una corsa pre-miata dalla critica e diventata un “cult” ancheper molti colleghi registi. Tra questi DavidLynch, che ha definito La ragazza del bagnopubblico il suo film a colori preferito.

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Martedì 3 febbraioore 21.00

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COME ERAVAMO Speciale(The Way We Were, Usa, 1973, 118’)

Regia: Sydney Pollack, sceneggiatura: Arthur Laurents, David Rayfiel, fotografia: Harry Stradling Jr., musica: Marvin Hamlish, interpreti: Robert Redford, Barbara Streisand, Bradford Dillman, Lois Chiles

«Ci sono, in questo film, momenti straordinarinei quali Il regista ha saputo mantenere il giustoequilibrio tra i due protagonisti, senza prenderele parti di uno a scapito dell’altra. E quando essiraggiungono il massimo della sintonia, la regia siaccorda, portandosi al loro livello e toccando ilsublime. (…) La narrazione è infusa di quellastessa infinita tristezza che emerge da quasi tut-ti gli scritti di Francis Scott Fitzgerald. E non è cer-to piccolo il merito di Pollack: aver retto il para-gone con uno dei più grandi scrittori americani». Claude Benoit, Jeune Cinéma n. 80, 1974

«Probabilmente è il film più efficace che io ab-bia mai girato. Mi hanno chiesto un milione divolte di farne un sequel. È uno di quei film cheamano soprattutto le donne. Credo sia diver-tente ricordare che all’epoca non ebbe buonerecensioni. Lo capisco, perché la percezionedella critica era di avere di fronte due star coin-volte in una storia d’amore. Io, però, mi sono di-vertito molto a farlo e la loro vicenda mi ha mol-to commosso». Sydney Pollack

Robert Redford e Barbra Streisand: divi e divini,assieme per raccontare una storia d’amore chesi svolge nell’arco di trent’anni, prima e dopo laSeconda Guerra Mondiale. Katie è un’ebrea

marxista e pacifista che ha fatto della politica lapropria ragione di vita. Hubbell è uno scrittoreindifferente alla politica, abituato alla bella vita.Come tutti gli opposti i due si attraggono: sullosfondo di un’America fluida, in perenne cambia-mento, dai trionfalismi del dopoguerra alla ver-gogna del maccartismo. Sydney Pollack, unodei grandi registi americani degli anni ‘60 e ‘70,si dedica al melodramma romantico nel mo-mento più brillante della sua carriera, a cavallotra il western Corvo Rosso non avrai il mio scal-po e il thriller I tre giorni del Condor. Tre film as-sieme a Redford (che fece molte resistenze, per-ché trovava il suo personaggio troppo superfi-ciale), di cui questo è il più tenero e classico,nelle sue ascendenze drammaturgiche (la sce-neggiatura è di Arthur Laurents, che firmò il li-bretto di West Side Story). La pellicola saràproiettata assieme ad alcune sequenze perdu-te, che all’epoca si credeva durassero più diun’ora. Si tratta invece di pochi minuti, nei qua-li è svelata la ragione che porta i due protagoni-sti a separarsi, togliendo così molta della magiadel film. Pollack li eliminò dopo la prima del filme la Streisand non lo perdonò mai.

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Martedì 10 febbraioore 21.00

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15a edizione

corti per piccoli14-16 aprile 2015 rassegna cinematografica

cortometraggi d’animazione per bambini

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BAR OTAA VE R O N A

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Con il sostegno di

Cinema KappadueVerona, via Rosmini, 1/Btel. 045 800 58 95

Verona Film Festival - Ufficio CinemaVerona, via Leoncino, 6tel. 045 800 53 48www.imartedidelfestival.comune.verona.itveronafilmfestival@comune.verona.it

Verona Film FestivalPaolo Romano responsabile programmaMaria Pia Mazzi assistente programmazioneMaria Luisa Grigoletti, Mara Isolani amministrazione e organizzazioneRoberta Bordignoni pagine web

grafica: Corrado Bosi cdf-ittica.itredazione: Adamo Dagradiricerca iconografica: Alessandro Pennasilicostampa: Tipografia Milani, Verona

Copertina: Natalie Wood in Splendore nell’erba, immagine elaborata da Alessandro Pennasilico

Biglietto intero Euro 5,00

Biglietto ridotto Euro 4,00Cral Comune di VeronaTesserati Cineforum PindemonteStudenti universitariDipendenti Banca Popolare di VeronaOver 60

Ringraziamenti Direzione Cinema KappadueRenata Ceresini, Lucia e Alberto Botturi, Luciana Menini.

Corrado BosiMassimo CatenacciLaura RibulViviana Zambonini

Si ringrazia

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