Vena, Storia e immagini di una minoranza Arbresche

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    A Paola che non ce pi.

    Il costume indossato da Paola DeMasi, in copertina, della famiglia Graziano.

    Ringraziamenti

    Al presidente della provincia di Catanzaro Vanda FerroAl Prof. Franco Altimari, per i suoi preziosi consigli.

    Alla Dott.ssa Giovanna Nanci.Alla biblioteca De Nobili di Catanzaro.AllArchivio di Stato di Catanzaro.

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    Indice

    Premessa pag. 5 Le origini pag. 6

    Gli anni seguenti pag. 10Vena vista da viaggiatori stranieri pag. 13 Il nome pag. 15Canti tratti dalla rivista La Calabria pag. 16

    La Nxhoka pag. 19 La Nxhoka 2 pag. 22 Il matrimonio del vecchio pag. 23 Altra versione de la Nxhoka pag. 26 La ballata di Garentina pag. 30 La morte di Scanderbeg pag. 35

    Canzone albanese di Vena n. 1 pag. 38Canzone albanese di Vena n. 2 pag. 40Canzone albanese di Vena n. 3 pag. 42

    Canti e racconti della tradizione orale pag. 44

    Cera una volta un re e un Regina pag. 45Varie filastrocche pag. 49Canzone Sa mir tu dua pag. 51Canzone Vallja e bukuroza pag. 52

    Gli abiti tradizionali pag. 54 Levoluzione demografica pag. 74 Documenti pag. 76Vena oggi pag. 82

    Il Padre Nostro pag. 83 La fondazione do Vena racconto breve pag. 84

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    Grecanici, Occitani, Albanesi

    Sono popolazioni che nel corso dei tempi, a causa delle cicliche invasioni e persecuzionihanno dovuto abbandonare le proprie case, le proprie cose. Motivi razziali, culturali e religiosihanno portato intere popolazioni a lasciare il proprio paese e trovare rifugio nelle terre

    dellItalia Meridionale, creando delle vere isole etniche linguistiche ben definite.La Calabria stata una delle regioni pi ospitali e ha accolto, anche in tempi recenti,

    (se pensiamo ai curdi) le popolazioni in fuga. noto il senso dellospitalit calabrese, che haradici molto profonde. Questi popoli ben si sono acclimatati nelle nuove terre e hannointrecciato legami solidi con la gente del posto, ma nello stesso tempo hanno difeso etramandato con orgoglio la loro cultura, la lingua, i costumi, i riti, la propria cucina.

    Gli arbresh hanno mantenuto per secoli le loro tradizioni, ora, per, in unepoca e inuna societ che macina tutto con notevole velocit, alto il rischio che il velo delladimenticanza avvolga e cancelli la loro specificit e la globalizzazione porti al livellamento eallomologazione.

    LAmministrazione Provinciale convinta dellimportanza che hanno queste popolazionicon radici che affondano in altre realt, lontane da noi, realt molto spesso immerse nel doloree nella persecuzione. Per questo e soprattutto perch sono convinta che la diversit non sempresia differenza, molto spesso anzi, accrescimento sia umano che culturale, ritengo fermamenteche sia importante salvare, conservare e tramandare una memoria che rischia di venirecancellata definitivamente. Lo si deve fare attraverso la scuola, la difesa della lingua, la tuteladei riti e delle usanze.

    Questa raccolta di informazioni, disegni, racconti, ha il merito di far conoscere etramandare alcune canzoni, vallje, costumi, racconti di un paese del catanzarese abitato dagli

    arbresche: Vena di Maida.

    Vanda Ferro

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    PREMESSA

    Ho voluto raccogliere in questa pubblicazione, il materiale utilizzato nel sito WEB in cuiparlo del mio paese: Vena.

    Lo scopo quello di rendere accessibile ad un pubblico pi vasto e non solo a chidispone di internet, la consultazione di questo materiale, inoltre, sono convinto che un librosiano strumento di migliore consultazione: lo si pu guardare in qualsiasi luogo ed in qualsiasimomento senza la necessit di essere seduti davanti ad uno schermo.

    Lisolamento territoriale in cui si trovava fino a 50 anni fa cessato,contemporaneamente all irruzione dei mezzi di comunicazione di massa, radio, televisione e inultimo internet, pertanto, temo che ci che resta di un ricco e prezioso patrimonio culturale,cos difficile da difendere, possa venire sommerso da modelli culturali unici massificati e siaquindi destinato a scomparire in un futuro non troppo lontano.

    I testi sono stati trascritti usando lalfabeto albanese, io credo, per, che per conservarela nostra lingua, sia meglio che essa sia scritta in un modo pi semplice da capire a chi nonconosce lalbanese scritto. Questo si pu fare usando lalfabeto italiano con laggiunta di quei

    pochi caratteri che servono a riprodurre quei suoni che altrimenti lalfabeto italiano nonpermetterebbe di riprodurre, si creerebbe cos un nuovo alfabeto: l alfabeto arbresh.

    Giacomo Sacco

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    LE ORIGINI

    Le origini di Vena, come quella di quasi tutti i paesi albanesi d'Italia, sono avvolte da unacortina che il tempo ha contribuito a rendere fitta. La data esatta, le circostanze, le persone chefondarono il paese di Vena non si conoscono con esattezza.

    Nel libro Storia del rito Greco in Italia, Pietro Pompilio Rodot, basandosi su di unatto notarile, un transunto che era stato redatto dal notaio Palermitano Didaco Barretta nel1665, scrive che nel 1448, su richiesta del re di Napoli Alfonso I DAragona, una squadra dicirca 3000 albanesi, venne in Calabria per domare la rivolta del Barone Centelles. Tali soldati,divisi in tre squadre, erano al comando di Demetrio Reres, nobile albanese, parente diScanderbeg, e dei suoi due figli, Basilio e Giovanni. Domata la rivolta in Calabria, i due figliGiovanni e Basilio passano in Sicilia per costituire un presidio contro eventuali (quantoimprobabili, n.d.a.) scorrerie dei Francesi.

    Il Re di Napoli, per ricompensare gli albanesi per avergli riconquistato il regno, nominDemetrio Reres governatore della Calabria Inferiore e concesse ai soldati terre ed il

    permesso di fondare nuovi paesi e rimpopolarne altri. Lo stesso Pompilio Rodot non specifican di quale parte della Calabria sia stato nominato governatore il Reres, n quali furono i paesifondati dai suoi soldati.

    A questo ha pensato successivamente il Dorsa che nel suo libro Su gli Albanesi,Ricerche e parole, Napoli 1847, indica i sei paesi di Andali, Amato, Arietta, Casalnuovo,Vena e Zangarona, come fondati dai soldati di Reres.

    Su quali fonti o notizie storiche si basato DOrsa per questa precisa ed impegnativaaffermazione? Egli non ne cita alcuna, n altri autori prima o dopo di lui hanno trovato fonti odocumenti che avvalorassero tale affermazione. Egli si basato solo su di un ragionamento, che,dando per scontata la veridicit dellunica fonte in possesso del Rodot, fonte di cui parleremoampiamente in seguito, da l partiva per costruire il seguente castello di deduzioni: Reres erastato nominato governatore di una incerta e non definita Calabria Inferiore, Reres combattcontro Centelles nel Catanzarese, quindi fu nominato governatore proprio dellallora provinciaCatanzarese ed i terreni dati ai soldati albanesi altro non erano che terreni confiscati al Centelles.E ancora quali paesi albanesi esistevano nel Catanzarese nel 1847 periodo in cui DOrsa facevatali riflessioni? Ma Andali, Amato, Arietta, Casalnuovo, Vena e Zangarona, quindi tali paesisono stati fondati dai soldati di Reres! Fonti storiche, documenti, qualsiasi cosa a sostegno di tale

    tesi?Nessuna, solo, come si detto, un ragionamento.

    Ancora oltre si spinto Francesco Tajani, che nel suo libro Le Istorie degli Albanesi,Salerno 1886, estende il numero dei paesi aggiungendo ai precedenti sei anche Carafa,Palagoria, San Nicola dellAlto, Carfizzi e Gizzeria, ancora una volta senza alcun elemento di

    prova storica, ma semplicemente perch trovandosi anchessi nella provincia Catanzarese,dovevano essere stati fondati dai soldati di Reres.

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    Il famoso Transunto

    Transunto, ossia ricopiatura di un documento, di un atto, o di un discorso, che neconserva solo le parti essenziali.

    Il transunto in questione, inviato a Pietro Pompilio Rodot da un suo corrispondentesiciliano, sarebbe una copia di una Cedola o diploma che il RE Alfonso I avrebbe emesso infavore di Demetrio Reres in Gaeta il primo Settembre 1448, in cui lo stesso Demetrio Reresveniva nomitato governatore della Calabria Inferiore e il figlio Giorgio Reres fatto rimanere inSicilia per difenderla da inesistenti scorrerie dei francesi, stato redatto dal notaio DidacoBarretta il 24 Settembre 1665, lo stesso notaio sosteneva di averlo ricopiato dalloriginale da luivisionato negli archivi Regi di Napoli.

    Una analisi seria, minuziosa, ed approfondita di tale documento, che ne dimostra in modoinequivocabile la falsit, stata fatta dallo studioso Matteo Mandal nel suo libro Mundus vultdecipi alla cui lettura si rimanda per utili approfondimenti.

    Qui si riportano alcuni punti:

    Il documento originale sarebbe stato firmato dal Re Alfonso I il primo Settembre 1448in Gaeta, ma in tale data il Re non si trovava affatto a Gaeta, bens in Toscana, come ampiamentedocumentato, dove era impegnato nellassedio di Piombino, egli rientrer a Gaeta il 30 ottobre1448;

    Domenico Zangari nel libroLe colonie Italo-Albanesi di Calabria, scrive: Non ci risulta pienamente, e non sappiamo perch con tanta sicurezza viene affermata la

    notizia, che Alfonso dAragona, tanto in questa Calabria, quanto nelle rivolte di Sicilia, si sia

    largamente avvantaggiato degli aiuti di tre potenti squadre di soldati Albanesi, venuti al comando diDemetrio Reres e dei suoi figli, Giorgio e Basilio. Alfonso - dicono Tajiani e lo Schir, i quali siappoggiano ad una copia del presunto privilegio ,che non trova riscontro in documenti dellepoca

    nella Cancelleria Aragonese , n presso storici antichi e moderni di valore e di autorit indiscussi

    Zangari cerc in ogni modo di trovare tale originale negli archivi di Napoli, primache essi venissero parzialmente distrutti durante la seconda guerra mondiale, la stessa ricercafatta da altri negli archivi spagnoli, non ha dato esito alcuno.

    Non esiste alcuna traccia documenta dellattivit di governatore di Demetrio Reres:

    nessun rapporto o richiesta qualsiasi fatta al Sovrano da parte di Reres,nessuna disposizione o richiesta mandata dal Re al suo presunto

    Governatore; nessun atto di governo verso un qualsiasi suddito.

    Non esiste alcuna traccia, nelle cronache dellepoca di un eventuale ruolo svolto datruppe Albanesi nella repressione della rivolta del Centelles, nessuna cronaca su

    partecipazione a battaglie o a scontri darme con il Centelles, n alcun ruolo nella cadutadi Crotone o nellassedio di Catanzaro, ultimo atto della rivolta. Mentre, invece, quando

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    nel 1461, truppe albanesi intervennero effettivamente in puglia in aiuto del Re di Napoli,vi fu una vasta eco nelle cronache dellepoca, e ancora oggi esiste copiosa ed indiscussadocumentazione storica dellevento;

    Nel 1444-1445, periodo della prima rivolta del Centelles, non cera ancora alcuntrattato di alleanza tra il Re di Napoli e Giorgio Scanderbeg. Un trattato di amicizia e mutuaassistenza venne stipulato solo nel 1451;

    Il Re aveva forze sufficienti per domare la rivolta, tanto che la spedizione che egliorganizz fu definita una passeggiata militare (Ernesto Pontieri,La Calabria). Egli affid ilcomando delle truppe a Paolo di Sangro e Marino Boffa con i poteri di Vicer di guerra,successivamente, nellottobre del 1444 scese egli stesso in Calabria, con altre truppe che avevamesso al comando di Inigo dAvalos, la rivolt termin con la caduta di Catanzaro avvenuta il24 Febbraio 1445, subito dopo tale capitolazione, come ricorda Pontieri nel libro prima citato,Re Alfonso decise di ricompensare:

    coloro che maggiormente lo avevano aiutato, ed erano elementi della piccola nobilt e delceto professionisti. Alfonso adott il criterio di assegnare in feudo terre di non rilevante estensione,,incastrate nellarea di abitati restituiti al demanio regio, o molto pi frequentemente, di concedere uffici

    pubblici, castellanie, proventi sulle baglive e sulle gabelle locali, esenzioni perpetue o temporanee, datasse o appannaggi di altra natura.

    Nel 1445, quindi il Re ricompens chi doveva ed emise numerosi indulti per chi si eraribellato. Pontieri trov una copiosa e dettagliata documentazione che attestavano i

    provvedimenti di perdono o di ricompensa emessi, ma non trov nulla che riguardasse ifantomatici soldati albanesi guidati dal Reres, tantomeno la famosa cedola origine del transunto;

    n si comprende perch ricompens tutti subito, tranne il Reres che avrebbe avuto una parte cosimportante nella repressione della ribellione.

    Negli archivi albanesi tra i consanguinei e i generali di Scanderbeg, non si trova nominatoalcun Demetrio Reres;

    Nel 1444 Scanderbeg era impegnato in ben altre faccende: lunificazione delle forzealbanesi per resistere allinvasione Turca, un primo scontro si ebbe il 29 giugno del 1444 aTorvjolli. Nellottobre del 1445 affront un esercito di 15.000 uomini guidato da Firuz Pasci elo sconfisse, ancora nel 1446 affront un esercito turco forte di 15.000 uomini guidati daMustaf Pasci e lo sconfisse presso Dibra. Come poteva, allora, mandare ben tremila uomini e

    farli restare definitivamente in Italia?

    Nel 1458 ci fu una nuova rivolta, nota come congiura dei baroni, sempre guidata dal Centelles,se i paesi albanesi erano gi esistenti ed abitati da quei soldati giunti nel 1444, come mai essi nonebbero alcun ruolo in tale rivolta o nella lotta contro il nemico di prima, ossia il Centelles? Tanto piche lo scontro decisivo avviene a giugno nella piana di S. Eufemia, cio molto vicino agliinsediamenti albanesi di Caraffa, Vena, Gizzeria, Andali, Amato.

    E ancora, possibile che il Re Ferrante I, succeduto ad Alfonso, nel concedere aFerrante Risbal nel 1459 alcuni feudi sottratti allinfedele Barone Delle Trezze, in cui compresa Vena, non fa un cenno n alla sua esistenza, n al fatto che fosse abitato da albanesi,

    come pu leggersi in questo documento, rinvenuto da Nino Cortese e che egli ha riportatonel suo libro"Feudo e Fondatori della prima met del cinquecento" :

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    " es tierra abta a criar granados por los bosques y herbaies que tiene yalgunas tierras seminatorias: est acerca la tierra de Mayda y la Roca d' Angitola y de

    Montesoro; tiene arbitrio de sedas.

    Un Castello di carte

    Tutta la teoria sulla fondazione dei paesi albanesi del Catanzarese, compreso Vena, si basata e si basa su di un unico elemento: il suddetto Transunto redatto dal Notaio Barreca per poco nobili scopi, anche essi facilmente identificabili, nel volere attribuire alla famiglia deiReres, albanesi che dal nulla si erano arricchiti notevolmente, di Mezzojuso in sicilia, questi sirealmente esistenti nel 1665, nobili natali, inventandosi, appunto la storia di Demetrio Reres edei suoi figli accorsi in Italia in aiuto di Alfonso I. Essendosi rivelato chiaramente falso taleTransunto, lintera impalcatura crolla, nessun paese albanese fu fondato nel 1448 e quindinemmeno Vena.

    Allora quando fu fondata Vena ?

    Secondo quanto sostenuto da Giovanni Fiore nellopera Della Calabria IllustrataOpera Varia Istorica stampato nel 1691, lorigine degli insediamenti albanesi di Calabria risalea qualche decennio dopo, quando, in seguito alla morte di Scanderbeg e quindi allinvasionedellAlbania da parte dei Turchi, molti Albanesi fuggirono e si insediarono nei centri suddetti. Diseguito viene riportato un estratto da tale opera, in cui si parla appunto, di questi insediamenti.

    .. Morto finalmente Georgico, e con esso lui, la sua fortuna, e il coraggio, si rese facileal Turco il vendicar lingiurie ricevute dal Padre sempre vincitore, in persona di Giovanni suo

    figliuolo di poca et; avvegnache prima di morire Georgico, lavesse posto sotto la cura deiVeneziani, e daltri principi. Privato perci del regno Giovanni, per meno suo male, gliconvenne ricoverarsi n piccolissimi suoi stati di Puglia, cos come fece accompagnato da unagran moltitudine di quei suoi Albanesi. Indi a non molto congiunta in matrimonio D. Erena,sorella del Principe, con laltro di Bisognano, Signore di grandissimo stato in Calabria; e

    perci passata quella in quelle parti, pass con esso lei quasi tutta quella moltitudinedAlbanesi; quali non volendo abitare frammischiati con Italiani, edificarono nuove Abitazioni,cos che crescendo di numero, crebbero ancora nuovi villaggi per luna e per laltra Calabria.Oggid nella superiore abbiamo questi luoghi dAlbanesi S. Demitre, S. Sofia, Spezzanello. Sangeorgico, Macchia, S. Cosmo, Pallagorio, Scarfizzi, Lungro, Acquaforma, Fermo, S. Basilio,Porcile, Civita, Mongrassano, Cervicali, S. Giacomo, Rota, Cersito, S. Martino, S. Benedetto,,Cavallerizzo, Falconara, SerraLeo, Platici, S. Nicol dAlto, e Marra.

    Nellinferiore vi sono Caraffa, Usito, Vena , Zangarona, Iazzaria, Marcedusa, VillaAragona, volgarmente Andali, da principio gente povera, e rozza, come che fuggitiva; ma oggidmediocremente incivilita, e facoltosa. Rattiene lIdioma proprio Albanese; ma non tralascialItaliano, per la necessit d commerci con la gente del paese.

    Accantonata l'origine "guerresca", questa lipotesi pi probabile e condivisibile: Venafu fondata da profughi Albanesi, che per sfuggire alla dominazione ottomana, emigrarono inCalabria, probabile che tra i fondatori di Vena e degli altri paesi, ci fossero molti di coloro che

    pi avevano combattuto contro i Turchi e che meno degli altri si rassegnavano a vivere sottoquesti padroni, oppure che temevano per la loro vita proprio per la loro milizia nelle truppe di

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    Scanderbeg. Forse anche per questo, in tutti i paesi albanesi della Calabria, il mito di Scanderbeg stato tramandato attraverso canti e racconti orali, con tanta forza.

    Scanderbeg mor nel 1468. Alla sua morte lalleanza cominci a sfaldarsi, anche se glialbanesi continuarono a combattere, ma la caduta di Croja (Kruja), avvenuta nel 1478 segn lafine della resistenza albanese. Tutti gli uomini di Croja furono uccisi, mentre le donne e i

    bambini furono resi schiavi.

    Gi qualche nucleo di albanesi, al seguito del figlio Giovanni, fugg in puglia subitodopo la morte di Scanderbeg, ma certamente il grosso delle immigrazioni si ebbe dopo la cadutadi Croja, ossia dopo il 1478, ed a tale periodo che bisogna far risalire la fondazione di Vena edegli altri paesi albanesi della Calabria.

    GLI ANNI SEGUENTI

    Cos come gli altri albanesi della provincia di Catanzaro anche gli abitanti di Vena erano

    cattolici di rito Bizantino, ma, a causa dello scarso numero di sacerdoti, che dovevano essereordinati in Grecia, finirono per adottare il rito Latino.

    Nel 1881 con il decreto del 4 Maggio istitutivo dei Comuni e dei Circondari, Vena venivariconosciuto Comune autonomo e inserito nel circondario di Cortale, ma con decreto del 14Ottobre del 1839, Vena veniva assegnato, come frazione, al comune di Maida e cos tuttora,nonostante diversi tentativi fatti dagli abitanti per riottenere lautonomia amministrativa.

    Uno di questi tentativi, che and quasi a buon fine, fu compiuto nel 1864, quando inseguito ad una raccolta di firme dei capifamiglia, venne aperta una istruttoria che si concluse conun parere favorevole, ma evidentemente non con una decisione definitiva, quindi lautonomiaamministrativa a Vena, non venne ridata.

    La relazione, redatta dal Consigliere Greco Antonino, riportava, tra le altre cose, lelamentele della popolazione di Vena, essa viene di seguito integralmente riportata.

    Giorgio Scanderbeg

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    Relazione del consigliere Greco Antonino quale relatore dellacommissione per le circoscrizioni territoriali.

    Signori,

    Nella tornata della sessione ordinaria di questo consiglio del 17 Settembre 1861, alladomanda avanzata dai cittadini del villaggio di Vena di venire segregati dal comune emandamento di Maida ed unirsi al mandamento di Cortale, elevando Vena novellamente acomune, come prima del 1840, rattrovavasi, cos il Consiglio Provinciale dallora adottando leconclusioni della commissione a maggioranza 23 sopra uno deliber: 1 Riunirsi tutti gliantecedenti in proposito: 2 Sentirsi il consiglio comunale di Maida sulle dimande di Cortale: 3eseguirsi una inchiesta d signori Consiglieri Felice Sacchi, e Vincenzo Conidi diretta adapprofondire con diligente accorgimento, se per Vena concorrono tutte le condizioni necessarie

    per essere di nuovo elevato a comune , e nellaffermativa, se sia pi utile ai suoi interessimateriali e morali di appartenere al mandamento di Maida, ovvero a quello di Cortale.

    Vena, con altra dimanda contenuto in pubblico atto per notar sig. Greno da Cortale del22 decorrente mese di ottobre, circa 150 cittadini, la maggior parte capi di famiglia handomandato di ritornare Vena a Comune, abbandonando laltra riguardante la segregazione delmandamento.

    La commissione incaricata, dopo diligente esame di tutti gli antecedenti finora raccolti,gli dato osservare.

    1 Che la Consulta di Stato del 1 settembre 1855 dellex reame di Napoli, cos manifestavasi.

    Ha osservato sulle quistioni relative al ritorno di Vena da villaggio a comune, che lecircostanze che consigliarono nel 1830, ribassarlo dalla condizione di municipio separato edistinto in guisa che per lo innanzi trovavasi, sono affatto cambiate n di presente sussistono diavere appoggio

    Ella questa una verit di fatto attestata e consentita ad unanimit dal ConsigliodIntendenza, dallIntendente e tutti concorrono nella opinione che Vena possa a comuneripristinarsi, tanto per popolazione, rendite patrimoniali, che per elegibili; quindi e per siffate

    ragioni non si possono respingere le suppliche indirette al Re da quei naturali di Vena. Il vedersirestituiti in quelle condizioni di municipio separato, che perdettero per circostanze accidentali, eche non sono pi permanenti ed indentiche, da villaggio al comune di Maida. Inoltre essendoincontrastabile di possedere Vena una rendita patrimoniale non modica, certamente rispetto allasua popolazione, con acerbe parole si volsero qu naturali di vederla assorbita dal municipio di

    Maida, senza che ritragga alcun vantaggio il loro paese . Non chiese riparate, non strademantenute, non luminarie, non mantenimento del culto religioso. Vere o esagerate che fossero

    queste doglianze sar sempre miglior consiglio che Vena faccia da se, e provvegga alla sua propria e separata amministrazione mentre i mezzi non mancano; anzicch costringerla a

    rimanersi amministrata daltra civica amministrazione, che sar sempre accagionata di tutti i

    mali, e non mai lodata dalcun bene se pur il facesse.

    La inchiesta affidata agli onorevoli Consiglieri signor Sacchi e Conidi, con nota del 18

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    agosto 1862 da Squillace, venne adempita portando avviso, che Vena possa reggersi da se perpopolazione, rendite proprie, ed elegibili, avvantaggiando sempre meglio lincremento della suapopolazione, e rendita, col ritornare comune indipendente per essere una popolazione agricolaed operosa, e sottraendola cos da una dispiacevole dipendenza che incomoda vivamente.

    Il consiglio municipale di Maida a 22 Agosto 1862 deliberava in oggetto, e senzarifermarci sulla quistione di mandamento, perch abbandonata d cittadini di Vena, restandocol mandamento di Maida, ritenghiamo da, municipio di Maida, che Vena tiene la rendita di L.2102,42.

    Risulta dalla statistica del cencimento, che la popolazione di Vena di circa mille anime.

    Egualmente dalla lista elettorali risulta, che Vena tiene 44 elettori.

    Nissun dubbio sulle sue particolari rendite, e migliorabili.

    La commissione dellavviso che la presente pratica pienamente esaurita, e che Venaper popolazione, personale elettorale e rendite, possa venire segregato dal comune di Maida erestituito a municipio solo ed indipendente come lo era prima del dicembre 1839.

    Catanzaro 29 Ottobre 1864.

    GRECO Antonino

    Vena Processione della Madonna di Bellacava

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    VENA VISTA DA VIAGGIATORI STRANIERI

    Nel libro Viaggio in Calabria di H. Swinburne del 1777, si legge:

    "Mentre guadavamo l'Amato, incontrammo un gruppo di Greci di un villaggio vicino; ledonne, vestite con abiti particolarmente vistosi in cui predominava il rosso ed il giallo, eranomolto pi belle della maggior parte delle Calabresi."

    Erano forse di Vena tale gruppo di albanesi? L'ipotesi attendibile, visto che Venaera il paese pi vicino al fiume Amato e che a quel tempo per Greci si intendevano tutte le

    popolazioni provenienti dall'altra parte dell'Adriatico. Certo potevano essere anche di Amato.

    Ed ecco un altro breve brano in cui si parla di Vena, tratto dal libro Terremoti nellaCalavria di Utius De Urso. In tale brano, l'autore, descrivendo i danni riportati da Maida nelterremoto del Marzo 1638, scrive:

    " .... Questa (Maida) ha patito pi nelle fabbriche che nelle persone, cos come nei suoicasali che sono Curinga, Santo Pietro, Curtale, Javerso e Vena, casal d'Albanesi ..."

    Anche Alessandro Dumas stato a Vena, Il grande scrittore francese stava risalendo laCalabria, andando da Pizzo verso Cosenza, insieme ad un suo amico pittore, Luis Godefroy Jadine ad un cane dello stesso pittore, chiamato Milord. La cronaca di tale viaggio riportata nel suolibro "Impressioni di un viaggio in Calabria", di seguito sono riportate le parti che parlano diVena.

    Dal Libro Impressioni di un viaggio in Calabria di Alessandro Dumas:

    "Camminando e parlando con la nostra guida, ci parla di un villaggio chiamato Vena,che aveva conservato un costume forestiero e una lingua che nessuno comprendeva in Calabria.Queste due circostanze ci fecero venire il desiderio di vedere questo villaggio; ma la guida ci

    prevenne che non vi avremmo trovato locanda e che per conseguenza non bisognava pensare difermarci, ma di passarvi soltanto. Ci informammo allora dove avremmo potuto fermarci per lanotte, e il nostro Pizzioto ci indic il borgo di Maida, come il pi vicino a quello di Vena , equello nel quale, a rigore, dei signori potevano fermarsi; lo pregammo di allontanarsi dallastrada maestra e di condurci a Maida. ..." .

    Dopo avere dormito nell'unica locanda di Maida, il mattino seguente si misero incammino per recarsi a Vena.

    "..Dopo un'ora e mezza di marcia arrivammo a Vena. La guida non ci aveva ingannatoperch alle prime parole che rivolgemmo ad un abitante del paese, ci fu assai facile capire chela lingua nella quale gli parlavamo gli era tanto perfettamente sconosciuta quanto a noi quellanella quale ci rispondeva; quel che usc da questa conversazione era che il nostro interlocutore

    parlava un dialetto greco-italico, e che il villaggio era una di quelle colonie albanesi cheemigrarono dalla Grecia dopo la conquista di Costantinopoli da parte di Maometto II.

    Il nostro ingresso in Vena fu sinistro; Milord cominci con lo strangolare un gatto

    albanese, che non poteva, in coscienza, vista l'antichit della sua origine e la difficolt didisputarne il prezzo, essere sottomesso alle tariffe dei gatti italiani, siciliani, o calabresi, ci

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    cost quattro carlini: era un avvenimento serio nello stato delle nostre finanze; cos Milord fumesso immediatamente al guinzaglio perch simili catastrofi non si ripetessero. Questoassassinio e le grida che avevano cacciato, non la vittima, ma i suoi proprietari, occasionaronouna radunata di tutto il villaggio, la quale radunata ci permise di rimarcare, dai costumigiornalieri che portavano le donne, che quelli riservati alla domenica e alle feste dovevanoessere assai ricchi e assai belli; proponemmo allora alla padrona del gatto, che tenevateneramente il defunto tra le braccia come se non potesse separarsi dal suo cadavere, di portarel'indennit a una piastra se voleva mettersi il suo pi bel costume, e posare perch Jadin (pittoresuo amico che viaggiava con lui - nda) facesse il suo ritratto. Le trattative furono lunghe: vi

    furono discussioni assai animate tra il marito e la donna; infine costei si decise, rientr in casa,e mezz'ora dopo ne usc con un costume risplendente di ori e di ricami; era il suo abito di nozze.

    Jadin si mise allopera mentre io cercavo di raccogliere gli elementi per un pranzo, ma,per quanti sforzi tentassi, non pervenni a comprare nemmeno un pezzo di pane. Gli esperimentireiterati della guida, diretti sulla stessa strada, non furono pi felici.

    Unora dopo Jadin finiva il suo disegno. Allora, a meno di mangiare del gatto, che erapassato dallapoteosi alle Gemonie e che due ragazzi tiravano per la coda, siccome non vi eraprobabilit che trovassimo da soddisfare lappetito che ci tormentava dalla stessa ora del giorno precedente, non giudicammo opportuno di dimorare altro tempo nella colonia greca, e cirimettemmo in sella per riprendere la strada maestra ..."

    Era l'ottobre del 1835 .

    Alexandre Dumas

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    IL NOME

    Il nome con cui oggi conosciuto Vena, ho trovato in qualche testo scritto come Vina,Vjna oppure Viina in un testo di G. Gangale.

    In base a come attualmente viene pronunciato, dai suoi abitanti, il nome pi giusto Vina. Non si hanno notizie su un eventuale diverso nome che avrebbe avuto alla sua fondazione,anche se ho trovato in un testo che indicava come preesistente un casale chiamato Calamizza (che significa canna), era per anche conosciuta come S. Andrea, dal nome del suo Santo

    protettore.

    In molti testi o dipinti viene indicata come Vinagreci, ma si ritiene che il nome siasempre Vina con l'aggiunta greci per distinguerla da altri paesi calabresi con lo stesso nome. Siricorda che lappellativo di Greci veniva dato in passato a tutti coloro che venivano dalla spondaopposta dellAdriatico.

    Vena (centro storico) vista dal satellite

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    CANZONI POPOLARI ARBRESCHE

    Voglio ricordare, in questa pubblicazione, alcune canzoni popolari arbrsche che ancoraqualche persona anziana ricorda, almeno in parte. Qualcuna di esse la sentivo recitare durante lamia infanzia. Le riporto suddividendole in due sezioni: nella prima sezione riporto quelle che

    sono state pubblicate nella rivista di letteratura popolare La Calabria, nella seconda sezioneriporto alcune canzoni registrate da Giuseppe Gangale a Vena e da me trascritte.

    CANTI TRATTI DALLA RIVISTA LA CALABRIA

    Questa rivista fu fondata da Luigi Bruzzano a Monteleone, lodierna Vibo Valentia, nel1888. le pubblicazioni di tale rivista, si sono protratte fino al settembre 1902. In questa rivista,che usciva il 15 di ogni mese, Bruzzano pubblicava racconti e canzoni provenienti da diversi

    paesi della Calabria, alcune gli venivano inviate, quelle di Vena le raccolse lui personalmente,

    ma lasciamolo raccontare a lui stesso come raccolse tali canti.

    In Vena, villaggio albanese di Maida, ogni carnevale, si fa una specie di ridda chedicono ngioca. Tutti gli abitanti, che sincontrano per via, uomini e donne, fanciulli evecchi, ricchi e poveri, prendendosi dalla mano, si dispongono in fila, poi in cerchio.Quello che sta a capo di tutti, canta delle canzoni tradizionali, e gli altri le ripetono a coro,verso per verso, ballando per le strade, o entrando nelle case degli amici, i quali, in segno digradimento della visita, offrono loro vino generoso in abbondanza.

    Alcune delle canzoni che si cantano in tale ricorrenza, furono da me raccolte inVena nelle ult ime vacanze di Nata le, ed ora ne off ro un saggio ai lettori della Calabria.

    Nel far ci, mi dolce poter manifestare pubblicamente la mia gratitudine al Sig. DomenicoSanto, ch'ebbe la pazienza di dettarmele, e al mio carissimo amico Gaetano del Giudice , chemi accolse nella sua casa coll' affetto di un fratello.

    Bruzzano trascrisse i testi utilizzando lalfabeto italiano, poich non conosceva quelloalbanese, questo ha portato ad inevitabili imperfezioni ortografiche, lessicali e grammaticali,

    poich lalfabeto italiano non permette di riprodurre alcuni suoni della parlata arbrsche, egliriportava, inoltre, la trascrizione in caratteri greci e la traduzione in italiano.

    Qui vengono pubblicate, riproducendo la pagina della rivista. A fronte viene pubblicata latrascrizione effettuata usando i caratteri dellalfabeto albanese di oggi, esattamente quellocodificato nel 1908 a Monastir (oggi Bitola, in Macedonia). Per rendere comprensibile la

    pronuncia di tali caratteri, di seguito viene inserita una tabella esplicativa dei grafemi utilizzatinelle trascrizioni dei testi, dove lalfabeto albanese, viene posto a confronto con quello italiano econ quello fonetico internazionale (IPA). La tabella stata elaborata con laiuto della Dott.ssaGiovanna Nanci che stata determinante anche nella trascrizione dei testi di Bruzzano.

    Le parole riportate in corsivo, sono chiaramente derivazioni dal dialetto calabrese.

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    Tabella comparativa dei caratteri.

    Alfabetoalbanese

    Alfabeto

    italiano usatoda Bruzzano

    Alfabeto fonetico

    Internazionale(IPA)

    Pronuncia

    a a a a comearra (noce) b b b b comebuka (pane)

    c z tsCome laz di inizio o, nellarbresh di Vena,

    cimp (pizzicotto).

    ci/i tcome lac di cielo o, nellarbresch di Vena

    ma (gatto)d d d d comedor (la mano)

    dh dh Come ilth inglese dithe, nellarbresch di

    Vena dhemb (duole)e e e come era (il vento)

    e/o/a/u Nellarbresch di Vena, la e muta di mam

    (mamma)f f f fcomefakjet (la faccia)g g/gh g g come ng (non)

    gj gj/ggh/ghj/cch Come ghiaia o, nellarbresch di Vena, gjak

    (sangue)

    hg , gh , ghj ,

    ch(e)h h come in hora (citt)

    i i i i come ish (era)

    j j , i j Come nellitaliano ieri o, nellarbresch diVenaju (voi)

    k c , cc , ch(i,e) k Come nellarbresch di Venakupa (incavate)

    l gl , gli Comegldi giglio o, nellarbresch di Vena

    lule (fiori)

    ll l Come nellarbresch di Vena mallkon

    (bestemmia)m m m m come mam (mamma)n n n n come van (andarono)

    nj gn , nj Comegn dignomo, o in arbresh di Vena,

    njeri (uomo)o o o come mos (non)

    p p p p come puthi (baci)

    q chi , hi , ci cComech nella parolachiesa o, nellarbresch

    di Vena, kuq (rosso)r r , rr r come martohit (sposarsi)rr rr r Nellarbresch di Vena rrush (uva).s s , z s s comestolisem (mi vesto bene)

    shsci , cci , cch ,

    sc(e) , ss , s

    Come lasc disciame o, nellarbresch diVenash (pioggia).

    t t t t cometi (tu)

    th th , t , d , fh Come th inglese dithing o, nellarbresch diVenathk (coltello).

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    u u u u come uda (strada)v v v v come vasta (sono andato)x z dz Come nellitalianozenzero

    xh gi Come la g digiorno o, nellarbresch di

    Vena,xhipn (giacca).

    y s , z y Nellarbresch di Vena non si usa.z z Come larbresh zonja (signora)

    zh

    Come il Francesejour, o nellarbresch diVenazhlidhi (sciolse) nella parlata di oggiinrealt la l stata sostituita dalla r, quindi

    oggi si pronunciazhridhi

    Interno cappella della Madonna di Bellacava

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    1. LA NXHOKA

    Questa canzone stata pubblicata nel numero 7 del 15 Marzo 1889.

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    LA NXHOKA DEGLI ALBANESI DI

    VENA

    1.- Ddikja, mam, e prasa, mam,2.ddikja pra t bukurn;3.thom, mam, t bnja.4.- Vishu e mbathu gruarisht,5.ec e shko nga dera e sahj.6.- Vemi, motrim, te kroi.7.- Pritm, motrim, se vinja.8.Udhs ngaha vejn,9.vejn tue pistur:10. - zakon kini ju andej?11. - Nj zakoni t mir kemi -12. Vasha e duheshin13. e ngnjeu e e puthi.14. Vasha e pa ashtu,15. vu dor e mallkon.16. - Qeta, vasha, e mos kila;17. mos di rrvero,18. t mbsonj u t rrvero:19. Ma zu ferr kambzn;20. rre e theli vuccun.21. Kanka vjen me sosurith.

    TRADUZIONE

    1.Son morto, mamma, e sono rimasto, mamma,2. sono morto per la bella;3.dimmi, mamma, ci che devo fare.4.Vestiti e mettiti scarpe da donna,5. vai e passa dalla sua porta.6. Andiamo, sorella mia, alla fontana.7.Aspettami, fratello, che vengo.8. Per la strada, dove andavamo,9. andavamo domandando:10.Che vicinato avete voi qui?11.Un vicinato buono abbiamo.12.Alla fanciulla, colla quale si volevano,13. la ingann e la baci.14 .La fanciulla che vide cos,15.Pose mano ( cominci ) a bestemmiare.16 .Zitta, fanciulla, e non piangere,17.se non sai dire bugie,18 .T' insegno io a dire bugie:19. Mi afferr una spina la gamba;20.caddi e ruppi il barile.21 .La canzone terminata.

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    LA NXHOKA 2

    1. Poi m shtun mbram mbram2. pp t diel menat.3. Lava duart e fakjezt,4. duart i lava me uj,5. fakjet i lava me ver.6. Kjandisa tre smandile,7. poi t i par smandil8. regjit t Napulit9. se ai m dhuroi10. kezn1 kam te kriet.11. Poi t dit smandili12. Rregjit Lumbardis13. se ai mua m dhuroi14. napizn kam te kriet.15. Poi t tret smandil16. Rregjit t Shpanjsze,17. se mua me dhuroi18. fadalikjin kam prpar mesin.19. Kanka vjen me sosurith.

    _____________________________________1) keza cappello tipico delle donne, a forma di barchetta, ricamata confili di oro, veniva indossato dalle donne sposate (nda).

    TRADUZIONE

    1. Poi mi gettarono sera sera2. per domenica mattina.3. Lavai le mani e la faccia,4. le mani le lavai con acqua;5. la faccia l ho lavata col vino.6. Ricamai tre fazzoletti,7. poi il primo fazzoletto8. al re di Napoli9. perch egli mi don10. la cheza che ho al capo.11. Poi il secondo fazzoletto12. al re di Lombardia,13.perch egli mi don14. il velo che ho al capo.15. Poi il terzo fazzoletto,16. al Re di Spagna,17.perch mi don18. il grembiule che ho davanti alla vita.19.La canzone terminata.

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    2. IL MATRIMONIO DEL VECCHIO

    Questa canzone stata pubblicata nel numero 2 anno II del 15 ottobre 1889.

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    MATRIMONIO DEL VECCHIO

    1. - Vale, bukuroza ime.2.

    - Trim' t zmroz im.

    3. - Van shokt e t lan.4.- Ng m lan i le t ven.5.Ju prpos t nj plak;6.- Ju, ku veni, trim-trivo?7. - Ti je plak e ng mun vi.8.- Bmini nj dekanidhi,9. Se u vinja dal dal,10. Plaku mir pp Konsurt.11. Poi m van t' ajo hora12. gjetn nuset te vallja13. m rrmbjen nnd nuse,14. shtuan sort m jushi15. kush ngit e bukurn;16. e bukurn i ngau plakut.17. Vasha e pa ashtu18. plakun e me smorrin19.plakun i ngnjeu gjumi.20. M zhlidhi t dia cauzetti21. m lidi kambzte;22. m ju zhlidhi t dia kjshet23. m lidhi t dia duarzt;24.poi me thikzn e tija25. m i preu krit e tihj.26. Poi m dual te nji rahj27. m vu duar e m kindon:28. ju ku jini, trim-t rivo,29. u bar m that;30.ju nd mos m kini bes31. krieta t plakerithi..132. Kanka vjen me sosurith.

    TRADUZIONE

    1. Al ballo anima mia.2. Valoroso dellanima mia.3. Partirono i compagni e ti lasciarono.4. Non mi lasciarono, li ho lasciati andare.5. Si imbatterono in un vecchio:6.- Voi dove andate giovanotti ?7.- Tu sei vecchio e non puoi venire.8.- Fatemi un bastoncello9. Che io vengo piano piano,10. Il vecchio buono per consiglio.11.Poi andarono a quel paese,12.Trovarono le spose al ballo13.Rapirono le nove spose,14.Gettarono a sorte,15.A chi toccava la bella;16.E la bella tocc al vecchio.17.La ragazza che vide cos18.Al vecchio ..19.Al vecchio lo ingann il sonno20.Si sciolse entrambe le calze21.Gli leg i piedi;22.Si sciolse tutte e due le trecce23.Gli leg le mani;24.Poi con il coltello suo25.gli tagli la testa sua.26.Poi mi incontr in una rupe,27.E (pose mano) cominci a cantare:28. Voi dove siete, o giovanetti,29.Io ho fatto ci che mi diceste;30.Voi se non avete fede,31.La testa nel mio grembiule.32.La canzone terminata.

    _________________1 Evidentemente manca una parola (nda).

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    3. ALTRA VERSIONE DE LA NGIOCA (NXHOKA)

    Questa canzone, diversa dalla precedente, stata pubblicata nel numero 5 anno II del 15

    Gennaio 1890.

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    LA NXHOKA

    1 Portoporto te Kotroni,2 Se ju vasha te Kotroni 3 ma thirreu tri her zri4 pp di libre1 e di mndashi.5 Poi nj vash Skandioti:6 - Jam u me e blenja. 7 Ish e bukur ajo vash;8 me rrmbeu kjeni Turku;9 me petas mbi galevo.10 Poi me zu zoti i sahj:11 - Se ti zot, e ti gra-mashtri,12 ti jap caritmenzu menzu,13 t m nte t bukurn.14 -Ncarritu menzu menzu,15 nge sheh ma t bukurn.16 - Ti jap tarittumantuman17 t m nte t bukurn.18 Ntari tuman tuman19 nge sheh ma t bukurn.20 Ti jap ducati salma salma21 t m nte t bukurn.22 Nducati salma salma23 nge sheh ma t bukurn.24 - Se ti, zot, e ti gra-mashtri,25 nj grazieja t krkonja26 t m v shkallzn.27 Graziazan m ia bri,28 shkallzn m ia vu.29 M hipu scalun scalun,30 nga scalun nj pik lot.

    TRADUZIONE

    1.Porto porto di Cotrone,2. 0 voi, fanciulle di Cotrone3. Grid tre volte4. Per due libre di seta.5.Poi una fanciulla scandiota (disse):6.- Sono io che me la compro.7. Era bella quella giovine,8.La rap il cane Turco.9.La gett sulla nave.10.Poi lo seppeil signore di lei11.- 0 signore, e potentissimo signore,12. ti do carlini a mezzaruole (1)13. perch tu mi restituisca la bella.14.N carlini a mezzaruole15. Non vedrai la bella.16.Ti do tari a tomoli,17. Perch mi restituisca la bella.18.N tari tomoli tomoli;19. Non vedrai la bella.20.Ti do ducati a salma a salma,21.Perch mi restituisca la bella.22.N ducati a salma a salma23.Non vedrai la bella.24.O tu, signore e potente signore25.Una grazia ti cerco26.Di mettermi la scala.27.La grazia gliela fece,28.E le pose la scala.29.Sal scalino scalino,30.Ogni scalino una lacrima

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    31 M hipu tatofinestra32 m abbistasti dheun i sahj,33 m zhlidhi t di kisheta,34 m vu dor e m vajton:35 - Dheu im e vllau im. 36 Poi m gjegji kjeni Turku:37 - Calaru ktu, ti vash. 38 M rrmbeu kjeni Turku39 m petase ndo perivolth.40 Poi me zuari nj unda detihje.41

    M shkoi nji marinara,

    42 gjeti nj vash tato vota;43 m preu t di kisheta,44 m bari difonatari,45 m vate nd panjiri:46 - Kush m blen kta kisheta?47 M gjegji i zoti i sahj:48 - Se ti, zot marinara,49 ngaha t erdn kta kishet?50 - Gjeta nj vash tato vota,51 m i preva t di kishet,52 e m bara difonatari,53 e m prura nd panjiri.54 - Se ti, zot marinara,55 rrjedhimu t m mbiso.56 Mbr rrjedur mban,57 vati e mbitur mbi gjak.58 Se vash, lumi vash!59 Se trimeja, lumi im!60 Kanka vjen me sosurith

    31.Sal a quella finestra,32.Vide la sua terra,33.Si sciolse le trecce,34.Cominci a piangere:35.-Terra mia, fratello mio!36.Poi la sent il cane turco:37.Scendi qui fanciulla.38 .L' afferr il cane Turco,39.La scagli nell' abisso.40.Poi la port a galla un' onda di mare;41.

    Pass un marinaro,

    42.Trov una fanciulla in quel luogo,43.Le tagli le due trecce,44.Ne fece due funi,45.E and alla fiera :46.Chi compra queste trecce?47.Lo senti il signore di lei:48.0 tu, signor marinaro,49.Di dove ti vennero queste trecce?50.Trovai una fanciulla in quel luogo,51.Le tagliai le trecce,52.Ne feci due funi53.E le portai alla fiera.54.0 tu, signor marinaro,55.Corriamo, perch mi mostri (il luogo ).56.Nel cammino che fanno57.And pieno di sangue.58.0 fanciulla, sventurata fanciulla ! 59. 0 giovine mio sventurato ! 60.La canzone terminata .

    ______________(1 ) Ci sono diverse vecchie unit di misura, in questa canzone, la libbra, unit di peso, la menzaruola usata per misurare

    il volume, ad esempio, del grano. Era composta da un recipiente a forma di tronco-cono fatto in doghe di legno. Unamenzaruola, corrispondeva a met tomolo, la salma circa 16 tomoli, in realt variava a secondo la zona. Sono presentianche diverse monete antiche:i cariti (carlini), i tar, i ducati (nda).

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    4. - LA BALLATA DI GARENTINA

    Questa canzone stata pubblicata nel N. 7 del 15 Marzo 1890, anno II.

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    TESTO ALBANESE

    1. Ish nj mam shum e madhe2. m kish nnd bihj.3. Vejn e vijin kartzt4. pp ta martohit t bijin.5. Costantino Bni, mam, ta shkulkiv.6. Madre Kush me kjln, biri im?7. Costantino Jam u ju e kjln.8. Madre Me rrmbieu mortja a bushtra.9. Me rrmbieu t nnd bihji,10. Kustantini i biri im.11. Kostantini m ia e gjegji12. m ia e gjeji e nje prgjgji.13. Gropzn e bari kali,14. kjankazn e bari sella,15. vukulln e bari zbrigji,16. m vu mbi t kavalin,17. zu udh e vati te e motra,18. gjet t motrn krihej:19. Mir se t gjeta, motr.20. Mir se m erdhe, vllau.21. Ti nd m erdhe pp gaz,22.pritm t stolisem.23. Ti nd m erdhe pp lip,24. na zm udh si na ndodhemi.25.Na zam udha si na ndodheme.26. Me vu mbisti kavalinin,27. van pak e m tutjeje.28. Shkon nj zog nd pp kjelli:29. I ddekuri me t gjalln!30. GarentinaGjegj, vlla, thot zogu?

    TRADUZIONE

    1. C' era una madre molto grande2. Che aveva nove figli.3. Andavano e venivano lettere4. Perch maritasse la figlia .5. Costantino- Fate, o madre, questo matrimonio.6. Madre - Chi me la condurr, figlio mio?7. Costantino - Sono io che ve la condurr8. Madre - Me li prese la morte crudele.9. Me li prese i nove figli,10. Costantino, figlio mio.11. Costantino la sent,12.La sent e non le rispose;13.La fossa la fece cavallo,14. la lapide la fece sella,15. la buccola la fece briglia,16. si pose a cavallo,17.part e and dalla sorella,18. trov la sorella che si pettinava:19.Meno male che ti ho trovata, sorella.20. Sei il benvenuto, fratello.21 .Se tu sei venuto per gioia,22.prima mi vesto bene.23. Se sei venuto per lutto,24. ci mettiamo in cammini come noi ci troviamo.25.Noi andiamo come noi ci troviamo.26.La pose a cavallo,27. camminano un poco e si allontanano.28. Passa un uccello per il cielo:29. Oh i il morto con la viva !30. Garentina-Senti, fratello, che dice luccello?

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    31.Costantino-Camin, motr e mos ju tramb:32.zogt pan mot t mir.33.Garentina Se ti, vlla, Kostantin im,34.krehezt i ke cupa,35.ti mi kesh si di cuscini!36.Costantino-Camina, motra, e mos ju tramb,37.se ti bjn sit38.Poi marreu te dera klishis:39.

    - camina, motr, te shtpia,

    40.merr bresin t gjandra;41.u vet mbranda klisha,42.vete t dhurarm.43.Garentina Zbill derzn, mam,44.se u jam bija jote.45.Madre Ng aperite mortja e bushtra.46.Garentina Zbill derzn, mam,47.se u jam bija jote,48. m pru Kostantin im;49.se ti nd mos m ke bes,50.kam brezin t gjandra,51. me dha Kostantini im.52.Madre Kostantini i biri im,53.ka tre dit me ha dheu.54.Kanka vjen me sosurith.

    31.Costantino-Cammina, sorella non temere:32.Gli uccelli hanno veduto il tempo buono.33.Garentina Che tu, fratello, Costantino mio,34.le braccia le hai cupe,35. tu le avevi come due cuscini!36. Costantino-Cammina, sorella, e non temere,37.perch ti fanno ingannano gli occhi.38.Poi arrivano alla porta della chiesa:39.

    - vai, sorella, a casa,

    40. tieni il cinto di argento;41. io vado dentro la chiesa,42.vado a pregare..43.Garentina - Apri la porta, o mamma,44.perch io sono la figlia tua.45.Madre - Non apro alla morte crudele.46. Garentina - Apri la porta, o mamma,47. Perch io sono la figlia tua,48. che mi ha portato Costantino mio;49.se tu non mi credi (se tu non hai fede),50.ho la cinta d argento,51.che mi ha dato Costantino mio.52.Madre - Costantino, il figlio mio53. sono tre giorni che me lo mangia la terra.54.La canzone terminata

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    Il Testo di questa canzone non molto chiaro, perch manca di alcune parti che sitrovano, invece, in versioni di altri paesi albanesi. Forse a Vena si era in parte persa oppure la

    persona che la recit a L. Bruzzano, non la ricordava per intero.

    Ecco in modo succinto il significato della canzone:

    Cera una mamma che aveva nove figli maschi ed una sola femmina, molto bella. Questaragazza viene chiesta in moglie da un nobile che per abitava lontano, probabilmente a Venezia.

    La madre non voleva darla in moglie perch, diceva, quando avrebbe voluto vederla, per unmotivo di gioia o di lutto, non avrebbe potuto vederla. Costantino, uno dei fratelli, le promiseche quando sua madre avrebbe voluto vederla, sarebbe andato lui a prenderla e a portargliela.

    La madre si convinse e permise il matrimonio della figlia. I nove fratelli, compreso Costantino morirono in guerra. La mamma voleva avere la

    figlia vicina nel momento del lutto ed invoc Costantino. Costantino, nonostante fosse morto, lasent e non rispose, ma si lev dalla tomba, and a prendere la sorella e la port dalla mamma.

    Diede alla sorella il suo cinto dargento da mostrare alla madre perch lei potesse credere cheera stato lui a portare la sorella e che, quindi, aveva mantenuto la promessa fatta.

    In questo racconto, si sentono gli echi della terribile guerra che gli albanesi combattevanocontro i turchi, e anche limportanza che, gli Albanesi davano alla parola data: una promessa era

    sacra ed andava mantenuta a qualsiasi costo.

    Luigi Bruzzano (Vibo Valentia 1838 1902)

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    5. LA MORTE DI SCANDERBEG

    Questa canzone stata pubblicata nel N. 9 del 15 Maggio 1890, anno II. La canzone

    stata pubblicata senza titolo.

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    TESTO ALBANESE

    1.Ish1 ddis Skandribeku,2.ish ddis e ng mun ddis:3.poi m rrihj e m vajton:4.- Kilarma kilarma, bir im,5.njetra her ka t vinj kjeni Turku6.t m marr deiman,7.nga djet merr nja,8.

    si m ish i mbisuarit.

    9.Ng ke krah t luftosh,10. si luftoi i jati i mjer;11.por dizet e pes vjet12. gjimc Turqkis13. nd tona shpat i shkoi.14. Merre zonjn e t t am,15. ti t ve t m sbarcocci16. te rial Napulit;17. atje gjen triv hora,18. Trann, Barlettzn19. e San Pietro Galatin.20. Kanka vjen me sosurith.

    ____________________________________1

    Nella registrazione orale fatta dal Gangale, linizio di questacanzone diversa:Dochu e non iscia, cio voleva e non stava(nda).

    TRADUZIONE

    1. Stava morendo Scanderbeg,2. stava morendo e non poteva morire;3. poi pi stava e pi si lamentava:4. - Piangimi piangimi, figlio mio,5. un' altra volta deve venire il cane Turco6. per pigliarsi la decima;7. ogni dieci piglia uno,8.

    cos com era abituato.

    9. Non hai braccio per combattere,10. come combattette il padre infelice:11.per quarantacinque anni12. la mezza Turchia13. sotto la nostra spada pass.14. Prendi la tua signora e la tua madre,15.per andare a sbarcare16.presso la reale Napoli;17. l troverai tre citt,18. Trani, Barletta19. e San Pietro Galatina.20. E finita la canzone.

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    Su questa canzone, voglio fare una breve riflessione, collegata al problema delle origini:

    evidente che essa nata in Albania subito dopo la morte di Scanderbeg avvenuta nel 1468 in essaci sono le istruzioni impartite al figlio Giovanni di rifugiarsi nel regno di Napoli, come in effettiegli fece. E chiaro che tale canzone venne portata in Italia dagli albanesi che qui vennero dopo il1468 o addirittura dopo il 1478, anno della definitiva sconfitta degli albanesi da parte dei turchi.

    La logica fa pensare che essa venne portata a Vena e negli altri paesi albanesi dellaCalabria, dai fondatori stessi di questi paesi, e quindi dopo la morte di Scanderbeg. Pi ardua dasostenere lipotesi che la canzone sia stata portata in questi paesi gia esistenti, da atri profughialbanesi, ivi giunti dopo la morte di Scanderbeg.

    Giorgio Scanderbeg

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    6 - CANZONE ALBANESE DI VENA N. 1

    Questa canzone stata pubblicata nel N. 1 del 15 Settembre 1890, anno III.

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    TESTO ALBANESE

    1.Linjirojan di t vogl:2.- Ti ng pe pe u.3.- U ng pe pe ti.4.- Ish nj Turk te ato vota5.me nj vash t lidhurit,6.lidhurit ka sceccia,7.pra ka sceccia, e duara a sceccia.8.

    Poi m arresturu te nj krua:

    9.- Se, ti zot, e ti gra-mastra,10. lshom t lidhuridh,11. t m pi nj pik uj.12. - Kam kopn t gjandra13. t t jap nj pik uj.14. - Han goj, kjeni Turku!15. U ng dua te kupa jote,16. se u dua te grushti im.17. Mpregasti tin zotn,18. ta drgon disa ribara,19. ca ribara e ca grusara,20. ca grusara nga gjaku i saji.21.Appena sosi fjalzn,22. marrivati ca ribari,23. ca ribari e ca grusari,24. ca ribari nga gjaku i saji25. Turkn m fundaksn,26. vashn ia rrmbjein.27. Kanka vjen me sosurith.

    TRADUZIONE

    1.Discorrevano due fanciulli:2. -Tunon hai visto ci che vidi io.3. - Io non ho visto ci che vedesti tu.4.- C' era un Turco a quella vota,5. con una giovine legata,6. legata per la treccia7. per la treccia, e mani e treccia.8.

    Poi giunsero ad una fontana:

    9. - 0 tu, signore, e gran signore,10. allargami la legatura.11. affinch io beva un goccio d'acqua.12. - Ho la coppa di argento13.per darti un po' d' acqua.14. - Che ti mangino la gola, cane Turco!15.Io non ne voglio dalla tua coppa,16.perch io voglio (bere) al mio pugno.17. Poi preg nostro Signore18. di mandarle alcuni salvatori,19. alcuni salvatori e alcuni parenti,20. alcuni parenti del sangue suo.21.Appena ebbe fin la preghiera,22. arrivarono i salvatori,23. alcuni, salvatori e alcuni parenti,24. salvatori del sangue suo.25. Il Turco strangolarono,26. la fanciulla gli tolsero.27.La canzone terminata.

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    7. CANZONE ALBANESE DI VENA N. 2

    Questa canzone stata pubblicata nel num. 3 del 15 Novembre 1890.

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    CANZONE ALBANESE DI VENA

    1.Nji dit tu e caminarturudha udha2.E ngreta sit e pe nj grua:3.- Eja ktu se vetum t dua.4.Hap gojn e m foli mua:5.- Me gjith vete te kroi e me mua mai!6.Pre ng vjen nj her me mua?7.Me e gjith vete te mesha e me mua mai,8.

    pre ng m pret nj her mua?

    TRADUZIONE

    1.Un giorno camminando strada strada,2.Alzai gli occhi e vidi una donna:3.- Vieni qua, ch sola ti voglio.4.Apr la bocca e mi disse:5. - Con tutti vai alla fontana e con me mai!6.Perch non vieni una volta con me?7.Con tutti vai alla messa e con me mai,8.

    perch non aspetti una volta a me ?

    Vena - Fontana grande ( Kroi i madh)

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    8. CANZONE ALBANESE DI VENA N. 3

    Questa canzone stata pubblicata nel N. 4 del 15 Dicembre 1890, anno III.

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    TESTO ALBANESE

    1.Talandish e vogulith,2.shpeft ve e shpeft vi.3.Ti nd va pp devotime,4.pendt u ti bnja sirmije.5.Ti nd va pp mir tim,6.udha t ndodhet pumbak.7.Ti nd va (pp) ti lig tim,8.udha t ndodhet scandali.9.- Mallikova kush m drigoi,10. se gjeta folen e shprishurith.

    TRADUZIONE

    1.Rondinella piccolina,2.presto devi andare, e presto devi venire.3.Se tu vai per mia devozione,4. le penne io te le faccio di seta.5.Se tu vai per mio bene,6.la strada che ti sembri cotone7. Se tu vai per mio male,8.la strada che la trovi guasta (scandalosa).9.- Ho maledetto chi mi ha mandato,10.perch ho trovato il nido guasto.

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    CANTI E RACCONTI DELLA TRADIZIONE ORALE

    Questi canti e racconti che ho voluto proporre in questa sezione, sono stati raccolti aVena, a partire dal 1961, dal prof. Giuseppe Gangale, a cui, per lopera di ricerca econservazione del nostro patrimonio culturale, noi non saremo mai abbastanza grati.

    Tali canti e racconti, sono stati registrati su nastro magnetico da Gangale, io hoprovveduto a trascriverne alcuni, cercando di interpretare le parole, cosa che si rivelata nonsempre agevole, tanto che alcune di esse non sono riuscito a capirle e quindi non le ho riportate.

    Non stato possibile, inoltre, risalire ai proprietari delle voci, soprattutto donne, epertanto non sono in grado di identificare le persone che hanno recitato o cantato i testi.

    I testi sono stati trascritti da me cercando di riprodurre i suoni del dialetto arbresh diVena, usando, anche qui, i caratteri della lingua albanese. Alcune parole mancano, nella versionealbanese, perch non sono riuscito a distinguerle dal sonoro, e qualcuna manca, nella traduzione,

    perch non sono riuscito a comprenderne il significato. Mi si perdonino, gli inevitabili errori, chenonostante la mia buona volont, possono essere presenti nella trascrizione.

    Giuseppe Gangale

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    1 - CERA UNA VOLTA UN RE E UNA REGINA

    Il titolo stato desunto da me in base al testo.

    VERSIONE ALBANESE

    1. Nj her ish njRecchu e njReginu,2. kishn nj bir vetm,3. ki bir vetm nj dit i tha t jatit:4. - dua t vete t luanja,5.

    t vete t luanja djatht

    1

    .6. Zu udh ki bir7. t vete t luanju djatht.8. Si ringasti copn e djatht9. iu ndoth nj govar10. copa e djatht vati atje ndan11. e ai vati appressu asahj cop12.p te mirr.13. Si vate t mirr ju ndothu nj14. skall e ju kal ndan,15.ju kal ndan e atie gjetfatetu.16. Kurfatetu e pan atje,17. e mbastru me at,18. ng lan ma t hipehj mbi te dheu,19. e mbastr me at.20. Skuan nj par jav,21. nj vasd ish ruan derkarelin22. puru te ai vosku vati ai.23. Si vati derkareli e iu zbuar.

    ___________________________________

    1Giocare il formaggio consisteva nel fare rotolare una formadi formaggio, cercando di raggiungere un punto col minorenumero di lanci.

    TRADUZIONE

    1. Una volta cera un re ed una regina,2. avevano un figlio solo,3. questo figlio solo, un giorno disse al padre:4. - voglio andare a giocare,5.

    voglio andare a giocare il formaggio

    6. Part questo figlio7. per andare a giocare il formaggio.8. Come butt il pezzo di formaggio,9. si trov un buco,10. e il pezzo di formaggio and l sotto11. e lui and appresso a quel pezzo12.per prenderlo.13. Come and per prenderlo, trov una14. scala e si cal sotto,15. si cal sotto e li trov le fate.16. Quando le fate lo videro l,17. lo tennero con loro,18. non lo lasciarono piu risalire in superficie,19. lo tennero con loro.20. Passarono un paio di settimane,21. una ragazza era che guardava il maialino,22. nello stesso bosco dove era andato lui.23. Come and il maialino e si perdette.

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    24. Vate kj vazd t munu miru25. derkareglin.26. Kur iu ndoth,27. iu ndoth atje ndan,28. iu ndoth atje ndan.29. fatt e muarr puru at,30. ng lan ma31. t ngitehj mancu ata32. e i mbastr t diat,33. kit bir e Reghittu e34.

    kit vazd, e banu cuscrinu.

    35. Kijo vazd ka t britt djalin.36. Fatet i than:37. - Ti ka t ngite mbi dh,38. he kit ng mun rri m,39. e tu japim nj liami,40. e petan e te k vete liami vete ti,41. atje ka t i tho42. t t lan t fra atje,43. at t t ljn t fra atje, ti ri.44. Zu udh kj vazd, zu udh,45. iu njiti mbi te dheu e ringasti46. liamin, si i than at,47. e petasi si i than at e vate48. te shtpia e reggittu,49. aj vatipuru te shtpia e reggittu.50. Si vate te shtpia e reggittu.51. I tha nd lan t fra atje.52.Riggina i tha:53. - Shumbria im, se u si t l54. t fra kitu?55. Ka ma nj vit zbora nj bir,

    24.And questa ragazza per poter prendere25. il maialino.26. Quando si ritrov,27. si ritrov la sotto,28. si trov la sotto.29.Le fate la presero pure a lei,30. non la lasciarono pi31. risalire, nemmeno a lei32. e li tennero tutti e due,33. questo figlio del Re e34.

    questa ragazza, e li fecero sposare.

    35. Questa ragazza doveva compare il bambino.36.Le fate le dissero:37. - Tu devi salire sopra il suolo,38.perch qui non puoi stare pi,39. e ti diamo un .40. lo butti e dove va il vai tu,41. li gli devi dirgli42. se ti lasciano per dormire l,43. loro se ti lasciano a dormire li, tu rimani.44. Part questa ragazza, part,45. se ne risal sopra il terreno e butt46. il , come gli avevano detto loro,47. lo butt come gli avevano detto loro e and48. nella casa del Re,49. lei and pure nella casa del Re.50. Come and nella casa del Re.51. Gli disse se la lasciavano a dormire li.52.La Regina le disse:53. -O dolcezza mia, che io come ti lascio54. a dormire qua?55. E pi di un anno che ho perso un figlio

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    56. epenzagna a t bir57. e ng dua gjnt mbranda.58. Gjegjini: liamini, liamini tu fr ktu!59. Kaj bri njer bastr60. t frahj atje.61. Mbramine, kur kalahj hera,62. vejn fatet e i biri eRegghittu.63. Vejunu atje.64. Kita djal dual mbramine65. vasd vati atje,66. ia muarr fatet.67. At nga mbrama vejn68. e kindojn djalin.69.Nj her njeri, gjith fatet70. epoi ia iapijn t jatit.71.Nj mbram gjegjiRegina,72. gjegjRegina at kindojn73. nga mbrama kist74. e i tha t ihokjt:75. U gjegjm, ka d o tre mbram,76. gjegjm te aj an77. lam at vasd78. kindonjn,79. e jo aj vetum kjndon,80. ma kindonjn shum gjint.81.

    Hoi! Tha i shokji

    82. Ka t ngrihemi u,83. ngrihemi u t mar vesh,84. shom t jet si thua ti.85. Muaru vesh e tha:86. Do t sho he asht biri im?

    56. e penso a quel figlio57. e non voglio gente in casa.58. - Sentite: lasciatemi, lasciatemi a dormire qui!59. Tanto fece fino a che la fecero60. dormire li.61.La sera, quando si faceva lora,62. andavano le fate ed il figlio del Re.63. Andavano li.64. Questo bambino che nacque la sera65. che la ragazza and li,66. gliela presero le fate.67.Loro tutte le sere andavano68. e cantavano al bambino.69. Una volta per uno, tutte le fate70. e poi lo davano al padre.71. Una sera sent la Regina,72. sent la Regina che loro cantavano73. tutte le sere cos74. e disse al marito:75. - Io sento, sono due o tre notti,76. che sento in quel luogo77. dove lasciammo quella ragazza,78. che cantavano,79. e non lei sola cantava,80. ma cantavano molte persone.81.

    Hoi! Disse il marito

    82. Devo alzarmi io,83. mi alzo io, per prendere orecchio,84. vediamo se come dici tu.85. Prese orecchio e disse:86. - Vuoi vedere che mio figlio?

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    87. Ast biri im at prapa.88. Zbili dern e kur p,89.p tu birin.90. Fatet zur udhn nga hinestra,91. i biri iu vjet me at.

    87. E mio figlio li dietro.88.Apr la porta e quando vide,89. vide il figlio.90.Le fate se ne andarono dalla finestra,91. il figlio rest con loro.

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    2 - VARIE FILASTROCCHE

    Sono spezzono recitati, raccolti a Vena, sempre da Gangale.

    VERSIONE ALBANESE

    VASTA TE GLIUMI

    1.Mbjodha petikat,2. vasta te lumi t mun i lanja.3. Tue lar e tue ruar4. t bistanja kavalori.5. Mos bistaste zotin i tim?6.- sinjall kish ki zot?7.- Kishu kavaglin i bart i bart.8.- sinjall t la te dera?9.- Mu la trntafile e zan.10. - sinjal tu l te shtpia?11. - Mu l molln manjolle.12. - sinjal tu l te zjarri?13. - Mu gli kukjarin .14. - Mentre u vascha jam i zot?15. - Ti t je zoti im, e16. trindr te shtpia.

    VASTA ROSARN

    1.Vasta Rosarn t shor nj mesh,2.nj mesh pe e nj rusaru thash.3.Ngresta sit mbranda te kjglisha4.e e bukur bistasta nj vash,5.m ndisti litir e ish arbresh6.m bri magarian si e bukur ish.

    TRADUZIONE

    SONO ANDATA AL FIUME

    1.Ho raccolto la biancheria2. sono andata al fiume per poterla lavare.3.Lavando e guardando4.se avvistavo il mio cavaliere.5.- Non che hai avvistato il mio signore?6.- Che segno aveva questo signore?7.- Aveva il cavallo bianco bianco.8.- Che segnale ti ha lasciato alla porta?9.- Mi ha lasciato rose piantate.10. - Che segnale ti ha lasciato in casa?11. - Mi ha lasciato la mela magnolia.12. - Che segnale ti ha lasciato nel fuoco?13. - Mi ha lasciato una cucchiaia 14. - Quindi io di te ragazza sono il signore?15. - Tu per essere il mio signore vai16. aspettami a casa

    SONO ANDATO A ROSARNO

    1.Sono andato a Rosarno per vedere una messa,2.una messa ho visto e un rosario ho detto.3.Ho alzato gli occhi dentro la chiesa4.e bella ho avvistato una ragazza,5.mi sembrata forestiera ed era arbresch6. mi ha incantato tanto bella era.

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    THUAMU MAM

    1. -Thuamu mam si t banja,2. si t banja si t sbanja,3. pp t shoh ata bukuran.4. - T mbisonja, u bir im:5. merr e vish gruarish6. merre vuccun7. ez shko nga dera e sahj:8. Motra im vemi te kroi,9.

    Prim motr se vinja.

    10. Uds ngaha arrivejn,11. vejn tu e pjestur:12. - E ju, motrat t mir,13. zarkon kini ju andej?14. - Nj zarkon t mir kemi.15. Arrivesturu te kroi:16. - Motr am nj ca uj.17. - Duart im ng mban uj,18. duarut im mban lunaz.19. Gjekj i jati nga kuveli,20. gjekj i jama nga kunsili,21. gjekjur gjih t vlezrat.22. - Kjo ast bija jone,23.bija jone e motra juah.

    DIMMI MAMMA

    1.- Dimmi mamma come fare,2.come devo fare come devo dsfare,3.per vedere quella bella.4.- Ti insegno io figlio mio:5.prendi e vestiti da donna,6.prendi il barile7.vai e passa dalla sua porta:8.Sorella mia andiamo alla fontana,9.

    Aspettami sorella che vengo.

    10.Lungo la strada che percorrevano,11. andavano chiedendo:12. - E voi sorelle buone,13. che vicinato avete li?14. - Un vicinato buono abbiamo.15.Arrivarono alla fontana:16. - Sorella dammi un poco dacqua,17. le mie mani non portano acqua,18. le mie mani portano anelli.19. Sent la madre dal ..20. sent il padre dal parlamento21. sentirono tutti i fratelli suoi.22. Questa la figlia nostra,23.figlia nostra e sorella vostra.

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    3 - CANZONE SA MIR TU DUA (QUANTO BENE TI VOGLIO)

    Di questa canzone non sono sicuro che il titolo fosse questo, ma probabile che sia cos.

    TESTO ALBANESE

    1. Ti ng di sa mir t dua,2. sa ti do mua.3. Mos ju harrua se ti do mua.4.

    Sa mir t dua, sa ti do mua.

    5. At dit dole tire6. nja pp nja t ruajn tij7. gjith bojn meravihj8. sa bellizzi ka kjjo bij.9. Mos ju harrua se ti do mua.10. Sa mir t dua, sa ti do mua.11. Kur ti vete te mesha ne 12. Mos ju harrua se ti do mua.13. Sa mir t dua, sa ti do mua.

    Di seguito allego la melodia.

    TRADUZIONE

    1. Tu non sai quanto bene ti voglio2. quanto tu ne vuoi a me.3. Non ti dimenticare che tu vuoi me.4.

    Quanto bene ti voglio, quanto tu ne vuoi a me.

    5. Quel giorno che sei nata tu6. uno per uno guardavano a te7. tutti si facevano meraviglia8. quante bellezze ha questa figlia.9. Non ti dimenticare che tu vuoi me.10. Quanto bene ti voglio, quanto tu ne vuoi a me.11. Quando tu vai a messa 12.Non ti dimenticare che tu vuoi me.13. Quanto bene ti voglio, quanto tu ne vuoi a me

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    4. CANZONE VALIA EBUKUROSA (BALLO DELLA BELLA)

    E una classica Vallia, certamente incompleta. Viene cantata a due voci, con la prima frasecantata una prima volta dal cantante solista e poi ripetuta insieme ad una seconda voce di contraltoo dal coro.

    VERSIONE ALBANESE

    1. E vallja e bukuroza im,2. e vallja e bukuroza im.3. Trim e zameroza im4. trim e zameroza im.5. Van shoket e t lan,6. van shoket e t lan.7. Ng m lan, i le t ven,8. ng m lan, i le t ven.9. Se vetm u i arrenja10.

    se vetm u i arrenja.

    11. u i arrenja te ajo hor12. u i arrenja te ajo hor.13. Te ajo hor e tajo arbresh14. te ajo hor e tajo arbresh.15. Te ajo arbresh e ukresku16. t ajo arbresh e ucrescu.17. Ish nj mm shum e madhe18. ish nj mm shum e madhe.19. m kish nnd bihj20. m kish nnd bihj.21. Me nj bihj pata ure,22. me nj bihj pata ure.

    TRADUZIONE

    1. Ballo della ragazza bella mia,2. Ballo della ragazza bella mia.3. Valoroso del cuore mio,4. valorose del cuore mio.5. Sono andati i compagni e ti hanno lasciato,6. sono andati i compagni e ti hanno lasciato.7. Non mi hanno lasciato, li ho lasciati andare,8. non mi hanno lasciato, lo ho lasciati andare.9. Che da solo io li raggiungo,10.

    che da solo io li raggiungo.

    11.Li raggiungo in quel paese,12. li raggiungo in quel paese.13.In quel paese di arbresh14. in quel paese di arbresh15.Da quegli arbresh e 16. da quegli arbresh e 17. Cera una mamma troppo grande,18. cera una mamma troppo grande.19. Che aveva nove figli,20. che aveva nove figli,21. Con una figlia che ho visto io,22. con una figlia che ho visto io.

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    23.Me martova appressu largrt,24.me martova appressu largrt.25.Appressu largrt e rivotim,26.appressu largurt e rivotim.27.Rivotim Kostantini im,28.rivotimu Kostantini im.29.Ka tre dit me ha dheu,30.ka tre dit me ha dheu.

    Lho sposata dopo molto lontano

    23.lho sposata dopo molto lontano,24.Dopo da lontano lha riportata,25.dopo da lontano lha riportata.26.L ha riportata Costantino mio,27.L ha riportata Costantino mio,28.Sono tre giorni che me lo mangia il terreno,29.sono tre giorni che me lo mangia il terreno.

    Questa canzone chiaramente un misto, molto incompleto, della ballata di Garentina e della

    canzone del vecchio, pubblicate nella rivista La Calabria.

    Di seguito allego la melodia.

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    GLI ABITI TRADIZIONALI

    Gli abiti tradizionali di Vena, ormai da tempo non pi usati, sono molto belli, cos cometutti i costumi delle altre comunit albanesi esistenti in Calabria.

    Le uniche testimonianze che si hanno, sono relative al costume femminile e non a quellomaschile, che presto fu abbandonato dagli albanesi, perch gli uomini, a differenza delle donne,erano costretti, per lavoro, commercio ed altro, ad entrare in contatto con il resto della popolazionecircostante. Il costume delle donne, invece si conservato ed giunto sino a noi. Al giorno dogginessuno lo indossa pi, e ne esistono pochissimi gelosamente conservati da qualche famiglia.

    Le donne avevano tre tipi di abiti: quello giornaliero, quello di mezza festa e quello dellafesta, da indossare nelle occasioni importanti quali il matrimonio.

    Il costume di Vena, che simile a quello di Caraffa, si caratterizza dalle ampie maniche

    delle camicette.

    Comune a tutti gli insediamenti albanesi invece il tipico cappello a barchetta: la Keza. Lakeza si indossava da sposate.

    Labbigliamento era composto da una camicia di lino lunga, quanto una sottana, detta linja(pronuncia gligna), da una gonna stretta in vita coha (pronuncia zoha), dal cappello prima citatoKeza, da un velo sottile, sqepi e da una cintura dargento che veniva stretta in vita: brezi. Sullacamicetta poteva essere anche indossato un corpetto dettoxhipuni (pronuncia gipuni).

    Le immagini che seguono, se non diversamente specificato, sono tratte dal libro Ori eCostumi degli Albanesi (vedi in bibliografia).

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    Costume di Vena. Tratto dal libro Albanesi di Italia

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    Costume di VenaAcquarello del 1600

    Costume di Vena.Stesso disegno, ma in bianco e nero.

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    Costume di Vena.Vinagreci, nella scritta.

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    A sinistra: costume femminile giornaliero di Greca di Vena. A destra: costume di lutto. Sonoconservati nell'archivio Disegni della Societ Napoletana di storia Patria

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    Fiera di Serra S. Bruno - Il costume di Vena quello della donna a cavallo. Il dipinto fa partedella collezione Zerbi , risale al 1800, non firmato, ma certamente da attribuire a LuigiDel Giudice.

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    Donna di Vena- Uomo di CaraffaLitografia di Giovanni Forino risalente al 1800

    Collezione Zerbi

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    Litografia in cui rappresentatoun costume tradizionale maschile di abitante dellAlbania.

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    Costume maschile di Vena risalente all'800. Esso per ha le stesse caratteristiche dei costumicalabresi dell'epoca.

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    Figurina di cui non si conosce la provenienza

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    Costume di Vena - acquerello non firmato attribuibile alla DE VITO.

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    Uomo di Vena - donna di Caraffa. Litografia anonima datata 1825.

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    Tavola litografata colorata a mano risalente al 1840 per opera del Muller. La donna di Vena solo la prima a sinistra, seguono costumi di altri paesi.

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    Acquerello non firmato e non datato, attribuibile comunque al Della Gatta

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    Costume di Vena - Vista di fronte.

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    Stesso costume della figura precedente, ma visto di spalle.

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    Fiera di S. Bruno. Si teneva a Serra S. Bruno durante la Pentecoste.Il costume di Vena portato dalla donna a destra vicino al cavallo. - Acquerello Della gatta 1814.

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    Costumi di Vena Disegno Francese dell800. Si notano i soldati francesi in marcia

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    LEVOLUZIONE DEMOGRAFICA

    Il primo dato sulla popolazione di Vena, che ho trovato, si riferisce ad un rilevamentodemografico risalente al 1539-1545, pubblicato da Pericle Maone. Secondo tale autore, in tale data

    si trovavano a Vena, 29fuochi (famiglie) per un totale di circa 150 abitanti. Tale rilievo si riferiscead una data inferiore ad un secolo della fondazione di Vena, allincirca a 70 anni dalla suafondazione. E evidente, quindi, che alla sua fondazione, Vena era abitata da poche famiglie:

    probabilmente poco pi di venti, insediatesi in qualche casale esistente o in baracche realizzate in

    legno.

    Le altre cifre sono state dedotte da altre fonti.

    Anno Popolazione Fonte1539 29 fuochi 150 persone circa. Pericle Maone

    1783 650

    Istoria de tremuoti diGiovanni Vivenzio.

    Secondo tale autore, a causa delterremoto del 1783, a Vena ci furono 26morti.

    1806 707 Altre fonti

    1846 820Altre fonti

    1886 1001Altre fonti

    Una curiosit: la popolazione originaria

    In base ai dati disponibili, possibile dedurre la popolazione al momento della fondazione,ovviamente in modo approssimato. Il miglior metodo quello cosiddetto esponenziale:

    srt ePP

    = 0 Con Pt popolazione al tempo t;P0 popolazione iniziale;S intervallo di tempo;

    Utilizzando i dati disponibili, si ha che la popolazione originaria, ipotizzando la fondazionenel 1470 di 94 persone, mentre nellipotesi di una fondazione intorno al 1480, la popolazione di 100 abitanti. E ragionevole pensare che, le persone che fondarono Vena, fossero circa uncentinaio.

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    Da Istoria d Tremuoti di Giovanni Vivenzio

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    DOCUMENTI

    Vengono riportati, di seguito, copie di documenti rinvenuti presso lArchivio di Stato diCatanzaro, nelle liste di carico della Cassa Sacra vol. 20, ossia alla contabilit dei terreni di

    propriet delle varie chiese di Vena, dati in affitto. Sono relativi a quattro cappelle: Cappella diBellacava, Cappela del SS. Sacramento, Cappella del Rosario e Cappella del Purgatorio .Nonch un documento relativo alla contabilit amministrativa da Maggio a Dicembre 1808 dallaraccolta Intendenza di Calabria Ultra busta 193 vol. 1428 contabilit comunale.

    Chiesa di S. Andrea

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    VENA OGGI

    Oggi Vena un paese con popolazione di poco superiore ai 1000 abitanti.

    Il paese si ingrandito raddoppiando la sua estensione territoriale. Tuttavia il centro storiconon stato abbandonato, anzi regolarmente abitato, anche se le abitazioni, composte

    prevalentemente da fabbricati in pietra a due piani, pi raramente ad un solo piano, sono state tutteristrutturate.

    La lingua il solo ed ultimo legame che la lega alle sue origini. Da tempo non si cantano letradizionali Vallie, anche se ci sono ancora persone che, almeno in parte, ne ricordano le strofe. Nonci sono piatti tipici, n ricorrenze particolari che possano essere attribuite alle sue origini.Scanderbeg, viene ricordato mediante il nome dato alla strada principale del paese. Il ritoortodosso scomparso ormai da secoli, e le festivit religiose sono le stesse che si praticano inCalabria.

    Centro di ogni festivit la piazza del paese ottenuta demolendo negli anni sessanta unfabbricato padronale, di notevoli dimensioni, comunque ormai disabitato.

    Chiesa della Madonna di Bellacava

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    Il Padre Nostro

    Inserisco il Padre Nostro, cos come recitato a Vena.

    Tata in

    1. Tata in,2. je n(d) Qiell3. klot bekuar4. embri Iti,5. b t hinjim6. nd Parrajs,7. klot br8. si do Ti,9. kshtu nd Qiell10. si nd pr dhe.11. na bukn12. nga dita13. e ndlen14. si ne15. ndlenjm16. nmiqit tona.17. E b t mos vemi18.

    nd dor t palikudh,19. e t mos

    20. kemi keq.21. E klot ashtu.

    Padre nostro

    1. Padre nostro,2. che sei nei Cieli,3. sia santo4. il nome Tuo,5. fa che entriamo6. nel Paradiso,7. sia fatto8. come Tu vuoi (la Tua volont),9. come in Cielo10. cos in terra.11.Dacci il nostro pane12. ogni giorno13. e perdonaci14. come noi15.perdoniamo16. i nemici nostri.17. Fa che non cadiamo18. in tentazione,19. e che ci liberiamo20. dal male.21. Cos sia.

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    LA FONDAZIONE DI VENA

    Racconto breve dellautore.

    Il generale Demetrio Reres, mi convoc presso la sua tenda, eravamo accampati nella

    piana di Lamezia vicino al fiume Amato. La sua tenda era pi grande della nostra, ma anche essapovera con pochi arredi, tutto era ridotto allessenziale. Il generale aveva il viso cotto dal sole, labarba striata di grigio, una cicatrice sulla guancia sinistra mostrava che non si era sottratto alcombattimento corpo a corpo, le rughe intorno agli occhi erano lo specchio di troppe decisioniimportanti prese e di troppi uomini morti a seguito di quelle decisioni.

    Mi fermai allingresso aspettando che sollevasse gli occhi dalle carte che stava leggendo.Non aspettai molto,

    -- Costantinis, ea ktu (vieni qua)

    allora mi feci avanti sempre tenendo lelmo sotto il braccio.

    - dimmi mio generale.- Ascolta, la guerra qui in Italia terminata, abbiamo sconfitto i nemici del re di Napoli, la

    Sicilia e la Calabria sono tornate ai borbone e la rivolta dei baroni stata domata, questo quello che ci ha chiesto di fare la nostra guida Skanderberg, ma ora chiede ad alcuni di noiun altro sacrificio.

    - Sai che ti ho sempre ubbidito ordina e io far quello che mi ordinerai.-

    Lui vuole, su richiesta del re di Napoli che una parte del nostro esercito si stabilisca qui.- Per quanto tempo, mio generale?- Per sempre! Ogni soldato avr sei tomoli di terra che potr coltivare, quasi tutti hanno

    portato al seguito la famiglia, molte donne sono rimaste vedove ed anche a loro sedecideranno di restare, sar data la stessa terra.

    - Non rivedere mai pi lAlbania, questo che ci stai chiedendo? Abbandonare la lotta controgli ottomani, lasciare che conquistino la nostra terra, brucino le nostre case?

    - Senti Costantinis, tu hai sempre avuto cripu (sale) in testa. Scanderbeg molto vecchio, allasua morte non sar facile tenere unite le trib gi ora alcune hanno tradito e sono passate congli ottomani non resisteremo comunque a lungo. Qui alcuni di noi potranno continuare avivere nella pace ed avere un futuro, comunque oltre a ci il re di Napoli mander aiutifinanziari ed armi in Albania e sai che uomini ne abbiamo: loro continueranno la lotta, masiamo poveri e per noi difficile trovare soldi ed armi, senza di esse lAlbania cadr ancora

    prima, quindi necessario che molti di noi restino qui.

    - Quello che ci chiedi o mio generale , non facile da accettare, ma se un ordine n io n imie uomini si sottrarranno.

    - E cos, sapevo che avresti capito, tu sei un uomo me krip te kriet oltre che un a