VARIANTE ORGANICA AL REGOLAMENTO URBANISTICO · isofrequenza fra evento meteorico e portata in...

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Comune di Serravalle Pistoiese Provincia di Pistoia VARIANTE ORGANICA AL REGOLAMENTO URBANISTICO Dott. Arch. Giovanni Parlanti Capogruppo Progettista Dott. Arch. Valentina Luisa Batacchi Dott. Arch. Chiara Nostrato Collaborazione al progetto Dott. Geol. Leonardo Moretti Studi geologici Dott. Francesco Scaglione Sistema informativo geologico Dott. Arch. Gabriele Banchetti Collaborazione per la V.A.S. Geom. Federico Salvadeo Responsabile del procedimento Istruttore Direttivo Daniele Benedetti Garante della comunicazione Eugenio Patrizio Mungai Sindaco e Assessore all’Urbanistica RELAZIONE GEOLOGICA DI FATTIBILITÀ ALLEGATO G3 STUDI IDROLOGICI E IDRAULICI Marzo 2015

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Comune di Serravalle Pistoiese Provincia di Pistoia

VARIANTE ORGANICA AL REGOLAMENTO URBANISTICO Dott. Arch. Giovanni Parlanti Capogruppo Progettista Dott. Arch. Valentina Luisa Batacchi Dott. Arch. Chiara Nostrato Collaborazione al progetto

Dott. Geol. Leonardo Moretti Studi geologici

Dott. Francesco Scaglione Sistema informativo geologico

Dott. Arch. Gabriele Banchetti Collaborazione per la V.A.S.

Geom. Federico Salvadeo Responsabile del procedimento

Istruttore Direttivo Daniele Benedetti Garante della comunicazione

Eugenio Patrizio Mungai Sindaco e Assessore all’Urbanistica

RELAZIONE GEOLOGICA DI FATTIBILITÀ ALLEGATO G3

STUDI IDROLOGICI E IDRAULICI Marzo 2015

RELAZIONE IDROLOGICA-IDRAULICA

VARIANTE AL REGOLAMENTO URBANISTICO DEL COMUNE DI SERRAVALLE P.SE

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SOMMARIO 1 PREMESSA .................................................................................................................................................. 2

2 FASI DELLO STUDIO ................................................................................................................................... 3

3 ACQUISIZIONE DATI TOPOGRAFICI ............................................................................................................ 3

3.1 Caratteristiche del bacino .................................................................................................................. 4

4 ANALISI IDROLOGICA ................................................................................................................................. 5

4.1 Modello di regionalizzazione AL.TO. 2000 ........................................................................................ 5

4.2 Dati utilizzati per i modelli idrologici ................................................................................................. 8

4.3 Risultati dei calcoli svolti ................................................................................................................... 9

5 ANALISI IDRAULICA .................................................................................................................................... 9

5.1 Descrizione delle metodologia di calcolo ........................................................................................ 11

5.2 Dati di input del modello idraulico di calcolo .................................................................................. 13

5.3 Risultati dello studio idraulico ......................................................................................................... 14

5.4 Perimetrazioni delle aree inondabili ............................................................................................... 14

6 ANALISI DEI RISULTATI DELLE SIMULAZIONI ........................................................................................... 15

7 CONCLUSIONI .......................................................................................................................................... 15

ALLEGATO 1 – IDROGRAMMI DI PIENA PER TR 20, 30, 100, 200 ANNI E DURATE 3, 6, 12 ORE

ALLEGATO 2 – CURVE D’INVASO DELLE AREE DI POTENZIALE ESONDAZIONE

ALLEGATO 3 – PROFILI LONGITUDINALI CON LIVELLI IDRAULICI

ALLEGATO 4 – SEZIONI TRASVERSALI CON LIVELLI IDRAULICI

ALLEGATO 5 – TABELLE OUTPUT MODELLO IDRAULICO - SEZIONI

ALLEGATO 6 – TABELLE OUTPUT MODELLO IDRAULICO – AREE DI POTENZIALE ESONDAZIONE

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1 PREMESSA

Il presente studio idrologico-idraulico del torrente Nievole è stato redatto a supporto della Variante al Regolamento Urbanistico del Comune di Serravalle Pistoiese. Nell’ambito dello studio è stato analizzato il tratto di torrente Nievole, inserito nell'elenco dei corsi d’acqua principali classificati ai sensi della D.C.R. 12/00, che attraversa il territorio del Comune di Serravalle P.se ai fini della valutazione del rischio idraulico nelle aree già edificate e/o in quelle su cui sono possibili nuove previsioni edificatorie.

Il torrente Nievole è stato analizzato sia dal punto di vista idrologico che idraulico. E’ stato costruito un modello idraulico di calcolo all’interno del quale sono stati inseriti tutti i dati idrologici, idraulici, geometrici e topografici disponibili sia per il corso d’acqua che per la parte di territorio comunale di fondovalle potenzialmente soggetta ad allagamenti per tracimazioni della Nievole; in base ai risultati ottenuti utilizzando il modello sono state eseguite le perimetrazioni delle aree potenzialmente inondabili per eventi con tempo di ritorno pari a 20, 30, 100 e 200 anni in ottemperanza alle disposizioni normative regionali (vedi D.P.G.R. del 27/04/2007 n.26/R Regolamento di Attuazione dell’art.62 della L.R. 01/05) con metodologia conforme agli allegati alle norme di attuazione del Piano di Assetto Idrogeologico dell’Autorità di Bacino del Fiume Arno approvato con DPCM del 06/05/2005.

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2 FASI DELLO STUDIO

La relazione si articola nei seguenti capitoli che si identificano con le diverse fasi dello studio:

1) Acquisizione dati topografici

2) Acquisizione dei dati idrologici : viene indicata la fonte dalla quale sono stati ripresi gli idrogrammi di piena di riferimento per i bacini oggetto di studio in relazione agli scenari di pioggia analizzati. Si riportano inoltre tutti gli idrogrammi di piena per i quattro tempi di ritorno valutati per tutti i bacini/sottobacini relativi agli affluenti della Nievole nel tratto in esame.

3) Analisi idraulica : vengono descritti gli strumenti di calcolo, i dati utilizzati nella costruzione del modello idraulico, le ipotesi assunte ed i risultati ottenuti.

4) Perimetrazioni di rischio : alla luce delle verifiche idrauliche sono state delimitate le aree a rischio idraulico per i diversi tempi di ritorno.

Lo studio, condotto solo sulle'asta principale del torrente Nievole, ha riguardato il seguente tratto.

Ubicazione della sezi one iniziale del tratto di studio

Ubicazione della sezione di chiusura del tratto di studio

Immediatamente a valle della confluenza tra il torrente Nievole ed il fosso di Cagnano presso la zona industriale posta lungo la S.P. della Nievole

In corrispondenza della sezione NI0180, posta a valle del tratto che corre in località La Colonna

Come sopra indicato, il tratto di asta coperta dalle simulazioni risulta anche al di fuori del territorio di interesse: questo perché nell’ottica di stimare correttamente le portate ed i volumi esondati che possono interessare il territorio del comune di Serravalle P.se, è necessario ricostruire le condizioni idrauliche di un tratto a valle significativo ai fini dello studio.

I calcoli di seguito esposti sono effettuati con modalità ed modelli conformi a quelli indicati dalla Autorità di Bacino nell’Allegato 2 alle Norme del P.A.I. approvato con D.P.C.M. del 06-05-2005.

Nei capitoli successivi saranno comunque riportate le caratteristiche del modello idraulico in modo più esaustivo. 3 ACQUISIZIONE DATI TOPOGRAFICI

Per la redazione dello studio sono stati utilizzati i seguenti dati topografici:

a. dati geometrici ottenuti da campagne da campagne topografiche precedentemente svolte da Enti Pubblici (Genio Civile, Consorzio di Bonifica, Comuni, etc.) ed utilizzate nel Progetto di Area Vasta del Consorzio di Bonifica Padule di Fucecchio;

b. sezioni fluviali riprese dal rilievo eseguito a supporto della progettazione dell'ampliamento della linea ferroviaria Firenze-Lucca;

c. sezioni fluviali appositamente rilevate per ricostruire le geometrie nel tratto iniziale di studio.

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Le sezioni di cui al precedente punto c, sono state rilevate mediante stazione GPS ed appoggiate planimetricamente sul sistema Gauss - Boaga della Carta Tecnica Regionale. Prima di costruire il modello idraulico è stata controllata l’omogeneità delle sezioni disponibili e la georeferenziazione delle quote dei vari rilievi utilizzati.

Per ottenere una corretta analisi del comportamento idraulico della corrente in corrispondenza dei manufatti (ponti ed attraversamenti) esistenti, ove necessario, sono state ricostruite alcune sezioni in base a quelle disponibili nelle immediate vicinanze. Ai fini dei calcoli idraulici sono state inoltre definite mediante il software di calcolo una serie di sezioni interpolate che però non rientrano tra quelle sotto indicate.

Le sezioni utilizzate (ad esclusione di quelle interpolate con il software) per ricostruire il modello geometrico-idraulico in base al quale sono stati eseguiti i calcoli per redigere le perimetrazioni delle aree allagabili sono in un numero complessivo pari a 56.

Le sezioni utilizzate sono state ordinate in base alla codifica già assegnata in fase di rilievo (vedi ad esempio parte delle sezioni giù utilizzate nell’ambito dello “Studio di area vasta” redatto dal Consorzio di Bonifica del Padule di Fucecchio) o con un codice/numero progressivo da valle verso monte. In tabella è riportata la numerazione delle sezioni di valle e di monte dei corsi d’acqua studiati.

Corso d’acqua n. sezione

monte

codice sezione

monte

n. sezione

valle

codice sezione

valle

Torrente Nievole 49 NI12 1 NI0180

Per definire la geometria delle aree di potenziale allagamento è stata utilizzata la carta tecnica regionale CTR in scala 1:2000 al momento disponibile. La base cartografica utilizzata non tiene conto delle modifiche morfologiche a seguito degli interventi realizzati nel corso degli ultimi anni.

3.1 CARATTERISTICHE DEL BACINO

Il territorio del comune di Serravalle P.se attraversato dal torrente Nievole si presenta essenzialmente a carattere prevalentemente montano-collinare con una zona di fondovalle che si ampia in estensione scendendo verso valle dove si trovano i comuni di Pieve a Nievole e Monsummano Terme. Attraversato il territorio dei due comuni suddetti, il torrente Nievole defluisce verso il padule di Fucecchio.

I principali affluenti (indicati nella Tavola 01 con la sigla NI-X), che confluiscono nel tratto di Nievole oggetto di studio sono il fosso di Mignandola (NI-3) ed il Rio Bechini (NI-7) posto a confine con il comune di Monsummano. Il recettore finale delle acque raccolte dalla Nievole è costituito, come sopra indicato, dal padule di Fucecchio.

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4 ANALISI IDROLOGICA

Gli idrogrammi relativi al bacino con sezione di chiusura in corrispondenza della sezione iniziale del tratto oggetto di studio (NI-1) ed a quelli degli immissari non oggetto di simulazioni idrauliche (NI-2 e NI-7), che rappresentano i risultati dei calcoli e delle valutazioni di tipo idrologico, sono stati calcolati utilizzando i dati geomorfologici ricavate mediante il software AL.TO. 2000.

4.1 MODELLO DI REGIONALIZZAZIONE AL.TO. 2000

Come accennato precedentemente i calcoli idrologici sono stati svolti con le modalità indicate dal P.A.I. e nello specifico con riferimento alla metodologia definita dal modello AL.TO. 2000, di cui di seguito viene riportata una sintetica descrizione, unitamente ad un’applicazione, realizzata dall’Autorità di Bacino, denominata IDRARNO che costituisce una “estensione” di AL.TO. e permette, utilizzando la medesima metodologia e dati di input, di ricostruire gli idrogrammi di piena fissando la durata dell’evento di pioggia.

La modellistica idrologica ha lo scopo di generare gli idrogrammi di progetto nelle sezioni di interesse del reticolo fluviale a partire da ietogrammi di pioggia sintetici. La metodologia alla base degli studi effettuati dall'Autorità di Bacino mira ad un’agevole caratterizzazione degli eventi in termine di tempi di ritorno; conseguenza diretta, la possibilità di definire livelli di rischio in funzione della probabilità di accadimento. Ciò si ottiene facilmente attraverso una procedura semplificata di generazione di eventi sintetici, che si basa sulle seguenti ipotesi:

1. eventi meteorici sintetici costanti su tutto il bacino;

2. isofrequenza fra evento meteorico e portata in alveo (TR evento di pioggia = TR idrogramma di piena).

La procedura parte dalla teoria dell'idrogramma istantaneo unitario geomorfologico, di cui riportiamo di seguito le linee principali.

L'input meteorico è rappresentato da uno "ietogramma sintetico", la cui frequenza viene stimata a partire dalle curve di possibilità climatica, fornite ufficialmente dal Servizio idrologico della Regione Toscana. Il metodo utilizzato per studiare la risposta idrologica, in termini di deflussi, è quello basato sul cosiddetto idrogramma istantaneo unitario (Instantaneous Unit Hydrograph, IUH), vale a dire l'idrogramma di piena causato da un evento impulsivo di pioggia di volume unitario e durata tendente a zero. Infatti, con le ipotesi di linearità e stazionarietà della risposta, l'idrogramma di piena può essere calcolato tramite la convoluzione fra ietogramma efficace e IUH:

dove:

Q(t) è la portata defluente;

p(t) = A i(t) con A area del bacino e i(t) pioggia netta ragguagliata sul bacino;

U(t) idrogramma unitario per cui U(t)dt

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Il momento di primo ordine dell'IUH rispetto all'origine (baricentro), definito dalla relazione:

viene detto tempo di ritardo (lag) Tl.

Ad esempio, l'idrogramma unitario di Nash ha la seguente formulazione:

In questo schema il tempo di ritardo è dato dal prodotto nk (pari proprio alla media dell'idrogramma unitario).

I parametri n, k e Tl dell'idrogramma unitario di Nash sono stati ricavati sulla base delle caratteristiche geomorfologiche del reticolo idrografico, mediante le seguenti espressioni:

in unità congruenti, dove:

Rb = rapporto di biforcazione; Rl = rapporto di lunghezza; Ra = rapporto di area; Lc = lunghezza del canale principale (dalla sorgente alla sezione di interesse); v = fattore cinematico legato alla velocità della piena ("media spazio-temporale di scorrimento dell'acqua o di propagazione dell'onda di piena"). I parametri geomorfologici elencati possono essere calcolati, una volta ordinato il reticolo idrografico secondo Strahler, sulla base delle seguenti note relazioni:

dove:

ω = ordine massimo del reticolo; Nu = numero delle aste di ordine u; Lu= lunghezza media delle aste di ordine u; Au= area media sottesa da aste di ordine u. La trasformazione da pioggia reale a netta adottata richiede la stima di due parametri: la perdita iniziale è schematizzata introducendo un volume unitario di perdita iniziale (indicato con Ia) che

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assorbe completamente la precipitazione durante i primi momenti dell'evento (dall'istante iniziale dell'evento t=0 sino all'istante t=ta), mentre la perdita durante l'evento viene schematizzata con una infiltrazione costante a saturazione (indicata con Ks).

dove:

P(t) = intensità di precipitazione ragguagliata sul bacino [mm/h]; Pn(t) = intensità di precipitazione netta sul bacino [mm/h]; Ia(t) = perdita iniziale all'istante t dell'evento [mm]; Ia = Ia(ta) volume di perdita iniziale per unità di area [mm]; Ks = velocità di infiltrazione a saturazione [mm/h].

Il modello di trasferimento adottato è quello, già citato, dell'idrogramma unitario di tipo Γ (n,k) introdotto da Nash e caratterizzato dal parametro di forma (n) e da quello di scala (k).

I parametri utilizzati per il calcolo delle portate di piena risultano, in sostanza, i seguenti:

Ia = volume unitario di perdita iniziale [mm]; Ks = velocità di infiltrazione a saturazione [mm/h]; n = parametro di forma dell'idrogramma di Nash [-]; k = parametro di scala dell'idrogramma di Nash [h].

Lo studio di regionalizzazione delle portate di piena, attraverso la taratura sistematica dei dati relativi ad eventi registrati nei 42 bacini strumentati dal Servizio Idrografico, ha fornito una relazione fra i valori di Tl ed i parametri geomorfologici:

dove A è l'area del bacino espressa in [kmq ]e Lmc la lunghezza del reticolo [km] calcolata come cumulata delle lunghezze medie per i vari ordini gerarchici Lmc.

I valori di Ia e Ks nel lavoro di regionalizzazione, sono calcolati in funzione dell'uso del suolo e dalla geologia dei bacini, resi indipendenti dalle dimensioni del bacino idrografico. I parametri geomorfici provengono invece dalla gerarchizzazione secondo Strahler del reticolo idrografico sotteso per ciascuna sezione di calcolo.

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4.2 DATI UTILIZZATI PER I MODELLI IDROLOGICI

Gli idrogrammi di piena relativi agli scenari di calcolo ipotizzati per i bacini oggetto di studio sono stati calcolati utilizzando i dati ricavati dal modello AL.TO. 2000 con riferimento alla sezione di chiusura del bacino idrografico immediatamente a monte della sezione iniziale e delle n.6 confluenze distribuite lungo il tratto di studio.

I dati occorrenti per il modello IDRARNO sono, per ogni sottobacino:

� Area - superficie del bacino (kmq) � Ia - perdita iniziale (mm) � Ks - velocità di infiltrazione a saturazione (mm/h) � N - parametro di forma dell'idrogramma di Nash � K - parametro di scala dell'idrogramma di Nash (h) � Cpp_a1 - parametro della curva di possibilità pluviometrica per durate < 1 h � Cpp_n1 - parametro della curva di possibilità pluviometrica per durate < 1 h � Cpp_m1 - parametro della curva di possibilità pluviometrica per durate < 1 h � Cpp_a - parametro della curva di possibilità pluviometrica per durate > 1 h � Cpp_n - parametro della curva di possibilità pluviometrica per durate > 1 h � Cpp_m - parametro della curva di possibilità pluviometrica per durate > 1 h � Qbase - Portata di base (mc/s) – parametro opzionale � Sezione - nome della sezione a valle della confluenza � Qmax - Portata massima (mc/s) su cui troncare l’idrogramma – parametro opzionale

I parametri relativi alla distribuzione statistica delle precipitazioni ed i parametri Ia, Ks, N, K sono state ripresi dai dati disponibili nel modello AL.TO..

Per ciascun bacino in esame nelle seguenti tabelle sono riportati i dati utilizzati nei calcoli e che vanno a costituire il file “.idr” di input del software IDRARNO.

Nome Area Ia Ks N K Cpp_a1 Cpp_n1 Cpp_m1 Cpp_a Cpp_n Cpp_m

NI-1 30.64 19.433 1.304 2.418 0.78 28.837 0.431 0.158 26.173 0.369 0.189

NI-2 0.704 14.3 0 2.352 1.045 27.157 0.425 0.159 24.533 0.346 0.199

NI-3 1.056 10.648 0.775 1.997 0.152 26.339 0.414 0.161 23.833 0.34 0.202

NI-4 0.88 3.3 0 2.364 1.013 25.829 0.416 0.164 23.125 0.344 0.203

NI-5 0.528 3.3 0 2.368 1.043 26.041 0.415 0.62 23.42 0.342 0.202

NI-6 1.056 10.633 0 2.37 0.988 25.74 0.417 0.164 22.997 0.345 0.203

NI-7 5.28 14.256 0.618 2.786 0.309 25.752 0.417 0.164 23.018 0.345 0.203

La ricostruzione degli idrogrammi di piena per ciascun sottobacini individuato è stata eseguita, in ottemperanza alle normative vigenti, con riferimento ad eventi di pioggia con tempi di ritorno pari a 20, 30, 100 e 200 anni.

L’evento di pioggia di riferimento per il calcolo degli idrogrammi è stato “ragguagliato” sulla base del coefficiente di ragguaglio areale Kr delle piogge. Questo, per ciascun bacino, è stato stimato direttamente dal software IDRARNO sulla base della funzione espressa nella forma Kr =f(A,d) dove A è l’area del bacino sotteso e d la durata dell’evento.

Sono stati indagati 3 diversi tempi di precipitazione, ed in particolare 3, 6, 12 ore, al fine di tenere conto delle condizioni più critiche per i bacini in esame.

Per ciascun bacino sono stati ricostruiti 12 idrogrammi (per ogni tempo di ritorno analizzato, 20, 30, 100 e 200 anni, sono stati infatti simulati eventi con durata di pioggia pari a 3, 6, e 12 ore). In

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Allegato 1 sono riportati i grafici relativi agli idrogrammi che risultano dai calcoli svolti sulla base dei dati precedentemente indicati.

4.3 RISULTATI DEI CALCOLI SVOLTI

La seguente tabella presenta in sintesi i valori di portata al colmo relativi ai singoli bacini considerati. Nello specifico in tabella vengono indicati per i quattro tempi di ritorno analizzati i valori massimi di portata con riferimento alla durata di pioggia che massimizza il picco.

Bacino Durata di pioggia che

massimizza picco

Q20

(mc/s)

Q30

(mc/s)

Q100

(mc/s)

Q200

(mc/s)

NI-1 3 h 115.9 128.9 172.9 202.7

NI-2 3 h 2.4 2.6 3.5 4.0

NI-3 3 h 5.5 6.0 7.6 8.5

NI-4 3 h 3.4 3.7 4.7 5.4

NI-5 3 h 2.0 2.2 2.8 3.2

NI-6 3 h 3.7 4.1 5.4 6.2

NI-7 3 h 26.2 28.6 37.0 42.2

La ricostruzione degli idrogrammi di piena per ciascun sottobacini individuato è stata eseguita, in ottemperanza alle normative vigenti, con riferimento ad eventi di pioggia con tempi di ritorno pari a 20, 30, 100 e 200 anni.

Sono stati indagati 3 diversi tempi di precipitazione, ed in particolare 3, 6, 12 ore, al fine di tenere conto sia delle condizioni più critiche per i bacini in esame, per i quali risultano durate di pioggia critica inferiori a 3 ore, sia di due eventi di durata maggiore (6 e 12 ore) per tenere conto di eventuali condizioni gravose legate non alle portate massime esondate, ma ai volumi.

Per ciascun bacino sono stati ricostruiti 12 idrogrammi (per ogni tempo di ritorno analizzato, 20, 30, 100 e 200 anni, sono stati infatti simulati eventi con durata di pioggia pari a 3, 6 e 12 ore).

In Allegato 1 sono riportati i grafici relativi agli idrogrammi che risultano dai calcoli svolti sulla base dei dati precedentemente indicati.

5 ANALISI IDRAULICA

La geometria del corso d’acqua oggetto di simulazioni idrauliche è caratterizzata, ad eccezione della parte iniziale lungo la sponda destra, dalla presenza di strutture arginali di difesa; ne consegue che le esondazioni per effetto di tracimazioni arginali provocano una “perdita di volume d’acqua” che si va a distribuire nelle aree a campagna. In tali condizioni la metodologia di calcolo da utilizzare è lo schema di moto vario.

Gli argini sono schematizzati come elementi rigidi, anche in caso di avvenuta tracimazione. La distribuzione dei volumi a campagna è stata effettuata suddividendo il territorio in celle separate tra loro da infrastrutture stradali e ferroviarie.

Il modello geometrico-idraulico dei corsi d’acqua studiati e della pianura suddivisa in celle è stato ricostruito utilizzando il software HEC-RAS 4.0 con il quale sono state ovviamente anche eseguite le simulazioni idrauliche per i 12 scenari di calcolo precedentemente definiti.

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La struttura di calcolo del modello per la fase di propagazione nelle aree a campagna delle acque inondate non permette di analizzare la condizione di transito delle acque nel trasferimento da una ipotetica sezione di esondazione all’area di accumulo. I livelli idrometrici che risultano dai calcoli svolti con il modello sopra descritto vengono ricostruiti sulla base della curva d’invaso altezze-volumi, rappresentativa della geometria della cella territoriale, inserendo quale dato di input della legge di invaso i volumi d’acqua accumulati all’interno della cella stessa. I volumi accumulati all’interno delle celle, e conseguentemente i livelli idrometrici, variano nel tempo in conseguenza dell’andamento delle esondazioni e del passaggio delle acque da una cella all’altra attraverso le connessioni idrauliche presenti.

Nievole

4946

45

4443 42

4039

3837

36

35

34.1

32

31

30

29

28

27

25

2322

2120

18

17

15

14

1312

11

9

8

7

6

43

21

Nie

vo

l e

A01

A02

A03

A04

A05

A06

A07

A08

A09_FITTIZIA

A10_FITTIZIA

A01-A02

A02-A03

A03-A06

A04-A05

A05-A07

A06-A08

A07-A09

A08-A10

FIGURA 1 – SCHEMATIZZAZIONE MODELLO IDRAULICO

Poiché nel territorio oggetto di studio sono presenti estese aree nella quali il fenomeno di transito delle acque esondate sulle superfici a campagna è preponderante rispetto ai ristagni, è stato

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necessario analizzare separatamente tali aree. A tale scopo il perimetro delle aree bagnate per effetto della propagazione delle acque tracimate è stato ricostruito sulla base di:

- portate esondate lungo gli argini dei tratti dei corsi acqua arginati (vedi Tavola 03);

- individuazione di possibili “canali” di deflusso sulla base della morfologia delle aree a campagna ricostruite sulla base del DTM del terreno elaborato dalla CTR in scala 1:2000.

Fermo restando quanto sopra indicato, nella perimetrazione di dette aree è stato sempre fatto riferimento a battenti di transito inferiori a 30 cm.

5.1 DESCRIZIONE DELLE METODOLOGIA DI CALCOLO

Il modello idraulico utilizzato, denominato HEC-RAS, è stato sviluppato dall’US Army Corps Of Engineers; è in grado di effettuare simulazioni di tipo monodimensionale del fenomeno di propagazione dell’onda di piena su corsi d’acqua. Il modello presuppone che siano fornite tutte le informazioni necessarie, ed in particolare la geometria di un numero sufficiente di sezioni trasversali. Il programma consente di inserire sezioni trasversali fittizie, interpolando quelle rilevate, in modo da assicurare che il passo di discretizzazione spaziale non ecceda un assegnato valore limite (per i corsi d’acqua studiati non è stato necessario utilizzare questa opzione).

Per l’analisi in moto permanente il software determina il profilo del pelo libero tra una sezione e la successiva mediante la procedura iterativa denominata standard step, risolvendo l’equazione del bilancio energetico,

dove: Y1 e Y2 sono le altezze d’acqua riferite al fondo dell’alveo; Z1 e Z2 sono le altezze del fondo rispetto ad una quota di riferimento; V1 e V2 sono le velocità medie della corrente nelle due sezioni estreme del tronco fluviale considerato; α1 e α 2 sono coefficienti di ragguaglio delle potenze cinetiche; he è la perdita di carico tra le due sezioni considerate. Il termine he dipende sia dalle perdite per attrito che da quelle per contrazione ed espansione. Si può valutare mediante la relazione:

dove: L è la lunghezza del tronco considerato; Sf è la cadente media tra le due sezioni; C è il coefficiente di perdita di carico per contrazione o espansione.

Il primo termine rappresenta la perdita totale per attrito, prodotto tra la distanza tra le due sezioni e la cadente media. Il programma prevede diverse possibilità di calcolo della cadente, che viene

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determinata presupponendo una suddivisione dell’alveo in sottosezioni all’interno dei quali la velocità possa ritenersi con buona approssimazione costante.

Il secondo termine della equazione per il calcolo delle perdite di carico rappresenta invece il contributo dovuto alla contrazione ed espansione dell’area bagnata; tali perdite sorgono nel momento in cui si abbia un allargamento o restringimento della sezione che determini una situazione di corrente non lineare. Il coefficiente C varia in un intervallo compreso tra 0.1 e 1 per correnti subritiche, mentre in caso di correnti veloci generalmente si assumono valori inferiori.

L’altezza del pelo libero, in riferimento ad una assegnata sezione, viene determinato mediante una risoluzione iterativa delle equazioni (1) e (2). Il modello fornisce inoltre i valori dell’altezza critica nelle diverse sezioni fluviali. Qualora si verifichino transizioni da corrente lenta e veloce o viceversa, in tali segmenti di asta fluviale l’equazione di bilancio energetico è sostituita dall’equazione globale di equilibrio dinamico.

Il modello HEC-RAS consente di modellare l’effetto indotto sulla corrente dalla presenza di attraversamenti fluviali, nel caso che il deflusso attraverso il ponte avvenga a pelo libero ma anche in pressione. La perdita di energia causata dal ponte è divisa in tre parti: in primo luogo le perdite che si hanno nella zona immediatamente a valle del ponte dove, generalmente, si ha un’espansione della corrente. Sono poi considerate le perdite di energia che si verificano durante l’attraversamento del ponte, nonché le perdite che si hanno immediatamente a monte, ove la corrente subisce una contrazione.

Per lo studio del deflusso attraverso un ponte HEC-RAS fa riferimento a quattro sezioni fluviali trasversali: sezione a monte del ponte, sezione di ingresso al ponte, sezione in uscita al ponte e sezione a valle del ponte. Il calcolo può essere effettuato utilizzando diverse soluzioni.

Il metodo del bilancio energetico (metodo standard step), che è stato utilizzato nell’ambito del presente studio, tratta la sezione in cui è presente il ponte esattamente come le altre, ad eccezione del fatto che l’area occupata dalla struttura viene sottratta dall’area totale e che il perimetro bagnato risulta incrementato per via del contributo dato dal ponte stesso. Poiché le perdite totali sono funzione delle perdite per attrito e delle perdite per contrazione ed espansione, occorre definire in questa fase i coefficienti necessari per il calcolo. In particolare, essendovi variazioni di velocità anche notevoli, il coefficiente di contrazione e soprattutto quello di espansione risulteranno sensibilmente maggiori dei valori assunti per i normali tronchi fluviali.

Il metodo del bilancio della quantità di moto si basa invece sull’applicazione dell’omonima equazione tra le quattro sezioni fluviali in precedenza descritte. Il modello permette all’utente di utilizzare, per lo studio di ogni ponte, ciascuno dei metodi sopra citati o eventualmente di selezionarli entrambi; il software provvede a restituire il profilo che prospetta la situazione caratterizzata da maggior criticità.

Le equazioni che governano le correnti a pelo libero in moto vario sono quelle di De Saint Venant, valide nelle ipotesi di corrente gradualmente variata e pendenza d’alveo contenuta. La risoluzione di dette equazioni differenziali è effettuata da HEC-RAS utilizzando uno schema implicito alle differenze finite a quattro nodi, definito in letteratura come box scheme, nel quale deve essere indicato un peso di discretizzazione temporale θ. Questo schema risulta incondizionatamente stabile per valori di θ compresi tra 0.5 e 1, condizionatamente stabile per θ uguale a 0.5 e instabile per θ < 0.5; nella realtà, soprattutto in presenza di strutture che alterino drasticamente la geometria della sezione, possono presentarsi situazioni in cui la stabilità del sistema di risoluzione non è garantita. Le equazioni di De Saint Venant si compongono dell’equazione di continuità e

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l’equazione di bilancio di massa, applicate ad un assegnato tronco fluviale. Nell’ipotesi di fluido incomprimibile, l’equazione di continuità si scrive come:

Q è la portata fluviale; A è l’area bagnata; S è l’area di accumulo, cioè l’area della sezione che non contribuisce al deflusso; e q è la portata per unità di larghezza dovuta agli apporti laterali. L’equazione del moto si scrive come:

dove: V è la velocità; Q è la portata; Sf è la cadente. Le equazioni (3) e (4) sono di tipo differenziale e non lineari; possono essere risolte per via iterativa o mediante tecniche di linearizzazione. L’analisi dell’effetto dei ponti in condizioni di moto vario è effettuata da HEC-RAS con due approcci alternativi: il primo si esplica sottraendo dall’area bagnata l’area occupata dalle spalle e dalle pile della struttura; il perimetro bagnato risulta incrementato sempre per la presenza del ponte e, conseguentemente, si ha una riduzione della capacità di portata. Si preferisce questa procedura nei casi di spalle non troppo alte e facilmente sommergibili. Il secondo approccio considera invece la sezione del ponte imponendo una condizione interna, con la definizione di relazioni Q-h (portata-altezza idrica) in sostituzione alle equazioni di moto vario.

5.2 DATI DI INPUT DEL MODELLO IDRAULICO DI CALCOLO

Per ricostruire il modello geometrico sono state inserite le sezioni dell’alveo dei corsi d’acqua oggetto di studio (vedi capitolo 3) e definite le curve di invaso delle celle (APE = Aree di Potenziale Esondazione) in cui è stato suddiviso il territorio. Al fine di aumentare la precisione della soluzione numerica le sezioni disponibili sono state aumentate mediante interpolazione, fino ad ottenere una distanza ragionevole fra una sezione e la successiva, evitando brusche variazioni delle sezioni stesse che possono condizionare la soluzione. Per quanto riguarda i ponti presenti nel modello questi sono stati modellati mediante due sezioni aggiuntive inserite subito a monte ed a valle dei manufatti, mentre l’impalcato è stato definito così come riportato nelle sezioni, senza alcuna approssimazione. Nel caso di ponti ad arco, l’andamento di quest’ultimo è stato riportato con un numero finito di punti.

Relativamente alle celle è opportuno evidenziare che queste sono state delimitate sulla base dei rilevati stradali, ferroviari ed arginali presenti; le curve di invaso delle varie celle sono state ricostruite utilizzando la cartografia CTR in scala 1:2000 disponibile. Le APE sono state idraulicamente connesse tra loro riportando il profilo della superficie di delimitazione tra le celle stesse ed inserendo gli attraversamenti presenti (sottopassi stradali, tombini di fossi, etc.) che sono stati appositamente rilevati.

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Le celle ricostruite sono in un numero di 10 di cui 3 al di fuori del territorio comunale (A08, A09, A10) e pertanto di non interesse ai fini della rappresentazione delle perimetrazioni delle aree allagabili.

Una volta ricostruito il modello geometrico, il primo passo dell’analisi consiste nel definire le condizioni al contorno da utilizzare per svolgere i calcoli. Svolgendo simulazioni con schema di moto vario è stato necessario utilizzare quali condizioni al contorno:

- gli idrogrammi di piena in ingresso alle sezioni iniziali e/o ai tratti dei corsi d’acqua studiati;

- la pendenza del tratto a valle della sezione di chiusura di studio del torrente Nievole.

È stato deciso di utilizzare la pendenza quale condizione di valle per tutti gli scenari studiati in quanto il tratto di interesse ai fini delle esondazioni è distante dal Padule di Fucecchio e pertanto non risentono dei livelli idrometrici del recettore.

Per assegnare il valore del coefficiente di scabrezza si è fatto riferimento all’osservazione diretta delle condizioni del corso d’acqua. Poiché tutti i corsi d’acqua analizzati presentano sezioni con sponde/argini in terra sono stati adottato valore di scabrezza secondo Manning pari a 0.035 m-1/3s.

Per le portate di input del modello di calcolo relativamente ai 12 scenari (tempo di ritorno 20, 30, 100, 200 anni con durate di 3, 6, 12 ore) sono stati utilizzati gli idrogrammi ricostruiti così come indicato nei precedenti capitoli.

5.3 RISULTATI DELLO STUDIO IDRAULICO

Nelle tabelle di cui all’Allegato 6 sono riassunti i livelli idrometrici all’interno di ciascuna cella suddivisi per i 12 scenari studiati per le 3 durate di riferimento (3, 6, 12 ore), per ciascun tempo di ritorno analizzato (20, 30, 100, 200 anni).

5.4 PERIMETRAZIONI DELLE AREE INONDABILI

Le perimetrazioni delle aree a pericolosità idraulica per i 4 tempi di ritorno studiati sono state ricostruite sulla base dei risultati ottenuti dal modello. La base topografica utilizzata è stata la carta CTR in scala 1:2000.

Le aree perimetrate indicate sulla carta (vedi Tavole 02 1/4) comprendono quindi sia le aree di accumulo, sia le zone interessate da battenti di transito a seguito del passaggio delle acque tracimate dagli argini/sponde dei corsi d’acqua studiati.

La definizione dei perimetri delle aree di accumulo è stata effettuata basandosi sull’inviluppo dei livelli idrometrici che risultano, per ciascun tempo di ritorno, dai quattro scenari di pioggia considerati (vedi Allegato 6).

I tratti di tracimazione, con indicazione delle portate esondate sono indicati nella Tavola 03.

Sulla base dei risultati del modello e della carta delle pericolosità, è stata inoltre elaborata una carta dei battenti per tempo di ritorno pari a 200 anni (vedi Tavola 05). La carta è stata redatta suddividendo i battenti per intervalli di 30 cm. All’interno di questa carta sono stati inoltre individuate quelle che sono le aree di transito delle esondazioni. Non essendo disponibili dati topografici delle aree a campagna di maggior dettaglio rispetto alla CTR 1:2000, la ricostruzione delle aree interessate da battenti di transito non è stata effettuata sulla base di specifici calcoli idraulici. Dette aree, così come già indicato all’inizio del capitolo 5, sono state pertanto individuate in ragione dei seguenti criteri:

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- morfologia delle aree ricostruita sulla base della CTR in scala 1:2000;

- valori delle portate tracimate lungo gli argini dei corsi d’acqua oggetto di studio (vedi Tavola 03) ed in transito nelle aree a campagna;

- battenti idraulici di transito che non superano i 30 cm.

6 ANALISI DEI RISULTATI DELLE SIMULAZIONI

Sulla base dei risultati del modello è emerso che il torrente Nievole ha mostrato carenze strutturali spesso anche per tempi di ritorno brevi in particolare per eventi di breve durata.

La carta della pericolosità mostra uno scenario gravoso per le aree poste in destra idraulica a nord del ponte su via Lucchese, per quelle in sinistra idraulica immediatamente a valle del ponte suddetto e soprattutto per la zona di fondovalle a confine con i Comuni di Pieve a Nievole e Monsummano.

7 CONCLUSIONI

Il presente studio idrologico-idraulico è stato redatto a supporto della variante al Regolamento Urbanistico del Comune di Serravalle Pistoiese.

Nell’ambito dello studio è stato analizzato il tratto di torrente Nievole, inserito nell'elenco dei corsi d’acqua principali classificati ai sensi della D.C.R. 12/00, che attraversa il territorio del Comune di Serravalle P.se ai fini della valutazione del rischio idraulico nelle aree già edificate e/o in quelle su cui sono possibili nuove previsioni edificatorie.

Il torrente Nievole è stato analizzato sia dal punto di vista idrologico che idraulico.

Sulla base dei risultati ottenuti utilizzando il modello sono state eseguite le perimetrazioni delle aree potenzialmente inondabili per eventi con tempo di ritorno pari a 20, 30, 100 e 200 anni in ottemperanza alle disposizioni normative regionali (vedi D.P.G.R. del 27/04/2007 n.26/R Regolamento di Attuazione dell’art.62 della L.R. 01/05) con metodologia conforme agli allegati alle norme di attuazione del Piano di Assetto Idrogeologico dell’Autorità di Bacino del Fiume Arno approvato con DPCM del 06/05/2005. E’ stata redatta una carta riassuntiva della pericolosità idraulica nella quale, per ogni tempo di ritorno, si è prodotto l’inviluppo delle condizioni di durata più gravose mappandolo sulla carta tecnica regionale 1:2000.

E’ stata elaborata una carta dei battenti idraulici sul territorio per eventi con tempo di ritorno pari a 200 anni in quanto evento di riferimento per il dimensionamento delle opere di mitigazione del rischio idraulico ed eventuali interventi di messa in sicurezza dei corsi d’acqua classificati.

In considerazione del fatto che lo studio in oggetto è stato eseguito con il livello di dettaglio pertinente a quello della pianificazione territoriale, riteniamo opportuno precisare che in fase di progettazione di piani attuativi e/o di interventi diretti che ricadono all’interno delle aree allagate per Tr pari a 200 anni è opportuno effettuare i necessari approfondimenti topografici relativi al lotto di interesse ed alle aree limitrofe al fine di stimare correttamente i battenti idraulici di riferimento. Per le aree soggette a condizioni di ristagno i valori a cui fare riferimento nella stima del battente sono i livelli idrometrici indicati nella Tavola 05, mentre per quanto riguarda le aree di transito sarà necessario stimare l’eventuale battente, che nel presente studio è stato quantificato inferiore a 30 cm, in ragione della morfologia dei luoghi ricostruita da un rilievo topografico di dettaglio della zona di interesse e dei valori delle portate esondate/in transito indicate nella Tavola 03.

Autorità di Bacino del Fiume Arno

BACINO PILOTA DEL FIUME OMBRONE PISTOIESE

applicazione della direttiva 2007/60/CE per la mappatura delle aree a pericolosità e rischio di alluvioni e aggiornamento del Piano per l’Assetto Idrogeologico (PAI)

Firenze, 30 novembre 2011

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Autorità di Bacino del Fiume ArnoPREMESSA

Con la Direttiva 2000/60 l’Unione Europea compie la scelta innovativa di approcciare e regolamentare il governo della risorsa idrica nella propria totalità e attraverso il superamento della storica tripartizione che ha caratterizzato da sempre questo settore: tutela delle acque, difesa dalle acque e gestione della risorsa idrica, al fine di ricondurlo ad un’unica cornice normativa di riferimento dalla quale promanano direttive specifiche, settoriali, ma che alla Direttiva madre devono essere ricondotte, nella convinzione che la tutela integrata quali-quantitativa sia fortemente interrelata alla gestione del servizio, così come anche alla tutela idrogeologica del comparto.

Analogamente il perseguimento degli obiettivi di qualità e le misure funzionali al loro raggiungimento, seppur in parte identificate in più interventi infrastrutturali di depurazione e fognatura, risentono e beneficiano anche di misure di regimazione delle acque riconducibili al governo quantitativo della risorsa.

In effetti, la “rivoluzione” della Direttiva 2000/60 costringe ad una rivisitazione dell’elementare rapporto causa/effetto, ovvero intervento/beneficio, inducendo a porre al centro del sistema il corpo idrico, valutandone il saldo dei benefici ad esso arrecati solo dopo aver tenuto in considerazione tutte le misure che direttamente o indirettamente influiscono sullo stesso, siano esse prettamente riconducibili al settore depurazione/fognatura, che misure di gestione prettamente quantitativa della risorsa a monte, piuttosto che azioni impattanti su corpi idrici differenti che però provocano benefici effetti qualitativi sullo stesso.

Anche dal punto di vista più strettamente istituzionale il disegno comunitario che individua nelle Autorità di distretto gli enti competenti ad attuare entrambe le Direttive 2000/60 e 2007/60 (con la compartecipazione di tutti gli enti di settore che ne hanno titolarità a cominciare dalle regioni), poggia saldamente sull’approccio integrato al governo e alla gestione della risorsa. Un unico livello istituzionale di area vasta (distretto) che pianifica, programma e rendiconta in merito all’attuazione delle due cornici comunitarie di riferimento.

In quest’ottica, e per quel che qui interessa, con la successiva direttiva 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007 relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni si è invece perseguito lo scopo di introdurre una specifica disciplina in materia di gestione del rischio di alluvioni, questione non presente tra i principali obiettivi della direttiva quadro sulle acque ma che ne va ulteriormente ad integrare il quadro generale delle cognizioni. È la stessa direttiva alluvioni ad affermare ciò nel punto 4 delle considerazioni. La scelta di agire sulla base di una visione unitaria è sottolineata altresì nel considerato n. 17 delle premesse alla direttiva alluvioni con il quale si esplicita chiaramente che l’elaborazione dei piani di gestione dei bacini idrografici della direttiva 2000/60/CE e l’elaborazione dei piani di gestione del rischio di alluvioni rientrano nella gestione integrata dei bacini idrografici. Non a caso anche i processi di

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Autorità di Bacino del Fiume Arnoformazione dei due masterplan devono essere condotti in modo tale da sfruttare le reciproche potenzialità di sinergie e benefici comuni, tenendo conto degli obiettivi ambientali della direttiva 2000/60, anche per garantire l’efficienza e un razionale utilizzo delle risorse, pur riconoscendo le particolarità dei due ambiti di azione.

Al fine di avvalorare ulteriormente questa filosofia si richiamano le specifiche disposizione della direttiva alluvioni e precisamente l’articolo 9, sotto il capo V rubricato Coordinamento con la direttiva 2000/60/CE, informazione e consultazione del pubblico. L’articolo in esame prescrive infatti agli stati membri di adottare misure appropriate per coordinare l’applicazione della presente direttiva nonché della direttiva 2000/60/CE, mirando a migliorare l’efficacia, lo scambio di informazioni ed a realizzare sinergie e vantaggi comuni tenendo conto degli obiettivi ambientali di cui alla direttiva 2000/60/CE.

La necessità evidenziata più volte dalla direttiva alluvioni è che le informazioni contenute nella pianificazione di bacino concernente il rischio di alluvioni siano coerenti con le pertinenti informazioni elaborate nell’ambito della direttiva quadro sulle acque, affinché il quadro conoscitivo possa essere letto in via unitaria e sulla base di un linguaggio comune. Proprio in tale ottica sia la predisposizione del piano di gestione alluvioni, sia il riesame e l’aggiornamento dei piani (acque e alluvioni), sia le relative fasi di partecipazione attiva delle parti interessate dovranno essere sempre opportunamente coordinate tra loro.

Proprio per valutare la correttezza dell’impostazione normativa adottata la Commissione Europea ha svolto un’analisi della legislazione Europea allo scopo di evidenziarne incongruenze ed inconsistenze mediante lo strumento del “Fitness Check”, una sorta di controllo di idoneità. I “Fitness Checks” hanno appunto lo scopo di verificare l’efficacia del corpo legislativo e stabilire se è “fit for purpose” per i differenti settori. Le analisi dei Fitness Checks confluiranno poi nel “Piano per la Salvaguardia delle Acque in Europa “ il cosiddetto Blueprint, che sarà pubblicato nel 2012.

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Autorità di Bacino del Fiume ArnoCome evidente dalla rappresentazione sopra, seppur la politica Europea dell’Acqua si sia sviluppata nel corso del tempo con l’adozione di una serie di direttive isolate e focalizzate su questioni specifiche, essa va considerata nel suo insieme come un più ampio “Framework” che ha l’obiettivo di trattare tutte le problematiche che riguardano la gestione della risorsa idrica ed il cui macrocontenitore è la direttiva 2000/60.

Le altre direttive, anche quando precedentemente adottate, (direttiva acque sotterranee 2006/111/CE, direttiva per il trattamento delle acque reflue urbane 91/271/CE, direttiva nitrati 91/676/CEE, direttiva sugli standard ambientali qualitativi) rimangono valide, laddove non differentemente specificato, rappresentando delle “direttive figlie”, parti integranti dell’ampio quadro normativo che riguarda la gestione della risorsa idrica in toto. La direttiva alluvioni è considerata, in questo contesto, la direttiva che amplia le prospettive (Extending the Scope) della politica quadro europea sulle acque integrandovi al suo interno la problematica della gestione del rischio alluvioni.

A conferma dell’impostazione per la quale la direttiva acque rappresenta la struttura centrale di riferimento della materia lo schema generale relativo alla direttiva quadro acque, previsto nella Strategia Comune di Implementazione (CIS – Common Implementation Strategy) per gli anni 2010/2012, considera tutti gli aspetti relativi alla gestione della risorsa, tra cui le alluvioni (WGF – Working Group F “Floods”), strutturandoli in gruppi di lavoro paralleli.

Il documento guida della CIS, come detto, specifica che “la direttiva 2007/60/CE dovrebbe essere implementata secondo un processo di implementazione a tre fasi ed i piani di gestione alluvione dovrebbero essere pubblicati nel 2015 in coordinamento con la direttiva 2000/60/CE”, sottolineando anche come uno dei temi rilevanti per il gruppo di lavoro F sia la forte interdipendenza tra la direttiva alluvioni e la direttiva quadro.

La stessa Direzione Generale Ambiente della Commissione Europea la quale evidenzia che i cicli di implementazione ed i meccanismi di reporting delle due direttive dovrebbero essere strettamente sincronizzati, considerata anche la disposizione contenuta nella direttiva 2007/60 per la quale gli Stati Membri possono prevedere di includere i piani di gestione ex direttiva alluvioni nei piani di gestione predisposti ai sensi della direttiva 2000/60.

IL QUADRO NORMATIVO NAZIONALE

In Italia la normativa concernente la difesa del suolo e, in particolare, il rischio idraulico, al momento dell’emanazione della direttiva alluvioni si trovava già ad un deciso livello di sviluppo. È purtroppo a seguito di tragici eventi che prende avvio la legislazione in tema di difesa del suolo e che, in seguito ad ulteriori calamità, si dirigerà più nello specifico verso il tema del rischio e dell’assetto idrogeologico. La prima importante innovazione legislativa del nostro paese si ritrova, con la legge 183 del 1989, nell’individuazione del bacino idrografico come unità fisica di riferimento per lo studio e la pianificazione in materia di difesa del suolo. Associata a questa novità è la creazione delle Autorità di

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Autorità di Bacino del Fiume Arnobacino, enti che superano i confini del limite territoriale amministrativo per provvedere così alla gestione unitaria a livello di bacino.

A seguito delle successive calamità di Sarno e Soverato il legislatore italiano costruisce un quadro di azione più specifico per fronteggiare la tipologia degli eventi accaduti attraverso una normativa più speditiva e d’emergenza che si basa su due assi portanti consistenti, in primo luogo, nel dotare gli enti di uno strumento di pianificazione specifico in materia di rischio idrogeologico, il Piano per l’Assetto Idrogeologico (PAI), in secondo luogo nel coinvolgere e strutturare funzionalmente il servizio nazionale di protezione civile – con riferimento alle due fasi del tempo differito e del tempo reale – nell’ambito degli eventi alluvionali. Si tratta del dl 180/98, dei collegati provvediemnti di modifica ed integrazione nonché del dpcm attuativo 29 settembre 1998.

Proprio facendo riferimento ad una già consolidata presenza di disposizioni sulla difesa del suolo nel nostro ordinamento, dal confronto dei contenuti specifici presenti nel decreto legislativo 49/2010 (che recepisce nel nostro ordinamento la direttiva 2007/60) con quelli del dpcm 29 settembre 1998 (Atto di indirizzo e coordinamento per l’individuazione dei criteri relativi agli adempimenti di cui all’articolo 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180) emerge infatti una sostanziale corrispondenza degli elementi da utilizzare per la predisposizione delle mappe di pericolosità e rischio. Non a caso il decreto 49 formula esplicito richiamo a quest’ultimo.

E niente innova pure in materia di protezione civile il decreto legislativo 49/2010 compiendo richiamo alla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 27 febbraio 2004, direttiva in vigore già da anni nel nostro ordinamento che individuava e strutturava, con accurata definizione di contenuti e di compiti, la gestione organizzativa e funzionale del sistema di allertamento nazionale e regionale per il rischio idrogeologico ed idraulico ai fini di protezione civile.

La novità di valore del citato decreto 49 rispetto al preesistente quadro relativo al rischio idraulico – costituito dal decreto-legge 180 del 1998 come modificato ed integrato, dal richiamato d.p.c.m., nonché dalle disposizioni di cui alla sezione I della parte terza del testo unico ambientale – è semmai rappresentata dall’inserimento della gestione di protezione civile dell’evento nell’atto di pianificazione.

Ed anche nel compiere il recepimento della direttiva alluvioni il decreto legislativo 49 mostra tale elemento di novità inserendo, rispetto ai contenuti presenti nella direttiva, le richiamate disposizioni nell’ambito del concetto di “gestione” del rischio idraulico riconducibili alle attività di protezione civile, tema nella direttiva solamente richiamato nelle considerazioni iniziali – punto 7 – allorquando viene affermato che la protezione civile può dare risposte adeguate alle popolazioni colpite e migliorarne la preparazione e la capacità di far fronte a tali tipi di calamità.

Il contenuto prescrittivo del decreto legislativo 49/2010 costruisce quindi per la prima volta un quadro unitario di azione nell’ambito della problematica del rischio idraulico,

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Autorità di Bacino del Fiume Arnoconcettualmente suddiviso nei due ambiti concernenti, il primo, l’attività di studio, di analisi, di approfondimento e quindi di pianificazione, il secondo, l’attività centrata sulla gestione in fase di evento e quindi di protezione civile vera e propria. L’importanza di tale impostazione è quella di ricondurre ambedue gli aspetti ad una gestione unitaria, pur trattandosi di aspetti attribuiti dalla legge alla responsabilità di differenti enti.

Se il precedente quadro normativo in ambito di rischio idraulico contemplava l’attività di studio e pianificazione di bacino, seppur comprensiva dell’analisi della possibile “mitigazione” del rischio, e le attività di protezione civile, disciplinando i due ambiti di azione in provvedimenti separati, con l’occasione data dal recepimento della direttiva europea 2007/60 il decreto legislativo 49/2010 mette invece in stretta correlazione – in un unico strumento legislativo - i due settori alla luce del nuovo concetto di “gestione del rischio”. E con questa innovativa visione il Piano di gestione dovrà essere composto da due parti: la pianificazione di bacino e la gestione del sistema di protezione civile.

L’integrazione dei piani di emergenza della protezione civile nel piano di gestione del rischio alluvioni, come l’integrazione della pianificazione delle Autorità di bacino – in ricorrenti casi già individuate centri di competenza – nella fase di prevenzione nel tempo differito del sistema nazionale di allertamento della Protezione Civile, non sono altro che le due facce della stessa moneta utilizzata dallo Stato per opporre resistenza con concreta efficacia all’evento alluvionale.

LA PIANIFICAZIONE DELL’AUTORITÀ DI BACINO DEL FIUME ARNO

L’Autorità di bacino del fiume Arno, alla fine degli anni ‘90, ha provveduto agli adempimenti richiesti (Piano straordinario, misure di salvaguardia) giungendo infine alla predisposizione del Piano per l’Assetto Idrogeologico (PAI), approvato con il d.p.c.m. 6 maggio 2005. Il PAI provvede a mappare il territorio del bacino del fiume Arno definendo le aree a pericolosità idraulica sulla base delle 4 classi indicate dall’atto di indirizzo e coordinamento, adottato con il d.p.c.m. 29 settembre 1998 in attuazione delle prescrizioni di cui al dl 180/1998. La perimetrazione delle aree è stata effettuata quindi su due livelli: a quello di sintesi (alla scala 1:25.000) e a quello di dettaglio (alla scala 1:10.000), in ragione delle informazioni relative alle aree allagabili definite su base storico-inventariale o su base analitica.

Per la necessità di seguire costantemente l’evoluzione di questa pianificazione in conseguenza del compimento degli approfondimenti, dell’aggiornamento delle conoscenze in ambito tecnico-scientifico e delle mutazioni di fatto verificatisi nei territori (dovute ad eventi naturali o ad atti dell’uomo) il Piano in esame ha previsto al suo interno procedure per la modifica e l’aggiornamento dello stesso, appositamente individuate e regolate dal combinato disposto degli articoli 27 e 32 delle norme di attuazione. A dette procedure, durante questi anni di vigenza, hanno ampiamente fatto ricorso le amministrazioni locali interessate per aggiornare i propri strumenti urbanistici dando

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Autorità di Bacino del Fiume Arnomodo, al tempo stesso, a questa Autorità di procedere ad un aggiornamento continuo e costante del PAI.

PERCHÉ IL BACINO DEL FIUME OMBRONE

Nell’ambito del territorio del bacino del fiume Arno, fin dalle prime elaborazioni del progetto di Piano per l’Assetto Idrogeologico nel 1999, è prepotentemente apparsa la complessità del sistema idraulico nello specifico bacino del fiume Ombrone Pistoiese, inducendo ad alcune semplificazioni sia nelle scelte modellistiche, sia nella definizione delle aree a pericolosità idraulica del PAI.

Il fiume Ombrone è un affluente in riva destra dell’Arno, nel quale si immette dopo l’area metropolitana di Firenze, subito a valle dell’abitato di Signa, e presenta un bacino idrografico di circa 490 kmq. L’Ombrone nasce dal rilievo montuoso dell’Appennino Pistoiese e si sviluppa, con una ampia valle sostanzialmente pianeggiante, fino a raggiungere il tratto fiorentino dell’Arno. Il fondovalle si presenta densamente urbanizzato e con una dinamica idrologica ed idraulica assai complessa, derivante da un reticolo fortemente dipendente sia dalle vicende geologiche che dai fatti storici di cui è stato oggetto nei secoli. Al reticolo principale, importante per dimensioni e magnitudo degli eventi di piena, si sovrappone e si inserisce un capillare sistema di cosidette “acque basse”, canali ed opere di bonifica, gore e derivazioni. La complessità idraulica del bacino e la forte pressione causata dalla rilevante espansione economica ed urbanistica presente in questo fondovalle ha reso particolarmente problematica l’omogenea ricostruzione degli scenari di rischio alluvionale nel bacino di tale affluente dell’Arno.

L’area del bacino del fiume Ombrone negli studi a supporto della redazione del PAI è stata indagata per la maggior parte attraverso la metodologia di elaborazione analitica da cui sono derivati stralci cartografici alla scala di dettaglio. Nell’analisi di questa parte di territorio di bacino inoltre sono stati inclusi i risultati dello studio “Bacini idrografici torrenti Ombrone Pistoiese – Bisenzio – riduzione del rischio idraulico – Progettazione preliminare degli interventi” redatto dalle province di Prato e Pistoia, studio che permetteva di integrare le maggiori informazioni contenute sulle zone di allagamento per ristagno di acque basse in tali bacini. L’Autorità di bacino pertanto per l’elaborazione delle aree analitiche del PAI ha valutato nel lavoro, per i tempi di ritorno di 10, 20, 50, 100 e 200 anni, oltre ai volumi di inondazione derivanti dal sistema “acque alte”, i volumi idrici relativi ai sistemi “acque basse”.

Con l’entrata in vigore del PAI la gestione delle procedure attivate dalle amministrazioni comunali presenti nel bacino dell’Ombrone per provvedere all’approfondimento del quadro conoscitivo e alla presentazione delle proposte di modifica al Piano ha fin da subito evidenziato il verificarsi di alcune difficoltà aggiuntive nella definizione di un quadro conoscitivo unico, omogeneo e condiviso dell’area de quo, a causa dell’utilizzo di ulteriori e differenti modelli e schemi numerici da parte di ogni singola amministrazione, indipendenti l’uno dall’altro, poiché legati alle particolari necessità di ogni ente e del suo specifico territorio di competenza.

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Autorità di Bacino del Fiume ArnoPartendo proprio dall’analisi di tale contesto l’Autorità di bacino ha deciso di procedere alla revisione degli schemi adottati, dando vita ad un percorso di aggiornamento del Piano che arrivasse all’individuazione di uno strumento modellistico e di definizione della pericolosità idraulica univoco e fortemente condiviso tra i soggetti istituzionali. La proposta di lavoro è stata presentata nella seduta di Comitato Tecnico tenutasi il 14 dicembre 2010 e si è concretizzata tramite l’utilizzo esclusivo di risorse umane, dati, strumenti di calcolo, dotazioni e modelli di questa Autorità, senza alcun ricorso all’utilizzo di contributi esterni. Si è trattato, in sintesi, di rendere omogenee e fruibili le banche dati esistenti, arricchirle con nuove informazioni, assemblarle in maniera coerente, sviluppare ed applicare i sistemi di calcolo e verificare la conformità dei risultati ai dati di input nonché alla conoscenza e all’esperienza maturata in questo specifico ambito.

Il lavoro di studio si è articolato altresì in fasi di condivisione e partecipazione con le amministrazioni territorialmente competenti, per le quali l’aggiornamento del PAI riveste rilevante importanza dato che l’area metropolitana afferente al bacino dell’Ombrone rappresenta, sia per la vulnerabilità a cui è soggetta, sia per la forte pressione economica delle attività esistenti, una zona estremamente cruciale.

Durante questa fase di lavoro sul sottobacino in questione la coincidenza temporale del recepimento della direttiva comunitaria relativa alla gestione del rischio di alluvioni ha, in tempi brevi, concretizzato un’ulteriore occasione di approfondimento conoscitivo e di interessante sperimentazione nel territorio oggetto dello studio. In altre parole, l’occasione fornita dall’avere già impostato una revisione degli attuali strumenti di definizione della pericolosità idraulica in un importante sottobacino dell’Arno ha dato modo di testare l’utilizzo dei metodi e delle conoscenze già in uso in rapporto al nuovo impianto normativo e tecnico definito in sede europea; e ancora, ha dato la possibilità di poter ulteriormente verificare l’affidabilità dei modelli predisposti e di sviluppare nuove soluzioni progettuali che tengano conto di altri scenari (come il cambiamento climatico) o di ulteriori parametri di maggior dettaglio, quali la velocità e il trasporto solido.

Alla luce di quanto precedentemente illustrato con riferimento al quadro normativo europeo e all’importanza di avere un riferimento univoco per ciò che riguarda la gestione della risorsa idrica - sia per ciò che riguarda il suo corretto utilizzo che per quello che concerne le conseguenze che i suoi estremi, piene e magre, possono avere nei confronti dell’ambiente e dell’uomo - la metodologia di elaborazione delle informazioni e dell’intero lavoro è stata sviluppata facendo riferimento ai contenuti della direttiva 2007/60/CE (Direttiva Alluvioni) e alla direttiva “madre” 2000/60/CE (Direttiva Acque) di cui la direttiva alluvioni è diretta emanazione.

Si è così definito un progetto di lavoro in cui l’aggiornamento del PAI Ombrone ha rappresentato non solo un punto di arrivo, peraltro importantissimo, ma un punto di passaggio, un eccellente ambiente di studio, nel quale orientare la realizzazione di strumenti, quali le mappe di pericolosità e rischio, nell’impostazione di base, nelle elaborazione e nei dati utilizzati, a soddisfare gli obblighi richiesti dalle direttive

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Autorità di Bacino del Fiume Arnocomunitarie e gli obiettivi nelle stesse individuati. Il lavoro pertanto che prende le mosse dal procedimento di modifica del PAI si dirige quindi, adesso, verso la realizzazione delle mappe di pericolosità e rischio dell’intero bacino che è prevista alla scadenza del giugno 2013 nonché verso la successiva predisposizione del Piano di gestione alluvioni per il giugno 2015. Il processo di aggiornamento del PAI per il sottobacino dell’Ombrone rappresenta di fatto la prima espressione del piano di gestione alluvioni, un bacino pilota su cui si è deciso di sviluppare il percorso progettuale, di valutarne i risultati, di testarne l’applicabilità ad altre aree, verificandone la corrispondenza alle richieste emergenti in sede europea.

METODOLOGIA SVILUPPATA

L’elemento strategico fondamentale, alla base di tutto l’impianto definito dalla direttiva “acque”, è rappresentato dal corpo idrico. Questo elemento è, in sintesi, il tratto elementare minimo, con caratteristiche omogenee, su cui valutare le pressioni, stabilire gli impatti, definire lo stato di qualità chimica, ecologica ed ambientale, inquadrare gli obiettivi, delineare gli interventi e monitorarne l’efficacia. Rappresenta l’elemento su cui è concentrata tutta l’azione pianificatoria e programmatica per far sì che sia raggiunto, mantenuto o migliorato lo stato di qualità buono.

I corpi idrici sono tratti di reticolo idrografico, laghi, ma anche tratti di costa ed acque di transizione, definiti mediante una metodologia assai complessa, che presentano una loro realtà geografica e vengono rappresentati cartograficamente da linee, punti e poligoni definiti, con attributi e metadati rigorosi. La restituzione dei dati di ogni singolo corpo idrico o di un insieme di corpi idrici appartenenti ad un bacino o ad un insieme di bacini deve essere fatta con modelli e metodiche di restituzione cartografica digitale espressamente definiti secondo i criteri dettati dal sistema WISE (Water Information System for Europe).

Essendo nella visione europea la direttiva “alluvioni” emanazione diretta della direttiva “acque” – per le quali viene infatti concepito un allineamento temporale negli adempimenti, definendo la coincidenza di scadenze temporali tra il primo aggiornamento del Piano di Gestione delle Acque e la prima emanazione del Piano di Gestione delle Alluvioni - è evidente allo stato dei fatti un vicendevole scambio di azioni causa-effetto circa le problematiche rischio idraulico e qualità della risorsa riconducibili al medesimo corpo idrico.

Le azioni che si esplicano nel ciclo delle acque (magre, morbide, piene) e nel loro utilizzo, sono contestualizzate (individuate) alla scala del bacino idrografico che è, appunto, lo spazio territoriale contenente l’insieme dei corpi idrici facenti parte del reticolo superficiale e delle acque sotterrane, così come definito nei principi della 2000/60/CE. Per costruire quindi una sinergia delle fasi di lavoro e per il continuo e proficuo scambio di informazioni e risultati tra le due direttive, la scelta è stata quella di individuare un “contenitore” comune in cui fosse possibile inserire e gestire tutto il quadro conoscitivo e

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Autorità di Bacino del Fiume Arnola mole dei dati derivanti dai due impianti normativi, sotto l’aspetto quantitativo e qualitativo, cartografico e modellistico, statistico e di restituzione dati.

Risulta chiaro, in prima istanza, che la primaria difficoltà nell’associare i dati di competenza delle due direttive è rappresentata dal fatto che mentre per la direttiva “acque” le problematiche qualitative della risorsa, discendenti da pressioni, qualità ed azioni, si collegano direttamente ad un corpo idrico, individuato come elemento lineare monodimensionale, la pericolosità idraulica ed il rischio di alluvioni - ex direttiva 2007/60 - sono connessi ad un’attività di propagazione delle acque sul territorio, tradotta in una mappatura, che non potrà che essere rappresentata da informazioni areali bidimensionali. Ulteriore specificità è data dal fatto, evidenziato dagli studi condotti proprio su questo bacino, che i corpi idrici individuati possono anche non essere, o essere solo in parte, espressione di rischio idraulico in quanto la possibile allagabilità di un’area può dipendere in genere da più corsi d’acqua e non solo dal corpo idrico in essa presente.

La soluzione individuata per superare le specificità appena illustrate è stata quella di associare numericamente e cartograficamente al corpo idrico un interbacino direttamente scolante in esso e il sottobacino di monte. Tale operazione, spiegata nel dettaglio nel paragrafo che segue, permette di associare al tratto in questione un’area a collegamento “diretto” in cui eventuali azioni esplicano un effetto direttamente correlato al corpo idrico, ed un’area di monte nella quale eventuali azioni o cause hanno effetti sullo stesso corpo idrico. Questa soluzione permette, pur con qualche svantaggio che vedremo in seguito, di inquadrare tutte le problematiche e le informazioni inerenti alle due direttive in un medesimo “contenitore”, di consentire eleborazioni modellistiche e restituzioni cartografiche con la stessa codifica e, di fatto, di attuare l’interconnessione e l’interoperabilità tra le due direttive, le cui informazioni risultano quindi gestite nel medesimo geodatabase. Tutto ciò naturalmente osservando i requisiti WISE richiesti dalle direttive.

Nel paragrafo seguente è spiegata nel dettaglio la procedura utilizzata.

LA COERENZA CON I CORPI IDRICI DELLA DIRETTIVA 2000/60/CE E LA DEFINIZIONE DEL RETICOLO IDROGRAFICO DI RIFERIMENTO

Come più volte ricordato la direttiva 2007/60/CE, al capo 5, prevede espressamente il coordinamento con la direttiva 2000/60. Pertanto viene fatto esplicito riferimento al fatto che le informazioni derivanti dagli strumenti operativi previsti dalle due direttive, devono essere coerenti tra loro e devono consentire il riesame congiunto dei risultati raggiunti, tenendo conto anche degli obiettivi ambientali assegnati ai corpi idrici ai sensi della 2000/60.

Appare pertanto molto utile che, una volta definiti pericolosità e rischio idraulico sul territorio, sia possibile effettuare una stima dei risultati ottenuti anche a livello di corpo idrico di cui alla direttiva 2000/60. Ovviamente, visto che le elaborazioni previste dalla 2007/60 interesseranno anche ambiti fluviali non codificati come corpi idrici, è opportuno

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Autorità di Bacino del Fiume Arnoprocedere alla definizione dei bacini sottesi a questi ultimi, in modo da riferire le varie elaborazioni su pericolosità e rischio idraulico a tali ambiti e creare una relazione diretta tra i due strumenti di pianificazione.

In particolare, con riferimento sia all’aggiornamento del Piano di Gestione delle Acque che alla predisposizione del Piano di gestione del rischio alluvioni, appare evidente come sia importante definire, per ogni corpo idrico, sia il bacino a drenaggio diretto, in modo da considerare gli effetti diretti dei vari fenomeni esaminati, che l’intero bacino a monte del suo punto di chiusura, in modo da poter effettuare stime cumulate dei parametri considerati.

Per individuare i bacini a drenaggio diretto è necessario disporre di un modello digitale del terreno ideologicamente corretto e coerente con il sistema fluviale di riferimento. Una volta trasformato il reticolo fluviale dei corpi idrici in formato raster, assegnando ad ognuno di essi un identificativo numerico, è sufficiente individuare automaticamente gli spartiacque (watershed) utilizzando tale reticolo come punti di scorrimento (pour point).

Per testare questa procedura e verificare la sua effettiva funzionalità per le finalità di raccordo tra le due direttive, sono stati innanzi tutto estratti i bacini a drenaggio diretto riferibili ai 344 corpi idrici della direttiva 2000/60 ricadenti nel bacino idrografico del fiume Arno.

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Delimitazione dei bacini a drenaggio diretto (watershed) nel bacino dell'Arno

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Nella figura sopra riportata viene evidenziato il bacino di riferimento per il corpo idrico CI_N002AR081fi3, corrispondente al tratto fiorentino del fiume Arno che va da Pontassieve a Montelupo. In questa figura è riportata altresì la perimetrazione delle aree a diverso grado di pericolosità idraulica individuate nel Piano Assetto Idrogeologico (PAI) del bacino dell’Arno. I bacini interessati da pericolosità idraulica risultano 188 su 344 totali.

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Per mettere in relazione gli aspetti di pericolosità idraulica con quelli di qualità ambientale, aspetti a cui fanno riferimento le due direttive, è stato scelto di utilizzare un database relazionale di tipo spaziale che, nello specifico, è costituito da un personal geodatabase di ArcGIS.

Nel modello concettuale è possibile osservare che la relazione 1:1 tra corpi idrici 2000/60 e bacini di riferimento 2007/60 da essi derivati, permette di avere un collegamento univoco tra le due direttive con possibilità di associare ad ogni corpo idrico le superfici delle aree a diverso grado di pericolosità idraulica previste dalla direttiva 2007/60, oltre a tutte le ulteriori elaborazioni su infrastrutture a rischio, popolazione residente, etc.

All’interno di questo DBMS sono stati inseriti gli strati informativi riguardanti corpi idrici, bacini a drenaggio diretto, pericolosità idraulica PAI e stato/obiettivi di qualità ambientale ai sensi della direttiva 2000/60. Tramite l’identificativo del corpo idrico, codificato secondo lo standard europeo, sono state quindi create le relazioni che ci consentono di effettuare richieste congiunte sulle diverse informazioni in riferimento al medesimo corpo idrico, come riportato nel seguente schema.

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Oltre alla sua utilità come strumento di raccordo tra le due direttive europee, il processo di definizione dei bacini precedentemente illustrato, individuando un’entità areale di riferimento per ogni corpo idrico, permette anche di analizzare in modo più concreto e realistico tanto l’impatto dei vari elementi di rischio distribuiti sul territorio, che l’efficacia degli interventi. Ciò naturalmente sia per quanto riguarda gli aspetti di interesse della direttiva acque che quelli della direttiva alluvioni.

Il poter raffigurare i dati, i quadri conoscitivi, le pressioni e le azioni di piano, il monitoraggio e l’efficacia delle opere relative agli ambiti delle due direttive allo stesso corpo idrico e quindi allo stesso geodatabase, consente pertanto la relazione diretta tra le attività di piano derivanti da 2007/60 e 2000/60, raggiungendo così la coerenza ed integrazione espressamente richieste. Sotto l’aspetto pratico ciò permette peraltro, come rilevato in precedenza, di redigere analisi statistiche adeguate e riferite ad ambiti geografici ben precisi (bacini a diretto di riferimento del corpo idrico, insieme dei bacini di monte, sottobacino, etc.) con valutazione di efficacia degli interventi esplicitamente mirata all’ambito di riferimento prescelto.

ANALISI DEL METODO DI ASSOCIAZIONE TRA LE DUE DIRETTIVE COMUNITARIE

I vantaggi del tipo di rappresentazione e codifica utilizzata sono stati evidenziati più volte. Tuttavia appare opportuno dar conto altresì di quali possano essere anche gli aspetti negativi di tale metodologia.

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Autorità di Bacino del Fiume ArnoInnanzitutto è necessario rilevare che, secondo le specifiche della 2000/60/CE, i bacini di ridotte dimensioni - con criteri che variano da Regione a Regione - sfuggono alla tipizzazione e, quindi, alla successiva definizione dei corpi idrici. Di conseguenza, ad esempio, si può verificare il caso di bacini soggetti a rischio idraulico, che sono direttamente scolanti in mare e che, quindi, sfuggono ad una classificazione rigorosa in quanto non risultano come corpi idrici. Questo fatto nello specifico ha scarso interesse per il bacino dell’Arno ma ha sicuramente una certa importanza per i bacini di tipo ligure che presentano ridotte dimensioni (e quindi esulano in molti casi dalla tipizzazione e classificazione) ma che hanno un rilevante rischio di alluvioni.

Altra osservazione è che solitamente le aree allagabili dipendono dal verificarsi di eventi che derivano da molteplici scenari e dall’insufficienza idraulica di più corsi d’acqua. Questo fatto comporta che la perimetrazione di un’area allagabile, ricadente all’interno di un’area idrograficamente afferente ad un corpo idrico, non dipende esclusivamente da quello che accade in quel tratto specifico, ma è determinata da più situazioni che possono interessare i corpi idrici di monte (esondazioni che si verificano in altri corpi idrici del medesimo corso dacqua e che vanno ad interessare e/o accumularsi in un’area afferente diversa posta più a valle), che possono interessare corpi idrici riferiti a corsi d’acqua limitrofi diversi, che possono interessare corpi idrici di valle (del medesimo corso d’acqua o di diversi corsi d’acqua) e che hanno effetti di rigurgito sulle aree di monte. Questo è evidentemente presente anche con riferimento allo stato di qualità del corpo idrico ex 2000/60/CE, che non deriva esclusivamente da quello che accade in quel corpo idrico ma dipende anche (e in molti casi in maniera preponderante) dalle pressioni e dagli interventi esercitati nei tratti di monte e/o di valle, e nei corpi idrici limitrofi. Pertanto la associazione di aree allagabili ad un determinato bacino afferente ad un corpo idrico deve essere compiuta con attenta ponderazione, ponendo particolare attenzione nello specificare, nel database associato al corpo idrico, le opportune indicazioni e note necessarie per la corretta definizione di pericolosità e rischio. In ogni caso la gerarchizzazione dei corsi d’acqua consente di raggruppare più corpi idrici (e le rispettive aree di interesse) in interbacini e sottobacini che, ai sensi di 2000/60 e 2007/60, possono descrivere ottimamente, rispettando le specifiche WISE, i requisiti richiesti dalle suddette direttive.

Ulteriore osservazione ascrivibile è quella che eventuali affluenti di un determinato corpo idrico, affluenti non classificati come corpi idrici a se stanti ma che di fatto concorrono alla determinazione delle aree allagabili, non assumono una precisa codifica ai sensi della direttiva 2000/60. E questo, ad esempio, accade frequentemente proprio nel bacino del fiume Ombrone. Si deve tuttavia significare che questi sono ricompresi nelle aree afferenti al corpo idrico (che ricordiamo è la porzione di bacino idrografico direttamente scolante nel corpo idrico) e che, pertanto, possono essere accuratamente descritti e considerati nei dati e nelle informazioni riferiti a tale area.

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Autorità di Bacino del Fiume Arno

Nell’immagine sopra riportata sono tracciati i corsi d’acqua che sono stati considerati nella definizione della pericolosità dell’Ombrone e le relative celle di esondazione. Se si confronta tale immagine con la seguente, che riporta i 24 corpi idrici definiti per il bacino dell’Ombrone si vede chiaramente che alcuni corsi d’acqua modellati non sono indicati, ma si vede anche chiaramente che i corsi d’acqua suddetti ricadono interamente nelle aree afferenti ai corpi idrici.

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Reticolo modellato e APE individuate per la definizione della pericolosità idraulica dell'Ombrone

Autorità di Bacino del Fiume Arno

LA MODELLAZIONE SVOLTA, I DATI DI BASE E LA PERICOLOSITÀ IDRAULICA

Il PAI individua, per tutto il bacino dell’Arno, la pericolosità idraulica. Tale pericolosità è definita su due livelli di approfondimento, storico-inventariale in scala 1:25.000 e su base analitica, mediante modellazione idraulica in scala 1:10.000. Le classi individuate sono 4, da pericolosità moderata a molto elevata, distinte per tempi di ritorno (frequenza di accadimento) e, per la parte modellata nelle classi elevata e molto elevata, altresì in base al battente statico. La direttiva 2007/60/CE pone tra i requisiti per la definizione della pericolosità la frequenza di accadimento, consigliando di definire tre scenari di tempo di ritorno, indicando come sia facoltà degli enti individuati dagli Stati membri come unit of management, considerare anche altri parametri, tra i quali il battente correlato agli scenari considerati, la velocità dell’acqua, etc. Pone inoltre come fondamentale la considerazione degli scenari di cambiamento climatico.

L’insieme di questi elementi, al momento della definizione dell’approccio modellistico da utilizzare per la determinazione della pericolosità idraulica dell’Ombrone, è stato attentamente valutato al fine di individuare uno strumento che consentisse, nel transitorio, di rispondere ai requisiti del PAI vigente e, nelle fasi successive, di ottenere le risposte a quanto richiesto dalla 2007/60. Tutto ciò richiamando inoltre anche i requisiti minimi

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Autorità di Bacino del Fiume Arnocomuni che sono stati definiti alla scala di Distretto dell’Appennino Settentrionale, mediante l’attività di coordinamento svolta dall’AdB Arno. Nel successivo capitolo “La pericolosità idraulica e le mappe di rischio secondo la direttiva alluvioni” sono spiegate in dettaglio le questioni affrontate, relative alla definizione delle mappe di pericolosità e rischio ai sensi della direttiva.

Ai fini di una corretta impostazione modellistica è estremamente importante la valutazione della consistenza dei dati di base. La risposta che può fornire l'applicazione di un modello si avvicina maggiormente alla possibile realtà quando, oltre alla qualità del modello utilizzato, si può contare su set di dati di base correttamente implementati e validati. Tra i dati di base fondamentali per la modellazione idrologica ed idraulica risultano prioritari i seguenti:

• distribuzione e serie dei dati corrispondenti agli afflussi;

• distribuzione e serie dei dati corrispondenti ai deflussi;

• dettaglio del DTM e del DSM del terreno;

• distribuzione spaziale e temporale delle sezioni idrauliche;

• distribuzione e conoscenza delle singolarità idrauliche (ponti, traverse, sottopassi, opere idrauliche, portelle, connessioni, etc.).

Per quanto riguarda la modellazione idrologica - ovvero la trasformazione da afflussi a deflussi - è oramai prassi comune fare riferimento, per quanto riguarda i bacini toscani, ad uno standard oramai affermato e consolidato quale il modello ALTO (Alluvioni in Toscana), sviluppato in collaborazione dalla Regione Toscana e l’Università di Firenze; tale modello fornisce la stima regionale per le portate di piena di tutti i corsi d’acqua toscani, fornendo i contributi idrologici in svariate sezioni del reticolo idrografico.

Per quanto riguarda DTM e sezioni, invece, il fatto di avere dati recenti e di dettaglio costituisce il presupposto fondamentale per una corretta analisi di previsione dei fenomeni alluvionali. Per altro una delle voci di costo più elevate quando si va a realizzare cartografia di pericolosità e rischio idraulico è proprio quella relativa al rilevamento in campagna e relativa restituzione digitale di sezioni e rilievi.

Per affrontare tale aspetto è stata innanzitutto valutata la consistenza spaziale dei rilievi esistenti, considerando come elemento prioritario la data di realizzazione. Sono stati quindi acquisiti i rilievi e le sezioni idrauliche realizzate da altri enti per scopi simili e sono stati confrontati sia tra loro, che con la cartografia digitale esistente (C.T.R. Regione Toscana) e il relativo “Sistema delle Acque” (una elaborazione realizzata da questa AdB in collaborazione con la Regione Toscana) che riporta in dettaglio in forma vettoriale tutte le informazioni di carattere idrografico, compreso il DTM maglia 10 x 10 m, ricavabili dalla CTR. Questa operazione ha presentato diversi lati non propriamente positivi, in quanto frequentemente i rilievi realizzati da enti diversi, in tempi diversi, hanno evidenziato difformità sia tra loro che con la CTR. In base a tale risultato è stato preso in

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Autorità di Bacino del Fiume Arnoconsiderazione un’altra possibilità, ovvero di utilizzare, sia ai fini della modellazione che della restituzione, i dati ricavabili dalle immagini LIDAR di recente acquisizione per tutto il bacino dell’Ombrone - ma di fatto disponibili per tutto il bacino dell’Arno tramite sia dati elaborati dalla Regione Toscana che dal Ministero dell’Ambiente (Piano Straordinario di Telerilevamento Ambientale) - . Da tali immagini, che hanno l'indubbio vantaggio di avere dati omogenei per tutto il bacino, si può ricavare sia DTM che DSM a maglia 1 x 1 m, punti quotati, sezioni topografiche ed idrauliche secondo qualsiasi direzione possa interessare. Anche se a livello locale si possono, raramente, rilevare degli errori relativi di quota derivanti da particolari singolarità, la distribuzione omogenea e la possibilità di confronto e taratura diretta con capisaldi e sezioni di riferimento, rende il LIDAR uno strumento formidabile per l’utilizzo modellistico idraulico. Anche l’osservazione relativa al fatto che un segnale laser non può oltrepassare le superfici liquide, e quindi non risultano rilevabili i fondo alvei dei fiumi, viene superata mediante la considerazione che circa l’80% del reticolo idraulico superficiale dell’Ombrone rilevato dal LIDAR, e considerato per la modellazione, si presenta in stato di magra, con altezze del battente idraulico in alveo al massimo di qualche centimetro. In ogni caso per superare tale incertezza è stato effettuato il raccordo, per gli alvei geometricamente consistenti, con le sezioni esistenti al fine di ricostruire anche la porzione sotto battente.

LO SCHEMA DI CALCOLO

Una volta definiti gli input relativi ai dati di base, siamo passati alla scelta del modello idraulico che potesse soddisfare sia il “transitorio” (PAI) che il “definitivo” (mappe di

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Immagine LIDAR con esempi di sezioni ricavate e validazione

Autorità di Bacino del Fiume Arnopericolosità e rischio secondo la direttiva alluvioni). Considerate le caratteristiche morfologiche del bacino del fiume Ombrone Pistoiese, la complessità del reticolo idraulico, la presenza di numerosi corsi d’acqua definibili come “acque basse”, regolati da portelle, porte vinciane, ecc. e la presenza di importanti opere idrauliche, quali casse di espansione con sfioratore a soglia fissa o mobile, si è ritenuto necessario adottare uno schema di moto vario unidimensionale in alveo.Per descrivere i fenomeni di tracimazione e di allagamento del territorio, è stato adottato lo schema quasi-bidimensionale, con l’individuazione di aree di potenziale esondazione (APE) collegate con il corso d’acqua e tra loro tramite sfioratori. Il perimetro delle APE, le relative curve di invaso e le caratteristiche geometriche degli sfioratori sono state ricavate, come già evidenziato, dall’analisi del territorio tramite LIDAR.In questo contesto è stata scartata l’applicazione, su tutto il territorio di interesse, di uno schema di moto vario bidimensionale in quanto la preparazione dei dati di input ed i run del modello richiederebbero un onere di lavoro tale da far concludere, presumibilmente, il lavoro in tempi superiori rispetto a quelli fissati. Inoltre l’applicazione del modello bidimensionale su aree di estensione così ampia non è ancora stata testata ed in ogni caso necessiterebbe di un centro di calcolo di dimensioni rilevanti. I casi conosciuti riguardano aree di estensione molto più contenuta e celle di calcolo di dimensioni superiori (almeno 20x20 m) rispetto a quelle disponibili con il lidar (1x1 m). È apparso invece ragionevole, sia in termini di correttezza dello schema e dei risultati che di oneri di potenzialità e tempo di calcolo, adottare il modello di moto quasi-bidimensionale, riservandoci, eventualmente, in un secondo momento la valutazione di uno schema di calcolo bidimensionale su aree limitate di studio che si possono rivelare di particolare interesse, specie per la determinazione del rischio, lì dove è importante conoscere la distribuzione spaziale dei flussi idrici nonché le velocità di scorrimento.

MODELLI DISPONIBILI

I software, disponibili a questa Autorità, che si basano sullo schema di moto vario unidimensionale in alveo e quasi-bidimensionale nelle aree allagate sono:

o Hec-Ras versione 4.0, software open source, scaricabile gratuitamente da internet;o Mike 11, software acquistato dall’Autorità di bacino, aggiornato alla versione 2008.

L’unico software disponibile a questa Autorità, che adotta lo schema di moto bidimensionale è Mike 21, acquistato ed aggiornato alla versione 2008.

VALUTAZIONI SUI MODELLI DISPONIBILI

La maggior parte degli studi esistenti sul territorio di interesse fa riferimento al software Hec-Ras, in quanto, trattandosi di un prodotto open source, la sua diffusione risulta molto maggiore rispetto a quella di Mike, sia presso enti pubblici che presso liberi professionisti, costituendo così un formato di riferimento nel campo della modellazione idraulica.

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Autorità di Bacino del Fiume ArnoIn particolare, nell’ambito dei bacini dell’Ombrone Pistoise e del Bisenzio, sono sviluppati con Hec-Ras:

o modellazioni idrauliche di alcuni studi presentati dai comuni per le procedure delle osservazioni al PAI e degli artt. 27 e 32 del PAI;

o modellazioni idrauliche a supporto della progettazione degli interventi previsti dal Piano stralcio Rischio Idraulico (modellazioni fornite dai Consorzi Ombrone Pistoise e Bisenzio e Area Fiorentina e dalla Provincia di Prato);

o modellazione idraulica sviluppata dal Genio Civile di Pistoia e Prato nell’ambito della messa a punto di un protocollo di gestione delle casse di espansione presenti sull’Ombrone Pistoiese.

D’altra parte l’algoritmo di calcolo del software Mike 11 è risultato, in alcune condizioni, maggiormente stabile rispetto a quello di Hec-Ras. Il software può, inoltre, essere direttamente accoppiato con il modello bidimensionale Mike 21 tramite il software Mike Flood.

Punti di forza Punti di debolezza

Modello Hec-Ras

Numerosi studi precedenti effettuati in formato HecMinore tempo da dedicare all’inserimento dati (sezioni in alveo)Maggiore interscambiabilità con altri enti

Schema di calcolo meno stabile rispetto a MikeNecessità di tenere disaccoppiati il modello monodimensionale da eventuali applicazioni con il bidimensionale

Modello Mike 11

Schema di calcolo più stabilePossibilità di accoppiamento con Mike 21 (Mike flood)

Necessità di convertire gli studi precedenti nei formati di MikeMaggior tempo da dedicare all’inserimento datiLimitata interscambiabilità con altri enti

SCELTA DEL MODELLO IDRAULICO

Nell’ottica di sviluppare un lavoro condiviso tra i vari enti presenti sul territorio, recuperando, per quanto possibile, le informazioni e gli studi già sviluppati, e volendo mettere a punto un modello facilmente aggiornabile in futuro e che presentasse in ogni caso la possibilità di soddisfare i requisiti richiesti (illustrati in precedenza) dalla 2007/60/CE, si è ritenuto opportuno scegliere Hec-Ras come software da applicare all’intero bacino dei fiumi Ombrone Pistoise e Bisenzio.

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Autorità di Bacino del Fiume ArnoLa figura seguente illustra la ripartizione delle aree a pericolosità ricavate secondo lo schema PAI.

LA PERICOLOSITÀ IDRAULICA E LE MAPPE DI RISCHIO SECONDO LA DIRETTIVA ALLUVIONI

Lo schema di lavoro sviluppato e la modellazione svolta permette di affrontare in maniera estremamente soddisfacente quanto richiesto dalla 2007/60/CE per la definizione delle mappe di pericolosità e rischio. In tal senso il bacino dell’Ombrone rappresenta pertanto un ottimo banco di prova per testare, come bacino pilota, i metodi definiti e verificarne l’estensibilità alla scala dell’intero bacino dell’Arno e, possibilmente, dell’intero distretto.

Ai fini di un corretto inquadramento della proposta metodologica, è opportuno richiamare in dettaglio quanto precedentemente accennato in merito agli incontri che si sono tenuti per il coordinamento delle attività inerenti la direttiva alluvioni alla scala di distretto. Nelle riunioni del tavolo tecnico costituito dai referenti delle Regioni appartenenti al distretto dell’Appennino Settentrionale, sono stati appunto definiti i criteri minimi comuni al fine di procedere, in maniera coordinata, alla redazione delle mappe di pericolosità e rischio per ogni bacino del distretto.

L’attività di coordinamento che sta conducendo l’Autorità di bacino del fiume Arno ha lo scopo di definire quei criteri di omogeneità, alla scala del distretto idrografico, per poter predisporre carte di pericolosità e rischio idraulico (scadenza estate 2013) che presentino una certa coerenza tra loro, fermi restando gli obblighi specifici in capo a ciascun ente per

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Pericolosità idrauliche dell'Ombrone secondo lo schema PAI

Autorità di Bacino del Fiume Arnoquanto riguarda il bacino di competenza diretta. Il distretto idrografico dell’Appennino Settentrionale interessa prevalentemente 6 Regioni (con precisione 7 ma la porzione che ricade nella Regione Piemonte riguarda solo una ridottissima porzione del rilievo appenninico), 28 bacini idrografici principali, raggruppati in 11 Autorità di bacino (una nazionale, interregionali, regionali) le quali, insieme alle Regioni e allo stesso Ministero, rappresentano di fatto le “unità di gestione” (le Unit of Management della 2007/60) comunicate da ISPRA alla Commissione Europea in data 24/05/2010.

L’attività di coordinamento svolta dall’Autorità di bacino si è concretizzata in primo luogo con la costituzione di un tavolo tecnico composto dai referenti indicati da ciascuna regione facente parte del distretto; in tale contesto si sono svolte diverse riunioni nel corso del 2011, anche presso le diverse sedi regionali e delle autorità di bacino regionali ed interregionali. In tali incontri è stata affrontata anche la questione inerente alla valutazione preliminare del rischio: in linea con quanto stabilito alla scala nazionale, è stato comunemente deciso di procedere direttamente alla redazione delle mappe di pericolosità e rischio, ritenendo la pianificazione di bacino vigente sufficiente a fornire le indicazioni richieste dall’articolo 4 della direttiva e del d.lgs. 49/2010.

Il confronto avuto tra le Regioni e l’Adb Arno è servito ad elaborare dei criteri minimi, omogenei alla scala del distretto, sui quali impostare, da parte di ogni singola unità di gestione, le eventuali attività da sviluppare con particolare riferimento alla redazione delle mappe di pericolosità e rischio.

I criteri di base esplicitati negli incontri, validi alla scala distrettuale, a cui fare quindi riferimento anche nel bacino pilota dell’Ombrone Pistoiese, sono i seguenti:

valorizzazione del lavoro già svolto per la definizione della pericolosità nei PAI

• le aree definite nei PAI rappresentano il livello minimo sufficiente sul quale, se ritenuto necessario, dalle autorità e Regioni competenti territorialmente e alla scala del singolo bacino e/o della unità di gestione, procedere per l’eventuale perimetrazione di nuove aree;

• i criteri con cui sono state definite le classi di pericolosità dei PAI (mediante modello idraulico, criterio geomorfologico, storico-inventariale) sono validi, sulla base delle determinazioni svolte dalle autorità e Regioni competenti territorialmente, anche per la redazione delle mappe di pericolosità (e successivamente rischio) per il Piano di gestione; alla scala del singolo bacino ed in base alle caratteristiche di quest’ultimo, se ritenuto necessario, si può provvedere ad eventuali aggiornamenti o sviluppi;

adeguamento delle mappe di pericolosità ai requisiti del d. lgs 49/2010 e della direttiva 2007/60/CE

o per adeguamento minimo necessario si intendono le eventuali operazioni di adeguamento delle classi di pericolosità definite nei PAI (vedi punto precedente) ai requisiti richiesti e la realizzazione ex-novo delle mappe di rischio;

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Autorità di Bacino del Fiume Arnodefinizione di eventuali nuove aree (non presenti nei PAI) per cui procedere alla

definizione della pericolosità e del rischio:

o i criteri di definizione delle eventuali nuove aree devono essere coerenti alla scala del singolo bacino con le aree già oggetto di perimetrazione nei PAI (vedi punto 1);

o stante l’estrema eterogeneità, sia in termini fisiografici che di risposta idraulica, dei bacini del distretto, non appare possibile definire dei criteri tecnici di scelta omogenei, validi per tutti, per l'eventuale definizione di nuove aree da mappare; tali criteri dovranno essere identificati alla scala locale in base alle peculiarità di ogni bacino (fisiche, idrologiche, etc.) anche in considerazione della presenza di popolazione ed insediamenti a rischio;

fermo restando quanto stabilito al punto di cui sopra per la definizione delle aree a pericolosità, si ritiene invece che per la determinazione del rischio sia possibile definire criteri di base omogenei e validi per l’intero distretto.

Quanto sopra rappresenta pertanto la base comune su cui ogni unità di gestione esplica la propria attività per i bacini di competenza. Appare evidente la necessità, comune a tutti nel distretto, di mantenere la massima coerenza possibile delle future perimetrazioni con i PAI vigenti, e quindi individuare perlopiù attività di revisione ed aggiornamento delle mappe esistenti, limitando la determinazione di eventuali nuove aree solo nelle situazioni

in cui si ritiene necessario approfondire il quadro conoscitivo anche in seguito al verificarsi di eventi non prima documentati. Seguendo tali indicazioni è stata svolta, nella primavera di quest’anno, un’analisi delle necessità alla scala del distretto che prevede una ridotta

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Autorità di Bacino del Fiume Arnoindividuazione di nuove aree da perimetrare, compresi i tratti di costa, che è stata trasmessa al Ministero.

Il criterio utilizzato per la revisione del PAI per l’Ombrone tiene in debito conto dei requisiti minimi comuni sopra richiamati. Infatti, adottando gli schemi di calcolo impostati consentono di trasporre facilmente le fasce di pericolosità PAI negli schemi richiesti dalla direttiva. Ricordiamo che le principali novità introdotte dalla direttiva per la definizione della pericolosità idraulica si possono riassumere in:

• perimetrazione preferibilmente secondo tre scenari di tempo di ritorno

◦ fascia alluvioni rare con Tr fino a 500 anni,

◦ fascia alluvioni poco frequenti con Tr prescelti tra 20/50 anni e 100/200 anni,

◦ fascia alluvioni frequenti al di sotto di Tr 20/50 anni.

• per ogni scenario di cui sopra vanno indicati l'estensione dell'inondazione, l'altezza idrica o il livello, le caratteristiche del deflusso (la portata e la velocità che è facoltativa per la direttiva ma viene richiamata espressamente nel decreto di recepimento).

Il decreto di recepimento della direttiva prescrive, inoltre, che devono essere anche evidenziate le aree dove possono verificarsi fenomeni alluvionali con elevato volume di sedimenti trasportati e colate detritiche.

Negli incontri svolti per il coordinamento a scala di distretto, sempre perseguendo l’obiettivo di mantenere nel piano di gestione una elevata coerenza con i PAI vigenti, è stata avanzata la proposta di rendere gli scenari di pericolosità omogenei per bacini contermini con caratteristiche simili. Per i bacini tirrenici è emerso che gli scenari più ricorrenti per i tempi di ritorno sono i seguenti:

• fascia alluvioni frequenti quella con Tr compreso tra 1 e 30 anni,

• fascia alluvioni poco frequenti quella con Tr compreso tra 30 e 200 anni,

• fascia alluvioni rare quella con Tr superiore a 200 anni.

Questa schematizzazione consente di ottenere una omogeneità di scenari per tutto il sistema di bacini compresi tra il fiume Magra a nord ed il fiume Fiora a sud. Sotto l’aspetto fisico, questi bacini presentano caratteri morfologici, morfometrici e idrogeologici tra loro sufficientemente simili da poter essere rappresentati in maniera tecnicamente corretta in tale suddivisione di scenari. Solo il bacino dell’Arno presenta, come è noto, una ulteriore suddivisione, ponendo un’ulteriore demarcazione con l’introduzione dello scenario riferito al Tr centennale. In tal senso si tratta, pertanto, di passare, per il bacino pilota dell’Ombrone (e successivamente per tutto il bacino dell’Arno), dagli attuali quattro scenari di fasce di Tr ai tre sopra indicati, eliminando lo scenario con Tr compreso tra 100 e 200 anni. Tale risultato è facilmente ottenibile con la metodologia adottata. Nella figura seguente sono indicati i tre scenari per l’Ombrone.

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Autorità di Bacino del Fiume ArnoLa modellazione quasi-bidimensionale adottata, nello schema assai dettagliato delle oltre 700 APE definite, consente per ogni scenario sopra individuato di associare alle aree suddette i livelli di acqua attesi da modello. Inoltre è possibile definire due scenari di velocità che sono associati concettualmente alle aree di accumulo e di transito, specificando che:

• le aree di accumulo sono quelle APE in cui si deposita il volume esondato da corsi d’acqua sia facenti parte della stessa area o proveniente da altri corsi d’acqua in altre aree; in tali APE viene definito il livello statico e la velocità come valore inferiore ad un valore soglia, caratteristico di ogni scenario;

• le aree di transito sono quelle APE in cui si può anche non verificare un accumulo finale di volumi e che pertanto le interessano solo in maniera dinamica, in un ridotto intervallo di tempo compreso tra la tracimazione e l'accumulo in un'altra o in più aree; in tali APE viene definita la velocità di trasferimento come valore atteso superiore ad un valore soglia, caratteristico di ogni scenario.

Per ogni scenario di tempo di ritorno è possibile quindi associare dei sotto-scenari in cui si discretizzano livelli attesi e campi di velocità per ogni APE. Con tale schematizzazione è possibile pertanto definire le classi di pericolosità secondo lo schema che si ritiene più opportuno adottare. Qui di seguito è riportata la mappa relativa ai livelli attesi per lo scenario con Tr fino a 30 anni.

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Livelli di acqua attesi per lo scenario con Tr 30 anni

Autorità di Bacino del Fiume Arno

Nell’immagine immediatamente successiva invece vengono rappresentate, sempre per lo scenario con Tr fino a 30 anni, le zone di trasferimento dei volumi di acqua esondati e di accumulo. Queste due aree rappresentano anche le due aree in cui si possono, su base probabilistica, presentare dei campi di velocità inferiori o superiori ad un valore di soglia caratteristico per ogni scenario.

Un ulteriore aspetto da affrontare è quello concernente la necessità di evidenziare, secondo quanto prescrive il decreto di recepimento, anche gli aspetti relativi al volume dei sedimenti e alle colate detritiche legate ai fenomeni alluvionali. In tale ottica, l’impostazione metodologica del PAI attuale non aiuta, in quanto tali fenomeni non sono stati considerati, almeno per quanto riguarda il bacino dell’Arno, nella definizione delle pericolosità idrauliche. Peraltro tale tema viene tecnicamente affrontato, specialmente nelle aree alpine e sub-alpine dove tali fenomeni si presentano in maniera più evidente, con criteri e modelli disgiunti dalla usuale modellazione idraulica e pertanto esula dagli schemi classici prima richiamati.

È opportuno ricordare, a tale proposito, alcune considerazioni che sono state avanzate nel corso della definizione della metodologia più opportuna da adottare. Sia la direttiva che il decreto legislativo richiedono che siano valutati gli effetti del cambiamento climatico e siano considerati eventuali scenari di adattamento. In ambito europeo sono numerosi i richiami in tal senso e numerosi sono anche i lavori scientifici che tendono ad evidenziare

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Aree a differente velocità di flusso per lo scenario con Tr 30 anni

Autorità di Bacino del Fiume Arnoun diverso comportamento in frequenza, distribuzione ed intensità degli eventi meteo-climatici, con conseguenti diversi effetti al suolo. Il dibattito è tuttora molto aperto e gli scenari di adattamento non risultano ancora ben chiari. La proposta che da più parti circola, è quella di attribuire un valore del 10-20% in più alle portate di picco riferite ad ogni tempo di ritorno, al fine di comprendere in tale intervallo gli effetti del cambiamento climatico. Tale proposta, più o meno suffragata da indagini e modelli, è stata utilizzata anche nello sviluppo del piano di gestione del bacino pilota del fiume Lee in Irlanda per l’identificazione degli scenari di cambiamento a medio termine, dove è stato previsto un aumento del 20% delle portate e un innalzamento del livello del mare di circa mezzo metro. Tale impostazione ha il vantaggio di essere di facile applicazione, ma rappresenta, specialmente nei bacini mediterranei che sono oggetto di una marcata eterogeneità meteo-climatica, un approccio troppo semplicistico e non confortato da osservazioni adeguate. Inoltre estenderebbe dei criteri di tutela, validi a scala locale, anche ad aree che statisticamente non paiono, alla luce anche dei recenti eventi in Liguria, Toscana e Sicilia, interessate da evidenze concrete di un cambio di frequenza e distribuzione degli eventi. Da considerare inoltre che l’applicazione di scenari simili nei nostri bacini comporterebbe, viste le loro caratteristiche, un rilevante e generalizzato aumento delle aree a rischio, con conseguente aumento dei costi sociali e di prevenzione forse non corrispondenti alla possibile realtà degli accadimenti.

C’è da considerare, inoltre, che spesso i fenomeni di trasporto solido e di colate sono associati ai fenomeni di piogge molto intense ed estremamente concentrate nello spazio, che sono l’evidenza maggiore proprio del cambiamento climatico. Per ciò che riguarda espressamente il bacino dell'Arno, nel corso di questi ultimi anni sono state svolte da questa Autorità ricerche in tale direzione, con particolare riguardo alla stima degli effetti di tale cambiamento sul regime delle magre e sul deflusso minimo vitale, ai fini della definizione del Piano di bacino, stralcio Bilancio Idrico. Un ulteriore campo di ricerca, con riferimento specifico alla distribuzione degli eventi meteo intensi, è stato quello che ha condotto alla individuazione di una metodologia per la determinazione della pericolosità potenziale dei fenomeni di tipo flash flood nel bacino. Poiché tali fenomeni sono una delle manifestazioni più frequenti nel versante ligure/tirrenico, in termini di effetti al suolo, del cambiamento climatico in atto, si ritiene che tale approccio possa essere ulteriormente sviluppato ed approfondito nel piano di gestione alluvioni. Ciò anche analizzando in maniera critica la fenomenologia e la distribuzione degli eventi di questi giorni, che hanno colpito il bacino del Magra e la Liguria. Nella seguente figura è riportata, per l'intero bacino dell'Arno, la potenziale propensione all'accadimento di fenomeni tipo flash flood.

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Autorità di Bacino del Fiume Arno

Se si ritiene valido l’approccio sopra ipotizzato, nei suddetti bacini, che presentano appunto, su base statistica, una predisposizione maggiore (per distribuzione di eventi e caratteri morfometrici ed idrografici) al verificarsi di eventi intensi e concentrati, possono essere valutate e definite quelle condizioni fisiche (geologia, tipo di suolo, pendenza, presenza di dissesti in atto, bacino drenante di monte, etc.) che sono i fattori predisponenti alla formazione sia di frane di neoformazione, che di elevato trasporto di sedimenti e formazione di colate detritiche. Un possibile sviluppo in tale direzione, attualmente in corso di valutazione è quello che si può ottenere mediante la sovrapposizione tra la propensione al verificarsi di fenomeni tipo flash flood alla suscettibilità da frana sempre relativa al bacino. In tale maniera si ottiene una distribuzione di aree potenzialmente oggetto, sotto l’azione di determinate forzanti, di innesco di fenomeni di movimentazione di masse (frane, colate detritiche, trasporto di sedimenti in genere nel reticolo minore e negli alvei incanalati) secondo una classificazione su base qualitativa.

Tale approccio, se confermato nella fase di studio del bacino pilota, permetterebbe di rispondere in maniera coerente a quanto richiesto da direttiva e decreto in merito, identificando le aree con una pericolosità idrogeologica, interessante perlopiù le porzioni più collinari e montane dei bacini, in cui si deve affrontare proprio quei fenomeni associati agli scenari di cambiamento climatico. Questo oltretutto appare fortemente in linea con le recenti valutazioni del Ministero dell’Ambiente sui dissesti accaduti, che indicano appunto

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Aree del bacino dell'Arno potenzialmente interessate da flash flood

Autorità di Bacino del Fiume Arnola necessità di perseguire dei metodi probabilistici di indagine tali da evidenziare, alla scala di area geografica (bacino e/o sottobacino), la maggiore o minore vulnerabilità a questi eventi.

LE PROPOSTE PER LA DEFINIZIONE DEL RISCHIO SECONDO LA DIRETTIVA

I Piani di Assetto Idrogeologico, nella maggior parte dei bacini idrografici italiani, individuano la pericolosità idraulica ma non approfondiscono, se non in sporadici casi, il tema del rischio fino a giungere alla delimitazioni di aree cartograficamente definite. Questo è vero anche per il bacino dell’Arno dove informazioni sul rischio atteso, in maniera qualitativa, si possono ricavare solo indirettamente, mediante la sovrapposizione della pericolosità con la distribuzione degli elementi a rischio e le infrastrutture ricavate dalla CTR regionale. Pertanto l’individuazione di classi di rischio e l’accorpamento sulla base di livelli di danno (qualitativo e/o quantitativo), secondo quanto richiesto dalla direttiva, è una elaborazione compiuta ex novo che dovrà riguardare tutto il bacino dell’Arno potenzialmente interessato da fenomeni alluvionali.

È opportuno richiamare i requisiti base indicati dalla direttiva per la mappatura del rischio. Secondo la direttiva, tali mappe dovranno contenere le conseguenze negative delle alluvioni espresse in termini di:

• numero di abitanti interessati,

• tipo di attività economiche,

• impianti di cui al d. lgs. 59/2005 (recepimento direttiva IPCC) potenzialmente interessati dagli eventi,

• altre informazioni considerate utili, tra le quali volume dei sedimenti trasportati, colare detritiche.

Il decreto di recepimento aggiunge che la definizione delle aree deve essere fatta secondo le quattro classi di rischio indicate nel d.p.c.m. 29 settembre 1998 ed include tra i termini da valutare anche le infrastrutture e le strutture strategiche (autostrade, ferrovie, scuole, ospedali, etc.), i beni ambientali, storici e culturali e le aree protette.

Nella suddivisione in 4 classi prevista dall’atto di indirizzo si può notare però che non si tiene conto, di fatto, della frequenza di accadimento, ovvero, non viene preso in considerazione il tempo di ritorno che è, invece, il parametro discriminante utilizzato ai fini della identificazione delle classi di pericolosità. Da ciò ne deriva una difficoltà oggettiva a ricavare, partendo dalle classi di pericolosità, delle corrispondenti e/o coerenti classi di rischio.

L’orientamento per la redazione delle mappe del rischio nel bacino dell’Arno, da sviluppare nell’ambito del bacino pilota del fiume Ombrone, è quello di andare verso la definizione di un metodo che associ il danno atteso alle altezze di acqua stimate per ogni scenario di riferimento. Il danno può essere calcolato secondo macrocategorie (edifici

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Autorità di Bacino del Fiume Arnocivili, edifici pubblici, scuole ed ospedali, beni culturali, attività commerciali e produttive) utilizzando in prima istanza la distribuzione dei dati provenienti dal progetto europeo Corine land cover, seguite dalle informazioni ricavabili dalla C.T.R. regionale da cui è possibile estrarre informazioni relative a civili abitazioni, attività produttive e beni culturali. Il dato relativo alla popolazione può essere determinato tramite i dati relativi alle superfici censuarie. Informazioni più dettagliate relative alla distribuzione e alla tipologia delle attività produttive potranno essere eventualmente valutate per le aree urbane. L’obiettivo è pertanto quello di determinare delle stime quantitative, massime e minime, di danno atteso (in euro) per ogni macrocategoria, per ogni scenario considerato, così da ottenere una determinazione quantitativa del rischio.

Sono state svolte delle prime elaborazioni per l’area dell’Ombrone al fine di predisporre la cartografia di base. Si è già proceduto alla distribuzione dell’edificato (suddiviso per le tipologie presenti nella CTR) e della popolazione (censimento 2001). La figure seguente riporta, a titolo di esempio, la distribuzione degli edifici.

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Autorità di Bacino del Fiume ArnoAl momento sono in corso anche delle elaborazioni sull’area urbana di Firenze che rappresenta un banco di prova estremamente interessante per qualsiasi applicazione in materia, specialmente per quanto riguarda le informazioni relative ai possibili danni nei confronti delle attività produttive e commerciali.

CONCLUSIONI: IL PIANO DI LAVORO DELL’AUTORITÀ DI BACINO DEL FIUME ARNO

In base al lavoro svolto sino a questo momento è possibile stabilire un programma di attività che consenta di rispettare le scadenze dettate dalla 2007/60 e, al contempo, di fornire carte di pericolosità e rischio corrispondenti ai requisiti richiesti.

Le attività dei prossimi mesi possono essere così di seguito schematizzate:

a) associazione degli scenari di tempo di ritorno indagati con le caratteristiche del deflusso eventualmente definiti su base quantitativa e/o qualitativa (livelli in alveo, livelli in campagna, intervalli di velocità, etc.), ai fini della determinazione delle classi di pericolosità per l’Ombrone;

b) definizione, sempre per l’Ombrone, degli scenari di rischio, in base alle tipologie di insediamenti richiamate in prima istanza su base qualitativa; successivamente, se possibile, saranno avanzate ipotesi su base quantitativa, individuando eventualmente delle fasce di confidenza per il danno atteso per ogni scenario;

c) inquadramento delle problematiche inerenti alla definizione della predisposizione al verificarsi di eventi intensi e concentrati e di eventi di potenziale rottura arginale, al fine di poter eventualmente stabilire una ulteriore classificazione di pericolosità per tali fenomeni;

d) applicazione del metodo alle restanti aree del bacino, tenendo in opportuna considerazione l’esperienza maturata e le indicazioni che scaturiranno dal confronto su base nazionale, anche in merito all'emanazione delle linee guida sull’applicazione della direttiva; seguendo le indicazioni scaturite dalla concertazione avuta alla scala di distretto sulla validità delle perimetrazioni del PAI, l’estensione della modellazione per le restanti aree del bacino sarà valutata per le aree in cui ciò si riterrà indispensabile.

In riferimento ai punti suddetti è possibile ipotizzare il seguente cronoprogramma.

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Attività Dicembre 2011 Luglio 2012 Dicembre 2012 Luglio 2013a) Definizione clasi di pericolosità Ombrone e predisposizione cartografiab) Scenari di rischio Ombrone su base quali-quantitativa e predisposizione cartografiac) Valutazione su eventuali ulteriori scenari di pericolosità connessi ad altri fattori ed eventuale integrazione cartografiad) estensione del metodo alla restante porzione del bacino dell'Arno e predisposizione cartografia

Autorità di Bacino del Fiume ArnoInoltre, ai sensi di direttiva e decreto, dovranno essere attivati quanto prima i forum di consultazione pubblica, allo scopo di dare una corretta pubblicizzazione al lavoro in corso e consentire la partecipazione di tutti i possibili stakeholder.

L’intervallo di tempo compreso tra oggi e il dicembre 2012, con particolare riferimento all’attività c), permetterà di proseguire la complessa ricerca nel campo dei cambiamenti climatici e delle manifestazioni ad essi connesse, al fine di poter inquadrare correttamente tali problematiche.

Infine il lavoro svolto e da svolgere, può sicuramente portare un qualificato contributo ai contenuti delle linee guida in via di emanazione, per tutto il territorio nazionale.

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