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1 Valutare il rendimento delle politiche per gli anziani non autosufficienti alla luce dell’eterogeneità territoriale della domanda: stime e simulazioni Draft - Please do not quote or cite without permission from the authors Gisella Accolla* Luigi Nava** Sessione 5 - Politiche di long-term care e non-autosufficienza Paper per la IX Conferenza ESPAnet Italia “Modelli di welfare e modelli di capitalismo. Le sfide per lo sviluppo socio-economico in Italia e in Europa” Macerata, 22-24 settembre 2016 Éupolis Lombardia Istituto per la Statistica, la Ricerca e la Formazione Regione Lombardia * [email protected] [email protected] ** [email protected] [email protected]

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Valutare il rendimento delle politiche per gli anziani non

autosufficienti alla luce dell’eterogeneità territoriale della

domanda: stime e simulazioni Draft - Please do not quote or cite without permission from the authors

Gisella Accolla*

Luigi Nava**

Sessione 5 - Politiche di long-term care e non-autosufficienza

Paper per la IX Conferenza ESPAnet Italia

“Modelli di welfare e modelli di capitalismo.

Le sfide per lo sviluppo socio-economico in Italia e in Europa”

Macerata, 22-24 settembre 2016

Éupolis Lombardia

Istituto per la Statistica, la Ricerca e la Formazione – Regione Lombardia

* [email protected][email protected]

** [email protected][email protected]

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Introduzione

Viviamo in un’epoca nella quale possiamo nutrire la speranza che la nostra vita durerà a lungo, più di

quella dei nostri padri, molto più della vita dei nostri nonni. Molti di noi potranno superare gli ottanta anni

d’età e probabilmente alcuni riusciranno a farlo anche in discrete condizioni di salute; basta pensare che

circa un over 75enne su quattro dichiara di godere di buona salute e circa il 15% non ha alcuna malattia

cronica (dati Istat al 2014).

Il miglioramento delle cure, e il fatto che le ultime due generazioni non sono state coinvolte in conflitti

bellici, eventi che hanno drasticamente ridotto le popolazioni [Facchini, 2005], sono alcuni tra i principali

fattori che hanno determinato il costante incremento della popolazione anziana: nel 1971 le persone con

più di 65 anni erano circa 6 milioni e nel 2015 sono oltre i 13 milioni. L’aumento degli anziani, come noto, si

è accompagnato al calo delle nascite, in parte esito dell’aumentata partecipazione femminile al mercato del

lavoro e del declino della società fordista, così che l’indice di vecchiaia1 da tempo continua a crescere: dal

1971 al 2015, è passato da 37,6 a 157,7 (dati Istat), così che oggi ci sono oltre 120 anziani ogni 100 giovani.

Non senza una dose di amara ironia l’aumento della popolazione anziana e l’accresciuta speranza di vita

richiedono di fronteggiare bisogni di cura e salute diversi da quelli conosciuti fino al periodo prebellico (es.

malattie croniche); a complicare il quadro è la permanente “crisi fiscale dello Stato” [O’Connor, 1977] e, più

recentemente, la crisi economica originatasi ormai quasi dieci anni fa negli Stati Uniti [Crouch, 2011].

Questi fattori, e altri che per parsimonia non prendiamo in considerazione, insistono sul benessere delle

economie nazionali e hanno spinto ad orientare le politiche all’insegna del contenimento della spesa, a

partire da quei settori – come quello previdenziale col sistema retributivo – dove il benessere di alcuni è

stato finanziato dal lavoro di altri.

Sono state soprattutto le trasformazioni demografiche a indurre i policy maker a perfezionare le

politiche socio-sanitarie con lo scopo di coniugare il controllo della spesa – in particolare quella sanitaria

“impropria” – con il miglioramento della qualità delle cure; ad esempio, l’intenzione di ridurre i costi

derivanti dalla gestione dei posti letto ospedalieri si è sposata con la consapevolezza che l’assistenza a

domicilio fosse la scelta preferibile per migliorare la qualità della vita dei pazienti. I processi di policy

making hanno risentito delle retoriche dell’efficienza, efficacia ed economicità esito sia della crisi fiscale e

di legittimazione dello Stato che, sul versante più generale, delle influenze dell’approccio neoliberista alle

politiche; da un altro verso, si è diffusa la consapevolezza, in parte ereditata dai movimenti

antistituzionalisti degli anni Settanta, che le politiche sociali e sanitarie dovessero integrarsi maggiormente

e che l’obiettivo non fosse solo la cura ma quello d’essere “abilitanti”, capaci cioè di supportare

adeguatamente gli individui in reti assistenziali non dispersive, sempre più complesse e diversificate

[Glassman, 2000; Sen, 1994].

1 Il rapporto percentuale tra la popolazione di 65 anni e oltre e la popolazione di età 0-14 anni.

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I processi di sussidiarizzazione e territorializzazione che hanno accompagnato il ridisegno delle politiche

assistenziali e sociosanitarie [Kazepov, 2009] oggi devono fare i conti con le trasformate capacità di cura

delle famiglie e, in particolare, con gli effetti che su di esse ha avuto l’aumento della partecipazione

femminile al mercato del lavoro passata, nel giro di poco più di trent’anni, dal 33% (1981) al 47,2% nel 2014

(dati Istat) con rilevanti differenze territoriali: in alcune zone del Nord il tasso di occupazione femminile

sfiora il 60% mentre al Sud è ancora limitato, e il male breadwinner continua ad essere il prevalente

modello di famiglia.

La crescente occupazione femminile ha permesso la mobilità sociale, favorito l’equità e la parità di

genere, ma è divenuto un elemento critico dei cosiddetti sistemi di welfare familistici dove, di fatto, il

lavoro di cura – anche quello rivolto agli anziani – è sempre stato tradizionalmente delegato, se non di fatto

scaricato, sulle donne, nell’implicita convinzione che fosse una loro esclusiva prerogativa. A meno che si

continui a far leva sulla doppia presenza femminile quale fondamentale strumento di cura, è indubbio che il

riassetto dei sistemi di welfare e delle politiche di assistenza (per gli anziani come per i minori) dovrà essere

il frutto dell’incrocio tra il sostegno all’iniziativa privata e l’azione propriamente pubblica.

Quest’ultima si esprime in Italia con caratteristiche e debolezze comuni nell’ambito delle politiche sociali

e, in particolare, nell’assistenza alle persone anziane non autosufficienti che si dipana sostanzialmente in

due direzioni, una per le prestazioni economiche e l’altra per i servizi, con titolarità istituzionali e assetti

organizzativi molto diversi a livello territoriale, così che non è possibile riconoscere un quadro unitario e

armonico. Il principale elemento che configura l’assistenza agli anziani, sia in termini di risorse erogate che

per la numerosità dell’utenza raggiunta, è rappresentato dall’indennità di accompagnamento2 con una

diffusione maggiore al sud e nelle Isole e minore tra le regioni del nord del paese (Figura 1). L’assistenza

domiciliare rappresenta il secondo tassello che regge l’impalcatura delle politiche per anziani e si distingue

in interventi di natura sociale (es. igiene personale) e altri d’impronta più sanitaria (es. prestazioni

riabilitative) dove i primi sono offerti dai Comuni e i secondi dalle Aziende sanitarie locali. La capacità dei

Comuni di raggiungere l’utenza con il Servizio di Assistenza Domiciliare (SAD) è diminuita nel corso del

tempo, passando da una media nazionale dell’1,8% di over65 seguiti sul totale delle persone con la stessa

età nel 2003, all’1,4% del 2011. Le differenze territoriali non sembrano però esasperate; le regioni del Nord

Est e le Isole sono le aree nelle quali è più elevata la proporzione di utenti del SAD mentre nelle regioni del

2 Trasferimento monetario di fonte nazionale senza vincolo di destinazione a disposizione degli individui che ne fanno richiesta e che siano bisognosi di assistenza continuativa per svolgere le comuni attività della vita quotidiana. Istituita nel 1980 ha visto una crescente diffusione a partire dai primi anni Novanta subendo una torsione rispetto al suo scopo iniziale che era quello di compensare le persone disabili adulte dai mancati guadagni da lavoro. Nel corso degli anni si è registrato un importante incremento dei beneficiari dell’indennità: assenza di procedure standardizzate per l’assegnazione della misura, l’assenza di vincoli reddituali, comportamenti etichettabili come di “azzardo morale” e, non da ultimo, l’allargamento dell’utenza potenziale connessa all’invecchiamento della popolazione, sono le principali ipotesi esplicative di questo fenomeno. A queste è opportuno aggiungere il fatto che sembra esserci una correlazione tra la distribuzione di persone non autosufficienti – a sua volta connessa alle peggiori condizioni socio economiche e a bassi livelli di istruzione – a livello regionale e la diffusione dell’indennità di accompagnamento [Chiatti et al., 2010]. In sintesi, sia fattori strutturali e “oggettivi” che organizzativi nell’implementazione della policy, mescolati insieme, hanno determinano la diversità della copertura dell’indennità di accompagnamento. Nel 2015 il suo importo è stato di € 508,55

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Centro l’incidenza è più bassa. Le differenze territoriali si fanno più evidenti se si considera la copertura del

servizio di Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) erogata dalle ASL, che va dai valori più bassi al Sud e nelle

Isole a valori anche doppi nelle aree del Centro e Nord-Est. Rispetto alla residenzialità, la crescente

domanda di persone anziane che non possono più essere accudite presso il proprio domicilio ha indotto le

case di riposo a cambiare l’assetto organizzativo divenendo strutture, le RSA, in grado di erogare

prestazioni a maggiore intensità assistenziale [Pesaresi, 2012]. Nel corso degli ultimi 20 anni, il numero

delle persone anziane ospitate nelle strutture residenziali è generalmente aumentato anche se si tratta di

una quota stabile rispetto alla popolazione degli over65 [Pesaresi, Brizioli, 2009]. Per quanto concerne

invece i Presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari purtroppo l’allargamento della base di

rilevazione dell’Indagine dedicata, effettuato a partire dal 2010, non permette un’adeguata comparazione

con le precedenti edizioni, ma è possibile dire che tra il 2006 e il 2009, sino alla nuova rilevazione, non sono

osservabili delle significative trasformazioni [Gori et al., 2014]. Attualmente l’assistenza residenziale tocca

una quota di anziani di gran lunga inferiore rispetto all’indennità di accompagnamento e all’ADI, e

coinvolge poco più degli utenti del SAD. I residenti nelle strutture, in Italia, rappresentano circa il 2% delle

persone con età superiore ai sessantacinque anni: i tre quarti di loro (76%) sono non autosufficienti, sono

donne (76%) e, a prescindere dal genere, in circa la metà dei casi (54%) hanno un’età superiore a

ottantacinque anni. Nel paese è possibile leggere differenze importanti, tra le regioni del Nord che con

l’assistenza residenziale intercettano complessivamente più persone della media nazionale e le altre regioni

che, in alcuni casi, si pongono molto al di sotto di questo valore; le differenze riguardano anche la tipologia

di anziani assistiti che al Nord sono prevalentemente non autosufficienti mentre c’è un maggiore equilibrio

tra le due tipologie di assistiti al Sud e nelle Isole [Pesaresi, Brizioli, ibidem]. In conclusione, la capacità di

tutelare gli anziani è variabile poiché mentre il SAD raggiunge gli interessati in modo più omogeneo tra le

aree geografiche, gli ospiti nelle strutture residenziali e i beneficiari di ADI diminuiscono dal Nord al Sud

dove, invece, è nettamente più alta l’incidenza dei beneficiari dell’indennità di accompagnamento.

Questa eterogeneità dell’intensità assistenziale non può che ricadere sulle famiglie, chiamate in prima

linea a ricomporla per soddisfare in modo efficace i bisogni di cura di volta in volta emergenti. La portata

della frammentazione delle politiche a sostegno degli anziani non autosufficienti in Italia è stata enfatizzata

con etichette emblematiche – universalismo debole [Pavolini, 2004], specchio frantumato [Fargion, 2012],

Italia del patchwork [Costa, 2011, 2013] – che, con accenti e sfumature diverse, sottolineano le

caratteristiche e le conseguenze dei “sistemi di welfare regionali” [Bertin, 2012, Bertin, Cipolla, 2013] esito

del trasferimento dei poteri alle Regioni avvenuto a partire dagli anni Settanta.

Nel corso degli ultimi 20 anni questo settore di policy è stato oggetto di un’attenzione discontinua, tanto

da parte del decisore pubblico quanto all’interno della letteratura specialistica, impegnata a evidenziare lo

sbilanciamento a favore dei trasferimenti monetari non condizionati (indennità di accompagnamento) a

scapito - dello sviluppo - dei servizi alla persona [Da Roit, 2006, 2009; Facchini, 2007; Ranci, Da Roit,

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Pavolini, 2008].

Nonostante sia nota l’eterogeneità delle performance dei sistemi di welfare regionali rispetto alla

capacità di rispondere ai bisogni degli anziani non autosufficienti [NNA, 2009, 2010, 2011, 2013, 2015;

Bertin, 2012, Bertin, Cipolla, 2013] è possibile aggiungere un elemento analitico considerando con gli

indicatori che riguardano il sistema di offerta anche quelli che stimano la domanda e la sua variabilità

territoriale. Tipicamente, come abbiamo visto, la copertura delle prestazioni e dei servizi è stimata facendo

riferimento alla numerosità della popolazione eleggibile, identificata in quella con età maggiore o uguale ai

65 anni. Queste misure sono in grado di restituirci rapidamente un’immagine di quali siano le differenze tra

i diversi contesti territoriali ma – questa è la nostra ipotesi –, non individuando l’effettivo target

dell’offerta, corrono il rischio di sovrastimare o sottostimare, a seconda della minore o maggiore presenza

di anziani, i risultati raggiunti dai sistemi di welfare locale. Questo era probabilmente un problema noto

anche a Pavolini [2004] quando, nel valutare il rendimento istituzionale delle Regioni nel campo delle

politiche per la non autosufficienza, ha considerato anche la numerosità delle persone con limitazioni

funzionali [ibidem, 2004:160].

Il nostro proposito è allora quello di tracciare un quadro aggiornato dell’eterogeneità dei welfare

regionali nel settore delle politiche per gli anziani non autosufficienti tenendo adeguatamente conto anche

delle differenti caratteristiche di partenza.

Dopo aver ripreso alcuni risultati di ricerca sui modelli di welfare, e che rappresenteranno elementi di

comparazione per la nostra analisi, identificheremo e quantificheremo la domanda dei servizi e delle

prestazioni; verranno formulate due differenti ipotesi di lavoro dove la prima, in linea con le statistiche

ufficiali e con il lavoro di Pavolini [2004], fa riferimento alla metodologia ISTAT di stima delle persone con

limitazioni funzionali e la seconda, basandosi sull’utilizzo della lista delle ADL (activities of daily living),

consentirà una maggiore focalizzazione sulla condizione di “anziano non autosufficiente”. Per quanto

riguarda l’offerta di servizi e prestazioni l’analisi farà leva sul numero di anziani che ricevono l’indennità di

accompagnamento e che beneficiano dei servizi territoriali dedicati alla non autosufficienza (presidi,

assistenza domiciliare integrata e servizio di assistenza domiciliare). Infine, con lo strumento della cluster

analysis, verranno individuate tendenze comuni tra i diversi territori, così da aggregare gruppi di regioni

con caratteristiche simili in termini di domanda e di offerta.

1. Modelli di welfare regionale per la non autosufficienza e domande di ricerca

Il dibattito sui sistemi di welfare internazionali ha trovato la sua ricchezza e anche i suoi principali limiti

nell’assenza di criteri uniformi per classificare i diversi orientamenti di policy. Differenti approcci analitici

hanno evidenziato alcune o altre dimensioni: sono stati presi in esame i diversi criteri di eleggibilità dei

beneficiari e l’azione regolativa dello Stato [Titmuss, 1974], così come sono stati approfonditi il ruolo delle

forze sociali nel determinare specifici assetti, il livello e il tipo di copertura del sistema di offerta [Ferrera,

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1993; Paci, 1998]; inoltre i modelli sono stati definiti considerando i rischi sociali oggetto di attenzione, la

presenza o meno della famiglia e delle forze di mercato quali elementi costitutivi del sistema di protezione

[Esping Andersen, 1990; 2000]. In Italia, anche il livello sub-nazionale è stato oggetto di attenzione,

crescente a partire dai primi anni del 2000, in concomitanza con la riforma costituzionale, con

l’approvazione della Legge 328/2000 e con i relativi processi di territorializzazione [Gori, 2004, 2005,

Kazepov, Barberis, 2013]; la ricerca sulle politiche è stata orientata ad approfondire e valutare i processi

istituzionali e di configurazione della governance territoriale [Bifulco, 2010], a individuare i modelli di

welfare regionali [Bertin, 2012; Bertin, Cipolla, 20013] o a porre attenzione più specifica alle politiche di

Long Term Care [Costa, 2007; Pavolini, 2004; NNA, 2009, 2010, 2011, 2013]. Bertin e Carradore [2012] per

identificare i modelli di welfare regionali hanno considerato tre elementi: le istituzioni responsabili dei

servizi (pubblico, privato e terzo settore), il livello di estensione dei servizi (grado di copertura degli

interventi rispetto alla popolazione) e le caratteristiche strutturali del contesto, attraverso variabili utili a

descrivere le condizioni sociali delle regioni. Per ciascuno di questi assi sono stati identificati degli insiemi di

variabili per rappresentarli e, con lo scopo di sintetizzare le informazioni disponibili, è stata realizzata per

ciascun gruppo un’analisi fattoriale; per ogni asse sono stati così individuati due fattori rappresentativi (Box

1) e sette diversi gruppi di regioni (cluster) simili al loro interno per grado di universalismo, tipo di

responsabilità nella gestione del servizio, livello di articolazione e di espansione del sistema di offerta, e sua

capacità di innovazione. Si tratta di un risultato di ricerca ad ampio raggio che, rifacendosi ai più classici e

omnicomprensivi approcci all’analisi dei sistemi di welfare, ha permesso di definire una tipologia molto

generale della conformazione assunta dalle regioni (Box 2)3.

Per quanto riguarda il settore specifico delle politiche per la non autosufficienza, un esteso

approfondimento comparato viene realizzato da alcuni anni dal Network Non Autosufficienza [Chiatti et. al.,

2010] orientato, più che a fornire una classificazione delle diverse regioni considerandone aspetti rilevanti

ma molto eterogenei, a misurare le distanze per quanto riguarda le performance del sistema di offerta delle

politiche rivolte agli anziani non più autosufficienti. Considerando gli indicatori di copertura delle principali

misure di natura pubblica4 delle persone over65, attraverso un’analisi dei cluster sono stati individuati dei

gruppi di regioni con il comune livello di offerta a sostegno delle persone anziane non autosufficienti5 (Box

3).

Il rendimento delle politiche per gli anziani non autosufficienti è stato valutato considerando anche la

diversa domanda espressa dalle regioni impiegando come indicatore della condizione di bisogno la

percentuale di persone anziane con limitazioni funzionali stimata dall’ISTAT o l’indennità di

accompagnamento [Pavolini, 2004]. Nel 2004 si poteva così osservare che in Italia i servizi sociosanitari

3 Per il dettaglio del metodo rimandiamo a Bertin e Carradore 2012. 4 SAD – Servizio di Assistenza Domiciliare –, ADI – Assistenza Domiciliare Integrata –, Persone non autosufficienti ricoverate presso i presidi sociosanitari, Beneficiari dell’indennità di accompagnamento. 5 Per i dettagli del metodo rimandiamo a Chiatti et al, 2010:33.

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raggiungevano circa il 60% (3,8% a fronte del 6,3) dei beneficiari dell’indennità di accompagnamento

mentre quelli sociosanitari e socioassistenziali coprivano insieme circa i tre quarti (4,6% contro il 6,3)

[Pavolini, 2004:160]. Adoperando invece come termine di paragone la percentuale delle persone con

limitazioni stimate dall’ISTAT, la capacità di soddisfare la condizione di bisogno risultava più limitata, poiché

la domanda non soddisfatta era compresa in un intervallo tra 7% ed 8% circa; in particolare, impiegando

questo indicatore per stimare la condizione di non autosufficienza nessuna regione italiana era in grado di

coprire la domanda sociale tramite i propri servizi. Anche per le regioni – come Veneto, Emilia-Romagna,

Friuli-Venezia Giulia e Lombardia – che con il primo metodo mostravano un livello di offerta superiore alla

domanda, con il secondo non la soddisfacevano, con differenze comprese tra i 4,6 e i 6,6 punti percentuali

(Tabella 1).

La nostra proposta di lavoro si pone quindi all’incrocio tra i due ultimi approcci; il sistema di offerta sarà

rappresentato dall’insieme delle prestazioni monetarie e dei servizi territoriali e residenziali; traendo

spunto dall’analisi di Pavolini (ibidem), includeremo anche dei valori rappresentativi della domanda con

l’obiettivo di:

osservare la variazione della copertura delle politiche per gli anziani non autosufficienti nelle

regioni in relazione alle diverse stime di domanda adottate;

verificare se, pur includendo dei valori relativi all’entità della domanda, sia confermata l’esistenza

di modelli di assistenza continuativa per anziani non autosufficienti in linea con quanto già

identificato facendo utilizzo dei soli indicatori d’offerta [Bertin, Carradore, 2012; Chiatti et al., 2010].

2. Il metodo: la fonte dei dati e gli indicatori

L’analisi dei modelli di domanda e di offerta che caratterizzano le regioni italiane, i cui risultati verranno

presentati nel paragrafo successivo, è stata effettuata grazie alla disponibilità di una serie di dati statistici di

fonte ufficiale.

In particolare, per quanto concerne la potenziale domanda di servizi, l’indagine ISTAT Condizioni di

salute e ricorso ai servizi sanitari è attualmente la fonte più idonea per quantificare la popolazione anziana

non autonoma e che presenta problemi di limitazioni nello svolgimento delle attività quotidiane. Tale

indagine, pur essendo di natura campionaria, permette di costruire delle stime rappresentative a livello

regionale, e quindi utili alla simulazione territoriale presentata in questo lavoro; tuttavia, essendo

effettuata con cadenza quinquennale, non permette un allineamento temporale con i dati relativi agli

interventi. Le statistiche ufficiali disponibili a livello regionale relative all’offerta sono infatti aggiornate al

2011 mentre le informazioni sulla domanda fanno riferimento al 2013.

La potenziale domanda di servizi è stata quantificata tramite due diversi approcci che conducono a

stime della domanda ben differenziate con l’individuazione:

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- degli individui anziani con limitazioni funzionali. Si tratta di un approccio adottato nel 2013 da ISTAT

per accogliere la nuova definizione proposta dall’OMS secondo cui “la disabilità non è più

considerata una condizione della persona, ma il risultato negativo dell’interazione tra singolo

individuo e l’ambiente”, non si parla più quindi di disabilità ma di persone con limitazioni funzionali

classificabili in quattro tipologie: il confinamento, la difficoltà nel movimento, quella nelle funzioni

della vita quotidiana e quella della comunicazione (ISTAT, 2014);

- degli individui anziani non autonomi. Rappresenta la nostra proposta che consente l’individuazione

di un target più specifico, poiché è oggetto di analisi l’effettiva “non autosufficienza” degli individui

e non tanto la generale presenza di limitazioni in ambiti che non necessariamente compromettono

il grado di autosufficienza della persona, come ad esempio le difficoltà della comunicazione. In

particolare, facendo uso della lista delle ADL (activities of daily living), il target individuato è quello

degli anziani over65 che presentano segnali di non autonomia nello svolgimento di tutte o di parte

delle seguenti attività quotidiane: fare il bagno, vestirsi, provvedere alla toilette personale (lavarsi

mani e viso), spostarsi (coricarsi o sedersi) e mangiare. Per ognuna delle attività quotidiane

considerate (ADL) e per ogni individuo anziano, sono stati assegnati i seguenti punteggi in termini di

livello di autosufficienza: 0 in caso di ‘svolgimento dell’attività senza difficoltà', 1 di 'svolgimento

con qualche difficoltà' e 2 in caso di 'svolgimento solo con l'aiuto di qualcuno'. Per ciascun individuo

è stato quindi stimato il livello generale di autosufficienza come sintesi dei livelli registrati nelle

singole 5 ADL (mediante un indice sintetico) grazie al quale è stato possibile individuare gli anziani

non autonomi6.

Per quanto riguarda invece le informazioni statistiche utilizzate relative all’offerta, si è fatto riferimento

alla quantificazione dei beneficiari delle politiche o dei servizi afferenti a tre aree di intervento distinte:

l’area dei trasferimenti monetari, quella dei servizi residenziali e quella dei servizi domiciliari (per come

presentati nel Box 4).

Come si vedrà nel paragrafo che segue, gli indicatori di domanda e quelli di offerta vengono prima

proposti in termini assoluti e poi in termini relativi. I numeri assoluti consentono innanzitutto la

quantificazione del carico concreto presente nelle Regioni italiane e quindi la stima del numero di potenziali

individui in condizione di bisogno e la quantificazione dei beneficiari delle politiche. In secondo luogo gli

“indicatori relativi”, misurati con il rapporto in percentuale fra i numeri assoluti (di domanda o di offerta) e

il totale della popolazione residente nel territorio di riferimento, consentono la comparazione diretta fra le

Regioni poiché apportano una correzione ai risultati, neutralizzando le differenze di dimensione presenti fra

le Regioni. In particolare, si è ritenuto opportuno rapportare i valori assoluti rispetto alla popolazione totale

residente e non alla sola popolazione anziana con lo scopo di rendere confrontabili Regioni con dimensione

6Tale indice è stato costruito in modo da assumere valore compreso fra 0 ‘anziano totalmente autosufficiente’ e 1 ‘anziano totalmente non autosufficiente’. Infine gli anziani confinati a letto (individui che sicuramente non sono autonomi) o con livello di non autosufficienza superiore a 0,5 (valore centrale della scala) sono stati classificati come non autonomi.

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diversa senza tuttavia alterare il potenziale di risposta delle regioni misurabile con gli indicatori di offerta.7

In aggiunta a questi indicatori relativi ne sono stati considerati altri che definiamo di performance: si tratta

di due differenti misure del grado di copertura della domanda da parte dell’offerta, calcolate come

rapporto percentuale fra il totale dell’offerta (somma dei valori assoluti dei vari beneficiari) e il numero di

anziani secondo l’approccio delle limitazioni funzionali o della non autonomia, poc’anzi discussi.

È opportuno sottolineare, tuttavia, che l’utilizzo del totale dell’offerta nel calcolo della copertura della

domanda può portare a contare più volte gli stessi individui, cosa che avviene nel caso in cui lo stesso

anziano sia beneficiario di più politiche (ad esempio chi riceve l’indennità di accompagnamento, ma è

anche beneficiario di assistenza domiciliare); tale limite, difficilmente superabile8, porta ad una sovrastima

dei beneficiari dell’offerta e quindi, in talune Regioni, al calcolo di livelli di copertura della domanda

superiori al 100%.

Mediante il supporto metodologico della cluster analysis9 è stato possibile individuare le similitudini

presenti fra le Regioni italiane non solo in termini di quantitativi di domanda e di livello generale di

performance (copertura della domanda), bensì anche rispetto al modello prevalente d’offerta; questo

strumento statistico permette infatti di classificare le Regioni in gruppi omogenei al loro interno partendo

da una serie di variabili di partenza.

In ultima analisi, bisogna evidenziare che le relazioni che legano domanda e offerta potrebbero avere un

rapporto circolare poiché le politiche sono contemporaneamente una risposta a situazioni di criticità nella

popolazione (e quindi la domanda può in linea teorica influenzare l’offerta), ma, contemporaneamente

possono determinare la riduzione o il rafforzamento di tali criticità (e quindi l’offerta potrebbe condizionare

la domanda). La difficoltà di isolare tali processi di causa-effetto, in assenza di fonti statistiche di tipo

longitudinale o quantomeno di solide serie storiche, e la consapevolezza che le disparità nei livelli di salute

imputabili a caratteri di natura individuale (età, genere e livello di istruzione) appaiono più evidenti rispetto

a quelle attribuibili al contesto regionale di residenza [Gargiulo, Sebastiani, 2001; Lucchini et. al., 2009;

Costa et. al., 2004] ci permettono di ipotizzare, al momento in modo plausibile, l’interruzione nel rapporto

circolare fra la domanda e l’offerta, offrendoci un – seppur non conclusivo – via libera per questo primo

approfondimento.

7 Si pensi ad esempio al caso della Liguria, Regione a maggiore presenza di anziani rispetto alla media nazionale, se gli indicatori di offerta fossero stati rapportati al numero degli anziani si sarebbe sottostimata la capacità di risposta presente nella Regione a prescindere dalla quantità di bisogno. 8 Sarebbe possibile ovviare a tale problema solo disponendo per tutte le Regioni italiane, di registri unici (o di matching di registri) per le diverse politiche afferenti al tema della non autosufficienza qui considerate. 9 La cluster analysis è uno strumento di statistica multivariata che permette, a partire da una serie di variabili, l’individuazione di gruppi omogenei (cluster) di casi. L’omogeneità (o similarità) dei gruppi è definita in base alla distanza dei valori delle variabili sullo spazio multidimensionale (le cui dimensioni sono definite dalle variabili considerate, nel nostro caso sono 9). Fra i possibili metodi di analisi dei cluster si è deciso di utilizzare il modello gerarchico (che non impone la scelta a priori del numero di cluster e che mostra uno alla volta i passaggi di aggregazione dei casi); la distanza fra le Regioni è stata calcolata mediante la distanza euclidea quadratica, mentre la metodologia utilizzata per l’aggregazione dei casi è quella di Ward, Infine si è deciso, come accorgimento metodologico, di standardizzare le variabili di partenza mediante gli z-scores.

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10

3. La simulazione

Il primo aspetto da considerare leggendo i valori assoluti degli indicatori utili a stimare la domanda è la

diversa numerosità delle persone intercettate tramite i due metodi prima descritti; in ragione di una più

articolata definizione della condizione di fragilità, le persone over65 con limitazioni superano i 2 milioni e

500 mila, più del doppio di quelle individuate grazie al metodo ADL, che sono circa 1 milione e 100 mila. La

Tabella 2 riporta queste informazioni disaggregate per regione includendo anche quelle riguardanti il

sistema pubblico di offerta (nazionale e territoriale), rappresentato dal numero dei beneficiari

dell’indennità di accompagnamento, dell’assistenza domiciliare (SAD) e di quella integrata (ADI) e dalle

persone ricoverate presso i presidi sociosanitari.

Passando da misure assolute a misure relative che consentono una più diretta comparazione

territoriale, per ciascuna regione abbiamo quindi calcolato il rapporto percentuale, sul totale della

popolazione residente, rispettivamente della domanda e dei beneficiari dell’offerta aggregati tra loro come

proposto nella sezione di metodo. La Figura 2 rappresenta graficamente il risultato di quest’operazione

mostrando come si collocano le regioni rispetto ai valori dell’offerta – sull’asse delle ascisse – e della

domanda – sull’asse delle ordinate – stimata con entrambi i metodi. La linea obliqua rappresenta invece

l’asse di equilibrio teorico nel quale l’offerta risponderebbe esattamente ai valori della domanda (copertura

del 100%); al di sotto di quest’asse troviamo i casi in cui l’offerta non è in grado di raggiungere la domanda

mentre le regioni che si collocano al di sopra dell’asse presentano un’offerta superiore alla domanda. Dalla

lettura della figura emerge come, utilizzando la domanda stimata secondo l’ipotesi degli “anziani non

autonomi”, tutte le regioni presentano un’offerta superiore alla domanda, esito di un loro “slittamento”

complessivo verso valori più bassi di domanda dovuto al fatto che, adoperando una definizione più

“restrittiva” per identificare il target delle politiche, le persone non autonome risultano di meno rispetto a

quelle con limitazioni.

Le Figure 3 e 4 permettono di vedere in modo più dettagliato il posizionamento delle regioni, adottando

l’ipotesi della domanda stimata con il metodo delle limitazioni funzionali e con quello della “non

autonomia”. Nella Figura 3 possiamo osservare alcuni primi raggruppamenti regionali (cerchiati con colori

differenti): l’Umbria che, con elevata domanda ma anche elevata offerta, rappresenta un caso a sé, l’Emilia-

Romagna e il Friuli-Venezia Giulia, così come l’Umbria, esprimono un consistente sistema di offerta in

risposta a una domanda importante, mentre altre regioni superano di poco il livello della domanda

(Trentino Alto-Adige, Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta); vi sono poi regioni che si posizionano nel mezzo,

con livelli medi di domanda e di offerta, a volte sufficiente a coprire la domanda e a volte no (regioni

cerchiate in giallo), e in coda troviamo infine regioni con offerta tale da non coprire la consistente domanda

(Sardegna, Sicilia, Puglia).

Dalla comparazione della Figura 3 con la Figura 4, è possibile individuare quei casi regionali in cui la

traslazione della domanda che avviene passando da un’ipotesi di stima all’altra (già osservata in Figura 2) si

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11

mostra in maniera più marcata; in particolare si tratta del Friuli-Venezia Giulia, del Veneto, del Molise, della

Puglia e della Sardegna, regioni per le quali la focalizzazione del target in base alla condizione di “non

autonomia” porta a una più consistente contrazione della domanda rispetto a quanto avviene in media

nelle regioni italiane.

L’incrocio fra domanda e offerta è sintetizzato nella Tabella 3 mediante appositi indicatori di

performance delle regioni, calcolati come rapporto percentuale tra il totale dei beneficiari e la domanda

individuata con i due metodi: valori sopra a 100 rappresentano il superamento della domanda da parte

dell’offerta mentre valori inferiori al 100 indicano che l’offerta non è in grado di compensare la domanda.

Considerando i rapporti offerta/domanda, quest’ultima calcolata con il metodo delle limitazioni

funzionali, è possibile identificare tre gruppi di regioni in linea con quanto già emerso dalla lettura della

Figura 3:

Gruppo 1, nel quale l’offerta supera la domanda: Valle D’Aosta, Liguria, Lombardia, Trentino-Alto

Adige, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna e Umbria;

Gruppo 2, dove l’offerta oscilla intorno al +/- 5% della domanda: Piemonte, Veneto, Marche, Lazio,

Abruzzo, Basilicata;

Gruppo 3, dove la domanda supera l’offerta: Toscana, Molise, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e

Sardegna.

Questa lettura dei dati offre indicazioni utili sull’eterogeneità territoriale nella capacità (in termini

quantitativi) di risposta alla domanda, tuttavia non fornisce informazioni sulle caratteristiche dell’offerta e

quindi su eventuali comuni modelli di intervento adottati dalle Regioni in un contesto nazionale

caratterizzato dall’assenza di un disegno unitario per l’assistenza alla non autosufficienza. Attraverso la

cluster analysis è stato quindi possibile individuare raggruppamenti di regioni caratterizzate in maniera

omogenea non solo per intensità della domanda e per entità degli interventi ma anche per le

caratteristiche di questi ultimi. Abbiamo così individuato quattro modelli principali (Tabella 4):

1. della residenzialità avanzata, con bassa domanda e elevata copertura, tipico del Trentino-Alto

Adige e della Valle d’Aosta; si tratta dello stesso gruppo di regioni già individuato da Chiatti [Chiatti

et al, 2010:33] e Bertin [Bertin, Carradore, 2012] e che si caratterizza per il marcato sviluppo dei

servizi residenziali e per la maggiore offerta di servizi comunali rispetto alle altre regioni. Questo

gruppo è accomunato anche per una domanda relativamente poco intensa e per un’elevata

copertura del sistema di offerta;

2. a elevata intensità assistenziale (anche innovativa) con domanda di media intensità, si compone

di Friuli-Venezia Giulia e Emilia-Romagna e si caratterizza per uno sviluppo dell’ADI di gran lunga

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superiore a quello degli altri gruppi così che può essere definito – secondo le classificazioni di Bertin

(ibidem) – innovativo. Il ricorso all’istituzionalizzazione è di poco inferiore al modello precedente, la

diffusione del SAD e dell’indennità di accompagnamento è superiore agli altri gruppi, così che si

caratterizza per elevata intensità assistenziale; ne fanno parte due delle tre regioni che

componevano il modello ad elevata intensità assistenziale individuato da Chiatti et. al. (ibidem);

3. cash-for-care, caratterizzato dal prevalente ricorso all’indennità di accompagnamento e dallo

scarso utilizzo dei servizi territoriali e residenziali; questo modello si esprime in contesti differenti

per il grado di offerta e domanda. I tre modelli sono:

a. ad alta intensità, con domanda e copertura elevate, è il caso della sola Umbria nella quale,

anche se l’ADI assume un valore identico ad altri gruppi, l’indennità di accompagnamento è

di gran lunga maggiore. In questa regione la domanda è elevata così come la copertura

complessiva offerta dall’insieme degli interventi;

b. con alta domanda e offerta in equilibrio, nel caso delle regioni Liguria, Marche, Lazio,

Abruzzo, Molise, Basilicata, Calabria e Sardegna, dove l’alta domanda di poco non è in

equilibrio con l’offerta. La residualità degli interventi territoriali e residenziali si

accompagnano al fatto che l’indennità di accompagnamento, seppur in una misura

inferiore al precedente modello, è il principale strumento che configura il sostegno alle

persone anziane non autosufficienti;

c. con alta domanda e bassa copertura, diverso dal gruppo precedente per la ridotta

copertura della domanda; ne fanno parte la Toscana, la Campania, la Puglia e la Sicilia;

4. a media intensità assistenziale, con orientamento verso la residenzialità, a bassa domanda e

offerta in equilibrio rappresentato dalle regioni Piemonte, Lombardia e Veneto. Questo gruppo,

tranne che per la partecipazione del Veneto ricalca quello identificato da Chiatti [ibidem] e mostra

una domanda tra le meno gravose d’Italia (solo il gruppo 1 fa peggio) pienamente raggiunta

dall’offerta soprattutto attraverso il ricorso all’istituzionalizzazione.

Conclusioni: questioni aperte e prossimi passi

L’analisi svolta ha permesso di intercettare 4 modelli generali di cui uno che assume 3 diverse

articolazioni; dei 6 gruppi possiamo dire che 3 hanno dei tratti marcati (modelli 1,2 e 4), sono diversi tra

loro per l’orientamento delle policy, l’intensità della domanda e il grado di copertura dell’offerta; altri 3

modelli (3a, 3b e 3c) coinvolgono la maggior parte delle regioni e sono accomunati dalla prevalenza delle

prestazioni monetarie, ma si differenziano sostanzialmente per la diversa capacità complessiva di

soddisfare la domanda.

L’analisi ha confermato la persistenza di un modello che accomuna Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige –

modello definito della Residenzialità avanzata [Chiatti et. al.: 2010:33] o Generalizzato con mix di tipo

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societario [Bertin, Carradore, 2012] – mentre sono rimasti quasi invariati i gruppi che costituivano i modelli

ad Elevata intensità assistenziale e quello della Media intensità assistenziale con orientamento verso la

residenzialità [Chiatti et. al.: ibidem]. Le regioni non incluse in questi modelli e tutte le restanti regioni – ad

eccezione dell’Umbria che costituisce un caso isolato – sono accomunate dall’incidenza dell’indennità di

accompagnamento e dall’elevata intensità della domanda.

I risultati dell’analisi svolta sono stati commentati in chiave comparata con i modelli intercettati in

letteratura, a seguito di una ricognizione preliminare che dovrà essere ulteriormente estesa; rimangono

infatti alcuni aspetti tecnici e di contenuto che in prospettiva dovranno essere affrontati per perfezionare il

lavoro sin qui svolto.

In particolare, è necessario approfondire l’eventuale influenza dei rapporti causa-effetto tra i fattori

considerati – es. disabilità e politiche, ricchezza delle regioni e sviluppo delle politiche – che potrebbero

condizionare l’analisi e/o condurre a descrizioni falsate dal considerare fattori tra loro correlati.

Emblematica, in questo senso, è l’ipotesi di includere anche variabili relative alle forme di governance delle

politiche: il rischio è di introdurre un elemento che potrebbe essere esplicativo di quella specifica

performance regionale; considerare inoltre elementi relativi alla governance non aggiunge informazioni

rilevanti rispetto al nostro obiettivo, quello di valutare le differenze tra le regioni alla luce dell’offerta. In

quest’ottica, semmai, si dovrebbe riflettere sull’ipotesi di escludere dall’analisi l’apporto dell’indennità di

accompagnamento che, – di fonte e gestione nazionale – oltre a caratterizzare fortemente l’intero settore,

dal punto di vista dell’analisi corre il rischio di “coprire” l’eterogeneità espressa dai servizi territoriali a

gestione regionale e comunale. Coerentemente con questo tema ci si potrebbe interrogare sull’ipotesi di

includere anche informazioni relative all’azione privata, come la spesa media mensile familiare in sanità, le

relazioni di mutuo aiuto, l’azione volontaria e di cura. Sono dimensioni considerate nel lavoro ad ampio

raggio di Bertin [2012, 2013] e che rappresentano parti strutturali – ma allo stesso tempo anche l’effetto –

della configurazione del welfare pubblico; a ciò si somma il fatto che non si può escludere che proprio

l’indennità di accompagnamento, così come l’azione regionale attraverso i dispositivi messi in campo

attraverso il Fondo Non Autosufficienza, alimenti un mercato privato dove domanda e offerta si incontrano

ma potrebbero sfuggire alle principali rilevazioni statistiche.

In conclusione, con l’obiettivo di intercettare modelli di welfare regionali rivolti agli anziani non

autosufficienti l’attività di ricerca dovrà essere finalizzata a chiarire le eventuali relazioni tra ulteriori

variabili da includere eventualmente nell’analisi.

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14

Box

Box 1 – Assi e fattori per l’identificazione dei sistemi di welfare Asse Fattore Caratteristiche generali ed esempi di variabili considerate

Titolarità nella gestione dei

servizi

Mix strutturato

I servizi sono erogati da una molteplicità di soggetti (pubblici, privati e terzo settore)

Il sistema è consolidato, con una «pianificazione» ben strutturata e impostata da molto tempo

es: presenza di soggetti di terzo settore con dimensioni considerevoli

Mix tendente al societario

Consistente presenza del volontariato

Presente la risorsa pubblica, ma secondaria al terzo settore

Sono deboli o assenti dinamiche di mercato es: Nidi pubblici sul totale dei nidi

Estensione del sistema

di protezione sociale

Estensione dei servizi tradizionali

Forte presenza di alcuni servizi che hanno caratterizzato la fase espansiva dei sistemi di welfare

es: Anziani ospitati in presidi residenziali su popolazione con 65 anni e più

Estensione dei servizi innovativi

Diffusione di servizi centrali nel più recente dibattito tecnico scientifico, o frutto della risposta al ridimensionamento delle risorse

es: Presa in carico degli anziani per il servizio di assistenza domiciliare integrata

Caratteristiche del contesto

Coesione sociale Verificarsi di episodi di mutuo aiuto tra cittadini, fiducia nelle istituzioni es: Associazioni di volontariato su numero di abitanti

Rischi sociali Presenza diffusa di aspetti di fragilità e disuguaglianza sociale es: Indice di povertà delle famiglie (incidenza)

Sintesi da Bertin e Carradore, 2012; Bertin, 2012a

Box 2 – Regioni e caratteristiche dei singoli cluster

Modello Elementi caratterizzanti Regioni

Generalizzato con mix di tipo societario

Mix strutturato ma con dinamiche forti di societario, offerta estesa di servizi tradizionali, ma meno attenti alla territorializzazione, forte coesione sociale e significativa presenza di rischi sociali

Valle d’Aosta Trentino-Alto Adige

Generalizzato e generoso

Mix strutturato con la presenza di alcuni segnali di orientamento verso il societario, l’offerta estesa di servizi tradizionali e di orientamento verso la territorializzazione, società discretamente coese con rischi sociali relativamente bassi

Friuli-Venezia Giulia Toscana Veneto Emilia-Romagna Lombardia10

Mix strutturato Mix bilanciato fra dinamiche d’integrazione di mercato, stato e societarie. Offerta discretamente diffusa di servizi tradizionali e territoriali, la coesione sociale è discreta e bassi sono i rischi sociali

Liguria Marche Umbria

Welfare consolidato ma poco innovativo

Mix strutturato ma con pochi segnali di orientamento verso dinamiche di sussidiarietà, l’offerta di servizi tradizionali è estesa ma poco orientata alla territorializzazione, coesione e rischi sociali sono relativamente bassi

Piemonte

Residuale e poco diversificato

Il mix è relativamente poco articolato e poco significativi sono i segnali di orientamento verso il welfare societario. L’offerta di servizi tradizionali e territoriali è relativamente poco estesa

Lazio Abruzzo

Residuale con propensione al societario

Mix di mercato e stato poco strutturato, ma con alcuni segnali di orientamento verso strutture di tipo societario, l’offerta è poco estesa sia di servizi tradizionali sia territoriali, la coesione è discreta ma alti sono anche i rischi sociali

Molise Sardegna Basilicata

Minimale ad elevata criticità sociale

Debole la presenza di tutti gli attori (pubblici e privati) e mancano segnali di orientamento verso la sussidiarietà, l’offerta appare complessivamente poco estesa. La società poco coesa presenta rischi sociali elevati

Puglia Calabria Campania Sicilia

Fonte: Bertin, 2012a

10 Non mancano però alcune differenze interne al gruppo: l’Emilia Romagna si caratterizza per una maggiore presenza del terzo settore e per una società relativamente meno coesa; la Lombardia si caratterizza per la maggiore presenza di soggetti privati. Si tratta di differenze che potrebbero indicare dei processi di trasformazione in atto ma al momento incapaci di determinare significative differenze (Bertin, 2012).

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Box 3 – Modelli regionali di assistenza continuativa per anziani non autosufficienti Modello Elementi caratterizzanti Regioni

Residenzialità avanzata

Investimento nelle soluzioni assistenziali di tipo residenziale e nell’offerta comunale dei servizi di sostegno socio-assistenziale

Pochi utenti in ADI

Limitata incidenza dell’indennità di accompagnamento

Trentino-Alto Adige Valle d’Aosta

Elevata intensità assistenziale

Il numero degli anziani beneficiari di servizi di assistenza continuativa è il più elevato in Italia

Emilia-Romagna Veneto Friuli-Venezia Giulia

Cash-for-care Incidenza dell’indennità di accompagnamento più alta in Italia

Scarso sviluppo rete residenziale

Media diffusione di SAD e ADI

Abruzzo Calabria Campania Sardegna Umbria

Media intensità assistenziale, con orientamento cash-for-care

Diffusione di SAD e ADI poco inferiore alla media nazionale

Alta la diffusione dell’indennità di accompagnamento

Basilicata Lazio Marche Puglia Toscana

Media intensità assistenziale, con orientamento verso la residenzialità

Diffusione di SAD e ADI di poco inferiore alla media nazionale Alta incidenza di anziani istituzionalizzati

Liguria Lombardia Piemonte

Bassa intensità assistenziale

Ridotta platea di beneficiari degli interventi di Long-Term Care ad eccezione del SAD

Molise Sicilia

Fonte: sintesi da Chiatti et. al., 2010

Box 4 – Fonti dati domanda e offerta

Area di intervento Indicatore Fonte

Anno di riferimento

Domanda

Individui 65enni o più con limitazioni funzionali

ISTAT “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari”

2013

Individui 65enni o più non autonomi

ISTAT “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari”

2013

Offerta

Trasferimenti monetari

Beneficiari indennità di accompagnamento

ISTAT “Statistiche della previdenza e dell’assistenza sociale”

2011

Servizi residenziali Ricoverati in presidi socio-sanitari e socio-assistenziali

ISTAT “Indagine sui presidi residenziali socio-assistenziali e sociosanitari”

2011

Servizi domiciliari

Beneficiari Assistenza domiciliare integrata (ADI)

ISTAT “Indagine sugli interventi e i servizi sociali dei comuni singoli e associati”

2011

Beneficiari della Servizio di assistenza domiciliare (SAD)

ISTAT Ministero della Salute, Attività gestionali ed economiche delle A.S.L. e aziende ospedaliere – Annuario statistico del servizio sanitario nazionale – Anno 2011

2011

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Figure

Figura 1 – Beneficiari di trasferimenti e servizi

Fonte: elaborazione su dati Istat11

Figura 2 – La domanda secondo le due ipotesi e l’offerta totale. Percentuali in rapporto alla popolazione residente.

Regioni italiane, anni 2013 (domanda) e 2011 (offerta).

Fonte: elaborazioni su dati ISTAT e Ministero della Salute.

11 Si veda il box 1 per il dettaglio sugli anni considerati.

9,510,1

12,6

15,014,0

11,9

2,7 2,9

0,9 0,5 0,61,7

3,4

7,3

4,1

2,8 2,6

4,1

1,4 1,80,8

1,32,0

1,4

Nord-Ovest Nord-Est Centro Sud Isole Italia

Indennità di accompagnamento Presidi socio-sanitari

Assistenza domiciliare integrata (ADI) Servizio di assistenza domiciliare (SAD)

2,0%

2,5%

3,0%

3,5%

4,0%

4,5%

5,0%

5,5%

6,0%

6,5%

1,0% 2,0% 3,0% 4,0% 5,0% 6,0%

Dim

ensi

on

e d

ell'

OFF

ERTA

Dimensione della DOMANDA

Domanda: Con limitazioni Domanda: Non autonomi

ITALIA ITALIA

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Figura 3 – La domanda secondo l’ipotesi 1 (65+ con limitazioni) e l’offerta totale. Percentuali in rapporto alla popolazione residente.

Regioni italiane, anni 2013 (domanda) e 2011 (offerta).

Fonte: elaborazioni su dati ISTAT e Ministero della Salute.

Figura 4 – La domanda secondo l’ipotesi 2 (65+ non autonomi) e l’offerta totale.

Percentuali in rapporto alla popolazione residente. Regioni italiane, anni 2013 (domanda) e 2011 (offerta).

Fonte: elaborazioni su dati ISTAT e Ministero della Salute.

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Tabelle

Tabella 1 – Capacità di copertura della non autosufficienza in Italia

Valori percentuali

Stime anziani non autosufficienti Indennità di accompagnamento a 6,3

Persone con limitazioni b 11,2

Livello di copertura ADI + Presidi socio sanitari c 3,8

ADI + Tutti i presidi d 4,6

Gap domanda offerta

a-d 1,7

a-c 2,5

b-d 7,6

b-c 8,4

Fonte: sintesi da Pavolini, 2004

Tabella 2 – La domanda e l’offerta: la dimensione in numeri assoluti.

Regioni italiane, anni 2013 (domanda) e 2011 (offerta).

Regioni

Domanda: 65enni e più Offerta: Beneficiari 65enni e più

Individui con Limitazioni 65+

a

Individui Non Autonomi

(Metodo ADL) b

Indennità accompagnamento

c

Presidi d

ADI e

SAD f

Piemonte 153.615 72.057 90.334 25.937 20.377 9.176

Valle d’Aosta 3.967 2.015 2.508 897 97 1.394

Liguria 65.401 35.532 43.180 7.386 16.247 4.749

Lombardia 325.251 135.201 194.777 60.431 82.400 31.848

Trentino Alto Adige 30.578 13.489 14.874 8.374 4.066 7.714

Veneto 190.557 70.308 101.202 28.008 53.422 13.752

Friuli-Venezia Giulia 51.541 18.448 31.212 8.403 17.458 6.656

Emilia-Romagna 181.315 101.186 101.491 25.646 104.747 15.787

Toscana 158.627 70.182 91.806 11.389 20.637 6.982

Umbria 45.176 24.953 37.048 1.905 15.083 627

Marche 68.707 36.410 46.124 4.925 12.059 2.463

Lazio 224.579 103.111 147.544 5.759 56.618 10.224

Abruzzo 56.028 26.614 38.197 2.812 13.286 4.561

Molise 14.480 6.742 7.655 713 2.456 1.541

Campania 248.117 118.901 151.193 1.906 22.801 11.302

Puglia 215.099 98.853 109.119 4.684 15.117 9.087

Basilicata 23.616 14.255 14.325 809 6.999 1.658

Calabria 87.315 44.706 63.086 2.071 10.838 4.150

Sicilia 248.154 127.811 127.135 5.434 19.999 16.852

Sardegna 86.444 37.804 49.030 2.459 12.419 8.150

Italia 2.514.550 1.158.577 1.461.840 209.945 507.126 172.222 Fonte: elaborazioni su dati ISTAT e Ministero della Salute.

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Tabella 3 – Indice di performance: Tasso di copertura percentuale della domanda. Regioni italiane, anni 2013 (domanda) e 2011 (offerta).

Regioni

Quota % di domanda coperta dall'offerta (Offerta/domanda)

Hp Con limitazioni (c+d+e+f)/b Hp Non autonomi (c+d+e+f)/a

Piemonte 95% 202%

Valle d'Aosta 123% 243%

Liguria 109% 201%

Lombardia 114% 273%

Trentino Alto Adige 115% 260%

Veneto 103% 279%

Friuli-Venezia Giulia 124% 345%

Emilia-Romagna 137% 245%

Toscana 82% 186%

Umbria 121% 219%

Marche 95% 180%

Lazio 98% 214%

Abruzzo 105% 221%

Molise 85% 183%

Campania 75% 157%

Puglia 64% 140%

Basilicata 101% 167%

Calabria 92% 179%

Sicilia 68% 133%

Sardegna 83% 191%

Italia 94% 203% Fonte: elaborazioni su dati ISTAT e Ministero della Salute.

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Tabella 4 – I modelli regionali di assistenza continuativa per anziani non autosufficienti costruiti a partire da variabili quantitative di domanda, di offerta e di performance (incrocio domanda(offerta)

Modello Variabili % Media

nel cluster Range nel

cluster

1

Residenzialità avanzata, con bassa domanda e elevata copertura

Trentino Alto Adige e Valle d'Aosta

Domanda con limitazioni Domanda non autonomi Indennità accompagnamento Presidi ADI SAD Totale offerta Copertura della domanda (hp limitazioni) Copertura della domanda (hp non autonomi)

3,1 1,5 1,7 0,8 0,2 0,9 3,6

119,0 251,3

[3 - 3,1] [1,3 - 1,6] [1,4 - 2]

[0,7 - 0,8] [0,1 - 0,4] [0,7 - 1,1] [3,4 - 3,9]

[114,6 - 123,4] [243 - 259,7]

2

A elevata intensità assistenziale (anche innovativa) con domanda di media intensità

Friuli Venezia Giulia e Emilia Romagna

Domanda con limitazioni Domanda non autonomi Indennità accompagnamento Presidi ADI SAD Totale offerta Copertura della domanda (hp limitazioni) Copertura della domanda (hp non autonomi)

4,2 1,9 2,5 0,6 1,9 0,5 5,5

130,1 295,1

[4,2 - 4,2] [1,5 - 2,3] [2,3 - 2,6] [0,6 - 0,7] [1,4 - 2,4] [0,4 - 0,5] [5,2 - 5,7]

[123,6 - 136,6] [244,8 - 345,4]

3a

Cash-for-care ad alta intensità, con domanda e copertura elevate

Umbria

Domanda con limitazioni Domanda non autonomi Indennità accompagnamento Presidi ADI SAD Totale offerta Copertura della domanda (hp limitazioni) Copertura della domanda (hp non autonomi)

5,1 2,8 4,2 0,2 1,7 0,1 6,2

121,0 219,1

[5,1 - 5,1] [2,8 - 2,8] [4,2 - 4,2] [0,2 - 0,2] [1,7 - 1,7] [0,1 - 0,1] [6,2 - 6,2]

[121 - 121] [219,1 - 219,1]

3b

Cash-for-care con alta domanda e offerta in equilibrio

Liguria, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata, Calabria e Sardegna

Domanda con limitazioni Domanda non autonomi Indennità accompagnamento Presidi ADI SAD Totale offerta Copertura della domanda (hp limitazioni) Copertura della domanda (hp non autonomi)

4,4 2,2 2,8 0,2 0,9 0,3 4,2

96,2 192,0

[4,1 - 5,3] [1,9 - 2,5] [2,4 - 3,2] [0,1 - 0,5] [0,6 - 1,2] [0,2 - 0,5] [3,9 - 4,6]

[83,4 - 109,4] [166,9 - 221,1]

3c Cash-for-care con alta domanda e bassa copertura

Toscana, Campania, Puglia, Sicilia

Domanda con limitazioni Domanda non autonomi Indennità accompagnamento Presidi ADI SAD Totale offerta Copertura della domanda (hp limitazioni) Copertura della domanda (hp non autonomi)

4,7 2,2 2,6 0,1 0,4 0,2 3,4

72,6 154,0

[4,3 - 5,3] [1,9 - 2,6] [2,5 - 2,7] [0 - 0,3]

[0,4 - 0,6] [0,2 - 0,3] [3,2 - 3,6]

[64,2 - 82,5] [132,6 - 186,4]

4

Media intensità assistenziale, con orientamento verso la residenzialità, a bassa domanda e offerta in equilibrio

Piemonte, Lombardia e Veneto

Domanda con limitazioni Domanda non autonomi Indennità accompagnamento Presidi ADI SAD Totale offerta Copertura della domanda (hp limitazioni) Copertura della domanda (hp non autonomi)

3,6 1,5 2,1 0,6 0,8 0,3 3,7

103,9 251,7

[3,4 - 3,9] [1,4 - 1,7] [2 - 2,1]

[0,6 - 0,6] [0,5 - 1,1] [0,2 - 0,3] [3,3 - 4]

[94,9 - 113,6] [202,4 - 279,3]

Fonte: elaborazioni su dati ISTAT e Ministero della Salute.

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