UpsideTown U.S.A. - Aprile 2010 - n°1

8

Click here to load reader

description

A new magazine about usa politics, culture, economy, lifestyle.

Transcript of UpsideTown U.S.A. - Aprile 2010 - n°1

Page 1: UpsideTown U.S.A. - Aprile 2010 - n°1

SUMMARY

• La nomina del nuovo ambasciatore in Siria non cancella alcuni attriti> pag. 3

• A rischio l’alleanza tra Washington e Tel Aviv?> pag. 3

• Il valore dello yuan minerà i rapporti tra Washington e Pechino?> pag. 4

• Boeing vs EADS, gli Stati Uniti preferiscono il “Made in U.S.A.”>pag. 5

• Al largo di Okinawa> pag. 8

POLITICA

ECONOMIA

CULTURA

UPSIDETOWN

PER RICHIESTE O SEGNALAZIONI:

Via Vigevano, 3920144 Milano - [email protected]: +39 028360642Fax: +39 0258109661

L’aumento dei dazi sulle importazioni deciso dal governo di Brasilia, con l’autorizzazione dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, rischia di portare ad uno scontro commer-ciale tra i due paesi protagonisti della scena economica del continente americano. La Casa Bianca deciderà di cancel-lare i sussidi ai produttori di cotone statunitensi per evitare tensioni con l’esecutivo brasiliano?

Con la firma del Trattato Start 2 si allontana il terrore nucle-are. Lo smantellamento di testate e vettori non porterà alla completa libertà dalla deterrenza atomica, ma sembra es-sere un passo in avanti verso un sostanziale miglioramento delle relazioni tra Washington e Mosca. Riusciranno Oba-ma e Medvedev a colmare la distanza che ancora separa le due nazioni protagoniste di una Guerra Fredda durata mezzo secolo?

Nuove centrali in Georgia, Carolina del Sud, Texas, Maryland e Illinois. Ingenti stanziamenti per il rilan-cio del nucleare per scopi civili. Obama è pronto a sacrificare lo sviluppo e la produzione di energia da fonti alternative: una scel-ta dolorosa ma necessaria, nelle parole del presidente, per poter fare passi avanti nella diversificazione delle fonti d’approvvigionamen-to energetico. La politica lanciata da Obama porterà ad una nuova corsa nuclea-re civile?

> PAG.2

> PAG.4

> PAG.2> PAG.5 > PAG.6

POLITICA

LINK

ECONOMIA

POLITICA“Vi chiederò di aiu-

tarmi a ricostrui-re questa nazione: mattone su mattone. Sarò sempre onesto con voi: vi ascolterò, anche se la pense-remo diversamente. Il cammino davanti a noi sarà duro e ci sarà bisogno di stare uniti.”

Barack Obama

Queste le parole pronunciate dall’at-tuale presidente sta-tunitense solo pochi mesi fa. Questo il monito ad una na-zione che lo ha porta-to alla Casa Bianca e che sembra ora met-tere in discussione molte delle proposte presentate, dal sal-vataggio dell’econo-mia alla riforma del Sistema Sanitario.

I successi ottenu-ti fi nora da Obama sembrano essere il frutto di una sfi da continua a quell’opi-nione pubblica che non gli risparmia critiche dure e accu-se gravi. Una sfi da in cui il presidente ha messo in gioco più di una volta il suo prestigio personale, uscendo vincitore da battaglie dure e senza esclusione di colpi al limite del proibito. E’ diffi cile prevedere se Obama sarà o meno l’inquili-no della Casa Bianca anche nei prossimi anni, di certo però si può dire che già nel primo mandato della sua presidenza è riu-scito dove molti altri prima di lui hanno fallito: scrivere una pagina importan-te nella Storia degli Stati Uniti d’Ameri-ca.

Simone Comi

ECONOMIA

Con l’approvazione della riforma sanitaria Barack Obama è entrato nella Storia. Ha raggiunto un obiettivo ambizioso, mai raggiunto dai presidenti Democratici che lo hanno preceduto alla Casa Bian-ca. Obama ha vinto forse la sua battaglia più importan-te. Riusciranno ora i De-mocratici a confermare la maggioranza al Congresso, conquistata nelle elezioni del 2008?

La riforma della Sanità per entrare nella Storia

Tra Stati Uniti e Brasile scoppia la guerra del cotone

La Casa Bianca rilancia il nucleare

civile

Si allontana il terrore nucleare

Discorso dell’ Ambasciatore David Thorne al Senato della

Repubblica

L’editoriale

Page 2: UpsideTown U.S.A. - Aprile 2010 - n°1

Simone Comi

UPSIDETOWN

da parte di tutti, o quasi, i presidenti Democratici, ma il solo a riuscirci è stato Barack Obama. Al termine della prima votazione, il presidente ha dichiarato:” Abbiamo dimostrato che siamo ancora un popolo capace di fare grandi cose”. In realtà, Obama ha dovu-to lottare proprio contro quell’elettorato che gli ha consentito di approdare alla Casa Bianca, ma che si è scoperto poi troppo con-servatore per appoggiare la riforma voluta dal presiden-te. Grandi onori dovranno essere tributati anche a Nancy Pelosi, la coraggiosa Madame speaker della Ca-mera, capace di gestire una situazione caratterizzata da incertezze. E’ stata lei a mediare con i Blue Dogs, i Democratici conservatori, inserendo alcune norme contro il sostegno pubblico

all’aborto nel pacchetto di riforma. E’ stata lei a scon-trarsi con il capo di gabinet-to Rahm Emanuel, accu-sandolo di voler tradire la riforma presentando una proposta annacquata da trattative segrete con i rap-presentanti delle ali conser-vatrici del Partito. La Pelosi è stata in questi mesi un esempio perfetto di espe-rienza e fiuto politico. Alla fine la vittoria di Obama è, quindi, un successo anche suo. Una vittoria che rimar-rà nella storia del paese, tanto che lo stesso Obama ha dichiarato: “Questa sera abbiamo risposto all’appel-lo della storia come tanti americani hanno fatto pri-ma di noi. Non siamo sfug-giti alle nostre responsabi-lità, le abbiamo affrontate. Non abbiamo avuto timore del nostro futuro”. Resta da verificare se il trionfo

Alla fine Barack Obama ce l’ha fatta, ha mosso il suo primo passo nella Storia. Con la “doppia approvazio-ne” del pacchetto di riforma del sistema sanitario votata dal Congresso, è riuscito a garantire l’ampliamento della copertura sanitaria ai cittadini statunitensi. Iniziativa di portata storica dati i precedenti, la rifor-ma del sistema presentata dall’amministrazione De-mocratica è la più ampia iniziativa in campo sociale da cinquant’anni a questa parte e di fatto chiude un cammino iniziato all’inizio del secolo scorso. Fu infatti il Repubblicano Theodo-re Roosevelt, rimasto alla Casa Bianca dal 1901 al 1909 , il primo presiden-te statunitense a ventilare l’ipotesi di riforme progres-siste di tale portata. Ci sono voluti cento anni e tentativi

Si è chiuso a Praga dopo mesi di trattative serra-te il percorso negoziale che ha portato Barack Obama e Dmitri Med-vedev a siglare il nuovo trattato sul disarmo nucleare, che andrà a sostituire lo START 1 ri-masto in vigore dal 1991 al 5 dicembre scorso. La data ed il luogo della fi rma hanno avuto per la Casa Bianca un alto

valore simbolico, oltre che pratico. Nell’ aprile di un anno fa, proprio a Praga, Barack Obama annunciò di voler lavo-rare affi nché il mondo fosse libero dall’incubo della distruzione nu-cleare. Avendo posto successivamente tra le priorità della sua agen-da la dismissione degli armamenti atomici, il presidente statunitense

potrebbe presto annun-ciare che un primo, fon-damentale, passo avanti è stato fatto. La sfi da lanciata sarebbe quindi stata vinta e i due paesi ridurranno il numero delle testate in loro pos-sesso, con un tetto mas-simo di 1500 testate operative e 800 vettori nucleari. I missili, da terra e da sottomarino, e i bombardieri saranno quindi dimezzati. Per Barack Obama la fi rma del trattato è un succes-so personale di non poco conto, un segnale forte ai suoi detrattori: la pragmaticità fi nora di-mostrata nell’approccio alle questioni di politica internazionale può por-tare frutti importanti. La scelta è stata strate-gica anche per motivi di opportunità politica. Il 12 aprile si aprirà infatti a Washington la Confe-

ottenuto dalla Casa Bianca riuscirà a trasformarsi in una conferma alle prossime elezioni perché, in caso di pesante sconfitta, il presidente, e i Democratici, rischiano di trovarsi a dover lottare per aggiungere gli altri mattoni a quel sogno americano che hanno saputo descrivere così bene al popolo statunitense. I Repubblicani hanno votato compatti contro l’approvazione del piano sanitario, hanno costretto il Con-gresso ad una seconda votazione dopo aver scovato errori procedurali in due emendamenti inseriti nel primo testo e sono pronti ad una campagna elettorale spietata. Come si dice di solito in questi casi: mettetevi pure comodi, ne ve-dremo e sentiremo delle belle.

renza sul nucleare: qua-le miglior palcoscenico, in un momento in cui il presidente ha un dis-perato bisogno di rilan-ciare il proprio appeal sul fronte della politica interna, per presentare un accordo così impor-tante?

La creazione di una com-missione bilaterale con-sultiva garantirà la rea-lizzazione degli obiettivi e dei punti dell’accordo. Nel Trattato non è stato fi ssato in forma giuri-dicamente vincolante il legame tra armi offen-sive e difensive, aspetto inserito in una serie di appendici al protocollo che verrà discusso dopo la fi rma e lascia liberi i due paesi di prendere decisioni unilaterali . Il riferimento è ov-vio e si chiama Scudo Spaziale Europeo:

lanciato dal Repubbli-cano George W.Bush e sostanzialmente con-fermato dal suo succe-ssore, preoccupa an-cora l’establishment moscovita. Mantenere l’equilibrio strategico va bene agli Stati Uniti, almeno in questo mo-mento, ma legarsi le mani includendo una clausola di questo tipo potrebbe rivelarsi trop-po oneroso. Rimane da verifi care quale sarà l’atteggiamento del pre-mier russo durante le discussioni con la con-troparte statunitense: solo allora si capirà se Mosca è realmente pronta a creare ulteriori tensioni o se le richieste del Cremlino si riveler-anno un semplice tenta-tivo per ottenere quanto più possibile in sede ne-goziale.

S. C.

Aprile 2010UNITED STATES of AMERICA

La riforma della Sanità per entrare nella Storia

POLITICA

Si allontana il terrore nucleare

2

Page 3: UpsideTown U.S.A. - Aprile 2010 - n°1

Stefano Torelli

UPSIDETOWN

Gli Stati Uniti continua-no la loro opera di riavvi-cinamento alla Siria nel tentativo di normalizzare i rapporti con i Paesi me-diorientali, con l’obiettivo di dirimere le controversie che destabilizzano la regio-ne, prime tra tutte quella legata al negoziato con l’Iran sul suo processo di arricchimento dell’uranio e il conflitto arabo-israeliano. Barack Obama ha nomi-nato Robert Ford amba-sciatore a Damasco, dopo 5 anni di rottura di rapporti diplomatici ufficiali. Subito dopo la nomina, che apre un nuovo canale di dialogo con Damasco e, nelle spe-ranze di Washington, tra la Siria e lo Stato di Isra-ele, vi sono stati incontri tra i vertici della Sicurezza dei due Paesi, guidati da Daniel Benjamin, coordi-natore per l’antiterrorismo

L’approvazione della risolu-zione sul genocidio armeno ha portato nuove tensioni tra Washington ed Ankara. I Rappresentanti sembrano aver voluto lanciare un mo-nito a Barack Obama, restio ad accettare proposte sulle riforme che potrebbero mettere in dubbio i seggi di molti Democratici alle ele-zioni di mid-term. Secondo fattore che ha determinato

del Dipartimento di Stato. Anche il Sottosegretario di Stato William J. Burns si è recato a Damasco e ha discusso con il Presidente siriano Bashar al-Assad circa gli sviluppi più im-portanti nella regione. In particolar modo l’incontro si sarebbe concentrato sul-la necessità che il Libano, attuale membro del Consi-glio di Sicurezza dell’ONU e nel cui governo è presente Hezbollah, grazie a cui la Siria ancora esercitereb-be la propria influenza nel paese, non si astenga dall’appoggiare eventuali sanzioni che saranno vo-tate contro Teheran. Dopo tali incontri, Damasco ha immediatamente mostrato la sua volontà di continua-re a perseguire una politica autonoma nella regione arrivando a creare una piccola crisi diplomatica.

il voto favorevole riguarda i rapporti tra i due paesi. A Washington è tornata a farsi sentire la voce dell’AN-CA (Armenian National Comitee of America), che ha chiesto al Congresso di ristabilire quella che per gli armeni è una realtà storica. Lobbysti e parlamentari turchi hanno fatto visita ai loro parigrado con l’obiet-tivo di bloccare la possibile

Alle richieste del Segreta-rio di Stato Hillary Clinton di prendere le distanze dall’Iran, infatti, il Presi-dente siriano ha risposto in modo chiaro, invitando a Damasco il Presidente ira-niano Ahmadi-Nejad. Nel corso della visita, Assad ha ribadito il sostegno siriano al programma nucleare di Teheran e i due Paesi han-no firmato un accordo che prevede la libera circolazio-ne delle persone tra le due frontiere. Si è tenuto inoltre un incontro, sponsorizzato dalle agenzie governative siriane, tra i due Presidenti ed il leader di Hezbollah, Hasan Nasrallah. In que-sto modo, Damasco cerca di porsi come attore auto-nomo nel contesto medio-rientale, allo stesso tempo sottolineando quanto sia importante il proprio ruolo nei rapporti tra l’Occiden-

approvazione. L’iniziativa ha però fatto difetto nell’ap-proccio e gli argomenti uti-lizzati, riduzione dei traffici commerciali e rottura delle relazioni diplomatiche, sono sembrati minacce. La risposta della Commis-sione Esteri è stata chiara: Ankara non può pensare di intimorire l’(ormai ex?)alle-ato. I rapporti tra i due pae-si sono quindi congelati, in attesa del voto dell’aula e di un appoggio più convinto dell’esecutivo statunitense alle posizioni turche. Le condizioni saranno rispet-tate: la Casa Bianca non può permettersi di aprire una pericolosa crisi diplo-matica con Ankara. Non per una questione che tutto pare essere per gli Stati Uni-ti, fuorchè fondamentale.

te (con gli Stati Uniti in prima linea) e l’Iran. Tale politica spiega perché, nonostante gli indubbi miglioramenti nei rapporti con Washington, quest’ultima nutra ancora delle riserve, come sottolineato dalla conferma delle sanzioni economiche da parte del Presidente Obama lo scorso mag-gio, imposte per la prima volta da Bush jr. nel 2004.

Simone ComiS.C.

Aprile 2010UNITED STATES of AMERICA

La nomina del nuovo ambasciatore in Siria non cancella alcuni attriti

Questione armena: nuovi screzi nei rapporti turco-statunitensi

POLITICA

Restano particolarmente tese le relazioni tra Stati Uniti ed Israele. La visita del premier Netanyahu a Washington è servita per puntualizzare la posizione di Tel Aviv rispetto alla co-struzione di nuovi insedia-menti a Gerusalemme est. Le posizioni sono distanti, forse troppo per continua-re a discutere.Parlando davanti all’Ame-rican Israel Public Affairs Commitee (AIPAC) il lea-der israeliano ha sottoli-neato che Gerusalemme non è un insediamento ma la capitale dello stato di Israele. Una dichiarazio-ne capace di incendiare la platea dell’AIPAC e gelare la Casa Bianca e il Dipar-timento di Stato. Quanto successo negli ultimi giorni lascia pensare che ci sarà un ulteriore slittamento delle trattative di pace israelo-palestinesi, ferme dal dicembre del 2008. La situazione di stallo sembra essere difficilmente recupe-rabile: di certo non baste-ranno formule di amicizia per cancellare un confron-

A rischio l’alleanza tra Washington e Tel Aviv?

to caratterizzato da mo-menti di tensione. Resta da verificare se gli Stati Uniti decideranno di appoggia-re le richieste israeliane sul tema del nucleare irania-no, anche se al momento pare improbabile un arre-tramento di Washington sulla questione. La Clinton ha espresso la volontà di far approvare al Consi-glio di Sicurezza dell’ONU nuove sanzioni contro Te-heran, definendo l’oppo-sizione all’Iran un tassello di un’alleanza bilaterale solida come una roccia. Il termine di paragone ap-pare quanto mai azzecca-to: se una roccia è difficile da spaccare con un colpo netto, il tempo e gli agenti esterni tendono ad eroder-ne la superficie lentamente ma inesorabilmente. Pro-prio questo potrebbe esse-re il destino delle relazioni tra Stati Uniti ed Israele, due paesi legati da un’alle-anza che pare ora soffrire dell’effetto erosivo degli at-triti diplomatici.

3

Page 4: UpsideTown U.S.A. - Aprile 2010 - n°1

UPSIDETOWN

L’approvazione da parte di Brasilia di dazi commer-ciali sulle importazioni di prodotti “Made in U.S.A.” come ritorsione ai sussidi stanziati dalla Casa Bianca, a sostegno di produttori ed esportatori nazionali di cotone, rischia di scatenare una guerra commerciale senza precedenti tra i due paesi. L’iniziativa è stata autorizzata dall’Organizza-zione Mondiale del Com-mercio (WTO) dopo una prima approvazione pre-ventiva giunta dopo anni di contenziosi mai risolti. I dazi imposti dal governo guidato da Lula riguarda-no 102 prodotti e il WTO ha concesso ai due paesi 30 giorni per riuscire a ne-goziare la possibilità di una soluzione riparatoria. Gary Locke, Segretario al Com-mercio, e Michael Froman, vice consigliere per la Sicu-rezza Nazionale con dele-ga al Commercio, hanno già incontrato i funzionari brasiliani per avviare tratta-tive il cui nodo fondamen-tale è proprio il rapporto dazi-sussidi. Secondo un rapporto presentato dai funzionari brasiliani, le sanzioni farebbero aumen-tare i dazi su prodotti e de-rivati del cotone del 100%,

un aumento di non poco conto se si tiene conto che erano finora fermi tra il 6% ed il 35%. Oltre al cotone, saranno aumentati anche i dazi sui prodotti di bellezza, dal 18 al 36%, e sui prodotti per la casa, che passeranno dal 20 al 40%. Più contenu-to l’aumento dei dazi sulle autovetture, che passeran-no dal 35 al 50%. Il WTO ha fatto sapere che il Bra-sile ha diritto ad un risarci-mento che ammonterebbe all’incirca a 829 milioni di dollari: la cifra che otterrà il governo di Lula con l’incre-mento dei dazi è però sensi-bilmente più bassa, intorno ai 591 milioni di dollari, ma secondo i funzionari gover-nativi sarebbe importante in primis il segnale politico lanciato verso Washington.

Secondo Marcio Cozendey, direttore del Dipartimento economico del Ministero degli Esteri brasiliano, que-sto potrebbe essere il primo passo per frenare eventuali iniziative protezionistiche della Casa Bianca nel pros-simo futuro. Il WTO ha più volte condannato il soste-gno dell’amministrazione statunitense ai produttori nazionali di cotone, ma le sentenze in cui veniva de-nunciato il rischio di tur-bative sulla concorrenza e sui prezzi internazionali non hanno mai sortito al-cun effetto a Washington. Nel 2008, ad esempio, l’amministrazione guidata da George W. Bush ha ap-provato un nuovo piano da 300 miliardi di dollari ri-guardante il settore agrico-

lo, con il chiaro obiettivo di riportare in vigore e porre sotto tutela alcune norme di stampo protezionistico in particolare proprio sulla produzione di cotone. Il Brasile, oltre alla possibilità di aumentare i dazi, avreb-be ottenuto il diritto ad ap-plicare sanzioni sulle pro-prietà intellettuali, i brevetti farmaceutici, tecnologici e sui servizi del settore media per una cifra che oscilla in-torno ai 238 milioni di dol-lari. Solo una trattativa tra i funzionari dei due paesi po-trebbe evitare in extremis un duro scontro commer-ciale, anche se non sono ancora chiari i reali margini di manovra dei negoziatori. Secondo quanto dichiarato dal Ministero degli Esteri brasiliano, infatti, gli inviati

Secondo molti analisti questo sarà un mese decisivo per delineare quelle che saranno le prossime relazioni eco-nomico-commerciali tra gli Stati Uniti e la Cina. Il Congresso sta infatti esercitando forti pressioni affi nché il Di-partimento del Tesoro dichiari nella prossima relazione periodica che la Cina sta manipolando il cambio per ottenere vantaggi commerciali. La dichiarazione uffi -ciale aprirebbe quindi

statunitensi non avrebbero nessuna proposta concreta da presentare al governo di Brasilia e sono in molti ad aspettarsi che la decisione di inviare speditamente i due funzionari in Sud Ame-rica sia solo un modo per tentare di rimandare sine die l’entrata in vigore delle norme sui dazi. Al mo-mento la situazione sem-bra essere molto delicata: toccherà alla Casa Bianca fare un passo verso le po-sizioni brasiliane per non rischiare di provocare ten-sioni diplomatiche oltre che commerciali. La decisione del WTO, che già nel 2002 condannò gli Stati Uniti per aver concesso agevolazioni fiscali alle multinazionali che operavano oltreoceano, sembra non lasciare scam-po a Washington. Barack Obama dovrà agire in fret-ta, rischiando di alienarsi le simpatie dei produttori statunitensi, se vorrà evi-tare che questa situazione sia presa a modello da al-tri paesi, che potrebbero attaccare le decisioni delle passate amministrazioni statunitensi e chiedere ora la compensazione di danni spesso ingenti.

la strada a possibili ri-torsioni da parte statu-nitense, eventualità che la Casa Bianca cercherà di evitare con tutte le forze per non compro-mettere ulteriormente i rapporti diplomatici con Pechino. Dalla Cina fan-no sapere infatti che la rivalutazione della mo-neta non è un tema in discussione al momento e né lo sarà nei prossi-mi mesi. Inutile quindi parlarne. La tensione resta palpabile: alimen-tata dal fallimento delle

aste dei Treasure Bond (i titoli di Stato) e dalla fatica del governo sta-tunitense di fi nanziarsi sul mercato. Sebbene molti siano convinti che i cinesi stiano aspettan-do migliori rendimenti, quello a 10 anni viaggia ora al 4% rispetto al 6,25% di quello greco ad esempio, altri non man-cano di sottolineare che le tensioni diplomatiche rischiano di tener lonta-ni gli investitori asiatici anche nel prossimo fu-turo.

Simone Comi

S. C.

Aprile 2010UNITED STATES of AMERICAECONOMIA

Tra Stati Uniti e Brasile scoppia la guerra del cotone

Il valore dello yuan minerà i rapporti tra Washington e Pechino?

4

Page 5: UpsideTown U.S.A. - Aprile 2010 - n°1

UPSIDETOWN

Per la prima volta dal 1970 il governo di Washington torna a dare il via libera alla costruzione di centrali nucleari e un ulteriore in-cremento nel numero degli impianti potrebbe giungere a breve, soprattutto se si pensa che la costruzione dei due impianti in Geor-gia contribuirà anche allo sviluppo economico dello Stato. In Carolina del Sud, Texas e Maryland sarebbe-ro già in fase avanzata alcu-ni studi di fattibilità per la costruzione di centrali di ul-tima generazione, i cui costi di realizzazione sono già coperti dai prestiti federali già approvati. Quasi otto miliardi e mezzo di dolla-ri in investimenti, tremila

cinquecento posti di lavo-ro, di cui circa novecento permanenti, energia per un milione e mezzo di utenti e trentadue milioni di tonnel-late di CO2 in meno nell’at-mosfera. Queste le prime cifre presentate dalla Casa Bianca dopo l’approvazio-ne dei prestiti garantiti per la costruzione delle nuove centrali nucleari in Georgia. Con il piano energetico pre-sentato da Obama, gli Stati Uniti sembrano quindi tornare con decisione sul-la strada del nucleare ab-bandonata nel 1979, dopo l’incidente di Three Miles Island in Pennsylvania. Lo stesso presidente ha lancia-to un messaggio importan-te alla nazione dichiarando

che, a fronte di opinioni dif-ferenti, gli Stati Uniti non possono permettersi di non fare passi avanti nel campo della diversificazione delle fonti d’approvvigionamen-to energetico. Durante la campagna per le presi-denziali Barack Obama si era dichiarato contrario ai nuovi progetti per il nu-cleare sostenuti dalla pre-cedente amministrazione Repubblicana. Una svolta importante, quella decisa dal presidente, che sembra portare l’attuale ammini-strazione Democratica sulla strada della continuità con il recente passato, a costo di rinnegare alcune delle promesse elettorali fatte durante l’ultima campagna per le presidenziali. Il plauso ottenuto alcu-ni mesi fa da parte degli ambientalisti e da molti rappresentanti del Partito Democratico si è ora tra-sformato in critiche dure, che non sembrano co-munque poter ostacolare i progetti della Casa Bian-ca. Il rilancio dell’opzione nucleare potrebbe costare molto, in termini politici, ad un presidente arrivato allo Studio Ovale anche grazie alla promessa di cambiamento d’approccio ad alcune questioni, tra cui quelle ambientali. Le ga-

ranzie sull’assoluta sicurez-za degli impianti e la gestio-ne dei rifiuti non sembrano convincere coloro che si erano schierati a fianco del Senatore dell’Illinois con-vinti da un programma che prometteva l’introduzione e lo sviluppo di fonti ener-getiche alternative. Barack Obama ha spiegato che la questione energetica po-trebbe condizionare forte-mente il futuro andamento dell’economia e la sicurezza degli Stati Uniti. Una scelta che appare quindi essere per certi versi dolorosa, ma senza dubbio necessaria. Un programma di politica interna, quello presentato dalla Casa Bianca, che po-trebbe però avere ricadute importanti anche a livello internazionale. Dato lo stato attuale della situazio-ne nella zona asiatica, la decisione di avviare la co-struzione di nuovi impianti negli Stati Uniti potrebbe infatti mettere in difficoltà i negoziatori impegnati nelle trattative con l’Iran. Resta da verificare quale tattica utilizzerà Washington per riuscire a gestire a livello diplomatico una situazione che sembra farsi ora ancor più delicata. Negare all’Iran la possibilità di avviare la costruzione di impianti

nucleari per scopi civili, dopo aver presentato un programma energetico il cui punto centrale è proprio l’utilizzo dell’energia atomi-ca, potrebbe infatti appari-re agli occhi dell’opinione pubblica mondiale una decisione ipocrita. Obama rischia di trovarsi a dover gestire una situazione dop-piamente insidiosa: in pa-tria potrebbe veder scema-re ulteriormente il sostegno di un’opinione pubblica che stenta a riconoscere in lui il candidato capace realizzare le promesse di cambiamen-to, a livello internazionale l’accostamento al suo pre-decessore sarebbe ancora più semplice di quanto lo sia già ora. Solo il tempo po-trà dire se la decisione di ri-lanciare l’opzione nucleare si rivelerà la scelta migliore per l’approvvigionamento energetico statunitense, di certo nel breve periodo la scelta della Casa Bianca ha già portato grandi novità: anche lo Stato dell’Illinois ha infatti rimosso il bando per la costruzione di nuo-ve centrali. Segnale che la politica lanciata da Obama inizia a dare i primi frutti e porterà probabilmente ad una nuova corsa al nuclea-re civile.

Una gara d’appalto durata nove anni, chiusasi dopo due ricorsi e la vittoria di Boeing, gruppo industriale statunitense facente parte di quel comparto aeronau-tico asfittico e in grave crisi di commesse. La sostitu-zione dei Kc-135, capaci di rifornire in volo i caccia dell’Air Force, e la com-messa collegata, tra i 35 e i 40 miliardi di dollari nei prossimi dieci o quindici anni, sarà quindi affidata

ad un’azienda statunitense. La franco-tedesca EADS, che aveva proposto un aeromobile tecnicamente superiore per capacità di carico, raggio d’azione e prezzo, è stata bloccata dai nuovi capitolati del Penta-gono e dalle faide politiche interne al sistema statuni-tense. Senza dimenticare che anche la crisi econo-mica ha pesato sulla deci-sione, bisogna sottolineare che la compagnia europea,

dopo essersi alleata con la statunitense Northrop, ha appoggiato John McCain nell’ultima campagna elet-torale. Boeing, che ha sede a Chicago, è stata invece una delle maggiori finanziatrici della campagna dei Demo-cratici: investimento che ha portato i frutti sperati e che assicurerà all’azienda “Made in U.S.A.” la possibi-lità di rilancio nei prossimi anni.

Simone Comi

S. C.

Aprile 2010UNITED STATES of AMERICA ECONOMIA

La Casa Bianca rilancia il nucleare

Boeing vs. EADS, gli Stati Uniti preferiscono il “Made in U.S.A.”

5

Page 6: UpsideTown U.S.A. - Aprile 2010 - n°1

UPSIDETOWN

Come tutti voi sapete, il sostegno ai diritti uma-ni rappresenta l’ele-mento centrale sia per il buon funzionamento di ogni democrazia, in America come in Italia, sia per il miglioramento della stabilità politica ed economica globale. [...] Vorrei approfi ttare di tale occasione per di-scutere con voi di nuovi modi attraverso i quali sia gli Stati Uniti che l’Italia possano riconsi-derare il loro approccio nei confronti dei diritti umani e, di fatto, ciò che si intende per essi. [...] Eppure, riconoscia-mo che gli Stati Uniti hanno commesso degli sbagli in questo campo, e sicuramente c’è anco-ra molto lavoro da fare. Ma la nostra è una sto-ria in continua evolu-zione, fatta di continuo progresso. È la speranza del nostro Presidente e mia personale che noi possiamo continuare a compiere importan-ti progressi in questo campo sia nel nostro Paese che nel mondo intero. [...] Uno dei sistemi più effi caci che abbiamo a disposizione per arriva-re ad un cambiamento è rappresentato dalle isti-tuzioni multilaterali.[...] Siamo quindi tornati a fare parte del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, poiché riteniamo che la parte-cipazione ad esso rap-presenti un’eccellente opportunità per eserci-tare un’infl uenza posi-tiva. Nella nostra prima sessione, abbiamo so-stenuto la risoluzione sulla libertà di espres-sione, una vigorosa di-

chiarazione di principio in un momento in cui la libertà è compromessa da nuovi sforzi per limi-tare la pratica religio-sa [...] e da tentativi di criminalizzare la diffa-mazione della religione […]. Il Consiglio per i Diritti Umani è l’unico organismo che abbia la capacità di riunire i Pa-esi in cui viene affronta-to un serio e costruttivo dibattito in merito alle

violazioni dei diritti umani, basato su fatti concreti e che sia lungi-mirante. [...] Attraverso le Nazioni Unite, gli Sta-ti Uniti parteciperanno alla Revisione Periodica Universale dei risulta-ti raggiunti nel nostro paese nel campo dei diritti umani, ed inco-raggiamo le altre na-zioni a fare altrettanto. L’Italia lo ha fatto. Que-sto forum è un’oppor-tunità per ogni Paese di allinearsi con quelli che cercano di proteg-gere i diritti umani nel mondo. […] Invece di adottare un approccio difensivo e superfi cia-le, considerando tale

revisione un’intrusione nelle questioni interne, è nostra speranza che tutti i Paesi aderiranno a questa pratica secon-do lo spirito con cui è stato concepito. I nostri Paesi possono fornire una guida, esaminando quelle aree che vengono sottoposte alla nostra attenzione e lavorando per migliorare costan-temente la vita di tutti coloro che vivono entro

e fuori i nostri confi ni. Passando ora dal conte-sto internazionale alla scena nazionale, vorrei fare alcune rifl essio-ni su un tema con cui l’Italia sta iniziando a confrontarsi e che esula un poco dal tradiziona-le dominio dei diritti umani. Con un numero crescente di immigrati di seconda generazione che diventano maggio-renni, molti italiani ri-conoscono l’importanza fondamentale di soddi-sfare i bisogni degli im-migrati e di coloro che sono nati da genitori immigrati. Questo pro-blema ha una rilevanza particolare per me e per

i miei colleghi ameri-cani, in quanto gli Sta-ti Uniti sono un Paese giovane, ma che vanta una lunga storia di im-migrazione ed integra-zione. L’immigrazione è di fatto un elemento es-senziale dell’identità del mio Paese. Sebbene gli Americani nutrano una sorta di venerazione nei confronti di una cultura millenaria come quella italiana, ritengo tutta-

via che alcuni dei nostri crescenti sforzi per lo sviluppo di una società multi-culturale possa-no essere esempi utili per Paesi come l’Italia, che si trovano oggi ad affrontare lo stesso fe-nomeno. Ovviamente non abbiamo tutte le risposte. Anzi, siamo convinti che la miglio-re soluzione a questo problema debba venire dall’Italia stessa. Tutta-via, è mia ferma convin-zione che, per utilizzare al meglio le idee e la vi-talità dei nuovi arrivati, sia necessario spostare il fulcro del dibattito nazionale dalla questio-ne se consentire o no

l’immigrazione, a quale sia il modo migliore per integrare gli immigrati. [...] La nostra esperien-za americana in materia d’immigrazione, che vanta più di duecento anni, ci ha insegnato che solo quando gli stranie-ri sono accolti dalla so-cietà, allora essi contri-buiscono pienamente al suo sviluppo. Invece di essere considerati come un problema, gli immi-grati iniziano a parteci-pare e contribuire alla crescita del Paese. Mi fa piacere sentire che que-sto messaggio è entrato nel dibattito pubblico sull’immigrazione, e posso solo incoraggiare lei, come gli altri gover-nanti, a favorire la sua diffusione. L’ignoranza è una ma-lessere che spesso gene-ra la violazioni dei dirit-ti umani. L’antidoto più effi cace contro l’igno-ranza è l’informazione. Al giorno d’oggi, per essere informati, dob-biamo partecipare agli scambi e alla discussio-ne globale accessibile attraverso Internet. [...] In un periodo incredi-bilmente breve, questa tecnologia è nata come una curiosità e si è tra-sformata in uno stru-mento essenziale me-diante il quale milioni di persone comunicano attraversando frontiere geografi che, culturali e ideologiche. [...] Tutta-via, malgrado la crescita fortissima della connes-sione, dobbiamo anche riconoscere che queste tecnologie presentano degli inconvenienti. Le stesse reti che consento-no di organizzare azioni per la libertà possono

Aprile 2010UNITED STATES of AMERICALINK

Discorso dell’ Ambasciatore statunitenseDavid Thorne al Senato della Repubblica

6

Page 7: UpsideTown U.S.A. - Aprile 2010 - n°1

UPSIDETOWN

essere strumentalizzate da parte di governi per schiacciare il dissenso e negare i diritti uma-ni. L’11 febbraio, il 31 ° anniversario della rivo-luzione islamica in Iran, molte persone hanno cercato di radunarsi a Teheran e di afferma-re pacifi camente il loro diritto di esprimersi, ma le autorità hanno bloccato Internet e le reti della telefonia mo-bile per soffocare la voce dell’opposizione. So che voi condividete la ferma convinzione del mio governo che il popolo iraniano debba essere in grado di ma-nifestare le proprie opi-nioni e credenze senza pericolo di aggressione da parte di coloro che non rispettano i dirit-ti umani. Blog, e-mail, reti sociali e SMS senza dubbio ci hanno aperto nuove vie di comunica-zione ed hanno solleva-

to questioni importanti sui limiti della libertà di espressione su Internet. […] Una minoranza di utenti che abusa della libertà e dell’anonimato sul web non deve diven-tare il pretesto per i go-verni per emanare leggi che limitano l’accesso a Internet, o per imporre oneri irragionevoli su coloro che forniscono un mezzo attraverso il quale tutti noi comuni-chiamo. […] Il principio della libertà di Inter-net è fondamentale per le democrazie basate sulla libertà di espres-sione. […] Il Segretario Clinton ha manifestato la posizione degli Sta-ti Uniti con chiarezza nel suo discorso del 21 gennaio sulla liber-tà di internet. Gli Stati Uniti hanno alle spalle una storia basata su un forte Primo Emenda-mento che protegge la libertà di espressione.

La nostra priorità è la libertà e non il control-lo governativo. Anche noi abbiamo dovuto af-frontare casi in cui una minoranza di utenti ha tentato di utilizzare in-ternet per favorire l’odio e la violenza. Invece di applicare una regola-mentazione governa-tiva che limita il libero fl usso di idee ed infor-mazioni, abbiamo visto che la mobilitazione dei cittadini su internet, unitamente alla respon-sabilità delle imprese, è il modo migliore per affrontare queste sfi de. […] Il Dipartimento di Stato americano sta già lavorando attivamente in più di 40 Paesi per aiutare individui che sono vittime di governi oppressivi. Ci stiamo impegnando affi nché ciò diventi una priori-tà delle Nazioni Unite, avendo proposto l’in-clusione del libero uso

di internet nella prima risoluzione introdotta in seguito al rientro nel Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU. Inol-tre, stiamo sostenendo lo sviluppo di nuovi strumenti che consen-tono ai cittadini di eser-citare il loro diritto alla libertà di espressione aggirando la censura politica. Stiamo lavo-rando a livello globale al fi ne di garantire che tali strumenti siano dispo-nibili per tutti coloro che ne hanno bisogno, nella lingua locale e con la formazione necessa-ria per accedere ad in-ternet in modo sicuro. […] Il Presidente Oba-ma ci ha ricordato che i nostri valori fondamen-tali, quelli sanciti nella dichiarazione statuni-tense di indipendenza – i diritti alla vita, alla libertà e al persegui-mento della felicità –, non sono solo la fonte

della nostra forza, ma rappresentano un dirit-to di ogni donna, uomo e bambino sulla terra. [...] L’Italia e gli Stati Uniti sono due nazioni che condividono una comune visione di un mondo in cui l’umani-tà possiede un enorme potenziale, un mondo in cui tutti i cittadini sono liberi di persegui-re le loro speranze e i loro sogni, e non sono ostacolati da chi tenta di colpirli, sfruttarli e mantenerli nell’ombra dell’ignoranza. Grazie per la vostra collabora-zione. Insieme, gli USA e l’Italia hanno ottenu-to grandi cambiamenti nella condizione dei diritti umani e della de-mocrazia in molti luo-ghi, non per ultimi in Afghanistan e Iraq.

Il 29 marzo, alla pre-senza del Sottosegre-tario di Stato On. Enzo Scotti, l’Ambasciatore degli Stati Uniti d’Ame-rica a Roma David H. Thorne ed il Dott. Giu-seppe Peleggi, Diret-tore dell’Agenzia delle Dogane, hanno fi rmato presso il Ministero de-gli Affari Esteri, un Me-morandum d’Intesa che avvia un programma di collaborazione tra Italia e Stati Uniti fi nalizzato a potenziare il contrasto al terrorismo nuclea-re tramite l’utilizzo nei porti italiani di scanner destinati alla individua-zione di materiale nu-cleare. La fi rma odierna riba-

disce la centralità strategica che Italia e Stati Uniti annettono al contrasto alle varie forme del terrori-smo internazionale e testimonia lo sforzo congiun-to di entrambi i governi per prevenire e combattere il fenomeno terroristico. L’Intesa avvia in Italia il programma denominato “MEGAPORTS”. Accordi in tal senso sono già stati siglati dagli Stati Uniti con 27 Paesi di cui 6 membri dell’Unione Europea.

Equilibri S.r.l. - Sede legale: Via Vigevano 39, 20144 Milano

Tel. +39 028360642 Fax. +39 0258109661 Email [email protected]

UPSIDETOWN Anno 2, numero 2.

Inserto online del quotidiano Equilibri.net

Registrazione presso il Tribunale di Firenze del 19 Gennaio 2004 numero 5320

SERVER LOCATION:

C/O Telnet S.r.l., Via Buozzi, 5 27100 Pavia

Equilibri S.r.l. è una società del gruppo Bridge That Gap.

Bridge That Gap Group: Via Vigevano 39, 20144 Milano

Tel. +39 028360642 Fax. +39 0258109661

DIRETTORE RESPONSABILE Daniele Bologna

COORDINATORE SCIENTIFICO Simone Comi

GRAPHIC DESIGN Gaia Minuzzo

Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero:

Stefano Torelli

Gabriele Giovannini

Aprile 2010UNITED STATES of AMERICA

Firmato Memorandum d’Intesa per combattere il terrorismo nucleare

LINK

7

Page 8: UpsideTown U.S.A. - Aprile 2010 - n°1

UPSIDETOWN

“Osservare con calma, consolidare la nostra posiz-ione, affrontare le situazioni con tranquillità, celare le nostre capacità e aspettare il nostro momento, mantenere un basso profi lo e non rivendicare mai la leadership”. Il testo si articola nell’analisi della competizione sino-statunitense in quattro settori cruciali: energetico, militare, economico e dell’ in-telligence, dipingendo un Dragone sempre più competitivo. Per soddisfare la propria sete di idro-carburi e più in generale di materie prime, Pechino negli ultimi anni ha incrementato esponenzial-mente gli investimenti nel continente nero: senza vincoli o politiche condizionate, le aziende cinesi stanno investendo principalmente nella rete in-

di Ron Haward con Michael Sheen e Frank Langella

frastrutturale e si stan-no legando saldamente ad un gran numero di stati africani. Tale ten-denza ha portato ad un crescente isolamento di Taiwan ed all’istituzione del Comando Unifi -cato per l’Africa (Africom) da parte dell’amministrazione statunitense guidata da George W. Bush. Pur non avendo ancora mostrato gli artigli, i movimenti del Drag-one nel Pacifi co hanno portato alcuni analisti a prevedere una nuova guerra fredda ed una conseguente necessità di contenimento at-traverso il Pacom (U.S. Pacifi c Command). Sot-tolineata la grande dis-parità militare tra gli USA e la Cina, gli autori pongono l’accento su una strategia asimmet-rica che vede Pechino impegnata ad individu-are e sfruttare i punti deboli dell’avversario. In quest’ottica si pos-sono leggere i recenti cambiamenti relativi all’esercito, agli arma-

menti e all’utilizzo s p r e g i u d i c a t o dell’intelligence umana: sia la Power Paragon (un’industria specializ-zata in tecnologia avan-zata per la propulsione dei sottomarini) che la Defense Security Coop-eration Agency si sono rivelati penetrabili dagli informatori della RPC. La reazione di Wash-ington è stata dura; l’ingegnere Chi Mak nel marzo del 2008 ha subito una condanna esemplare a 24 anni e sei mesi di reclusione. La posta in gioco è il fu-turo assetto del sistema internazionale e sembra assodato che la leader-ship cinese non lascerà facilmente carta bianca al neo presidente Ba-rack Obama. “Costru-ire relazioni stabili, forti e di lungo termine tra Cina e Stati Uniti è funzionale agli interessi fondamentali dei nostri paesi e dei nostri popoli ed è di grande rilevanza per il mantenimento e la promozione della pace, della stabilità e

dello sviluppo del mon-do”: ecco il messaggio di congratulazioni re-capitato il 5 novembre 2008 ad Obama da Hu Jintao. Ecco un imme-diato avvertimento del legame inestricabile tra i due paesi ed un monito a non cedere alle “sirene del pro-tezionismo”. Il nuovo inquilino della Casa Bi-anca, tuttavia, di fronte all’incalzare della crisi fi nanziaria globale non ha esitato ad accusare, per mezzo del Tesoro, la Cina di mantenere artifi ciosamente basso il renminbi. Gli scenari futuri sembrano quindi altamente incerti, ma inevitabilmente, secon-do i due autori, se amer-icani e cinesi non tro-veranno un metodo per agire in accordo la crisi attuale si prolungherà molto oltre il termine previsto ed il livello del confl itto potrebbe trasferirsi dalla com-petizione economica a quella militare: il drago potrebbe decidere di usare gli artigli.

Simone Comi

articolo di Gabriele Giovannini

Aprile 2010UNITED STATES of AMERICACULTURA

Al largo di Okinawa

Tratto dal testo di James Reston intitolato “Niente è illegale”, questo fi lm è la storia di un’intervista trasformatasi in un du-ello. Una confessione, anzi, la confessione. Parole che hanno con-segnato alla Storia una semplice intervista, di-ventata il processo all’ex presidente graziato da Gerald Ford dopo le di-missioni per lo scandalo del Watergate. Esem-pio lampante di come un semplice intervista-tore possa ristabilire la verità storica ponendo le giuste domande e

Frost – Nixon, il duellodi Yves Simoneau con Adain Quinn e Adam Beach

Simone Comi

Trasposizione cinematografi ca degli ultimi due capitoli del libro “Seppellite il mio cuore a Wound-ed Knee” di Dee Brown, questo fi lm per la tele-visione presenta alcune delle nefandezze dei visi pallidi alla conquista del continente nordameri-cano. Un fi lm a tratti duro ma appassionante, che avrebbe dovuto, e potuto per quel che è la trama, intitolarsi “Gli ultimi giorni della Nazione Sioux”. Un senatore, un medico, un’insegnante e alcuni capi indiani tra cui il leggendario Toro Seduto sono i protagonisti di una pellicola da non per-dere. Per capire quanto sangue e brutalità può costare la costruzione di una nazione. E quanto si rischia di perdere nello sterminio di un popolo le cui tradizioni risalgono ad un passato lontano, misterioso e spesso affascinante.

Bury my heart at Wounded Knee

mettendo all’angolo un uomo di potere che cerca di ripulire la sua immagine grazie alla televisione.

8