UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO Facoltà di Medicina e...
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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO
Facoltà di Medicina e Chirurgia
Corso di Laurea in Ostetricia
Cancro e gravidanza: management ostetrico
Relatore:
Dott.ssa Giovanna Scarfone
Correlatore:
Ost. Desiree Errante
Tesi di laurea di:
Zamira Costa
Matricola 767526
Anno Accademico 2011/2012
INDICE
RIASSUNTO…….…………………………………………………………………………..pag 1
ABSTRACT ………………………………………………………………………………....pag 2
INTRODUZIONE……………………………………………………………………………pag 3
SCOPO DELLA TESI ………………………………………………………………………pag 6
1. EPIDEMIOLOGIA DEI TUMORI IN GRAVIDANZA ………………………….....pag.7
2. PATOLOGIE TUMORALI IN GRAVIDANZA …………………………………….pag.10 2.1 TUMORE DELLA MAMMELLA………………………………………………..pag.10 2.2 CARCINOMA DELLA CERVICE UTERINA……………………………….....pag.13
3. METODICHE DIAGNOSTICHE…………………………………………………...pag.16 3.1 GLI ULTRASUONI……………………………………………………………...pag.16 3.2 I RAGGI X………………………………………………………………………..pag.17 3.3 LA RISONANZA MAGNETICA………………………………………………...pag.22
4. TRATTAMENTI POSSIBILI ……………………………………………………….pag.24 4.1 TERAPIA CHIRURGICA……………………………………………………….pag.24 4.2 CHEMIOTERAPIA……………………………………………………………...pag.25
4.2.1 IMPIANTO………………………………………………………………..pag.26 4.2.2 I TRIMESTRE……………………………………………………………pag.26 4.2.3 II E III TRIMESTRE……………………………………………………...pag.27 4.2.4 A LUNGO TERMINE……………………………………………………pag.27
4.3 RADIOTERAPIA………………………………………………………………..pag.28 4.4 CONTROLLO DEI SINTOMI…………………………………………………...pag.29
5. TIMING E MODALITA’ DEL PARTO …………………………………………….pag.31
6. ALLATTAMENTO IN DONNE CON TUMORE ………………………………….pag.34 6.1 IN CORSO DI CHEMIOTERAPIA…………………………………………….pag.36 6.2 IN TERAPIA CON ANTIEMETICI……………………………………………..pag.39
7. MANAGEMENT OSTETRICO…………………………………………………….pag.40 7.1 L’OSTETRICA NELLA CONSULENZA PRECONCEZIONALE…………...pag.40 7.2 NEL I TRIMESTRE……………………………………………………………...pag.42 7.3 NELLA DIAGNOSI PRENATALE……………………………………………..pag.43 7.4 NEL II E III TRIMESTRE……………………………………………………….pag.43 7.5 INTERVENTI ASSISTENZIALI CHE PUO’ ATTIVARE L’OSTETRICA…...pag44
8. CONCLUSIONI……………………………………………………………………...pag.47
9. BIBLIOGRAFIA ……………………………………………………………………..pag.49
10. SITOLOGIA……………………………………………………………………….....pag.56
11. RINGRAZIAMENTI ...........................................................................................pag.57
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RIASSUNTO
Il management di una gravidanza associata al tumore è molto difficile e
richiede la compartecipazione di figure professionali differenti. L’esatta
incidenza di tumore in gravidanza è ancora da determinare con precisione; si
stima si aggiri attorno ad 1 caso su 1000 gravidanze, ma è destinata ad
aumentare in considerazione della sempre maggiore frequenza di gravidanze
in età avanzata che va caratterizzando la società moderna. Le metodiche
diagnostiche utilizzate sono gli ultrasuoni, i raggi x e la risonanza magnetica.
I trattamenti variano in base alla tipologia e alla localizzazione del tumore.
Essi possono essere: il trattamento chirurgico che ad es. nel tumore alla
mammella diagnosticato nel primo trimestre potrebbe consistere nella
mastectomia radicale modificata; il trattamento chemioterapico come
adiuvante durante il secondo e il terzo trimestre con il minimo rischio per il
feto; e la radioterapia assolutamente controindicata durante la gravidanza a
causa del rischio di lesioni per il feto. Una volta che la modalità di trattamento
appropriato viene scelta, la sua attuazione non può essere ritardata a causa
della gravidanza. Il timing del parto andrà dunque attentamente valutato
durante il counseling tra operatore e coppia e andrà considerata ogni volontà
della donna riguardo la gravidanza stessa. L’ostetrica in tal senso potrà
attuare un’assistenza mirata al problema, attraverso un supporto psicologico
costante e personalizzato per ogni singolo caso. La figura dell’ostetrica sarà
infatti presente durante tutto il percorso che riguarda: la visita pre-
concezionale, la diagnosi prenatale, l’assistenza al parto e nel puerperio.
Infatti sarebbe opportuno protrarre tale assistenza mirata e personalizzata
anche durante il puerperio, soprattutto in quei casi di pazienti in corso di
chemioterapia o con terapia ultimata che possono comunque intraprendere
un allattamento sicuro per mamma e bambino. In tal senso sono state
valutate nuove condizioni per cui l’ allattamento risulta possibile.
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ABSTRACT
The managment of pregnancy associated to cancer is very difficult and it
needs the sharing of different professional figures. The exact incidence of
cancer during the pregnancy is still to be determinated with precision; they
estimate it is about 1 case on 100 pregnancies but it can increase for the
bigger frequency of pregnancies of elderly women in modern society.
The most used diagnostic methods are ultrasound, x-rays and magnetic
resonance imaging. The treatments are different according to the typology
and to the cancer’s location. They can be: the surgical treatment modified
radical mastectomy in case of the breast cancer diagnosed in the first
trimester, the adjuvant chemiotherapy during the second and third trimester
with the minimum risk for foetus and radiotherapy absolutely contraindicated
during pregnancy for the injury risk for the foetus. When the right treating way
is chosen its carrying out cannot be delayed for the pregnancy.
The birth date will be carefully evaluated during the doctor and the couple’s
counselling and the woman’s decision will be considered. Midwives can carry
out a targeted assistance to the problem, through a personal and constant
psychological support for each case. The figure of the midwife will be always
present during the preconceptional visit, the prenatal diagnosis attendance
at birth and in puerperium. It would be suitable to go on this assistance
during the puerperium above all when there are patients who are under
chemotherapy or in case of a completed therapy so they can start a sure
breastfeeding .In this sense new conditions for a possible feeding have been
evaluated.
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INTRODUZIONE
Cancro e gravidanza. Da sempre, queste due parole accostate sono state lette come tanti altri ossimori comuni: bianco e nero, dolce e salato, vita e morte. Parole di significato opposto che si contraddicono a vicenda. La parola gravidanza infatti evoca il concetto di inizio della vita, nascita, mentre la parola cancro ha da sempre suscitato un certo timore, rappresentando spesso il concetto di fine, di termine di vita. Per l’immaginario collettivo è ancora così: un connubio impossibile, un paradosso filosofico e biologico, una tragedia per la madre, il partner e l’intera famiglia.
Eppure gli ultimi due decenni sono stati caratterizzati da un’evoluzione della cultura nell’oncologia ginecologica mirante soprattutto alla diagnosi precoce delle neoplasie della mammella, della cervice uterina, dell’ovaio e degli altri tumori genitali, ma anche alla ricerca di modalità terapeutiche (chirurgiche e mediche) di sempre più elevata efficacia e, nei limiti del possibile, tendenti a conservare la fertilità nelle pazienti in età riproduttiva o premenarcale. Nel caso di una gravidanza associata al tumore è stata poi acquisita una preziosa esperienza grazie alla quale modificando il trattamento senza conseguenze per la prognosi materna si è riusciti, in un’elevata percentuale di casi, a raggiungere l’età gestazionale che garantiva buone probabilità per la nascita di un neonato vitale, privo di danni dovuti alle terapie fatte di necessità alla madre e nel quale controlli prolungati per anni hanno dimostrato che nessun danno strutturale o funzionale imputabile ai trattamenti era riscontrabile in età infantile e adolescenziale (G. Pescetto et al.,2009).
Il numero di casi di neoplasia maligna durante la gravidanza è in crescita in quanto sta aumentando sempre di più l'età in cui le donne hanno il primo figlio, e il cancro è una malattia la cui incidenza aumenta proprio con l'età (http://www.airc.it, Il cancro in gravidanza: verso la cura giusta; 08/11/2011). Qualunque tumore maligno può verificarsi in gravidanza, ma i più comuni sono: il tumore della cervice uterina, il tumore della mammella, il melanoma, i linfomi e le leucemie (European Commission,1999).
La diagnosi di tale patologia rappresenta una sfida difficile per la donna, la famiglia e lo staff medico. La consapevolezza della gravidanza e della neoplasia solleva numerosi problemi psicologici ed etici (Int J Gynecol Cancer. 2009 May). Essendo una neoplasia caratterizzata dalla compresenza di madre e feto è necessaria più che mai la collaborazione di un team multidisciplinare: l’oncologo chirurgo, l’oncologo medico, l’ostetrico, il neonatologo, lo psicologo, per la gestione ottimale del singolo caso clinico e per la personalizzazione del timing e della modalità del parto.
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E’ importante sottolineare che durante la valutazione clinica della paziente si considerano: l’effetto della gravidanza sul tumore, l’effetto del tumore sulla gravidanza, gli effetti collaterali della terapia medica o altra terapia, l’efficacia della stessa sulla paziente e il desiderio della paziente di conoscere al meglio l’evolversi della propria gravidanza in termini di effetti avversi sul feto. Non è descritto in letteratura, per la relativa rarità dell’evento e per l’assenza di studi prospettici, un protocollo di diagnosi e cura dei casi di tumore in gravidanza; allo stesso modo, solo piccoli studi retrospettivi o case reports valutano la sicurezza dei differenti farmaci chemioterapici in gravidanza (European Commission,1999; Sophine et al.,2011).
Grazie all’impegno della ricerca in tale settore si può dire che oggi questa idea di associare la parola cancro al concetto di morte è infondata, perché in molti casi esistono modi e terapie per tenere sotto controllo la malattia senza danni a madre e/o feto.
L’argomento ha sempre suscitato in me molta curiosità a motivo della familiarità del tumore alla mammella che ha colpito gran parte delle donne della mia famiglia. Ho avuto modo di comprendere in modo più chiaro elementi della fisiopatologia che porta alla formazione neoplastica proprio durante il terzo anno del corso di laurea in ostetricia. La dottoressa G. Scarfone, infatti, ha esposto nel corso del primo trimestre argomentazioni relative alle diverse neoplasie genitali femminili. Tale occasione mi ha permesso di fare ricerche più approfondite e di proporre infine tale argomento come quello su cui avrei voluto incentrare la mia tesi di laurea. Il percorso non è stato semplice in quanto il materiale presente in rete e, più in generale, su cui si è scritto è poco. Mancano studi prospettici che valutino gli outcome materni e fetali dopo un cancro durante la gravidanza e manca materiale su un aspetto che a me in quanto neo ostetrica interessa maggiormente: linee guida che possano orientare le figure professionali verso un’assistenza mirata alla donna affetta da tale patologia. La formazione che abbiamo ricevuto dall’ università ci ha permesso di imparare diverse tipologie di assistenza, che si tratti di un parto vaginale spontaneo, di un taglio cesareo, di un intervento ginecologico, di un’emergenza ostetrica o di un allattamento difficoltoso, ma nulla si è ancora detto dell’assistenza di cui necessita una donna colpita da neoplasia maligna. Una donna che non ha solo il cancro ma che sta anche affrontando una gravidanza, che sta attraversando un periodo che per la maggior parte delle altre donne è roseo e felice. Il supporto psicologico, oltre che pratico, ha un ruolo fondamentale per infondere in loro più sicurezza e consapevolezza che oggi di cancro, anche in gravidanza, si può guarire. Recenti studi hanno permesso inoltre di aprire una nuova frontiera anche per il puerperio: l’allattamento che fino a pochi anni fa, in corso di chemioterapia era assolutamente sconsigliato, è
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possibile in una buona percentuale di donne trattate. Per questo un grande capitolo presente nell’elaborato riguarda l’allattamento nelle donne a terapia ultimata e il management ostetrico in diverse fasi della gravidanza associata a neoplasia maligna.
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SCOPO DELLA TESI
L’elaborato darà risposta ai seguenti quesiti:
1) Quale neoplasia maligna colpisce maggiormente le donne in gravidanza?
2) Quali metodiche diagnostiche si possono utilizzare in donne gravide? 3) Quali trattamenti sono possibili in gravidanza? 4) Quale percorso affronta la donna nella scelta del timing e della
modalità del parto? 5) Si può allattare in corso di chemioterapia o al termine? 6) Che tipo di assistenza offre l’ostetrica a tali donne?
1. EPIDEMIOLOGIA DEI TUMORI IN GRAVIDANZA
Si stima che 1 su 1000 gravidanze è complicata dal cancro; tale incidenza
è destinata ad aumentare in considerazione della sempre maggiore
frequenza di gravidanze in età avanzata che va caratterizzan
moderna (European Commission,1999).
maggioranza dei tumori aumenta con l’età.
(Tabella 1.1)
(Tabella 1.1. Incidenza dei tumori che aumenta in funzione dell’età
I tumori che più comunemente
che hanno la maggiore incidenza nell’età riproduttiva della donna e cioè il
tumore della mammella, il tumore della cervice uterina, il melanoma, il
linfoma e la leucemia. L’incidenza/1000 gravidanze del tumore della
EPIDEMIOLOGIA DEI TUMORI IN GRAVIDANZA
Si stima che 1 su 1000 gravidanze è complicata dal cancro; tale incidenza
è destinata ad aumentare in considerazione della sempre maggiore
frequenza di gravidanze in età avanzata che va caratterizzan
(European Commission,1999). Infatti l’incidenza della
maggioranza dei tumori aumenta con l’età.
(Tabella 1.1. Incidenza dei tumori che aumenta in funzione dell’età
Concessa dal Dott. F.Parazzini)
I tumori che più comunemente si presentano in gravidanza sono quelli
che hanno la maggiore incidenza nell’età riproduttiva della donna e cioè il
tumore della mammella, il tumore della cervice uterina, il melanoma, il
linfoma e la leucemia. L’incidenza/1000 gravidanze del tumore della
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EPIDEMIOLOGIA DEI TUMORI IN GRAVIDANZA
Si stima che 1 su 1000 gravidanze è complicata dal cancro; tale incidenza
è destinata ad aumentare in considerazione della sempre maggiore
frequenza di gravidanze in età avanzata che va caratterizzando la società
Infatti l’incidenza della
(Tabella 1.1. Incidenza dei tumori che aumenta in funzione dell’età
si presentano in gravidanza sono quelli
che hanno la maggiore incidenza nell’età riproduttiva della donna e cioè il
tumore della mammella, il tumore della cervice uterina, il melanoma, il
linfoma e la leucemia. L’incidenza/1000 gravidanze del tumore della
mammella è di 0.3
al.,AmJObGyn. 2003), de
2003), di leucemia 0.1 (Smith et al AmJObstetGynecol,2003). I dati
risultano essere
appartenenti alla stessa classe d’età.
E’ possibile dunque osservare l’andamento del
tempo, in Italia
considerazione e il periodo di riferimento.
(Tabella 1.2)
(T
Si presuppone, dall’analisi di dati precedenti, che l’incidenza/1000
gravidanze di tumore aumenterà a causa dell’aumento dell’età in cui la
mammella è di 0.3-0.1 (Pavlidis 2002), della cervice di 0.1 (Smith et
AmJObGyn. 2003), dell’ovaio 0.01-0.03 (Smith et al.,
2003), di leucemia 0.1 (Smith et al AmJObstetGynecol,2003). I dati
risultano essere simili sia in donne gravide che in donne non gravide
appartenenti alla stessa classe d’età.
E’ possibile dunque osservare l’andamento dell’incidenza nel corso del
in Italia, valutando la classe d’età delle donne prese in
considerazione e il periodo di riferimento.
(Tabella 1.2 . Concessa dal Dott.F. Parazzini)
Si presuppone, dall’analisi di dati precedenti, che l’incidenza/1000
gravidanze di tumore aumenterà a causa dell’aumento dell’età in cui la
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lla cervice di 0.1 (Smith et
0.03 (Smith et al.,AmJObGyn.
2003), di leucemia 0.1 (Smith et al AmJObstetGynecol,2003). I dati
onne non gravide
l’incidenza nel corso del
valutando la classe d’età delle donne prese in
abella 1.2 . Concessa dal Dott.F. Parazzini)
Si presuppone, dall’analisi di dati precedenti, che l’incidenza/1000
gravidanze di tumore aumenterà a causa dell’aumento dell’età in cui la
donna concepisce il primo figlio e a causa dell’aumento dell’inci
tumori in età giovanile, soprattutto cancr
melanomi.
È interessante anche osservare come sia variata nel corso degli anni dal
2002 al 2008 l’età materna in relazione alla prima gravidanza.
(Tabella 1.3)
(Tabell
donna concepisce il primo figlio e a causa dell’aumento dell’inci
tumori in età giovanile, soprattutto cancro alla mammella, linfomi,
È interessante anche osservare come sia variata nel corso degli anni dal
2002 al 2008 l’età materna in relazione alla prima gravidanza.
(Tabella 1.3. Concessa dal Dott. F. Parazzini)
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donna concepisce il primo figlio e a causa dell’aumento dell’incidenza di
o alla mammella, linfomi,
È interessante anche osservare come sia variata nel corso degli anni dal
2002 al 2008 l’età materna in relazione alla prima gravidanza.
a 1.3. Concessa dal Dott. F. Parazzini)
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2. PATOLOGIE TUMORALI IN GRAVIDANZA
Diversi studi retrospettivi hanno dimostrato che l’età media della madre al
momento della diagnosi di cancro durante la gravidanza è 33-34 anni e
che l’età gestazionale soprattutto per il tumore della mammella è di 17-25
settimane gestazionali (Eur J cancer, 2010).
I più frequenti sono il tumore della mammella e il tumore della cervice
uterina.
2.1 Tumore della mammella
Si definisce tumore della mammella associato alla gravidanza il tumore la
cui diagnosi viene effettuata in gravidanza o entro il primo anno dal parto.
Tale tumore colpisce approssimativamente 1 gravidanza su 3000 ed è il
secondo tumore maligno più frequente (Navrozoglou I et al.,2008). L’età
media delle donne colpite da tale tumore è compresa tra i 32 e i 38 anni.
La neoplasia maligna della mammella in gravidanza e la maggior parte
dei tumori alla mammella in donne al di sotto dei 40 anni, è diagnosticata
attraverso la palpazione di un nodulo atipico (Molckovsky A. et al.,2008).
Diventa così imperativo, alla prima visita ostetrica, effettuare un accurato
esame della mammella e incoraggiare la donna a continuare un’auto-
esaminazione nel corso di tutta la gravidanza. Buona parte delle donne
affette da tale tumore in gravidanza riscontrano infatti masse doloranti alla
palpazione con relativo ispessimento della cute (Theriault R. et al.,2007).
Fare diagnosi di carcinoma della mammella in una donna gravida è più
difficile che nella donna non gravida. La donna in gravidanza subisce al-
cuni cambiamenti ormonali per cui le mammelle aumentano di volume e
rendono alla donna stessa e al medico difficoltosa la diagnosi di noduli
sospetti. Il tumore della mammella può essere mascherato anche da
eventi fisiologici quali l’ingorgo mammario che rende difficile riconoscere
la presenza di una tumefazione. Comunque, ogni massa, solida o cistica,
a carico della mammella deve essere esaminata e la diagno-
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stica/trattamento non deve essere ritardata (Russo et al.,2004).
L’approccio clinico dipende da molti fattori, tra cui l’età gestazionale, il
tipo, la sede, le dimensioni e lo stadio del tumore, nonché la volontà della
paziente.
Sono riportati di seguito due schemi riassuntivi relativi ai passi da com-
piere per la diagnosi effettiva della patologia e il relativo trattamento nel I
trimestre, nel II trimestre e nel tardo III trimestre.
(Tabella 2.1 e Tabella 2.2)
Work-up of Breast mass
(Tabella 2.1.) Work-up of Breast mass. Molockovsky A, Madarnas Y. Breast
cancer in pregnancy, 2008
Breast mass palpated
Breast ultrasound
Benign Suspicious
Mammogram ± fine
needle aspiration
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Managing Breast Cancer in Pregnancy
(Tabella 2.2). Molockovsky A, Madarnas Y. Breastcancer in pregnancy, 2008
Time of diagnosis Surgical Treatment
Adjuvant Treatment AfterDelivery
1 st trimester Modified
radical mastectomy
or lumpectomy with axillary node dissection
2nd trimesteradjuvantchemotherapy
±Radiation ± Hormone therapy
2nd trimester/early 3rd trimester Modified radical mastectomy
or lumpectomy with axillary node dissection
±Adjuvantchemotherapy ±Radiation ±Hormone therapy ±Adjuvant chemotherapy
Late 3rd trimester Modified radical mastectomy
or lumpectomy with axillary node dissection
Adjuvant chemotherapy ±Radiation ±Hormone therapy
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Una volta fatta diagnosi di neoplasia maligna alla mammella in gravidanza è
molto importante non rimandare il trattamento. Se la donna è vicina al
termine di gravidanza, è ragionevole procedere prima con il parto e solo in
seguito con il trattamento adeguato. Nel caso in cui fosse ancora lontano il
termine sarebbe saggio procedere comunque con il trattamento adeguato.
Non ci sono infatti evidenze scientifiche per dimostrare che la fine della
gravidanza nel primo o secondo trimestre influisca sulla prognosi (Lenhard
MS. et al.,2008). L’intervento chirurgico è il trattamento d’elezione nella
neoplasia maligna alla mammella diagnosticata in gravidanza ed operabile,
con il quale si effettua una radicale mastectomia (Molockovsky A. et
al.,2008).
I rischi dell’intervento relativi allo sviluppo fetale sono quelli derivanti dalla
somministrazione di farmaci anestetizzanti per l’anestesia generale che di
solito viene praticata in questo genere di interventi. Essa infatti può
aumentare il rischio di aborto spontaneo nel primo trimestre (Molockovsky A.
et al.,2008).
La radioterapia è in genere controindicata in gravidanza per l’aumentato
rischio di malformazioni fetali e di ritardi nello sviluppo neuro-cognitivo del
feto. In ogni caso con pazienti presso il termine la radioterapia seguita da
intervento chirurgico mirato può avere un ruolo importante nella
conservazione di parte della mammella.
Gli agenti chemioterapici sono controindicati nel primo trimestre di
gravidanza a causa dell’aumentato rischio di teratogenicità durante
l’organogenesi. Dopo il primo trimestre (> 14 settimane gestazionali) la
chemioterapia usata tipicamente nel trattamento della neoplasia maligna alla
mammella al di fuori della gravidanza, non è associata a nessun aumento di
rischio di malformazioni fetali (Molockovsky A. et al.,2008).
2.2 Carcinoma della cervice uterina
Il carcinoma della cervice uterina sta diventando meno frequente, grazie alle
metodiche di screening (Pap-test) e alla vaccinazione contro l’infezione da
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HPV, virus ritenuto responsabile di più dell’80% delle forme invasive. In ogni
caso, questa patologia si può sviluppare in corso di gravidanza e un Pap-test
anomalo non deve essere attribuito alla gravidanza stessa, ma deve essere
seguito dalla colposcopia ed eventuali biopsie. Se la biopsia rileva forme pre-
invasive, la paziente prosegue la gravidanza e la modalità del parto non è
correlata alla diagnosi di malattia. Il controllo post-partum si esegue almeno 6
settimane dopo e prevede normalmente il Pap-test. La diagnosi di carcinoma
in situ impone di effettuare ulteriori indagini in corso di gravidanza. Può
essere necessario eseguire una conizzazione della portio per escludere
l’invasività. Può essere indicata l’isterectomia al momento del parto, nel caso
di carcinoma della cervice invasivo. Pertanto, le ulteriori indagini possono
essere rimandate fino al controllo delle 6 settimane, data in cui può essere
istituito il trattamento appropriato (Int J Gynecol Cancer 2009 May).
Se giustificata, la conizzazione può essere protratta dopo il parto. Se diventa
necessario effettuarla nel corso della gravidanza, l’ideale sarebbe nel
secondo trimestre tra la 14° e la 20° settimana di gestazione, seguita
dall’applicazione di un cerchiaggio cervicale. Le possibili complicanze di una
conizzazione durante la gravidanza sono: emorragia, aborto, parto
pretermine, infezioni, morte endouterina fetale. Per quanto riguarda l’aborto
esso è riscontrato nel 33% dei casi di conizzazione nel primo trimestre.
La modalità terapeutica di intervento non varia tra donne con neoplasia
maligna cervicale gravide e donne con la stessa patologia non gravide: è
personalizzata, varia in base al trimestre di gestazione, tiene conto della
volontà della donna di portare a termine la gravidanza, si basa sui principi
enunciati dalla FIGO (International Federation of Gynecology).
Nel caso in cui alla donna fosse diagnosticato il carcinoma in situ o allo
stadio 1A1 in assenza di coinvolgimento dello spazio linfovascolare (LVSI)
non è indicato un trattamento aggiuntivo dopo la conizzazione. Nella gravida
ai primi stadi della malattia (FIGO: IA2, IB1, 2A) diagnosticata dopo al 20°
settimana di gestazione, il trattamento può essere rimandato fino al
raggiungimento di una maturazione fetale adeguata. In tal caso il trattamento
consiste in un taglio cesareo d’elezione seguito da un’isterectomia totale con
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asportazione bilaterale dei linfonodi pelvici, se indicato un trattamento
adiuvante radioterapico.
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3. METODICHE DIAGNOSTICHE
Una Commissione europea nel 1999 (Directive MED 100; European
Commission,1999) ha ampiamente esaminato la problematica riguardante
l’utilizzo delle radiazioni ionizzanti a scopo diagnostico in corso di
gravidanza. Nello specifico l’articolo 3 della Direttiva elaborata stabilisce che
tutte le indagini strumentali proposte al paziente debbano essere giustificate
in vista di un preciso obiettivo diagnostico, tenendo conto della possibilità di
accedere a metodiche alternative che non utilizzino radiazioni ionizzanti. Nel
caso in cui fosse necessaria la somministrazione di quest’ultime, la
Commissione proponeva di tener conto della minor dose possibile di razione
da utilizzare per dar risposta al quesito diagnostico: “a dose a slow as
reasonably achievable” (European Commission, 1999).
Ogni paziente deve essere ampiamente informata per giungere ad una
conclusione largamente condivisa.
Come conferma la stessa Commissione, le metodiche diagnostiche che
possono essere utilizzate in donne gravide sono molteplici, tra cui
ricordiamo: i raggi X, gli ultrasuoni e la risonanza magnetica (European
commission, 1999).
3.1 Gli ultrasuoni
Gli ultrasuoni sono delle onde meccaniche sonore. A differenza dei fenomeni
acustici propriamente detti, le frequenze che caratterizzano gli ultrasuoni
sono superiori a quelle mediamente udibili da un orecchio umano. La
frequenza convenzionalmente utilizzata per discriminare onde soniche da
onde ultrasoniche è fissata in 20 kHz. Lo stesso termine ultrasuono
chiaramente indica ciò che è al di là (ultra) del suono, identificando con
suono solo il fenomeno fisico udibile. Come ogni altro tipo di fenomeno
ondulatorio gli ultrasuoni sono soggetti a fenomeni di riflessione, rifrazione e
diffrazione e possono essere definiti mediante parametri quali la frequenza,
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la lunghezza d'onda, la velocità di propagazione, l'intensità (misurata in
decibel), l'attenuazione (dovuta all'impedenza acustica del mezzo
attraversato). Gli ultrasuoni utilizzati in ambito medico sono compresi tra 2 e
20 MegaHz (2-20x106Hz); la frequenza utilizzata è scelta tenendo conto che
frequenze maggiori hanno maggiore potere risolutivo, ma penetrano meno in
profondità. Solo gli ultrasuoni con un’elevata intensità possono
potenzialmente causare danno d’organo. Gli ultrasuoni a bassa intensità
utilizzati nel Real-Time imaging o comunque gli ultrasuoni a più alta intensità
utilizzati nel Doppler imaging non hanno dimostrato effetti tossici sul feto
(Dakins, 1991).
3.2 I raggi X
È nota come raggi X quella porzione dello spettro elettromagnetico con
una lunghezza d'onda compresa approssimativamente tra 10 nanometri (nm)
e 1/1000 di nanometro (1 picometro).
Raggi X e raggi gamma, come le radiazioni ionizzanti in genere, sono
classificati dagli anni '70 secondo lo IARC (International Agency for
Research on Cancer) come agenti cancerogeni noti, nell' impiego radiologico
e tomografico, e al contempo uno dei metodi di indagine più utili. Prima di
sottoporsi a esami inutili, occorre che un esperto valuti il rapporto rischi-
benefici, evitando che l'eccesso diagnostico si trasformi in una concausa
della malattia (Risk of cancer from diagnostic X-rays, 2004).
In base all’effetto prodotto dalla radiazione sul tipo di materiale cellulare
(DNA versus non-DNA) e in base al tempo di esposizione, possono
verificarsi i seguenti danni biologici: somatico, genetico e teratogeno. Il
danno somatico è quello che si verifica sull’individuo che ha ricevuto la
radiazione. Il danno genetico è quello che si verifica sulle cellule riproduttive
(ovociti, spermatozoi) prima del concepimento. Il danno teratogeno è quello
che si verifica sulle cellule embrionali e fetali coinvolte dall’irradiazione dopo
il concepimento (ICRP, 1991). Si definisce effetto deterministico o effetto
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somatico non stocastico un effetto “non casuale” ma “determinato”, che si
manifesta negli individui che abbiano ricevuto una dose superiore ad un certo
livello di dose detto dose soglia. La gravità dell’effetto aumenta all’aumentare
della dose (oltre la soglia): per questa ragione tali effetti vengono detti ad
accrescimento. La soglia di dose varia fortemente a seconda dell’effetto
considerato, ma è comunque elevata, dell’ordine del Gray. Inoltre gli effetti
non stocastici si manifestano di regola come effetti precoci (tossicità acuta),
cioè a breve distanza di tempo dopo l’irradiazione (dopo giorni, settimane).
Per effetti stocastici (o probabilistici) si intendono invece effetti tutto/niente,
cioè non graduati, che non mostrano una soglia di dose al di sotto della quale
sicuramente essi non compaiono, ma la cui probabilità di accadimento (ma
non la cui gravità) dipende dalla dose assorbita. Per i soli scopi della
radioprotezione e delle stime del rischio, si ipotizza una relazione lineare fra
la dose assorbita e la probabilità dell’effetto. Gli effetti stocastici possono
essere di tipo somatico (tumori solidi, leucemie) oppure di tipo genetico
(mutazioni geniche, alterazioni cromosomiche).
L’American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG) nel 1995 ha
redatto le seguenti linee guida per l’uso di raggi x, ultrasuoni, risonanza
magnetica e radioisotopi nel corso della gravidanza (American College of
Obstetricians and Gynecologists: Guidelines for diagnostic imaging during
pregnancy. Committee Opinion No. 158, September 1995).
Guidelines for diagnostic imaging during pregnancy:
1. Le donne dovrebbero essere avvisate che l'esposizione ai raggi X è un
procedimento diagnostico non dannoso per il feto. In particolare,
l'esposizione a meno di 5 rad (0.05Gy / 5cGy) non è stata associata con un
aumento di anomalie fetali o aborto.
2. Preoccupazione sui possibili effetti di alte dosi di esposizione alle
radiazioni ionizzanti non sono controindicati alla diagnostica a raggi X poiché
le procedure vengano eseguite sulla madre. Durante la gravidanza, le
19
procedure di immagini non associati alle radiazioni ionizzanti, quali
l'ecografia e la risonanza magnetica, si dovrebbero sostituire ai raggi X
quando possibile.
3. L'ecografia e la risonanza magnetica non sono associati a noti effetti
avversi fetali. Tuttavia, fino a quando non sono disponibili maggiori
informazioni, la risonanza magnetica non è raccomandata nel primo
trimestre.
4. La consultazione con un radiologo può essere utile per calcolare la dose
stimata sul feto quando più raggi X vengono eseguiti su donna gravida.
5. L'uso di isotopi radioattivi di iodio è controindicato per l'uso terapeutico
durante la gravidanza.
La gestione delle donne in gravidanza affette da tumore rappresenta una
sfida notevole per l’approccio alla diagnosi, alla stadiazione della malattia, e
per la scelta di terapie loco regionali e sistemiche. Per tutto il percorso di
diagnosi e trattamento vi è la necessità di ottimizzare il trattamento della
madre ma al tempo stesso di ridurre al minimo i rischi fetali. Poiché la
sensibilità dei tessuti alle radiazioni dipende dal tasso di proliferazione e dalla
differenziazione cellulare (maggiore sensibilità in caso di elevato tasso di
proliferazione e bassa differenziazione), l’embrione e il feto rappresentano il
corpo più sensibile agli effetti delle radiazioni soprattutto nelle prime fasi della
gestazione (impianto, organogenesi). L’esposizione in utero ai raggi x è infatti
associato ad un aumentato rischio di sviluppare una neoplasia maligna
durante l’infanzia, in particolare la leucemia (Linet MS, 2009).
Le procedure diagnostiche regolarmente effettuate che forniscono una dose
di radiazione inferiore a 100mGy (10cGy) non producono effetti
deterministici; effetti stocastici sono possibili anche se improbabili. Il rischio
globale è comunque di modesta entità: esso è quantificabile fra zero e
uno/1.000 nati vivi per una dose embrio-fetale di 10 mGy nel primo trimestre
20
della gestazione (Brj. Radiol 1979). La tabella 3.1 riassume i possibili effetti
sul feto in base alla dose di radiazioni ricevuta e alla settimana di gestazione
in cui la donna è sottoposta a tale trattamento.
Potential Radiation Effects on the Fetus by Gestati onal Age and
Radiation Exposure
Potential Effects by Radiation Exposure
Gestationalage
(wk)
< 50 mGy 50-100 mGy >100 mGy
0-2 None None None
3-4 None Probably
none
Possiblesponatneousabortion
5-10 None Uncertain Possiblemalformation
11-17 None Uncertain Possible deficits in IQ or
mental retardation
18-27 None None IQ deficits not detectable at
diagnostic doses
>27 None None None applicable to diagnostic
medicine
(Tabella 3.1) RG • Volume 30 Number 5 Wieseler et al 1217.
Nella maggior parte delle indagini radiologiche dove utero e pelvi non sono
esposte direttamente ai raggi x, la dose di radiazione alla quale utero e feto
sono esposti è dovuta in parte alla dispersione dal tubo a raggi x ed in parte
alle radiazioni disperse all’interno dell’organismo ed è inferiore a 1 mSv
21
(1mSv= 1mGy) (Dakins et al.,1991) come mostrato in Figura 3.I tratta da “A
guide to foetal dose minimisation in computed tomography pulmonary
angiography of the pregnant patient Volume 59 (2) 2012”.
(Figura 3.I Sources of radiation contributing to foetal dose with the addition
of a lead shield on the abdomen).
Poiché questa radiazione, per quanto scarsamente rilevante dal punto di
vista biologico sia comunque presente, la schermatura addominale e del
compartimento fetale in corso di esposizione ai raggi x è utile per proteggere
dalle radiazioni primarie dal tubo a raggi x ma resta comunque inefficace nei
confronti delle radiazioni che si disperdono all’interno dell’organismo. L’uso
della schermatura non è raccomandata in caso di indagini dentistiche
considerata la distanza del tubo radiogeno dall’ addome.
Se l’esecuzione di una metodica strumentale a raggi x è necessaria in
presenza di una paziente gravida, è sempre fondamentale dare risposta ai
seguenti quesiti:
22
1. valutare sempre la possibilità di utilizzare metodiche alternative innocue
per il feto (ultrasuoni, RMN);
2. se non è possibile ottenere le informazioni necessarie con metodiche
alternative, posticipare l’esecuzione dell’esame dopo il parto se non per
urgenza;
3. se l’esame è indifferibile (sospetto di neoplasia, politrauma, sospetto di
embolia polmonare):
��usare tutte le misure tecniche possibili per ridurre la dose;
��prevedere l’entità della dose che verrà somministrata;
��informare la paziente e il team medico coinvolto dei rischi associati alla
metodica;
��quantificare la dose somministrata durante l’indagine.
3.3 La risonanza magnetica
La risonanza magnetica nucleare (RMN) sfrutta gli effetti di un campo
magnetico ad elevata intensità prodotto da un magnete. L’intensità del
campo magnetico può variare da decimi di Tesla per piccole macchine
dedicate allo studio delle articolazioni fino a 3 Tesla ed oltre per le macchine
attualmente in commercio per scopi diagnostici.
L’aggettivo nucleare si riferisce al fatto che, il segnale di densità in RMN è
dato dal nucleo atomico dell’elemento esaminato, mentre nelle più diffuse
tecniche di imaging radiologico la densità radiografica è determinata dalle
caratteristiche degli orbitali elettronici degli atomi colpiti dai raggi x. Le
immagini che si ottengono con la RMN derivano dalle radiofrequenze
emesse dai nuclei degli ioni idrogeno dopo che questi sono stati eccitati dalle
radiofrequenze emesse dal magnete stesso. Le informazioni ottenute dalle
immagini di RMN sono essenzialmente di natura diversa rispetto a quelle
degli altri metodi di imaging infatti è possibile la discriminazione tra tessuti
sulla base della loro composizione biochimica (contenuto in ioni idrogeno).
23
Le frequenze di ritorno sono differenti a seconda delle caratteristiche
chimiche dei tessuti incontrati.
La RMN è generalmente considerata innocua per il paziente poiché non
vengono utilizzate radiazioni ionizzanti come nel caso dei raggi x o degli
isotopi radioattivi (American College of Radiology Standards, 1998).
I vantaggi che ne derivano dall’ utilizzo della RMN sono quelli relativi alla
carenza di radiazioni ionizzanti, alla sua potenzialità in diversi ambiti,
all’eccellente contrasto che è in grado di far ottenere nei tessuti molli
(ObstetGynecol 2008; RadioGraphics 2007).
Nel 2007 l’ American College of Radiology ha stilato le raccomandazioni che
regolano l’utilizzo della RMN solo quando i benefici risultano maggiori
rispetto ai rischi che invece ne potrebbero derivare. Il rischio per il feto può
sussistere soltanto per il calore sprigionato dal campo magnetico che si crea,
soprattutto nel primo trimestre (AJR Am J Roentgenol 2004). Un altro rischio
da considerare è il potenziale danno acustico che potrebbe derivarne.
Comunque, successivi studi d’indagine fanno sembrare questo rischio poco
verosimile, in quanto il rumore risulterebbe attenuato dal liquido amniotico
raggiungendo il feto a meno di 30 db (AJR Am J Roentgenol 2004).
Nel 1991, la commissione di sicurezza della Society of Magnetic Resonance
Imaging sostiene che “la RMN può essere utilizzata nelle donne gravide nel
caso in cui altre forme di diagnostica per immagini che utilizzano raggi non
ionizzanti risultino inadeguati o se la diagnosi avrebbe altrimenti richiesto
l’esposizione alle radiazioni ionizzanti. Le pazienti gravide dovrebbero essere
informate del fatto che, ad oggi, non ci sono indicazioni che dimostrino che
l’utilizzo clinico di immagini da risonanza magnetica in gravidanza abbia
prodotto effetti deleteri” (Shellock FG et al.,Radiology 2004).
La presenza di protesi metalliche, clip vascolari, stent, peacemaker ed altri
apparecchi medico-chirurgici metallici controindica l’esame.
24
4.TRATTAMENTI POSSIBILI
I trattamenti possibili da effettuare una volta fatta diagnosi di cancro
sono: la terapia chirurgica, la chemioterapia, la radioterapia e tutti i
trattamenti che permettano un controllo dei sintomi e degli effetti
collaterali che da essi ne derivano.
4.1 La terapia chirurgica
L’incidenza di chirurgia non ostetrica in gravidanza è pari a 0,75-2%
(colecistite, appendicite, cisti ovarica) .
Il rischio di outcome avverso della gravidanza non sembra essere
aumentato nelle pazienti che vengono sottoposte a procedure
chirurgiche ed anestesiologiche non complicate. Questo rischio può
aumentare in caso di complicanze legate alla patologia in atto o alle
procedure (es. appendicite perforata con peritonite, polmonite ab
ingestis).
Un recente studio pubblicato da Cohen- Kerem et al. nel 2005 riguardate
una revisione di più di 12’000 casi di chirurgia non ostetrica in gravidanza
concludeva che:
- Non era presente un aumentato rischio di aborto e anomalie
congenite
- L’incidenza di parto pretermine era pari all’ 8,2%
- Era importante un’adeguata analgesia e tromboprofilassi nel post-
operatorio
Ancora, rispetto alla sicurezza dell’anestesia in gravidanza, un recente
studio pubblicato nel 2006 da Ni Mhuireachtaigh R et al. ribadisce che gli
effetti sul feto sono correlati all’ipotensione, all’ipossia, all’ipotermia e
all’alterazione del metabolismo glucidico che l’anestesia induce piuttosto
25
che all’uso stesso di farmaci. L’interpretazione del tracciato
cardiotocografico deve quindi tenere conto di queste alterazioni
fisiologiche. È utile proseguire il monitoraggio fetale anche terminato
l’intervento perché l’anestesia può mascherare l’insorgenza di attività
contrattile e quindi ritardare l’inizio di una terapia tocolitica, per questo la
paziente una volta giunta in reparto continuerà il tracciato
cardiotocografico supervisionato in continuo dall’ostetrica. Un’adeguata
anestesia è necessaria perché è dimostrato che il dolore può essere
fonte scatenante di un travaglio prematuro così come è necessaria la
tromboprofilassi con eparina a basso peso molecolare per l’aumentato
rischio correlato all’intervento chirurgico e la conseguente stasi venosa
post-operatoria e allo stato di ipercoagulabilità indotto dalla gravidanza
(Cheek et al.,2009).
4.2 La chemioterapia
La Chemioterapia consiste nell’impiego di farmaci che distruggono le
cellule tumorali, di solito interrompendo la capacità delle cellule tumorali
di crescere e di moltiplicarsi. Alcuni fattori sono importanti per la scelta di
impiegare i farmaci antitumorali tra cui: il cambiamento della fisiologia
materna e lo stadio di sviluppo fetale (Sophine et al., Marzo 2011).
La fisiologia materna: nella donna gravida si assiste a significativi
cambiamenti a livello del volume plasmatico circolante, del metabolismo
epatico, dell’affluenza di plasma ai reni, tutti elementi che vanno a
interferire sul metabolismo dei farmaci assunti (Redmond,1985). La
diminuzione di albumina nel plasma e l’ aumento di altre proteine dovuto
agli alti livelli di estrogeni alterano il trasporto del farmaco nel torrente
circolatorio e il loro assorbimento (Wiebe and Sipila,1994). Dunque
diventa molto difficile stabilire con certezza la dose corretta di
chemioterapia.
26
Lo sviluppo fetale: la prima tappa dello sviluppo fetale è l’impianto che
generalmente è collocato nelle 2 settimane che seguono il
concepimento. Il periodo che segue nelle 8 settimane successive è
l’organogenesi; dalla 9° alla 38° settimana si parla di fase fetale.
4.2.1 Impianto
L’impianto comprende il periodo che va dal concepimento ai primi 10
giorni di gestazione; le cellule totipotenti coinvolte in questa fase
subiscono il fenomeno del tutto o nulla (all-or-nothing) e cioè, quando
troppe cellule vengono danneggiate, si va incontro ad aborto spontaneo;
in caso contrario la gravidanza avrà decorso regolare senza
complicanze.
4.2.2 I Trimestre
Insulti di tipo fisico o farmacologico durante queste settimane possono
evolvere in gravi danni o malformazioni (Doll et al.,1989). La citotossicità
degli agenti chemioterapici sulla sintesi degli acidi nucleici e sulla
funzionalità dei microtubuli, sommata alla rapidità con cui avviene la
divisione cellulare, rende questo periodo dello sviluppo fetale
particolarmente suscettibile agli effetti della chemioterapia. Alla fine di
questo periodo, la maggior parte degli organi dei grandi sistemi sono
formati nonostante il feto sia lungo solamente circa 3 cm. Il passaggio
transplacentare degli agenti chemioterapici dipende dalle loro
caratteristiche fisiche e chimiche (Ring et al.,2005), anche se la presenza
di una proteina normalmente espressa nella placenta umana (P-
glicoproteina) può ridurre notevolmente il passaggio degli agenti
antineoplastici (Smith et al.,1999). Ciò non significa che la chemioterapia
dopo il primo trimestre sia esente da rischi: infatti, il sistema nervoso
centrale (SNC), gli occhi, l’apparato genitale e il sistema emopoietico
restano vulnerabili.
La maggior parte delle pazienti esposte alla chemioterapia durate il primo
trimestre di gestazione esitano in aborto spontaneo o in malformazioni
27
fetali (Ring et al.,2005; Giacalone et al.,1999). Un esempio è riportato da
Paskulin et al. nel 2005 in cui si narra di una gravidanza scoperta
solamente alla 16° settimana di gestazione in corso di chemioterapia con
5-fluorouracile, doxorubicina e cyclophosphamide (FAC). Il neonato era
affetto da ventricolomegalia e valvola aortica bicuspide, patologie che
possano avere una possibile relazione con la somministrazione di agenti
chemioterapici nel corso del primo trimestre di gestazione. Secondo studi
retrospettivi il rischio di malformazioni è compreso tra il 10% e il 20%
(Woo et al.,2003; Ebert et al.,1997; Zemlickis et al.,1992b; Doll et
al.,1989) anche se risulta notevolmente aumentato nei casi in cui la
chemioterapia venga usata in concomitanza con la radioterapia (Espie´
and Cuvier, 1998). Come dimostrato, dunque la chemioterapia nel primo
trimestre è proibitiva.
4.2.3 II e III trimestre
Con la conclusione del primo trimestre, quando l’organogenesi è
completa, è assai diffuso l’uso di chemioterapici citotossici in quanto non
appaiono aumentati i rischi di malformazione. Infatti la percentuale di
malformazioni congenite riscontrate dopo il loro utilizzo nel secondo e nel
terzo trimestre risulta inferiore al 3% (Woo et al.,2003; Ebert et al. 1997;
Doll et al.,1989) cioè pari al rischio generico di malformazioni della
popolazione totale (Kalter and Warkany, 1983).
4.2.4 A lungo termine
A lungo termine, l’esposizione in utero agli agenti chemioterapici può
portare a degli effetti sul feto, riscontrabili durante l’adolescenza quali
disfunzione gonadica e infertilità, anomalie nello sviluppo fisico e
neurologico e mutazioni delle cellule germinali derivanti dalla
carcinogenesi (Partridge and Garber, 2000).
La letteratura che riguarda la neoplasia maligna alla mammella descrive,
sul follow-up dei bambini e sul loro sviluppo a lungo termine, risultati
incoraggianti. E’ stato riportato un unico caso di cancro in bambino
28
esposto, in utero, alla cyclophosphamide nel primo trimestre di
gestazione (Zemlickis et al. 1993). Il neonato nacque con malformazioni
agli arti, la vena cava inferiore abnorme, atresia esofagea, e all’ età di 11
anni sviluppò una neoplasia maligna alla tiroide mentre a 14 anni il
neuroblastoma. Suo fratello gemello nacque senza alcuna anomalia.
I dati che riguardano le caratteristiche dei travagli e dei parti in donne
trattate con chemioterapia sono limitati a studi di casi-controllo con
l’eccezione di due prospective series di pazienti con neoplasia maligna
alla mammella (Cardonick E. et al.,2004) (Berry DL. Et al.,1999). Questi
studi hanno rivelato che i bambini nati da donne sia con un cancro
ematologico che non ematologico, esposti a chemioterapia in utero
tendono a nascere prematuramente (Berry DL. Et al.,1999) (Aviles A. et
al.,2001). Sebbene molti studi sembrano dimostrare solo una lieve
riduzione del peso alla nascita, altri studi, effettuati su un campione di 84
gravide affette da cancro ematologico, riportano un peso perfettamente
nella norma (Berry DL. Et al.,1999) (Aviles A. et al., 2001) (.Zemlickis D.
et al.,1992). I dati relativi al travaglio di parto e al parto stesso risultano
essere limitati per il fatto che le donne gravide con neoplasia maligna
generalmente partoriscono in un ospedale differente rispetto a quello in
cui ricevono le terapie sistemiche, e per la natura retrospettiva della
maggior parte dei casi presenti.
4.3 Radioterapia
La radioterapia è una terapia che consiste nell'utilizzo di radiazioni
ionizzanti. È prassi comune combinare la radioterapia con la chirurgia,
con la chemioterapia, con l'ormonoterapia e l'immunoterapia. Lo scopo
esatto del trattamento (curativo, adiuvante, neoadiuvante, terapeutico
o palliativo) dipenderà dal tipo di tumore, dalla sede e dallo stadio (Corvò
R. et al., 2008).
29
Le radiazioni ionizzanti utilizzate in radioterapia sono in grado di
danneggiare il DNA del tessuto bersaglio. Le cellule tumorali sono, in
genere, scarsamente capaci di riparare i propri danni e quindi vanno
incontro a morte cellulare. Per risparmiare i tessuti sani, ad esempio cute
o organi che la radiazione deve superare per colpire il tumore, i fasci
delle radiazioni vengono sagomati e rivolti da diverse angolazioni,
intersecandosi nel centro della zona da trattare, dove perciò vi sarà un
quantitativo di dose assorbita totale superiore che nelle parti adiacenti
(Corvò R. et al.,2008).
Per tale motivo la radioterapia non è raccomandata in gravidanza.
Nei soggetti umani gli effetti più deleteri dell’irradiazione embrionale e
fetale a dosaggi terapeutici variano da quelli deterministici (aborto,
teratogenicità, ritardo mentale, IUGR) a quelli stocastici (leucemia e
tumori dell’infanzia con un’incidenza pari a 2-3/1000 fino a 3-4/1000). Il
rischio di occorrenza di tali effetti dipende dall’ epoca gestazionale in cui
l’esposizione avviene ( Zemlickis et al., 1992).
4.4 Controllo dei sintomi
I sintomi e gli effetti collaterali materni derivanti dalla presenza della
neoplasia e dall’eventuale uso in gravidanza di chemioterapici
comprendono dolore, nausea, vomito, neutropenia e suscettibilità alle
infezioni, fenomeni tromboembolici che richiedono un pronto intervento
con terapia di supporto (antidolorifici, antiemetici, antibiotici,
antitrombotici).
Il paracetamolo è sicuro in gravidanza e rappresenta l’analgesico di
prima scelta. Gli oppiacei possono essere utilizzati in caso di dolore
severo e se utilizzati vicino al parto è necessario avvertire i pediatri per le
eventuali conseguenti crisi di astinenza del neonato (Kenyon et al.,
2004).
30
Nausea e vomito sono tipici nel primo trimestre della gravidanza così
come in caso di neoplasia o in corso di chemioterapia. Gli agenti
antiemetici di prima linea sono la metoclopramide e la prometazina che
possono essere usati in combinazione. I suddetti antiemetici sono stati
utilizzati diffusamente e non si sono dimostrati teratogeni sul feto
(Kenyon et al., 2004).
La gravidanza è uno stato di aumentata suscettibilità alle infezioni. Le
infezioni nei pazienti oncologici immunodepressi possono essere ancora
più aggressive e perciò dovrebbero essere immediatamente trattate.
Quindi in caso di infezione in una gravidanza complicata dalla presenza
di una neoplasia è importante non ritardare l’inizio di una terapia
antibiotica. Fra gli antibiotici, la categoria delle penicilline risulta essere la
categoria di prima scelta (Kenyon et al.,2004).
Utile l’impiego dei fattori di crescita in caso di neutropenia o
dell’eritropoietina in caso di anemia persistente.
31
5. TIMING E MODALITA’ DEL PARTO
Una delle pietre miliari del management ostetrico di gravidanze complicate
da neoplasia è la decisione del timing e della modalità del parto che
permettono di iniziare o comunque completare il trattamento del tumore.
La decisione del timing del parto dipende in gran parte dall’urgenza di iniziare
un trattamento potenzialmente dannoso per il feto. Se la prognosi materna
dovesse essere peggiorata dal ritardo dell’inizio dei trattamenti è di
fondamentale importanza valutare l’ ipotesi di un’interruzione di gravidanza o
di un parto pretermine. Tenendo conto del fatto che il limite di vitalità è la 24°
settimana di gestazione con un peso non inferiore ai 500 gr. le opzioni su cui
riflettere saranno:
- Interrompere volontariamente la gravidanza al di sotto della 24°
settimana per iniziare il trattamento
- Indurre il travaglio pretermine per proseguire con le terapie
- Iniziare il trattamento in gravidanza
Ovviamente ognuna di queste scelte andrà attentamente valutata dalla
coppia e andrà considerato il desiderio della donna stessa riguardo alla
gravidanza.
L’induzione di un travaglio è indicato esclusivamente nel caso in cui si voglia
intraprendere un trattamento per la madre che risulti controindicato in corso
di gravidanza. Se la paziente è sottoposta a chemioterapia, essa deve
essere interrotta prima della 36° settimana così da non incorrere nel parto
proprio nel periodo in cui madre e feto siano affetti da leucopenia secondaria
alla chemioterapia. Il rischio infatti potrebbe riguardare maggiormente quei
casi in cui la paziente dovesse essere sottoposta al taglio cesareo: la
leucopenia aumenta il rischio che corionamniositi e infezioni varie aumentino
il rischio di morbilità e mortalità materna (Erin A. Keyser et al.,2012).
Nel caso fosse necessaria una terapia chirurgica sarebbe meglio che
quest’ultima fosse effettuata dopo il primo trimestre per ridurre al minimo il
rischio di abortività.
32
Se fossero necessarie chemioterapia o radioterapia, sarebbe opportuno
posticipare le stesse dopo il parto o se non fosse possibile aspettare,
sarebbe meglio iniziare una chemioterapia con farmaci sicuri in gravidanza
fino al raggiungimento della vitalità fetale; se l’epoca gestazionale fosse
inferiore a 30 settimane e il trattamento potesse essere posticipato di alcune
settimane sarebbe auspicabile attendere per ottimizzare l’outcome fetale. Ciò
sarebbe particolarmente rilevante in caso di epoche gestazionali comprese
fra la 24° e la 26° settimana poiché la sopravvivenza fetale aumenta del 3%
per ogni giorno in più trascorso dal feto in utero.
Nel caso si decidesse il parto tra la 24° e la 34° settimana andrà
attentamente valutato anche il rischio di distress respiratorio del prematuro.
Infatti la NIH (The National Institutes of Health) ha delineato 7 punti che
riguardano gli effetti dei corticosteroidi nella maturazione polmonare fetale
(NIH consensus statement, volume 12, number 2, february 28-march
2,1994):
1. Età gestazionale compresa tra 24 e 34 settimane
2. Betametasone: 2 dosi da 12 mg ciascuna i.m a distanza di 24 ore
3. Desametasone: 4 dosi da 6 mg ciascuna i.m a distanza di 12 ore
4. Benefici neonatali: dalla fine del primo ciclo a distanza di 24 ore dalla
prima somministrazione fino ai 7 gg dopo l’inizio del trattamento
5. Riduce la mortalità neonatale per RDS e emorragia intraventricolare
6. PPROM: utilizzare i corticosteroidi solo in assenza di corionamniosite
7. Condizioni materne: in assenza di possibili effetti collaterali o con
l’imminenza di un parto pretermine
Dunque la somministrazione di steroidi antenatali riduce il rischio di distress
respiratorio neonatale legato alla prematurità, emorragia intraventricolare e
morte neonatale di nati al di sotto della 34° settimana favorendo la maturità
polmonare. L’uso degli steroidi antenatale riduce inoltre la durata dei ricoveri
in terapia intensiva neonatale (TIN). Se si decide per il parto fra la 24° e la
34° settimana la profilassi dell’ RDS (sindrome da distress respiratorio)
33
consiste nella somministrazione di betametasone 12 mg intramuscolo (due
dosi nell’arco di 24h). L’effetto ottimale si ottiene dopo 24h fino a 7 giorni
dalla somministrazione. Il desametasone è stato utilizzato con la medesima
efficacia ma è stato segnalato essere associato ad un aumentato rischio di
leucomalacia periventricolare rispetto al betametasone (Antenatal
corticosteroids to prevent respiratory distress syndrome, 2004 RCOG Green
top guideline No. 7).
Se non esistono controindicazioni ostetriche particolari per il tipo di tumore
specifico, il parto vaginale rimane la scelta primaria. Soprattutto perché esso
riduce il tempo di degenza, il rischio emorragico, il rischio tromboembolico, il
rischio di infezioni ed in particolare infezione e deiscenza della ferita
laparotomica soprattutto in caso di necessità di iniziare immediatamente una
chemioterapia immunosoppressiva (Caesarean Section Clinical Guideline
2004).
34
6. L’ALLATTAMENTO IN DONNE CON TUMORE
Ad un numero sempre crescente di donne, la neoplasia maligna viene
diagnosticata in gravidanza o nel corso dell’allattamento. Generalmente,
durante il trattamento sistemico antineoplastico, viene detto loro di
sospendere l’allattamento, proprio per evitare una serie di effetti negativi sul
neonato. In realtà sono inesistenti conclusioni certe in merito a tale quesito.
Sono stati condotti pochi studi per valutare quanto sia opportuno continuare
l’allattamento durante o in seguito alla somministrazione di agenti
chemioterapici e di farmaci citotossici.
Gli effetti positivi dell’allattamento sul neonato sono indiscussi: è un processo
fisiologico che provvede nutrimento e protezione dalle infezioni e dai disordini
immunologici (Raisler J. Et al.,1999; WHO Collaborative Study Team on the
role of Breastfeeding on the prevention of infant mortality, Lancet 2000). E’
stato ampiamente dimostrato che il latte umano contiene differenti tipologie di
agenti bioattivi che concorrono allo sviluppo delle difese neonatali, alla
maturazione del tratto gastrointestinale e in generale danno benefici al lungo
termine sull’infante (Walker A.,2010). Per di più, una serie di meta-analisi
hanno dimostrato una riduzione dell’incidenza di tumori testicolari, gastrici e
mammari negli adulti che hanno ricevuto il latte materno (Martin R. et
al.,2005).
I benefici dell’allattamento sono riscontrabili anche nelle donne stesse che
allattano, in quanto più è lungo il periodo di allattamento più diminuiscono i
rischi di sviluppare neoplasia maligna ovarica e alla mammella (Rosenblatt
KA et al.,1995;Thomas DB et al.,1993). Dunque, descritti brevemente i
benefici derivanti dall’allattamento, viene spontaneo chiedersi quanto questi
benefici possano valere anche per quelle donne che scoprono di essere
affetta da neoplasia maligna durante la gravidanza o durante l’allattamento
stesso. Porre fine ad un allattamento già ben avviato, una volta diagnosticata
35
la neoplasia maligna, può avere svolte psicologiche non indifferenti: può
aggravare il distress emozionale derivante dalla diagnosi di neoplasia stessa
(Mehnert A et al.,2012). Bisognerà valutare attentamente la diffusione dei
farmaci nel latte e il loro trasferimento nel neonato allattato, così da poter
giungere ad una conclusione adeguata e personalizzata per la singola
donna. I farmaci che possono passare nel latte delle donne affette da
neoplasia maligna, in terapia sono: gli agenti chemioterapici, i farmaci
antiemetici, e i trattamenti ormonali.
E’ comunemente riconosciuto che la secrezione di farmaco nel latte dipende
da una serie di caratteristiche del farmaco tra le quali la liposolubilità, il peso
molecolare, la ionizzazione, la concentrazione e l’emivita nel plasma
materno. La quantità di ciascun farmaco presente nel plasma è l’elemento
più importante per determinare l’ammontare di farmaco che verrà secreto nel
latte (Begg EJ. et al.,2002). Nel caso in cui le molecole che costituiscono il
farmaco abbiano un basso peso molecolare, il loro passaggio nel latte
avviene per diffusione semplice indipendentemente dalla concentrazione del
farmaco stesso. Infatti, molecole con un alto peso molecolare (≥ 600 Dalton)
come l’eparina o gli anticorpi monoclonali, difficilmente si troveranno nel latte
umano (Atkinson HC et al.,1988). Farmaci la cui parte frazionata abbia un
alto legame con l’albumina sono presenti in quantità notevolmente ridotte nel
latte umano rispetto a quei farmaci la cui parte frazionata sia per lo più libera.
Infine, il passaggio del farmaco nel latte dipende in larga misura anche dalla
fase della lattazione in cui vengono assunti i farmaci dalla madre. Il plasma
trasferito nel latte materno è maggiore durante la prima settimana del
processo di lattazione a motivo della maggior quantità di “gap” presenti tra
le cellule degli alveoli mammari. La stessa cosa si presenta anche nell’ultima
parte dell’allattamento ovvero quando le ghiandole del tessuto mammario
stanno subendo un involuzione e il latte prodotto diminuisce (Aurbach KG
1999). La maggior parte delle molecole secrete nel torrente circolatorio
materno si ritrovano nel latte proprio in queste due fasi della lattazione.
36
Nel prendere decisioni in merito al proseguire o all’interrompere
l’allattamento, devono essere presi in considerazioni anche altri fattori. In
primo luogo il tipo di farmaco che sarà presente nel latte, i rischi del neonato
per la sua tossicità che dipende in gran parte dal volume di farmaco
assorbito attraverso il latte, il metabolismo neonatale. Ad esempio, molti
farmaci possono avere effetti locali a livello del tratto gastrointestinale per cui
anche questo aspetto dovrebbe essere considerato.
Per la maggior parte dei farmaci è ormai possibile stimare la quantità di
principio attivo trasferibile nel latte, tenendo conto della farmacocinetica
specifica di ciascun elemento e del metabolismo materno (Hale T. et
al.,2010; Begg EJ et al.,1993; Peccatori F. et al.,2012). Variazioni particolari
del metabolismo riguardano quelle pazienti con neoplasia maligna la cui
funzionalità renale o epatica è stata compromessa.
6.1 In corso di chemioterapia
Generalmente, l’allattamento in pazienti sottoposte a terapia chemioterapica
è sconsigliato per paura della potenziale genotossicità nei confronti del
neonato. D’altra parte, tale raccomandazione è supportata da evidenze
scientifiche insufficienti presenti in limitati case-reports in cui è stata
effettivamente riscontrata la presenza di farmaci chemioterapici nel latte.
Cisplatino, metotrexato, doxorubicina, etoposide, mitoxantrone, 5-
fluorouracile sono i farmaci chemioterapici più utilizzati. Dai dati scarsi
esistenti in merito, emerge che gli antimetaboliti appaiono relativamente
innocui in quanto non passerebbero nel latte materno, mentre le antracicline
e gli alchilanti, inclusi i composti del platino, andrebbero evitati.
E’ riportata di seguito una lista dei farmaci chemioterapici più utilizzati e la
loro classe di appartenenza.
Cisplatino: Il cisplatino è un agente chemioterapico appartenente alla
categoria dei farmaci generici. Si usa in particolare per il trattamento del
37
carcinoma del testicolo, della vescica, del polmone, dell’esofago,
dello stomaco e dell’ovaio. Si può somministrare da solo, ma principalmente
in associazione con altri farmaci chemioterapici.
Metotrexato: Il metotrexato è un agente chemioterapico appartenente alla
classe dei farmaci generici. Si usa per il trattamento di molte neoplasie
(leucemie, carcinoma della mammella, del polmone, della vescica e della
cervice uterina; carcinoma epidermoide della testa e del collo). Il metotrexato
si può somministrare da solo o in associazione con altri farmaci antitumorali.
Doxorubicina: La doxorubicina cloridrato (di seguito doxorubicina) è un
antibiotico ad azione antitumorale appartenente al gruppo delle antracicline.
La doxorubicina si usa per il trattamento di diverse neoplasie, in particolare
del carcinoma della mammella, del polmone a piccole cellule e dell’ovaio,
dell’osteosarcoma, del sarcoma dei tessuti molli, dei linfomi di Hodgkin e non
Hodgkin, del neuroblastoma e della leucemia linfoblastica e mieloblastica
acuta. In passato era definita come adriamicina e il termine è ancora
utilizzato da alcuni oncologi e infermieri.
Etoposide: L’etoposide è un agente chemioterapico appartenente alla
categoria dei farmaci generici. Si usa soprattutto per il trattamento del
carcinoma del polmone a piccole cellule, del testicolo, dei linfomi e
della leucemia acuta non linfatica. Si usa anche in vari tumori pediatrici. Si
somministra da solo o in associazione con altri farmaci
chemioterapici. L'etoposide si presenta come liquido chiaro. È disponibile
anche sotto forma di capsule rosa chiaro da 50 e 100 mg.
Mitoxantrone: Il mitoxantrone è un agente chemioterapico usato per il
trattamento di diverse neoplasie, in particolare del carcinoma metastatico
della mammella, della leucemia mieloide cronica, della leucemia acuta non
linfocitica nell’adulto, del linfoma non Hodgkin e del carcinoma
epatocellulare.
5-Fluorouracile: Il fluorouracile (5FU) è un agente chemioterapico
appartenente alla classe dei farmaci cosiddetti antimetaboliti, sostanze che
38
esercitano un’azione tossica a livello cellulare, provocando in tal modo la
morte delle cellule neoplastiche. Il 5FU si usa in particolare per il trattamento
del carcinoma del colon e del retto, della mammella, del pancreas, dello
stomaco, dell’esofago e del fegato. Il 5FU in crema si usa per il trattamento di
alcune lesioni cutanee premaligne.
Secondo i pochi dati presenti in letteratura, la chemioterapia non avrebbe
alcuna influenza né a breve né a lungo termine sulla produzione di latte. Se
tale produzione viene mantenuta attiva durante il trattamento farmacologico,
con regolare spremitura della mammella, l’allattamento può essere
facilmente ripreso immediatamente alla fine della cura. In quelle donne,
invece, sottoposte a chemioterapia anticancro molto tempo prima
dell’insorgenza della gravidanza, l’allattamento è possibile fin dall’inizio.
Secondo uno studio condotto nel 2010 emerge che in donne affette da
neoplasia maligna alla mammella che sono state sottoposte a chemioterapia
adiuvante con antracicline e agenti alchilanti la produzione di latte della
mammella non affetta era nella norma, permettendo così un allattamento
esclusivo per un lungo periodo di tempo (Azim Ha. et al.,2010).
Sono presenti solamente due casi di complicanze neonatali dovute alla
somministrazione di latte materno da madre sottoposta a trattamento
chemioterapico (Amato D. et al.,1977; Durodola J.,1979). In entrambi i casi la
madre era sottoposta alla somministrazione endovenosa di ciclofosfamide.
Nel primo, la madre effettuò settimanalmente iniezioni contenenti 800 mg di
ciclofosfamide e 2 mg di vincristina ciascuna per un totale di 6 volte e
giornalmente il prednisolone orale al dosaggio di 30 mg/m2. Al nono giorno
dopo l’ultima dose di iniezione, cioè al 4 mese di vita del neonato che veniva
allattato al seno comparve la neutropenia. La causa fu attribuita al
ciclofosfamide anche se non fu mai escluso completamente il contributo dato
dal vincristina (Amato D. et al.,1977). Nel secondo caso venivano
somministrati 6mg/kg/die, in endovena, in donna in corso di allattamento.
Dopo 3 giorni, nel neonato allattato esclusivamente al seno da 23 gg,
39
comparvero neutropenia, trombocitopenia e diminuzione dei livelli di
emoglobina (Durodola J.,1979). In entrambi i casi non compaiono riferimenti
in merito alla quantità di ciclofosfamide rinvenuta nel latte materno.
Pazienti con pregresso trattamento radiante per patologia neoplastica
maligna mammaria possono allattare in sicurezza.
6.2 In terapia con antiemetici
La metoclopramide è largamente utilizzata nel trattamento contro nausea e
vomito indotti dalla chemioterapia. È in grado di antagonizzare il rilascio di
dopamina da parte del sistema nervoso centrale avendo effetti sul tratto
gastrointestinale (Lohor L.,2008). In più stimola il rilascio di prolattina,
incrementando così la produzione di latte. La concentrazione di
metoclopramide è maggiore nel latte che nel plasma, con un rapporto di 2/1.
La massima concentrazione si ha 2-3 ore dopo la somministrazione materna
ed è maggiore nel corso dei primi giorni di puerperio (Kauppila A. et
al.,1983). In uno studio condotto nel 1983 (Kauppila A. et al.,1983) emerse
che la quantità di metoclopramide concentrata nel farmaco variava da un
minimo di 20 a un massimo di 157 µg/L, dosi che equivarrebbero a 1-24
µg/kg/die cioè una quantità molto inferiore rispetto alla dose raccomandata
nel trattamento del reflusso gastroesofageo nei pazienti pediatrici. Altri autori
hanno riportato l’assenza di effetti collaterali in neonati la cui madre utilizzava
tale farmaco per incrementare la produzione di latte.
In conclusione, la metoclopramide è il farmaco antiemetico d’elezione
utilizzabile in tutta sicurezza in corso di allattamento; numerosi altri farmaci
della famiglia degli inibitori della serotonina sono largamente impiegati in
sicurezza.
40
7. MANAGEMENT OSTETRICO
7.1 L’ostetrica nella consulenza preconcezionale
Come si evince dal Codice Deontologico dell'ostetrica, approvato dal
Consiglio Nazionale nella seduta del 10/03/2000: “L'ostetrica si pone come
obiettivo ogni intervento volto alla promozione, tutela e mantenimento della
salute globale della persona rispetto agli eventi e fenomeni della sfera
sessuale riproduttiva, relativi al ciclo vitale (nascita, infanzia, adolescenza,
periodo fertile, gravidanza, parto, climaterio e menopausa), con piena
autonomia e responsabilità per quanto è di sua competenza. Al fine di aiutare
il recupero della salute della donna, del neonato e della famiglia, l'intervento
dell'ostetrica si integra con l'attività di altri professionisti.”
Lo specifico professionale dell'ostetrica è enunciato nella Normativa
Nazionale che a sua volta è coerente con le Direttive CEE e le Direttive
dell'OMS (http://www.uniceff.it Direttive Dell’OMS, 02/01/2012).
Le competenze professionali si possono così riassumere:
1) assistenza e consulenza alla donna nel periodo della gravidanza;
2) assistenza e consulenza alla donna durante il parto;
3) assistenza e consulenza alla donna nel puerperio;
4) gestione autonoma della gravidanza fisiologica, del parto eutocico e del
puerperio normale;
5) assistenza al neonato;
6) educazione sanitaria e sessuale della famiglia e della Comunità;
7) preparazione psico-profilattica al parto;
8) prevenzione e accertamento dei tumori della sfera genitale;
9) ricerca;
41
10) diagnosi ed individuazione di situazioni potenzialmente patologiche che
richiedono l'intervento del medico;
11) pratica nelle emergenze le relative misure.
E’ sorprendente di quante competenze professionali deve avvalersi
l'ostetrica dal momento che, più spesso, il suo ruolo tout court è configurato
nella sola assistenza alla donna durante il parto.
La pratica ostetrica, infatti, come riassunto dai punti 1,6,10 è anche
assistenza e prevenzione sociale che comprende la consulenza pre-
concezionale, l'assistenza prenatale, l'aspetto educativo e preventivo e si
preoccupa delle implicazioni sociali e psicologiche che la gravidanza
comporta in una donna per stabilire quali sono i suoi bisogni individuali.
La professional midwife si occupa dell'assistenza primaria alle donne prima,
durante e dopo la gravidanza. Solo quando il contenuto dell'assistenza
supera le sue capacità professionali l’ostetrica si rivolge al medico con il
quale collabora al fine di garantire il benessere della donna anche in
situazioni difficili. La definizione approvata dall' OMS nel 1986 ed adottata
dalla Confederazione Internazionale delle Ostetriche nel 1972 e dalla
Federazione Internazionale dei Ginecologi-Ostetrici (FIGO) nel 1973 recita:
”L'ostetrica deve essere in grado di fornire la supervisione necessaria,
assistenza e consigli alla donna prima e durante la gravidanza, il parto, il
puerperio.... L'assistenza comprende la prevenzione e la individuazione di
condizioni che deviano dalla normalità nella madre e nel feto. Ha un
importante ruolo di consultazione sanitaria non solo per la donna in
gravidanza, ma anche nella coppia e nella famiglia. Il suo lavoro include
l'educazione prenatale e la pianificazione familiare.”
In questa ottica diventa centrale il ruolo dell'ostetrica anche nell'ambito della
consulenza preconcezionale nella paziente con pregressa patologia tumorale
e o maggior regime nella paziente gravida con tumore. E' un'occasione, per
l'ostetrica, per avviare un colloquio che non sia finalizzato all'esame da
42
eseguire, ma che serva anche ad individuare i rischi connessi alla donna con
una problematica importante in atto. Nello svolgere il ruolo di
informatore/consulente, l'ostetrica instaura un rapporto interpersonale con la
donna e la coppia, nell'ambito del quale ella mette in atto un atteggiamento di
“aiuto” che facilita la comunicazione, e cioè: ascolta, capisce, dà un supporto
psicologico, concorda nella scelta della donna e della coppia. In altre parole
l'accompagnamento, la solidarietà dell'ostetrica fanno sì che il suo compito
da consulente neutrale, da semplice trasmettitore di informazioni, si ampli a
quello più ampio di operatore di educazione ai valori. Un compito,
quest'ultimo, non codificato da nessun mansionario, ma tuttavia insito
nell'essenza stessa dell'ostetrica, nel suo nome inglese “midwife”, che
letteralmente vuol dire con la donna, a significare l'intima relazione che viene
a stabilirsi tra ostetrica e donna. L'ostetrica, per terminare, è colei che si
sforza di vedere il mondo con gli occhi di chi le sta di fronte, senza esprimere
valori, preferenze, opinioni o, peggio, giudizi; aiuterà i genitori a trovare la
propria strada nell'attraversare una delle esperienze a volte più dolorosa
della loro vita. L'ostetrica deve salvaguardare in ogni circostanza la dignità
ed il decoro della professione, assumendo come unico valore di riferimento la
tutela della vita e della salute, intesa come diritto della madre, del bambino,
della coppia, e dell'interesse della collettività (Codice deontologico
dell’ostetrica- http://fnco.it, 02/01/2012).
7.2 Nel primo trimestre
Programmare un piano di cura multidisciplinare che coinvolga più figure
professionali oltre a quella dello specialista di medicina materno-fetale
(chirurgo oncologo, chirurgo medico, neonatologo, psicologo).
Alla prima visita antenatale è fondamentale raccogliere un’approfondita
anamnesi ed eseguire un esame obiettivo completo. Eseguire il PAP-TEST
se non eseguito recentemente è mandatorio. Oltre agli esami ematochimici
43
eseguiti di routine, possono essere richiesti ulteriori esami ematici e
strumentali in base al sospetto o al tipo di neoplasia già diagnosticata ed è
fondamentale la stadiazione della neoplasia stessa ove possibile e non
controindicato per lo stato gravidico (Clinical Guideline 2003). Eseguire
un’ecografia ostetrica per stabilire vitalità fetale, epoca gestazionale,
eventuale gravidanza multipla. Fornire la possibilità di accedere a test di
screening di anomalie cromosomiche.
7.3 Nella diagnosi prenatale
La diagnosi di anomalie strutturali è fondamentale nel caso in cui il feto sia
stato sottoposto a radiazioni o chemioterapia nel corso del primo trimestre.
Un’ecografia del primo trimestre può cominciare ad escludere anomalie
maggiori come difetti del tubo neurale, gastroschisi o displasia renale. La
maggior parte delle malformazioni maggiori può essere diagnosticata con un
ecografia eseguita fra la 18ª settimane gestazionali e la 20ª settimane
gestazionali. Un’ecocardiografia fetale può essere eseguita alla 22ª
settimane gestazionali nel sospetto di cardiopatia.
Anche la RMN fetale può essere eseguita in centri di terzo livello soprattutto
nel sospetto di anomalie cerebrali. La diagnosi invasiva di patologia
cromosomica (villocentesi, amniocentesi) può essere proposta quando
indicata e nel trimestre indicato (Clinical Guideline,2003).
7.4 Nel II e III trimestre
Qualsiasi paziente sottoposta a chemioterapia nel corso della gravidanza
deve eseguire ecografie fetali seriate per valutare crescita e benessere
fetale, quantità di liquido amniotico e flussimetria Doppler materno-fetale
(Clinical Guideline, 2003). La crescita fetale deve essere valutata ad ogni
visita poiché in caso di chemioterapia adiuvante o neoadiuvante nel secondo
e terzo trimestre di gravidanza aumenta il rischio di IUGR e basso peso alla
44
nascita (Cardonick E. et al,.2004 ). Mammelle e pelvi devono essere sempre
controllate in caso di pazienti con pregressa neoplasia mammaria o pelvica. I
marcatori tumorali in gravidanza non sono indicati perché poco sensibili e
poco specifici (Obstet Gynecol Surv, 2006). Per quanto riguarda le ulteriori
indagini di tipo strumentale per valutare la stabilità/progressione della
malattia come già descritto in precedenza, la risonanza magnetica può
essere utilizzata con sicurezza nel secondo e terzo trimestre di gravidanza e,
considerando anche i pochi studi del suo utilizzo nel primo trimestre, non
deve essere negata nemmeno in questo momento in caso di necessità
clinica. I raggi x possono essere utilizzati con sicurezza adeguatamente
schermati e anche la TAC del torace (utilizzata generalmente per la diagnosi
di embolia polmonare) (Fattibene P et al,.1999).
7.5 Interventi assistenziali che può attivare l’ost etrica
L’ostetrica di fronte ad una donna in gravidanza con tumore deve essere
consapevole dell’enorme complessità assistenziale da affrontare. Per poter
sostenere la futura madre in tutte le fasi deve indubbiamente possedere le
conoscenze in merito ai percorsi clinici. In egual modo non può affidarsi
solamente alle proprie capacità personali per instaurare una relazione di
fiducia con la donna. Necessita quindi di strumenti idonei per sostenere il
difficile legame con la futura madre. Infatti consigliare gli altri richiede una
profonda empatia, la comprensione del carattere e delle tensioni interne della
personalità, la capacità di accettare e rispettare gli altri senza falsi moralismi,
l'umiltà di non imporre le proprie scelte di vita. Ed è per questo che l’ostetrica
deve affidarsi alle tecniche del counseling che permettono lo sviluppo e
l'utilizzazione delle potenzialità della paziente, aiutandolo a superare quei
problemi di personalità che gli impediscono di esprimersi pienamente e
liberamente nel mondo esterno. Il superamento del problema, la vera
trasformazione, comunque, spetta solamente al cliente: il counselor può solo
guidarlo, con empatia e rispetto, a ritrovare la libertà di essere se stesso (Da
“L’arte del Counseling” di Rollo May).
45
Sono diversi gli aspetti che il counselor deve prendere in considerazione ad
esempio la comunicazione non-verbale che consiste nel mostrare il pensiero
attraverso un comportamento o un’ espressione, che non sia una parola. Una
comunicazione non verbale adeguata fa capire alla donna che vi è interesse
verso di lei e questo la aiuta a parlare. Deve acquisire le modalità corrette
della comunicazione verbale, saper mostrare reazioni e atteggiamenti
d’interesse evitando di esprimere giudizi accettando ciò che la donna pensa
e sente, fornendo cosi sostegno e fiducia. Altrettanto importante è
sottolinearle i comportamenti virtuosi in modo da rinforzare la fiducia in se
stessa. Quando vi è la necessità di dare informazioni inerenti al percorso
clinico, l’ostetrica deve ricordarsi di utilizzare un linguaggio semplice e
comprensibile per il livello culturale della donna limitandosi a fornire le
indicazioni richieste contestualizzandole in modo che risultino suggerimenti
comportamentali e non comandi.
Scopo principale del supporto psicologico è il raggiungimento della migliore
qualità di vita possibile. L’approccio non si fermerà alla sfera dei bisogni
fisico-meccanici ma sarà di tipo olistico al fine di mantenere il più possibile il
progressivo adattamento alla modificazione dello stato di salute. Ogni
programma riabilitativo, ogni raccomandazione o adozione di soluzioni è da
considerarsi temporaneo in questa fase, data la possibile repentina
modificazione dello stato della paziente. Sarà quindi necessario riadattare
l’intervento al mutare delle condizioni cliniche, talvolta prevedendo
l’evoluzione della situazione per prevenire i possibili problemi, utile porsi 3
domande:
“cosa proporre”, “cosa fare” e, soprattutto, “cosa non fare!”
È da evitare l’applicazione di protocolli rigidi a favore di un’insieme di attività
frutto di scelte concordate; il progetto stesso deve poter essere condiviso con
la persona interessata, con i familiari e con gli altri operatori del team anche
al fine di garantire omogeneità e coerenza dei comportamenti in un contesto
di trasparenza e rispetto di tutti i soggetti coinvolti. E’ molto importante che ci
sia un continuo ed efficace scambio di informazione all’interno del team sia
46
per comprendere le scelte prioritarie, quali la tempestività dell’intervento di
sostegno e/o riabilitativo, oppure la sospensione dello stesso.
Dall'esperienza vanno pertanto, preferiti strumenti agili e brevi per il riscontro
della percezione da parte del paziente della propria condizione psicologica e
dei propri bisogni; dobbiamo capire se basarci su una relazione terapeutica
vera e propria (quindi avvalersi di un intervento di tipo “psicoterapia breve in
fase di crisi” cooperando con una figura professionale quale lo psicologo) o
per una presa in carico di più ampio respiro basata essenzialmente
sull’ascolto empatico e sul fornire risposte a specifiche problematiche
emergenti durante il percorso assistenziale (intervento strategico), a secondo
delle condizioni della paziente con particolare attenzione al counseling
familiare poiché raramente la paziente ci chiederà tale supporto.
Ci troveremo di fronte ad una variazione di stati d'animo nelle varie fasi della
malattia con un iniziale spontanea attenzione alla gravidanza che ha come
obiettivo la crescita del feto, atteggiamento che cambierà al parto dopo la
consapevolezza di non potersene prendere cura immediatamente, per
esempio con l’allattamento per le pazienti affette da tumore mammario.
A fronte di tutto ciò l'ostetrica deve assecondare e più di tutto essere
presente empaticamente senza coinvolgimento emozionale.
47
8. CONCLUSIONI
La gravidanza è da sempre un momento molto importante per il vissuto
di una donna, si accompagna ad attesa, responsabilità, cambiamenti
fisici ed estrema paura di non essere all’altezza di questo nuovo ruolo di
madre.
Scoprire una patologia neoplastica proprio in questo momento speciale
della propria vita è un fatto estremamente grave perché ha notevoli
ripercussioni non solo fisiche, ma anche psicologiche e relazionali. Nel
corso dell’intera gestazione l’ostetrica si pone come una professionista
vicino alla donna che rassicura, consiglia, aiuta anche nella importante
relazione con il medico. La diagnosi di neoplasia in gravidanza
rappresenta una sfida difficile per la donna, perché deve affrontare un
percorso terapeutico, temendo sempre per la propria vita e per quella del
bambino. L’ostetrica dovrà sostenere la donna in tutte le fasi,
considerando che la gestante attraversa un momento di confusione e
insicurezza durante il percorso nascita e nel post-parto. La professionista
dovrà apprendere le tecniche del counseling per essere in grado di
attuare oltre un sostegno psicologico un ruolo di intermediazione tra la
donna e il team.
L’ostetrica dovrà presidiare i momenti legati alle scelte diagnostiche
terapeutiche al fine di ottenere una maggiore compliance per
raggiungere il maggior benessere possibile per la donna e il bambino.
Essa deve essere in grado di conoscere i processi clinici, terapeutici e
strumentali che interessano sia la donna che il feto, per poter fornire una
informazione corretta e completa e per sostenere la scelta consapevole
della donna. Tutto ciò è possibile stando accanto alla donna e attraverso
il counseling. Con questa consapevolezza in particolare la coordinatrice
dovrà monitorare la formazione delle ostetriche sulle evidenze più recenti
in ambito tumore e gravidanza.
48
Sarà inoltre opportuno che si consideri come fabbisogno formativo
inespresso anche l’acquisizione di tecniche di counseling che potranno
divenire strumento di lavoro per le ostetriche che si relazionano con la
donna in un momento così diverso e unico che probabilmente cambierà
la donna stessa.
49
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- http://fnco.it, 02/01/2012 codice deontologico dell’ ostetrica
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11. RINGRAZIAMENTI
Un ringraziamento speciale va alla mia famiglia, a cui dedico la tesi, perché
mi hanno permesso di affrontare questo percorso. Mi hanno sempre
sostenuta e aiutata, soprattutto nei momenti difficili passati lontano da casa.
Riconosco che per loro, permettermi di studiare fuori casa nella cittadina di
Mantova, ha significato molti sacrifici. Per questo non potrò mai smettere di
ringraziarli, così come ringrazio i miei fratelli che non mi hanno mai lasciata
sola e hanno sempre ostentato l’orgoglio nei confronti della sorella studiosa.
Con il cuore in mano ringrazio Giulia Saccardo, la mia carissima amica
nonchè coinquilina mantovana per ben 2 anni : se non ci fosse stata lei non
sarei mai arrivata puntuale a lezione, non mi sarei ricordata di iscrivermi on-
line agli esami e non avrei avuto il materiale su cui studiare. Lei
diligentemente si è presa cura di me senza nemmeno accorgersene. Spero
che presto possa anche lei raggiungere il suo traguardo finale: è l’ostetrica
che vorrei assistesse al mio parto e sono certa che diventerà un’ostetrica
bravissima.
Ringrazio Armando Zamparelli che mi ha sopportato quando mi disperavo il
giorno prima di ogni esame, quando il giorno dopo non ero soddisfatta del
voto ricevuto o quando esultavo a squarcia gola per il bel risultato e quando
disperata piangevo per una “strigliata” ricevuta dalle tutor di tirocinio. Mi ha
sostenuta insieme a Giulia quando ho preso la forte decisone di chiedere
trasferimento a Milano. Non hanno pensato egoisticamente che me ne sarei
andata e avrei in qualche modo distrutto quell’equilibrio tanto voluto, hanno
pensato a ciò che faceva stare bene me. Sono stati la mia forza.
Un ringraziamento a tutti quegli amici che mi sono sempre stati vicini, che
hanno sempre trovato un attimo per me, per venire a trovarmi. E un grazie
alle mie amiche più intime che alle prese con la ricerca di una gravidanza,