UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE Sede … · “L’Espresso”, perlopiù a caccia degli...

572
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE Sede Amministrativa del Dottorato di Ricerca XXII CICLO DEL DOTTORATO DI RICERCA IN: SDiSU / Scuola Dottorale in Scienze Umanistiche Indirizzo Storico e Storico-artistico LA PAGINA D’ARTE DE “IL MONDO” DI MARIO PANNUNZIO (1949-1966) Settore scientifico disciplinare L–ART/03 DOTTORANDO COORDINATORE DEL COLLEGIO DOCENTI DI INDIRIZZO Lorenzo Nuovo Chiar.mo Prof. Giuseppe Trebbi (Università di Trieste) RELATORE Chiar.mo Prof. Massimo De Grassi (Università di Trieste) ANNO ACCADEMICO 2008/2009

Transcript of UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE Sede … · “L’Espresso”, perlopiù a caccia degli...

  • UNIVERSIT DEGLI STUDI DI TRIESTE Sede Amministrativa del Dottorato di Ricerca

    XXII CICLO DEL DOTTORATO DI RICERCA IN:

    SDiSU / Scuola Dottorale in Scienze Umanistiche Indirizzo Storico e Storico-artistico

    LA PAGINA DARTE DE IL MONDO DI MARIO PANNUNZIO (1949-1966)

    Settore scientifico disciplinare LART/03

    DOTTORANDO COORDINATORE DEL COLLEGIO DOCENTI

    DI INDIRIZZO Lorenzo Nuovo Chiar.mo Prof. Giuseppe Trebbi (Universit di Trieste) RELATORE Chiar.mo Prof. Massimo De Grassi (Universit di Trieste)

    ANNO ACCADEMICO 2008/2009

  • 3

    Sommario

    La pagina darte de Il Mondo di Mario Pannunzio (1949-1966) p. 5 Regesto degli scritti darte, architettura e urbanistica comparsi ne Il Mondo p. 47 Indice degli autori degli scritti darte, architettura e urbanistica comparsi ne Il Mondo p. 549 Bibliografia p. 565

  • 4

  • 5

    La pagina darte de Il Mondo di Mario Pannunzio (1949-1966)

    Lo stato degli studi

    Nel panorama degli studi di storia della critica figurativa del secondo dopoguerra, manca

    una disamina delle posizioni degli autori della pagina darte del periodico romano Il

    Mondo - in un primo tempo Settimanale di politica e letteratura, quindi, dal quarto

    numero del 1953, Settimanale politico, economico e letterario -. Studi - raccolte di

    documenti1, indagini sul rapporto tra arte e critica militante in Italia2 e affondi sulla

    trasformazione del vocabolario visivo tra anni Quaranta e Cinquanta3 - che, anche quando

    hanno centrato la propria attenzione su periodici o giornali non specialistici (a titolo

    esemplificativo, sulle pagine culturali de LUnit, di Rinascita, de LEuropeo, de

    LEspresso, perlopi a caccia degli articoli delle grandi firme: Mario De Micheli,

    Roberto Longhi, Francesco Arcangeli, Lionello Venturi4) hanno sempre finito per tenere

    fuori fuoco la definizione dei tratti propri della specola sulle arti costituita dal settimanale

    diretto da Mario Pannunzio.

    Nellambito degli studi che, a partire dallultimo anno della direzione pannunziana, hanno

    ricostruito le vicende de Il Mondo5, spazio preminente stato dato alle battaglie

    politiche, economiche e civili del settimanale e alla costituzione del gruppo tra anni Trenta

    1 Si rimanda, in particolare, a T. Sauvage [A. Schwarz], Pittura italiana del dopoguerra (1945-1957), Milano, Schwarz, 1957; G. Celant, L'inferno dell'arte italiana. Materiali 1946-1964, Genova, Costa & Nolan, 1990; P. Barocchi, Storia moderna dell'arte in Italia. Manifesti polemiche documenti, Vol. III, 2, Tra Neorealismo e anni novanta 1945-1990, Torino, Einaudi, 1992; L. Caramel, Arte in Italia 1945-1960, Milano, Vita e Pensiero, 1994. 2 F. Fergonzi, La critica militante, in La pittura in Italia. Il Novecento/2 (1945-1990), a cura di C. Pirovano, Milano, Electa, 1993, pp. 569 598. 3 Idem., Lessicalit visiva dellitaliano. La critica dellarte contemporanea 1945-1960, Pisa, Scuola Normale Superiore, 1996. 4 Si allude anche ad antologie di singoli scriventi, a titolo esemplificativo R. Longhi, Scritti sullOtto e Novecento 1929-1966, Firenze, Sansoni, 1984; F. Arcangeli, Dal Romanticismo allInformale, Vol. II, Il secondo dopoguerra, Torino, Einaudi, 1977. 5 I 18 anni de Il Mondo, Roma, Edizioni della Voce, 1966; P. Bonetti, Il Mondo 1949/66: ragione e illusione borghese, Roma-Bari, Laterza, 1975; P.F. Quaglieni, Il nostro debito col Mondo di Pannunzio, Firenze, Le Monnier, 1978; M. Del Bosco, I Radicali e Il Mondo, Torino, Eri, 1979; G. Spadolini, La stagione del Mondo 1949-1966, Milano, Longanesi, 1983; E. Scalfari, La sera andavamo in via Veneto. Storia di un gruppo dal Mondo alla Repubblica, Milano, Mondadori, 1986; Il Mondo. Indici analitici, con prefazione di G. Spadolini, Firenze, Passigli, 1987; V. Frosini, Il Mondo e leredit del Risorgimento, Catania, Bonanno, 1987; Pannunzio e il Mondo, a cura di M. Pegnaieff, A. Brandoni, G. Valentini, Torino, Meynier, 1988; M. Boneschi, Il Mondo e Pannunzio nei ricordi di un collaboratore, Milano, Cordani, 1989; Il Mondo. Antologia di una rivista scomoda, a cura di G. P. Carocci, Roma, Editori Riuniti, 1997. Nel quadro della vasta pubblicistica relativa al settimanale, lelenco presenta i testi considerati salienti; restano fuori, per esempio, alcune delle pressoch annuali pubblicazioni promosse dal Centro Pannunzio di Torino, che da circa quarantanni cura mostre e studi centrati sul periodico e sul suo fondatore.

  • 6

    e Quaranta. In questo contesto, per primo stato Tempi di ferro di Antonio Cardini6 ad

    avere ragionato sulle posizioni espresse dagli autori de Il Mondo in ambito culturale,

    offrendo un tentativo di inquadramento della prospettiva laica congiunta alla democrazia

    ed alla cultura neorealista7 che, per quasi un ventennio, aveva ispirato gli autori del

    periodico.

    Sempre trattate a parte e mai inserite in un discorso complessivo sulla rivista, le questioni

    della grafica (che, opera della matita di Mino Maccari ed Amerigo Bartoli, non poteva

    essere questione disgiunta dalla definizione delle posizioni del giornale in materia di arti

    visive) e della fotografia, oggetto rispettivamente di due mostre e di un volume firmato da

    Massimo Cutrupi nel 20058.

    Gli autori della pagina darte de Il Mondo tra politica e cultura

    L'analisi delle pagine culturali de Il Mondo dimostra l'insufficienza di un ragionamento

    costruito sulla base di una mera contestualizzazione degli scritti figurativi comparsi nel

    settimanale nel sistema delle arti e nel dibattito critico del secondo Novecento. Il Mondo,

    ha osservato Asor Rosa9, stato espressione di un clan, della lite raccoltasi a partire dagli

    anni Trenta attorno a Mario Pannunzio; un gruppo che, in alcuni dei suoi protagonisti (si

    citano, a titolo esemplificativo, Antonio Cederna, Alberto Arbasino, Nicola Chiaromonte)

    e in piena continuit politica e culturale, poi confluito nell'avventura de LEspresso di

    Benedetti e Scalfari. Su un ragionamento sempre agganciato alla logica del gruppo hanno

    insistito anche Scalfari, Cardini e, pi di recente, Teodori10, gli ultimi saldando questione

    politica ed economica a battaglie di cultura. Sulla costituzione del gruppo, insomma, vale

    la pena di indugiare, resistendo alla tentazione di una distinzione tra questioni prettamente

    6 A. Cardini, Tempi di ferro: Il Mondo e l'Italia del dopoguerra, Bologna, Il Mulino, 1992. 7 Ibid., p. 84. 8 Un Mondo di Maccari. Mostra delle vignette di Mino Maccari su Il Mondo di Pannunzio (1949/1966), Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, 18 novembre18 dicembre 1995, catalogo della mostra, a cura di C. Autilio, Torino 1995; Un Mondo di Bartoli: mostra delle vignette di Amerigo Bartoli su Il Mondo di Mario Pannunzio (1949/1966), Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, catalogo della mostra, a cura di M. Pegnaieff, Torino, 1997; M. Cutrupi, Il Mondo e la fotografia. Il fondo Pannunzio, Roma, Nuova Arnica, 2005. 9 Allinterno di Il giornalista: appunti sulla fisiologia di un mestiere difficile, in Storia d'Italia, Vol. 4, Intellettuali e potere, a cura di C. Vivanti, Torino, Einaudi, 1981, pp. 1225-1257, Asor Rosa attacca da sinistra la natura salottiera dellimpegno politico e civile degli autori del settimanale di Pannunzio; presenta, inoltre, un efficace raffronto tra Il Mondo e LEspresso di Benedetti. 10 Il riferimento corre ai gi citati volumi La sera andavamo in via Veneto... op. cit.; Tempi di ferro op. cit.; per quel che attiene a Massimo Teodori, si veda Storia dei laici nell'Italia clericale e comunista, Venezia, Marsilio, 2008, volume nel cui ambito si cerca di connettere le battaglie culturali animate dai redattori de Il Mondo con lattivit della Associazione Italiana per la Libert della Cultura.

  • 7

    storico-artistiche e culturali in senso generale, o addirittura tra scelte di campo in materia

    di arti visive e battaglie politiche e civili: sono gli stessi autori della pagina darte de Il

    Mondo ad indicare questa strada, in un dibattito che, negli anni dellimmediato

    dopoguerra, era giocoforza carico di ragioni ideologiche11.

    Servono appoggi ulteriori, aperture interdisciplinari, una ricostruzione di biografie e

    sodalizi umani, politici e culturali che affondano le loro radici negli anni compresi tra le

    due guerre e che permettono di fare luce sulle due componenti salienti del gruppo

    gravitante attorno a Pannunzio ed alla redazione de Il Mondo. Serbatoi di uomini e di

    idee, essenzialmente cultura di fronda per quel che attiene agli autori delle pagine culturali,

    intellettualit liberaldemocratica per quanto attiene alla definizione della rotta politica,

    economica e civile del settimanale.

    Per un periodico squisitamente romano come Il Mondo e per una figura come quella del

    suo direttore, la categoria della sociabilit assume un ruolo dirimente; prima che negli

    ambienti di via Veneto12, le tappe di costruzione del gruppo hanno visto molti dei suoi

    uomini transitare negli anni Trenta per luoghi eletti della cultura e della mondanit

    romana come il Caff Aragno, ambiente ripetutamente rimpianto sulle colonne del

    periodico, e simbolo di una Roma ancora immune dalla modernizzazione soprattutto

    urbanistica e tecnologica del secondo Novecento (oltre allo stesso Pannunzio, frequentatori

    assidui del Caff sono stati, per esempio, Amerigo Bartoli, Leonardo Sinisgalli; e ancora,

    rondisti quali Emilio Cecchi: sua moglie, Leonetta Pieraccini, collaboratrice assidua de

    Il Mondo13).

    Cultura di fronda, si scritto. Per quel che concerne la genealogia del gruppo del

    Mondo, documentato il passaggio al settimanale di molti intellettuali e critici prima

    11 Della preminenza di istanze politiche nelle schermaglie vive allinterno del dibattito visivo conscia, per esempio, Paola Barocchi: Tra Neorealismo ed anni Novanta, op. cit., pp. 5-7. 12 E. Scalfari, La sera andavamo in via Veneto... op. cit. 13 Questione a parte meriterebbero gli artisti che hanno frequentato abitualmente la terza saletta dellAragno; su tutti si fa menzione di Francalancia, emblema della nostalgica evocazione di luoghi, uomini e arte degli anni Trenta viva sulle colonne de Il Mondo tra anni Cinquanta e Sessanta. Sullimportanza dellAragno al di fuori della mera prospettiva della sociabilit, in un discorso che metta a fuoco gusti e poetiche maturate nellambito del circolo dei suoi avventori, qualche allusione in E. Crispolti, La pittura del primo Novecento a Roma (19001945), in La pittura in Italia. Il Novecento/1 (1900-1945), a cura di C. Pirovano, Milano, Electa, 1992, pp. 457566; unanalisi pi approfondita in G. Lupo, Poesia come pittura. De Libero e la cultura romana (1930-1940), Milano, Vita e Pensiero, 2002. Circa Francalancia e lAragno, come detto pi volte ricordati dagli autori delle pagine di cultura de Il Mondo, si rimanda per esempio ad A. Mezio, Francalancia, III, 14, 7 aprile 1951, p. 12; Idem, Un caff letterario, IX, 17, 23 aprile 1957, p. 13; Idem, I pittori romani della terza saletta, VIII, 29, 17 luglio 1956, p. 7; Idem, Le amicizie pericolose, IX, 28, 9 luglio 1957, p. 13; Idem, I pittori romani della terza saletta, VIII, 29, 17 luglio 1956, p. 7; Idem, Soffici al caff, XVI, 41, 13 ottobre 1964, p. 13; di Gino Visentini , invece, Le sirene del conformismo, IX, 2, 8 gennaio 1957, p. 13; allevocazione della Roma perduta sono dedicati anche lo scritto di Giancarlo Fontanesi Gli amici di Bartoli, XV, 23, 4 giugno 1963, p. 15; larticolo di Domenico Sforza La vita di caff, XVI, 52, 29 dicembre 1964, p. 5.

  • 8

    riuniti attorno alle redazioni dei giornali di Longanesi e Maccari (L'Italiano, Il

    Selvaggio); di Omnibus (giornale diretto dallo stesso Pannunzio e da Benedetti, che di

    Longanesi erano stati allievi, giornale che fece da collettore di molta della intellettualit

    italiana che, dalla fronda, nel secondo dopoguerra avrebbe cercato un riposizionamento

    culturale o anche solo lavorativo); di periodici culturali illustrati e tangenti al gusto della

    intellettualit romana connotata in arte da un gusto genericamente naturalista o, lato sensu,

    antimodernista, periodici quali Il Quadrivio o Il Tevere14. Chi segua, per esempio - e si

    cita senza porre distinzione tra disegnatori, redattori delle pagine di cultura e scrittori che

    per Il Mondo confezionarono racconti o, sulle medesime colonne, pubblicarono romanzi

    a puntate - le parabole intellettuali di Mino Maccari, Amerigo Bartoli, Giuseppe Riamondi,

    Alfredo Mezio, Giovanni Comisso, Vitaliano Brancati, Ennio Flaiano, Corrado Alvaro,

    afferra con esattezza la misura di una linea di continuit troppo spesso recisa nel contesto

    di periodizzazioni troppo rigide tra il giornalismo e la cultura, anche visiva - det

    fascista e di prima et repubblicana.

    Per chi si accinga a comprendere il posizionamento della rivista in seno alle principali

    diatribe culturali degli anni Cinquanta e Sessanta, importante, e lo si preciser in seguito,

    capire che cosa significhi il ponte gettato tra la Fronda e la redazione de Il Mondo

    attraverso lineludibile tramite di Oggi.

    Tale componente si innestata sullossatura portante de Il Mondo, i cui autori delle

    pagine politiche ed economiche, accomunati dalla militanza nei ranghi della sinistra

    liberale, erano transitati attraverso la tappa obbligata dellantifascismo spesso di segno

    azionista - e, in molti elementi, erano stati allievi di Benedetto Croce15. A tale costola

    liberale devono essere ascritti anche alcuni autori della pagina darte de Il Mondo: oltre a

    Lionello Venturi e Carlo Ludovico Ragghianti, di cui si dir in seguito, si possono fare

    almeno i nomi di Nicola Chiaromonte, Ignazio Silone, Roberto Pane, Nina Ruffini, Carlo

    Cordi, Angiolo Bandinelli.

    Ancora. Se si detto del debito contratto da Pannunzio nei confronti del giornalismo

    longanesiano debito esteso anche alluso della fotografia16 e dellesempio de Il

    Selvaggio di Mino Maccari, i cui disegni, assieme a quelli di Bartoli, hanno dato sugo

    anche alle battaglie di cultura e di costume de Il Mondo, qualche altra riga va spesa per

    14 La ricognizione sul giornalismo italiano del primo Novecento Giornalismo italiano, vol. II (1901 -1939), a cura di F. Contorbia, Milano, Mondadori, 2007, offre importanti riferimenti bibliografici, una breve storia delle principali riviste italiane ed un profilo degli uomini che le animarono. 15 Per le biografie ed i profili degli autori delle pagine politiche ed economiche de Il Mondo, si rimanda agli studi individuati nella nota numero 5. 16 M. Cutrupi, Il Mondo e la fotografia op. cit.

  • 9

    quello che stato indicato come il secondo corno del problema: la tradizione del

    giornalismo di impronta liberale. Il Mondo di Pannunzio riecheggia l'omonima testata

    fondata da Giovanni Amendola nel 1922 e soppressa nel 1926 dal regime fascista. Proprio

    in questo giornale, il 1 maggio del 1925 era comparso il Manifesto degli intellettuali

    antifascisti redatto da Benedetto Croce. Riconoscibile, inoltre, la continuit del giornale

    nei confronti della struttura e della direzione politica e culturale di riviste come

    Risorgimento Liberale (per lintervallo di tempo nel quale fu diretto da Pannunzio, 1943-

    1947), LEuropeo di Benedetti (1945-1954), Il Mondo di Bonsanti (1945-1946) -

    Bonsanti che fui poi autore del settimanale pannunziano - e con la poco indagata rivista

    Mercurio diretta da Alba de Cspedes che si era proposta, tra 1944 e 1948, la

    ricostruzione civile e morale del Paese facendo affidamento su molte delle penne poi

    transitate al settimanale di Pannunzio, tra cui vale la pena citare almeno Gorresio, Calogero

    e Garosci17.

    Nelle mani di Pannunzio, lestremista moderato, la contraddittoria sintesi tra cultura di

    fronda e universo liberaldemocratico.

    in Pannunzio, chiaro, la sintesi operata tra la cultura di fronda e lintellettualit

    liberaldemocratica. Cardini ha ragionato sul senso delloperazione messa in atto con la

    fondazione de Il Mondo, vale a dire la ricerca di un contenuto specifico da tutti

    riconosciuto da dare alla parola democrazia, su tutti i fronti: politico, storico,

    economico, letterario, ed anche artistico18. In ambito culturale, continua Cardini, tale

    contenuto si identificava nella esigenza del neorealismo19. Cardini che non sbaglia

    quando connota tale neorealismo come componente separata e distinta dalla

    propaganda20, negando, per quanto riguarda larte difesa dagli autori del settimanale, la

    priorit del contenuto e affermando lo aveva fatto pi volte, negli anni Quaranta,

    Ragghianti lindipendenza delle arti dalla comunicazione di messaggi politici; rivela, di

    contro, un eccesso di schematismo quando afferma lestraneit degli scritti di poetica di

    17 Della rivista sono stati pubblicati gli indici: E. Gurrieri, Indici di Mercurio (1944-1948), in Studi italiani, VI, 2, luglio-dicembre 1994; e in Letteratura, biografia e invenzione. Penna, Montale, Loria, Magris, e altri contemporanei, Firenze, Edizioni Polistampa, 2007, pp. 141-189. 18 Tempi di ferro op. cit, pp. 21-22. 19 Ibid., p. 31. 20 Ibid., p. 109.

  • 10

    Pannunzio e delle sue scelte editoriali rispetto alla cultura strapaesana, riconoscendo solo

    un generico debito nei confronti del magistero giornalistico di Leo Longanesi21.

    La questione va approfondita, o c il rischio che la stessa etichetta di neorealismo

    rimanga non solo una scatola vuota, ma generi errate sovrapposizioni con la letteratura

    della Resistenza o col realismo socialista, che gli autori de Il Mondo leggevano come

    realismo esteriore, segnato da indifferenza morale22.

    Il primo scatto, dobbligo, investe la figura stessa di Mario Pannunzio, il cui profilo

    stato tracciato da Cesare De Michelis nei primi anni Novanta23. Il profilo di un uomo che

    ha diretto giornali, si occupato di politica e storia ma, negli anni Trenta, stato anche

    scrittore, critico letterario e cinematografico, pittore; sulle colonne de Il Saggiatore,

    mensile fondato a Roma nel 1930, e su quelle del settimanale Oggi24, il cui primo

    numero del 21 maggio del 1933, ha preso posizione in alcune delle schermaglie culturali

    pi in voga, difendendo, per esempio, il genere del romanzo dal formalismo, dalla retorica

    neoclassica ed estetizzante di tanta della letteratura coeva. Il suo punto di vista stato

    giocoforza totale, ha investito la complessit degli aspetti umani, dalla politica alla cultura.

    il caso di lasciare a parte, qui, la questione dellevoluzione del pensiero politico e civile

    di Pannunzio, la cui azione e le cui intenzioni a partire dagli anni Trenta sono state mosse

    dalle pale dellantifascismo e del liberalismo, nodi indagati in tutta la letteratura dedicata a

    Il Mondo ed al suo fondatore. Si intende, piuttosto, scendere sul campo della

    determinazione del pensiero pannunziano in fatto darte e letteratura. Per capire come

    lingrediente della modernizzazione perseguita anche attraverso la cultura, individuato

    da Cardini come il punto di discrimine con la cultura strapaesana, non era tratto distintivo

    dei critici e degli scrittori che dagli anni Trenta avevano aderito al gruppo e, alla fine

    degli anni Quaranta, preso parte allavventura de Il Mondo.

    Pannunzio pittore, innanzitutto. Le testimonianze sono poche, ed ancora De Michelis cerca

    di sciogliere la matassa. De Michelis si sofferma su un ritratto [pannunziano] della

    sorella esposto alla prima Quadriennale (1931), sui Giocatori di tennis che risalgono a

    quegli stessi primissimi anni Trenta, sulla natura morta con Della imitazione di Cristo di

    Tommaso da Kempis e un violino; ne evidenzia lattenzione nei confronti degli esiti pi

    21 Ibid., pp. 33-34. 22 A. Mezio, La pittura sindacale, IV, 6, 9 febbraio 1952, p. 12. 23 M. Pannunzio, L'estremista moderato. La letteratura, il cinema, la politica, a cura di C. De Michelis, Venezia, Marsilio, 1993. 24 Alla rivista cui fatto riferimento si sarebbe ispirata lomonima testata fondata nel 1939 dallo stesso Pannunzio e da Benedetti, rivista cui si pi volte fatta menzione.

  • 11

    incisivamente realistici - non senza eco del realismo magico della scuola romana25. Alla

    Quadriennale, il ritratto della sorella di Pannunzio era stato esposto nella sala XXI A,

    assieme ad opere di Mafai, Donghi, Ziveri, Scipione, Ruggeri Quirino26; l accanto, nella

    sala XXI B, quadri di Francesco Trombadori e Francalancia, abituali frequentatori del

    Caff Aragno, nei cui locali Mario Pannunzio era presenza fissa.

    Nelle sue diverse declinazioni, si trattava di un campione credibile e rappresentativo della

    pittura romana tra le due guerre, dal Novecento capitolino al suo superamento in senso

    intimista, tonalista o espressionista27. A Roma si forma il gusto di Pannunzio, il cui

    neorealismo per dirla ancora con le parole di Cardini non poteva che essere declinato

    alla romana, con decise abluzioni nella cultura della Italia magica, pi che nelle direzioni

    dellespressionismo o del tonalismo. La stessa Roma che, e il messaggio era chiaro, nelle

    categorie formali del ritorno allordine e nella ricostituzione doggetto aveva trovato riparo

    dallavanguardismo e dallo sperimentalismo dei primi quindici anni del secolo. Nella terza

    saletta dellAragno sedevano, accanto al futuro direttore de Il Mondo, lanimatore di

    Valori plastici, Mario Broglio, rondisti come Cecchi, Cardarelli, Baldini, pittori come

    Francalancia, Ceracchini, Antonio Donghi: ne testimone il celebre dipinto Gli amici al

    Caff di Amerigo Bartoli, conservato presso la Galleria Nazionale dArte Moderna e

    Contemporanea.

    Realismo magico una parola chiave per inquadrare non solo le fonti visive e di cultura

    dellopera pittorica, ma anche il gusto di Pannunzio; accanto ad esso, cultura popolare ed

    arte degli ingenui: antiformalismo, insomma. Centrale, per esempio, tanto nellopera di

    Donghi, quanto in quella di Ceracchini28. Realismo s, ma solo se opposto ad astrazione, ad

    avanguardismo; su questa strada, Pannunzio non avrebbe potuto seguire la rotta intrapresa

    da un democratico come Lionello Venturi, tra anni Quaranta e Cinquanta sempre pi

    lontano dal sostegno ad unarte di rappresentazione, attivo nella ricerca di una via di

    neoimpressionismo liberato dalle gabbie picassiane, ed impegnato nel sostegno del lirismo

    delle soluzioni pittoriche degli astratto-concreti. Venturi, il professore dei Commentari,

    la cui indulgenza nei confronti del formalismo, gi presa di mira da Ragghianti negli anni

    25 M. Pannunzio, L'estremista moderato op. cit., pp. XIII-XIV. 26 Le informazioni sono desunte dal catalogo della Prima Quadriennale d'Arte Nazionale, Roma, Palazzo delle Esposizioni, gennaio giugno 1931, catalogo della mostra, Roma, Enzo Pinci, 1931. 27 Sulla pittura a Roma tra anni Venti e Trenta, si veda almeno Scuola romana. Artisti tra le due guerre, Milano, Palazzo Reale, 13 aprile-19 giugno 1988, catalogo della mostra, a cura di Valerio Rivosecchi, Milano, Mazzotta, 1988; E. Crispolti, La pittura del primo Novecento a Roma cit., pp. 457 566. 28 Le diverse tendenze della pittura romana, la predisposizione di artisti come Donghi e Ceracchini al recupero delle stampe di costumi romani dellOttocento e di cultura naf emergono anche nel saggio introduttivo e nel catalogo di Galleria Nazionale d'Arte Moderna. Le collezioni. Il XX secolo, a cura di Sandra Pinto, Milano, Electa, 2005.

  • 12

    tra le guerre, non poteva piacere nemmeno al gusto spiccio degli autori de Il Mondo, che

    in pi di unoccasione avevano puntato il dito contro il tono di raffinatezza che si

    respirava negli ambienti di una Torino era l che Venturi si era formato - citt che si

    gloria di essere pi parigina di Parigi29. Il direttore de Il Mondo, che aveva in mente di

    allestire una specola sulla arti che cercasse una acrobatica difesa di una figurazione al di

    fuori del contenutismo imposto dai corifei del realismo socialista, avrebbe affidato la

    rubrica darte contemporanea ad Alfredo Mezio30. La sfida, per lui, non concedeva che un

    ritorno al passato.

    Il discorso relativo alla letteratura non dissimile. La difesa pannunziana del genere del

    romanzo, di una letteratura di cose, era nata negli anni Trenta sulla scorta della necessit

    di reagire allintellettualismo ed al formalismo della prosa darte ed al neoclassicismo

    imperante in et fascista; tra anni Quaranta e Cinquanta, nel pieno dellaffermarsi dei

    valori della Resistenza e della letteratura neorealista, avrebbe dovuto affrontare il problema

    di sottrarsi allequazione antifascismo-comunismo, trovando uno spazio letterario che fosse

    allo stesso tempo distante dalle tentazioni neoavanguardiste.

    Lenigma presto sciolto. Pannunzio avrebbe dato campo, ne Il Mondo, a scrittori che lo

    avevano accompagnato fin dagli anni Trenta. Scrittori le cui opere sono connotate da

    sensualismo, da prosa di memoria, da deformazione ironica e grottesca della realt, da un

    gallismo tutto novecentesco: Brancati, Comisso, Flaiano. Discorso a parte meritano gli

    artisti del surrealismo italiano o, lezione preferibile, dellItalia magica. Artisti le cui

    pagine sono intrise di elementi di cultura vernacola alcuni avevano pubblicato brevi

    racconto ne Il Selvaggio di Maccari -, il cui profilo affatto estraneo alllitarismo e

    allintellettualismo dello stracittadino surrealismo francese: si fanno, per esempio, i nomi

    di Antonio Delfini (vicino a Pannunzio fin dai primi anni Trenta), Tommaso Landolfi,

    Enrico Morovich.

    Emblematica, nel panorama letterario italiano degli anni Cinquanta, la presa di posizione

    del pi assiduo tra i critici letterari de Il Mondo, Arnaldo Bocelli, sulla polemica

    sollevata attorno al Gattopardo di Tomasi di Lampedusa; opera, in tutta evidenza,

    collocata lungo una terza via tra avanguardismo ed engagement. Respingendo le critiche di

    conservatorismo o reazionarismo mosse al romanzo, Bocelli aveva salutato il

    29 A. Mezio, Il torinese ad Eboli, III, 16, 21 aprile 1951, p. 12. 30 Per un approfondimento sulla poco indagata figura di Alfredo Mezio, si rimanda ai suoi Scritti d'arte, a cura di C. Sofia, Siracusa, Ediprint, 1995.

  • 13

    Gattopardo come opera di primordine, di primaria importanza31, rigettando questioni

    di stile, sottigliezze accademiche o manipolazioni politico-ideologiche che avevano

    offuscato la vista di tanta parte della critica.

    Qui il senso della sintesi operata da Mario Pannunzio. Sintesi che era senso comune agli

    uomini del gruppo, se vero che, alla met degli anni Sessanta, Alfredo Todisco se la

    sarebbe presa con quanti, separando ci che Croce aveva unito, vale a dire forma e

    contenuto, avevano da un lato preso la via dellengagement, avevano cominciato a

    lavorare sul soggetto, dallaltro, in direzione opposta, ad indulgere al formalismo, allo

    strutturalismo32. Il credito concesso alle poetiche del realismo nelle arti e nella letteratura

    in unottica che, crocianamente, scivolasse via dai due estremi di formalismo e

    contenutismo33, di avanguardismo e realismo socialista allo scopo di marcare un

    contenuto specifico da tutti riconosciuto da dare alla parola democrazia, ha avuto un alto

    prezzo da pagare: il rifiuto della modernit, la ripulsa delle avanguardie, dellarte del

    Novecento. Significativo il giudizio che, nella seconda met del sesto decennio del secolo,

    Venturi avrebbe dato degli autori delle pagine darte de Il Mondo: codini, forcaioli,

    reazionari, difensori del latifondo34. La rotta modernista de Il Mondo non ha segnato

    che le battaglie politiche, economiche e civili.

    Croce e i crociani, Venturi e Ragghianti, ne Il Mondo: quale spazio per una critica di

    terza forza?

    Croce e la religione della libert. Croce e i crociani, innanzitutto, seguendo il

    ragionamento di Vittorio Stella, che ha messo la lente sulleco dellestetica crociana nel

    31 A. Bocelli, La coda del Gattopardo, XI, 46, 17 novembre 1959, p. 8. Sul caso Gattopardo vale la pena fermarsi, anche perch la discussione si era accesa anche sulle colonne de LEspresso. Emblematica lintervista di Nello Ajello a Giorgio Bassani pubblicata, appunto, da LEspresso il 12 aprile del 1964 (La dolce avanguardia; il testo antologizzato anche nel primo volume, 1955-1964, di LEspresso 50 anni, antologia a cura di Francesco Erbani, accompagnata dai testi introduttivi dello stesso Ajello, Roma, Gruppo Editoriale LEspresso, 2005, pp. 492-495): Bassani, in piena consonanza con Bocelli e in aperta polemica con le istanze neoavanguardiste del neonato Gruppo 63, definisce il romanzo di Tomasi di Lampedusa, che non era un professionista della letteratura ma un uomo che aveva da dire qualcosa di essenziale, di utile, un libro come lavrebbero sognato Croce o Gramsci, grande poema nazional-popolare. Tensione morale ed anti intellettualismo che, si scritto e si preciser in seguito, erano alla base dellidea di realismo in arte e in letteratura di Pannunzio e degli autori de Il Mondo. 32 A. Todisco, Tempi facili, XVI, 7, 18 febbraio 1964, p. 20. 33 Per un affondo sullimpronta lasciata dallEstetica crociana nella critica darte del Novecento, V. Stella, Il giudizio dellarte. La critica storico-estetica in Croce e nei crociani, Macerata, Quodlibet, 2005. 34 Le parole di Venturi, comparse ne LEspresso e riportate da Alfredo Mezio in Il new-look di Venturi, IX, 21, 21 maggio 1957, p. 13, erano state originate dai giudizi dello stesso Mezio a proposito del problema delle Gallerie dArte Moderna in Italia contenuti nellarticolo Le raccolte darte moderna, IX, 15, 9 aprile 1957, p. 13.

  • 14

    campo delle arti visive35. Il punto era stringente, per il gruppo riunitosi attorno a Mario

    Pannunzio ed alla redazione de Il Mondo. La fede nella religione della libert aveva

    implicazioni anche nel campo delle arti visive, ed avrebbe condizionato la rotta intrapresa

    dai collaboratori del giornale nel dibattito figurativo tra anni Cinquanta e Sessanta.

    Non si intende sopravvalutare limpatto del nume tutelare di Croce in seno alle posizioni

    espresse dagli autori delle pagine culturali de Il Mondo; tuttavia, non possibile

    sganciare con troppa superficialit le feroci polemiche antiastratte comparse nel

    settimanale e la linea antimodernista seguita dai suoi autori, dalla condanna del filosofo

    indirizzata allinfrenabile attivismo, allinfiacchita attitudine umana a trascendere in

    valore la pura vitalit, al narcisismo decadentistico, al sempre rinnovantesi imbarbarimento

    dellintelletto36 rilevati in tanta della cultura del Novecento, invischiata in perniciosi,

    elitaristi avanguardismi. Gruppi davanguardia letti come sistemi snobisticamente chiusi,

    compartimenti non comunicanti con lesterno, come ne Il Mondo aveva denunciato

    Alfredo Mezio: quando una civilt decade o si corrompe, quando unarte, una letteratura o

    una poesia diventano lesercizio di una casta chiusa, uno standard universale, come nel

    periodo alessandrino, larte ha finito di parlare37.

    Due sono le matasse da dipanare. Primo. Il costante riferimento dei redattori de Il Mondo

    agli uomini di punta delle truppe dellesercito crociano, Lionello Venturi e Carlo Ludovico

    Ragghianti: il primo, significativamente antifascista fin dal 1931, quando fu tra i pochi

    docenti universitari a rifiutarsi di prestare giuramento di fedelt al regime; il secondo,

    coinvolto nella lotta di liberazione nelle file degli azionisti e sottosegretario durante il

    governo Parri. Sono, tra quelli che hanno animato il dibattito critico nazionale tra fascismo

    e secondo dopoguerra, gli unici critici ad avere collaborato con continuit con Il Mondo,

    e, tuttavia, in piena consapevolezza delle posizioni difese dal settimanale diretto da

    Pannunzio, scrivendo molto poco a proposito di artisti e mostre darte contemporanea:

    Venturi, dopo un affondo su Michelangelo comparso ne Il Mondo a pochi mesi dal

    quarto centenario della pubblicazione delle Vite vasariane, avrebbe aperto una discussione

    sul nuovo allestimento degli Uffizi; difeso, in uno scritto del gennaio del 1953, gli acquisti

    operati per la Galleria dArte Moderna dallindebito attacco di alcuni senatori; infine

    pubblicato, tra 1954 e 1955, alcune memorie di un viaggio in India38. Di l a poco, avrebbe

    35 V. Stella, Il giudizio dellarte op. cit. 36 Ibid., p. 435. 37 A. Mezio, I cinesi in Arcadia, II, 17, 29 aprile 1950, p. 16. 38 Per gli articoli e le lettere di Venturi comparsi ne Il Mondo, Presenza di Michelangelo, III, 41, 13 ottobre 1951, p. 7; La rinascita degli Uffizi, IV, 21, 24 maggio 1952, p. 6; Larte moderna in Senato, V, 5, 31 gennaio 1953, p. 6; Le donne cantanti, VI, 52, 28 dicembre 1954, p. 7; I sesterzi e le sterline, VII, 1, 4

  • 15

    collaborato costantemente con LEspresso, dalle cui colonne avrebbe al fatto si gi

    fatto riferimento pi volte polemizzato con loltranzismo antimodernista degli autori

    della pagina di cultura del settimanale pannunziano. Tra Venturi, negli anni del secondo

    dopoguerra supporto critico degli artisti che si muovevano su una linea di impressionismo

    astratto spremuto dal formalismo neocubista - linea in cui stato riconosciuto

    lastrattismo ufficiale italiano per buona parte degli anni Cinquanta39 - e i critici de Il

    Mondo, lintesa sarebbe sempre stata difficile, arroccati comerano, questi ultimi, su

    posizioni di difesa a fil di spada di unarte di rappresentazione.

    Con Venturi, tuttavia, fino alla met degli anni Cinquanta, gli autori della pagina darte de

    Il Mondo avevano cercato di misurarsi, e liniziativa non aveva a che fare solo con il

    ruolo di modernizzatore che, a Roma, il critico aveva assunto a partire dal suo ritorno in

    Italia. Della questione si dir diffusamente pi in l. Qui serve dire che, ripulsa o meno

    dellarte astratta, non era semplice, per un autore de Il Mondo - giornale il cui

    orientamento, come detto, era dato dalla bussola crociana - sottrarsi al fascino esercitato da

    un critico dal 1950 membro della Associazione italiana per la Libert della Cultura;

    associazione che, ad apertura di decennio, pareva unipotesi concreta, in arte e letteratura,

    del costituirsi di un fronte anticomunista, della demarcazione di un perimetro entro il quale

    sarebbe stato possibile elaborare estetiche senza linvadenza del mondo della politica40.

    Prova della riverenza nei confronti del magistero leoventuriano e della cultura terzaforzista

    limpossibilit, da parte di Alfredo Mezio, critico darte de Il Mondo, di esimersi dal

    confronto con le iniziative proposte dallassociazione41.

    Diverso il discorso che vale per Ragghianti. Ragghianti, che negli anni Quaranta aveva

    insistito sulla autonomia morale, pi che formale, della migliore pittura italiana della

    prima met del secolo alla stregua di un modello da proseguire, senza rotture di sorta42;

    che si era dissociato dal clima trionfale nel quale, alla prima Biennale del secondo

    dopoguerra, nel 1948, erano state accolte le opere di Pablo Picasso43; che, in accordo con le

    coeve prese di posizione di Cesare Brandi, intento, questultimo, alla valorizzazione di una gennaio 1955, pp. 9-10; Artisti e decoratori, VII, 2, 11 gennaio 1955, pp. 9-10; Le Corbusier a Chandigarh, , VII, 3, 18 gennaio 1955, p. 11. 39 G. De Marchis, Larte in Italia dopo la seconda guerra mondiale, in Storia dellarte italiana, II, vol. 3, Il Novecento, Torino, Einaudi, 1982, p. 603. 40 Sulla associazione si veda Massimo Teodori, Storia dei laici op. cit., p. 136 e sgg. 41 In I giovani in famiglia, VII, 20, 17 maggio 1955, p. 11, Mezio riflette, a dire il vero in maniera poco convinta, sulla scorta di una perplessit da ricondurre ad una forte nostalgia di figurazione, a proposito della Mostra itinerante di Giovani Pittori aperta presso la Galleria nazionale darte moderna di Roma ed organizzata dai membri del Congresso per la Libert della Cultura. 42 F. Fergonzi, La critica militante cit., p. 571. 43 C. L. Ragghianti, Picasso e lastrattismo, Critica dArte, VIII, 2, fascicolo XXXVIII, 1 luglio 1949, pp. 161-167.

  • 16

    linea italiana che aveva avuto la propria culla nella metafisica44, aveva preso le difese della

    pittura di Giorgio Morandi e Ottone Rosai; che, infine, a met degli anni Cinquanta

    avrebbe recuperato, in una Italia che nel suo senso comune ancora iscriveva nel perimetro

    fascista tutta larte degli anni Venti e Trenta, le originali trovate visive di una rivista come

    Il Selvaggio di Mino Maccari45. Sono questioni dirimenti: buona parte degli uomini della

    redazione de Il Mondo, si visto, aveva attraversato la stagione di Strapaese o, per un

    fatto generazionale, si era formata nel clima culturale dellItalia degli anni Venti e Trenta.

    Alfredo Mezio, critico darte de Il Mondo, a citare esplicitamente Ragghianti. In uno

    scritto del giugno del 195146, Mezio si appoggia alla Miscellanea minore di critica darte

    (Bari, Laterza, 1946), recuperando lantiformalismo di Ragghianti in chiave antipicassiana.

    Di pi: il riferimento del critico de Il Mondo corre ad una pubblicazione della casa

    editrice Laterza, il sodalizio della quale con Benedetto Croce e con gli ambienti della

    sinistra democratica e del liberalismo italiano noto. Ancora: lanno successivo47, la

    redazione de Il Mondo saluta la comparsa nelle edicole del primo numero di SeleArte,

    pubblicazione divulgativa e popolare, ma che al tempo stesso ha il coraggio di

    proclamarsi non fatta per le masse. Il periodico, nato nel campo della terza forza e dal

    sodalizio Ragghianti-Olivetti, rappresentava, tra antiaccademismo, opposizione

    allisolamento intellettualistico di artisti e critici, volont di coniugare critica militante con

    affondi storico-critici sullarte medievale e moderna, un modello a cui guardare.

    Il legame Pannunzio-Ragghianti testimoniato anche dalla consistenza di missive di

    questultimo tra i materiali del Fondo Pannunzio conservato a Roma presso la Biblioteca

    della Camera dei Deputati48. Molto spesso, oggetto dello scambio epistolare sono problemi

    di storia centrale, la discussione sulla Resistenza e la sua eredit e politici; talvolta,

    sono messe sul tavolo questioni storico-artistiche. A segnare, appunto, la direzione che

    avrebbe dovuto prendere una critica darte di terza forza.

    Scrive per esempio Ragghianti, nel 1951: mi sono molto piaciuti gli articoli di Mezio

    sugli equivoci dolorosi ma, ahim, data limpostazione criticamente erronea della mostra,

    44 C. Brandi, Europeismo e autonomia di cultura nella moderna pittura italiana, Limmagine, ragionamento tripartito in I, n. 1, maggio 1947; I, n. 2, giugno 1947; I, n. 3, luglio-agosto 1947. 45 C. L. Ragghianti, Il Selvaggio di Mino Maccari, Venezia, Neri Pozza, 1955. Limpegno di Ragghianti in tale direzione testimoniato anche dalla mostra Arte moderna in Italia 1915-1935, aperta a Firenze, Palazzo Strozzi, tra il 26 febbraio e il 28 maggio del 1967 (per il catalogo della mostra, Firenze, Marchi e Bertolli, 1967). 46 A. Mezio, Goya in Corea o i massacri al Museo, III, 23, 9 giugno 1951, p. 12. 47 (n. f), Poltrona, IV, 39, 27 settembre 1952, p. 11. 48 Dei materiali del Fondo Pannunzio, nel 2003, stato pubblicato linventario: Inventario del Fondo Mario Pannunzio, a cura di L. Devoti, Roma, Camera dei Deputati, Quaderno dell'Archivio Storico n. 9.

  • 17

    inevitabili originati dallesposizione caravaggesca49. Il riferimento di Ragghianti corre

    alla sequenza di scritti50 di Alfredo Mezio centrati sulla grande retrospettiva di Caravaggio

    e dei caravaggeschi, curata da Roberto Longhi e aperta a Milano, a Palazzo Reale, nel

    1951. Il critico de Il Mondo aveva vigorosamente cercato di portare il confronto sui

    quadri esposti a Milano fuori dallangolo ideologico nel quale gli intellettuali dei due

    partiti di massa lo avevano trascinato: se i comunisti avevano letto Caravaggio come

    pittore proletario, popolare, progressivo, pittore del Terzo Stato, avevano fatto loro eco

    gli autori della rivista di Padre Gemelli, Vita e pensiero, che nel Merisi avevano

    riconosciuto un pittore semplice, umano, cristiano51.

    In Mezio, era evidente, i richiami a Ragghianti e a Croce avevano un significato non

    trascurabile: quello di lavare in acqua antitotalitaria, liberale gli equivoci di una

    formazione maturata nellambito dello squadrismo rurale de Il Selvaggio, eredit pi

    volte rivendicata, pur in espliciti distinguo tra cultura e politica52; di prendere, inoltre, le

    distanze dagli imbarazzanti orientamenti di riviste cui aveva collaborato, a partire dai

    giornali del fascistissimo Telesio Interlandi, le cui battaglie avevano preso una direzione

    indifendibile soprattutto a seguito della promulgazione delle leggi razziali53.

    Da qui, scelte di campo esplicite, sulla scorta della consapevolezza di essere uomini di

    terza forza, oltre che scriventi darte e letteratura. Nella menzionata polemica nata a

    margine della mostra caravaggesca, emblematica la trovata con la quale Mezio conclude

    lattacco alle truppe del realismo socialista, che avevano individuato in Caravaggio il

    campione della democrazia popolare: popolo, scrive il critico de Il Mondo, termine

    49 Per la lettera dattiloscritta di Ragghianti a Pannunzio, Bellavalle, 25 agosto 1951, si veda Roma, Archivio della Camera dei Deputati, Fondo Pannunzio, Sezione 1, Attivit professionale, Serie 008 (Corrispondenza 1926-1966), Busta 13, 0006 (74), Corrispondenza 1951, 15-01-1951/25-12-1951. 50 La sequenza di articoli, aperta da Caravaggio milanese, III, 26, 30 giugno 1951, p. 12, composta da Locchio del cavallo, III, 28, 14 luglio 1951, p. 12; Anacleto il caravaggista, III, 30, 28 luglio 1951, p. 12; Popolo e populisti, III, 33, 18 agosto 1951, p. 11; No parking, III, 34, 25 agosto 1951, p. 12. 51 A. Mezio, Anacleto il caravaggista, cit. Il dibattito su Caravaggio aveva assunto i toni di un confronto sullarte contemporanea, di una discussione sul rapporto tra arte o, in senso generale, cultura, e politica. Mezio sarebbe ritornato, negli anni, a ribadire lautonomia dellarte da condizionamenti esterni, a rivendicare lautonomia morale, prima ancora che formale, degli artisti. Si veda, in tal senso, Zigaina e il realismo, IV, 4, 26 gennaio 1952, p. 12; La pittura sindacale, IV, 6, 9 febbraio 1952, p. 12. Denunce dellabbraccio letale sferrato dalla politica ai danni dellarte e della letteratura sono comparsi anche nella pagina politica del Taccuino: per quello che riguarda gli anni in cui il dibattito era pi vivo, tra la fine degli anni Quaranta ed i primi anni Cinquanta, si veda a titolo esemplificativo Seni astratti, in Archivio, II, 32, 12 agosto 1950, p. 4; Peli e corna, V, 2, 10 gennaio 1953, p. 2; Pompiere maggiore, V, 10, 7 marzo 1953, p. 2; Gli autocritici del chiaroscuro, V, 20, 16 maggio 1953, p. 2. 52 A. Mezio, Il buon selvaggio di Colle Val d'Elsa, XV, 22, 28 maggio 1963, p. 15. 53 Sulle campagne di stampa a difesa della razza, si vedano i contributi di Anne-Marie Matard-Bonucci, per esempio il recente LItalia fascista e la persecuzione degli ebrei, Bologna, Il Mulino, 2008.

  • 18

    piccolo-borghese, una parola che non esiste nel vocabolario comunista; per i

    comunisti esiste la classe, ed strano che debbano essere dei liberali a puntualizzarlo54.

    Su questa linea deve essere inserito lomaggio di Alfredo Mezio a Benedetto Croce in

    occasione dellottantatreesimo compleanno del filosofo55. Soprattutto, in questa chiave

    deve essere letto il tentativo di ascrivere i pittori del gruppo degli Otto, presentati alla

    XXVI Biennale veneziana da Lionello Venturi, ad una terza forza non solo visiva,

    alternativa da un lato al realismo socialista (ed al suo contenutismo discendente

    dallobbedienza ai dettami dello zdanovismo), dallaltro al fronte concreto o geometrico, al

    nuovo accademismo dei pittori dellastrazione, col loro ascetismo formale e le loro

    nostalgie platonizzanti56. Non si esauriva, chiaro, sulle colonne de Il Mondo il

    tentativo degli uomini di terza forza di compattarsi su comuni posizioni culturali. Lo

    testimoniano iniziative quali il convegno organizzato nel 1955 dalla rivista Criterio, tra i

    cui direttori cera lo stesso Ragghianti, sul tema Libert e Societ; convegno nel cui

    contesto erano stati ribaditi alcuni cardini sui quali avrebbe ruotato la ricerca degli

    intellettuali liberaldemocratici: libert, misura umana, senso societario,

    antidogmatismo57.

    Nella direzione di un ostinato antimodernismo: la polemica antiastratta

    Stupisce trovare, ne Il Mondo, due scritti di Piero Dorazio, comparsi nel settimanale tra

    ottobre e novembre del 1949, mesi nei quali la rubrica darte contemporanea non era

    ancora stata affidata da Pannunzio ad Alfredo Mezio: i due scritti in questione sono Arte

    degenerata in vetrina58 e Pittori sullattenti59. Dorazio interviene su temi inseriti a pieno

    titolo nel solco scavato dal direttore per le pagine culturali del settimanale: dalla rinnovata

    libert della cultura che si respirava in Germania occidentale, nazione in quegli anni attenta

    a ritessere i fili della cultura recisi dalla violenza del totalitarismo e della condanna nazista

    allarte degenerata, alla polemica con il contenutismo dellarte gravitante in orbita 54 A. Mezio, Popolo e populisti, cit. 55 Il riferimento corre al telegramma inviato a Croce il 24 febbraio del 1949 dal direttore e da alcuni redattori de Il Mondo; a tal proposito si veda il Carteggio CrocePannunzio 19451952, a cura di P. F. Quaglieni, L. Cavallo, Torino, Centro Pannunzio, 1998, p. 15. Come osservano i curatori del volume, il fatto che Alfredo Mezio abbia apposto la propria firma non per nulla scontato: il telegramma firmato da alcuni esponenti significativi del settimanale, ma non da tutti: singolare che non compaiano le firme, ad esempio, di Nicol Carandini e di Leone Cattani. 56 A. Mezio, I pittori della terza forza, IV, 48, 29 novembre 1952, p. 12. 57 In Libert e societ (Taccuino), IX, 50, 10 dicembre 1957, p. 2, gli autori della pagina politica de Il Mondo analizzano alcuni dei temi dibattuti al convegno. 58 I, 34, 8 ottobre 1949, p. 9. 59 I, 38, 5 novembre 1949, p. 9.

  • 19

    comunista, emblema della quale era diventato, nel discorso di Dorazio, un quadro

    raffigurante un comizio con molte bandiere ad opera di Giulio Turcato.

    Chiamare in causa Dorazio, uno dei firmatari del Manifesto di Forma (1947) significava,

    per Pannunzio, che pure non intendeva indulgere alle nuove ricerche sviluppate in

    ambiente romano fuori dei confini della rappresentazione, mettere benzina sul fuoco della

    polemica con gli artisti del Fronte nuovo delle arti, incatenati in pregiudizi ideologici

    derivanti dalla presenza incombente del partito; dare spazio, inoltre, ad un artista che si

    dichiarava insieme marxista, formalista e fautore della libera creazione darte60, aveva il

    preciso significato di mettere in un angolo quanti, sulla scorta dei dettami impartiti da

    Zdanov, sostenevano la necessit del realismo sociale nelle arti e la equazione marxismo-

    contenutismo.

    Del dibattito critico contemporaneo e prima dellassunzione del ruolo di giudice delle arti

    da parte di Alfredo Mezio, ne Il Mondo non resta altro che alcune prese di posizione

    firmate da pi di un autore perlopi scriventi non specialisti, tra cui si segnala Riccardo

    Bacchelli61 contro il camaleontismo e lopportunismo di Pablo Picasso, attorno alla

    figura del quale, in Italia, tra la Biennale del 1948 e le mostre milanese e romana del 1953,

    era venuto articolandosi molto del dibattito critico62.

    Il debutto di Mezio, che avrebbe rivestito il ruolo di critico darte lungo tutti i diciotto anni

    della direzione di Pannunzio, col botto. Un attacco al cuore dellarte non formale.

    Bersaglio, le opere della svolta astrattista di Capogrossi esposte alla Galleria del Secolo di

    Roma nel gennaio del 195063; Mezio o non Mezio, la mostra aveva fatto scandalo, spezzato

    il fronte della critica. Nessuna indulgenza nei confronti dellarte segnica di Capogrossi.

    Mezio si chiede che cosa possa ripromettersi Capogrossi dalluso di questo cifrario;

    Capogrossi che voleva collocare la propria ricerca decisamente fuori della pittura, in

    direzione di una specie di scrittura ideografica, a fondo liturgico. Non bastava, continua

    il critico, adottare il linguaggio dei primitivi, perch non si diventa barbari per

    ragionamento. La rinuncia alla civilt, maledizione di tanti artisti moderni, non che il

    frutto di sovrappeso di cultura e raffinatezza: il cifrario copto di Capogrossi una

    chiave che apre nel vuoto, e manca di verit.

    60 Il manifesto di Forma, antologizzato anche nella citata Pittura italiana del dopoguerra di Sauvage (p. 248 e sgg.), pubblicato inoltre da Paola Barocchi in Tra Neorealismo ed anni Novanta op. cit., pp. 65-67. 61 R. Bacchelli, Picasso despota e tiranno, I, 17, 11 giugno 1949, p. 9. 62 Sulla questione del successo picassiano tra anni Trenta e Cinquanta e sul dibattito critico a proposito dellartista spagnolo, si veda Picasso 1937-1953. Gli anni dellapogeo in Italia, Roma, Galleria nazionale darte moderna, 12 dicembre 1998-15 marzo 1998, catalogo della mostra, a cura di B. Mantura, A. Mattirolo, A. Villari, Torino, Allemandi, 1998. 63 A. Mezio, Tam-tam, II, 6, 11 febbraio 1950, p. 16.

  • 20

    Alla condanna della virata non figurativa di Capogrossi in concomitanza con la chiusura

    del quinto decennio del Novecento va collegata, logicamente, la stroncatura della direzione

    intrapresa dalla ricerca pittorica di Cagli nello stesso torno di tempo. Cagli che aveva

    presentato la mostra di Capogrossi al Secolo e che, intenzionato a posizionare la pittura

    nel regno delle idee pure, della geometria e della matematica, aveva finito per dare vita

    ad unopera quasi sempre stanca e avara64.

    Spazio privilegiato per il confronto sulle ultime ricerche pittoriche, naturalmente, quello

    aperto dalle proposte visive della Biennale di Venezia. A partire dalledizione del 1950.

    Nel contesto di questa esposizione, Mezio si misura soprattutto con il Padiglione del

    Messico65, i cui protagonisti esponevano per la prima volta in Europa. Il critico imposta

    un confronto tra le opere dei centroamericani e quelle di Kandinsky, Arp, Zadkine,

    Laurens: di qua c la pittura non figurativa fatta di circoli, di rombi, di linee, di segmenti

    colorati; dallaltra parte, invece, una pittura urlante e didattica, piena di fatti,

    terribilmente polemica, ma spesso anche poetica e commovente. Tributo che risentiva

    ancora del clima di liberatorio mondialismo respirato alla prima Biennale del secondo

    dopoguerra, evento attraverso il quale lItalia, dopo anni di retorica neoclassica e di algidi,

    scenografici marmi fascisti aveva finalmente aperto le porte allarte moderna europea e

    americana.

    Altrettanto scontata, nellambito di una disamina alla retrospettiva del futurismo italiano66,

    retrospettiva sulla quale, quellanno, aveva puntato forte Roberto Longhi, la condanna nei

    confronti dellantistoricismo avanguardista. Tutti i suoi protagonisti inclusi, meno Carlo

    Carr e Ardengo Soffici. Su questultimo, Mezio, in consonanza con gli scritti di

    Ragghianti e Brandi gi citati67, scrive righe chiarificatrici, ampliando il discorso alla

    rivoluzione operata da Czanne in Toscana, rivoluzione che arriva alle copertine

    delleditore Vallecchi, alla sigla editoriale della Voce, disegnata nel pi puro stile

    czanniano, da Strapaese fino a Rosai. Strapaese, si noti. E Toscana rurale.

    Concludono la corrispondenza da Venezia gli omaggi ad Ensor68 ed al Doganiere

    Rousseau69, presenti rispettivamente con ventisei e ventinove opere nel padiglione Belga e

    64 A. Mezio, La pittura e i teologi, II, 19, 13 maggio 1950, p. 16. 65 A. Mezio, I messicani avanzano, II, 25, 24 giugno 1950, p. 16. 66 I Futuristi al Museo, II, 26, 1 luglio 1950, p. 7; la condanna espressa nei confronti dellantistoricismo delle avanguardie sarebbe stata una costante sulle colonne de Il Mondo, ribadita tanto negli scritti di critica darte quanto nel contesto di recensioni a volumi o di discussioni culturali generali; si veda, per esempio, L. Cammarano, Dopo l'avanguardia, XVI, 15, 14 aprile 1964, pp. 11-12. 67 Si rimanda alle indicazioni bibliografiche di nota 43, 44 e 45. 68 A. Mezio, Il mago di Ostenda, II, 41, 14 ottobre 1950, p. 16. 69 A. Mezio, Doganiere senza dogana, II, 42, 21 ottobre 1950, p. 15.

  • 21

    in Sala LVII70; un tiepido giudizio sulle opere di Picasso esposte nella sala riservata ai

    cubisti71; soprattutto, la condanna senza appello dellarte astratta americana72, in un

    ragionamento che tiene assieme le opere esposte a Venezia (tra le altre, tre Pollock, cinque

    Gorky, quattro de Kooning) ed una riflessione generale sulle esposizioni aperte in quei

    mesi nelle maggiori gallerie romane: larte astratta, scrive il critico, non ha prodotto

    niente di nuovo; a dimostrarlo, il padiglione americano alla venticinquesima Biennale,

    padiglione che dava limpressione di aver visto una lunga carta da parato e senza poter

    ricordare un solo quadro n il nome di un artista. Come potr concludersi questo furore

    per lo spirito di geometria e per lo spirito di astrazione, conclude Mezio, il furore di

    questi artisti che vogliono ricostruire un mondo di forme nuove, senza rapporto con la

    logica, con la realt e con San Tommaso, difficile dire.

    Lo spazio dedicato alle ricerche degli artisti astratti italiani alla XXVI Biennale veneziana

    si limita al citato I pittori della terza forza73, probabilmente il pi sincero tentativo di

    Mezio e della redazione de Il Mondo di accostarsi al romanticismo venturiano, di

    compattare il fronte critico di area liberaldemocratica sullimpressionismo non figurativo

    degli artisti del Gruppo degli Otto alla ricerca di una via italiana allastrazione. Mezio

    mette la lente su Vedova, che insiste in una specie di stenografia emotiva, alla Hartung;

    Afro, che, formatosi sulla cifra del neocubismo, ne offe una riduzione prospettica di

    forma-colore, analoga alla riduzione che Piero della Francesca fa di Masaccio; Birolli, che

    dopo di aver bevuto fino alla feccia alla coppa del manierismo picassiano, si prova a

    rivomitarlo nel tentativo di riprendere possesso del mondo obiettivo; Santomaso, il quale,

    mai allontanatosi da questa obiettivit, ne propone una interpretazione muscolosamente

    decorativa alla Lger; Corpora e Turcato, le cui opere erano risolte in una specie di

    compromesso lirico tra forme astratte e immagini naturali. Il boccone amaro, per Mezio,

    che tuttavia si accontenta di andare gi duro solo su Birolli. I successivi giudizi sugli Otto

    non avrebbero, nel tempo, mantenuto tale equilibrio; a cominciare da quelli appuntati a

    70 Informazioni su sale ed artisti sono ricavate dal catalogo dellesposizione internazionale: XXV Biennale di Venezia, catalogo, Venezia, Alfieri, 1950. 71 A. Mezio, Picasso 1907, II, 43, 20 ottobre 1950, p. 15. 72 A. Mezio, Abstract american, II, 52, 30 dicembre 1950, p. 16. Nellarticolo, in nuce, compaiono i fondamenti della distinzione tra astratto lirico, romantico e fronte concreto, geometrico operata, non senza difficolt, nellarticolo Figurativi e concreti, III, 15, 14 aprile 1951, p. 12. 73 Cfr. nota 56. Sulla XXVI esposizione internazionale veneziana, in precedenza, si segnalano i soli scritti in merito alla retrospettiva dedicata allespressionismo ed alle trenta opere di Corot: A. Mezio, Lespressionismo e gli zoccoli, IV, 40, 4 ottobre 1952, p. 12; A. Mezio, Corot uno e due, IV, 41, 11 ottobre 1952, p. 12.

  • 22

    proposito dellopera di Emilio Vedova, lanno seguente definito pittore-petardo che non

    esita a considerarsi della famiglia dei grandi sovversivi74.

    Da qui ai testi centrati sulla Biennale del 1954, non cambia molto. Appaiate, corrono

    dichiarazioni generali di ostilit al modaiolo abbandono della figurazione ed una ulteriore,

    cauta apertura nei confronti dellespressionismo astratto e del linguaggio lirico

    dellimpressionismo non oggettivo75. Nello specifico. Nel primo scritto sulla XXVIII

    esposizione internazionale76, un nuovo manifesto antiastratto: inutile cercare ai Giardini

    le inflessioni personali, le caratteristiche locali che facevano delle vecchie Biennali un

    viaggio a sorpresa attraverso tutte le variet del mondo. Lastrattismo, infatti, assorbe

    tutto, il folklore e lartigianato, e propone linventario di una realt fatta di strutture, di

    fermenti elementari, di ovuli. Operazioni di cultura e, soprattutto, mercato la cui carta

    finale sono i fogli dellarchitetto Fontana, bucherellati come un colabrodo77, e le ovaie

    surrealiste e i glomeri giganti di Arp, che presentano il paradosso sconcertante di una

    speculazione difficile, ermetica, di lite, che diventa larte dei Ministeri e dei Musei.

    Quindi, Mezio effettua una doverosa ricognizione sul fronte inquieto degli artisti che

    avevano abbandonato la rappresentazione78: dai semifigurativi Paulucci, Santomaso e

    Birolli, ad astrattisti a tendenza espressionistica come lamericano Kooning o di accento

    divisionista come Corpora; da romantici come Vedova, a poetici inventori di favole

    grafiche come Klee, Mir o Capogrossi. Se non tutti i prodotti di questa formula

    rientrano nellambito della creazione artistica, Mezio individua, in chiave antiaccademica,

    come nella oscillazione tra tecnica e intuizione, sta forse la parte pi viva e fremente

    dellesercizio astratto, e una sorta di promessa di libert.

    Da l, sulle Biennali, il silenzio pi assordante. Nessuno scritto, se non feroci stroncature,

    sulle pagine de Il Mondo. O, in un dialogo sempre pi difficile con le proposte visive e

    con il linguaggio della critica contemporanea, polemiche contro il sistema delle arti in

    Italia, contro il controllo statale sulla cultura, contro la mancanza di trasparenza nei criteri

    con cui erano assegnati spazi espositivi e premi. Nelle discussioni sul sistema delle arti in

    74 A. Mezio, I laureati di Bari, V, 25, 20 giugno 1953, p, 12. 75 Della ripulsa delle soluzioni dei concreti o geometrici prova anche A. Mezio, LO di Mondrian, IX, 14, 2 aprile 1957, p. 13. 76 A. Mezio, Come soffia il vento, VI, 27, 6 luglio 1954, p. 11. 77 Ferocemente critico nei confronti di Lucio Fontana e dello spazialismo anche Lanacoreta in Arcadia, VI, 46, 16 novembre 1954, p. 11. 78 A. Mezio, Astrattisti e concreti, VI, 44, 2 novembre 1954, p. 12; ragionamento sulle ultime ricerche pittoriche anche lo scritto, di poco successivo, Lepoca astratta, VII, 4, 25 gennaio 1955, p. 11.

  • 23

    Italia, la Biennale era il bersaglio privilegiato da parte degli autori de Il Mondo79. Da l,

    tuttavia, la polemica scivolava fino ad abbracciare anche il contesto romano80 nel quale, a

    partire dalla met degli anni Quaranta, era Palma Bucarelli, direttrice della Galleria darte

    moderna, la figura di riferimento, alfiere di un modernismo che, nelle sale del Museo e

    attraverso esposizioni temporanee ed acquisti, procedeva lungo il corrimano sicuro delle

    estetiche di Lionello Venturi e Giulio Carlo Argan81.

    Negli anni in cui il dibattito critico era imperniato sulla contrapposizione tra realismo ed

    astrazione, gli autori de Il Mondo propendono risolutamente per la prima opzione.

    Oltre la polemica tra astrattismo e realismo. Su Dubuffet, Burri e Pollock, prevale una

    lettura arcangeliana.

    Si scritto: il rifiuto, da parte degli autori della pagina darte de Il Mondo, di

    confrontarsi con le proposte artistiche contemporanee, esemplificato dalla freddezza con

    la quale essi si sono rapportati, a partire dalla met degli anni Cinquanta, alle opere esposte

    nelle sale delle Biennali di Venezia. Decise stroncature anche da parte di scriventi non

    specialisti82 hanno fatto il paio con lassordante silenzio del critico ufficiale del periodico,

    Alfredo Mezio. C, qui, la necessit di storicizzare, di fare il punto sulla trasformazione in

    atto nelle arti nella seconda met del decennio. Perch una svolta c stata, ed necessario

    riconoscere labbandono del tavolo di discussione da parte degli autori de Il Mondo alla

    stregua di una reazione a tali mutamenti. Lastrattismo italiano andava sempre pi

    internazionalizzandosi, aprendo le porte alle pi avanzate ricerche europee ed americane ed

    accogliendo suggestioni materiche e gestuali, fatto che non pu, logicamente, essere

    sganciato da un ricambio generazionale, dallentrata in scena di artisti nati negli anni

    Trenta (Manzoni, Lo Savio, Castellani, Schifano, Kounellis). Il tempo della svolta in corso

    79 A. Mezio, La cultura del Bonaventura, IX, 41, 8 ottobre 1957, p. 13; idem, La crisi della Biennale, IX, 43, 22 ottobre 1957, p. 13; A. Bandinelli, Una Biennale a zero, X, 45, 11 novembre 1958, p. 13; U. Facco de Lagarda, Linaugurazione, XII, 27, 5 luglio 1960, p. 7; G. Visentini, Macchina indietro, XIV, 36, 4 settembre 1962, pp. 15-16. 80 Scoraggiare le arti, IX, 13, 26 marzo 1957, p. 13. Impossibile, per Mezio, non misurarsi con le iniziative della Gnam; esemplificativo, in tal senso, lo scritto di disamina alla esposizione della collezione Cavellini: La collezione Cavellini, IX, 44, 29 ottobre 1957, p. 13. A ci si aggiunga lattenzione costante nei confronti delle pubblicazioni di Palma, della quale, a titolo esemplificativo, il critico de Il Mondo menziona (in Lastrattismo climaterico, XII, 30, 26 luglio 1960, p. 13) il bellissimo volume su Fautrier (Milano, Il Saggiatore, 1960), significativamente citato assieme a quello di Lionello Venturi su Spazzapan (Roma, De Luca, 1960). 81 Sulla attivit della Gnam negli anni della direzione di Palma Bucarelli, si veda almeno il recente Palma Bucarelli. Il Museo come Avanguardia, Roma, Galleria Nazionale dArte Moderna, 26 giugno-1 novembre 2009, catalogo della mostra, a cura di M. Margozzi, Milano, Electa, 2009. 82 Per i riferimenti, si rimanda a nota 79.

  • 24

    nelle arti visive scandito dallimpatto che su artisti, critici e opinione pubblica avevano

    avuto alcune esposizioni (nellampio spettro dei riferimenti possibili, si metta la lente per

    esempio sulle opere degli americani alla Biennale del 1956, sulle iniziative prese tra 1957 e

    1958 dalla Rome-New York Art Foundation, sulla mostra romana di Pollock del marzo del

    1958), e accompagnato dalla rivoluzione in atto nella critica: oltre ad un cambio

    generazionale, si attesta in questo ambito anche una rivoluzione del vocabolario, fino ad

    allora vincolato al lessico della pura visibilit, ed un ripensamento dello stesso ruolo della

    critica, un necessario riposizionamento rispetto ad artisti ed opere della contemporaneit83.

    Per quanto riguarda la pagina darte de Il Mondo, si attestano alcune significative virate.

    In primis, la scesa in campo di scriventi pi giovani, su tutti Paolo Barozzi e Alberto

    Arbasino84. Il primo, che comincia la propria breve collaborazione nel settembre del 1962

    tracciando, e la cosa non sorprende, il profilo di Peggy Guggenheim85. Tra arte e

    mondanit, a dimostrazione di un rapporto sempre pi stretto tra ambiente artistico italiano

    e americano a partire dai secondi anni Cinquanta, Barozzi prosegue mettendo la lente sulle

    novit recepite negli Stati Uniti, tra happening86 e pop art; conclude la propria parentesi

    con un ragionamento sullarte di Francis Bacon, incontrato a Londra, e con una analisi

    delle ultime novit provenienti dal fronte delloptical87. Aggiornamenti necessari, per i

    lettori di un periodico romano come Il Mondo, specie per quel che concerne la pop art,

    le cui propaggini in Italia hanno avuto perlopi i confini geografici e culturali della

    capitale.

    Se Barozzi si muoveva tra arte e mondanit, la questione ancora pi stringente per

    Alberto Arbasino. Molti i suoi articoli comparsi ne Il Mondo; articoli nei quali

    suggestioni storico-artistiche sono mescolate a critica letteraria e teatrale, sulla scorta di un

    antispecialismo che, in ambito romano e come ha sottolineato Costantino88, autore, sulle

    colonne del periodico, della cronaca sportiva, aveva avuto il clamoroso antecedente del

    dAnnunzio cronista mondano degli anni Ottanta dellOttocento.

    83 Sulle trasformazioni in atto negli anni Cinquanta per quel che concerne la critica darte in Italia, si veda F. Fergonzi, Lessicalit visiva dellitaliano op. cit. 84 Un caso che merita attenzione quello di Eugenio Battisti che, prima della stagione di Marcatr, assiduo collaboratore de Il Mondo; tuttavia, occupandosi perlopi di arte moderna e di problemi di estetica, da lasciare fuori da una discussione che, come questa, orientata alla disamina delle posizioni del periodico in materia di arte contemporanea. 85 Peggy e Pollock, XIV, 38, 18 settembre 1962, p. 16. 86 Gli happenings, XIV, 45, 6 novembre 1962, p. 16. Su temi analoghi, qualche anno dopo anche Matteo Campanari, Locchiale, XVII, 33, 17 agosto 1965, p. 13. 87 Op e pop, XVII, 14, 6 aprile 1965, p. 13. 88 Per quanto concerne laccostamento tra Arbasino e dAnnunzio operato da Costantino, si rimanda allo scritto Centrattacco in fuga, comparso ne Il Mondo del 19 maggio 1964 (XVI, 20).

  • 25

    Sul pedale dellantispecialismo il caso di spingere ancora. Perch il progetto culturale di

    Pannunzio e degli uomini del gruppo de Il Mondo si dispiegato sulla totalit della

    scena culturale. Alla questione si gi fatto riferimento qui sopra: sugli stessi presupposti

    ragionavano critici darte e letterari, teatrali e musicali. Battaglie contro lirrazionalismo e

    lantistoricismo delle avanguardie o, pi specificamente, discussioni culturali generali

    contro lastrattismo hanno animato le pagine di critica musicale o teatrale del periodico89;

    hanno connotato gli scritti di autori perlopi attenti alle novit presenti sulla scena

    letteraria90; simili presupposti hanno, infine, orientato giudizi positivi e stroncature su cui

    sono state costruite le recensioni di libri darte91.

    Soprattutto, la polemica anti astratta o, genericamente, antimodernista, potentemente

    balzata agli occhi dei lettori della rivista attraverso le vignette di Mino Maccari e Amerigo

    Bartoli. Bartoli per il quale, appunta Gino Visentini in un articolo comparso ne Il Mondo

    nellottobre del 1958, era impossibile accettare quelle forme darte che, come

    lastrattismo, si portano fuori dalla realt sperimentale, denaturalizzandosi e

    disumanandosi92.

    La matita di Maccari e Bartoli ha fornito un pendant visivo, nel pieno gusto della beffa,

    alle battaglie di Alfredo Mezio e degli autori delle pagine culturali lungo lintera stagione

    de Il Mondo: dai disegni, sempre accompagnati da salaci motti di spirito, comparsi nel

    settimanale negli anni in cui era pi viva la contrapposizione tra astrazione e

    rappresentazione93, a quelli pubblicati alla met degli anni Sessanta, quando, sulle colonne

    del periodico, era stata abbandonata lidea stessa di un confronto con la modernit94. Lo

    stesso bagaglio con il quale Maccari si era presentato a Il Mondo era quello costituito

    dallesperienza de Il Selvaggio che, come ha scritto Paolo Fossati, era stato una sorta di

    galleria permanente del disegno e dellincisione che fece da polmone alla ripresa della

    grafica negli anni Trenta95. Mezio era stato collaboratore de Il Selvaggio: sul periodico

    aveva scritto darte, tra la fine degli anni Trenta e linizio degli anni Quaranta, e pubblicato 89 G. Vigolo, Suono e lingue, V, 23, 6 giugno 1953, p. 11; N. Chiaromonte, Ionesco engag, XI, 37, 15 settembre 1959, p. 14. 90 A. Todisco, Il divorzio dellarte, XVIII, 7, 15 febbraio 1966, p. 12; M. Praz, Parabola dellarte astratta, X, 16, 22 aprile 1958, p. 13, articolo in cui stigmatizzata la accademia ufficiale dellastrattismo. 91 Emblematica, in questo senso, la recensione del libro di Gillo Dorfles Nuovi riti, nuovi miti (Torino, Einaudi, 1965) firmata da Giorgio Granata: Il Kitsch rivalutato , XVII, 41, 12 ottobre 1965, p. 9. 92 G. Visentini, Gli italiani di Bartoli, X, 43, 28 ottobre 1958, p. 13. 93 Si rimanda, per esempio, ai disegni di Bartoli comparsi a pagina 6 dei numeri del 5, 12, 26 gennaio del 1952, o a quelli di Maccari del 2 febbraio e del 25 dicembre dello stesso anno, pagina 12. 94 Si veda, a titolo esemplificativo, il disegno di Bartoli pubblicato ne Il Mondo del 14 luglio (significativamente, un attacco alla pop art) e del 22 settembre del 1964, del 13 aprile e dell8 giugno 1965; rispettivamente, p. 10; p. 10; p. 8; p. 6. 95 Pittura e scultura fra le due guerre, in Storia dellarte italiana, vol. 3, Il Novecento, a cura di F. Zeri, Torino, Einaudi, 1982, p. 211.

  • 26

    disegni96. La centralit assunta dallarte grafica nelle battaglie di cultura di Mezio critico,

    testimoniata da scritti comparsi in Il Mondo fino alla met degli anni Sessanta97, aveva

    radici sicure.

    Allo stesso modo, alla rotta intrapresa nella critica delle arti visive hanno fatto eco le

    battaglie sostenute dalla rivista sui pi pressanti temi durbanistica e architettura.

    Protagonista soprattutto il pi assiduo scrivente in materia, Antonio Cederna, che nella sua

    difesa dei beni storici e paesaggistici dItalia aveva finito per assumere posizioni di

    conservatorismo oltranzista: ne sono efficace testimonianza la battaglia con la quale, nel

    1954, egli aveva dichiarato la propria ostilit alla costruzione della casa progettata da

    Frank Lloyd Wright sul Canal grande a Venezia, aprendo, in chiave antimodernista pi che

    specificamente antiorganica, una polemica che vedeva dallaltra parte della barricata non

    solo altri autori de Il Mondo, tra cui Roberto Pane, ma soprattutto uomini che, come

    Carlo Ludovico Ragghianti, costituivano riferimenti ineludibili per gli autori delle pagine

    culturali del periodico98; infine, va sottolineata la polemica con LEspresso e Bruno Zevi

    sul tema della riqualificazione dei centri storici, polemica apertasi significativamente negli

    stessi mesi in cui, in fatto darte contemporanea, si era consumato il pi significativo

    strappo tra i critici darte di punta delle due riviste, Alfredo Mezio e Lionello Venturi99.

    96 Per riferimenti ai disegni ed agli scritti di Mezio lungo gli anni Trenta, tra lesperienza de Il Quadrivio e de Il Selvaggio, cfr. G. Appella, Scipione, Roma e il Demone del disegno, in Da Modigliani a Fontana. Disegno italiano del XX secolo nelle Civiche Raccolte d'Arte di Milano, Milano, Padiglione d'Arte Contemporanea, 3 ottobre8 dicembre 1991, catalogo della mostra, Milano, Mazzotta, 1991, pp. 57-60. 97 Circa la sequenza di scritti firmati da Mezio e centrati sulla grafica, si rimanda agli articoli su Luigi Bartolini, agli estremi temporali di Rousseau in bicicletta, II, 16, 22 aprile 1950, p. 16, e Omaggio a Bartolini, XV, 39, 24 settembre 1963, p. 13; a testimoniare la vitalit del tema della vignetta lungo lintera stagione de Il Mondo, cfr. L'ultimo moicano, III, 9, 3 marzo 1951, p. 12; Disegnatori di ieri e di oggi, VI, 5, 2 febbraio 1954, p. 11; La fiera degli umoristi, XV, 28, 9 luglio 1963, p. 13; Chiappelli caricaturista, XVI, 52, 29 dicembre 1964, p. 13. 98 Per la polemica sollevata sulle colonne Il Mondo a proposito di Wright a Venezia, cfr. R. Pane, La laguna organica, VI, 5, 2 febbraio 1954, p. 11; A. Cederna, Loperazione di Wright, VI, 6, 9 febbraio 1954, pp. 11-12; R. Pane, Disaccordo architettonico, VI, 9, 2 marzo 1954, p. 12; L. Quaroni, Wright sull'Appia, VI, 11, 16 marzo 1954, pp. 11-12. 99 In nota numero 34, qualche pezza dappoggio per orientarsi nella frattura che, a partire dalla met degli anni Cinquanta, si era consumata tra gli autori delle pagine culturali de Il Mondo e LEspresso: Cederna e Zevi rinnovavano per architettura ed urbanistica uno scontro aperto, nello stesso torno di tempo e per quel che concerne pittura e scultura, da Mezio e Venturi. Negli scritti di Zevi su LEspresso, la consapevolezza di un dialogo difficile quanto imprescindibile tra intellettuali di terza forza evidente in scritti come I massimalisti perderanno le citt, comparso ne LEspresso il 10 febbraio 1957. In questo scritto, Zevi rimanda alle posizioni in merito ai complessi edilizi espresse degli autori de Il Mondo e Comunit, individuando due fronti distinti: chi, come Cederna, sosteneva che i complessi edilizi storici vanno conservati integralmente e chi, di contro (era il caso dello stesso Zevi, oltrech di Roberto Pane e Riccardo Musatti), credeva che la conservazione fosse un nodo centrale solo per quanto atteneva alla fisionomia volumetrica. Per le polemiche citate e per una visione complessiva delle posizioni assunte da Zevi a partire dagli anni Cinquanta, si rimanda ai primi tre volumi (Da Wright sul Canal Grande alla Chapelle de Ronchamp 1954/1955; Dalla celebrazione di Rossetti allopera di Utzon a Sidney 1955/1957; DallExpo mondiale di Bruxelles allinaugurazione di Brasilia 1958/1960) delle Cronache di architettura, Bari, Laterza, 1971.

  • 27

    Occorrer, ora, accennato agli scritti di Barozzi e Arbasino, rimettere la lente sui testi degli

    autori storici delle pagine darte del settimanale. Non possibile ragionare sulle posizioni

    assunte da Il Mondo a partire dalla met degli anni Cinquanta se, accanto alle discusse

    difficolt di relazione con le pi aggiornate ricerche figurative internazionali, non si

    analizza la contemporanea e straordinaria fortuna critica goduta sulle sue colonne da Jean

    Dubuffet. A tessere le lodi dellopera del francese , naturalmente, il curatore della rubrica

    darte contemporanea, Alfredo Mezio: a partire dal dicembre del 1956 quando, recensendo

    il volume The Dada painters and poets: an anthology (New York, Wittenborn, Schultz,

    1951) e in un ragionamento non clemente sulla traccia lasciata nella storia dellarte dalle

    estetiche Dada100, il critico salva il genio caricaturale di Dubuffet. Proseguendo con

    alcune note a margine dellesposizione delle opere della collezione Cavellini presso la

    Galleria dArte Moderna di Roma della fine del 1957101, mostra nel cui contesto erano

    state presentate alcune opere di Dubuffet che non davano unidea del suo temperamento

    violentemente satirico e scoppiettante di salute. Concludono la sequenza una riflessione

    sul rapporto Ensor-Dubuffet102 e, soprattutto, la recensione alla mostra dellartista aperta

    presso la galleria Marlborough di Roma nella primavera del 1963103. In questo articolo,

    Mezio legge, sorprendentemente, Dubuffet alla stregua di un realista, i personaggi delle

    sue tele come longanesiani. Si dir pi in l delle ragioni e delle implicazioni a monte

    delloperazione di fagocitamento in ventre strapaesano dellopera dubuffettiana.

    A testimonianza di un gusto che non era di un singolo scrivente, ma di un gruppo, vengono

    le analoghe critiche offerte da Giuseppe Raimondi e Claudio Savonuzzi. Il primo,

    nellambito di una disamina a due mostre parigine dellartista104 scrive che, in contrasto

    con il distacco di tanta parte dellarte contemporanea dal dato di natura, locchio e la

    mente di Dubuffet sono sempre nellosservare, e valutare e giudicare, moralmente, le cose,

    e gli uomini intorno a lui; il secondo innesta lopera del francese in una linea di

    surrealismo che da Jarry e Breton finisce, dopo la seconda guerra mondiale, per

    comprendere gran parte dellattuale action painting, il gruppo Cobra fino, appunto, alla

    art brut e allultimo anarchico-dada, il De Pisis del surrealismo, Dubuffet insomma105.

    100 Dad a Berlino, VIII, 52, 25 dicembre 1956, p. 13. 101 La collezione Cavellini, IX, 44, 29 ottobre 1957, p. 13. 102 Il Papa delle dune, XII, 46, 15 novembre 1960, p. 13. 103 La pittura demitificata, XV, 20, 14 maggio 1963, p. 15. 104 Jean Dubuffet: Parigi, maggio 1960, XII, 27, 5 luglio 1960, p. 7. Sempre di Raimondi anche Restif- Dubuffet. Corps de dames, X, 10, 11 marzo 1958, p. 13. 105 Il minotauro in pensione, XIV, 25, 19 giugno 1962, p. 16.

  • 28

    Larte di Dubuffet, ammiratore dei pittori popolari, arruolata nella falange realista, e

    costituisce la risposta antiformalistica da un lato al diluvio informale che aveva ingorgato

    la scena artistica italiana tra la fine del sesto e linizio del settimo decennio del Novecento,

    dallaltro, in chiave primitivistica, una reazione allo stilismo di alcune vecchie volpi della

    pittura che, come Picasso e De Chirico106, nel secondo dopoguerra volevano ancora fare

    sentire la propria voce.

    Questione dirimente. Allopera di Dubuffet, Mezio associa sempre quella di Alberto Burri.

    Fin dal 1954, quando, recensendo una mostra di pannelli dellitaliano alla galleria

    dellObelisco107, il critico osserva come alla base della sua arte ci fosse lesercizio

    stimolante della macchia leonardesca di salnitro trasferito nel linguaggio dellarte

    bruta. Loperazione prosegue negli anni seguenti. Per esempio nel contesto di una

    discussione generale sullarte di Burri comparsa ne Il Mondo nel febbraio del 1958108: al

    fondo della estetica degli stracci, Mezio riconosce il peso determinante delle caricature

    immaginarie di Dubuffet, fabbricate con centinaia di farfalle morte. E ancora, ad una

    analoga comparazione Mezio era giunto nel citato Dad a Berlino109.

    Cruciale, per, in tale accostamento, il giudizio espresso da Mezio a proposito dellarte di

    Burri, e emblematico, in questo senso, un articolo comparso ne Il Mondo nel gennaio del

    1963110. Lo scritto, che si informa di una disamina delle opere di Burri esposte presso la

    galleria Marlborough, si apre con una critica feroce dei cellohpane e dei nylon dellartista:

    il cellophane freddo e repulsivo, e tutto ci che lartista riesce a cavarne un giuoco

    formalistico, un puro artificio, di unimpassibilit altrettanto assurda quanto sterile;

    allesercizio medievale o patarino, prosegue, succede cos larte povera, una metafora

    posticcia che non ha in s stessa alcuna possibilit di rivalsa poetica; questi veli di

    cellophane sforacchiati, bruciacchiati, sparsi di grumi e di arricciolature, disseminati di

    crateri da cui emerge il fondo rosso o nero della tela sottostante, restano sospesi nel vuoto

    come delle bolle di sapone; di paradossale, conclude, c che il cellophane di Burri sega i

    nervi, di gusto liberty.

    106 Se allantipicassimo degli autori de Il Mondo si gi fatto riferimento, sar utile, invece, fornire qualche pezza di appoggio in relazione ai non teneri giudizi indirizzati sulle colonne de Il Mondo allaccademismo dechirichiano: A. Mezio, De Chirico in due tempi, VI, 10, 9 marzo 1954, p. 11; idem, Applicazioni e varianti, VI, 19, 11 maggio 1954, p. 11; idem, Il ritorno di Hebdomeros, VI, 48, 30 novembre 1954, p. 11. 107 Applicazioni e varianti, cit. 108 Burri a Venezia, X, 6, 11 febbraio 1958, p. 13. 109 Nota 100. 110 Cenere e nylon, XV, 2, 8 gennaio 1963, p. 15.

  • 29

    La sensazione, nitida, che Mezio avesse in mente i coevi testi di Arcangeli, e che ne

    condividesse tanto le prese di posizione quanto un intero impianto costruito sul confronto

    tra lopera di Burri e pittori di materia come Fautrier o Dubuffet. Proprio Arcangeli, nelle

    pagine con le quali aveva presentato lopera di Burri in mostra a Bologna, Galleria La

    Loggia, tra il 22 di ottobre ed il 1 di novembre del 1957111, aveva distinto il concetto di

    antistile, lanti-intellettualismo dellopera di Dubuffet, dal vasto e semplice

    ordinamento della composizione dellelegante Burri112.

    Il selvaggio, primitivo Dubuffet contro leleganza, la persistenza del culto della forma in

    Burri: qui la chiave. Ma del fatto che Mezio e gli autori de Il Mondo leggessero

    Arcangeli, esistono prove ulteriori. Nellennesimo ragionamento sullarte di Dubuffet113,

    ancora accostato a Burri, il critico del settimanale diretto da Pannunzio indugia sulla

    versione astrattista del problema concernente limitazione della natura. Problema risolto

    attraverso la constatazione che, per Dubuffet, la natura, concepita non pi sotto laspetto

    di un sistema di convenzioni visive, costituiva un serbatoio di invenzioni e di processi,

    offerti al pittore in tutta la ricchezza delle loro articolazioni. Soprattutto, continua Mezio,

    al concetto di imitazione deve essere sostituito quello di comunione, per la

    comprensione di una pittura astratta che non riflette ma diventa essa stessa natura: era la

    formula a cui Pollock in America, e Morlotti in Italia, hanno dato lustro. Insomma, anche

    sulle pagine de Il Mondo, i neo naturalisti sono schierati in forze: e sono i nuovi

    naturalisti di Arcangeli, che attorno al 1957 aveva tentato di coniugare Morlotti ed i padani

    con gli espressionisti astratti americani ed i pittori europei di materia.

    Sulle colonne de Il Mondo, la pittura di Pollock recuperata attraverso i testi di uno dei

    longhiani, proprio nellanno non si dimentichi che lambiente di riferimento, per gli

    autori del settimanale, quello romano - della mostra dellartista a Valle Giulia curata e

    presentata dai leoventuriani Bucarelli e Ponente.

    111 Testo antologizzato nel citato F. Arcangeli, Dal Romanticismo allInformale, pp. 480-485. 112 Il sospetto che le posizioni di Arcangeli e quelle degli autori della pagina darte de Il Mondo avessero decisivi punti di tangenza ancora pi forte se, allinterno del testo citato, ai giudizi espressi sullarte di Burri si associano gli attacchi sferrati da Arcangeli contro le elucubrazioni di un certo ambiente intellettuale romano. In tale ambiente egli riconosceva, in tutta probabilit, il gruppo di Arti Visive, la scrittura di Emilio Villa. Pi in generale, gli strali scagliati da Arcangeli erano indirizzati al progressivo mutamento di profilo e linguaggio della critica darte, che a partire dai secondi anni Cinquanta aveva rinunciato alla interpretazione delle opere e ad una funzione didattica, e si stava ridisegnando sempre pi come forma creativa. In questo senso, frequenti le denunce comparse anche sulle pagine de Il Mondo e rivolte al linguaggio criptico e sempre pi indecifrabile della pubblicistica artistica, denunce tra le quali si segnalano almeno quella di Mezio, Lastrattismo per alfabeto, IX, 31, 30 luglio 1957, p. 13; lo scritto di Giorgio Granata, citato in nota 91, Il Kitsch rivalutato. Per uno studio che prende la temperatura dei mutamenti in corso in ambito critico, cfr. D. Colombo, Emilio Villa: lettura fonetica delle Superfici di Capogrossi, in Luomo nero. Materiali per una storia delle arti della modernit, II, 3, settembre 2005, pp. 323-355. 113 Lastrattista riformato, X, 1, 7 gennaio 1958, p. 13.

  • 30

    Un ulteriore tassello, almeno, deve essere aggiunto: in una riflessione generale sulla crisi

    del non figurativo della quale si sostanzia uno scritto comparso nel settimanale nellestate

    del 1960, Mezio calca la mano in direzione arcangeliana, con una chiosa che non d adito a

    troppe interpretazioni: con la materia, scrive, larte astratta ritorna allimitazione della

    natura, con unoperazione di riporto indicativa del malessere in cui si dibatte; nel

    versante materico (inaugurato da Rembrandt, in una direzione di continuit della cultura

    che non fa sconti a quanti asserivano lineluttabilit della cesura frapposta dalle

    avanguardie del Novecento) finiscono per convivere Permeke e Morlotti, Burri e Dubuffet,

    e perfino le stesure delicatamente chardiniane di Morandi114.

    Perch Arcangeli? Per la battaglia antiformalistica, innanzitutto. Poi, per il sostegno ad una

    moralit che deriva dal controllo dei mezzi pittorici, ma specialmente che, con Croce [la

    cui religione della libert, per gli autori de Il Mondo, costituiva la bussola], non

    conservava tracce di intellettualismo n veniva sottomessa da ardori romantici115. Ancora,

    in Arcangeli era possibile trovare la prospettiva di riqualificazione dellOttocento visivo al

    di fuori dello schematismo di Lionello Venturi, che aveva individuato una cesura troppo

    netta nella pittura impressionista; uno sbandierato sospetto nei confronti della voce

    recitante di Pablo Picasso; un recupero, senza rotture, della migliore figurazione italiana

    tra le due guerre, da Carr a Morandi; infine e il punto dirimente, lo si vedr qui sotto

    la prospettiva padanocentrica di Arcangeli si sposava con le polemiche degli autori della

    pagina darte de Il Mondo contro linternazionalismo delle cifre astratte tra neocubismo

    ed informale. Polemiche in favore di unarte delle regioni, di un rinnovato modello di

    figurazione che, nella genealogia culturale degli autori del settimanale, contava un ramo

    ancora strapaesano.

    Per la continuit di una linea di rappresentazione italiana, primitiva e magica, e verso un

    rinnovato modello di arte delle regioni

    114 Gi in alcuni scritti della met degli anni Quaranta (a titolo es