UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE FACOLTÀ DI SCIENZE ... · materiali ed esecuzione....

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1 Anno accademico 20112012 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI CORSO DI LAUREA IN SCIENZE BIOLOGICHE CURRICULUM: Biodiversità degli ecosistemi terrestri e marini “Strategie sessuali e capacità cognitive degli uccelli giardinieri” Laureanda: Degano Eleonora Relatore: Avian Massimo Correlatrice: Chiandetti Cinzia

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Anno accademico 2011–2012

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE

FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI

CORSO DI LAUREA IN SCIENZE BIOLOGICHE

CURRICULUM: Biodiversità degli ecosistemi terrestri e marini

“Strategie sessuali e capacità cognitive degli uccelli giardinieri”

Laureanda: Degano Eleonora

Relatore: Avian Massimo

Correlatrice: Chiandetti Cinzia

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1 Introduzione alla specie

2 Costruzione del pergolato

3 Adattamento al fuoco

4 Investimento parentale e fitness

5 Modelli di selezione sessuale

6 L’ipotesi del maschio brillante

7 Illusione ottica e la visione negli uccelli

8 Il concetto di arte

9 Abilità cognitive e di apprendimento

10 Studi sulla cognizione e dimensione del cervello

Fig.1: Un esemplare femmina di Ptilonorhyncus violaceus

GENERI:

Ailuroedus

Amblyornis

Archboldia

Chlamydera

Prionodura

Ptilonorhyncus

Scenopooetes

Sericulus

CLASSIFICAZIONE

SCIENTIFICA:

Dominio: Eukaryota

Regno: Animalia

Phylum: Chordata

Classe: Aves

Ordine: Passeriformes

Famiglia: Ptilonorhynchidae

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1 - Introduzione alle specie

Gli Ptilonorhynchidae o uccelli giardinieri (in inglese “bowerbirds”) sono una famiglia

appartenente all’ordine dei Passeriformi. Ne conosciamo 20 specie, delle quali 10 vivono

solamente in Nuova Guinea, 8 in Australia e 2 in entrambe le regioni. Il territorio abitabile

dagli uccelli giardinieri copre circa due terzi della superficie di queste due regioni. L’habitat

naturale comprende principalmente foreste umide, ad altitudini svariate sino a picchi di 4000

m (come nel caso dell’uccello giardiniere di Archbold, Archboldia papuensis).

Molte specie sono localizzate in areali precisi come l’uccello giardiniere crinito (Serikulus

bakeri), confinato sui Monti Adelbert in Papua Nuova Guinea, gli uccelli giardiniere dorati

(Prionodura newtoniana) e gli uccelli gatto dentati (Scenopooetes dentirostris), esclusivi delle

foreste pluviali del Queensland sul tavolato di Atherton. Altre specie, come l’uccello

giardiniere flammeo (Sericulus aureus) e il giardiniere maggiore (Chlamydera nuchalis),

occupano invece areali continui ed estesi. Gli uccelli giardinieri hanno dimensioni variabili da

quelle di uno storno a quelle di un corvo, con piedi massicci e becchi pesanti.

Tendenzialmente sono lungoìhi circa 30 cm coda compresa; un maschio pesa tra 173-290 g,

una femmina 170-258 g. La colorazione del piumaggio è variabile e la maggior parte degli

esemplari maschi presenta tinte vivaci: oro brillante, arancio e nero (uccelli giardinieri

flammei, uccello giardiniere crinito e uccello giardiniere di Archbold), blu-nero iridescente,

giallo brillante e oliva nell’uccello giardiniere dorato, con creste colorate che vengono erette

durante il display, giallo e arancio brillante nell’uccello giardiniere flammeo (Sericulus

aureus) (Fig.2).

Fig.2: Un uccello giardiniere flammeo presso il suo pergolato

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Altre specie come il maggiore, il pettofulvo (Chlamydera cerviniventris) e il pettogiallo

(Chlamydera lauterbachi), i quali vivono principalmente nascosti tra la vegetazione erbacea e

nei boschi più aridi, presentano un abito dai toni grigi/marroni con piccole creste rosate sulla

nuca; queste colorazioni più discrete sono tipiche anche degli esemplari femmine di molte

specie in quanto si prestano alla mimetizzazione nell’ambiente. Gli uccelli giardinieri si

nutrono principalmente di frutti, fiori, foglie, insetti (cicale, maggiolini ed altri artropodi) e

talvolta di piccoli animali. Molte delle specie (principalmente quelle costruttrici) si riuniscono

in stormi durante l’inverno e possono assaltare frutteti e piante erbacee rivelandosi una vera

calamità (Frith 1991, Rowland 2008).

2 - Costruzione del pergolato

I due rappresentanti più antichi del gruppo, l’uccello gatto macchiato (Ailuroedus melanotis)

l’uccello gatto verde (Ailuroedus crassirostris) sono monogami, e la coppia alleva i piccoli

insieme dopo aver costruito un nido; il modello è quello seguito da circa il 90% degli uccelli,

che solitamente porta ad un incremento della fitness di entrambi, maschio e femmina.

Un lascito all’apparenza inutile di quello che probabilmente è un ignoto antenato (forse un

uccello lira del genere Menura) è riscontrabile in un comportamento mantenuto dalle coppie di

uccelli gatto: essi allestiscono una rudimentale area circolare di foglie capovolte che utilizzano

per esibirsi. Diversamente da questi ultimi, la prerogativa della maggior parte degli

Ptilonorhynchidae è la costruzione di complessi pergolati e piattaforme allo scopo di attirare il

maggior numero di femmine possibili con finalità riproduttive; delle 20 specie di uccelli

giardinieri conosciute, sappiamo che 16 sono solite costruire tali strutture, e che sono tutte

specie poligame. Questi pergolati sono talmente particolari ed atipici che per anni i ricercatori

occidentali li pensarono opera di tribù delle foreste. Queste creazioni sono le più complesse

che si siano mai viste nel mondo ornitologico; solamente castori ed esseri umani intraprendono

opere che comportano un gran numero di fasi e gran flessibilità in termini di progettazione,

materiali ed esecuzione. Tendenzialmente la maggior cura riscontrabile nella costruzione di

nidi e strutture simili è volta alla mimetizzazione nell’ambiente o alla resistenza; ci sono

pochissime eccezioni, ad esempio casi isolati di pivieri (Charadrius morinellus) che

circondano il proprio nido con un cerchio di pietre e starne (Perdix perdix) che trascinano, con

fatica non indifferente, cumuli di alghe sino ai nidi; in entrambi i casi non pare esservi un

comprensibile scopo (Rowland 2008). Nelle foreste dell'Austrialia è facile dunque imbattersi

nei pergolati degli uccelli giardinieri, costituiti da rametti tondeggianti posti in verticale e

rivestiti con muschi e felci, decorati con conchiglie evo

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fili colorati; nelle vicinanze degli insediamenti umani le decorazioni spesso includono oggetti

come monete, mollette, penne a sfera, spazzolini da denti, tappi di bottiglie di plastica,

argenteria, detriti vari, bottoni, vetri, unghie, viti, ditali e piccoli oggetti simili (Borgia 1985b,

Madden 2003 e 2004). A volte le pareti del pergolato sono colorate con tinture naturali che

l’animale ottiene mescolando la propria saliva a succhi prelevati da bacche, carbone vegetale o

vegetazione masticata. E’ stato dimostrato che la pittura delle pareti, misurata in termini di ore

spese dedicandosi a questa attività, porta ad un incremento della fitness del maschio

performante con un aumento considerevole del numero di accoppiamenti (fig.3).

Per quanto riguarda alcune specie, in particolare l’uccello giardiniere grigio (Ptylonorhyncus

nuchalis), gli studiosi stanno ancora discutendo se il viale sia effettivamente dipinto oppure

no: sebbene si siano osservati numerosissimi maschi intenti a tale operazione, il colore sembra

ad occhio umano essere immutato. Va considerato, tuttavia, che gli uccelli percepiscono

l’ultravioletto; se una componente della saliva dell’uccello riflette questa lunghezza d’onda, e

il colore riflesso risulta attraente per le femmine, il comportamento potrebbe allora rivelarsi

determinante. La saliva, inoltre, potrebbe contenere un odore attraente per le femmine che

l’essere umano non è in grado di percepire, e che potrebbe rivelarsi un potentissimo additivo

alla pittura.

Fig.3: Probabilità binomiale che un esemplare maschio ottenga almeno una copula durante i mesi di

monitoraggio del pergolato (in questo caso novembre e dicembre) come previsto dalla quantità di

eventi di pittura/ora. I punti rappresentano -per ogni categoria divisa in base al numero di eventi di

pittura/ora- la percentuale di maschi che ottennero almeno un accoppiamento durante il periodo di

osservazione; i numeri vicino ai punti indicano il numero di osservazioni su ogni singolo esemplare

della popolazione in studio.

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I pergolati non sono nidi: sono infatti le femmine a costruire il nido vero e proprio sugli alberi,

dove senza alcun contributo da parte del maschio con il quale si sono accoppiate alleveranno

la prole (Borgia 1985b, Madden 2003). I più studiati e noti tra le varie specie conosciute sono

gli uccelli giardinieri satinati (Ptylonorhincus violaceus), i quali costruiscono un pergolato

relativamente modesto. In un primo momento avviene la scelta di un sito adeguato, un luogo

aperto e pianeggiante con un buon passaggio di luce; il maschio pulisce l’area da eventuali

foglie residue agendo anche sulla vegetazione circostante, in modo da rendere la zona

prescelta il più luminosa e ordinata possibile: vengono rimossi tutti i detriti fino a liberare

un’area di circa 1 m2. Arriva ora il momento di costruire e procedere con l’inserimento di

centinaia di bastoncini e ramoscelli lasciati cadere sul terreno e debitamente calpestati in

maniera apparentemente casuale su quella che in seguito sarà sede del pergolato.

La forma precisa di rito di corteggiamento del maschio può essere molto diversa tra differenti

popolazioni. Il tipo di struttura, in base a impostazione e resistenza, si rifà alle linee guida dei

nidi dei passeracei. Un’ulteriore fase della costruzione prevede la raccolta di bastoncini lunghi

20-30 cm che vengono disposti verticalmente (utilizzo atipico da parte degli uccelli); gli

eventuali ramoscelli curvati vengono posizionati in maniera tale da creare una struttura “di

copertura” arcuata sul viale che sta prendendo forma; quest’ultimo ha tendenzialmente una

lunghezza che va dai 37,5 cm ai 62,5 cm (Madden 2003). L'uccello giardiniere manipola

accuratamente l'ambiente in modo da farlo divenire oggetto di selezione sessuale, come se

fosse parte integrante del suo corpo; non verrà infatti scelto da una possibile partner solo per le

sue doti fisiche, ma anche per attributi che sono a lui separati, nonostante siano da lui

determinati. Gli uccelli giardinieri sono imparentati agli uccelli del paradiso, caratterizzati da

piumaggi vistosi e sfavillanti che esibiscono durante il corteggiamento.

L'adattamento ambientale ha fatto si che gli uccelli giardinieri si evolvessero perdendo questi

ornamenti, che oltre ad essere un elemento di attrattiva sessuale aumentano il rischio di

predazione (in quanto facilmente individuabili); l'abilità di costruire il pergolato fu dunque

sviluppata in sostituzione. Un’ipotesi valida suggerisce infatti che i pergolati si siano

sviluppati espressamente per sostituire in estetica i colori sgargianti del piumaggio: entrambi

fungono da potenziali segnali della qualità genetica dell’esemplare, tuttavia il pergolato riduce

i rischi di predazione risultando più efficace. Gli uccelli giardinieri possono lungamente

indugiare nella costruzione e nella decorazione in quanto non sono sottoposti ad un grande

stress di tipo predatorio o ad incombenze per quanto riguarda il procacciamento del cibo.

Durante la maggior parte dell’anno ci sono infatti pochi predatori e poca competizione per il

cibo all’interno del loro habitat; molte specie hanno inoltre una stagione riproduttiva piuttosto

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lunga. Possiamo dunque affermare che la nascita di un istinto “artistico e creativo” sia

avvenuta nell’uomo e in altri animali conseguentemente alle stesse circostanze, ovvero

assenza di pressione predatoria e disponibilità piuttosto immediata di risorse ed energie. Ci

sono diversi tipi di pergolati: i pergolati ad avenue sono formati da due muri verticali costruiti

con ramoscelli, il tutto sostenuto da un'ampia piattaforma di base. In quasi tutte le specie, la

fine dell’ "avenue" (lunga all’incirca 60 cm) si apre sull'area di esibizione decorata con

numerosi oggetti. Il pergolato a palo di calendimaggio è invece costituito da ramoscelli

disposti attorno ad un alberello o a delle felci e circondato da una corte circolare sospesa.

Altre specie decorano corti dove si esibiscono ma non costruiscono pergolati; i maschi di

alcune specie costruiscono un tappeto di felci, decorato con conchiglie e drappi di licheni posti

sugli alberi vicini; altri decorano con grandi foglie una semplice corte posta sul terreno.

Le decorazioni variano molto sia a seconda della specie, sia a seconda della disponibilità delle

stesse in natura. Spesso sono espressamente favoriti gli oggetti di colore blu e porpora, che

non sono comuni nell’ambiente naturale, anzi risultano ardui da reperire; accostati ai colori del

piumaggio sembrano far apparire l’animale più imponente. Non si tratta tuttavia di una

semplice ricerca del raro, anche boccioli rossi, rosa e arancio sono molto ardui da reperire, ma

non sono mai utilizzati come ornamento (Madden 2003). Un’osservazione accurata ha portato

gli studiosi a notare che alcune specie, in particolare l’uccello giardiniere pettogiallo

(Chlamydera lauterbachii) sembrino non apprezzare il colore giallo; non si trovano infatti

spesso oggetti di tal colore probabilmente per via della presenza di una sfumatura gialla

diffusa sulle piume del loro petto, che andrebbe a confondervisi distogliendo l’attenzione dal

maschio stesso (Frith 1991 e 2004).

Fig.4: Un esemplare di Chlamydera nuchalis Fig.5: Un esemplare di Ptilonorhyncus violaceus

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La presenza di una certa quantità di determinate decorazioni è, in ogni caso, strettamente

correlata alle possibilità di successo del creatore del pergolato. Il successo negli accoppiamenti

per l’uccello giardiniere di Vogelkop (Amblyornis inoranatus) e per l’uccello giardiniere

satinato (Ptylonorhyncus violaceus) (fig.5) è ad esempio positivamente relazionato alla quntità

di piume blu e foglie gialle, quello dell’uccello giardiniere maculato (Chlamydera maculata) è

strettamente dipendente dalla quantità di vetri rossi, viola o rosa, mentre gli uccelli giardinieri

maggiori (Chlamydera nuchalis) (fig.4) sembrano utilizzare perlopiù oggetti bianchi o grigi.

Per quanto riguarda gli uccelli giardinieri di Regent (Sericulus crysocephalus) non sono invece

state identificate correlazioni di alcun genere. Prevale comunque nella scelta una sostanziale

omogeneità, la quale, riscontrata in un’ampia gamma di luoghi, permette di affermare che le

scelte in termini di disegno e di colore siano innate. Permane, difatti, una notevole similarità

tra il colore del corpo, del becco e della cresta nucale (la quale viene ostentata rivolgendola in

direzione della femmina) e quello delle decorazioni, seppur con una costante attenzione a

bilanciare il carico di colore (Madden 2003). Le piume di pappagallo sono molto apprezzate

come ornamenti, e spesso accade che il maschio ne stringa una nel becco mentre attua la sua

performance. Il tipo di decorazioni e il “senso artistico” dell’ uccello giardiniere maggiore

(Chlamydera Nuchalis) potrebbero risultare quasi spartani confrontati con quelli delle altre

specie; l’animale crea un viale di semplici rami che conducono ad una corte decorata con

oggetti bianchi e grigi (gesso), solitamente conchiglie, gusci vari, sassi e ossa.

Questa inclinazione all’architettura si è dimostrata essere un comportamento appreso e non già

innato, in quanto i maschi migliorano notevolmente via via che accumulano esperienza nella

costruzione, mentre all’inizio ottengono risultati piuttosto modesti (Borgia 1985b).

La simmetria dell’intera struttura, le dimensioni dei bastoncelli e la densità con la quale questi

vengono disposti sono, insieme alle dimensioni delle fronde utilizzate, fattori importantissimi

nel determinare la qualità di un pergolato. E’ stato osservato che pergolati di alta qualità

ricevono oltretutto visite notevolmente più lunghe. Ulteriori elementi da tenere in

considerazione, rivelati da studi sugli uccelli giardinieri satinati e sugli uccelli giardinieri

maculati, hanno dimostrato correlazioni tra il successo riproduttivo e aspetti svariati del

comportamento di tipo sessuale del maschio, quali il vigore e la potenza delle vocalizzazioni

(Loffredo and Borgia 1986) e il livello di testosterone circolante nel maschio (Borgia and

Wingfield 1991). Non va dimenticato che durante la visita ad un pergolato, in particolar modo

a quelli poco visibili e scarsamente esposti alle intemperie o ad eventuali attacchi da parte di

altri maschi, la femmina è inoltre protetta da potenziali predatori o conspecifici aggressivi.

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I dati ottenuti lasciano decisamente intendere che apprendimento nel tempo e pratica siano a

dir poco fondamentali per una costruzione ben riuscita. Inoltre, la facilità con cui vengono

riparate le opere dopo danneggiamento -ad opera delle intemperie o di attacchi da parte di altri

maschi- fa pensare che questi uccelli siano consciamente in grado di immaginare quello che

sarà il prodotto finale, focalizzando un’immagine d’insieme di ciò che hanno costruito.

Le costruzioni idiosincratiche e gli schemi decorativi di diversi maschi, nonché l’affanno

dimostrato nel trovare nuove varianti (per poi generalmente tornare alla configurazione

originaria), implicano un’ingerenza da parte di uno stile individuale.

E’ possibile e anzi probabile che i primi tentativi di costruzione da parte di giovani maschi alle

prime armi producano niente altro che una piccola piattaforma lassamente intrecciata, alla

quale viene aggiunto qualche ramoscello in posizione verticale. Alcuni individui immaturi

tentano di dipingere l’interno di un pergolato (spesso appartenente ad un altro maschio più

maturo che si è temporaneamente allontanato dal sito) senza prima aver schiacciato le bacche

o aggiunto saliva al materiale vegetale. In questa fase giovanile i maschi hanno ancora una

colorazione simile a quella femminile e l’incompetenza è pressoché del tutto determinata

dall’età; molti comportamenti innati (come anche il volo) maturano trasformandosi da una

serie scoordinata di azioni disorganizzate e intempestive in una performance perfetta nell’arco

di tempo di giorni o settimane, e spesso questo avviene senza sfruttare in particolar modo

l’esperienza.

Le visite degli esemplari più immaturi ai maschi più in alto nella scala gerarchica e

solitamente più anziani possono dunque essere molto utili oppure totalmente ininfluenti sulla

formazione degli individui in crescita. La variabilità nelle componenti della costruzione può

essere genetica, appresa o creativa (Doerr 2010). Un’evidenza significativa emerge da un

esperimento effettuato su giovani uccelli giardinieri (precisamente dell’età di 4 anni)

impiantando in loro testosterone e inducendo così la comparsa di un piumaggio tipico degli

uccelli riproduttivamente attivi di 7 anni. Non solo i maschi trattati non subiscono alcun

miglioramento nelle loro abilità costruttorie, anzi vengono attaccati aggressivamente da quelli

più anziani, che non vengono mai ingannati dallo stratagemma (Borgia 1985a; Borgia 1985b;

Borgia 1986; Borgia and Loffredo 1986; Doerr 2010). Le attività che l’uccello giardiniere

maculato svolge presso il pergolato (determinate tramite numerose osservazioni con

videocamere nascoste) (Madden 2004) sono riconducibili a:

1. manutenzione: interagisce con le pareti, inserendo o risistemando erba e bastoncini con

un movimento vibratorio definito “a macchina da cucire”. Vengono prelevati e

riaggiustati molti elementi;

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2. prove del display: in assenza di altri uccelli, l’animale si esercita spesso nei tipici

movimenti caratteristici come colpi d’ala, saltelli, cariche, ostentazione della cresta

colorata, decorazioni strette nel becco che vengono agitate e scosse;

3. distruzione: saltando e caricando con violenza distrugge la struttura;

4. copula: dopo la visita della femmina, se viene scelto, per 1 o 2 secondi il maschio la

monta; in seguito questa si allontana e si scrolla vigorosamente sul viale o all’esterno

per circa 6 minuti;

5. altri: l’animale beve acqua dai gusci di lumaca, esamina la videocamera una volta

individuata, effettua pulizie dell’area muovendo foglie, rami e simili elementi

A seconda della loro capacità differenziale di costruire, rubare e distruggere, tra i maschi sorge

spontanea l’istituzione di una gerarchia a capo della quale si ha l’esemplare in grado di attuare

più furti/atti di vandalismo sui pergolati altrui subendo allo stesso tempo un’esigua quantità di

danneggiamenti al proprio. In uno studio per determinare la dominanza maschile, un animale

dominante aveva effettuato 25 attacchi riusciti a danni dei rivali, subendone solamente 8.

All’altra estremità della scala di valutazione vi era un individuo che aveva portato a termine 6

raid a danni altrui a fronte dei 31 perpetuati alla sua struttura (Borgia 1985b).

Un fattore da non trascurare può essere anche la posizione nello spazio del pergolato, che

dimostra l’ulteriore abilità del maschio nel sapere scegliere un luogo ricco di risorse, oggetti e

future decorazioni per la sua costruzione. Nel frattempo il maschio dell’uccello giardiniere

deve anche occuparsi di attirare in visita al suo pergolato alcune femmine; un maschio che

abbia successo in tutti questi compiti assicura la femmina che la sua progenie erediterà gli

stessi tratti genetici favorevoli a portare avanti la linea familiare. Non essendo vincolati in

termini di investimenti in tempo o risorse nella cura della progenie, i maschi di uccello

giardiniere impiegano circa l’80% del loro tempo a creazione, cura e manutenzione del proprio

pergolato; a differenza dunque di altre strutture tipicamente costruite dal maschio, come i nidi

a festone dei pesci spinarelli o le conchiglie allestite dai maschi di granchio, l’unico scopo dei

pergolati è quello di impressionare le femmine e spingerle a scegliere il possessore del

pergolato in questione per l’accoppiamento (Borgia 1985b; Pruett-Jones 1994; Doerr 2010).

3 - Adattamento al fuoco

Nell’evoluzione di molte specie che occupano habitat ad elevato rischio di incendio, il fuoco

svolge un ruolo piuttosto significativo. Ci sono molte testimonianze riguardanti piante le quali

nel tempo si sono adattate per ridurre gli effetti disastrosi e addirittura letali conseguenti il

contatto con il fuoco (non essendo capaci di movimento la tattica più efficace era ovviamente

di tipo evolutivo), ma si sa molto poco di meccanismi simili in specie animali (a parte l’ovvio

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meccanismo di fuga). Nel caso degli uccelli giardinieri, sappiamo che tutta la fitness del

maschio dipende dal suo pergolato; nel qual caso questo andasse distrutto, perderebbe ogni

possibilità di riprodursi e dovrebbe ricominciare la costruzione da principio.

Gli effetti degli incendi non riguardano infatti solamente la sopravvivenza dell’animale e dei

suoi cuccioli/nido/tana, quanto anche la compromissione dell’habitat in termini di risorse

alimentari e zone adibite alla riproduzione. Nel caso le strutture distrutte siano composte di

elementi altamente infiammabili come rami e sterpaglie, non solamente sarebbero in costante

pericolo, ma anche difficili da ricostruire per la mancanza di nuove materie prime.

Plurime osservazioni hanno dunque portato gli studiosi alla conclusione che la sopravvivenza

dei pergolati agli incendi non può essere dovuta al semplice caso, quanto piuttosto ad uno

specifico adattamento, rivelatosi necessario in relazione all’habitat (Mikami 2010).

Come osservato nelle piante, i tratti che riducono l’impatto del fuoco potrebbero essere

favoriti dalla stessa selezione naturale (Gill 1975). Le osservazioni più esaurienti a riguardo

vengono da studi sull’uccello giardiniere maggiore, uno dei più adatti in quanto abita le

regioni ad habitat principalmente costituito da savana dell’Australia del nord, dove gli incendi

hanno cadenza annuale. I pergolati sono principalmente costruiti con ramoscelli e frasche, il

che rende ovvio che un tratto comportamentale associato con l’impartire al pergolato

resistenza nei confronti del fuoco non solamente aumenterebbe la fitness del maschio in

questione ma diventerebbe anche vantaggioso e fissato all’interno della popolazione con

l’avanzare delle generazioni. Lo studio sui pergolati di una popolazione fu condotto presso

Coomalie Farm, vicino a Batchelor in Australia nel 2006. L’area compresa nelle osservazioni

si aggira intorno ai 20 km2

ed è principalmente costituita da territorio ad ambiente di savana

(h 10-15 metri), con eucalipti (Eucalyptus e Corymbia spp.) come vegetazione dominante ed

una copertura di piante graminacee perenni o annuali. In queste regioni gli incendi

scaturiscono principalmente nella stagione secca tra maggio ed ottobre, ed alcune delle zone

tenute sotto controllo bruciano regolarmente ogni anno. L’estensione dell’area soggetta alle

fiamme è differente ogni anno e i danni sono diversi da area ad area; è proprio in questo

periodo dell’anno che i maschi dell’uccello giardiniere maggiore costruiscono i loro pergolati

e attuano i rituali di corteggiamento. Prima della stagione degli incendi del 2006 furono

accuratamente cercati tutti i pergolati dell’area, che vennero messi sotto controllo tramite

telecamera; ne furono individuati 23 attivi. Gli incendi quell’anno si verificarono il 12 agosto e

il 13 settembre, un terzo dell’area in analisi fu bruciata e il fuoco arrivò ad una distanza

inferiore ai 50 m nel caso di 9 dei pergolati. Furon analizzate le condizioni di questi e dell’area

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circostante poco dopo il verificarsi degli incendi, facendo il più possibile attenzione a non

interferire in nessuna maniera con i riti di corteggiamento che stavano avendo luogo.

Per determinare statisticamente quando i pergolati fossero andati bruciati con l’avanzare del

fuoco riportando incendi con la stessa intensità dell’area circostante, fu misurata l’area di

vegetazione integra in un zona circolare con raggio di 50 m avente centro nei vari pergolati

rimasti non danneggiati; 4 su 9 delle zone analizzate comprendevano ruscelli, ed i pergolati

erano situati dal lato che non era stato soggetto all’incendio. Si è assunto che il fuoco fosse

stato fermato dalla presenza del ruscello, che aveva formato un’area protetta dall’avanzare

delle fiamme. Dei 9 pergolati considerati, 3 bruciarono e furono completamente distrutti dal

fuoco mentre 6 rimasero intonsi. Escludendo dunque che la scelta delle zone e questa

conseguente differenza tra la probabilità d’incendio siano determinate dal caso, si è giunti a

ritenere che due determinati comportamenti (siano essi intenzionali oppure no) siano la

probabile fonte di questo meccanismo. Il primo riguarda la scelta del sito di costruzione,

preferibilmente con scarsa copertura erbacea; queste condizioni sono ottimali sul terreno

sottostante le volte formate dalle fronde degli eucalipti, tra i cespugli di Calytrix exstipulata o

le palme della specie Livistona humilis. La quantità di luce solare che filtra attraverso la

copertura arborea e giunge al terreno è molto ridotta, in più molte piante usufruiscono di

meccanismi allelopatici competendo con la copertura erbacea e impedendone lo sviluppo.

Il secondo probabile adattamento riguarda le precauzioni prese nei confronti del materiale

disposto intorno al pergolato, come foglie e spazzatura, che spesso viene coperto, rimosso o

sostituito con decorazioni. Questo tipo di “pulizia” dell’area ha come risultato la creazione di

un’area con limitato potere di combustione; in alcune delle zone osservate è evidente la

funzione di barriera perpetuata da oggetti quali gusci di lumaca, conchiglie e simili.

Spesso questi due comportamenti si riscontrano insieme, dimostrando quello che sembrerebbe

davvero essere un adattamento da parte del maschio per rendere la zona il meno sensibile

possibile agli incendi. Nel qual caso il pergolato venga distrutto, il maschio vi ritorna 1 o 2

giorni dopo l’incendio e quasi da subito ricomincia la costruzione di una nuova struttura, non

sempre nella stessa area ma tendenzialmente in una limitrofa (Mikami 2010).

Sussistono tuttavia motivazioni che ancora inducono a sollevare dubbi riguardo alla natura

adattativa di determinati comportamenti in termini di protezione dal fuoco: è’ infatti vero -

soprattutto nell’ottica dell’aggressiva, accesa competizione che vige tra i vari esemplari

maschi di una popolazione- che la costruzione del pergolato in una zona protetta da copertura

arborea potrebbe essere anche un modo per rendere la struttura più difficilmente individuabile

(Borgia 1985a; b; Pruett-Jones 1994) . Anche in tal proposito gli studiosi hanno trovato una

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valida tesi di risposta, in quanto i rumorosi richiami sessuali dei maschi vicino ai loro pergolati

li rendono di base facilmente individuabili anche se parzialmente “difesi” da una copertura

naturale. Altresì l’operazione di pulizia potrebbe essere volta al semplice soddisfacimento del

gusto femminile, in quanto un’area pulita e decorata è maggiormente apprezzata dalle

femmine in visita, ed aumenta notevolmente l’impatto visivo del corpo del maschio (Endler et

al. 2005; 2006). La pulizia dell’area viene infatti minuziosamente effettuata anche da specie

che abitano regioni non toccate dal pericolo di incendi, e che di conseguenza non hanno la

necessità di dover prendere precauzioni. Resta dunque questione di opinioni se determinati

comportamenti possano essere interpretati come un espresso adattamento agli incendi oppure

siano le fortuite conseguenze di normali azioni di routine rivelatesi utili anche in questo

ambito.

4 - Investimento parentale e fitness

Le strategie riproduttive delle varie specie di uccelli giardinieri sono basate su una spiccata

poligamia da parte degli esemplari maschio e monogamia da parte di quelli femmina.

L’accrescimento della fitness da parte dei maschi è correlato all’accoppiamento con il maggior

numero di femmine possibili, seppur per un singolo individuo possano trascorrere anche alcuni

anni senza che avvenga una sola copula. In termini di dispendio energetico ed investimento

parentale, verifichiamo la diffusa condizione di anisogamia e possiamo senza dubbio

affermare che il consumo da parte del maschio comporta la produzione di una considerevole

quantità di spermatozoi, i quali richiedono poca energia per essere prodotti e sono solitamente

in numero molto superiore rispetto alle cellule uovo; di conseguenza i maschi di molte specie

possono incrementare esponenzialmente il loro successo riproduttivo tramite l’accoppiamento

con un numero maggiore di femmine. Questo tipo di strategia riproduttiva instaura tuttavia un

acerbo meccanismo di competizione interspecifica tra i maschi, allo scopo di ottenere il

maggior numero di femmine per riprodursi possibili: i vincitori otterranno un aumento nella

trasmissione dei loro geni a future generazioni e quindi maggiore fitness a discapito di quella

dei vinti. La competizione intrasessuale per dominanza sociale, libero accesso ai partner e altri

importanti fattori per il successo riproduttivo è osservabile nei maschi in quanto parte

competitiva e sessualmente aggressiva, mentre le femmine si limitano a fare una scelta

all’interno del range dell’offerta. Gli esemplari femmina, infatti, producono un numero esiguo

di uova, che richiedono molte risorse energetiche. Dopo la fecondazione la femmina dovrà

anche portare a termine la gravidanza, la quale implica grandi sforzi e rischi, in aggiunta alla

nutrizione del feto tramite lo stesso sangue materno e al lungo periodo che viene in seguito

investito per portare a termine lo svezzamento e le importanti cure parentali dopo la nascita.

14

Le cure parentali sono senza dubbio un’ulteriore forma di investimento, in quanto vanno a

completare le risorse già impiegate dalla femmina per una completa formazione dei pulcini, i

quali altrimenti non sopravviverebbero. L’eventuale morte dei pulcini a causa della mancanza

di cure parentali e della loro conseguente inettitudine comporterebbe un’evidente grossa

perdita in termini di fitness della madre. Una femmina dunque difficilmente aumenta il proprio

successo riproduttivo tramite accoppiamenti con un numero più elevato di maschi, affidandone

invece l’incremento alla selezione epigamica; quest’ultima consiste in un processo attraverso il

quale i potenziali partners vengono scelti in base ad una ben precisa e determinata

combinazione di tratti indipendentemente da stimoli immediati ed adeguandosi a 3 principali

criteri riconosciuti: qualità genetiche, comportamento e accesso alle risorse.

Considerando che non sono richieste al maschio dedizione alle cure parentali o abilità nel

procacciamento del cibo, l’unica componente a fare la differenza saranno le qualità genetiche,

caratteri sessuali secondari quali piumaggio, dimensioni, esibizioni ostentate (spesso tipiche di

esemplari dominanti), come anche longevità e buona salute. Se presenti in un maschio

aumentano la possibilità che la prole le erediti e che a sua volta abbia una notevole fitness

raggiunta l’eta adulta (Alcock 2007).

5 – Modelli di selezione sessuale

L’unico contributo che il maschio fornisce è dato dallo sperma, e vi sono diversi punti di vista

in merito alla modalità di selezione sessuale in questo tipo di circostanze.

Due principali modelli ne spiegano il funzionamento, con femmina in posizione di scelta attiva

del partner che sarà il suo compagno: i modelli dei buoni geni e i modelli runaway.

La qualità del maschio come padre viene fornita nel modello dei buoni geni dalle sue

condizioni di salute e vigore che emergono dal tipo di esibizione offerta. Molti biologi

sostengono che i maschi più vecchi sono spesso favoriti, in quanto evidentemente portatori di

tratti che promuovo longevità, sopravvivenza ai predatori, resistenza alle malattie. Esibizioni

più elaborate sono genericamente effettuate da esemplari più anziani, con una lunga esperienza

alle spalle. Maschi attivi e con abilità di corteggiamento vigorose, o caratterizzati da

piumaggio brillante (indicatore di buona salute e resistenza alle malattie) sono sempre favoriti.

Anche l'abilità del maschio di mantenere un pergolato di alta qualità decorato può essere un

indicatore, per la femmina, del suo valore in termini genetici e qualità come padre. Il modello

runaway, che favorisce la fitness dell’animale stesso e non della progenie, è stato elaborato da

Ronald Fisher nel 1930 per spiegare l'evoluzione di caratteristiche esagerate nel maschio.

Per spiegare questo modello si suppone che ci sia un’ipotetica popolazione con due tipi di

maschi e due tipi di femmine. I due tipi di maschi sono caratterizzati dalla presenza o

15

dall'assenza di penne della coda rosse mentre le femmine sono differenziate in quelle che

scelgono solo i maschi con le penne rosse e quelle che non fanno distinzione. I maschi con le

penne rosse possono scegliere di accoppiarsi con entrambe le tipologie di femmine, quelli che

non hanno le penne rosse, al contrario, possono accoppiarsi solo con le femmine che non

discriminano. Di conseguenza, i maschi caratterizzati dalle penne rosse hanno più opportunità

di accoppiarsi e di produrre più progenie rispetto agli altri. In questo modo accresce sia la

proporzione di esemplari caratterizzati da penne rosse sia la preferenza femminile per questo

tipo di maschio. Una volta che il pattern di scelta femminile è stato fissato, ci può essere

continua selezione per i tratti maschili più esagerati. Se le femmine preferiscono maschi con

caratteristiche estreme, allora queste sono destinate ad aumentare; la scelta femminile è

assolutamente arbitraria (Fisher 1930; Coleman et al. 2007).

I due modelli presi in considerazione fanno diverse predizioni di come i tratti di esibizione si

siano stabiliti. Nonostante la maggior parte delle osservazioni abbiano riguardato i maschi,

Gail Patricelli (ora ricercatrice post-dottorato presso il Laboratorio Ornitologico di Cornell) si

occupò invece della componente femminil; il suo scopo era studiare le interazioni durante il

corteggiamento. Per potersi avvicinare abbastanza e monitorare i comportamenti, creò un

robot dall’aspetto di una femmina di uccello giardiniere manipolato tramite controllo remoto;

una comprensione più approfondita del rapportarsi dei due animali e della loro comunicazione

avrebbe fornito importanti informazioni sul concreto evolversi del rituale di corteggiamento

(Coleman et al. 2007). Sapendo che la riuscita di un display è strettamente correlata al vigore

e alla forza che il maschio riesce a dimostrare tramite atteggiamenti fieri e intimidatori

(erezione della cresta nucale, gonfiaggio delle piume, richiami rumorosi, corse frenetiche,

salti), Gail Patricelli realizzò che doveva esserci una prestabilita linea immaginaria che

separava i comportamenti virtuosi dall’essere attrattivi all’essere eccessivamente invasivi.

Tramite la femmina robot pensò dunque di monitorare gli eventuali comportamenti e

aggiustamenti del display come conseguenza delle reazioni intimidite o soddisfatte della

visitatrice; verificò, come da lei previsto, che i maschi osservano le femmine mentre attuano il

display, ponendo attenzione ai segnali di risposta che queste inviano e regolando di

conseguenza l’intensità dei loro movimenti e canti. I maschi più responsivi a questi

adattamenti ottennero il maggior numero di accoppiamenti, in alcuni casi con anche più di 25

femmine per stagione riproduttiva (Patricelli et al 2002; 2006).

6 - L’ ”Ipotesi del maschio brillante”

Un’ulteriore elemento che la femmina considera nel momento della scelta sessuale riguarda

l’eventuale presenza di parassiti. Hamilton e Zuk (1982) ipotizzarono che il piumaggio

16

brillante in un maschio fosse indicatore di resistenza all’attacco parassitario, elaborando la

cosiddetta ipotesi del “maschio brillante”. La scelta di un maschio con questa caratteristica

poteva essere per la femmina garanzia di buoni geni determinanti alta capacità di resistenza

alle malattie. Con una scelta costante la femmina determina la selezione del carattere di

resistenza al parassitismo e la sua trasmissione nelle generazioni successive sino a farlo

prevalere. Va considerato che è rapida la coevoluzione dei patogeni con i loro ospiti, che rende

evidente l’ereditabilità della variazione in tratti fondamentali per la sopravvivenza della prole.

Va sottolineato che i risultati sono difficili da interpretare nel caso di una specie nel quale la

poliginia sia diffusa, in quanto il multiplo contatto sessuale porta ad un più rapido diffondersi

dell’infezione; i parassiti esterni sono inoltre vettori importanti per la diffusione di quelli

interni. In questi termini risulta dunque ragionevole la relazione tra il la quantità di parassiti e

la qualità del piumaggio del maschio (Hamilton e Zuk 1982).

Uno studio interspecie sull’uccello giardiniere satinato (Ptylonorhyncus violaceus) fu il primo

mirato a trarre dei dati conclusivi a questo proposito; per rendere meno ambigui i risultati e

giungere ad una predizione statistica più precisa si scelse di concentrarsi su una sola specie.

Condotto da settembre a ottobre nel 1984 a Wallaby Creek nella foresta di Beaury State (120

km Nord-ovest di Lismore, New South Wales, Australia) lo studio coinvolse numerosi

animali che furono catturati per una verifica e poi subito rilasciati. Lo scopo del procedimento

era fare un confronto e stabilire una relazione tra il numero di parassiti ospitati dall’animale e

le conseguenze in negativo sulla sua attività riproduttiva. Furono contati i parassiti, registrato

il peso di tutti gli uccelli e le loro misure. Terminate le valutazioni gli animali furono rilasciati;

il controllo riguardò all’inizio tutta la superficie del corpo, per poi essere ristretto al capo dove

risiede il principale parassita esterno di questi animali (Cuclotogaster sp). Un’area di circa 1,5

km avente come centro i , vari siti di cattura fu in seguito monitorata per determinare la

corrispondenza tra uccelli e pergolati; il comportamento fu poi registrato monitorando i

pergolati e la zona con speciali sistemi di videocamere impostate per risultare il meno invasive

possibile nell’habitat degli animali sotto studio. Il test per comparazioni multiple HSD

(Tukey’s studentized range) fu usato per determinare le differenze tra gruppi, il test t-Student

per confronti in coppie. Utilizzando i dati di abbondanza relativa del parassita Cuclotogaster

sp. fu testata l’ipotesi, confrontando il numero di parassiti con l’ammontare di accoppiamenti

di ciascun maschio. Non risultò una significativa correlazione inversa tra il livello di infezione

e il successo riproduttivo, tuttavia va menzionato che il livello di infezione tra i maschi

possedenti un pergolato era molto basso: solo 3 di quegli esemplari presentavano infezione da

pidocchi. Ulteriori confronti portarono a determinare che i maschi più anziani avevano meno

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parassiti rispetto a quelli più giovani e alle femmine. Le concrete differenze in statistiche sono

tuttavia difficilmente attribuibili a una semplice estensione dell’ipotesi del “maschio brillante”.

Se ad esempio l’accumulo di parassiti è tempo-dipentente ed essi vengono eliminati con la

perdita delle piume, una muta tardiva di un maschio con pergolato potrebbe spiegare le diverse

varianti (Hamilton e Zuk 1982; Borgia 1986; 1989). Fu tuttavia riscontrato che maschi e

femmine non in accoppiamento mutano nello stesso periodo, mentre le altre femmine in un

altro momento (Vellenga 1981). Questa differente impostazione porterebbe a supporre

un’infezione meno grave nelle femmine, che è tuttavia l’opposto di quanto osservato.

Le differenze si possono avere anche in termini di modalità di trasmissione, ad esempio per

contatto diretto oppure trasporto da parte di mosche infette. Nulla tuttavia suggerisce che le

femmine o i maschi più giovani abbiano più contatto con individui maggiormente infetti

oppure siano più suscettibili ai movimenti delle mosche. Ogni classe ha uguale possibilità di

trasmissione, sia essa per corteggiamento oppure lotte tra maschi.

Un’altra possibile spiegazione per la quale le femmine potrebbero optare per accoppiarsi con

maschi meno parassitati è evitare l’ulteriore contagio a causa invece di parassiti interni.

Spesso gli individui più deboli sono anche i meno abili nella rimozione dei parassiti, il che li

coinvolge in un circolo vizioso di indebolimento e ulteriore aumento dell’infezione. Nel 1962

Nelson dimostrò che la resistenza acquisita può tuttavia essere perduta tramite iniezione di

ormoni come l’ACTH e il cortisone (la cui abbondanza è di norma strettamente collegata allo

stress). E’ possibile dunque che sottoposto a condizioni di pericolo o estrema agitazione un

individuo risulti più sensibile ad un’eventuale nuova infezione (Borgia 1986; Nelson 1962).

7 - Illusione ottica

Un affascinante aspetto nell’organizzazione spaziale del pergolato riguarda la sofisticata

illusione ottica creata tramite accurata disposizione degli oggetti nello spazio; altera la

prospettiva allineando il pergolato con oggetti le quali dimensioni vanno aumentando

all’aumentare della distanza dall’osservatore. Sono gli unici animali (fatta eccezione per

l’uomo) che creano una scena con prospettiva alterata con l’obiettivo di indurre altri individui

a percepire un’illusione ottica. L’effetto finale consiste nel far sembrare più regolari gli

elementi della costruzione creando un percorso lineare e prestabilito fino alla corte.

Un altro vantaggio risultante è che l’interno del pergolato sembra in questo modo più piccolo,

così da far apparire più grande e imponente il corpo del maschio stesso quando si trova al

centro dell’area. Focalizzando l’attenzione dell’osservatore in questa maniera, il display risulta

molto più evidente e la resa visiva è massima. E’ verificato che l’illusione ottica funziona

esclusivamente nel qual caso l’osservatore stia guardando la corte dalla fine dell’avenue,

18

ovvero l’esatta posizione nella quale si trova la femmina. Nelle illusioni ottiche, l’immagine

percepita differisce visivamente dalla realtà fisica della fonte dalla quale si origina lo stimolo;

le illusioni ottiche sono solite suscitare curiosità e sono state studiate con interesse da sempre

sia nell’ambito dell’uomo sia in quello degli animali. Inoltre, questo tipo di fenomeni è molto

utile per arrivare a comprendere come il sistema visivo si occupa di integrare lo stimolo visivo

fisico per arrivare ad ottenere una rappresentazione complessa dell’ambiente circostante

l’osservatore e permettono un confronto diretto tra i ruoli attivi svolti dal sistema nervoso per

quanto riguarda l’organizzazione percettiva. Le illusioni ottiche di tipo geometrico, come

quella creata dall’uccello giardiniere nel suo pergolato, prevedono ad esempio che la figura

osservata risulti distorta all’interno del contesto nel quale viene inserita.

Questo tipo di illusione ottico-geometrica si chiama Illusione di Ponzo e fu dimostrata per la

prima volta dallo psicologo italiano Mario Ponzo (1882-1960) nel 1913. Questi suggerì che la

mente umana giudica le dimensioni di un oggetto basandosi sull’ambiente di fondo davanti al

quale esso si trova. Dimostrò quest’ipotesi disegnando due linee identiche attraverso

un’ulteriore paio di linee convergenti (Fig.6). La linea posta più in alto sembra più lunga in

quanto interpretiamo visivamente i lati convergenti in accordo con una prospettiva lineare

come due linee parallele che si allontanano. In questo contesto interpretiamo la linea più in

alto come se fosse più lontana, così la vediamo effettivamente più lunga – un oggetto più

lontano dovrebbe essere più grande di uno più vicino, per far sì che entrambi producano

una’immagine sulla retina della medesima dimensione- (Renier 2005).

Fig.6: La percezione dell’illusione di Ponzo

Una delle possibili spiegazioni per l’illusione di Ponzo è l’ “Ipotesi della Prospettiva” che

stabilisce che l’effetto di prospettiva percepito dalla figura sia ovviamente prodotto dalle linee

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convergenti, che sono ordinariamente associate alla distanza (le due linee oblique sembrano

infatti convergere all’orizzonte o in un punto di fuga). Una seconda ipotesi è la “Framing

Effect Hypothesis” che stabilisce che le differenza nella separazione o intervallo delle linee

orizzontali dalla struttura delle linee convergenti potrebber determinare, o almeno contribuire

alla portata della distorsione. In ogni caso, un’esperienza visiva precedente sembrerebbe

obbligatoria per un’effettiva percezione di questo tipo, in quanto è stato provato che soggetti

affetti da cecità congenita non vi sono sensibili. Ricerche recenti suggeriscono anche che ci sia

una differente responsività di tipo individuale, che potrebbe essere inversamente correlata alle

dimensioni della corteccia visiva primaria (Renier 2005). Gli studi più importanti riguardo

all’utilizzo dell’illusione di Ponzo sono stati condotti dal Professor John Endler dell’Università

di Geelong, in Australia. Come già detto, i maschi fanno sì che le femmine vedano i pergolati

da una posizione particolare costruendo un viale che si apre su una piccola corte.

L’importazione geometrica della struttura è importantissima; manipolazioni sperimentali con

modifiche nella disposizione degli oggetti invertendo il gradiente vengono corrette in tempi

rapidissimi: entro 2 giorni la maggior parte degli oggetti vengono risistemati, entro 2 settimane

l’intera struttura è ricreata. Ciò che non è ancora chiaro agli studiosi è se il maschio trovi

l’equilibro geometrico corretto per creare l’illusione tramite un procedimento per prove ed

errori oppure sia dotato di un senso della prospettiva. Considerando che gli esemplari maschi

trascorrono l’80% del loro tempo nel pergolato a muovere gli oggetti da una posizione

all’altra, a lungo si è assunto che il procedimento fosse davvero un semplice avanzare per

tentativi ed errori. Tuttavia, nel rimettere gli oggetti a posto gli uccelli non si limitano a

riposizionarli nel luogo di origine, bensì si occupano di ristabilire l’illusione ottica anche

ponendoli in un punto differente da quello di partenza, posizionandosi nell’esatto punto

destinata alla femmina in modo da accertarsi che la percezione fosse quella voluta. Altro

elemento da non sottovalutare, quando il pergolato di un maschio è soggetto a furti spesso se il

danno è troppo grave il maschio in questione opta per costruire una nuova struttura.

Questo comportamento ci porta ragionevolmente a pensare che i maschi abbiano

effettivamente un’idea complessiva della struttura in costruzione nel suo insieme, il che

permette loro di valutare l’entità reale dei danni e a stimare le tempistiche di riparazione. Una

simile visione ci aiuta ad escludere che intervenga una componente di mero “prove ed errori”

(Endler 2005). L’occhio dell’osservatore riceve dunque una proiezione a due dimensioni

dell’oggetto che sta guardando, così si crea un mosaico di macchie sulla retina. La dimensione

di queste è proporzionale all’angolo sotteso all’occhio dell’osservatore (φ) dall’oggetto,

dipendente sia dalla dimensione dell’oggetto stesso sia dalla distanza dell’osservatore; è

20

proprio quest’ultimo rapporto a determinare la creazione o meno di una percezione distorta.

L’ampiezza visiva (w) è l’ampiezza di un oggetto misurato in orizzontale perpendicolarmente

alla visuale dell’osservatore, e la profondità visibile (d) è misurabile parallelamente a questa;

w e d risultano nell’ampiezza visiva e negli angoli di profondità φw e φ

d che corrispondono

rispettivamente alle direzioni laterale e verticale sulla retina. In natura, gli angoli sottesi

all’occchio dell’osservatore da oggetti con dimensioni simili si riducono all’aumentare della

distanza, e questo meccanismo è utilizzato dal cervello per stimare le proporzioni e la distanza

degli oggetti. Mantenere questo tipo di connessione nelle immagini e scene “costruite” fa si

che risultino più naturali alla vista. Il modificare il rapporto tra φ e la distanza è un

meccanismo denominato prospettiva forzata, e può far sì che singoli oggetti (oppure intere

scene) sembrino più grandi o più piccoli di quanto sono in realtà. In scene nelle quali la

dimensione degli oggetti decresce all’aumentare della distanza, il rapido diminuire di φ

corrisponde solitamente a scene o oggetti percepiti come fossero più grandi.

Quando la dimensione aumenta all’aumentare della distanza, φ si riduce più lentamente o

rimane costante. La scena, in base al gradiente, potrà dunque appparire più piccola. Possiamo

dunque dire che la prospettiva forzata è un pattern di tipo geometrico progettato per

predeterminare un punto di vista con relazioni anormali tra la dimensione degli oggetti.

Il pattern regolare creato dalla disposizione delle componenti “gesso” potrebbe inoltre

generare l’effetto di Ebbinghaus-Titchener quand’esse siano combinate con le parti colorate

della cresta nucale del maschio. Le femmine si posizionano in un’area ben precisa del viale

durante il display del maschio, limitando i movimenti del capo a piccole rotazioni e lievi

spostamenti laterali, cedendo a prevedibile parallasse di movimento (gli oggetti si dispongono

diversamente nello spazio in base a come noi ci muoviamo rispetto a loro) (Roberts 2005;

Endler 2005). L’illusione di Ebbinghaus è un’illusione scoperta dallo psicologo tedesco

Hermann Ebbinghaus (1850-1909) riguardante la percezione relativa delle dimensioni.

Nella forma più conosciuta, si utilizzano come esempi due circonferenze di uguali dimensioni

messe l’una vicina all’altra, la prima circondata da grandi cerchi, la seconda da piccoli cerchi;

la prima circonferenza viene sempre percepita come più piccola della seconda. Nonostante sia

generalmente riconosciuta come un’illusione che influisce sulle dimensioni, ulteriori studi

hanno portato a pensare che il fattore critico in essa sia la distanza e la completezza dell’anello

di cerchi intorno alle due circonferenze centrali, il quale arrangiamento sembra far diventare

l’illusione di Ebbinghaus una variante dell’illusione di Delboeuf. Se i cerchi ad anello sono

vicini a quello centrale questo sembrerà più grande, e viceversa; ovviamente la dimensione

dell’anello di cerchi determina quanto questi possano trovarsi vicini al cerchio centrale,

21

facendo risultare le due variabili connesse tra di loro. Questa illusione ha svolto un ruolo

fondamentale nella discussione riguardante la presenza di differenti vie cerebrali per

percezione ed azione, in quanto essa distorce quella che è la percezione della dimensione

(Roberts 2005). Differente il caso in cui l’oggetto di interesse debba essere parte di un’azione

(ad esempio essere afferrato): in tal caso non vi sarà distorsione dimensionale.

Anche in questo caso, tuttavia, studi recenti suggeriscono che la recettività dell’individuo

all’illusione (come a quella di Ponzo) possa essere inversamente correlata alla dimensione

della corteccia visiva primaria. Sappiamo per certo che una delle peculiarità degli uccelli è la

loro vista altamente sviluppata. Nel corso dell'evoluzione hanno sviluppato un sistema di

visione dei colori notevolmente superiore a quello di tutti i mammiferi, compreso l’uomo.

Secondo studi effettuati nel corso degli ultimi 35 anni si è visto che dispongono di recettori

visivi, sulla retina, anche per il campo dell’ultravioletto. Gli esseri umani dispongono di 3 tipi

di pigmenti nella retina, mentre gli uccelli ne hanno ben 4 (fino ad un picco di 5 nei colombi).

La visione in generale è dunque solitamente tetracromatica, ognuno dei coni contiene un

fotopigmento e una goccia di olio con pigmenti carotenoidi, che agiscono come filtri portando

l’assorbimento massimo a lunghezze d’onda maggiori. La sensibilità ai raggi UV trova

riscontri positivi ed utilità in molteplici situazioni:

Dimorfismo sessuale: in molte specie i maschi hanno una colorazione del piumaggio

molto più variopinta rispetto alle femmine, mentre in altre l’occhio umano non è in

grado di percepire alcuna; gli scienziati ipotizzarono che agli esseri umani potessero

risultare invisibili colori compresi nell’ultravioletto, i quali nella scelta del partner e

quindi nell’accoppiamento potrebbero invece risultare elemento discriminante. Muir

Eaton (Università del Minnesota) studiò 139 specie di uccelli nei quali l’occhio umano

non riscontrava dimorfismo; misurando le lunghezze d’onda della luce riflessa dal

piumaggio, notò che in più del 90% delle specie l’occhio dell’uccello era invece in

grado di percepire differenze sostanziali data la sensibilità alle lunghezze d’onda

differenti sensibili all’UV. Un gruppo di ricerca internazionale guidato da Franziska

Hausmann scoprì che i colori nei quali la componente UV è maggiore sono

solitamente concentrati nelle parti di piumaggio che vengono coinvolte nelle

esibizioni di corteggiamento piuttosto che nel resto del corpo. Le femmine risultano

sempre maggiormente attratte da maschi il cui piumaggio riflette in quantità maggiore

l’ultravioletto (Eaton 2003).

Condizioni di salute: l’indice di riflessione dei raggi ultravioletti è funzione della

struttura a livello submicroscopico del piumaggio, pertanto la riflessione nel campo

22

UV è prova di uno stato di salute del maschio. Studi condotti da Amber Geyser

(Università della Georgia) e Geoffrey Hill (Università di Auburn) hanno dimostrato

che solitamente i maschi col piumaggio a maggiore componente UV sono quelli più

grossi e in posizione dominante sugli altri.

Approvvigionamento di cibo e decorazioni per il pergolato: la percezione dei raggi

ultravioletti rappresenta un vantaggio anche nel procacciamento di risorse alimentari;

Burckhardt (Università di Regensburg) scoprì che la superficie lucida di molte bacche

e frutti riflette l’UV, segnalandone la presenza in maniera più evidente e

avvantaggiando quelle specie in grado di percepire la lunghezza d’onda.

La visione a colori diviene fondamentale per gli uccelli soprattutto in termini di navigazione

aerea; solitamente per molti animali si tratta invece di agevolazioni sostitutive ad un olfatto

sviluppato, per permettere loro di distinguere distintamente le differenze di colori del cibo che

possono essere indicatori di commestibilità e qualità (Mascalzoni e Regolin 2011).

8 - Il concetto di arte

Gran parte dell’architettura degli uccelli giardinieri implica processi cognitivi più simili a

quelli degli esseri umani di quanto possano esserlo quelli necessari a costruire anche il più

complesso dei nidi (Fig. 7). L’interpretazione delle capacità di questa famiglia va tuttavia ben

oltre: femmine e/o maschi di uccello giardiniere potrebbero essere guidati da un senso

dell’estetica, una sorta di personale concetto del “bello” (Grammer 2007).

Fig.8: Il pergolato di un uccello giardiniere maggiore

23

Secondo Darwin, il comportamento e la morfologia riscontrabili nei maschi di alcune specie

sono solamente una questione di “propaganda”; affinché questa possa svolgere il suo compito,

le femmine dovrebbero avere un’idea generale di ciò che è gradevole alla vista e di ciò che

non lo è. Citandolo: “[...] a proposito del senso del bello, questo senso sarebbe stato dichiarato

specifico dell’uomo [...] Negli uomini colti siffatte sensazioni sono intimamente associate a

idee e serie di pensieri complesse. Quando si scorge un uccello maschio nell’atto di esibire

elaboratamente le sue piume aggraziate o i suoi splendidi colori dinanzi alla femmina mentre

altri uccelli non altrettanto decorati non si producono in tali esibizioni, è impossibile dubitare

che la femmina ammiri la bellezza del suo compagno [...] I viali giocosi degli uccelli

giardinieri sono elegantemente ornati con oggetti gaiamente colorati, e ciò lascia intendere che

devono ricevere una sorta di piacere dalla vista di tali opere.” (Darwin 1872).

Il Dr. Endler ritiene che l’uccello giardiniere sia effettivamente in grado di comprendere il

concetto di arte così come lo intendono gli esseri umani, e seppur sia nel concreto un azzardo

tentare di darne una definizione universalmente la intende in questo modo: “L’arte visiva può

essere definita come la creazione di un modello visivo da parte di un individuo con l’obiettivo

di influenzare il comportamento di altri. Il senso artistico si può intendere come l’effettiva

abilità di produrre arte. L’influenza sul comportamento può variare da semplice attrazione e

spontaneo assistere all’arte all’accoppiamento degli spettatori con l’artista: questo è quello che

fanno gli uccelli giardinieri” (Endler 2010). Di certo è facile pensare che l’arte sia

effettivamente un’”inutile” manifestazione di tipo sensoriale o neurologico; tuttavia, nel caso

degli uccelli giardinieri la costruzione dei pergolati potrebbe andare a smentire quella netta

linea di demarcazione che da sempre separa le esperienze mentali umane e quelle degli altri

animali. Un’altra interpretazione dell’arte che aiuterebbe a far rivalutare le abilità cognitive

degli uccelli può essere di qualcosa che viene compiuto non solamente in termini di

sopravvivenza, beneficio o fitness, bensì di puro piacere personale e intrattenimento, oppure

esercizio volto al miglioramento delle capacità. La ricerca di tipo sensoriale sulla percezione

del cervello di quello che potremmo effettivamente catalogare inteso come “bello” o

“simbolico” ci porta a pensare che il senso estetico possa essere qualcosa che risale ai nostri

antenati primati. Ci sono differenti comportamenti che potremmo annoverare all’interno

dell’idea di produzione artistica, a partire dal canto degli uccelli, il quale può essere

perfezionato e modificato, oppure i differenti richiami elaborati così da fornire informazioni in

maniera rapida ed efficace. Quest’ultimo comportamento, tuttavia, esula dall’idea di arte

intesa come fonte di puro piacere ed intrattenimento (Grammer 2007).

24

Molti fattori vanno considerati per capire se effettivamente ciò che in quest’ambito viene

creato da un animale sia consapevole oppure frutto di puro caso (Kaplan 2006; Gould 2008);

per quanto riguarda l’uso del colore, ad esempio, un animale potrebbe dimostrare un’apparente

tecnica o qualcosa di simile ad un percorso, conclusione che si dimostrerebbe errata nel qual

caso lo studio del suo apparato visivo ci informasse della sua vista in bianco e nero. Altre

specie vedono lo stesso spettro di colori che vediamo noi, come i primati attivi durante il

giorno; la maggior parte degli uccelli è invece dotata di quattro pigmenti visivi.

E’ probabile che le attitudini alla pittura degli uccelli giardinieri derivino perciò dalla

predisposizione alla creazione e utilizzo di strumenti a scopo di immediata utilità.

La maggior parte degli studi effettuati su animali in tal proposito è tuttavia difficilmente

attendibile per plurimi motivi: prima di tutto, le condizioni nelle quali essi vengono a trovarsi

in grado di dipingere vengono artificialmente impostate, ergo non è un’attitudine spontanea

ma dettata da condizionamento esterno; in più, molto si è parlato dell’apparente stato di

tranquillità nel quale versano gli animali durante e dopo aver “prodotto arte” di sorta.

E’ molto probabile che questa condizione di benessere sia più che altro dovuta alle costanti

attenzioni che ricevono dagli esseri umani mentre dipingono piuttosto che dall’effettivo

piacere di dipingere o compiacimento di fronte al lavoro prodotto. Vi è testimonianza, tuttavia,

di animali che reagirono aggressivamente quando interrotti prima di aver terminato il dipinto. I

piccoli scimpanzé iniziano spontaneamente (fornito il materiale) a dipingere tra il primo e il

secondo anno di età, interrompendosi tuttavia prima di passare alla fase nella quale i disegni

assumono forme riconducibili a elementi della realtà (Kaplan 2006). I maschi della maggior

parte delle specie di uccelli giardinieri decorano i loro pergolati principalmente con oggetti

grigi e bianchi, che hanno preso il nome di “gesso” , termine utilizzato per indicare lo strato di

vernice preparatoria utilizzato prima di aggiungere la pittura su un quadro, che si dimostra

opportuno in quanto gli uccelli giardinieri maschi utilizzano questi oggetti bianchi e grigi

(disposti in ordine crescente di grandezza a mano a mano che ci si allontana dall’avenue) per

aggiungervene di colorati in cima (Kaplan 2006; Gould 2008; Endler 2010).

9 - Abilità cognitive e apprendimento

Tramite la complessa creazione di pergolati, gli uccelli giardinieri si sono rivelati molto simili

ai corvi, che dimostrano il loro ingegno tramite creazione di strumenti.

Questo potrebbe portare a pensare che il loro sia a tutti gli effetti un tipo di comportamento

intelligente: tuttavia la maggior parte degli studiosi sostiene che non ci sono prove a supporto

del fatto che il loro utilizzo della prospettiva forzata implichi realmente un pensiero

complesso. L’esempio più significativo che viene proposto a supporto di questa ipotesi

25

riguarda le vespe, che costruiscono eleganti nidi con strutture perfettamente simmetriche ma

hanno cervelli con un’organizzazione molto semplice (Gould 2008); allo stesso modo questo

tipo di comportamento potrebbe essere determinato a livello genetico e non richiedere alcun

tipo di capacità cognitiva. Nel qual caso la costruzione di pergolati fosse un tipo di

comportamento cognitivo, le femmine “ingannate” dall’illusione potrebbero

inconsapevolmente stare scegliendo il maschio con il cervello più sviluppato.

Non giungerebbe inaspettato l’utilizzo di tecniche specifiche considerando che gli uccelli

giardinieri sono strettamente imparentati con alcuni degli uccelli tra i più intelligenti

conosciuti come i corvi, le cornacchie, le ghiandaie. Non tutti gli uccelli giardinieri sono in

ogni caso accomunati dallo stesso livello di abilità nell’impostare le loro illusioni ottiche; il

Professor Edler scoprì che alcuni maschi sono molto più abili di altri nell’allestire la

disposizione degli oggetti nella maniera giusta. Le ricerche riguardanti l’intelligenza animale

al di fuori dell’ambito di quella umana si sono sempre basate su approfonditi studi sui primati,

in quanto nostri parenti più prossimi (Byrne 2007).

Scimmie, bertucce, babbuini e altri grandi mammiferi sociali dotati di cervello di grande

dimensioni come cetacei (in particolare balene e delfini), elefanti e carnivori da branco sono

da sempre gli oggetti di studio prediletti; gli uccelli vengono esclusi in quanto considerati

limitati all’apprendimento di tipo associativo, che consiste nell’esporre l’animale a due eventi

in un determinato ordine temporale. L’animale viene condizionato facendo sì che ad un

determinato evento E1 segua sempre un secondo evento E2 e viene registrato il modo in cui

esso li associa in quanto correlati e come di conseguenza varia il suo comportamento.

Un condizionamento classico prevede i due stimoli in sequenza, E1 (stimolo condizionato) è

poco rilevante per l’animale e può ad esempio essere un suono, che da solo non evoca alcuna

particolare risposta. Il secondo, E2 (stimolo incondizionato) è un evento di rilievo dal punto di

vista motivazionale, come la presenza di cibo. La vicinanza temporale tra i due eventi fa sì che

l’animale li associ e la risposta ad un secondo stimolo (es: aumentata salivazione) si abbia

anche nel qual caso lo stimolo presentato sia il primo. Questo tipo di apprendimento permette

agli animali di individuare le relazioni di causa-effetto tra eventi oppure familiarizzare con

regolarità dell’ambiente esterno così da renderli pronti alla comparsa dell’evento di rilievo.

Si parla invece di condizionamento operante quando E1 è una risposta comportamentale ed E2

un rinforzo, un esempio convenzionale è premiare l’animale con del cibo quando compie il

gesto richiesto o porta a termine un determinato compito. In questo caso la prossimità

temporale tra i due eventi condizionerà l’animale facendo sì che colleghi i due eventi e sappia

quale comportamento deve mantenere allo scopo di ottenere il premio; la conseguenza pratica

26

sarà un aumento di nell’attuare il compito assegnato (es: abbassare una leva, premere un

pulsante).

Nonostante gli studi più recenti si siano concentrati su colombi (Columba Livia), polli (Gallus

Gallus) e quaglie (Coturnix Coturnix), ci sono più di 9000 specie di uccelli alcune delle quali -

come i Corvidi e le Psittacinaceae- hanno proencefali all’incirca delle stesse dimensioni di

quelli delle scimmie superiori. Queste specie vivono in gruppi sociali complessi strutturati su

molteplici livelli e hanno lunghi periodi di sviluppo durante i quali sono oggetto di cure

parentali. E’ probabilmente una conseguenza di questa attitudine l’aspettativa di vita ben più

lunga rispetto a quella di moltissime altre specie. Questi 2 gruppi hanno ripetutamente

dimostrato di possedere abilità intellettive molto più sofisticate di quelle riscontrate in altre

specie di uccelli, e sono paragonabili in moltissimi ambiti a quelle di scimmie e altri primati

(Emery 2005). Questa superiorità potrebbe essere collegata all’esiguo numero di specie

analizzate nell’ambito della psicologia comparativa che non hanno cervelli di grandi

dimensioni nè sono particolarmente rinomate per aver dato prova di particolare intelligenza,

come infatti sono piccioni, polli e quaglie. Per l’evoluzione delle abilità cognitive, si rimane

dell’idea che la causa scatenante siano stati problemi socio-ecologici da dover risolvere che

non potevano essere portati ad una soluzione utilizzando un tipo di approccio per prove ed

errori, od un a risposta di tipo innato (Sovrano 2009; Jerison 1973). Molte le ipotesi su quali

possano essere questo tipo di stimoli scatentanti, incluse la vita in un complesso sociale, la

ricerca del cibo in differenti varaiabili di spazio e tempo, l’utilizzo di oggetti, l’estrazione di

risorse alimentari da conchiglie o strutture che necessitano di essere aperte/rotte.

Esattamente come questi tipi di input sembrano essere stati importantissimi per l’evoluzione

dell’intelligenza nei primati, alla stessa maniera è chiaro che hanno avuto fondamentale

importanza influenzando quella degli uccelli (Emery 2005). In ogni caso l’argomento di

discussione più pregnante riguarda le caratteristiche socioecologiche, neurobiologiche e

riguardanti l’evoluzione negli uccelli. Telencefalo di grandi dimensione e lunghi periodi di

sviluppo precedenti l’indipendenza sono tendenzialmente prerequisiti per considerare un

uccello intelligente. In aggiunta le dimensioni del cervello sono degne di nota anche nell’ottica

dell’aerodinamicità dell’animale, il cui intero corpo è volto alla maggior leggerezza possibile

per ottimizzare il volo; le specie che vi dedicano più tempo hanno telencefali

significativamente più piccoli rispetto a quelle sedentarie.

E’ limitante difatti catalogare e confrontare gli animali in analisi in termini di comparazione

tra taxa, infatti hanno grande influenza sullo sviluppo cerebrale/delle dimensioni e forma del

corpo l’ambiente e le condizioni climatiche, unite alle necessità e adattamenti dell’animale

27

stesso, ad esempio il volo, il nuoto o l’andatura bipede/quadrupede. Non trascurabili i fattori di

tipo ambientale che possono aver spinto ad un determinato tipo di evoluzione.

10 - Studi sulle dimensioni del cervello e capacità cognitive

Ciò che ha portato gli studiosi alla conclusione che gli uccelli sono principalmente guidati

dall’istinto nel loro agire e che abbiano capacità cognitive e di apprendimento limitate, è lo

sviluppo mediocre delle strutture cerebrali comparate con quelle dei mammiferi (i quali

presentano corteccia cerebrale impostata su 6 strati). Questo tipo di assunzioni preconcette ha

portato per lungo tempo gli studiosi a trascurare le ricerche e gli esperimenti riguardanti

l’apprendimento negli uccelli, che tutt’ora vengono generalmente annoverati all’interno dei

range di risultati ottenuti da test effettuati su un ristrettissimo numero di specie. Una delle più

attendibili motivazioni per spiegarlo viene dalla terminologia confusa utilizzata per definire le

varie regioni del telencefalo degli uccelli. Nella nomenclatura tradizionale il suffisso terminale

utilizzato era –striatum, inteso come “derivante dal ganglio basale”.

Assumendo che il ganglio basale è coinvolto in comportamenti specie-specifici come le cure

materne, attitudini sessuali e approvvigionamento di cibo, si giunse subito alla conclusione che

con strutture cerebrali in tal modo impostate gli uccelli fossero incapaci di ragionamenbti

flessibili o intelligenti. In verità gran parte del telencefalo degli uccelli deriva in realtà dal

pallium, dal quale ha origine anche la corteccia cerebrale esclusiva dei mammiferi.

Quest’ultima è plurilaminata e consiste di 6 strati dalla superficie alla zona basale; ognuno ha

il suo particolare tipo cellulare, sistemi connettivali e composizione neurochimica.

Il telencefalo degli uccelli, invece, è nucleato con struttura laminare ridotta o anche assente e

presenta una sola eccezione: la regione palliale dorsale si trova sulla superficie dorsale del

telencefalo e consiste di 3-4 strati (con dimensioni variabili, ridotte nei colombi e più ampie

nei gufi). Esattamente come nella corteccia cerebrale, ognuno di questi ha il proprio sistema

connettivale e neurochimico. Le informazioni di tipo visivo sembrano infatti essere processate

tramite modalità simili sia nel cervello dei mammiferi sia in quello degli uccelli.

La via tattofugale è importante per l’orientamento riferito agli oggetti. Le informazioni

vengono elaborate seguendo questo percorso: retina – tetto ottico – nucleo rotondo (pulvinare)

– endopallio. La via talamofugale è importante per identificare gli oggetti; l’informazione

negli uccelli viene elaborata in questa maniera : retina – nucleo laterale genicolato del talamo

– regione palliale dorsale. Una struttura connettiva simile è stata proposta anche per spiegare

le modalità dei sistemi somatosensoriale e motorio sia degli uccelli sia dei mammiferi.

Non si ha tuttavia certezza riguardo a quali aspetti di questi tratti anatomici si siano evoluti da

un antenato comune e quali invece si siano formati indipendentemente (Reiner 2011, Emery

28

2005). L’esempio più esplicativo nell’ambito di una potenziale convergenza nell’evoluzione

dei sistemi neurali del cervello degli uccelli e dei mammiferi è l’esistenza della corteccia

prefrontale; nei mammiferi questa contribuisce a funzioni d’organizzazione, pianificazione e

flessibilità dei comportamenti in base ad informazioni precedentemente acquisite. Potremmo

aspettarci che le altre specie che presentano molti tratti cognitivi complessi di questo genere

abbiano un’area funzionalmente equivalente a livello del telencefalo. Il candidato più

plausibile è il nidopallio caudolaterale (CLDN). Studi di tipo neurobiologico hanno infatti

rivelato notevoli somiglianze per quanto riguarda la connettività, la neurochimica, la

neurofisiologia e le funzioni con la corteccia prefrontale dorsolaterale dei mammiferi.

Ad esempio, se questa viene lesa vengono compromesse le azioni di apprendimento inverso,

compiti mnemonici e alcuni capacità di discriminazione di tipo visivo. Inoltre, la distribuzione

di fibre DA e recettori D1 è molto simile a quella della corteccia prefrontale dei primati; le

strutture “corrispondenti”, se lesionate, compromettono lo stesso tipo di capacità. Infine, anche

il CDLN è connesso con aree sensoriali secondarie e proietta alle aree somatomotoria e

limbica del ganglio basale, il che influenza responsi di tipo affettivo e comportamentale nella

stessa maniera in cui questo avviene nei mammiferi (Emery 2005). Un nuovo spunto dato alla

ricerca fu dato dall’idea che le dimensioni totali del cervello potessero non essere un

indicatore valido per valutare l’intelligenza, in quanto il cervello non solo risolve problemi di

tipo cognitivo ma percepisce gli oggetti nell’ambiente ed adempie a funzioni di tipo

regolatorio e vegetativo, come monitorare il battito cardiaco, la respirazione e simili. Si può

pensare dunque che le dimensioni del cervello stesso siano semplicemente correlate alle

dimensioni del corpo e che non vi sia stretto nesso tra dimensioni e capacità cognitive (Jerison

1973). Con un cervello di dimensioni minori, la soluzione consiste in un incremento nel

numero di neuroni; in tal modola neuroarchitettura giungerà ad un alto livello di efficienza

funzionalmente analoga a quella del neocortex dei primati.

La conseguenza sarà una diminuzione proporzionale della densità connettivale in quanto il

numero di connessioni per ogni neurone deve rimanere costante. Le aree vicine sono connesse,

mentre quelle distanti rimangono indipendenti a livello funzionale. Un tipo di architettura

nervosa che preveda anche un’integrazione funzinale tra alcune aree poste a maggior distanza

permette l’ottimizzazione della funzionalità (es: il sistema visivo di gatti e scimmie).

E’ stato osservato che corvi, cornacchie e gazze hanno un maggior numero di neuroni e

densità neuronale molto maggiore nel prosencefalo rispetto ad esempio ai colombi. Se questo

tipo di variabilità neurale è una spiegazione per la loro sviluppata intelligenza, ci aspetteremo

di trovare sempre un maggior numero di neuroni nel prosencefalo di tutti i corvidi e pappagalli

29

-in contrasto con le specie non imparentate e considerate meno intelligenti- e di trovarli nelle

aree del prosencefalo che equivalgono per funzioni alla corteccia dei primati, ovvero

nidopallio e mesopallio. Da non dimenticare inoltre, le dimensioni totali comprendono regioni

che non hanno alcuna importanza in termini di cognizione, come il tronco encefalico, o hanno

altre funzioni come l’isocortex, il nidopallio e il mesopallio. Jerison compilò un indice della

misura relativa del cervello correlata alla dimensione del corpo (EQ = encephalization

quotient), per permettere di definire l’effettiva relazione tra le due (Fig.7) (Emery 2005).

Fig.7: Grafico di dispersione che mette in comparazione le dimensioni del corpo (g) con il volume del

telencefalo (mm3)

. (Basil et al. 1996 and Healy & Krebs 1992)

I corvidi ad esempio hanno la stessa dimensione relativa riscontrabile negli scimpanzé, ed in

entrambe le specie il cervello è più grande di quanto ci si aspetta.

Nella maggior parte degli altri uccelli analizzati invece si riscontrano dimensioni uguali o poco

inferiori a quelle attese (Jerison 1973). Un’altra probabile ragione che ha spinto da sempre a

sottovalutare le capacità cognitive degli uccelli è l’approccio di tipo antropocentrico con il

quale essi vengono analizzati; ci si è infatti da sempre concentrati su quel tipo di processi

d’apprendimento e cognitivi che sono caratteristici sia dell’essere umano sia di altri animali

(es: l’apprendimento di tipo associativo o concetti come i numeri o il linguaggio). Le

caratteristiche sulle quali focalizzare l’attenzione per una ricerca obiettiva erano sicuramente

altre, ad esempio la capacità degli uccelli di discriminare tra differenti immagini.

Uccelli appositamente “addestrati” si sono dimostrati in grado di riconoscere differenti oggetti

in base al materiale, alla forma e alla posizione nello spazio, nonchè di richiederli

esplicitamente e definire quanti esemplari del suddetto oggetto fossero presenti. I colombi, ad

30

esempio, possono distinguere tra immagini ritraenti persone, altri colombi, elementi della

natura (alberi, acqua, fiori), oggetti particolari e addirittura stimoli di tipo arbitrario come

specifiche lettere dell’alfabeto e quadri di differenti correnti artistiche; questi ultimi vengono

addirittura riconosciuti in base allo stile pittorico utilizzato previa esposizione degli animali

ad altri esempi riconducibili allo stesso stile (Sovrano et Al; 2009).

CONCLUSIONI

Concludendo, la domanda che ci si pone avvicinandosi allo studio di questi animali è per quale

motivo un’esemplare femmina scelga come partner il maschio che ha costruito il pergolato

migliore. Le spiegazioni sono, come abbiamo visto, molteplici: un pergolato integro e ben

costruito può voler dire che il maschio in questione è abile nel difenderlo dagli attacchi di altri

maschi e a tenerlo in buone condizioni, probabile dimostrazione della sua buona salute, del

suo vigore e di ottime condizioni fisiche. E’ affascinante pensare come il pergolato e le sue

componenti siano una sorta di estensione del fenotipo del maschio al di fuori del suo corpo,

che gli permette di puntare su di un fattore estetico per aumentare la sua fitness, proteggendolo

al contempo dalla facile predazione cui sarebbe soggetto se a svolgere lo stesso compito

fossero vistosi elementi fenotipici. In un approccio di tipo cognitivo, per determinare le

effettive capacità di questi animali, vanno considerati i potenziali adattamenti per la resistenza

agli incendi, la creazione della prospettiva forzata tramite Illusione di Ponzo e la peculiare

concatenazione di elementi tramite i quali un esemplare femmina opera la sua scelta sessuale.

Nell’ottica dei recenti studi che sminuiscono la concezione di una complessità cerebrale

correlata alle dimensioni del corpo per intero, è facile arrivare a pensare che i complessi

comportamenti e le capacità dimostrate dagli uccelli giardinieri non siano dunque conseguenza

di un operare istintivo o per “prove ed errori” quanto invece sviluppo di un comportamento

innato tramite capacità cognitive degne di nota (tra le quali va menzionato lo sviluppo di un

senso estetico) ed evoluzione in risposta all’ambiente.

31

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