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Università degli Studi di Roma
“Tor Vergata”
Facoltà di Ingegneria
CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN INGEGNERIA MEDICA
Tesina del corso di Tecnologie Chirurgiche Innovative
Prof. Francesco Rulli
Anno Accademico 2006/2007
“Strumentario in chirurgia laparoscopica:
gli strumenti da presa”
Pamela Rammauro
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1. Introduzione
Il continuo evolversi delle tecnologie ha influenzato molti settori scientifici
e quello a cui si rivolge un particolare interesse è il vasto campo della
medicina che nel corso della storia è stato teatro di interessanti scoperte e
soprattutto ha consentito di mettere in pratica avanzate tecniche
chirurgiche supportate da una rilevante esperienza nel settore da parte del
personale.
L’avvento della chirurgia mininvasiva ha segnato l’inizio di un nuovo ed
emozionante periodo per il mondo chirurgico: gli interventi eseguiti per via
videoendoscopica infatti, pur seguendo la stessa linea di intervento usata
per le tecniche chirurgiche classiche, consentono di minimizzare più
possibile il trauma chirurgico connesso all’attraversamento della parete
toracica o addominale, di ridurre il dolore se non le possibili complicanze
legate alla ferita nel decorso post-operatorio e quindi consentire in un
breve periodo di tempo una buona ripresa di tutte le funzioni fisiologiche
del paziente.
Un costante allenamento su efficaci simulatori realizzati e utilizzati in
specifici “dry-lab” (laboratori a secco) ha permesso poi di superare per la
maggior parte dei chirurghi una serie di difficoltà connesse non solo ad
una iniziale mancanza di esperienza nei confronti di questa nuova tecnica
operativa ma anche ai limiti che essa impone, come la ristrettezza della
visione del campo operatorio, i limiti di spazi anatomici e la perdita della
sensibilità profonda.
In questo scenario di evoluzione nel settore della chirurgia non può non
essere sottolineata l’importanza che ricopre lo strumentario chirurgico.
L’innovazione tecnologica ha consentito di adattare gli strumenti operativi
alla nuova tecnica di intervento, rendendoli più maneggevoli e affidabili,
con una determinata facilità d’impiego, una ridotta necessità di
manutenzione, facile intercambiabilità, ridotte dimensioni e dai costi non
esageratamente elevati rispetto ai corrispondenti strumenti usati in
chirurgia “open”.
Una prima e fondamentale distinzione è rappresentata dalla suddivisione
degli strumenti in riutilizzabile e monouso caratterizzati da importanti
vantaggi e svantaggi che ne determinano le caratteristiche più salienti.
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Nonostante le difficoltà che ancora oggi sussistono per l’esecuzione di
interventi in laparoscopia e toracoscopia, attualmente è la tecnica più
utilizzata ed è oggetto di una continua evoluzione tecnologica, segno di un
mondo che sta cambiando, proiettato sempre di più a migliorare e a
salvaguardare la salute umana.
2. Strumenti chirurgici
La stretta collaborazione tra il
mondo della medicina e le diverse
aziende produttrici di dispositivi
medici nasce proprio dall’ascoltare
le esigenze dettate proprio da ogni
specializzazione chirurgica: gli
ingegneri del settore propongono
così un range di strumenti che si
adattano alle varie richieste e che
rispondono ad un intero campo di
funzioni chirurgiche (come per
esempio il fissaggio, la presa, la
dissezione e il taglio).
I requisiti di base, a cui deve
sottostare uno strumentario per chirurgia laparoscopica, sono
rappresentati da una serie di caratteristiche peculiari che consentono di
far fronte alle diverse difficoltà legate all’impiego della tecnica mininvasiva,
rispecchiando la necessità quindi di lavorare in uno spazio anatomico
piuttosto ridotto e con una ristretta visione del campo operatorio.
Sono perciò di facile uso, affidabili, di piccole dimensioni, con costi di
manutenzione contenuti, dotati di un’ergonomia tale da rendere più
semplici le manovre chirurgiche in cavità toracica esaltando un maggior
comfort operativo.
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2.1 Caratteristiche generali degli strumenti
laparoscopici
In commercio sono presenti strumenti con diverso diametro il cui valore
varia in un range compreso tra 1.8 fino a 12mm. La presenza di diversi
diametri, che si adattano alle svariate situazioni chirurgiche, classifica gli
strumenti anche in base al grado di rigidità: più sono lunghi e sottili e più
questi strumenti sono particolarmente flessibili.
• Diametro 1.8-2 mm:
Appartengono a questa prima suddivisione i graspers con estremità
operative affusolate, fenestrate e dentate oltre ai tubi per la suzione-
irrigazione; non sono disponibili in queste dimensioni i ganci per la
dissezione.
• Diametro 3-3.5 mm:
La maggior parte degli strumenti di 5mm si trovano in commercio anche in
questo range di diametro. Questi consentono delle incisioni più piccole in
procedure laparoscopiche eseguite di routine, come le operazioni di
cistifellea o per il reflusso gastroesofageo, oppure in quelle praticate più
sporadicamente (come gli interventi eseguiti su ghiandole endocrine e su
zone cervicali).
Nonostante ciò, gli strumenti di questo diametro sono molto più fragili e
hanno una rigidità di asta minore rispetto ai corrispettivi strumenti di 5
mm.
Nel 2002, nessun grasper bipolare con questi diametri fu reso disponibile
in commercio.
• Diametro 5 mm:
Questo diametro rappresenta il valore più comune con cui vengono
realizzati la maggior parte degli strumenti laparoscopici, per esempio tutti i
tipi delle pinze da presa, le forbici, i ganci, i graspers bipolari e lo
strumentario articolato o angolato.
• Diametro 10-12 mm:
A parte l’endoscopio, gli strumenti con questo diametro vengono usati o
per la retrazione e l’esposizione oppure per contenere un meccanismo
integrato (applicatori di clip, suturatici lineari, ecc).
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Lunghezza
Per quanto riguarda la lunghezza dello strumento, la dimensione varia da
34 a 37 cm, a seconda anche della casa produttrice, per eseguire la
maggior parte delle operazioni chirurgiche. Strumenti più piccoli (da 18 a
25 cm) vengono impiegati in ambito pediatrico o per interventi cervicali;
possono trovare utilizzo anche in operazioni per adulti (per la cistifellea per
esempio) ma questo indurrebbe ad un cambio nella posizione di inserzione
e ad un adattamento di tecniche operative.
Diverse aziende produttrici hanno messo in commercio strumenti anche
molto più lunghi (circa 45cm) rispondendo alle difficoltà di intervento su
persone obese (sempre più in crescita) e pazienti molto alti.
Gradi di libertà
Dal punto di vista del movimento, lo strumentario laparoscopico
(maggiormente pinze da presa e forbici) è caratterizzato dalla semplice
funzione di apertura e chiusura; durante gli ultimi anni è stata aggiunta a
questa il movimento di rotazione a 360° consentendo un aumento
significativo del grado di libertà
di movimento.
Comunque, parte di questo
strumentario è progettato per
prevenire il movimento di
rotazione completa quando lo
strumento è strettamente chiuso
(nel caso di posizionamento di
clips); questa particolarità
permette la retrazione del
tessuto con maggior facilità e può essere svantaggiosa laddove il chirurgo
desideri ruotare il tessuto afferrato.
Alcuni strumenti sono dotati di una certa angolazione in prossimità delle
due estremità, in aggiunta ai normali 4 gradi di libertà: questa
caratteristica consente a questi strumenti di venire utilizzati nel
superamento di ostacoli e nel caso di afferraggio laterale quando lo
strumento è posizionato al di fuori del campo visivo.
La difficile sterilizzazione dello strumento dovuta alla presenza di questo
complesso meccanismo, ha portato i produttori a scegliere la versione
monouso di questi strumenti.
Figura 1: Rotazione di 360° dell'estremita dello strumento laparoscopico
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Sterilizzazione
La sterilizzazione dello strumentario chirurgico deve seguire gli standard di
sicurezza.
Questi dipendono dalla legislazione adottata in ogni singolo paese, che può
richiedere diversi sistemi e tempi di sterilizzazione.
Per esempio:
- Germania: la sterilizzazione del prione (malattia Creutzfeld-Jacob) è
richiesta per legge; per questo motivo, la legislazione tedesca
richiede la sterilizzazione in autoclave a vapore a 134°C per circa 5
minuti;
- Francia: la legislazione francese richiede la sterilizzazione in
autoclave a vapore a 134°C per 18 minuti;
- America: esistono diversi documenti ai quali si fa riferimento per la
scelta dei criteri di sterilizzazione per i dispositivi medici, per
esempio l’ANSI/AAMI ST81:2004 dove la sigla ANSI indica
“American National Standards Institute” e la sigla AAMI invece per
“American Association of Medical Instrumentation”.
Tra i numerosi sistemi di sterilizzazione si individuano:
- Ossido di etilene;
- Autoclave a vapore,
- Perossido di idrogeno.
Lavaggio
Le tecniche di lavaggio degli strumenti vengono dettate dal modo in cui
quest’ultimi vengono progettati.
Alcuni strumenti vengono completamente smontati e ogni pezzo viene
lavato singolarmente. Altri invece non possono essere smontati e
presentano una sorta di beccuccio all’interno del quale viene fatta scorrere
acqua.
Per questo tipo di lavaggio si richiede un abbondante risciacquo (300cc)
sotto pressione alla fine di ogni uso.
Un lavaggio incompleto seguito da una sterilizzazione eseguita in autoclave
ad alta temperatura può determinare la coagulazione di proteine all’interno
degli stessi canali appena descritti e può portare le varie articolazioni
presenti nello strumentario al malfunzionamento.
Ergonomia
L’aspetto ergonomico di uno strumento chirurgico riveste un ruolo
essenziale nella scelta da parte del chirurgo di un preciso set di strumenti
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piuttosto che altri: decidere se quello strumento è confortevole o meno
significa vedere se soddisfa le varie necessità, i bisogni richiesti nelle
specializzazioni chirurgiche, se è comodo da utilizzare, se è pratico e
consente di compiere diverse funzioni senza troppi movimenti.
Diverse sono le impugnature realizzate per lo strumentario chirurgico: esse
forniscono oltre che un’ottima sensibilità tattile anche una serie di
funzioni, necessarie per una procedura chirurgica precisa ed efficace, che
vengono svolte con dei semplici movimenti delle dita consentendo perciò
manovre sicure.
Alcuni strumenti presentano delle impugnature disposte a 90° rispetto
all’asse di lavoro, altre invece (nel porta-aghi e contro-porta-aghi)
assumono la configurazione a cilindro, come in figura 2. Per gli strumenti impiegati in elettrochirurgia l’impugnatura può
presentare un connettore, o sull’anello o nella parte alta, al quale si collega
poi il cavo unipolare (per esempio nel modello Auto Suture ENDO
DISSECT*).
Oltre alle impugnature, anche la scelta del modello di ganasce da
utilizzare desta particolare attenzione da parte del chirurgo: più che il tipo
di superficie e di estremità (ognuna è progettata per appositi tessuti con
una relativa e determinata pressione da imprimere al tessuto stesso), la
scelta ricade sull’azione delle ganasce, ossia singola, con solo una ganascia
mobile e l’altra fissa, o doppia dove entrambe sono mobili.
Sicuramente nel primo caso l’apertura dello strumento è molto limitata ma
la forza che si imprime durante la chiusura è nettamente superiore: il
Figura 2: Posizione dell'impugnatura rispetto all'asse di lavoro
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porta-aghi per esempio viene realizzato con il movimento di una sola delle
due ganasce.
Un altro interessante aspetto ergonomico di cui spesso si tiene conto nella
progettazione di uno strumento è la posizione che deve essere assunta dal
chirurgo e dal paziente durante una particolare operazione.
Per eseguire un intervento più preciso e sicuro e con maggior successo è
importante per il chirurgo trovarsi in una posizione più ergonomica
possibile e questo dipende quasi esclusivamente dall’ergonomia adottata
per ogni strumento: per esempio, uno strumento con una impugnatura ad
angolo retto non consente ad un chirurgo di operare nella zona epigastrica
quando è posizionato tra le gambe del paziente.
A questo proposito, bisogna tener conto di importanti fattori: l’organo su
cui bisogna intervenire, il posizionamento dei trocars (i quali, anche per la
loro struttura, impongono dei limiti al movimento degli strumenti stessi
durante le manovre chirurgiche), le caratteristiche anatomiche se non la
posizione del paziente stesso.
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La più importante distinzione degli strumenti presenti in commercio
rimane quella in monouso e riutilizzabile, rappresentati da caratteristiche
peculiari, nelle quali emergono diversi vantaggi e svantaggi.
L'impiego di un tipo di strumento piuttosto che un altro deve essere
oggetto di discussione tra le diverse esigenze, che hanno il chirurgo e
l'amministratore, per una scelta strategica ponderata.
La scelta deve essere effettuata non solo in relazione all'analisi dei costi,
ma anche deve considerare la realtà economica, il rapporto con i fornitori e
tutti i problemi dei dipendenti dell'unita sanitaria come la disponibilità del
personale infermieristico, la copertura dei turni lavorativi, l'operatività del
servizio di lavaggio e sterilizzazione, le risorse finanziarie disponibili, le
facilitazioni di pagamento ed ancora l'ammortamento dei costi in relazione
all'impiego previsto.
2.2 Strumenti monouso
I processi di lavaggio, disinfezione e sterilizzazione richiedono non solo
molto tempo ma anche un’attrezzatura specializzata e personale. Gli
strumenti appartenenti a questa categoria evitano tali necessità: vengono
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impiegati per l’appunto per un solo ed unico paziente e successivamente
eliminati; una seconda sterilizzazione di strumenti monouso, dopo che
sono già stati usati una volta, oltre ad essere vietata dalle norme sanitarie
italiane, è pericolosa: lungo lo stelo dello strumento rimane intrappolata
una modesta quantità di sangue (non rimovibile con il lavaggio e la
sterilizzazione), che può essere causa di trasmissione di una malattia
infettiva.
I monouso, inoltre, vengono realizzati con dei materiali che non resistono
alle alte temperature impiegate nell’autoclave: il calore può infatti
danneggiare i componenti meccanici di questi strumenti (fusione delle
plastiche, blocco delle giunture, disfunzione del sistema di sicurezza, ecc)
rendendoli mal funzionanti e pericolosi.
Tra i vantaggi di queste tipo di strumentario si riscontra:
una totale assenza di manutenzione;
un’affidabilità quasi assoluta;
un elevato standard costruttivo;
una garanzia assoluta di igiene e sterilità;
sicurezza del paziente;
nascita di un rapporto fiduciario con la ditta costruttrice scelta.
I limiti che invece si presentano con l’utilizzo dei monouso riguardano in
modo particolare:
breve durata nel tempo;
maggiori necessità di spazio per lo stoccaggio (per questi strumenti, il
rifornimento in strutture ospedaliere viene fatto generalmente 1-2 volte
al giorno);
necessità di smaltimento a fine intervento, e quindi
elevato costo di smaltimento;
necessità di controllo per il continuo rifornimento.
Per quanto riguarda i costi connessi all’impiego di questo tipo di
strumentario, bisogna sottolineare il costo di acquisto, a cui si aggiunge il
costo amministrativo per gara d’appalto annua rinnovabile, e il costo di
smaltimento (considerando il trasporto e l’incenerimento al kg). E’
importante sottolineare il fatto che, a proposito dello smaltimento di
strumenti monouso, nelle diverse sedi ospedaliere esistono appositi
contenitori (i cosiddetti R.O.T. ossia rifiuti ospedalieri trattati), fatti
generalmente in plastica, dove vengono quindi gettati questi particolari
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dispositivi medici. Lo strumentario monouso si adatta forse maggiormente
all'impiego in chirurgia d'urgenza e per le equipe chirurgiche, che non
svolgono attività mininvasiva intensiva; è spesso consigliato però che il
monouso sia sempre e in ogni caso di scorta nell'eventualità di una rottura
o dell'indisponibilità dello strumentario riutilizzabile.
2.3 Strumenti riutilizzabili
Gli strumenti riutilizzabili, diversamente dai monouso, dopo l’impiego,
vengono smontati, puliti con diversi detergenti, sterilizzati ed imbustati
singolarmente o insieme con gli altri per costituire un set operatorio.
I “pro” di questo strumentario sono:
minor necessità di spazi per lo stoccaggio;
non necessità di smaltimento;
minor costi;
robustezza;
lunga durata nel tempo.
Tra i “contro” invece si sottolinea:
assidua manutenzione specializzata per la pulizia e la sterilizzazione
dopo ogni intervento;
conducibilità elettrica;
usura (per esempio dei sistemi di penetrazione, delle guaine isolanti di
rivestimento oppure dei sistemi meccanici di azionamento);
possibilità di malfunzionamento (montaggio o guasto sfuggito);
minor sicurezza del paziente;
difficoltà di sostituzione in caso di rottura precoce;
Per i costi enunciati nei “pro”, si sottintende il costo d’acquisto (compreso il
costo amministrativo per gara singola), i costi di riparazione, il costo
relativo allo smontaggio,lavaggio e sterilizzazione ed infine il costo
sostituzione di fine vita.
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2.4 Considerazioni sugli strumenti monouso e
riutilizzabili
Nei primi anni di vita della laparoscopia, il materiale utilizzato era
prevalentemente riutilizzabile, inducendo le aziende produttrici a produrre
strumentario laparoscopico dedicato.
Con il passare del tempo, cominciarono a presentarsi i primi problemi
legati all’uso di questa tipologia di strumenti: lo stesso design di questi
dispositivi richiedeva abbastanza tempo per le operazioni di
ricondizionamento, sterilizzazione e riassemblaggio. Inoltre, proprio per la
presenza di lumi, canali operativi e diverse connessioni, si aumentava il
rischio di favorire la persistenza di materiale o residuo proteico.
Era quindi possibile osservare l’usura dei materiali, usati per la
realizzazione degli strumenti, in varie parti come per esempio nei sistemi di
penetrazione, nelle guaine isolanti di rivestimento e nei sistemi meccanici
di azionamento.
E’ proprio in questo scenario svantaggioso che inizia ad essere richiesto
uno strumentario che possa essere utilizzato una sola volta per un unico
paziente, diminuendo nettamente il rischio di contaminazione e
garantendo quindi un’elevata affidabilità, igiene e sterilità ogni volta che il
dispositivo venga utilizzato.
Nasce così lo strumentario monouso!
La scelta tra materiale monouso e riutilizzabile non è sempre facile e
ancora oggi ricade non solo sulla preferenza da parte dei chirurghi, che
richiedono giustamente uno strumento che sia efficace, efficiente, sicuro,
maneggevole ed economicamente vantaggioso, ma anche sui limiti imposti
dalla sterilizzazione e delle risorse umane e sul tipo di politica adottata
nell’ambito sanitario in ciascun paese.
Nei paesi dove le tecniche di sterilizzazione sono più difficili (in Europa e
USA), i chirurghi spesso si trovano a scegliere per gli interventi le
apparecchiature monouso per far fronte agli elevati costi legati alle
tecniche adottate per la pulizia dello strumentario chirurgico.
Sulla base delle nuove esigenze da parte del personale sanitario, diverse
aziende hanno ultimamente iniziato a mettere in commercio delle
attrezzature composte da parti riutilizzabili e quindi sterilizzabili e parti
monouso, caratterizzando così un nuovo gruppo di strumenti.
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Figura 3: Esempi di strumenti mono-riutilizzabili
L’utilizzo di questi materiali (mono-riutilizzabile) garantisce le esigenze di
sicurezza e allo stesso tempo consente di abbattere i costi dello
strumentario.
3. Apparecchiatura laparoscopica
L’apparecchiatura laparoscopica deve essere presentata su vassoi
appositamente progettati per questo uso.
Un vassoio tipico per interventi addominali laparoscopici contiene oltre agli
strumenti laparoscopici anche quelli tradizionalmente usati in chirurgia
“open” (bisturi, divaricatori, pinze, porta-aghi, forbici).
La maggior parte delle procedure laparoscopiche effettuate
quotidianamente vengono eseguite con il supporto di strumenti per la
presa e per la dissezione dei tessuti, per il sistema di aspirazione e
irrigazione.
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Nell’esecuzione di interventi
mininvasivi, inoltre, i
chirurghi si avvalgono di un
uso combinato di strumenti
monouso e riutilizzabile: per
quanto riguarda
l’apparecchiatura monouso,
si intende i trocars (che
consentono il transito degli
strumenti operatori), forbici,
uso di clips e sistemi di
sutura quando è richiesto
l’impiego di un numero
elevato di questi; tra gli strumenti riutilizzabili viene raccomandato l’uso di
aghi coagulanti, di strumenti da presa, di porta-aghi, forbici per utilizzi
eccezionali.
In questa relazione vengono evidenziate maggiormente le caratteristiche di
solo una categoria di strumentario: i graspers (o strumenti da presa).
4. I graspers
Gli strumenti disegnati e realizzati in chirurgia per l’afferraggio o la
dissezione dei tessuti esistono nella forma di numerose varianti.
Una prima distinzione viene effettuata in base alla forma delle due
estremità delle pinze che possono distinguersi così:
appuntite;
con dentatura multipla per presa atraumatica e precisa;
affusolate;
ad angolo retto per passare dietro e isolare meglio le diverse
strutture;
curvate;
fenestrate: sebbene tali pinze non sono comuni in chirurgia aperta,
sono diventate fondamentali in laparoscopia in quanto consentono
un morso dei tessuti sicuro e atraumatico, particolarmente nel caso
dell’intestino.
Figura 4: Esempi di apparecchiatura laparoscopica usati in interventi addominali
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In aggiunta alle caratteristiche delle estremità, gli strumenti da presa
presentano delle peculiarità anche per quanto riguarda la superficie
all’interno delle due ganasce; a seconda dell’uso a cui sono finalizzate e
tenendo conto che i possibili tessuti che vengono afferrati sono
caratterizzati ciascuno da specifiche proprietà, possono essere per
esempio:
dentate per afferraggi atraumatici dei visceri sfuggenti;
rivestite di tungsteno per lavori di precisione;
piatte per presa molto forte;
Figura 5: Esempi di strumenti da presa
Per quanto riguarda l’impugnatura delle pinze da presa, dal momento che
possono essere usate per prendere un tessuto per un lungo periodo di
tempo (pari alla durata di un qualsiasi intervento chirurgico), viene
realizzata in modo tale da non affaticare la mano del chirurgo posta in
tensione: il meccanismo di chiusura e apertura è incorporato nella
medesima impugnatura disposta ad angolo retto rispetto all’asse di lavoro,
sono presenti due anelli di cui uno, generalmente il più piccolo, serve per
adagiare il pollice mentre l’altro, un po’ più grande, per inserire due o più
dita; è presente di solito un meccanismo di arresto definito ratchet ON/OFF
che consente la chiusura delle ganasce a diverse posizioni senza che
l’operatore eserciti alcuna pressione quando questo comando viene
posizionato, con un semplice movimento delle dita, su ON altrimenti
consente il normale movimento di apertura/chiusura quando questo è
messo su OFF.
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ENDO CLINCH* II
L’ENDO CLINCH* II Auto Suture è un esempio di pinza da presa monouso
caratterizzata da un diametro pari a 5mm, una lunghezza di 31cm e un
meccanismo di arresto delle ganasce.
Figura 6: ENDO CLINCH* Auto Suture* 5mm
L’estremità dello strumento, visibile in figura 7, di lunghezza pari a 2.8cm,
sono di tipo “a coccodrillo” e fenestrato per una presa atraumatica
(generalmente utilizzata per l’afferraggio del tessuto cutaneo).
Le ganasce possono assumere diverse posizioni al variare degli scatti che
compie l’impugnatura (quando il comando ratchet è posizionato su ON):
nella tabella seguente vengono riportate le misurazioni dell’apertura
massima delle ganasce.
Figura 7: Estremità dell' ENDO CLINCH* Auto Suture 5mm
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Scatto 0 (apertura massima) 2.9 cm
Scatto 1 2.5 cm
Scatto 2 1.4 cm
Scatto 3 0.8 cm
Scatto 4 0.3 cm
Scatto 5 (chiusura) 0.0 cm
Dopo lo scatto 5 l’impugnatura permette di eseguire altri 3 scatti che
rendono la presa più tenace.
Figura 8: Impugnatura dell' ENDO CLINCH* Auto Suture 5mm: è visibile l’interruttore ratchet di inserita/disserita e una manopola (gialla) che consente la rotazione di 360° delle due estremità intorno all’asse di lavoro.
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ENDO GRASP*
Un altro tipo di grasper monouso è l’ENDO GRASP* Auto Suture (figura 9):
ha un diametro di 5mm e una lunghezza pari a 31cm.
Figura 9: ENDO GRASP* Auto Suture* 5mm
In figura 10 vengono mostrate le due estremità di questo strumento: si
estendono per 2.7cm, sono “a becco d’anatra”, smussate; vengono
particolarmente utilizzate per un’estesa pinzatura dei tessuti, in grado di
determinare un’emostasi meccanica.
L’impugnatura, in figura 11, oltre a presentare una manopola che regola,
con un semplice movimento di dita, la rotazione delle ganasce intorno
all’asse di lavoro e al comando ratchet che serve al bloccaggio delle
estremità in diverse posizioni, mostra un anello più piccolo, per inserire il
pollice, e un anello più grande per inserire più dita.
Figura 10: Estremità dell' ENDO GRASP* Auto Suture 5mm
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Anche in questo caso le ganasce possono assumere diverse posizioni al
variare degli scatti che compie l’impugnatura (ratchet è posizionato su ON):
nella tabella seguente vengono riportate le misurazioni dell’apertura
massima delle ganasce.
Scatto 0 (apertura massima) 2.2 cm
Scatto 1 2.0 cm
Scatto 2 1.2 cm
Scatto 3 0.7 cm
Scatto 4 0.3 cm
Scatto 5 0.1 cm
Scatto 6 (chiusura) 0.0 cm
Dopo lo scatto 6 l’impugnatura permette di eseguire altri 2 scatti che
rendono la presa più tenace.
Figura 11: Impugnatura dell' ENDO GRASP* Auto Suture 5mm
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ENDO DISSECT*
L’ENDO DISSECT* Auto Suture presenta le stesse caratteristiche dei due
strumenti appena descritti: è lungo 31cm per un diametro di 5mm.
La particolarità si manifesta sull’impugnatura dove è visibile, dalla figura
13, la presenza di un connettore al quale si collega il cavo che permette
allo strumento di svolgere la funzione di cauterizzatore monopolare.
All’ estremità è presente una pinza di KELLY, figura 14, costituita da due
ganasce ricurve, lunghe 2.3 cm; l’apertura massima delle ganasce è pari a
2.4 cm.
Lo strumento non presenta sull’impugnatura la funzione di arresto a
scatto; per questo la pinza non può assumere posizioni intermedie fisse.
Figura 12: ENDO DISSECT* Auto Suture* 5mm
Figura 13: Impugnatura dell' ENDO DISSECT* Auto Suture 5mm: è visibile una manopola (verde) che consente la rotazione di 360° delle due estremità intorno all’asse di lavoro; il connettore per il cavo monopolare è indicato dalla freccia.
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Figura 14: Pinza di Kelly
5. Complicazioni
Le complicazioni che possono insorgere con l’utilizzo dell’apparecchiatura
laparoscopica sono numerose e di diversa natura.
Problema dell’isolamento elettrico:
L’uso di corrente monopolare per esempio nelle pinze, nelle forbici o negli
ganci implica che questi strumenti presentino una guaina di protezione.
Frequenti lavaggi e continui processi di sterilizzazione possono
danneggiare il rivestimento esterno di isolamento consentendo la perdita di
corrente: se questa entra in contatto con tessuti circostanti può provocare
severe bruciature. E’ importante quindi controllare prima di ogni
intervento se lo strumento è perfettamente isolato.
Figura 15: Rottura della guaina isolante.
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Rottura degli strumenti:
Una ripetuta esposizione alle alte pressioni ed elevate temperature previste
dal sistema di sterilizzazione possono deteriore i meccanismi dello
strumentario. I possibili canali presenti all’interno dello strumento
possono ostruirsi per eventuali residui organici e proteine che si coagulano
durante i processi di sterilizzazione.
Ulteriori stress legati alle ampie tensioni e sforzi meccanici applicati
durante l’utilizzo dei vari dispositivi aumentano di gran lunga la
probabilità di rottura di questi ultimi.
6. Conclusioni
La continua evoluzione tecnologica e l’interessante rapporto che si è creato
tra il campo della chirurgia e il settore delle diverse case produttrici (la
Johnson&Johnson, la Storz, la Tyco Healthcare, ecc) ha permesso
l’incremento di strumenti sempre più sofisticati, più complessi, più
confortevoli da usare, con maggior numero di funzionalità e libertà di
movimento rendendo perciò le diverse manovre chirurgiche sempre più
agevoli, sicure e precise.
Quello che si sta cercando di fare negli ultimi anni è introdurre nel settore
medico l’utilizzo di veri e propri robot: nonostante rappresenti una nuova
rivoluzione tecnologica e sia attualmente una delle più chiacchierate
modalità chirurgiche, la robotica consentirebbe di effettuare in chirurgia
mininvasiva movimenti di elevata precisione, riducendo i possibili errori
che possono essere commessi dall’uomo.
I robot attualmente non vengono pienamente impiegati in laparoscopia per
via di un giustificato scetticismo da parte del personale medico ma
sicuramente diventeranno un importante strumento nell’armamentario
chirurgico.
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Bibliografia
1 ) Andrea Tinelli, Antonio Malvasi, Sergio Casciaro, Francesca
Lippa, Antonio Soscia, Salvatore Nallo, Raffaele Prudenzano:
“La videochirurgia robotica nel nuovo millennio: attualità in
ginecologia”
2 ) Testi e immagini tratti dal sito www.websurg.com sezione
Laparoscopic Instruments
3) Catalogo Storz® : Pinze da dissezione e da presa.