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PROTOCOLLO AZIENDALE PER VALUTAZIONE CARDIOLOGICA NELLA CHIRURGIA NON CARDIACA con riferimento alle linee guida ESC 2014 Maria Paola Cicini*, Rosario De Rosa*, Bruno Polletta*, Federica Vitali*, Monica Verde*, Domenico Cartoni*, Fiammetta Albi*, Antonio Terranova **, PierGiuseppe De Girolamo**, Marco Stefano Nazzaro ***, Alberta Cifarelli *** Massimo Uguccioni**, Roberto Violini*** e Pietro Tanzi * * UOC Cardiologia 3, ** UOC Cardiologia I/UTIC, *** UOC Cardiologia Interventistica Con la collaborazione di Pierluigi Marini, Giuseppe Ricci, UOC Chirurgia Generale 1, Romana Persichetti, Remo Orsetti UOC Anestesia e Rianimazione, Giuseppe Cardillo UOC Chirurgia Toracica, Piergiorgio Cao UOC Chirurga Vascolare, Francesco Pallotta UOC Ortopedia, Paolo De Paolis, UOC Nefrologia , Carlo Ferrari UO Stroke Unit, Alfredo Sebastiani UOC Penumoinfettivologia, Claudio Tubili UOS Diabetologia Scopo della consulenza cardiologica Come condiviso da tutte le LineeGuida si ritiene che la consulenza cardiologica abbia significato soltanto quando l’opinione espressa dal cardiologo sia in grado di modificare la gestione clinica o il programma anestesiologico e chirurgico deciso per il paziente. Conseguentemente gli obiettivi della consulenza cardiologica preoperatoria sono: a. valutare le condizioni cardiologiche attuali del paziente, cioè: • accertare la presenza, il tipo e la durata di un’eventuale cardiopatia, • verificare la terapia in atto e la sua efficacia, • stabilire la natura e la corretta funzionalità di eventuali strumenti di sostegno dell’attività cardiaca (pacemaker, defibrillatori impiantabili) e fornire le adatte informazioni sulla gestione perioperatoria di questi ausili b. contribuire a definire il rischio perioperatorio di complicazioni cardiovascolari maggiori, in rapporto al tipo di cardiopatia e alla natura dell’intervento chirurgico; c. suggerire una strategia farmacologica cardiospecifica di preparazione all’intervento d. valutare l’opportunità di un controllo postoperatorio in ambiente protetto e la sua durata, suggerendo i controlli strumentali periodici più appropriati. Nella valutazione preoperatoria devono essere prese in considerazione nell’ordine: 1) la tempistica dell’intervento 2) il rischio chirurgico dell’intervento 3) la capacità funzionale 4) il rischio cardiologico del paziente. 1

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PROTOCOLLO AZIENDALE PER VALUTAZIONE CARDIOLOGICA NELLA CHIRURGIA NON CARDIACA con riferimento alle linee guida ESC 2014

Maria Paola Cicini*, Rosario De Rosa*, Bruno Polletta*, Federica Vitali*, Monica Verde*, Domenico Cartoni*, Fiammetta Albi*, Antonio Terranova **, PierGiuseppe De Girolamo**, Marco Stefano Nazzaro

***, Alberta Cifarelli *** Massimo Uguccioni**, Roberto Violini*** e Pietro Tanzi *

* UOC Cardiologia 3, ** UOC Cardiologia I/UTIC, *** UOC Cardiologia Interventistica

Con la collaborazione di

Pierluigi Marini, Giuseppe Ricci, UOC Chirurgia Generale 1, Romana Persichetti, Remo Orsetti UOC Anestesia e Rianimazione, Giuseppe Cardillo UOC Chirurgia Toracica, Piergiorgio Cao UOC Chirurga

Vascolare, Francesco Pallotta UOC Ortopedia, Paolo De Paolis, UOC Nefrologia , Carlo Ferrari UO Stroke Unit, Alfredo Sebastiani UOC Penumoinfettivologia, Claudio Tubili UOS Diabetologia

Scopo della consulenza cardiologica

Come condiviso da tutte le LineeGuida si ritiene che la consulenza cardiologica abbia significato soltanto quando l’opinione espressa dal cardiologo sia in grado di modificare la gestione clinica o il programma anestesiologico e chirurgico deciso per il paziente. Conseguentemente gli obiettivi della consulenza cardiologica preoperatoria sono:

a. valutare le condizioni cardiologiche attuali del paziente, cioè: • accertare la presenza, il tipo e la durata di un’eventuale cardiopatia, • verificare la terapia in atto e la sua efficacia, • stabilire la natura e la corretta funzionalità di eventuali strumenti di sostegno dell’attività cardiaca (pacemaker, defibrillatori impiantabili) e fornire le adatte informazioni sulla gestione perioperatoria di questi ausili

b. contribuire a definire il rischio perioperatorio di complicazioni cardiovascolari maggiori, in rapporto al tipo di cardiopatia e alla natura dell’intervento chirurgico;

c. suggerire una strategia farmacologica cardiospecifica di preparazione all’intervento

d. valutare l’opportunità di un controllo postoperatorio in ambiente protetto e la sua durata, suggerendo i controlli strumentali periodici più appropriati.

Nella valutazione preoperatoria devono essere prese in considerazione nell’ordine: 1) la tempistica dell’intervento 2) il rischio chirurgico dell’intervento 3) la capacità funzionale 4) il rischio cardiologico del paziente.

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Stratificazione del rischio perioperatorio di complicanze cardiovascolari

1) La tempistica dell’intervento

Intervento in emergenza : la valutazione cardiologia NON influisce sul decorso e risultato della procedura e quindi NON è UTILE

Intervento in urgenza : il paziente deve essere inviato direttamente in sala operatoria ed il cardiologo consultato solo in caso di paziente con RISCHIO CARDIOLOGICO ELEVATO (vedi successivo) stimato dall’anestesista al fine di avere indicazioni sulla terapia medica perioperatoria per la riduzione del rischio.

Intervento non urgente : la valutazione cardiologica va eseguita in base alla classe di rischio del paziente ed alla classe di rischio dell’intervento

2) Il rischio chirurgico dell’intervento

Gli interventi chirurgici vengono raggruppati in tre categorie di rischio (basso, intermedio, alto)

EuropeanHeart Journal (2014) 35, 2383–243• In caso di interventi a basso rischio chirurgico, nei pazienti in condizioni di stabilità

clinica, anche se cardiopatici, NON è NECESSARIA la VISITA CARDIOLOGICA perchè difficilmente i risultati di eventuali test potranno modificare la gestione ed è quindi opportuno eseguire la procedura chirurgica programmata senza sospendere le terapie in corso.

• Quando il rischio chirurgico stimato è intermedio o alto, è necessario valutare il rischio 2

cardiologico del paziente.

Rispetto alla chirurgia convenzionale, gli interventi in laparoscopia non modificano il rischio cardiovascolare dei pazienti, ma le due modalità chirurgiche devono essere valutate in maniera paritetica

3) Il Rischio cardiologico del paziente

Paziente INSTABILE l’intervento deve essere procrastinato per l’alto rischio che comporta ed è necessaria una consulenza cardiologica spesso urgente.

Condizioni di instabilità o potenziale instabilità sono:

Paziente STABILE : una strategia efficace volta a valutare il rischio cardiologico del paziente e a ridurre il rischio di complicanze cardiache perioperatorie deve prevedere una valutazione basata sull’ANAMNESI.

Negli ultimi trent’ anni sono stati elaborati diversi indici di rischio clinico. Quello che decidiamo di adottare per semplicità è l’indice di Lee o Revised Cardiac Risck Index

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CONDIZIONI CARDIACHE INSTABILI

PTCA + BMS < 1-3 m esi PTCA + DES < 6-12 m esi

< 30 giorni

Il modello è presente nel web come un calcolatore di rischio interattivo (www.surgicalrisckcalculator.com/miocardiacarrest)

L’indice di Lee fornisce una stima della probabilità di infarto miocardio/arresto cardiaco del singolo paziente

a) Pazienti a basso rischio possono essere avviati direttamente al chirurgo (difficilmente potrà essere conseguita una ulteriore riduzione del rischio tramite opportuna strategia )

b) Pazienti a rischio più elevato: Ulteriori indagini non invasive potranno essere eseguite nei casi in cui l’esito di questi esami può modificare l’approccio gestionale (vedi successivamente)

4) Stima della capacità funzionale

La determinazione della capacità funzionale rappresenta uno step fondamentale nella valutazione del rischio cardiovascolare. Viene misurata in equivalenti metabolici (METs ; 1 MET equivale al consumo di O2 di un uomo di 40 anni , 70 Kg , a riposo , cioè circa 3,5 ml O2/kg/m). La capacita’ funzionale viene classificata come : Eccellente (> 10 METs) , Buona ( 7-10 METs) , Moderata (4-7 METs) , Scarsa (< 4 METs) o Sconosciuta

La Capacità Funzionale si può valutare facilmente sulla base della capacità del soggetto a svolgere le abituali attività quotidiane .

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I pazienti con capacità funzionale ridotta (< 4 METs) hanno un maggior rischio di complicanze post operatorie.Quando la capacità funzionale è buona la prognosi è eccellente anche in presenza di cardiopatia ischemica stabile o di fattori di rischio, non comportando quasi mai la necessità di modificare la gestione perioperatoria e la programmazione dell’intervento. Se il paziente è candidato a chirurgia a rischio intermedio può essere inviato in sala operatoria con la sola raccomandazione di non sospendere nessuna terapia.

Quando la capacità funzionale è ridotta o non determinabile la stratificazione pre operatoria del rischio e la gestione perioperatoria dovranno essere definite sulla base dei FATTORI DI RISCHIO PRESENTI in rapporto al RISCHIO CHIRURGICO

Esami non invasivi

Gli esami non invasivi preoperatori hanno lo scopo di fornire informazioni su 3 marker di rischio cardiovascolare, disfunzione Ventricolare sinistra, ischemia miocardica, anomalie valvolari , ciascuno dei quali è un determinante maggiore di outcome post operatorio sfavorevole.

Il concetto generale è che l’algoritmo diagnostico per la stratificazione del rischio in base alla valutazione dell’ischemia e della funzione Vsx deve essere simile a quello applicato nei pazienti non chirurgici con CI nota o sospetta

ECG :

E’ raccomandato per pazienti che hanno fattori di rischio e sono candidati ad intervento chirurgico intermedio ed alto (Raccomandazione di classe I)

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ECOCARDIOGRAMMA:

E’ raccomandato (con bassa classe di raccomandazione: IIb ) solo in pazienti a rischio cardiologico intermedio candidati a chirurgia ad alto rischio

STRESS TEST:

E’ raccomandato (con raccomandazione di grado elevato: classe I) in pazienti candidati a chirurgia ad alto rischio con più di 2 fattori di rischio e capacità funzionali ridotta (< 4 METS)

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BIOMARCATORI:

L’uso routinario di biomarhers per la stratificazione del rischio NON è RACCOMANDATO (raccomandazione di classe III)

Il dosaggio della Troponina prima e dopo 48-72 ore dall’intervento può essere considerato nei pazienti ad alto rischio che devono essere sottoposti a chirurgia ad alto rischio (classe di raccomandazione bassa : IIb)

Il dosaggio del NT-proBNP e BNPpuò essere considerato per ottenere informazioni prognostiche indipendenti sul perioperatorio ed eventi cardiaco tardivi nei pazienti ad alto rischio (classe di raccomandazione bassa : IIb)

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CORONAROGRAFIA:

La coronarografia è raramente indicata per stratificare il rischio del paziente che deve essere sottoposto a chirurgia non cardiaca. Le indicazioni alla coronarografia ed alla rivascolarizzazione sono le stesse del contesto non chirurgico

E’ raccomandata in pazienti con cardiopatia ischemica, angina ricorrente nonostante adeguata terapia medica quando l’intervento di chirurgia non cardiaca non è urgente.

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Algoritmo decisionale 1

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STRATEGIE di RIDUZIONE del rischio

Farmacologiche:

a) Beta-bloccanti:

E’ RACCOMANDATA la NON SOSPENSIONE della terapia beta-bloccante in pazienti che la assumono correntemente (raccomandazione di classe 1)

L’inizio della terapia con beta-bloccante in pazienti che non la assumono in precedenza può essere considerata prima dell’intervento

in caso di chirurgia ad alto rischio (soprattutto vascolare) e che hanno 2 o più fattori di rischio (raccomandazione di classe IIb)

in pazienti con cardiopatia ischemica nota o ischemia miocardica (raccomandazione di classe IIb)

In questi casi deve essere considerato l’atenololo o il bisoprololo come farmaco di prima scelta (raccomandazione di classe IIb) iniziando con un dosaggio basso ed aumentando progressivamente: Atenololo 50 mg/die aumentando progressivamente prima fino ad arrivre ad un Fc 60-70b/m PA>100 mmHg La terapia deve essere iniziata almeno 2 giorni prima dell’intervento ma idealmente da 1 settimana a 30 gg prima e continuata nel post-operatorio

b) Statine:

E’ RACCOMANDATA la NON SOSPENSIONE delle statine nel perioperatorio (raccomandazione di classe I). Non esistendo una formulazione per via parenterale delle statine è utile favorire le statine a lunga emivita (atorvastatina) ed a lento rilascio (lovastatina) che possano coprire il periodo subito dopo la chirurgia quando la somministrazione per via orale non è possibile .

L’inizio della terapia con statine in pazienti che non la assumono in precedenza deve essere considerata in pazienti sottoposti a chirurgia vascolare ed idealmente deve essere iniziata almeno 2 settimane prima dell’intervento (raccomandazione di classe IIa)

c) Antiaggreganti piastrinici

ASPIRINA:

se il paziente assume l’ASPIRINA in PREVEZIONE PRIMARIA questa può essere sospesa 5 gg prima dell’intervento e riassunta appena possibile

se il paziente assume l’ASPIRINA in PREVENZIONE SECONDARIA (dopo pregresso IMA, o stroke) questa va mantenuta nella maggior parte dei casi fatta eccezione negli INTERVENTI di NEUROCHIRURGIA e CHIRURGIA PROSTATICA.

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DOPPIA ANTIAGGREGAZIONE (DAPT):

Nei pazienti portatori di stent coronarici e/o dopo Sindrome Coronarica Acuta è necessario valutare il rischio trombotico ed emorragico del paziente

Definizione del rischio trombotico

Si raccomanda di somministrare la DAPT

- per almeno 1 mese dopo BMS nella CAD stabile

- per 6 mesi dopo impianto di DES di nuova generazione

- per 1 anno dopo ACS indipendentemente dalla strategia di rivascolarizzazione

IMPORTANTE

La DAPT può essere mantenuta per un minimo di 1 mese dopo BMS e di 3 mesi dopo DES di nuova generazione, indipendentemente se istituita per SCA oppure per stenting in CAD stabile, nei casi in cui l’intervento chirurgico non possa essere procrastinato

Per pazienti a rischio trombotico ALTO in cui l' intervento chirurgico non può essere procrastinato, può essere considerata la BRIDGE THERAPY secondo il seguente schema

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La ripresa della terapia con inibitori dei recettori P2Y12 avviene dopo l’intervento in 1 gg Post- Operatoria e comunque prima possibile con relativa dose di carico (300 mg per Clopidogrel, 180 mg per Ticagrelor, 60 mg per Prasugrel)

Il rischio emorragico dipende dal tipo dell’ intervento chirurgico ed è valutato dal chirurgo e dall’anestesista

In conclusione nei pazienti portatori di STENT coronarici:

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1) Differire, quando possibile, interventi a rischio trombotico ed emorragico intermedio/alto

3) Possibilità di sospensione del 2° antiaggregante dopo 3 mesi con i DES di II-III generazione

2) Praticare la “Bridge Therapy” negli interventi non differibili e ad elevato rischio trombotico ed emorragico, previo trasferimento del paziente in Cardiologia

4) Negli interventi a basso rischio trombotico sospendere il Clopidogrel e Ticagrelor 5 gg prima ed il Prasugrel 7 gg prima della Chirurgia mantenendo l’Aspirina

Il documento di consenso ANMCO-GISE (GIC/VOL 13/LUGLIO-AGOSTO 2012 in allegato )frutto di collaborazione intersocietaria offre un aiuto pratico sulla gestione della terapia antiaggregante nella fase perioperatoria sulla base del rischio ischemico ed emorragico condiviso da cardiologi, chirurghi ed anestesisti. E’ presente anche in formato APP per dispositivi Android e Apple

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La Terapia Anticoagulante Orale (TAO) antagonisti vitamina K (VKA)

(Sintrom e Coumadin)

Le 3 principali situazioni cliniche con indicazione a trattamento con TAO sono:

presenza di protesi cardiache di tipo meccanico

presenza di Fibrillazione Atriale permanente (FA)

presenza di Trombosi Venosa Profonda ( VTE)

In ciascuna di queste condizioni va valutato il rischio tromboembolico ed il rischio emorragico per

decidere se attuare la TERAPIA PONTE con eparina ( eparina a b.p.m. LMWH oppure eparina non

frazionate e.v. UFH) al seguente dosaggio:

DOSAGGIO TERAPEUTICOsi intende:

enoxaparina 100U/Kg ogni 12h

dalteparina 100 U /Kg ogni 12h oppure 200U 1 volta /die

UHF dose iniziale bolo di 80 UI/Kg e.v. seguita da 1000 UI/h con controllo aPTT ogni 6 ore)

Per i pazienti in trattamento con LMWH che hanno una severa insufficienza renale (clearance

<30m/min) viene suggerita un dimezzamento del dosaggio

Stratificazione del rischio

a) Pazienti a rischio Tromboembolico elevato (basta una delle sottoelencate condizioni):

- Pz con fibrillazione atriale con CHADsVASc2 ≥ 4

- Pz con protesi valvolare cardiaca meccanica, o recente impianto di protesi valvolare biologica cardiaca (3 mesi)

- Intervento di riparazione della valvola mitrale negli ultimi 3 mesi.

- Recente (3 mesi) tromboembolismo venoso

- Storia comprovata di trombofilia

b) Pazienti a rischio Tromboembolico basso o moderato

Pz che non rientrano nel rischio elevato.

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Algoritmo nel Rischio Tromboembolico Elevato

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Giorno -5 intervento

STOP ANTICOAGULANTE

Giorno -4 intervento

Se paz assume Sintrom: inizio Clexane 70UI/Kg ogni 12 ore o eparina non frazionata

Giorno -3/-2 intervento

Se paz assume Sintrom : continua Clexane

Se paz assume Coumadin: inizia Clexane 70 UI/Kg ogni 12 ore o eparina non frazionata

Giorno -1 intervento

Ultima dose di Clexane : non più tardi di 12 ore dall’intervento dall’intervento

Sospende eparina non frazionata 4 ore prima dell’inervento

Giorno 0 INTERVENTO

se INR >1,5: posporre itervento

se INR <= 1,5 OK INTERVENTO

Giorno +1/+2

Far passare almeno 12 ore dall’intevento prima di valutare ripresa della terapia con clexane o eparina non frazionata.

Entro 2° giorno in relazione alla presenza o assenza di adeguata emostasi:

Clexane 70/Kg ogni 12 ore oppure eparina non frazionata+ Sintrom o Coumadin alla dose abituale + 50% di carico

Successivo controllo giornaliero INR: quando INR a regime per sospende eparina

Rischio Tromboembolico Lieve o Intermedio

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Giorno -5 intervento

STOP ANTICOAGULANTE

Giorno -4 intervento

Se paz assume Sintrom: inizio Clexane 4000UI/die

Se paz assume Coumadin : NIENTE

Giorno -3/-2 intervento

Se paz assume Sintrom : continua Clexane 4000 UI/die

Se paz assume Coumadin: inizia Clexane 4000UI/die

Giorno -1 intervento

Ultima dose di Clexane : non più tardi di 12 ore dall’intervento dall’intervento

Giorno 0 INTERVENTO

se INR >1,5: posporre itervento

se INR <= 1,5 OK INTERVENTO

Giorno +1/+2

Far passare almeno 12 ore dall’intevento prima di valutare ripresa della terapia con clexane

Entro 2° giorno in relazione alla presenza o assenza di adeguata emostasi:

Clexane 4000UI/die oppure eparina non frazionata+ Sintrom o Coumadin alla dose abituale + 50% di carico

Successivo controllo giornaliero INR: quando INR a regime per sospende eparina

Il rischio emorragico è prevalentemente legato al tipo di chirurgia. La valutazione del rischio di

sanguinamento in questo contesto non è legato alla procedura chirurgica di per sé, ma al rischio di

sanguinamento nel contesto di una somministrazione di terapia antiaggregante ed anticoagulante:

la differenza è molto importante perchè per esempio, procedure minori come l’impianto del PMK

oppure la polipectomia intestinale che sono di per sé procedure a basso rischio emorragico

presentano elevate complicanze emorragiche se si somministra terapia anticoagulante in

prossimità dell’intervento.

Le procedure che secondo questa ottica sono associate ad alto rischio di sanguinamento nel Post-

Operatorio sono:

1 Chirurgia urologica, e procedure che consistono nella resezione prostatica transuretrale,

resezione vescicale o ablazione della neoplasia; nefrectomia; biopsia renale

2 Impianto di PMK o di ICD in cui la separazione di strati fasciali infraclavicolare e la mancanza

di sutura dei tessuti contrapposti all’interno della tascapossono determinare lo sviluppo di

un vasto ematoma

3 Resezione di polipo del colon (soprattutto se >1-2cm) sessile

4 Chirurgia su organi largamente vascolarizzati come rene , fegato e milza

5 Resezione gastrica

6 Chirurgia maggiore con estesa danno tessutale (chirurgia oncologica, plastica )

7 Chirurgia cardiaca, intracranica o spinale

In questi casi è autorizzata la sospensione della’anticoagulante e l’introduzione della terapia ponte

Procedure chirurgiche minori a basso rischio di sanguinamento

2) per procedure dermatologiche minori continuare VKAS ed ottimizzare l'emostasi locale

3) per la chirurgia di cataratta si consiglia di continuare la terapia anticoagulante

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Pazienti in trattamento con Nuovi Anticoagulanti Orali

La Terapia Ponte nei pazienti che assumono NAO non è necessaria ma importante rispettare i

tempi di sospensione e riassunzione della terapia (come suggerito da EHRA Practical Guide on the

use of NOAC):

NAO in MONO SOMMINISTRAZIONE GIORNALIERA (Rivaroxaban, Edoxaban)

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Giorno 0 INTERVENTO:

Non sono necessari esami della coagulazione

Rischio trombotico elevato e rischio emorragico normale:

ultima assunzione del farmaco ad almeno 24 ore dall’intervento

Rischio trombotico elevato e rischio emorragico elevato

ultima assunzione del farmaco ad almeno 48 ore dall’intervento

NB: sostituzione con Clexane NON NECESSARIA

Giorno +1/+2:

valutare la ripresa della terapia anticoagulante non prima di 12 ore dall’intervento

Entro il 2° giorno in relazione alla presenza o assenza di emostasi: riprende terapia orale a dose piena

NAO in DOPPIA SOMMINISTRAZIONE GIORNALIERA (Dabigatran, Apixaban)

Per quanto riguarda pazienti che devono essere sottoposti ad interventi chirurgici in URGENZA:

- discontinuare NAO e rimandare la procedura , se possibile, almeno a 12 ore ma idealmente a

24 ore dall’ultima assunzione

- valutare i comuni test di coagulazione: aPTT per il dabigratan , PT per apixaban e rivaroxaban

altrimenti:

Pazienti che assumono anticoagulanti VKA: effetto antagonizzante rapido : Plasma fresco congelato effetto antagonizzante lento (6-12 ore): Vitamina K (2,5-5 mg e.v. o orale)

Pazienti che assumono eparina non frazionata e.v: effetto antagonizzante rapido : solfato di protamina 1U/1U e plasma fresco effetto antagonizzante lento(2-4 ore): sospende infusione

Pazienti che assumono eparina non frazionata s.c.:

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Giorno 0 INTERVENTO:

Non sono necessari esami della coagulazione

Rischio trombotico elevato e rischio emorragico normale:

ultima assunzione del farmaco ad almeno 12 ore dall’intervento

Rischio trombotico elevato e Rischio emorragico elevato

ultima assunzione del farmaco ad almeno 24 ore dall’intervento

NB: sostituzione con Clexane NON NECESSARIA

Giorno +1/+2:

valutare la ripresa della terapia anticoagulante non prima di 12 ore dall’intervento

Entro il 2° giorno in relazione alla presenza o assenza di emostasi: riprende terapia orale a dose piena

effetto antagonizzante rapido: solfato di protamina (neutralizzazione incompleta, max 50%) e plasma. effetto antagonizzante lento (8 ore*): sospende somministrazione.

*Pz con filtrato glomerulare <30 mL/m raddoppia l'emivita

Pazienti che assumono Nuovi Anticoagulanti Orali:

effetto antagonizzante rapido (come anche in caso di sanguinamento importante: Human Complex; Plasma fresco; Trasfusione; Emodialisi (solo per il Dabigatran); filtro a carboni attivi. effetto antagonizzante lento : Sospensione del farmaco e terapia di sostegno.

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Specifiche Patologie

SCOMPENSO CARDIACO CRONICO

La diagnosi di scompenso cardiaco richiede la presenza di sintomi e segni tipici di scompenso

cardiaco e, in aggiunta, evidenza di ridotta funzione sistolica del ventricolo sn oppure conservata

funzione sistolica ed anomalie strutturali rilevanti e/o disfunzione diastolica.

Rappresenta un causa ben nota di eventi nel peri e postoperatorio

La Valutazione Preoperatoria

a) Scompenso cardiaco noto :

1. intervento a basso rischio : nessun esame cardiologico

2. Intervento a rischio intermedio/alto : Ecocardio + BNP o NT proBNP

NB: il livello di BNP è fortemente correlato alla morbidità e mortalità post-operatoria

b) Scompenso cardiaco di nuova diagnosi :

1 Intervento a rischio basso, intermedio, alto:

Ecocardio + BNP o NT proBNP

Strategia Terapeutica :

a) Nello Scompenso cardiaco noto:

1) Ottimizzare la terapia con BetaBloccanti , ACE-inibitori , Antagonisti dell’Aldosterone (classe di raccomandazione I A)

2) Non sospendere mai i BetaBloccanti . Non somministrare gli ACE-inibitori la mattina dell’intervento

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3) Monitorizzare nel post-operatorio la Volemia ed il Bilancio Idrico. Attenzione all’entroito di liquidi ( non > 40ml/h) ed alla terapia diuretica

b) Scompenso cardiaco di nuova diagnosi:

1. Rimandare l'intervento di almeno 3 mesi dopo l’ inizio

della terapia per la titolazione dei farmaci

2. Mai iniziare terapia con BB ad alte dosi se non e' possibile la titolazione

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IPERTENSIONE ARTERIOSA

In generale l’Ipertensione Arteriosa è un fattore di rischio, ma non rappresenta un fattore predittivo indipendente molto forte per complicanze cardiovascolari nell’ambito della chirurgia non cardiaca.

Quando l’Ipertensione Arteriosa viene scoperta nel corso della valutazione pre-operatoria è raccomandato lo screening per la ricerca del danno d’organo ed iniziare per tempo la terapia per ridurre i valori pressori.

NB: Durante l’induzione dell’anestesia, l’attivazione simpatica può incrementare la Pressione Arteriosa di 20-30 mmHg e la Frequenza Cardiaca di 15-20 b/m negli individui normotesi. Nei pazienti con Ipertensione Arteriosa questa risposta può essere più pronunciata e mantenersi lungo tutto il periodo dell’anestesia

Si può procrastinare la procedura chirurgica, quando non riveste carattere d’urgenza, se la Pressione Arteriosa dovesse essere > 180/110 mmHg (Ipertensione di grado 3): in questo caso può essere utile raggiungere un adeguato controllo pressorio prima di sottoporre il paziente all’intervento. In caso di Ipertensione Arteriosa di grado 1-2 non è necessario re-inviare l’intervento.

La terapia antiipertensiva va mantenuta nel periodo perioperatorio: la clonidina può dare ipotensione severa perioperatoria e quindi andrebbe sospesa e sostituita preferenzialmente con i beta-bloccanti

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VALVULOPATIE

Stenosi Aortica Severa : definita dalla presenza di una ridotta area valvolare ( < 1.0cm2 oppure 0,6 cm2/m2 superficie corporea) ed un incremento del gradiente trans valvolare (gradiente medio > 40 mmHg)

Importante valutare il grado di rischio della Chirurgia non-cardiaca ed il grado di rischio dell’intervento di Sostituzione Valvolare Aortica.

Stenosi Aortica Severa

Sintomi

NO SI

Grado di Rischio Chirurgia Noncardiaca

Basso-Intermedio a Alto

Grado di Rischio Sostituzione Valvolare

Aortica

Grado di Rischio Sostituzione Valvolare

Aortica

Alto Basso Alto

Chirurgia Noncardiaca

Chirurgia Noncardiaca(sotto stretto

monitoraggio)

Sostituzione Valvolare Aortica(prima della chirurgia noncardiaca)

Chirurgia Noncardiaca

(sotto stretto monitoraggio)(considerare BAV/TAVI) b

a. Valutare con attenta anamnesi ed eventualmente con test provocativo la reale assenza di sintomi relati

b. Eseguire Chirurgia Non cardiaca solo se strettamente necessario. La scelta tra impianto di protesi transcatetere e valvuloplatica aortica con palloncino deve tenere in considerazione l'aspettativa di vita del paziente

Legenda, BAV: valvuloplatica aortica con palloncino; TAVI: impianto di protesi valvolare aortica trans catetere

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Stenosi Valvolare Mitralica

Stenosi valvolare Mitralica

Lieve(AVM > 1,5 cmq)

Moderato-severa (AVM < 1,5 cmq)

Sintomi

NO SI

PAPs < 50 mmHg PAPs > 50 mmHg

ChirurgiaNoncardiaca a

Valvuloplastica Mitralica con palloncino

(o Chirurgia riparativa/sostitutiva) b

a. Evitare tachicardia, aggredire prontamente insorgenza di fibrillazione atriale

b. Soprattutto da considerare in caso di Chirurgia Non cardiaca ad alto rischio

Legenda. AVM, area valvolare mitralica; PAPs: pressione arteriosa polmonare sistolica

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Insufficienza Mitralica ed Aortica:

Insufficienza valvolare Mitralica e/o Aortica lieve o severa ma asintomatici e con funzione sistolica ventricolo sn conservata: la chirurgia non cardiaca può essere eseguita senza rischi addizionali

I pazienti sintomatici o con funzione sistolica del ventricolo sn severamente compromessa (EF <30%) sono ad alto rischio di complicanze cardiovascolari ed in questi pazienti la chirurgia va eseguita solo se strettamente necessaria

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ARITMIE

I disturbi del ritmo cardiaco rappresentano una significativa causa di morbilità e mortalità nel periodo peri-operatorio. La presenza di fibrillazione atriale o di tachicardia ventricolare spesso sono indicative di una cardiopatia strutturale. Tale importante rilievo comporta ulteriori approfondimenti diagnostici preoperatori (es. l’ecocardiografia).

Aritmie ventricolari di nuova insorgenza nel periodo perioperatorio

Aritmia ventricolare complessa

L’extrasistolia ventricolare complessa e la tachicardia ventricolare monomorfa (indicativa di cicatrice miocardica) o polimorfa (sottesa anche da ischemia miocardica acuta) impone ulteriori indagini strumentali quali l’ecocardiografia, la coronarografia ed in casi selezionati lo studio elettrofisiologico endocavitario (se l’intervento chirurgico puo’ essere procrastinato).

E’importante non sospendere l’eventuale terapia antiaritmica orale assunta dal paziente, prima dell’intervento chirurgico (Classe I ).

L’utilizzo di farmaci antiaritmici quali beta-bloccanti, amiodarone, solfato di magnesio è indicato nei pazienti con tachicardia ventricolare sostenuta monomorfa e polimorfa se emodinamicamente tollerata e per prevenire le recidive, in subordine alle caratteristiche cliniche del paziente: cardiopatia ischemica, QT lungo acquisito e congenito, bradiaritmie coesistenti… (Classe I).

Extrasistolia Ventricolare Semplice

L’impiego di farmaci antiaritmici non è raccomandato per i pazienti con semplice extrasistolia ventricolare; in tale evenienza è prioritario identificare e correggere eventuali cause reversibili quali ipossia, ipokaliemia, ipomagnesiemia. (Classe III)

Aritmie sopraventricolari e fibrillazione atriale nel periodo perioperatorio

Le aritmie sopraventricolari sono molto più frequenti di quelle ventricolari nel periodo perioperatorio e riconoscono generalmente un eziologia multifattoriale (es. l’attività simpatico-adrenergica può costituire il “trigger” di parossismi di fibrillazione atriale). Prima di somministrare farmaci è opportuno correggere fattori aggravanti quali insufficienza respiratoria e squilibri

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elettrolitici.

In tale contesto clinico non è consigliabile sospendere la terapia antiaritmica orale assunta dal paziente prima dell’intervento (Classe I).

E’ necessario procedere a cardioversione elettrica in caso di instabilità emodinamica del paziente (Classe I).

Si raccomanda inoltre di praticare manovre vagali e di somministrare farmaci antiaritmici per l’interruzione di tachiaritmie sopraventricolari se emodinamicamente tollerate dal paziente e per prevenire le recidive (Classe I).

In rari casi può essere necessaria valutazione elettrofisiologica invasiva e contestuale ablazione transcatetere del substrato aritmico (sindrome di W.P.W., fibrillazione atriale pre-eccitata, se l’intervento chirurgico puo’ essere procrastinato)

La gestione clinica della fibrillazione atriale perioperatoria è volta soprattutto al controllo della frequenza cardiaca con l’ausilio di farmaci beta-bloccanti in primis. La digossina risulta spesso inefficace per l’elevato tono adrenergico del paziente chirurgico.

Bradiaritmie nel periodo perioperatorio

Le bradiaritmie perioperatorie spesso rispondono alla terapia farmacologica e l’impianto di pace-maker temporaneo è raramente richiesto. Le indicazioni all’impianto di pacemaker temporaneo nel perioperatorio sono generalmente le stesse previste per l’impianto di pace-maker permanente (Classe I). Può essere appropriato l’impianto di pace-maker temporaneo o permanente (se l’intervento chirurgico puo’ essere procrastinato) in caso di blocco atrio-ventricolare di terzo grado o di episodi di asistolia sintomatici.

In presenza di blocco bifascicolare con o senza blocco atrio-ventricolare di primo grado asintomatico non è indicato il posizionamento di un pace-maker temporaneo (Classe III). In tale circostanza è opportuno disporre di un monitor-defibrillatore con funzione di pace-maker esterno per stimolazione cardiaca transcutanea.

Pazienti portatori di pace-maker e ICD

I pazienti con pace-maker cardiaco possono essere sottoposti ad intervento chirurgico in sicurezza osservando alcune semplici precauzioni. L’utilizzo dell’elettrobisturi unipolare può comportare significativi rischi di inibizione della stimolazione del dispositivo o riprogrammazione del suo funzionamento.

Tali interferenze possono essere evitate o ridotte:

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impiegando il bisturi bipolare;

• posizionando correttamente (lontano dal pace-maker n.d.r.) la placca cutanea adesiva dell’elettrobisturi;

• utilizzando l’elettrobisturi lontano dal pace-maker;

• praticando con l’elettrobisturi brevi erogazioni di corrente;

• regolando l’elettrobisturi con la più bassa ampiezza di corrente possibile, per ridurre le interferenze con il sistema di cardiostimolazione

Nei pazienti pace-maker dipendenti è possibile riprogrammare temporaneamente il dispositivo cardiaco in modalità di stimolazione asincrona o abolendone la sensibilità, per evitare fenomeni di inibizione di stimolazione durante l’intervento (l’apposizione di un magnete sul generatore del pace-maker induce generalmente stimolazione “asincrona” alla “frequenza magnetica”, che è funzione dello stato di carica della batteria del dispositivo n.d.r.).

Nei pazienti in cui non è chiaramente identificabile il ritmo cardiaco (con un’elettrocardiogramma standard a 12 derivazioni n.d.r.) è consigliabile eseguire un controllo del pace-maker, appena possibile, dopo l’intervento chirurgico.

Il bisturi unipolare può interferire anche con il funzionamento dell’ICD; per questo motivo le terapie antitachicardiche (stimolazione anti-tachicardica “ATP” e shock n.d.r.) devono essere temporaneamente disattivate prima dell’intervento (con il programmatore specifico del costruttore del dispositivo o appoggiando temporaneamente un magnete sul generatore dell’ICD n.d.r.). In tale lasso di tempo il paziente deve essere monitorizzato (elettrocardiograficamente) e un defibrillatore esterno deve essere immediatamente disponibile (Classe I).

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ANESTESIA e GESTIONE INTRA e POST-OPERATORIA

Anestesia

L'uso sia degli agenti volatili, sia degli anestetici totalmente endovenosi è ragionevole. La scelta è determinata da fattori indipendenti dalla prevenzione della ischemia miocardica (Raccomandazione Classe IIa)

La sola anestesia neuroassiale, in assenza di controindicazioni e dopo valutazione del rapporto rischio/beneficio, riduce il rischio di mortalità e morbidità perioperatoria in confronto all' anestesia generale, e può essere considerata (Raccomandazione Classe II b)

Non vi sono raccomandazioni che indichino la superiorità della sedazione ( associata o meno alla anestesia locale ) rispetto alla anestesia generale per ridurre l'incidenza di ischemia miocardica

Gestione intraoperatoria

In fase perioperatoria è raccomandato mantenere la concentrazione di Hb ≥8 g/dL

Il mantenimento della normotermia può essere ragionevole al fine di ridurre gli eventi avversi cardiaci perioperatori (Raccomandazione Classe II b)

Monitoraggio Intraoperatorio

ECG perioperatorio è raccomandato in tutti i pazienti, prima dell'induzione dell'anestesia o di un blocco regionale (Raccomandazione Classe I)

La combinazione selettiva di più derivazioni, in particolare V4 e V5, dovrebbe essere considerata per un migliore rilevamento dell'ischemia miocardica (Raccomandazione Classe IIa)

ECG a 12 derivazioni dovrebbe essere considerato nei pazienti ad alto rischio (Raccomandazione Classe IIa)

L'uso del catetere arterioso polmonare può essere considerato quando condizioni che compromettono significativamente l'emodinamica non possono essere corrette prima della procedura (Raccomandazione Classe IIb)

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L'uso routinario del catetere arterioso polmonare, anche in pazienti ad alto rischio, non è raccomandato (Raccomandazione Classe III)

Post-operatorio immediato

L'anestesia neuroassiale, in assenza di controindicazioni, può essere considerata per l'analgesia postoperatoria (Raccomandazione Classe II b)

L'uso dei FANS e degli inibitori delle ciclo-ossigenasi, come analgesici di prima scelta, è da evitare nei pazienti affetti da patologie cardiovascolari, insufficienza renale o in trattamento con diuretici

(Raccomandazione Classe II b)

La prevenzione di livelli di glicemia ≥ 180 mg/dL con somministrazione endovenosa di insulina è raccomandata in pazienti adulti sottoposti a chirurgia ad alto rischio (Raccomandazione Classe I)

Valori di glicemia ≤ 110 mg/dL non sono raccomandati (Raccomandazione Classe III)

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TABELLE RIASSUNTIVE

Flow-chart 1: Valutazione del rischio

Rischio chirurgico legato al tipo di intervento

Rischio cardiologico :

paziente instabile

paziente stabile

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CONDIZIONI CARDIACHE INSTABILI

PTCA + BMS < 1-3 mesi PTCA + DES < 6-12 mesi

< 30 giorni

Flow-chart 2: Algoritmo decisionale

Paziente Instabile: PROCRASTINARE l’intervento. Altrimenti Videat CARDIOLOGICO

Paziente Stabile : valutare tempistica dell’intervento, il rischio chirurgico ed il rischio cardiologico

Intervento in emergenza : la valutazione cardiologia NON è UTILE sala operatoria

Intervento in urgenza : rischio CARDIOLOGICO ELEVATO CONSULENZA CARDIOLOGICA URGENTE

rischio CARDIOLOGICO basso/intermedio sala operatoria

Intervento non urgente : la valutazione cardiologica va eseguita in base alla classe di rischio del paziente ed alla classe di rischio dell’intervento

Rischio Cardiologico BASSO Rischio Chirurgico basso /intermedio /alto

esegue ECG

Consulenza CARDIOLOGICA NON NECESSARIA

Intervento Chirurgico

Rischio Cardiologico INTERMEDIO Rischio Chirurgico BASSO/ INTERMEDIO

valutazioni capacità funzionale ( da parte dell’anestesista)

(vedi pagina seguente)

Capacità funzionali > 4 METs Capacità funzionali < 4 METs o NON VALUTABILE

INTERVENTO Consulenza CARDIOLOGICA

(Consulenza Cardiologica NON NECESSARIA )

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stima delle capacità funzionali

Rischio cardiologico INTERMEDIO Rischio CHIRURGICO ELEVATO

ECG + ECOCARDIOGRAMMA ( se non recente)

VALUTAZIONE CARDIOLOGICA

INTERVENTO

Rischio cardiologico ELEVATO Rischio Chirurgico BASSO

INTERVENTO (valutazione cardiologica NON NECESSARIA)

Rischio cardiologico ELEVATO Rischio Chirurgico INTERMEDIO/ELEVATO

VALUTAZIONE CARDIOLOGICA

POST-OPERATORIO in AMBIENTE PROTETTO

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Flow-chart 3 : Terapia

Beta –bloccanti : NON SOSPENDERE

Statine : NON SOSPENDERE

Antiaggreganti:

ASPIRINA, se assunta in prevenzione secondaria, NON SOSPENDERE ad eccezione degli interventi di NEUROCHIRURGIA e CHIRURGIA PROSTATICA ( in questo caso va sospeso almeno 5 gg prima)

N.B: l’anestesia neuro- assiale non rappresenta una controindicazione al mantenimento dell’aspirina

DOPPIA ANTIAGGREGAZIONE:

valutare rischio trombotico :

Rischio trombotico BASSO: somministrare la DAPT

- per almeno 1 mese dopo BMS nella CAD stabile

- per 6 mesi dopo impianto di DES di nuova generazione

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- per 1 anno dopo ACS indipendentemente dalla strategia di rivascolarizzazione

Rischio trombotico INTERMEDIO: se possibile procrastinare intervento

La DAPT può essere mantenuta

- per un minimo di 1 mese dopo BMS,

- di 3 mesi dopo DES di nuova generazione, indipendentemente se istituita per SCA oppure per stenting in CAD stabile, nei casi in cui l’intervento chirurgico non possa essere procrastinato

Rischio trombotico ALTO: PROCRASTINARE l’INTERVENTO

altrimenti BRIDGE THERAPY previo trasferimento paziente in Cardiologia

La ripresa della terapia con inibitori dei recettori P2Y12 avviene dopo l’intervento in 1 gg Post- Operatoria e comunque prima possibile con relativa dose di carico (300 mg per Clopidogrel, 180 mg per Ticagrelor, 60 mg per Prasugrel)

Rischio emorragico: valutato dall’anestesista e chirurgo

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ANTICOAGULANTI ORALI: Antagonisti Vitamina K (Sintrom e Coumadin):

Rischio Tromboembolico elevato: vedi pag 14

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Giorno -5 intervento

STOP ANTICOAGULANTE

Giorno -4 intervento

Se paz assume Sintrom: inizio Clexane 70UI/Kg ogni 12 ore o eparina non frazionata

Giorno -3/-2 intervento

Se paz assume Sintrom : continua Clexane

Se paz assume Coumadin: inizia Clexane 70 UI/Kg ogni 12 ore o eparina non frazionata

Giorno -1 intervento

Ultima dose di Clexane : non più tardi di 12 ore dall’intervento dall’intervento

Sospende eparina non frazionata 4 ore prima dell’intervento

Giorno 0 INTERVENTO

se INR >1,5: posporre intervento

se INR <= 1,5 OK INTERVENTO

Giorno +1/+2

Far passare almeno 12 ore dall’intevento prima di valutare ripresa della terapia con clexane o eparina non frazionata.

Entro 2° giorno in relazione alla presenza o assenza di adeguata emostasi:

Clexane 70/Kg ogni 12 ore oppure eparina non frazionata+ Sintrom o Coumadin alla dose abituale + 50% di carico

Successivo controllo giornaliero INR: quando INR a regime per sospende eparina

Rischio Tromboembolico Lieve o Intermedio

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Giorno -5 intervento

STOP ANTICOAGULANTE

Giorno -4 intervento

Se paz assume Sintrom: inizio Clexane 4000UI/die

Se paz assume Coumadin : NIENTE

Giorno -3/-2 intervento

Se paz assume Sintrom : continua Clexane 4000 UI/die

Se paz assume Coumadin: inizia Clexane 4000UI/die

Giorno -1 intervento

Ultima dose di Clexane : non più tardi di 12 ore dall’intervento dall’intervento

Giorno 0 INTERVENTO

se INR >1,5: posporre intervento

se INR <= 1,5 OK INTERVENTO

Giorno +1/+2

Far passare almeno 12 ore dall’intevento prima di valutare ripresa della terapia con clexane

Entro 2° giorno in relazione alla presenza o assenza di adeguata emostasi:

Clexane 4000UI/die oppure eparina non frazionata+ Sintrom o Coumadin alla dose abituale + 50% di carico

Successivo controllo giornaliero INR: quando INR a regime per sospende eparina

NUOVI ANTICOAGULANTI ORALI : Rivaroxaban ed Edoxaban

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Giorno 0 INTERVENTO:

Non sono necessari esami della coagulazione

Rischio trombotico elevato e rischio emorragico normale:

ultima assunzione del farmaco ad almeno 24 ore dall’intervento

Rischio trombotico elevato e rischio emorragico elevato

ultima assunzione del farmaco ad almeno 48 ore dall’intervento

NB: sostituzione con Clexane NON NECESSARIA

Giorno +1/+2:

valutare la ripresa della terapia anticoagulante non prima di 12 ore dall’intervento

Entro il 2° giorno in relazione alla presenza o assenza di emostasi: riprende terapia orale a dose piena

Dabigatran e Apixaban

Interventi chirurgici in URGENZA:

- discontinuare NAO e rimandare la procedura , se possibile, almeno a 12 ore ma idealmente a

24 ore dall’ultima assunzione

- valutare i comuni test di coagulazione: aPTT per il dabigratan , PT per apixaban e rivaroxaban

altrimenti:

Pazienti che assumono anticoagulanti VKA: effetto antagonizzante rapido : Plasma fresco congelato effetto antagonizzante lento (6-12 ore): Vitamina K (2,5-5 mg e.v. o orale)

Pazienti che assumono eparina non frazionata e.v: effetto antagonizzante rapido : solfato di protamina 1U/1U e plasma fresco effetto antagonizzante lento(2-4 ore): sospende infusione

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Giorno 0 INTERVENTO:

Non sono necessari esami della coagulazione

Rischio trombotico elevato e rischio emorragico normale:

ultima assunzione del farmaco ad almeno 12 ore dall’intervento

Rischio trombotico elevato e Rischio emorragico elevato

ultima assunzione del farmaco ad almeno 24 ore dall’intervento

NB: sostituzione con Clexane NON NECESSARIA

Giorno +1/+2:

valutare la ripresa della terapia anticoagulante non prima di 12 ore dall’intervento

Entro il 2° giorno in relazione alla presenza o assenza di emostasi: riprende terapia orale a dose piena

Pazienti che assumono eparina non frazionata s.c.: effetto antagonizzante rapido: solfato di protamina (neutralizzazione incompleta, max 50%) e plasma. effetto antagonizzante lento (8 ore*): sospende somministrazione.

*Pz con filtrato glomerulare <30 mL/m raddoppia l'emivita

Pazienti che assumono Nuovi Anticoagulanti Orali:

effetto antagonizzante rapido (come anche in caso di sanguinamento importante: Human Complex; Plasma fresco; Trasfusione; Emodialisi (solo per il Dabigatran); filtro a carboni attivi. effetto antagonizzante lento : Sospensione del farmaco e terapia di sostegno.

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