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UN I V E R S I T À D E G L I S T UD I D I P A DO V A

Dipartimento di Scienze Politiche, Giuridiche e Studi Internazionali

Corso di Laurea Specialistica in

Politiche dell’Unione Europea

Tesi di laurea specialistica

UN’ANALISI DEL PERCORSO COMUNITARIO

IN MATERIA SANITARIA

Relatore: Prof. Gianni Riccamboni

Laureanda: Michela Zanella Matricola: 570503

Anno Accademico: 2012/2013

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A coloro che ritrovo al mio fianco ogni volta che affronto una prova della vita

Alla piccola Sara

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S O M M A R I O

INTRODUZIONE ............................................................................................................ 9

CAPITOLO I ..................................................................................................................... 13

IL PROCESSO DI INTEGRAZIONE EUROPEO NELLA POLITICA SOCIALE

........................................................................................................................................... 13

1.1 L’evoluzione del processo di integrazione nell’ambito delle politiche sociali... 14

1.2 Il concetto di cittadinanza europea nel processo di integrazione..................... 21

CAPITOLO II .................................................................................................................... 25

LA POLITICA SANITARIA IN EUROPA................................................................. 25

2.1 Le scelte di politica sanitaria negli Stati membri: modelli differenti................. 26

2.2 Evoluzione dell’esigenza di un intervento europeo in materia sanitaria .......... 37

2.3 La politica sanitaria in Europa: esiste un processo di policy making? ............. 44

2.4 Gli attori coinvolti e le modalità di azione ............................................................ 59

CAPITOLO III .................................................................................................................. 67

LA MOBILITA’ TRANSFONTALIERA: UN PASSO CONCRETO DI UN

PERCORSO? .................................................................................................................. 67

3.1 Il fenomeno della mobilità sanitaria ...................................................................... 68

3.2 La Direttiva 2011/24/UE e la sua genesi .............................................................. 75

3.3 L’attività di implementazione della Direttiva e gli attori coinvolti ..................... 84

CAPITOLO IV ................................................................................................................... 87

LA REGIONE VENETO ................................................................................................ 87

4.1 Il ruolo delle Regioni italiane nella politica sanitaria comunitaria ..................... 88

4.2 Le azioni della Regione Veneto ............................................................................102

CONCLUSIONI ........................................................................................................... 111

BIBLIOGRAFIA .......................................................................................................... 121

9

INTRODUZIONE

Il processo di integrazione europea, rispetto agli obiettivi di partenza,

ha raggiunto un livello di sviluppo tale da abbracciare non più solo l’ambito

economico ma, ormai da decenni, si è ampliato nell’intento di costruire

quello che è stato definito “lo spazio sociale europeo”1. Il percorso

intrapreso sembra indirizzarsi sempre più verso la costruzione di una vera

cittadinanza europea, che passa attraverso l’elaborazione, a livello

comunitario, delle diverse tutele in materia di sicurezza sociale e di diritti

acquisiti, sviluppati storicamente a livello nazionale; ciò rappresenta una

grande conquista per i sostenitori dell’ideale europeo e un obiettivo che

richiede l’elaborazione non solo di accordi interstatali o di strumenti

normativi, ma la diffusione, in termini culturali, di un sentimento di

appartenenza alla realtà europea tra i cittadini stessi.

Tra gli aspetti che possono considerarsi di tutela sociale, la salute è

sicuramente uno di questi. L’esistenza in ogni paese europeo di un

peculiare sistema sanitario, e di un’altrettanto specifica politica sanitaria,

rende tale area particolarmente delicata, poiché si tratta di un settore di

interessi strategici per gli Stati nazionali. La costruzione, tuttavia, di una

garanzia di cittadinanza europea, in termini di tutela dei diritti, non

significa annullamento o eliminazione delle peculiarità nazionali e spesso,

in alcuni ambiti, l’esistenza di processi paralleli con relative intersezioni

tematiche dei due livelli di governarce, può risultare una scelta valida e

maggiormente efficace. E’ probabilmente in quest’ottica che si inserisce la

sempre maggiore attenzione che il settore salute sta ricevendo negli ultimi

anni a livello comunitario.

Le scelte di politica sanitaria di ogni paese sono legate a molteplici

1 Il concetto va fatto risalire a Jacques Delors e di tale aspetto parla D. Piana in Costruire la democrazia. Ai confini dello spazio pubblico europeo, Padova, Liviana, 2006.

10

fattori storici, culturali e politici e, in un’Europa a 28, le caratteristiche dei

sistemi sanitari sono necessariamente diverse, in alcuni casi

concettualmente diverse; tuttavia il percorso di integrazione che tali Stati

hanno sottoscritto e stanno percorrendo, pone sempre maggiori sfide agli

stessi, per alcuni aspetti non previste. La politica sanitaria rimane ambito

di intervento nazionale ed è difficile pensare ad un cambiamento radicale

nei prossimi anni di tale sistema; emergono, tuttavia, una serie di aspetti,

legati al processo di integrazione stesso, che determinano la necessità di

rivedere la chiusura dei confini in ambito sanitario. Il fenomeno della

mobilità delle persone, in tutti i suoi aspetti, porta con sè l’esigenza di

garantire gli stessi servizi ovunque, soprattutto in termini di standard

qualitativi, in tematiche così delicate come la salute. E con mobilità si

intende non solo quella turistica, conseguenza di frontiere aperte, ma

soprattutto i fenomeni di mobilità lavorativa e di libertà di stabilimento che

l’integrazione non può che aver aumentato in modo esponenziale. La

garanzia quindi di diritti cardine del processo di integrazione, come la

libertà di movimento delle persone, la libertà di stabilimento piuttosto che

la libertà di fornitura di servizi, pone sempre maggiori sfide ad un percorso

che sembra allargarsi a macchia d’olio nei suoi ambiti di interesse. A ciò si

aggiunge inoltre la considerazione che, in un momento di forte crisi

economica, il settore sanità sia un ambito strategico, o perlomeno

importante, anche dal punto di vista occupazionale.

Tutti questi fenomeni, ma soprattutto un percorso che mira a creare

il senso di cittadinanza europea, non possono ignorare la necessità di

attivarsi in ambito sanitario per trovare, tra i 28 paesi, un terreno comune,

per identificare le problematiche da affrontare insieme, per rendere

omogenee alcune garanzie indispensabili nel rispetto comunque di

differenti scelte nazionali in termini di modelli sanitari di fornitura delle

prestazioni.

L’obiettivo di questo lavoro è analizzare che tipo di percorso è stato

11

fatto, e si sta facendo, a livello europeo in materia, con quali strumenti, in

quali ambiti specifici; osservare chi sono i soggetti coinvolti e le modalità

operative degli stessi, per cercare di capire se possiamo parlare di una

politica sanitaria in Europa o se è un processo ancora troppo in fieri per

poterlo delineare. L’analisi cercherà, dapprima, di collocare il settore sanità

nel percorso di sviluppo della politica sociale europea, osservando quando

e come si iniziano ad affrontare problematiche relative alla salute a livello

comunitario. Il secondo capitolo verrà dedicato all’approfondimento delle

azioni elaborate in materia sanitaria dai diversi soggetti coinvolti; partendo

dall’analisi dell’esistenza di modelli differenti tra i paesi dell’Unione

Europea, sarà interessante individuare quali siano i bisogni che emergono

in tale area e come si sceglie di gestirli a livello sovranazionale. Il

fenomeno non potrà che essere osservato attraverso l’analisi delle azioni

che negli anni si sono susseguite, cercando di individuarne il periodo, per

capire quando si è sviluppata la discussione e quando la stessa si sia

tradotta in azione; la natura stessa delle azioni, la tipologia degli strumenti

utilizzati, nonché gli attori coinvolti, ci permetteranno di capire se stiamo

parlando di una policy in fase di sviluppo o di un processo che possiede

già le carte in regola per progredire nell’implementazione.

Il capitolo III avrà un focus specifico sulla recente Direttiva 2011/24/UE

che, occupandosi della mobilità sanitaria transfontaliera, sta diventando il

fulcro della discussione in materia, e probabilmente rappresenta anche

una tappa importante di un percorso.

Si è scelto, infine, di analizzare una Regione italiana, la Regione Veneto,

per cercare di avere un punto d’osservazione più preciso; delimitare il

campo di osservazione dovrebbe permettere di individuare, in modo

maggiormente dettagliato, quali possano essere le azioni concrete che un

soggetto coinvolto nel processo analizzato può mettere in atto. In

quest’ottica si cercherà di capire anzitutto quali siano le sfide per il

soggetto istituzionale “Regione”, inteso come livello locale che nella

12

maggior parte degli Stati si occupa di garantire l’organizzazione del

sistema sanitario; ci si addentrerà inoltre nell’analisi di alcuni aspetti pratici

messi in atto dalla Regione considerata per poter osservare come la

programmazione e l’elaborazione teorica si traducano in azioni pratiche.

Per rappresentare il fenomeno al meglio si è scelto di abbinare alla lettura

di testi dedicati alla materia, l’utilizzo dei molti siti internet costruiti dai vari

soggetti competenti in materia. Per approfondire gli aspetti più rilevanti, si

è ritenuto potesse essere interessante intervistare alcune figure

strategiche che, dal livello locale al livello nazionale, ci hanno permesso di

analizzare le informazioni raccolte con un’ottica più attenta alle sfumature,

e cogliendo alcuni aspetti che solo gli addetti ai lavoro riescono a

percepire. Le interviste si sono svolte in modo aperto, consentendo di

arricchire il lavoro con una visione “dall’interno”, garantendo così un valore

aggiunto alla nostra analisi.

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CAPITOLO I

IL PROCESSO DI INTEGRAZIONE EUROPEA NELLA

POLITICA SOCIALE

14

1.1 L’evoluzione del processo di integrazione

nell’ambito delle politiche sociali

Il percorso di integrazione europea nasce in un periodo storico

completamente diverso da quello in cui viviamo oggi ed in cui ci ritroviamo

a discutere del livello di condivisione o differenziazione che gli Stati

coinvolti presentano nelle diverse materie.

Spesso, nei testi che trattano il percorso dell’Unione Europea, si fa

riferimento alle scelte iniziali come ad un percorso puramente economico,

effettuato per condividere spazi di mercato e costruire un soggetto

economico più forte rispetto ad altre potenze mondiali in rapida ascesa e

forte sviluppo. Ma non va dimenticato che una delle motivazioni più forti

ed urgenti che spinge i sei Stati fondatori ad intraprendere questo

percorso è il desiderio, dopo gli atroci conflitti mondiali, di costruire un

terreno pacifico, di basare i rapporti con gli Stati limitrofi su presupposti

diversi, di condividere alcuni interessi comuni piuttosto che incentivare la

bellicosità. L’analisi dei Trattati di Roma e delle scelte iniziali conferma il

fatto che la condivisione avviene limitatamente ad aspetti economici, ma è

importante non dimenticare ciò che spinge tali scelte e che,

probabilmente, permette a tale percorso di proseguire successivamente,

arricchendosi sempre più di aspetti che vanno oltre il mercato.

In un periodo di diffusa sfiducia o disillusione rispetto ai prodotti della

politica, [la dichiarazione di Berlino in occasione del cinquantesimo

anniversario della firma dei Trattati] […] sembra voler ricordare e così

celebrare il successo di un’impresa che, pur attraverso l’economia, ha avuto

proprio la politica fra i suoi promotori, e che nella politica cerca nuovi

traguardi e un nuovo rilancio2.

2 Ferrera, Giuliani, (2008), Governance e Politiche nell’Unione Europea, pag. 11.

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Del resto sono considerati “padri fondatori” dell’Unione Europea un gruppo

eterogeneo di illustri soggetti che possedeva nella maggior parte dei casi

una visione, all’epoca utopistica, di un’Europa unita. Gli aspetti ideologici o

le visioni idealiste, e l’idea che l’Europa potesse diventare non solo una

potenza economica ma anche un soggetto politico, hanno alimentato, sin

dall’inizio, posizioni europeiste, che hanno avuto grande influenza ed

hanno concretamente contribuito a delineare il cammino europeo che oggi

esaminiamo.

L’analisi del percorso di integrazione è stato, e continua ad essere,

ampiamente sviscerato ed approfondito da tutti i punti di vista,

identificandone le tappe, le caratteristiche, l’evoluzione e, come noto,

punti di forza e punti di debolezza. Non è obiettivo di tale lavoro

considerare le scelte effettuate dagli Stati nei diversi momenti storici, ma

appare opportuno ed interessante sottolineare, a grandi linee, i

cambiamenti avvenuti nei decenni, che hanno sensibilmente modificato

l’approccio all’integrazione. Il passaggio da scelte prettamente economiche

ad una struttura che si pone altri obiettivi, come la costruzione di uno

spazio sociale e di un soggetto politico, merita senz’altro un’attenzione

particolare. Tale cambiamento non avviene in modo repentino e presenta

tutt’oggi aspetti di criticità non ancora risolti, ma è indubbio che

attualmente, pur con tutti i suoi limiti, il territorio europeo ha assunto tratti

che per alcuni aspetti vanno ben oltre le aspettative di ciò che si sarebbe

potuto realizzare in soli 60 anni.

Gli anni ’90 sono stati determinanti nel delineare un ampliamento del

percorso su linee diverse. E’ in tale periodo che si completa il mercato

unico ma soprattutto che si rafforzano le premesse per la costruzione di

uno spazio sociale più articolato. I fenomeni storici e geopolitici che

permettono tale evoluzione sono molti e complessi, ma di certo

un’osservazione a distanza di quegli anni permette di rilevare, non solo un

territorio più vasto di condivisione, ma soprattutto tematiche non più solo

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economiche. Il tutto si potenzierà con l’importante allargamento degli anni

2004 e 2007, pur introducendo anche nuove criticità e nuove sfide da

affrontare. Non viene mai perso di vista l’impianto economico che ha

fortemente caratterizzato tutto il percorso ma, volutamente, e per alcuni

aspetti inevitabilmente, viene ampliato a molti altri ambiti della vita sociale

dei cittadini; le stesse quattro libertà fondamentali (libera circolazione di

beni, servizi, persone, capitali) richiedono, indirettamente, la mobilitazione

delle forze europee su altri fronti, per fare in modo che il percorso

intrapreso migliori le condizioni dei singoli paesi.

Da una parte si intensificano le competenze legislative dell’UE in

determinati settori, ormai consolidati, della politica sociale; […] dall’altra

parte si registra l’espansione dell’agenda europea, in materia sociale, verso

altri settori, diversi dal mondo del lavoro strictu sensu: parità anche nella

sfera domestica, esclusione sociale, salute pubblica o integrazione positiva

della sicurezza sociale.3

In questo percorso si è tentato di raggiungere un importante livello, anche

simbolicamente, con l’elaborazione di una Costituzione, che poi in realtà

non è stata ratificata e il cui processo di definizione è stato fortemente

criticato.

In occasione della crisi collegata al momento costituente molti studiosi

hanno assunto una posizione fortemente critica, attribuendone il

fallimento alla mancanza di unificazione politica e ad una pretesa, e

irrealizzabile, inversione del processo. A tale proposito Nevola è molto

netto ritenendo che «l’Unione Europea non è propriamente

costituzionalizzabile e democratizzabile perché non è un’unità politica, non

è uno spazio politicamente unificato»4. Su tale aspetto le visioni degli

studiosi sono diverse e in alcuni casi apertamente contrastanti; Ferrera e

3 Fabbrini, Morata, (2002) L’Unione Europea. Le politiche pubbliche, pag. 145

4 Nevola G., (2007), Democrazia, Costituzione, Identità, pag. 21.

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Giuliani esprimono un parere di tutt’altra natura:

ciò che in questi ultimi tempi ha maggiormente catturato l’attenzione

dell’osservatore è stato il fallimento del processo di ratifica del Trattato

costituzionale; […] sembrerebbe quasi che questi cinquant’anni di storia

comune europea siano passati invano, riportandoci ad una fase in cui la

reciproca diffidenza impediva i necessari giochi cooperativi. […] In realtà

l’Unione ha continuato a operare in una sostanziale continuità. E’ stato anzi

sostenuto che la capacità di attraversare eventi e traumi politici […] senza

essere costretti a rimettersi immediatamente in moto per nuove riforme,

costituisca il miglior indizio di una polity matura.5

Non volendo qui approfondire la crisi costituente, è interessante

semplicemente ricordare una componente del processo, ovvero la

necessità e volontà di costruire un sentimento di cittadinanza europeo. La

costruzione di una cittadinanza europea, sotto tutti i punti di vista,

risponde indubbiamente all’esigenza e all’obiettivo di pervenire ad una

maggiore unità politica.

[…] Affinchè il processo di integrazione continui ad espandersi è necessario

che alle dinamiche spontanee ed all’intervento di una pluralità di attori si

accompagni una crescente lealtà e senso di appartenenza dei cittadini. […]

E’ importante poter contare sul potere identificativo che con i suoi valori e

simboli coagula una comunità composita intorno ad un comune progetto

politico.6

Uno dei deficit più forti e più sentiti nel processo d’integrazione europea è

senza dubbio il fatto che, se da un lato il percorso ha raggiunto buoni

livelli di condivisione in termini economici, dall’altro l’approfondimento su

ambiti diversi ha fatto emergere in maniera più forte le posizioni differenti

dei soggetti coinvolti e in alcuni casi la volontà da parte degli stessi che

5 Ferrera, Giuliani, (2008), Governance e Politiche nell’Unione Europea, pag. 14.

6 Ivi, pag. 65.

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rimangano tali. Su alcuni aspetti la conflittualità è stata tale da non

permettere di proseguire un percorso di condivisione, e le differenze, più

che opportunità di dialogo e confronto, sono diventate ostacoli. Non va

inoltre sottovalutato quanto in tutto ciò abbia inciso e continui ad incidere

l’allargamento ed il fatto dunque che i paesi coinvolti, rispetto al percorso

iniziale, siano molti di più e molto diversi tra loro.

Costruire uno spazio sociale europeo non è cosa né semplice né rapida in

un panorama tra l’altro che continua a mutare la sua morfologia. E’ un

progetto ambizioso, che allarga l’interesse d’integrazione a materie

strettamente e storicamente legate alle politiche nazionali. Anche su tale

tema la letteratura è molto ricca, come sono ampi i settori su cui l’Unione

Europea ha acquisito sovranità o è intervenuta con ruolo di parallela

definizione di policy, creando un contesto di governance condivisa.

Leonardi e Varsori7 parlano del percorso di studio teso ad indagare il

processo di integrazione sotto diverse sfaccettature; è interessante notare

come nasce lentamente un ampliamento di vedute sull’argomento e come

si costruiscano gruppi di lavoro concentrati ad indagare l’esistenza di uno

“spazio sociale europeo” partendo dalla consapevolezza di una cultura

comune, o interessati ad analizzare l’identità europea, la sua esistenza ed i

suoi contorni.

Accanto quindi all’aspetto istituzionale, attraverso cui si è costruito

l’impianto europeo, c’è un percorso molto ampio di definizione e

costruzione delle policies; la competenza tra i diversi livelli di governarce si

è via via delineata come una struttura multilivello fortemente integrata, e

ha coinvolto non solo una quantità sempre maggiore di attori diversi, ma

anche differenti ambiti. La sfera sociale, inizialmente considerata solo

trasversalmente o simbolicamente, è un’area che si è fortemente ampliata

7 Leonardi L., Varsori A., Lo spazio sociale europeo, Atti del convegno internazionale di studi Fiesole (Firenze), 10-11 ottobre 2003.

19

con interventi sempre più incisivi da parte delle istituzioni europee. Ciò

non significa sempre un approccio di hard law, che prevede un ruolo

sovranazionale di primo piano e legislazione di rango primario rispetto a

quella nazionale; su molti settori l’approccio è più lento e di soft law, con

meccanismi diversi da quelli comunemente conosciuti ed analizzati che,

apparentemente più deboli, arrivano all’obiettivo in modo diverso. Le

politiche sociali (lavoro, occupazione, pari opportunità, inclusione e

antidiscriminazione, educazione e formazione professionale, etc.) a

differenza delle scelte in campo economico, sono state perseguite con

tempistiche e modalità tra loro diverse e, nonostante le notevoli difficoltà,

si sono ottenuti importanti risultati. E’ vero che in tali materie gli Stati

tendono a voler mantenere maggiormente il controllo:

per le politiche sociali non esiste né un grand project come quelli del

mercato unico o della moneta unica, né un unico filo logico da seguire

come per la politica della concorrenza. Ciò dipende dalla natura

frammentata e poco circoscritta della materia (ecco perché si parla di

politiche sociali al plurale). Ma i motivi fondamentali per il relativo

sottosviluppo delle politiche sociali a livello europeo sono innanzitutto le

differenze quasi insormontabili tra culture e politiche nazionali e poi il fatto

che esse sono per lo più di competenza nazionale lasciando poco spazio di

azione alle istituzioni sovranazionali, le quali hanno spesso dovuto

agganciarsi ad altre politiche come il mercato unico o la moneta unica per

portare avanti le loro iniziative8.

Utilizzare, tuttavia, una modalità diversa da quella tradizionale o tentare

diversi percorsi se quelli conosciuti non funzionano o falliscono, ritengo sia

una scelta virtuosa piuttosto che un fallimento o un rallentamento del

processo.

8 ATTINA’, NATALICCHI, (2007), L’Unione Europea, Governo Istituzioni, Politiche, pag. 217.

20

Il metodo di coordinamento aperto (MAC) consente di perseguire obiettivi

incompatibili altrimenti: maggiore partecipazione degli attori coinvolti e

riduzione del deficit democratico, maggiore trasparenza, a costo di

procedure complesse, assenza di dispositivi regolativi di tipo hard, assenza

di obblighi, ma incentivi a meccanismi di cambiamento di tipo soft9.

Indubbiamente le scelte che hanno tentato di realizzare un momento

“costituente” per elaborare una Costituzione Europea, sono riconducibili

all’intenzione di permettere un riconoscimento, anche e soprattutto

all’esterno dell’Unione Europea, di un’entità politica e non più solo

economica; si è cercato di dare una forte spinta al percorso che già in altri

modi si sta da decenni perseguendo, attraverso lo sviluppo delle politche

sociali in un più ampio progetto politico. Su tale momento sono state

elaborate molte critiche rispetto soprattutto all’inversione del percorso:

elaborare una Costituzione senza un’unità territoriale è sembrato ad alcuni

un percorso fallimentare sin dall’inizio. Gli eventi (soprattutto i referendum

olandese e francese) hanno messo in luce come probabilmente sia

mancato qualche passaggio o forse non si fosse pronti in quel momento

ad un passo così impegnativo e profondo. Senza indagare qui le cause,

difficili tra l’altro da identificare con certezza, e su cui gli studiosi offrono

differenti valutazioni, è interessante notare come probabilmente sia

mancato, e tuttora manchi, proprio quel sentimento europeo che

potrebbe, e forse dovrebbe, essere alla base di un percorso di

integrazione così profondo sia dal punto di vista sociale che politico.

9 Ferrera, Giuliani, (2008), Governance e Politiche nell’Unione Europea, pag. 99.

21

1.2 Il concetto di cittadinanza europea nel processo di

integrazione

Come anticipato, il percorso di integrazione è arrivato ad un livello in cui

sembra indispensabile investire in azioni e policies che rafforzino il senso

di appartenenza e la costruzione di una cittadinanza europea. Tale

obiettivo è difficile da perseguire direttamente e si ottiene con lunghi

processi di condivisione e di rafforzamento di valori comuni. «Per dare vita

ad un sentimento di appartenenza e di lealtà vi deve essere condivisione

di premesse ideali. […] Quando allora si può parlare di identità europea?

Quando gli europei sentono che quei valori e quei principi non possono

ormai affermarsi che grazie alle istituzioni politiche comuni».10

Capire se esiste un sentimento europeo diventa, quindi, nei decenni un

aspetto sempre più importante ed oggi, in un momento in cui il percorso

d’integrazione ha raggiunto livelli che richiedono non più solo l’accordo

intergovernativo, capire se ci siano i presupposti per delineare una vera e

propria cittadinanza europea, diviene fondamentale. Non è appunto un

percorso lineare e facilmente perseguibile: sono serviti anni, in alcuni casi

decenni, per costruire e rafforzare un sentimento di cittadinanza nazionale

(a volte anch’esso messo a dura prova); costruire oggi un senso di

appartenenza europeo, pur essendo importante, non è agevole e

rappresenta attualmente una delle maggiori sfide.

Ma è una sfida assolutamente necessaria. Se l’obiettivo diventa costruire

un soggetto politico, i due aspetti non possono che essere correlati se si

ritiene, come molti fanno, che sia indispensabile un maggior sentimento

europeo, un’identificazione naturale con tale realtà, per poter parlare di

cittadinanza europea, anche da un punto di vista istituzionale.

10

Ferrera, Giuliani, (2008), Governance e Politiche nell’Unione Europea, pp. 86 e 87.

22

Da sempre il percorso dell’Unione Europea è stato codificato come un

percorso inusuale, o comunque unico nel suo genere per tutta una serie di

aspetti; e dunque anche il fatto di pervenire oggi, o comunque in tempi

recenti, alla necessità che i cittadini europei si sentano tali, può essere

letto in tale modo. «Ancora oggi l’Unione Europea fatica a coinvolgere il

cittadino comune, non riesce a mobilitare o ad attrarre l’opinione pubblica

di massa attorno all’Europa come progetto politico»11. Solitamente l’unità

territoriale e politica arriva dopo la costruzione di un sentimento identitario

e la condivisione di un percorso culturale comune; uno Stato Nazionale

viene costruito quando il sentimento di cittadinanza è già forte e si hanno

gli strumenti e gli elementi per rafforzarlo ancora di più.

L’Europa sembra, da un lato effettuare il percorso inverso, ovvero cercare

di istituzionalizzare alcuni passaggi politici che dovrebbero “farci sentire

europei”, e dall’altro costruire tuttavia un terreno che permetta di

percepire la presenza e tutela europea su aspetti determinanti e

importanti nella vita quotidiana di ogni cittadino. Da un lato infatti le

istituzioni europee hanno cercato nei decenni di rafforzare il loro ruolo

istituzionale e di strutturarsi secondo una modalità operativa che

permettesse di raggiungere livelli di democraticità maggiori (questo non

significa che ci siano riuscite, indubbiamente vi è tuttora il tentativo di

dare un impianto istituzionale quanto più credibile possibile non solo per

un riconoscimento da parte degli attori politici internazionali, ma anche e

soprattutto per gli Stati Nazionali che costituiscono l’Unione stessa). Molte

sono, e sono state, le azioni di successo, che hanno ottenuto risultati

importanti; indubbiamente altri aspetti appaiono maggiormente discutibili.

Il cammino di integrazione, tuttavia, non si è fermato e non può ritenersi

fallimentare in toto; dopo aver tentato un’azione più diretta, non è escluso

11 Nevola G., (2007), Democrazia, Costituzione, Identità, pag. 31.

23

che, probabilmente indirettamente, l’intenzione possa essere di procedere

più lentamente e con modalità diverse da quelle standard, lungo una serie

di percorsi ed attività che mirano a costruire e rafforzare quel sentimento

comune, quel senso di appartenenza, quella comunione di valori e di

intenti utile a passaggi politici più profondi.

Il settore sanitario, che sarà l’oggetto della nostra analisi, è considerato

una di quelle aree in cui c’è minore attività sovranazionale. E’ uno degli

ambiti in cui vi è competenza esclusiva dei governi nazionali e l’attività

dell’Unione Europea si sviluppa rispettando i principi di sussidiarietà e

proporzionalità. Si ritiene tuttavia che un’analisi di tale settore e delle

azioni intraprese sia interessante per capire se la sanità possa diventare

uno degli ambiti in cui, senza voler stravolgere le radicate e storiche scelte

di politica sanitaria degli Stati, si cerchi di attivare un percorso comune,

parallelo alle differenze, che nel tempo e in modo sempre più profondo (se

pur lungo) possa permettere di percepire da parte dei cittadini la presenza

europea come una presenza tutelante e non in antitesi con le scelte

nazionali; in tal modo l’Europa potrebbe essere identificata come un

soggetto ancora più inclusivo rispetto al proprio Stato di appartenenza,

senza per questo cancellare l’esistenza e la permanenza di differenze

territoriali. L’ipotesi è che possa innescarsi un meccanismo attraverso cui,

in questo settore, l’Europa diventi il soggetto che tuteli maggiormente il

cittadino, non perché preveda livelli ulteriori di copertura sanitaria o

perché incida sulle scelte del proprio paese, ma perché permette al

cittadino di effettuare libere scelte di vario genere (stabilirsi in un altro

stato, lavorare in diversi Stati Europei) senza che ciò si traduca in perdita

di diritti all’uscita dal proprio Paese. Potrebbe essere una tecnica indiretta

per far percepire ad un soggetto la tutela anche al di fuori del territorio cui

storicamente e civilmente è legato, innescando a quel punto un

meccanismo di riconoscimento identitario anche a livello europeo.

Il concetto di cittadinanza europea è indubbiamente correlato al percorso

24

di costruzione dell’identità, che a sua volta è importante per costruire la

democrazia. Storicamente i processi attraverso cui si sono delineati i

confini nazionali sono stati legati a momenti bellici, o comunque successivi

a contrasti molto forti, utili anche per rafforzare proprio il senso di

appartenenza e di condivisione di un percorso.

L’Unione Europea rappresenta da questo punto di vista un modo diverso,

e anche originale, di raggiungere un’unità (sotto vari aspetti) attraverso un

percorso pacifico, attraverso l’inclusione, attraverso ciò che si ha in

comune e non ciò che differenzia. Appare un percorso che cerca

lentamente di unire i pezzi mancanti, senza la pretesa di omogeneizzare o

rendere uguali ma, spesso partendo proprio dalle differenze e

rispettandole, cogliendo gli aspetti che si ritengono migliori e portandoli

avanti per tutti.

In questo lavoro ci interessa analizzare la politica sanitaria europea o

meglio le azioni svolte in ambito sanitario a livello europeo, per capire

proprio se esiste o si stia costruendo una policy in tale settore. L’ipotesi è

che in realtà nel settore sanitario l’ambito di competenza sia fortemente

delineato dal principio di sussidiarietà per il quale il migliore soggetto che

risponde alle esigenze dei cittadini sia lo Stato, ma allo stesso tempo ci si

stia muovendo per sviluppare un coordinamento sempre più capillare in un

settore vicino alla cittadinanza per contribuire a creare quel sentimento

comune europeo attraverso istituzioni che tutelino un’area così cruciale

come la salute. Non si può ritenere esista oggi un percorso che voglia

creare una struttura sanitaria a livello europeo, anche perché le differenze

tra gli Stati sono molte e radicali. Tuttavia sembra svilupparsi un

fenomeno più lento, ma dal basso che, pur rispettando e mantenendo le

strutture esistenti, voglia poter utilizzare le potenzialità che un sistema

comune in alcuni ambiti può determinare.

25

CAPITOLO II

LA POLITICA SANITARIA IN EUROPA

26

2.1 Le scelte di politica sanitaria negli Stati membri:

modelli differenti

Il settore sanitario rientra storicamente nell’ambito delle politiche sociali e

fa parte del complesso sistema di Welfare State. Il diritto alla salute può

essere osservato da almeno due punti di vista: dal lato sociale, come

diritto acquisito in un percorso di conquista di tutele, che permette dunque

di identificarlo come garanzia che lo Stato deve fornire a tutti i cittadini; da

un altro punto di vista come garanzia di performance economiche di una

società, il cui benessere assicura maggiori livelli di sviluppo o è sinonimo di

migliori livelli di sviluppo e, allo stesso tempo, come dimensione che

riduce i costi in un complesso circolo virtuoso. In entrambi i casi, se pur

con logiche diverse, la salute viene letta come un bene comune da

tutelare, monitorare, garantire in tutti i suoi aspetti.

Il processo storico che ha determinato, in Europa, lo sviluppo dello Stato

sociale è avvenuto attraverso l’emergere di una consapevolezza nuova

rispetto all’utilità e alla necessità di garantire e tutelare un insieme di diritti

definiti appunto sociali. Fornire una serie di prestazioni su ambiti quali la

previdenza, la malattia, l’invalidità da parte dello Stato, in modo uniforme,

o comunque in forma automatica e imparziale (una volta stabiliti i criteri),

ha delineato il percorso del Welfare State nei diversi paesi europei. E’ stato

naturale, anche per il momento storico in cui sono emersi questi processi,

identificare nello Stato Nazione il soggetto istituzionalmente deputato ad

occuparsi di tale ambito e limitare ai confini nazionali il riconoscimento di

eventuali tutele. Ciò ha contribuito in realtà a rafforzare anche quegli

stessi confini, territoriali e culturali, in un processo di reciproco

consolidamento:

l’istituzionalizzazione della solidarietà tramite la comunione di certi rischi

(vecchiaia, invalidità, malattia, infortuni sul lavoro, disoccupazione – per

citare i principali) servì […] a rafforzare quel legame fra territori, identità

27

culturali e pratiche di partecipazione politica nel quale affonda le proprie

radici […] lo Stato-nazione europeo.12

Ed ancora

le politiche di welfare rinforzarono la penetrazione dello Stato nella società

civile, al tempo stesso rinsaldando i legami di quest’ultima con lo Stato e la

nazione attraverso flussi di condivisione sociale sostanziosi sotto il profilo

materiale, efficienti sotto il profilo organizzativo ed efficaci sul piano

simbolico.13

Le scelte che ogni Paese ha effettuato in merito ai vari settori coinvolti

sono senza dubbio diverse, poiché motivate e spinte da dinamiche che,

pur partendo da esigenze analoghe, erano influenzate da molti fattori di

differente genere. Nell’ambito della politica sanitaria i paesi europei,

territorio comunque simile su molti aspetti, hanno nel tempo elaborato

soluzioni e modelli diversi tra loro, soprattutto per il grado di

coinvolgimento dello Stato stesso.

La regolazione dei sistemi sanitari è un settore molto complesso poiché si

intersecano più variabili che incidono sulle scelte di un sistema: il livello di

garanzia e di tutela dei cittadini che si vuole ottenere, gli aspetti

prettamente sociali di Welfare State da garantire come l’accessibilità o

l’uguaglianza, i costi che le diverse scelte implicano, aspetti culturali quali

tradizioni politiche storicamente radicate o l’influenza di particolari gruppi

sociali, eventuali percorsi storici radicati nel tempo, sono solo alcuni

esempi di come il differente peso di alcuni fattori può portare a risultati

diversi. Tutti questi aspetti comportano necessariamente scelte ragionate

e basate su un intreccio a volte molto complicato. Ciò determina che a

livello europeo i sistemi sanitari presentano punti in comune ma anche

12 FERRERA M., (2000), Integrazione europea e sovranità sociale dello Stato-Nazione: dilemmi e prospettive, pag. 397. 13 Ivi, pag. 399.

28

differenze sostanziali ed è difficile ricondurli ad un unico modello.

Negli ultimi decenni un po’ tutti i paesi europei hanno dovuto elaborare

riforme in campo sanitario sia per il verificarsi di un aumento delle spese

da sostenere (lievitazione dei prezzi, aumento del costo del lavoro,

ampliamento dell’offerta), sia per la necessità di un contenimento della

spesa pubblica. E’ difficile raggruppare i paesi in modelli codificati poiché,

nonostante in letteratura si siano identificati idealtipi diversi tra loro, le

soluzioni adottate considerano sempre vari aspetti dei diversi modelli.

Toth14 effettua una chiara classificazione (assolutamente teorica) di quelle

che sono le tipologie di sistemi a disposizione dei decisori. Identifica

quattro modelli classificati in base alla forma di finanziamento e ad alcune

variabili che li differenziano, come la garanzia egualitaria di accessibilità.

Il primo è il Modello del mercato semplice che consiste nel riconoscere

massima libertà di scelta ai cittadini, permettendo loro di individuare il

fornitore ritenuto più adeguato per le proprie esigenze. In questo caso il

settore sanitario viene considerato un mercato a tutti gli effetti, ritenendo

inoltre che i pazienti siano dei clienti con possibilità di completa

informazione sulle proprie esigenze; ciò comporta la conseguente capacità

di scelta razionale, determinando dunque una domanda che influenza

l’offerta. Le prestazioni diventano prodotti e i costi sono legati

all’andamento del mercato.

Il secondo è il Modello dell’Assicurazione volontaria che prevede

invece l’opportunità da parte dei cittadini di assicurarsi da eventuali

problemi di salute. L’assicurazione è tuttavia una scelta individuale e

prevede, non solo costi completamente a proprio carico, ma anche una

variabilità rispetto alla copertura e al rischio. Le assicurazioni infatti

possono definire propri pacchetti e proprie condizioni ed inoltre i premi

14 Il testo a cui si fa riferimento è TOTH F., (2009), Le politiche sanitarie. Modelli a confronto.

29

possono variare in relazione ad alcune condizioni soggettive,

indipendentemente dalle garanzie fornite.

Il terzo è il Modello dell’Assicurazione sociale obbligatoria che

prevede invece l’intervento parziale di un soggetto pubblico che

garantisca, attraverso quelle che vengono definite casse, la tutela ad

alcuni gruppi di cittadini. Tale sistema prevede l’iscrizione obbligatoria alle

casse ed è legato ai redditi da lavoro, prevedendo una copertura totale o

parziale dei lavoratori. Tale modello, come gli altri, può essere poi

declinato in varie forme, ma si struttura sostanzialmente attorno al

principio di contribuzione obbligatoria in caso di lavoro dipendente.

Il quarto è il Modello Universalistico che prevede invece la copertura

sanitaria per tutti i cittadini attraverso la tassazione generale. Il ruolo del

soggetto pubblico è di primo piano poiché garantisce l’organizzazione ed il

funzionamento del sistema. Questo è il modello che storicamente viene

identificato per garantire appieno i principi di universalità, solidarietà ed

uguaglianza, senza tuttavia che con ciò si possa definire il migliore.15

La classificazione teorica, oltre a semplificare estremamente la

rappresentazione, è puramente indicativa, poiché è difficile individuare un

sistema che possieda tutte le caratteristiche di un solo modello. I diversi

paesi hanno effettuato nel tempo scelte che permettono di ricondurli ad

uno di questi modelli, ma è particolarmente diffuso che per alcuni aspetti

ci si ispiri a idealtipi differenti.

Toth ritiene inoltre che i quattro modelli facciano parte di una sorta di

percorso e che dunque i diversi paesi approdati al sistema universalistico

vi arrivino per tappe (rispettandole tutte o, in alcuni casi, saltando alcuni

15 Questa classificazione non è l’unica elaborata; viene scelta in questo contesto per la chiarezza con cui illustra i diversi modelli e le caratteristiche a disposizione dei policy makers in campo sanitario. Un altro esempio di classificazione è di Salvatore Russo che individua quattro modelli: 1. Modello Beveridge; 2. Modello Bismarck; 3. Modello Misto; 4. Modello Semasko. Per un approfondimento si veda Russo Salvatore (2004), Dispensa di Economia delle Aziende Sanitarie.

30

passaggi) e che vi sia una sorta di “principio dell’ irreversibilità” secondo il

quale una volta raggiunto un determinato livello sia quasi impossibile

retrocedere. Ciò che è chiaro è che le possibilità per strutturare un sistema

sanitario sono molteplici e le scelte sono collegate ad altrettanti fattori

determinanti.

Gli elementi che incidono rispetto ad una scelta sono indubbiamente

aspetti di tradizione culturale e anche di momento storico politico. E’

dimostrato infatti che incidono sulle tipologie di scelte di un sistema

sanitario piuttosto che di un altro il colore politico, l’influenze delle lobbies

(assicurazioni o medici), il ruolo del sindacato, il fatto che sia un modello

già sperimentato da altri paesi simili e dunque si determini una sorta di

effetto trascinamento, le emergenze che appaiono sulla scena politica (es.

l’andamento demografico, eventuali situazioni di crisi economica).

Già questo semplice elenco permette di intuire come i paesi abbiano a

disposizione diverse modalità per costruire il proprio sistema di tutela della

salute ed un’analisi più approfondita mette in luce come poi vadano

considerate ulteriori variabili di dettaglio che determinano un’osmosi di

questi sistemi puri. Sono, ad esempio, variabili importanti da analizzare

l’integrazione verticale che coinvolge assicuratori e fornitori; l’integrazione

orizzontale del sistema che osserva invece il livello di integrazione tra cure

primarie e cure secondarie; i meccanismi di gatekeeping; la libertà di

scelta del paziente che può essere particolarmente ampia o limitata ed

infine l’impostazione dell’attività dei medici di base. Uno schema molto

semplice di Toth illustra le posizioni estreme di un continuum che i governi

hanno a disposizione per operare delle scelte ragionate:

31

MODELLO INTEGRATO MODELLO SEPARATO

Alta. Assicuratori e fornitori appartengono alla stessa organizzazione

INTEGRAZIONE VERTICALE Bassa. Assicuratori e fornitori sono soggetti indipendenti

Alta. Cure primarie e secondarie sono erogate dalle stesse organizzazioni

INTEGRAZIONE ORIZZONTALE Bassa. Cure primarie e secondarie sono erogate da soggetti separati

Obbligatori MECCANISMI DI “GATEKEEPING”

Facoltativi

Limitata. Si può scegliere solo fra i fornitori convenzionati con la propria assicurazione

LIBERTA’ DI SCELTA DEL PAZIENTE

Ampia. Si può scegliere fra tutti i fornitori, pubblici o privati

Collettiva PRATICA DEI MEDICI DI BASE Individuale

Tab. 2.1 Modello integrato e modello separato16

Alla luce dell’ analisi teorica sulle diverse combinazioni di organizzazione

del sistema sanitario e degli aspetti che influenzano le preferenze, è

importante sottolineare che i vari paesi europei hanno effettuato le scelte

più diverse, e le hanno inoltre modificate nel tempo.

I paesi dell’UE sono oggi 28 soggetti difformi tra loro sotto il profilo delle

scelte di politica sanitaria; è indubbio che vi siano alcuni paesi con affinità

maggiori, con percorsi culturali più simili che spiegano scelte analoghe nel

settore considerato. Un’analisi approfondita, tuttavia, metterebbe

comunque in evidenza differenze importanti radicate profondamente negli

Stati. A fini esplicativi si ritiene utile illustrare brevemente l’organizzazione

dei sistemi sanitari in 4 paesi europei: la Germania, la Slovenia, l’Italia e la

Gran Bretagna. La scelta ricade su tali paesi perchè rappresentano i due

modelli maggiormente diffusi in Europa: il modello dell’assicurazione

sociale obbligatoria (Germania e Slovenia) e il modello universalistico

(Gran Bretagna ed Italia). Nel caso di Germania e Slovenia si sceglie di

analizzare due paesi che rispetto all’integrazione europea hanno storie

opposte, la Germania paese fondatore della Comunità Europea, la Slovenia

paese di recente introduzione; nel caso invece di Gran Bretagna e Italia si

16 Toth Federico, (2009), Le politiche sanitarie, Modelli a Confronto, Laterza, pag. 50.

32

ritiene interessante l’analisi di tali paesi poiché rispetto al sistema

universalistico la Gran Bretagna è il primo paese europeo che l’ha

introdotto, tant’è che lo stesso assume anche il nome di Modello

Beveridge, dall’ideatore del sistema inglese. L’Italia invece è un paese che

ha introdotto il sistema universalistico in tempi relativamente recenti e che

può essere considerato un rappresentante dei paesi approdati a tale

sistema negli ultimi decenni, con necessità dunque di consolidamento.

Osserveremo i sistemi considerati secondo le seguenti variabili:

il sistema di finanziamento, il livello di copertura del servizio, i soggetti che

forniscono le prestazioni, la libertà di scelta dei pazienti.

Germania

Il sistema sanitario tedesco rappresenta il modello di Assicurazione sociale

obbligatoria, storicamente definito modello bismarckiano anch’esso dal

nome del suo ideatore.

In Germania le scelte di politica sanitaria si sono indirizzate verso la

costruzione di due circuiti assicurativi differenti: un sistema pubblico di

casse di malattia che copre determinate categorie di cittadini, ed un

secondo, privato, a cui può rivolgersi la parte di popolazione con reddito

oltre una certa soglia. Le casse di malattia sono legate alle diverse

professionalità con contribuzione suddivisa tra lavoratori e datori di lavoro.

La copertura è assicurata anche ai familiari dei lavoratori. In questo modo

si raggiunge un buon livello di copertura della popolazione ma non tutti i

cittadini hanno l’obbligo di iscrizione. Sono esclusi i lavoratori autonomi e i

liberi professionisti, che non hanno l’obbligo di iscrizione, ma hanno la

libertà di assicurarsi privatamente. Per alcune categorie sono infine

previsti regimi particolari di tutela (dipendenti pubblici e fasce marginali

della popolazione). Esistono diverse casse che possono concorrere tra loro

33

ed è stato introdotto un sistema di compensazione che permette di

riequilibrare eventuali differenze importanti nel numero di iscritti e nei

livelli diversi di rischio.

Le prestazioni sono fornite da operatori privati o pubblici. Viene esercitato

un controllo sui livelli garantiti da parte del governo federale attraverso la

definizione di regole generali. E’ infine presente una rete di medici

convenzionati che garantisce l’assistenza di base ricevendo il proprio

onorario dalla cassa mutua o dal paziente se coperto da assicurazione

privata.

Il sistema si caratterizza infine per la massima libertà di scelta concessa ai

pazienti, che possono scegliere liberamente tra tutti gli specialisti e gli

ospedali accreditati, pubblici o privati.

Slovenia

Anche la Slovenia rientra nei paesi che possono definire il proprio sistema

sanitario di stampo bismarckiano o di assicurazione sanitaria obbligatoria.

Il sistema prevede l’obbligo di assicurazione per una serie di categorie,

con copertura anche delle persone a carico. Il sistema, inoltre, si basa su

un unico soggetto assicuratore pubblico regolato dalla legge ed

amministrato dall’Health Insurance Institute of Slovenia (HIIS). Non

vengono tuttavia coperte tutte le spese sanitarie e vi è la necessità di una

contribuzione per le prestazioni da parte dei cittadini (meccanismo di co-

pagamento); per alcune categorie di cittadini, o per alcune tipologie di

malattia, è prevista la copertura completa. Il sistema dunque è finanziato

attraverso il fondo di origine pubblica amministrato dall’HIIS e il fondo di

origine privata costituito dalla compartecipazione dei cittadini.

Le prestazioni sono fornite da strutture private e pubbliche.

Il diritto di scelta da parte dei cittadini è ampio. Il cittadino sloveno può

infatti scegliere qualunque medico di base; è inoltre previsto che identifichi

34

un proprio dentista personale tra quelli accreditati. Può inoltre scegliere lo

specialista pubblico o privato da cui essere visitato.

Gran Bretagna

Il Regno Unito è il primo paese europeo ad aver introdotto il sistema

universalistico, conosciuto anche come National Health Service (NHS)

delineato nel 1946 dall’economista e sociologo inglese Beveridge (da qui la

denominazione del modello universalistico anche come Modello

Beveridge). In tale sistema viene garantita assistenza a tutti i cittadini

inglesi, e dunque si risponde al principio di universalità di tutela della

salute. I servizi sono finanziati dalla tassazione generale a carico di tutti i

cittadini e non è dunque correlata all’identificazione di categorie di

lavoratori o di particolari altri gruppi della società. Le prestazioni vengono

fornite soprattutto da strutture pubbliche; infatti una delle caratteristiche

principali di questo sistema è la preponderanza di strutture di proprietà

pubblica. Parallelamente esistono tuttavia anche strutture private a cui i

cittadini possono rivolgersi.

Una particolarità di questo sistema è quello di aver introdotto dei soggetti

che fungono da intermediari tra i pazienti (clienti) e le strutture che

forniscono le prestazioni (fornitori) definiti purchasers ovvero acquirenti

delle prestazioni: sono le Health Authorities (regionali o distrettuali) che

ricevono i finanziamenti pubblici e, alla luce dei budget a disposizione,

hanno il compito di identificare le prestazioni necessarie in base ai bisogni

che emergono. Accanto ad esse si collocano i General Practitioners

(Fundholdings ovvero i medici di base) a cui è affidato, non solo un

pacchetto di pazienti, ma anche la gestione di fondi in relazione proprio a

tali pazienti. Ne amministrano, infatti, le richieste e l’utilizzo delle

prestazioni in modo da renderle efficienti rispetto alle esigenze, ed efficaci

rispetto ai bisogni.

35

La libertà di scelta da parte dei pazienti è relativamente ampia poiché il

paziente può scegliere, per così dire, l’acquirente di prestazioni, ma sarà

tale soggetto che poi agirà da filtro con i fornitori delle prestazioni stesse.

Italia

Il Sistema Sanitario italiano rientra nel raggruppamento dei sistemi

universalistici poiché ha come caratteristica principale la garanzia di

universalità e dunque la copertura assicurativa di tutti i cittadini. Il

finanziamento deriva, anche in Italia, dalla tassazione generale. La

struttura prevede diversi livelli di gestione della politica sanitaria: il livello

nazionale definisce gli standard qualitativi e i pacchetti di prestazioni da

garantire, nonché elabora la programmazione sanitaria di base; il livello

decentrato (Regioni) ha assunto un ruolo strategico nell’ambito della

politica sanitaria delinendo una propria programmazione regionale e

gestendo direttamente l’aspetto organizzativo del sistema; infine, vi sono

le strutture che forniscono i servizi, che sono in gran parte strutture

sanitarie pubbliche. Il primo livello di accesso è in ogni caso garantito dai

Medici di base che operano in base agli ambiti territoriali. Il secondo livello

è fornito da ospedali o specialisti; il terzo livello garantisce una serie di

attività sul territorio (es. prevenzione). Accanto alla prevalente realtà

pubblica esiste una realtà privata, caratterizzata o da strutture private

convenzionate attraverso cui viene comunque garantita la copertura

pubblica, o da strutture e professionisti che agiscono secondo logiche di

mercato. La libertà di scelta da parte dei cittadini è massima rispetto alle

strutture (il paziente può direttamente scegliere l’ospedale o lo specialista

a cui rivolgersi) ma lo è meno in relazione al medico di base che dovrebbe

rappresentare la figura di indirizzo alle strutture fornitrici di prestazioni.

I brevi cenni effettuati sui sistemi sanitari dei paesi considerati non mirano

36

certo ad essere esaustive descrizioni degli stessi; gli elementi che

costituiscono un sistema sanitario sono molto più vari e complessi, e

diverse sono anche le variabili che possono considerarsi per descriverli. In

ogni caso questo semplice excursus ci permette di capire come le scelte

elaborate dai paesi europei possano essere completamente diverse o in

alcuni casi anche simili, pur mantenendo comunque aspetti di specificità

importanti. Ed è intuibile il motivo per il quale gli Stati membri sono

fortemente ancorati al proprio sistema sanitario; l’ambito di tutela della

salute rimane di competenza nazionale anche per un forte legame che lo

stesso ha con il tessuto territoriale.

Ciò non toglie che negli ultimi decenni siano apparse nel panorama

europeo una serie di sfide che mettono in discussione la separazione netta

dei sistemi nazionali.

Le stesse libertà di movimento delle persone, dei lavoratori ma anche dei

servizi conducono ad un ripensamento della necessità di garantire alcune

tutele fondamentali che oltrepassino i tradizionali confini degli Stati; eventi

come quello del virus della mucca pazza hanno messo in crisi il sistema

attuale, e fanno riflettere sulla necessità, perlomeno, di avviare un livello

sovranazionale di coordinamento su taluni aspetti. Alcune sentenze della

Corte di Giustizia hanno creato la necessità di definire alcuni aspetti

comuni non più trascurabili.

Tutto ciò ha sollevato un problema ed ha messo in discussione la linearità

della separazione di competenza in tale ambito.

Nei prossimi paragrafi andremo ad analizzare quali sono le esigenze

emerse negli ultimi anni che hanno richiesto un cambiamento di

prospettiva; che cosa è stato fatto in sede europea alla luce delle nuove

sfide, con che tempistica e con che approccio, per capire che tipo di

dinamiche si stanno sviluppando e poter infine tracciare i contorni di un

fenomeno in fieri.

37

2.2 Evoluzione dell’esigenza di un intervento europeo in

materia sanitaria

Il settore sanitario, come abbiamo più volte ribadito, rimane ancora oggi di

competenza nazionale, rispettando dunque il principio di sussidiarietà che

riconosce agli Stati Membri, in questo ambito, il ruolo di migliore soggetto

che può garantire la tutela della salute. Negli ultimi decenni sono tuttavia

emerse, per varie ragioni, esigenze di diversa natura e nuove sfide che

hanno modificato i tradizionali confini territoriali in ambito sanitario,

innescando quello che viene definito un processo di integrazione negativa.

Nella Decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio che adotta il Primo

Programma d’azione comunitario in campo sanitario (2003-2008) si

precisa che

gli obiettivi del programma non possono essere realizzati a un livello

sufficiente dagli Stati membri a causa della complessità, del carattere

transnazionale e della mancanza di un controllo completo, a livello di Stato

membro, dei fattori che riguardano la sanità, e pertanto il programma

dovrebbe sostenere e completare le azioni e le misure degli Stati membri. Il

programma può fornire un notevole valore aggiunto alla promozione della

salute e ai sistemi sanitari nella Comunità […]17.

Ciò che si è venuto a delineare è dunque un panorama in cui, da un lato la

programmazione e l’organizzazione del sistema sanitario rimangono di

assoluta competenza nazionale, dall’altro si è sviluppata una serie di

iniziative, attività e programmi che permettono oggi di riconoscere

l’esistenza di una issue a livello comunitario in questo campo.

17 DECISIONE N. 1786/2002/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 settembre 2002 che adotta un Programma d'azione comunitario nel campo della sanità pubblica (2003-2008), considerando 22.

38

Ciò che prioritariamente ha avviato la riflessione sul tema e ha permesso

di percepire la necessità di un intervento, deriva da una sorta di

meccanismo di spillover del mercato interno: le quattro libertà di

circolazione, che rappresentano i punti cardine dell’integrazione europea,

hanno innescato importanti cambiamenti nel territorio, e si è reso

necessario ripensare ad alcuni aspetti. Legare l’accesso allo spazio sociale

alla cittadinanza nazionale pone necessariamente delle barriere all’uscita,

determinando una perdita di diritti nel momento in cui non si è più

all’interno del proprio territorio nazionale. Le libertà di circolazione hanno

innescato meccanismi che hanno messo in crisi le tutele legate ai territori

nazionali, poiché libertà di stabilimento o mobilità lavorativa sono

fenomeni che necessitano di tutele qualunque sia il paese comunitario

verso cui ci si dirige. Il percorso intenso che si è sviluppato per rendere

effettiva la libera circolazione delle persone, richiede oggi che quelle

stesse persone possano godere dei medesimi livelli di garanzia, in termini

di tutela della salute, pur non risiedendo nel loro paese d’origine. La

mobilità si caratterizza tra l’altro non solo per i fenomeni di turismo, resi

più frequenti dall’abbattimento delle frontiere, ma anche per la mobilità

dei lavoratori che sempre più possono accettare o cercare proposte di

lavoro oltre i propri confini nazionali. Ciò comporta la necessità di

garantire livelli paritari di sicurezza sul lavoro ma anche di tutela della

salute.

Non va sottovalutato come la buona salute sia anche una condizione

essenziale per la produttività e la prosperità economica; investire

nell’organizzazione sanitaria, e farlo cercando anche di abbattere i costi, è

un punto d’osservazione interessante di questo settore. Il settore sanitario

è considerato infatti uno dei principali motori dell’espansione nell’ambito

del settore servizi. Se le parole d’ordine sono diventate oggi crescita,

innovazione ed occupazione, il settore della sanità è un ambito che può

fornire importanti opportunità. Si intrecciano, in quest’area, da un lato il

39

fatto che garantire la buona salute dei cittadini sia un investimento nel

livello di efficienza della società, dall’altro il fatto che lo sviluppo strategico

del settore faccia parte dell’obiettivo di crescita intelligente ed inclusiva

della Strategia Europa 2020.

A tali considerazioni si affiancano gli eventi degli ultimi anni, e nello

specifico la crisi finanziaria che ha colpito tutti i paesi europei e

rappresenta un’ulteriore sfida per i decisori politici. Vi è sempre più

l’esigenza di ridurre la spesa pubblica, e per farlo, ci si è concentrati

nell’individuare meccanismi che migliorino il rapporto costo/efficacia del

sistema sanitario; allo stesso tempo vi è la forte pressione per gli Stati di

mantenere un elevato livello di garanzia e tutela per quanto riguarda

l’accesso alle prestazioni sanitarie. Le scelte di sistema sono state

effettuate dai paesi in epoche diverse e con condizioni differenti da quelle

attuali: oggi mantenere gli stessi livelli e standard qualitativi, con

condizioni che si sono fortemente modificate, è molto complesso e

richiede un ripensamento delle politiche sanitarie che possa sfruttare

anche nuove opportunità come l’integrazione europea.

E’ indubbio che la disponibilità di nuovi strumenti agevola e stimola

questo percorso ed incentiva ad una collaborazione, non ad una chiusura.

Gli sviluppi tecnologici applicati a tale settore possono veramente

rivoluzionare il sistema: si aprono nuove frontiere di ricerca, si favorisce la

collaborazione, si innescano meccanismi di confronto tra le best practices,

si permette una migliore conoscenza delle problematiche. Utilizzare il

potenziale che l’integrazione mette a disposizione, in termini di mobilità

ma soprattutto di politiche trasversali che potrebbero essere realizzate, è

un’opportunità per i professionisti del settore. E’ sufficiente pensare ad un

ambito come quello delle malattie rare: la condivisione, non solo dei dati,

ma anche di una strategia o di una progettualità tra paesi europei

potrebbe realmente rappresentare una svolta. Utilizzare le possibilità che

le nuove tecnologie mettono a disposizione applicandole ad un percorso

40

altrettanto innovativo come l’integrazione europea (innovativo per la

modalità inusuale con cui è stato portato avanti nel tempo) in un settore

strategico come la sanità, può essere un’opportunità per gli Stati membri

per ridefinire un ambito che inevitabilmente presenta delle criticità.

A contribuire a creare un clima sempre più attento alla costruzione di linee

comuni, sono state anche una serie di nuove emergenze tipiche del nostro

tempo e probabilmente difficilmente immaginabili quando gli Stati hanno

elaborato la propria organizzazione sanitaria. La globalizzazione ha, infatti,

contribuito a rendere “comuni” anche le minacce e le problematiche legate

alla salute; malattie con effetti e diffusione transfontaliera, eventi di

pandemie, il bioterrorismo, incidenti fisici e biologici, il cambiamento

climatico sono alcune delle problematiche degli ultimi decenni che non

permettono più agli Stati di affrontare singolarmente le criticità. Un

esempio su tutti è il fenomeno della mucca pazza (1996-2000) che ha

pragmaticamente fatto emergere la criticità di non avere a disposizione

degli strumenti comuni per far fronte ad eventi di questo tipo. E’ una delle

circostanze che ha indubbiamente innescato una riflessione ed attivato

l’inizio di un percorso, poiché fenomeni di questo tipo devono essere

fronteggiati con modalità coordinate per potere essere efficacemente

evitati o debellati. Il rischio è che gli effetti positivi di un mercato comune,

ottenuti grazie anche alla mobilità dei servizi, delle merci e delle persone,

vengano ridotti da possibili effetti negativi non sufficientemente

contrastati.

Incidono sull’esigenza di affrontare il tema sanità da una prospettiva

transnazionale anche nuove esigenze cliniche che modificano la domanda

di servizi. Indubbiamente il cambiamento demografico modifica i quadri

patologici ed esercita pressione sulla sostenibilità del sistema sanitario.

Quest’aspetto si aggiunge agli altri e non può essere sottovalutato poiché

necessita di una revisione della struttura stessa dei servizi forniti, nonché

del livello di prestazioni garantite. Se la maggior parte dei paesi si trova a

41

fare i conti con le medesime problematiche può essere conveniente

elaborare soluzioni in sintonia, ed individuare strumenti comuni che, senza

alterare totalmente la struttura organizzativa esistente, permettano di

ottenere un valore aggiunto per effetto dell’integrazione europea e di un

approccio non isolato.

L’esigenza di un intervento ad un livello di governance superiore a quello

nazionale, emerge anche per altri due aspetti fondamentali: da un lato fa

parte del percorso d’integrazione europeo assicurare il fatto di ridurre le

disparità, dall’altro i soggetti interessati sono diventati sempre più attenti e

con maggiori aspettative. I processi che prevedono azioni volte a ridurre le

differenze tra i territori spaziano su moltissimi fronti e sono stati sin

dall’inizio oggetto della politica sociale dell’Unione Europea, con riserva

importante di finanziamenti. L’ottica con cui nel tempo è stata posta

sempre maggiore attenzione a quest’aspetto non è slegata dall’esigenza di

permettere che il territorio europeo possa avere le medesime opportunità

di sviluppo; ma non è esclusa da questo processo la sensibilità di

riconoscere e garantire a tutti i cittadini dell’Unione Europea i medesimi

diritti e livelli di tutela. La salute è uno di questi diritti e rientra tra i

compiti dell’Unione attivarsi per sostenere gli Stati membri nella loro

attività di garanzia (art. 152 del Trattato di Amsterdam). La sempre

maggiore attenzione delle istituzioni europee verso la costruzione di uno

spazio comune nell’ambito della tutela della salute risponde a tale

obiettivo. Parallelamente i cittadini, usufruendo (ed è importante dirlo

perché è uno dei successi dell’integrazione europea) delle potenzialità che

l’integrazione offre, sono diventati sempre più attenti a ciò che viene

offerto al di fuori dei propri confini nazionali. Al di là delle persone che

trasferiscono la loro attività e la loro vita sociale in un paese diverso da

quello d’origine, i cittadini accedono con sempre maggiore facilità alle

informazioni di tutti i paesi, si informano qualora abbiano un’esigenza e

cercano di attivarsi utilizzando questi canali se ne hanno la possibilità. Ciò

42

determina maggiori richieste, maggiore attenzione e l’esigenza di maggiori

tutele. Il meccanismo, inoltre, delle istituzioni europee permette che si

formino gruppi di interesse a tale livello e che essi possano incidere, o

perlomeno avere voce in capitolo, nelle materie in cui sono coinvolti.

Un altro importante tassello del percorso che ha delineato l’esigenza di un

intervento comunitario è il ruolo strategico della Corte di Giustizia. La

Corte è sempre molto attenta nel fornire sentenze che incidono in settori a

forte competenza nazionale; tuttavia è uno dei soggetti che contribuisce in

modo determinante all’affermazione diretta del diritto comunitario. In

quest’ambito ha giocato un ruolo particolarmente strategico poiché ha

sollevato la discussione e ha innescato un meccanismo obbligato di

reazione da parte degli Stati.

Le prime sentenze risalgono al 1998 (Kohll, Decker) ma anche

successivamente la Corte si è pronunciata in materia (SmitsPeerbooms

2001, Watts 2006 solo per citarne alcune). Al di là dei dettagli tecnici delle

sentenze, ciò che è importante sottolineare in questo contesto è la presa

di posizione netta della Corte; ha infatti definito i servizi sanitari come

servizi di natura economica e, pur riconoscendo la competenza esclusiva

degli Stati membri nell’organizzazione dei servizi sanitari, ha stabilito che

tali servizi non sono esenti dall’applicazione dei principi fondamentali del

mercato unico, intendendo con ciò la possibilità da parte dei cittadini di

fruire delle prestazioni anche in paesi diversi da quello d’origine. Vedremo

nel capitolo III i dettagli teorici e tecnici che la mobilità sanitaria comporta

e richiede, ma è interessante evidenziare che la Corte di Giustizia ha avuto

in questo settore un ruolo sicuramente determinante.

Il percorso dunque di integrazione negativa, cui si accennava ad inizio

paragrafo, significa proprio che dalle esigenze che emergono si costruisce

un percorso comune, si delinea un terreno di condivisione partendo dal

presupposto che da esso si possano ottenere vantaggi difficilmente

raggiungibili autonomamente. In campo sanitario le dinamiche che si sono

43

intersecate sono le più disparate; l’insieme di queste esigenze, e un tempo

storico probabilmente più maturo per determinate discussioni, hanno

permesso che tutto ciò si sia tradotto in un alcune azioni e programmi.

Dopo aver dunque analizzato gli eventi che hanno determinato un

inevitabile ampliamento di vedute in campo sanitario, andremo ora a

considerare cosa concretamente è stato fatto, per poter approfondire le

scelte operate dalle istituzioni europee e gli strumenti selezionati, e capire

la portata del fenomeno.

44

2.3 La politica sanitaria in Europa: esiste un processo di

policy making?

L’insieme dei fenomeni precedentemente descritti ha determinato negli

anni un’attenzione crescente verso la tematica considerata. Ci sembra ora

interessante cercare di analizzare che tipo di azioni siano state elaborate,

individuandone anche il periodo storico e la tempistica, per cercare di

avere un quadro dello sviluppo in tale area. In questo paragrafo ci

limitiamo a “disegnare” a grandi linee le tappe principali di un percorso,

soffermandoci su alcune azioni ritenute strategiche per l’importanza che

hanno rivestito; questo tipo di quadro (sicuramente non dettagliato e non

esaustivo) ci sarà utile per capire che tipo di processo è stato costruito, si

sta costruendo e si vuole costruire nell’ambito della politica sanitaria in

Europa.

Alla nascita della Comunità Europea l’attenzione alla tutela della salute

pubblica non è legata ad un’azione diretta, ma si delinea come limite alla

costruzione di un mercato interno; qualsiasi progetto economico si vada a

costruire deve non eccedere nel rischio di ledere la salute pubblica.

All’interno di questa visione l’intervento della Comunità Europea è

orientato a garantire il processo di integrazione economica con la

necessità di non recare danno alcuno. Permangono quindi divieti e

restrizioni alla libera circolazione di merci, servizi e cittadini, giustificati da

motivi di tutela della salute e della vita delle persone.

Con lo stesso approccio viene approvato il Regolamento 1408/71/CEE che

si occupa della garanzia di regimi di sicurezza sociale ai lavoratori

subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano

all’interno della Comunità18.

18 Il Regolamento non è l’unico atto elaborato dagli anni ’70 in poi, ma è uno dei pochi vincolanti. Poiché infatti non vi era nel Trattato una base giuridica specifica per la sanità

45

E’ con il Trattato di Maastricht che sembra esserci una svolta importante in

termini giuridici; viene infatti riservato il Titolo X alla Sanità Pubblica e,

nello specifico all’art. 129, si prevede che:

«1. La Comunità contribuisce a garantire un livello elevato di protezione della salute umana, incoraggiando la cooperazione tra gli Stati membri e, se necessario, sostenendone l'azione. L'azione della Comunità si indirizza in primo luogo alla prevenzione delle malattie, segnatamente dei grandi flagelli, compresa la tossicodipendenza, favorendo la ricerca sulle loro cause e sulla loro propagazione, nonché l'informazione e l'educazione in materia sanitaria. Le esigenze di protezione della salute costituiscono una componente delle altre politiche della Comunità. 2. Gli Stati membri coordinano tra loro, in collegamento con la Commissione, le rispettive politiche ed i rispettivi programmi nei settori di cui al paragrafo 1. La Commissione può prendere, in stretto contatto con gli Stati membri, ogni iniziativa utile a promuovere detto coordinamento. 3. La Comunità e gli Stati membri favoriscono la cooperazione con i paesi terzi e con le organizzazioni internazionali competenti in materia di sanità pubblica. 4. Per contribuire alla realizzazione degli obiettivi previsti dal presente articolo, il Consiglio adotta: - deliberando in conformità della procedura di cui all'articolo 189 B e previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni, azioni di incentivazione, ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri; - deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, raccomandazioni. »

Nel 1997 il Trattato di Amsterdam procede verso un rafforzamento del

ruolo del livello sovranazionale in materia sanitaria, pur mantenendo in

modo saldo la competenza a livello nazionale. Si delinea quello che viene

definito un ampliamento della base giuridica e la possibilità, in alcuni

ambiti, di intervento diretto da parte dell’Unione Europea; l’articolo diventa

ora il 152 e recita quanto segue:

«1. Nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività della Comunità è garantito un livello elevato di protezione della salute umana. L’azione della Comunità, che completa le politiche nazionali, si indirizza al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e affezioni e all’eliminazione delle fonti di pericolo per la salute umana. Tale azione comprende la lotta contro i grandi

pubblica, si è semplicemente formato dal 1977 un Consiglio con i ministri della sanità che cominciò a riunirsi a intervalli irregolari. Ne sono scaturiti atti come “decisioni degli Stati membri riuniti in seno al Consiglio” o risoluzioni non vincolanti.

46

flagelli, favorendo la ricerca sulle loro cause, la loro propagazione e la loro prevenzione, nonché l’informazione e l’educazione in materia sanitaria. La Comunità completa l’azione degli Stati membri volta a ridurre gli effetti nocivi per la salute umana derivanti dall’uso di stupefacenti, comprese l’informazione e la prevenzione. 2. La Comunità incoraggia la cooperazione tra gli Stati membri nei settori di cui al presente articolo e, ove necessario, appoggia la loro azione. Gli Stati membri coordinano tra loro, in collegamento con la Commissione, le rispettive politiche ed i rispettivi programmi nei settori di cui al paragrafo 1. La Commissione può prendere, in stretto contatto con gli Stati membri, ogni iniziativa utile a promuovere detto coordinamento. 3. La Comunità e gli Stati membri favoriscono la cooperazione con i paesi terzi e con le organizzazioni internazionali competenti in materia di sanità pubblica. 4. Il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 189 B e previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni, contribuisce alla realizzazione degli obiettivi previsti dal presente articolo, adottando: a) misure che fissino parametri elevati di qualità e sicurezza degli organi e sostanze di origine umana, del sangue e degli emoderivati; tali misure non ostano a che gli Stati membri mantengano o introducano misure protettive più rigorose; b) in deroga all’articolo 43, misure nei settori veterinario e fitosanitario il cui obiettivo primario sia la protezione della sanità pubblica; c) misure di incentivazione destinate a proteggere e a migliorare la salute umana, ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, può altresì adottare raccomandazioni per i fini stabiliti dal presente articolo. 5. L’azione comunitaria nel settore della sanità pubblica rispetta appieno le competenze degli Stati membri in materia di organizzazione e fornitura di servizi sanitari e assistenza medica. In particolare le misure di cui al paragrafo 4, lettera a) non pregiudicano le disposizioni nazionali sulla donazione e l’impiego medico di organi e sangue. »

Il percorso di riconoscimento giuridico si rafforza ulteriormente nel 2009

attraverso il Trattato di Lisbona (Trattato sul funzionamento dell’Unione

Europea – TFUE). Già l’art. 6 precisa che «l’Unione ha competenza per

svolgere azioni intese a sostenere, coordinare o completare l’azione degli

Stati membri» in diversi settori tra cui la “tutela e miglioramento della

salute umana”19. Il Titolo XIV inoltre, dedicato alla Sanità pubblica, con

l’art. 168 definisce maggiormente gli ambiti d’azione:

19 E’ interessante notare come già l’art. 3 del Trattato di Maastricht inseriva un simile obiettivo. Si parlava in esso della necessità che l’azione della Comunità comportasse “un contributo al conseguimento di un elevato livello di protezione della salute”. La terminologia utilizzata nel Trattato di Lisbona sembra essere più incisiva e mette in luce come gli elementi illustrati nel paragrafo precedente abbiano pesato in modo determinante.

47

«1. Nella definizione e nell'attuazione di tutte le politiche ed attività dell'Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana. L'azione dell'Unione, che completa le politiche nazionali, si indirizza al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e affezioni e all'eliminazione delle fonti di pericolo per la salute fisica e mentale. Tale azione comprende la lotta contro i grandi flagelli, favorendo la ricerca sulle loro cause, la loro propagazione e la loro prevenzione, nonché l'informazione e l'educazione in materia sanitaria, nonché la sorveglianza, l'allarme e la lotta contro gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero. L'Unione completa l'azione degli Stati membri volta a ridurre gli effetti nocivi per la salute umana derivanti dall'uso di stupefacenti, comprese l'informazione e la prevenzione. 2. L'Unione incoraggia la cooperazione tra gli Stati membri nei settori di cui al presente articolo e, ove necessario, appoggia la loro azione. In particolare incoraggia la cooperazione tra gli Stati membri per migliorare la complementarietà dei loro servizi sanitari nelle regioni di frontiera. Gli Stati membri coordinano tra loro, in collegamento con la Commissione, le rispettive politiche ed i rispettivi programmi nei settori di cui al paragrafo 1. La Commissione può prendere, in stretto contatto con gli Stati membri, ogni iniziativa utile a promuovere detto coordinamento, in particolare iniziative finalizzate alla definizione di orientamenti e indicatori, all'organizzazione di scambi delle migliori pratiche e alla preparazione di elementi necessari per il controllo e la valutazione periodici. Il Parlamento europeo è pienamente informato. 3. L'Unione e gli Stati membri favoriscono la cooperazione con i paesi terzi e con le organizzazioni internazionali competenti in materia di sanità pubblica. 4. In deroga all'articolo 2, paragrafo 5, e all'articolo 6, lettera a), e in conformità dell'articolo 4, paragrafo 2, lettera k), il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni, contribuiscono alla realizzazione degli obiettivi previsti dal presente articolo, adottando, per affrontare i problemi comuni di sicurezza: a) misure che fissino parametri elevati di qualità e sicurezza degli organi e sostanze di origine umana, del sangue e degli emoderivati; tali misure non ostano a che gli Stati membri mantengano o introducano misure protettive più rigorose; b) misure nei settori veterinario e fitosanitario il cui obiettivo primario sia la protezione della sanità pubblica; c) misure che fissino parametri elevati di qualità e sicurezza dei medicinali e dei dispositivi di impiego medico. 5. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni, possono anche adottare misure di incentivazione per proteggere e migliorare la salute umana, in particolare per lottare contro i grandi flagelli che si propagano oltre frontiera, misure concernenti la sorveglianza, l'allarme e la lotta contro gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero, e misure il cui obiettivo diretto sia la protezione della sanità pubblica in relazione al tabacco e all'abuso di alcol, ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. 6. Il Consiglio, su proposta della Commissione, può altresì adottare raccomandazioni per i fini stabiliti dal presente articolo. 7. L'azione dell'Unione rispetta le responsabilità degli Stati membri per la definizione della loro politica sanitaria e per l'organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e di assistenza medica. Le responsabilità degli Stati membri includono la gestione dei servizi sanitari e dell'assistenza medica e l'assegnazione delle risorse loro destinate. Le misure di cui al paragrafo 4, lettera a) non pregiudicano le disposizioni nazionali sulla donazione e l'impiego medico di organi e sangue.»

Il breve excursus permette di seguire lo sviluppo giuridico che ha avuto la

48

tematica in discussione; appare evidente come l’aumento del livello di

attenzione si collochi in tempi recenti, sicuramente dagli anni ’90 in poi,

parallelamente all’emergere delle criticità illustrate nel precedente

paragrafo. C’è, senza dubbio, un allinemanto della base giuridica allo

sviluppo che la materia sanitaria ha subito dal punto di vista

programmatico e di azioni concrete, così da permettere che la condivisione

non si basi solo sulle ”buone intenzioni”, ma su una linea progettuale con

un riconoscimento di alto livello normativo. Sono diversi i fattori che hanno

influenzato il percorso di costruzione di una strategia comunitaria nel

settore della pubblica sanità20. Un’attenzione particolare merita

indubbiamente l’azione della Corte di Giustizia che, con i suoi interventi, ha

identificato il problema della garanzia di tutela della salute dei cittadini in

funzione delle libertà introdotte con il mercato comune. Le prime sentenze

sono del 1998 (KOHLL e DECKER) e riguardano due cittadini

lussemburghesi recatisi rispettivamente in Germania e in Belgio per

l’acquisto di un paio di occhiali nel primo caso, e di cure odontoiatriche nel

secondo caso. Il nocciolo della questione era capire se l’autorizzazione

preventiva obbligatoria da richiedere al proprio Stato per ottenere un

rimborso ex post, rappresentava o meno una restrizione alla libera

circolazione dei servizi e delle merci, nonché della libertà di movimento da

parte dei cittadini all’interno del territorio europeo. La Corte, nelle sue

sentenze, ha definito i servizi sanitari come servizi di natura economica e,

nonostante abbia ribadito la competenza esclusiva degli Stati membri

nell’organizzazione dei propri servizi sanitari, li ha riconosciuti non esenti

dall’applicazione dei principi fondamentali del mercato unico. Ciò, tradotto,

20 Si precisa che vengono considerati alcuni tra gli eventi più importanti senza velleità di esaurire la problematica. L’obiettivo non è individuare tutte le azioni o i processi strutturatisi da più parti, ma cercare di focalizzare alcuni tra i momenti più importanti, il relativo periodo, nonché la portata sostanziale, per capire che tipo di influenza possano aver avuto nel percorso e come lo stesso si sia evoluto.

49

significa la possibilità di recarsi in altri Stati per ottenere prestazioni

sanitarie senza richiesta di autorizzazione. Le problematiche che, a questo

punto, devono essere chiarite sono definire il livello di ingerenza che le

istituzioni europee possono avere in un ambito riservato alla competenza

statale, e capire soprattutto a quale tipo di prestazioni è riservato il nuovo

approccio. Con sentenze successive (SMITS-PEERBOOMS, 2001; WATTS,

2006) la Corte ha chiarito che non vi è alcuna differenza tra servizi

ambulatoriali e servizi ospedalieri, considerandoli entrambi facenti parte

del sistema di garanzia della salute; nel 2006, in modo ancora più chiaro,

si sottolinea che tutti i servizi sanitari sono servizi secondo i termini

dell’art. 50 del Trattato.

Quello che si apre è indubbiamente un contrasto di vedute, non solo per

l’ingerenza della Corte in un settore specificatamente riservato all’azione

nazionale, ma anche e soprattutto per l’approccio alla tematica “tutela

della salute” con ottica di mercato. E’ palese infatti che, se da un lato le

sentenze della Corte di Giustizia determinano indubbiamente delle

conseguenze nel settore, sollevando una problematica da affrontare, le

stesse lo fanno utilizzando punti di riferimento economici, tralasciando la

natura sociale delle politiche sanitarie. Tale approccio delinea una sorta di

contrasto tra la difesa ad oltranza dei principi del mercato interno e la

garanzia di protezione sociale, in questo caso della salute. E’ bizzarro che

l’azione della Corte nel tentativo di tutelare i primi, faccia emergere

indirettamente l’esigenza di garantire i secondi, con forme diverse da

quelle elaborate sino a quel momento.

Un momento importante, considerato «the milestone in the EU policy

debates on the impact of EU law on health care systems»21, è l’incontro

avvenuto a Gent nel dicembre 2001, organizzato dalla Presidenza Belga

21

http://www.ose.be/EN/research_topics/health_care/health_care.htm

50

che ha coinvolto non solo i policy makers europei e nazionali, ma anche

accademici ed amministratori del settore sanità. In tale contesto è stata

sottolineata la necessità di avviare un dibattito politico in materia perché

non vi sono più le condizioni affinchè gli Stati possano proseguire da soli in

tale settore; c’è necessariamente un’influenza, anche indiretta, del

processo d’integrazione europea, nonostante la distinta separazione di

competenze: è necessario individuare i limiti di questa influenza, gli effetti

diretti ed indiretti, e le eventuali azioni da mettere in campo. La domanda

principale diventa «how could Europe guarantee an high level of social

protection, considering the increasing influence of the internal market on

health care?»22. E’ un incontro che pone problematiche e solleva

interrogativi, non fornisce soluzioni, ma si inserisce nel percorso che sta

emergendo e che considera sempre più il settore della sanità come un

ambito che, per alcuni aspetti, deve oltrepassare i confini nazionali. Serve

anche per discutere le perplessità a seguito delle prime sentenze della

Corte di Giustizia. Al di là dei risultati ottenuti, ciò che è importante

sottolineare è come la Conferenza abbia dato «avvio ad un processo di

policy building a livello europeo nell’ambito dei servizi sanitari»23.

Nel periodo successivo la discussione, e le relative azioni, si è concentrata

su tre ambiti specifici che sono stati considerati maggiormente strategici.

In particolare si è ritenuto importante incanalare le azioni verso:

- una revisione dei Trattati che considerasse i principi fondamentali dei

sistemi sanitari;

- un’attenzione particolare alla mobilità dei pazienti e ad una definizione

normativa chiara per garantire la tutela di questo diritto;

22 EUROPEAN INTEGRATION AND NATIONAL HEALTH CARE SYSTEMS: A CHALLENGE FOR SOCIAL POLICY, Gent, Dicembre 2001. 23 CHIARA MIGLIOLI, (2009), La dimensione europea della sanità, fra integrazione e confini nazionali, in Rivista Italiana di Politiche Pubbliche, n. 2/2009, pp. 147-180, cit. pag. 162.

51

- lo sviluppo di una progettualità ampia e parallela all’attività statale

attraverso il Metodo del Coordinamento Aperto (MAC).

Nel 2006 un Consiglio dell’Unione nella formazione Occupazione, Politica

sociale, Salute e Consumatori (EPSCO) riesce a costruire un accordo

attorno ad alcuni principi fondamentali che dovrebbero essere alla base

dei sistemi sanitari nazionali. Tali principi sono: universalità, accesso a

un’assistenza di buona qualità, equità, solidarietà; accanto agli stessi

vengono poi individuati alcuni principi operativi come la qualità, la

sicurezza, un’assistenza basata sulle prove e l’etica, il coinvolgimento del

paziente, il risarcimento e la riservatezza24. Questo passaggio denota

sicuramente la volontà di delineare un terreno comune, basato sui principi

e non sull’organizzazione, ma comunque un terreno di condivisione.

Sebbene non sia opportuno cercare di standardizzare i sistemi sanitari a

livello di UE, i lavori a livello europeo in tale settore rappresentano un

enorme valore. Gli Stati membri sono impegnati a collaborare per

condividere esperienze e informazioni su approcci e buone prassi, per

esempio attraverso il Gruppo ad alto livello della Commissione sui servizi

sanitari e l'assistenza medica o attraverso il metodo di coordinamento

aperto in corso sull'assistenza sanitaria e l'assistenza a lungo termine, con

l'intento di realizzare l'obiettivo comune di promuovere in Europa

un'assistenza sanitaria di alta qualità più efficiente e più accessibile.

Consideriamo particolarmente valida ogni iniziativa adeguata sui servizi

sanitari che offra ai cittadini europei chiarezza sui loro diritti allorché si

spostano da uno Stato membro all'altro, così come la trasposizione di

questi valori e principi in un quadro normativo per assicurare la certezza del

diritto.25

24 COMUNICATO STAMPA, 2733ª sessione del Consiglio Occupazione, politica sociale, salute e consumatori, Lussemburgo 1-2 giugno 2006. 25 Ivi, pag. 32.

52

Per quanto attiene alla mobilità dei pazienti, nel 2008 viene presentata la

proposta di Direttiva sull’applicazione dei diritti dei pazienti nell’assistenza

sanitaria transfontaliera. La Direttiva arriverà ad approvazione nel 2011

(Direttiva 2011/24/UE) tra aspettative deluse e nuovi spazi di discussione.

Vedremo nel dettaglio questo argomento nel III capitolo, ma è importante

qui sottolineare come la garanzia di un’assistenza transfontaliera si sia

delineata come fulcro della politica sanitaria europea.

Rispetto al terzo ambito, ovvero la costruzione di un’ampia progettualità

sanitaria, la Commissione negli anni 2000 si è spesa molto in materia ed è

l’artefice del rilancio effettivo, nel 2004, del MAC Sanità ovvero di una

piattaforma basata sul Metodo Aperto di Coordinamento nel settore

sanitario. Con la comunicazione “Modernizing Social Protection for the

Development of High-Quality, Accessible and Sustainable Care and Long-

Term Care: support for the National Strategies Using the Open Method of

Coordination” la Commissione determina l’avvio concreto di tale

metodologia, proseguendo dunque un percorso di costruzione di un

coordinamento a livello comunitario in ambito sanitario, con l’elaborazione

anche di una propria strategia. E’ interessante ricordare un documento

elaborato nel 2007 dalla presidenza tedesca, che coinvolge le successive

due presidenze (portoghese e slovena), “Notes of the Trio Presidency”, in

cui vi è un’esplicita richiesta di creazione di uno spazio europeo per le

politiche sanitarie: «The purpose of this Trio Presidency Note is to provide

some elements for debate with a view to shaping a wider vision on how

health and healthcare policies should be taken forward at the EU level,

building on the messages contained in last year’s statement by all the EU

Health Ministers on Common Values and Principles.»26

Il processo sembra avviato verso la necessità di progredire, puntando ad

26 Notes of the Trio Presidency. Health care across Europe: Striving for added value. Aachen, 20th of April 2007.

53

un livello sovranazionale che non sostituisca il livello nazionale in materia,

ma vi intervenga integrandolo, elaborando soluzioni meglio identificabili su

larga scala. L'art. 168 del TFUE sarà la base giuridica delle azioni di

coordinamento evocate dal trio presidenziale affinchè si possa determinare

un valore aggiunto attraverso i diversi livelli di governance. La traduzione

del dibattito in azioni pratiche ci permetterà di percepire in modo più

chiaro l’approccio che è stato seguito e soprattutto di renderci conto dei

diversi strumenti che sono stati utilizzati per innescare un meccanismo di

collaborazione in materia.

Il primo approccio alla tematica avviene attraverso l’elaborazione di alcuni

programmi di azioni specifiche. Dopo il Trattato di Maastricht vengono

individuati cinque programmi (la promozione della salute, il cancro, l’aids e

alcune malattie trasmissibili, la tossicodipendenza e la sorveglianza della

salute) su cui si attivano progettualità specifiche; successivamente si

aggiungono altre tre aree ritenute strategiche (le malattie rare, la

prevenzione delle lesioni, le malattie indotte dall'inquinamento) rispetto

alle quali eventuali strategie comunitarie avrebbero determinato un valore

aggiunto. In questo primo periodo non vi è una vera e propria strategia o

un quadro progettuale all’interno del quale si inseriscono tali tematiche. E’

in una seconda fase che si sente l’esigenza di una programmazione più

organica che permetta di inserire le diverse azioni in un progetto più

ampio e completo. Viene quindi elaborato un Quadro di Salute Pubblica

che definisce un programma organico in materia sanitaria, da attuare

attraverso un piano d’azione di lungo periodo. Nel 2002 il Parlamento

Europeo e il Consiglio elaborano, infatti, una Decisione con cui viene

adottato il Primo Programma d’Azione Comunitario nel campo della sanità

54

pubblica27. L’approccio strategico, pur partendo dall’esperienza dei

precedenti programmi d’azione, si sviluppa con un metodo più ampio. Le

prime esperienze avevano permesso di “gestire” le divergenze tra gli Stati,

ma allo stesso tempo si era registrata un’importante dispersione di

energie, e risorse finanziarie, a causa della ridotta flessibilità e del basso

livello di coordinamento. L’impostazione viene dunque modificata,

elaborando una strategia a tutto tondo, ma ribadendo la competenza

esclusiva degli Stati per quanto riguarda l’organizzazione dei sistemi

sanitari28. Il programma copre il periodo 2003-2008 e mira a garantire un

alto livello di protezione della salute umana, a lottare contro le disparità

nel settore della salute e ad incoraggiare la cooperazione tra Stati membri

nei settori contemplati dall’art. 152 del Trattato. Per ottennere questo si

prefigge tre obiettivi generali:

1. migliorare l’informazione e le conoscenze per lo sviluppo della sanità

pubblica;

2. accrescere la capacità di reagire rapidamente e in modo coordinato

alle minacce che incombono sulla salute;

3. promuovere la salute e prevenire le malattie affrontando i

determinanti sanitari in tutte le politiche e le attività.

Per ogni obiettivo vengono poi individuate delle azioni specifiche di cui

elenchiamo alcuni esempi.

27 DECISIONE N. 1786/2002/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 settembre 2002 che adotta un programma d'azione comunitario nel campo della sanità pubblica (2003-2008). 28 Considerando 22 Decisione n. 1786/2002/CE «Conformemente ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità definiti all'articolo 5 del Trattato, l'azione comunitaria nei settori che non sono di esclusiva competenza della Comunità, come ad esempio la sanità pubblica, dovrebbe essere intrapresa soltanto se e nella misura in cui, a motivo delle sue dimensioni o dei suoi effetti, il suo obiettivo può essere meglio conseguito dalla Comunità. Gli obiettivi del programma non possono essere realizzati a un livello sufficiente dagli Stati membri a causa della complessità, del carattere transnazionale e della mancanza di un controllo completo, a livello di Stato membro, dei fattori che riguardano la sanità, e pertanto il programma dovrebbe sostenere e completare le azioni e le misure degli Stati membri».

55

Azioni correlate all’ obiettivo 1: creazione di un sistema globale di raccolta,

analisi e valutazione delle informazioni e delle conoscenze per informare,

consigliare e distribuire l’informazione a tutti i livelli della società, al

grande pubblico, alle autorità e ai professionisti in materia di salute.

Azioni correlate all’ obiettivo 2: rafforzare la capacità di reazione a

minacce transfrontaliere come l'HIV, la nuova variante della malattia di

Creutzfeldt-Jakob e le affezioni connesse con l'inquinamento.

Azioni correlate all’ obiettivo 3: vaste azioni di promozione della salute

accompagnate da misure e da strumenti specifici di riduzione e di

eliminazione dei rischi.

Attraverso questa modalità operativa, il tema della salute ha assunto nel

periodo di sviluppo della prima Strategia un’importanza sempre maggiore.

Nel 2007 l’attività di preparazione che porterà al Trattato di Riforma di

Lisbona (2009) assume su questo punto una posizione giuridicamente

significativa. E’ per questo che il percorso continua con l’elaborazione della

Seconda Strategia definita “Together for Health: a strategic approach for

the EU 2008-2013”29. In linea di continuità con il precedente programma,

si prevede una copertura di ulteriori 6 anni e si struttura la strategia in

modo molto simile. Vengono identificati quattro principi su cui sviluppare

l’azione strategica:

• principio 1: una strategia basata su valori sanitari condivisi;

• principio 2: la salute è il bene più prezioso;

• principio 3: la salute in tutte le politiche (health in all policies –

HIAP);

• principio 4: rafforzare il ruolo dell'UE in relazione alla salute

mondiale.

Vengono declinati tre obiettivi specifici:

29 Libro bianco della Commissione del 23 ottobre 2007 dal titolo “Insieme per la salute: un approccio strategico dell'UE per il periodo 2008-2013” [COM(2007) 630].

56

• promuovere un buono stato di salute in un’Europa che invecchia;

• proteggere i cittadini dalle minacce per la salute;

• promuovere i sistemi sanitari dinamici e le nuove tecnologie.

Per lo sviluppo della seconda Strategia viene elaborato il secondo

Programma di azione comunitario in materia di Salute Pubblica 2008-

201330. Questo nuovo programma prevede vengano finanziati azioni e

progetti transnazionali nel campo della salute pubblica. I tre obiettivi della

Strategia vengono tradotti in tre aree tematiche:

• protezione dalle minacce sanitarie;

• promozione e miglioramento dello stato di salute;

• informazione e comunicazione sanitaria.

Ogni anno la Commissione adotta un piano di lavoro specifico in cui

inserisce le priorità identificate per l’anno considerato, gli ambiti in cui

effettuare i principali interventi, le azioni congiunte da portare avanti per

realizzare gli obiettivi definiti nella Strategia, nonché le risorse finanziarie

destinate31.

Per il periodo successivo a quello coperto dalla seconda strategia, si è

elaborata la Strategia Europa 2020; per proseguire la progettualità avviata

è stata presentata la proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e

del Consiglio sulla istituzione del programma “Salute per la crescita”, terzo

programma pluriennale d'azione dell'UE in materia di salute per il periodo

2014-2020. Tale proposta è strutturata in un’ottica di continuità rispetto ai

programmi d’azione precedenti, inserendosi nel contesto della Strategia

30 Decisione n° 1350/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007 che istituisce un secondo programma d’azione comunitaria (2008-2013). 31 Il piano di lavoro 2013 per il secondo programma d'azione comunitaria in materia di salute (2008-2013) è stato adottato il 28 novembre 2012 e pubblicato nella Gazzetta ufficiale l'8 dicembre 2012. http://ec.europa.eu/health-eu/news/2012/19/short_content_it.htm

57

Europa 2020 con una particolare attenzione alla necessità di far fronte alla

sostenibilità dei sistemi sanitari nazionali. Gli obiettivi individuati sono in

questo caso quattro:

• intraprendere le riforme necessarie per sistemi sanitari innovativi e

sostenibili;

• migliorare l'accesso ad un'assistenza sanitaria migliore e più sicura

per i cittadini;

• promuovere la salute dei cittadini europei e prevenire le malattie,

soprattutto con l’ottica transfontaliera;

• proteggere i cittadini europei dalle minacce transfrontaliere

attraverso un migliore coordinamento nelle emergenze sanitarie.

Sarà necessario seguire l’iter di approvazione e di sviluppo del programma

per poter analizzare gli obiettivi specifici e le relative azioni che verrano

elaborate.

La Commissione Europea persegue gli obiettivi in materia di salute

attraverso una pluralità di strumenti tra cui i programmi d’azione

rappresentano solo una parte, se pur consistente. Sono stati sviluppati vari

programmi specifici o campagne di informazione che si collocano

all’interno della strategia, ma parallelamente ai programmi d’azione

illustrati. Sono state individuate alcune tematiche su cui si è sviluppata un’

attenzione particolare: su tematiche come il cancro, la tossicodipendenza,

l'aids e le malattie trasmissibili sono stati lanciati programmi pluriennali

globali. Sono ritenuti strategici inoltre la lotta al tabagismo32, la lotta

all’alcolismo33, la qualità e la sicurezza degli organi e delle sostanze di

32 E’ stato istituito nel 1992 un Fondo comunitario del tabacco che finanzia azioni volte a migliorare le conoscenze sugli effetti nocivi del tabacco e sulle misure preventive e curative adeguate; orienta la produzione comunitaria verso altre colture o altre attività economiche creatrici di posti di lavoro. 33 E’ stata elaborata una Strategia europea volta a ridurre i pericoli derivanti dal consumo

58

origine umana, la normativa riguardante sangue, tessuti e gli organi

umani, i provvedimenti veterinari e fitosanitari, la sicurezza dei pazienti e

la prevenzione delle infezioni associate all’assistenza sanitaria, solo per

fare alcuni esempi.

Il quadro che se ne ricava è, dunque, quello di un settore guidato da una

strategia europea elaborata con un’ottica di lungo periodo, che viene

tradotta in piani d’azione altrettanto corposi, e che vengono affiancati da

una serie di progettualità trasversali su tematiche specifiche.

E’ interessante consultare il sito della DG Salute e Consumatori nel settore

salute pubblica per rendersi conto dell’ampiezza ed eterogeneità degli

interventi34 e capire come lo sviluppo di azioni in tema di salute pubblica

sia così sviluppato da poter pensare ad una vera e propria policy.

Dopo aver analizzato a grandi linee come si è sviluppata l’attenzione per la

tematica della sanità a livello comunitario, e aver illustrato le linee

attraverso cui si sviluppano le diverse azioni di intervento, è interessante

individuare quali siano gli attori che hanno avuto un ruolo determinante

nel processo. Nel prossimo paragrafo ci soffermeremo, dunque, a

considerare i soggetti istituzionali e non istituzionali che si sono interessati

particolarmente alla tutela della salute dei cittadini, cercando di tracciare

un quadro dei riferimenti esistenti in questo ambito.

di alcool. Comunicazione della Commissione del 24 ottobre 2006 intitolata: «Strategia comunitaria volta ad affiancare gli Stati membri nei loro sforzi per ridurre i danni derivanti dal consumo di alcol» [COM(2006) 625] def. 34 http://ec.europa.eu/health/index_it.htm

59

2.4 Gli attori coinvolti e le modalità di azione

L’analisi del processo di costruzione di una strategia comunitaria di tutela

della salute, non può prescindere dall’osservazione di quali siano gli attori

coinvolti, quelli che hanno maggiormente influenzato il percorso e con

quali modalità si siano ricavati un ruolo. Considerare gli attori è

fondamentale, perché permette di capire quali sono i punti forti del

sistema che si sta costruendo e quali i punti di riferimento.

Il panorama che si è delineato in questo ambito, se pur di recentissima

attualità, è molto variegato, perché sono coinvolte in modo attivo sia le

Istituzioni Europee, sia Agenzie o soggetti istituiti da queste a loro

supporto, sia soggetti con interessi in materia che hanno assunto un ruolo

importante. L’obiettivo di questo paragrafo non è illustrare tutte le azioni

dei soggetti istituzionali o descrivere la cronistoria di tutti gli attori

coinvolti, ma identificare quali sono quelli maggiormente interessati, le

loro principali azioni, con particolare attenzione al periodo, per comporre

un panorama che permetta di capire la dimensione del fenomeno

osservata dal punto di vista degli stakeholders coinvolti.

La Corte di Giustizia è senz’altro il soggetto che ha avuto un ruolo di

facilitatore del processo. E’ diffusa nelle analisi del processo la

consapevolezza che, al di là delle necessità emerse nel tempo, che

giustificano un’attenzione sempre maggiore a tale ambito, ciò che ha

innescato un meccanismo di riflessione prima, e di azione poi, siano le

sentenze della Corte di Giustizia. Come abbiamo già precedentemente

accennato, le prime sentenze sono del 1998, in linea con la presenza di

un’attenzione maggiore alla tematica nei Trattati dell’epoca ma, allo stesso

tempo, con l’assenza di una traduzione in termini pratici dei principi

enunciati. E’ ovvio che l’elaborazione delle sentenze ha posto una

problematica e, cosa ancora più importante, ha determinato un’incertezza

giuridica che andava necessariamente affrontata. E’ dunque in quel

60

momento che si innesca un meccanismo di discussione, ma anche di

azione, che si tradurrà nella progettualità analizzata.

La Commissione è indubbiamente il soggetto che ha favorevolmente

guidato il percorso di costruzione della issue, cercando di utilizzare il

fenomeno di incertezza giuridica creatosi. Si occupa della materia la DG

SANCO (Direzione Generale Salute e Consumatori); dagli anni 2000 in poi

sono molte le azioni innescate dalla Commissione e le relative

comunicazioni che danno vita alle strategie precedentemente illustrate e

alle azioni collaterali, comunque inserite in un programma sempre più

nutrito. Ricordiamo alcuni documenti strategici come:

- la Comunicazione della Commissione, del 16 maggio 2000, al

Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale

e al Comitato delle regioni sulla strategia della Comunità europea in

materia di sanità [COM(2000) 285] che elabora il primo programma

strategico a livello comunitario;

- il Libro bianco della Commissione del 23 ottobre 2007 dal titolo

“Insieme per la salute: un approccio strategico dell'UE per il periodo

2008-2013” [COM(2007) 630] che, in un’ottica di continuità,

elabora la seconda strategia a conclusione della prima;

- la Decisione 2008/721/CE, del 5 settembre 2008, che istituisce

una struttura consultiva di comitati scientifici ed esperti nel settore

della sicurezza dei consumatori, della sanità pubblica e

dell'ambiente, per poter avvalersi di una serie di esperti e costruire

una rete con competenze specifiche che permetta di approfondire

problematiche specifiche.

La Commissione si è dedicata inoltre ad elaborare documenti su

progettualità specifiche o argomenti delimitati, di cui ricordiamo alcuni

documenti:

- la Comunicazione della Commissione, del 2 febbraio 2000, sul ricorso

al principio di precauzione [COM(2000) 1] che prevede la

61

possibilità, in alcuni ambiti, tra cui la salute umana, di agire

immediatamente nell’eventualità si verifichino emergenze che

rappresentino un pericolo; consente ad esempio di ritirare prodotti

o bloccarne la distribuzione qualora ritenuti dannosi;

- la Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento

europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato

delle regioni, del 30 aprile 2004, «Sanità elettronica - migliorare

l'assistenza sanitaria dei cittadini europei: piano d'azione per uno

spazio europeo della sanità elettronica» [COM(2004) 356] che si

concentra sulla necessità di sfruttare le nuove tecnologie a

vantaggio di un settore strategico;

- il Libro verde della Commissione, del 10 dicembre 2008, relativo al

personale sanitario [COM(2008) 725] che introduce una tematica

importante ed inizia (siamo nel 2008) ad occuparsi di aspetti che

riguardano anche l’organizzazione del sistema;

- la Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al

Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato

delle Regioni, del 24 giugno 2009, intitolata «Lotta contro il cancro:

un partenariato europeo» [COM(2009) 291] che sviluppa un

argomento da sempre caro al livello sovranazionale.

E’ necessario ricordare l’istituzione, da parte della Commissione, del

Comitato di alto livello sulla sanita’ (High Level Committee on Health),

organismo interno alla DG SANCO che si occupa dell’approfondimento

della tematica sanitaria attraverso sei sottogruppi: acquisti e cessioni di

prestazioni sanitarie transfrontaliere; professionisti sanitari; centri di

riferimento; sicurezza del paziente; valutazione dell’impatto sulla salute e

sui sistemi sanitari; dati e sanità elettronica.

Questi accenni permettono di capire come la Commissione si sia occupata

dell’argomento abbracciandolo in tutti i suoi aspetti e facendosi

promotrice, lungo tutto l’arco di tempo in cui si è sviluppata, degli spunti

62

emersi e delle necessità rilevate da più parti.

Anche il ruolo del Consiglio dell’Unione Europea non è da meno. La

sensibilità relativa alla necessità di un intervento emerge infatti sin dagli

anni ’90 ed è quello che stimola la Commissione ad agire in materia. E’

interessante citare un paio di documenti:

- le Conclusioni del Consiglio, del 26 novembre 1998, relative al

futuro quadro dell'azione comunitaria nel settore della sanità

pubblica;

- la Risoluzione del Consiglio, dell'8 giugno 1999, riguardante

l'azione comunitaria futura nel settore della sanità pubblica;

per osservare come anche tale istituzione in questi anni sia consapevole

della necessità e dell’importanza di affrontare l’argomento.

Il Consiglio ha rivestito un ruolo strategico poiché, con la composizione

Occupazione, Politica Sociale, Salute e Consumatori (EPSCO), non solo ha

più volte sollecitato un intervento della Commissione indicandone anche le

modalità35, ma ha segnato alcune tappe importanti come ad esempio, nel

2006, la definizione di una serie di principi comuni su cui basare la

struttura dei sistemi sanitari nazionali. Tale Consiglio riunisce 4 volte

l’anno i Ministri responsabili di occupazione, politica sociale, salute e

consumatori limitandosi ovviamente ad un ruolo di indirizzo e di

identificazione di raccomandazioni utili.

Il Parlamento agisce attraverso la Commissione “Ambiente, Sanità

Pubblica e Sicurezza Alimentare” che è la più grande commissione

legislativa del Parlamento Europeo. Il Parlamento ha ottenuto un ruolo di

colegislatore in materia e, nel settore della salute pubblica, si concentra

soprattutto nel cercare di intervenire su settori particolarmente delicati;

tematiche che sono state trattate recentemente sono la sicurezza dei

35 Nel 2002 il Consiglio ha invitato la Commissione ad istituire un processo di riflessione ad alto livello sulla mobilità dei pazienti.

63

prodotti farmaceutici e cosmetici, la lotta contro i medicinali contraffatti

nonché la difesa dei diritti dei pazienti.

E’ inoltre ruolo del Parlamento l’approvazione di eventuale normativa di

riferimento; è interessante ricordare:

- la Decisione n° 1786/2002/CE del Parlamento europeo e del

Consiglio del 23 settembre 2002 che approva un programma

d’azione comunitaria in materia di salute pubblica (2003-2008);

- la Decisione n° 1350/2007/CE del Parlamento europeo e del

Consiglio del 23 ottobre 2007 che istituisce un secondo programma

d’azione comunitaria in materia di salute (2008-2013);

- la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio,

del 9 novembre 2011, sulla istituzione del programma “Salute per la

crescita”, terzo programma pluriennale d'azione dell'UE in materia

di salute per il periodo 2014–2020;

- la Direttiva 2011/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del

9 marzo 2011, concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti

relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera.

Accanto alle Istituzioni, si colloca poi un insieme di strutture competenti

che hanno contribuito a costruire la rete dei soggetti coinvolti nella

strategia sanitaria europea.

Vi è infatti una serie di Agenzie che svolgono funzioni specifiche di tipo

tecnico, scientifico o di gestione; sono distinte dalle istituzioni europee ma

di supporto alle stesse nell’attività in questione. Le più importanti sono:

• l'Agenzia esecutiva per la salute e i consumatori (EAHC) che

attua il programma dell'UE per la salute, il programma per i

consumatori e l'iniziativa “Migliorare la formazione per rendere più

sicuri gli alimenti”;

64

• il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle

malattie (ECDC) lavora per rafforzare le difese dell'Europa contro

le malattie infettive;

• l'Agenzia europea dell'ambiente (AEA) è un organismo istituito

per fornire dati scientifici indipendenti sull'ambiente;

• l'Osservatorio europeo delle droghe e delle

tossicodipendenze (OEDT) fornisce dati esaustivi sulle sostanze

stupefacenti e sulla tossicodipendenza in Europa;

• l'Agenzia europea per i medicinali (EMA) protegge e

promuove la sanità pubblica e la salute degli animali mediante la

valutazione dei medicinali per uso umano e veterinario;

• l'Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA) si occupa

delle procedure di registrazione, valutazione, autorizzazione e

restrizione delle sostanze chimiche per garantirne l'armonizzazione

in tutta l'Unione europea;

• l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA)

fornisce consulenze scientifiche indipendenti e informa in maniera

chiara sui rischi per la sicurezza degli alimenti e dei mangimi;

• l'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro

(EU-OSHA) fornisce informazioni ai datori di lavoro e ai lavoratori

del'UE per far fronte alle problematiche riguardanti la sicurezza e la

salute;

• Eurofound mette a disposizione dei responsabili della politica

sociale dell'UE le proprie competenze in materia di condizioni di vita

e di lavoro, relazioni industriali e gestione dei cambiamenti.

Accanto a questa rete trovano spazio poi altri soggetti che contribuiscono

all’analisi delle questioni emerse. Un’importante fonte di analisi ed

informazioni è rappresentata dall’European Observatory on Health

Systems and Policies, creato nel 2005 per contribuire all’attuazione del

65

Programma dell’UE per la salute; ha relazioni con quasi 3000 soggetti

beneficiari coinvolti in circa 340 progetti nel campo della salute36.

Meritano menzione anche altri due ambiti costruiti per favorire la

partecipazione e il confronto in questo settore:

- il Forum europeo per la salute;

- il Gruppo per il dialogo con i portatori d'interessi.

Sono spazi comuni istituiti dalla Commissione per favorire il dialogo con la

cittadinanza, ma anche con gruppi d’interesse o organizzazioni creatisi al

di fuori dell’ambito istituzionale, per agevolare un processo di

partecipazione che contribuisca a creare un sistema di conoscenze comuni

e di proposte, soluzioni, azioni condivise.

Nel sito della DG SANCO37 vengono così descritti:

«Il forum europeo per la salute serve a informare e coinvolgere i principali

portatori d'interessi nel campo della politica sanitaria europea. Divulga

informazioni, lancia proposte di dibattito e contribuisce al processo

politico. Ha due componenti: il forum per la politica sanitaria dell'UE

(composto da 50 ONG di coordinamento) e il forum aperto».

«Il gruppo per il dialogo con i portatori d'interessi offre consulenze alla

Commissione (Direzione Generale Salute e Consumatori) sulle migliori

pratiche da adottare nel processo di consultazione».

La rassegna fornita non esaurisce certo l’insieme dei soggetti che negli

ultimi anni sono coinvolti in tale settore con ruoli diversi, e che insieme

costruiscono una rete attiva, linfa vitale per un processo di costruzione di

una policy. Il quadro ci permette tuttavia di intuire che la nascita e lo

sviluppo di soggetti attivi, in materia di tutela della salute, sono

progressivamente incrementati con la consapevolezza sempre più definita

di una necessità d’azione in tale campo. I tempi e i modi si sono

36 Dati rilevati dal sito dell’Agenzia http://ec.europa.eu/eahc/about/about.html 37 http://ec.europa.eu/health/interest_groups/policy/index_it.htm

66

intersecati con le scelte delle istituzioni europee di mantenere di esclusiva

competenza nazionale l’ambito dell’organizzazione e della fornitura delle

prestazioni sanitarie, ma allo stesso tempo di definire un percorso comune

su specifiche tematiche elaborando infine una strategia inclusiva.

CAPITOLO III

LA MOBILITA’ TRANSFONTALIERA: UN PASSO

CONCRETO DI UN PERCORSO?

68

3.1 Il fenomeno della mobilità sanitaria

La mobilità sanitaria è il fenomeno per il quale il cittadino riceve

prestazioni sanitarie presso strutture situate in un territorio diverso da

quello di residenza. E’ un fenomeno complesso, analizzabile sotto diversi

punti di vista, che, alla luce dei cambiamenti avviati nel territorio

comunitario, assume rilevanza determinante.

E’ un fenomeno osservato e gestito anche, e soprattutto, a livello

nazionale; in Italia, ad esempio, è aumentata negli ultimi anni l’attenzione

verso il movimento dei pazienti, poiché ad esso sono connesse

conseguenze soprattutto di ordine economico. Allo spostamento dei

pazienti deve essere, infatti, collegato un sistema di finanziamento che

prevede la compensazione economica di tali flussi. Lo stesso principio

inizia ad essere applicato a livello europeo poiché la costruzione di un

territorio maggiormente integrato, che favorisce la libera circolazione delle

persone, ma anche dei servizi e dei beni, ha come ulteriore conseguenza

anche l’apertura del “mercato sanitario”. L’obiettivo è quello di fornire

un’assistenza sanitaria con elevato livello qualitativo diffuso, cercando

dunque di creare un territorio comune che permetta di effettuare un

percorso di miglioramento delle aree meno sviluppate; il diritto alla salute

deve essere garantito in egual misura su tutto il territorio comunitario e,

se pur nel rispetto delle diversità tra sistemi sanitari, è importante lavorare

per raggiungere un omogeneo livello di qualità. Il principio non è più solo

il diritto di libera scelta del paziente rispetto al luogo in cui ricevere le cure

sanitarie, ma anche la necessità che, indipendentemente dal luogo, sia

garantito un certo livello, in termini qualitativi, delle cure e delle

competenze in materia.

In questo contesto ci interessa analizzare la mobilità sanitaria

internazionale, ovvero quella che si sviluppa tra i territori dell’Unione

Europea, per delineare un quadro ed analizzare le azioni intraprese nel

69

settore. Una conoscenza del fenomeno, non solo in termini quantitativi,

permette infatti di cogliere risvolti che vanno oltre l’aspetto economico,

mettendo in luce il contesto sociale in cui emergono determinati bisogni.

Tutto ciò assume, inevitabilmente, rilevanza politica nel momento in cui

diventa un fenomeno da gestire, rispetto al quale è necessario elaborare

soluzioni pratiche. Tale tematica sembra oggi rappresentare il nodo focale

della politica sanitaria comunitaria, da un lato perché è un aspetto su cui è

stata elaborata la Direttiva 2011/24/UE che necessita di recepimento e di

una successiva applicazione, dall’altro perché tale problematica è frutto e

conseguenza dell’integrazione europea stessa ed è necessario, dunque,

gestirne i diversi aspetti, inserendoli in un’analisi più ampia e complessa. Il

fatto che, ad oggi, l’organizzazione dei sistemi sanitari e la fornitura delle

prestazioni rimanga ancorata al livello nazionale, determina che la tutela

sanitaria sia necessariamente legata al territorio di residenza; i fenomeni

di mobilità hanno innescato, tuttavia, un aumento degli spostamenti dei

cittadini, anche per motivi di salute.

Quando si parla di mobilità sanitaria a livello internazionale, si fa

riferimento a dei flussi di pazienti che si giustificano con motivazioni

diverse:

- vi è una mobilità volontaria, collegata a scelte razionali del paziente

che, per ragioni di cura, decide di rivolgersi a strutture di paesi

diversi dal proprio;

- vi è una mobilità legata ai fenomeni di maggiore spostamento delle

persone all’interno del territorio (attività lavorative svolte all’estero,

fenomeni di turismo, legami parentali presso altri Stati);

- vi è una mobilità fisiologica legata ai territori di confine, che rende a

volte più comodo il servizio del paese estero.

Al di là delle motivazioni specifiche che portano i cittadini oltre frontiera

per ricevere cure sanitarie, il fenomeno è innescato da alcuni elementi

importanti. Primo fra tutti il diritto di libera scelta del luogo di cura è ciò

70

che permette di poter prendere in considerazione eventuali spostamenti in

caso di esigenze sanitarie. La possibilità, dunque, che ci si possa rivolgere

ad una struttura diversa da quella del territorio di appartenenza (che in

Italia significa anche semplicemente cambiare ASL), risponde alla

necessità di tutelare tale diritto. A livello comunitario la situazione non è

così lineare. La presenza di sistemi sanitari che presentano caratteristiche

diverse pone problematiche, anche su questo aspetto, non indifferenti. Nel

SSN italiano, ad esempio, l’impianto universalistico garantisce pari

disponibilità di cure a tutti, e ciò determina una copertura di tutta la

popolazione; questo approccio non è presente in tutti i paesi europei.

Allo stesso tempo la necessità di garantire tutela sanitaria anche oltre il

proprio territorio nazionale, o ancora di più, di garantire la libertà di scelta

di fruizione di una prestazione sanitaria dove il fruitore la ritenga migliore,

sono elementi che hanno sottolineato la problematicità del fenomeno.

Avere, dunque, ben chiaro come si sviluppa il fenomeno della mobilità

internazionale e quali siano le conseguenze, permette di delineare le

migliori soluzioni per gestirlo, aspetto che deve, inevitabilmente, essere

preso in considerazione.

La situazione con cui ci si confronta è ambivalente; il fenomeno, infatti,

presenta aspetti positivi e, allo stesso tempo, aspetti negativi.

Esiste una mobilità sana, e anche fisiologica, collegata al naturale

incentivo che si è voluto creare nel mondo del lavoro a livello europeo,

piuttosto che nell’incremento della mobilitazione delle persone stesse per

vari motivi. E’ inevitabile che ci sia un flusso di persone che, spostandosi

per altre ragioni, necessiti di tutela sanitaria; ed è necessario che il forte

sostegno da parte dell’UE alla costruzione di un mercato unico, tenga

conto dei risvolti del fenomeno.

La possibilità di scelta delle cure, inoltre, determina necessariamente

maggiore competizione o, perlomeno, maggiore attenzione al livello di

prestazioni prodotte e agli standard qualitativi forniti. Innescare modelli

71

competitivi in ambito sanitario è, chiaramente, un’operazione delicata, ma

favorire alcuni presupposti che permettano, non tanto di trasformare la

fornitura di prestazioni sanitarie in un mercato puro, ma di incentivare

l’innalzamento di tali prestazioni da un punto di vista qualitativo, può

rappresentare un vantaggio per i cittadini europei.

Esistono ambiti in cui la concentrazione di alcune attività strategiche è più

efficiente che un’eventuale duplicazione, e dunque la mobilità è positiva

poiché permette di costruire centri di specializzazione più preparati e, allo

stesso tempo, evitare dispersione di risorse nel garantire gli stessi livelli su

più territori. Il fatto, dunque, che le persone stesse siano maggiormente

disponibili a muoversi può rappresentare un’opportunità. Un ambito molto

interessante in cui la mobilità può tradursi in risvolto positivo, è il settore

delle malattie rare: un bacino più ampio, sia di casistica, sia di strutture di

ricerca, può indubbiamente permettere di individuare soluzioni più

efficienti e potenzialmente più efficaci.

Esiste, tuttavia, anche una mobilità con connotazione, per così dire,

negativa; il fenomeno è spesso legato alla ricerca di una migliore qualità

del servizio. Ciò che “mobilita” è, in alcuni casi, la percezione (non sempre

reale) che il proprio servizio sanitario o la prestazione di cui si necessita,

vengano forniti a livelli inadeguati nel proprio territorio di appartenenza.

Il ragionamento semplicistico di confrontare mobilità attiva (persone che

entrano nel proprio paese) con mobilità passiva (persone che escono dal

proprio paese), ottenendo dalla differenza dei due dati un saldo positivo

(vi sono maggiori persone estere che richiedono i nostri servizi rispetto a

coloro che richiedono quelli esteri), porta istintivamente (e anche un po’

demagogicamente) a ritenere che il proprio sistema sia di elevata qualità.

L’attenzione dei decisori politici si è spesso, infatti, concentrata nel

pubblicizzare, ed incentivare, la mobilità attiva senza preoccuparsi di

analizzare comunque il fenomeno della mobilità passiva. Ciò è avvenuto

sicuramente più a livello nazionale (perlomeno in Italia), ma nulla vieta di

72

pensare che l’approccio possa riprodursi a livello europeo.

Qualsiasi siano le motivazioni di mobilità, è indubbio che tale fenomeno

necessiti di regolamentazione e che ad esso sia indubbiamente collegata

una serie di costi tangibili (spese connesse alle esigenze di assistenza fuori

dal proprio territorio, esigenza di un accompagnatore, vitto e alloggio

all’estero) ma anche intangibili (disagio sociale della lontananza, problemi

linguistici, pratiche amministrative diverse, inconvenienti legati alla scarsa

informazione e al basso livello di omogeneità dei sistemi). Accanto a

questi, che sono costi che sostengono i cittadini in qualità di pazienti, vi

sono poi costi pubblici collegati a eventuali rimborsi, e che di conseguenza

determinano problemi organizzativi di politica sanitaria, legati a scelte di

programmazione che devono iniziare a considerare in modo molto serio

questa variabile.

Non è di poca rilevanza osservare almeno altri due aspetti importanti del

fenomeno: da un lato l’eterogeneità dei sistemi sanitari presenti nel

territorio comunitario che ha un impatto sulla mobilità, dall’altro il fatto

che non tutti i cittadini possano effettuare una scelta di spostamento,

determinando, come conseguenza, un rischio di disuguaglianza di accesso.

Il territorio europeo, composto oggi da 28 paesi, presenta indubbiamente

differenze significative in termini di offerta sanitaria. Al di là delle diverse

scelte di sistema, che danno vita a meccanismi di tutela differente (in

termini di universalità o di contribuzione da parte dei cittadini) esistono

anche delle importanti differenze in termini di standard qualitativi. Il

fenomeno della mobilità, da un lato permette più facilmente ai cittadini di

accedere alle migliori cure, dall’altro rischia di determinare un ulteriore

impoverimento di quei paesi o di quelle strutture che forniscono livelli

inferiori di prestazioni (o semplicemente percepiti come inferiori). Ad

acuire maggiormente la problematica si aggiunge il fatto che non tutti i

cittadini sono in grado di affrontare uno spostamento di portata

internazionale per ottenere prestazioni sanitarie, o per problematiche

73

legate ai costi tangibili (anche semplicemente la necessità di anticipare le

spese) o anche per mancanza di informazioni relative alle opportunità

offerte in altri territori.

La combinazione di questi aspetti rischia di essere dannosa e potrebbe

significare che la mobilità sanitaria aumenti nel futuro le disuguaglianze

sociali e geografiche.

L’analisi mette, dunque, in luce come sia necessario un intervento che

regolamenti il fenomeno alla luce di aspetti pratici, ma anche sociali, e

permetta di favorirne i lati positivi38 e limitarne le potenziali conseguenze

dannose. L’intervento non può che avvenire a livello comunitario poiché

nessuno Stato è in grado di regolamentare il fenomeno senza coordinarsi

con gli altri paesi.

Tale aspetto specifico della politica sanitaria rappresenta uno degli ambiti

in cui l’intervento comunitario assume un ruolo decisivo e determina un

valore aggiunto. La mobilità sanitaria e la sua regolamentazione

diventano, in questo momento storico, il fulcro attorno al quale gravita la

discussione a livello comunitario perché, attraverso la sua

regolamentazione, innesca meccanismi di adattamento che devono

elaborare gli Stati, intervenendo anche, e soprattutto, nella propria

organizzazione del servizio. Inevitabilmente ci si inserisce nell’ambito di

competenza esclusiva degli Stati; se, fino ad oggi, molte delle azioni

elaborate a livello comunitario rientrano nel livello di promozione della

salute declinato in molti aspetti (dalla prevenzione di malattie

transnazionali a progettualità specifiche, come illustrato nel capitolo

precedente), oggi si rende necessario un intervento che, inevitabilmente,

coinvolge anche l’aspetto organizzativo e pratico di mera assistenza

38 Sarebbe interessante un ulteriore livello di analisi per verificare se chi sceglie l’opzione estera, per ottenere prestazioni sanitarie perché percepisce il proprio sistema come non sufficientemente attrezzato, riceva effettivamente migliori cure e ottenga effettivamente migliori risultati.

74

sanitaria. La forte differenziazione tra promozione della salute, in termini

di elaborazioni teoriche e programmatiche, e aspetto organizzativo di

fornitura delle prestazioni, che ha sempre permesso di mantenere

chiaramente e saldamente distinte le competenze ed i livelli di

governance, iniziano oggi ad intersecarsi.

Sarà interessante analizzare nei prossimi paragrafi, non solo quale sia la

normativa che regolamenta oggi la materia, ma soprattutto quali siano le

conseguenze sui soggetti che si occupano della fornitura di prestazioni.

75

3.2 La Direttiva 2011/24/UE e la sua genesi

La necessità di regolamentare il fenomeno della mobilità sanitaria nel

territorio comunitario, deriva dal fatto che, a fronte di prestazioni sanitarie

fornite a un cittadino comunitario residente in un diverso Stato membro,

va definito chi sostiene il costo della prestazione. Non sussiste il problema

se la prestazione è a carico del paziente o se il paziente stesso decide di

sostenerla; tuttavia, nella maggior parte dei casi, i cittadini godono, nel

proprio territorio nazionale, della copertura sanitaria; va dunque definito

chi sostiene il costo di prestazioni fornite in un paese diverso dal proprio,

ma in territorio comunitario.

Come abbiamo anticipato, esistono varie motivazioni che giustificano le

prestazioni sanitarie ricevute in altri paesi comunitari, ma è importante che

le diverse fattispecie ricevano corretta definizione giuridica.

E’ in questo quadro che si elabora ed approva la Direttiva 2011/24/UE, che

si occupa di regolamentare l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi

all’assistenza sanitaria transfontaliera. Essa è frutto di un’evoluzione lunga

e complessa che ha visto intersecarsi le differenti esigenze emerse negli

ultimi decenni con un percorso giuridico di lenta attuazione.

Prima della Direttiva il quadro normativo si caratterizzava per la presenza

di due Regolamenti39, attualmente in vigore in parte, che permettevano di

ottenere tutte le cure di cui si può avere necessità in caso di un soggiorno

temporaneo presso un diverso Stato membro da quello di residenza (ad

esempio per turismo o in caso di viaggi di lavoro). Tali prestazioni

venivano fornite alle stesse condizioni dei residenti a fronte della

presentazione della tessera sanitaria europea. In relazione a cure

39 Regolamento 1408/71 e Regolamento 574/72 sui regimi di sicurezza sociale dei lavoratori, successivamente confluiti nel Regolamento 883/2004 attualmente ancora in vigore per gli aspetti non coperti dalla Direttiva 2011/24/UE. Il Regolamento 987/2009, inoltre, stabilisce le modalità di applicazione del Regolamento 883/2004.

76

programmate, invece, era necessaria l’autorizzazione da parte del paese di

appartenenza (attraverso il Modello E112). Lo Stato di residenza era

obbligato a concedere l’autorizzazione quando il trattamento non potesse

essere erogato sul suolo nazionale o quando non potesse essere erogato

in un tempo identificato come “clinicamente giustificabile”. In tali

regolamenti erano inoltre previste le modalità di compensazione degli

eventuali costi attraverso procedure di liquidazione tra gli Stati coinvolti,

senza che il paziente dovesse anticipare nulla. I regolamenti, come

aggiornati ad oggi, rimangono in vigore per la parte che riguarda le cure

attraverso tessera sanitaria europea, ovvero quelle fornite in caso di

soggiorno temporaneo.

L’intervento della Corte di Giustizia, più volte citato, ha cercato di

cambiare l’approccio a tale principio, sancendo il diritto dei pazienti a farsi

curare all’estero basandosi sul principio di libera circolazione dei servizi. Un

eventuale diniego di autorizzazione si sarebbe dunque trasformato in una

restrizione alla fornitura di servizi e ad una limitazione di erogazione di

prestazione a cittadini comunitari, in contrasto con lo spirito d’integrazione

europea, ma soprattutto con il dettato normativo sovranazionale.

L’immediata preoccupazione degli Stati è stata indubbiamente legata alla

sostenibilità finanziaria dei propri sistemi sanitari, alla luce

dell’introduzione di una variabile impossibile da gestire a livello nazionale.

Se da un lato la Corte ha stabilito che la richiesta di un’autorizzazione

preventiva si scontra con le norme UE miranti alla rimozione delle barriere

al commercio tra Stati Membri, dall’altro, a fronte delle possibili

conseguenze finanziarie che ciò avrebbe potuto determinare, ha permesso

alcune limitazioni alla libera circolazione con conseguente rimborso.

E’ questo il contesto in cui si inserisce la discussione che porta

all’approvazione della Direttiva citata. La Commissione infatti ha avviato un

percorso di confronto su questo aspetto specifico che inizialmente si è

allineato alla visione della Corte di Giustizia; il primo tentativo è stato

77

quello di inserire il settore sanitario nel progetto di liberalizzazione dei

servizi di cui si occupava la proposta di direttiva sui servizi del mercato

interno. La Commissione ha dunque cercato di elaborare un quadro

giuridico per le situazioni emerse attraverso le sentenze della Corte di

Giustizia, applicando il principio della fornitura di un servizio. Il Parlamento

Europeo e il Consiglio non hanno, tuttavia, condiviso questo approccio,

ritenendo che il settore sanitario rappresentasse un ambito troppo delicato

per poter essere assoggettato agli stessi principi di altri servizi economici.

La discussione, dal 2006 in poi, si è dunque separata da altri ambiti e

concentrata sul settore sanitario in modo autonomo; dopo aver elaborato

diversi documenti, in uno scambio travagliato di punti di vista, si è iniziato

a lavorare alla proposta di Direttiva relativa all’assistenza sanitaria

transfontaliera: il 9 marzo 2011 è stata, infine, approvata la Direttiva

2011/24/UE concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi

all’assistenza sanitaria transfontaliera. L’approccio è diventato dunque,

non tanto regolamentare i servizi forniti in materia, quanto garantire la

stessa tutela e lo stesso diritto di scelta a tutti i cittadini del territorio

comunitario. E’ interessante analizzare di seguito alcuni punti salienti del

testo considerato.

L’obiettivo della Direttiva, come anticipato, è quello di agevolare l’accesso

a un’assistenza sanitaria transfontaliera e di qualità, promuovendo la

cooperazione tra gli Stati membri in materia di assistenza sanitaria, nel

rispetto della suddivisione delle competenze.

Viene precisato anzitutto l’ambito di applicazione che comprende

l’assistenza sanitaria ai pazienti. Si escludono esplicitamente:

- i servizi nel settore dell’assistenza di lunga durata;

- il settore dei trapianti d’organo;

- i programmi pubblici di vaccinazione contro le malattie contagiose.

Sono presenti nel testo le definizioni dei termini utilizzati per identificare

un significato comune a tutti gli Stati; manca, tuttavia, una definizione

78

univoca e precisa di cosa si intende per prestazione sanitaria (ricovero,

prestazione ambulatoriale, etc.).

Vengono identificate alcune responsabilità strategiche in capo agli Stati

membri:

- l’informazione: è sottolineata in più punti la necessità di una capillare

informazione; fanno parte di questo aspetto l’obbligo di istituire dei

punti di contatto nazionali che rappresentino e diventino dei centri

di riferimento per i propri cittadini, per i cittadini stranieri che

usufruiscono di prestazioni in quel paese, ed infine sia per le

istituzioni europee che per gli altri Stati in caso di azioni o progetti

coordinati;

- continuità delle cure: è importante e necessario che gli Stati si

attivino per garantire e tutelare la continuità delle cure, anche se

iniziate presso un paese diverso; tra le azioni importanti rientra il

diritto di accesso ad una cartella clinica, scritta o elettronica, in cui

sia registrata ogni prestazione ottenuta;

- non discriminazione: è importante che gli Stati membri si attivino per

rispettare il principio di non discriminazione in base alla nazionalità

nel settore sanitario;

- rimborso dei costi: è importante che le modalità definite per

garantire il rimborso vengano rispettate, poiché eventuali ritardi o

disguidi possono inficiare i diritti in questione.

Rispetto alla problematica del rimborso, che è la questione più

controversa, all’art. 7 par. 1 viene stabilito che «lo Stato membro di

affiliazione40 assicura che i costi sostenuti da una persona assicurata che si

è avvalsa dell’assistenza sanitaria transfontaliera siano rimborsati, se

l’assistenza in questione è compresa tra le prestazioni cui la persona

40 Lo Stato membro di affiliazione è lo Stato competente a concedere alla persona assicurata l’autorizzazione e responsabile dei costi dell’assistenza sanitaria.

79

assicurata ha diritto nello Stato membro di affiliazione». Questo è il punto

che risponde alla problematica sollevata dalla Corte di Giustizia e che,

fondamentalmente, garantisce, con questa formula, da un lato il diritto del

paziente di scegliere la prestazione che ritiene migliore in territorio

comunitario, dall’altro determina il dovere dei fornitori di servizi sanitari di

operare verso qualsiasi soggetto appartenente al territorio europeo. Viene

inoltre precisato che i costi sono a carico dello Stato di affiliazione che

sceglie se rimborsarli al paziente o pagarli direttamente al paese fornitore;

tale rimborso non può superare il costo effettivo dell’assistenza sanitaria

ricevuta e non può essere superiore ai costi che il sistema avrebbe coperto

se tale assistenza sanitaria fosse stata prestata nel proprio Stato. Rimane

in capo ad ogni Stato la possibilità di definire eventuali rimborsi su spese

aggiuntive o collaterali (es. rimborso di spese di viaggio, di

accompagnamento, di alloggio).

Permanendo, tuttavia, una competenza esclusiva degli Stati in termini di

organizzazione, ed intuendo la portata dei rischi per la stabilità finanziaria,

sono state inserite alcune limitazioni.

Il par. 9 dell’art. 7 stabilisce espressamente che

lo Stato membro di affiliazione può limitare l’applicazione delle norme sul

rimborso […] per motivi imperativi di interesse generale, quali quelli

riguardanti l’obiettivo di assicurare […] la possibilità di un accesso

sufficiente e permanente ad una gamma equilibrata di cure di elevata

qualità o alla volontà di garantire il controllo dei costi e di evitare, per

quanto possibile, ogni spreco di risorse finanziarie, tecniche e umane.

Ma l’aspetto più saliente è l’art. 8, che prevede un elenco di fattispecie per

le quali ogni Stato valuterà se sia necessaria un’autorizzazione preventiva,

mitigando in questo modo il principio espresso precedentemente. Potrebbe

essere necessario, infatti, ottenere autorizzazione per:

- prestazioni programmate che comportano il ricovero del paziente per

almeno una notte;

80

- prestazioni che prevedono l’utilizzo di un’infrastruttura sanitaria o di

apparecchiature mediche altamente specializzate e costose;

- cure che comportano un rischio particolare per il paziente o la

popolazione;

- cure fornite da un prestatore di assistenza sanitaria che potrebbe

suscitare gravi preoccupazioni relative a qualità e sicurezza

dell’assistenza.

Al di fuori di queste tipologie l’autorizzazione non deve essere richiesta.

In relazione ad un eventuale rifiuto, sono specificate le motivazioni per le

quali è possibile non concedere l’autorizzazione, ma spicca in modo

determinante il fatto che lo Stato di affiliazione non possa rifiutarsi di

concedere l’autorizzazione se la prestazione non può essere garantita nel

proprio territorio o non venga garantita entro un termine giustificabile e

garantito da un punto di vista clinico.

Accanto a tutto questo, si invitano gli Stati ad attivarsi per una proficua

cooperazione in materia sanitaria, attraverso il riconoscimento delle

prescrizioni rilasciate in altri Stati, la conclusione di accordi soprattutto tra

paesi confinanti, lo sviluppo (sostenuti dalla Commissione) di reti di

riferimento europee, nonché la cooperazione nella valutazione delle

tecnologie sanitarie.

Le istituzioni europee si mostrano, infine, particolarmente sensibili nel

campo delle malattie rare e dell’assistenza sanitaria on line, ritenendo che

siano due ambiti in cui il coordinamento, ed un’azione comune, possano

realmente apportare un valore aggiunto significativo.

La Direttiva entra in vigore nell’aprile 2011 e gli Stati hanno tempo fino al

25 Ottobre 2013 per attuare le disposizioni legislative, regolamentari e

amministrative necessarie per conformarsi.

Abbiamo chiesto e ottenuto un incontro presso il Ministero della Salute con

Dr. Sergio Acquaviva, responsabile dell’ufficio che si occupa dell’assistenza

sanitaria nell’ambito dell’Unione Europea. Il Direttore ci illustrato come il

81

percorso giuridico rappresentato dai Regolamenti, e oggi integrato dalla

Direttiva, vada letto con particolare attenzione. Non è scontato, come può

apparire attraverso un approccio affrettato, che l’introduzione della

Direttiva migliori o amplii la tutela del diritto alla salute; secondo il Dr.

Acquaviva la tutela fornita dai Regolamenti era già sufficientemente ampia

per poter assicurare garanzia ai propri cittadini. Ciò che non è variato, e

che poteva rappresentare il valore aggiunto, è il fatto che anche la

Direttiva, come i Regolamenti, si occupa degli assicurati, ovvero di quella

parte di popolazione che nel proprio territorio gode già di una copertura

sanitaria. Non vi è, dunque, una tutela del “paziente”, ma dell’assistito, e

questo è un elemento fondamentale da percepire, alla luce del fatto che

ogni Stato membro ha regole e modalità diverse con cui fornire la

copertura sanitaria nel proprio territorio. Le modalità attraverso cui si

ottiene la Tessera Sanitaria Europea, indispensabile per rientrare nella

copertura garantita sia dai Regolamenti sia dalla Direttiva, sono diverse da

paese a paese, e ciò determina il rischio di profonde disuguaglianze. La

tesi del Dr. Acquaviva è che la Direttiva, in realtà, non apporti un

incremento significativo della tutela della salute, se non in minima parte,

ma sia più un atto di politica sanitaria concentrato ad attivare meccanismi

di cooperazione tra gli Stati su un settore che rimane di competenza

nazionale. Presso il Ministero abbiamo avuto il piacere di incontrare il

gruppo di lavoro che si sta occupando della realizzazione del Punto di

contatto, uno degli adempimenti previsti dalla Direttiva. Tale attività viene

coordinata dalla Dr.ssa Chiara Marinacci che, con il supporto di alcuni

collaboratori, sta sviluppando una serie di attività che permetta la

costruzione di tale ufficio. La parte più complessa è quella di cercare di

coordinare tutta la normativa in materia, per permettere di fornire le

informazioni importanti in modo immediato; lo scopo del punto di contatto

sarà quello di rappresentare un punto di riferimento per i cittadini

interessati ad ottenere informazioni in materia di assistenza sanitaria

82

transfontaliera da ogni punto di vista. E’ necessario dunque un

approfondimento degli aspetti giuridici ma anche economici; è importante

anche una fase di raccolta dei bisogni ed un confronto con gli altri paesi

che stanno sviluppando lo stesso tipo di attività. La visione della Dr.ssa

Marinacci è che si svilupperà un’attività lunga, ma intensa, che tenderà ad

un’omogeneità dei sistemi sanitari; è come se si fosse avviato un percorso

attraverso cui è possibile che le caratteristiche meno positive dei diversi

sistemi sanitari progrediscano verso standard, se non uguali, almeno più

omogenei e tendenti ai migliori livelli. Ciò implica sicuramente molto

tempo, e molte attività dedicate, ma un primo passo è sicuramente

rappresentato dalla maggiore trasparenza delle informazioni che si otterrà

in primis attraverso i punti di contatto e che permetterà, nel tempo, una

maggiore conoscenza delle diversità o delle opportunità. In ogni paese le

attività messe in campo sono, ovviamente, correlate alla legge che

recepirà la Direttiva europea; ogni Stato ha, infatti, la possibilità di

declinare le indicazioni generali in modo più o meno restrittivo. In Italia il

persorso parlamentare ha visto l’approvazione della Legge n. 96 del 6

agosto 2013 con cui si delega il Governo a recepire le Direttive europee

tra cui la Direttiva 2011/24/UE; sarà interessante osservare il Decreto

Legislativo che verrà approvato in materia.

Indipendentemente dallo sviluppo che avrà la Direttiva, sia in termini di

approvazione, sia per ciò che concerne la sua attuazione, è indubbio che ci

sarà un impatto importante sui sistemi sanitari nazionali e sull’aspetto

organizzativo in particolare, con un coinvolgimento importante del livello

locale. E’ infatti a quest’ultimo livello che si dovranno fare i conti con

cambiamenti anche importanti che devono essere assolutamente

programmati e concretizzati.

E’ interessante analizzare nel prossimo paragrafo quali siano le

implicazioni di tale Direttiva, per cercare di capire l’impatto che potrebbe

83

avere nei diversi sistemi sanitari e considerare, nel prossimo capitolo, una

Regione italiana per poter esaminare più da vicino una realtà locale.

84

3.3 L’attività di implementazione della Direttiva e gli

attori coinvolti

L’approvazione della Direttiva ha necessariamente ricadute operative sugli

Stati membri. Al di là delle procedure di recepimento a livello nazionale,

sarà necessario che gli Stati membri si adoperino, successivamente, per

concretizzare le disposizioni stabilite.

Dall’illustrazione, a grandi linee, della Direttiva nel paragrafo precedente,

si ricavano le azioni principali che gli Stati devono attuare.

Vanno istituiti, come anticipato, dei punti di contatto nazionali (anche più

d’uno) che devono diventare luoghi determinanti per ottenere ogni tipo di

informazione legata alle opportunità di cura transfontaliera; questi centri

devono lavorare sul territorio nazionale per strutturarsi al meglio in termini

di offerta informativa, e devono inoltre facilitare lo scambio di informazioni

cooperando tra loro sul territorio comunitario e con le istituzioni europee,

per fare in modo che il sistema “mobilità transfontaliera” sia agevolato.

Dovranno fornire ai pazienti tutte le informazioni pratiche sulle condizioni e

sulle modalità di rimborso, sulle possibilità di trattamento, sui fornitori di

prestazioni, sulle eventuali procedure di ricorso. I pazienti dovranno avere

un'idea chiara della qualità e della sicurezza dell'assistenza sanitaria

prestata all'estero, per poter prendere decisioni informate in merito

all'assistenza sanitaria transfrontaliera.

E’ necessario definire in modo dettagliato i soggetti coinvolti per la

valutazione delle autorizzazioni e l’iter da rispettare. Il procedimento,

infatti, deve poter essere conosciuto dettagliatamente da chi ne è

interessato, senza il rischio di fraintendimenti o poca chiarezza che

potrebbero determinare disagi successivi: è importante ad esempio

definire a chi va fatta un’eventuale richiesta, quali dati sono necessari, se

il soggetto istituzionale fornisce una risposta scritta, in quale forma e con

quali tempi. Tutto ciò presuppone che, successivamente, si attivi un

85

sistema che rispetti l’iter, considerando la delicatezza del tema e, in alcuni

casi, l’importanza del rispetto della tempistica.

E’ fondamentale che venga definito in modo preciso l’iter di rimborso e che

la regolamentazione di tale aspetto sia chiara e completa: va precisato

cosa viene rimborsato, se e quali spese aggiuntive possano essere

considerate, se tale procedura viene svolta direttamente tra Stati o è

necessario che il paziente anticipi le spese.

Un aspetto determinante di tutto il sistema è il riconoscimento delle

prescrizioni effettuate dagli altri Stati comunitari. Anche qui è necessario

elaborare una normativa specifica e chiara che permetta agli addetti ai

lavori di evitare la limitazione della fruizione della prestazione (qualunque

essa sia), e ai pazienti di vedersi negata l’assistenza. A questo scopo la

Commissione Europea ha approvato la Direttiva di esecuzione 2012/52/UE

del 20 dicembre 2012, recante misure destinate ad agevolare il

riconoscimento delle ricette mediche emesse in un altro Stato membro,

per dare attuazione all’articolo 11 della Direttiva 2011/24/UE. Il testo

prevede l'inclusione, nella ricetta, di alcuni dati e informazioni, quali

l'identificazione del paziente e del medico prescrivente. Vengono inoltre

fornite indicazioni precise rispetto alle modalità con cui devono essere

indicati i prodotti farmaceutici (denominazione generica o commerciale).

E’ indubbio che quest’insieme di azioni parallele determineranno da un lato

l’istituzione di nuove strutture, ma soprattutto coinvolgeranno quelle già

esistenti, che dovranno adattarsi ai cambiamenti in termini organizzativi

ma soprattutto in termini di competenza. E’ indispensabile una formazione

capillare ed efficace del personale addetto all’assistenza e del personale

preposto a fornire le informazioni. Al di là dei punti di contatto, sarà

necessario che tutte le strutture che nei diversi Stati forniscono prestazioni

sanitarie, siano pronte ad attuare le disposizioni legislative.

Questo breve panorama di azioni da mettere in campo è tutt’altro che

semplice e pone, già a prima vista, una serie di interrogativi.

86

Un primo elemento di criticità è legato inevitabilmente ad un’eventuale

tempistica diversa tra gli Stati; il funzionamento del sistema elaborato

dalla Direttiva ha senso, ed assume efficacia, solo nel momento in cui tutti

i paesi tra cui si sviluppano i flussi di pazienti, hanno implementato le

disposizioni. Eventuali ritardi o tempistiche diverse potrebbero essere

determinanti sul fenomeno.

Un altro aspetto importante riguarda il fatto che ogni Stato dovrà

coinvolgere soggetti diversi: ciò dipende dalla struttura che ogni paese ha

delineato per il proprio sistema sanitario. In relazione, infatti, alla propria

organizzazione sarà necessario vengano identificati i soggetti responsabili

delle diverse attività ed azioni da mettere in campo, che saranno diversi

tra paesi. Ciò innescherà inevitabilmente la necessità di conoscere quali

siano gli interlocutori a cui fare riferimento per ogni paese, conoscendone

anche le dinamiche.

Diventa importante anche l’utilizzo di strumenti omogenei, non più solo

per elaborare dati o per scopi statistici, ma soprattutto per lo scambio

delle informazioni relative ai pazienti ed ai conseguenti rimborsi.

L’elaborazione di strumenti analoghi, di flussi sicuri di informazioni, del

rispetto di eventuali tempistiche nelle comunicazioni e nei saldi, sono tutti

aspetti che assumono rilevanza strategica rispetto ad un fenomeno che

vedrà un aumento nei prossimi anni.

Come anticipato, nel prossimo capitolo, è interessante approfondire

questo aspetto pratico attraverso l’analisi di una Regione italiana, soggetto

che nel nostro paese, in funzione dell’autonomia acquisita in campo

sanitario, assume un ruolo determinante. Andremo dunque ad osservare

quali siano le sfide che, nel caso italiano, si prospettano per le Regioni,

con una particolare lente d’ingrandimento su ciò che ha fatto la Regione

Veneto sul fronte della politica sanitaria europea.

87

CAPITOLO IV

LA REGIONE VENETO

88

4.1 Il ruolo delle Regioni italiane nella politica sanitaria

comunitaria

La strategia europea per la salute (2008-2013) individua nelle Regioni un

soggetto importante per sviluppare le azioni elaborate in materia sanitaria.

Il livello regionale è considerato l’ambito strategico che permette di

rafforzare una collaborazione tra gli Stati membri nell’ambito considerato,

ed acquisire informazioni precise rispetto alle specificità dei diversi sistemi

sanitari. Nell’organizzazione dei sistemi sanitari sostanzialmente tutti gli

Stati membri tendono a decentrare le attività ad un livello locale

sufficientemente attrezzato, per poter elaborare una propria

programmazione sanitaria e fornire un’adeguata assistenza, nel rispetto di

linee comuni che vengono mantenute omogenee su tutto il territorio

nazionale. Il livello regionale risponde dunque a quest’esigenza,

rappresentando il livello ottimale a cui delocalizzare la gestione dei servizi

sanitari. E’ importante ricordare che il concetto di Regioni va qui inteso in

senso ampio, poichè si fa riferimento a diverse strutture giuridiche, dalle

Regioni italiane ai L]nder tedeschi, alle Health Regions danesi o agli

Health Boards inglesi. L’aspetto importante è tuttavia osservare che la

tendenza comune è la delocalizzazione in questa materia e l’avvicinare

maggiormente il livello decisionale ai cittadini.

Con quest’ottica è stata istituita la piattaforma tecnica del Comitato delle

Regioni41, un forum che si pone l’obiettivo di coinvolgere il livello locale

nella strategia sanitaria comunitaria, favorendo lo scambio di informazioni

tra i soggetti coinvolti ai diversi livelli del processo. E’ una piattaforma

tecnica che cerca di sviluppare la tematica in questione e condividere nel

41 Ci sembra doveroso sottolineare come la Piattaforma sia stata inaugurata nel Giugno 2010 e nel sito siano segnalati solo tre eventi il cui ultimo è avvenuto il 24 maggio 2011. Potrebbe essere interessante capire se il problema è legato al non aggiornamento del sito o ad un’attività che non si è sviluppata realmente.

89

modo più capillare possibile le conoscenze in materia. Nei meeting è

coinvolta la DG SANCO che rappresenta le Istituzioni Europee.

La costruzione di una rete sanitaria europea, con il focus particolare del

livello locale, è inoltre avvenuta attraverso un progetto, il Building Healthy

Communities, che vede il coinvolgimento di 10 città europee tra cui, per

l’Italia, Torino e Lecce. Il progetto coinvolge sette Stati membri che, per

un periodo di 30 mesi, hanno condiviso e sviluppato conoscenze

sull’impatto che i fattori urbani possono avere sulla salute. Il progetto si è

posto l’obiettivo di creare l’opportunità per le città di condividere ed

implementare le politiche sanitarie per i cittadini. Il risvolto immediato, ed

anche la sfida proposta, è quello di creare un network di città che lavorino

insieme su quest’ambito.

In Italia, nell’organizzazione del sistema sanitario, le Regioni hanno un

ruolo determinante poichè, in materia, godono di autonomia organizzativa

e sono deputate a fornire le prestazioni sanitarie42. I cambiamenti che

stanno avvenendo a livello comunitario coinvolgono necessariamente tale

livello di governo, ed è interessante cercare di capire quali siano le azioni

messe in campo dalle Regioni negli ultimi anni.

A livello nazionale nel dicembre 2003 è stato elaborato il “Progetto Mattoni

SSN” che consiste nell’individuare una serie di aree e problematiche

ritenute strategiche su cui concentrare l’attenzione ed effettuare analisi

specifiche che vadano oltre i territori locali e in cui la sinergia tra i diversi

soggetti coinvolti possa dare il migliore risultato. All’interno del macro

progetto si inseriscono 15 filoni di attività raggruppati in tre aree: i mattoni

relativi a classificazioni e codifiche, quelli riferiti alle metodologie di analisi

42 Il sistema è certamente più complesso e prevede più livelli di governance con una programmazione nazionale a cui deve attenersi la programmazione regionale. E’ prevista inoltre una definizione, sempre a livello nazionale, del livelli essenziali di assistenza che le Regioni possono implementare con proprie risorse. Ai fini del nostro lavoro ci interessa sottolineare il ruolo strategico delle Regioni che, dati alcuni punti fissi a livello nazionale, rimangono i soggetti deputati all’organizzazione territoriale del servizio sanitario.

90

e quelli che si interessano dei contenuti informativi. Questo tipo di attività

si è sviluppata per permettere alle diverse Regioni di condividere

l’attenzione su problematiche comuni, ma anche confrontare dati, soluzioni

diverse e permettere una costante collaborazione.

Nel Piano Sanitario Nazionale del 2006-2008 viene analizzato il contesto

internazionale in termini di vincoli e opportunità, con una specifica ottica ai

cambiamenti che il sistema comunitario comporta. Questo tipo di

sensibilità ministeriale, verso una tematica all’epoca poco sviluppata,

sembra rappresentare una capacità brillante di individuare una criticità ed

una delle maggiori sfide per il futuro.

Il Piano sanitario nazionale si inserisce in questo contesto europeo:

l’allargamento dell’Europa amplia il confronto tra gli Stati e, quindi, la

necessità di stabilire un sistema di relazioni tra il Servizio sanitario

nazionale e i sistemi di tutela della salute di altri paesi, ma vede anche la

possibilità di un aumento della mobilità europea sia dei pazienti che dei

professionisti. Il raggiungimento degli obiettivi di Piano è influenzato o

condizionato dallo sviluppo delle politiche di integrazione europea e dalla

crescente interrelazione dei processi sociali, economici, culturali a livello

globale.43

Parte da questo il lancio, che avverrà nel 2010, del 16° progetto

denominato “Mattone Internazionale” che si occupa delle tematiche

relative appunto all’internazionalizzazione dei Sistemi sanitari, e individua

le Regioni come soggetti deputati alla collaborazione con le istituzioni

nazionali, e comunitarie, rispetto ad un panorama che sta cambiando

rapidamente. E’ interessante sottolineare che la nascita del Mattone

Internazionale è molto recente e, inevitabilmente, si collega

all’approvazione della Direttiva che suggella l’internazionalizzazione della

43 Piano Sanitario Nazionale 2006-2008, pag. 6.

91

fornitura delle prestazioni sanitarie, permettendo un’apertura delle

frontiere, con le dovute cautele, anche sul fronte sanitario. Il progetto del

Mattone Internazionale ha in comune con gli altri 15 progetti la modalità

di finanziamento, ovvero la totale provenienza del sostegno economico dal

CIPE; si tratta dunque di un’attività prettamente nazionale, senza il

coinvolgimento economico della Comunità Europea, ma che mira in modo

specifico a costruire un sistema nazionale all’altezza dei cambiamenti in

atto.

Il progetto del Mattone Internazionale si inserisce dunque nella nuova

prospettiva fornita dal Piano Sanitario Nazionale 2006-2008 che prevede

l’obiettivo “La sanità italiana in Europa, l’Europa nella sanità italiana”.

Dopo un periodo di valutazioni sulle modalità di sviluppo dello stesso,

viene affidato nel 2009 alla Regione Veneto, individuata come soggetto

capofila, in coordinamento con la Regione Toscana. Presso la Regione del

Veneto viene identificato il Dr. Massimo Mirandola come referente

regionale del progetto, e la gestione amministrativa viene affidata all’ULSS

10 Veneto Orientale presso cui si trova, dunque, lo staff di esperti per la

realizzazione delle attività programmate.

Abbiamo avuto modo di ottenere un’intervista con la Dr.ssa Lisa

Leonardini, project manager del progetto, e di una sua collaboratrice

Dr.ssa Lorenza Chiarot, che ci hanno illustrato in modo dettagliato ed

interessante lo sviluppo dell’attività del Mattone Internazionale44.

Nel dicembre del 2009 la Regione Veneto riceve il finanziamento stabilito

dal CIPE, che consiste in 8 milioni di euro, che vengono convogliati verso

44 La Regione Veneto, affidando la gestione amministrativa del progetto all’ULSS 10, ha delegato questa stessa ad individuare le modalità per costruire lo staff dedicato a tale attività. Lo staff è oggi composto dal 11 persone (tra cui rientra la Dr.ssa Leonardini, projet manager) che si occupano a tempo pieno di tale attività e vengono remunerate dal progetto stesso (tra questi sono presenti 1 volontario e 2 soggetti attivi presso la sede regionale di Bruxelles, finanziati anch’essi dal progetto ministeriale). La Regione Toscana, soggetto coordinatore del progetto, ha uno staff che prevede 2 project manager e un’ulteriore unità di supporto.

92

l’ULSS 1045. Le motivazioni che hanno portato il Ministero a scegliere la

Regione Veneto con tale ruolo strategico è collegata al fatto che la stessa

ha dimostrato di essere una regione all’avanguardia, tra quelle italiane,

rispetto all’ottenimento di finanziamenti europei in materia sanitaria. La

scelta di affidare l’attività amministrativa è ricaduta sull’ULSS 10 per la

specifica competenza in materia che aveva il Direttore Generale di tale

ASL. Il progetto, inizialmente, viene limitato a 2 anni (2010-2011). Nel

2010 si sviluppa la pianificazione delle attività con relativa allocazione del

budget e, dopo l’approvazione presso il Ministero della Salute del

programma presentato, viene costituito nel dicembre 2010 il Gruppo di

Coordinamento Generale con apposito Decreto del Ministro. Gli attori

coinvolti sono dunque un Coordinamento politico, che stabilisce le linee

guida e la strategia del progetto ed è composto da soggetti del Ministero

della Salute e delle due Regioni capofila (Veneto e Toscana); da un

Gruppo di Coordinamento Generale che traduce operativamente la linea

strategica; da un Gruppo Tecnico che promuove e segue la realizzazione

delle attività; ed infine dal gruppo dei Referenti Regionali costituito dalle

Regioni che hanno aderito al progetto.

Nell’anno 2011 le attività si concentrano nella costruzione dei gruppi di

lavoro. L’esigenza che emerge è la necessità di creare una solida rete

nazionale che incanali il fermento esistente verso attività che producano

risultati comuni46. Vengono utilizzate diverse vie per il coinvolgimento delle

Regioni: in una prima fase si ricorre ad un approccio formale che prevede

la richiesta di nomina di un incaricato tramite l’Assessore competente; una

seconda modalità informale, che viene utilizzata se la prima non ha

45 A differenza dei finanziamenti europei, che prevedono vari step di finanziamento in relazione allo stato di avanzamento delle attività, il CIPE fornisce l’intera cifra alla Regione incaricata di gestire il progetto e la rendicontazione deve essere effettuata durante lo svolgimento del progetto. 46 Le informazioni, come anticipato, sono frutto delle interviste effettuate con la Dr.ssa Leonardini e la Dr.ssa Chiarot.

93

ottenuto risultati, prevede il coinvolgimento delle Regioni attraverso i

tecnici competenti che lavorano costantemente sulle progettualità

sanitarie. Se entrambe tali modalità non hanno prodotto l’esito sperato, si

ricorre ad un coinvolgimento formale tramite le sedi di Bruxelles. In questo

modo si sono riuscite a coinvolgere tutte le Regioni, escluse solamente

Sardegna ed Abruzzo. Dalle interviste emerge che l’attivazione delle vie

informali, soprattutto nelle fasi iniziali, si è basata su una rete di contatti

preesistente; molto di questo progetto è frutto proprio di contatti e

collegamenti che i soggetti coinvolti possedevano precedentemente per

attività svolte in materia; è diventato un percorso di co-costruzione

continua, di allargamento dei gruppi di lavoro, di scambio e di grossa

sinergia con i soggetti ministeriali. Ciò ha tuttavia richiesto molto tempo

(quasi l’intero anno 2011) proprio perché non vi erano modalità definite e

canali formali già esistenti che dovessero essere rafforzati, ma è stato

necessario costruire tutto da zero. Per tale motivo viene chiesta una prima

proroga del progetto fino al 2012; la Dr.ssa Leonardini specifica inoltre che

in questi due anni di lavoro le attività svolte non hanno richiesto un

importante utilizzo del finanziamento a disposizione, motivo per il quale la

gestione oculata delle attività ha determinato grossi risparmi; dall’altro lato

è evidente che due anni di un progetto così ambizioso, che deve essere

completamente costruito, sono pochi per spendere una cifra importante

come 8 milioni di euro.

L’attività progettuale, dunque, entra nel vivo nell’anno 2012, sviluppando

le diverse attività di seguito illustrate. E’ stata richiesta successivamente

un ulteriore proroga per il 2013 e in questi mesi ne è stata appena

confermata un’altra che permette al lavoro di arrivare sino al primo

semestre 2015 per poter completare i diversi obiettivi definiti. Si è infatti

sviluppato, attorno al progetto, un tale entusiasmo ed interesse per i

risultati che si stanno ottenendo da giustificare le numerose proroghe

accordate.

94

Il Mattone Internazionale ha come obiettivo generale quello di «portare la

sanità delle Regioni italiane in Europa e nel Mondo e altresì l’Europa e il

Mondo nei Sistemi Sanitari delle Regioni italiane, nel quadro di una

collaborazione sinergica con il Sistema Paese»47 e si sviluppa in cinque

obiettivi specifici:

Pilastro 1. Piano di Formazione Nazionale;

Pilastro 2. Creazione di un database dei progetti europei ed internazionali;

Pilastro 3. Comunicazione e informazione;

Pilastro 4. Piani di formazione locale;

Pilastro 5. Internazionalizzazione dei Sistemi Sanitari.

In questo momento si sono riusciti a sviluppare sostanzialmente i primi 4

pilastri, il quinto pilastro è l’attività su cui ci si concentrerà nel 2014.

Il Pilastro 1 prevede un’attività di formazione che viene portata avanti

costantemente dal progetto; su tale attività in modo specifico si è scelto di

organizzare varie tipologie di corso (dall’europrogettazione con vari livelli

di approfondimento, ad incontri tematici su argomenti di particolare

interesse) invitando personalità esterne; c’è stata una precisa scelta di non

ricorrere al personale dello staff per l’aspetto di docenza e creare invece

una separazione tra il momento organizzativo e quello di formazione. Il

pilastro 4, pur essendo affine alla finalità del pilastro 1, ovvero la

formazione, ha un taglio più specifico. Si pone l’obiettivo infatti, come

dimostra l’Avviso 148, di finanziare i soggetti di governo locale (Regioni e

47 http://www.salute.gov.it/rapportiInternazionali/paginaInternaMenuRapporti.jsp?id=1798&menu=programmi 48 L’Avviso 1 è un bando attraverso cui è possibile presentare dei progetti che rispondano ai requisiti richiesti ed ottenere per essi un finanziamento dal Mattone Internazionale. «L’avviso n.1 si propone di concedere finanziamenti a fondo perduto per attività formative e informative dedicate alle strutture ministeriali competenti, alle Regioni Italiane e Province Autonome, indirizzando e vincolando le iniziative delle diverse Regioni verso due linee di intervento: - co-finanziamento di attività informative da realizzarsi in contesti regionali e legate a

95

Province Autonome) perché realizzino direttamente attività di Infoday,

workshop, visite studio e corsi di formazione. I due pilastri, nel cercare di

costruire competenza, si intersecano a vari livelli: nel pilastro 1 si inserisce

tutta l’attività di formazione che viene svolta e che poi, in relazione ai

soggetti coinvolti, dovrebbe essere capillarmente diffusa; l’attività del

pilastro 4 mira invece a responsabilizzare, in termini non solo di

competenza propria ma di organizzazione della formazione o degli eventi, i

soggetti locali che più direttamente saranno coinvolti nel processo di

cambiamento.

Il pilastro 2 si concentra invece nella costruzione e manutenzione di un

database, accessibile a tutti, che raccoglie i progetti presentati ed

approvati in sede europea in materia sanitaria. Tale attività mira,

anzitutto, a creare una raccolta dati che permetta di migliorare la

programmazione strategica in materia sanitaria; inoltre permette a chi

deve presentare un progetto, o desidera inserirsi in un network già

avviato, di conoscere le attività sviluppate sull’argomento ed evitare

duplicazioni con relative dispersioni di risorse. Rappresenta, infine, un

modo per vedere come devono essere presentati i progetti, contribuendo

alla diffusione di competenza su aspetti puramente burocratici e di

supporto amministrativo. La modalità di creazione di tale database ha

visto una prima fase di costruzione di un questionario inviato a tutte le

Regioni e le ASL del territorio nazionale che permettesse una raccolta

uniforme delle informazioni ritenute rilevanti. Tale attività, come le altre

del resto, è tuttora in corso poiché prevede un costante aggiornamento

del database con le diverse progettualità che nel tempo vengono

finanziate.

temi di carattere europeo ed internazionale; - co-finanziamento di attività formative da realizzarsi in contesti regionali ed internazionali legate a temi di carattere europeo ed internazionale». Tali informazioni sono tratte dal sito del Mattone Internazionale (indirizzo alla nota successiva).

96

Il pilastro 3 prevede una serie di attività che rispondono al preciso scopo

di divulgare le informazioni sul progetto e sulle materie collegate al

progetto. In tale pilastro si inseriscono i molti Info Day che sono stati

organizzati, soprattutto nel 2012, su buona parte del territorio nazionale. Il

sito internet che è stato costruito, la sua manutenzione, e tutto ciò che

rientra nell’attività di comunicazione, fa parte di tale filone di attività.

Vengono inoltre organizzati incontri tematici ad hoc su materie ritenute

strategiche. La scelta di determinati argomenti è collegata agli ambiti su

cui si ritiene necessario ed importante un approfondimento. Le sezioni

tematiche individuate e ritenute di maggiore interesse sono le seguenti:

• ageing;

• alcol;

• direttiva assistenza sanitaria transfrontaliera;

• politica di coesione europea 2014-2020;

• Presidenza italiana del Consiglio dell'Unione Europea.

L’ageing e l’alcol sono senza dubbio due ambiti su cui da tempo la

Comunità Europea ha dimostrato particolare sensibilità; l’invecchiamento

della popolazione costringe ad una revisione del modello di fornitura delle

prestazioni sanitarie a fronte di una domanda diversa di servizi e di una

popolazione che modifica le sue connotazioni. Il primo obiettivo della

Strategia Europea è proprio quello di promuovere un buono stato di salute

in un’Europa che invecchia, ritenendolo dunque un dato di fatto. Una

popolazione che si modifica in questo senso rappresenta, da un lato un

possibile incremento della spesa sanitaria, dall’altro l’opportunità di

lavorare sul miglioramento della qualità della vita per poter vivere non solo

più a lungo ma meglio (con relativa riduzione della spesa sanitaria). L’alcol

rientra invece tra quelli che vengono definiti i determinanti sanitari, ovvero

quei fattori legati allo stile di vita che possono influenzare la salute delle

persone. Il settore dei determinanti sanitari è uno degli assi su cui l’azione

comunitaria si è concentrata, con l’obiettivo di promuovere e sostenere gli

97

sforzi degli Stati membri per sviluppare strategie efficaci di intervento.

La Direttiva sull’assistenza sanitaria transfontaliera, come abbiamo già

avuto modo di illustrare, è un tema attuale rispetto non solo all’esigenza di

approfondirne le caratteristiche, ma soprattutto di applicarne i contenuti,

adeguando il proprio sistema di organizzazione. Ne consegue una

necessità di approfondimento quanto mai urgente attraverso cui

contribuire alla maggiore integrazione dei sistemi sanitari europei e

arrivare pronti ad Ottobre, momento limite di recepimento della Direttiva.

La Politica di coesione 2014-2020, come anche il semestre della

Presidenza italiana, rappresentano gli appuntamenti futuri.

La Politica di coesione programmata per i prossimi anni mette a

disposizione fondi comunitari anche su tematiche sanitarie e sociali:

conoscere i temi su cui il territorio europeo lavorerà in futuro, e prendere

parte a tale attività, diventa di importanza strategica per rimanere al passo

con lo sviluppo in tale campo.

La Presidenza italiana è programmata per il secondo semestre del 2014;

per la tematica della salute è un momento importante poiché dovrebbe

aver appena preso avvio la terza strategia comunitaria nota come “Salute

per la crescita – 2014/2020”. Lavorare su questo tema significa cercare di

costruire un sostegno alla presidenza italiana per raggiungere i migliori

risultati possibili.

Su tali aspetti si sta, dunque, lavorando per creare anzitutto conoscenza

dell’argomento, ma anche per avviare un percorso di confronto, di analisi

e di individuazione di soluzioni comuni.

Il pilastro 5, infine, punta all’internazionalizzazione dei sistemi sanitari

attraverso due azioni specifiche:

- la selezione di END (Esperti Nazionali Distaccati) che permetta di

costruire una sorta di albo degli esperti che rispondono a determinati

requisiti e che permettano di approfondire i percorsi di formazione già

sviluppati, attraverso attività quali stage, tirocini e viaggi studio; è un

98

modo per sviluppare una formazione più specifica e maggiormente

qualificante attraverso figure che garantiscono elevata qualità in termini di

competenza;

- l’attività denominata “Cantieri aperti per la sanità del futuro” che mette

a disposizione delle risorse finanziarie per quei soggetti che necessitano di

sostegno in attività propedeutiche alla presentazione di progetti in sede

europea; si colloca in questo ambito l’Avviso n. 2 che incentiva Regioni,

Province Autonome, Aziende Sanitarie e Ospedaliere alla partecipazione ai

programmi di finanziamento comunitario e internazionali nel settore

sanitario offrendo la possibilità di sostegno economico per alcune fasi

progettuali e un eventuale supporto in termini di coprogettazione.

Quest’ultimo pilastro è quello su cui si concentrerà l’attività nel prossimo

semestre e nell’anno 2014 poiché è sostanzialmente quello che parte in

una fase successiva.

Appare subito chiaro come oltre alle attività specifiche, ci si concentri nel

cercare di collocare le Regioni come soggetti che hanno un ruolo nel

campo sanitario internazionale e che devono di conseguenza adattarsi a

questa nuova realtà. Nel sito49 dedicato al Mattone internazionale si parla

specificatamente di un obiettivo di lungo periodo teso a sviluppare una

“sanità europea”, e dell’esigenza di contribuire a creare un’integrazione

sempre maggiore tra i sistemi sanitari dei vari Stati Europei.

C’è un investimento sul futuro, un’attenzione allo sviluppo di un settore

che inevitabilmente si sta modificando; attivarsi già per la futura

presidenza del Consiglio dell’UE e prevedere in tale contesto un impegno

nel settore sanitario rivela come tale ambito stia acquisendo un’importanza

significativa. L’impegno che si dovrà affrontare sarà su vari fronti, ma si

ritiene che

49 http://www.progettomattoneinternazionale.it/servizi/notizie/notizie_homepage.aspx

99

nell’ambito specifico della salute, la presidenza italiana dovrà lavorare con

gli altri Stati membri nell’intraprendere le riforme necessarie per ottenere e

rafforzare sistemi sanitari innovativi e sostenibili, nel migliorare l'accesso a

un'assistenza sanitaria migliore e più sicura dei cittadini, nel promuovere la

salute dei cittadini europei e prevenire le malattie e nel proteggere i

cittadini europei dalle minacce sanitarie transfrontaliere, in accordo con

quanto stabilito nel programma pluriennale Salute per la crescita –

2014/202050.

In questo quadro le Regioni italiane hanno, ed avranno, indubbiamente un

ruolo importante poiché sono gli attori che, a livello nazionale,

costituiscono la rete organizzativa del sistema; ciò permette di rilevare

come ad essere coinvolto non sia più semplicemente il ruolo

programmatico, che prevede condivisione trasversale su alcune tematiche

e che si traduce semplicemente in azioni di sensibilizzazione o diffusione

culturale; oggi è necessario andare oltre e, continuando le molte attività di

diffusione delle informazioni, va affiancata un’azione molto più operativa

svolta dai soggetti deputati a fornire le prestazioni sanitarie. I sistemi

vengono dunque sottoposti a nuove sfide poiché, da un lato si offre loro

l’opportunità di confronto e collaborazione con strutture internazionali di

diverso genere, dall’altro le si obbliga proprio a tale confronto e alla

necessità di adattarsi a dinamiche di apertura. E’ indubbiamente un

contesto che modifica gli equilibri e che stimola meccanismi di

cambiamento che potrebbero portare risultati positivi, ma anche

altrettanto negativi. Ciò dipenderà molto dall’approccio che le Regioni

avranno verso tale dinamica, dalla collaborazione che metteranno in

campo, sia tra loro sia con i soggetti internazionali (dalle Istituzioni

Comunitarie ai soggetti dei sistemi sanitari esteri), dalle competenze che

50 Ibidem.

100

riusciranno a sviluppare nel settore sanitario con un livello internazionale,

dalla flessibilità che sapranno dimostrare in un ambito che,

necessariamente, deve adattarsi alle nuove esigenze e ai nuovi strumenti

a disposizione.

L’elaborazione recente sia del Mattone Internazionale sia dell’approvazione

della Direttiva non permette analisi specifiche sui comportamenti delle

Regioni, ma permette di cogliere un sistema che si sta modificando e che

necessariamente obbligherà le Regioni ad un cambiamento. Sono presenti

nuove sfide, nuove progettualità, nuove modalità di approcciarsi alle

problematiche; il panorama dei soggetti coinvolti, inevitabilmente, si

amplia e tale apertura non può che innescare modifiche nelle dinamiche

conosciute. Il cambiamento è già in atto, la nostra analisi ha messo in luce

un settore in fermento da anni su questo tema che dimostra un

andamento incrementale. Le stesse strutture locali stanno modificando la

loro organizzazione prevedendo uffici, persone, attività dedicate a tale

tematica e concentrate sugli obiettivi illustrati. La Dr.ssa Leonardini ha

rilevato, nel suo percorso professionale in materia, un forte interesse da

parte delle Regioni stesse alla collaborazione, ad un’azione comune, alla

costruzione e valorizzazione di una sinergia; e allo stesso tempo è emersa

anche una forte collaborazione e sostegno da parte dei soggetti

ministeriali. L’impressione che viene riportata dall’interno è di un fermento

esistente, che non era in comunicazione, che a fatica ha costruito una rete

di collaborazione e di azione, ma che è entusiasta dei risultati ottenuti.

Tale valutazione positiva è una delle motivazioni per le quali il progetto è

stato portato avanti e si ritiene debba prevedersi una struttura

permanente che, pur con caratteristiche diverse, mantenga attiva la rete e

sviluppi ulteriormente i risultati ottenuti da questo progetto,

implementandoli in vista delle nuove sfide.

Ci sembra interessante, nel prossimo paragrafo, affrontare l’argomento

con un focus specifico sulla Regione Veneto, per approfondire ancora di

101

più come l’elaborazione teorica si possa tradurre in azione pratica,

osservando cosa è stato fatto in questi anni e cercando di capire come si

sta muovendo uno dei soggetti istituzionali che, per quanto riguarda

l’Italia, sarà maggiormente coinvolto dai cambiamenti.

102

4.2 Le azioni della Regione Veneto

L’analisi di una Regione italiana ci sembra interessante per capire quali

possano essere i filoni di attività che tale soggetto istituzionale può

intraprendere a fronte delle nuove sfide in ambito sanitario. Si è deciso di

analizzare la Regione Veneto anzitutto perché regione di appartenza, e in

secondo luogo poiché nell’analisi del Mattone Internazionale tale Regione

è stata scelta come soggetto leader, e ciò fa presupporre che, in tale

territorio, ci sia un’attenzione particolare alla tematica.

Nel Piano Socio Sanitario Regionale51 2012-2014, nella parte che si occupa

delle relazioni socio sanitarie internazionali, si legge che

la strategia regionale per il confronto europeo internazionale risponde

all’obiettivo di migliorare la competitività del SSSR, in un contesto europeo

dove Regioni e Stati membri sono sempre più interdipendenti. In questa

prospettiva l’attenzione alle politiche di salute pubblica e di welfare

dell’Unione Europea (UE), l’attenzione all’integrazione del SSSR con le aree

transfrontaliere, lo sviluppo dell’innovazione e della ricerca in campo

biomedico e nella e-health permetteranno alla Regione di saper competere

con i migliori sistemi socio-sanitari internazionali, a tutto vantaggio della

qualità dei servizi erogati52.

In questa breve introduzione si coglie la consapevolezza di un’attività che

vede il soggetto regionale impegnato, anche in materia sanitaria, a livello

comunitario ed anzi la necessità che questo aspetto vada incrementato e

migliorato.

Per approfondire la tematica abbiamo intervistato il Dr. Massimo

Mirandola, Dirigente del Servizio Relazioni Socio-Sanitarie della Segreteria

Regionale per la sanità della Regione del Veneto. Il Dr. Mirandola,

51 Approvato con Dgr 15/DDL del 26 luglio 2011. 52 Piano Socio Sanitario Regionale 2012-2014, Regione del Veneto, punto 2.5.

103

Direttore inoltre del Coordinamento Regionale per il Management e la

Progettazione Europea (CReMPE), ci ha delineato il percorso e la struttura

della progettazione europea in materia sanitaria nella Regione Veneto.

Considerando assodata l’importanza della partecipazione della Regione a

tale livello di governance nella materia sanitaria e la strategicità di

partecipazione alla ricerca finanziata, abbiamo cercato di capire quali siano

le azioni concrete che in tale Regione sono state messe in atto su questi

aspetti. Il Dr. Mirandola ci ha spiegato che fino a qualche anno fa la

Regione Veneto, come tutte le altre in Italia, si è sempre occupata

direttamente della progettualità europea. Ciò ha determinato il fatto che

tale soggetto abbia gestito quasi in toto le attività di tipo burocratico,

finanziario, organizzativo e di management che la presentazione di un

progetto internazionale richiede. Una delle problematiche che, tuttavia,

caratterizza l’Italia nel panorama comunitario in ambito di presentazione di

progettualità, è spesso la preparazione non sufficiente dei soggetti

deputati a “confezionare” il progetto stesso. Si è rilevato infatti in molti

anni di esperienza, che progettualità molto valide dal punto di vista

sostanziale, in alcuni casi migliori di quelle presentate da altri paesi, siano

state scartate o non considerate per motivazioni tecnico burocratiche. Non

va sottovalutato infatti come, nel percorso di concessione dei fondi di

finanziamento europeo, le condizioni poste dalle istituzioni comunitarie

siano tanto precise quanto intransigenti e necessitino di rigoroso rispetto

per essere accolte. Prima della valutazione53, viene verificata l’elegibilità

della proposta ovvero la rispondenza del progetto ai criteri richiesti: il

rispetto dei termini, la completezza della documentazione, il fatto che il

budget richiesto sia entro i limiti e i soggetti coinvolti. Accertata la

53 Tali informazioni, illustrate dal Dr. Mirandola, vengono integrate con una presentazione effettuata dal Dr. Gianluca Quaglio, DG RTD della Commissione Europea, ad un Convegno organizzato il 4 dicembre 2008 dal titolo “Ricerca Sanitaria nell’Unione Europea”.

104

correttezza di quello che potremmo definire l’aspetto burocratico, viene

valutata la qualità tecnica della proposta ovvero la qualità scientifica,

l’efficienza nella realizzazione, l’aderenza alla call, lo sviluppo delle

conoscenze, il livello dei partecipanti, la struttura organizzativa di

sostegno, solo per citare alcuni parametri. Appare chiaro che diventa

fondamentale che la prima parte sia gestita correttamente. L’esperienza di

cui ci parla il Dr. Mirandola mette in luce come nel tempo la Regione fosse

diventata l’unico soggetto che presentasse proposte, in mancanza di altri

soggetti con sufficiente competenza e struttura adeguata. Spesso anche i

progetti della Regione non sono stati accettati per problematiche

burocratiche. Ciò ha spinto la Regione stessa, in funzione proprio

dell’importanza che si ritiene rivesta tale ambito, a proporre un modello

diverso che attualmente non possiede nessun’ altra Regione italiana. E’

stato istituito il Coordinamento Regionale per il Management e la

Progettazione Europea (CReMPE) con l’obiettivo di migliorare il processo di

progettazione a livello europeo in materia sanitaria. Ciò che caratterizza

questa scelta è da un lato la necessità di migliorare la gestione diretta da

parte dei soggetti partner (Aziende Ospedaliere o ULSS del territorio)

coinvolti nelle proposte, dall’altro quello di investire nella diffusione della

competenza a livello territoriale, per permettere ai soggetti interessati di

proporsi direttamente alle istituzioni comunitarie. Il CReMPE, che il Dr.

Mirandola definisce il vero progetto di investimento nel territorio e la reale

specificità della Regione Veneto, nasce dalle criticità emerse nel classico

percorso che vede la Regione in prima linea nella progettualità europea,

anche quando i soggetti coinvolti sono i più diversi. Nella Delibera di

istituzione54 si precisa infatti che il fatto che la Regione Veneto abbia

partecipato ai progetti in ambito sanitario e sociale direttamente, in qualità

54 Deliberazioni della Giunta Regionale del Veneto n. 758 del 07 giugno 2011.

105

di leader o partner, ha messo in luce alcune criticità: il successivo

passaggio alle Aziende ULSS o Aziende Ospedaliere della realizzazione

operativa e scientifica ha richiesto tempi burocratici amministrativi per il

trasferimento delle competenze, comportando possibili ritardi; la

separazione tra il soggetto che riceve il finanziamento e chi

operativamente lo mette in opera determina incertezza. Ciò che si vuole

dunque creare è un centro che permetta l’assistenza ai soggetti deputati

alla presentazione dei progetti, ma che si occupi soprattutto di formazione

sul territorio, in modo che tali soggetti, al bisogno, e se interessati, siano

sufficientemente autonomi per rispondere ai requisiti comunitari da ogni

punto di vista. Nella stessa Delibera di istituzione si precisa che «la

presenza di un Coordinamento permetterà la formazione di un pool di

persone in grado di rispondere con efficienza ed efficacia a quanto

previsto dagli standard amministrativo-procedurali presenti nella

progettazione europea, consentendo così al personale regionale e delle

aziende sanitarie coinvolto nei progetti di dedicarsi esclusivamente alle

rilevanti attività scientifiche e socio-sanitarie previste negli stessi».

L’attività del CReMPE è dunque soprattutto un’attività di formazione

specifica; attraverso la costruzione di competenza diffusa nel territorio ci

può essere una diffusione capillare anche della progettualità che non passi

necessariamente attraverso la Regione. Il Centro ha inoltre elaborato

quello che il Dr. Mirandola definisce il Modello Veneto ovvero un gruppo di

lavoro per ogni progetto comunitario che vede la presenza di almeno tre

professionalità: un project manager, una figura amministrativa di supporto

e un professionista competente nella materia trattata dal progetto;

ognuna di tali figure deve essere formata negli aspetti di propria

competenza per far in modo che le progettualità, in molti casi validissime

dal punto di vista sostanziale, non vengano rifiutate per problematiche

burocratiche o viceversa. Il Dr. Mirandola è infatti fortemente convinto che

non vadano preparati i medici o professionalità deputate ad avere altre

106

competenze a migliorare l’aspetto burocratico, ma vadano formate

persone ad hoc che, in un lavoro di gruppo, contribuiscano a creare una

squadra che permetta il successo del progetto. E’ in quest’ottica che

l’attività formativa del Centro Regionale è orientata a corsi soprattutto

pratici, che identifichino esattamente le azioni ed operazioni da effettuarsi

in caso di elaborazione di un progetto europeo. Tale modello si ispira a ciò

che è stato fatto a livello internazionale dall’ Executive Agency for Health

and Consumers (EAHC) che si occupa di management e progettazione

europea nell’ambito della Strategia elaborata dalla Commissione. Il

CReMPE non nasce dunque con l’ottica di gestire direttamente la

progettualità, ma di fornire gli strumenti a figure professionali che

diventino competenti in materia. Ciò non significa che il Coordinamento

non si occupi di progettualità, anzi; tra le attività dello stesso vi è anzitutto

quella di portare a termine i progetti che vedono la Regione Veneto

impegnata come leader o partner diretto ed inoltre quella di fornire

assistenza nel caso in cui soggetti deputati a farlo lo richiedano. Vi sono

inoltre progettualità specifiche a cui solo il soggetto istituzionale Regione

può partecipare e che vengono seguiti dal CReMPE. Il Coordinamento, in

ogni caso, nasce con un obiettivo di ampio respiro e con l’intenzione di

svilupparlo nel lungo periodo.

Mantenendo il focus sull’attività che si è sviluppata in materia nella

Regione Veneto, merita menzione un progetto recente e specifico: il

progetto HoNCAB. Il progetto nasce in sede regionale e viene

successivamente affidato all’Azienda Ospedaliera Integrata di Verona che,

ad oggi, lo segue completamente. Presso tale sede è stato nominato il

Responsabile Scientifico nella persona del Dr. Pier Paolo Benetollo, e sono

stati individuati il Team Management ed il Team Scientifico. Abbiamo

avuto modo di incontrare parte dello staff che ci ha illustrato le

caratteristiche del progetto; abbiamo intervistato la Dr.ssa Alessandra

Napoletano, Financial Officer di HONCAB e il Dr. Lorenzo Gangitano,

107

supporter amministrativo del progetto. Abbiamo inoltre incontrato il Dr.

Ranieri Poli, project manager di HONCAB. Tutti e tre fanno parte del Team

Management.

Tale progetto si inserisce nel Secondo Programma d’Azione Comunitaria in

materia di salute 2008-2013, nell’area che cerca di migliorare

l’informazione e le conoscenze per promuovere la salute pubblica e i

sistemi sanitari. Viene approvato con atto della Commissione Europea

(C(2011)7195 del 4.10.2011) diventando operativo dal 1 settembre 2012.

Ha durata di 36 mesi e consta di un budget complessivo di circa €

1.346.306 forniti da finanziamento europeo per circa mezzo milione di

euro (39%), da finanziamento nazionale per circa il 20% (270.000) e

sostenuti dall’Azienda Ospedaliera Integrata di Verona per la parte

rimanente.

Il progetto si pone come obiettivo generale quello di creare una rete di

ospedali per la raccolta e lo scambio di informazioni sugli aspetti

amministrativi (pagamento e rimborso) delle prestazioni sanitarie dei

pazienti transfontalieri. E’ un progetto che si inserisce completamente nel

percorso che obbliga gli Stati nazionali a recepire la Direttiva 2011/24/UE

e che ha creato una doppia esigenza: da un lato la Commissione ha la

necessità di raccogliere informazioni e dati per capire di più, e meglio,

l’impatto di questa Direttiva sull’organizzazione dei sistemi sanitari;

dall’altro gli Stati stessi si ritrovano nella necessità di attuare al meglio, e

Figura 4.1 Approvazione del progetto HONCAB da parte della Comunità Europea COMMISSION IMPLEMENTING DECISION of 4.10.2011 on the awarding of grants for proposals for 2011 under the second Health Programme (2008-2013)

108

possibilmente in modo coordinato, delle indicazioni che incideranno

notevolmente sulla propria organizzazione. Va ricordato che HONCAB non

è l’unico progetto che si occupa di questo aspetto e, come abbiamo visto

dal paragrafo precedente, a livello nazionale si inserisce in un percorso già

attivo anche su altri fronti. Ci sembra interessante tuttavia analizzarne

rapidamente i contenuti.

Partendo dall’obiettivo generale, in HONCAB sono stati definite 6

specifiche azioni che si traducono in altrettanti Work Package55:

- WP 4 Scambio di informazioni relative a tutti gli aspetti delle spese e

dei servizi;

- WP 5 Raccolta di informazioni dai pazienti;

- WP 6 Creazione di una rete di ospedali;

- WP 7 Confronto tra le tariffe;

- WP 8 Indagine delle esperienze esistenti nell’aspetto delle cure

transfontaliere;

- WP 9 Produzione di raccomandazioni sull’applicazione della Direttiva

2011/24/UE a partire da Ottobre 2013.

Il WP 4 mira a costruire un sistema di raccolta delle informazioni relative

agli specifici aspetti di spesa utilizzati dalle diverse strutture sanitarie; ciò

permetterà di raccogliere i dati tra i diversi soggetti della rete e costruire

successivamente uno strumento di analisi per la gestione dei flussi

finanziari.

Il WP 5 si concentra sulla costruzione di un questionario che verrà

somministrato presso tutte le strutture coinvolte e permetterà la raccolta

di una serie di informazioni dai pazienti.

Il WP 6 mira a costruire una rete solida di ospedali che possa metterli in

comunicazione e ne permetta il mantenimento anche successivamente alla

55 I primi tre Work Package sono quelli comuni a tutti i progetti comunitari: Coordination, Dissemination, Evaluation.

109

conclusione del progetto.

Il WP 7 prevede uno studio approfondito dei DRG che permetta di arrivare

ad identificare un tariffario omogeneo.

Il WP 8 effettua studi di caso sulle esperienze di cure transfontaliere per

analizzarne le caratteristiche e poter avere una base di studio da

approfondire.

Il WP 9 mira invece a creare linee guida omogenee affinchè i diversi

soggetti coinvolti nell’imminente processo delle cure transfontaliere

possano avere a disposizione gli stessi strumenti operativi, elaborati alla

luce delle informazioni raccolte negli altri WP.

I paesi partner sono Austria, Belgio, Francia, Germania, Grecia, Italia,

Ungheria e Slovenia. L’Azienda Ospedaliera di Verona, oltre a seguire il WP

1 che riguarda il coordinamento, si occuperà del WP 4 che mira ad

approfondire le caratteristiche tecniche che incidono nei flussi economici

conseguenti alla mobilità transfontaliera dei pazienti.

Il progetto è molto recente ed è dunque ancora nella fase di

organizzazione delle attività; al di là dei dettagli tecnici, che ovviamente

sarebbe molto interessante approfondire, è utile mettere in evidenza come

questo progetto sia l’esempio della summa di tutte le nozioni analizzate in

questo lavoro. Rappresenta indubbiamente un’azione di politica sanitaria

che si inserisce in un contesto territoriale locale, quale il Veneto, che

interagisce con soggetti internazionali con l’obiettivo di costruire un

network, alla luce di cambiamenti non più gestibili dalle singole realtà

locali o anche solo nazionali. Condensa la teoria della Strategia

Comunitaria con l’aspetto pratico della progettazione europea mettendo in

luce quali siano le opportunità, ma anche le sfide, dei soggetti che nel

campo sanitario ricoprono un ruolo determinante.

110

111

CONCLUSIONI

Il lavoro svolto ha preso in considerazione diversi ambiti correlati alla

tutela della salute, analizzandoli sotto diversi punti di vista e osservandoli

a livello transnazionale. Il quesito di ricerca iniziale, legato all’esistenza o

meno di una politica sanitaria a livello comunitario, ci ha portato ad

individuare una serie di argomenti d’indagine utili per approfondire quali

siano i percorsi di sviluppo che tale settore ha intrapreso oltre il livello

nazionale. L’obiettivo era cercare di capire se l’esistenza di una serie di

processi e di azioni nel settore considerato si possano considerare come

organicamente inseriti in una strategia o siano semplicemente risposte a

necessità che si sono presentate in modo non prevedibile.

Il settore della sanità rappresenta un ambito delicato, da un lato poiché

garantisce la tutela di un diritto fondamentale, la salute, dall’altro poiché la

struttura dell’organizzazione di tutela è storicamente legata a parametri

culturali territorialmente identificabili. Nel nostro lavoro abbiamo avuto

modo di vedere come, nello stesso panorama europeo, l’organizzazione

dei sistemi sanitari si strutturi con caratteristiche diverse e come il legame

con il territorio di appartenenza sia giustificato da diverse motivazioni

ragionevoli. La tutela della salute rimane infatti, anche giuridicamente, un

ambito di esclusiva competenza degli Stati membri; anzi, su questo

aspetto si è rilevata una forte determinazione, da parte degli Stati, di

mantenere un controllo sull’organizzazione di tale settore, anche alla luce

dell’impatto economico che tale area mantiene sui bilanci nazionali. Si è

osservato, tuttavia, un percorso, condotto a vari livelli, che abbraccia il

settore salute attraverso vari strumenti, da quelli di pura programmazione

a quelli normativi, da azioni mirate, a progetti di più ampio respiro. E’ su

questo che ci si è concentrati, per cercare di capire che tipo di processo si

sta sviluppando, come si collegano le diverse attività tra loro e come la

diversa natura stessa delle azioni possa essere letta in un unico panorama.

112

Se i concetti di integrazione negativa e integrazione positiva56 possono

essere osservati come un continuum di un percorso, si potrebbe dire che

ci troviamo nella fase di passaggio tra l’uno e l’altro, permanendo

comunque la possibilità che vi sia sempre un’intersezione tra questi due

approcci.

Nei capitoli precedenti è stato illustrato un insieme di attività in materia

sanitaria che si sono lentamente integrate in una strategia ben definita. Se

il nostro obiettivo è capire se tali azioni o tale strategia possono essere

definite una policy a tutti gli effetti, è necessario adottare un approccio

mirato che non può essere che quello dell’analisi delle politiche pubbliche,

per cercare di capire se siano presenti i parametri che permettono di

parlare di una sviluppata politica sanitaria comunitaria, o se le azioni

intraprese rappresentino semplicemente la risposta all’emergere di bisogni

ed esigenze non trascurabili, senza essere inserite in un quadro più

organico.

La UE è parte di un sistema di policy-making che registra combinazioni

variabili di attori e istituzioni. Vi sono ambiti di politica pubblica in cui la UE

esercita un ruolo limitato e ambiti di politica pubblica in cui esercita un

ruolo esteso. Il punto è che essa esercita comunque un ruolo nella

generalità dei problemi di politica pubblica dei suoi paesi membri.57

Partendo da questo spunto di Fabbrini e Morata, è interessante capire

quale sia il contributo dell’UE in materia sanitaria, se vi sia la possibilità di

definire le azioni che abbiamo analizzato come l’insieme di un progetto di

policy che, al di là del livello più o meno limitato, si stia comunque

sviluppando.

56 Con integrazione negativa si intendono quelle azioni che mirano a rimuovere gli ostacoli che impediscono lo sviluppo di un’azione; con integrazione positiva si intende, invece, un processo di vera e propria costruzione di un percorso comune, su vari ambiti e con vari strumenti. 57 Fabbrini, Morata, (2002) L’Unione Europea. Le politiche pubbliche, pag. 338.

113

La costruzione delle politiche europee presenta caratteristiche diverse dal

percorso tradizionale delle politiche nazionali; il sistema stesso di

governance europeo rappresenta, da questo punto di vista, un modello

differente poiché non risponde ai tradizionali circuiti della democrazia, pur

essendo diventato un’arena di costruzione di policies determinanti ed in

costante aumento.

La metafora delle reti sembra adattarsi particolarmente al modello

decisionale comunitario, nel quale la mancanza di una chiara leadership è

alla base di una combinazione di procedure formali e informali di

mediazione tra i rappresentanti pubblici, da un lato, e tra questi ultimi e i

rappresentanti degli interessi privati, dall’altro lato. In tal senso, le reti

politiche dell’Europa comunitaria sono state definite come “miscugli ibridi di

attori e di sistemi di relazioni nazionali, sovranazionali, intergovernative,

transgovernative e transnazionali”.58

E’ indubbio che la costruzione delle politiche pubbliche a livello europeo

assume caratteristiche e modalità differenti da quelle nazionali59, anche

solo per il fatto di rappresentare un livello superiore che, delle dinamiche

nazionali, deve tenere conto. Si ritiene, tuttavia, che considerare il modello

classico del policy making possa, in questo contesto, esserre utile; in

letteratura il policy making tradizionale viene identificato come il

susseguirsi di alcune fasi che vedono coinvolti diversi attori, determinando

precisi outputs a fronte di bisogni che emergono nella materia

considerata. Il ciclo logico di una politica pubblica si caratterizza,

solitamente, per le seguenti fasi:

1. identificazione di un problema (definizione dell’ agenda setting);

58 Ivi, pag. 10. 59 Fabbrini e Morata parlano delle diverse modalità del policy making europeo identificandone almeno cinque: la modalità comunitaria, la modalità regolativa, la modalità multilivello, la modalità del coordinamento ed infine la modalità intergovernativa. Gli autori specificano inoltre che una stessa policy può essere perseguita con modalità diverse in tempi diversi. Ivi pag. 341 e seguenti.

114

2. formulazione di una soluzione;

3. adozione di una decisione;

4. attuazione della decisione;

5. valutazione dei risultati;

6. continuazione/sospensione delle politiche.

Tale percorso teorico vede coinvolti diversi attori che rappresentano gli

stakeholders del settore, dagli attori politici e istituzionali a quelli

amministrativi, a quelli privati (intesi come gruppi di interesse, lobby,

associazioni di rappresentanza o movimenti specifici).

Il nostro lavoro ci ha permesso di analizzare un percorso in materia

sanitaria che, se pur può non aver seguito esattamente le fasi

classicamente conosciute, possiede le caratteristiche di una policy a tutti

gli effetti. L’obiettivo non è analizzare le modalità con cui si sono

sviluppate le diverse azioni, se hanno seguito un iter piuttosto che un

altro; l’obiettivo è capire se, alla luce di quelle che sono tecnicamente le

caratteristiche di una policy si possa individuare in materia sanitaria una

politica comunitaria. La risposta, alla luce dei dati esposti nei precedenti

capitoli, appare positiva, poiché sono presenti non solo tutti gli elementi

che, con combinazioni diverse, vanno a costituire una policy completa, ma

anche un percorso che si sta sviluppando in materia; tale cammino

sembra inoltre aver generato diversi effetti in modo diffuso, e soprattutto

appare in espansione, non in contrazione, nonostante, dal punto di vista

giuridico, rimanga un ambito di competenza nazionale. Sono emersi dei

bisogni in materia sanitaria, e si è resa palese la necessità di gestirli a

livello sovranazionale; sono presenti attori istituzionali e non istituzionali

che si muovono sul filone del settore salute; sono state elaborate soluzioni

ed azioni per i problemi individuati e lo sviluppo è stato incrementale:

partendo da azioni specifiche e scollegate tra loro, si è definita

successivamente una strategia di lungo periodo che ha inglobato le

diverse azioni intraprese. Si è sviluppata normativa in materia che è

115

andata, ed andrà, ad agire in modo più approfondito sui sistemi sanitari

nazionali, determinando, inevitabilmente, una modifica della struttura

esistente. Non c’è dubbio che si tratta di uno sviluppo di policy nuovo e

recente e dunque una sua valutazione, nonché un’osservazione dettagliata

che esamina qualitativamente gli outputs, risulta prematura e in questo

caso anche un po’ ambiziosa; ma ciò che il nostro studio intende far

emergere è la nascita di questa policy. Determinarne il livello di maturità,

e quindi di solidità, rappresenta senz’altro uno sviluppo fondamentale

dell’analisi, ma il punto di partenza è necessariamente stabilire che una

politica sanitaria comunitaria esiste, si è sviluppata ed è destinata ad

evolversi ulteriormente. Va altresì sottolineato come tale tipo di

espansione sia avvenuto in una materia che rimane tuttora di competenza

nazionale. Si assiste dunque ad un fenomeno interessante, ovvero un

percorso di integrazione in un ambito che, nella suddivisione delle

competenze, permane tutt’oggi in capo agli Stati membri, ma su cui

comunque si rileva la necessità di un percorso comune.

Si potrebbe dire che la materia sanitaria, in termini di problematiche da

affrontare, si sia europeizzata, europeizzando anche l’attività in

quest’ambito. Si parla sempre di più di europeizzazione, scegliendo tale

punto di vista come criterio per osservare le politiche comunitarie e

allargare gli aspetti in esame, non limitandosi più solo alle istituzioni o al

processo di elaborazione delle politiche stesse. L’approccio dell’analisi

politica che utilizza il concetto dell’europeizzazione consente di osservare i

fenomeni non solo rispetto alle policies, alle diverse fasi di costruzione

delle stesse piuttosto che ai contenuti, quanto alle modalità e ai

cambiamenti che queste determinano sugli Stati membri riguardo aspetti

non semplicemente normativi. Graziano60 approfondisce l’argomento

60 Graziano P., (2004), Europeizzazione e politiche pubbliche italiane. Coesione e lavoro a confronto, Bologna, Il Mulino, capitolo I.

116

sottolineando come l’utilizzo del concetto di europeizzazione, per l’analisi

politica, permetta una serie di vantaggi, ma non sia scevro da insidie: tale

approccio permette di focalizzare l’attenzione sulla crescente

interdipendenza tra l’evoluzione delle politiche pubbliche europee e quelle

nazionali; permette di osservare non più solo la fase ascendente delle

policies, ma anche, e soprattutto, la fase discendente ovvero l’impatto sul

sistema politico-istituzionale dei paesi membri; l’analisi si sposta dal

momento della formulazione alle fasi di attuazione e agli effetti di tale

attuazione, osservando le diverse modalità attraverso cui gli Stati

rispondono, e cercando di capire quali siano i fattori che influenzano tali

diverse modalità o i diversi effetti ottenuti.

Il concetto di europeizzazione non è tuttavia univoco; si sono elaborate

diverse definizioni che rispondono a visioni anche molto differenti del

fenomeno; come esistono diverse modalità attraverso cui si attuano i

differenti meccanismi di europeizzazione. Ci interessa qui riportare, più

che le definizioni o le diverse modalità di influenza, un concetto elaborato

da Graziano, secondo cui il punto determinante per osservare gli effetti di

europeizzazione è la congruenza della politica comunitaria con la politica

nazionale nello stesso ambito; il diverso livello di fit (congruenza) o misfit

(incongruenza) determina effetti diversi sui risultati di policy.

L’elaborazione di una politica comunitaria determina senza dubbio

modifiche nelle politiche nazionali; la tesi di Graziano è che il punto di

partenza, in termini di differenza o di similitudine nei diversi aspetti che

costituiscono una politica pubblica (principi, obiettivi, procedure e

strumenti), influenzino i risultati ottenuti sul cambiamento. «Se vi è

congruenza di policy vi sarà continuità di policy e le nuove politiche

verranno incorporate nell’impianto di policy nazionale. Invece, se vi è

incongruenza di policy, allora le modalità di adattamento potranno […]

117

assumere le seguenti forme: resistenza […], assorbimento […],

trasformazione»61.

In materia sanitaria appare evidente che sarà inevitabile un effetto di

europeizzazione. L’analisi svolta ha messo in luce le scelte fatte fino ad

oggi nel campo della tutela della salute a livello comunitario ma ha

permesso, con l’analisi di un caso regionale, di verificare che i

cambiamenti a livello nazionale e locale saranno necessari. Le sfide che si

presentano ai diversi soggetti istituzionali sono molteplici e si traducono in

indispensabili cambiamenti strutturali ed organizzativi che richiederanno

altrettanto inevitabili trasformazioni culturali e di approccio.

L’analisi della Direttiva presa in considerazione, ha permesso di osservare

come viene richiesto un adattamento istituzionale sugli aspetti della

mobilità transfontaliera; la sfida, in questo caso, è rappresentata dalle

modalità con cui i diversi sistemi nazionali e locali si adatteranno. Vi è una

sorta di europeizzazione del paziente, della necessità di garantire la tutela

della salute; ma su questo aspetto sembra ci sia stata una sorta di

occasione mancata. L’adattamento da parte degli Stati potrebbe

influenzare il fenomeno della mobilità; se già esisteva, attraverso i

regolamenti citati nel capitolo III, una tutela per il cittadino europeo che si

muove in territorio comunitario per ragioni ben definite, il valore aggiunto

della Direttiva poteva essere quella di creare appunto il concetto di

paziente europeo, scollegandolo dal concetto di assistito europeo62.

Dall’intervista con il Dr. Acquaviva sembra emergere una difficoltà in

questo senso, poiché la tutela garantita dalla Direttiva è comunque legata

al fatto di possedere una copertura assistenziale nel proprio territorio di

61 Ivi, pag. 22. 62

Con assistito si intende ogni cittadino che nel proprio territorio di residenza gode della copertura sanitaria e, in base ai criteri che ogni Stato definisce, possiede la tessera sanitaria europea che gli permette di essere coperto e garantito su tutto il territorio comunitario.

118

residenza. Osservare, dunque, il fenomeno di europeizzazione in materia

sanitaria è un aspetto interessante per cercare di capire come si sviluppino

i cambiamenti che le diverse azioni mettono in campo. L’esistenza di una

politica comunitaria in una determinata materia o la scelta di alcuni

strumenti di attuazione piuttosto che altri non sono garanzia di risultato; in

materia sanitaria utilizzare l’ottica dell’europeizzazione può essere un

valido strumento per osservare gli effetti di tale policy. Anche l’intervista

con la Dr.ssa Leonardini ha messo in luce come in Italia il fermento

incanalato nel Mattone Internazionale fosse già presente, già sviluppato e

dimostri quindi che c’era un’attività ed un interesse già attivo presso le

istituzioni locali e nazionali. Ciò ad indicare che spesso esiste già capitale

sociale che va incanalato nel giusto percorso, ma il risultato di tale

processo di indirizzo del fermento va successivamente analizzato alla luce

degli obiettivi che si erano identificati.

Sul fenomeno dunque dell’ europeizzazione, in materia sanitaria, sarebbe

interessante sviluppare un’analisi più approfondita per osservare gli effetti

della policy comunitaria e se le conseguenze innescate si limitino a

mutamenti istituzionali o coinvolgano anche mutamenti di policy

nazionale.

Se il concetto di europeizzazione viene utilizzato come punto di

osservazione dei cambiamenti sul livello nazionale, può essere

interessante capire se lo stesso può interpretarsi anche come percorso di

costruzione della cittadinanza europea. Europeizzazione, dunque, come

costruzione di un’identità europea, come costruzione di uno spazio

pubblico comune che condivide non solo un territorio geografico.

In quest’ottica l’elaborazione di una politica comunitaria in materia

sanitaria può rappresentare uno strumento, non un obiettivo; può

diventare un mezzo attraverso cui garantire una copertura del diritto alla

salute con pari valore e pari livello su tutto il territorio comunitario,

determinando così, in un settore molto delicato, lo spostamento dei confini

119

dal livello nazionale a quello sovranazionale.

La Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea all’art. 35 si occupa

della protezione della salute prevedendo che «ogni individuo ha il diritto di

accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle

condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali. Nella definizione e

nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione è garantito un

livello elevato di protezione della salute umana». Vi è, dunque, una

sensibilità, non solo rispetto alla necessità di garantire un’ampia tutela, ma

anche di garantirla trasversalmente, in tutte le policies. Il percorso della

Carta dei diritti si allinea in modo naturale all’esigenza di costruire un

terreno comune in termini di valori ed in termini di tutela sociale; ma

abbiamo anche notato come un percorso imposto dall’alto, senza tener

conto dell’esistenza di un terreno comune di condivisione, non ottenga un

buon risultato. Se l’obiettivo dell’integrazione europea è la costruzione di

un’unione politica, se uno dei mezzi attraverso cui costruirla è

l’elaborazione di una Costituzione, il percorso indispensabile diventa,

anche, l’elaborazione di un sentimento europeo basato sulle esigenze

quotidiane dei cittadini. E’ necessario che il territorio comunitario venga

percepito come differente per taluni aspetti, ma omogeneo per altri aspetti

determinanti; è importante che si avvii un percorso che parte dal basso su

tutti i temi sociali, compresa la salute, e che permetta di non percepire la

difficoltà di cura presso Stati membri diversi dal proprio. Il futuro

permetterà una maggiore mobilità delle persone, lo sviluppo di un mercato

del lavoro sempre più ampio avrà come conseguenza generazioni che

vivranno come naturale lo spostamento tra i diversi paesi comunitari; è

importante affiancare a questa realtà la costruzione di garanzie e tutele ad

ampio raggio, per non inficiare la positività di questi fenomeni. Anche su

questo aspetto è difficile dare delle risposte, ma è interessante effettuare

una riflessione; capire se il progetto di costruzione di una strategia

sanitaria a livello europeo non possa far parte di una più ampia visione

120

che, partendo dalla tutela dei diritti, costruisca un sentimento comune

necessario al percorso di integrazione politica è un ulteriore percorso di

analisi che sarebbe interessante approfondire. Tale tipo di approccio

potrebbe diventare un nuovo strumento attraverso cui la Comunità

Europea procede su un terreno complicato quale quello dell’unità politica e

potrebbe rappresentare un esperimento di successo nel lungo periodo.

Le conclusioni di questo lavoro si trasformano dunque in nuove domande

e possibilità di approfondimento: esiste una policy comunitaria in materia

sanitaria e possiede caratteristiche sempre più definite; analizzarne le

peculiarità secondo i parametri della letteratura specialistica, osservarne

gli effetti in termini di europeizzazione piuttosto che cercare di capire se

rientri in una strategia più ampia per la costruzione di un sentimento di

cittadinanza europea, sono filoni di ricerca che rimangono aperti

all’approfondimento e su cui sarebbe interessante proseguire l’analisi.

121

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INTERVISTE EFFETTUATE: Dr.ssa Alessandra Napoletano Financial Officer Progetto HONCAB Azienda Ospedaliera Integrata di Verona Dr.ssa Chiara Marinacci Ufficio X, SiVeAS Dipartimento della programmazione e dell’ordinamento del Servizio sanitario nazionale - Direzione Generale della Programmazione Sanitaria Ministero della Salute Dr.ssa Lisa Leonardini Project Manager Progetto Mattone Internazionale Azienda ULSS 10 San Donà di Piave Dr.ssa Lorenza Chiarot Staff Progetto Mattone Internazionale Azienda ULSS 10 San Donà di Piave Dr. Lorenzo Gangitano Supporter amministrativo Progetto HONCAB Azienda Ospedaliera Integrata di Verona Dr. Massimo Mirandola Dirigente del Servizio Relazioni Socio-Sanitarie della Segreteria Regionale per la sanità della Regione del Veneto e Direttore del CReMPE Dr. Sergio Acquaviva Direttore Ufficio II Uffici ex Direzione generale dei Rapporti con l’Unione Europea e per i Rapporti internazionali Dipartimento della programmazione e dell’ordinamento del Servizio sanitario nazionale - Direzione Generale della Programmazione Sanitaria Ministero della Salute

127

Ringraziamenti Questo lavoro è, per me, il risultato di un obiettivo posto e raggiunto nonostante il tempo, i sacrifici e le rinunce. Come per ogni risultato, non è mai il frutto solo di se stessi ma di tutto ciò che ci sta attorno e di tutti coloro che ci circondano. Ogni persona, in questi anni, ha avuto al mio fianco un ruolo diverso, ma comunque fondamentale perché io oggi sia la persona che sono, con pregi e difetti, e per poter annoverare anche questo momento come una tappa importante del mio percorso. I miei genitori e mia sorella sono le persone che sempre hanno un posto speciale nel mio cuore e che non finirò mai di ringraziare per tante cose. Gli amici cari sono le persone che ritrovi sempre al tuo fianco e a volte mi stupisco di quanto sono fortunata nell’aver incontrato delle persone vere, di questi tempi non è facile: a Ilenia, Giulia, Tiziana, Silvia, Michele, Gimmi, Adriano, Barbara va un grazie speciale per l’affetto che da anni mi regalano. Al mio gruppo di lavoro un grazie particolare perché con loro, nessuno escluso, sono cresciuta professionalmente ma soprattutto personalmente: Federica, il mio pilastro e braccio destro!!!, la coppia di Elise ... una forza della natura, Patty, Antonella, Silvana, Doriana, Paola .. le storiche .. e i miei punti fissi per imparare il lavoro, Fiorenza, Giovanna, Roberta, Stefania, Elisabetta … arrivi più recenti ma come se ci fossero state sempre e l’area maschile Thomas, Claudio e Roberto, i nostri punti cardinali! E poi tutte le bimbe … le mie nipotine acquisite … e a cui voglio un bene dell’anima: Elly, la piccola Sara, Penelope, Lisa, Valentina e il bimbo/bimba in arrivo … il loro sorriso mi regala sempre una gioia senza pari. Un grazie anche a tutte le amicizie storiche e agli incontri casuali di questi anni che si sono trasformati in bei rapporti … troppi per citarli tutti … ma presenti nella mia quotidianità.