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Scuola specializzazione per le professioni legali Università degli Studi Federico II di Napoli Anno accademico 2008-2009 Modulo I anno II corso Procedimenti sommari Docente dott. Marcello Sinisi Decreto Ingiuntivo Riferimenti normativi: artt. 633//655 119 c.p.c. . Sommario: 1. Condizioni di ammissibilità. - 2. Prova scritta. - 2.1 Titoli di credito; 2.2 Estratti delle scritture contabili; 2.3 Fatture; 2.4 Parcelle spese. - 3. Prova scritta per i crediti dello Stato e degli enti pubblici; 4. Crediti degli istituti bancari, estratti conto e saldaconti; 4.1 Saggio degli interessi; 4.2 Capitalizzazione trimestrale. - 5. Giudice competente. - 6. Forma del ricorso. - 7. Accoglimento e rigetto del ricorso; 7.1 Esecuzione provvisoria; 7.2 Condominio negli edifici. - 8. Notificazione. - 9. Inefficacia del decreto; 9.1 Inefficacia del decreto per omessa o inesistente notificazione; 9.2 Inefficacia del decreto per tardività della notificazione; 9.3 Inefficacia del decreto per nullità della notificazione. - 10. Opposizione al decreto. - 11. Giudice competente per l’opposizione. - 12. Legittimazione attiva e passiva. - 13. Procura alla lite. – 14. Forma dell’opposizione. – 15. Notifica dell’opposizione; 15.1 Inammissibilità dell’opposizione: 15.2 Mancata opposizione e giudicato; 15.3 Omessa produzione del decreto opposto. - 16. Termini di comparizione e costituzione; 16.1 Esecutorietà del decreto; 16.2 Improcedibilità dell’opposizione. - 17. Procedimento. - 18. Rito del lavoro. - 19. Opposizione per crediti degli avvocati. - 20. Esecuzione provvisoria; 20.1 Sospensione dell’esecuzione provvisoria. - 21. Opposizione tardiva; 21.1 Caso fortuito e forza maggiore. - 22.Accoglimento dell’opposizione per difetto dei requisiti ab initio; 22.1 Accoglimento dell’opposizione per pagamento; 22.2 Accoglimento parziale; 22.3 Effetti dell’accoglimento sugli atti esecutivi. – 23. Rigetto dell’opposizione; 23.1 dichiarazione di esecutorietà ed esecuzione. - 24. Declaratoria di estinzione del processo e giudicato. - 25. Spese. - 26. Iscrizione d’ipoteca ed effetti del fallimento. - 27. Impugnazione. 1. Condizioni di ammissibilità Il diritto posto a base della domanda di ingiunzione deve consistere in un diritto di credito in senso lato, avente ad oggetto una somma liquida di denaro o una determinata quantità di cose fungibíli, ovvero in un diritto alla consegna di una cosa mobile determinata. (Cass.n.11332/2004) Quindi, è credito ogni diritto ad un’altrui prestazione (il che può verificarsi anche a seguito della violazione di un diritto reale, come nel caso del diritto alla restituzione della cosa propria), con esclusione dei crediti di fare e di non fare, dei crediti di rilascio di cose immobili e quelli aventi ad oggetto quantità non determinate di denaro ed altre cose mobili fungibili. Occorre però che si tratti di un credito tutelabile direttamente, senza la necessità di una preventiva pronuncia di un provvedimento di altro tipo. (Mandrioli). In caso di crediti di denaro, il credito deve essere liquido, cioè predeterminato nell'ammontare, senza alcuna possibilità di aggiunte o calcoli di alcun genere, per cui il creditore – secondo l’impostazione tradizionale, non può domandare il risarcimento del maggior danno derivatogli dal ritardo nell’adempimento, potendo avanzare tale richiesta, che integra un’emendatio libelli, solo nel successivo ed eventuale giudizio di opposizione (Cass. n.2106/93). Infatti, il danno da svalutazione non è automaticamente riconoscibile nè appare corretta la sua liquidazione in misura fissa, senza tener conto delle qualità e delle condizioni del creditore, che sono dati i quali possono essere forniti dall’interessato solo in giudizio (S.U.n.2368/86, Cass.n.7772/96). E ciò,

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Scuola specializzazione per le professioni legali Università degli Studi Federico II di Napoli

Anno accademico 2008-2009 Modulo I anno II corso Procedimenti sommari Docente dott. Marcello Sinisi

Decreto Ingiuntivo Riferimenti normativi: artt. 633//655 119 c.p.c. . Sommario: 1. Condizioni di ammissibilità. - 2. Prova scritta. - 2.1 Titoli di credito; 2.2 Estratti delle scritture contabili; 2.3 Fatture; 2.4 Parcelle spese. - 3. Prova scritta per i crediti dello Stato e degli enti pubblici; 4. Crediti degli istituti bancari, estratti conto e saldaconti; 4.1 Saggio degli interessi; 4.2 Capitalizzazione trimestrale. - 5. Giudice competente. - 6. Forma del ricorso. - 7. Accoglimento e rigetto del ricorso; 7.1 Esecuzione provvisoria; 7.2 Condominio negli edifici. - 8. Notificazione. - 9. Inefficacia del decreto; 9.1 Inefficacia del decreto per omessa o inesistente notificazione; 9.2 Inefficacia del decreto per tardività della notificazione; 9.3 Inefficacia del decreto per nullità della notificazione. -10. Opposizione al decreto. - 11. Giudice competente per l’opposizione. - 12. Legittimazione attiva e passiva. - 13. Procura alla lite. – 14. Forma dell’opposizione. – 15. Notifica dell’opposizione; 15.1 Inammissibilità dell’opposizione: 15.2 Mancata opposizione e giudicato; 15.3 Omessa produzione del decreto opposto. - 16. Termini di comparizione e costituzione; 16.1 Esecutorietà del decreto; 16.2 Improcedibilità dell’opposizione. - 17. Procedimento. - 18. Rito del lavoro. - 19. Opposizione per crediti degli avvocati. - 20. Esecuzione provvisoria; 20.1 Sospensione dell’esecuzione provvisoria. - 21. Opposizione tardiva; 21.1 Caso fortuito e forza maggiore. - 22.Accoglimento dell’opposizione per difetto dei requisiti ab initio; 22.1 Accoglimento dell’opposizione per pagamento; 22.2 Accoglimento parziale; 22.3 Effetti dell’accoglimento sugli atti esecutivi. – 23. Rigetto dell’opposizione; 23.1 dichiarazione di esecutorietà ed esecuzione. - 24. Declaratoria di estinzione del processo e giudicato. - 25. Spese. - 26. Iscrizione d’ipoteca ed effetti del fallimento. - 27. Impugnazione. 1. Condizioni di ammissibilità Il diritto posto a base della domanda di ingiunzione deve consistere in un diritto di credito in senso lato, avente ad oggetto una somma liquida di denaro o una determinata quantità di cose fungibíli, ovvero in un diritto alla consegna di una cosa mobile determinata. (Cass.n.11332/2004) Quindi, è credito ogni diritto ad un’altrui prestazione (il che può verificarsi anche a seguito della violazione di un diritto reale, come nel caso del diritto alla restituzione della cosa propria), con esclusione dei crediti di fare e di non fare, dei crediti di rilascio di cose immobili e quelli aventi ad oggetto quantità non determinate di denaro ed altre cose mobili fungibili. Occorre però che si tratti di un credito tutelabile direttamente, senza la necessità di una preventiva pronuncia di un provvedimento di altro tipo. (Mandrioli). In caso di crediti di denaro, il credito deve essere liquido, cioè predeterminato nell'ammontare, senza alcuna possibilità di aggiunte o calcoli di alcun genere, per cui il creditore – secondo l’impostazione tradizionale, non può domandare il risarcimento del maggior danno derivatogli dal ritardo nell’adempimento, potendo avanzare tale richiesta, che integra un’emendatio libelli, solo nel successivo ed eventuale giudizio di opposizione (Cass. n.2106/93). Infatti, il danno da svalutazione non è automaticamente riconoscibile nè appare corretta la sua liquidazione in misura fissa, senza tener conto delle qualità e delle condizioni del creditore, che sono dati i quali possono essere forniti dall’interessato solo in giudizio (S.U.n.2368/86, Cass.n.7772/96). E ciò,

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diversamente a quanto accade in tema di crediti di lavoro, vedi infra. Tuttavia l’orientamento appena delineato potrebbe mutare a seguito di Cass. S.U. 19499/2008 la quale ha riconosciuto a qualunque creditore il diritto ad ottenere il risarcimento del maggior danno nella misura della svalutazione monetaria e/o al tasso BOT annuale qualora eccedente il tasso legale codicistico a semplice richiesta senza necessità di alcuna prova particolare. Nè può essere considerato liquido il credito derivante da una pronuncia costitutiva di risoluzione di un contratto. E’ stato invece considerato ammissibile il ricorso per somme dovute a titolo di risarcimento di danni quantificati contrattualmente, come nel caso di caparra confirmatoria o di una penale, se il pagamento consegue all’esercizio di un diritto potestativo del ricorrente e non da una pronuncia giudiziale di accertamento dell’inadempimento (Cass.n. 5677/81). Il credito deve essere inoltre esigibile, come si può desumere dall’onere del ricorrente, se il credito dipende da una controprestazione o da una condizione sospensiva, di offrire elementi idonei a far presumere l’adempimento o l’avveramento della condizione (Satta). In caso di diritto dipendente da controprestazione, è sufficiente provare l'esistenza dell'obbligazione a carico del debitore ed offrire elementi indiziari in ordine all’adempimento dell'obbligazione propria. (Cass. n.330/71) L’esigenza che l’ingiunzione si riferisca necessariamente ad un credito scaduto comporta, nel caso di previsione di un termine a favore del debitore, l’onere per il creditore di provare, con atto scritto, la decadenza dell’ingiunto dal beneficio del termine. Ma, nel caso previsto dall’art.658 c.p.c., l’ingiunzione può essere pronunciata per espressa previsione dell’art.664 c.p.c. anche per il pagamento dei canoni di locazione da scadere, oltre quelli scaduti (Cass. n.11834/91). Ove il locatore trattenga la somma ricevuta a titolo di deposito cauzionale anche dopo il rilascio dell’immobile da parte del conduttore, senza proporre domanda giudiziale per l’attribuzione della stessa, in tutto o in parte, a copertura di specifici danni subiti, il conduttore può chiedere ed ottenere il d.i., trattandosi di credito liquido ed esigibile (Cass.n. 4725/89). E’ ammesso il ricorso alla tutela monitoria ex art. 633 e ss. c.p.c. in materia di crediti di lavoro, nonché di crediti derivanti da omesso versamento di contributi agli enti di previdenza e assistenza (Cass.n.7060/91): la relativa competenza spetta al giudice del lavoro. Il lavoratore non può richiedere d.i. nei confronti del datore di lavoro, avvalendosi del dispositivo della sentenza di condanna in suo danno, poichè questo già costituisce titolo esecutivo per la realizzazione del credito (Cass.n. 1376/88), così come non costituisce titolo per l’ingiunzione l’ordinanza con la quale ai sensi dell’art.708 c.p.c. vengono dati i provvedimenti temporanei ed urgenti di contenuto patrimoniale nell’interesse dei coniugi e della prole, trattandosi di provvedimento che può essere oggetto di esame solo nel contesto del procedimento cui accede (Cass.n. 4722/91). In tema di crediti di lavoro, la rivalutazione monetaria prevista dagli artt.429 co.3 e 150 disp.att. c.p.c. è partecipe sulla natura retributiva dei crediti stessi (S.U. n.5441/91) e può essere chiesta anche separatamente ove il datore di lavoro abbia adempiuto tardivamente il solo credito originario (S.U. n 1148/84). In conseguenza di compromesso per arbitrato irrituale, l’improponibilità della domanda è rilevabile esclusivamente a seguito di eccezione di parte convenuta (Cass. n. 3246/89). Posto che il termine “consegna” contenuto nell’art.633 c.p.c. richiama un diritto derivante da un rapporto obbligatorio e non già reale, l’ipotesi della consegna di cosa mobile determinata va riferita alle sole prestazionì dì dare che costituiscono il contenuto di un rapporto obbligatorio (Cass. n 5957/78). E’ dunque proponibile nelle forme dei procedimento monitorio la domanda diretta a far valere la restituzione del bene oggetto di un contratto di vendita con riserva di proprietà, nei confronti dell'acquirente inadempiente (Cass. n.12654/91) mentre è invece inammissibile l’azione di rivendica di cosa mobile (Cass. n. 3690/74). Parimenti, il decreto è stato concesso per ottenere la restituzione immediata del bene nell’ipotesi di leasing finanziario (Cass.n.2083/92, n.6357/91). Secondo la giurisprudenza di merito l’ordine impartito ad una banca diretto a far ottenere ad un curatore fallimentare copia degli estratti conto relativi ai rapporti intrattenuti con l’istituto di credito dall’impresa fallità può essere oggetto di d.i. (Trib. Milano 21-6-96). Il creditore, che abbia già ottenuto sentenza di condanna del debitore, non può per difetto di interesse, rilevabile anche d’ufficio, chiedere un decreto ingiuntivo contro il medesimo debitore, per lo stesso titolo ed oggetto (Cass.n. 65525/97). Invero, prima del passaggio in giudicato della sentenza, sussistono gli estremi della litispendenza mentre dopo il passaggio in giudicato la domanda incontra ostacolo nel divieto di reiterazione della domanda di condanna (Cass.n.9903/2000). Ma qualora la condanna sia al pagamento di una somma non direttamente determinata nella sentenza e per

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la liquidazione della quale sono necessari elementi estranei al giudizio concluso e non predeterminati per legge, può far ricorso al procedimento monitorio, nel cui ambito la sentenza è utilizzabile come prova scritta dell’esistenza del credito (Cass.n. 1741/96). Analogamente, il creditore può richiedere un ulteriore d.i. contro il medesimo debitore, per lo stesso titolo e lo stesso oggetto, quante volte tale domanda si palesi ammissibile per essere la situazione giuridica fatta valere, la quale non abbia già trovato esaustiva tutela, suscettibile di permettere il conseguimento di un ulteriore utile rispetto alla lesione denunciata (Cass.n.135/2001) Un provvedimento monitorio non può neppure essere fondato su una sentenza di condanna, non ancora passata in giudicato, perchè in tal caso si verificherebbe un’ipotesi di litispendenza. Ma la sentenza di condanna generica, che non può consentire l’azione esecutiva nè è suscettibile di far sorgere gli estremi della litispendenza o continenza di cause, deve ritenersi invece prova scritta idonea all’emissione del d.i in considerazione della diversità del petitum rispetto all’azione monitoria (Cass.n.4368/93, n.6874/88). Al creditore garantito da pegno non è precluso richiedere ulteriormente un decreto ingiuntivo, essendogli consentito di munirsi di un titolo esecutivo e di sottoporre a pignoramento altri beni del debitore, al fine di realizzare per intero il soddisfacimento del credito, purchè sottoponga ad esecuzione anche il bene gravato da pegno ex art.2911 c.c. (arg. da Cass.9512/93). Il d.i. è ammissibile contro la P.A negli stessi limiti in cui è ammissibile un'ordinaria azione di condanna (Cass. n. 542/74). In base alla previsione dell’ultimo comma dell’art.633 c.p.c. la possibilità di notificare il provvedimento nel territorio dello Stato costituiva un presupposto di ammissibilità dell’ingiunzione. La Corte Costituzionale aveva dichiarato manifestamente infondata la questione di costituzionalità della disposizione (Corte Cost. 364/89 e 80/98), mentre la Corte di giustizia della CEE aveva ritenuto che i giudici italiani avrebbero dovuto disapplicare la norma perchè in contrasto con la finalità internazionale di incentivare gli scambi internazionali (sent.13 luglio 1995 causa c.474/93). La questione deve ritenersi ormai risolta perché la disposizione dell’art.633 ult.comma c.p.c. è stato di recente abrogato per effetto dell’art.9 Dlgs 231/2002 – Il procedimento presenta un contraddittorio eventuale e differito ed al giudice viene richiesto di emettere un provvedimento di condanna inaudita altera parte. Ammessa in ipotesi l'esistenza di un litisconsorzio necessario, non è configurabile un dovere del giudice di ordinare l'integrazione del contraddittorio anteriormente alla pronuncia della decisione (Cass. n.2377/77). 2. Prova scritta

Ai fini della prova richiesta dalla legge per l'emissione del decreto ingiuntivo e' sufficiente qualsiasi documento di sicura autenticita', da cui risulti con certezza l'esistenza del diritto di credito fatto valere (Cass.n.9232/2000, n.4638/2001). Non rileva pertanto se il documento sia privo di efficacia probatoria assoluta, purchè il giudice lo ritenga meritevole di fede quanto ad autenticità ed efficacia probatoria (Cass. n.1479/76, n.5572/79, 6879/94 n.12388/2000), fermo restando che la completezza della documentazione va accertata nel successivo giudizio di opposizione a cognizione piena, nel quale il creditore può fornire nuove prove (Cass.n.14363/2001) e integrare le precedenti con efficacia retroattiva (Cass.n. 2924/97, n.13429/2000).

Il documento può essere proveniente non solo dal debitore ma anche da un terzo, ove sia idoneo a dimostrare l’esistenza del diritto di credito fatto valere in giudizio (Cass.n.10830/2004, n.4974/2000, n.1342/70, n.1449/76, n.1625/76, contra Cass.n.720/87, secondo cui nessuna valenza probatoria può essere riconosciuta alla scrittura non sottoscritta dal presunto debitore). Inoltre, deve ritenersi sufficiente anche la prova indiretta, come avviene nel caso in cui il fatto rappresentato sia idoneo a dimostrare induttivamente e presuntivamente i fatti costitutivi del diritto di credito del ricorrente (Cass.n.386/71).

Anche la sentenza di condanna generica, inidonea "ex se" a fondare l'azione esecutiva in ordine ad una determinata pretesa, e' utilizzabile come atto scritto idoneo a dimostrare l'esistenza del credito fatto valere, la prova del cui ammontare ben puo' essere desunta da un diverso documento.(Cass.n.9685/2000, n. 8915/2003). Analogamente, il locatore che abbia ottenuto

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sentenza di determinazione di equo canone, può sulla base della medesima chiedere ingiunzione di pagamento della differenza tra tale canone e quello pagato (Cass.n.577/2005) Ove il documento sia sottoscritto dal debitore, come avviene di solito, la firma può essere anche abbreviata, con sigla, o a stampatello. Nè rileva che essa non sia autenticata o verificata giudizialmente. Se il documento è informatico occorre l’apposizione della firma digitale, risultato di una procedura informatica, secondo regole appositamente predisposte (cfr artt.1, 3, 5 e 10 D.P.R.n.513/97) Tra le prove scritte idonee ex art.634 c.p.c. rientrano i telegrammi, anche se non sottoscritti dal soggetto che li invia, poichè il legislatore, nel riconoscere ai telegrammi efficacia di scrittura privata ex art.2705 c.c., ha considerato l’ipotesi normale in cui essi provengano dall’apparente mittente (Cass.n.12128/92). Ovviamente, è salva la facoltà di contestazione nella successiva fase del procedimento monitorio. Tra le polizze rientrano la polizza di carico rilasciata dal vettore, la fede di deposito dei magazzini generali, la polizza dell’assicuratore ai fini del pagamento del premio o della rata scaduti ex art. 1901 c.c. Quanto alle promesse al pubblico, rientrano certamente anche quelle relative ai concorsi pubblicitari a premi, in cui la prova scritta può trarsi anche dal verbale notarile di estrazione a sorte dei premi. In ordine ai telefax, l’art.5 D.P.R. 513/97 ha previsto espressamente che il documento informatico con firma digitale ha l’efficacia della scrittura privata e che il documento informatico puro e semplice, munito dei requisiti prescritti dal regolamento, ha comunque l’efficacia probatoria, di cui all’art.2712 c.c - .Quanto alla e-mail, proveniente dal debitore, vedi la voce Prova, con riferimento al paragrafo riguardante i documenti informatici.

In caso di domanda di indebito può costituire prova scritta l’assegno che provi la dazione della somma richiesta in restituzione, accompagnato da un atto di diffida proveniente da controparte, dimostrativo della mancata conclusione del contratto, in vista del quale era stato consegnato l’assegno (Cass.n.8426/2003). Un lodo arbitrale irrituale, sebbene la sua validità sia oggetto di contestazione in un giudizio in corso, costituisce prova scritta idonea per l’emanazione di un d.i. (Cass.n. 5260/88). Altra prova scritta idonea è quella derivante dal verbale dell’assemblea condominiale sullo stato di ripartizione delle spese, adottato in sede di consuntivo ovvero, se non sia stato ancora approvato, in sede di preventivo (vedi infra il paragrafo 7.2). 2.1 Titoli di credito A parte l’azione in via esecutiva, il creditore cambiario può promuovere un giudizio di cognizione in via ordinaria oppure valersi del procedimento ingiuntivo, la cui utilità consiste nella possibilità di costituirsi un titolo immediato per iscrivere l’ipoteca giudiziale. Viene comunemente ammesso il concorso tra procedimento ingiuntivo e procedimento cambiario di esecuzione e possono aversi contemporanee opposizioni al decreto ingiuntivo e al precetto, in dipendenza dell’azione esecutiva, senza che si verifichi litispendenza (Messineo). Ove il credito si fondi su un assegno bancario, e' sufficiente invece, ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo, anche provvisoriamente esecutivo, la produzione di detto assegno in fotocopia.(Cass.n.12388/2000). La cambiale tratta non accettata non costituisce prova scritta sufficiente per l’emissione del decreto giacché per l'art. 33 della legge cambiaria soltanto con l'accettazione il trattario da semplice designato a pagare diventa obbligato principale. (Cass.n.11388/91) Anche quando siano privi dei requisiti ex artt. 2 r.d. 1669133 e 2 r.d. 1736/33, pur se invalidi, la cambiale e l'assegno bancario valgono comunque come promessa di pagamento ai sensi dell’art.1988 c.c. (Cass. n.6184/84). Anche la cambiale non piu' utilizzabile in via

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cartolare per l'intervenuta prescrizione dell'azione cambiaria, puo' valere come ordinaria promessa di pagamento per l'ammontare della somma indicata nel documento, con l'effetto di dispensare il creditore dall'onere della prova del rapporto fondamentale, fatta salva per il debitore la facolta' di dimostrare che il rapporto stesso e' stato invalidamente instaurato o che e' venuto meno. (Cass.n.8483/90, n.5304/78).

L’utilizzo della cambiale come promessa di pagamento implica l'esercizio dell'azione causale (Cass.n.1058/2001, n.3718/77, n.2383/75). Infatti, nella richiesta di d.i. in forza di un titolo scaduto è implicita la proposizione anche dell’azione causale, derivante dal rapporto sottostante mediante utilizzazione del titolo medesimo quale promessa di pagamento ai sensi dell’art.1988 cc (Cass.n.22898/2005). L’efficacia probatoria della promessa si esplica naturalmente solo nei rapporti tra emittente del titolo e prenditore oppure tra il giratario ed il proprio girante, appunto perché la dichiarazione rilasciata dal debitore è fondata su un rapporto causale preesistente, mentre non si esplica nei rapporti tra il portatore o il giratario e l’emittente o il traente, non sussistendo tra loro nessun rapporto obbligatorio all’atto dell’emissione del titolo (Cass.n.11388/91, n.3417/94).

Qualora l’azione causale sia esperita prima della prescrizione di quella cambiaria, la sua esperibilità nei confronti del girante è subordinata dall'art. 66 l.c. al compimento, da parte del giratario, degli atti necessari per la preservazione del regresso spettante al girante stesso (Cass. n.493/81) ma l’onere in parola, secondo cui il portatore non può esercitare l’azione causale se non offrendo al debitore la restituzione della cambiale, non e' riconducibile alla categoria dei presupposti processuali ovvero delle condizioni dell'azione, ma attiene ai requisiti per l'esame del merito della domanda e la sua inosservanza e' rilevabile solo su eccezione di parte, con la conseguenza che l'omesso deposito delle cambiali non impedisce l'emanazione del decreto ingiuntivo. (Cass.n.5086/2000).

Detto onere, necessario al fine di esperire l'azione causale, previsto per gli assegni dall'art. 58 r.d.n. 1736/33 (e, per le cambiali, dal corrispondente art. 66 r.d.n. 1669/33) e' assolto con l'inserimento del titolo nel fascicolo prodotto a corredo del ricorso per decreto ingiuntivo, stante il vincolo d'indisponibilita' previsto dagli artt. 641 e 643 c.p.c.sino alla scadenza del termine per l'eventuale opposizione. (Cass.n. 14688/2003, n.10836/2001, n.3389/73, n.5973/82, n.1508/72) ma comunque la sua inosservanza non rileva ove in corso di opposizione sopravvenga la prescrizione dell'azione cambiaria, implicando tale circostanza il venire meno del pericolo che il debitore sia tenuto a pagare due volte per lo stesso titolo.(Cass.n.1024/98). 2.2 Estratti delle scritture contabili In base all’art.2709 c.c. i libri e le altre scritture contabili delle imprese soggette a registrazione fanno prova in via di principio contro l’imprenditore e non in suo favore (Cass.n.1718/95). Ma anche se non hanno in via di principio valore di prova legale a favore dell'imprenditore che le ha redatte, la loro valutazione è comunque rimessa al libero apprezzamento del giudice, ai sensi dell'art. 116, co.1 c.p.c.(Cass.n.1715/2001). Il successivo art.2710 c.c. dispone invece che i libri bollati e vidimati nelle forme di legge quando sono regolarmente tenuti possono fare prova tra imprenditori per i rapporti inerenti all’esercizio dell’impresa. Tale norma trova applicazione anche nel caso in cui una delle parti sia stata dichiarata fallita, quando si tratta di provare un rapporto obbligatorio sorto in periodo antecedente alla dichiarazione di fallimento, riguardando la prova, anche in tal caso, un rapporto sorto tra imprenditori e non tra il curatore e l'imprenditore "in bonis". (Cass.n.5529/2001). Per contro, la disposizione in parola non trova applicazione nei confronti del curatore del fallimento il quale agisca nella sua funzione di gestione del patrimonio del fallito, non potendo egli, in tale sua veste, essere annoverato tra i soggetti considerati nella norma in questione (Cass.n.352/99). Con riferimento all’emissione dei decreti ingiuntivi l’art.634 c.p.c., in deroga alle regole

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probatorie indicate, dispone espressamente che, relativamente a crediti per somministrazione di merci e di denaro, gli estratti autentici di scritture contabili bollate e vidimate, nonché di scritture contabili prescritte dalle leggi tributarie, ancorchè non soggette obbligatoriamente a bollature e vidimazione, come gli estratti di c.c. presso banche private, purché regolarmente tenute, costituiscono prova scritta a favore di un imprenditore anche nei rapporti con chi non è imprenditore. (Cass.n.6660/82) e non esercita l'attività commerciale, ponendosi la citata disposizione dell'art. 634 come norma speciale rispetto a quella dell'art. 2710 c.c. (Cass.n.11613/92 in ordine ai registri delle fatture preveduti dall'art. 22 del D.P.R. 633/72). Deve segnalarsi infine che, a seguito della modifica introdotta dall'art. 8 co.3 D.L. 432/95, convertito nella L.534/95, l'art. 634 co.2 c.p.c. prevede che le scritture contabili dell'imprenditore costituiscono prova scritta idonea all'emissione del decreto ingiuntivo anche per i crediti relativi alle prestazioni di servizi. Tale modifica ha carattere innovativo e, dunque, ha efficacia solo per il futuro e non è applicabile ai decreti emanati prima della sua entrata in vigore.(Cass.n.195/99) Per un approfondimento vedi anche la voce Prova par.4 2.3 Fatture

Ai fini dell’emissione del decreto ingiuntivo, le fatture commerciali rappresentano documenti di sicura autenticità e di intrinseca legalità, capaci, ancorchè non provenienti dal debitore e, anzi, di unilaterale formazione a opera della stessa parte che intende giovarsene, di far risultare con certezza la sussistenza del credito azionato (Cass.n.14363/2001). Così, anche le copie di fatture commerciali, se estratte in forma autentica da una regolare copia fattura, sono considerate prove scritte idonee per l’emissione di un decreto ingiuntivo (Cass.n.3090/79, .n.1469/2002) Non incide sulla qualità di prova scritta nè la mancata indicazione su di esse degli estremi della bolla di accompagnamento nè la circostanza che siano esibite in fotocopia, atteso che la copia fotografica è documento idoneo all’emissione del decreto ingiuntivo, salva restando nel giudizio di opposizione la contestazione della conformità all’originale ed il disconoscimento (Cass.n.8383/2001, n.8398/2001).

Esse però hanno valore esclusivamente nella fase monitoria del procedimento, mentre nel giudizio di opposizione ed in ogni altro giudizio, essendo documenti forniti dalla parte che se ne avvale, non possono costituire prova in favore della stessa nè determinano inversione dell’onere probatorio nel caso in cui la parte contro cui sono prodotte contesti il diritto, anche relativamente alla sua entità oltre che alla sua esistenza. (Cass. n.1469/2002, n.13222/2002, n. 3090/79, n.5573/97, n.8383/2001). Anche nei rapporti tra imprenditori, l’esibizione di fatture relative a eseguite prestazioni non prova automaticamente l’esistenza del preteso credito, che deriva soltanto dall’esatto adempimento delle prestazioni medesime (Cass.n.8664/2001) né rileva in senso contrario l’eventuale sottoscrizione di bolle di accompagnamento da parte del destinatario della merce, posto che esse si limitano a comprovare il fatto dell’avvenuta consegna ma non l’esistenza e la validità di alcun contratto tra le parti.. Invero, nell’ambito di un contratto a prestazioni corrispettive occorre provare da una parte il pattuito oggetto della prestazione e dall’altra la conformità ad esso di quanto prestato, per cui tale prova non può essere fornita con la produzione di una fattura o di una bolla di consegna in quanto detti documenti, avuto riguardo alla loro formazione unilaterale e a fronte della contestazione di controparte, non assurgono a prova del contratto e del suo contenuto (Cass.n.12518/2003).

Deve inoltre tenersi presente che la fattura prodotta dall'imprenditore nei confronti del cliente relativa alla fornitura di pezzi di ricambio ha valore, ai fini dell'emissione di un decreto ingiuntivo, solo con riferimento al credito vantato per detta fornitura, non rivestendo efficacia, ai fini della "prova scritta del credito" relativamente a quello per prestazione di servizi. (Cass.n.740/2000)

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La regola secondo cui la fattura non può costituire prova in favore della parte è applicabile solo nell’ipotesi in cui colui che produce le fatture sia anche il suo emittente sicchè esattamente il giudice del merito pone a fondamento della propria decisione, in ordine al quantum dei danni patiti dall’attore, fatture provenienti da terzi (Cass.n.1954/2003).

Avuto riguardo alla sua formazione unilaterale ed alla sua funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all’esecuzione di un contratto (come l’elenco delle merci, il loro prezzo, le modalità di pagamento ed altro), la fattura commerciale si inquadra fra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, consistendo nella dichiarazione indirizzata all’altra parte di fatti concernenti un rapporto già costituito. Ne deriva che, quando tale rapporto sia contestato, la fattura, benchè annotata nei libri obbligatori, non può assurgere a prova del negozio ma ne costituisce al più un mero indizio mentre nessun valore, neppure indiziario, le si può riconoscere in ordine alla rispondenza della prestazione eseguita rispetto a quella pattuita come agli altri elementi costitutivi del contratto (Cass.n.3188/2003, n.8126/2004).

Ne deriva che contro e in aggiunta al contenuto della fattura, sono ammissibili prove anche per testimoni dirette a dimostrare le convenzioni non risultanti dall’atto o sottostanti (Cass.n. 10160/99, n.12283/2000) mentre, ove la fattura sia accettata dal destinatario, essa svolge tra le parti la medesima efficacia probatoria della scrittura privata e la prova testimoniale contro o in aggiunta al contenuto di essa rimane preclusa con l’avvertimento che, tanto nel caso di accettazione quanto nel caso in cui il rapporto sia contestato, la fattura non può costituire prova di diritti ed obblighi di terzi estranei al rapporto contrattuale. (Cass.n.15847/2001) 2.4 Parcella spese Il parere dell'ordine professionale, anche se spesso viene portato a corredo della parcella spese, non è necessario quando il compenso sia predeterminato sulla base di una tariffa obbligatoria quale quella riguardante i diritti di procuratore stabiliti "ex lege" in misura fissa (Cass.n.1505/98). Limitandosi ad attestare la conformita' della parcella stessa alla tariffa legalmente approvata, il parere espresso dal competente consiglio è vincolante solo per la pronuncia del d.i. (Cass.n. 3972/97, n.7504/94), potendo il giudice della cognizione disattenderlo, anche se motivatamente (Cass.n.11222/97), tant’è che, ove se ne discosti, e' tenuto ad indicare, sia pure sommariamente, le voci per le quali ritiene il compenso non dovuto oppure dovuto in misura ridotta. (Cass.n.13743/2002)

La parcella delle spese, anche se corredata del parere del competente ordine professionale, consistendo in una semplice dichiarazione unilaterale del professionista stesso, costituisce pertanto soltanto un titolo idoneo per l’emissione del d.i. ma non ha valore probatorio dell'effettiva esecuzione della prestazione, in essa indicata, nel giudizio di opposizione (Cass.n. 1889/95, n.5887/2006), in cui spetta al professionista fornire gli elementi dimostrativi della sua pretesa (834 Cass.n. 1513/97, n.7476/97, n.5887/2006), provando sia l’an del credito vantato sia l’entità delle prestazioni eseguite al fine di consentire la determinazione quantitativa del suo compenso (Cass.n.9254/2006). Ne consegue che la presunzione di veridicita' da cui e' assistita la parcella riconosciuta conforme alla tariffa non esclude ne' inverte l'onere probatorio che incombe sul professionista creditore - ed attore in senso sostanziale - sia quanto alle prestazioni effettivamente eseguite che quanto alla misura degli importi richiesti.(Cass.n. 5321/2003), non essendo il Consiglio dell’ordine tenuto a svolgere indagini sull’efficacia delle obbligazioni assunte dalle parti e sul loro esatto adempimento (Cass.n. 384/82) La contestazione mossa dell'opponente circa la pretesa fatta valere dall'opposto non deve necessariamente avere carattere specifico perché sorga a carico del professionista l’onere di provare i propri assunti, essendo invece sufficiente una contestazione anche di carattere generico ad investire il giudice del potere - dovere di dar corso alla verifica della fondatezza della contestazione e, correlativamente, a determinare l'onere probatorio a carico del professionista in ordine tanto

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all'attivita' svolta quanto alla corretta applicazione della pertinente tariffa. (Cass.n.14556/2004, n.10150/2003, n.13181/92, n.8724/93, n.942/95) 3. Prova scritta per i crediti dello Stato e degli enti pubblici. Per i crediti dello Stato, o di enti o istituti soggetti a tutela o vigilanza dello Stato la legge riconosce efficacia probatoria ai documenti provenienti dalla stessa parte che li produce, in considerazione della particolare attendibilità degli stessi. Infatti sono prove idonee anche i libri o registri dell’amministrazione, ove un competente funzionario ne attesti la conformità alle risultanze di quel libri e registri, regolarmente tenuti (Cass. n.1312/80). Analoga efficacia è attribuita agli accertamenti eseguiti dall’Ispettorato del lavoro o dai funzionari degli enti di previdenza e di assistenza in relazione ai crediti vantati per omissioni contributive.(Cass.n. 11900/2003) L’attestato scritto del direttore di una sede provinciale dell’INPS, riguardo all’ammontare dei contributi dovuti da un datore di lavoro, costituisce prova idonea all'emissione di decreto ingiuntivo (Cass.n. n.5361/2001, n.10104/96) ed il ricorso proposto dall'INPS per il recupero di contributi può essere redatto anche in modo sommario, purche' accompagnato da uno dei documenti previsti dagli artt. 634 e ss c.p.c. nè puo' rilevarsi alcuna irritualita', nel caso di mancata indicazione delle causali specifiche dei contributi richiesti, ove il ricorso sia suffragato dalla dichiarazione del funzionario dell'ente.(Cass.n.3591/2000).Nel corso del giudizio di opposizione possono essere quindi prodotti dall’istituto opposto eventuali altri documenti atti a provare l’esistenza del credito azionato (Cass.n.3846/2005). Sono altresì prove idonee gli accertamenti eseguiti dai funzionari degli enti previdenziali per i crediti derivanti da omesso versamento dei contributi, anche se l’efficacia di prova scritta vale ai fini dell’ammissibilità dell’ingiunzione ma non rende incontestabile la pretesa dedotta da quegli accertamenti, (Cass.n. 243/2003, n.3102/80); l'attestazione del direttore della sede provinciale dell''INAIL, i verbali di accertamento redatti dall'Ispettorato del lavoro e i verbali di accertamento degli ispettori dell'INAIL, che possono fornire utili elementi di valutazione anche nell'eventuale, successivo giudizio di opposizione pur non essendo forniti di completa efficacia probatoria, in ordine alle circostanze di fatto che essi segnalino di aver accertato nel corso dell'inchiesta per averle apprese da terzi. (Cass.n. 12227/2004, n. 11900/2003, n. 3223/80), e che possono essere ovviamente contraddetti dalla prova contraria dell’interessato, degradandosi perciò a semplici indizi per quanto riguarda le circostanze di fatto accertate in base alle dichiarazioni di terze persone o in virtù di altre indagini (Cass.n.3148/85). La nozione di prova scritta ricomprende anche l’ipotesi del c.d. attestato di credito della Siae, che viene emesso, ai sensi del regolamento di cui al Rd n.1369/42, senza alcun riferimento all’appostazione eventuale del credito corrispondente nelle scritture contabili dell’ente. E’ sufficiente che esso indichi i periodi cui le singole utilizzazioni si riferiscono, perchè possa giustificarsi la domanda di tutela monitoria, ai sensi dell’art.635 c.p.c. (Cass.n.8860/2001) 4. Crediti degli Istituti bancari, estratti conto e saldaconti Prima dell’entrata in vigore del D.lgs 385/1993, la giurisprudenza aveva affermato che l'art. 102 della legge bancaria 38/141, che accorda agli istituti ivi previsti la possibilità di chiedere il decreto ingiuntivo anche in base all'estratto dei loro salda-conti, certificato conforme alle scritture contabili da uno dei dirigenti, aveva carattere estensivo e non limitativo delle facoltà degli istituti, i quali, rinunciando ad avvalersi della disposizione speciale, potevano sempre produrre a sostegno della domanda di ingiunzione la prova scritta richiesta in via generale dall'art. 634 c.p.c.

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(Cass.n.2336/80). Successivamente, l’art.50 D.lgs sopracitato ha espressamente concesso a tutte le banche, e non solo alla Banca di Italia, alle banche di interesse nazionale ed alle Casse di Risparmio, cui si riferisce l’art.102 della legge n.141/1938, la facoltà di ottenere un decreto di ingiunzione sulla base di estratti conto. Questi ultimi, come è noto, sono documenti contabili, che attestano tutti i movimenti del conto con l’annotazione degli addebiti, accrediti, bonifici, interessi attivi e passivi, diritti di commissione, spese, ritenute fiscali, e con l’indicazione del saldo risultante dopo la compensazione, mentre gli estratti dei saldaconti sono soltanto documenti dichiarativi del credito finale della banca verso il correntista, depurato di spese, commissioni, interessi, accompagnato da un’attestazione, da parte di un dirigente della banca, di conformità di essi alle scritture e dalla dichiarazione di verità e liquidità del credito.

A riguardo, la giurisprudenza ha statuito che le risultanze del saldo conto sono assistite da una presunzione di veridicità, e pertanto, ove il debitore principale sia decaduto, a norma dell'art. 1832 c.c., dal diritto di impugnare i relativi estratti, esse legittimano la emissione di un decreto ingiuntivo a carico del fideiussore del correntista e, nell'eventuale giudizio di opposizione, hanno efficacia fino a prova contraria anche nei confronti dello stesso. (Cass. n.5675/2001). Occorre però avvertire che, secondo la giurisprudenza prevalente, il valore probatorio dell’estratto dei saldaconti è limitato, ai sensi dell’art.102 citato, al procedimento monitorio - nel corso del quale esonera l'istituto di emissione nonchè le banche di interesse nazionale e le casse di risparmio dalle formalità ordinariamente richieste per l'ottenimento dell'ingiunzione di pagamento in base a documenti provenienti dallo stesso imprenditore istante – senza estendersi al susseguente procedimento di opposizione ed in genere agli ordinari giudizi di cognizione nei quali il detto documento può assumere rilievo solo come elemento indiziario. Al contrario, l’estratto conto ha un’efficacia probatoria piena (in caso di mancata contestazione nei termini), derivante dalla specifica previsione dell'art. 1832 c.c. (S.U. n. 6707/94, Cass.n. 3630/96, n.6860/99, n.5316/2004, n.7549/2005) 837 ed è idoneo a fungere da prova anche nel successivo giudizio di opposizione avverso il decreto emesso sulla base di esso (Cass.n.11749/2006). Tale orientamento è stato confermato di recente, statuendosi che la mancata efficacia probatoria - nel giudizio di opposizione- dei documenti prodotti in sede monitoria riguarda l’estratto di saldo conto ma non anche l’estratto di cc, idoneo a costituire piena prova del credito del saldo, in difetto di specifiche contestazioni del correntista (Cass.14044/08).

Le risultanze dell'estratto di conto corrente allegate a sostegno della domanda di pagamento del saldo legittimano l'emissione di decreto ingiuntivo, ed hanno efficacia fino a prova contraria nel relativo giudizio di opposizione, con la conseguenza che possono essere disattese solo in presenza di circostanziate contestazioni specifiche dirette contro determinate annotazioni, non gia' attraverso un nuovo rifiuto del conto o la generica affermazione di nulla dovere: a tal fine, e' irrilevante che dette risultanze non siano gia' state stragiudizialmente rese note al correntista, in quanto anche la produzione in giudizio costituisce trasmissione ai sensi dell'art. 1832 c.c. (Cass.n.9579/2000, 9008/2000, n.12169/2000). Il correntista non può limitarsi ad una generica affermazione di nulla dovere, o di dovere una somma inferiore, senza muovere addebiti specifici e circostanziati sulle singole poste dalle quali discende quel saldo, per cui la contabilita' tenuta dall'istituto di credito e comunicata in estratto comporta che tale contabilita' puo' costituire in tal caso prova del saldo attivo a favore della banca (Cass.n.14849/2000) A norma degli artt. 1832 e 1857 c.c., gli effetti dell'approvazione dell'estratto del conto corrente si producono in relazione a tutte le operazioni bancarie regolate nel conto stesso, con la conseguenza che una cassa di risparmio può chiedere l'emissione di un decreto ingiuntivo, anche in relazione al credito derivante da anticipazione su pegno di merci, regolata in conto corrente (Cass.n 9512/93). Gli estratti conto non contestati dal debitore costituiscono piena prova del credito della banca anche nei confronti del fideiussore, che non li abbia specificatamente contestati (Cass.n.6258/2002, n.5675/2001).

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L’istituto bancario, in caso di fallimento del correntista, non può pretendere però di opporre al curatore, stante la sua posizione di terzo, gli effetti che, "ex" art. 1832 c.c.., derivano, soltanto tra le parti del contratto, dall'approvazione anche tacita del conto e dalla decadenza dalle impugnazioni.(Cass.n.6465/2001)

Le comunicazioni al cliente sulla situazione finale del conto, inviate dalla banca allo scioglimento del rapporto ovvero alle scadenze periodiche contrattualmente previste, sono qualificabili come "estratti-conto di chiusura", ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 1832 co.2 c.c., ove non si limitino a contenere l'indicazione del saldo, con il calcolo delle spese e degli interessi, ma portino anche un preciso riferimento alle partite di dare ed avere che hanno condotto a quel risultato. Tale riproduzione di tutte le partite contabili non e', tuttavia, necessaria, ai fini indicati, quando l'estratto conto finale faccia seguito e richiami espressamente precedenti estratti parziali, inviati al cliente con l'indicazione di tutte le operazioni afferenti il relativo periodo. (Cass.n.9008/2000)

Ad ogni modo, l'incontestabilita' delle risultanze del conto conseguente all'approvazione tacita dell'estratto conto non impedisce la contestazione della validita' e dell'efficacia dei rapporti obbligatori da cui gli addebiti e gli accrediti derivino, ne' l'approvazione o la mancata impugnazione del conto comportano che il debito fondato su di un negozio nullo, annullabile, inefficace resti definitivamente incontestabile. (Cass.n.10186/2001, n.10129/2001). La mancata tempestiva contestazione dell'estratto conto trasmesso da una banca al cliente rende inoppugnabili gli accrediti e gli addebiti solo sotto il profilo meramente contabile, ma non sotto quelli della validità e dell'efficacia dei rapporti obbligatori dai quali le partite inserite nel conto derivano. Pertanto, i fideiussori non perdono il diritto di contestare il tasso applicato in concreto dall'istituto di credito, nel caso in cui essi adducano la violazione della clausola contrattuale che aveva posto a parametro di riferimento degli interessi ultralegali le condizioni praticate sulla piazza dalle altre aziende di credito. (Cass. n.1978/96) Occorre infine avvertire che il cliente della banca è titolare di un vero e proprio diritto alla documentazione, che trova fondamento, oltre che negli artt. 1374 e 1375 cod. civ., anche nell'art. 119 TU leggi bancarie, limitatamente agli ultimi dieci anni, indipendentemente dall'adempimento del dovere di informazione da parte della banca e anche dopo lo scioglimento del rapporto (Cass.n.12093/2001) 4.1 Tasso degli interessi Gli artt. 4 e 5 lett.a) della legge n.154/92, contenente le norme per la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, entrata in vigore il 9-7-1992, (e quindi l’art.117 co.7 lett.a) del d.leg.vo 385/93) hanno previsto che i contratti bancari devono indicare il tasso di interesse praticato, con espressa indicazione della possibilità di variare in senso sfavorevole al cliente il tasso di interesse e specifica approvazione della clausola; hanno inoltre sanzionato la nullità delle clausole di rinvio agli usi e di quelle prevedenti tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli resi pubblici; nelle ipotesi di nullità di cui all’art.4 co.4 legge n.154/92 nonché nei casi di mancanza di specifiche indicazioni, l’applicazione del tasso nominale minimo e di quello massimo dei Bot annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro del Tesoro, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive.

Trattandosi di norme a carattere non retroattivo, con riferimento al regime anteriore alla entrata in vigore della l. 17 febbraio 1992 n. 154, e del successivo t.u. sulla disciplina bancaria, la giurisprudenza di legittimità, dopo averne sostenuto la determinabilità, ha sanzionato di recente l’invalidità delle clausole che in conformità alla prassi bancaria vigente all’epoca determinavano l’ammontare degli interessi in misura pari alle condizioni praticate usualmente dalle aziende di credito sulla piazza, essendo tali clausole non sufficientemente univoche e non potendo quindi

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giustificare la pretesa al pagamento di interessi in misura superiore a quella legale. (Cass.n.11042/97, n.6247/98, n.7871/98, n.9465/2000).

La convenzione relativa alla determinazione degli interessi è validamente stipulata, in ossequio al disposto di cui all'art. 1284, comma 3, c.c., quando il relativo tasso risulti determinabile e controllabile in base a criteri in essa oggettivamente indicati e richiamati. Una clausola contenente un generico riferimento "alle condizioni usualmente praticate dalle aziende di credito sulla piazza" può, pertanto, ritenersi univoca se coordinata alla esistenza di vincolanti discipline fissate su larga scala nazionale con accordi di cartello, ma non anche quando tali accordi contengano riferimenti a diverse tipologie di tassi e non consentano, per la loro genericità, di stabilire a quale previsione le parti abbiano inteso fare concreto riferimento. Nel caso di rinvio agli usi di piazza, pertanto, è necessario accertare, con riferimento al singolo rapporto dedotto, secondo la disciplina del tempo se l'elemento estrinseco di riferimento permetta una sicura determinabilità della prestazione di interessi, pur nella variabilità dei tassi nel tempo, senza successive valutazioni discrezionali da parte della banca. (Cass. n.4696/98, n.5675/2001).

Quanto all’ipotesi di accordi di cartello interbancari diretti a fissare i tassi di interesse attivi e passivi in modo vincolante in ambito nazionale, la giurisprudenza ha statuito che la determinazione dei tassi di interesse mediante il rinvio agli accordi interbancari può essere ritenuta sufficiente soltanto quando detti accordi costituiscano fonti vincolanti e disciplinatrici del saggio nell'ambito nazionale non anche quando contemplino diverse tipologie di tassi o quando non forniscano alcun parametro centralizzato e vincolante (Cass. n.10129/2001). Una clausola contenente un generico riferimento "alle condizioni usualmente praticate dalle aziende di credito sulla piazza" può, pertanto, ritenersi valida ed univoca se il riferimento per relationem sia coordinato all’esistenza di vincolanti discipline del saggio, fissate su scala nazionale con accordi di cartello e non già ove tali accordi contengano diverse tipologie di tassi o non costituiscano più un parametro centralizzato e vincolante (Cass.n.13823/2002).

In senso contrario è stato ritenuto che non rileva la presenza degli accordi di cartello interbancari, atteso che tali accordi, se garantiscono l’obiettività del criterio di determinazione del tasso di interesse, debbono tuttavia ritenersi nulli in applicazione dell’art.2 legge 287/1990 – applicabile nei confronti delle aziende ed istituti di credito ai sensi del successivo art.20 - che vieta le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare la concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante (Cass.n.4490/2002).

La clausola che si limiti a far riferimento alle condizioni praticate usualmente alle aziende di credito sulla piazza è in ogni caso divenuta inoperante a partire dal 9 luglio 1992, data di entrata in vigore dell’indicato ius superveniens, atteso che la previsione imperativa da esso posta (art.4 legge 154/92 poi trasfuso nell’art.117 t.u. 385/93, che sancisce la nullità delle clausole di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse, se non incide sulla validità delle clausole inserite in contratti già conclusi, impedisce che esse possano produrre effetti nei rapporti ancora in corso (Cass.n.4490/2002). Ad un tal riguardo, per rapporti ancora in corso devono intendersi i rapporti, anteriormente costituiti, non ancora esauriti, alla data di inizio dell’operatività della norma sopravvenuta, per non avere il debitore indipendentemente dalla pregressa chiusura del conto corrente adempiuto alla propria obbligazione (Cass.n.13739/2003). Ai fini della validità di una pattuizione di interessi in misura superiore a quella legale è irrilevante che negli estratti conto inviati dalla Banca, e non contestati, siano state precisate le somme addebitate a titolo di interessi, superiori al tasso legale sulle somme utilizzate dal cliente in quanto l’atto scritto concernente la stipulazione degli interessi in misura superiore a quella legale è costitutivo del rapporto obbligatorio a norma dell’art.1284 cc per cui è privo di rilevanza giuridica il riconoscimento che di esso fa il debitore ex post (Cass.11466/08).

Alla questione fin qui trattata è ovviamente estranea la problematica relativa alla pattuizione di interessi a tasso usurario in tema di contratti di mutuo, a proposito della quale va ricordato che l’art.1 della legge 108/96 (c.d. legge antiusura), che prevede la fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti devono essere considerati usurari, riguarda sia gli interessi corrispettivi che gli interessi moratori, ma non si applica ai contratti contenenti tassi usurari

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stipulati prima della sua entrata in vigore se relativi a rapporti completamente esauriti al momento dell’entrata in vigore della legge (Cass.n.5324/2003). Al contrario, in presenza di un rapporto non ancora esaurito, per il perdurare dell'obbligazione di corrispondere, oltre che ai ratei di somma capitale anche gli interessi, il giudice adito è tenuto a verificare d'ufficio la sussistenza della clausola relativa agli interessi di un contratto di mutuo non ancora estinto. La pattuizione di interessi a tasso divenuto usurario a seguito della legge citata, illegittima anche se convenuta in epoca antecedente all’entrata in vigore della legge, comporta la sostituzione di un tasso diverso a quello divenuto usurario, limitatamente alla parte di rapporto non ancora esaurito a quella data (Cass.n.14899/2000).

Va infine segnalato che, al fine di determinare il momento cui riferire la valutazione del carattere usurario degli interessi occorre far riferimento alla disciplina varata dal d.l. 394/2000.

4.2 Capitalizzazione trimestrale Occorre sottolineare che la delibera del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio emanata il 9-2-2000, in esecuzione dell’art.120 co.2 d.lgsvo 385/1993, ha disposto la medesima periodicità nel conteggio degli interessi creditori e debitori nelle operazioni in conto corrente nonché il divieto di capitalizzazione periodica degli interessi contrattualmente stabiliti dopo la chiusura definitiva del conto corrente. E’ stato inoltre previsto che le clausole relative alla capitalizzazione devono essere specificamente approvate per iscritto. L’art.7 ha quindi disposto che le condizioni applicate sulla base dei contratti stipulati prima dell’entrata in vigore della delibera devono essere adeguate alle disposizioni in questa contenute entro il 30 giugno 2000 ed i relativi effetti si producono dal successivo 1-7-2000. Con riferimento alle sole clausole, già contenute nei contratti stipulati prima della delibera in parola e per il periodo fino al 30 giugno 2000, la giurisprudenza di legittimità, dopo un orientamento tralaticiamente ripetuto per molti anni, ha ritenuto in numerose decisioni la nullità delle clausole dei contratti bancari che prevedevano la capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito del cliente, essendo mere clausole d’uso, inidonee a legittimare l’anatocismo. Ciò, in quanto l’art.1283 ammette l’anatocismo solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi. La deroga al divieto è consentita solo in caso di usi contrari da identificarsi però in veri e propri usi normativi (artt.1 e 8 disp. sulla legge in generale) e non già in meri usi negoziali (art.1340 cc) o in meri usi interpretativi onde l’irrilevanza delle c.d. norme bancarie uniformi predisposte dall’A.B.I., aventi natura soltanto pattizia, trattandosi di condizioni generali di contratto indirizzate alle banche associate. (Cass.n. n.12507/99). Ha quindi aggiunto che il contratto di finanziamento intrattenuto dalla banca col cliente non poteva essere automaticamente integrato, ex art. 1374 c.c., dalla clausola corrispondente (Cass.n.3096/99, n.2374/99, n.12507/99), non essendo consentito il fenomeno dell’inserzione automatica ai sensi dell’art.1374 cc (Cass.n.8442/2002). E’ quindi intervenuto il D.lgs 342/99, il cui art.25 co.3, nell’intento di evitare un prevedibile diffuso contenzioso nei confronti degli istituti di credito (così Cass.n.21095/04 in motivazione), ha stabilito la validità e l’efficacia delle clausole relative alla produzione di interessi anatocistici, contenute nei contratti bancari stipulati anteriormente all’entrata in vigore della nuova disciplina. Tale norma è stata però dichiarata costituzionalmente illegittima per violazione dell’art.76, cioè per eccesso di delega, dalla Corte Costituzionale con sentenza n.425/2000. La Cassazione ha quindi ritenuto che le clausole anatocistiche stipulate in precedenza restassero disciplinate, secondo i principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, dalla normativa anteriormente in vigore, alla stregua della quale esse, basate su un uso negoziale anziché su una norma consuetudinaria, erano da considerare nulle perché stipulate in violazione dell’art.1283 cc (Cass.n.4490/2002, n.12222/2003, n.13739/2003). Di recente, le Sezioni Unite della Cassazione hanno infine statuito che le clausole di

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capitalizzazione trimestrale degli interessi configurano violazione del divieto di anatocismo, non rinvenendosi l’esistenza di usi normativi che soli potrebbero derogare al divieto imposto dall’art.1283 cc, neppure nei periodi anteriori al mutamento giurisprudenziale avvenuto nel 1999, non essendo idonea la contraria interpretazione giurisprudenziale seguita fino ad allora a conferire normatività ad una prassi negoziale che si è dimostrata essere contra legem (Sez.Un. n.21095/2004) ed hanno altresì affermato la rilevabilità d’ufficio della nullità delle clausole sulla base del principio per cui la nullità anche parziale del contratto posto a base della domanda può essere rilevata d’ufficio, anche per la prima volta in appello (in motivazione). 840 Successivamente, la giurisprudenza ha ribadito che le clausole dei contratti bancari che stabiliscono la capitalizzazione trimestrale degli interessi rispondono ad usi negoziali e pertanto sono nulle (Cass.n.11749/2006, n.19932/2006); che va esclusa la legittimità della capitalizzazione trimestrale stante l’inesistenza di un uso normativo idoneo a derogare al precetto di cui all’art.1283 cc (Cass.n.10376/2006.), e stante l’irrilevanza della precedente tesi giurisprudenziale, pur reiterata nel tempo, rivelatasi poi inesatta, nel ritenerne l’esistenza; che la nullità è rilevabile d’ufficio anche in appello essendo irrilevante l’assenza di una deduzione o di una tempestiva deduzione del profilo di invalidità da parte dell’interessato (Cass.11466/08) 5. Giudice competente Ai fini dell’individuazione del giudice competente ex art.5 c.p.c., occorre guardare alla data in cui il ricorso e i documenti sono stati depositati in cancelleria, coincidendo questo momento con quello della proposizione della domanda (Cass.n.7292/92), fatto salvo il differimento, al momento della notifica del ricorso e del decreto, degli altri effetti (interruzione della prescrizione, prevenzione ai fini della litispendenza e continenza) della pendenza della lite. (Cass.n.4904/98, n.8118/99, S.U.n.210/2001). Sul punto, vedi anche la voce Pendenza della lite. La domanda di ingiunzione va rivolta al giudice che sarebbe competente per la domanda proposta in via ordinaria. Non rileva quindi il fatto che sia stato adito con tale tipo di domanda come emerge dalla sua facoltà di rilevare il proprio difetto di competenza (Cass.6672/07). Circa la competenza per territorio, l’art.637 c.p.c., riferendosi al giudice che sarebbe competente per la domanda proposta in via ordinaria, richiama implicitamente, oltre le regole ordinarie di cui agli artt.18 e 19 c.p.c., anche quella dell’art.20 c.p.c., che per le cause relative a diritti di obbligazione stabilisce il foro facoltativo del luogo ove è sorta o deve eseguirsi l’obbligazione dedotta (Cass.n. 6430/84).

Qualora un assegno bancario sia privo del luogo di emissione, stante la sua nullità, può valere solo come promessa di pagamento ed essere utilizzato a supporto di un ricorso per ingiunzione. In tal caso, presumendosi iuris tantum il rapporto sottostante, il luogo di pagamento della somma di denaro (e conseguentemente il forum destinatae solutionis) va determinato a norma dell’art.1182 co.3 cpc e quindi nel domicilio del creditore al tempo della scadenza, con la conseguenza che territorialmente competente nell’azione monitoria è il giudice del domicilio del creditore (Cass.ord.n. 23410/2006 in motivazione) In tema di pagamento di somme da parte di un ente pubblico, in deroga alla regola sancita dall’art.1182 co.3 c.c., il luogo dell’adempimento è però quello in cui ha sede l’ufficio di tesoreria competente alla specifica spesa ovvero l’economo cassiere, in osservanza delle norme che regolano le modalità dei pagamenti a carico degli enti pubblici. Infatti, come è noto, ai sensi della normativa sulla contabilità generale dello Stato nonchè di quella contenuta nella legge comunale e provinciale i pagamenti delle spese vanno effettuati e riscossi presso l’amministrazione debitrice, cosicchè il locus destinatae solutionis, per le cause aventi ad oggetto pagamento di somme di denaro, è quello del luogo in cui ha sede l’ufficio di tesoreria dell’ente tenuto a procedere al relativo pagamento a seguito dell’esibizione di regolare mandato. E presso tale luogo viene quindi radicato il giudice territorialmente competente. (Cass.n.4356/83, n.2141/93 e molte altre). Il creditore, che intenda

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agire in giudizio per la tutela del suo credito, non perde il diritto di scelta tra il forum solutionis, che si radica nel luogo ove si trova la Tesoreria comunale, ed il forum contractus nel quale è sorta l’obbligazione (Cass.n. 80/1999, n.2141/96). Per i crediti riguardanti onorari per prestazioni giudiziali o stragiudiziali è competente anche il capo dell'ufficio giudiziario che ha deciso la causa alla quale il credito si riferisce. In particolare, gli avvocati possono altresì proporre domanda d'ingiunzione contro i propri clienti al giudice competente per valore del luogo dove ha sede l'associazione professionale alla quale sono iscritti. In tema di obbligazione cambiaria, l’ individuazione del giudice competente, in caso di decreto ingiuntivo richiesto dal creditore cambiario nei confronti dell'obbligato cambiario diretto, va effettuata con riferimento all'art. 44 del R.D.1669/33, senza che trovi applicazione il terzo comma dell'art. 1182 c.c. che prevede la competenza del giudice del luogo in cui il creditore ha il suo domicilio, atteso che l'inadempimento dell'obbligazione cambiaria consente al creditore di rivolgersi al giudice del luogo ove è sorta o dove deve eseguirsi l'obbligazione, mentre solo per gli obbligati di regresso, in difetto di diversa previsione, il forum destinatae solutionis va individuato nel domicilio del creditore. (Cass.n.9439/92). Il luogo dove l’obbligazione cambiaria è sorta è peraltro quello risultante dal titolo come luogo di emissione e pertanto competente ad emettere il d.i. è anche il giudice del luogo di emissione della cambiale stessa (Cass.n. 4235/94, n.2983/94, n.3542/81). Anche nel procedimento monitorio trova applicazione l’art.38 c.p.c. , per cui il giudice adito con il ricorso può rilevare d'ufficio la propria incompetenza per materia, valore e territorio inderogabile, mentre, quando si tratta di competenza per territorio derogabile, spetta all'ingiunto sollevare la relativa eccezione nel successivo atto di opposizione, indicando il giudice ritenuto competente (Cass.n.400/69, cfr anche Corte Cost. ord.218, 320 e 394/96, che ha dichiarato l’infondatezza della questione di illegittimità costituzionale, sollevata per violazione del principio del giudice naturale precostituito per legge). In senso contrario, è stato però osservato che, a differenza del procedimento ordinario in cui è chiamato alla pronunzia di un provvedimento di condanna soltanto dopo che la sua competenza si sia già radicata per accordo delle parti, implicito nella mancata eccezione, per contro nel procedimento monitorio il giudice viene richiesto di pronunciarsi ancor prima della costituzione del contraddittorio, emettendo un provvedimento di condanna che potrebbe essere dichiarato nullo a seguito della relativa eccezione. (Pretore di Napoli- ord. del 3-11-96). Recentemente la Corte Costituzionale con sentenza interpretativa ha statuito che, mentre il convenuto con il rito ordinario, che resti contumace, si vede preclusa soltanto l’eccezione di competenza, l’ingiunto che non proponga tempestiva opposizione è irreparabilmente pregiudicato nel merito dall’irretrattabilità dell’efficacia esecutiva del decreto, originaria ex art.642 ovvero acquisita ex art.647 c.p.c. e se vuole evitare la definitiva soccombenza nel merito è costretto a proporre opposizione davanti al giudice arbitrariamente scelto dall’attore in monitorio. La sua situazione è quindi assimilabile a quella del convenuto straniero davanti al giudice italiano privo di giurisdizione, situazione quest’ultima disciplinata nel senso che, in caso di contumacia, il difetto di giurisdizione è rilevabile di ufficio. Deve pertanto ritenersi sussistere in entrambi i casi la medesima esigenza della rilevabilità ex officio al fine di non imporre una onerosa costituzione solo per far valere la violazione di norme attinenti all’individuazione del giudice, atteso il pregiudizio che altrimenti ne deriverebbe (Corte Costituzionale n.410/2005). Quanto alla presenza eventuale di una clausola compromissoria, si ritiene comunemente che essa non influisca sulla competenza del giudice dell’ingiunzione, posto che, se si tratta di arbitrato rituale, l’incompetenza non è rilevabile d’ufficio mentre, se si tratta di arbitrato irrituale o di perizia contrattuale, la questione riguarda il merito della controversia (Cass.n. 2987/90). L'esistenza di una clausola compromissoria non esclude la competenza del giudice ordinario ad emettere un decreto ingiuntivo (atteso che la disciplina del procedimento arbitrale non contempla l'emissione di provvedimenti "inaudita altera parte"), ma impone a quest'ultimo, in caso di

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successiva opposizione fondata sull'esistenza della detta clausola, la declaratoria di nullita' del decreto opposto e la contestuale remissione della controversia al giudizio degli arbitri. (Cass.n.8166/99) 6. Forma del ricorso Il ricorso per ingiunzione può essere redatto anche in modo sommario purchè sia accompagnato da uno dei documenti previsti dagli artt.634 e ss (Cass. n. 535/80). Non occorre che la domanda relativa abbia particolari requisiti, oltre a quelli prescritti dall’art.638 c.p.c. e cioè l’oggetto, le ragioni dell’istanza e l’indicazione delle prove che si producono. Deriva che il ricorso, purchè accompagnato da uno dei documenti previsti, è sempre ammesso e la valutazione del giudice, in ordine alla sussistenza della prova scritta fornita dal creditore, è incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato (Cass.n.419/2006). 846 In caso di omessa sottoscrizione del ricorso, deve escludersi la sua inesistenza quando la sottoscrizione del difensore, pur mancando in calce all’atto, figuri apposta per certificare l’autenticità della firma di rilascio della procura alle liti, redatta a margine(Cass.n.8042/2006).

Con riferimento ai crediti derivanti da rapporti di lavoro o previdenziali, le norme sul processo del lavoro non si applicano alla prima fase di cognizione sommaria; pertanto la prescrizione dell'art. 414 c.p.c. sui requisiti del ricorso introduttivo del giudizio non opera per la domanda di ingiunzione (Cass.n.11625/95, n.9824/94, n.7699/90). Solo nel successivo giudizio di opposizione, la memoria difensiva dell'opposto, attesa la sua posizione sostanziale di attore, deve osservare la forma della domanda di cui all'art. 414 citato e recare, tra l'altro, l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si fonda la domanda fatta valere con il ricorso per ingiunzione. (Cass.n.7095/94, n.7060/91)) La documentazione, con cui va accompagnato il ricorso, è destinata per effetto dell’opposizione ad entrare nel fascicolo del ricorrente e conserva, rispetto al fascicolo di ufficio, una distinta funzione ed una propria autonomia che ne impedisce l'allegazione di ufficio nel giudizio di secondo grado ove, come in quello di primo grado, la produzione del fascicolo di parte presuppone la costituzione in giudizio. (Cass.n. 19992/004, n171/2003, n.2078/98). L’offerta reale dei titoli cambiari, ai fini dell’esperibilità dell’azione causale, ex art.66 legge cambiaria, deve considerarsi effettuata con la notifica del d.i. emesso in base a cambiali, le quali devono rimanere depositate in cancelleria in base agli artt.638 e 641 c.p.c. fino alla scadenza del termine per l’opposizione (Cass.n. 5973/82, n.2404/79) L’elezione di domicilio contenuta nel ricorso vale per la sola fase sommaria, giungendo a comprendere la sola notificazione dell’eventuale opposizione (Cass. n.4625/85). Ove il ricorrente abbia indicato nel ricorso il nominativo del proprio procuratore, la possibilità di effettuare la notificazione dell’atto di opposizione nella cancelleria del giudice adito deve ritenersi esclusa allorchè l’autorità giudiziaria abbia sede nell’ambito della circoscrizione del Tribunale cui il procuratore è assegnato, in virtù dell’art.82 r.d. 379/34, che non può ritenersi derogato dall’art.638 c.p.c., posto che questa disposizione, a differenza di quella precedentemente in vigore (artt.8 e 15 r.d. 1531/36) impone la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito solo quando la parte sia costituita personalmente (Cass.n. 10852/96). 7. Accoglimento e rigetto della domanda A seguito delle modifiche apportate dall’art.9 D.lgsvo 231/2002, l’art.641 c.p.c. attualmente dispone che se esistono le condizioni previste dall’art.633 c.p.c., il giudice accoglie il ricorso con decreto motivato da emettere nel termine di trenta giorni dal deposito del ricorso. L’innovazione, concernente la previsione del termine, che ha carattere meramente ordinatorio, può comunque favorire un’accelerazione dei procedimenti (così testualmente nella relazione governativa).

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Altra rilevante modifica apportata dall’art.9 citato riguarda l’abrogazione dell’ultimo comma dell’art.633 c.p.c., il quale non consentiva di utilizzare il procedimento monitorio ove la notifica avesse dovuto eseguirsi all’estero. Ne deriva che attualmente è consentito di utilizzare il procedimento monitorio anche per le operazioni transfrontaliere, così coprendo l’area di pagamenti cui la direttiva comunitaria fa espresso riferimento. A tal fine è stato previsto che, se l’intimato risiede in uno degli altri Stati dell’Unione Europea, il termine è di cinquanta giorni e può essere ridotto fino a venti giorni. Se l’intimato risiede in altri Stati, il termine è di sessanta giorni e, comunque, non può essere inferiore a trenta né superiore a centoventi.

A seguito di accoglimento del ricorso, il giudice ingiunge all’altra parte di pagare la somma o di consegnare la cosa o la quantità di cose chieste o, invece di queste, la somma di cui all’art.639 nel termine di 40 giorni. L’omessa indicazione del termine comporta la nullità del decreto trattandosi di un requisito indispensabile per il raggiungimento dello scopo (Cass. n. 2376/57). Tale nullità non può essere però dichiarata quando con l’opposizione proposta l’atto ha raggiunto lo scopo cui era destinato (Cass.n.6719/2004).

Ove concorrano giusti motivi, il termine in parola può essere ridotto sino a dieci giorni oppure aumentato a sessanta e va escluso che il giudice adito possa avvalersi di tale facoltà solo su espressa richiesta del creditore istante, sia perché l’art.641 co.2 non lo prevede espressamente sia perché non si può prescindere dalla diversa formulazione della norma rispetto a quella dell’art.163 bis c.p.c. in ordine all’abbreviazione del termine a comparire (Cass.n.18744/2003) Il potere del giudice di ridurre o aumentare i termini non si sottrae all’obbligo di motivazione imposto dal primo comma per l’emissione del provvedimento di ingiunzione. Tale obbligo però, come non impone al giudice l’esplicazione delle ragioni di accoglimento del ricorso – esigenza soddisfatta con rinvio ai motivi addotti dal ricorrente e portati a conoscenza dell’altra parte tramite la notifica dell’atto di ingiunzione, integrando per relationem il decreto – così non gli impone di spiegare la ricorrenza dei giusti motivi giustificativi della riduzione dei termini ove essi siano stati specificamente rappresentati nel testo del ricorso sì che possa ritenersi che il giudice li abbia vagliati ed accolti (Cass.n.3090/2005, n. 16455/2004, n.8334/2003 contra Cass.n. 1874/2003). Secondo il comune orientamento, il giudice può accogliere la domanda anche solo parzialmente e nel decreto, eccetto per quello emesso sulla base di titoli che hanno già efficacia esecutiva, liquida le spese e le competenze, ingiungendone il pagamento. Le spese legali liquidate per un d.i. che non è stato notificato, in virtù del pagamento della somma capitale, intervenuto dopo la richiesta di emissione, sono causalmente ricollegabili alla mora debendi dell’intimato e vanno da questo corrisposte a titolo di maggior danno ex art. 1224 co.2 c.c. (Cass. n.164/96). Il giudice può inoltre rigettare il ricorso, con decreto motivato, per motivi di rito ove siano rilevabili d’ufficio, oppure per motivi di merito, consistenti nell’inidoneità della prova o nell’esistenza di fatti impeditivi o estintivi del credito, non legati all’eccezione di parte. La mancanza di procura al difensore, prescritta a pena di nullità assoluta, è rilevabile dal giudice d’ufficio e giustifica il rigetto del ricorso (Cass.n.1420/66). Il decreto di rigetto non pregiudica la riproposizione della domanda stessa (Cass.n. 32/83) nè in via ingiuntiva nè in via ordinaria ma costituisce solo una pronuncia allo stato degli atti (Cass. n.32/83), per cui, non avendo contenuto decisorio e definitivo, non può essere oggetto di ricorso per cassazione ex art.111 Cost. (Cass. n.6547/85, n.1148/81). Inoltre, essendo una pronuncia senza contraddittorio, non può dar luogo a giudicato (Mandrioli). Anche l'opponente che abbia proposto opposizione non seguita da costituzione in giudizio ovvero seguita da ritardata costituzione, puo' legittimamente riproporre l'opposizione, entro il termine fissato nel decreto ingiuntivo ai sensi dell'art. 641 commi 1 e 2 c.p.c., accompagnata da rituale e tempestiva costituzione in giudizio.(Cass.n. 22338/2004) 7.1 Esecuzione provvisoria

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L’ art.642 c.p.c. prevede nel primo comma che per alcuni crediti particolarmente qualificati, fondati su cambiale, assegno bancario e circolare, certificato di liquidazione di borsa o su atti ricevuti da notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato, il giudice se il creditore lo richiede ingiunge al debitore di pagare o consegnare senza dilazione, autorizzando in mancanza la provvisoria esecuzione del decreto emesso e fissando il termine ai soli effetti dell’opposizione.

La norma viene comunemente interpretata nel senso che il giudice non ha in tal caso una facoltà discrezionale ma è obbligato a concedere la provvisoria esecuzione, a differenza di quanto è invece previsto nel comma successivo di cui infra. Riguardo ai singoli documenti indicati dall’art.642 co.1 citato, il fatto che alcuni di essi, in particolare la cambiale e l’assegno già siano titoli esecutivi, non priva il creditore dell’interesse ad agire in via monitoria, quantomeno perchè il decreto ingiuntivo, a differenza della cambiale e dell’assegno, costituisce titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale (Mandrioli). Ma qualora cambiale e assegno bancario siano privi di un requisito di validità non è consentita la concessione della provvisoria esecuzione (Garbagnati), così come non può essere data nel caso di una cambiale priva del vigore cambiario, per prescrizione( Corte di Appello L’Aquila 11-8-75). L’atto ricevuto da notaio o da altro P.U., cui si riferisce la norma, non va identificato in qualunque atto dal quale si possa dedurre l’esistenza di un fatto idoneo a far sorgere il preteso credito, bensì soltanto in quello che ha per oggetto immediato e diretto la consacrazione di un rapporto obbligatorio, cui la legge attribuisce un particolare grado di certezza appunto in relazione alla formazione dell’atto produttivo del rapporto stesso (Cass.n. 704/77, n.3130/74). Anche il certificato di credito, di cui agli artt. 44 e 45 del R.D. n. 272/13, emesso dal Comitato degli agenti di cambio a seguito del ricorso da parte dello stipulante un contratto di borsa, che ha natura squisitamente amministrativa, conseguente alla natura strettamente amministrativa dell'organo che lo emana, può costituire una delle prove scritte idonee alla concessione di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo (Cass.S.U.n. 5290/98) Secondo la dottrina, l’elencazione contenuta nel primo comma ha carattere tassativo (Satta, Mandrioli, Garbagnati) mentre la giurisprudenza è apparsa orientata a favore di un’interpretazione estensiva della norma, facendovi rientrare anche atti non espressamente menzionati purchè abbiano le identiche caratteristiche sostanziali (Cass.n.3130/74, n.1579/80). Ne deriva che secondo la giurisprudenza la provvisoria esecuzione può essere concessa anche a documenti diversi da quelli contenuti nell’elenco previsto dalla norma in commento, che abbiano per legge la presunzione, sia pure relativa, di incontestabilità del credito così documentato (Cass.n.1545/73) e rechino l’indicazione di quanto dovuto (Cass.n. 438/75).

Il verbale di un'assemblea condominiale contenente l'indicazione delle spese occorrenti per la conservazione o l'uso delle parti comuni, che costituisce prova scritta idonea per ottenere decreto ingiuntivo, necessita però dello stato di ripartizione delle medesime per l'ulteriore fine di ottenere anche la clausola di provvisoria esecuzione del provvedimento, ai sensi dell'art. 63 disp. att. Cc (Cass.n.15017/2000, n.3296/96, n.6879/94)

Alla previsione del primo comma dell’art.642 cpc ne segue una seconda, contenuta nel comma successivo, in cui l’esecuzione provvisoria può essere concessa anche se vi sia pericolo di grave pregiudizio nel ritardo. In tal caso, la concessione è rimessa alla discrezionalità del giudice, anche se non mancano in dottrina opinioni di segno parzialmente diverso, secondo cui il periculum legittimante la concessione, essendo una circostanza fattuale, deve, a differenza delle ipotesi di cui all’art.642 co.1 basate sulla mera presenza di particolari tipi di prova scritta, essere oggetto soltanto doi accertamento e valutazione da parte del giudice, il quale, comunque, una volta ritenuta la sua sussistenza, non ha alcuna possibilità di negare l’esecutività in base a considerazioni discrezionali fondate su altri parametri (Cataldi). La provvisoria esecuzione viene generalmente disposta quando il ritardo nell’inizio della procedura esecutiva possa vanificare l’esercizio del diritto del creditore. Il pericolo deve essere comunque grave e la dottrina accenna a tal fine all’ipotesi di uno stato di

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dissesto o di insolvenza del debitore oppure ad uno stato di deperibilità delle cose da consegnare (Garbagnati, Imperiali). La sussistenza di tale presupposto debba essere valutata con maggiore rigore rispetto all’ipotesi analoga, prevista dall’art.671 c.p.c., costituente presupposto per la concessione del sequestro conservativo. E ciò, in considerazione dell’efficacia, non cautelare, ma esecutiva riguardante la fattispecie, di cui all’art.642 c.p.c..-

Nel concedere la provvisoria esecuzione, il giudice può imporre al ricorrente una cauzione come condizione per la concessione dell'esecutorieta' provvisoria, e che e' diretta a garantire le restituzioni ed il risarcimento conseguenti alla revoca.

853 A norma dell’art.119 c.p.c. il giudice nel provvedimento deve indicare l’oggetto della cauzione – che non deve consistere necessariamente in una somma di denaro (Cass.12861/92), potendo specificarsi in una garanzia reale o personale (Grasso) – il modo ed il termine entro il quale deve essere prestata. Si segnala l’art.86 disp.att. che prevede il deposito di somme di denaro o di titoli del debito pubblico con le modalità dei depositi giudiziari. RIFORMA: Recentemente, l’art.2 lett. s) della legge n.263/2005 ha modificato il secondo comma dell’art.642 cpc ampliando il ventaglio di ipotesi in cui può essere concessa l’esecuzione provvisoria e prevedendo, accanto all’ipotesi di pericolo di grave pregiudizio nel ritardo, quella in cui il ricorrente produca documentazione sottoscritta del debitore comprovante il diritto fatto valere. Anche in questo caso il giudice può imporre al ricorrente una cauzione, come può desumersi dall’inserimento della nuova ipotesi accanto a quella precedente, inserimento accompagnato dall’eliminazione della particella “ma” esistente nel testo originario. Il primo rilievo da doversi fare è che, per effetto del d.l. 30-12- 2005 n.271 intanto la novella si applica ai soli procedimenti monitori, il cui ricorso introduttivo sia depositato dopo l’entrata in vigore della prima legge. Va aggiunto, inoltre, che, ad onta del fatto che il termine “documentazione” sembra presupporre non un singolo atto sottoscritto dal debitore ma una pluralità di documenti , ciò malgrado, ai fini della provvisoria esecuzione inaudita altera parte dovrebbe essere ritenuta sufficiente la produzione di una sola scrittura sottoscritta dal debitore (o di un documento elettronico munito di firma digitale sicuramente imputabile al debitore) che rappresenti, autonomamente, tutti gli elementi del credito ingiungendo (Cataldi). Ne deriva che la scrittura privata di riconoscimento di debito, cosi come la promessa di pagamento, debitamente sottoscritte, le quali in precedenza non giustificavano la concessione della provvisoria esecuzione, non potendo essere incluse tra la documentazione privilegiata di cui al comma 1 (Trib.Milano 3-12-73), per effetto della novella, potrebbero ottenere la concessione della provvisoria esecuzione da parte del giudice nell’esercizio del suo potere discrezionale, ove siano ritenuti comprovanti il credito. Infine, l’espressa previsione della necessità della sottoscrizione, da parte dello stesso debitore e non di terzi alle sue dipendenze o del vettore, in una all’esigenza di una documentazione, di per sé idonea a comprovare il diritto azionato, paiono limitare lo spazio di concedibilità della provvisoria esecuzione nel caso, assai frequente nella pratica giudiziaria, di un ricorso per d.i. corredato solo da fatture (atti provenienti dallo stesso creditore) e bolle di consegna delle merci (di per sé sole non comprovanti il diritto di credito azionato), per giunta sottoscritte da persone diverse dal debitore..

La dispensa del termine ex art.482 c.p.c. è connessa alla concessione della provvisoria esecuzione del decreto medesimo e quindi riservata allo stesso giudice dell’ingiunzione (Cass. n.7118/86).

L'iscrizione di ipoteca in base ad un d.i. dichiarato provvisoriamente esecutivo puo' essere fonte di responsabilita' processuale aggravata ove venga accertata l'inesistenza del diritto di credito fatto valere in concorso con l'elemento soggettivo del difetto della normale prudenza (Cass.n. 8171/2003) 7.2 Condominio negli edifici

Ai sensi dell'art. 63 disp.att. cc, - norma riguardante solo la provvisoria esecuzione di cui all’art.642 e non anche la dispensa del termine di cui all’art.482 c.p.c. (Cass. n.1161/79) - l'amministratore di un condominio può ottenere un d.i. immediatamente esecutivo sulla base del verbale dell’assemblea che approva il rendiconto, perchè il verbale costituisce prova scritta e la delibera vincola anche gli assenti e i dissenzienti (Cass. n.9787/97). Lo stesso può fare il rappresentante designato per la gestione di un servizio comune (nella specie riscaldamento) sulla base del rendiconto della spesa dei servizio. Occorre però che l’assemblea abbia provveduto alla approvazione del bilancio, preventivo o consuntivo, in considerazione della natura eccezionale della norma e del fatto che il decreto ingiuntivo presuppone l’esistenza di una prova scritta del

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credito proveniente dal debitore, e non dal creditore. (Cass.n.4616/2001, n.10826/2004). In base al preventivo delle spese, l’amministratore può chiedere il d.i. immediatamente esecutivo soltanto fino a che l’esercizio, a cui tali spese si riferiscono, non sia terminato, dovendo altresì agire in base al consuntivo della gestione annuale (Cass.n. 1789/93).

Il verbale, contenente l'indicazione delle spese occorrenti per la conservazione o l'uso delle parti comuni, costituisce prova scritta idonea per ottenere decreto ingiuntivo, pur in mancanza dello stato di ripartizione delle medesime, necessario per l'ulteriore fine di ottenere anche la clausola di provvisoria esecuzione del provvedimento, ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c.(Cass.n.15017/2000). Analogamente, l'amministratore puo' chiedere l'emissione del decreto ingiuntivo per i contributi dovuti dai condomini in base alle "ricevute" di pagamento mensili, costituenti prova scritta, ma anche in questo caso non puo' ottenere la clausola di immediata esecutivita', per la quale e' necessaria l'allegazione dello stato di ripartizione della spesa approvata dall'assemblea. (Cass.n.4638/2001). La possibilità di ottenere il d.i. fa riferimento in genere a tutte le quote delle spese contemplate dall’art.1123 c.c., senza che possano al riguardo, distinguersi le spese per la conservazione e il godimento delle parti comuni e per l’esercizio dei servizi condominiali dalle altre spese relative alle innovazioni (Cass.n.8676/2001), 855 senza distinzione tra oneri condominiali relativi a spese ordinarie e quelli riguardanti spese straordinarie (Cass. 27292/05, 29/00, 14665/99) e le deliberazioni con cui vengono stabiliti i contributi dovuti dai singoli condomini costituiscono titoli di credito del condominio e da sole provano l’esistenza di tale credito, legittimando non solo la concessione del decreto ingiuntivo ma anche la condanna del condomino al pagamento delle somme nel giudizio di opposizione eventualmente proposto contro il decreto (Cass.n.2387/2003, 27292/05)

855 L'obbligo del condomino di pagare i contributi deriva non dalla preventiva approvazione della spesa e dalla ripartizione della stessa, ma dalla concreta attuazione dell'attività di manutenzione e sorge quindi per effetto dell'attività gestionale concretamente compiuta e non per effetto dell'autorizzazione accordata all'amministrazione per il compimento di una determinata attività di gestione (Cass.857/00, 4393/97) L’accertamento concernente l’invalidità delle delibere assembleari, costituendo l’antecedente logico-giuridico, ha carattere di causa pregiudiziale rispetto alla domanda di revoca del d.i. contenente l’ingiunzione di pagamento dei contributi condominiali. (Cass.n. 11327/2003). Ma la questione relativa alla validità, o meno, della delibera condominiale che ha approvato la ripartizione delle spese deve essere prospettata in sede di impugnazione della delibera stessa, a norma dell’art.1137 c.c. e non può essere sollevata nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dall’amministratore sulla base di quella delibera, la quale è obbligatoria e vincolante per i condomini sino al suo annullamento o, quantomeno, alla sua sospensione da parte del giudice competente a pronunciarsi sulla sua impugnazione (Cass.n.7005/2001).

Invero, l’eventuale opposizione del condomino ingiunto potrà riguardare la sussistenza del debito e la documentazione posta a fondamento dell’ingiunzione, ovvero il verbale della delibera assembleare ma non può estendersi ai profili di nullità o annullabilità della delibera che dovranno essere fatti valere in via separata con l’impugnazione di cui all’art.1137 c.c. (Cass.n.10427/2000, n.17206/2005). Ciò non esclude peraltro che se di tale delibera, nel giudizio di impugnazione ex art.1137 cc sia stata accertata e dichiarata l’illegittimità, il condomino ha diritto alla restituzione di quanto in virtù di essa è stato costretto a pagare (Cass.n.2387/2003).

Va segnalato che, secondo Cass.n.29/2000, emesso d.i. per il pagamento di spese condominiali sulla base di una deliberazione assembleare, al giudice è consentito dichiarare anche d’ufficio la nullità di tale delibera e del conseguente provvedimento monitorio, anche per una ragione diversa da quella esposta dall’opponente, posto che questo adduce l’invalidità della delibera medesima non con una domanda ma con un’eccezione volta a paralizzare la pretesa condominiale. Inoltre, secondo Cass.n.18363/2002, insorta causa pregiudiziale in ordine alla validità della

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delibera assembleare in base alla quale è richiesto il pagamento, l’esorbitanza della causa dai limiti della competenza per valore del giudice adito in sede monitoria osta a che questi possa conoscerne, imponendo la rimessione dell’intera causa al giudice superiore competente. Va infine osservato che, in caso di azione dell’amministratore diretta al recupero delle quote di spese di competenza di una unità immobiliarie di proprietà esclusiva, passivamente legittimato è il vero proprietario di detta unità e non anche chi possa apparire tale (S.U. n.5035/2002, n.6187/94, n.5122/2000, n.4866/2001, contra n.2617/99, n.9079/90, n.907/81, secondo le quali la legittimazione passiva spetterebbe ancora al venditore dell’unità immobiliare, che dopo il trasferimento della proprietà ha continuato ad esercitare i diritti apparenti del condomino), pure se quest’ultimo, con le sue dichiarazioni e comportamenti, anche univoci, abbia ingenerato nell’amministratore il ragionevole convincimento che si tratti dell’effettivo condomino (Cass.n.12709/2002). Ciò, perché difettano nei rapporti tra condominio, che è un ente di gestione, ed i singoli partecipanti ad esso le condizioni per l’operatività del principio dell’apparenza del diritto, strumentale a esigenze di tutela dell’affidamento del terzo in buona fede (Cass.n.17897/2003, n.1435/2004).

856 L’art.63 co.2 sopra richiamato prevede la responsabilita' solidale dell'acquirente per il pagamento dei contributi dovuti al condominio dal venditore, il cui obbligo sorge per effetto dell'attivita' gestionale concretamente compiuta (Cass.4393/97), limitatamente al biennio precedente all'acquisto. (Cass. 16975/05). Trova quindi riscontro il principio dell'ambulatorietà passiva, il quale opera solo nel rapporto tra il condominio ed i soggetti che si succedono nella proprietà di una singola unità immobiliare ma non anche nel rapporto tra quest'ultimi, in cui è invece operante il principio generale della personalità delle obbligazioni. Infatti, l'acquirente dell'unità immobiliare risponde soltanto delle obbligazioni condominiali sorte in epoca successiva al momento in cui, acquistandola, è divenuto condomino; e se, in virtù del principio dell'ambulatorietà passiva di tali obbligazioni sia stato chiamato a rispondere delle obbligazioni condominiali sorte in epoca anteriore, ha diritto a rivalersi nei confronti del suo dante causa. (Cass.1956/00).

8. Notificazione Anche se, ai fini dell’individuazione del giudice competente ex art.5 c.p.c., nel procedimento monitorio occorre guardare alla data in cui il ricorso e i documenti sono stati depositati in cancelleria, deve essere fatto salvo il differimento, al momento della notifica del ricorso e del decreto, degli altri effetti della pendenza della lite. (Cass.n.4904/98), giacchè, ai sensi dell’espressa previsione dell’art.643 u.c. c.p.c., è la notificazione del ricorso e del decreto per copia autentica a determinare la detta pendenza e quindi il prodursi di tutti gli effetti sostanziali e processuali propri della domanda giudiziale proposta in via ordinaria (Cass.n. 3341/87), vale a dire interruzione della prescrizione (Cass. n.2356/73); litispendenza, continenza e connessione di cause (Cass.n. 2588/81). In assenza di specifiche norme che determinano i requisiti della notifica del d.i. devono ritenersi applicabili le norme riguardanti la citazione (Cass.n. 4143/90). Qualora il debitore sia un soggetto incapace, il decreto va notificato al legale rappresentante; se si tratta, invece, di soggetto inabilitato o minore emancipato, l'atto va notificato sia al soggetto parzialmente incapace che al curatore, affinché quest'ultimo possa svolgere la sua funzione di assistenza, pena la giuridica inesistenza della notificazione che determina l'inefficacia del decreto ex art. 644 c.p.c. e non la mera nullità Lo stesso principio trova applicazione allorché l'amministrazione del patrimonio del minore sia affidata ad un curatore speciale, a seguìto di rimozione dei genitori, ed il d.i., reso a carico del minore, sia notificato al genitore, anziché al curatore. Il d.i. emanato contro un soggetto deceduto prima dell'instaurazione del procedimento è inesistente: gli eredi dell'ingiunto, a cui il d.i. sia notificato, possono agire in via ordinaria per farne accertare l'inesistenza (Cass.n. 610/77) oppure possono far valere l'inesistenza del titolo con l'opposizione all'esecuzione (Cass.n.9526/92). Per un approfondimento, vedi la voce opposizione a decreto ingiuntivo.

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La notificazione a persona diversa da quella contro la quale sia stato emesso il d.i., non è idonea a far assumere al destinatario della notificazione la qualità di intimato quando dati del decreto, eventualmente integrati da quelli del ricorso, non sussiste dubbio sulla diversa identità del debitore ingiunto, così da escludersi con certezza che il provvedimento sia suscettibile di acquistare autorità di giudicato contro detto destinatario (Cass.n. 7523/92). La nullità della notificazione del decreto ingiuntivo dipendente dall'incompetenza funzionale dell'ufficiale giudiziario che l'ha eseguita può essere sanata, ai sensi dell'art. 156 c.p.c., dall'opposizione al decreto ma non dall'opposizione al precetto intimato in base al decreto ingiuntivo irregolarmente notificato e non opposto.(Cass.n.4751/94).

Occorre avvertire che il principio secondo il quale, nelle controversie soggette al rito del lavoro, qualsiasi vizio o inesistenza, giuridica o di fatto, della notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza di discussione impone al giudice di assegnare, previa fissazione di un'altra udienza di discussione, un altro termine, necessariamente perentorio, per provvedere a notificare il ricorso, unitamente al decreto presidenziale di fissazione della nuova udienza - deve ritenersi applicabile anche al procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, attesane l'identita' di ratio. (Cass.n.4291/2001) 9. Inefficacia del decreto A norma dell’art.644 c.p.c. il decreto d’ingiunzione diventa inefficace qualora la notificazione non sia eseguita nel termine di sessanta giorni dalla pronuncia, se deve avvenire nel territorio della Repubblica, e di novanta giorni negli altri casi.

Detto termine decorre non dalla data apposta nel contesto del provvedimento quale data della relativa pronuncia, ma da quella in cui il provvedimento stesso risulta depositato in cancelleria (Cass.n.7160/2001, n.4488/82) ed ha natura processuale, e, pertanto, è soggetto alla sospensione durante il periodo feriale prevista dall'art. 1 L.742/69, non rientrando fra le eccezioni alla sospensione medesima contemplate dall'art. 3 di detta legge (Cass.n.4043/88, n.5447/99). Il termine previsto per la notifica del decreto ingiuntivo e' perentorio e, come tale, non puo' essere prorogato (Cass.n.67/2002). 9.1 Inefficacia del decreto per omessa o inesistente notificazione

La parte alla quale non è stato notificato il decreto d’ingiunzione può chiedere con ricorso al giudice, che ha pronunciato il decreto, che ne dichiari l’inefficacia ex art.188 disp.att. c.p.c. Il giudice dispone la fissazione di una udienza in contraddittorio tra le parti e decide con ordinanza. Il provvedimento dichiarativo dell' inefficacia del decreto ingiuntivo, redatto in calce al ricorso dell'ingiunto, pronunciato senza convocare l'ingiungente sarebbe assolutamente nullo, per violazione del diritto alla difesa e del contraddittorio. (Cass.n.5447/99).

L’ordinanza in esame, ove di rigetto, non è impugnabile neppure con ricorso straordinario ex art.111 Cost., non avendo il carattere della definitività (Cass. n.12382/92, n.2714/87) poiché il rigetto dell’istanza non impedisce alla parte di proporre domanda di dichiarazione di inefficacia nei modi ordinari mentre il provvedimento dichiarativo dell'inefficacia ha invece contenuto decisorio, in quanto incide sulle posizioni di diritto soggettivo del creditore e del debitore, e, pertanto, non essendo altrimenti impugnabile, e' ricorribile per cassazione ex art. 111 Costituzione. (Cass.n. 5234/91, n.2195/99, n.10183/2001).

All’inefficacia del d.i. come conseguenza dell’omissione della notificazione può essere equiparata l’ipotesi dell’inesistenza giuridica della notificazione ma non anche quella della nullità della medesima 862 (Cass.21826/05, n.19239/2004, n.82/1999, n.5447/99, n. 6197/96) né quella della irregolarità della notificazione poichè la notificazione del decreto, comunque

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avvenuta, esclude la presunzione di abbandono del titolo, su cui si fonda la previsione di inefficacia (Cass. n.8593/93) ed, anche se nulla, e' pur sempre indice della volonta' del creditore di avvalersi del decreto stesso (Cass.n.11498/2000, n.6593/93). Ne deriva che soltanto se un d.i. non è notificato oppure la sua notifica è giuridicamente inesistente, la parte contro la quale è stato emesso può chiederne la declaratoria di inefficacia, ai sensi dell’art. 188 disp. att. c.p.c. (Cass.n.19239/2004) o con la procedura prevista dai primi due commi o con autonoma domanda, come sancito dall’ultimo comma. (Cass. n..9872/97).

Deve escludersi che dal mancato esercizio della facolta' di cui all'art. 188 cit. da parte del debitore - facolta' prevista solo a tutela del suo interesse ad eliminare lo stato d'incertezza - possano derivare effetti preclusivi in danno del creditore, quali l'impossibilita' di avanzare una nuova richiesta di decreto ingiuntivo (Cass.n. 9132/2003).

9.2 Inefficacia del decreto per tardività della notificazione La procedura abbreviata di cui all’art.188 disp.att. c.p.c è invece inapplicabile nel caso di violazione del termine disposto dall' art. 644 c.p.c., tant’è che è nullo il provvedimento di accoglimento del ricorso per inefficacia del decreto ingiuntivo proposto per tardiva notifica di esso (Cass.n.5447/99, n.15977/2001, n.10183/2001 contra Cass.n. 12752/2003, secondo cui la previsione dell'art. 188 ha riguardo esclusivamente alla ipotesi del decreto ingiuntivo notificato al di la' del termine di cui all'art. 644 c.p.c.. e non si applica alla ipotesi della semplice nullita' della notificazione del d.i. e a quella della mancata notificazione del decreto spesso).

Infatti, se il decreto e' stato notificato fuori termine (e ancorche' la notifica sia nulla, ma non inesistente) l'unico rimedio consentito all'intimato e' quello dell'opposizione ai sensi dell'art. 645 c.p.c.. (Cass.n.19239/2004, n.3724/90, n. 5234/91, n.5447/99), potendo le ragioni del debitore, comprese quelle relative all’inefficacia del titolo, possono essere fatte valere solo con l’opposizione ordinaria, qualora il creditore provveda alla notificazione del decreto dopo il decorso del termine perentorio previsto, ma prima della declaratoria d’inefficacia, (Cass.n.67/2002, n.5234/91, n. 3783/95, n.4974/2000 contra parzialmente Cass.n.15977/2000 secondo cui sarebbe ammissibile anche la procedura di cui all’art.188 citato).

In tale giudizio il debitore opponente che si limiti ad eccepire l'inefficacia del titolo tardivamente notificato non puo' impedire che ad un'eventuale dichiarazione di inefficacia del decreto si accompagni la decisione da parte del giudice dell'opposizione in merito all'esistenza del diritto fatto valere con il ricorso per ingiunzione (Cass.n.67/2002, n.4974/2000, n.287/92), poichè la notificazione del d.i. oltre il termine non tocca la qualificabilità del ricorso per ingiunzione come domanda giudiziale ed il giudice non può limitarsi a dichiarare l’inefficacia del decreto (Cass.n. 11915/90) ma è tenuto ad esaminarne il merito e, quindi, la fondatezza o meno della pretesa creditoria (Cass. n. 3783/95). 863 Del resto, una volta che sia stata fatta opposizione al decreto tardivamente notificato, il contraddittorio sulla domanda di condanna è realizzato per cui il giudice su tale domanda deve pronunciarsi (Cass.7206/07). L'inosservanza da parte del creditore del termine di cui all'art. 644 c.p.c. puo' acquisire rilevanza, nel caso di rigetto dell'opposizione, solo ai fini della condanna alle spese del giudizio. (Cass..287/92). L’'inefficacia del d.i. non è rilevabile d'ufficio e può essere dedotta solo dalla parte interessata con l’opposizione (Cass.n. n.287/92), e soltanto nel termine di cui all’art.645 c.p.c., decorrente dalla notificazione, pur se tardiva, del decreto, con la conseguenza che, decorso il suddetto termine, non può essere più rilevata (Cass.n.5234/91, n.393/95). Ciò si spiegherebbe, secondo parte della dottrina, con la considerazione che, avendo l’opposizione natura di impugnazione, ogni vizio del provvedimento impugnato si converte in motivo di impugnazione, la cui mancata proposizione tempestiva comporta la formazione del giudicato che copre ogni vizio

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(Garbagnati).

9.3 Inefficacia del decreto per nullità della notificazione

In caso di nullità della notifica, il vizio va fatto valere, onde evitare la sanatoria per

eventuale acquiescenza, con l’opposizione ex art.645 c.p.c. (Cass. n.9872/97, n.5231/93), oppure con l’opposizione tardiva, ai sensi dell’art.650 c.p.c., fornendo la prova di non aver avuto tempestiva conoscenza del d.i. per irregolarità della notificazione 864 (Cass.n.10183/2001, n. 11498/2000, n.12870/93, n.6197/96, n.9872/97, 21826/2005). Infatti, nel caso in cui la nullita' di notifica del decreto ingiuntivo abbia impedito alla parte intimata di avere tempestiva conoscenza del decreto e di proporre opposizione nel termine ordinario, il solo rimedio idoneo a far valere detto vizio e la conseguente inefficacia del decreto, quale titolo per l'esecuzione forzata, e' l'opposizione tardiva prevista dall'art. 650 c.p.c. e non quella contemplata dall'art. 615 e 617 c.p.c..(Cass.n.1202/98).

Recentemente, le Sezioni Unite hanno statuito che, nei casi di nullità, sempre che ne ricorrano le altre condizioni previste dall’art.650 v.p.c. si applichi il rimedio di cui a tale norma, restando invece applicabile quello di cui all’art.644 soltanto nei casi di mancanza o di inesistenza della notificazione. Inoltre, sempre in ragione della ricomprensione dell’ipotesi della nullità della notificazione nella nozione di irregolarità di cui all’art.650, deve escludersi che nel caso della nullità della notificazione sia esperibile l’opposizione di cui all’art.645 con decorrenza del relativo termine dall’effettiva conoscenza del decreto (Sez.Un.n.9938/2005).

La nullità spiega rilievo al fine dell’ammissibilità dell’opposizione tardiva ex art.650 c.p.c., solo ove abbia impedito all’intimato di avere tempestiva conoscenza del decreto, restando altrimenti sanata per effetto dell’opposizione stessa (Cass. n.1038/95 e n.8593/93).

Occorre avvertire che, divenuto esecutivo il decreto, l’inefficacia del d.i. non puo' essere fatta valere con l'opposizione all'esecuzione. (Cass.n.15977/2000, contra (Cass. n. 5231/93. Favorevole al primo orientamento Garbagnati, in quanto l’opposizione presuppone la notificazione del decreto). La nullità della notificazione del ricorso e del d.i. per essere stata effettuata all’amministrazione anziché all’avvocatura dello Stato che la difende ex lege non comporta l’inefficacia del decreto per mancanza di valida notificazione nel termine dei 60 giorni prescritti ma eventualmente consente la proposizione dell’opposizione tardiva (Sez.Un. n.9938/2005)

10. Opposizione al decreto

866 Il decreto ingiuntivo non opposto acquista autorita' ed efficacia di cosa giudicata in relazione al diritto consacrato e non con riguardo alle domande o ai capi di domanda non accolti, atteso che la regola contenuta nell'art. 640, ult. co.c.p.c.. (secondo cui il rigetto della domanda di ingiunzione non pregiudica la riproposizione della domanda, anche in sede ordinaria) trova applicazione sia in caso di rigetto totale della domanda di ingiunzione che di rigetto parziale e, quindi, di accoglimento solo in parte della richiesta. (S.U.4510/06, conf.1244/74, 7003/93,7400/97contra Cass.499/99, 2304/99).

. Il d.i. acquista autorita' ed efficacia di cosa giudicata sostanziale, in relazione al diritto in esso consacrato tanto in ordine ai soggetti ed alla prestazione dovuta quanto all'inesistenza di fatti estintivi, impeditivi o modificativi del rapporto e del credito. (Cass.n. 7272/2003) Si discute in dottrina e giurisprudenza se l’acquisto dell’efficacia di cosa giudicata consegua ipso iure al decorso del termine oppure richieda indispensabilmente la dichiarazione di esecutorietà. Attualmente sembra prevalere il primo orientamento in considerazione della perentorietà dei termini di impugnazione (Garbagnati).

Naturalmente, contro il d. i. che ha acquistato autorità di cosa giudicata resta preclusa una nuova opposizione (Cass. n.3415/69) ed i vizi di nullità del decreto, che non siano stati fatti valere con l’opposizione, non possono più essere fatti valere neppure con l’opposizione all’esecuzione, così come non possono essere fatte valere eventuali eccezioni di merito (Mandrioli).

Secondo un tradizionale orientamento il meccanismo dell’opposizione a d.i. è identico al

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meccanismo introduttivo del giudizio d’appello, essendo uguali il contenuto dell’atto e le conseguenze dell’eventuale mancata osservanza del termine previsto per l’opposizione, la cui decadenza determina la formazione del giudicato (Garbagnati). Essendo disciplinata come procedimento di impugnazione davanti allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento, l’opposizione è devoluta alla cognizione di quest’ultimo in via funzionale ed inderogabile (Cass.n.12198/2000) Da questa impostazione diverge parte della dottrina (Satta) e della giurisprudenza, secondo cui l'opposizione a decreto ingiuntivo introduce un processo ordinario di cognizione di primo grado, il quale non costituisce un autonomo e distinto procedimento rispetto alla fase sommaria, bensì un'ulteriore fase di svolgimento a cognizione piena ed in contraddittorio tra le parti (Cass.n.388/78, n.9708/94, n.10104/96). Posizione intermedia è stata assunta da coloro, secondo i quali il giudizio di opposizione è soltanto una fase eventuale del giudizio di primo grado, la cui introduzione avviene con le forme e le modalità proprie dell’impugnazione e la cui mancata introduzione dà luogo all’immediata formazione del giudicato. (Mandrioli, sul punto vedi anche S.U. nn10984 e 10985/92).

Posto che l’opposizione deve essere intesa come l’ulteriore fase di un giudizio già pendente, essendo stata la pendenza della lite determinata già dalla notifica di copia del ricorso e del decreto, in un momento cioè antecedente l'opposizione, nulla rilevando in senso contrario il differimento dell’eventuale contraddittorio, il giudice dell'opposizione non deve valutare, solo la sussistenza delle condizioni di legge per l'emanazione del d.i., essendo irrilevanti i vizi della procedura monitoria (Cass.n.195/99, n.6258/2002) ed essendo tale esame utile, eventualmente, ai soli fini del governo delle spese, ma deve ampliare il proprio esame e verificare la fondatezza della pretesa creditoria sulla base dell'intero materiale probatorio, acquisito in corso di causa, con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia (Cass.12256/07, n.24021/2004, n.13027/95, n.7224/87, n.12311/97, n.1656/98). Infatti il creditore opposto puo' produrre nuove prove ad integrazione di quelle gia' offerte nella fase monitoria (Cass.n.9927/2004, n.10280/90)., E qualora il credito risulti fondato, il giudice deve accogliere la domanda,.indipendentemente dalla regolarità, sufficienza e validità degli elementi probatori, in base ai quali l’ingiunzione venne emessa (Cass. n.5311/2004), 867 rigettando conseguentemente l'opposizione, qualora riscontri che i fatti costitutivi del diritto fatto valere in sede monitoria, pur se non esistenti al momento della proposizione del ricorso, sussistono tuttavia in quello successivo della decisione. (Cass. 5844/06, 257/02). L’esame del merito deve essere compiuto dal giudice, senza necessità che l'opposto formuli specifica istanza (Cass. n.3849/92). La richiesta di conferma del decreto, formulata dal creditore nel giudizio di opposizione, include la domanda di condanna al pagamento del credito preteso, la quale può essere pronunciata dal giudice anche in difetto di una formale esplicitazione (Cass.n.12393/2000, n.4755/2000). Né sussiste vizio di extrapetizione qualora il giudice, in assenza di espressa richiesta, condanni il debitore al pagamento di una somma uguale o minore a quella ingiunta (Cass.n.24021/2004) Di conseguenza, il giudice dell'opposizione può limitarsi a dichiarare la nullità del decreto, solo per difetto di competenza dell'organo che ha emesso il d.i. (Cass.n. 1584/96 - vedi infra par.2) o di altri presupposti processuali, cioè per ostative ragioni pregiudiziali che non consentono di emettere una pronuncia nel merito (Cass. n.4857/93), dovendo altrimenti, una volta instauratosi il contraddittorio con la opposizione, emettere una pronuncia sostanziale in ordine alla domanda, pur dichiarata la nullità del ricorso e del conseguente d. i. (Cass.n. 10169/97). Va quindi esclusa l'ammissibilita' di una autonoma pronuncia sulla legittimita' dell'ingiunzione di pagamento agli effetti dell'incidenza delle spese della sola fase monitoria, dato che tale fase e quella di opposizione fanno parte di un unico processo nel quale l'onere delle spese e' regolato in base all'esito finale del giudizio ed alla complessiva valutazione del suo svolgimento.(Cass.n. 19126/2004, n.5336/97, n.5984/99, n.14126/2000)

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Il carattere unitario del procedimento esclude inoltre che sussista il vizio di extra petita qualora il giudice dell’opposizione, dopo aver revocato il provvedimento monitorio, emetta una sentenza di condanna per una somma minore a quella ingiunta, in considerazione della domanda di condanna proposta dal creditore con il ricorso (Cass.n. 1656/98, n.10104/96). La parte minacciata con il precetto di esecuzione forzata in base a d.i. provvisoriamente esecutivo, avendo promosso giudizio di opposizione alla ingiunzione - per sostenere che questa e' stata emessa in carenza delle condizioni di ammissibilita' previste dall'art. 633 c.p.c. -, non puo' proporre anche opposizione alla esecuzione per le medesime ragioni. Tale principio non si applica alla diversa ipotesi di esecuzione gia' iniziata con il pignoramento presso terzi (Cass.n.8331/2001) 11. Giudice competente per l’opposizione La competenza dell'ufficio giudiziario, a cui appartiene il giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo, a conoscere della relativa opposizione è di natura funzionale e inderogabile (Cass.n.9624/90, n.41/95) e non subisce modificazioni neppure per effetto di connessione c.d. impropria, all’esito della riunione di due o più cause di opposizione a distinti decreti ingiuntivi pronunziati dallo stesso giudice contro il medesimo soggetto, ancorché il cumulo delle domande ecceda la competenza per valore del giudice adito (Cass.n.17206/2005, ord.n.10374/2005). Ma, qualora venga sollevata questione di incompetenza ad emettere il decreto, il giudice dell'opposizíone, che ravvisi il vizio, non può limitarsí a díchiarare la propria incompetenza, ma deve invece, pronunciare la nullità del decreto ed esaurire la propria competenza funzionale.(Cass.n. 1584/96, n.10586/95), anche se va ritenuto che la declaratoria di incompetenza del proprio ufficio ad emettere il decreto opposto, comunque, contenga necessariamente anche una declaratoria di nullità del decreto, a prescindere dall’esistenza di una relativa statuizione sul punto (Cass.n.2843/98, n.10206/2001).

868 L'adesione dell'opposto all'eccezione dell'opponente di incompetenza territoriale del giudice che ha emesso il decreto comporta l’esclusione del potere del giudice adito di decidere sulle competenza. . Tuttavia l'ordinanza con cui egli dispone la cancellazione della causa dal ruolo, deve contenere la revoca dell'ingiunzione, essendo necessario un provvedimento espresso, e non implicito, che impedisca al decreto di produrre gli effetti provvisori di cui esso e' capace in pendenza dell'opposizione.(Cass. 6106/06)

Considerato che la pronuncia di invalidita' del decreto costituisce conseguenza necessaria ed inscindibile della pronuncia di incompetenza del giudice che lo ha emesso, in giurisprudenza è preferita l’opinione che esclude la necessità della riassunzione innanzi al giudice competente (Cass. n.5999/93), in quanto essa non potrebbe essere riferita al giudizio di opposizione che appartiene alla competenza funzionale del giudice che ha emesso il decreto (Cass.7438/94) e la causa rimessa al giudice dichiarato competente non sarebbe il giudizio di opposizione ad un decreto ormai inesistente ma una causa da svolgersi secondo le norme del procedimento ordinario (Cass.n.656/99), in quanto la sentenza con cui il giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo dichiara l'incompetenza territoriale del giudice che ha emesso il decreto contiene, ancorche' implicita, . la declaratoria di invalidita' del decreto ingiuntivo (Cass.n. 21297/2004). Pertanto, trasmigrerebbe un’altra e diversa vicenda processuale (Cass. n.243/98), con l’ulteriore conseguenza che il giudice davanti al quale la causa sia stata riassunta ex art.50 c.p.c. non può sollevare conflitto negativo di competenza, vertendosi in una ipotesi diversa da quella del conflitto virtuale negativo di competenza per materia e per territorio inderogabile (Cass.n. 10586/95, n.656 /99).

Per le medesime considerazioni, la sentenza con cui il giudice dell’opposizione dichiara la propria incompetenza, comportando l’implicita pronuncia di nullità del decreto per l’incompetenza del giudice che lo ha emesso non può essere oggetto di regolamento di competenza (Cass.n. 896/96, n. 7475/97, n.1485/98). Analogamente, non vi sono i presupposti per il conflitto di competenza nel caso in cui il giudice dell’opposizione, pur senza dichiarare la nullità del decreto -

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ma tale declaratoria è implicita –, prendendo atto dell’adesione dell’opposto all’eccezione dell’opponente di incompetenza territoriale del giudice che lo ha emesso, dispone la cancellazione della causa dal ruolo e rimette le parti dinanzi al giudice indicato dalle medesime (Cass.ord.n.10687/2005). Sulla premessa che la competenza dell’ufficio giudiziario, che ha emesso l’ingiunzione, a conoscere della relativa opposizione è funzionale ed inderogabile e non può subire eccezione per ragioni di connessione, la giurisprudenza prevalente ha varie volte affermato che il giudice dell’opposizione, ove l’opponente formuli domanda riconvenzionale eccedente la propria competenza per valore, deve separare le due cause, trattenendo quella d’opposizione e rimettendo l’altra al giudice superiore, salvo sospendere la prima, in attesa della definizione della seconda ai sensi dell’art.295, nel concorso dei relativi presupposti (Sez.Un. n.10984/92, n.10985/92, Cass.n.11144/94, n.12605/95, n. 965/96, n.4674/98, n.12198/2000) Va segnalato che contrario avviso era stato espresso da Cass. n.6531/93, secondo cui l’art.645 c.p.c. non stabilirebbe una regola di competenza funzionale ed inderogabile ma opererebbe solo un naturale collegamento tra il procedimento di ingiunzione ed il giudizio di opposizione, con conseguente applicabilità delle norme regolanti lo spostamento della competenza per ragioni di connessione. Ma, di recente, con riferimento specifico al decreto ingiuntivo emesso dal giudice di pace, le Sezioni Unite della Cassazione hanno confermato l’orientamento giurisprudenziale prevalente (Cass.n.1828/2000, n.3362/2000, n.13821/99) statuendo che ad onta delle modifiche normative avvenute, tra le quali i commi aggiunti all’art.40 c.p.c. dalla legge n.374/90, la competenza per l’opposizione attribuita all’ufficio, cui appartiene il giudice che ha emesso il decreto, ha carattere inderogabile sicchè il giudice adito, in caso di domanda riconvenzionale eccedente i limiti della sua competenza per valore, deve separare le cause, trattenere quella di opposizione e rimettere l’altra al giudice superiore, salvo a sospendere la prima ove ne ricorrano i presupposti (Sezioni Unite n.9768/2001, Cass.n.5911/2001, n.6351/2001, n.17167/2003, n.6267/2004, n.21687/2004, ord.n.5163/2005). Naturalmente, qualora il decreto ingiuntivo, successivamente opposto, riguardi un credito, gia' azionato avanti allo stesso tribunale, mediante proposizione di domanda riconvenzionale, difettando il presupposto della pendenza avanti a giudici diversi, va disposta la riunione ex artt. 273 e 274 c.p.c. (Cass.n.1876/99) Quanto alla continenza, se non è idonea a spostare la competenza funzionale ed inderogabile del giudice dell’opposizione, è però rilevante al fine della competenza del giudice del decreto (Cass. n.2709/96), per cui, ove sia proposta preventivamente domanda di risoluzione di un contratto e quindi l’altra parte chieda davanti ad altro giudice con ricorso per d.i. l’adempimento di esso, il giudice dell’opposizione esercita la sua competenza funzionale ed inderogabile dichiarando la nullità del d.i. per incompetenza del giudice emittente, con la conseguenza che la causa da riassumere non è quella di opposizione ma quella proposta con il ricorso per ingiunzione (Sez.Un. n.10001/2001, Cass. n.1571/98, conf. n.14225/99, n.13547/99, n. 5963/2001 contra Cass.n. 13950/99, n.6300/96, S.U. n.10985/92 secondo le quali, ove sussista rapporto di continenza tra un’opposizione a d.i. con altra causa pendente davanti a giudice diverso, il giudice dell’opposizione deve decidere la sua causa, salva la facoltà di sospensione prevista dall’art.295 c.p.c., se ne ricorrano i presupposti. Qualora nel corso del giudizio di opposizione a d.i. sia stata formulata una domanda nei confronti di un'Amministrazione dello Stato appartenente, ai sensi dell'art. 25 c.p.c. alla competenza territoriale inderogabile di altro giudice, quello dell'opposizione deve disporre la separazione delle cause trattenendo il procedimento di opposizione e rimettendo quella domanda al giudice competente territorialmente, salvo la successiva applicazione da parte di quest'ultimo, dei principi in materia di sospensione dei processi .(Cass.n.13298/2000, n. 9582/87) 12. Legittimazione attiva e passiva

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Nel giudizio di opposizione sono parti soltanto colui il quale ha proposto la domanda di ingiunzione e colui contro il quale è diretta (Cass.n. 6498/96, n. 16069/2004) per cui l'opposizione può essere proposta esclusivamente dal soggetto contro cui è stato chiesto ed emesso il decreto (Cass. n. 2120/94). Inoltre, la notificazione del decreto emesso in danno di un soggetto determinato, conferisce al destinatario della notificazione la qualità di parte tenuta a effettuare le prestazioni indicate nel decreto stesso con la conseguenza che l’ingiunto è il soggetto che ha interesse a proporre l’opposizione per far valere la sua estraneità al rapporto sostanziale dedotto in giudizio (Sez.Un..n.14366/2005). Al contrario, in caso di opposizione proposta nei confronti di un soggetto non legittimato, la costituzione in giudizio del beneficiario dell’ingiunzione, che è il solo legittimato passivo alla citazione in opposizione, ha efficacia sanante ex tunc (Cass.n. 4470/99). . Ne deriva che non possono ritenersi legittimati all’opposizione:

1) il soggetto, cui viene notificato il decreto nella qualità di rappresentante legale di una persona giuridica, il quale si oppone sostenendo di non aver mai avuto rapporto con detta persona giuridica. (Cass.n.4137/2001).

2) il soggetto indicato come rappresentante di una società nel d.i. emesso contro questa e, che aveva cessato di essere tale prima dell’ingiunzione, il quale non può proporre opposizione nè iure proprio nè in nome della società (Cass.n. 6498/96)

3) la moglie dell'imprenditore, a lui succeduta nella titolarità della ditta contro la quale è rivolto il d. i. (Cass.1571/77)

4) il terzo il cui nome figuri nella ragione sociale della società ingiunta, quando l’ingiunzione risulti notificata non a lui ma alla società (Cass.n.8975/2001)

5) il terzo, cui il d.i. sia stato notificato erroneamente, in quanto, trattandosi di persona diversa da quella contro la quale il decreto è stato emesso, la sola notificazione non è idonea a far assumere al destinatario di essa la qualità di intimato quando sulla base del d.i. non sia ravvisabile un suo pregiudizio, tale da far sorgere un interesse giuridico all’opposizione (Cass. n.2637/83)

6) il terzo quando non sussista alcun dubbio sull'effettiva diversa identità del debitore ingiunto (Cass. n.7523/92). 7) Il direttore generale dell’A.S.L., quale commissario della gestione liquidatoria della preesistente unità sanitaria

riguardo a d.i. emesso nei confronti della Regione poiché quest’ultima e le gestioni liquidatorie, già gestioni stralcio, sono soggetti diversi (Sez.Un.n.14336/2005) Al contrario, deve ritenersi la legittimazione attiva ai seguenti soggetti: a) al terzo, in caso di omonimia, al

fine di dimostrare la propria estraneità al rapporto obbligatorio azionato, essendo ravvisabile un suo pregiudizio tale da far sorgere l’interesse giuridico all'impugnazione, ed atteso che il riscontro dell’errore postula un esame del fatto costitutivo del credito (Cass.n. 7525/92); b) al soggetto erroneamente indicato, ove l’incertezza in ordine all’identificazione della parte nei cui confronti è chiesta l’ingiunzione non sia eliminata dal giudice (Cass.n. 4753/80); c) al soggetto, al cui carico venga emesso il d.i., quale erede dei debitore o rappresentante dell'eredità, al fine di far valere la propria veste di semplice chiamato all'eredità, non accettante e non possessore di beni ereditari .(Cass.n.920/77) Va infine sottolineato che, se il d.i. emanato contro un soggetto deceduto prima dell'instaurazione del procedimento è inesistente e gli eredi dell'ingiunto, a cui il d.i. sia notificato, possono agire in via ordinaria per farne accertare l'inesistenza (Cass.n. 610/77) oppure possono far valere l'inesistenza del titolo con l'opposizione all'esecuzione (Cass.n.9526/92), il d.i. emesso nei confronti di una ditta identificata con il nome di un soggetto defunto non è nullo, atteso che la ditta si trasmette ai successori unitamente all’azienda, con la possibilità di continuare l’esercizio come ordinariamente denominata, compreso il nome del titolare deceduto (Cass.n.5899/2002) 13. Procura alle liti

Il difetto di procura, pur comportando la nullità del decreto emesso, non osta a che il giudice dell'opposizione abbia il potere-dovere di decidere sulla domanda proposta con il ricorso, purché questo sia sottoscritto da procuratore legalmente esercente (Cass. n.6807/92), dovendo il giudice dell’opposizione accertare la fondatezza delle pretese creditorie, ove ritualmente riproposte in tale sede (Cass, n.5171/94).

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La procura conferita in calce o a margine del ricorso legittima il difensore a costituirsi validamente nel giudizio conseguente all’opposizione, che integra un’ulteriore fase del procedimento iniziato dal creditore con il ricorso per ingiunzione (Cass.7821/08, n.388/78), per cui la procura rilasciata sul ricorso, senza alcuna indicazione limitativa, abilita il difensore anche all’eventuale opposizione, atteso che la procura mira al conseguimento del provvedimento giurisdizionale favorevole, attributivo alla parte medesima del bene oggetto della controversia (Cass.n.18736/2003) e si estende anche all’eventuale successivo pignoramento. (Cass. n.5087/96) La procura speciale al difensore per il giudizio di opposizione può essere validamente apposta in calce o a margine della copia notificata del ricorso e del pedissequo decreto stante l’equiparazione del ricorso stesso agli altri atti introduttivi del giudizio, e quindi anche in calce al precetto redatto dopo il decreto come parte integrante dello stesso documento e contestualmente notificato (Cass.n. 13006/97, n.3034/82). Così, anche in materia di crediti di lavoro (Cass.n. 1309/85). Essendo la validità della procura al difensore requisito indispensabile per la costituzione della parte e, quindi, per la proposizione dell'opposizione, quest’ultima, se proposta da difensore sfornito di procura, non è idonea ad impedire il passaggio in giudicato del d.i. né può configurarsi alcuna sanatoria per effetto del silenzio della controparte (Cass.n. 3830/81).

Nel procedimento per la dichiarazione di inefficacia di decreto ingiuntivo "ex" art. 188 disp. att. c.p.c., in caso di pluralità di parti ricorrenti, la procura a margine del relativo ricorso deve recare la sottoscrizione di ognuna di esse, essendo, impedita, in caso contrario, la regolare costituzione del rapporto processuale nei confronti delle parti che non risultino aver conferito la procura stessa, con conseguente nullità del procedimento. (Cass. n.13881/99) 14. Forma dell’opposizione

Nel rito ordinario l’atto di opposizione, che, sotto l'aspetto contenutistico, si modella sullo stampo di una comparsa di risposta, sul piano formale, ha la struttura di una citazione, della quale deve presentare gli stessi requisiti previsti dall'art. 163 c.p.c., applicandosi in caso di nullità la disciplina prevista dall’art. 164 c.p.c.. Ed infatti l'opponente, quale debitore ingiunto, deve indicare specificamente i motivi sui quali l'opposizione si fonda e proporre, a pena di decadenza, le domande riconvenzionali e tutte le eccezioni, che devono essere formulate nel primo atto difensivo, ivi compresa l’eccezione di incompetenza per territorio del giudice adito con riferimento a tutti i concorrenti criteri previsti dagli artt.18, 19 e 20 c.p.c. (Cass.n.20929/2005).

Nel rito del lavoro, applicabile anche alle controversie locatizie, l’opposizione deve essere invece fatta con ricorso, che deve essere depositato in cancelleria e successivamente notificato, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, alla controparte.

873 Dovendo l’atto di opposizione avere il contenuto della memoria ex art.416 cpc, qualora il ricorso per d.i. non rechi la precisa indicazione del petitum e/o della causa petendi e l’opposto che ha veste sostanziale di attore lo faccia con la memoria di costituzione, riconducibile allo schema di un atto integrativo della domanda azionata con il ricorso piuttosto che a quello della memoria difensiva, l’opponente può articolare le prove testimoniali nella prima difesa successiva alla costituzione, non essendo stato posto, in precedenza, in grado di conoscere la pretesa dell’opposto (Cass.5816/07)

Ove in quest’ultimo rito l’opposizione sia stata proposta con citazione, anzichè con ricorso, la citazione può convertirsi in ricorso e produrne gli effetti sempre che sia stata depositata in cancelleria nel termine di cui all’art.641 c.p.c., non essendo a tale deposito assimilabile, ai fini del raggiungimento dello scopo ex art.156 co.3 c.p.c., l’adempimento della notifica dell’opposizione da parte dell’ufficiale giudiziario (Cass.n.4867/93, n.2801/89, n.2673/86), altrimenti l’opposizione deve essere ritenuta tardiva e la relativa decadenza può essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado (Cass. n.5155/85, n.2714/91, n.3258/91). Contrario avviso è stato però espresso a riguardo dalla giurisprudenza di legittimità meno recente, secondo la quale si sarebbe trattato di un’irregolarità formale, che trovava la sua sanatoria negli strumenti ordinatori di cambiamento di rito (Cass. n.554/84).

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Ad ogni modo, può essere utile rilevare che, in un caso in cui il locatore aveva chiesto il pagamento dei canoni di locazione alla conduttrice con ricorso per d.i. al Presidente del Tribunale piuttosto che al Pretore competente per materia, la Suprema Corte ha statuito che la scelta da parte del creditore del rito ordinario e delle forme del procedimento monitorio per la proposizione della domanda comporta che l’opposizione vada, a sua volta, proposta nella medesima forma ordinaria, cioè con citazione, indipendentemente dalla fondatezza delle eccezioni sollevate dall’opponente, in ordine all’incompetenza per materia del giudice adito, eccezioni da delibarsi ai soli e diversi fini dell’ammissibilità e fondatezza dell’avversa domanda (Cass.15720/06, conf. Cass.10206/01)

Si deve altresì segnalare che, in caso di decreto di ingiunzione dotato di provvisoria esecuzione, la parte cui il precetto è notificato se vuole difendersi dalla domanda di condanna al pagamento non si può avvalere del rimedio dell’opposizione a precetto ma solo di quello dell’opposizione a decreto, se può essere ancora proposta (Cass.5105/07). E’ammissibile un unico atto di opposizione avverso più ingiunzioni emesse su ricorso del medesimo creditore nei confronti dello stesso debitore (Cass.7294/07). 15. Notifica dell’opposizione Secondo il disposto dell’art.645 c.p.c. l’atto deve essere notificato al creditore opposto personalmente in uno dei luoghi indicati dagli artt.638 c.p.c., cioè presso il procuratore del ricorrente o, quando è ammessa la costituzione di persona, nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto (Cass.n.6410/98, n.10825/2004) mentre, se nel ricorso manca l'indicazione del procuratore ed anche (nei casi in cui e' ammessa la costituzione di persona) la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio, la notificazione può essere fatta al ricorrente presso la cancelleria del giudice che ha pronunciato il decreto il che non esclude sempre (e solo) nelle ipotesi da ultimo indicate, la facolta' di notificare l'opposizione nella residenza o nel domicilio reale del creditore. (Cass.n. 13739/2003). L’espresso dettato normativo esclude quindi con assoluta certezza che possa trovare applicazione nella specie la previsione di cui all’art.170 c.p.c. – con notificazione fatta al procuratore costituito – giacchè quest’ultima norma si applica alle sole notificazioni - e comunicazioni - degli atti endoprocedimentali, ovvero degli atti posti in essere all’interno di un giudizio già promosso e non ancora esaurito (Cerino Canova, Cass.n.6194/95). Ove sia fatta al ricorrente nel suo domícilio reale, anziché presso il procuratore indicato nel ricorso, la notificazione è nulla e non inesistente, per cui può essere oggetto di rinnovazione ex art.291 c.p.c. (Cass.n.10825/2004, n.6410/98, n.1607/76), la quale, ove compiuta tempestivamente, impedisce ogni decadenza (Cass. n. 4100/78). E’ valida per raggiungimento dello scopo la notifica a mani proprie del creditore, anche se questi non si costituisca in giudizio (Cass.n.319/69). L’elezione di domicilio, contenuta nel ricorso per l’ingiunzione vale ai fini della procedura monitoria – che costituisce una fase autonoma e distinta da quella del giudizio di opposizione – fino a comprendere in virtù dell’espresso richiamo operato dall’art.645 co.1 la sola notificazione dell’eventuale opposizione (Cass.n.4625/85). Contrario avviso è stato espresso in altra decisione, secondo la quale il giudizio di opposizione non costituisce un processo autonomo ma solo l’ulteriore sviluppo, anche se eventuale, della fase monitoria, per cui l’elezione di domicilio continua a spiegare efficacia nell’intero giudizio di opposizione per tutti i casi nei quali un atto processuale debba essere notificato personalmente alla parte (Cass.n.3355/87). Ove il ricorrente abbia indicato nel ricorso il nominativo del proprio procuratore, la possibilità di effettuare la notificazione dell'atto di opposizione nella cancelleria del giudice adito deve ritenersi esclusa allorché l'autorità giudiziaria abbia sede nell'ambito della circoscrizione del tribunale cui il procuratore è assegnato. Tale conclusione è imposta dal principio stabilito in via generale dall'art. 82 del R.D.379/34, che non può ritenersi derogato dall'art. 638 c.p.c., posto che questa disposizione impone la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel Comune dove ha sede il giudice adito solo quando la parte sia costituita personalmente. (Cass.n. 135/2002, n.10852/96, n.2945/90, n.10008/94, n.1736/95, 1277/99) Secondo la giurisprudenza, non rileva inoltre la circostanza che il ritardo nella notificazione dipenda dal fatto che il procuratore dell’opposto nelle more muti il proprio

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domicilio, in quanto la questione della conoscenza o conoscibilità, da parte del notificante, del trasferimento del procuratore dell’avversario spiega rilevanza esclusivamente in ordine alle modalità con le quali deve essere ripetuta la notificazione: presso il nuovo recapito, se vi sia stata un’iniziativa idonea a darne notizia, ovvero con deposito in cancelleria ai sensi dell’art.82. 2° co. R.D. 22 gennaio 1934 n.37. In ogni caso, però, il termine perentorio non può essere scavalcato. Il rischio poi che le diverse modalità da adottare non permettano in concreto di rispettare il termine stesso, in relazione al momento in cui ci si rivolge all’ufficiale giudiziario. resta a carico del notificante (Cass.n.9366/91), in quanto il procuratore non ha il l’onere di comunicare il cambiamento di indirizzo, essendo previsto tale onere solo per il domicilio eletto autonomamente e non anche nel caso in cui l’elezione operata dalla parte ha solo funzione di indicare la sede dello studio del procuratore (Cass.n.7990/92), sicchè costituisce onere del notificante l’effettuazione di apposite ricerche atte a individuare il luogo di notificazione (Cass.n.8287/2002, n.3297/2003) E’ invalida la notifica eseguita direttamente alla pubblica amministrazione anziché presso l'avvocatura dello stato, ex art. 144 c.p.c., e rende ammissibile l'opposizione tardiva, in quanto tale fatto implica la dimostrazione del nesso di causalità fra la tardiva conoscenza del decreto e vizio della notificazione (Cass. n.992/95). 15.1 Inammissibilità dell’opposizione In base al combinato disposto degli artt. 641, 645 e 647 c.p.c., l’opposizione deve essere proposta, a pena di inammissibilità, nel termine perentorio di giorni 40, che decorre inderogabilmente dalla valida notificazione del decreto. (Cass.n. 8334/2003). In particolare, è stato ritenuto perentorio il termine per l’opposizione a decreto ingiuntivo sia perchè si tratterebbe di un termine di impugnazione (opinione però assai controversa), sia perchè il suo decorso determina l’esecutorietà del decreto (Cass.n. 1251/66). In caso di discordanza tra _l'originale del decreto ingiuntivo e la copia notificata all'ingiunto, nel senso che il primo rechi l'indicazione di un termine ridotto, ai sensi dell'articolo 641, comma 2, del Cpc, mentre la seconda contenga quella del termineordinario, l'ingiunto ha diritto di proporre opposizione nel termine più ampio indicato nella copia notificatagli,corrispondente al tenore dell'ingiunzione da lui effettivamente ricevuta e dalla quale è dunque chiamato a difendersi. L'opposta conclusione contrasterebbe con il diritto di difesa dell'ingiunto, il quale sarebbe esposto alla dichiarazione di decadenza dall'opposizione senza poterla prevenire, non avendo conoscenza del termine ridotto e non essendo tenuto a conoscerlo visionando l'originale del decreto pressola cancelleria del giudice emittente. Un tale adempimento, infatti, non è previsto dalla legge e aggraverebbe ingiustificatamente l'esercizio della difesa nel breve tempo a disposizione dell'intimato. (Cass. 13671/07) L’inosservanza del suindicato termine, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo, è insuscettibile di sanatoria ex art. 156 co.3 c.p.c. e determina l’inammissibilità dell’opposizione (Cass. 15/10/92) rimanendo irrilevante. che il creditore abbia provveduto a rinnovare la notificazione (Cass.n. 3009/76). 875 Né un’opposizione avverso giudice incompetente può essere sanata ex art.164 cpc mediante un ordine di rinnovazione della chiamata in giudizio davanti al giudice del decreto (Cass.5105/07). Il giudice è tenuto all’esame di ufficio del rispetto del termine, trattandosi di materia regolata da norme cogenti (Cass.n.15387/2000) Va ricordato che la sospensione feriale dei termini processuali, disposta dall'art. 1 della legge 7 ottobre 1969 n. 742, si applica a tutti i termini processuali, e, quindi, anche a quello previsto per la proposizione dell'opposizione a decreto ingiuntivo.(Cass.n. 4987/97); diversamente però in tema di controversie di lavoro (Cass.n. 156/99). Per un approfondimento, vedi la voce Termini. L'inammissibilità dell'opposizione non esclude, qualora l'atto sia fornito di tutti i requisiti previsti dagli arti. 163 e 163 bis c.p.c., che esso possa produrre gli effetti di un ordinario atto di citazione rispetto a quelle eventuali domande, del tutto autonome (es: restituzione di documenti) e distinte, rispetto alla richiesta di annullamento e revoca del decreto, che vi siano contenute 875 (Cass.n.9361/2006, 8083/06, n. 3769/2001, S.U..2387/82)

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15. 2 Mancata opposizione e giudicato In giurisprudenza è opinione ampiamente prevalente che dalla mancata tempestiva opposizione ex art. 645 e ss. e dalla mancata deduzione e dimostrazione, da parte dell’opponente, di circostanze giustificative dell’opposizione tardiva di cui all’art.650 c.p.c. derivi l’efficacia di giudicato interno del decreto ingiuntivo ((Cass.n. 3757/96, Sez.Un. n.237/82, Cass. n.3258/91) e che la sua definitività sia rilevabile pertanto anche di ufficio in ogni stato e grado del processo, configurandosi il giudizio di opposizione come ulteriore sviluppo della fase monitoria ed essendosi quindi la formazione del giudicato verificata nell’ambito dell’unico procedimento in corso. (tra le tante Cass. n.3258/91, n. 2707/90). Secondo l’orientamento dottrinario prevalente l’efficacia di cosa giudicata prescinde dalla dichiarazione di esecutorietà (Garbagnati, Mandrioli) Gli effetti del giudicato sostanziale, anche in tema di d.i. non opposto, si estendono non solo alla decisione relativa al bene della vita chiesto dall’attore ma anche a quella implicita inerente alla esistenza e validità del rapporto su cui si fonda lo specifico effetto giuridico dedotto (Cass.n. 3757/96). Occorre avvertire che il decreto non opposto acquista autorità ed efficacia di cosa giudicata solo in relazione al diritto consacrato e non con riguardo alle domande o ai capi di domanda non accolti. Difatti la regola consacrata nell’art.640 ultimo comma c.p.c. (secondo cui il rigetto della domanda non pregiudica la riproposizione della domanda, anche in sede ordinaria) trova applicazione sia nel caso di rigetto totale della domanda di ingiunzione che di rigetto parziale, e quindi di accoglimento solo in parte della richiesta (Sez.Un.n.4510/2006) . 15.3 Omessa produzione del decreto opposto La produzione della copia notificata del decreto non è richiesta a pena di improcedibilità dell’opposizione, non potendo essere applicata ad essa, che peraltro non è mezzo di impugnazione, la disciplina che era propria di queste ultime nella previgente disciplina normativa. La mancata produzione del documento può invece spiegare rilievo ai fini della declaratoria di inammissibilità dell’opposizione per inosservanza del termine di decadenza dall’art.641 c.p.c., sotto il profilo dell’inottemperanza da parte dell’opponente dell’onere di provare il rispetto di detto termine, sempre che la prova non sia evincibile dai documenti prodotti dalla controparte ovvero ai fini del rigetto della domanda sotto il profilo della mancata dimostrazione dei fatti costitutivi della pretesa (Cass.n.24048/2004, conf. sulla prima parte Cass. n.1920/93, Sez.Un. n.2387/82, n.84/1985). In altre decisioni, è stato statuito che l’ingiunto ha l’onere di produrre in giudizio la copia autentica del decreto ingiuntivo con la relata di notifica, a pena di inammissibilità dell’opposizione, anche al fine di consentire al giudice di controllare, anche d’ufficio, l’inesistenza del giudicato interno su di esso, rilevabile in ogni stato e grado del processo (Cass.n.12812/97) posto che l’opposizione a d.i., essendo intesa a infirmare o modificare il provvedimento monitorio, ha quale necessario presupposto di esperibilità che quest’ultimo non sia nel frattempo divenuto irrevocabile per essersi su di esso formato il giudicato interno. (Cass.n.10930/2003).

La produzione dei d.i. è consentita anche per la prima volta in appello (Cass.n.6147/92). Anche in materia di lavoro la produzione della copia notificata del decreto non e' richiesta a pena di improcedibilita', non essendo applicabile la disciplina propria delle impugnazioni ed essendo possibile, peraltro, produrre tale documento processuale anche in grado di appello, nelle forme e nei termini stabiliti dagli art. 434 e 436 c.p.c..(Cass.n. 1585/2002) 16. Termini di comparizione e di costituzione

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Ai sensi dell’art.645 cpv c.p.c. i termini di comparizione di cui all’art.163 bis c.p.c. sono ridotti a metà. Secondo la dottrina e la giurisprudenza dominanti, tale riduzione dei termini ha carattere facoltativo (Cass. 2660/95), pertanto l’opponente può avvalersi della citata disposizione oppure può assegnare al convenuto il termine ordinario. (contra Garbagnati, secondo cui il termine dimezzato si sostituisce ipso iure al termine ordinario). Comunque, l’esercizio di tale facoltà comporta anche la dimidiazione dei termini di costituzione (Cass.n.3355/87), la quale deve avvenire entro cinque giorni per l'opponente e almeno dieci giorni prima dell'udienza per l'opposto, in quanto, sussistendo l’esigenza di mantenere un rapporto tra termini di comparizione e termini di costituzione ex artt.165 e 166 c.p.c., la riduzione dei primi determina la correlativa riduzione dei secondi (Cass.n. n.3316/98). E’ dubbio, in dottrina, se il termine, così dimidiato, sia ulteriormente riducibile ex art. 163 bis c.p.c.- La giurisprudenza sembra invece orientata in senso favorevole (Cass.n.4719/95) ed, in caso di opposizione a d.i. emesso dal giudice di pace, ha statuito che è possibile cumulare le due abbreviazioni fino alla metà previste dal combinato disposto degli artt.163 bis co.2 e 318.co.2 nonchè dall’art.645 c.p.c. (Cass. n.6576/98, n.6577/98). Quanto al problema, postosi nel caso in cui l’opponente non abbia chiesto espressamente nell’atto di opposizione di poter usufruire della riduzione del termine ed abbia intanto assegnato un termine dimezzato, occorrendo stabilire se la citazione sia nulla per inosservanza dei termini ovvero se l’opposizione sia improcedibile per non essersi l’opponente costituito nel termine anche per lui dimidiato, la giurisprudenza di legittimità ha statuito che, costituendo la dimidiazione dei termini di comparizione una mera facoltà dell’opponente, solo nel caso in cui questi si sia effettivamente avvalso di tale facoltà anche i termini di costituzione sono automaticamente ridotti alla metà (Cass.n.16332/2002). Per contro, in altra decisione è stato affermato che la dimidiazione del termine di costituzione consegue automaticamente al fatto obiettivo della concessione all'opposto di un termine inferiore a 60 giorni, per cui risulta del tutto irrilevante che la concessione di quel termine sia dipesa da una scelta consapevole dell'opponente ovvero da un errore di calcolo del medesimo.(Cass.n.3752/2001).

Con la conseguenza che la tardiva costituzione comporta l’improcedibilità dell’opposizione, a nulla rilevando la tempestiva costituzione dell’opposto (Cass.n.14017/2002). Infatti la tardiva costituzione dell’opponente deve essere equiparata alla sua mancata costituzione e comporta, indipendentemente dalla circostanza che l’opposto si sia costituito nel suo termine, l’improcedibilità dell’opposizione. Al riguardo, deve escludersi che il termine per la costituzione dell’opponente di cui all’art.165 c.p.c. decorra - allorché la notifica sia stata effettuata tramite ufficiale giudiziario – dal momento in cui quest’ultimo ha restituito alla parte istante l’originale dell’atto notificato in relazione all’ordinanza n.239/2000 della corte Cost. (Cass.n.5039/2005) 16.1 Esecutorietà del decreto A norma dell’art.647 co.1 c.p.c., in caso di mancata opposizione nel termine stabilito ed in caso di mancata costituzione dell’opponente (il cui termine per la costituzione decorre dalla data di notificazione dell'atto all’opposto, restando irrilevante che solo in seguito l'ufficiale giudiziario abbia notificato al cancelliere avviso dell'opposizione: Cass. n. 86/5860), il creditore opposto può chiedere l'esecutorietà del decreto al giudice che ha pronunciato l'ingiunzione, il quale nei grandi uffici può non coincidere con il giudice dell’opposizione. L’esecutorietà viene concessa con un altro decreto da apporre in calce a quello ingiuntivo. L’istanza può essere formulata anche verbalmente, sicchè non sussiste la necessità di costituirsi. Il provvedimento ha natura dichiarativa e non è impugnabile neppure con ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., in quanto sindacabile nell’ambito del giudizio di opposizione. (S.U.

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n.9314/87). Il decreto acquista autorità ed efficacia di cosa giudicata al pari di una sentenza di condanna (Cass.n. 3757/96, n.5801/98). L’esecutorietà consente al creditore di iscrivere ipoteca giudiziale anche qualora la notifica del decreto fosse avvenuta oltre il termine di cui all’art.644 c.p.c. (Cass.n.9314/87) Il decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo costituisce titolo esecutivo e non deve essere ulteriormente notificato ai fini dell’esecuzione forzata, essendo sufficiente che nel precetto si faccia menzione del provvedimento declaratorio dell’esecutività e dell’apposizione della formula (Cass.n.6536/87) Nel caso di più condebitori in solido, l’esecutorietà del decreto, nei confronti del debitore che non abbia proposto opposizione, resta regolata dall’art.647 c.p.c. e pertanto non può essere chiesta ed ottenuta nel giudizio di opposizione promosso dall’altro debitore (Cass.n.1693/83). Inoltre, il d.i. acquista autorità di cosa giudicata nei confronti del condebitore che non abbia proposto opposizione, a nulla rilevando l'eventuale accoglimento dell'opposizione proposta da altro intimato, in quanto l'art. 1306 c.c. non opera a vantaggio di coloro nei cui confronti sia sia direttamente formato un giudicato (Cass.n.11251/90). 16.2 Improcedibilità dell’opposizione

L’ultima parte dell’art.647 prevede che, in caso di decreto dichiarato esecutivo, l’opposizione non può essere più proposta nè proseguita, salva l’ipotesi dell’opposizione tardiva prevista dall’art.650 c.p.c.- L’improcedibilità, maturando dal momento in cui scade il termine per la costituzione dell’opponente, consegue alla sua mancata o tardiva costituzione. Nè una tale situazione può essere posta nel nulla da una successiva attività processuale, come la riassunzione del processo (Cass. n.3316/98, n.6304/99). poichè l’art.647 c.p.c. è speciale e derogatorio rispetto alla disciplina generale della costituzione tardiva di cui agli artt.171 e 307 c.p.c. (Cass.n.74/2001).

La ratio della norma, che è quella di assicurare l’intangibilità del decreto ingiuntivo qualora nel termine perentorio previsto dall’art.641 c.p.c., l’ingiunto non abbia provocato la trasformazione del procedimento monitorio in procedimento ordinario, mediante una opposizione seguita da una valida costituzione in giudizio, sarebbe infatti frustrata se fosse consentito all’opponente riassumere la causa nell’ampio termine previsto dall’art. 307 c.p.c. in tal modo differendo la definitività del decreto (Corte Costituzionale n.18/2002 in motivazione). Deve quindi escludersi la riassumibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo, non iscritta a ruolo(Cass.n.4294/2004). Né rileva il fatto che non sia stato ancora pronunciato il decreto di esecutorietà dell’ingiunzione (Cass.n.9684/92, n.2707/90, n.3286/71).

Va altresì segnalato che con la sentenza interpretativa appena citata la Corte Costituzionale ha altresì statuito che l’art.647 c.p.c. non contiene alcun riferimento al preteso divieto di riproporre l’opposizione prima della scadenza del termine fissato nel decreto; che è consentito rinnovare l’opposizione nel rispetto di detto termine e che, pertanto, il decreto di esecutività, pur in assenza di una tempestiva costituzione in giudizio, non può essere emesso se non sia interamente decorso il termine per l’opposizione. L’opponente, che ha proposto opposizione non seguita da costituzione ovvero seguita da costituzione ritardata, può riproporre l’opposizione entro il termine fissato dal decreto purchè non sia intervenuta dichiarazione di esecutività del decreto stesso (Cass.n.22502/2004). L’improcedibilità deve essere rilevata in via pregiudiziale rispetto ad ogni altra questione, compresa quella relativa alla competenza del giudice che ha emesso l’ingiunzione, e va rilevata d’ufficio, anche dal giudice di legittimità (Cass.n.4294/2004), senza necessità di richiesta dell’opposto, in considerazione dell’efficacia di giudicato interno acquistata dal d.i., rilevabile anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo (Cass. n. 3258/91). Va segnalato che recentemente è stato statuito che, perché il decreto possa acquistare efficacia di giudicato, occorre il visto previsto dall’art.647 c.p.c., essendo indispensabile il controllo giudiziario sull’esistenza e sulla

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validità della notifica in quanto solo nei confronti dell’ingiunto che abbia avuto conoscenza della provocatio dell’ingiungente è configurabile un’acquiescenza alla pretesa avversaria (Cass.n.6085/2004). A riguardo non mancano però opinioni contrarie, secondo le quali la costituzione dell’opposto, avvenuta nel termine dell’art.166 c.p.c. prima dell’eventuale pronuncia del decreto di esecutorietà, consentirebbe la procedibilità del giudizio di opposizione (Andrioli, Meneghello), operando anche nel giudizio di opposizione la regola generale secondo cui, in caso di mancata costituzione, l’opponente può costituirsi fino alla prima udienza, qualora l’opposto si sia costituito nel termine a lui assegnato. Inoltre l’improcedibilità dell’opposizione per mancata costituzione dell’opponente non è automatica ma deve essere pronunciata solo se il ricorrente abbia chiesto la dichiarazione di esecutività del decreto ingiuntivo (Cass. n.2460/95). La dichiarazione d'improcedibilità dell'opposizione preclude la possibilità di riproporre in diverso giudizio la domanda tendente a contrastare l'accertamento contenuto nel d. i., ma non la domanda riconvenzionale proposta con il medesimo atto di opposizione e non esaminata in conseguenza della declaratoria di improcedibilità (Cass. n. 6355/80). Recentemente, la dottrina ha sostenuto a riguardo che, a parte la riproponibilità della domanda riconvenzionale in altro giudizio, dovrebbe ritenersi consentito anche l’esame della stessa nel giudizio già pendente, posto che si tratta di di giudizio di primo grado e sempre che sussista la competenza del giudice adito e che la riconvenzionale non subisca gli effetti del giudicato formatosi sul decreto (Turboni) 17. Procedimento di opposizione

L'opposizione non e' un'impugnazione del decreto, volta a farne valere vizi ovvero originarie ragioni di invalidita', ma da' luogo ad un ordinario giudizio di cognizione di merito, teso all'accertamento dell'esistenza del diritto di credito azionato dal creditore con il ricorso "ex" artt. 633 e 638 c.p.c. onde l’accoglimento della domanda del creditore istante, ove restino riscontrati i fatti costitutivi del diritto fatto valere in sede monitoria, pur se non sussistenti al momento della proposizione del ricorso o della emissione del decreto (Cass.n. 6421/2003, n. 7188/2003, n. 15186/2003). Nel corso del giudizio il creditore opposto può infatti produrre nuove prove ed il giudice non valuta soltanto la sussistenza delle condizioni e della prova documentale necessaria per l’emanazione dell’ingiunzione ma la fondatezza della pretesa creditoria nel suo complesso, senza che rilevino le eventuali insufficienze probatorie della fase monitoria ( Cass.n.416/2006, 419/06). Qualora colui che propone opposizione non contesti di dovere la somma intimatagli, limitandosi a eccepire l'assenza delle condizioni per procedere in via monitoria e a opporre in compensazione al credito azionato un proprio controcredito (da accertare) chiedendo la condanna dell'opposto a corrispondere la somma risultante dalla compensazione tra le somme indicate, in forza del principio di non contestazione i fatti costitutivi della pretesa dell'opposto, in quanto pacifici, perché non contestati non devono essere provati. Viola, pertanto, l'articolo 112 del Cpc il giudice del merito che accolga l'opposizione sul rilievo che l'opposto non ha provato il proprio credito, atteso che così operando il giudice pronuncia, d'ufficio, su una eccezione in senso stretto rimessa all'esclusiva iniziativa della parte interessata. (Cass.19480/07. )Trattandosi di un normale giudizio di cognizione, la nullità del titolo negoziale posto a base della pretesa di pagamento è rilevabile d'ufficio, ai sensi dell'art. 1421 cod. civ., qualora sia in contestazione l'applicazione o l'esecuzione del contratto, in quanto la parte abbia chiesto l'adempimento delle obbligazioni da esso derivanti; in tale ipotesi, infatti, la validità dell'atto si pone come elemento costitutivo della domanda, che il giudice è tenuto a verificare (Cass. 27088/07)

Malgrado il contrario avviso espresso dalle Sez.Un. con decisione n.4837/94 (conf. in dottrina Garbagnati), la giurisprudenza nettamente prevalente ritiene che nel procedimento di opposizione a d. i. i poteri e gli oneri connessi alla qualità di attore spettino al creditore opposto e non all’opponente, poiché il relativo giudizio non ha ad oggetto la mera validità del decreto, non si sostanzia cioè in un’actio nullitatis né in una vera e propria impugnazione, ma è un giudizio ordinario teso ad accertare la fondatezza della pretesa fatta valere dal creditore con il ricorso monitorio, per cui le difese con le quali l’opponente miri ad evidenziare l’inesistenza, l’invalidità o comunque la non azionabilità del credito vantato ex adverso non si collocano sul versante della

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domanda – che resta quella prospettata dal creditore nel ricorso – ma configurano altrettante eccezioni (Cass.n.4132/2003). Quindi, esaurita la fase della vocatio in ius e radicatosi il contraddittorio, le parti riacquistano dal punto di vista processuale il ruolo, originariamente già spettante a ciascuno dei due all’atto della pendenza della lite e corrispondente con le rispettive posizioni sostanziali (Pret. Napoli. 5-2-96) e, poiché la domanda giudiziale è contenuta nel ricorso per ingiunzione e nel pedissequo decreto, il creditore ricorrente mantiene anche nel successivo giudizio di opposizione la veste sostanziale di attore, con conseguente onere probatorio circa la fondatezza della sua pretesa (Cass.n. 17371/2003, n.287/91, n.12000/92, n.2124/94, n.3254/95, n.4612/95). Il mantenimento da parte del creditore e del debitore delle loro posizioni naturali, rispettivamente di attore per il creditore e di convenuto per il debitore, esplica i suoi effetti non solo nell’ambito dell’onere della prova ma anche in ordine ai poteri e alle preclusioni di ordine processuale, con la conseguenza che: a) le ragioni addotte dall'opponente per il rigetto della pretesa monitoria non costituiscono una domanda principale ma solo eccezioni o, eventualmente, domande riconvenzionali. (Cass.n. 16011/2003, n.11368/2006) Costituisce quindi una consentita eccezione la deduzione da parte dell’opponente della nullità delle clausole del contratto posto a base del provvedimento (Cass.n.7539/2005) Prima della recentissima modifica riguardante l’art.180 c.p.c. il termine perentorio per proporre le eccezioni processuali e di merito non rilevabili di ufficio era concesso al convenuto opponente in senso sostanziale (Trib. Parma, 16/03/1996 contra Pret.Verona 7-3-97). b) qualora il debitore opponente intenda chiamare in giudizio un terzo, deve trovare applicazione in via analogica l’art.269 co.2 c.p.c. applicabile al convenuto anche se, non potendo chiedere lo spostamento dell’udienza e non potendo notificare l’opposizione a soggetto diverso da chi ha ottenuto il d.i., l’opponente non può che richiedere al giudice con lo stesso atto di opposizione l’autorizzazione a chiamare in giudizio il terzo, al quale ritiene comune la causa 882 (Cass.n.8718/2000, n.1185/2003, 4800/07), non potendo né convenirlo in giudizio direttamente con la citazione né chiedere il differimento della prima udienza non ancora fissata (Cass.n.13272/2004). In senso contrario si è ritenuto che l’opponente potrebbe provvedere alla chiamata nell’atto di opposizione senza dover chiedere l’autorizzazione del giudice nè attivare il meccanismo dello spostamento dell’udienza, assolutamente superfluo (Pret. Napoli 5-2-96, Trib. Milano 28 novembre 2002 e 29 marzo 2005) c) solo l’opponente può proporre domande riconvenzionali mentre l’opposto, sostanzialmente attore, non può farlo 882 (Cass. 23294/06, n.9334/2004, n. 16957/2002, n.3254/95, n.3051/99, n.680/90, contra Cass.n.4625/2002), non potendo proporre domande diverse da quelle fatte valere con l’ingiunzione (Cass.n.17440/2003, n 14267/2002, n.2820/99, n.813/99, 23294/06), con salvezza dell’ipotesi della riconventio riconventionis (Cass.n.632/2003, n.11415/2004), giacchè nel caso di riconvenzionale proposta dall’opponente la parte opposta viene a trovarsi in una posizione processuale di convenuto al quale non può essere negato il diritto di difesa (Cass. 23294/06). L’opposto quindi può solo precisare e modificare, (nei limiti di quanto disposto dagli artt.183 e 184 c.p.c), senza poter introdurre una nuova causa petendi, (Cass.n.258/2005, n..9334/2004, n. 3051/99, n.680/98) le domande spiegate con il ricorso e l’inosservanza dell’indicato divieto, correlata all’obbligo del giudice di non esaminare nel merito tale domanda, è rilevabile d’ufficio in sede di legittimità, perchè costituisce una preclusione all’esercizio della giurisdizione, verificabile anche d’ufficio 882 (Cass. 23294/06, n.11862/2001, n.11053/2001). Recentemente, è stato ritenuto che le ragioni addotte dall’opposto, se diverse da quelle indicate nel ricorso, sono domande nuove e possono essere esaminate solo se su di esse sia stato accettato il contraddittorio (Cass.n.11368/2006). d) quanto all’attività probatoria, posto che sul piano sostanziale la qualità di attore è propria del creditore che ha richiesto l'ingiunzione, in base ai principi generali in materia di prova, spetta a lui l'onere di provare l'esistenza del credito mentre spetta invece all'opponente quello di provarne i fatti estintivi, modificativi o impeditivi.(Cass.n. 17371/2003, n.6421/2003, n.2124/94). Tale regola generale incontra un limite solo apparente nell’ipotesi in cui la pretesa creditoria si fondi su un atto avente natura di atto pubblico, poiché in tal caso incombe all’opponente la proposizione della querela di falso ove intenda contestarne le risultanze (Cass.n.1750/2003) La posizione delle parti nel giudizio di opposizione a d.i. è diversa da quella in cui l’opposizione investa un provvedimento emesso in base alle norme di cui al R.D. 639/1910, poichè in tale ipotesi il credito, attestato dallo Stato o dall'ente pubblico, è assistito da presunzione di legittimità, la domanda giudiziale è costituita dall'atto di opposizione ed è l'opponente che assume la veste sostanziale di attore, con la conseguenza che a lui compete l'onere di provare l'infondatezza dell'avversa pretesa. (Cass.n. 633/82) 18. Rito del lavoro Se nella prima fase vi è un procedimento a cognizione sommaria, retto dalle disposizioni sue

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proprie, la fase dell’opposizione è invece regolata dalle norme sul processo del lavoro, con la duplice conseguenza che l’opposizione va proposta con ricorso e non con citazione e che le prescrizioni dell’art.414 c.p.c. sui requisiti del ricorso non vanno applicate alla domanda d’ingiunzione (Cass.n.7699/90), ma alla memoria difensiva del creditore opposto, la quale, attesa la posizione sostanziale di attore rivestita da quest’ultimo, deve rispettare le forme della domanda e deve pertanto contenere, fra l’altro, l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si fonda la pretesa fatta valere con il ricorso (Cass.n.11625/95, n.7095/94. n.4422/97). Il ricorso va depositato in cancelleria nel termine perentorio di cui all’art.641 c.p.c. (Cass.n. 2801/89, S.U. n.2714/91, Cass.n.11625/95, n.8/98) ed all’ingiungente deve essere assegnato un termine non minore di 30 giorni tra la notifica del ricorso e del decreto che fissa l’udienza di discussione e l’udienza stessa. Tale termine, secondo la tesi prevalente, non è riducibile ad onta della previsione dell’art.645 co.2 c.p.c. in considerazione delle esigenze connesse alla specialità del rito del lavoro (Corte Cost. ord.n.936/88, contra Lazzaro-Guerrieri-D’Avino). Ai fini della tempestività dell'opposizione è irrilevante la mancata indicazione del rito applicabile, ovvero della necessità di depositare l'opposizione in cancelleria nel termine perentorio di cui all'art. 641 co.1 c.p.c., non vigendo il principio dell'affidamento in materia processuale. (Cass.n.8/98). Il ricorso va successivamente notificato, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, alla controparte.884 In caso di emissione a d.i. emesso su richiesta di ente previdenziale per crediti aventi a oggetto contributi omessi e relative sanzioni, non è consentito il ricorso in opposizione, previo utilizzo del servizio postale, ai fini del deposito del ricorso nella cancelleria del giudice competente ed è manifestamente infondata la pretesa illegittimità di tale previsione (Corte cost. ord. n.34/07).

In difetto di notifica del ricorso in opposizione e del decreto di fissazione d'udienza, il giudice, in applicazione analogica dell'art. 291 c.p.c. co.1 c.p.c., è tenuto a fissare un'altra udienza con l'assegnazione di un termine perentorio per la notifica. Se questa non viene effettuata tempestivamente, il processo di opposizione si estingue, con conseguente efficacia esecutiva del d.i. (Cass. n. 194/81). Di diverso avviso Cass. n. 845/90, secondo la quale, il giudice, qualora rilevi che, per effetto dell’omessa notifica, l’opposizione non è più idonea ad impedire la definitività del decreto, deve chiudere il giudizio con una pronuncia di mero rito, senza disporre la rinnovazione della notifica. Invece, l'eventuale assegnazione di un termine di comparizione inferiore a quello previsto dall'art. 415 c.p.c., ricollegandosi ad un errore del giudice, non comporta l'esecutività del decreto, ma la nullità del provvedimento di fissazione della udienza e del giudizio di primo grado, celebratosi in contumacia del convenuto (Cass.n.2637/90). Tale nullità, se rilevata e dichiarata in appello, implica che il giudice dell’impugnazione debba disporre la rinnovazione dell'atto e decidere la causa nel merito, non ricorrendo alcuna delle ipotesi di rimessione ex artt. 353 e 354 c.p.c.(Cass. n. 6128/83). Applicandosi le preclusioni stabilite per il rito del lavoro, l'opponente deve inserire nell'opposizione le eccezioni processuali e di merito, non rilevabili d'ufficio e le domande riconvenzionali, a pena di decadenza, oltre ad indicare i mezzi di prova e produrre i documenti, che potrà integrare in udienza nei ristretti limiti previsti dall'art. 420 co.5 c.p.c. mentre l'atto di costituzione dell'opposto è riconducibile allo schema di un atto integrativo della domanda azionata con la richiesta del decreto ingiuntivo, sicchè egli ha l'onere di proporre con esso tutte le deduzioni e le eccezioni intese a paralizzare i fatti estintivi e modificativi dedotti dall'opponente o le pretese da questo vantate in via riconvenzionale e indicarne i mezzi di prova a loro sostegno (Cass.n.3115/98). Il lavoratore opposto non può inoltre proporre domande riconvenzionali, proponibili soltanto dal convenuto, nè formulare domande nuove che implichino una modifica della causa petendi, oltre i limiti dell’emendatio consentita, ove ricorrano gravi motivi e con l'autorizzazione del giudice, nell’udienza di discussione. (Cass. n.2875/90) Quanto alla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, occorre segnalare che

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la sottrazione delle controversie di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatoria alle norme sulla sospensione dei termini - che, prevista dall'art. 3 della legge n. 742 del 1969, opera in ogni fase concernente il processo del lavoro, stante lo scopo sollecitatorio perseguito dal legislatore - rileva anche rispetto al termine per l'opposizione al decreto ingiuntivo, concernente crediti di lavoro, nonostante l'inapplicabilita' al procedimento monitorio, prima dell'opposizione, delle forme del rito del lavoro (Cass.n. 156/99). 19. Opposizione per crediti degli avvocati Vedi la voce Onorari degli avvocati 20. Esecuzione provvisoria A norma dell’art.648 co.1 c.p.c. il giudice istruttore, se l’opposizione non è fondata su prova scritta o di pronta soluzione, può concedere l’esecuzione provvisoria del decreto qualora non sia stata già concessa in base all’art.642. Tale concessione rappresenta espressione di un potere discrezionale del giudice, come risulta dalla lettera della legge (Garbagnati). Del resto, la Corte Costituzionale con sentenza n.137/84 ha dichiarato l’illegittimità del secondo comma della norma in esame nella parte in cui dispone che il giudice abbia invece l’obbligo di concedere la provvisoria esecuzione quando l’istante offra cauzione per l’ammontare delle eventuali restituzioni, spese e danni, dovendosi limitare a verificare la mera corrispondenza della cauzione offerta all’entità delle voci indicate. La prova scritta, cui si riferisce la norma, è quella delineata dagli artt. 2699 e ss c.c. e può essere costituita da qualsiasi documento, anche se privo di efficacia probatoria assoluta, che il giudice ritenga meritevole di fede quanto ad autenticità ed efficacia probatoria (Cass. n.5572/79), sia proveniente non solo dal debitore ma anche da un terzo, ove sia idonea a dimostrare l’esistenza del diritto (Cass. n.1449/76). Secondo la dottrina, la provvisoria esecuzione può essere concessa soltanto se il decreto ingiuntivo sia fondato su un documento avente efficacia di prova anche in un giudizio ordinario (Monnini, Garbagnati, Proto Pisani). Quanto alle prove di pronta soluzione, esse sono comunemente intese come quelle che possono essere acquisite nella stessa udienza senza necessità di fissarne un’altra. Secondo la dottrina sono di pronta soluzione le prove che non comportino istruzione, come quelle fondate sulle ammissioni di una parte, oppure su fatti pacifici o su fatti notori (Garbagnati). Non si ritiene che la concessione dell’esecutorietà postuli la sussistenza del periculum in mora trattandosi di valutazione estranea alla fattispecie (Tribunale Vercelli 18-4-91, contra lo stesso Tribunale di Vercelli 25-11-93). La Corte Costituzionale dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art.648 co.1 c.p.c. nella parte in cui consentirebbe al giudice dell’opposizione di concedere la provvisoria esecutorietà prescindendo da qualsiasi valutazione di periculum nonchè dall’accertamento del fumus boni iuris della prova addotta a sostegno della domanda da parte del creditore istante (Corte Cost. n.295/89). Secondo l’orientamento giurisprudenziale, consolidatosi prima delle recenti modifiche apportate dall’art.9 Dlgsvo 231/2002, non era consentito concedere l’esecuzione provvisoria per una somma minore rispetto a quella indicata nel d.i. perchè ciò avrebbe comportato l’esercizio del potere di sostituire o modificare il decreto, non attribuito al giudice ex art.648 c.p.c., salva l’ipotesi in cui le parti si fossero accordate, potendo in tal caso il giudice ridurre la somma o la quantità indicata nel decreto nei limiti stabiliti dalle parti (Cass.n. 2549/76, conf. sulla prima parte Cass.n.6901/2001). Il problema è stato attualmente risolto in via normativa, prevedendosi espressamente nella norma su indicata che il giudice può concedere l’esecuzione provvisoria parziale del decreto opposto limitatamente alle somme non contestate, salvo che l’opposizione sia proposta per vizi procedurali. E ciò, alfine di scongiurare che un’opposizione relativa solo alla

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misura degli interessi o comunque ad una parte delle somme oggetto dell’ingiunzione di pagamento possa bloccare la soddisfazione del credito anche per le somme non contestate (così testualmente nella relazione governativa) Quanto all’udienza, in cui il giudice può provvedere sull’istanza di concessione della provvisoria esecuzione, parte della giurisprudenza di merito ritiene che sia consentito al giudice decidere già nell’udienza di prima comparizione, senza necessità di attendere la comparizione personale delle parti (Tribunale Roma 7-5-96, Pretore Macerata 6-2-96), in quanto l’ordinanza prevista dall’art.648 c.p.c. è diretta ad assicurare una tutela sommaria anticipatoria della pretesa azionata all’opposto che abbia già fornito la prova (Pretore Afragola 20-6-97) mentre, in senso contrario, è stato affermato che si dovrebbe attendere il decorso del termine di venti giorni per la proposizione delle eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio (Pretore Napoli 26-1-96) o addirittura esperirsi il libero interrogatorio delle parti nell’udienza di trattazione (Tribunale Torino 16-1-96) al fine di una più meditata valutazione delle contrapposte ragioni. Quanto alla sindacabilità dell’ordinanza, va sottolineato che si tratta di un provvedimento inidoneo ad interferire sulla definizione della causa e che, operando con l’interinalità propria dei provvedimenti di tipo cautelare, produce effetti destinati ad esaurirsi con la sentenza che pronunzia sull’opposizione, sicchè non è impugnabile con ricorso per cassazione ex art.111 cost. (Cass.n.23991/2004, n.12085/2000, n.7200/90, n.11342/94, n.2109/96, n.675/88). E. posto che i suoi effetti si esauriscono con la sentenza con cui il giudice potrebbe disporre la revoca del decreto, non è neppure modificabile nè revocabile (Cass.n.2109/96, n.1645/90). Anche nel caso di rigetto dell’istanza, si ritiene che l’ordinanza non possa essere revocata (Cass.n. 1107/75, Satta) L’ordinanza di concessione della provvisoria esecuzione non ha valore di provvedimento implicito sulla questione di competenza, sicchè non può essere impugnato con regolamento di competenza (Cass.n. 2805/88), data la natura strumentale e provvisoria del provvedimento che non comporta alcuna decisione definitiva neppure implicita sulla competenza. (Cass.n.1974/2000, n.13255/99) La cauzione offerta dalla parte può essere prestata anche mediante garanzia fideiussoria di un terzo (Cass.n. 12861/92).889 Poichè la prestazione della cauzione svolge la funzione di garantire la restituzione di quanto sia stato ingiustamente pagato, nel caso di revoca del decreto, tale garanzia deve permanere sino alla definizione dell’opposizione per cui dalla liquidazione coatta amministrativa della società assicuratrice che ha prestato la cauzione deriva l’illegittimità sopravvenuta della formula esecutiva apposta al titolo (Cass.13069/07). Dispostasi l’efficacia provvisoria previa cauzione la questione circa l’apposizione della formula esecutiva senza la previa prestazione della cauzione attiene al titolo esecutivo e pertanto la stessa non può essere fatta valere in sede di opposizione avverso il decreto ingiuntivo ma con l’opposizione all’esecuzione (Cass.13069/07, .n. 12861/92, n.5489/84). Le spese conseguenziali al decreto, comprese quelle relative al provvedimento di concessione della provvisoria esecutività, vanno incluse fra le spese il cui pagamento può essere richiesto con il precetto (Cass.n. 5489/84) 20.1 Sospensione dell’esecuzione provvisoria La sospensione può essere richiesta, secondo l’espresso dettato normativo solo quando l’esecuzione provvisoria sia stata concessa ai sensi dell’art.642 c.p.c. e non anche quando essa sia stata data ai sensi dell’art.648 dello stesso codice. La facoltà di disporre la sospensione trova applicazione anche nel caso di decreto immediatamente esecutivo ai sensi dell’art.63 disp.att. c.c. (Cass.n.6326/91). L’istanza deve essere proposta nell’atto di opposizione, essendo il meccanismo introduttivo della fase di opposizione a decreto ingiuntivo identico al meccanismo introduttivo di un’impugnazione (Tribunale Busto Arsizio 29-2-96). Comunque, non può essere avanzata prima

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della notifica dell’opposizione (Garbagnati). Il giudice può concedere la sospensione già nell’udienza di prima comparizione in quanto la decisione va presa allo stato degli atti, dovendo verificarsi semplicemente la sussistenza di gravi motivi (Tribunale Firenze 9-11-95).

Anche, qualora sia iniziata l’esecuzione del decreto, funzionalmente competente ad emanare il provvedimento di sospensione è il giudice dell’opposizione all’ingiunzione (Cass.n.8217/2004, n.6546/2002 contra Cass.n.4219/83). Nel momento in cui il giudice dell'opposizione sospende la provvisoria esecuzione del decreto si verifica l’ipotesi della sospensione dell'esecuzione, disposta dal giudice dinanzi al quale e' impugnato il titolo esecutivo, a norma dell'art. 623 c.p.c., con conseguente impedimento della prosecuzione del processo esecutivo, il quale rimane sospeso e non può essere riattivato fino a che, in dipendenza del giudizio d’opposizione al decreto ingiuntivo, il titolo non abbia riacquistato con il rigetto dell’opposizione la sua efficacia esecutiva a norma dell’art.653 c.p.c. (Cass.n. 11378/2002, n.261/99, n.8217/2004, n. 4866/91). L’ordinanza di sospensione, che ha efficacia ex nunc, non determina l’inefficacia degli atti esecutivi già compiuti nè incide sull’iscrizione di ipoteca giudiziale (Cass.n. 11342/92., n.404/69). La questione se essa competa al giudice dell’opposizione al decreto oppure al giudice dell’esecuzione costituisce una questione di ripartizione degli affari all’interno di un unico ufficio giudiziario (Cass.n. 864/92) Quanto alla ricorrenza dei gravi motivi, essi possono essere rinvenuti o nel pericolo di un grave pregiudizio, che l’esecuzione coattiva potrebbe arrecare al debitore senza garanzia di risarcimento in caso di accoglimento dell’opposizione oppure, indipendentemente dal pericolo suddetto, nell’evidente fondatezza dell’opposizione, fondata su prova scritta ed eccezioni di pronta soluzione (Garbagnati). Secondo alcuni giudici di merito la sospensione può essere ordinata anche per motivi afferenti la legittimità della concessione del decreto o della provvisoria esecutività dello stesso (Tribunale Piacenza 3-10-94) mentre per altri la sospensione non può essere fondata sull’insussistenza dei presupposti di cui all’art.642 c.p.c. ma solo su circostanze sopravvenute (Pretore di Roma 17-7-1981) o su circostanze non prospettate in precedenza e non prese in considerazione dal giudice all’atto della concessione della provvisoria esecutività (Tribunale Napoli 2-9-97). Il tempestivo e rituale disconoscimento dell’autenticità della sottoscrizione posta in calce alla scrittura, sulla quale è fondato il decreto ingiuntivo,.è sufficiente ad integrare i gravi motivi necessari per la sospensione (Tribunale Latina 20-2-96)

L’ordinanza con cui è disposta la sospensione non è impugnabile neppure con ricorso per cassazione ex art.111 Cost., trattandosi di provvedimento privo di contenuto decisorio (Cass.n. n.905/2005, n.7211/97, n.8330/97, 6326/91) nè modificabile o revocabile mentre è ritenuto invece revocabile il provvedimento di rigetto dell’istanza di sospensione (Garbagnati).

L’esecuzione provvisoria non può essere oggetto di revoca (Cass.n.6546/2002) e la Corte Costituzionale ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt.642 e 649 c.p.c., che appunto non consentono la revoca (Corte Cost. n.200/96, conf. Corte Cost. n.151/98), statuendo che la non revocabilità della provvisoria esecuzione del decreto opposto mentre è invece consentita la revocabilità dell’ordinanza ex art.186 ter c.p.c. è giustificata alla luce delle rilevanti differenze di natura e funzione tra i due tipi di provvedimenti (Corte Cost. n. n.65/96). Anche l’ordinanza con la quale la provvisoria esecuzione venga revocata, anziche' sospesa, come prevede invece l'art. 649 c.p.c., non e' impugnabile con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., giacche' anche in questo caso il provvedimento riveste carattere di interinalita' e non e' idoneo a pregiudicare la pronunzia di merito neppure sotto il profilo della sua esecutorieta', che puo' esser disposta con la sentenza di rigetto dell'opposizione. (Cass.n.7211/97, n. 8330/97). 21. Opposizione tardiva L’opposizione tardiva può essere sperimentata in quanto l’ingiunto dimostri di non aver

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avuto tempestiva conoscenza del decreto per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o forza maggiore (Corte Cost. n.120/76) oppure perché, pur avendone avuto conoscenza, non abbia potuto proporre opposizione tempestiva per caso fortuito o forza maggiore.

893 La determinazione dell’area di applicabilità del rimedio di cui all’art.650 in esame e di quello di cui all’art.644cpc deve avvenire tenendo conto che l’art.650 cpc comprende nell’ipotesi di irregolarità della notificazione tutti i vizi che inficiano quest’ultima e quindi anche la sua nullità, da qualsiasi causa determinata. Ne consegue che nei casi di nullità della notificazione è applicabile il rimedio di cui all’art.650 cpc , restando invece applicabile quello di cui all’art.644 cpc soltanto nei casi di mancanza o di inesistenza della notificazione (Cass.n.15918/2006). Inoltre,sempre in ragione della ricomprensione dell’ipotesi di nullità della notificazione nella nozione di irregolarità di cui all’art.650, deve escludersi che nel caso di nullità della notificazione sia esperibile l’opposizione di cui all’art.645 cpc con decorrenza del relativo termine dall’effettiva conoscenza del decreto (Cass. 11515/07).

Costituendo un rimedio diretto all’apertura di un giudizio di merito, l’opposizione tardiva non può limitarsi però ad una mera denuncia delle ragioni che hanno impedito all’ingiunto di proporre un’opposizione tempestiva, poichè siffatta denuncia, ove non accompagnata da contestazioni sulla pretesa creditoria e non indirizzata all’apertura del giudizio di merito, non è atta ad alcun risultato utile per l’opponente, nemmeno con riguardo alle spese della fase monitoria (Sez.Un. n.14017/91).

E’ ammissibile purchè avvenga non oltre il decimo giorno dal primo atto di esecuzione, scaduto il quale anche la nullità della notifica resta sanata (Cass.n.9372/97, n.1461/94) ed il decreto ingiuntivo diviene valido ed efficace.

893 La "ratio" va ravvisata nel fatto che la relativa notifica e' di per se' idonea a porre la parte che assuma di non avere avuto conoscenza dell'ingiunzione per difetto di notifica di venire a conoscenza della stessa, e cio' indipendentemente dalla nullita' di cui sia affetto il pignoramento, sempreche' la stessa non dipenda a sua volta da un vizio di notifica che impedisca alla parte di giungere alla cognizione dell'ingiunzione(Cass.n.2864/06).

La scelta tra il rimedio dell'opposizione a precetto e l'opposizione tardiva al decreto deve essere compiuta secondo la regola per cui, quando l'esecuzione e' minacciata sulla base di un titolo di formazione giudiziale, con la prima si fanno valere le ragioni che si traducono nella stessa mancanza del titolo esecutivo mentre con la seconda debbono essere fatte valere le ragioni di nullita' della decisione ovverosia i vizi in cui sia incorso il giudice nel procedere o nel giudicare (Cass.n.9205/2001) L’opponente tardivo non può limitarsi a dedurre ma deve anche provare le vicende che gli hanno impedito la tempestiva opposizione e tali vicende devono raffigurare una sua obiettiva impossibilità a compiere la stessa attività nel termine all’uopo predisposto (Cass.n.118/2001). Pertanto, ove a giustificazione dell’opposizione tardiva adduca il fatto di non aver avuto tempestiva conoscenza del d.i., egli deve fornire la prova, non solo della mancata conoscenza del provvedimento come effetto di un’irregolarità della sua notifica o di un caso fortuito o di forza maggiore, ma anche del fatto di averne acquisito cognizione solo quando non era più in grado di proporre un’opposizione tempestiva (Cass. n.13132/95) e dimostrare il nesso di causalità tra il vizio della notificazione e la mancata tempestiva conoscenza del provvedimento (Cass. n.10831/2004, n.4691/98). La mancata conoscenza deve riguardare l’atto nella sua globalità, non essendo sufficiente la conoscenza o conoscibilità del solo avviso ex art.140 c.p.c. (Cass.n.11313/94) Il principio, posto a base dell’ammissibilità dell’opposizione tardiva, fondato su una conoscenza acquisita o dopo la scadenza del termine per l’opposizione o prima di essa in un momento nel quale l’opposizione non poteva più essere predisposta in modo adeguato, comporta che la prova della non tempestiva conoscenza non si può esaurire nella sola dimostrazione della nullità e va fornita anche a mezzo di presunzioni attraverso la dimostrazione del fatto positivo costituito dal modo e dal quando la conoscenza sia avvenuta (Sez.Un. 9938/2005, n.11066/2003 contra Cass.n.992/95).

L’onere di provare la mancata tempestiva conoscenza non ricorre solo quando l’atto sia stato consegnato in luogo diverso da quello in cui si sapeva che il destinatario si trovasse in quanto ciò implica la dimostrazione del collegamento tra vizio della notifica e tardiva conoscenza del

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decreto (Cass.n. 4462/78) e legittima l’ingiunto a proporre opposizione tardiva ai sensi dell’art.650 c.p.c. (Cass.n.5708/2002). La prova della mancata tempestiva conoscenza dell’atto può essere data anche con presunzioni, riguardando un fatto negativo (Cass.n. 11066/2003, n.11313/94) con la conseguenza che tale prova puo' ritenersi raggiunta tutte le volte che, tenuto conto delle modalita' di esecuzione della notificazione, si possa ragionevolmente ipotizzare che l'atto non sia pervenuto tempestivamente nella sfera di conoscibilita' del destinatario.(Cass. n. 880/99). La prova dell’irregolarita' della notificazione che ha determinato la mancata tempestiva conoscenza del decreto infatti non deve essere data necessariamente attraverso la produzione della relazione di notificazione del decreto ingiuntivo, perche' il vizio della notifica puo' essere stato tale da avere impedito la consegna all'opponente della copia del decreto ingiuntivo, munito della relata di notificazione. (Cass.n. 18227/2003). Incombe all’opponente provare altresì il mancato decorso dei dieci giorni dal primo atto di esecuzione. (Cass.n.8551/2003)

La prova della mancata tempestiva conoscenza del d.i., come conseguenza del vizio della sua notificazione, è implicita nell’ipotesi in cui l’atto sia stato notificato direttamente alla P.A., anzichè presso la competente avvocatura di Stato (Cass.n.992/95, n.147/96). In senso contrario si era risolta Cass.n.13132/95 secondo cui l’art.650 c.p.c. ricollega l’ammissibilità dell’opposizione tardiva non già al mero ritardo della conoscenza del d.i. ma alla circostanza che l’ingiunto non abbia avuto tempestiva conoscenza dello stesso, con la conseguenza che ai fini dell’ammissibilità dell’opposizione tardiva l’ingiunto deve fornire la prova non solo della mancata conoscenza del provvedimento monitorio come effetto dell’irregolarità della notifica ma anche della non tempestività della conoscenza stessa non potendo tale prova esaurirsi nella nullità della notificazione. Sul contrasto si sono recentemente pronunciate le Sezioni Unite aderendo all’orientamento minoritario (di cui alla citata Cass. n.13132/95) e statuendo in motivazione che la conoscenza deve ritenersi non tempestiva quando l’Avvocatura non sia in grado di proporre opposizione entro il termine previsto dall’art 641 c.p.c. sia perché tale conoscenza è stata acquisita dopo la scadenza di detto termine sia perchè l’opposizione non poteva più essere predisposta in modo adeguato all’approfondimento ed allo sviluppo delle proprie difese; ed aggiungendo, sempre in motivazione, che la prova della non tempestività della conoscenza, la quale in genere può essere fornita a mezzo di presunzioni (Cass.n.11066/2003, n.880/99, n.11313/94) senza potersi però esaurire nella nullità della notifica, nel caso di specie può essere fornita agevolmente sulla base della data in cui il decreto ingiuntivo è stato trasmesso dall’Ufficio e poi ricevuto dall’Avvocatura dello Stato (Sez.Un. n.9938/2005) Nel caso in cui la nullità della notifica abbia impedito una tempestiva opposizione, il solo rimedio idoneo per far valere detta nullità e la conseguente inefficacia del provvedimento, quale titolo per l’esecuzione forzata, è appunto l’opposizione tardiva e non le opposizioni ex artt.615 e 617 c.p.c., sicchè, scaduto il termine ex art.650 c.p.c., la nullità della notifica diviene irrilevante ed il decreto valido ed efficace (Cass. n.8582/96). Né è possibile far ricorso alla procedura per la declaratoria di inefficacia del decreto (Cass.n.13189/2002), ammissibile soltanto in caso di notificazione omessa o affetta da giuridica inesistenza. L’opposizione all’esecuzione, fondata sulla nullità della notifica, può essere però convertita nell’opposizione tardiva, ove ricorrano tutti i presupposti prescritti dall’art.650 c.p.c. (Cass.n.11977/92).

Qualora sia intrapresa l’esecuzione forzata sulla base di un decreto ingiuntivo, occorre distinguere tra l'ipotesi di deduzione della inesistenza della relativa notificazione da quella in cui se ne deduce viceversa la nullita': nel primo caso e' proponibile, fintanto che il procedimento esecutivo non si sia concluso, il rimedio dell'opposizione all'esecuzione a norma dell'art. 615 c.p.c.; nel secondo quello invece dell'opposizione tardiva ai sensi dell'art. 650 da esperirsi entro il termine di cui al terzo comma. (Cass.n.10495/2004, n.5884/99)

La mancanza dell’espresso avvertimento all’ingiunto dell’esecutività del decreto in difetto di opposizione nel termine di quaranta giorni, non è rilevante ai fini dell’ammissibilità dell’opposizione tardiva, in quanto non vige il principio dell’affidamento in materia processuale

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(Cass.n. 998/88) 21.1 Caso fortuito e forza maggiore Le circostanze che impediscono la tempestiva opposizione, a seguito della sentenza n. 120 del 1976 della Corte cost., possono essere anche successive rispetto alla notifica dell’atto ma in ogni caso devono identificarsi in una situazione di forza maggiore o di caso fortuito (Cass.n. 4761/98), le quali si identificano rispettivamente in una forza esterna ostativa in assoluto ed in un fatto di carattere meramente oggettivo del tutto avulso dall’umana volontà, causativo dell’evento unicamente per forza propria (Cass.n. 3271/89, n.3769/2001, n.8561/98). Sia l’una che l’altro non possono essere collegate a dolo o colpa dell’intimato (Cass.n. 5220/98) e l’impedimento deve prescindere dal fatto proprio dell’ingiunto o dal fatto di suoi familiari, domiciliatari, dipendenti o commessi o altri soggetti di cui l’ingiunto debba comunque rispondere (Cass.n.3971/89).La conoscenza del decreto e la tempestiva opposizione non devono essere impedite da eventi che il soggetto abbia posto o contribuito a porre in essere o il cui verificarsi non abbia impedito, pur essendo in grado di impedirli (Cass.n.1075/2005) Le circostanze del caso fortuito e della forza maggiore sono state ritenute non invocabili: a) nell'ipotesi di mancata conoscenza del d.i., determinata da assenza dalla propria residenza, essendo l'allontanamento un fatto volontario ed essendo imputabile all'assente il mancato uso di cautele idonee a permettere la ricezione o almeno la conoscenza del contenuto delle missive pervenutegli nel periodo di assenza. (Cass. n.10831/2004, n.3769/2001, n.5584/98) b) nell’ipotesi dell’omesso rinvenimento dell’avviso di notificazione affisso alla porta di casa ove non possa escludersi l'arrivo a destinazione dell'avviso raccomandato inviato a norma dell'art. 140 cit., poiché tale ultima formalità, una volta adempiuta, deve ritenersi comunque sufficiente a rendere edotto l'intimato dell'avvenuta notificazione del decreto ingiuntivo. (Cass.n.4949/81). c) nel caso di negligenza o impedimento dell’ufficiale giudiziario nell’effettuazione della notifica (Cass.n. 9081/2002, n.7830/90) d) nel caso di omesso rispetto, da parte dell'opponente in un giudizio davanti al giudice di pace, del termine perentorio di cui all’art. 641 c.p.c. nell'assolvimento dell'obbligo di notifica all'ingiungente del verbale di udienza, dovuto ad ignoranza del relativo onere, giacche' l'ignoranza non configurando una causa di forza maggiore ne' un caso fortuito non consente l'opposizione tardiva.(Cass.n.15959/2000) e) nel caso di una semplice denuncia di smarrimento dell'atto notificato, non risultando attraverso tale deduzione la "vis maior" che avrebbe impedito la conoscenza dell'atto stesso, nè l'atteggiamento incolpevole dell'intimato (Cass.n. n.10170/96) f) nel caso della P.A. che abbia incontrato difficoltà nel verificare l’esistenza dei crediti azionati nei suoi confronti a causa della sua organizzazione e della sua struttura (Cass.n.1075/2005)

Al contrario, il dolo altrui è stato ritenuto idoneo a configurare il caso fortuito o la forza maggiore, in considerazione della sua imprevedibilità (Cass.n.n.97/1989). Anche la assenza - all’estero per le ferie di ferragosto, - in mancanza di elementi oggettivi atti a far prevedere la notifica dell’ingiunzione, concretizza un’ipotesi di caso fortuito, perchè nel comportamento dell’intimato non è ravvisabile alcuna responsabilità per dolo o colpa circa la mancata conoscenza del d.i. e quindi circa l’omessa tempestiva opposizione (Cass. n.5220/98). 22. Accoglimento dell’opposizione per difetto dei requisiti ab initio

Nel sistema delineato dal codice di procedura civile, il giudizio conseguente all’opposizione al decreto ingiuntivo si atteggia come un procedimento il cui oggetto non e' ristretto alla verifica delle condizioni di ammissibilita' e di validita' del decreto stesso, ma si estende all'accertamento, con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza - e non a quello anteriore della domanda o dell'emissione del provvedimento opposto -, dei fatti costitutivi del diritto in contestazione (Sez.Un. n.7448/93).

Sulla base di tale principio, qualora il decreto sia stato emesso fuori delle condizioni stabilite

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dalla legge per il procedimento monitorio, il giudice non puo' limitarsi ad accertare e dichiarare la nullita' del decreto stesso (Cass.n.807/99, n. 3671/99) e, ove accerti che l’ingiunzione sia stata emessa illegittimamente, non può limitarsi a revocare il decreto opposto, ma deve pronunciare nel merito del diritto fatto valere dal creditore con la domanda di ingiunzione e nel caso emettere sentenza di condanna per somma minore a quella ingiunta, senza cadere in alcun vizio di extra o ultrapetizione (Cass.n.4755/2000, n.4121/2001).

Conformemente al principio espresso, qualora il decreto ingiuntivo sia stato pronunciato sull'erroneo presupposto che il credito fosse esigibile, il giudice dell'opposizione, ove accerti che il termine è scaduto nel corso dell'opposizione stessa e che l'obbligazione è rimasta inadempiuta, deve revocare il decreto e condannare l’opponente al pagamento della somma dovuta. (Cass. n.2552/97).

Il riscontro dell'iniziale mancanza dei requisiti prescritti comporta pertanto la revoca del decreto ingiuntivo, indipendentemente dall'accoglimento in tutto od in parte della domanda riformulata dal creditore in detto giudizio (Cass. n.12318/97, n.5007/97).

Analogamente, qualora sia disconosciuta dal debitore la sottoscrizione sulle bolle di accompagnamento e queste restano prive di ogni efficacia probatoria con il conseguente venir meno del requisito della prova scritta richiesto. per l’adozione del provvedimento monitorio, il decreto deve essere revocato dal giudice dell’opposizione, indipendentemente dal fatto che nel giudizio di merito sia rimasta accertata aliunde la sussistenza del credito azionato dall’opposto (Cass.n.12192/2000).

22.1 Accoglimento dell’opposizione per pagamento

Qualora il debitore provveda al pagamento del debito dopo la richiesta di ingiunzione ma prima dell'emissione dei decreto, quest’ultimo va revocato con condanna dei creditore alle spese del giudizio di opposizione, salve le spese della procedura monitoria avviata legittimamente, prima dell'adempimento (Cass.n.3054/90). Se il debitore dopo il deposito in cancelleria del ricorso paga parte della somma e la restante dopo la notifica di esso, l’opposizione va accolta per cessazione della materia del contendere e il decreto va revocato (Sez.Un.n.7484/93)

L’orientamento giurisprudenziale riportato trae origine dalla premessa che il giudizio di opposizione si estende all’accertamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza ed, in caso di pagamento avvenuto durante la pendenza del giudizio di opposizione, il giudice deve revocare in toto il decreto opposto, (Cass.n15186/2003, n.15026/2005), fatte salve le conseguenze sulle spese, senza che rilevi in contrario l’eventuale posteriorità del fatto estintivo al momento dell’emissione suddetta, sostituendosi la sentenza di condanna al pagamento degli eventuali residui importi del credito all’originario decreto (Cass.n.3984/2003, n. 707/2001, n.13278/2001, n. 13027/95, n.5074/99, Sez.Un. n.7448/93).

Anche di recente, è stato ribadito che ogni pagamento, anche parziale, intervenuto nel corso del giudizio di opposizione, impone la revoca del decreto opposto e l’emissione di una sentenza che pronuncia nel merito con eventuale condanna alla parte residua del debito (Cass.n.18265/2006). Il giudice, qualora riconosca fondata, anche solo parzialmente una eccezione di pagamento, formulata con l’opposizione o nel corso del relativo giudizio, deve revocare in toto il decreto opposto (Cass.n.20872/2004) e si impone quindi l'emissione di sentenza che, sostituendosi al decreto, pronuncia nel merito con eventuale condanna per la parte residua del debito non estinto, ove il diritto del creditore risulti provato. (Cass.n. 10229/2002).

Di segno contrario Cass.4804/92, n.12521/98, secondo cui il d.i. deve essere revocato esclusivamente quando risulti la fondatezza anche solo parziale dell’opposizione, con riferimento alla data di emissione del decreto.

Quanto alle spese, stante l’unicità del processo, il loro onere è regolato in base all’esito finale e alla complessiva valutazione dello svolgimento del giudizio, per cui non è consentita un’autonoma pronuncia sulla legittimità dell’ingiunzione agli effetti della incidenza delle spese della sola fase monitoria. (Cass. n.19126/2004, n.14126/2000, n. 5984/99, n.5336/97). In caso di adempimento totale sopravvenuto all’emanazione del decreto, ad onta dell’accoglimento dell’opposizione, se permane contrasto sull’onere delle spese, perché al momento dell’emanazione il decreto era giusto e valido, il giudice deve provvedere sulle stesse, anche della fase monitoria,

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secondo il principio della soccombenza virtuale (Cass.n.19126/2004) Cessazione della materia del contendere. La cessazione della materia del contendere, verificatasi successivamente alla notifica del decreto, in conseguenza di un fatto estintivo del fondamento della pretesa azionata o che comunque comporti la carenza sopravvenuta di interesse, travolge necessariamente anche la pronuncia resa nella fase monitoria, che pertanto deve essere revocata da parte del giudice, senza che rilevi la posterità del fatto accertato (Cass.13085/08) 22.2 Accoglimento parziale

Qualora, in esito all’ordinario giudizio di cognizione, instaurato a seguito dell’opposizione, il credito dell’opposto risulti di importo inferiore a quello ingiunto, il giudice deve accogliere la domanda nei limiti del provato e non limitarsi alla revoca del decreto (Cass.n.11397/2002). Deve infatti revocare in toto il decreto e statuire in merito al pagamento di eventuali importi residui in quanto la relativa sentenza di condanna si sostituisce all’originario decreto ingiuntivo (Cass.12256/07). Sostituendosi la sentenza pronunciata all’ingiunzione, non è consentito al giudice dell’opposizione confermare il d.i., sia pure nei limiti in cui la statuizione in esso contenuta non sia stata modificata (Cass. n.1421/94). Non occorre però una revoca espressa. Invero, secondo Cass.n. 3646/89, tale esigenza non sussiste in quanto l’art.653 c.p.c. regola direttamente la sorte del decreto, disponendo che il titolo esecutivo è costituito esclusivamente dalla sentenza. La condanna al pagamento di un importo inferiore può essere pronunziata dal giudice anche in difetto di un’esplicita domanda senza incorrere in vizio di ultrapetizione, in quanto la richiesta di conferma del d.i. opposto, formulata al momento della costituzione o nel corso del giudizio di opposizione dal creditore, comprende in sé in modo implicito la richiesta di condanna anche per una parte del credito (Cass.n.9021/2005)

L'accoglimento parziale dell'opposizione avverso il decreto ingiuntivo, sebbene implichi la revoca dello stesso, non comporta necessariamente il venir meno della condanna dell'ingiunto, poi opponente, al pagamento delle spese della fase monitoria , potendo le stesse esser poste legittimamente a suo carico, qualora alla revoca del decreto ingiuntivo si accompagni una condanna nel merito. (Cass.n.14818/2002). Sia le spese della fase monitoria che quelle attinenti all'esecuzione provvisoria del decreto possono essere legittimamente poste a carico del debitore, con riferimento ai limiti della somma definitivamente attribuita al creditore.(Cass.n. 2019/93) 22.3 Effetti dell’accoglimento sugli atti esecutivi

L’art.653 c.p.c. non disciplina l’ipotesi della sentenza che accolga l’opposizione integralmente, la quale non elimina solo il d.i. ma comporta, a prescindere dal passaggio in giudicato o dall’esecutorietà della sentenza di primo grado, l’inefficacia di tutti gli atti esecutivi compiuti per effetto del provvedimento monitorio. E ciò, in quanto il sistema di sostituzione dei provvedimenti sommari con quelli a cognizione piena prevede che questi ultimi si sovrappongano interamente ai primi privandoli ex tunc dell’efficacia esecutiva con effetto caducatorio che discende direttamente dal provvedimento di revoca, a prescindere dal passaggio in giudicato in senso formale (Cass.n.11904/2004).

Quest’ultimo aspetto – se gli effetti si producano immediatamente o soltanto a seguito del passaggio in giudicato della sentenza – è controverso, essendosi ritenuto che l’annullamento degli atti di esecuzione si produrrebbe solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza stessa (Cass.

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n.1140/81), in analogia di quanto si verifica nell'ipotesi di riforma in appello della sentenza esecutiva di primo grado, e senza che possano invocarsi le regole poste dall'art. 653 co.2, riguardanti la diversa ipotesi in cui l'opposizione sia parzialmente accolta per eccedenza quantitativa della domanda originaria rispetto alla prestazione effettivamente dovuta. (Cass. n. 4163/90, n.2552/97). Più recentemente, è stato affermato che l’accertamento immediatamente esecutivo della pretesa sostanziale fatta valere nel procedimento d’ingiunzione può essere superato dalla sentenza che decide la stessa opposizione giacchè, nell’ipotesi di accoglimento di quest’ultima, il provvedimento di accertamento negativo si sostituisce completamente al d.i. che viene quindi eliminato dalla realtà giuridica. Ne consegue che gli atti di esecuzione già compiuti restano cadutati a prescindere dal passaggio in giudicato della medesima sentenza di accoglimento dell’opposizione (Cass.n.9626/2004)

Peraltro, la caducazione degli atti di esecuzione compiuti consegue anche ad una sentenza parziale che disponga la revoca del d.i. per ragioni di rito e la prosecuzione del giudizio ai soli fini dell'accertamento delle ragioni creditorie fatte valere con il ricorso (Cass.n. 5192/99). Tra gli atti esecutivi, che risultano invalidi, va ricompresa anche l’iscrizione ipotecaria della quale deve ordinarsi la cancellazione, restando esclusa la possibilità di conservarne gli effetti quand’anche la domanda venga poi accolta nel merito con la sentenza che definisce il giudizio (Cass.n.5007/97, n.2552/97 Riguardo al caso di accoglimento parziale, l’art.653 co.2 dispone espressamente che gli atti di esecuzione già compiuti in base al decreto conservano i loro effetti nei limiti della somma o della quantità ridotta. Ne deriva che, stante la legittimità dell’avvenuta esecuzione, le spese inerenti al decreto e quelle attinenti al precetto, reso necessario dal mancato pagamento, .sono legittimamente poste a carico del debitore, con riferimento ai limiti della somma attribuita definitivamente al creditore (Cass.n. 4597/84).

Nel concetto di atti di esecuzione dei quali l’art.653 c.p.c. prevede la conservazione degli effetti nei limiti ivi indicati rientrano anche il precetto, sebbene non sia un atto di esecuzione in senso proprio (Cass.n. 5274/91), gli atti del processo di esecuzione, nonché tutti i possibili effetti dell'esecutivita' del decreto, e, dunque, anche l'ipoteca iscritta sulla base dell'esecutivita' del decreto stesso, attesa la "ratio" della disposizione citata, tesa a mantenere integra, nei limiti del credito ridotto, la posizione e la protezione del creditore. (Cass.n.14234/2003, 10945/91, n.4169/89, n.6935/2004)

Il credito dell'ingiunto, per la restituzione della somma pagata in base al decreto provvisoriamente esecutivo, ha natura pecuniaria e, come tale, non è suscettibile di automatico adeguamento in base alla sopravvenuta svalutazione monetaria, che può solo configurare ragione di maggior danno ex art. 1224, e. 2, c.c., risarcibile solo su domanda dell'interessato (Cass. n.3195/83). 23. Rigetto dell’opposizione

Il rigetto dell’opposizione può essere determinata da ragioni processuali oppure da ragioni di merito. Tra le prime vanno annoverate l’inammissibilità, in caso di opposizione proposta fuori termine (vedi supra), l’improcedibilità per mancata o ritardata costituzione dell’opponente (vedi supra), l’incompetenza funzionale del giudice in quanto diverso da quello che ha emesso il decreto. Tra le altre ragioni di improcedibilità, in passato, la giurisprudenza aveva indicato anche la mancata produzione del decreto opposto (Cass.n.349/72) mentre, successivamente, ha mutato avviso statuendo che in tale ipotesi l’opposizione deve invece dichiarata inammissibile (S.U.n.2387/82, Cass.n.84/1985), perchè la produzione della copia autentica del decreto con la relata di notifica è mezzo necessario per verificare la tempestività dell’opposizione (Cass.n.7580/90, n.5678/88).

Né appare sostenibile la tesi, secondo cui potrebbe applicarsi in via analogica l’art. 347

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c.p.c., applicazione giustificata dall’affinità tra impugnazione e opposizione a decreto di ingiunzione, considerata l’eccezionalità dell’istituto in parola (Mandrioli). Va segnalato inoltre che secondo le sezioni unite la produzione del decreto può essere utilmente effettuata anche in appello, alla stregua di ogni altro documento (Sez.Un. n.2387/82).

Tra le ragioni di merito vanno invece annoverate la sussistenza del credito azionato, anche se per fatti sopravvenuti in corso di opposizione (Cass.n.1690/89) e l’insussstenza dei fatti estintivi o impeditivi addotti dall’opponente. A norma dell’art.653 c.p.c., se l’opposizione viene rigettata con sentenza passata in giudicato o provvisoriamente esecutiva, il decreto, che non ne sia già munito, acquista efficacia esecutiva. La relativa sentenza non si sostituisce al decreto ingiuntivo impugnato, per cui il titolo esecutivo è costituito dal decreto e non già dalla sentenza che lo conferma (Cass.n.2795/78). L’efficacia esecutiva conseguente alla sentenza di rigetto dell'opposizione, provvisoriamente esecutiva per legge opera tanto nell'ipotesi in cui il decreto sia privo "ab origine" di clausola di provvisoria esecuzione, quanto in quella in cui ne sia privato in corso di causa con provvedimento di sospensione del giudice dell'opposizione. (Cass. n.3607/99).

Il decreto acquista inoltre efficacia esecutiva anche se viene dichiarata con ordinanza l’estinzione del giudizio. In base al combinato disposto degli artt.653 c.p.c. (a norma del quale l'estinzione del giudizio produce o un effetto conservativo dell'efficacia esecutiva già concessa o un effetto acquisitivo di tale efficacia) e 308 dello stesso codice (a norma del quale contro l'ordinanza dichiarativa dell'estinzione del giudizio, comunicata alle parti a cura del cancelliere, è ammesso reclamo), deve ritenersi che la dichiarazione di estinzione del giudizio di opposizione conferisca efficacia esecutiva al decreto solo dopo che sono scaduti i termini per proporre reclamo avverso l'ordinanza di estinzione. (Cass. n.10800/96). Ove il processo di opposizione non sia stato riassunto entro un anno dalla cancellazione della causa dal ruolo, al fine di ottenere la dichiarazione di esecutorietà del decreto ingiuntivo non è necessaria la preventiva pronuncia con ordinanza dell'estinzione da parte del giudice dell'opposizione, essendo sufficiente che il creditore faccia valere l'avvenuta estinzione attraverso la richiesta del decreto di esecutorietà ex art. 654 c. p. c. (Cass. n.3465/86) 23.1 Dichiarazione di esecutorietà ed esecuzione A norma dell’art.654 co.1 c.p.c., qualora non sia stata disposta con sentenza o con l’ordinanza di cui all’articolo precedente, l’esecutorietà va conferita con apposito decreto del giudice che ha pronunciato l’ingiunzione scritto in calce all’originale del decreto di ingiunzione. La sentenza di rigetto dell’opposizione, passata in giudicato o provvisoriamente esecutiva, pur facendo acquistare al d.i. efficacia esecutiva non lo rende per ciò titolo idoneo per l’esecuzione in mancanza di un’espressa dichiarazione di esecutorietà: in tal caso, l’esecutorietà deve essere disposta con apposito decreto in calce all’originale del provvedimento di ingiunzione a norma dell’art.654 c.p.c. (Cass. n.2755/95, n.2795/78). Anche se dichiarata provvisoriamente esecutiva, la sentenza di rigetto dell’opposizione non determina l’automatica caducazione del provvedimento di revoca della clausola di provvisoria esecuzione ed il ripristino della clausola de qua, dovendo equipararsi il d.i. a quello per il quale la clausola non sia mai stata concessa, con la conseguenza che il decreto per costituire valido titolo esecutivo deve essere munito di esecutorietà con provvedimento dichiarativo-costitutivo ex art.654 c.p.c., ove l’esecutorietà non sia stata dichiarata espressamente con la sentenza o l’ordinanza di cui al co.1 dell’art.653 c.p.c. (Cass.n. 2755/95, n. 1948/71). L’esecutività pronunciata ai sensi dell’art.654 c.p.c. è suscettibile di revoca o comunque di caducazione solo nell’ambito del giudizio di opposizione a d.i. ovvero di quello di opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi. Al di fuori di tali giudizi la revoca del decreto di esecutività concessa dal presidente del Tribunale assume i caratteri dell’atto decisorio abnorme, suscettibile

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come tale di ricorso per cassazione ai sensi dell’art.111 co.7 cost. in quanto provvedimento abnorme avente contenuto decisorio idoneo a incidere su diritti e a determinare la formazione del giudicato (Cass.n.2235/2004). Ai fini dell’esecuzione, non occorre una nuova notificazione del decreto esecutivo potendo il creditore limitarsi alla sola menzione nell'atto di precetto del provvedimento che ha disposto l'esecutorietà del decreto e dell'avvenuta apposizione della formula esecutiva, poichè tale menzione sostituisce la formalità della nuova notificazione ed integra la precedente notificazione del titolo, se questo, al momento della sua notificazione ai sensi dell'art. 643 c.p.c., non aveva ancora carattere di titolo esecutivo. (Cass. n.7454/2000). La mancata menzione comporta, non la inesistenza giuridica, ma la nullità del precetto per effetto del combinato disposto degli art. 654, 480 e 479 c.p.c., la quale deve essere dedotta mediante opposizione agli atti esecutivi, nel termine perentorio di cinque giorni dalla notificazione del precetto stesso. L'inosservanza del suddetto termine ne determina la decadenza rilevabile anche d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio.904 (Cass. n.15364/2000, n.2525/89, 4649/06, 15364/01)

Poichè competente a dichiarare esecutivo il decreto ingiuntivo è lo stesso giudice che lo ha emesso, se il precetto menziona la data del provvedimento che ha disposto l'esecutorietà e quella in cui è stata apposta la formula esecutiva, il precetto è valido, anche se manca l'indicazione dell'autorità dichiarante.(Cass. n.12792/97). Ugualmente, l'erronea indicazione della data dell'ordinanza concessiva della provvisoria esecuzione non determina la nullità del precetto qualora l'esigenza d'individuazione del titolo esecutivo risulti soddisfatta da altri elementi contenuti nel precetto stesso, quali: l'indicazione dell'autorità promanante, la data di emissione del decreto ingiuntivo, la data di notifica del precetto. (Cass. n.6536/87) 24. Declaratoria di estinzione del processo e giudicato Verificatosi un fatto estintivo, l’opposto, interessato ad eccepire l’estinzione, può chiedere al giudice dell’opposizione la declaratoria di estinzione. Il provvedimento può essere anche implicito, come accade qualora .si dichiari direttamente l’esecutività ex art.654 c.p.c. - Dichiarata l’estinzione, il decreto opposto acquista efficacia esecutiva dopo che sono scaduti i termini per proporre reclamo avverso l’ordinanza di estinzione (Cass. n.10800/96) nè l'acquisto dell’esecutorietà è impedita dalla circostanza che al giudizio di opposizione siano stati chiamati a partecipare iussu iudicis, anche soggetti diversi da quelli tra cui fu emesso il d.i. (Cass.n.840/78).

La rinuncia agli atti del giudizio da parte dell'attore in opposizione a decreto ingiuntivo determina l'estinzione del giudizio stesso in assenza di un interesse sostanziale del creditore opposto alla prosecuzione del giudizio, interesse sussistente quando l'opposto si sia costituito ed abbia avanzato richieste di merito e non ravvisabile, al contrario, nel caso di richiesta di condanna dell'opponente per responsabilita' aggravata ai sensi dell'art. 96 c.p.c. Infatti il relativo giudizio presuppone lo svolgimento del processo, mentre l'effetto della rinuncia agli atti e' quello di privare il giudice del potere dovere di emanare la sentenza di merito o di rendere nulla "ex nunc" la procedura. (Cass.n. 5676/2003, n.3581/78)..

Con l’estinzione del giudizio accade un fenomeno analogo a quello che si verifica quando si estingue un giudizio di impugnazione. Il decreto opposto diviene definitivo come se non fosse stato mai opposto, acquistando efficacia equiparata al giudicato (Mandrioli). La legge non dice in maniera esplicita che, estintosi il giudizio di opposizione, il decreto opposto acquisti efficacia di cosa giudicata. Ma rivelatrici a riguardo appaiono alcune disposizioni che non avrebbero senso se il decreto ingiuntivo non divenisse definitivo. Si pensi all’art. 650 c.p.c. e soprattutto all’art.656 c.p.c. il quale prevede che il decreto ingiuntivo, dichiarato esecutivo, possa essere impugnato solo con rimedi straordinari, come la revocazione straordinaria e l’opposizione di terzo revocatoria. (Mandrioli, Garbagnati, Cass.n.4833/91, n.3188/87). .

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25. Spese Il giudizio introdotto con l’opposizione a decreto ingiuntivo costituisce una struttura procedimentale essenzialmente unitaria, sicchè il giudice deve pronunziarsi sulle spese sopportate lungo tutto l’arco del procedimento, con esclusivo riferimento all’esito finale della lite, ferma restando la facoltà di escludere le spese riguardanti la fase monitoria, ove riconosca che la domanda di ingiunzione è stata proposta in carenza delle condizioni richieste (Cass.n.17440/2003). Posto che l'opposizione a decreto ingiuntivo introduce un processo ordinario di cognizione di primo grado, il quale non costituisce un autonomo e distinto procedimento rispetto alla fase sommaria, bensì un'ulteriore fase di svolgimento a cognizione piena ed in contraddittorio tra le parti (Cass.n.388/78), il giudice dell'opposizione non valuta più, soltanto, la sussistenza delle condizioni di legge per l'emanazione del d.i., essendo irrilevanti i vizi della procedura monitoria (Cass.n.195/99) mentre tale esame deve essere invece effettuato, soltanto ai fini del governo delle spese (3497/96). Infatti, pur dovendo pronunciarsi sul diritto al rimborso delle spese sopportate lungo tutto l’arco del procedimento unitariamente con esclusiva considerazione dell’esito finale della lite, il giudice ha comunque la facoltà di escludere dal rimborso stesso quelle sostenute dalla parte pur vittoriosa, che abbia proposto la domanda di ingiunzione in difetto delle condizioni di ammissibilità della medesima (Cass. n.7354/97). In caso di rigetto dell’opposizione, il giudice pronuncia sulle spese del relativo procedimento secondo i principi generali, lasciando ferma la liquidazione delle spese della fase monitoria effettuata nel d.i., che conferma, mentre, in caso di accoglimento parziale, deve decidere anche sulle spese della fase monitoria (Cass.n 4597/84) sostituendo la pronuncia contenuta nel d.i. Nell’ipotesi in cui l’opposizione venga totalmente accolta, con conseguente revoca o declaratoria di nullità del decreto, il giudice deve pronunziarsi sia in ordine alle spese del procedimento d'ingiunzione sia in ordine a quelle del giudizio d'opposizione. Nel caso in cui si sia astenuto dalla notifica del decreto a seguito del pagamento ricevuto, il creditore ben può agire in separata sede per il ristoro delle spese della procedura monitoria legittimamente avviata. Se invece, il debitore dopo il deposito in cancelleria del ricorso paga parte della somma e la restante dopo la notifica di esso, l’opposizione va accolta per cessazione della materia del contendere e il decreto va revocato (S.U.n.7484/93, n.5336/97), mentre l’onere delle spese va regolato tenendo conto che il processo, da valutare avendo riguardo al complessivo svolgimento di esso e all’esito del giudizio di opposizione è unico, con conseguente esclusione di un’autonoma pronuncia sulla legittimità dell’ingiunzione per regolare quelle delle fase monitoria (Cass. n.3265/99). 26. Iscrizione d’ipoteca ed effetti del fallimento Per espressa previsione dell’art.655 c.p.c. costituiscono titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale sia i decreti dichiarati provvisoriamente esecutivi in origine ex art.642 c.p.c., sia quelli che acquistano l’esecutorietà, per difetto di opposizione o attività delle parti ex art.647 c.p.c. oppure in corso di giudizio ex art.648 c.p.c. ovvero in seguito al rigetto dell’opposizione. Il creditore talvolta ricorre al procedimento monitorio anche quando abbia iniziato un’azione esecutiva in forza di altro titolo (giudiziale ovvero stragiudiziale) al solo fine di precostituirsi un titolo idoneo all’iscrizione di ipoteca, in quanto l’ipoteca, come diritto reale di natura sostanziale, offre più ampie garanzie e spiega effetto non solo nei confronti dei soggetti che partecipano al processo esecutivo ma verso tutti (Cass.n.135/2001, n.3146/74)

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L’iscrizione di ipoteca giudiziale non richiede la preventiva notificazione del decreto ingiuntivo dichiarato esecutivo (Garbagnati). Essa può essere fonte di responsabilità ex art.96 co.2, ove venga accertata l’inesistenza del diritto di credito fatto valere, purchè concorra l’elemento soggettivo della mancanza di normale prudenza, mentre, ove il giudice accerti che la clausola di provvisoria esecuzione non poteva essere concessa per mancanza del periculum in mora nè l’ipoteca essere iscritta, è configurabile la responsabilità in base al primo comma della stessa norma nel concorso dell’elemento soggettivo richiesto, indipendentemente dall’esistenza del credito (Cass.n.8171/2003). 907La sopravvenienza del fallimento del debitore, nel corso del giudizio di opposizione avverso decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, comporta l’inopponibilità del decreto opposto al fallimento e l’improcedibilità d’ufficio del giudizio di opposizione nei confronti del fallimento (Cass.n.6098/2006). Il curatore non è tenuto a riassumere il giudizio di opposizione, proposto dal debitore poi fallito, perché, se il creditore vuol far valere il titolo nei confronti del fallimento, deve far accertare il proprio credito ex art.52 legge fallimentare, mediante la procedura di accertamento del passivo, non essendo il d.i. equiparabile alle sentenze non ancora passate in giudicato e non trovando quindi applicazione l’eccezione al principio dell’accertamento concorsuale dettato dall’art.95 stessa legge. Sussiste invece l’interesse del fallito, il quale perde la capacità processuale solo per i rapporti patrimoniali compresi nel fallimento, a riassumere il processo per evitare che gli effetti ex art.653 cpc si verifichino nei suoi confronti e gli possano essere opposti quando tornerà in bonis (Cass.n.14981/2006).

La sopravvenienza del fallimento determina l'inopponibilità al fallimento, non solo di tale decreto, ma anche della ipoteca giudiziale che sia stata iscritta in base ad esso, ed impone al creditore di far valere le sue ragioni in sede di ammissione al passivo (Cass.n. 3580/95, n. 3885/88, n. 7221/98). Infatti, il decreto ingiuntivo, provvisoriamente esecutivo, opposto dal fallito prima dell'inizio della procedura concorsuale, non è né nullo né annullabile, ben potendo mantenere validità nei confronti dell'ingiunto dopo la fine della procedura concorsuale, ma integra una situazione priva di effetti nei confronti della massa passiva dei concorrenti. All'inefficacia del decreto nei confronti della massa consegue altresì l'inefficacia (inopponibilità) dell'ipoteca giudiziale iscritta, e ciò in quanto il titolo provvisorio, in virtù del quale la garanzia reale era stata iscritta, non è più suscettibile di diventare definitivo nei confronti della massa stessa. (Cass.n. 2689/96). 27. Impugnazione L’impugnazione per revocazione è ammissibile non soltanto nell’ipotesi in cui il decreto sia divenuto esecutivo per mancata opposizione o mancata costituzione dell’opponente, secondo le ipotesi espressamente previste dall’art.647 c.p.c., cui fa richiamo l’art.656 c.p.c., ma anche nel caso in cui il decreto stesso sia divenuto esecutivo per estinzione del procedimento di opposizione (Cass.n. 1492/89, n.411/1977, contra Andrioli, Satta). Ovviamente, la revocazione è ammissibile solo quando non sia più proponibile l’opposizione ordinaria per scadenza del termine ex art.641 c.p.c. e non sia altresì possibile l’opposizione tardiva (Garbagnati, Andrioli). La revocazione non è ammissibile quando l’intimato, che conosceva i motivi di revocazione, non abbia proposto tempestivamente l’opposizione (Garbagnati). Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto l’ammissibilità quando il decreto sia stato emanato sulla base di prove, la cui falsità, pur conosciuta o conoscibile dall’intimato prima della scadenza del termine utile per l’opposizione, sia stata riconosciuta dalla controparte o dichiarata giudizialmente soltanto dopo la raggiunta definitività del decreto ingiuntivo (Cass.n.1834/66) Ai fini della revocazione, il compito del giudice non è di accertare se il documento, in base al quale è stato emesso il decreto, fosse o meno falso, bensì di accertare se la falsità di esso sia stata riconosciuta o giudizialmente dichiarata (Cass.n.2697/73).

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Qualora sia stata proposta invalidamente l’opposizione a decreto ingiuntivo emesso sulla base di cambiali, delle cui sottoscrizioni successivamente sia dichiarata la falsità, la domanda di revocazione del decreto medesimo proposta dall’interessato deve ritenersi ammissibile (Appello Bologna 26-2-71). La falsità circa il luogo di rilascio di una cambiale, posta a base della richiesta di un decreto ingiuntivo, non integra l’ipotesi di cui all’art.395 n.2 (Cass.n.400/69). Il decreto ingiuntivo, emesso a favore di un creditore fallimentare e divenuto esecutivo per mancata opposizione, è revocabile per contrasto con il giudicato della sentenza di omologazione del concordato fallimentare (Tribunale Firenze 18-2-1986) I termini per proporre la revocazione e l’opposizione revocatoria (l’art.656 c.p.c. non richiama l’opposizione di terzo ordinaria), che sono perentori, sono di 30 giorni, giusta la previsione dell’art.325 c.p.c., e decorrono dal momento fissato dall’art.326 c.p.c. (Andrioli). Il creditore, che voglia far venir meno l’efficacia di un decreto ingiuntivo ottenuto da un terzo contro il proprio debitore e della relativa iscrizione ipotecaria per simulazione del negozio e delle cambiali sulla cui base è stato emesso il decreto, non può chiedere tale inefficacia come conseguenza dell’accertamento della simulazione, ma deve proporre l’opposizione di terzo revocatoria (Cass.n.2151/83). In tal caso, il creditore ha l’onere di indicare specificamente nell’atto di citazione in opposizione la data della conoscenza di tale collusione e della relativa prova, la cui omissione è causa di nullità dell’atto di citazione, integrando un’ipotesi di mancata esposizione dei fatti (Cass.n.10116/97). Ove la domanda di revocazione venga dichiarata inammissibile, improcedibile o sia rigettata per infondatezza il decreto ingiuntivo conserva l’efficacia di giudicato mentre, nel caso in cui sia accolta, trova ingresso un giudizio di cognizione ordinaria, avente ad oggetto la fondatezza della domanda proposta dal creditore (Garbagnati, Andrioli). La sentenza può essere impugnata con l’appello (Cass.n. 1741/66). In caso di opposizione revocatoria, l’accoglimento dell’opposizione non comporta l’inefficacia del giudicato opposto nei soli confronti del terzo opponente ma determina la totale eliminazione del decreto nei confronti delle parti originarie, con riflessi conseguenziali sull’opponente (Cass.n. 4324/88).